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DOMANDE D’ESAME
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62) La
presentazione clinica del paziente con scompenso
cardiaco, le quattro varianti.
63) La
valutazione primaria in emergenza/urgenza intra ed
extraospedaliera al malato critico con segni e sintomi di
scompenso cardiaco.
64) Gli
esami diagnostici fondamentali in emergenza/urgenza
nello scompenso cardiaco acuto.
65) Obiettivi
del trattamento del paziente affetto da scompenso
acuto/stabile/acuto.
66) La pressione arteriosa media, calcolo e importanza della
stessa.
67) I farmaci di emergenza/urgenza nel paziente con
scompenso cardiaco acuto.
68) I farmaci dello scompenso in fase stabile.
69) La
funzione renale nel paziente affetto da scompenso
cardiaco.
70) La borsa del medico: strumenti e farmaci del pronto
intervento.
RISPOSTE D’ESAME:
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L'EMERGENZA è una condizione che pone il paziente in imminente
pericolo di vita e richiede un intervento immediato.
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Nell’approccio delle situazioni di emergenza/urgenza sanitaria, la
tempestività degli interventi è il primo fattore che condiziona il risultato,
da valutarsi non solo in termini di perdita di vite umane, ma anche di
durata dell’ospedalizzazione e di esiti invalidanti. La tempestività deve
accompagnarsi anche ad un ‘adeguata qualità degli interventi, poiché
nel trattamento dei soggetti in imminente pericolo di vita si amplifica
l’importanza della regola d’oro: evitare di perdere tempo con interventi
inutili o scarsamente efficaci o , peggio ancora di aggravare con
interventi controindicati, e praticare nel più breve tempo possibile gli
interventi utili, seguendo un’ordine di priorità basato sulla loro efficacia.
Per garantire questo è necessario fare riferimento alle linee guida di
valutazione/azione ben definite.
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trattamento atto a ripristinare la circolazione, che è costituito dalla
terapia elettrica e/o farmacologica (vedi pago 108);
5. nella maggior parte dei casi di ACC per SCA l'arresto è provocato da
fibrillazione ventricolare (FV) o tachicardia ventricolare senza polso
(TYsp), il cui trattamento richiede la defibrillazione elettrica
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3. La valutazione medica nelle maxi emergenze,
prognosi quod vitam e quo valetudinem e anche la
quarta domanda
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gli aspetti organizzativi del soccorso: comunicazione, ordine pubblico,
trasporti e soccorso sanitario.
Logistica, intesa come l'insieme delle persone e dei mezzi per rendere
operativo il piano d'intervento ed affrontare l'evento.
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Lo sweeping triage ha l'obiettivo di evitare la morte per dissanguamento
o soffocamento, per quanto sia consentito da un primo soccorso, e di
individuare rapidamente e facilmente le vittime da trasferire
prioritariamente al PMA.
Oltre ai classici codici colore Verde, Giallo e Rosso, vi sono i codici Blu
(personale con competenze BLS o BLSD) o Nero (medici) per indicare la
presenza di funzioni vita li compromesse.
1. La vittima cammina?
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• Se cammina è codificata come verde, con bassa priorità di trattamento
e con possibilità di evacuazione autonoma verso l'area medicalizzata.•
Se non cammina, la valutazione prosegue verificando il respiro.
2. La vittima respira?
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I punti decisionali della valutazione sono adattati all'età apparente della
vittima (indicativamente lo START dovrebbe essere applicato a soggetti
con peso >45 kg).
Bisogna tenere presente che genitori o adulti con codi- ce verde in preda
al panico, al momento di muoversi verso l'area medicalizzata potrebbero
portare con loro i lattanti/bambini prima che questi possano essere
sottoposti al triage sul campo. Queste piccole vittime dovranno essere
rivalutate immediatamente nell'area verde, e se presente- ranno i criteri
dei codici giallo o rosso, dovranno essere inviate alle rispettive aree di
medicalizzazione/PMA accompagnate dagli adulti con lesioni minori che
difficilmente si separeranno da loro.
• risposta alla chiamata verbale (''V''; apre gli occhi alla chiamata);
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generalizzati o suoni privi di significato, postura decorticata o
decerebrata;
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viene equipaggiata con idonea attrezzatura e può essere un MSA od un
MSI a seconda del tipo di equipaggio a bordo.
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• possibilità di essere trasferito nell'ospedale più ido- neo per la
patologia a prescindere dalla distanza; elevate prestazioni mediche
durante il trasporto assistito garantite da personale sanitario
qualificato e dotato di attrezzature di avanguardia;
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RITMI DEFIBRILLABILI: FIBRILLAZIONE VENTRICOLARE E TACHICARDIA
VENTRICOLARE SENZA POLSO
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- Nel momento in cui il defibrillatore è pronto per scaricare, la RCP
viene interrotta; il soccorritore addetto alla defibrillazione controlla
rapidamente che nessuno sia a contatto con la vittima e
somministra uno shock. '
- Le compressioni toraciche vanno interrotte per non più di 5
secondi in modo da poter erogare lo scarica; tempi maggiori
possono compromettere il risultato finale. è stato proposto di
continuare le compressioni toraciche durante l'erogazione della
defibrillazione (hands-on defibrillation), ma i benefici di
quest'approccio non sono stati dimostrati; i guanti utilizzati
generalmente come dispositivi di protezione individuale non
garantiscono un adeguato livello di isolamento elettrico.
- Subito dopo aver erogato lo shock si riprende immediatamente la
RCP 30:2 iniziando con le compressioni toraciche, senza
controllare sul monitor se il ritmo si è modificato e senza verificare
se il polso è ricomparso.
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adrenalina.
f farmaci vanno somministrati senza interrompere lo RCP;
l'infusione in bolo attraverso una vena periferica del braccio va
seguita da un lavaggio con almeno 20 mL di liquidi e dal
sollevamento verticale del braccio rispetto al tronco per 10-20 s in
modo da facilitare il passaggio nella circolazione centrale.
- Si continua con RCP per 2 min --> pausa per valutare il ritmo --> se
persiste FV o TV --> shock (360 J di corrente monofasica o 150-360
J di bifasica) --> ripresa immediata della RCP senza controllare
ritmo o polso --> adrenalina l mg in bolo EV/IO ogni 3-5 min (in
pratica una volta ogni due cicli di shock-RCP), considerando anche:
la verifica di qualità̀ della RCP e dell'apparato per la defibrillazione,
il controllo avanzato delle vie aeree, la somministrazione di un
secondo bolo di amiodarone (150 mg EV/IO) dopo 5 shock, la
correzione delle cause potenzialmente reversibili. Se con le prime
scariche non si ottiene il risultato voluto e FV/TVsp persistono o
ricorrono, durante lo RCP bisogna controllare se si può̀ migliorare
la qualità̀ delle compressioni: ricorrendo al controllo avanzato delle
vie aeree per poter passare alla RCP asincrona, verificando lo
posizione ed il contatto degli elettrodi sul torace, valutando
l'eventuale presenza di cause reversibili per agire di conseguenza.
- Se dopo un ciclo di RCP per 2 minuti all'analisi del ritmo si
evidenziano asistolia o PEA, il trattamento prosegue seguendo le
indicazioni dell'algoritmo per i ritmi non defibrillabili.
Se, invece, dopo aver terminato un ciclo di RCP per 2 minuti all'analisi
del ritmo si evidenzia un ritmo organizzato (QRS regolari o stretti), va
effettuata la valutazione del polso e dei segni vitali. Questa va- lutazione
deve essere di breve durata e fatta solo in caso di ritmo organizzato. In
caso di dubbio sull'effettivo ROSC, si riprende la RCP. Se il ROSC si
conferma, va allora iniziato il trattamento intensivo post-arresto.
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Se durante un ciclo di RCP la vittima dà segni di vita (apre gli occhi, si
muove, tossisce, respira normalmente), bisogna controllare il monitor: se
si evidenzia un ritmo organizzato (QRS regolari o stretti), va effettuata la
valutazione del polso e dei segni vitali. In caso di dubbio sull'effettivo
ROSC, si riprende la RCP. Se il ROSC si conferma, va allora iniziato il
trattamento intensivo post-arresto.
pseudo-EMD
ritmi idioventricolari
ritmi ventricolari di scappamento
ritmi bradi-asistolici
ritmi idioventricolari post-defibrillazione.
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allargamento dei compiessi fino alla completa scomparsa dell'attività̀
elettrica.
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accesso venoso o intraosseo, dopo la ripresa delle compressioni
toraciche si somministra in bolo 1 mg di adrenalina. Poiché́ lo RCP
è faticosa, ogni due minuti bisogna cambiare l'addetto alle
compressioni toraciche. L'adrenalina va somministrata senza
interrompere lo RCP; l'infusione in bolo attraverso una vena
periferica del braccio va seguita da un lavaggio con almeno 20 ml
di liquidi e dal sollevamento verticale del braccio rispetto al tronco
per 10-20s in modo da facilitare il passaggio nella circolazione
centrale.
- Si continua con RCP per 2min pausa per valutare il ritmo se
persiste asistolia o PEA ripresa immediata della RCP adrenalina
1 mg in bolo EV/ IO ogni 3-5 min, considerando anche: la verifica di
qualità̀ della RCP, il controllo avanzato delle vie aeree, la
correzione delle cause potenzialmente reversibili.
- Se dopo un ciclo di RCP per 2 minuti all'analisi del ritmo si
evidenziano FV/TYsp, il trattamento prosegue seguendo le
indicazioni dell'algoritmo per i ritmi defibrillabili.
- Se invece dopo aver terminato un ciclo di RCP per 2 minuti
all'analisi del ritmo si evidenzia un ritmo organizzato (QRS regolari
o stretti), va effettuata la valutazione del polso e dei segni vitali.
Questa valutazione deve essere di breve durata e va fatta solo in
caso di ritmo organizzato. In caso di dubbio sull'effettivo ROSC, si
riprende la RCP. Se il ROSC si conferma, va allora iniziato il
trattamento intensivo post-arresto.
- Se durante un ciclo di RCP guardando il monitor si vede che è
comparso un ritmo organizzato, non si devono interrompere le
compressioni toraciche per valutare il polso fino al termine dei 2
min di RCP, a meno che il paziente non dia chiari segni di ripresa
della circolazione spontanea.
- Se durante un ciclo di RCP la vittima dà segni di vita (apre gli
occhi, si muove, tossisce, respira normalmente), bisogna
controllare il monitor: se si evidenzia un ritmo organizzato (QRS
regolari o stretti), va effettuata la valutazione del polso e dei segni
vitali. In caso di dubbio sull'effettivo ROSC, si riprende la RCP. Se il
ROSC si conferma, va allora iniziato il trattamento intensivo post-
arresto.
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7) Cardioversione elettrica e Defibrillazione elettrica, modalità del
trattamento.
La necessità di trattamento delle aritmie dipende dai sintomi e dalla gravità
dell'aritmia. Il trattamento è volto alle cause. Se necessario, si fa ricorso a una
terapia antiaritmica diretta, che comprende farmaci antiaritmici, cardioversione-
defibrillazione in corrente continua, cardiovertitore-defibrillatore
impiantabile, pacemaker (ed una speciale forma di stimolazione elettrica, terapia
cardiaca di risincronizzazione ) ablazione con catetere, intervento chirurgico , o una
combinazione di questi.
Uno shock transtoracico a corrente continua di sufficiente entità è in grado
di depolarizzare l'intero miocardio , rendendo tutto il cuore temporaneamente
refrattario a nuove depolarizzazioni. Quindi il segna passi con la maggiore frequenza
intrinseca, di solito il nodo seno-atriale, è in grado di riacquistare il controllo del
ritmo. Per questo la cardioversione-defibrillazione a corrente continua interrompe
molto efficacemente le tachiaritmie da rientro. Tuttavia, è meno efficace
nell'arrestare le tachiaritmie da aumentato automatismo in quanto è probabile che il
ritmo che emerge dopo lo shock sia quello del focus automatico e che quindi la
tachiaritmia recidivi. Per tachiaritmie diverse dalla fibrillazione ventricolare e dalla
tachicardia ventricolare senza polso, lo shock di corrente continua deve essere
sincronizzato al complesso QRS (e in questi casi si parla di cardioversione) poiché
uno shock che cade durante il periodo vulnerabile ventricolare (in prossimità del
picco dell'onda T) può indurre una fibrillazione ventricolare. Nella fibrillazione
ventricolare non è possibile né necessario sincronizzare lo shock con il complesso
QRS. Uno shock di corrente continua applicato senza sincronizzazione a un
complesso QRS si definisce defibrillazione.
La cardioversione o la defibrillazione a corrente continua si possono erogare sotto
forma di
Corrente monofasica
Corrente bifasica
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La corrente monofasica viaggia in una direzione tra i due elettrodi. Nei dispositivi
bifasici, la corrente inverte la direzione a metà dell'onda di shock. Il dispositivo
bifasico richiede una minore energia e ha dimostrato di portare a tassi più elevati di
ritorno alla circolazione spontanea. Tuttavia, i risultati di sopravvivenza sono simili
con entrambi i dispositivi. La maggior parte dei defibrillatori esterni manuali e
automatici è ora bifasica, per la maggiore efficacia nel ripristino del ritmo sinusale. I
dispositivi bifasici sono anche di dimensioni più ridotte (rendendo i dispositivi
portatili).
Procedura per la cardioversione a corrente continua:
Quando la cardioversione a corrente continua è elettiva, i pazienti devono rimanere
a digiuno per 6-8 h per evitare la possibilità di aspirazione. Poiché la procedura è
dolorosa e preoccupante per il paziente, è necessaria una breve anestesia generale
o un'analgosedazione EV (p. es., fentanil 1 mcg/kg seguito da midazolam 1-2 mg ogni
2 minuti fino a un massimo di 5 mg). Devono essere presenti strumenti e personale
per assicurare la pervietà delle vie aeree . VIDEO
Gli elettrodi (piastre) usati per la cardioversione possono essere posizionati sul
torace antero-posteriormente (lungo il margine sternale sinistro a livello del 3°-4°
spazio intercostale e nella regione infrascapolare sinistra) o anterolateralmente (tra
la clavicola e il secondo spazio intercostale lungo il margine sternale destro e a
livello del quinto-sesto spazio intercostale in corrispondenza dell'apice cardiaco).
Dopo aver confermato al monitor la sincronizzazione con il complesso QRS, viene
erogato uno shock.
Gli shock successivi sono allo stesso (o a un più alto) livello di energia nei dispositivi
bifasici, e sono allo stesso livello nei dispositivi monofasici.
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200 joule per i dispositivi monofasici (o secondo le specifiche del
produttore)
Gli shock successivi sono allo stesso o più elevato livello di energia sia per i
dispositivi bifasici che per quelli monofasici.
La morte cardiaca improvvisa è definita convenzionalmente come un decesso che avviene per
cause cardiache, con improvvisa perdita di coscienza a breve tempo
dall'insorgenza dei sintomi. Le sue caratteristiche principali sono legate
alla genesi non traumatica ed all'immediatezza della precipitazione degli
eventi, da ascriversi ad aritmie minacciose che producono, in ultima
analisi, l'arresto cardiocircolatorio.
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La cardiomiopatia dilatativa, indipendentemente dalla causa o dalla
presenza d'insufficienza cardiaca scompensata, è un altro fattore
predittivo di MCI. I ventricoli dilatati favoriscono la dispersione della
depolarizzazione e/o ripolarizzazione ventricolare, creando delle "isole"
di tessuto ventricolare depolarizzate e ripolarizzate a velocità diverse, il
che facilita lo sviluppo di meccanismi di rientro che possono scatenare e
sostenere tachiaritmie ventricolari.
Una cardiopatia congenita è presente circa nello 0.8% di tutti i nati vivi;
grazie all'intervento cardiochirurgico, la maggior parte di essi arriva
all'età̀ adulta, ma un arresto cardiaco improvviso è una causa frequente
di morbilità̀ e mortalità̀ successive.
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Una stenosi aortica severa può causare dispnea da sforzo, ischemia
miocardica e aritmie ventricolari che possono scatenare una sincope e
morte cardiaca improvvisa. La causa più̀ comune di stenosi aortica è la
valvola aortica bicuspide congenita che solitamente nell'età̀ adulta è
calcifica e con l'orifizio ristretto; oppure la sclerosi/calcificazione della
valvola aortica tricuspide, che può̀ verificarsi negli individui sopra i 70-80
anni di età̀ .
La malattia del nodo del seno, la cui causa è sconosciuta e che viene
considerata come una malattia degenerativa del sistema di formazione e
conduzione dell'impulso elettrico all'interno del cuore, colpisce il
pacemaker cardiaco primario e può̀ causare vertigini intermittenti,
sincope e morte cardiaca improvvisa. Anche se è più̀ comune nell'età̀
avanzata, un difetto primitivo di conduzione cardiaca può̀ verificarsi
anche nei neonati e nei bambini. Un altro importante gruppo di fattori
predisponenti alla MCI è costituito dalle canalopatie ereditarie.
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normale ripolarizzazione ventricolare. La sua prevalenza è maggiore
negli atleti(10%) e può raggiungere addirittura il 100% se si tratta
individui allenati con elevate performance di resistenza.
EPIDEMIOLOGIA:
Per quanto riguarda l'Italia, i dati dell'annuario ISTAT 2014 attestano che
per i 613.520 decessi registrati nell'anno 2012 le malattie
cardiovascolari hanno costituito la prima causa di morte (75.098, pari
poco più̀ del 12% del totale) seguite, in seconda e terza posizione, da
altre malattie del sistema circolatorio: rispettivamente quelle
cerebrovascolari (61.255, pari al 10% del totale) e le altre malattie del
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cuore (48.384, pari aIl'8%). In base ai dati epidemiologici attualmente a
disposizione è difficile stabilire quante di tutte le "morti cardiache"
registrate nelle statistiche mondiali siano state “morti cardiache
improvvise" o non piuttosto conseguenza dell'evoluzione di una
cardiopatia scompensata. Ciò̀ nonostante, l'OMS stima che negli Stati
Uniti si verifichino 300-350.000 eventi l'anno, con un'incidenza totale di
circa 1/1000 abitanti/anno. Anche se studi recenti tendono a
sottostimare o a sovrastimare tale proporzione, prevedendo in Europa
un'incidenza variabile fra 0.61/1000 abitanti/anno e 1.1/1000
abitanti/anno (350-700.000 MCI/anno). è verosimile che il rapporto 0.9-1
ogni 1000 abitanti/anno sia quello corretto. Il che significa, in Italia, una
stima di morti improvvise che varia tra i 55.000 ed i 60.000 casi annui
(una media di una MCI ogni 10 min).
PREVENZIONE:
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9) Arresto cardiaco, l’importanza della diagnosi precoce
Valutazione clinica
Monitoraggio cardiaco ed ECG
A volte ricerca della causa (p. es., ecocardiografia, imaging al
torace [RX, ecografia], test degli elettroliti)
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Nell'arresto cardiaco pediatrico, l'ipoglicemia ( h di hypoglycemia) è
un'altra causa potenzialmente trattabile.
Sfortunatamente, la causa dell'arresto cardiaco spesso non può essere
identificata durante la rianimazione cardiopolmonare. L'esame clinico,
l'ecografia toracica durante la rianimazione cardiopolmonare e la RX
torace eseguita dopo il ritorno della circolazione spontanea a seguito di
toracostomia con ago possono rilevare uno pneumotorace durante
l'arresto, che suggerisce una causa per il pneumotorace iperteso.
L'ecocardiografia permette di rilevare le contrazioni cardiache e
riconoscere il tamponamento cardiaco, l'ipovolemia grave (cuore
vuoto), il sovraccarico ventricolare destro che suggerisce embolia
polmonare e le anomalie segmentarie della cinetica parietale
ventricolare sinistra che suggeriscono un infarto del miocardio.
Tuttavia, l'ecografia cardiaca transtoracica non deve essere eseguita
se richiede una significativa interruzione della rianimazione
cardiopolmonare.
I test ematici rapidi al letto del paziente possono rilevare livelli
anormali di potassio, contribuendo a confermare il sospetto che
l'arresto cardiaco sia stato causato da un'aritmia secondaria a
iperkaliemia.
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Il ritmo serrato di questi interventi è legato al fatto che in caso di
arresto cardiaco:
5. nella maggior parte dei casi di ACC per SCA l'arresto è provocato da
fibrillazione ventricolare (FV) o tachicardia ventricolare senza polso
(TYsp), il cui trattamento richiede la defibrillazione elettrica;
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Nella persona colpita da arresto cardiaco, il sostegno di base delle
funzioni vitali (Basic Life Support, BLS) può essere effettuato da
chiunque senza l'ausilio di particolari strumenti, allo scopo di garantire il
mantenimento della perfusione coronarica e cerebrale durante il tempo
necessario all'arrivo dei soccorsi.
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In pratica, ci si avvicina a queste condizioni ideali se si diffonde l'uso dei
defibrillatori semiautomatici (DAE) anche da parte di personale non
necessariamente dotato di specifica competenza nell'interpretazione
dell'ECG. Queste apparecchiature, infatti, danno la garanzia di
defibrillare solo se necessario, in totale sicurezza, senza dover aspettare
l'arrivo del medico e addirittura, se prontamente disponibili sulla scena
dell'arresto cardiaco, senza neanche dover iniziare la RCP.
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dell'emergenza medica, aveva proposto la definizione di Rianimazione
Cardiopolmonare e Cerebrale, invece di quella ormai più̀ familiare di
Rianimazione Cardiopolmonare, proprio per sottolineare come il vero
obiettivo della rianimazione sia quello di ridare la vita ad un paziente
senza reliquati neurologici da anossia cerebrale: ciò̀ si può̀ ottenere solo
lottando contro il tempo,
poiché́ le probabilità̀ di mantenere integro il cervello diminuiscono
rapidamente per ogni minuto di anossia.
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12) Valutazione dello stato di coscienza.
Per coscienza, in medicina, si intende “la consapevolezza di sé e
dell’ambiente circostante e la capacità di rispondere agli stimoli
ambientali” ed è il risultato di un insieme di processi che sono, fra gli
altri la vigilanza, la consapevolezza, l’attenzione, l’ideazione e la
memoria.
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Glasgow") è una scala di valutazione neurologica utilizzata da
personale medico e infermieristico per tenere traccia dell'evoluzione
clinica dello stato di coscienza di un paziente traumatizzato.
1 2 3 4 5 6
Allo
Apertura Allo stimolo
Nessuna stimolo Spontanea N/A N/A
occhi doloroso
verbale
Parla e Paziente
Nessun Confusione,
Risposta Suoni pronuncia orientato,
suono frasi N/A
verbale[11] incomprensibili parole, ma conversazione
emesso sconnesse
incoerenti appropriata
Anormale Flessione /
Estensione allo Localizzazione
Risposta Nessuna flessione Retrazione Obbedisce
stimolo dello stimolo
motoria risposta allo stimolo allo stimolo ai comandi
doloroso doloroso
doloroso doloroso
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grado di fornire le risposte verbali necessarie affinché il professionista
possa utilizzare la scala per valutare la loro orientamento o obbedire ai
comandi per valutare la loro risposta motoria. Poiché un punteggio di
Glasgow Pediatrico è stato descritto inizialmente ad Adelaide,[12][13] sono
state apportate diverse modifiche senza che ne sia stata accettata
universalmente una particolare.[14] Le versioni seguenti derivano da
quelle di James e della Rete di Applicazione della Ricerca per le Cure di
Emergenza Pediatriche.[15][7]
1 2 3 4 5 6
Anormale Movimento
Estensione Flessione / Flessione /
Risposta Nessuna flessione spontaneo
allo stimolo Retrazione allo Retrazione
motoria risposta allo stimolo ed
doloroso stimolo doloroso al tocco
doloroso autonomo
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Alert (vigile): il paziente è sveglio e cosciente; questo stato
viene valutato positivamente se il paziente riesce a rispondere
in maniera chiara a semplici domande quali "Cosa è successo?"
o "Come si chiama?".
Verbal (verbale): il paziente risponde anche muovendo gli occhi
o con atti motori ma solo a stimoli verbali, ovvero se chiamato,
mentre senza stimoli risulta confuso o assopito.
Pain (dolore): il paziente non risponde agli stimoli verbali ma
soltanto agli stimoli dolorosi, scuotendo (nel paziente non
traumatizzato) e/o pizzicando la base del collo.
Unresponsive (senza risposta): in questo stadio il paziente non
risponde né agli stimoli verbali né a quelli dolorosi e risulta
quindi completamente incosciente;
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Se l’infortunato è incosciente in genere si usa la manovra GAS, se invece
è cosciente si usa la manovra OPACS.
A) guardare
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B) ascoltare la presenza di rumori respiratori, come eventuali sibili;
C) sentire il calore e la pressione dell’aria espirata sulle proprie guance.
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14) Valutazione del circolo
C: Circulation
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15) Le compressioni toraciche: metodologia e compiti del soccorritore.
Alla 15 la risposta sta nelle risposte precedenti
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l defibrillatore si presenta come una scatola di dimensioni variabili, a
seconda del modello che si possiede. Le sue dimensioni sono circa
30 cm per 30 cm per una ventina di altezza. Al suo interno si trova, oltre
agli elettrodi che sono due, anche un kit di rasatura per togliere i
possibili peli presenti sul petto della vittima (in alcuni si trovano, oltre
alle placche per adulto, anche quelle pediatriche).
Il defibrillatore, oltre ad effettuare per mezzo di elettrodiadesivi una
scarica elettrica che va a ristabilire un battito regolare del cuore, in
caso di un arresto cardio-respiratorio, effettua in maniera automatica
l'esame cardiaco della vittima cercando la sua pulsazione, e in caso di
arresto agisce sulla possibile fibrillazione che il cuore dopo
un infarto sviluppa per una durata molto breve.
Fondamentale è che gli elettrodi adesivi aderiscano perfettamente,
perché una loro adesione parziale o non corretta provocherebbe una
rilevazione sbagliata o in molti casi del tutto assente da parte del
defibrillatore.
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paziente, intimando, durante tale fase, di non toccare il paziente. A quel
punto, se riconosce un battito anche debole, dirà che la scarica non è
necessaria e richiederà di controllare la respirazione. Se riconosce
un ritmo cardiaco defibrillabile, come fibrillazione
ventricolare o tachicardia ventricolare, segnalerà la necessità della
scarica e si preparerà a scaricare. Se invece il cuore non batte o viene
rilevato un ritmo non defibrillabile, il DAE dirà che non è necessaria la
scarica e chiederà di riprendere le manovre di rianimazione
cardiopolmonare.
Il defibrillatore, mentre analizza il ritmo cardiaco del paziente tra un
ciclo di rianimazione cardiopolmonare e l'altro, segnala sempre di
allontanarsi dal paziente e di non toccarlo. Quando è necessario
effettuare la scarica, viene emesso un segnale acustico e si accende la
segnalazione luminosa del pulsante di scarica. In questo momento
l'apparecchio è pronto a scaricare, e la scarica viene erogata premendo
l'apposito pulsante. A questo proposito è utile ricordare agli astanti che
assistono ad una scena di rianimazione cardiopolmonare di prestare
molta attenzione a ciò che dice il soccorritore addetto all'utilizzo del
D.A.E. ed in particolare alla famosa "filastrocca di sicurezza": « via io, via
voi, via tutti», con la quale l'operatore intima a sé stesso, ad altri
soccorritori e a tutti i presenti di allontanarsi e non toccare il paziente.
Sarebbe opportuno spegnere tutti gli strumenti elettronici nelle
vicinanze del D.A.E. quando questo è in funzione.
Dopo aver scaricato, l'apparecchio va in pausa per circa 2 minuti,
trascorsi i quali effettua un'altra rilevazione delle funzioni elettriche del
cuore, tornando ad avvertire di non toccare il paziente. A questo punto,
se il cuore ha ripreso a battere, come detto prima, richiederà di
controllare il respiro.
Se il cuore non ha ripreso a battere, si deve continuare con la manovra
del BLS senza staccare gli elettrodi. Dopo 2 minuti, durante i quali i
soccorritori devono eseguire la RCP, lo strumento avvertirà che sta
nuovamente procedendo al controllo delle funzioni cardiache,
rammentando allo stesso tempo di non toccare il paziente, per poi
dichiarare se si deve effettuare una nuova scarica. Continuerà così
sempre, fino alla completa risoluzione del problema cuore-polmoni.
L'aspetto del defibrillatore e le sue funzioni come ordine di frasi possono
leggermente variare a seconda del modello e del tipo di strumento.
Resta comunque uno standard comune delle fasi che devono essere
effettuate.
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per far circolare il sangue già -ossigenato, sia il presupposto teorico che
potrebbero bastare le sole compressioni toraciche, senza ventilazioni,
per una RCP anche di lunga durata (10 min o più, tenendo presente la
contemporanea diminuzione del consumo d'ossigeno da parte
dell'organismo). Questo presupposto è stato confermato da diversi studi
clinici osservazionali che giustificano l'incoraggiamento ad effettuare la
RCP con sole compressioni rivolto ai soccorritori che non sono
addestrati o non possono associarvi le ventilazioni (vedi avanti). Invece
ai soccorritori addestrati e in grado di eseguire le ventilazioni, le più̀
recenti linee guida raccomandano di effettuare sempre le compressioni
toraciche che le ventilazioni, a maggior ragione se l'arresto è la
conseguenza di un'ipossia grave, come generalmente accade nei
bambini e nei casi di soffocamento per gli adulti, dove la RCP deve
considerare necessariamente le ventilazioni di soccorso. Pertanto la
sequenza della RCP effettuata da soccorritori addestrati potrà̀ essere del
tipo A-B-C (Airway -eathing - Chest compression) oppure A-C-B in base
tipologia delle vittime ed ai protocolli locali.
Per evitare il contatto diretto delle proprie labbra con quelle della
vittima e tutelarsi in qualche modo dal rischio di trasmissione delle
infezioni, i soccorritori addestrati possono tenere sempre con sé ed
utilizzare al bisogno semplici dispositivi di protezione, a forma di
fazzoletto/ mascherina in materiale plastico trasparente con un orifizio
centrale munito di valvola unidirezionale, purché́ essi siano prontamente
disponibili e la loro applicazione non ritardi le manovre di rianimazione.
pag. 46
due tentativi di ventilazione ogni volta prima di ritornare alle
compressioni toraciche.
La RCP a due è ben coordinata e senza tempi morti se, non appena finita
una serie di 30 compressioni, il soccorritore alla testa della vittima è già
pag. 47
pronto ad influssare, e se la compressione del torace viene ripresa non
appena termina la seconda insufflazione e inizia l’espirazione.
pag. 48
La manovra può essere eseguita anche in altri modi; essa dovrebbe
comunque garantire:
pag. 49
20) Soffocamento di un adulto cosciente, modalità di intervento
21) Soffocamento di un adulto incosciente, modalità di intervento
pag. 50
controllare dopo ogni colpo sulla schiena se ha prodotto l'effetto
desiderato; lo scopo è quello di rimuovere l'ostruzione con ciascun
colpo, piuttosto che con la serie di 5;
se non sono efficaci, somministrare fino a cinque compressioni
addominali;
continuare alternando i colpi sulla schiena e le compressioni
addominali.
Nel 50% dei casi la disostruzione delle vie aeree non si ottiene con una
singola manovra, ma con l'associazione di più̀ di una tecnica. In caso di
successo, se si è utilizzata la manovra di Heimlich è opportuno valutare
successivamente la presenza di eventuali lesioni addominali.
COMPRESSIONE DELL'ADDOME
pag. 51
l'alto, creando una tosse artificiale così efficace da espellere il corpo
estraneo. Si applica alla vittima di un'ostruzione grave delle vie aeree
che sia ancora cosciente, in piedi, dopo aver somministrato senza
successo una serie di 5 colpi sulla schiena.
Tecnica:
pag. 52
atleti ben allenati. Singoli battiti anomali, originati al di fuori del nodo
senoatriale, spesso si verificano nella maggior parte de- gli individui
sani. A volte esse passano inosservate da parte del paziente, o causano
solo un lieve fastidio, e vengono riconosciute occasionalmente durante
una visita medica di controllo; in altri casi, invece, esse provocano gravi
alterazioni dell'equilibrio emodinamico, con ipotensione severa o shock,
edema polmonare acuto, angina, sincope, se non anche morte cardiaca
improvvisa.
Aritmie ipercinetiche
1) Aritmie sopraventricolari:
Extrasistoli
2) Aritmie ventricolari
Aritmie ipocinetiche
Blocchi atrioventricolari;
pag. 53
anche i possibili fattori causali o concausali suscettibili di correzione
(che potrebbero essere alterazioni elettrolitiche, intossicazione
digitalica, ecc.).
Va tenuto ben presente che tutte queste opzioni possono essere a loro
volta aritmogene e, quindi, un peggioramento clinico può̀ essere il
risultato del trattamento piuttosto che la conseguenza dell'inefficacia
dello stesso.
pag. 54
somministrare shock non sincronizzati per evitare un eccessivo ritardo
nel ripristinare il ritmo sinusale.
pag. 55
venoso, o fino a che le cause sottostanti alla bradiaritmia non vengano
corrette.
ECG
Descrizione
Trattamento
pag. 56
~ raro il caso di una tachicardia estremamente rapida (>250 bpm) che
comprometta la gettata cardiaca al punto tale da richiedere un
immediato trattamento con cardioversione elettrica. Più
frequentemente, invece, dopo aver iniziato la somministrazione di
ossigeno, se necessaria, ed ottenuto un accesso venoso, la TPSV può̀
essere trattata ricorrendo in prima istanza alle manovre vaga li ed
all'adenosina.
Flutter atriale(ECG
Descrizione
pag. 57
Trattamento
Fibrillazione atriale
ECG
Descrizione
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una malattia ischemica del cuore, la causa più̀ comune è l'aumento della
pressione in atrio sinistro secondaria ad insufficienza cardiaca
congestizia. Ma è anche possibile che essa si manifesti in forma
parossistica senza evidenza alcuna di cardiopatia. Può verificarsi
saltuariamente o essere cronica.
Trattamento
La scelta dipende dal rischio relativo per il paziente, de- terminato da tre
fattori: 1) la frequenza ventricolare, 2) la presenza o meno di dolore
toracico e dispnea e 3) la qualità̀ della perfusione periferica.
In caso di rischio elevato (> 150 bpm; dolore toracico; perfusione critica)
si esegue urgentemente la sequenza: eparina e cardioversione elettrica
--+ amiodarone al bisogno.
ECG
Descrizione
pag. 59
In alcune circostanze può̀ essere fisiologico (per es. negli atleti), ma può̀
essere dovuto anche a patologia primaria del sistema di conduzione
(fibrosi) O ad ischemia.
Trattamento
Descrizione
Trattamento
pag. 60
Blocco AV di 2° grado tipo Il
ECG
Descrizione
Il blocco si verifica per lo più al di sotto del nodo AV, sia a livello del
fascio di His, sia delle sue branche; in quest'ultima evenienza, che è la
più frequente, il bIacco si manifesta per la contemporaneità̀ di un blocco
completo di branca destra o sinistra e di un'interruzione intermittente
della conduzione nella branca controlaterale. La conduzione attraverso
la giunzione AV non è alterata e quindi l'intervallo PR può risultare
normale.
Trattamento
pag. 61
La comparsa di un BAV di secondo grado tipo Il, 2:1 e avanzato può̀
anche non richiedere nessun trattamento immediato, se la frequenza
cardiaca è superiore a 60 bpm e la gettata cardiaca risulta adeguata alle
esigenze del paziente, ma comunque fa prevedere la necessità di pacing
trans venoso a breve. Pertanto, ci si deve preparare tempestivamente
alla stimolazione elettrica, ricorrendo eventualmente al pacing
transcutaneo (verificare la tolleranza del paziente e il meccanismo di
cattura; somministrare farmaci analgesici e sedativi al bisogno). Nel
paziente sintomatico, qualora la stimolazione transcutanea non
risultasse efficace, in attesa del pacing trans venoso va considerata la
somministrazione di catecolamine (l'atropina è raramente efficace nei
blocchi infrondali).
Blocco AV di 3° O completo
ECG
Ritmo regolare.
I complessi QRS possono presentare conformazione normale se il segna
passi di scappamento si trova nella giunzione AV o nel fascio di His;
sono invece allargati se il segnapassi di scappamento è nei ventricoli.
Onde P di conformazione normale senza alcun rap- porto costante con i
complessi QRS. Il nodo senoatriale è il segna passi dell'atrio, ma gli
impulsi atriali sono bloccati a livello della giunzione AV. La
depolarizzazione dei ventricoli è determinata da un altro segna passi
posto nella giunzione AV (Fig. 11-25) o a livello inferiore (Fig. 11-26).
Quanto più basso è il livello del segna passi nei ventricoli, tanto più
bassa è la frequenza ventricolare e più bizzarri sono i complessi QRS.
Non vi è intervallo PR in quanto manca un rapporto costante tra onde P e
complessi QRS.
Descrizione
pag. 62
Poiché́ nel BAV di terzo grado manca la sincronizzazione tra gli atri e i
ventricoli, questi ultimi non si riempiono completamente durante la
diastole e ciò̀ comporta un'ulteriore riduzione della gettata cardiaca.
Trattamento
ECG
pag. 63
Una FV ad alto voltaggio di solito indica una recente insorgenza, e quindi
maggiori possibilità̀ di interromperla con una rapida defibrillazione; col
trascorrere del tempo l'ampiezza si riduce progressivamente e si ha la
FVa basso voltaggio seguita dalla FV fine che precede di poco la
cessazione totale dell'attività̀ elettrica. Per convenzione, il confine fra
FV fine ed asistolia è identificato nella presenza o meno di onde
elettriche di ampiezza pari o superiore a 1 mm (0.1 mV); comunque in
pratica per entrambe il trattamento è quello dell'asistolia.
Descrizione
Trattamento
pag. 64
I defibrillatori semiautomatici esterni (DAE) consentono di praticare la
defibrillazione anche a soccorritori sprovvisti di specifica competenza
nell'interpretazione dell'elettrocardiogramma.
ECG
Descrizione
pag. 65
Trattamento
pag. 66
polimorfa, più̀ rapida e disorganizzata, si comporta come una FVe
richiede analogo trattamento.
pag. 67
27) Bradiiaritmie in emergenza
Anche se i cardiologi definiscono come bradicardia una frequenza
cardiaca inferiore alle 60 pulsazioni al minuto, il cuore di molte persone,
in particolare quello degli atleti, batte normalmente a frequenze inferiori.
pag. 68
trapianto cardiaco l'atropina paradossalmente può causare un
blocco AV di 2°_3°, o anche asistolia, e quindi va evitata,
pag. 69
La fibrillazione atriale (FA) è responsabile del 2% circa degli accessi al Dipartimento di Emergenza-
Urgenza (DEU) e rappresenta la più frequente causa aritmica di ricovero ospedaliero. La FA aumenta
notevolmente il rischio di eventi tromboembolici e spesso si associa ad una serie di comorbilità che
impattano negativamente sulla qualità di vita e sulla prognosi dei pazienti. Il DEU rappresenta spesso il
punto di primo accesso alle cure per pazienti con FA. La corretta gestione in acuto di tale aritmia ha un
notevole impatto non solo per la qualità di vita del paziente e per il suo outcome clinico, ma anche per la
razionalizzazione e la corretta gestione delle risorse impiegate
Trattamento
In caso di rischio elevato (> 150 bpm; dolore toracico; perfusione critica)
si esegue urgentemente la sequenza: eparinacardioversione elettrica
amiodarone al bisogno.
pag. 70
29) La tachicardia ventricolare ACLS algoritmo.
pag. 71
Subito dopo aver erogato lo shock si riprende immediatamente la
RCP 30:2 iniziando con le compressioni toraciche, senza
controllare sul monitor se il ritmo si è modificato e senza verificare
se il polso è ricomparso. Anche se lo defibrillazione è stata
efficace, trascorrono alcuni secondi (se non anche minuti) prima
che compaia sul monitor una traccia interpretabile e prima che
cuore, stordito dalla scarica, generi un polso apprezzabile; ogni
ritardo nella ripresa della RCP compromette ulteriormente le
possibilità̀ di successo. Quindi è possibile che lo RCP continui ad
essere effettuata anche dopo che la scarica ha ripristinato un
ritmo organizzato. Ciò̀ non è risultato aumentare il rischio di
ricorrenza di FV! Nsp. Invece, in caso di asistolia post-shock lo RCP
si i! dimostrata utile per convenirla in FV/TYsp da trattare
successivamente mediante defibrillazione.
Si continua la RCP per 2 min, provvedendo appena possibile ad un
accesso venosa o intraosseo, poi si fa una breve pausa per
valutare il ritmo e, se si riconferma FV o TVsp, si procede come
sopra per erogare una seconda scarica (360 J di corrente
monofasica o 150-360 J di bifasica, in quanto si può̀ utilizzare
corrente bifasica costante o a livelli crescenti); subito dopo si
riprendono le compressioni toraciche senza controllare ritmo o
polso.
Si prosegue ancora con la RCP per 2 min, poi si fa una breve pausa
per valutare il ritmo e, se si riconferma FV o TVsp, si procede come
sopra per erogare una terza scarica (360 J di corrente monofasica
o 150-360 J di bifasica) e subito dopo si riprendono le compressioni
toraciche senza controllare ritmo o polso, alternando nuovamente
il soccorritore addetto alle compressioni.
Somministrata la terza scarica, se nel frattempo è stato ottenuto
un accesso venosa o intraosseo, dopo la ripresa delle compressioni
toraciche si somministrano in bolo 300 mg di amiodarone e l mg di
adrenalina.
I farmaci vanno somministrati senza interrompere lo RCP;
l'infusione in bolo attraverso una vena periferica del braccio va
seguita da un lavaggio con almeno 20 mL di liquidi e dal
sollevamento verticale del broccio rispetto al tronco per 10-20 s in
modo da facilitare il passaggio nella circolazione centrale.
Si continua con RCP per 2 min pausa per valutare il ritmo se
persiste FV o 'IV shock (360 J di corrente monofasica o 150-360 J
di bifasica) ripresa immediata della RCP senza controllare ritmo
o polso adrenalina 1 mg in bolo EV/IO ogni 3-5 min (in pratica una
volta ogni due cicli di shock-RCP), considerando anche: la verifica
di qualità̀ della RCP e dell'apparato per la defibrillazione, il
controllo avanzato delle vie aeree, la somministrazione di un
pag. 72
secondo bolo di amiodarone (150 mg EVlIO) dopo 5 shock, la
correzione delle cause potenzialmente reversibili. Se con le prime
scariche non si ottiene il risultato voluto e FVflVsp persistono o
ricorrono, durante lo RCP bisogna controllare se si può̀ migliorare
lo qualità̀ delle compressioni: ricorrendo al controllo avanzato delle
vie aeree per poter passare alla RCP asincrona, verificando la
posizione ed il contatto degli elettrodi sul torace, valutando
l'eventuale presenza di cause reversibili per agire di conseguenza.
pag. 73
31) La dissociazione elettromeccanica P.E.A.: diagnosi e
trattamento.
Qualsiasi ritmo che non produca un polso palpabile è una attività̀
elettrica senza polso (Pulseless Electrical Activity; PEA),
tradizionalmente etichettata anche come ElectroMechanical
Dissociation (EMD), ma che, più propriamente, raggruppa diversi tipi di
aritmie:
pseudo-EMD
ritmi idioventricolari
ritmi ventricolari di scappamento
ritmi bradi-asistolici
ritmi idioventricolari post-defibrillazione.
pag. 74
~ In altre parole, va considerata come PEA qualsiasi condizione d'arresto
cardiaco in presenza di un ritmo ECG compatibile con la presenza di
circolazione, che invece non c'è: il miocardio può̀ essere ancora in grado
di contrarsi, ma lo fa troppo debolmente per poter produrre un polso
palpabile.
L'aspetto ECG di più̀ comune riscontro in questi casi è quello del ritmo
idioventricolare, un ritmo di scappamento che prende il sopravvento
quando i pacemaker dei siti superiori non funzionano più̀ ma che non è in
grado di provocare una contrazione meccanica del cuore tale da
generare un polso arterioso efficace.
1. Ipovolemia (Hypovolemia);
2. Ipossia (Hypoxia);
3. Iper/lpopotassiemia (Hyperkalemia/Hypokalemia);
4. Ipotermia (Hypothermia).
Le quattro "T":
Trattamento
pag. 75
Oltre al riconoscimento ed alla correzione delle possibili cause
reversibili, la terapia dell'attività̀ elettrica senza polso, come quella
dell'asistolia, considera il ricorso ad RCP con ossigeno, accesso venoso
per somministrare adrenalina e liquidi, controllo avanzato delle vie
aeree.
ADRENALINA
Indicazioni
Meccanismo d'azione
L'adrenalina è una catecolamina naturale con attività̀ sia alpha che beta-
adrenergica che riveste un ruolo fondamentale nel trattamento
dell'arresto cardiaco e delle reazioni anafilattiche gravi.
pag. 76
In caso d'assenza di polso con complessi ECG atipici (PEA), la sola
somministrazione di adrenalina può̀ essere sufficiente a ripristinare una
valida contrazione cardiaca.
Dosaggio
pag. 77
funzionalità̀ del circolo e sull'assorbimento del far- maco iniettato per via
intramuscolare, l'adrenalina può essere somministrata (solo da
specialisti!) per iniezione EV a boli da 50 mcg in base alla risposta. Se
sono necessarie dosi di adrenalina ripetute, iniziare l'infusione EV lenta
terminando la somministrazione stessa non appena si sia ottenuta la
risposta desiderata.
Precauzioni
Anche a basse dosi, gli effetti inotropo e cronotropo positivo del farmaco
possono precipitare o aggravare l'ischemia miocardica per aumento
della frequenza e del post carico ventricolare.
AMIODARONE
Indicazioni
pag. 78
Tachicardie con instabilità̀ emodinamica, dopo tre tentativi di
cardioversione;
La TV emodicamente stabile, polimorfa e a QRS larghi di origine
incerta.
Meccanismo d'azione
Dosaggio
pag. 79
assenza di una linea venosa centrale, è accettabile anche una via
venosa periferica di grosso calibro, da sostituire con una via centrale
non appena possibile.
. ~ PALS
5 mg/kg in bolo EV dopo il terzo shock, ripetibili dopo il quinto shock.
Precauzioni
ATROPINA
Indicazioni
Fino a non molto tempo fa veniva usata subito dopo l'adrenalina anche
per la terapia dell'arresto cardiaco con asistolia o con PEA e bradicardia,
ma le più̀ recenti linee guida raccomandano questo tipo d'impiego
esclusivamente in caso di ACC in sala operatoria preceduto da una
bradicardia estrema per stimolazione vagale.
Nella fase del post-arresto è indicata come terapia di prima linea per i
pazienti con una bradicardia accompagnata o meno da segni e sintomi di
compromissione emodinamica.
pag. 80
L'atropina può̀ ristabilire la normale conduzione nodale AV e l'attività̀
elettrica nei pazienti con blocco AV di 1· grado o con blocco AV di 2·
grado tipo Mobitz I, e in qualche paziente con arresto cardiaco bradi
sistolico.
Meccanismo d/azione
Dosaggio
Precauzioni
L'atropina non va usata nei pazienti trapiantati di cuore, nei quali può̀
causare un blocco AV di alto grado e perfino l'arresto sinusale.
CALCIO CLORURO
Indicazioni
pag. 81
dopo somministrazione endovenosa possono avere azione negativa sul
cuore ischemico e possono compromettere il recupero delle funzioni
cerebrali.
Meccanismo d'azione
Dosaggio
pag. 82
~ PALS Somministrare lentamente 20 mg/ kg EV/IO (0.2 mL/kg);al
I
massimo 2 g in1 dose
Precauzioni
DOBUTAMINA
Indicazioni
Meccanismo d'azione
pag. 83
convenzionali (2-20 mcg/kg·min), la dobutamina ha minore tendenza a
causare tachicardia rispetto alla dopamina o all'isoproterenolo. Tuttavia,
dosi maggiori provocano tachicardia. È minimo il suo effetto sulla
richiesta miocardica di ossigeno e ciò determina un bilancio tra apporto
e domanda più favorevole di quanto non facciano noradrenalina e
dopamina. L’azione inotropa è inoltre compensata dall'incremento del
flusso coronarico. Perciò̀ la dobutamina non estende le dimensioni
dell'area infartuata e non provoca aritmie quando vie- ne somministrata
in modo tale da evitare significativi aumenti della frequenza. Dopamina e
dobutamina possono essere usate insieme (7.5 mcg/kg·min ciascuna),
con minor incremento della PAPO e minore congestione polmonare
rispetto a quanto avviene con la sola dopamina.
Dosaggio
La dobutamina può essere efficace a basse dosi (ad es. 0.5 mcg/kg·min).
Il range abituale è compreso tra 2 e 20 mcg/kg·min. Si deve usare la più
bassa dose efficace, determinata dal monitoraggio emodinamico. Nei
pazienti coronaropatici è necessario evitare di provocare un incremento
della frequenza cardiaca superiore al 10% rispetto ai valori iniziali.
Precauzioni
DOPAMINA
Indicazioni
pag. 84
Meccanismo d'azione
Dosaggio
Per ridurre al minimo gli effetti collaterali, si deve impiegare la più bassa
velocità di somministrazione che consenta di ottenere un equilibrio
emodinamico soddisfacente.
Precauzioni
pag. 85
del lavoro cardia- co. Questo squilibrio tra apporto e richiesta di
ossigeno può provocare o peggiorare un'ischemia miocardica. L'effetto
della dopamina può esser potenziato da- gli IMAO, per cui nei pazienti in
trattamento con questi farmaci si devono usare dosi pari ad un decimo di
quel- le normali. I pazienti in trattamento con fenitoina possono
presentare ipotensione durante somministrazione di dopamina. A pH
alcalino la dopamina viene lentamente inattivata; pertanto non va
aggiunta a soluzioni contenenti sodio bicarbonato o ad altre soluzioni
alcaline. Però la cinetica dell'inattivazione è sufficientemente lenta da
permettere che dopamina e farmaci alcalini come aminofillina, fenitoina,
e lo stesso sodio bicarbonato possano essere somministrati per un breve
periodo attraverso un unico catetere venoso. Come la noradrenalina,
anche la dopamina provoca necrosi tissutale ed escare cutanee in caso
di stravaso venosa nell'interstizio.
GLUCAGONE
Indicazioni
Meccanismo d'azione
Dosaggio
ISOPRENALINA
Indicazioni
pag. 86
Nella fase del post-arresto cardiaco, la isoprenalina (o isoproterenolo)
può essere considerata come tratta- mento di seconda linea della
bradicardia, sintomatica o no, per il suo spiccato effetto cronotropo
positivo.
Meccanismo d'azione
Dosaggio
Precauzioni
LlDOCAINA
Indicazioni
pag. 87
Meccanismo d'azione
Dosaggio
pag. 88
monitoraggio della concentrazione plasmatica della lidocaina è
necessario per evitarne gli effetti tossici.
Precauzioni
MAGNESIO
Indicazioni
Meccanismo d'azione
pag. 89
L'ipomagnesiemia è associata ad un'alta frequenza di aritmie cardiache,
a sintomi di insufficienza cardiaca e a morte improvvisa; può portare ad
una FVI TVsp persistente o ricorrente ed ostacolare il reintegro del
potassio intracellulare.
Dosaggio
Sono state usate con successo dosi anche maggiore fino a 5-10 g/h
I
g.
Precauzioni
NORADRENALINA
Indicazioni
Meccanismo d'azione
pag. 90
Adrenalina e noradrenalina sono approssimativamente equivalenti nella
loro capacità di stimolare i recettori l', cardiaci, mentre il loro effetto
relativo sui recettori adrenergici a e l', è completamente diverso. La
noradrenalina incrementa la contrattilità miocardica a causa del suo
effetto l',-adrenergico, mentre la sua potente azione a-adrenergica porta
ad un aumento delle resistenze vascolari tale da contrastare il suo
effetto inotropo positivo.
Dosaggio
Precauzioni
pag. 91
La noradrenalina incrementa il consumo miocardico di ossigeno senza
aumentare parallelamente il flusso coronarico, e ciò̀ può̀ essere deleterio
nei pazienti con IMA od ischemia miocardica; inoltre provoca
vasocostrizione intensa nei distretti splancnico e renale.
50010 BICARBONATO
Indicazioni
Meccanismo d'azione
pag. 92
preesistente acidosi metabolica, iperpotassiemia, oppure intossicazione
da triciclici o fenobarbital.
Anche nella fase successiva ad una RCP con esito positivo, l'acidosi
risultante dal lavaggio dei tessuti precedentemente ipoperfusi può
richiedere la somministrazione di sodio bicarbonato.
Dosaggio
Precauzioni
Alla luce delle più recenti acquisizioni, è il ruolo cruciale della PCO, che
invece dev'essere tenuto ben presente.
pag. 93
In pratica, il grado delle variazioni dell'equilibrio acido-base osservate
durante RCP e, conseguentemente, l'indicazione all'impiego o meno del
bicarbonato, dipendono dalle caratteristiche del flusso ematico e dalla
durata dell’ischemia che ha preceduto l’inizio della RCP.
Va tenuto presente altresì̀ che gli altri effetti sfavorevoli del bicarbonato
di sodio includono: ipernatriemia e iperosmolarità plasmatica e,
soprattutto, in caso di alcalosi metabolica iatrogena, spostamento a
sinistra della curva di saturazione dell'ossiemoglobina, il che ostacola il
rilascio di ossigeno ai tessuti (un bel regalo per le cellule già semi
asfittiche!)
TEOFILLINA
Indicazioni
Meccanismo d'azione
Dosaggio
Precauzioni
pag. 94
Trombolitici a pagina 687 capitolo 44 libro
pag. 95
Sensazione angosciosa
Nausea
Vomito
Tali sintomi (neurovegetativi) possono essere gli unici presenti talvolta.
Il dolore infatti è assente nel 30% dei casi, soprattutto in età avanzata e
nei diabetici. Alcuni pazienti hanno una SCA in assenza di qualsiasi
sintomo; in questi la malattia viene diagnosticata a posteriori mediante
ECG, scintigrafia o ecografia, oppure in seguito a una complicanza
acuta, la più terribile delle quali è la morte improvvisa per fibrillazione
ventricolare. Continuo capitolo 25 manuale di cardiologia
Domanda 36 37 38 39 40 41 42 43 sul manuale di cardiologia
pag. 97
raddoppiasse, il flusso coronarico dovrebbe aumentare del 50%
circa[2].
pag. 98
Il dolore toracico è un sintomo molto frequente. Molti pazienti sono
consapevoli che possa essere un segno allarmante per patologie
potenzialmente fatali e che richieda un'attenta valutazione anche
quando è di intensità ridotta. Altri pazienti, tra cui molti con patologie
gravi, minimizzano o ignorano il potenziale allarme. La percezione del
dolore (sia il carattere che la gravità) varia notevolmente sia a livello
individuale e sia tra uomini e donne. Comunque, descritto, il dolore
toracico non deve mai essere trascurato senza una spiegazione della
sua causa.
pag. 99
Embolia polmonare acuta. Spesso è determinata da trombosi
venosa profonda degli arti inferiori.
Aneurismi dell’aorta;
Endocardite;
Polmonite;
Ematomi;
Fratture ossee;
Ernia iatale;
Rottura dell’esofago;
Pneumotorace iperteso;
pag. 100
A livello intraospedaliero si avvia normalmente il percorso di
valutazione che preveda un periodo di osservazione necessario al
riconoscimento eziologico che lo sottende: una SCA in quasi il 45% dei
casi, un’embolia polmonare nel 4% dei casi, uno pneumotorace
spontaneo nel 3% dei casi o nell’1% da dissecazione aortica o da
pericardite-miocardite acuta, oppure ad escludere/identificare cause di
dolore non cardiovascolari come quelle gastrointestinali (malattia
ulcerosa peptica, da reflusso gastroesofageo), polmonari (polmoniti,
pleurite), sindromi della parete toracica (dolore muscolo-scheletrico,
costocondrite, radiculopatia toracica, herpes zoster), psichiatriche
(ansia).
La diagnosi precoce e la conseguente stratificazione del rischio sono
essenziali per la pianificazione del trattamento più tempestivo ed idoneo
(invasivo o conservativo) e la scelta del reparto di degenza più
appropriato: unità di terapia intensiva coronarica, degenza cardiologica
ordinaria o medicina d’urgenza per coloro a cui viene diagnosticata una
patologia vascolare acuta; la dimissione precoce per quelli a cui viene
esclusa.
L’evoluzione e la continua, nonché innovativa, implementazione degli
strumenti diagnostici a disposizione in questa categoria di pazienti, in
particolare l’estesa adozione del dosaggio della troponina ad alta
sensibilità come marcatore precoce di danno ischemico, e l’evoluzione
dei test d’imaging non invasivo, sia a riposo che da stress, con un
significativo incremento della loro accuratezza diagnostica ha indotto le
recenti linee guida ad una rimodulazione dei percorsi diagnostici in
Pronto Soccorso integrando il dosaggio della troponina con i sintomi e
l’ECG10.
In dettaglio, viene raccomandata l’adozione di score di valutazione del
dolore (TIMI risk score e Heart score) che permettono di integrare in
modo standardizzato i dati anamnestici, obiettivi, elettrocardiografici e
biochimici, consentendo una stratificazione prognostica più accurata del
dolore.
L’ECG rappresenta l’esame basale e fondamentale. Deve essere
eseguito e valutato entro 10 min dal momento dell’arrivo in Pronto
Soccorso se il dolore è in atto o il più precocemente possibile se
cessato, e sulla base di elementi quali le variazioni del tratto ST, la
comparsa di blocco di branca sinistro o blocco atrioventricolare di grado
avanzato, permette rapidamente e con elevata certezza la diagnosi.
Il dosaggio/andamento alterato della troponina è attualmente
considerato in un contesto clinico suggestivo di ischemia miocardica
acuta, lo standard diagnostico di infarto miocardico acuto. Il suo
innalzamento avviene dopo 2-4 h dall’inizio dei sintomi e l’adozione della
troponina ad elevata sensibilità ha elevato il potere predittivo negativo
di un singolo test (circa il 95%, con due il 100%).
pag. 101
Il protocollo di dosaggio 0-3 h più utilizzato e attualmente raccomandato
dalle linee guida europee del 2015 sulle SCA senza sopraslivellamento
del tratto ST, si è rivelato utile specie nelle procedure di “rule out”,
garantendo un’affidabile dimissione precoce nei pazienti a basso rischio
con troponina negativa e deve essere adottato con modelli di gestione
concordati con il proprio Pronto Soccorso e volti soprattutto ad
accelerare i tempi di attesa, limitando il sovraffollamento.
CONCLUSIONE
La gestione del dolore toracico necessita di una stretta integrazione e
cooperazione tra tutte le figure coinvolte (medici, cardiologi, triagisti,
infermieri), compreso il paziente (informazione/condivisone dei percorsi,
ecc.). Il prerequisito è che l’organizzazione si basi su un condiviso,
“revised”, rapido percorso diagnostico-terapeutico con l’obiettivo di:
– confermare il sospetto di SCA e definire il successivo iter gestionale,
– stratificare il rischio e decidere il timing d’intervento,
– sospettare una cardiopatia oltre la coronaropatia,
– definire un percorso diagnostico una volta esclusa la SCA,
– rassicurare il paziente.
A tal fine l’istituzione di un Chest Pain Team in ogni struttura ospedaliera
rappresenta la formula organizzativa più efficace dal punto di vista
clinico ed economico, in cui una condivisione di competenze ottimizzi la
gestione di questa tipologia di pazienti, riducendo nello stesso momento
la percentuale di mancate diagnosi di SCA e un’ospedalizzazione
eccessivamente estensiva e dispendiosa di risorse.
Nel momento in cui la clinica, l’ECG e gli enzimi miocardici ci dicono che
c’è un alto rischio di infarto, il paziente va direttamente in
coronarografia.
Il problema si pone quando l’ECG è negativo e non c’è movimento degli
enzimi miocardici; il paziente ha un medio-basso rischio.
pag. 102
Quando il paziente non è inquadrabile è possibile fare solo un’angio TC
con protocollo triple rule out, cioè una sola acquisizione in cui sono
visualizzatili tutte e tre le patologie più importanti (sindrome coronarica
acuta, sindrome aortica acuta, embolia polmonare acuta).
Questo esame ci permette di fare una diagnosi rapida e di ridurre le
spese sanitarie.
pag. 103
includere esami funzionali (ECG da sforzo, ecocardiografia da
stress, scintigrafia miocardica di perfusione da stresso
risonanza magnetica cardiaca da stress) o test anatomici
(angioTAC);
se il paziente ha un rischio cardiovascolare intermedio e una
coronaropatia nota, i test aggiuntivi possono includere esami
funzionali o un’angiografia coronarica con tomografia
computerizzata in caso di coronaropatia non ostruttiva, solo
esami funzionali in caso di coronaropatia ostruttiva o
un’angiografia coronarica invasiva in caso di coronaropatia
della maggiore sinistra, del vaso prossimale o multivasale;
se il paziente ha un alto rischio cardiovascolare (nuove
alterazioni ischemiche all’ECG, danno miocardico confermato
da cTn, nuova disfunzione sistolica ventricolare sinistra, nuova
ischemia moderata-grave ai test funzionali, instabilità
emodinamica o punteggio CDP ad alto rischio) devono essere
sottoposti un’angiografia coronarica invasiva;
Altre possibili cause non ischemiche di dolore toracico acuto:
sindrome aortica acuta (valutabile con angioTAC), embolia
polmonare acuta (valutabile con angioTAC), la miopericardite
(valutabile con risonanza magnetica cardiaca) e la valvulopatia
(valutabile con l’ecocardiografia).
pag. 104
o quelli con ischemia moderata-grave devono essere sottoposti
a angiografia coronarica invasiva;
se il paziente ha una coronaropatia non ostruttiva nota e dolore
toracico stabile nonostante la terapia medica è ragionevole
eseguire una angioTAC o un test da sforzo;
se il paziente ha una coronaropatia non ostruttiva documentata,
sintomi persistenti stabili e ischemia miocardica documentata
tramite imaging, è ragionevole valutare la disfunzione
microvascolare e migliorare la stratificazione del rischio
utilizzando un test di funzionalità coronarica invasivo:
tomografia a emissione di positroni da stress con valutazione
della riserva frazionale di flusso o risonanza cardiaca
magnetica da stress con valutazione della riserva frazionale di
flusso;
è preferibile evitare di procedere con esami sequenziali per le
conseguenze in termini di costi: il clinico dovrebbe selezionare
il test con maggiore probabilità di fornire una risposta alla
domanda clinica.
pag. 105
Tipi di Infarto
•Infarto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI)
•Infarto senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEMI)
•Blocco di branca sinistra (BBSx)
•Blocco di branca destra (BBDx)
Sede dell’Infarto
•Anteriore (derivazioni V1-V6-DI-aVL)
•Inferiore (derivazioni DII-DIII- aVF)
•Posteriore (ST sottoslivellato nelle derivazioni V1-V4 e ST
spraslivellato nelle derivazioni DII-DIII-aVF se infarto inferiore)
•Blocco di branca Sx
•Blocco di branca dx
Per gli adulti con dolore toracico acuto, si devono escludere immediate
minacce per la vita. La maggior parte dei pazienti deve inizialmente
essere sottoposta a pulsossimetria, ECG e RX torace. Nei pazienti con
instabilità emodinamica, un ecocardiogramma al letto del paziente può
essere utile anche per valutare ulteriormente le cause potenzialmente
letali. L'ecocardiografia può essere particolarmente utile per
identificare una disfunzione ventricolare sinistra o ventricolare destra,
un'evidenza di sovraccarico di pressione del ventricolo destro, una
patologia valvolare, dei versamenti pericardici e segni di un
tamponamento pericardico.
Se i sintomi suggeriscono una sindrome coronarica acuta o in
mancanza di altra chiara causa (in particolare nei pazienti a rischio),
vanno misurati i livelli di troponina. Una valutazione tempestiva è
essenziale, poiché se è presente un infarto del miocardio o un'altra
pag. 106
sindrome coronarica acuta, il paziente deve essere considerato per un
cateterismo cardiaco (quando possibile). Il cateterismo immediato è
indicato nei pazienti con infarto miocardico con sopraslivellamento del
tratto ST all'ECG o in quelli senza sopraslivellamento del segmento ST
che provocano ipotensione, con aritmie ventricolari o con dolore
toracico persistente nonostante una gestione medica ottimale.
Alcuni risultati alterati di questi test confermano la diagnosi (p.
es., infarto del miocardio acuto , pneumotorace, polmonite). Altre
anomalie suggeriscono una diversa diagnosi o almeno la necessità di
perseguire ulteriori indagini (p. es., la presenza di un anormale contorno
aortico alla RX torace suggerisce necessità di test per la dissezione
aortica toracica). Pertanto, se i risultati di questi test iniziali sono
normali, dissezione dell'aorta toracica, pneumotorace iperteso e rottura
dell'esofago sono altamente improbabili. Tuttavia, nelle sindromi
coronariche acute, l'ECG può non cambiare per diverse ore o talvolta
non variare affatto, e nell'embolia polmonare l'ossigenazione può
essere normale. Pertanto, può essere necessario realizzare altri studi in
base ai dati anamnestici ed esame obiettivo (vedi tabella Alcune cause
del dolore toracico).
Poiché una singola misurazione, che risulti normale, di marker cardiaci
non esclude una causa cardiaca, i pazienti i cui sintomi suggeriscono
una sindrome coronarica acuta devono essere sottoposti a misurazioni
seriate del marker cardiaco troponina e a vari elettrocardiogrammi. Il
trattamento farmacologico per sospetta sindrome coronarica acuta è
iniziato in attesa dei risultati del 2° livello di troponina a meno che non
vi sia una chiara controindicazione. Una prova diagnostica come
l'assunzione di nitroglicerina sublinguale o un antiacido orale non
differenziano adeguatamente l'ischemia miocardica dal reflusso
gastroesofageo o dalla gastrite. Entrambi i farmaci possono alleviare i
sintomi di entrambe le patologie.
La troponina sarà elevata nelle sindromi coronariche acute eccetto
l'angina instabile, e spesso in altre patologie che danneggiano il
miocardio (p.es., miocardite, pericardite, dissezione aortica che
coinvolge il flusso coronarico, embolia polmonare, insufficienza
cardiaca, sepsi grave). La creatinchinasi (CK) può innalzarsi per un
danno a un qualsiasi tessuto muscolare; tuttavia, l'innalzamento
dell'isoenzima MB della creatinchinasi (CK-MB) è specifico per la
lesione miocardica. Tuttavia, la troponina è il marcatore standard delle
lesioni del muscolo cardiaco. I progressi nelle tecniche di dosaggio
della troponina ad alta sensibilità consentono una valutazione seriale
più rapida nei casi sospetti di sindrome coronarica acuta. Con il
miglioramento del valore predittivo negativo, la troponina ad alta
sensibilità ha anche il potenziale di ridurre la necessità di ulteriori test
in pazienti con biomarcatori negativi ed è stato dimostrato che
pag. 107
consente ai pazienti di essere dimessi più rapidamente (1). Recenti
linee guida raccomandano di basarsi su normali livelli di troponina e
una TC coronarica negativa come strategia affidabile per escludere la
sindrome coronarica acuta in pazienti con dolore toracico e senza segni
d'allarme (2). Anomalie del segmento ST nell'ECG possono essere
aspecifiche o dovute a pregressa patologia coronarica, così è
importante il confronto con precedenti ECG. Alcuni medici ai test
iniziali (in fase acuta o dopo diversi giorni) fanno seguire un ECG da
sforzo o un test di stress imaging.
Se si ritiene possibile un'embolia polmonare, viene eseguito il test D-
dimero nei pazienti a rischio basso e intermedio. La probabilità di
embolia polmonare è influenzata da numerosi fattori clinici, che
possono essere utilizzati per stabilire un approccio all'esecuzione degli
esami diagnostici. Molti di questi fattori sono inclusi nei sistemi di
punteggio che aiutano a determinare la probabilità di embolia
polmonare come il sistema di punteggio modificato di Wells, il sistema
di punteggio di Ginevra e i criteri di esclusione dell'embolia polmonare
(PERC— 3–5).
In pazienti con dolore toracico cronico, minacce immediate per la vita
sono poco probabili. La maggior parte dei medici inizialmente richiede
una RX torace ed esegue altri esami in base alla sintomatologia.
pag. 108
42) Biomarcatori enzimatici nel dolore toracico. La troponina
Ths gestione dei risultati
Marcatori cardiaci (marcatori sierici di danno cellulare del miocardio)
sono
Sintomi
Risultati ECG
pag. 110
43) La probabilità pre-test nella sindrome coronarica acuta
pag. 111
I principali farmaci responsabili sono l'insulina e le sulfaniluree; altri
farmaci che meno comunemente pro- vocano ipoglicemia comprendono i
salicilati, più spesso nei bambini, il propranololo, alcuni antiparassitari
(chinino, pentamidina).
pag. 112
aumentati. A livello cerebrale non è l'insulina che regola l'utilizzazione
del glucosio. Specifici centri situati all'interno del SNC con- trollano i
livelli di glucosio plasmatico e reagiscono a una potenziale carenza
aumentando rapidamente l'attività̀ del sistema nervoso adrenergico, cui
consegue il rilascio di adrenalina. Risposte neuroendocrine addizionali
comprendono l'aumento della secrezione di ormone della crescita e di
cortisolo e la riduzione della secrezione di insulina. La produzione
epatica di glucosio aumenta e la sua utilizzazione da parte dei tessuti
non nervosi diminuisce.
pag. 113
Durante la raccolta dei dati anamnestici, bisogna indagare sulla terapia
seguita in caso di diabete mellito (insulina, sulfaniluree, emivita del
farmaco, dose, ultima somministrazione, variazioni o errori di posologia,
sede di iniezione dell'insulina) e l'eventuale presenza di fattori
scatenanti (apporto alimentare, esercizio fisico, farmaci, alcol, stress,
infezioni, epatopatie, insufficienza renale).
Viene definito come livello di glicemia abnorme- mente basso quello <50
mg/dL nell'uomo o <45 mg/dL nella donna (valori al di sotto dei limiti
inferiori osserva- ti in uomini e donne normali dopo un digiuno di 72 h) e
<40 mg/dL nei bambini; come già̀ detto in precedenza, valori superiori
sono comunque compatibili con una sintomatologia ipoglicemica in casi
particolari.
pag. 114
A seguire, si infonde soluzione glucosata al 10%, in modo da mantenere
la glicemia >100 mg/<L fino a quando il paziente ritorna ad alimentarsi
(possono essere necessarie anche 24-72 ore).
pag. 115
La chetoacidosi diabetica è definita dal riscontro di iperglicemia (>250
mg/dL) acidosi metabolica (pH <7.3, HCO; <15 mmol/L) e iperchetonemia
(>5 mmol/L) ed è causata dalla contemporaneità̀ di un deficit insulinico,
relativo od assoluto, e di un eccesso di fattori iperglicemizzanti
(glucagone, cortisolo ed adrenalina), che causano lo spostamento da un
metabolismo basato sull'ossidazione del glucosio a un metabolismo
ossidativa lipidico, con aumento degli acidi grassi liberi nel sangue e
loro conversione in corpi chetonici.
pag. 116
sollevabile in pieghe, mucose asciutte, bulbi ipotonici e infossati),
ipotonia muscolare, iporeflessia, coscienza alterata sino al coma.
pag. 117
Fra le indagini strumentali, l'ECG consentirà̀ di documentare eventuali
alterazioni da disionia e la radiografia del torace, assieme agli esami
culturali, segni di infezione a carico dell'apparato respiratorio.
pag. 118
La somministrazione di fosfato va riservata ai casi grave ipofosfatemia
«1 mg/dL), per migliorare la capacità tampone del plasma (aumentata
escrezione renale di idrogenioni) e la cessione di ossigeno ai tessuti
(aumento del 2,3-DPG).
pag. 119
sospetta infezione (previa raccolta di campioni per esami colturali) o di
manovre invasive.
pag. 120
· iperosmolarità o chetoacidosi,
pag. 121
Glicemia casuale 200mg/dl in qualsiasi ora della giornata
Glicemia 200mg/dl 2 ore dopo carico orale di gr.75 glucosio
Valori di riferimento:
pag. 122
gravidanza; in genere regredisce dopo il parto per poi ripresentarsi
spesso a distanza di anni con le caratteristiche del diabete tipo 2.
pag. 123
leggermente più rapido rispetto all'insulina ad azione rapida iniettata
per via sottocutanea.
Farmaci antiperglicemici orali sono un cardine del trattamento per il
diabete mellito di tipo 2, insieme agli agonisti del recettore del peptide
1 simile al glucagone (GLP-1). I farmaci ipoglicemizzanti orali possono
Migliorare la secrezione di insulina del pancreas
(secretagoghi)
Sensibilizzare i tessuti periferici all'insulina (sensibilizzanti)
Ridurre l'assorbimento gastrointestinale di glucosio
Aumentare la glicosuria
Sulfoniluree
Le sulfoniluree (p. es., gliburide, glipizide, glimepiride) sono
secretagoghi dell'insulina. Abbassano la glicemia promuovendo la
secrezione di insulina da parte delle cellule beta pancreatiche e
possono migliorare secondariamente la sensibilità periferica ed epatica
all'insulina, riducendo la tossicità dovuta al glucosio. Le sulfoniluree di
prima generazione (acetoesamide, clorpropamide, tolazamide,
tolbutamide) provocano con maggiore probabilità effetti avversi e
vengono usati raramente. Tutte le sulfoniluree promuovono
l'iperinsulinemia e un aumento di peso di 2-5 kg che, con il tempo,
possono potenziare la resistenza insulinica e limitare la loro utilità.
Tutte possono provocare, inoltre, ipoglicemia. I fattori di rischio
comprendono un'età > 65 anni, l'uso di farmaci a lunga durata d'azione
(specialmente clorpropamide, gliburide o glipizide), un'alimentazione e
un esercizio fisico non correttamente pianificati e l'insufficienza renale
o epatica.
L'ipoglicemia causata da farmaci a lunga azione può durare per giorni
dopo l'interruzione del trattamento, a volte può causare danni
neurologici permanenti e può essere fatale. Per queste ragioni, alcuni
medici preferiscono ospedalizzare i soggetti in ipoglicemia, in
particolare se anziani. La clorpropamide può anche causare la sindrome
da secrezione inappropriata di ormone antidiuretico . La maggior parte
dei pazienti in terapia solo con sulfoniluree richiede, infine, ulteriori
farmaci per mantenere l'euglicemia, indicando che le sulfoniluree
possono esaurire la funzione cellulare beta. Tuttavia, il peggioramento
della secrezione insulinica e della resistenza insulinica è
probabilmente più una caratteristica del diabete mellito in sé che non
dei farmaci utilizzati per trattarlo.
Secretagoghi dell'insulina a breve durata d'azione
I secretagoghi insulinici ad azione rapida (repaglinide, nateglinide)
stimolano la secrezione insulinica in modo simile alle sulfoniluree.
pag. 124
Hanno però un'azione più rapida e possono stimolare la
secrezione insulinica più durante i pasti che in altri momenti. Hanno
quindi un'efficacia particolare nel ridurre l'iperglicemia postprandiale e
sembrano determinare un minor rischio di ipoglicemia. Ci può essere
qualche aumento di peso, sebbene evidentemente meno che con le
sulfoniluree. È poco probabile che pazienti che non hanno risposto ad
altri farmaci orali (p. es., sulfoniluree, metformina) rispondano a questi
farmaci.
Biguanidi
Le biguanidi (metformina) riducono la glicemia abbassando la
produzione epatica di glucosio (gluconeogenesi e glicogenolisi). Sono
considerati sensibilizzanti periferici all'insulina, ma la loro stimolazione
sulla captazione periferica del glucosio può essere semplicemente il
risultato dei loro effetti epatici. Le biguanidi riducono anche i livelli
lipidici e possono ridurre l'assorbimento di nutrienti dal tratto
gastrointestinale e aumentare la sensibilità delle cellule beta al
glucosio circolante La metformina è l'unico biguanide in commercio
negli Stati Uniti. È almeno altrettanto efficace rispetto alle sulfoniluree
nel ridurre la glicemia, causa raramente ipoglicemia e può essere usata
senza pericolo in associazione ad altri farmaci e all'insulina. Inoltre, la
metformina non causa aumento di peso e può anche favorire la perdita
di peso riducendo l'appetito. Tuttavia, il farmaco in genere causa effetti
avversi gastrointestinali (p. es., dispepsia, diarrea) che, nella maggior
parte dei soggetti, si risolve con il tempo. Meno comunemente, la
metformina causa malassorbimento di vitamina B12, ma un'anemia
clinicamente significativa è rara.
Il contributo della metformina allo sviluppo di un' acidosi
lattica potenzialmente letale è molto raro, ma il farmaco è
controindicato nei pazienti a rischio di acidosi (inclusi quelli con
insufficienza renale significativa, insufficienza cardiaca, ipossia o grave
malattia respiratoria, alcolismo, altre forme di acidosi metabolica o
disidratazione). Il farmaco deve essere sospeso in corso di interventi
chirurgici, di somministrazione EV di mezzi di contrasto e di qualsiasi
malattia grave. Molti soggetti trattati con metformina in monoterapia
alla fine richiedono l'aggiunta di un ulteriore farmaco.
Tiazolidinedioni
I tiazolidinedioni (pioglitazone, rosiglitazone) diminuiscono la resistenza
periferica all'insulina (sensibilizzanti all'insulina), ma il loro specifico
meccanismo di azione non è completamente compreso. Questi farmaci
legano un recettore nucleare presente soprattutto nelle cellule adipose
(peroxisome-proliferator-activated receptor-γ [PPAR-gamma]), che è
coinvolto nella trascrizione di geni che regolano il metabolismo
glicidico e lipidico. I tiazolidinedioni aumentano anche i livelli di
lipoproteine ad alta densità, riducono i trigliceridi e possono avere
pag. 125
effetti antinfiammatori e anti-aterosclerotici. I tiazolidinedioni hanno la
stessa efficacia delle sulfoniluree e della metformina nel ridurre
l'emoglobina A1C. I tiazolidinedioni possono essere utili
nel trattamento della steatosi epatica non alcolica .
Sebbene un tiazolidinedione (il troglitazone) abbia causato
un'insufficienza epatica acuta, i farmaci attualmente in commercio non
hanno dimostrato alcuna epatotossicità. Cionondimeno, è
raccomandato un periodico monitoraggio della funzione epatica. I
tiazolidinedioni possono causare edema periferico, soprattutto nei
pazienti che assumono insulina e possono peggiorare lo scompenso
cardiaco in pazienti predisposti. Un aumento di peso, dovuto alla
ritenzione di liquidi e a un aumento della massa grassa, è frequente e
può essere rilevante (> 10 kg) in alcuni pazienti. Il rosiglitazone può
aumentare il rischio di insufficienza cardiaca, angina, infarto del
miocardio, ictus, e fratture. Il pioglitazone può aumentare il rischio
di cancro alla vescica (sebbene i dati siano contrastanti), insufficienza
cardiaca e fratture.
Inibitori dell'alfa-glucosidasi
Gli inibitori dell'alfa-glucosidasi (acarbosio, miglitol) inibiscono
competitivamente gli enzimi intestinali che idrolizzano i carboidrati
della dieta; i carboidrati vengono digeriti e assorbiti più lentamente,
riducendo così la glicemia postprandiale. Gli inibitori dell'alfa-
glucosidasi sono meno efficaci di altri farmaci orali nel ridurre la
glicemia e spesso causano dispepsia, flatulenza e diarrea inducendo i
pazienti a sospendere la terapia. A parte ciò, si tratta di farmaci
altrimenti sicuri che possono essere utilizzati in combinazione con tutti
gli altri ipoglicemizzanti orali e con l'insulina.
Inibitori della dipeptidil peptidasi-4
Gli inibitori della dipeptidil peptidasi-4 (p. es., alogliptin, linagliptin,
saxagliptin, sitagliptin) prolungano l'azione del peptide 1 simile
al glucagone (GLP-1) endogeno tramite inibizione dell'enzima dipeptidil
peptidasi-4 (DPP-4) che è implicato nella degradazione di GLP-1. Il
peptide 1 simile al glucagone (GLP-1) è un peptide prodotto
nell'intestino tenue che stimola la secrezione di insulina e inibisce la
secrezione di glucagone; prolungando la sua azione si abbassa quindi
la glicemia. Vi è un lieve aumento del rischio di pancreatite con
inibitori della dipeptidil peptidasi-4, ma sono altrimenti considerati
sicuri e ben tollerati. La diminuzione dell'emoglobina A1C è modesta
con gli inibitori della dipeptidil peptidasi-4.
Inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2
Gli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (Sodium-glucose
co-transporter 2 [SGLT2]) (canagliflozina, dapagliflozina, empagiflozina,
ertugiflozina) inibiscono il cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2 nel
tubulo prossimale del rene, che blocca il glucosio riassorbimento
pag. 126
causando glicosuria, e abbassando glucosio plasmatico. Gli inibitori del
co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 possono anche causare una
modesta perdita di peso e un abbassamento della pressione arteriosa.
Gli inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 hanno
dimostrato di ridurre la mortalità, i principali eventi cardiovascolari
avversi e i ricoveri per insufficienza cardiaca in pazienti con un
aumentato rischio di malattie cardiovascolari. Inoltre, gli inibitori del
cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT-2) hanno dimostrato di
prevenire la progressione della malattia renale cronica nei pazienti con
diabete e con ridotta velocità di filtrazione glomerulare o albuminuria.
pag. 127
L'aspirina da 81 a 325 mg 1 volta/die ha un effetto protettivo sul
sistema cardiovascolare. L'aspirina è raccomandata per la prevenzione
secondaria nei pazienti con un'anamnesi positiva per malattia
cardiovascolare aterosclerotica. I benefici dell'aspirina nei pazienti
senza patologia cardiovascolare (ossia, per la prevenzione primaria)
sono meno chiari. L'aspirina può essere presa in considerazione per la
prevenzione primaria nei pazienti diabetici di età ≥ 50 anni, con almeno
un fattore di rischio per la malattia cardiovascolare
aterosclerotica aggiuntivo e che non sono a maggior rischio di
sanguinamento. Nei pazienti > 70 anni, il rischio di sanguinamento può
superare i benefici della prevenzione primaria.
Le statine sono attualmente raccomandate dalle linee guida
dell'American Heart Association/American College of Cardiology per
tutti i pazienti diabetici dai 40 ai 75 anni di età. Viene utilizzato un
trattamento da moderato a ad alta intensità e la statina ad alta
intensità è raccomandata per i pazienti a rischio più alto di malattia
cardiovascolare aterosclerotica. Per tutti i pazienti con diabete e
malattia aterosclerotica associata o a rischio molto elevato di malattia
cardiovascolare aterosclerotica, è anche ragionevole puntare a un
livello di lipoproteine a bassa densità (LDL) < 70 mg/dL con statina
massimalmente tollerata e aggiunta di ezetimibe o di una proproteina
convertasi subtilisina/inibitore della kexina di tipo 9 (PCSK -9) se
necessario. Inoltre, l'ezetimibe o la terapia con inibitori della PCSK-9
devono essere utilizzati nei pazienti che sono intolleranti alla terapia
con statine. (Vedi tabella Statine per la prevenzione della malattia
cardiovascolare aterosclerotica in Dislipidemia). Per i pazienti < 40
anni o > 75 anni, le statine sono date in base alla valutazione
individuale del rapporto rischio: beneficio e alle preferenze del
paziente. I pazienti con diabete mellito di tipo 2 tendono ad avere alti
livelli di trigliceridi e lipoproteine piccole, dense a bassa densità (LDL)
e bassi livelli di HDL: questi devono ricevere una terapia aggressiva.
pag. 128
50) Valutazione dello stato di coscienza in emergenza nel
paziente diabetico.
pag. 129
paziente, sintomatologia e, in particolar modo, il danno provocato a
carico di organi bersaglio quali cervello, cuore e rene.
emergenze ipertensive;
urgenze ipertensive;
ipertensione non complicata.
encefalopatia ipertensiva;
eclampsia gravidica;
crisi adrenergica (feocromocitoma);
ipertensione associata ad emorragia intracranica o ictus;
crisi ipertensive dell'infanzia;
aneurisma dissecante dell'aorta;
ipertensione associata a edema polmonare acuto.
pag. 130
ipertensione di rimbalzo dopo brusca sospensio-ne della terapia
antipertensiva;
ipertensione associata ad infarto;
ipertensione associata ad angina instabile;
ipertensione pre- o post-operatoria;
pre-eclampsia. Il
ipertensione complicante trauma cranico;
pag. 131
anomalo aumento delle resistenze vascolari periferiche, correlato
verosimilmente ad aumento della sensibilità vascolare all'angiotensina e
causato da riduzione della produzione di prostaglandine ad azione
vasodilatatrice per ischemia utero-placentare.
è necessaria in questi casi una diagnosi precoce, essendo la prognosi
dipendente dalla tempestività del trattamento medico e dal riposo.
pag. 132
la PA media di circa il 25% del valore iniziale o portare la PA diastolica a
100- 110 mmHg, senza voler raggiungere in tempi rapidi la
normalizzazione.
pag. 133
dalla funzionalità renale o epatica. È stato dimostrato che è efficace e
sicura nel controllo dell'ipertensione perioperatoria e nelle emergenze
ipertensive, è stata associata a una mortalità inferiore rispetto al
nitroprussiato.
La dose iniziale di clevidipina è di 1-2 mg/h, raddoppiando la dose ogni
90 secondi fino a quando si raggiunge l'obiettivo di pressione arteriosa,
poi la dose è aumentata di meno del doppio ogni 5-10 min. La
clevidipina può quindi essere preferibile rispetto al nitroprussiato per la
maggior parte delle emergenze ipertensive, anche se deve essere usata
con cautela in scompenso cardiaco acuto con ridotta frazione di
eiezione in quanto può avere effetti inotropi negativi. Se la clevidipina
non è disponibile, fenoldopam, nitroglicerina o nicardipine sono
alternative ragionevoli.
pag. 134
intossicazione da cianuri. Il farmaco viene rapidamente degradato in
cianuro e ossido nitrico (la molecola attiva). Il cianuro viene
detossificato a tiocianato. Tuttavia, la somministrazione di > 2
mcg/kg/min può causare un accumulo di cianuro con effetti tossici sul
sistema nervoso centrale e sul cuore; le manifestazioni cliniche
comprendono agitazione, convulsioni, instabilità cardiaca e acidosi
metabolica con gap anionico.
La somministrazione prolungata di nitroprussiato (> 1 settimana o, in
pazienti con insufficienza renale, da 3 a 6 giorni) causa accumulo di
tiocianato, con sonnolenza, tremori, dolore addominale e vomito. Tra gli
altri effetti avversi è presente orripilazione transitoria (cute anserina)
se la pressione arteriosa viene ridotta troppo rapidamente. I livelli di
tiocianato devono essere monitorati quotidianamente dopo 3 giorni
consecutivi di terapia e il farmaco deve essere sospeso se il livello di
tiocianato sierico è > 12 mg/dL (> 2 mmol/L). Dato che il nitroprussiato
viene degradato dalla luce ultravioletta, la sacca per infusione EV e il
deflussore sono avvolti da un rivestimento opaco. Sulla base di dati che
mostrano un aumento della mortalità con nitroprussiato rispetto a
clevidipina, nitroglicerina, e nicardipina, il nitroprussiato probabilmente
non deve essere più utilizzato quando altre alternative sono disponibili.
pag. 135
52) Valutazione della dispnea in emergenza o urgenza.
Significato e valutazione della classificazione New York Heart
Association.
La dispnea è un sintomo che viene descritto come la soggettiva
sensazione di respirare con difficoltà; potendo dunque variare da
individuo a individuo, la dispnea è un sintomo difficile da descrivere
obiettivamente ma è legato, in ogni caso, a un effettivo impedimento
incontrato durante la respirazione.
pag. 136
L’assenza di MV implica 3 possibilità: o broncospasmo completamente
serrato o nello spazio pleurico esiste qualcosa che non dovrebbe esserci
come aria (PNX) o liquido, massivo versamento pleurico per sangue
(emotorace) o essudato/trasudato.
Problemi in C
Molti problemi di C possono avere ripercussioni sul respiro: un edema
polmonare acuto (Epa) sarà conseguenza di una primitiva patologia
cardiaca (sindrome coronarica acuta, insufficienza cardiaca,
miocardiopatie, vizi valvolari, ecc.).
Problemi in D
In D lesioni midollari alte, fino a C4, provocheranno importantissimi
problemi respiratori per la paralisi della muscolatura, in primis
diaframma; un quadro di ipertensione endocranica si manifesterà, tra gli
altri segni, con bradipnea.
Quindi, alla fine della nostra rapida valutazione primaria avremo già
un’idea, anche se grossolana, della possibile genesi della dispnea
accusata dal paziente
pag. 137
ultrasonogrphy), cioè un esame ecografico bedside. Monitoraggio Ecg
ed Ecg 12 derivazioni completeranno la nostra valutazione.
pag. 138
Classe 2: scompenso cardiaco lieve.
pag. 139
53) Crisi di panico versus Crisi Isterica: diagnosi e trattamento.
Un attacco di panico è l'improvvisa comparsa di un periodo distinto e
breve di intenso disagio, di ansia, o di paura accompagnati da sintomi
somatici e/o cognitivi. Il disturbo di panico consiste nella comparsa di
ripetuti attacchi di panico tipicamente accompagnati dalla paura di un
attacco futuro o da cambiamenti nel comportamento atti a evitare
situazioni che possono predisporre agli attacchi. La diagnosi è clinica.
Attacchi di panico isolati possono non richiedere alcun trattamento. Il
disturbo di panico viene trattato con terapia farmacologica,
psicoterapia (p. es., terapia dell'esposizione, terapia cognitivo-
comportamentale) o entrambe.
pag. 140
Sintomi di un attacco di panico
Cognitivi
Paura di morire
Paura di impazzire o di perdere il controllo
Sentimenti di irrealtà, estraneità (derealizzazione), o distacco da sé
(depersonalizzazione)
Somatici
Criteri clinici
pag. 141
criteri diagnostici stabiliti dal Diagnostic and Statistical Manual of
Mental Disorders, Fifth Edition (DSM-5).
I pazienti devono avere attacchi di panico ricorrenti (la frequenza non è
specificata) in cui ≥ 1 attacco è stato seguito da una o entrambe le
seguenti situazioni per ≥ 1 mese:
I pazienti devono essere informati del fatto che la terapia spesso aiuta
a controllare i sintomi. Se non si sono sviluppati comportamenti di
evitamento, possono essere sufficienti la rassicurazione, l'educazione
sull'ansia e l'incoraggiamento per ritornare e rimanere nei luoghi in cui
gli attacchi di panico si sono verificati. Tuttavia, nel caso di un disturbo
di vecchia data che comporti attacchi frequenti e condotte di
evitamento, è probabile che il trattamento richieda una terapia
farmacologica combinata con una psicoterapia più intensiva.
Terapia farmacologica
Molti farmaci riescono a prevenire o a ridurre fortemente l'ansia
anticipatoria, l'evitamento fobico e il numero e l'intensità degli attacchi
di panico:
pag. 142
produrre minori effetti avversi in confronto agli altri
antidepressivi.
Benzodiazepine: questi ansiolitici agiscono più rapidamente
degli antidepressivi ma possiedono una maggiore probabilità
di indurre dipendenza fisica e alcuni effetti avversi, come la
sonnolenza, l'atassia e i problemi di memoria. (Vedi la tabella
Benzodiazepine in Disturbo d'ansia generalizzato:
trattamento.) Per alcuni pazienti, l'uso prolungato di
benzodiazepine è l'unico trattamento efficace.
Antidepressivi più benzodiazepine: questi farmaci talvolta
nella fase iniziale sono usati in combinazione; l'effetto della
benzodiazepina va lentamente a ridursi dopo che
l'antidepressivo diventa efficace (anche se alcuni pazienti
rispondono solo al trattamento in combinazione).
Gli attacchi di panico spesso si ripresentano alla sospensione dei
farmaci.
pag. 143
Quando i disturbi isterici imitano una malattia funzionale, la diagnosi
differenziale può essere difficile: è comunque necessario escludere che
la sintomatologia sia su base organica, prima di ipotizzare l'origine
isterica della malattia.
Le manifestazioni sensitivo-motorie dell'isteria devono essere distinte da
quelle associate alle malattie neurologiche in base all'assenza sia
di segni obiettivabili, sia delle specifiche caratteristiche di
distribuzione dei disturbi.
I fenomeni dissociativi di alterazione della coscienza sono differenziabili
da quelli causati dalle principali malattie cerebrali in base a esiti normali
nei test sulle funzioni cognitive e in seguito all'assenza di alterazioni
alla tomografia computerizzata (TC), al tracciato
elettroencefalografico e alla risonanza magnetica (RM).
pag. 144
La terapia farmacologica permette solamente di attenuare o contenere
i sintomi dell'isteria; in questo caso, può essere utile il ricorso
ad ansiolitici, antidepressivi e neurolettici.
L'embolia polmonare è nella maggior parte dei casi oltre il 95% una
tromboembolia e costituisce la complicanza di una trombosi venosa
profonda (TVP) degli arti inferiori. Essa si determina quando, da un
trombo formatosi in una vena al di sopra del ginocchio poplitee, femorali,
iliache) o da un trombo più distale estendendosi prossimalmente, si
distaccano frammenti più o meno voluminosi.
pag. 145
Embolia polmonare acuta e trombosi venosa profonda sono considerate
un'unica malattia;
I maggiori fattori di rischio per TVP sono l'età avanzata (>50 anni, con un
picco d'incidenza dell'1% a 80 anni). la stasi venosa, gli stati di
ipercoagulabilità e il danno endoteliale. La stasi venosa può essere la
conseguenza di immobilità generale (obesità, stile di vita sedentario,
disordini neurologici, anestesia generale) o di immobilità di un arto
(intervento chirurgico, trauma, paralisi neurologica). Lo stato di
ipercoagulabilità può essere ereditario (ad es, fattore V di Leiden,
mutazione del gene 20210A della protrombina, deficit di proteina C o S) o
acquisito (patologie maligne, gravidanza, assunzione di estrogeni,
sindrome da anticorpi antifosfolipidi). Il danno endoteliale può derivare
da un trauma, da un intervento chirurgico, da un accesso vascolare, da
un catetere vascolare a lunga permanenza o da una precedente trombosi
venosa profonda. La tromboembolia polmonare si è rivelata come prima
causa di morte nei pazienti sottoposti a interventi chirurgici.
pag. 146
e lanuggine) ricoperti da leucociti materni.
La fisiopatologia dell'embolia amniotica non è del tutto chiara. Una
condizione presente frequentemente è la stretta correlazione temporale
fra la rottura delle membrane e la comparsa dei sintomi. Durante la
gestazione il liquido amniotico è separato dalla circolazione materna
dalle membrane fetali; al momento del parto, dopo la separazione della
placenta, i vasi uterini più superficiali dell'endometrio vengono esposti,
ma normalmente le contrazioni uterine ne determinano il collasso.
Quindi, sebbene la zona di impianto della placenta sia una delle probabili
vie di ingresso del liquido amniotico nella circolazione materna, sembra
improbabile che questo fenomeno avvenga se la parete dell'utero è ben
contratta.
Un altro tipo di embolia non trombotica è costituito dall'embolia gassosa
provocata dalla penetrazione di aria nel distretto venoso: per aspirazione
ad opera della negatività intrapleurica, ad es. durante le manovre di
cateterismo venosa centrale o interventi neurochirurgici; per immissione
forzata, iatrogena, ad es. per incidente durante circolazione
extracorporea; per brusca decompressione, come in caso di risalita
troppo rapida dopo immersioni subacquee. Va sottolineato che per avere
effetti letali devono entrare in vena acutamente elevate quantità di aria
(5-15 mL/kg).
pag. 147
Si potrebbe parlare genericamente di embolia polmanare acuta massiva
quando sia interessato oltre il 50% del letto vascolare polmonare
(almeno due rami lobari o l'equivalente), di embolia polmonare acuta
submassiva in caso di coinvolgimento del 30-40% del letto vascolare (un
segmento polmonare o l'equivalente), e di microembolia polmonare
cronica recidivante quando è interessato il microcircolo polmonare.
La classificazione clinica adottata nelle linee guida 2014 dell'European
Society of Cardiology (ESC) si basa sullo stato clinico dei pazienti al
momento della presentazione, con embolia polmonare ad alto rischio di
conferma, in presenza di shock o persistente ipotensione arteriosa, ed
embolia polmonare non ad alto rischio di conferma in loro assenza.
pag. 148
una fisiopatologia simile ma si presenta con l'arto ischemico a causa di
uno spasmo arterioso.
pag. 149
Se il D-dimero risulta positivo, per escludere la TVP il paziente deve
essere sottoposto a un'ecografia venosa. L'ecografia duplex (la
combinazione in tempo reale di M-mode e del flusso Doppler), ha un'alta
sensibilità (97%) e un'alta specificità (94%) per la TVP es degli arti
inferiori; la sensibilità è minore per le TVP pelviche o isolate al polpaccio
(73%), e per la TVP degli arti superiori (56-100%).
pag. 150
Va precisato in proposito che l'occlusione embolica di un ramo arterioso
polmonare nel soggetto con normale funzione ventricolare sinistra non
provoca infarto polmonare, perché l'irrorazione della zona tributaria del
vaso colpito può essere assicurata dalla circolazione bronchiale
attraverso anastomosi tra le arterie bronchiali e le arterie polmonari.
Invece in caso di preesistente scompenso ventricolare sinistro l'infarto
polmonare emorragico è pressoché la regola, perché la stasi venosa del
piccolo circolo ostacola il flusso di sangue proveniente dalle arterie
bronchiali aggravando ulteriormente la stasi locale e favorendo lo
stravaso ematico intraparenchimale e l'infarto.
L'Rx del torace può anche essere negativo pur in presenza di un'embolia
massiva. La sua utilità consiste soprattutto nella esclusione di patologie
alternative; inoltre, saltuariamente, esso può comunque fornire
orientamenti positivi e, a posteriori, le modalità di risoluzione di
un'opacità polmonare possono far pensare a un infarto polmonare
(melting ice sign).
pag. 151
probabilità a fronte di una probabilità clinica intermedia o bassa,
l'accuratezza diagnostica scende all'80% e al 50%, rispettivamente.
pag. 152
La diagnosi è di esclusione: qualunque condizione che determina
collasso cardiocircolatorio o emorragia massiva nel periodo del parto
dovrebbe essere presa in considerazione.
pag. 153
Nel caso in cui il paziente presenti funzioni vitali conservate ma
instabili, è senza dubbio maggiore il tempo a disposizione per
stabilizzare al meglio i parametri vita li mediante:
Nel caso assai frequente in cui venga utilizzata l'eparina sodica non
frazionata (UFH), le dosi dovrebbero essere rapportate al peso del
paziente, con un bolo iniziale di 80 UI/kg EV seguito da 18 UI/kg·h EV. Il
tempo di tromboplastina parziale attivata (aPTI) dovrebbe essere
controllato 6 ore dopo il bolo ed ogni 12-24 h, e mantenuto tra 55 e 80
secondi (1.5-2.5 volte il tempo normale). Il tradizionale bolo iniziale di
5.000 unità seguito da una infusione di 1000 unità/h è sottodosato nei
due terzi dei pazienti.
pag. 154
Va tenuto presente che, a differenza dei farmaci fibrinolitici, l'eparina
non è in grado di disgregare gli emboli, ma agisce unicamente
stabilizzando i trombi nel circolo venoso profondo e riducendo la
dimensione e la frequenza degli emboli che da qui si staccanò. Sebbene
l'eparina non abbia azione intrinsecamente trombolitica, accelera la
rimozione del trombo tra 48 e 72 ore favorendo l'azione della plasmina
pag. 155
dall'inizio del trattamento trombolitico ed ogni 6 ore si controllano i
parametri della coagulazione, la presenza di ematuria o sanguinamento
dai cateteri o dai punti di iniezione. Se la trombolisi è corretta ed
efficace, l'aPTI ed il PT devono attestarsi su un valore doppio del
rispettivo valore basale, il fibrino- geno deve scendere di circa il 75% dai
valori iniziali e comunque non al di sotto di 80-110 mg/dl. Alla
sospensione del trattamento trombolitico dopo va- lutazione dei
parametri della coagulazione segue l'eparina sodica in infusione EV, poi
embricata col warfarin.
pag. 156
(ossigeno, CPAP, liquidi, vaso- pressori), paziente in decubito
laterale sinistro;
embolia settica - terapia antibiotica aggressiva, drenaggio
chirurgico o resezione polmonare in presenza di ascesso. Chiusura
con clip della vena cava inferiore; il solo filtro cavale non
impedisce il passaggio dei piccoli emboli.
pag. 157
Stato mentale alterato (disorientamento, letargia, stupore o +60 punti ‒
coma)
Stratificazione del rischio Punteggi Rischio mortalità a 30 giorni Rischio mortalità a 30 giorni
pag. 158
valutato per la funzionalità ventricolare destra (EchoCG). Con un indice
<85 punti, il rischio di morte è basso e la terapia per l'EP può essere
eseguita in regime ambulatoriale.
Uno dei criteri per valutare il rischio di mortalità precoce per EP è la sua
classe secondo la scala PESI, che prevede la valutazione dei parametri
clinici e delle condizioni di comorbilità che influiscono sulla prognosi a 30
giorni.Il Polmonary Embolism Severity Index (PESI) è uno strumento di
stratificazione del rischio che è stato validato esternamente per
determinare la mortalità e l’esito dei pazienti con embolia polmonare (PE)
di nuova diagnosi.Nel contesto di un paziente con insufficienza renale o
gravi comorbilità, il giudizio clinico dovrebbe essere utilizzato rispetto al
PESI, poiché questi pazienti sono stati esclusi dallo studio di validazione.Il
punteggio PESI determina il rischio di mortalità e la gravità delle
complicanze.Il punteggio non richiede variabili di laboratorio.È pensato per
aiutare nel processo decisionale, non per sostituirlo. Il giudizio clinico
dovrebbe sempre avere la precedenza.Il punteggio PESI determina la
gravità clinica e può influenzare le impostazioni di trattamento per la
gestione dell’EP.I pazienti di classe I e II possono essere trattati in modo
sicuro come pazienti ambulatoriali nel giusto contesto clinico
56) Indicatori
di rischio di mortalità precoce nella embolia
polmonare (la risposta sta nella domanda 55 e 54)
pag. 159
59) Secondo le ultime linee guida come si classificano i pazienti
affetti da scompenso cardiaco.
Classi Definizione Espressione consigliata
pag. 160
La diagnosi tempestiva dello scompenso cardiaco è in grado di
prevenire e rallentare il decorso della malattia; per questo, è importante
definirne il livello di gravità. Esistono diversi modi di classificare lo
scompenso cardiaco, uno quei quali classifica i diversi gradi della
patologia in base al livello di limitazione dell'attività fisica del paziente.
In particolare, la dispnea è uno dei sintomi cardine di questa malattia
tanto da essere utilizzato per classificarla in base a livelli di gravità,
secondo le classi NYHA. Si tratta di una classificazione
clinica, stabilita dalla New York Heart Association[3] e adottata a livello
internazionale, che individua quattro classi funzionali di gravità
crescente (Classe I, II, III o IV) basate proprio su segni e sintomi della
patologia, utilizzate anche per quantificare l’invalidità dovuta allo
scompenso cardiaco (25-50-75-100%).
pag. 161
Se la classe NYHA 2 identifica un paziente che ha difficoltà a salire le
scale perché affanna, la classe NYHA 3 un paziente che riesce a
dormire steso, ma che riposa probabilmente da seduto, la classe NYHA
4, la più grave, indica uno stadio critico che richiede il ricovero in
Centri specializzati.
pag. 162
A partire da questi due dati sarà facile calcolare la differenza in
percentuale dei due volumi, dunque la frazione di eiezione:
61) I
fattori precipitanti dello scompenso cardiaco stabile verso
l’edema polmonare acuto
pag. 163
E’ compito del MMG e del Cardiologo conoscere i fattori instabilizzanti
per prevenirli e, possibilmente, eliminarli.
1. Una delle cause più frequenti che aggravano o precipitano lo
scompenso è l’infezione, quasi sempre polmonare. La febbre può essere
assente per anergia dei pz. E’ importante sottoporre il pz a vaccinazione
antinfluenzale e antipneumococco.
2. Le aritmie sia ipercinetiche (fa ad alta risposta ventricolare e
tachicardia ventricolare) che ipocinetiche (blocchi, bradicardie) possono
rendere critiche le condizioni del pz. Il più delle volte si impone il
ricovero.
3. Non adesione alla terapia prescritta. Il MMG può verificare facilmente
dal numero delle prescrizioni la compliance del pz. E’ indispensabile la
collaborazione dei parenti per verificare che il pz assuma i farmaci e si
attenga alle prescrizioni comportamentali.
4. Controllo della Pressione Arteriosa, non raramente le poussée
ipertensive sono causa di scompenso acuto con edema polmonare.
5. La sincope in pazienti con cardiopatia organica in scompenso ha un
valore prognostico sfavorevole ed obbliga al ricovero urgente per
identificare la causa, che non raramente è la tachicardia ventricolare
con indicazione all’impianto del defibrillatore impiantabile.
6. Se il paziente assume betabloccanti da tempo e va incontro a
peggioramento clinico è molto probabile che la causa non sia il
betabloccante, evitare quindi di sospenderlo, poiché la sospensione
aumenta la mortalità; modulare eventualmente la dose del diuretico e
dell’ACEinibitore.
7. Assunzione di farmaci potenzialmente negativi, con effetti sulla
ritenzione idrosalina (cortisonici, FANS, estrogeni) antiblastici,
calcioantagonisti. Gli antidepressivi triciclici meritano una sorveglianza
speciale sia per l’effetto miocardiodepressivo che per l’effetto
proaritmico con induzione di tachicardia ventricolare e di morte
improvvisa. Evitarli!
8. Presenza di ischemia miocardica transitoria silente o sintomatica
verificabile nei casi dubbi con test da sforzo, ecostress o scintigrafia
miocardica. L’ischemia acuta impone il ricovero. La rivascolarizzazione,
quando possibile, migliora sia la sopravvivenza che la qualità di vita.
9. Educare il pz a controllare con costanza il peso corporeo e la diuresi.
L’incremento del peso corporeo è segno di accentuazione dello
scompenso con accumulo di acqua.
10. Verificare che non ci siano alterazioni della tiroide soprattutto in pz
che assumono amiodarone, l’ipertiroidismo è causa non rara di
instabilizzazione.
11. Eseguire l’emocromo per verificare la presenza di anemia. Recenti
lavori hanno dimostrato che ferro ed eritropoietina possono migliorare lo
scompenso se è presente anemia anche di modesta entità ( Hb < 12 gr).
pag. 164
12. Verificare se è presente insufficienza renale (creatinina > 2 gr); in
questi pz le recidive di scompenso hanno decorso più grave e il recupero
più lento, il controllo della volemia e degli elettroliti può presentare dei
problemi. Inoltre i trials con Aceinibitori hanno escluso pz con creatinina
> 2.5, per cui mancano dati certi su come comportarsi
13. La presenza di BCO comporta un aggravamento di prognosi sia per
l’ipossiemia che per le difficoltà di trattamento. Infatti questi pz non
possono assumere betabloccanti, spesso non tollerano gli Aceinibitori
per la tosse e d’altronde i beta 2 stimolanti, indicati per la forma
ostruttiva polmonare, sono controindicati nello scompenso. Inoltre
questi pz spesso hanno infezioni polmonari con aggravamento dello
scompenso
pag. 165
La secrezione di endotelina I da parte delle cellule endoteliali, è un
potente vasocostrittore, specialmente renale. Interviene nei meccanismi
di ritenzione idrosodata e di aggravamento dell’insufficienza cardiaca
congestizia.
62) La
presentazione clinica del paziente con scompenso
cardiaco, le quattro varianti.
La diagnosi tempestiva dello scompenso cardiaco è in grado di
prevenire e rallentare il decorso della malattia; per questo, è importante
definirne il livello di gravità. Esistono diversi modi di classificare lo
scompenso cardiaco, uno quei quali classifica i diversi gradi della
patologia in base al livello di limitazione dell'attività fisica del paziente.
In particolare, la dispnea è uno dei sintomi cardine di questa malattia
tanto da essere utilizzato per classificarla in base a livelli di gravità,
pag. 166
secondo le classi NYHA. Si tratta di una classificazione
clinica, stabilita dalla New York Heart Association[3] e adottata a livello
internazionale, che individua quattro classi funzionali di gravità
crescente (Classe I, II, III o IV) basate proprio su segni e sintomi della
patologia, utilizzate anche per quantificare l’invalidità dovuta allo
scompenso cardiaco (25-50-75-100%).
pag. 167
terapia farmacologica, che rappresenta l’arma principale per migliorare
la prognosi, ridurre i sintomi e i ricoveri ospedalieri, oltre che per
garantire un’accettabile qualità di vita dei pazienti.
63) La
valutazione primaria in emergenza/urgenza intra ed
extraospedaliera al malato critico con segni e sintomi di
scompenso cardiaco.
Nell'ambito dell'emergenza-urgenza, intra ed extraospedaliera,
l'approccio clinico al malato critico con segni e sintomi di SC è in gran
parte standardizzato ed organizzato secondo protocolli, in modo tale che
possa essere sempre garantito, anche in contesti emotivamente e
logisticamente difficili, l'appropriata esecuzione delle manovre
necessarie alla stabilizzazione del paziente. Nel primo approccio
“frontale” al paziente critico (valutazione primaria – “Primary Survey”),
l'iter diagnostico-terapeutico prevede la rapida identificazione delle
pag. 168
criticità secondo approccio ABCDE ed eventuale inizio delle manovre di
rianimazione (supporto funzioni vitali secondo ACLS (Supporto vitale
cardiaco avanzato).
64) Gli
esami diagnostici fondamentali in emergenza/urgenza
nello scompenso cardiaco acuto.
pag. 169
L'approccio diagnostico al paziente con sospetto scompenso cardiaco
deve essere iniziato in ambiente pre-ospedaliero da parte del servizio di
emergenza territoriale e poi continuato nel dipartimento di emergenza, in
modo da definire precocemente il quadro clinico del paziente
(inquadramento diagnostico e diagnosi differenziale) per iniziare il
trattamento specifiche ed arrestare un processo possibilmente
evolutivo.
In emergenza urgenza il medico può seguire un approccio mnemonico
sequenziale secondo lo schema ABDCE:
pag. 170
arteriosa, diabete mellito, distiroidismi, esposizione a farmaci
cardiotossici o trattamento radiante.
2. B.BLOOD TEST (valuta NT-proB e concomitante prelievo ematico
per esami di laboratorio (raccomandati glucosio, emocromo,
elettroliti sierici, creatininemia, bilirubina, ALT), valutando il
dosaggio del D-dimero (nel sospetto di embolia polmonare, del TSH
e del Peptide Natriuretico (BNP o pro-BNP).Quest'ultimo, seppur
esame costoso, può essere utilizzato per la diagnosi differenziale
della dispnea: nel caso in cui il valore di BNP sia inferiore a 100
pg/mL o NT-proBNP inferiore a 300 pg/mLla diagnosi di SC è
improbabile; valori di NT-proBNP superiori a 300 pg/mL, soprattutto
in associazione ad anomalie del tracciato elettrocardiografico
rafforzano il sospetto di SC e rendono necessaria l'esecuzione di
una SCA, embolia polmonare e ipertensione polmonare, miocarditi,
tachiaritmie atriali e ventricolari, età avanzata, insufficienza
renale, cirrosi epatica, anemia e infezioni gravi (polmoniti e sepsi).
3. C.CARDIOPATIA ISCHEMICA – Verifica SCA o storia di cardiopatia
ischemica. Si esegue un ECG a dodici derivazioni (alto valore
predittivo negativo) per evidenziare la presenza di alterazioni di
tipo ischemico, aritmie e segni di cardiopatia strutturale quali
dilatazione atriale, ipertrofia-sovraccarico ventricolare. Nel caso di
sospetta genesi ischemica del SC è possibile dosare i marcatori
biochimici miocardio-specifici
4. D.DISFUNZIONE VS (ventricolo sinistro) – Approccio ecografico
cardio-toracico bed side (I livello) consente al medico dell'urgenza
di valutare in tempi rapidi l'aspetto complessivo del cuore, le
dimensioni e la cinetica delle camere cardiache, la presenza di
valvulopatie, trombosi, dissecazione aortica versamento
pericardico, le dimensioni e la compliance respiratoria della vena
cava inferiore, l'ecostruttura polmonare (linee B in caso di edema
interstiziale), la presenza di versamento pleurico e di segni che si
orientano verso altre cause di dispnea ( pneumotorace,
addensamenti di natura infiammatoria o infartuale, atelettasie).
pag. 171
Nelle forme di SC con prevalente disfunzione sistolica si ha una
dilatazione del ventricolo sinistro con ipocinesia parietale e
riempimento contro
Nelle forme prevalentemente diastoliche le dimensioni del
ventricolo sinistro sono normali e la FE può essere normale o solo
lievemente ridotta, ma il riempimento diastolico è alterato. Questo
fenomeno è apprezzabile allo studio eco Doppler del flusso
trans-). La disfunzione diastolica si osserva frequentemente nel
contesto della cardiopatia ischemica perché il rilascio ventricolare
è un processo attivo, energia-dipendente; inoltre, il sovraccarico
cronico di pressione e/o di volume conducono ad un
rimodellamento miocardico che comporta un aumento della rigidità
della parete.
In molti casi lo SC è caratterizzato dalla coesistenza di disfunzione
sistolica e diastolica.
pag. 172
utilizzare; permettere di valutare l'equilibrio acido-base (possibile
acidosi metabolica iperlattacidemica, acidosi respiratoria e
relativa. In caso di segni di ipoperfusione periferica o di indicazione
a trattamento con NIV vi è indicazione al cateterismo arterioso per
il monitoraggio invasivo della pressione arteriosa e per la
ripetizione periodica di EGA.
pag. 173
Fig.5 – Rx torace (a letto). Segni di congestione del piccolo
circolo. Associata cardiomegalia e versamento pleurico bilaterale
(maggiore a destra).
Fig. 6 – Torace Rx (supino). Segni di congestione del piccolo circolo,
associati a cardiomegalia. Presenza di PM e di punti metallici da
pregressa sternotomia mediana.
pag. 174
65) Obiettivi
del trattamento del paziente affetto da scompenso
acuto/stabile/acuto. 67) I farmaci di emergenza/urgenza nel
paziente con scompenso cardiaco acuto. 68) I farmaci dello
scompenso in fase stabile.
pag. 175
mitralica acuta), trauma cardiaco, insufficienza valvolare acuta
secondaria a endocardite, dissecazione aortica (valutare
indicazione a trattamento cardiochirurgico)
tromboembolia polmonare (in caso di instabilità emodinamica vi è
indicazione a somministrazione di eparina non frazionata per via
endovenosa seguita dalla trombolisi sistemica, se vi sono
controindicazioni alla trombolisi possono essere valutate
l'embolectomia trans catetere o la trombo-endoarterectomia
polmonare chirurgica in emergenza).
pag. 176
singoli o in infusione continua ev (es. dose iniziale 20-40 mg di
furosemide nei pazienti naive o almeno equivalente alla dose abituale
assunta a domicilio ) e vasodilatatori ev (nitroderivati es. isosorbide
dinitrato da 1 mg/h fino a 10 mg/h); l'effetto venodilatatore di questi
ultimi può essere potenziato dalla somministrazione di oppiacei (es.
morfina 4-8 mg, ricordando la possibile depressione del drive respiratorio
e la comparsa di vomito) nei pazienti con dispnea di grado severo. Il
dosaggio deve essere titolato in base all'evoluzione clinica e ai valori
pressori con particolare attenzione ai pazienti affetti da stenosi mitralica
o aortica significativa.
Se SpO2 < 90% e la frequenza respiratoria > 25 atti/min oppure l'assenza
di risposta alla terapia medica è indicatore del ricorso precoce alla
ventilazione meccanica non invasiva (NIV), generalmente in modalità
CPAP (pressione positiva di fine espirazione o PEEP) ; in presenza di
distress respiratorio, acidosi respiratoria e ipercapnia è adeguata la
modalità BiPAP (pressione positiva di supporto + PEEP).
Nel paziente congesto e con segni di ipoperfusione, generalmente
ipoteso (Pa < 90mmHg), la ventilazione meccanica non invasiva è
sostanzialmente controindicata in quanto determina un aumento della
pressione intratoracica che riduce il ritorno venoso; il trattamento
prevede un supporto inotropo (es. dobutamina 2-20 mcg/kg/min) al fine di
incrementare la contrattilità cardiaca, associato a diuretici (dopo la
correzione dell'ipoperfusione) preferibilmente con monitoraggio intra-
arterioso della pressione arteriosa; in caso di shock cardiogeno con
marcata ipotensione non responsiva ad agenti inotropi e possibile
utilizzare farmaci vasopressori (es. noradrenalina 0,2-1 mcg/kg/min) allo
scopo di aumentare la perfusione degli organi vitali; deve essere
considerata l'intubazione orotracheale, così come nei pazienti con
depressione dello stato di coscienza o non responsivi alla NIV. In caso
di resistenza alla terapia diuretica è possibile considerare
l'ultrafiltrazione veno-venosa (indicazioni: oliguria persistente, k+ >
6,5mmol/L, pH < 7,2, urea > 150 mg/dL e creatinina > 3,4 mg/ dL).
La profilassi del tromboembolismo (es. con eparina a basso pm) è
raccomandata in tutti i pazienti che non presentano controindicazioni
alla terapia anticoagulante.
pag. 177
Per la riduzione della frequenza cardiaca in pazienti con FA ad elevata
risposta ventricolare media (FVM > 110 bpm) e possibile utilizzare
digossina (boli di 0,25-0,5 mg ev) e/o β-bloccanti, può essere considerato
anche l «amiodarone».
Il contropulsatore aortico, i dispositivi di assistenza al ventricolo sinistro
e di ossigenazione extracorporea trans-membrana (Extra-Corporeal
Membrane Oxygenation, ECMO) costituiscono delle soluzioni a ponte in
attesa del trattamento definitivo (es. intervento CCH in caso di rottura
del setto interventricolare o insufficienza mitralica acuta).
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ACEI = Inibitore dell'enzima di conversione dell'angiotensina; ARB =
bloccante del recettore dell'angiotensina II
ARNI = Blocco del recettore dell'angiotensina e inibitori neutri
dell'endopetidasi
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3. D.Diuretici (dell'ansa e tiazidici) per alleviare segni e sintomi di
congestione (non ridurre il rischio di ospedalizzazione o morte), in
acuzie vengono titolati/ottimizzati anche sulla base del profilo
emodinamico: l'aggiustamento posologico deve essere effettuato
sulla base del monitoraggio dei segni e sintomi di congestione, dei
valori di pressione arteriosa e sulla misura quotidiana del peso
corporeo. Il trattamento con diuretici e con ACE inibitorio o sartani
deve sempre essere condotto con attenzione alla funzionalità
renale e agli elettroliti.
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66) La pressione arteriosa media, calcolo e importanza della
stessa
Dunque, essa non corrisponde alla media aritmetica tra i valori della
pressione sistolica e quelli della diastolica; infatti per la maggior parte
della durata dell’onda pulsatoria la pressione arteriosa resta di solito più
vicina al valore diastolico che a quello sistolico. La pressione arteriosa
media è la media delle pressioni che istante per istante tendono a
sospingere il sangue nella grande circolazione. Pertanto, i fini della
progressione del flusso ematico nei tessuti, ciò che conta è appunto la
pressione arteriosa media.
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69) La
funzione renale nel paziente affetto da scompenso
cardiaco.
In circa il 20-30% dei pazienti ricoverati per scompenso cardiaco (SC)
acuto si assiste ad un peggioramento della funzione renale (worsening
renal function o WRF) cui corrisponde un incremento della morbilità e
della mortalità cardiovascolare.
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l'ispezione della bocca e della faringe e quest'ultima, anche per indagare
il riflesso pupillare alla luce. Il martelletto con i suoi accessori (ago e
pennellino) è d'aiuto nell'esame neurologico. L'oftalmoscopio, d'uso
meno comune, è facoltativo ed è consigliato solo al medico con
particolare esperienza in campo neurologico ed oculistico. I presidi
terapeutici sono numerosi e variano a secondo dell'attività preminente
del medico. Alcuni presidi terapeutici sono obbligatori, poiché servono
ad affrontare situazioni d'urgenza e per l'ingombro potrebbero essere
contenuti in una seconda borsa. Per esempio, è opportuno, dal punto di
vista medico-legale, che il medico che presta soccorso debba avere in
borsa i farmaci necessari per affrontare le emergenze.
Abbassalingua
Aghi Butterfly
Aghi cannula
Aghi sterili con filo
Bende orlate e standard
Bisturi monouso
Cannula oro-faringea
Cerotti
Deflussori
Fonendoscopio
Forbice
Garze sterili
Gel lubrificante
Guanti monouso
Laccio emostatico
Martelletto
Oftalmoscopio
Otoscopio
Pinza anatomica e chirurgica
Provette per prelievi
Salviette disinfettanti
Seghette per fiale
Sfigmomanometro
Siringhe sterili monouso (da insulina e da 2,5-5-10 ce)
Spaziatore per aerosol
Strisce reattive per glicemia
Strisce reattive per esame urina
Termometro
Torcia elettrica
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I farmaci da tenere in borsa sono numerosi, alcuni di questi sono
indispensabili per affrontare le classiche situazioni d'urgenza (diuretici
nell'edema polmonare, ecc.), altri sono comunque utili (FANS,
antispastici in caso di colica renale, ecc.) e ci permettono di iniziare
immediatamente la terapia, senza dover aspettare l'acquisto dei farmaci,
che può essere problematico per le persone anziane, per il paziente che
abita lontano da farmacie e in caso di visita effettuata durante l'orario di
chiusura delle farmacie.
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