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Nezamz
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LEYLA E MAJNUN
«Giunse l'amore e colmò loro il calice di
vino. Quand'ebbero colto la rosa profumata
dell'amore, vollero assaporare il suo profumo
ogni giorno: l'uno rapito dalla bellezza del
l'altro, il cuore stordito e pur senza perdere i
sensi, perdutamente innamorati in uno
struggimento che mai si estingueva». I due
amanti cbe così si incontrano sono Leyla e
Majnun: hanno dieci anni, vanno insieme a
scuola. Leyla è «una luna, una bambola, un
tenero svettante cipresso»; Majnun ha «lab
bra di rubino che spargevano perle». Insie
me, formano la coppia archetipica dell'amo
re estremo, della passione sino alla follia, che
traversa gloriosamente la storia dell'Oriente
islamico nell'immaginazione di tutti, dotti e
incolti, un po' come da noi la storia di Romeo
e Giulietta. Come nel loro caso, l'amore di
Leyla e Majnun è avversato dal mondo, che
lo vuole distruggere con ogni mezzo. Ma non
ci riuscirà, perché «amore è quello cbe non
ha fine». Così la separazione e l'assenza si
trasformano in possenti catapulte della pas
sione. Majnun, il «Folle d'amore», vaga
giorno e notte cantando versi, le spine del de
serto lacerano i lembi di lino e seta delle sue
vesti, ma l'occhio della sua mente è fisso sem
pre sullo stesso fuoco. Il suo delirio amoroso
lo spinge a un moto perenne, «come un'az
zurra veste di lutto che galleggia nelle acque
di un fiume profondo». La società degli uo
mini gli è invisa, mentre le fiere gli si accovac
ciano intorno. A specchio del suo vagare,
Leyla rimane al centro del giardino, insieme
prigioniera cd esule,«colma di grazia e di fa
scino». Ma «nell'intimo il cuore le sanguina
va», il pensiero è fisso sull'amato inavvicina
bile, men L re 1 a circondano tanti �< miseri cuo
ri cbc a migliaia erano precipitati nel pozzo
della fosse lla del suo mento». Né la guerra né
un matrimonio forzato valgono a soffocare
l'ardore dei due amanti, pur costretti a essere
«appagati di fantasmi e fantasmi essi stessi».
I nu mcrosi episodi che scandiscono la loro vi
cenda servono a .'.\le'.?ami per tessere un son-
tuoso manto di immagini, dove«simbolismo
�ufi, e anche gnome e pura fiaba rimangono
fra loro in continuità, senza che possa dirsi
che un aspetto prevalga nitidamente sull'al
tro». Chi legge questo libro non può che ri
manere abbagliato innanzitutto dalle imma
gini, per la profusione e la sottigliezza delle
figure, per lo smalto dei dettagli, per la febbre
lirica che li anima. Sono queste immagini a
formare il«velo» dell'opera, come l'amore di
Majniin, nel suo eccesso rigoglioso, serve a
proteggere quel «frammento dì paradiso» che
è Leyla. E lo scrittore Ne�ami potrebb<:: pro
nunciare le stesse parole dell'amante:« E me
glio che l'essenza rimanga celata e che solo
l'involucro appaia, meglio che dell'amata io
sia il velo, che della perla io sia la conchiglia!».
LEYLA E MAJNUN
A cura di Giovanna Calasso
ADELPHI EDIZIONI
@ 1985 ADELPHI EDIZIONI S.P.A. MILANO
471409
INDICE
Disperazione di Majniin 36
Leyla n el giardino 52
Apologo 98
NOTE 14 1
L'acce nto dei nomi propri e dei termini persiani cade sul
l'ultima sillaba.
In nome di Dio misericordioso1
13
di, il baio mantello del mattino e il nero purosangue
della notte3 hai posto, con il Tuo decreto, all'ombra
dell'immensa scuderia del cielo! Soltanto da una kaf e
da una nun hai fatto ergere il monte Bisotiin fino al
cielo,4 e dovunque esista un prezioso tesoro queste due
lettere ne sono la chiave! Né vi è lettera, in tutto il
libro del creato, cui sia stata consentita un'imperfezio
ne, non vi è punto che non sia al luogo giusto! Nel
creare il mondo non avrebbe potuto esserci migliore
scrittura.
Decretando regalità e schiavitù doni il regno a chi
vuoi, conosci l'oppressore e l'oppresso, conosci la storia
non ancora manifesta, sai leggere il libro ancora non
scritto. Se la Tua grazia non ne mostra la via, chi sve
lerà all'intelletto questo mistero? L'intelletto, solo in
grazia della Tua generosità accende la vista, ché se
mette il piede in fallo la brucia!
Per Tua grazia o per Tuo castigo, davanti a Te uni
co è il vino e il veleno. Non v'ha dubbio ch'io sia un
prigion iero, ché per Tua grazia ho la vita , per Tuo ca
stigo la morte. Ti supplico, se il vino della Tua grazia
non puoi concedermi, non m ' infliggere il Tuo castigo!
Se la mia anima avrà il Tuo soccorso, chi potrà sot
trarmi le Tue briglie di mano? E anche l'alito estremo
con cui esalerò la mia anima, canterà le lodi del Tuo
nome. Quando m i appronterò per la morte, del Tuo
nome intriderò le erbe odorose che saranno sparse sul
mio cadavere, e quando la mia esistenza passata sarà
ormai polvere, dovunque io finisca Ti adorerò. Fra le
solide mura della Tua fortezza, che mai potre i temere
da Satana il maledetto? Sulla Tua via ho vestito la ve
ste del pellegrino, salmodiando « Labbeyka »5 alla ri
cerca di Te. Guai a chi viola lo stato sacrale, preser
vami dal violarlo!
Se non ho altro sostegno al di fuori di Te, il neces
sario io ricevo dalla Tua grazia, se un atomo, dall'al
chimia della purificazione, Tu getti sul mio rame, io
mi trasformo in nobile metallo! Dovunque Tu conce-
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da un raggio della Tua grazia, la Terra si fa oro, l'ac
qua si fa perla! Che io sia gemma o vile argilla, Tuo
è lornamento del mio volto! Che io sia aloe o assen
zio, pur sempre del Tuo profumo io mi vanto!
Ai Tuoi piedi io non depongo né religione, né ubbi
dienza: intercedi per l'indigente! Finché la nave non
affonda, assistimi, sii misericordioso! Sostienimi, sono
caduto, lasciato a piedi dalla cavalcatura della mia
ignoranza! Tu, con il Tuo divino favore, guida il mio
piede secondo il Tuo volere, liberami d alle mie tene
bre, accompagnam i con la Tua luce! Che cosa è più
ricco della Tua mensa, chi è p iù munifico della Tua
maestà? Fammi un' elemosina del Tuo raccolto! Affin
ché il mio campo in rovina possa divenire fiorente,
dammi terra della Tua soglia e acqua che porti via la
corruzione da me! Il giorno in cui mi strapperai da
me stesso, non distruggere di me ciò che lasci, e quan
do mi restituirai a me stesso, riversa su di me un'om
bra della Tua grazia! Non l'ombra che dalla luce è di
stante, ma l'ombra cui la Tua lampada è luce, affinché
in vicinanza di Te io divenga ombra di luce, come
luce io sia distante dall'ombra!
Mi hai creato, in principio, senza mancanze, non m i
abbandonare alla fi n e negletto! Quando giunge l a
morte perc hé aver timore, se io so c h e è l a strada che
conduce verso di Te? Non morte , ma giardino fiorito
è la via che conduce al palazzo della Tua intimità! Se
la morte proviene da Lui, che io muoia! S'io rifletto,
non è morte, ma transitorio luogo di tappa : dalla men
sa al giaciglio del sonno, dal giaciglio del sonno alla
corte del re!
Se p er la pena il Tuo servo Ne:?ami, nel formula
re la sua preghiera, ha mostrato ardimento, la sua ac
qua appartiene pur sempre al Tuo mare, se ne tra
bocca u na goccia, non la sprecare! Se cento lingue par
lasse, in ogni lingua ti loderebbe, se tace come i dere
litti, Tu sai comprendere la lingua di chi non possiede
parola! Se di Tartaro o di nero Abissino è la scrittma
15
del mio esistere, Tu l'hai vergata!6 Ordunque, prima
che la fine mi stringa e mi strappi di mano le redini
della vita, consenti ch' io ritrovi la via per esserti ac
cetto!
J6
tà, sono i cinque rullii del t amb uro della tua regale
fanfara!9
Con cinque pilas tri , nella dimora della fede,10 hai
sbarrato la porta a migliaia di ingiustizie, e fat tane
l'edificio dell'universo, l'affidasti in le gato ai quattro
califfi: il fedele Abi"1 Bakr con veridicità ne fu guida,
'Omar, il savio, con discernimento tenne distante la
disunione, e il vecchio 'Othman, timorato di Dio, fu
condiscepolo a 'Ali, leone di DioY Tutti e quattro con
d ussero una sola battaglia furono il profumo di una
,
17
giacere n el sonno, la luna si è fatta sole nell' ansia di
vederti; Mercurio, segretario della Corte celeste, dal
foglio in cui è scritto i l divino decreto della tua ascen
sione ha cancellato i l segno del tuo arrestarti ; Venere
tiene u n vas s oio di auree monete sul capo in attesa che
la tua luce si l evi da oriente; il sole, con il volto di
cre sc en t e lunare ha fugato ogni disagio dal tuo cam
m ino; Marte, tuo fedele servitore e custode ha allon
tanato il m al occ h i o dalla tua strada; Saturno, col suo
nero st en dardo, s i è fatto tuo schiavo .18 Avere simili
servitori fra gli astri è condizione di felice riuscita !
Stanotte è la notte del destino, affrettati! Afferra il de
cr eto della notte del tuo d es t ino ! » .
O fausta notte c he come giorno illuminò il mondo
grazie al tuo incedere! Quella notte disegnasti la terra
con il compasso, della volta celeste tracciasti il quadra
to! Qu e l lampo cui era nome Boraq si ammansì per
consentirt i la cavalcata. S ul dorso di quella sella non
mai forata, divenisti vascello veloc e, cavalcando quel
l'unico destriero, rimanesti per via per la duplice ca
valcata di un g forno e una notte.
Gabriele si arrestò nell'accompagnarti, chiamato di
lontano; Michele ti pose sulle sue spalle conducendoti
a un'altra guida, Esrafil, caduto ai tuoi piedi, anche
lui si arrestò a m e t à del cammino ; il cuscino di seta
che ti era stato com pag no di strada, ti condusse al tro
no del Loto. E quando giungesti oltre il Loto del
Termine, sc rivest i fogli mai scritti, dallo spazio dei
sette tappeti g iun ge s ti al non spazio del Trono di Dio.
Per la luce da te sprigionata gli angeli r eggitori del
trono si fecero ombra. Volasti via dalla cortina del tro
no, lacerasti settanta veli, e allora tu fosti libero dal
peso di ogni farde llo , e abbandonasti corona e trono.
Chiu de st i il mercato d el la direzione, lib erandoti dal
la pressione del sotto e del sopra, p iantasti la tua tenda
al di fuori dei due mondi 'e ti ponesti nel nobile padi
glione del qabii qowseyn.19 Vedesti il sovrano in mae
stà, udisti parole di Verità, e c iò che udisti e vedesti
fu al di là di per c ezi on e e intell e tto .
18
Poi dalla vi c in an z a della divina maestà r i t ornast i se
condo il tuo volere: un gi a rd in o di r o s e sbocciava dal
la tua fronte, il sigillo della grazia divina era ne lla ma
nica della tua ve st e, riportav i il salvacondotto d e i li
beri per coloro che c o me noi sono pecc a tor i . Abbiamo
f o rse altro allogg io che come te sia regale, alla cui om
bra ripararci? Tu sei un sole s p lende n te , po ssiam o for
se s tupirc i se r i fulgi sopra di noi?
La tua saggez za è il mare della fortitudine, il tuo
luogo è i l cielo della p ro f e zia : senza di te la porta della
fortitudine agli uomini è rimas ta preclusa, più ancora
della porta della profezia .2° Chi si è d i stolt o dal s o tto
mettersi ai tuoi piedi, la fortuna si è a ll o n t an ata da
lu i, ma colui c he ti è s ott o me sso e fedele, co s tu i è
assi so in uno scenario di prosperità. I giardin i di
Eram, per t im or e e s pe ranz a di te, sono tributari del
tuo profumo.21 O tu che come era scritto s e i asceso ai
cieli e come un tes or o sei ricaduto sulla terra, del tuo
fulmineo perc o r s o nei cieli sciogli un segreto sopra
Nefami! P er quanto ancora res tar e nel velo del sonno?
Sorgi, getta via il velo dal volto, solleva il p es o di que
sta men sa dal d orso , discosta la cortina dal volto del
l ' o p era! Di qu el la Tavola che leggesti in principio,
getta un versetto nel nostro cuore, di q u ell a scienza
che ti fu data scrivi una lettera sul no s tr o registro! Sve
laci il nostro nome: siamo i dol atri o distruttori degli
idoli? O tu, graz ie a c ui la mia o pera s i c o mp i e , da te
proviene la forza del cu o re di Ne�ami! Di q uest o cuo
re, ti s u ppl ico, sii soddisfatto e in ter c edi per lui presso
Dio!
19
devo al mio canzoniere. Lo specchio della fortuna mi
era di fronte, il successo mi av eva adornato la chioma.
Il ma ttino aveva intrecciato una ghirlanda di rose ros
se, il giorno era fausto al mio animo.
Il mio cuore era una falena ebbra di luce, ero l'usi
gnolo del giar d ino e il giardino era inebriato del mio
can to : il vessillo era innalzato sulla vetta della parola,
puntato il calamo a vergare il volume d el l ' a rte , la pun
ta del c a l a m o pronta a infila re perle,23 la l i ng ua ad
esprimere concetti sottili.
Nella mia me nte pensavo: «Non è forse questo il
m om en to dell'opera, ora che la p r ospe rit à è mia com
pagna, la fortuna al mio fianco? Fin quando resterò
inoperoso, fin quando lontano dalle preoccupazioni
del mondo? Il tempo, che dal la pienezza ha fatto sca
turire la gioia, ha s ottrat t o ogni bene dall'anima vuo
ta: un cane affamato non in una strada vuota troverà
il pane t Solo s u l lo strumento del mondo si può com
porre una melodia, ché appagato nel mondo è soltanto
co l u i che è in accordo col mondo! M en t re lo specchio
cancella da ogni essere l a menzogna, ogni na t ur a che
aspiri alla diversità è disarmonica come un pannello
distorto! }>.
20
ga versi simili a perle preziose, voglio che nella tua
poesia tu riversi intatte primizie, simili alla vergine
Leyla. E affinché io possa leggere e recitare il tuo poe
ma, guarda qual è il bottino: io scuoto il capo accioc
ché tu veda il mio diadema!25 Con la tua penna di
sommo poeta componi un poema che sia la vetta di
mille poemi d'amore! Queste sono parole del sovrano,
a te conviene coniugare le tue parole alle sue! Adorna
la giovane sposa di un tesoro di gemme di Persia e
d'Arabia!26 Sai bene ch'io sono un conoscitore della
poesia, che ben so distinguere i versi vecchi dai nuovi!
E affinché l'oro puro dei tuoi versi rari e preziosi si
mostri, getta via l'oro falso! La nostra non è promessa
di Turchi, e versi di turca assonanza non sono degni
di noi: a colui che è di alti ascendenti, si addicono ele
vate parole I ». 27
21
luce, o acuto intelletto! Ma che fare se grande è il ti
more e ansioso il cuore? Quando angusto è il vestibolo
di una storia, le parole, nell'andare e venire, si usura
no! Vasto dev'essere il campo della parola, in poesia,
acciocché la sua cavalleresca natura vi si possa mostra
re! Ma da questi versi, tanto celebrati, lungi è un com
mento di gioia! Strumenti della poesia sono grazia e
letizia, da grazia e letizia il verso trae i suoi pretesti!
Ma da catene e follia che altro può scaturire se non
nude parole che attristano il cuore? In un cammino
che mi è ignoto, molti saranno i segni da tracciare.
Non vi è giardino o banchetto regale, non vi è suono
di liuto, né vino purpureo!28 Su aridi deserti e imper
vie montagne, fin quando potranno correre parole
d'infelicità? La parola, in poesia, deve accordarsi sulla
gioia, affinché il verso e la storia volteggino insieme I
Ma tanta era la tristezza di questa storia che fin dal
l'inizio nessuno ha mostrato inclinazione a cantarla: e
chi vi si è cimentato si è bruciato le ali, tanto che fi
no a oggi essa è rimasta non detta. Ma poiché il so
vrano del mondo m'invita a comporre questo libro
in suo nome, malgrado l'angusto cammino, colà, gra-·
ziosamente, io lo conduco, ché a cantarlo in pre se nza
di sua maestà gemme preziose siano sparse per via, e
il suo lettore, se pure ha il cuore di ghiaccio, se ne
innamori! ».
22
rivestirsi di pa n ni altrui, resta nuda : ornamento del
l ' a n ima soltanto dall'anima può t r ars i ! Colui che ha
dato vita agli umani è il tuo alito, e il figlio t u o, que
st'anima che ti è cara, il tuo confidente del cuor e . E
ora, a te spetta l' o per a dell' eloquio fluente, a me di
pregare che la fortuna ti sia c om p agn a ! ».
'
23
Inizio d e l la s toria
25
Con simile struggimento nel cuore, viveva piament e
elarg endo i suoi beni, le sue ricchezze invano riversan
do a fiumi, m i g lia ia di monete per il volto di luna di
un figlio : 35 gettava il s eme de l gelsom ino, ma il gelso
mino non germogliava . La p ienezza ricercava invano,
eppure in quella i
r c e rc a perseverava, ignaro che nel
venire tardi al mondo p uò celarsi un bene, ignaro che
quando ciò che desideri non av v iene è per il meglio
che non avviene. Quante v olte , un tesoro trovato, me
glio sarebbe stato non trovarlo mai ! Q u a nt e volte, me
glio una speranza delusa che una speranza esa u dita !
Il capo del filo del mistero è nell'invisibile: e non è
raro che il lucchetto, a chi sappia g u arda rl o si riveli ,
la chiave !
Ed ecco, mentre egli continuava a n u trire quel de
siderio, simile a chi, ansioso, ricerchi un rubino, il Si
gnore r i com p e n s ò il suo umile i m p l orare facendogli
dono di un figl io. Era b el l o · come una rosa appena
sbocciata, come un ridente m el ogra no : no, m ille rose,
mille mel ograni ! G e mma fu lgent e di luce che il lu mi
na come giorno la notte nel pal azz o del mondo !
Alla vista di quel figlio meravi g lioso, il padre spa
lancò le porte del suo tes oro, p er la felicità come una
rosa prese a spargere gemme.
Il p iccolo fu affidato a una n u t ri c e per all ev ar l o fin
ché non fosse sv e zz at o. O gni goccia di latte era come
se i mpri m e s s e in lui una lettera della parola « fedel
tà », ogni frammento di cibo in lui s i trasformava in
tenerezza, ogni segno color indaco t rac ciato sulle sue
guance contro il malocchio,36 era già come un incante
simo d'amore i mpresso sul suo cuore. Allorché la sua
piccola bocca di tulipano si inumidiva di latte, egua
gliava una turgida foglia cli gelsomino, e avresti detto
che per il la t te le sue lab b ra fossero miele : nella culla
era b e llo come la luna nel mezzo della sua celeste let
tiga.37
Non erano trascorse due settimane dalla s u a nasci
ta e già la sua be l l ezza era al colmo: la p er fe z ion e lo
coronò quando gli venne imposto il nome Qeys.38
26
Compì un anno e la sua bellezza si accrebbe ancora,
l'amore che era in lui gli donava il ful gore di una
gemma. Crebbe così per alcuni anni, nei giochi e nella
gioia, nei giardini d ella tenerezza . Compiuto che ebbe
il settimo anno, le sue guance d i tulipano si adornaro
no della prima p eluria e all ' età di d ieci anni39 le sue
fattezze addirittura ammalia vano e chiunque vedesse
pur di lontano il suo volto invocava su di lui la prote
zione del cielo.
I l padre dispose allora d i affidarlo a un dotto mae
stro, un severo maestro che incuteva timore agli allie
vi, sempre assorti in studio e lezio n i . L ' arte di Qeys
nella lettura, quelle labbra d i rub in o che spargevano
perle,40 lo res ero superiore ben presto ai compagni di
ogni altra tri b ù : nessuno sapeva e guagliarlo nell' infi
lare simili fili di perle.
Anche alcune giovinette, di nobile stirpe, erano con
venute in quel luogo per studiare e apprendere .
E fra di esse ve n' era una d'impareggiabile bellezza :
una luna, una bambola, un tenero svettante cipresso,
una p iccol a b ella che soltanto con uno sguardo furtivo
avreb b e trafitto non uno ma m ille cuori : occhi di gaz
zella che con un solo batter di ciglia avrebbero potuto
annientar e il mondo intero.
La sua b ellezza era araba, i l suo fasc ino quello di
un giovane paggio persiano : il suo volto risplendeva
come una lampada sotto il nero notturno dei capelli,
una fiaccola sotto le ali di un corvo. Dalla minuscola
bocca flu iva un torrente di dolcezze : e chi mai potreb
be immaginare che con lo zucchero possano vin c ers i
eserciti?41
Dall'arco del mento alla dolce convessità della fron
te, alle volute dei riccioli ambrati, la natura era stata
prodiga di doni con lei. Dal laccio r icurvo della trec
c ia alla rotondità del neo,42 s i moltiplicavano le gemme
d ella sua bellezza . N el cuore di ognuno era amore per
lei : notturna era la sua chioma e L eyla il suo nome . 43
Qeys non appena la vide l ' amò, il suo cuore ven-
27
dette all'amore. E anche in lei pa l pitò l'amore per
Qeys .
G iunse l'amore e co l mò loro il calice di vino : e quel
solo calice li inebriò . Quand ' ebbero colto la rosa pro
fumata de l l ' a m or e , vollero assaporare il suo profumo
ogni giorno: l ' uno rapito dalla bellezza dell'altro, il
cuore stordito e pur senza perdere i sensi, perd u ta
mente innamorati in uno struggimento che mai s i
estingueva .
Gli altri erano intenti nella lettura, loro erano as
so rti nella tenerezza ;
gli altri im pa ra vano a scrivere in arabo, loro scriveva
no in una lingua diversa ;
gli al t ri studiavano s u i libri, l oro apprendevano l'a
more;
gli altri imparavano le concordanze, loro ascoltavano
l'accordo dei propri cuori ;
gli altri contavano, numeri e numeri, per loro null'al
tro che se stessi contava.
28
velo fu lacerato da ogni parte, il segreto fu udito in
ogni strada. Quello che era miracolo divenne favola
sulla bocca di tutti. Tentarono di dissimularlo, affin
ché il segreto non trapelasse; ma se anche non stilla
una goccia dal sacchetto di muschio, è l'intens ità del
suo profumo a rivelarlo!45
Qualcuno che sepp e di quell'amore, dalla sua bel
lezza sollevò il velo. Pazientarono, tentarono di resi
stere , per proteggere il loro amore svelato: ma può
forse essere paziente chi ama? Il sole non può nascon
dersi sotto la creta! Spiato da mille occhi, come può
rimanere celato un segreto? E di fronte a mille ric
cioli che incatenano, che altro resta se non farsi avvin
cere dall e catene d'amore?
Da quell'istante, da quando furono costretti a guar
darsi intorno, non poterono più scambiarsi che sguar
di rubati. Qeys impazzì, le caten e d'amore lo avvinse
ro. Folle d'amore, in alcun luogo poté più trovare ri
poso. Era ancora insieme al suo idolo, ma l'inquietu
dine era ormai penetrata dentro di lui . I l suo cuore si
ammalò e perse · il senno: la bisaccia si lacerò e l'asino
cadd e . 46 E quelli che mai come lui erano prec ip itati
n ella follia gli posero nome Majnùn.47 Lui stesso, con
l'ind igenza del suo aspetto, di quel nome dava testimo
nianza . Dapprima mormorarono, poi se ne fecero bef
fe, infine al Folle d'amore celarono la luna nuova ;43
p ri ma la azzannarono come cani, poi dalla gazzella se
pararono il tenero agnello.
Leyla, privata di Majnùn, versò dagli occhi fiumi di
p erle preziose; Maj nùn, quando gli fu precluso il vol
to di Leyla, versò un diluvio di traboccanti lacrime .
Si aggirava per strade e bazar, il volto in lacrime, il
cuore colmo d i tormento, e declamava versi di dolore,
declamava come gli amanti, piangendo. E gli altri da
ogni parte lo tempestavano : « Majnùn ! Majnun ! » . E
lui allora, veramente allentava le briglie alla follia.
Si sforzò di celare il segreto del cuore, ma l'incendio
del cuor e chi può soffocarlo?
Lu i nel dolore per l'amata, l'amata lontano da lui;
29
il c uore gonfio di dolore, il conforto del suo dolore
lontano da l u i . Come una can dela, aveva rinunciato al
sonno, il giorno non aveva quie te e la notte vegliava .
Vagava in preda ai tormenti, invano cercando un far
maco per il corpo e p er l'anima. Con quella sola spe
ranza leniva il dolore, con qu ella sola speranza pog
giava il capo sul guancial e .
All'alba, o g n i giorno , scalzo correva n e l deserto ; lui
schiavo d ' amore, la sua amata p rigioniera, paghi am
b edue del profumo l'uno dell' altro . Ogni notte, can
tando versi n el dolore della s eparazione, veloce come
un jinn49 raggiungeva in segreto la dimora dell' amata,
n e baciava la soglia e tornava indietro; ma lungo era
il ritorno. All'andata volava come il vento del nord, il
ritorno era come durasse un anno intero ; all' andata
bru ciava m iglia, al ritorno era come se avesse spine sul
suo cammino; all' andata correva come acqua che si
vèrsa in un pozzo, il ritorno era irto di asperità. I suoi
piedi erano ricoperti di vesciche all'andata, ma era co
m e se fosse in sella a un fulmineo destriero mentr e
c orr eva v erso l ' amata ; m a quando faceva ritorno verso
l ' aria malsana di casa sua era come se il vento lo so
spingesse e un pozzo gli sbarrasse il cammino . P erché
r itornare? Se il destino avesse esaudito il suo desiderio,
a casa sua mai più avrebb e fatto ritorno .
30
natore degli onagri, espugnatore dei castelli della ten
tazione, difensore del convento indifeso : 50 Majnun,
l'estraniato, il cuore trafitto, era sconvolto come un
oceano in tempesta .
Ogni giorno, al chiarore dell'alba, insieme agli ulti
mi amici che gli erano rimasti vicini, vagava intorno
all'accampamento dell'amata. All'infuori del nome di
Leyla null'altro ascoltava dei discorsi che udiva; chiun
que parlasse d'altro, non sentiva, non dava risposta.
La tribù di Leyla aveva fissato i suoi accampamenti
fra i monti del Naj d,51 e in nessun altro luogo poteva
restare Maj nun. Il fuoco dell'amore e l ' intensità del
suo tormento non gli consentivano di sopravvivere in
altro luogo. Vagava fra quelle montagne, cadendo e
rialzandosi come un ubriaco, declamando versi e cor
rendo da una parte e dall'altra; finché una volta, gli
occhi colmi di lacrime, così si rivolse al vento dell' est:
« O vento dell'est, levati all'alba, e sospeso fra i ric
31
che m' incatena. O mia luna, è stato certo il malocchio
a separarmi tanto improvvisamente da te! Sì, che altro
se non il malocchio può avermi fatto sfuggire di mano
un f u lgid o frutto maturo come te? Il destino ha pun
tato il d i t o e ha inflitto una ferita mortale. È per di
fesa dagli sguardi malvagi, lo sai, che tracciano segni
c o lor indaco sulle guance dei neonati ; è per schermarsi
che il sole si tinge il volto d'azzurro, il suo eclissarsi è
difesa dalla ferita dell' occhio malvagio ! Poiché il mon
do in ogni mo d o tenta di sottrarti il tesoro che non sia
p rotetto da un velo ! » .54
"
32
o
33
scorreva l' intera notte cantando versi d'amore : fuggi
va da casa e ca n t a n do vagava per le montagne del
N aj d .
Anche gli ultimi amici lo abbandonarono, ora che
si agg i rava nudo,62 ot t en e brato dalla follia. La ruota
del destino aveva gi rat o e ora nell' ignominia era dive
nuto favola s ull a bocca di tutti. Anche gli amici lo
b i asimavano e infelice era suo padre all'udire quel che
s i raccontava d i lui.
Lo consigliarono ma non ascoltò, gli parlarono ma
non udì . C ' è forse posto p er i saggi consigli là dove è
entrato l a m o r e ?
'
34
pronti a difenderlo e poterlo fare sarebbe stato per
loro un onore.65
« Ciò che sono venuto a chiedervi » rispose loro
Sayyed 'A.meri « non ha a che fare con la guerra; ciò
che io vi chiedo reca in sé la luce dell'amicizia » e ri
volto al padre della fanciulla proseguì : « Io desidero
che i nostri figli possano unirsi in matrimonio; il cuo
re assetato del figlio del deserto ha posto lo sguardo
sulla tua fonte e solo quando l'assetato può attingere
alla sorgente da cui sgorga l'acqua della grazia può ri
sanarsi. Ecco perché sono qui, e non ho certo da ver
gognarmi per ciò che ti chiedo. Tu ben conosci la
fama di cui godo in Arabia, sai che possiedo immensi
tesori e immenso seguito, strumenti di amicizia e di
vendetta; ora io sono qui per comprare, se sei un in
tenditore non rifiutarti di vendere la tua merce. Qua
lunque sia il prezzo che chiederai, troverai in me il
miglior compratore. Qualunque tesoro essa possa va
lere, vendila ora che è il suo momento ! » .66
Quando l ' eloquente discorso fu terminato, così gli
rispose il padre di Leyla: « L e tue parole non si accor
dano con i miei intendimenti; tu parli così ma il cielo
ha i suoi disegni e se anche le tue parole sono eloquen
ti non basterebb ero a soffocare il fuoco della maldi
cenza. Tu non hai contato che l'amicizia, ma le insi
die del nemico sono infinite. S e anche tuo figlio è
adorno di ogni ornamento, la sua stravaganza non pro
mette nulla di buono, la sua follia è man ifesta e non
si conviene a un mio pari dare in sposa la figlia ad un
folle. I nvoca dunque il soccorso divino con la preghie
ra, e quando il Signore ti avrà concesso la sua guari
gion e, allora vieni pure a parlarmi di matrimonio ! Ma
finché tuo figlio non avrà ritrovato il senno , non vo
glio più udire una sola parola di questa storia. Non è
lecito scamb iare una merce buona con una cattiva,
non è lecito incastonare in uno stesso monile una gem
ma purissima e una pietra macchiata! Sai b ene quanto
gli Arabi considerebbero ciò vergognoso; immagina
35
cosa si direbbe di me se accettassi un s imile pa t t o !
O rs ù , d i ment i ca le p ar ole c h e mi h a i dett o ! » .
Così rispose il padre di Leyla e tacque. N ull'altro
rimase ai Baml '.Amer se non la via del ritorno. Delu s i
ripercorsero i propri passi, offesi r itornarono alle pro
prie d i m ore ; ciascuno in cuor suo era infelice come
uno straniero, ciascuno sentiva l'oltraggio di quelle
parole.
Cercando allora un farmaco p er il Folle d'amore,
presero· ad esortarlo, e s u l fuoco gettarono spine d i
cendo : « Qui, in mezzo alla tua gente, puoi trovare
ben altra sposa, qui ti è consentito scegliere fra id o l i
lab bra di rubino, l o b i di perla che emanano
delizìosi,
profumo d i muschio e d ' ambra, fanciulle vestite di
puri lini d ' Egitto, più soavi della primavera ! D i fron
te a tante b el l ezz e che pu o i trovare fra la tua gente,
p e rch é adorare una stran iera? Scegli, suvvia, noi non
desideriamo altro per te che un idolo pieno di grazie,
una compagna che ti accarezzi l'animo, che si accordi
con te come i l latte col miele! ».
Disperazione di .Majnun
36
d irezione il nome di Leylà, la candida veste strappata,
il corpo discinto, precipitato n ell'abiezione, senza più
discernere il bene dal male, cantava canti d'amore a
diletto dell'astro dello Yemen .1° E ogni verso che pro
nunciava si imprimeva nella m emoria di chi lo ascol
tava come un marchio d i fuoco ; la gente lo seguiva in
preda a stup efazione e chiunque lo incòntrava non po
teva impedirsi di versare lacrime su d i lu i .
Ormai non aveva più nulla i n comune con gl i altri
uomini, era come se dal libro del mondo avesse can
cellato il suo nome, non era morto e non apparteneva
più ai vivi. Era precipitato sulla dura pi etra, sprege
vole come argilla, e una pietra era precipitata sul suo
cuore . Fra quelle du e pietre il suo cand ido corpo era
schiacciato dal dolore. Era simile a un cero consuma -
to, a un colombo separato dalla compagna; il suo cuo
re ardeva del marchio di fuoco del dolore, il suo viso
era ricoperto di polvere.
Quando fu esausto di quel supplizio, uscì dalla mol
titudine e si isolò. Srotolò la sua stuoia e vi sede tte, e
nel lamento lasciò fluire il dolore : « Ahimè, che fare,
dove trovare un farmaco p er il m io dolore? Vago lon
tano dalla mia casa, tanto da non sapere più la strada
p er ritornarv i ; non c'è monastero cu i chiedere asilo ,
non c ' è via per raggiungere la dimora d e l l a mia amata;
il calice d el buon nome si è ormai frantumato sulla
dura pietra; il tamburo, annunciatore di gioia, è lace
rato e non resta che il tamburo dell'addio. O Turca,7t
di cui io sono la debole preda, delle cui frecce d i piop
po io sono il bersaglio, tu sei l 'amica cui la mia anima
è sottomessa, presso la quale io intercedo per essere uc
ciso. Se mi vuoi ebbro, io lo sono , se m i vuoi pazzo
d'amore, io lo sono: non c'è catena che possa placarmi .
A tal punto sono prostrato che i miei occhi non po
tranno più vedermi risorgere . O terra, potessi inghiot
tirmi tu che mi hai distrutto ! Oh, volesse il cielo che
un fulmine violento, schiantandosi su cli me, bruc iasse
in sieme la casa e tutto ciò che è dentro di essa! Perché
un fuoco non d ivampa, che trascin i via la tristezza da
37
me insieme con la mia vita? N essuno che mi getti nelle
fauci d i un drago e liberi il mondo dalla mia ignomi
n ia ? I o ignobile c r ea tur a , io folle agli occhi della gen- ·
38
dei tormenti di chi soffre : chi è sazio e davanti all'af
famato imbandisce una mensa, educato assaggia anche
lui un po' di cibo, ma conosc e forse la fame? Soltanto
colui che mette la mano senza paura nel fuoco, cono
sce l ' a rd or e del fuoco .
« Ma non siamo ambedue esseri umani? Che dico, io
sono una s p in a , tu u n r a m o fiorito: e d ov e mai l'arse
n ico può av e re il v alor e d ell'oro? O conforto della mia
anima, dimmi, dove sei? Che senso ha porta'.rmi via la
vita così? All ' infuori d el l ' a mo r e che nutre per te, la
colpa del mio cuore che implora p erd o n o, qual è? Sii
con m e una sola notte fra m i ll e, agisci per una sola
volta con equità e non rifiutarti di e s aud ire il m io de
siderio ! La colpa di qu e s t o peccato r icadrà tutta sulla
mia anima . Qu esto miserab ile che ha perduto tutto,
cui non è rimasto nemmeno il nome della miseria,
spasima per te! S e il fuoco della tua ira infuria, gettac i
l ' a cq ua d e l l e m i e lacrime per placarlo ! O m ia luna
nuova, i o sono un astro che i l tuo sguardo ha fatt o im
pa zzi re . Persino alla mia ombra non chiedo di te, per
ché t emo che sia mia r ival e ; e tu anche la tua ombra
hai separato da me. Mi hai rapito il c uore e la vita:
questo non è un gioco innocente, ma un gioco crudele.
« E cosa mi è stato dato in c amb io del su p pli zi o che
ha posto i l mio nome sull a bocca di tutti? Null'altro
che vano d olore . Ma sebbene m i sia preclusa l' unione
con te, io non soffro finché vivo nella speranza. Ma
qu a l e sp eranza? È s im i l e a quella di un bimbo assetato
che vede in sogno una mano porgergli un calice d'oro
colmo di fresca acqua, ma al risveglio tutto è scom
parso e non gli resta che suggersi il d i to .
« Eppure , nulla esiste che possa strapparmi dal cuo
re il mio amore per te : è un segreto che nessuno può
decifrare, u n segreto che è entrato a far parte di me
con il latte materno e che solo mi ab ba ndone r à quan
do la vita mi avrà abbandonato » .
Così d iss e e cadde n ella polver e ; e tutti coloro che
avevano a s c ol tat o le sue parole piansero. Poi lo raccol
sero p ietosamente e lo ricondussero alla casa paterna.
39
L'amore che non è e t e rn o è gioco, è giovanile p ia
cere dei sensi ; amore è quello che mai non muta, amo
re è q uello che n on ha fin e ; amore non è vana follia',
non è gioco e illusione. M aj nun, che ha legato il suo
nome all' amore, dell'amore ha raggiunto la conoscen
za su bli me ; e finché è vissuto s u q uesta terra ne ha
portato il fardell o . Il suo amore è stato come una rosa
profumata. E anche ora che la rosa è svanita, una goc
cia del suo profumo persiste, e ancora, sappi, il profu
mo d i q uella rosa mi è dolce.
40
presenza della Ka'ba e si prosternò : una pro fusione
d ' oro elargì in elemosine, auree monete gli mulinava
no intorno come una temp esta di sabbia.
N on app ena lo splendore della Ka'ba fu d ava n ti ai
suoi occhi, l'ansia lo assalì di ve d er e esaudito il suo
voto . Dolcemente pre s e i l figl i o per m ano e con dottalo
all'ombra della Ka'ba così prese a dirgli: « Figlio mio,
eccoci al luogo in cui ogni gioco p er v ie ne al s u o ter
min e . Affrettati, poiché solo qu i, al cosp etto del sacro
tempio, potrai salvarti. Intorno alla Ka'ba congiungi
le mani affinché tu p os sa essere liberato dalle catene
del do l o re e p r o n u ncia queste parole : Mio S ign ore, "
41
della mia vita e aggiu ngil o alla sua vita ! Se anche il
dolore m i ha reso più sottile di uno dei suoi capelli
di seta, io neanche un capello l e torcerei . Che essa mi
p u n i sca e m i mortifichi, purché il mio calice non sia
mai vuoto del suo v i no purché il mio nome non sia
,
mai privo del suo sigillo! Possa la mia vita essere im
molata alla sua bellezza, e il mio sangue innocente es
sere l egitt im a m e n t e versato per lei ! E se per lei io mi
estinguo come un c ero che io non trascorra giorno
,
43
Il lupo sa avere la forza di un leone, ma vale pm
una volpe di un lupo che è sazio : un falcone che non
ha bisogno d i cibo non va a caccia di pernic i ! Mentre
all' affamato s embra buono anche un po' di pane raf
fermo, per chi è sazio anche il pane più squisito che
vale? Quando la natura si accende p er l'a pp etito, an
che il duro miglio appare tenero, mentre il twlva', che
p er tutti è un dolce squisito, per chi è afflitto da vo
mito non è che veleno!
M ajnun, che alle dolcezze della vita non aveva par
te, assaggiava dei cibi che gli donavano come fosse ve
leno. Ma no, il suo dolore , per quanto estremo non
era tale da potersene addolorare : quel dolore gli con
sentiva di essere libero dalle catene d i s é .
Soffriva ricercando un tesoro per raggiungere il qua
le non trovava la via .
Ed ecco che cosa accadd e . Fortuna volle che un uo
m o d ella tribù dei Banù Sa'd si trovasse a passare di
44
Il padre d is perato di fronte a ciò che gli si svela va,
abbandonò la cura degli affari del regno e partì alla ri-
erca del fi gl io . Dopo lunghe ricerche lo trovò infine
in un angolo desolato, riverso sul la dura pietra che
cantava sommessamente versi d'amore alternandoli a
tenu i lam enti e intanto versava lacrime co c en t i , ora
alzandosi ora abbattendosi al suolo q ua si a simboleg
g·iare il proprio destino . Del vino d e ll estasi era ebbro
'
45
« Ma tu non sei ancora stanco di soffrire e di subire
47
Non per suo voler e l'ombra si cala nel fondo del poz
zo , né per propria sce l ta la luna s i innalza fino allo
zenit nella volta celeste ! Dovunque tu guardi intorno
a te, dall'elefante alla formica, nessun essere ti sarà
dato incontrare che non soggiaccia alla forza del suo
destino.77 Dunque, chi mai potrà alleviare il peso che
opprime il mio cuore? Chi m·a i potrà affrancarmi dalla
ca t tiva stella che mi persegu ita? Chi può cancellare la
propria sfortuna? Se avessi il potere di farlo, io sarei
sole e luna i Ma po iché tu tto ciò non avviene per no
stra scelta, non sta a noi m igliorarlo. Felice non posso
vivere: io sono infelice. Come il lampo io temo il sor
r i so di fuoco delle mie labbra. M i dicono : " Perché
non sorridi ? Il pianto è stendardo di dolor e ! ". Ma io
temo che se lasciassi s p rigi onare la gioia del sorriso,
sarebbe fuoco a u sc ir fuori dalle mie labbra !
« Rifletti sulla storia di quella p ernice, che nel b ec
Descrizione di Leylii
49
ze, tesoriera e insieme ladra di tesori, da' ornamento
a ll e vesti di s e ta , offri u n capitale ai m ercanti di zuc
c her o ! O tia ra di mille p erle preziose, catena d i mi
gliaia di folli d'amore!80
Leyla era un miracolo di b ellezza e bontà, Leyla era
il polo della santità; dal bocciolo era emerso un fre
sco, sp lendido frutto, i l dritto cipresso si era slanciato,
il ro ss o rubino del suo dattero si era fatto ancor pi ù
maturo .81 Cresceva incendiando cuori, in virtù dei suoi
occhi in can ta t or i anche un solo sguardo furtivo l a ren
deva p a dro na di cento reami, e a suo piacimento avreb
be s acch e gg i a t o Arabi e Turchi. E come la preda
avreb be potuto sfuggirle? Con lo sguardo catturava,
con il r icciolo incatenava . Quegli occhi vellutati pre
davano muschio e gazz e lle , 82 quei riccioli inanellati, al
tempo della caccia, serravano in vincoli anche i leoni .
Le sue g u an ce spargevano rose, le s u e labbra sparge
vano miele, e chiunque p osasse lo sguardo su di lei
i n nal zav a u n i n no di lodi alla sua dolcezza .
A migl i ai a e .ran o p e rsi d'amore per quella soavissi
ma rosa, la sua treccia percorreva il cammino di chi
anelava a i suoi baci, mentre i suoi occhi dicevano :
« Possa lddio essere gen ero s o con t e ! » .83 Il laccio del
52
ol vermiglio del tulipano e il giallo d ella rosa la terra
i nnalzò uno stendardo b icolore .
I l tenero prato stillava umide perle di smeraldo, il
t ulipano punteggiava di macchie nere il foglio di cina
bro, le lunghe trecce delle v iolette si rincorrevano co
me per gioco, mentre il bocciolo di rosa serrava la sua
intura e con le spine lanciava frecce acuminate ; la
rosa avvolta di broccato di seta aveva imprigionato il
vento, la n infea, rosata dai raggi del sole, aveva depo
sto sull'acqua lo scudo da guerra, il giacinto dischiu
d eva il sacchetto di muschio e la rosa tentava di rapir
glielo ; il bosso si p ettinava i riccioli, mentre il melo
grano era intento a spargere i semi dei suoi frutti .92
Il narciso, arrossato dall' ebbrezza, febbric itante si
d estava d i soprassalto dal sonno,93 per il calore del sole
gocce color vino stillavano dalle vene dell'albero di
Giuda, e nell'argentea fonte d el gelsomino la rosellina
selvatica si rinfrescava le foglie ; la rosa guardava in
torno timorosa e si pavoneggiava non scorgendo rivali ,
l' iris brandiva l a spada verso i l ciel o .
I l confuso cinguettio degli uccelli inondava il giar
dino : la p ernice e la tortora con il loro canto eccita
vano l'ardore del cuore, i colomb i sul platano tuba
vano parole d'amore, l'usignolo sul ramo più alto can
tava gemendo come Maj nun, e intanto la rosa, come
Leyla dalla lettiga, sollevava lo sguardo verso di lu i .94
Al tempo delle rose, in un tale splendore, Leyla dai
suoi appartamenti uscì nel giardino. Annodati i rie·
cioli n eri, irrorata la fiorente violetta,95 in mezzo alle
sue compagne era simile a una perla incastonata nel
centro di un monile prezioso ; circondata di divine fan
ciulle come una vergine paradisiaca, era tale la sua
bellezza quando prese a incedere nel giardino, da invo·
care i l cielo che il malocchio le rimanesse lontano .
Era forse uscita per ristorare gli occhi con il verde
di quel giardino, o per sedere all'ombra rosseggiante
della rosa? Per sorseggiare un fresco calice insieme al
narciso e il vino con il tulipano?96 P er dare i riccioli
della sua treccia alla violetta, o lo splendore delle sue
53
guance di rosa alla rosa? Forse per insegnare l'arte del
cavalcare al cipresso, o al bianco ge ls omin o donare il
suo c an dor e ? O forse, come r egi na del gi ar din o per ,
54
ole che da fuori si levò una voce : qualcuno cantava
un ghazal, b ello come una perla preziosa, versi compo
' L i da Majniin :
« Maj n un è sommerso dal dolore, Leyla può forse
ignorare il suo dolore? Majniin ha il cuore straziato,
Leyla può torturare un cuore straziato? MajnUn è lace
rato dai rovi, Leyla può forse dormire su morbida se
ta? Maj niin sospira con mille lamenti, Leyla può avere
pensieri di gioia, Majniin patisce il marchio di fuoco
del dolore, Leyla p uò rinfrescarsi l'anima nel giardi
no di primavera? Maj nun è stretto nell' angustia, Leyla
sorride, Maj n un ha il cuore straziato dalla separazio
n e, come può Leyla vivere in pace e letizia? » .
Pianse Leyla alle parol e di quel ghazal, pianse tanto
d a intenerire persino le pietre.
Ed ecco che una fanciulla del suo segt'lito furtiva
mente la vide, vide in che stato era per il dolore della
separazion e , vide a qual p unto era vinta d'amore, e
q uando rientrarono, quando la perla si fu ritratta soli
taria nella conchiglia, colei che conosceva il segreto
alla madre di lei confidò c iò che aveva veduto, implo
rando di colmarla d i tenerezze, di assister la e di tro
vare un farmaco per lenirne il d isperato dolore. La
madre, turbata da quelle parole, ne restò stupefatta e
s marrita, simile a un uccello caduto in trappola. E così
ragionava dentro di sé : « Non posso lasciarla fare, fi
n irà col p erdere il senno, ma s e l'ammonisco e le ad
dito la via della pazienza, for se non sarà in grado d i
sostenerlo, e anche i o allora n e sarò sopraffatta! » .
P iangeva la madre sulle lacrime della figlia e infelice
gemeva e pazientava.
E intanto Leyla, asserragliata come un tesoro, luna
offuscata da nubi d' infelicità, segretamente ingoiava le
spade acuminate del dolore .
55
Ebn Salam chiede la mano di Ley la
56
manca molto a che la promessa si adempia, a che il
bocciolo si schiuda, a che l e spine siano allontanate dal
suo giardino. Allora cingeremo il suo collo di un aureo
monile e te l'affideremo in sposa ».
57
le bocche di quelle caverne gli apparve un essere che
vaneggiava per il dolore, un infelice abbandonato da
gli uomini e lui stesso non più essere umano, bensì
animale selvatico c ircondato da animali selvatici .
Nowfal si informò di chi fosse quell'infelice e do
mandò quale fosse la cagione del suo stato. Gli dissero :
« P er amore di una fanciulla è sprofondato nella me
58
l nguisca come un cero che si estingue, io ti farò giu
iz ia, col vigore del mio braccio e con le mie ricchez-
1e: foss'anche un usignolo e a volo fuggisse n ell'aria,
i la catturere i ; foss'anche una favilla celata nella roc
ia, io l'agguantere i . Finché quella luna non sarà tua
·ompagna non deporrò le armi, non cesserò di andare
a l la sua ricerca ».
59
rarti dalla tua follia! Acquetati, te ne supp l ico , alme
n o per qua l che giorno ra s s ere na il tuo cuore ! A te sta
di spegnere l ' incendio del cu or e , a me di spezzare la
ferrea c atena ! » .
D i fronte a quel l ' elisir, i l F ol le comprese che soltan
to nel berlo era una via di salve zza . S i acquetò e fugò
dal suo animo il turbamento, esaudendo il desiderio
di N owfa l . D ivenne qu i eto e paziente, quella promes
sa gli aveva pl a ca to l' incendio del cuore. Prontamente
accettò di seguirlo nella sua dimora : s i ristorò con un
bagno e .indossò una veste, r ip osò e sorseggiò un calice
di vino ; alla maniera degli Arabi avvolse il capo in
un tur ban te e insieme all' amico sedette a mensa,106
a s col t and o musica e dec la m an d o squisiti versi d ' amore
p er la bellezza del suo i d o lo, mentre N owfal lo c ol
mava di ogni premura. I l pa l lor e delle sue guance
trapa ssò nella tinta accesa dell' arghavan, la sua figura
ormai curva si e re ss e come un cipresso, e la linea color
del musc h i o dei suoi capelli d i segn ò volute intorno
alla ro to n d i t à del suo viso . A quella rosa che deliziava
l ' anima il vento ora restituiva tutto ciò che prima ave
va sottratto . Tornò a sorridere l um inos o come il mat
t ino , il sole tornò a mos t rar e i suoi denti di per la . I l
folle del deserto divenne savio . S i ristorò n ella frescura
del giardino, in mano un ca li c e di rosa purpurea. E fu
così che M aj nu n , in que lla quiete serena, d ivenne
c ommen sale raffinato e sagace.
Il suo eccellente o sp i t e lo co lm a va di ogn i at t e n zio
ne, non faceva nulla senza averlo vicino, non b eveva
che per la bellezza del suo volto . E fu così che ebbri e
s p e n s i erati trascorsero alcuni m esi .
60
rn n t i non è minore il dolore di chi soffre ! Tu al vento
i n gannevole ha:i abbandonato ogni mia speranz a : dopo
vermi offerto mille promesse, non a una sola parola
h a i tenuto fede ! Ho accettato di bere insieme a te, ho
cettato d i divenire immemore, e t u m i hai condotto
v i a con le lusinghe, deponendo una promessa nelle
mani di un disperato . Mi dicesti parole da amico leale,
m a oggi la tua lingua tac e : ho udito dalle tue labbra
m igl iaia d i parole, ma non un solo fatto hanno veduto
i miei occhi ! La mia sopportazione è ormai al termine,
i l senno è sul punto di fuggire. Adempi alle tue pro
m esse, o me ne andrò via p er sempre ! D imostrare cuo
re e non averne, parlare e non agire, son cose ben lun
g i da un animo nobil e : i veri amici sanno dare pro
ve ben m igliori d i queste. Sono estenuato e dolente,
s nza l'amata simile a un assetato cui l'acqua d i vita
preclusa : dare acqua all'assetato non è forse un do
vere? Soccorrere il derelitto non è forse un dovere?
Adempi alle tue promesse, oppure sappi, io sprofon
d erò di n uovo nella follia ! Conducimi Leyla, o non ci
sarà più vita per me! ».
61
di c a r ezz e e d ' amo r e e da lui i n t end o condurla . Possa
a colui che è morente di sete giungere infine il refr i
gerio dell'acqua e possa chi gli offre l'acqua averne
mercede ! » .
Il messo fece ri t orno con questa r i s p o s t a : « Non così
p o t rai ottenere ciò che d es ider i . È fors e Leyla un frut
to zuccherino su cui chiunque possa a l l u nga r e una
mano? No, Leyla è la luna nel suo fulgore e a chi è
concesso arrivare a s fior a re la luna? N o , certo non sarai
tu a giu nger e a tanto! Tu, demone r e i e tt o , vuoi forse
competere con una c om et a? 107 Sguaina pure la spada,
noi sguaineremo le nostre, lancia su di noi dard i in
fuocati, noi ti risponderem o ! ».
62
uc i t ato r e di morte aveva la punta acuminata e so tt i l e
· me i capelli dei De y lamiti,108 e lo s t en d ardo fiarn-
1 n eggiava co m e il sole del ma tt i n o S imili a neri l eo n i
.
63
prendere, a me dare la vita. Poiché così poco io tengo
alla mia vita , quale pietà p osso nutrire per voi? » .
Simile a u n elefante infuriato Nowfal si aggirava se
m inando la morte n el campo nemico : ogni sua freccia
rapiva una vita, ogni suo assalto produceva sterminio,
dovun q ue brandiva la spada volavano teste, dovunque
giungeva scorreva il sangue.
Quando la chioma del c i elo notturno cosparse d'am
bra la front e d el giorno;109 i due eserciti si divisero,
abbandonarono il campo e si ritirarono per il sonn o .
M a quando i l n ero serpente della notte si ritrasse e il
drago del crepuscolo sorrise, nelle mani dei guerrier i
tornarono a volteggiare l e rapide lance e intorno al
l'accampamento di Leyla una moltitudine si addensò,
simile a una montagna. C ircondarono da ogni lato
l' eserc i to di Nowfal preparandosi ad aggredirlo con
una pioggia di frecce. N owfal, visto un siffatto eserci
to, comprese che non c ' era altra via se non un accordo
di pace. E così inviò un messaggero a proporre una
tregua: « N on è più tempo di duellare, il messaggio
che ora ti invio è messaggio di pace. È per un giovane
avvinto dalle catene d' amore che io vi chiedo quel
l ' incantevole creatura, e in cambio sono disposto a o f
frirvi carichi e carichi delle mie ricchezze. È un atto
di pietà, e se questo accordo vi fosse accetto, le vostre
parol e di assenso suonerebbero mille volte p i ù dolc i
delle mie. Ma se a nessun patto intendete cedere quel
la dolce fanciulla, allora non costr ingeteci a batterci
ancora con voi ! S e non volete accordarvi, a che fine
continuare a incrociare le spade? » .
Quando il messo ebbe portato a destinazione il mes
saggio di pace i due eserciti s i divisero. Udite le reci
p roche volontà i contendenti si ritirarono e abbando
narono ogni proposito d i vendetta. Giunse la pace, con
lo scettro in mano, e la gu erra lasciò libero il campo.
64
Pa rticolare della tav . 1 .
Majnun rimprovera nuovamente Nowfa l
65
Seco n d o com ba t t imen to di No wfal
66
[ ore, piangendo e implorando : « Signore, non essere
1 1 iq uo! I l tuo avversario è a i tuoi p iedi, di noi non
ouo rimasti che morti o prigionieri; risparmia noi
1 l L imi sopravvissuti, feriti di lancia o d i freccia, con
't�d ici di risorgere, medita che alla fine dei tempi ben
1 l tra resurrezione c i attende ! Finché il tuo nemico ri
i renda le armi, puoi ben riporre la spada nel fodero !
I nostri scudi sono ai tuoi piedi, risparmiaci, ti sup
p l ichiamo ! Fin quando vorrai combattere con chi non
l ia più nemmeno lo scudo? O vincitore, che hai sotto
H l i occhi la nostra disperazion e, perdona e sii magna-
1 i mo! ».
67
<lini tu affidi nelle sue mani il mio nome avrà disonore
per sempre. Meglio è colui che perisce nelle fauci di
un drago, che colui che vive nell' ignominia. Io stesso
taglierò la testa di quella sposa promessa, io stesso la
getterò ai cani pur di essere libero da quel folle e dalla
sua ignominia ; meglio per mia figlia esser gettata ai
cani che preda di quel demonio: se anche sarà azzan
nata, una volta curata non si avrà più da temere; ma
non c'è unguento che possa guarire le ferite inferte
dalle parole degli uomini ! » .
Quando il vecchio ebbe terminato la sua supplica,
Nowfal fu mosso a pietà da quell'infelice che con tale
eloquenza invocava misericordia e così gli rispose :
« Alzati, sebben e il mio esercito sia vincitore, non è
69
dolore cocente, quand'ecco gli apparvero di lontano
due gazzelle cadute in trappol a . Giacevano saldamente
legate e un cacciatore era sul punto di versare il san
gue delle sue prede. Maj nun spronò il suo cavallo, an
sioso di intercedere per la loro vita, e il ca'cciatore,
vedendo quel cavaliere, arrestò la sua mano. « Concedi
la lib ertà a queste gazzelle, mi rivolgo a te come un
ospite, non puoi rifiutarmelo ! 114 Perché versare il san
gue di qu este infelici? Non sono forse creature viventi
come gli esseri umani? Che male possono averti fatto
con occhi così dolci, con fianchi così aggraziati? Perché
vuo i versare il loro sangue innocente? Sei forse un lu
po invece che u n uomo? Uccidere queste due gazzelle
è ignominia. I loro occhi non sono forse b elli come gli
occhi della tua amata? Il loro aspetto non è forse soave
come la primavera? Risparm iale, ti supplico, in nome
degl i occhi di colei che ami, abbile care, in ricordo del
suo volto d i primavera! Non colpire il collo di queste
due leali creature, il loro collo non è avvezzo a por
tare il giogo! Quel collo libero da catene sarebbe op
presso dalla tua spada d'acc iaio, quegli occhi neri, tin t i
d i collirio, per colpa t u a resterebbero chiusi per sem
pre ; quel petto così b i anc o da far invidia all'argento,
non è fa t to per arrostire sul fuoco! Quei fianchi così
lisci e delicati sai bene che non meritano di essere tra
passati da una spad a ! È forse onorevole far versare
sangue a quella vescica colma di muschio?115 E quelle
zampe, sottili come canne, sai bene che non meritano
di esser sottoposte a questo suppliz i o ; quel dorso trop
po delicato per sopportare pesi perché b a t ter l o sulla
dura terra e farlo soffrire? » .
Con queste parole di poeta parlò al cacciatore e
q uello ne rimase turbato e si morse le dita. « Ho p re
stato or ec chi o alle tue p a rol e , e se non fosse per la mia
indig enza la p e n s ere i com e te. Ma questa è in due
mesi la mia u n i ca preda, ho fa m i gl i a e non ho altro
con cu i sostentarla; come puoi chiedermi d i dare la
libertà alle mie prede? Se vuoi proteggere queste gaz
zelle, poiché sei ricco, riscattan e la vita ! » .
70
Majnùn, in risposta a quell'indigente, balzò giù dal
u o veloce d estriero , lo offrì al cacciatore e le gazzelle
fu rono salve . I l cacciatore spronò il cavallo e corse via
I ntano, e Majnun con le due tenere gazzelle rimase
s lo . Baciò i loro occhi con amore, neri occhi notturni
·be gli riportavano alla memoria quell i di Leyla .116
I n fine, dopo molte parol e d i benedizione e di addio,
l ette loro la libertà. Esultanti l e gazzelle si slanciarono
n el d eserto .
Ancora suo malgrado rivestito delle armi, ferito, co
m e la rosa, dalle sue proprie armi , continuò a cam
minar e per giorni e per giorni : la sabbia, per l 'ardore
del sole , era simile ad acqua di fuoco, il suo cuore ar
deva febbrilmente nell'amore e le spine del deserto
laceravano i lembi di lino e di seta delle sue vesti.
Quando la notte s i avvolse d i mussola nera, il sole
celò la sua veste di luce alla luna.
I l folle guardiano della luna per l ' estenuazione si
era assott igliato come un capello, come una punta di
canna. L'ombra della volta notturna era nera come i
riccioli d e l l 'amata, la strada sottile come il corpo del
l'aman t e . Majnun, in lamenti, s i riparò in una grotta
come una spaurita lucertola morsa da un serpe. I suoi
occhi versavano gemme preziose ; sedette, e donò libe
ro sfogo al tumulto del cuore e insonne trascorse la
notte sfogl iando in lamenti il nero libro del suo de
stino .
71
c antando versi Majniin r iprese il cam m i no, innalzan
do fino al cielo la voc e degl i amant i .
Ignaro raggiunse un luogo i n c u i una trappola era
stata gettata. Un cerbiatto vi era caduto, il collo im
brigliato, pronto a subire la spada. Su quel roseo cer
b iatto un cacciatore s i avventava come un leone, pron
to a versare il suo sangu e innocente.
M aj niin lo r aggiunse e così gli parlò con parole acu
minate: « O tu che come un cane ti avventi s u una
debole creatura, libera questo a n im a le indifeso, lascia
che un prigioniero possa tornare a godere della vita,
las c ia che torni alla sua tana, alla sua compagna ! Cosa
dirà quella compagna che stanotte lo cercherà invano?
Dirà: " P ossa colui che m i ha separato da te provare
altr e ttanto dolorel Possa, colu i che ti ha catturato, non
vedere più giorni felic i ! " . S e temi il la m e n to di chi
soffre, abbandona questo infelice ! Pensa a come ti sen
tiresti se lui fosse il cacciatore, tu, al suo p osto, la
p r e da ! ».
72
tii un arco ! Le tue lacrime, se anche sono un antidoto,
1 meglio che, come il veleno, non siano versate! O fe-
1 i ·e ribelle a ogni giogo, io so che della mia luna in
q 1 1esta tua serrata fortezza ti giunge notizia; p erciò, ti
w p plico, quando pascolerai in quella terra, falle sape
i' di me ! Dille: 117 O tu che sei rimasta presso i tuoi
"
74
Majniin ostinatamente continuava a parlare, il cor
o saltellava di ramo in ramo ; Maj nun senza tregua
l iceva parole, il corvo si preparava a partire . E quan
d o il suo folle monologo si arrestò, il corvo partì e gl i
i m presse sul cuore il marchio rovente del dolore.
La notte calò come l'ala di un nero rapace e il pip i
Lrello sollevò il capo dal sonno. Le stelle brillavano
·ome lampade, occhi di brace fra le piume di un cor
v o . E Majnun, da quando la lampada della notte si
spense fino al lucore dell' alba versò dag1i occhi fiumi
c l i lacrime, simile a un cero che, goccia a goccia, s i
estingue.
Majnim e la vecch ia
76
lll ia radice, crocifìggimil A te è lecito far lo, ché la tua
u fedeltà è fedeltà123 e d i fronte a te l ' innocente è col
i ' vole i Se non fossi già in colpa verso di te, io stesso
1 1 t ' i mprigionerei n ella colpa, ché mentre io sono in
v i La il tuo saluto non mi giunge, la tua mano non ac
·a rezza il m io volto: mia sola speranza è che tu mi uc
· i c la , ché forse allora, p er scusarsi, la tua mano sfio-
1· rà la mia fronte. Se con la spada mi decapiterai, m i
f ra i avvicinare a l l a t u a soglia, se m' imporrai di sof
fr ire, sarò fermo e paziente come Ismael e . Il m io cuo
re è colmo di luce, può forse temere di esser decapi
t ato da te? Un cero che arde, se gli tagli il lucignolo
arde ancora di p iù!
« M eglio esser morto a i tuoi piedi, che vivo tortu-
1·armi lontano da te; s e non c'è via che possa condurmi
fino a te, non mi resta che ritirarmi in un canto per
piangere, poiché non sopporto di soffrire se non alla
L u a presenza . Ordina che l ' infelicità sia allontanata da
te: la tua infelicità sono io, che dunque la mia testa
sia tua ! ».
77
Leylii è da ta in sposa a Ebn Saliim
79
po non c'era modo di sfuggire alla sua promessa. Il
consenso fu dunque accordato, la luna fu gettata nelle
fauci del drago .123
Quando, il mattino seguente, l' aurora, come una
sposa, prese in mano l'aurea coppa di Jamshid,129 lo
schiavo d i Russia, dalla candida pelle, gettò sulle spal
l e dello spos o notturno il fulgente tappeto della festa
di nozze.130 I l padre della sposa, addobbata ogni tenda
di paramenti preziosi, invitò lo sposo promesso e il
resto della compagnia, e tutti insieme sedettero nel
padiglione di festa e secondo il costume celebrarono
l'evento felice in gioia e let iz ia ; sedettero insieme, se
condo il costum e degli Arabi e riannodarono i fili del
la procrastinata promessa. U na tempesta di argentee
m on ete s ' innalzò al cielo, senza fine si parlò della dote.
E lei, muta e infelice, ardeva, emanando profumo,
come ardono aloe e zucchero insieme .131 La sua bocca
di rubino esalava sospiri di fuoco, dai suoi occhi scro
s ciava una cascata di lacrime, ed erano, insieme, acqua
di rose e zibetto.
I l calice era caduto in frantumi quando le labbra
già lo sfioravano, quella fresca e dolce b evanda era di
venuta bruciante veleno.
Quando un membro del tuo corpo si paralizza, resi
ste e non accetta p i ù gli ordini, è come un membro
r ibelle della tribù, che perde i diritti della tribù. I l
dito morso da u n serpe è necessario amputarlo: poiché
il farmaco della vita è l'armonia della natura, disar
monia è causa di mort e E Leyla, che l'animo altrui
.
80
132
sulla corrente del Tigri cel e s t e . Lo sposo felice
1,r p rontò la l ettiga per condurre presso di sé la sua
I sa ; adagiata all' ombra del p alan chino , attorniata da
I' rzo e magnificenza, la condusse via dal la casa pater
. Le donò il suo trono e le sue ricchezze, al p ar i di
la rese ar b it ra e signora.
Lasciò trascorrere alcuni giorni, poi, con estrema
l o lc ezza tentò di ammorbidire la cera. Ma quando vol
i ge ttarsi su quella tenera palma da dattero, quando
t se la mano per coglierne il frutto, quella tenera pal
ma mostrò le spine e a lung o egli non poté chiuder
chio per il dolor e . 133 Così duramente essa lo c ol pì da
.1 sc iarl o a terra privo di sensi : « Se ancora una volta
vorrai t entare » gli disse « non ne verrà che del male
per t u tt i e due. Poiché ho giurato al S ign ore, Creatore
del mondo, che mai avre i ceduto ai tuoi desideri,
q uand'anche i l mio sangue dovesse essere versato dalla
t u a spada » .
Di fronte a simile giuramento, Ebn Salam, per la
pace del suo idolo, si placò. S eppe che vano sarebbe
stato insistere, seppe che la luce degli occhi della sua
sposa era un altro. Ma seppe anche che mai avrebbe
potuto sep ararsi da lei, poiché soltanto a vederla le
aveva donato il suo cuore. S i disse allora : « Se t ale è
l amor e che nutro per lei, m eglio vale accettare di
'
81
cando un segno dell'amato lontano . E così intensi
erano i suo igemiti per i l marchio d i fuoco della dispe
razione, che quell'amore segreto fu manifesto, che
quel mistero divenne tr a spare nte come giorno. Non
le restavano f orz e per sopportare oltre quella priva
zione, ormai non provava p i ù t imore dello sposo e del
padre : quando l'amore ti è p enetrato fin nel midollo,
c'è forse spazio per la pa ur a ?
82
n on avere un simile idolo da adorare ! Non ti s fiora il
sospetto che colei c ù i hai donato i l tuo cuore sia la
t ua peggiore n emica? Eppure essa t i ha tradito, i vin
coli dell'amore ha spezzato . È andata sposa ad un al
tro, un altro che ora la tiene fra le sue bracc ia, e gli
occhi negli occhi abbracciati trascorrono i giorni. Lei
vive fra baci e carezze, tu nello struggimento p er lei
ti consumi; poiché ella è lontana mille miglia da te,
manda anche tu in frantumi il calice dell' amore ; poi
ché ella non ha più memoria d i te, cancellala anche tu
dal tuo cuore ! Le donne sono tutte infedeli : prima se
gnano patti, poi frantumano i l calamo; la donna ti è
amica soltanto finché non ha trovato un altro amico
da amare, e allora non vorrà più saperne di te. La don
na è più incline dell'uomo alle passioni, m a l ' ego ismo
è la sua prima passione. La donna non è mai onesta
giocatrice, ipocrisia e inganno sono il suo gioco; molte
sono le iniquità che l ' uomo dalla donna subisce, ma
da nessuna ottiene fedeltà; e meglio è la donna infe
dele che l ' uomo che crede alla sua fedeltà ! D onna si
gn ifica inganno, fuori la pace, dentro la guerra : n emi
ca è una sciagura per i l mondo intero, amica è la p er
d izione dell'anima ! Le dic i : " Fa ' questo ! ", non ti
ascolta ; le d ic i : " N on farlo ! " e lei si fa in quattro per
disubbidire. S e sei addolorato n e gode, se sei felice,
muore d i dolore. Così è la donna, e così sempre sarà » .
Tale fu l ' intensità del dolore a quelle ins ensate e
velenose parole, che Maj nun, il cuore in fiamme, ge
mette e si abbatté al suolo come un uccello ferito ; così
duramente sbatté i l capo sulla pietra, che i l sangue
prese a scorrere a fiotti e tinse la roccia di rub ino .
Cadde sulla dura pietra, il cuore straziato, la veste a
brandelli . E quel velenoso serpente che vilmente lo
aveva ingannato, s i sentì pervadere di vergogna e ri
mase al fianco di quell' infelice finché non ebbe ripre
so i sensi; e allora, gettandosi ai suoi piedi gridò : « P er
donami, ti scongiuro ! Ho vergogna di ciò che ho det
to, non ho pronunciato che menzogne e calunnie, p er
donam i ! P o iché ho osato prendermi gioco di te, ecco,
83
uccidimi, il mio sangue sarà legittimamente versato
da te! Quella fanciulla, che conduce vita modesta e ri
tirata, ha i l cuore infranto p er amor tuo. E lo sposo,
cui suo malgrado è stata unita, non ha mai condiviso
una notte con lei. E se anch e mille altre volte dovesse
sposarsi, mai infrangerebbe il patto che ha suggellato
con te. Le sue labbra non pronunciano che il tuo no
me, al mondo p er lei non esisti che tu, e non trascorre
attimo senza che m ille volte abbia memoria di te. P i ù
di u n a n n o è passato dalle s u e nozze, ma ella ti è sem
pre fedele e se anche dovesse passare mille ann i sen
za d i te, mai i l suo sposo potrebb e godere delle sue
grazie » .
Majnun che nelle parol e dello sconosciuto aveva vi
sto rifl e sso il volto del suo idolo come in uno specchio
a du e facce, sentì ora lie v em en t e scemare l' intensità
del dolore, ma la durezza del colpo lo aveva prostrato,
come u n uccello cui abb iano tarpato le ali. Per l'infe
licità versò dagli occhi una cascata di gemme preziose,
su quell' infranta promessa p rese a comporre versi,
stordito e inquieto, ché la sua amata non aveva pi ù
notizie dilui.
84
fragile stelo, lo sguardo rivolto alla dimora del suo
idolo, così parlò affidando al vento la sua voce: « Ami
ca mia, mia amata, che hai dato a un altro la gioia
dell'unione, dov'è più il tempo in cui sedevi al mio
fianco, quel tempo in cui un patto fu suggellato con
mille promesse? Dov'è p iù quell'unione che mi fac evi
sperare, dove quell'umile reclinare il capo, quell'in
vocare l'amore con cristallina speranza? Oggi insieme
a un altro hai suggellato un patto e senza mia colpa
mi hai celato il tuo volto. La promessa è ormai in
franta, ma anche l'amicizia è svanita? Tu hai dato sol
tanto la tua parola, io ho dato la vita; a prezzo della
mia vita ho com prato il mio amore per te e tu hai
preferito l'amore di un altro . Così si cancellano le pro
messe? Io non ne ho forse conservato memoria? A tal
punto la t ua nuova felicità ti ha turbato la mente, che
del compagno di un tempo non hai più nemmeno il
ricordo? La mia giovinezza trascorse nel tuo giardino,
e ahimè, quanta pena per prendermi cura di quel
giardino ! Poi un colombo vi introdusse il lamento, un
corvo ne ghermì i frutti appena maturi. Ma possa il
dattero tramutarsi in spina per chiunque mi ha sot
tratto il tuo frutto ! E possa esser precluso anche a lui
il godimento del tuo giardino e anche a lui essere in
flitto l'ardore rovente del samum ! 135 O seno di gelso
mino, sei come un cipresso che cammina, ma nessuno
ha mai gustato i frutti di un cipresso ! Prima hai vo
luto innalzarm i a te col tuo amore, poi mi hai abban
donato nell'abiezione. Quel giorno i n cui ti ho dato
in p egno il mio cuore, mai avrei pensato che ti potessi
macchiare di una simile colpa! Mi ingannasti con giu
ramenti e promesse per incatenarmi a te: giuramenti
e promesse ben menzogneri ! I l tuo cuore si è acceso
per un altro e non ne hai avuto vergogna di fronte a
me. Ma al mondo non esistiamo noi soli, non solo noi
giudichiamo del bene e del male. Gli altri sapranno
ben giudicare quanto ingiustamente mi fai soffrire.
Immagina che occhi esterni ci guardino : che altro po
tranno dire s e non che sei una vile spergiura? Rom-
85
pere le promesse è un male, rifletti sulla vita che spez
zi. La ro s a , finché non viola il patto che ha sigillato col
roseto, non ha da tem er e il destino; il vino, finché non
fa irrom p er e la dissolutezza non è chiamato v ergo gn a ,
la no t t e finché non frantuma l'arg en t e a coppa della
luna non fin i s ce col volto ann er it o . 1 36 Con che cuore
ho potuto ri p o rr e in te l e mie speranze, a causa tua
c ome ho potuto anco ra sorridere? Quella promessa che
tu hai c al p e s tat o era la mia vita , eppure non hai esi
tato a tradirla ! Tu no n fai ciò che s o l o p o tre bb e farmi
felice e io non posso dimenticarmi di te. Eppure, mal
gra do il dolore che provo a causa tua, io mi i nd i gn o
se mi affiiggo per te: in tal m o d o hai radicato nel mio
cuore il do l ore c h e non vi è rim a st o spazio per l 'affii
zione. Sono d eb o l e ormai per l ' assuefazione al tuo
vino, che cosa p o s s o r improverare al tuo nome? Le ini
quità che c omme t t i sono pur sempre ci b o per il mio
c o r p o e per la mia anima; se la tua iniquità mi con
s uma l a vita, la bellezza d el tuo volto la scusa : per
colei che tal e bellezza p o ssi e d e , possa il sangue inno
cente essere lecitamente v e rs a to ! Tu sei il gi o r n o ful
gente, io sono la lamp a d a , è giu s to che io mi estingua
di fro nt e a te. Se la luna fosse dolce come lo zu cc h ero ,
tu sare s t i la luna, se il re con due torri potesse da
re scacco al n em i c o, tu s a re s t i il re, 137 se il fuoco ve
desse di l o n tan o la tua luce arderebbe dal desiderio
di unirsi a te ! Un gi ardin o , per quante rose e aiuole
fiorite p o s si eda , che co sa è mai in confronto al fulgore
del tuo vol t o ? I l rosso del rubino imperiale di fronte
al ve rmigl i o delle tue guance scolora, l ' arco delle tue
sopracciglia è un a visione, u n a falce di luna nella not
te del ' id, 138 il su l tan o del t uo volto, adorno del nero
baldacchino della tua chioma, estende il suo potere su
Cina e Abissinia.139 Ecco infine la mia decisione : io
getto la mia vita ai t u o i piedi, sc elg o la sofferenza della
promessa senza guardare alla tua iniquità, alla tua cru
deltà, e lo strumento della paz i e nz a instancabilmente
continuerò ad acc ordare finché la mia vita si arresti! » .
86
Il padre di Majnun visita il figlio
87
Separato dal mondo, eremita in adorazione del suo
idolo, a u n filo dal regno della morte, vagava sulla
terra come un cane r a n d a g io, eppure restava celato
più di un m or t o sotterra. Privo di sensi, il suo cor
po giaceva al suolo, simile a un serpe attorcigliato .
Era n udo, solo un misero perizoma di pelle c ingeva i
suoi fia n c h i Teneramente sedette vicino a lui, acca
.
88
l i e n a ! E il monte da cui sgorga l'acqua, gu arda lo ,
uando squassato dal terremoto si sp acca ! A s en tire
ome tu senti la ferita del dolore ti e stingue rai, fossi
anche di ferro ! Lungo tempo hai t r asco rso nell' osti
n az io n e, ora sii ubbidiente e rasserena il tuo cuore.
Placati, cessa di spronare la tua cammella, cessa di far
correre i l tuo destriero in compagnia delle b esti e sel
vatiche, cessa d i essere supremo poeta in una grotta
infern al e e di nutrirti, come una sanguisuga, del tuo
stesso s an gu e ! Sii for te e paziente, s oppo r t a e inganna
te stesso con altri p e nsi e ri , sii pago del p iac e re , anche
se fuggevole, ché saggio è colui che si appaga d el l e ca
rezz e : che il piacere sia v er ità o m e n zo gn a, alla fine
adorn a l'animo. A che pro farsi il sangue amaro? Ogni
piacere che non sia de ll' oggi non è da fidarsen e : molti
sono coloro che hanno ammucchiato grano senza poi
poterne godere . Oggi, nel dì che v i v ia mo , è il momen
to di pr e p arar si . Domani, quando il destino prenderà
le br i g lie , il mo n do accetterà forse le tue scuse? La
donna veste ciò che ha tessuto, l'uomo raccoglie ciò
che ha seminato : brucia oggi gli incensi dei tuoi sfor
zi, per averne il profumo domani! Preparati, antici
p and o l' 'ayyiir della m o r t e ,143 affinché la morte giunga
s enza portare dolore : soltanto colui che prima d e l la
morte ha saputo morire è sfuggito alla morte. Il tuo
p o s t o in casa è rimasto vuoto, vieni ! La spensieratez
za è finita, vieni! Anche i l can e ha una pat ria, solo
tu non c e l ' hai! Tu sei un uomo, sii dunque un uomo
e non un d e m o n io su questa t e r a ! In quei pochi
r
89
glie della notte, affrettati, figlio mio, tu che sei si
mile alla luce del mattino ! Figlio mio, sono prossimo
a sp irare, affret ta ti ! Affrettati, vita mia, se non vuoi
gi unge re troppo t a rd i ! I l segnale p er il viaggio è or
mai dato, ecc o è tempo d i mettersi in marcia ! Io temo
di esser costretto a levare le tende e che tu giunga al
l'accam p amento quando i o non c i sarò più! Allora
p oggera i il capo sulla mia terra e p iangerai per la se
p araz ion e, e come p i a ng er a i ! Ma se anche, allora, il
tuo animo d iva mpa s se dal dolore, che mi giovereb b e,
allora, quel do l or e di fuoco? S e anche la vampa del tuo
cuore incendiasse i l mondo, potrebb e forse rendere lu
minoso il volto del mio destino? ».
90
d re e io il tuo schiavo, ma il tuo stesso nome io non
so più. M a non solo di te, padre mio, ho perduto me
moria, dalla mia mente si è cancellato ogni ricordo di
me. Io stesso mi chiedo il mio nome, sono amato da
chi, sono amante di chi? Come un fulmine, una vam
pa ha incendiato il mio cuore e la vampa del cuore ha
incenerito la mia esistenza. Sono pago ormai di una
grotta per vivere, per cibo m i basta un po' d ' erba . La
macina del destino ha esaurito acqua e pane.145 Mi so
no p erso nel mio stesso deserto, sono ridotto allo stato
selvaggio, non riportarmi fra gli uomin i ! Chi ormai
ha familiarità con la solitudine e col deserto, gradisce
la consuetudine con le bestie selvatiche. Un melone
che è s tato morso da un insetto, va allontanato dalle
altre frutta o avvelena anche quelle : così io t emo che
da me, il dolore intorno a me si diffonda e tutto il
giardino possa esserne afflitto . La mia via volge al suo
termin e : meglio che sia distrutto io solo, piuttosto che
lo sia anche chi sta intorno a me . Immagina che l ' erba
verde della tua proprietà sia stata inghiottita da una
calamità della terra, 146 non leggere i l mio nome nel
libro delle generazioni, e immagina di non aver mai
versato la tua linfa vitale ! Fammi una tomba, e un tu
mulo su di essa e pensa che sia di un uomo ebbro
d'amore, un uomo cui non si può richiedere la virtù,
che davanti al suo nome il calamo della virtù si è arre
stato . Mi hai detto che la tua partenza è vicina, ma la
creatura sperduta che hai sotto gli occhi, ha già ini
ziato il viaggio. Io sono ormai nell'autunno, quando
il momento del tuo distacco giungerà, il mio sarà già
avvenuto . Sulla tua morte i vivi devono piangere : ma
io non sono più dei vivi e può forse un morto p ian
gere un morto? » .
91
Congedo di Majnun dal padre
92
1 on è mai stato, colui che mai nella vita di questo
mondo si è rad i cato, che come un fulm i ne l'ha attra
tato ripeterà!
93
simile a una p erla preziosa incastonata in un diadema .
I l cacciatore se l o trovò sul cammino e le parole che gli
scagliò contro furono acuminate come frecce . Con vo
c e l ugu bre lo apostrofò : « Ehi, tu, che vivi lontano
dalla tua gente e dai tuoi amici, incurante di ciò che
hai davanti, non esiste per t e più n essuno all' infuori
di Leyla? Di tuo p adre e tua madre non hai più me
moria? Che la vergogna ricada su di te, che non cono
sci vergogna ! Un figlio degenere come te meglio aver
l o sotto terra che sotto i propri occhi ! Se anche per gio
van ile stoltizia abbandonasti tuo padre quando era in
vita, ora che è morto, possa tu stare in vita per averne,
in estremo, memoria ! Vieni a piangere sulla sua tom
ba, vieni a cercare un segno del suo p erdono ! Solo nel
perdono della sua tomba puoi trovare rifugio, implora
il p erdono dell'anima sua ! ».
Sotto il peso di quelle p arole Maj nun si piegò, e ge
mette come un liuto; disperato si gettò a terra batten
dosi il capo . Poi, in preda a divorante inquietudine,
c orse senza tregua finché non giunse alla tomba pater
na. E di fronte a quella lapide il suo cuore fu come un
diamante spezzato . Privo di sensi si abbatté sulla tom
ba d el p adre, aggrappandosi a essa e abbracciandola,
e p er amore di q u e l l an im a pura lacrime sgorgarono
'
94
glio l a tua corona? Amico mio, dove debbo cercarti, a
hi debbo c onfidare i miei rimorsi per il dolore che ti
ho pro c u rat o ? S e non mi avessi mai generato avrest i
onosciuto la felicità, e ora è per m ia sola colpa che
giaci so tt e rra . I o non avrei m a i saputo immaginarmi
enza di te, e a m aro è ora sperimentarlo ! Oh me infe
l ice, l on tan o da t e ! Eri il mio amico e il mio protet
tore, eri la forza c h e mi rendeva i ntre p i do il cuore,
ri il maestro s p irituale, colui che condivideva il mio
i n t imo e senza di t e sono rimasto senza nessuno! Oh
me in fe li c e abbandonato su q u est a terra s e n za di te !
,
co, 152 finché da ambedue sarò cieco. Padre mio, per ciò
che ho fatto io patisco non u n o ma mille supplizi !
O da t or e d i luce a l mio astro, l a tua gioia è il mio
unico far m a c o e io temo che Dio mi pu n i s c a se tu sei
,
è il mio castigo ! » .
Cosi disse gemendo e lacrimando, e così continuò
finché la not t e tinse il giorno di nero .
S ospirò il fantasma d e l giorno e dalla montagna l'au
rora levò il suo vessillo; l'alchimia dell'aurora trasmu
tò con il suo elisir la polvere in oro . L'errabondo visi
tatore di quella tomb a , dolente si rimise in cammino
verso l a l to p ia no del N aj d : i l suo fardello era fatto di
'
96
e si allontanò, e riprese a errare per strade s egn ate
sentieri senza traccia, cantando versi d'amore, in cer
\ di colei che sola avrebbe potuto lenire il su o dolor e .
Ormai r i d o t t o allo s ta to selvaggio, rotto ogni vinco-
1 lib ero da contumelie e ignominia, avvezzo come gli
,
97
n ello stato selvaggio e sulla loro selvaggia natura aveva
riportato vittoria.
La gente era stupefatta peT il suo stato e p er quel
segu ito di an i mal i selvatici ; e in ogni luogo in cui pe
regr i nand o giungeva, nessuno aveva pace finché da vi
c in o non aveva potuto veded o . Ogni giorno qualcuno
faceva sosta presso di lui, portandogli cibi e b evande,
affinché con essi rompesse il digiun o ; e quel pellegrino
rivestito soltanto di un perizoma di p elle intimoriva i
loro cuori . Ma di quel cibo egli non toccava che infi
nitesimali frammenti, e il resto lo distribuiva fra gli
animali che lo attorniavano. E dopo che ebbe dato loro
il cibo d i primavera e di estate, ogni fiera che lo incon
trava si prosternava ai suo i piedi come al proprio gior
naliero benefattore ; e l' accorrere grato di quegli ani
mali, contò per Majnun come il guadagno di un' intera
gi or n a ta .
Apologo
98
t. sse in odio, che la sua ira lo gettasse in pasto a qu ei
ani, infliggendogli le loro lame acuminate . P er timo
e d i quelle fiere allora lo precedette, e strinse amici
z ia con i guardiani . Ogni giorno s i avvicinava alle gab
bie e a quei cani gettava una pecora ; e tanto li molcì,
he la loro ferocia con lui si tramutò in dolcezz a : grati
Ila sua mano generosa, divennero a lui sottomessi.
Un giorno l ' indole irosa del principe rese quel gio
vane spregevole ai suoi occhi; ordinò ai feroci guar
diani di gettarlo ai cani, e quegli esseri spregevoli di
mostrarono tutta la loro brutalità avventandosi su di
lui e, incatenatolo, gettandolo ai can i . Quindi si allon
tanarono e rimasero a guardare a distanza. Ed ecco che
quelle belve dal morso d'acciaio, dapprima gli abbaia
rono contro, ma appena ebb ero riconosciuto il loro
b enefattore, scodinzolando gli fecero festa, lo c ircon
darono e si accucciarono intorno a lui. Come madri
premurose lo colmarono di ogni cura e cosi un giorno
intero trascorse.
Quando il nuovo giorno mostrò il suo volto di luce,
e il nero broccato della notte si tinse dei riflessi del-
1' oro, il principe cominciò a provare rimorso per ciò
che aveva fatto, il dolore lo punse e disse ai suoi corti
gian i : « I eri, con atto sconsiderato, ho fatto gettare ai
cani quell'amabile giovan e ; andate a vedere che cosa
è accaduto di lui, se le b elve lo hanno d ivorato ! » .
Quando i guardiani vennero a conoscenza d i ciò che
il signore aveva detto, si presentarono al suo cospetto
e gli dissero : « Quello non è un essere umano, ma un
angelo che D io ha voluto inviare fra noi ! Vieni a ve
dere il miracolo, vieni e riconoscerai l'op erare di D io !
Egli è là, alla mercè d i quei cani, m a le loro fauci sono
incatenate dall'amore, e nessuna di quelle belve infer
nali gli torce un capello ! » .
I l principe sub itamente ordinò che in fretta si cor
resse a vedere s e quell' infelice ancora si poteva salvare,
e i guardiani lo ricondussero dalla gabbia d e i cani alla
corte del principe. I l principe, sb igottito alla vista del
giovane, scampato sano e salvo dalla gabbia di quelle
99
fiere, piangendo si alzò p er accoglierlo e mille volte,
in lacrime, implorò il suo perdono. Infine gli doman
dò : « D immi, ma come hai potuto restare vivo in balìa
di quelle belve feroci? » . Rispose: « Il motivo è assai
semplice: prima che tu mi gettassi in catene, molte
vol t e io detti a quei cani del cibo, e loro, grati dei
b occoni che avevano ricevuto dalle mie mani, hanno
s igillato le loro fauci. Per dieci anni sono stato tuo ser
vitore fedele e , innocente, questa è stata la ricompen
sa che ho ricevuto da te: solo per un attimo d' ira mi
hai datn in pasto ai cani, e se sono salvo è solo perché
i can i non attaccano chi gli è amico . Il cane mi è stato
amico, non tu, al cane è dovuto rispetto, non a te. Un
can e p er qualche osso t i si fa amico e ti resta fedele,
ma vi sono uomini che nemmeno se dai loro la vita ti
sono fedel i ! ».
100
iali della fortuna, danzavano sul tappeto dell' orizzon ·
1 01
tuo è il vino versato in ogn i calice ! Tu sei il sigillo
d e ll a regalità,sei la signora del palazzo della gioia, sei
la do lc ezz a d i o gn i animo gentile, e l e tue creature
profumano d ' ambra! Fammi grazia della tua graz ia,
dischiudimi la porta della speranza e portami, te ne
supplico, il profumo d e l l am a t a, unico farmaco del
'
l'anima mia ! ».
1 02
z i i grandi alle vette più alte, sii indulgente coi miseri!
P er noi, schiavi in catene, nessuno all'infuori di Te è
s ignore e padrone ! O Tu che hai creato i sette cieli,
n on vi è creatura che non sia umilmente ai Tuoi piedi
le sei direzion i162 ubbidiscono schiave al Tuo cenno !
Colui che su di Te potesse posare il suo sguardo, la sua
vista s i estinguerebbe per sempre. Colui che come un
ane Ti s egue è un puro , colui che non è con Te è un
v i le ! Ero fango, l a Tua grazia mi ha reso fresca acqua :
volgi il Tuo sguardo sulla mia rovina, non mi abban
donare, sono u n debole, uno straniero, cui non resta
nemmeno i l b ene della propria misericordia! Fa' con
il Tuo divino soccors o che la m ia notte trapassi in lu
ce, che il m io giorno nella fedeltà sia felic e ! )> .
Così supplicò, pronunciando la sua preghiera in un
sussurr o . Vid e a llora in sogno un alb ero crescere dalla
terra, e dalla cima di quell'albero un uccello sp iccava
il volo, audacemente si librava sopra di l u i e dal becco
lasciava cadere una gemma : e quella gemma si posava
sulla sua fronte come un diadema. 163 Si d estò , all'oriz
zonte luceva il chiarore dell'alba, e quando il fresco
volto del mattino s i tolse il velo, la ricerca dell'amore
inondò il suo cuore di gioia, e si s entì libero e leggero
come l' uccello che in sogno si librava sopra di lui. E fu
così c h e un sogno rese felice colu i cui l 'amore era pre
cluso nella realtà.
1 03
montagne, g l i animali lo circondavano . Ed ecco, dal
margine del deserto un viandante gli apparve in una
nube di p o lv e re , e dietro il velo d i quella nube emer
se la figura di un cavaliere .
Era un uomo ma riluceva come una favilla, di lon
tano avanzò e smontò d i sella . M aj n u n riconobb e in
quello straniero nobili e cortesi semb ianze ; fece un
cenno all'esercito che lo circondava e quelli r imasero
quieti intorno a lui. Quindi andò incontro al cavalie
re e affabilmente così gli p a rl ò : « O astro dello Yemen,
dimmi, cosa mai ti c on d u c e in questi luoghi? S p ero in
Dio che la tua venuta sia fausta ! Tu possied i nobili
sembianze, ma i miei animali non se ne fidano e anche
io temo sempre che u n a corda possa tramutars i in ser
pe, 165 poiché una volta un velenoso serpe m i ha m o r
so! Un giorno, un altro cavaliere giunse fin qui, por
ta tor e di rovina, e nel mio cuore p iantò una spina acu
minata : e da quella spina i l mio cuore ancora è tra
fitto ! S e dun q u e anche la tua merce è falsa, ritorna in
dietro, t i supplico, e non dire parola ! » .
I l cavaliere, udite q u e st e delicate parole, si gettò co
me ombra ai suoi piedi e così gli parlò:
« O nobile fra i p i ù nobili, che vivi isolato dagli
1 05
me il lacerante dolore dell'esiliato e del png10niero,
di chi alla l on tana nza è costretto e di colui cui è im
p edito di al l on ta n a rs i ! Io vivo dilaniata fra due fuochi,
non ho cuore di rib ellarmi al mio sposo, non ho l ' au
dacia di sfuggire a mio padre; ora l'amore dice al mio
cuor e : ' Ribellat i ! Fuggi, c ome la p ernice, dall'arti
glio del corvo e del nibbio! ' ; ora il pensiero della ver
gogna mi mette in gu a rd i a e m ' ingiunge : ' Rimani !
P ensa che ben più forte della pernice è il falcone rea
le! La donna se anche v i nce con le armi un eroe, re
sterà sempre una donna ! Una donna, s e anche assetata
di sangue e forte come un leone , resterà sempre una
donna! ' . E poiché a questo supplizio non posso sot
trarmi, mi s on o votata a subire il dolore. Ma il mio
maggiore t ormento è ignorare ogni cosa d i colu i che
a m o e che vive lontano da me. S enza d i me come tra
scorr e i su oi giorni? Chi gli è compagno nel suo pere
grinare? I n c he monastero avrà trovato asilo? Quali
com pagni si è sc elto , i suoi amici chi sono? Se qual
cosa, per avventura, qualcosa di lui, nel tuo viaggiare,
ti è gi unto all'orecchio, fammene parte, ti supplico ! " .
« U d ite l e sue parole, i l silenzio mi parve iniquità e
ciò che mi era noto di te le narrai, imprimendo la tua
immagine nel suo c uore, come sulla cera un s igillo :
" Quel Folle d'amore non ha un solo amico " le dissi
" del tuo amore non altro che vento gli resta, e onagri
ed elci sono i su oi soli com p agni . Il suo amore infe
lice per te lo dilania, la morte del padre gl i ha inferto
m o rtale ferita . Così procede, g i o rn o dopo giorno, spi
na dopo s pina , ora cantando in versi la storia del suo
infelice amor e p e r te e dagli occhi versando fiumi di
lacrim e , ora piangendo la morte del padre, tanto da
i n te n erire le pietre " . Questo l e dissi e le recitai qual
che tun verso appreso a memoria, ed ella emise un ge
m ito dal profondo del cuore. Un tremito la squassò e
abbandonò il capo r iv er so , quasi fosse sul punto di spi
rare lontano da te. Qu a n d o riprese i sensi, gemette an
c o ra e molto p ian se e si disp erò per la morte di tuo
padr e e la tua solitudine in quel dolore. P o i una riso-
106
l uzione si affacciò sul suo volto, e così mi disse: Tu
"
1 07
di un tempo, l ega to a me da una promessa, antica, che
n e è st at o d i te? O tu che vaghi gu idato dagli astri,
dimmi, dove sei? O tu che custodisci il tesoro dell'ami
c izia, l ' am ore da te trae la s u a luce, o tu che del tuo
sangu e hai arrossato l a montagna, che come un'agata
vivi c e lato nella ro c c i a , tu sei la fonte dell'acqua di
vita, immersa nelle tenebre, sei la falena della luce
mattutina! Hai gettato il mondo nel tumulto e gli hai
volto le s p a l le seppellendoti in una solitudine in cui
solo gli onagri ti sono co mpag n i ! O b ersaglio dell' igno
minia, carovana che avanz a verso la resurrezione, con
i l tuo c or po seis ta to impietoso, al tuo stesso raccolto
hai ap p iccato il fuoco ! Mi hai dedicato il tuo cuore e
p erciò sei caduto, ti sei esposto ai mormorii dei male
voli ! Anch ' io ho d e d i c a to i l mio cuore alla fedeltà : ma
tu, non t i sei forse distolto dall' essermi fedele? Dove
sei, che ne è ora di te? Io sono con te, e quello sposo
che mi hanno imposto, sap p i che mai ha condiviso una
notte con me. I o sono consunta, ma la mia perla è in
tatta, e mai il diamante l ' ha saggiata ; il mio tesoro è
sigillato come un bocciolo non mai dischiuso ; del mio
sposo io non vedo neppure i l volto, poiché il tuo mi
è precluso : i l fiore dell'aglio può essere simile al gi- ·
108
I ianto tutte le mie lacrime per fondermi in ogni mo
do col tuo dolore! Ho fatto tutto fuorché venire da t e ,
oiché questo non era i n mio potere. Ma s e anche i l
mio c o r p o è separato da t e , il mio spirito da te non
s i allontana un istante . Conosco il tuo dolore, conosco
lo strazio del tuo cuore e n u ll alt ro che la pazienza ne
'
è il farmaco.
« La vita non è altro che pochi giorni da trascorr ere
1 09
l' animo e componendo con adorne parole la sua mis
s iva. Quando la lettera fu terminata la consegnò al
messaggero e co stui corse via come il vento, e così ra
pido come aveva portato la missiva di Leyla a Majniin,
riportò indietro la sua risposta. E quando qu ella let
t era la raggiunse, lacrime scorsero copiose dai suo i oc
chi a inumidirne le pagine.
110
elato, o mia catena che solo tu puoi sciogliere, o
1 1 1 lanconia che solo in grazia tua può divenire letizia!
« I l mio l e g n o è l'aloe del tuo g iardin o , s app ilo e
1 1 n lo abbatter e ! Abbattendolo uccideresti una parte
d i te. Sono la tua terra, non b atterm i, ma accarezzami,
o dammi fuoco, sono polvere d ' ambra ! P er essere tuo
111
macig no che ti op p rim e? Quando, o mia luna risplen
dente, potrai sfuggire alle fauci del drago?173 Quando
l ' ap e volerà via lasciandomi il m iel e? Quando la luna
sarà infine senza g u a rdian o e libera la sua lettiga?174
Quando, perito il signore della fortezza, la camera del
tesoro spalancherà le sue porte? Quando lo specchio
sarà terso dalla ruggin e e il tesoro liberato dal drago?
Quando la mia signora potrà uscire dalla fortezza e il
suo padrone esserne cacciato?
« Ma s e anche io devo vivere lontano dalla tua luce,
113
con sé e co n mille scuse gliela porse dicendo : « Indos
sa questa veste come si conviene ad un uomo, tenta,
ora che s e i con me, d i r iacquistare la tua dignità! » .177
« Il mio corpo » r i s p o s e Majnun « non sopporta le ve
sti, un fuoco d i vo rant e lo consuma e se anche volessi
indossarne una, dopo poco l'avrei lacerata » . M a Salim
insisté e Majnun alla fine indossò quella veste. L'ospi
te allora, sollec ito trasse fuori ogni sorta di cibi, J:ialva'
e altri dolci e squisite vivande, ma per quanto pregas
se e supp licasse, Majnun non volle neppure assaggiar
ne . « O i nfel i ce, » gli disse Salim « ma di che vivi, d i
cosa t i nutri? U n uomo ha b isogno d i cibo per vivere,
e se anche tu sei un essere umano di cosa ti cibi? » .
Rispos e : « O S alim, i l tuo nome significa " integro ",
114
l ell'aldilà. Grande fu la meraviglia del re al vedere
ome l'ab itazione di costu i foss e in completa rovina .
Il re si rivolse allora ai suoi cortigiani per sapere come
vivesse quell'uomo, e fino a che grado giungesse il suo
ascetismo. Gli fu risposto : " Qu est'uomo è famoso p er
la sua devozione, non conosce sonno, né cibo e in tal
modo si è separato dagli altri uomini, conducendo con
infinita sopportazione una vita di dur issime priva
zioni " .
« Il re, venuto a conoscenza di u n simile grado di
devozione, volle conoscere l'eremita. Il ciambellano
sollecito lo precedette, per condurre l' eremita in pre
senza del sovrano, e così gli parlò : " O tu che hai ta
gliato ogni legame col mondo, sei forse soddisfatto di
vivere in queste rovine? Non hai nessuno, come puoi
vivere in simile sol itudine? N on hai cibo, di cosa t i
nutri in q u e s t a spelonca? " . L' eremita, che aveva ta
gliato un po' d'erba da una trappola per gazzelle, ri
spose porgendogliela : " Ecco, questo è i l mio cibo, que
sta la m ia provvista p er i l viaggio ". Con la presuntuo
sa alterigia d i un servitore d i alto rango, il ciambel
lano continuò a domandargli : " Ma perché vivere in
simile indigenza? Se tu volessi serv ire il nostro re,
non saresti più costretto a mangiare quest' erba ! ". Al
lora l'eremita rispose: " Che stolte parole mi dici?
Questa non è erba, ma miele di rose ! Se il vero gusto
di quest' erba tu riuscissi a provare, come t i affrettere
sti ad abbandonare il servizio del tuo re ! ".
« Quelle parole giunsero all'orecchio del re e il cuo
re gli si infiammò, poiché comprese la loro suprema
saggezza. Allora smontò da cavallo e si gettò ai piedi
dell' eremita, sup plicandolo d i concedergli il suo per
dono, mentre umilmente lo ricopriva di bac i .
« Felice è colui che non ha d esideri, non desiderare
più nulla, q uesta è la santità! » .
Per la gioia procuratagli da questo racconto, Maj
n ii n balzò i n piedi eccitato, quindi n uovamente sedet
te; d' improvviso i l suo cuore s i accese ricordando gli
115
amici di un tempo, e di tutti chiese notizie a Salim.
Poi, sub itaneamente, il r icordo di sua madre lo colse
e ruppe in lamenti : « D immi, ti supplico, che ne è
s ta to di lei? Povero cardellino con le ali tarpate ! P er
la v er gog n a che provo ver so di lei il mio volto si è fat
to più n er o di uno s c h iav o indiano ! D immi, è sana an
c ora o sofferente? Quanta nostalgia della sua dolce
b e llezza ! » .
Vedendo come q u ell ' i n fe li c e anelava a rivedere la
madre, Salim non lasciò che la gemma restasse sepolta
nella roc c ia, e senza indugiare gli condusse da casa sua
madr e .
116
q uanto tempo ancora vuoi vivere isolato dagli altri
u omini, p e r quanto tempo ancora senza requie e senza
sonno ? È breve la vita, due giorn i ed è già trascorsa,
m ettiti in strada e affrettati al tuo rifugio ! Perché ag
girars i per oscure caverne, in m ezzo a for miche e a
serpi ? Il serpe ti morderà, stanne certo, e senza che tu
l o voglia, e la formica si ciberà del tuo corpo ! Placati,
l 'anima non è un pugno di sassolin i, acquetati, non
calp estare la vita, non continuare a martoriare il tuo
uor e : il cuore non è pietra, né ferro la vita ! ».
117
tempo del raccolto r ecidi le 'messi con la falce impie
tosa ! Accendi ogni notte una torcia e la deponi sul-
1' anima in fliggen dol e bruciante dolore, e quando fa
giorno fai sp irar e il vento, che il dolore allontani . Così
il cielo, che di simile talismano è il motore, si fa gioco
d i n o i . F inché i l piede è impigliato nei lacci del desti
no, dovunque andrai, quel luogo sarà una trappola :
solo a llora co n qu is t er a i il mondo, quando smonterai
dal d e s tr i e ro dei quattro elementi, 179 e andrai a piedi.
Purificati an ch e tu dai legami, non restare invischiato
nei lacci impuri della malattia : se l'aloe ti attrae con
i l suo prof u mo, sappi far ti muschio tu stesso, e svin
colati da ogni legame!
118
gile vetro andò a infrangersi sulla dura pietra. I l ri
ordo di suo p adre e sua madre lo assalì, e gemendo
piangendo fu sulle loro tombe . P ianse sulle tombe
d ei due vecchi e baciò quella terra benedetta. Ora pog
giava la fronte sull'una, ora sull'altra : ma possono for
se le lacrime essere un farmaco che r idona la vita? La
gente della tribù, udendo i suoi accorati lamenti, da
gni parte accorreva . Guardavano la sua figura este
n uata, a terra gettato, ignaro di sé, e versavano lacrime
di cocente dolore, gettandosi a terra ai suoi piedi.
Ognuno irrorava con le sue lacrime, come con una
pioggia d'acqua di rose, i l suo volto privo di sensi. E
q uando la sua mente sconvolta ritornò in sé, molto lo
supplicarono d i restare, compiendo ogni sforzo p er
trattenerlo e indurlo a restare fra i suoi.
Ma egli emise un gemito, riprese la strada delle
montagne e partì, abbandonando quella compagnia.
Per monti e deserti riprese ad errare, i l cuore colmo d i
cocente dolore ; solo qualche animale selvatico lo se
guiva, ma nessun essere umano gli era vicino, né lui
era vicino a un essere umano . Srotolò la sua stuoia ol
tre i confini del mondo degli uomini, ché null'altro
che male vi aveva trovato : come un lampo lo attraver
sò e di nuovo scomparve come una nube trasportata
dal vento .
La vita è un edificio fondato sull' effimero, non dura
che un attimo, foss' anche mille ann i ; la vita porta in
seno la mort e : a cosa conducono l e sue lusinghe? O tu
che sei ignaro di cosa è la morte, che non sai che morte
è tenere alla vita, fin quando continuerai a ingannare
te stesso, rimandando i preparativi per l' estremo viag
gio? Ogni granello c elato nelle viscere della terra, mi
sura il mondo sulla propria grandezza, eppure, se mi
surato ai monti Q à f182 non è che un punto e nulla più.
Guarda dunque, che cos ' è una foglia, che cos ' è un ra
mo, nella vastità di un giardino? E tu cosa sei, con la
tua altezza, se ti confront i con l 'altezza del cielo?
S e l a tua vita misurerai, vedrai che è nulla a parago
ne della vastità dell'oceano. Solo quando passerai oltre
119
i co n fi n i del mondo finito, allora abbandonerai la con
vinzione di esistere.
S olo allora ti eleverai alle altezze sublimi, quando
da ogni bisogno ti sarai liberato : guai ad aspettare il
p ane da un p a d ron e come il cane, o , come il gatto a
leccarne l a mensa ! D ivora com e una torcia il tuo pro
prio t ormento, come un cero divora il tuo stesso teso
ro ! S egui l'esempio d i Ne�ami e il mondo, da tuo si
gnore, d iverrà tuo schiavo !
120
1 compagna alle fiere, di cosa parla, di cosa ha memo-
1 i a? ». Il vecchio rispose : « Lontano da te egli è simile
i l l ' infelice Giuseppe n el fondo del pozzo, è un mare
i m placato, una luna precipitata dal cielo . Cantando
v rsi a voce spiegata, simile a un b anditore si aggira
I r valli e deserti, in ogni luogo è all a ricerca di Leyla,
•togni passo pronuncia il suo nom e . Ignaro di sé, vita
" per lui soltanto la via che conduce a Leyla » .
Quando Leyla ebbe udito tali parole, il giovane svet
tante cipresso divenne dai gemiti l ang u ida canna, s'in
· l inarono i t eneri narcisi d e i suoi occhi e perle di aga
ta rossa rotolarono sul suo seno di gelsomino .184 « So
no io » gemette « colei che infiamma il suo cuore, io
gli ho portato un tale destino ! N el dolore non sono
sola, eppure in questo dolore non s iamo uniti: a lui è
onsentito vagare per le montagne, io non po s so che
gemere nel profondo del pozzo ! » . S i sfilò or e cch ini e
monili preziosi, e depostovi un b ac io li porse al vec
chio. « Prendili » disse « e r i to r n a indietro, e fa che
possiamo riunirci. Conducimelo da quel luogo lonta
no, s ì che io un solo s guardo possa gettare su di lui !
Non appena lo avrai condotto qui, fammi un cenno ;
io vi raggiungerò e segretamente potrò posare i miei
occhi sul suo volto : lo vedrò finalmente, solo allora
potrò misurare la sua fedeltà, e forse potrà avvenire
che pronunci p er me qualche verso che a n cor a nessu
no prima di me ha mai ascoltato . E forse all' udirlo
cantare i suoi versi la pietra che opprime il mio cuore
cadrà » .
I l vecchio i monili che quella perla intatta gli ave
va affidato annodò alla cintura e con sé portò via quel
tesoro prezioso, da parte d i colei c he di tanto più pre
zioso tesoro era stata privata. Corse di montagna in
montagna, rapido come il vento, p er l u o g hi desolati e
verdeggianti p ianure, e p er giorni cercò Majniin in
quei luoghi, ma niente portava traccia di lui. Alla fi
ne, nei pressi di una montagna, trovò l' infelice Maj
nun . Alcun e fiere lo circondavano, vigilando su di lui
come fosse un tesoro .
121
Majnfm, quando scorse in lontananza la figura del
vecchio, come un cucciolo si volse verso il leone e con
u n ac u to richiamo avvertì l e altre fi ere affinché non
aggredis�ero l'ospite. Qua n do le b elve s i furono poste
a distanza, i l vecchio avanzò r endendogli grazie. S i in
chinò toccando con la fronte la t erra e così gli disse :
« O tu che hai ai tuoi p iedi il regno dell'amore, possa
tu vivere finché l'amor e v ivrà ! L eyla, b ellezza del mon
do, ti ha sì caro da dare la vita per te ! Lungo tempo
è trascorso da quando p e r l' ultima volta ti ha visto, né
ha più udito una sola paro la dalla tua voc e : ora si
strugge p er vederti anche solo un istante, per sedere al
tuo fianco, voi due e n es su n altro con voi . Anche tu
po tra i godere della sua vista, libero infine dalle catene
della s e p ara z i o ne Le c a n tera i dei versi che l e done
.
122
, 1 rdo già come un cero, se andassi più oltre mi estin-
u erei. Ogni passo più in là è perdizione e nella reli
g ione dell'amore ogni peccato è ignominia.185 F inché
i I dominio conservo di me, delle azioni commesse non
d ovrò avere vergogna. Anche a lui, che è un amante
perfetto, andare oltre nella strada del desiderio è proi
b ito. Va' da lui, e supplicalo di onorarmi del suono
H ave della sua voce : lui canterà i suoi versi e io lo
, scolterò, lui porgerà la coppa di vino e io me n e dis
H terò ».
I versi di Majnun
1 23
st esso batterò il tamburo dell' estremo viaggio : ché il
l upo soltanto se teme la tempesta si pone al riparo !
« Non augura rmi la buona notte, ché notte b uona
1 24
n o, soli, io e te, in un roseto, io seduto accanto a te,
guancia a guancia, tu protesa verso di me, dolce net
are in dolce nettare! Ti circondo come la mano la
·orda dell'arpa, ti celo come la p ietra il rubino. Il lan
guore dei tuoi occhi di narciso mi ha reso ebbro, pren-
l imi per mano con i tuoi riccioli d i giacinto ! Scom
poni l ' in treccio dei tuoi riccioli , ché io possa tendere
l'arco delle tue so pracciglia,187 fammi adagiare sul tuo
seno di melograno e accarezzare il pomo soave del tuo
mento ! Ora t i getto indietro la treccia sulle spalle, ora
d iscosto un ricciolo dal tuo volto, ora il lino della tua
veste inum idisco di lacrime, ora improvviso versi, ora
i n torno alle tue guance di rosa imprimo segni di viola,
ora sollevo i l tuo volto di rosa liberandolo dalle vio
l ette della tua chioma, ora ti stringo fra le mie brac
c ia, ora ti porgo il libro del dolore .
« Amica mia, ora che la vita ci è amica, ecco, ora è
il momento : non mostrarmi una fonte luminosa come
il sole, non m ' i ngannare d i lontano con un miraggio !
Per la sete della tua b ellezza, anima mia, son divenuto
un nero granello c ome il tuo neo , 188 ma tu, anima mia,
non m i concedi neppure un gran ello d'amore, e solo
d i dolore cocente sai gravar e il mio cuore. So soffrire
senza di te, ma so anche b ere vino con t e : nel tuo con
vivio ber e vino è di fausto auspicio, ché in Paradiso è
l ecito il vino ! » . 1 89
Così d i sse, e riprese la via del d eserto : il cuore gli
sangu inava, la mente era in f i amme. E quel sottile c i
presso, abbandonando il giardino col volto attristato,
ri tornò alla sua tenda .
1 25
suo splendido vo lto era ancora imberbe, ma già aveva
p erc orso le vie della so f e re nz a d'amore, le pene del
f
1 26
d starti v1cmo, concedimi l' intimità del tuo cuore,
1· mcedimi d i ascoltare i tuoi vers i ! Fa' conto ch'io sia
1 1 na di queste fiere, avere per schiavo un giovane co-
111 me non potrà danneggiart i . Anch' io mi sono con
u mato sulla dura p ietra dell'amore, anch'io ho amato
ho sperimentato la lama del dolore ! » .
1 27
m e n to n o n g i u n s e grato . « In nome di D io » disse an
cora « poiché ti ostini a celare l 'acqua pura all' asseta
to, lascia almeno, ti supplico, che in tua direzione io
c omp ia la mia preghiera ! Se nella mia via, per adora
zione h o commesso una colpa, nell' adorazione la colpa
p o trò e spi a re ! » 1 92
.
1 28
Majniin per quei saggi consigli non si scosse dalla
ua ostinazione, ma il cuore gli balzò in petto e così
l' i s pose a Salam : « Pensi fors e ch'io sia un ubriaco,
: b e Folle d' amore io sia schiavo della passione? Sappi,
· h e io dell'amore sono il sovrano in maestà, che la mia
1 n ima è pura da ogni altra cosa che non sia nobiltà, la
m i a terra è intatta, purificata dagli appetiti dei sensi,
i n contaminata dalle passioni : spezzato è in me ogni
i m p eto di concupiscenza . L 'amore è l ' essenza del mio
• s ere, l 'amore è il fuoco, io sono il legno d'aloe che
1 29
tesoro di versi preziosi custodito nella memoria. E ogni
volta che recitava quelle q a§ idè, l'animo degli ascolta
tori ne r estava confuso e turbato.
130
' va, e furtivamente asciugava le lacrime non appena
i ungeva di nuovo . Finché era sola gemeva, ma non
ppena il suo carceriere tornava, i suoi gemiti rinser-
1 a va di nuovo dentro di sé, e languiva in quel segreto
131
nella malattia, inf i ne il res piro si fece corto, la fiala
della vita si frantumò e l' anima sfuggì alla prigione di
questo mondo.
Si d ipartì Ebn Salam, come noi tutti c i dipartiamo,
quando il mondo si riprende il credito che c i ha fatto .
S ta' in guardia, non accettare nulla dal mondo, foss'an
'
che un po d ' erba s e cca t a, che il mondo è un creditore
impaziente! S forzati di non accettare nulla da lui, per
non avere nulla da r e s ti tu irgl i domani, non ti adagia
re su ciò che il mondo ti dà, poiché non è che rovina !
Sulla tua propria perla spezza lo scrigno del mondo, 195
vola via, come fanno i colomb i, da queste mura turri
te ! Ché i s e t te continenti di questo mondo son fatti di
quattro radici, non sono come lo scudo dai mille chio
d i della volta celeste ! 1% E quando il giavellotto della
morte col p i sc e si cade, senza più potersi r ialzare !
,
132
Come giunge l'autunno e come Ley la m uore
133
Solo allora s vel ò alla ma dr e il suo segreto : « M a dr e
mia, dimmi , come può mai avv en i r e che la gazzella
neonata succhi insieme al latte il veleno? La vita mi
s fugge, sono estenuata, non essere dura c on me! Sof
fro, è forse questo l'amore? M uoio, è forse questa la
vita? È stato tanto il dolore che segretamente ho sof
ferto , che ora dal c u o r e esso si è fa t t o strada fino a rag
giungere le mie labbra . Ora che la vita mi sfugge, è
giusto che il mio s egr et o si sveli e q u an do dal mio s e
greto avrò sollevato il velo, allora ti dirò addio. E Dio
ti guardi dal non tener fede alle mie ultime · volontà!
Ascoltami dunque! Quando avrò esalato il mio estre
mo sospiro, poiché io muoio per la lontananza dal
l'amato, adornam i come una sposa : sui miei occhi sten
di c ome c o l l ir io la polvere che lui ha cal p estato, p re
parami l'indaco della sua indigenza, ri n fr e sca m i la
fronte con l'acqua di rose delle sue lac r im e, profumami
col pr ofu m o del suo dolore, cosp arg imi degli aromi di
quella pallida rosa e della canfora dei suoi sos p iri.201
Fa' ch'io sia avvolta in un rosso sudario, io sono una
martire e questo colore io d e s i dero per il mio giorno
di fes ta . Acconciami nel m io vestito da sp o sa avvol,
gimi in un v el o di terra .
« Quando il mio amato errante saprà che la patria
134
pirata, sappi che a m andot i si è a ll o ntanat a da que s t o
rn ondo; e finché è stata di questo mondo, null'altro
· he la pena per la lontananza da te l'ha colmata, e
q uando è sp ira ta la sua sofferenza per te ha preso come
v iatico . E an c he ora che il velo de lla terra l av v o lg e,
'
135
fu giunto all ' or ec c h io dell' infelice Qeys, egli si abban
donò alle lacrime e pianse di amara disperazion e . Scon
volto r aggi un se la tomba di Leyla e come un fulmine
vi si a bb a t t é Il suo a sp e t t o era indescrivibile, dai suoi
.
136
l t t a figura è svanita lontano, il dolore che hai lasciato
I ietro di t e non ha fine ! ».
137
Sempre ·p i ù debole, sempre più evanescente, un
gio rn o infine, schiacciato dalla sofferenza, fu sul punto
d i esalare l 'anima. Gemendo si portò su quel tumulo
che celava il corpo di Leyla, si abbatté sulla terra di
quel sacro recinto, e il suo vascello affondò in acque
di tenebra. Pronu nc iò gli ultimi versi, versò le ultime
lacrime, e levando la mano verso il cielo, socchiuse le
palpebre e così parlò : « O Creatore di tutto il creato,
liberami ti supplico dal mio tormento, lascia c h ' io rag
giunga l ' amata, liberami dalle strettoie della vita, con
cedimi i l refrigerio dell ' acqua di vita e conducimi in
salvo ! » .
C osì disse e p oggiò il capo s ulla terra, abbracciò
quel tumulo e mormorando « M ia amata ! » , spirò . An
che lu i abbandon ò questo mondo, tutti i mortali de
vono abbandonarlo, poiché a nessuno è consentito
sfuggire all'estremo viaggio.
O tu che come un asino zoppo sei inchiodato alla
macina del mulino, allontana la tua c ervice da questa
macina greve, che da essa è lontana la libertà ! Non at
taccarti alla terra, non è altro che polvere, non asse
condare la tua p a s s i one non è che favilla, non stabi
,
138
Egli era addormentato, come il re sotto il b aldacchi
no reale, le fiere vigilavano su di lui, intorno a quella
mba avevano stabilito la loro dimora, avevano fatto
la loro tana. E per timore d i quelle fiere la gente non
sava avanzare fino alla tomba . I l visitatore che d i lon
t ano scorgeva quell'agitarsi come di api in un alveare,
pensava che il folle straniero fosse inginocchiato pres
so la tomba come soleva . E intanto quei prodi, sguai
nando la spada, vigilavano sulla sicurezza del loro re,
ignari che il loro re era spirato, che il vento aveva ra
pi to il suo c into e la sua corona . 204
La vuota carcassa fu avvolta dalla sabbia, lo squas
sarsi dei cieli la sparse sulla terra. E così delle fattezze
esteriori del Folle d'amore non rimasero più che le os
sa. Ma n essuno sciacallo ebbe l'ardire di avvicinarsi al
suo corpo, e fintanto che gli animali gli rimasero at
torno a vegliarlo, nessuno osò mettere piede in quel
.
sacrario .
Trascorse un anno e la schiera dei cervi, gazzelle e
animali da preda, a poco a poco si diradò, tornando a
disperdersi nel desert o . Quando il talismano si infran
se, quando si ruppe il sigillo di quel tesoro celato, co
loro che da lontano erano rimasti a guardare osarono
entrare nel sacro recinto . Videro il Folle d'amore gia
cere a terra, ma non ve n ' erano più che gli ultimi resti.
La voce s i sparse in ogni contrada, la storia in ogni
angolo d'Arab ia fu conosciuta. I parenti, gente nobile
e pura di cuore, s i radunarono colmi di dolore in quel
luogo, quando l o videro s i lacerarono le vesti e le
membra. Quei resti privi d i vita erano simili a una
b ianca conchiglia senza perla, e intorno a quella con
chiglia essi sparsero le perle delle loro lacrime e lo pro
fumarono d ' ambra ; ma lui stesso, come un idolo in un
tempio del deserto, emanava un soave profumo.
P iansero i pellegrin i e lo inondarono di una p ioggia
di lacrime, con le proprie lacrime ne lavarono i resti
e dalla terra lo affidarono alla terra . Gli scavarono la
tomba e lo deposero a fianco di Leyl à . Là essi riposano
in gloria, in attesa della Resurrezione, e ogni b iasimo
139
da loro è stato fugato. In questo mondo un unico pat
to l i unì, nel mondo dell'Oltre essi giacciono uniti in
una sola lettiga. La loro tomba fiorita divenne meta
obbligata degli amanti, e chiunque giungesse in quel
luogo affranto dal dolore vi trovava la pace e da quella
tomba fiorita nessuno si separava senza che il suo desi
derio fosse stato esaudito .
140
NOTE
1 . L'invocazione a Dio, l'elogio del Profeta e l'evocazione
del me'riij, costituiscono il trittico introduttivo con cui
Ne?ami apre « canonicamente » i suoi « Cinque Poemi »
(Khamsè) . In Ley la e Majnun è privilegiata in apertura
l 'evocazione del nome di Dio e dei suoi poteri, chiave e
sigillo dell'esistente, cifra che consente di penetrare le
realtà segrete. In questa scelta certamente non casuale, di
u n determinato ordinamento interno dei temi tradizional
143
s o no alcune delle coppie di parole-chiave che vi compaio
no. E i protagonisti del poema, Leyla e Maj nun, potreb
bero inserirsi em bl em ati ca me n t e in questa medesima « se
rie ,. , secondo la linea dell'interpretazione nezamiana:
Leyla è l'essenza preziosa e celata, Maj nun ne è lo scher
mo, i l velo, « la conchiglia che cela la perla » . (Cfr. in
p articolare il capitolo " Familiarità di Maj niin con gli
animali del deserto » ) .
145
fondatore del l ' Islam doveva essere 'Ali. (Si confronti an
che Ne?ami, Le sette p rincipesse, cit., p. 46).
12. È i ncerto se l e quattro colonne e le quattro cupole
siano un'ulteriore duplice metafora dei quattro fondatori
del l ' edifici o del califfato (colonne), di cui hanno anche
r appresentato l a mai più e gu a gliata realizzazione (cupole),
oppure se le due immagini si riferiscano l'una ai quattro
califfi e ben gui dati » (Abii Bakr, 'Omar, 'Othman, 'Ali) ,
l ' altra ai cosiddetti u�ul, « fondamenti » , della religione,
come l i definisce i l diritto islamico, e cioè il Corano, l a
tradizione profetica (sunna), il consenso della Comunità
(ijnui') e i l principio analogico (q iyas).
13. È qui appena accennata un'immagine che ricorrerà
più volte nel seguito, propri a della rappresentazione reto
rica della bellezza del volto : quella delle sopracciglia ben
disegn a t e e che arrivano a toccarsi, formando appunto un
arco . (Cfr., infra, no t e 138, 167, 1 87).
148
Kasran che regna nella zona del Caucaso a partire dall'XI
secolo, sottraendo la zona al controllo dei sovrani Sel
gi uchidi.
25. Passo non del tutto perspicuo, ma che allude con tutta
probabilità alla ricca ricompensa offerta a Ne?ami dal so
vrano committente.
26. La sposa (si veda anche, infra, p . 23) rappresenta qui
la poesia e le « gemme di Persia e d'Arabia » alludono
verosimilmente al fondersi nel nuovo poema delle due
tradizioni poetiche araba e persiana.
27. I re dello Shirvan favorirono la letteratura in lingua
persiana garantendole il loro patronato; malgrado non
fossero di madrelingua persiana essi si attribuivano ascen
denze iraniche, facendo risalire la propria genealogia al
l'usurpatore Bahran Chobin.
28. Il regale « convito » (bazm) sembra qui implicare
un'allusione al binomio del razm o bazm, « guerra e con
vito » , che sintetizza, con particolare riferimento all'epica
iranica, il genere romanzesco e quello « eroico » . « Guer
ra e convito » sono in effetti assenti da Ley lii e Majnun,
poema in realtà strutturalmente privo di narratività, me
ditazione sull'amore assoluto, eterno, immutabile e per
tanto privo di « storia )) ; specularmente opposto a e osroe
e Shlrzn. Ne emerge ancora più limpidamente il talento
150
nel termine khalaf, « erede, figlio preferito '" del secondo
mistichio.
85. Forma e colore dei vari elementi della fisionomia uma
na - mai denominati senza la mediazione della metafo
ra - rinviano in questo linguaggio poetico, a un siste
m a di corrispondenze già sostanzialmente stabile, alme
sé nomi nata come val ore astratto, ma, con assoluta preva
lenza, rappresentata at traverso metafore alimentari.
1 52
rabile catena di rinvii alla rotondità ri scontrati nell a sua
figura.
153
con il loro nome, mentre di norma trasforma e arricchi
sce tutto attraverso l a metafora, sono rare infatti imma
gi n i così concrete e p overe (ma l'asino-corpo è un'imma
gine di tradizione gnostica).
47. È la frattura dell' armonia i niziale espressa attraverso
il n ome del protagonista: Qeys diviene Maj nun (cfr.,
supra, nota 38) . Questo a l m e no è l'iter ricostruito dalla
155
di pene trare, · ma a cui sempre ritorna, anche quando o r
mai la sua vita appartiene defini tivamente alla società de
gli an i m al i selvatici .
5 2 . Gu i d o Cavalcanti si raccomanderà alla sua « balla
tetta " con parole non mol to dissimili :
deh, ba l l ate t t a , dille sospirando
qua n d o le se' pr esen t e :
questa vostra servente
viene per star con vui ,
partita da colui
che fu servo d'amore.
(Ballata dell'esilio)
Per a l tri successivi « i nvii » , si v eda, supra, pp. 73, 74.
53. L'immagine del c ero è metafora ambivalente : il cero
è l'amante che arde, c on sum a t o dal fuoco dell'amore, che
s offre e pi ange lacrime di cocente dolore, simili alle « la
crime » di c e ra della candela. Ma la fiamma del cero può
anche essere - c o m e appu n t o in questo passo - simbolo
dell ' a m a to, attorno a cui l'amante ruota ipnotizzato dalla
sua luce, come una falena.
54. Allusioni al malocchio, te m u tissimo pericolo, ricorro
no con frequenz a in questo come negli altri poemi di
N e?:a m i, che accenna a varie credenze po p olari connesse.
Lo s tesso Cor ano sembra riferirsi del resto al potere del
malocchio, su ggere n d o al credente una formula per scon
gi ur ar l o, nella p en ul ti m a sura del Corano : « D i ' : " Io mi
rifugio presso i l Signore dell'Alba dai mali del creato, e
da l male di una notte b u i a q u an do s'addensa, e dal male
delle soffianti sui nodi e dal male dell'invidioso che invi
dia " ,. ( Cora n o , cxm) .
55. Si veda, supra, nota 5 .
56. I er s i
v che seguono, ri tma ti sul contrappunto dei
nomi di Leyla e Ma j niin, so no tutti costruiti sul tema del
l'opposizione. D a qu a n do Qeys, separato da Leyla, è di
v en u t o Majm1n, l'unione che prima li separava da tutto
il resto del mondo (dr. i versi che li descrivono al tempo
felice della scuola, q uan d o ha inizio i l loro amore, p. 28)
h a lasci a to spazio a una distanza q u i rappresentata attra
verso un'iterazione di metafore tutte cen trate sull'opposi
zione qualitativa: dacché il mondo si è posto come bar-
156
riera in mezzo a loro, Maj nun ha perduto ogni valore,
gni bellezza, che invece in Leyla, agli occhi di Maj nun,
si sono esaltati.
57. Metafora che non siamo riusciti a interpretare. La
r i beba o ribeca (persiano rabab) era uno strumento musi-
aie ad arco, originariamente a due corde, con il piano
a rmonico di pergamena e di forma affine alla chitarra.
158
l are la causa del rifiuto da parte del padre di Leyla, mal
grado la ricchezza della dote o fferta gli : un rifiuto dovuto
l unque a nient'altro che all'infrazione commessa da Maj
n un, alla trasgressione della norma sociale di non pubbli
i zzare l'amore prima del matrimonio (ib id., pp. 1 4 1 - 1 43,
1 60, e passim). In ]ami la causa iniziale, determinante, del
la separazione fra i due e della conseguente follia di Maj
niin sarà invece l'antica inimicizia che divide le loro rispet
live famiglie - aggiunta alla l oro differenza di status - e
he segna fin dall'inizio la sorte i nfelice dei due amanti
(Medjnoun et Leila, trad. frane. di A.L. Chézy, Paris, 1 807,
pp. 70-7 1) . La scelta di Jami si può dire rappresenti un pas
so ulteriore sulla via di quel processo di « santificazione »
1 64
pe t ali serrati (che ha s tretto la c i ntur a) ; la rosa nella sua
p iena fiori tura che ha già i mpregna to il ve nto del suo pro
fumo e tenta di far suo anche quello del gi a cin t o ( tentava
di ru b arg l i il sacche t to di muschi o) ; la rosellina selvatica,
dai piccoli petali bianchi , immaginata aver tratto il suo
bi ancore dall'essersi bagnata nel l a vi cina sorgente, che
non è al tro che la c as cata di minuscoli fiori bian c hi del
gel somino.
stesso Ne:?ami.
99. Il nome Ebn Salam cost i t u i sce, da un punto di vista
t e cn i co quella parte del nome di persona arabo-islamico
,
così ogge tto del can to dei menestrelli e perdendo per ciò
s tesso il buon nome l egato al riserbo che si conviene a
una giovanetta non ancora usci ta dalla c a s a paterna.
1 67
1 1 2. Era credenza diffusa che le l acrime del cervo con
tenessero una sostanza che fungeva da a ntidoto contro il
veleno dei serpenti.
1 68
1 1 9. Metafora dell'aurora: una volta di più il mutare
d'aspetto del cosmo nelle varie fasi del suo ciclo diurno
è rappresentato attraverso immagini legate all'abbiglia
mento : la volta celeste è immaginata nell'atto di ravvi
vare la veste di lutto - che nella cultura islamica non è
i l nero bensì l'azzurro profondo - con l'oro dei raggi so
l ari, che, nel momento del sorgere, arrossano l'orizzonte.
1 20. Nella tradizione esegetica islamica si è attestata l'in
terpretazione che considera a l-kawthar (termine che ricor
re una sola volta nel Corano, cvm, l ) come nome proprio
di un fiume del Paradiso o, più in particolare, della fonte
del Profeta a cui i credenti si disseteranno all'entrata del
Paradiso.
1 2 1 . Tutto il preludio all ' « invio » gioca intorno al tema
del nero delle piume corvine attraverso l'incalzare delle
domande di Majnun, le quali propongono sette possibili
eziologie di come quelle piume abbiamo potuto « diventa
re » nere.
1 22. Gli al tri colpevoli cui si riferisce Maj nun sono evi
dentemente Nowfal e i suoi, che hanno quasi sterminato
la tribù di Leyla.
1 23 . L'inversione di valori, qui applicata a Leyla, sembra
essere il « segno » di una realtà esoterica, del superamento
della « lettera » della legge.
1 24. L'immagine del pescatore di perle riunisce in sé
l'idea di profondità e di ri cerca di tesori nascosti, mentre
la perla è per eccellenza metafora di parola, soprattutto
parola poetica (si veda, supra, nota 23).
1 25 . Nel codice delle equivalenze su cui si fondano le
metafore relative alla figura umana, il narciso che abbe
vera il rosso arghavan non è altro che l'occhio, che, ver
sando lacrime, bagna le guance, il cui colore vermiglio è
qui paragonato a quello dei fiori delI' a rghavan , il cosid
detto albero di Giuda. Ma tale è il profluvio di lacrime,
che addirittura l'intera figura (canna) di Leyla è come ve
nisse immersa nell'acqua di fonte.
1 26. Fra i miracoli di Gesù il Corano ne ricorda in par
ticolare due che appartengono alla tradizione dei Vangeli
apocrifi. Si tratta di Gesù che ancora neonato parla agli
uomini (Corano, xix, 3 0), mentre nella Sura III, 49 è detto :
1 69
" E D io lo invierà come Suo Messaggero ai figli di Israe
le, ai quali egli dirà " I o vi porto u n Segno del vostro Si
gnore . Ecco che io vi creerò con dell ' argilla una figura
d ' uccello e poi vi soffierò sopra e diventerà un u ccello vi
vo, col perme sso di Dio " ». Quest'ultimo è rimasto le
ga to in modo emblematico alla figura di Gesù nella tra
dizione islamica, e l ' " alito vivifican te " è il suo attributo
per eccellenza.
127. Rum, Roma, è la denominazione usata nel l a cultura
i sl amica classica per designare l'impero bizantino. Geo
grafi camente indi ca p erci ò l ' Anatolia e può anche desi
gnare più specificamente l a città di Bisanzio.
1 28. La luna e il drago designano qui me taforicamente
Leyla e Ebn Salam. La metafora è fondata su un signifi
cato tecnico astronomico. In persiano sono infatti chia
m a ti « draghi ,, i due nodi dell'orbita lunare, cio è i pun
ti i n cui essa incrocia l ' ecli ttica. La luna può essere ecli s
sata solo trovandosi in uno di questi due nodi : il n0-
me « dragh i " , con cui è divenuto tradizionale denomi
narli, è l ega to ail' a ffabulazione el aborata sulle e clissi di
luna, duran te le quali si immaginava che essa venisse in
goi a t a da un drago .
1 29. J amshid (avestico Yima Khshae ta, medio persiano
Yamshe t o Yam) è il nome di uno dei mitici sovrani ira
n i ci de l l e origini, re ed eroe civil izzatore, connesso anche
con gl i eventi della fine del ciclo cosmico. Né i tes ti anti
chi , né quelli pahl avici parlano di una coppa di Jamshid.
Quanto a Ferdowsì, l ' a u tore del L i bro de i R e , nel suo
poema a ttribu i s ce una « coppa che mos tra i l mondo » a
un al tro sovrano della mi tica stirpe keyanide, Key Khos
row. L' attribuzione del l a coppa a Jamshid pare abbia
avuto inizio in torno al XII secolo, ed è probab i lmente
legata a quel processo di identificazione simbolica del so
vran o iranico con il sovrano biblico Salomone (i cui po
teri s up erumani sono affermati già nel Corano), che è poi
rimasto u n fatto acquisito nell a cul tura islamica. La cop
pa è definita come jahiin-bin, « che vede il mondo '" e
jahiin-nomii, « che mostra il mondo », una coppa spec
chio, dunque, che trova un suo omologo nel faro-specchio
di Alessa n dro, altra « repli ca » di Salomone nella tradi
zio ne dell' Islam. Nella lirica persiana la coppa di Jamshid
è i n terpretata come l a rappresentazione simbolica del
1 70
« cuore » ( del) , per gli gnostici essa è il nafs-e dana, « l'ani
ma sapiente » , purificata e limpidissima, e, in corrispon
denza con questa interpretazione simbolica, il metallo di
cui essa è fatta è l'oro (evidente riferimento nella meta
fora usata da Ne;i:ami per descrivere il sorgere del sole
(dr. Bausani, Lettera tura neopersiana, cit., pp. 256-259).
1 30. Gli schiavi russi o slavi erano particolarmente pre
giati nel mondo islamico per il candore della loro pelle e
la loro chioma bionda. Erano anzi gli schiavi per eccel
lenza. Qui « lo schiavo di Russia » rappresenta il sole, in
opposizione all'arabo, di pelle scura, che è la notte. La
metafora si fonda sul riferimento al costume nuziale ara
bo-islamico, secondo cui lo sposo, nel corso della festa di
nozze, viene ammantato di un tappeto prezioso da pre
ghiera. In questa immagine dunque, il sole ricopre la
notte con lo sfavillante tappeto del mattino.
1 3 1. Si usava gettare dello zucchero sul legno d'aloe per
ché ardesse meglio.
1 32 . Il moto delle sfere, che governa l'alternarsi del cielo
notturno e diurno, è evocato attraverso l'immagine della
corrente di un fiume imponente, il Tigri, su cui la notte,
come una nave, si allontana velocemente.
1 33. La metafora allude chiaramente al tentativo di Ebn
Salam di congiungersi alla sua sposa e al rifiuto che essa
gli oppone. La palma è immagine, già usata dai poeti
arabi ma meno frequente del cipresso nella poesia persia
na, per rappresentare la figura dritta e slanciata della
persona amata, mentre al dattero, per colore, dolcezza e
turgore, sono comparate le belle labbra.
1 34. Secondo V. Dastgerdl, curatore dell'edizione di Ley la
e Majniln su cui è stata condotta questa traduzione, « il
nobile cantore di Baghdad » potrebbe qui alludere ad
Abu Bakr al-WalibI, autore della più popolare e più ricca
raccol ta di versi di Maj n un (sui problemi relativi alla fi
gura di al-Walibl, non meno leggendaria di quella di
Maj m1n, sulla sua identità e la cronologia della sua vita,
si veda A.E. Khairallah, Love, Madness and Poetry , Bei
rut, 1 980, pp. 57-6 1 ) .
1 35 . Samùm significa in arabo « avvelenato » . È il nome
di u n vento torrido e pestilenziale.
1 71
1 36. II tr a m on to della luna, che rende buia la notte, è
i mmagi n a t o come « causato " dalla notte stessa, che man
da i n frantumi la l u n a, qui assimilata, per il suo bian
core l um i no s o, a una coppa argentea.
1 37 . Una catena di iperbol i rappresenta la superiorità
della bella rispe tto alla natura nei suoi aspetti più ful
gidi : la l u n a , il fuoco, i l giard i no. E ciò le conferisce un
potere di soggiogare gli uomini . ben superiore anche a
quello di un re : l ' u ltima metafora, legata al gioco degli
scacchi, si fonda s ull' omografia dei termini rok h « guan
c i a » e rokhkh « torre » (nel gioco degli scacchi : da cui
il nostro ter mi n e « arrocco " , indicante la mossa consi
s te n t e nello spostamento s i mu l taneo del re e della torre).
1 3 8 . L'anno m usulmano comporta due feste canoniche :
'id a l-adha, la " festa del sacrificio » (dell'agnello), cele
brata il IO del mese di dhu 'l-J:i ijja durante i riti del pel
l e gri n a ggio alla Me cca e 'id al-fitr, « festa della ro ttura del
digiu n o » : quest'ul tima, seb b ene sia d etta « la piccola fe
sta » , essendo quella con cui si conclude il mese del di
giuno, è sempre stata la più popolare, ed è quasi certa
mente quella cui s i riferisce questo passo. Quanto alla
falce della !una nuova, essendo il calendario musulmano
l u n are, è dalla sua d ir e t ta visione che viene calcolato l'ini
z i o di o g n i mese; nel caso del mese di ramacj,iin, il tenni
ne del digiuno viene app u n to a coincidere con la visione
testimoniale della luna nuova (prescindendo cioè dai cal
coli astronomici), dan do inizio alla 'id al-fitr. Fra le im
magini d i q u es t o l i nguaggio metaforico, il crescente di
l un a è una di que l l e più frequentemente usate per rap
presentare le sopraccigli a. Come scrive Rami « sul cielo
della bellezza esse sono, come l a luna nuova nel firma
mento, l'oggetto di de sid erio degli amanti, e non appena
esse app aio n o, tutti ma n i fe sta n o la loro gioia e se le mo
strano gli uni con gl i altri " (Cheref-Eddin Rami, op. cit.,
p. 22).
I 39. " Il sultano del tuo vol t o » , traduzione « letterale »
della c o n s u e t a forma persiana, duttile e concisa, dell'e.iiifè
( « annessione "), es prim e anche qui un nesso comparativo
(cfr . , supra, nota 3), che potrebbe sciogliersi così : « Il
tuo volto, adorno della chioma corvina, è simile al sulta
no all ' o mbra del n ero baldacchino regale » . Cina e Abis
sinia, all'interno di questa metafora centrata sulla rega-
1 72
l i tà del volto dell'amata, simboleggiano, rispettivamente,
il bianco della carnagione e il nero della chioma, delle
sopracciglia e del neo.
l 40. La figura del deh qan, rappresentante della piccola
nobiltà terriera dell'Iran sasanide - che continua a esi
stere dopo la conquista islamica specialmente con funzio
ni di amministrazione locale - è divenuta, soprattutto a
partire da Ferdowsi (che era appunto un deh qan), emble
maticamente legata alla poesia epica, alla memoria delle
antiche tradizioni iraniche.
1 4 1 . Ancora un'allusione all'immutabilità del destino : ciò
che sta scritto non può cancellarsi, come chi è nero di
pelle non può, per quanto si deterga con l 'acqua, trasfor
marsi in bianco.
1 42. Cfr., supra, nota 62.
1 43. 'Ayyar è termine che ricopre una complessa e non di
rado contraddittoria realtà: si tratta di gruppi di uomini
che, ai margini della società urbana - fra Iraq, Persia e
Transoxiana dei secoli IX-XII - vivevano organizzati in
bande o confraternite, generalmente in rapporto d'anta
gonismo con il potere costituito, ispirandosi, con differenti
accentuazioni, agli ideali della futuwwa ( « cavalleria ). »
mo : " Pace l " gli dissero. Rispose : " Pace ! " , e subito por
176
1 64. Gesù è venerato nella tradizione islamica, a partire
dal C orano, sopra t tu tt o come operatore di s traordinari
miracoli : col suo soffio fa di uccelli d ' argilla uccelli vivi
(C orano, III , 49). Ecco perché l 'aria della pri mavera è
« normalmente ,. comparata nella poesia persiana all'alito
di Gesù che sa dare vi t a a i morti. E l ' evocazione degli atti
taumaturgi ci del Messia s tabilisce implicitamen te una se
rie di rinvi i : dal l ' evocazione dell'attributo di ruh A llah,
« Spirito di Dio ", con cui egli è denominato in un passo
del Corano, alla s tessa creazione dell'uomo : « Ecco Io
creerò un uomo d'argilla secca, presa da fango nero impa
stato e quando l 'avrò modellato e gli avrò soffia to dentro
del m io Spirito (ruh), prostratevi avanti a lui, adoranti ! »
(Corano, xv, 28-29) .
1 66. Sol t a n t o l a forma grafica delle tre lettere del l ' a l fabe
to arabo (acquisito, com ' è noto, dalla l i ngua neopersia
na), jzm ( � ). alef ( I ) e mzm ( r ), può chiarire questa meta
fora nezamiana, che t rapassa, nel secondo emisti chio, dal
la grafia al signi ficato del nome formato dalle tre lettere :
jiim appun to, che s i gnifica « copp a », ma che si riferisce
in questo contesto alla mitica coppa del sovrano keyanide
Jamshid (su cui si veda la nota 1 29) . Le tre lettere insom
ma evocano, i n u na sintesi s uprema, l a persona dell'ama
ta : l a l oro forma grafica rinvia alla sua immagine es te
riore, men tre il significato del loro comporsi nel nome
jiim ne dà per così dire l 'interpre tazione interiore: la cop
pa che rispecchi a il mondo è i n fa t ti « l 'i n tima anima illu
minante dell'Amico » (seco ndo la definizione di H a.fez) ,
1 77
il « cuore " (dd ) . Si veda su q u e sto Bausani, Letteratura
neopersiana, ci t . , p. 258.
1 67 . Le sopracciglia che si toccano sono considerate le
più belle. Il trattatello di Rami cita in proposito il se
guente verso:
Nessu no a l mondo è i ni nterro t t amen t e piacevole,
solo l e sopracciglia del mio amato ininterrottamente lo
[sono
(Cheref-Eddin Rami, op . cit., p. 22).
1 68. La st at ur a dell'essere amato è comparata ad alberi
di varie specie, sia in arab o che in persiano. La poesia per
siana predilige i n particolare due termini di paragone: il
cipresso e ! a canna, ney . Ma ney è in persiano « canna »
e " flauto " , e su ques ta duplici tà di significato si fonda
la m e t afora della canna come rappresentazione dello gno
s t i co , che come la canna si è svuo tato di sé e della propria
na tura transeunte, per accogliere in sé soltanto Dio, l 'Ama
to. Ney, nel senso di « flauto » , è p erò anche la voce del
dolore del!'Uom.o Perfetto, che ha desiderio della Patria
originari a :
Ascol t a l a canna come racconta,
e come si lagna della se p ara zione [ ... ]
" Da quando fui separata dal canneto,
al mio suono hanno pianto uomini e donne " .
Ques ti i cel eberrimi versi d'esordio del Ma thnavi spiritua
le di Mow! ana Jala!od-Dln Rumi, sui cui Jami ha scri t to
un breve p oemetto di commento (dr. B. Scarcia Amoretti,
Il commento di Cii.mi ai primi d ue versi del Matnavi,
e Annal i d ell ' I s tituto U ni v ers i t ar io Orientale di Napoli » ,
1 80
della cavalcatura dell'eroe, nonché frammenti lirici ; 3)
panegirico di una tribù, di un protettore o di un mece
nate, o satira dei loro nemici.
1 82. Qaf, nella cosmologia islamica, è il nome della mon
tagna che circonda l a terra, secondo una concezione di
probabile deriva z io ne irani ca . L'idea di una montagna
limite del mondo (collocata a nord), presente nelle tradi
zioni indoiraniche, era assai di ffusa presso i popoli del
l 'Oriente antico. Forse l ' origi ne potrebbe esserne rintrac
ciata nella cosmologia babilonese.
Nel mondo musulmano classico la terra è tradizional
mente rap presen t a t a come un disco piatto. I monti Qaf so
no separati dal disco te r re s t re da una regione che agli uo
mini non è da to pene trare, l uogo di tenebra che si estende
rebbe nella misura di quat tro mesi di cammino. Qaf è la
montagna-madre di tutte le montagne della terra, che so
no collegate a essa attraverso delle ramificazioni sotterra
nee, ed è fatta di smeraldo.
1 83 . In un enigma tico racconto coranico della « Sura del
la Caverna » (xvm, 59-8 1), si parla del viaggio di un per
sonaggio di nome Musa (l a cui identificazione con il pro
feta biblico Mosè è tuttavia in certa) alla « confluenza dei
due mari » . Nel corso di questo viaggio avviene l ' incon
tro con un « servitore di D io ,, , che la maggioranza dei
commentatori denomi na appunto al-Khaçlir (o al-Khiçlr;
Kheir, secondo la pronunci a neopersiana), il quale sotto
pone Musa a una serie di prove; il racconto coranico è
denso di riferimenti in direzione dell'epopea di Gilgamesh,
del « Romanzo di Alessandro » (in p articolare della sua ri
cerca dell'acqua di vita) e della l e gge nda ebraica di Elia.
Fra le spiegazion i del nome ( « i l Verde ») offerte dalle fon
ti orientali, ve n'è una secondo cui egli avrebbe acquisito
il colore verde immergendosi nella fonte dell'acqua' di
Vi ta. Kheir è considerato patrono dei naviganti, e in tutta
la tradizione popolare islamica la sua figura è connessa
con l 'acqua e con il movimento, e l a sua rappresentazione
è in genere quella di u n vecchio.
1 84. Si è già de tto di come la statura della persona amata
sia comparata so p rat tu t to, per la forma elegante e slan
ciata, al cipresso e alla can n a : in questo caso si inserisce
implicitamente ne l l i mm agi n e la « contiguità » canna-
'
181
flau to, con la s u a componente musicale di tristezza e di
l amento (dr., supra, nota 1 68). Dai narcisi, sinonimo di
e occhi " , piovono lacrime, comparate per « forma » a del
182
1 89. Sul motivo del vino, essenziale i n tutta la lirica per
siana classica, rimandiamo a Bausani, Letteratura neo
persiana, cit., pp. 263-277.
1 90. Gioco di parole fondato sull'identità del nome pro
prio Salam con il termine centrale della formula di sa
luto arabo-musulmana as-sa lam 'alaykum, « la pace sia
con voi " ·
1 9 1 . Si può confrontare questo racconto con quello, bre
vissimo, del poema « Il linguaggio degli uccelli » di 'A�
�ar, in cui Kheir (si veda la nota 1 83) chiede a un Folle
di Dio (o non è proprio rivolto a Maj nun?) se vuole essere
suo amico, e il Folle risponde: « Non sarebbe possibile.
Tu hai bevuto l'acqua dell'immortalità, io voglio rinun
ciare alla vita. Tu sei occupato a preservare la tua, io sa
crifico perennemente la mia » (La conférence des oiseaux,
cit., p. 50).
1 92. Il giovane Salam chiede a Maj nun di accettare di
essere il polo verso cui egli si orienta, la direzione ( q i b la)
verso cui far convergere la sua devozione, di essere insom
ma per qualche tempo il suo maestro spirituale, visto che
le parole di Majnun gli hanno mostrato quanto ancora
egli abbia da imparare, quanto ancora lontano si trovi
dalla via del vero fedele d'amore.
1 93 . Ancora un'affermazione del nucleo tematico centrale
della storia di Leyla e Maj nun, quello del progressivo
svuotarsi di sé dell'amante per accogliere in sé l'Amata,
il suo farsi non più che scorza, schermo, di un midollo
prezioso e celato.
1 94. Evidente riferimento alle gocce di cera in cui si scio
glie una candela che arde, mentre il bagliore della sua
fiamma è come la luce di un sorriso.
1 95. È un invito a rompere lo schermo di valori appa
renti del mondo terreno, per liberare lo spirito. La parola
arabo-persiana gowhar significa, ol tre che « perla, gem
ma » , anche « sostanza, essenza ,, .
1 84
201 . Per « collirio » si intende la polvere di antimonio di
cui è composto il kohl, cosmetico e farmaco che, passato
con un bastoncino di legno d'arancio sul contorno delle
palpebre, serve a delineare gli occhi di nero e insieme a
dare lucentezza alla cornea.
L'indaco, materia colorante azzurro cupo ottenuta per
macerazione dalle foglie di alcune indigofore, e usato an
ch'esso, insieme a kohl, hennè, profumo di muschio, ecc.,
per adornare il corpo femminile, è qui associato all'indi
genza e quindi al dolore, per essere l'azzurro considerato
colore di lutto.
202. È l'epilogo dell a storia di Leyla e Majnun, e come
si conviene a un epilogo la metafora attraverso cui si rin
via a una « tradizione » che precede il poema di N e?:amì
evoca l'immagine della firma imperiale, la Tughrii: un'im
magine che assolve al molteplice fine di rappresentare
concettualmente una conclusione, un'autorità e un'arte
della scrittura massimamente elaborata.
203. Il recinto e l'acqua possono dirsi gli unici due ele
menti originariamente necessari al tempio islamico : spa
zio delimitato, separante, ma non necessariamente coper
to, non necessariamente configurato come edificio, e prossi
mità a un punto d'acqua per la purificazione·. Anche se for
se l'unico carattere veramente irrinunciabile dell'origina
rio santuario (masjid) islamico era quello di costituire uno
s p azio sufficientemente ampio per raccogliere al suo inter
no la comunità dei credenti. (Si veda su questo O. Grabar,
The A rchitecture of the Middle Eastern City from Past to
Present: The case of the Masq ue, in Middle Eastern Cities,
a cura di I. Lapidus, Berkeley-Los Angeles, 1 979, pp.
26-46) .
204. L'immagine degli animali selvatici che continuano a
vigilare invano il corpo di Majnun, inconsapevoli che il
loro signore è ormai spirato, non può non evocare l'im
magine coranica della morte di re Salomone, il soggioga
tore degli uccelli e dei jinn: « E quando decretammo a lui
la morte, l 'unica cosa che ai jinn rivelò il suo trapasso fu
un animale della terra che rosicchiava il suo bastone. E
quando, privo di appoggio, cadde a terra, fu chiaro ai jinn
che se avessero conosciuto l'arcano non avrebbero conti
nuato in quell'umiliante castigo » (Corano, xxxiv, 1 4).
1 85
DESERTO E GIARD I N O
D I GIOVANNA CALASSO
« Strumenti della poesia sono grazia e letizia, da grazia e
letizia il verso trae i suoi pretesti ! Ma da catene e follia
che altro può scaturire se non nude parole che attristano
il cuore? [ . . . ]. Non vi è giardino o banchetto regale, non vi
è suono di liuto, né vino purpureo! Su aridi deserti e im
pervie montagne, fin quando potranno correre parole
d'infelicità? " · Con queste parole, nelle « Cause della com
posizione del libro » , Ne;i:ami esprime, nella finzione reto
rica del dialogo con il figlio, il suo sconforto di poeta
di fronte all'impresa commissionatagli dal sovrano: com
porre un poema che canti l'amore di Leyla e Maj niin. Lo
comporrà, ma solo per ubbidire al volere del re di Shirvan.
Più che un modo traslato di esprimere la propria in
soddisfazione nei confronti del terzo dei suoi « Cinque
Poemi » ,1 le parole di Ne;i:amì sembrano piuttosto impli
care una sfida e un vanto : chi altri sarebbe riuscito a rea
lizzare una simile opera partendo da presupposti che con
traddicono le leggi stesse del narrare poetico?
1 89
Man c a alla storia d i Leyla e
Maj nun della tradizione
araba l ' i n treccio romanzesco e
sfondo di corte (bazm,
lo
i l « b a nch e t to » ), come manca del resto la guerra (razm),
l 'altro polo d e l l e pope a ; anche se di questo l'autòre non
'
191
un'esile storia amplificata dalla tradizione, frammenti poe
tici ossessivamente centra t i sul rimpianto di un oggetto
d'amore ormai divenuto irraggiungibile, w l e convenzfoni
dell'amore beduino.
N o n es iste alle origini presso gli Arabi una vera poes i a
d'amore, o almeno non ci è stata tramandata. Quello che
la rappresen ta, è, i n an tico, i l nasib, le cui prime testimo
nianze non risalgono al di l à del VI secolo e che ci si mo
stra fin dal l 'inizio i n tutta la compiutezza di un'arte al ta
mente convenzionale, senza che ci sia dato ricostruirne
l ' origi n e prima. Esso ci appare, i n qualità di prologo, co
me p arte integrante della qa�zda, l'ode araba classica. Al
di là della r i correnza di certi temi e di certi procedimenti
evoca tivi - di cui l' a p o s tr ofe dell ' a mante alle tracce del
l 'accampamento dell 'amata ormai l ont a n a resta i l più em
b l ematico - quello che ne costituisce la vera costante è il
Ricord o : p er descrivere il suo amore e l'oggetto del suo
a more il p oet a ricorre alla finzi one della reminiscenza.11
La s ep arazione d e i due amanti - che è p o i , al l or i gin e l a
' ,
192
no considerate nel mondo islamico le branche essenziali
del sapere. Vive a Ganj è, nella regione meridionale del
Caucaso (attuale Azerbaigian sovietico),14 dove è nato, e
opera abitualmente su committenza principesca, anche se,
con costanza, si sottrae agli ambienti di corte.15 Quando il
re di Shirvan, uno dei tanti dinasti locali che governano
con poteri autonomi nell'ormai frammentato impero sel
giuchide, nel 1 1 88 lo invita a comporre un poema che can
ti l'amore di Leyla e Maj niin, adornandolo di « gemme di
Persia e d'Arabia » , pone in realtà a Ne�ami: un compi to
arduo: fondere due tradizioni poetiche per certi aspetti
inconciliabili. Ne�ami: ne è consapevole e si mostra rilut
tante : non può sapere quanto questa sua opera, anche più
dei suoi due più celebrati poemi, Cosroe e Shirin e Le
sette effigi,16 sarà destinata a pesare nella storia delle let
terature islamiche, soprattutto persiana e turca : Ami:r
Khosrow di Delhi, uno dei grandi rappresentanti della
letteratura persiana dell'India (m. 725/ 1 325) sarà il primo
a comporre dopo Ne�ami:, e a sua imitazione, una « Penta-
e
na classica, è la Khamsè, ovvero I cinque tesori •, costituita da cin
que poemi a rime baciate (mathnavi) : di questi il primo, Il ma •
•
gazzino dei segreti (makhzano 'l-asrii.r), del l l63-64, o, secondo altri,
del 1 1 76, ha forma didascalica sapienziale ed è seguito da Cosroe e
Shlrin (del 1 1 80), quindi da Ley la e Majnun (del l l 88); il quinto e
ultimo, lo sterminato Libro di A lessandro - che in realtà è un poema
doppio - fonde in sé, nel ripercorrere la leggenda alessandrina, l'ele
mento narrativo con quello sapienziale.
14. Sulle peculiarità della cosiddetta scuola letteraria azerbaigiana,
cfr. Rypka, op. cit., pp. 201 sgg.
15. Le notizie sulla sua biografia sono ben poche più di queste, se
si eccettuano le date di nascita, 535/l l 4l , e di morte, 600/1203, ma
secondo altri, 121 1 . Del padre rimase orfano in giovane età, della
madre Ne�ami traccia un breve ricordo nell'introduzione a Leyla e
Majnun (in un passo che rientra però in quella parte introduttiva
che qui non è stata data in traduzione) menzionandola col nome di
Ra'isa e designandola come di stirpe curda. Per quanto ci è dato sa
pere non si allontanò se non una volta in tutta la sua vita dalla città
natale, Ganjè, e non per sua iniziativa, bensl per richiesta del prin
cipe dell'Azerbaigian Q1zi1 Arslan-Shah. L'unico dato di rilievo, ma
tutt'altro che certo, è quello della sua appartenenza agli akhi (e fra
telli • ) ovvero alla fu tuwwa (su cui si veda F. Taeschner, Zunfte und
Brudershaften im Islam, Ziirich-Miinchen, 1 979, in particolare pp.
231 -235). Sarebbe stato infatti discepolo spirituale del �ufi e akhi
'
Faraj Zenjani (m. 1065). Cfr., ibid., p . 233.
16. Nella traduzione italiana, Le sette principesse, a cura di A. Bau
sani, Milano, 1 982.
193
logia » di cui fa parte un poema i n ti t ol ato Ley la e Maj
nun, mentre la sua interpretazione più dichiaratamente
mis tica sarà dovuta a Jami, nel 1 484,t? dopo di lui altri
due poeti, 'Abdallah I:Iatefi e Maktabi, ambedue del tar
do periodo timuride18 comp orranno un mathnavz sullo
stesso terna. Mentre, tra XV e XVI secol o si pongono an
che le due v ersi o n i turche del medesimo soggetto, opera
di H amdi (m. 1 503) e di Foziili (rn. 1 5 56) .
N e�ami realizza dunque la prima ve r sion e narrativa
d ' ar te 19 del « romanzo ,, di Majniin, agglomerativamente
co s t r u i to dalla tradizione araba intorno ai versi del Folle
di Leyl a . E il suo poema p o trebbe d e fi n i r si per certi aspet
ti un nasib ampl ifica to e pi c amen te .
Come nel nasib la separazione ne è l ' an i ma . Ma a dif
ferenza del nasib, in cui l'amore e l ' og ge tto d'amore sono
cristallizzati in una l ontananza irra ggiungibile di spazio
e di tempo e vivono solo nel Ricordo, l ' amore di Maj nun
n ella versione di Ne�ami non conosce p re sen te e passato,
ma solo un prese nte continuo, sempre ug u al e a se stesso :
"È un segre to che nessuno può decifrare, un segreto che
è e n t ra to a far parte di me con il latte materno e che solo
mi abb andonerà q u a ndo l a vi ta mi avrà abb a ndon a t o » ,
dice il M aj nun di Nqami.20 Il Maj nun arabo, in quei
suoi frammenti poetici già distanti dalle r i gi d e z z e formali
della qa§ida, diceva forse l a stessa cosa, in modo ora più
realistico : « Mi dicono : " D imenticala ! " / E io rispondo :
" Non posso e non è in mio potere / ché il suo amore è
l ega to al mio cuore / come il secchio a lla corda del poz
zo " » ,21 ora ancora più e str emo : « Il mio spirit o si è av
vi nt o al suo p ri ma ancora di esser c re a ti , e quando fummo
concepiti e nella culla » . Versi, questi ultimi, attribuiti a
194
M aj n u n ma anche a Jamìl,22 l ' al tro astro dell' amore pla
tonico di cornice bedui na - poi offuscato dal Folle di
Leyla - Jamil che rese per sempre celebre fra gli Arabi
la tribù dei Banii. ' Odhra,23 gli Asra diwelche
Heine, «
195
Ecco allora che la struttura bloccata del nasib si apre,
attraverso la componente d el tashbib, a u n percorso nar
rativo : un p ercorso che non approda alla ri composizione
di una fra t tura sul piano dell 'individuale - come nel
nasib essenziale rimane anche nel poema di Ne�ami la
separazione, e il ri travamento, s e pure c'è, non modifica
nulla - bensì sul piano del colle ttivo. Non c ' è progressio
ne nel!'amore-follia di M aj mln, ci sarà progressione solo
n ell ' a tteggiamento esterno nei suoi confronti : è la storia
- l eggibile solo in filigrana e certo inessenziale per l ' arte
di N e�ami - dell' accettazione della follia di Maj niin da ,
parte dell a soc i e t à triba l e che inizialmente lo aveva ripu
diato. Un' acce ttazione che si esprimerà in un'inversione
di segno nella valutazione del comportamento estremo di
M aj niin : dall'ignominia alla venerazione, dalla follia alla
santi t à .
È il fenomeno p i ù ap pariscente che s i verifica n e l pas
saggio di Maj niin dalla tradizione araba a quella iranica :
il processo di sant i ficazione della sua figura.26 Da Ne�ami
a Amir Khosrow a J à mi, tutti ci propongono, sia pure
con v aria nti anche non marginali , l'immagine di un
Maj niin e santo ,, . Qeys i nfrange le norme e , rifiutato
dal l a socie tà degli uomini, diviene Maj nii n : trova asilo
nel deserto e acquisisce potere sulla natura selvaggia. Ma
la poesi a che scaturisce dalle sue labbra nel corso della
sua vita di ascesi ai margini della società degli uomini,
fi nirà per restituirlo a quest'ultima: alla sua morte lenta
mente gli animal i del deserto l o abbandoneranno, men tre
gli uomini torneranno ad avvicinarlo e venereranno l a
s u a memori a . .
Ma al di là di questo fenomeno eminentemente narra
tivo, che ha luogo nel passaggio alla tradizione poetica
dell 'Iran islamico, si pone un a l tro evento essenziale :
I ' " adozione ,., della figura di Maj niin all ' interno di certe
corren ti del sufismo, già da tempo iniziata all 'epoca di
Ne;i:ami, e non cer to limi t a ta all'Iran. L'autori tà più emi
nente a favorire questa " adozione ,, sarà forse Ibn al
'Arabi, i l grande maestro di Murcia (m. 1 240),n ma già
27. Ibn aJ-'Arabi si riferisce a Maj nlin come alla figura esemplare
in cui si è manifesta ta l'c unione immaginativa . , che • a tal punto
assorbiva (il suo) spirito da distoglierlo dalla sua amata Leyla, al
196
Shibli, ch e a Baghdad, d o v e al-I:Iallaj aveva trovato la
morte sul patibolo, camuffava l a sua predi caz i one sotto
« ge s t i eccentri ci, cal colati per gua dag nar s i un pr i v i legi o
d' irresponsabi li t à » ,28 p or tav a M aj m1n come e s emp i o ai
�ufz. C osì ce ne ha l a s ci a t o testimonianza Abii Na�r as
Sarraj : « Qu a ndo chiedevano a Majniin di Leyla, e gli ri
spondeva : " Io so no Leyla " . Così ,, commentava Shibli
« gra z i e a Le y l a e gli s i estrani ava da Leyla, per restare pre
sente a l l a visione di Leyla e assente ad ogni altra perce
z i o ne che non fosse Leyl a, e in questo modo tutto gl i di
veniva presente attraverso Leyla » . 29 Così, l ' op era di un
p o e t a �uft come 'Attar è tutta per corsa da rinvii all ' e s e m
pl ar it à di M aj n u n , men tre proprio al tempo i n cui Ne�ami
scrive, Ruzbehan Baqli di Shiraz, t e orizz an do la funzione
de l l ' a m or e pro f a n o c o me p a s sag gio p er introdurre alla via
m i s t i ca, f a 1·iferimento an c he l u i a Maj nun. Così è de
scritto l 'iter dei �ilfi nel « Gelsomino dei fede l i d'amore » ,
se co ndo le parole di Corbin : « I l loro progredire sulla via
che conduce d a l l ' a m or e umano all'amore celeste non con
siste in un trasferimento dell 'a more da un oggetto a un
altro (Dio non è un ogget to), m a una metamorfosi del
soggetto d ' amore : l ' amore esta tico di Majnun fa di lui,
al suo limite estremo, mol t o più che un modello da imi
tare, da tr asporre, per il �ilfi : M aj n u n diventa allora egli
stesso lo specchio di D i o, o meglio, l'occhio attraverso il
quale D i o contempl a se s tesso ; l'amore di Maj niin è di
ven u t o l ' a more i n s enso p ropri o » . 30
Fra etica be du i na e d i sci pl in a �ufi, nel dilemma fra il
d o v er e di m an te n ere i l se gre to e l a spinta a divulgarlo
sotto la pr ess i o n e i n calzante dell'estasi, Maj niin rappresen-
gination créa trice dans le soufìsme d'Ibn 'A ra b i, Paris, 1 958, p . 1 04.
Una rappresentazione che si rispecchierà nell'interpretazione poetica
di Majniln nel poema di Jàmi).
28. L . Massignon, Recueil de textes inédits concernant l'h istoire d e
la mystique e n pays d'Islam, Paris, 1 929, p . 77.
29. Cfr. Khairallah, op. cit., p. 1 02.
30. H. Corbin, Introduction
• • a Ruzbehan Baqli ShirazI, Le jasmin
des fìdèles d'amour, a cura di H . Corbin e M . Mo'in, Teheran-Paris,
1 958, pp. 1 3 - 1 4.
197
ta coloro che hanno scelto quest'ultima via. Le parole di
Shibli delineavano in modo trasparente una sovrapposi
zione tra la figura di Majniln e quella di I;Iallaj , desti
nato al martirio da quell' " Io sono D io ,, dichiarato pub
blicamente, che risuona in forma assai debolmente cifrata
nell' « Io sono Leyla » di Maj nun secondo Shibli.
I connotati esteriori della follia, dall'assenza di decoro
nella persona, all'iterazione ossessiva del nome di Leyla,
aIIa frequentazione degli animali selvatici del deserto, se
gnano l'aspetto malamati di Maj nun. Ma lama è il biasi
mo, l a denigrazione, e coloro che nell'Islam si sono di
stinti portandone i l nome, sono stati definiti da uno dei
loro maestri come " un gruppo di uomini che si dedicano
a preservare i loro " momenti " e a proteggere i loro se
greti, e biasimano se stessi ogni volta che accade loro di
lasciar trapelare qualcosa della loro prossimità a Dio. Essi
mostrano agli uomini le turpitudini del proprio stato,
celando le proprie virtù, e gli uomini li biasimano per
il loro comportamento esteriore » .31 I;Iallaj era appunto
un maliimatl, ma la sua scelta si era manifestata fino in
fondo nella società, non al di fuori di essa, come invece av
viene per il Majnun di Ne+ami. E se l'ignominia di cui
questi si ricopre, arrivando a farsi condurre in giro, nudo
e in catene, da una vecchia mendicante, e le parole che
3 1 . Citato in M . Molé, Les mys tiq ues musulmans, Paris, 1 965, pp. 74·
75. S ul la maliima anche come motivo letterario nella poesia persiana
classica, cfr. Bausani, Letteratura neopersiana, cit., pp . 265 sgg.
32. Cfr . , supra, p . 129.
33. Cfr. Molé, op. cit., pp . 95-96, 1 0 8 sgg.
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vitù cui non è possibile sottrarsi, fissano l a figura del
Maj ni.in di Ne�ami in un destino di trasg ressione, che lo
sottrae, sia a quell'alone di ribelle ai codici tribali che cir
condava il Maj nùn arabo, sia a quell 'agiografia che più
tardi s'impadronirà di lui, giovane bel lo e galante, aman
te dei piaceri, fulmineamente e chiamato " a un amore
casto e inattingibile, come n el l a rappresentazione che, tre
secoli dopo Ne?:amì, ne darà Jami.34
Pur distintamente marcato dalle meditazioni di certe
correnti del sufismo sull'amore, il poema di Ne�ami sem
bra sottrarsi a una d e fi niz i o n e univoca. E forse si pone fra
i suoi pregi anche questa sua forma « aperta » , in c u i con
venzione bedui n a dell'amore cortese - rivisitata in modo
intensamen te lirico attraverso le immagini della conven
zione p oe t i ca persiana - simbolismo �-Ufi, e anche gnome
e pura fiaba rimangono fra loro in continuità, senza che
possa dirsi che u n aspetto prevalga nitidamente sull'altro.
Situando la nasci ta dell'amore fra Leyla e Maj ni.in in
età ancora infantile - anche se mutandone l a cornice in
senso più « urbano » : non più i due pi c coli guardiani di
greggi dell a versione araba, ma due fanciulli di nobile fa
miglia beduina che si incontrano alla scuola - N e�ami
compie innanzitutto una scelta, che si conferma, indiret
tamente, anche nel suo tra l asci are la versione secondo cui
l'i nfelice d e s tin o dei due protagonisti sarebbe stato segna
to da un'anti ca inimicizia fra le loro famiglie: la scelta di
allontanare fi n dall ' i nizio la storia di Leyla e Maj nun dal
piano del « verosimile » e insieme di scindere le sue svol
te essenziali da ogni motivazione « esterna » . L'amore di
Leyla e Maj nun è chiuso e per fe t t o come una monade.
« Giunse l'amore e colmò loro il calice di vino: e quel solo
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e insie me l ' emergere di Leyla - anche questo' in certo sen
so non verosimile - sullo stesso piano di Maj niin.
L'amore-poesia del Folle d e l l a tradizione araba si nu
triva del l ' a ssenza d i Leyla,36 che vi appare sol tanto come
nome instancabilmente evocato dal lamento di Maj nùn.
Il poe m a di N qam1 le conferisce ora u n'esistenza sua
propria.37 Eppure, l a sua p r e s e nz a i n prima persona rima
n e anche qui esigu a . Ma il mutamento c'è: lo si po trebbe
definire i l passaggio dall'assenza di Leyla alla sua presenza
o ccul t a t a .
Tutto il p o e m a d i N eiami, ·e al suo in terno Io squi
librio mani fes to fra presenza maschile e femminile, fra
Leyl a e Maj m ln, po trebbe infatti es se re letto attraverso
questo episodio : « I suoi occhi [di Maj nùn] si posarono
su d i u n fogli o di car ta, s u cui un c a l amo aveva vergato i
nomi di Leyla e Maj niin. Afferrò quel foglio e lo lac er ò :
i l proprio nome rimas e i n tatto, quello di Leyl a fu cancel
l a to. . . " È meglio [disse] s e di noi due u n solo nome ri
mane ; chi conosce l ' amore sa bene che dietro l 'amante su
b i to traspare l ' amata " . " Ma perché, se anche bas t a il no
me di un solo, p erché ca ncellare i l suo nome? ". Rispose :
"È megl io che sia io a stare in vista e non ciò che è pr ez i o
so, è meglio che l ' essenza rimanga ce l a t a e che solo l ' in
vol ucro a pp a i a , megl i o che dell 'amata io sia i l velo , che
della perla i o sia la conchiglia " » .33 Maj nun, un nome che
s credi t a chi I o porta, fa da s chermo alla perfezione di
Leyl a . M aj nù n si mos tra, si espone nudo a occhi estranei
e malevoli, il s uo aspet to, che a p p are n on più umano ma
demon i a co in questa nu d i tà ol traggiosa, è l 'opposto della
bellezza a ngelica del Giuseppe coranico , qui solo v e l ata
mente tra sferi ta, nel s u o v al o r e simbolico di specchio della
bellezza divina, alla figura di Leyla.39
200
A Leyla i nv ece non è consentito pa r lare , dire il suo
amore, poiché questo equivarrebbe a sv e l a rs i . E il suo
svelamento precederà i nfa tti di poco l a mor t e : « Così dis
se, gli occhi colmi di lacrime. E q ua ndo le s u e labbra eb
bero sv el at o i l segre to, si volse v e rso il regno dell'Oltre e
s p ir ò » .40 Ma questo sv e l a m en t o c'è : ed è pur se mpre una
s o r ta di tash b i b i nvertito di s e gno quello che Ne?,ami pr e
sta alla protagonist a femminile del poema; qualcosa che
l 'antico nasi b b e du i n o e in genere la tradizione « corte
se » di lingua araba non avrebbero m ai consentito. La
figura di Leyla tornerà pressoché a cancellarsine l l a ver
sione d i }imi, s e pure a t traverso un per cor s omentale in
verso a quello che dettava la sua assenza nel diwan ar a bo
di M aj nù n : nel poema di Jami, Leyla finirà per non es
sere più nemmeno riconosciuta da Maj nii.n, che orm a i ha
raggiunto lo s ta dio in cui ogni s en s o di dualità fra aman
te e Amato si è dissol to .41
Ma non è soltanto attraverso q ues to avanzamento della
pr o t ago ni sta a un ruolo di pri mo pi ano, che il « femmi
n i le ,, guadagna ora un suo spazio n e l poema di Ne?,am1 :
i l fe mmi n i l e come ornamento, s u perfi ci e indecifrabile di
uno spaz io chi uso e impenetrabile, è presente in fondo
lungo tutto il p oe m a nella rappresen tazione dei fenomeni
naturali, che quasi mai si m an i fe s t a no « naturalmente » ,
ma ap pa i o n o in pr e v al e n z a fil tra ti a t traverso le i m ma g i n i
di un abbigliamento ornato e p rez i o so : seta, brocca to, lino
b i a nc o d ' Egi tto e mussola n era , col l ane, orecchini, brac
ciali, perle e sm er a l di , lapislazzuli e gi aietto; mentre velo,
l e t ti ga e pa l a nc h ino sono i « l uoghi " del loro appartarsi .42
D eserto, accampamen to e giardino sono gli spazi indi
viduati dal racconto: quello di Maj nun, che ha infranto
le norme tribali e ab band on a to l a società degli uomini,
qu e l lo della colle ttività e q uel l o della donna. Il giardino
è infatti il solo spazio e s te rn o , di u n a natura rappresen
tata come supremamen te artefatta, abbi g l ia t a e pr otet t a
201
da ben delimita t i confini, che sia concesso a Leylà al di
là del l a sua tenda. Mentre la Foll ia consente a Maj nun
di percorrere, senza confini, il deserto. D i questi s p azi, so
no « accampamento ,. e " deserto ,.. a rivelarsi fra loro i
più distanti, non e deser to " e « gi ardino " : forse perché,
trasferi t o nel l i ngu aggio di Ne?ami, " accampamento » va
inteso come nome conve n zionale che sta per « città ». Ma
forse anche per moti vi di ordi ne diverso. E chi fa parte di
uno di questi un iversi non può comunicare con l ' altro
senza med iazione. Quando i personaggi più autorevoli
della sua fam igl i a, il padre e lo zio mate rno Salim, ven
gono a visitare Maj m1n nel deserto, prima di rivolgergli
parole di saggezza, provvedono a far sì che l 'instaurarsi
della comuni cazione si renda possi bile : ricoprono le nu
dità di Maj nun con delle vesti che lo res t i tuiscono al
rango di uomo secondo l e norme sociali. " Era nudo da
capo a pie di, a Salim 'A.meri ap p ar v e, in quel luogo di
morte, simile a un defunto senza tomba e senza sudario.
Trasse fuori una ves te che aveva con sé e con mille scuse
gliela porse dicendo: " I ndossa questa veste come si convie
ne ad un uomo, tenta, ora che sei con me, di riacquistare
la tua dign i t à ! " » ; e così n ell ' u l timo incontro con il p a
dre : « Asciuga t e infine le l acrime, il p adre osservò l ' a spe t
to del figlio : era nudo come il corpo di un risusc i tato nel
Giorno del Giudizi o . Estrasse dalla sua sacca una ves te
preziosa e rivestì le nudità del suo corpo, e così pure il
capo e l e estremità. Poi con paterna saggezza gli si ri
volse . . . » . 43
Soltanto la madre, l ' u nico personaggio femminile con
cui M aj nun venga i n con t a tto nel suo eremo - e anche
una delle rarissime figure materne della letteratura p er
siana c lassica, cui s i a concessa una s cena da protagonista -
non si preoccu perà di rives tirlo, ma solo di ricomporre i l
s u o corpo l a cera to, prima di p arlargl i , proponendo alla
sua riflessione esempi tratti non dal mondo degl i uomini
ma d a quello della na tura: " Gli deterse il volto con le
sue l acrime, gl i petti nò i ricciol i s composti, con amore da
capo a piedi lo cosparse di unguen ti, gemendo su ogni fe
rita, lo cur ò in ogni parte del corpo, fasciando piaghe,
medicando vesciche, detergendogli il capo ricoperto di
202
p o l ver e . E d opo che co n cure i n fin i t e ebbe ricomposto
l ' immagi ne del figlio adorato, così gli parlò ... ,, 44 .
49. lbid., p . 4.
203
lo che sono per cause non naturali e contingenti. Le « leg
gi di natura » appaiono insignificanti davanti alla ric
chezza e i mpreve dibili tà di cause contingenti che determi
nano, momento per momento, gli aspetti del cosmo. Solo
l'amore di Ma jm1n non può essere mutato: « Può forse
uno negro diventare con l'acq ua un tartaro dalla can
dida pelle? » .50 E nulla vale che possa modi ficarlo : le
nozze con Leyia negate a Majnun e concesse a un altro
pretendente, Ia guerra fra Ia tribù di No w fa l e quella di
Leyla, la morte stessa dello sposo di Leyla, che le resti·
tuisce la libertà e le consente ancora un incontro segTeto
con Maj nun. Tutto questo non approda ad al tro che a
confermare quello che fin dall'inizio era stato affermato,
quasi in una proposizione teologica: l'eterni tà dell'amore
di Maj nun. Tutto il resto non è che parvenza d i azione,
illusione di movimento, in ottemperanza alle regole del
narrare poe tico.
204
da V. Dastgerdi (Teheran, 1 3 3 3 / 1 9542) . Ci siamo perciò at
tenuti a quei circa tremi l aseicento versi da lui considerati
di sicura autenticità, mentre l'originale avrebbe dovuto
comporsi di circa qua t tromila versi, a detta dello stesso
Ne?àmi. Della parte introdut tiva di Ley la e Majnun, par
ticolarmente l u nga i n rapporto al testo, si è scelto di dare
i n traduzione l ' i nvocazione a Dio, l' « Elogio del Profeta » ,
« L'ascensione celeste del Profeta » e l e « Cause della com
205
Finito di stampare nel novembre 1 985
da MOG - Morell Officina Grafica S.p.A. - Osnago