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ETIOLOGIA
Gli agenti etiologici delle
infezioni urinarie sono
schizomiceti comuni nella
quasi totalità dei casi.
Altri microrganismi sono stati
isolati dalle urine ma non
sembrano essere patogeni per
l'apparato urinario.
Tra gli schizomiceti comuni
Pseudomonas aeruginosa batterio
quelli che più frequentemente
ambientale
vengono isolati (80-90%) sono
Gram-negativi. Fino ad oggi
l'Escherichia Coli è stata la
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PATOGENESI
Perché l'infezione si e alla vescica), per contiguità (estensione diretta
determini, una flora intestinale alla vescica).
batterica deve:
1)poter raggiungere
l'apparato urinario;
2)essere capace di
moltiplicarsi
nell'ambiente;
3)essere in grado di
competere con i
meccanismi di difesa
presenti.
Le urine sono
abitualmente sterili.
Cariche batteriche
possono giungere
nell'apparato urinario
da varie sedi
dell'organismo
attraverso la via
ematica (rene, prostata
e testicoli), la via
linfatica per un circolo
enterourinario
(dall’intestino e dalla
cervice verso la vescica
e il rene), la via
ascendente (dalla
vescica al rene o
dall’uretra alla prostata
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Fattori fisiologici
Nel sesso femminile la brevità dell'uretra e la sua collocazione sono
indubbiamente all'origine di una maggiore predisposizione alle infezioni
urinarie. In tale situazione anatomica, infatti, l'ingresso in vescica di
microrganismi residenti nell'introitus vaginale costituisce una evenienza facile
a realizzarsi spontaneamente, e ancor di più in corso di rapporto sessuale
(cistite da “Luna di miele”). In gravidanza un ulteriore fattore favorente è
rappresentato dalla reversibile stasi ureterale legata alla riduzione della
normale peristalsi ureterale ormonalmente indotta (progesterone) e dalla
compressione meccanica dell'uretere da parte dell'utero negli ultimi mesi di
gravidanza.
Con l'avanzare dell'età si riduce progressivamente la capacità di sorveglianza
del sistema immune sugli agenti infettivi, mentre aumenta l'incidenza di
malattie metaboliche e di ipertensione a loro volta responsabili di
immunodeficienza relativa. Inoltre, con l'invecchiamento compaiono con
estrema frequenza turbe minzionali dovute nel maschio a patologia prostatica,
e nella donna pluripara a cistocele. Infine ricordiamo come le particolari
caratteristiche biochimiche della midollare (scarso flusso ematico, elevato pH,
iperosmolarità) neutralizzando alcuni fattori del complemento e inibendo la
chemiotassi leucocitaria, riducono la risposta immunitaria, favorendo cosi la
persistenza e la cronicizzazione dell'infezione in tale sede.
Fattori patologici
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Fattori iatrogeni
La valutazione anatomica o funzionale dell'apparato urinario frequentemente
obbliga ad esplorazioni endoscopiche talvolta semplici e agevoli, quali la
uretrocistoscopia, talvolta più complesse, quali la uretero-pieloscopia. Per
quanto delicatamente tali manovre vengano effettuate, e la strumentazione
impiegata venga accuratamente sterilizzata, l'endoscopia dell'apparato urinario
è non raramente complicata da IVU.
I microtraumi, le piccole erosioni dell'epitelio, l'inevitabile trasporto della flora
batterica abitualmente presente nel tratto distale dell'uretra, all'interno della via
escretrice, l'irrigazione a pressione non fisiologica con la rimozione dei
glicosaminoglicani di superficie, costituiscono importanti fattori di rischio per il
realizzarsi di fenomeni infettivi secondari.
Il problema diviene ancora più grave in corso di manovre endoscopiche
ottenute a scopo terapeutico, in quanto i fattori di rischio sopra menzionati
divengono inevitabili, e, il più delle volte, di tale entità, che l'infezione
secondaria diviene la regola. Appare evidente da quanto detto l'importanza di
attuare sempre in occasione di manovre endoscopiche, in particolare se
effettuate a scopo terapeutico, tutte le precauzioni possibili idonee a prevenire
questo tipo di complicanze, che oltre alla completa sterilità della
strumentazione preveda un’adeguata copertura antibiotica profilattica e post
operatoria.
Diagnosi
Urinocoltura.
La diagnosi di infezione urinaria è basata sulla dimostrazione certa di un
numero significativo di microrganismi nell'urina vescicale. La urinocoltura
consente una determinazione accurata del numero totale dei microrganismi per
ml di urina, e permette l'identificazione della specie batterica. Il campione in
esame, perché l'urinocoltura risulti attendibile, deve essere raccolto in
contenitore idoneo per sterilità e caratteristiche e il prelievo effettuato secondo
modalità che garantiscono la non contaminazione da parte dei batteri
comunemente presenti nell'uretra, sui genitali esterni e sul perineo.
Le urine sono prelevate dal soggetto con:
1)mitto intermedio (nella quasi totalità dei casi);
2)puntura sovrapubica (in casi selezionati, in particolare in età pediatrica);
3)catetere (nei soggetti immunodepressi e/o portatori di catetere).
Complicanze
Se in prima istanza è giusto considerare l'infezione un sintomo di altre affezioni
dell'apparato urinario è pur vero che essa costituisce anche, di per sé, un evento
patologico responsabile di sintomatologia fastidiosa ed invalidante e, se localizzata
alle alte vie escretrici, di possibili danni irreversibili sul parenchima renale.
La pielonefrite cronica con evoluzione verso la sclerosi e l'esclusione funzionale del
rene è la complicanza più temibile. Si tratta di un processo lento ma che viene
accelerato nella sua progressione dalla presenza di fenomeni ostruttivi non risolti
tempestivamente. Ciò è particolarmente importante in età pediatrica dove l'infezione
è quasi sempre il primo segno di un'uropatia malformativa più o meno importante.
È dimostrato come in soggetti con IVU secondaria a malformazioni, le alterazioni
funzionali renali sono reversibili se l'intervento chirurgico correttore viene effettuato
entro il 1° anno di vita, permangono invariate se questo viene realizzato tra il 1° ed il
3° anno e sono invece destinate inevitabilmente a peggiorare se la diagnosi e la
successiva correzione chirurgica vengono ritardate oltre questo periodo.
La pielonefrite cronica bilaterale è seconda solo alle glomerulonefriti come causa di
insufficienza renale cronica (IRC); nel 19,1% dei pazienti oggi in trattamento dialitico
il primum movens è stato un'infezione urinaria ostruita o non.
Anche se solo monolaterale la pielonefrite cronica costituisce un evento patologico
estremamente grave: essa può determinare una ipertensione arteriosa, che se non
trattata in tempo ed adeguatamente è causa di una compromissione vascolare del
rene controlaterale e quindi di IRC.
La presenza di infezione costituisce una delle tante condizioni che, modificando le
caratteristiche fisico-chimiche delle urine, favoriscono la precipitazione dei sali
disciolti e quindi la produzione di calcoli.
L'IVU agisce fondamentalmente attraverso due meccanismi:
1)modificando il pH urinario verso l'alcalinità (liberazione di ammoniaca per idrolisi
dell'urea da parte della ureasi di derivazione batterica) contribuisce alla realizzazione
di quelle condizioni che rendono meno solubili i fosfati e quindi favorisce una più
facile precipitazione di essi sotto forma di cristalli;
2)producendo residui organici in quantità considerevoli fornisce i nuclei di attrazione
sui quali i cristalli si accumulano e si aggregano in formazioni litiasiche sempre più
voluminose, fino alla realizzazione di quelle calcolosi racemiche che tanta parte
hanno nella distruzione funzionale del rene.
Infine si ricorda il grave pericolo che le IVU in gravidanza costituiscono sia per la
gestante sia per il feto.
Batteriurie anche asintomatiche che si verificano nel 10-13% delle gravide,
misconosciute, possono essere responsabili di pielonefriti croniche complicate o meno
con calcolosi, di parto pretermine o peggio di gestosi con aumento della mortalità
perinatale.
In gravidanza ogni donna dovrebbe essere sottoposta ad esame colturale delle urine
dopo il III mese di gestazione ed essere adeguatamente trattata al primo esame
positivo.
Principi terapeutici
Considerando quanto finora detto appare evidente quanto sia importante in presenza
di infezione stabilire un programma terapeutico che dia le più ampie garanzie per
una definitiva guarigione di essa. Il trattamento della infezione urinaria costituisce
tuttavia uno dei più gravi problemi di ordine medico che si incontrano in terapia
urologica in relazione ai numerosi fattori che si oppongono ad esso.
Tre ordini di fattori ostacolano il trattamento delle infezioni urinarie:
1)dipendenti dall'apparato urinario;
2)dipendenti dalla flora batterica.
3)dipendenti dall'organismo.
Per quanto riguarda i primi, anzitutto ricordiamo la stasi urinaria a qualsiasi livello
della via escretrice essa si determini, anche quando dovesse interessare un solo calice.
Abbiamo già visto il ruolo che essa assume nel determinismo della infezione, non
meno importante è quello che essa riveste nell'ostacolarne il trattamento.
I meccanismi attraverso i quali la stasi rende difficile la terapia dell'infezione possono
essere molteplici, ma il principale è l'ostacolo che viene a realizzarsi al rapido
ricambio del contenuto in quel determinato settore della via escretrice, vanificando
così uno dei più validi mezzi con cui l'apparato urinario si difende dalla infezione.
La presenza di una calcolosi costituisce un ostacolo quasi insormontabile al
trattamento dell'infezione e ciò perché anzitutto essa è quasi costantemente causa di
stasi, perché costituisce un fattore meccanico di flogosi ed inoltre perché nel contesto
della formazione litiasica è molto spesso presente una flora batterica.
Altro fattore di ostacolo al trattamento dipendente dall'apparato urinario è la
frequenza con cui si stabiliscono focolai batterici parenchimali, in particolare a livello
della porzione midollare del rene. In questa sede è presente una iperosmolarità
fisiologica, l'ambiente è ricco di ammoniaca e quindi a pH decisamente alcalino, esiste
uno scarso flusso ematico e una bassa pressione di filtrazione.
Tutto ciò si oppone all'eliminazione dei focolai batterici attraverso vari meccanismi:
anzitutto la iperosmolarità facilita la formazione delle forme L o protoplasti, vale a
dire la forma disidratata dei germi, e ne permette la sopravvivenza in quanto in
ambiente iperosmolare si determina un ostacolo se non l'arresto dei movimenti
ameboidi e quindi anche della fagocitosi.
L'ambiente alcalino poi porta alla distruzione di alcuni componenti del complemento
(il IV in particolare), inattivandolo e quindi opponendosi in modo determinante al
meccanismo della immunità umorale.
Infine lo scarso flusso ematico e la bassa pressione di filtrazione presente a livello
della midollare del rene sono responsabili di una insufficiente concentrazione di
farmaci ad azione antibatterica in questa sede, tanto che solo antibiotici estremamente
attivi possono presumibilmente raggiungere la midollare in concentrazioni superiori
alle minime inibenti la flora batterica presente. Tale situazione, a sua volta, oltre a non
garantire la sterilizzazione dei focolai batterici, facilita anche la formazione delle
forme L, quando il meccanismo di azione degli antibiotici usati sia del tipo capsulare
(agiscono alterando la capsula batterica).
I protoplasti o forme L possono, con meccanismi e per ragioni non ancora del tutto
noti, riacquistare la loro forma batterica originaria e quindi essere responsabili del
mantenimento o quanto meno della recidiva dell'infezione dell'apparato urinario.
Tra i fattori che ostacolano il trattamento della infezione, più direttamente dipendenti
dalle caratteristiche della flora batterica abitualmente responsabile, dobbiamo
ricordare anzitutto l'ampia varietà dei possibili agenti batterici.
Praticamente tutta la flora Gram negativa e i germi più significativi di quella Gram
positiva possono essere di normale reperto nella infezione delle urine. In particolare
nelle infezioni ad andamento cronico, la frequenza del polimicrobismo rende
estremamente complesse la scelta del farmaco e la condotta terapeutica.
Inoltre la insorgenza della resistenza a livello dell'apparato urinario è notevolmente
più frequente che in altri settori dell'organismo. Questa può essere di tipo
cromosomico, vale a dire la selezione di mutanti resistenti, fenomeno che può
verificarsi in corso di un trattamento antibiotico, con la totale scomparsa dei cloni
sensibili e così lo sviluppo di quelli naturalmente resistenti, finché questi si
sostituiranno completamente ai primi dando origine ad una popolazione batterica
resistente alla terapia in corso.
Altri meccanismi di resistenza particolarmente frequenti a livello dell'apparato
urinario sono quelli conosciuti come fenomeni di combinazione genetica quali la
trasduzione, la coniugazione e la trasformazione.
Il trasferimento di molecole di DNA sia che esso avvenga mediante fagi, od anche
mediante ponti protoplasmatici, può essere responsabile del trasferimento dei
caratteri di resistenza da una specie all'altra.
È ovvio che questo meccanismo si realizza con particolare frequenza dove esistono
infezioni polimicrobiche e cioè in particolare a livello dell'intestino e dell'apparato
urinario.
Un altro meccanismo di resistenza enormemente importante per l'apparato urinario
consiste nella proprietà della maggior parte dei germi di produrre, sotto lo stimolo
antibiotico, enzimi quali amidasi, lattamasi, esterasi, adeniltransferasi, fosfotrasferasi,
neutralizzanti l'antibiotico stesso attraverso una modificazione della sua struttura
chimica. Questo meccanismo ha grande importanza pratica in quanto attraverso esso
batteri sia Gram positivi sia Gram negativi, a seguito della terapia antibiotica
praticata, possono divenire resistenti ad un gran numero di farmaci (penicillina,
cefalosporine, cloramfenicolo, aminoglucosidi).
Ultime recenti acquisizioni in tema di biologia batterica riguardano la esistenza del
glicocalice, struttura questa che può ostacolare il trattamento di una infezione
urinaria.
Il glicocalice di superficie è una formazione di origine batterica, contenente
polisaccaridi, che per prima interagisce con il microambiente del germe e concorre
alla virulenza batterica.
Il glicocalice concorre nel determinare la sede dell'infezione, le recidive delle IVU e
favorisce le IVU iatrogene. Esso infatti conferisce al germe una spiccata adesione alle
superfici in genere, ma soprattutto a quelle esogene come protesi e cateteri, si oppone
all'azione dei polimorfonucleati, degli anticorpi e di alcuni antibiotici ed infine
protegge il germe dall'azione di enzimi litici extracellulari.
Non meno importante, accanto alla scelta del farmaco ad azione antibatterica più
idoneo, è la terapia coadiuvante rappresentata fondamentalmente dalla iperdiuresi
dalla somministrazione di sostanze antiureasiche, di sostanze acidificanti o
alcalinizzanti le urine. La iperdiuresi, oltre a determinare una considerevole
diminuzione della concentrazione batterica per ml di urine, comporta un più
frequente ricambio del contenuto della via escretrice. Inoltre essa può indurre un
abbassamento della iperosmolarità fisiologica della midollare renale, contribuendo
così a realizzare in questa sede le migliori condizioni per la sterilizzazione dei focolai
batterici parenchimali.
La modificazione del pH infine costituisce un provvedimento indispensabile
soprattutto in relazione al tipo di farmaco impiegato. È infatti noto come l'azione
antibatterica dei vari antibiotici possa subire notevoli variazioni in relazione al pH
dell'ambiente in cui i detti farmaci svolgono la loro azione.