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MATERIALI MAGNETICI

Abbiamo visto come la relazione tra induzione magnetica e campo magnetico sia determinata da
un coefficiente dipendente dal materiale considerato: la permeabilità magnetica.
Lo studio dettagliato di queste interazioni porterà alla luce aspetti che influenzeranno in modo
determinante i fenomeni considerati. In questo paragrafo ci occuperemo quindi dello studio dei
materiali magnetici.
I materiali in presenza di campo magnetico si comportano in maniera diversa a seconda della
struttura elettronica interna.
Si possono suddividere in materiali paramagnetici, diamagnetici, ferromagnetici:
* Paramagnetici: (ad es. alluminio, aria, platino)    0
* Diamagnetici: (ad es. rame, argento)    0
* Ferromagnetici: (ferro, cobalto, nickel e loro leghe).

Le prime due categorie presentano permeabilità poco diversa da quella del vuoto e costante, quindi
comportamento lineare, mentre i materiali ferromagnetici manifestano un comportamento anomalo
(Fig. 6.20).

B 0

ginocchio

a) b)
Fig. 6.20. Materiale ferromagnetico. a) Curva di saturazione. b) Ciclo di istéresi

I materiali ferromagnetici sono particolarmente importanti in quanto sono diffusamente utilizzati


nelle apparecchiature elettriche. La ragione risiede nel fatto che tali materiali consentono di ottenere
con facilità campi magnetici molto intensi.
Il materiale ferromagnetico risulta essere non lineare e quindi il legame dipende dal punto di
lavoro. Altra particolarità della non linearità del legame è la presenza di cicli (chiamati cicli di istéresi)
che fanno venire meno la corrispondenza biunivoca tra B ed H.
Infatti se prendiamo un materiale ferromagnetico che non è mai stato sottoposto a magnetizzazione
esso seguirà una curva di prima magnetizzazione. Per campi magnetici elevati il materiale risulta
completamente magnetizzato e portato in saturazione. In saturazione aumentando il campo magnetico
l'induzione magnetica aumenta molto lentamente: il materiale si comporta da non ferromagnetico.
Se si provoca la diminuzione del valore del campo anche l'induzione diminuisce ma non seguendo
la curva prima percorsa. Per smagnetizzare il materiale è necessario sottoporla ad un campo contrario
detto coercitivo.
Separando arbitrariamente i fenomeni, la Fig. 6.20a mostra una tipica caratteristica del materiale
(chiamata caratteristica di saturazione). La curva è fortemente non lineare e simmetrica rispetto
l’origine degli assi. Sperimentalmente il materiale presenta questo comportamento se viene
magnetizzato in maniera crescente partendo dall’origine degli assi (caratteristica di prima
magnetizzazione).
La caratteristica di magnetizzazione presenta un accentuato cambiamento di pendenza in un tratto
chiamato ginocchio della caratteristica, oltre il quale si entra nella zona di saturazione.
Data la caratteristica, si definiscono due curve di permeabilità funzioni del campo, la permeabilità
apparente e la permeabilità differenziale.
B
Permeabilità apparente  
H
dB
Permeabilità differenziale  d 
dH

B
B
d


d

H H

Fig. 6.21. Permeabilità apparente e differenziale

La prima corrisponde geometricamente alla tangente dell’angolo formato dalla congiungente


l’origine con il punto generico sulla caratteristica, la seconda è la pendenza locale della caratteristica
rispetto all’asse H. La Fig. 6.21 riporta andamenti tipici delle permeabilità apparente e differenziale.
Il massimo, intorno al ginocchio della caratteristica di saturazione, è variabile, in relazione al
materiale considerato, da alcune centinaia ad alcune migliaia di volte la permeabilità del vuoto. Il
valore asintotico, per valori elevati del campo, è pari alla permeabilità del vuoto.
Tutti i materiali ferromagnetici presentano, in diversi gradi, il fenomeno dell'istéresi magnetica. In
presenza di isteresi abbiamo caratteristiche (a più valori e ad andamento complesso) che non passano
per l'origine degli assi nel piano B/H: si può essere in presenza di un campo di induzione magnetica
B (magnetismo residuo) anche in assenza di campo magnetico H o viceversa (forza coercitiva).
Cicli simmetrici rispetto all’origine degli assi corrispondono ad andamenti nel tempo del campo
simmetrici rispetto allo zero. In altri casi si hanno cicli non simmetrici. I cicli di isteresi si presentano
solamente all’interno di un ciclo di isteresi simmetrico limite, delimitato all’incirca dal ginocchio
della caratteristica.
Tutti i materiali ferromagnetici portati ad una temperatura superiore ad un valore caratteristico del
materiale, detta temperatura di Curie, perdono le loro proprietà ferromagnetiche e diventano
paramagnetici.
Temperatura di Curie: Ferro: 770 °C , Nickel: 360 °C , Cobalto: 750 °C.

Il riscaldamento sopra la temperatura di Curie e successivo raffreddamento è un modo per


smagnetizzare completamente un materiale ferromagnetico. Un’altra possibilità consiste nel fare
percorrere al materiale cicli di isteresi sempre più piccoli intorno all’origine degli assi.

Magneti permanenti
Il magnete permanente è costituito da materiale ferromagnetico particolare caratterizzato da isteresi
molto ampia. I tratti utili del ciclo per la funzione di magnete permanente sono nel secondo o quarto
quadrante. Purché si rimanga in un campo ristretto del quadrante indicato, la caratteristica può spesso
essere approssimata ad un tratto rettilineo nel piano B/H come mostrato in Fig. 6.34, nella quale è
indicata in tratteggio una possibile caratteristica del circuito magnetico esterno al magnete ed il punto
di lavoro, usualmente in prossimità dell'intercetta con l'asse B. Sempre se ci si muove in un campo
ristretto di valori, il materiale ripete indefinitamente il tratto di caratteristica indicato, senza che
appaiano cicli di isteresi locali, pertanto la magnetizzazione non viene persa.
La caratteristica dipende ovviamente dal materiale. Il magnetismo residuo B0 vale all'incirca 1-1.2 T.
La forza coercitiva H0 si presenta in un intervallo di valori più ampio, una importante classe di
magneti presenta valori molto elevati, dell'ordine di 800-1000 kAspire/m. Si noti che la pendenza
della caratteristica, data dal rapporto B0/H0, vale ad es. (1.2 T)/(106 Aspire/m)=1.2*10-6 H/m, valore
molto prossimo alla permeabilità magnetica del vuoto e molto inferiore alla usuale permeabilità dei
materiali ferromagnetici non saturi.

B
B0

H
-H0

Fig. 6.34. Caratteristica del materiale nel tratto come magnete permanente.

La caratteristica lineare consente di descrivere il magnete mediante le relazioni lineari

B
B  B0   p H H  H0 (6.45)
p
B0
con p  permeabilità differenziale del magnete permanente. Si noti che le (6.45) valgono
H0
solo nel quadrante indicato, ovvero con B>0 e H<0, mentre si osservi che la forza coercitiva è indicata
in valore assoluto.

M
P
A

Fig. 6.35. Magnete permanente.


 u
 
0

u
u 
M0 M0 Rp

a) b)
Fig. 6.36. Caratteristica e circuito equivalente del magnete permanente.

Consideriamo ora il magnete permanente di Fig. 6.35 di forma prismatica, lunghezza  ed area A,
magnetizzato nel verso indicato. Si faccia l'ipotesi di campo uniforme all'interno del magnete
(approssimazione tanto più valida, quanto più la lunghezza è piccola rispetto alle altre dimensioni e
quanto più il magnete è inserito in un circuito magnetico a bassa riluttanza). Allora il magnete è un
tronco di tubo di flusso con flusso   AB e d. di p. magnetico u = H . Dalle (6.45) ed assunti i
versi dei generatori, si ottiene la relazione costitutiva del magnete di forma assegnata:


u  M0    M 0  Rp (6.46)
pA

dove M 0 = H 0 (forza magnetomotrice del magnete). Inoltre si è definita la riluttanza interna del
magnete


Rp 
pA
Da osservare che, a causa della bassa permeabilità, la approssimazione di campo uniforme all'interno
del magnete è spesso molto grossolana. Per la bassa permeabilità la riluttanza interna può assumere
valori molto elevati rispetto ad altre del circuito magnetico (la riluttanza è prossima a quella di un
traferro delle stesse dimensioni del magnete).
Il magnete risulta quindi un elemento attivo di circuito magnetico dotato della caratteristica di Fig.
6.36a (versi di riferimento dei generatori) e rappresentabile con il circuito equivalente serie di Fig.
6.36b costituito da un generatore di f.m.m. in serie a una riluttanza.
I circuiti equivalenti degli eventuali magneti permanenti presenti nel circuito magnetico vanno
aggiunti agli eventuali altri generatori dovuti ad avvolgimenti elettrici.

MP Rp
Bp Hp M0

Bfe
Hfe Rfe

Fig. 6.37. Magnete permanente e circuìto magnetico corrispondente.

Come esempio si consideri il circuito magnetico di Fig. 6.37. Ad esso corrisponde il circuito
equivalente mostrato. Indicate con i pedici p ed fe le grandezze relative rispettivamente al magnete e
ai tratti in ferro, il flusso comune risultante è:
M0  fe
 dove R fe 
R p  R fe  fe A fe

La soluzione si può anche ottenere dalle grandezze locali, imponendo l'uguaglianza del flusso nel
circuito

Ap B p  A fe B fe

mentre la legge della circuitazione di H con correnti concatenate nulle afferma

 p H p   fe H fe  0

A queste relazioni vanno aggiunte la caratteristica del magnete (6.45) e la caratteristica del ferro.
Notare che il campo Hp nel magnete è in verso opposto al campo Bp. Il circuito esterno assunto ad
Bp A fe  p
esempio impone ai campi nel magnete la relazione:   fe che costituisce la
Hp A p  fe
caratteristica esterna indicata in tratteggio nella Fig. 6.34.

PERDITE PER ISTERESI E PER CORRENTI PARASSITE

Isteresi
L'isteresi di Fig. 6.20b nei materiali ferromagnetici è un fenomeno dissipativo. Consideriamo
infatti il lavoro specifico (per unità di volume) fornito al materiale.

Lesp   HdB

L'integrale corrisponde geometricamente all'area tra la caratteristica del materiale e l'asse B delle
ordinate, delimitata dagli estremi di integrazione.
Per caratteristica senza isteresi e passante per l'origine degli assi, il lavoro specifico dall'origine ad
un punto generico sulla caratteristica definisce l'energia specifica. In particolare per caratteristica
rettilinea si trova la (6.4).
Consideriamo ora un andamento periodico nel tempo dei campi B ed H. In assenza di isteresi il
lavoro è nullo, ma in presenza di isteresi il lavoro specifico in un periodo è pari all'area del ciclo di
isteresi compiuto dal materiale. Si noti che il materiale dopo un ciclo si ritrova nello stato iniziale,
quindi l'eventuale variazione di energia è nulla. In effetti il lavoro di isteresi, non accumulato nel
materiale, è convertito in calore.
Moltiplicando per la frequenza, cioè il numero di cicli compiuti nell'unità di tempo, si ottiene il
lavoro specifico per unità di tempo, ovvero la potenza specifica (media sul periodo) assorbita dal
materiale a causa dell'isteresi e dissipata in calore.

Psp,ist  fAist

A sua volta l'area Aist del ciclo di isteresi dipende dal valore massimo BM di induzione raggiunto.
E' in uso la formula empirica approssimata, valida per bassa saturazione:

2
Aist  Cist B M
dove la costante Cist dipende dal materiale.

Correnti parassite
Un altro fenomeno dissipativo nel materiale in regime periodico è la presenza di correnti parassite.
Per la legge dell'induzione elettromagnetica un campo magnetico variabile genera forze elettromotrici
lungo percorsi chiusi su piani normali alla direzione del campo. Se il mezzo in cui si trova il campo
magnetico è un conduttore elettrico, il fenomeno dà luogo ad una distribuzione di corrente (chiamate
correnti parassite). Questa origina perdite per effetto Joule nel materiale.
In regime sinusoidale le f.e.m. E su spire chiuse sono proporzionali all'area delle spire, alla
frequenza e al modulo dell'induzione. Le perdite medie in un circuito elettrico sono del tipo E 2 / R .
Considerata la resistività del materiale, le perdite specifiche per correnti parassite sono quindi

Psp,cp  f 2 B 2 / 

La costante di proporzionalità dipende dalla forma geometrica della struttura magnetica.


Per limitare l'area delle spire, il materiale magnetico è usualmente costituito da pacchi di lamierini
di piccolo spessore posti in direzione longitudinale al campo magnetico (in modo che il campo non
attraversi le superfici di separazione tra i lamierini). Le spire indotte, normali al campo, sono costrette
all'interno del singolo lamierino dal moderato isolamento elettrico tra i lamierini. In questa situazione
è possibile, sotto ipotesi semplificative, ottenere una espressione precisa delle perdite specifiche per
correnti parassite. Si consideri la Fig. 6.42 che mostra una sezione di lamierino di spessore , molto
minore delle altre dimensioni, interessato da un campo B uniforme in direzione ortogonale alla
sezione.
Il campo elettrico è legato all'induzione dalla relazione di Maxwell (6.6) e il campo di corrente è
 
proporzionale al campo elettrico secondo la E  J .
Se la dimensione trasversale è indefinita, per simmetria i campi di conduzione ed elettrico hanno
l'andamento indicato in Fig. 6.42 e l'intensità è funzione della sola variabile spaziale x (per i versi si
è tenuto conto del segno della (6.6)) La forza elettromotrice e lungo la linea chiusa tratteggiata di
dimensione trasversale generica  vale

 
e   E  d   2 E

B
Per il teorema della circuitazione e la (6.6) la forza elettromotrice è anche uguale a e  2x
t
dB
quindi nei moduli e per campo uniforme E  x
dt
Le perdite specifiche locali sono

2
E 2 1  dB  2
psp ( x , t )     x
   dt 

Le perdite medie rispetto alla coordinata spaziale risultano

2 2
2  dB  2  2  dB 
0
2
psp (t )    x dx   
  dt  12  dt 

Ipotizzata l'induzione sinusoidale nel tempo con pulsazione  e valore massimo B M , le perdite
specifiche per correnti parassite mediate nel periodo risultano
2
 2 1  dB  1  2 2 B M
2
2 2 f 2 BM
2

12 T T  dt 
Psp    dt  
24  6 

La formula trovata vale per spessore dei lamierini piccolo rispetto alle altre dimensioni e correnti
indotte sufficientemente piccole da non alterare il valore locale dell'induzione magnetica.


E(x)
Flus x
so 

E(x)

  
B B B

Fig. 6.42. Correnti parassite nei lamierini.

Perdite totali
Le perdite per isteresi e per correnti parassite non sono presenti in regime costante. In regime
alternato sinusoidale la somma dei due termini (chiamati complessivamente perdite nel ferro) è
proporzionale circa al quadrato dell'induzione e alla frequenza elevata ad un esponente compreso tra
1 e 2. Nella tecnica è in uso l'espressione seguente delle perdite per unità di massa:

1 2
 f  2
Pfe  C perd   BM
 50 Hz 

ove C perd è una costante (detta cifra di perdita) che dipende dal materiale magnetico e dallo
W
spessore del lamierino, le cui unità di misura sono .
T 2 Kg
PRINCIPI DI CONVERSIONE ELETTROMECCANICA

INTRODUZIONE
Campi elettrici e magnetici interagiscono con le cariche elettriche manifestando forze meccaniche.
Come visto al Cap. 1, la forza su una carica elettrica puntiforme ha la espressione:
   
F  qE  qv  B

La formula mostra anche che i campi elettrici agiscono su cariche sia in movimento che
stazionarie, mentre i campi magnetici agiscono solo su cariche in movimento.
L'analisi delle interazioni meccaniche per mezzo della forza sulla carica puntiforme risulta molto
complessa, poiché riguarda fenomeni locali che agiscono sulle singole cariche e l’effetto globale su
un sistema si dovrebbe ottenere dalla somma dei contributi elementari di tutte le cariche. Un modo
alternativo molto più semplice consiste nell’ottenere formule integrali per via energetica, basandosi
sulle proprietà di conservazione dell'energia.

In un sistema chiuso vale il principio di conservazione dell'energia. Per sistemi elettromeccanici


conservativi (o non dissipativi: in pratica senza resistenze elettriche), il bilancio energetico si formula
nella seguente forma: assunti arbitrariamente i versi come in Fig. 7.1, il lavoro elettrico entrante è
pari alla somma del lavoro meccanico uscente e dell’aumento di energia del sistema.

L el
dW
L mec

Fig. 7.1. Bilancio energetico del sistema elettromeccanico conservativo.

In termini infinitesimi

Lel  dW  Lmec (7.1)

Sotto le ipotesi della teoria delle reti, il lavoro elementare scambiato alla porta elettrica (o alle
porte elettriche) è determinato dalla tensione e corrente di porta: Lel  vidt .
Si esprima il lavoro meccanico come

Lmec  Fx dx (7.2)

dove x è un parametro geometrico che identifica un generico spostamento o deformazione


meccanica; Fx è la componente della forza nella direzione e verso della coordinata x.
Fx va intesa come forza generalizzata, tale cioè che, moltiplicata per l’incremento della generica
variabile x, fornisce il lavoro meccanico compiuto dal sistema.
Nel caso importante di movimento rotatorio, la x è meglio specificata come angolo di rotazione 
e la forza generalizzata come coppia T nella direzione e verso della rotazione. Il tal caso il lavoro
meccanico si esprime come
Lmec  T d (7.3)

Le (7.1) e (7.2) consentono di esprimere la forza generalizzata in termini di rapporto tra i


differenziali dell’energia e dello spostamento nella condizione di lavoro elettrico nullo.

 dW 
Fx     (7.4)
 dx  Lel  0

Il segno negativo, conseguenza dei versi assunti, indica che un lavoro meccanico uscente, posto
nullo il lavoro elettrico, è associato ad una diminuzione di energia.
La (7.4) è alla base delle formule di calcolo delle azioni meccaniche. Se si è in grado di formulare
l’energia in funzione di variabili e parametri noti, tra i quali una coordinata x scelta in relazione alla
forza generalizzata cercata, allora la derivata (7.4), eseguita in modo opportuno, consente di ottenere
in forma esplicita la forza generalizzata.
L’impostazione data indica anche che le azioni meccaniche sono associate a componenti di rete
caratterizzati da energia, ovvero bipoli e multiporta capacitivi ed induttivi.

FORZE DOVUTE AL CAMPO ELETTRICO

Consideriamo un condensatore a capacità variabile, bipolo elettrico non dissipativo in grado di

immagazzinare energia e, si vedrà, in grado di svolgere scambi di lavoro meccanico con l'esterno.

i
Condensatore
dL el a capacità
v dL mec
variabile

Fig. 7.2. Condensatore a capacità variabile.

Poiché sul condensatore la carica elettrica è l’integrale della corrente, il lavoro elettrico risulta:

Lel  vidt  vdq

Assunta la (7.2) per il lavoro meccanico, il bilancio energetico (7.1) risulta:

vdq  dWE  Lmec  dWE  Fx dx

Il lavoro elettrico è nullo ( Lel  0 ) per dq=0, ovvero q=cost. Si ottiene la forza come rapporto
tra le variazioni di energia e dello spostamento nelle condizioni specificate dalla (7.4). In termini
matematici è la derivata parziale (cambiata di segno) dell'energia elettrica rispetto allo spostamento,
fatta a carica costante:
 dWE  WE (q, x)
Fx     (7.5)
 dx  q x

oppure, utilizzando la (7.3)

 dWE  WE (q, )


T     (7.6)
 d  q 

Le forze o coppie indicate sono le azioni meccaniche del campo dielettrico sui supporti meccanici
di sostegno. Le forze dei sostegni (reazioni vincolari) sono ovviamente uguali e di verso opposto.
E’ importante riconoscere che le espressioni trovate valgono anche in assenza di effettivi
spostamenti o deformazioni meccaniche. Si dice in tal caso che si è considerato un bilancio energetico
virtuale, procedimento chiamato anche principio dei lavori virtuali.
A commento delle formule trovate, il bilancio energetico virtuale costituisce un modo per
riconoscere le espressioni della forza (o coppia) nella direzione e verso di uno spostamento o
deformazione virtuale, identificato dalla variabile x dotata di segno. La forza meccanica così ottenuta
è un risultato fisico che non dipende dal modo con cui è stato calcolato; in altre parole, il risultato
delle formule è applicabile in qualsiasi circostanza, non solo sotto le specifiche condizione dello
spostamento virtuale ipotizzato.

Nel caso lineare l'energia del condensatore è

1 1 1 q2 1 2
WE  vq  Cv 2   Sq
2 2 2C 2

1
dove si è definita la elastanza S  .
C
Applicando la formula (7.5) si ottiene, in termini di forza:

1
d
1 dS 1 C
Fx   q 2   q2 (7.7)
2 dx 2 dx

Tenuto conto che


1
d
C   1 dC
dx C 2 dx

si ottiene anche la formula di uso più diretto (notare il cambiamento di segno)

1 2 dC
Fx  v (7.8)
2 dx

In modo analogo per la coppia:


1
d
1 dS 1 1 dC
T   q 2   q2 C  v2
2 d 2 d 2 d
Le formule del caso lineare suggeriscono anche un metodo diretto per predire il verso della forza:
la forza agisce sempre nel verso di aumentare la capacità (il che corrisponde alla tendenza al minimo
di energia del sistema isolato).

Esempio N.1
Si consideri un condensatore piano (Fig. 7.3):

A 0

Fig. 7.3. Condensatore a facce piane parallele con movimento virtuale delle piastre lungo l'asse x.

Si voglia calcolare la forza tra le armature in direzione ortogonale a queste. Si considera a questo
fine una variazione infinitesima virtuale della distanza tra le armature. La generica variabile x, rispetto
a cui derivare, diventa in questo caso la distanza dell’armatura inferiore, di cui si immagina lo
spostamento virtuale, dall’altra.
A x
Si ricordano le formule della capacità e della elastanza: C   S dove A è la superficie
x A
delle facce del condensatore,  la permettività del mezzo interposto.
Poiché è più semplice derivare la elastanza, conviene utilizzare la formula (7.7):

1 dS 1 q2 1 A 1C 2
Fx   q 2     2 v2   v
2 dx 2 A 2 x 2 x

La forza ottenuta è quella sull’armatura considerata mobile ad parte del campo elettrico. Per
simmetria la forza sull’altra armatura è uguale ed opposta. Il segno negativo indica che la forza
effettiva è diretta in senso opposto rispetto al verso delle x positive, ovvero le armature si attraggono.
Il verso corrisponde sempre ad aumento della capacità.

Esempio N°2
Determinare il valore della forza che agisce su un dielettrico quando si tenta di estrarlo dalle
armature di un condensatore piano (Fig. 7.4).
In questo caso si può considerare l'intero condensatore come il parallelo di due condensatori di
diversa permettività: uno è di permettività o mentre l'altro è di permettività  = or. Si ha allora, dalla
Fig. 7.4:

ba  x  bx  o b
C  C1  C 2    o   r a  x1   r 
  

Conoscendo l'espressione della capacità in funzione della coordinata meccanica si può passare al
calcolo della forza con la (7.8):
b

0
a x

Fig. 7.4. Condensatore a facce piane parallele da cui si estrae un dielettrico a permettività diversa
dal vuoto.

1 dC 1 2  o b
Fx  v 2  v 1   r   q
2
1   r 
2 dx 2  2 o b  r a  x1   r 2

Si noti che in questo caso il segno della forza dipende dal valore di r, di regola maggiore di 1. Il
dielettrico è quindi attratto all’interno del condensatore, così da aumentare la capacità.
FORZE DOVUTE AL CAMPO MAGNETICO

Come si vedrà in altri corsi, quando si tratteranno le macchine elettriche, gli apparecchi atti a generare
azioni meccaniche per via elettrica fanno uso quasi esclusivamente di forze originate dal campo
magnetico. La ragione risiede nel fatto che, con il campo magnetico, si è in grado di ottenere una
densità di energia (energia per unità di volume) molto più elevata che con il campo elettrico. A titolo
indicativo, l’energia magnetica specifica in aria con il campo di induzione B = 1 T, valore usuale nella
pratica, è:
B2
wMsp   4 105 J/m3
2 0
L’energia elettrica specifica in aria dovuta a una campo elettrico E = 3 106 V/m, corrispondente alla
rigidità dielettrica dell’aria secca, risulta:
E2 3
w Esp   0  40 J/m
2
valore di 4 ordini di grandezza inferiore al precedente.

Induttore isolato
Consideriamo un induttore a induttanza variabile, bipolo elettrico non dissipativo in grado di
immagazzinare energia e, si vedrà, in grado di svolgere scambi di lavoro meccanico con l'esterno.

i
Induttore
dL el a induttanza dL mec
v variabile

Fig. 7.6. Induttore a induttanza variabile.

Poiché sull’induttore il flusso concatenato è l’integrale della tensione, cioè vdt  d c , il lavoro
elettrico risulta.

Lel  vidt  id c

Assunta la (7.2) per il lavoro meccanico, il bilancio energetico (7.1) risulta:

id c  dWM  Fx dx

Il lavoro elettrico è nullo ( Lel  0 ) per d c  0 ovvero c  cost . Si ottiene la forza come derivata
parziale (cambiata di segno) dell'energia magnetica rispetto allo spostamento, fatta a flusso
concatenato costante:

 dWM  WM (  c , x )
Fx     (7.10)
 dx   x
c

oppure, utilizzando la (7.3)


 dWM  WM (  c ,  )
T     (7.11)
 d   
c

A commento delle formule trovate, vale quanto detto per il condensatore.

Nel caso lineare l'energia dell’induttore è

1 1 1  c2 1
WM  i c  Li 2    c 2
2 2 2 L 2
1
dove si è definita la inertanza (induttanza inversa)   .
L
Applicando la formula (7.10) si ottiene, in termini di forza, in modo analogo al condensatore:

1
d
1 2 d 1 2 L  1 i 2 dL
Fx    c   c
2 dx 2 dx 2 dx (7.12)

in termini di coppia:

1
d
1 2 d 1 2 L  1 i 2 dL
T    c   c
2 d 2 d 2 d

Le formule del caso lineare suggeriscono anche un metodo diretto per predire il verso della forza: la
forza agisce sempre nel verso di aumentare la induttanza (il che corrisponde alla tendenza al minimo
di energia del sistema isolato).

Induttori accoppiati
Nel caso generale di sistema di induttori accoppiati, la trattazione si generalizza nel modo
seguente:

Lel   vk ik dt   ik d ck  dWM  Lmec


k k

Posti tutti i flussi concatenati costanti  ck  cost., d ck  0 , il sistema è isolato Lel  0 . Si


ottiene la forza come derivata parziale (cambiata di segno) dell'energia magnetica rispetto allo
spostamento, derivata eseguita mantenendo costanti tutti i flussi concatenati:

 dWM  WM (  c , x )
Fx    
 dx   x
c

oppure

 dWM  WM (  c ,  )
T    
 d   
c
Si introducono ora i termini kh della matrice delle inertanze   L1 .Nel caso lineare l'energia è
(forma matriciale e scalare):

1 t 1 1 t
WM  i Li  i t  c   c  c
2 2 2
1 1 1
WM  k ik  ck  h, k Lkh ik i h  h,k kh  ck  ch
2 2 2

Applicando la formula si ottiene, in termini di forza (forma matriciale e scalare):

1 t dL 1 t d
Fx  i i   c c
2 dx 2 dx
1 dL 1 d
Fx  h,k ik ih kh   h,k  ck  ch kh
2 dx 2 dx

in termini di coppia:

1 dLkh 1 d
T 
2
 ii
h,k k h
d
  h,k  ck  ch kh
2 d

Forze nei traferri


Se si conosce l’induzione al traferro (in aria di permeabilità  0 ) e le dimensioni geometriche di
questo, la forza di attrazione al traferro si ottiene anche come prodotto della area A del traferro per la
pressione magnetica al traferro ptr.

1 B2 1 B2
ptr  wMsp  F  ptr A  A
2 0 2 0

La formula vale nell’ipotesi che il campo sia uniforme all’interno del traferro e normale alla
superficie di separazione tra il ferro e il traferro (si trascurano gli eventuali effetti di bordo).
Esempio. Elettromagnete

d
x

Fig. 7.7. Circuito magnetico con ancora mobile.

Si consideri il circuito magnetico di Fig. 7.7, costituito da un’ancora mobile e una parte fissa. Il
circuito di eccitazione ha N spire.
Il sistema presenta induttanza non lineare per la presenza del materiale ferromagnetico.
 c  L (i , x )i
La formulazione della espressione della forza sull’ancora mobile risulta possibile anche in questo
caso, grazie alle considerazioni seguenti.
L’energia magnetica del sistema è costituita da due termini:

1) l’energia Wfe nei tratti di circuito magnetico in ferro, di espressione non semplice per la
dipendente dalla induttanza non lineare, variabile con l’induzione nel materiale;

2) la energia magnetica nei due tratti di traferro data da


B 2 Ax
Wtr 
0
Nei casi non lineari la forza è fornita dalla derivazione dell’energia a flusso concatenato costante

 dWM   dW ( B)   dW ( B, x ) 
Fx       Fe    tr 
 dx    dx    dx 
c c c

A causa della geometria semplice del caso esaminato, flusso concatenato costante implica
induzione costante in tutti i tratti del circuito magnetico.

B c
NA
Quindi le derivate vanno effettuate a B costante. La energia nei tratti in ferro non cambia al
cambiare di x e la forza si ottiene derivando la sola energia dei traferri.

2
B2 A 
Fx    2c
0 N 0 A

Allo stesso risultato si perviene applicando la formula della pressione magnetica. Si noti che, nella
valutazione del campo B al traferro o del flusso concatenato, interviene la non linearità del ferro.

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