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Romano Ruffini
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Quando un carisma come quello di don Bosco….
Quando un carisma come quello di don Bosco viene ad
incontrarsi con la realtà di un popolo, di una città con la sua
storia, con le sue tradizioni e la sua cultura, non mancano certo
fatti e circostanze che lasciano un segno, in questo caso
riguardanti particolarmente la questione giovanile e non solo.
Allora emergono consensi, rinforzi, speranze e al contempo
opposizioni, ostacoli e a volte forti ostracismi.
È la perenne storia delle culture che si confrontano, si
scontrano, si contaminano ed infine inducono il genere umano
a progredire e ad evolversi.
Anche questa sintetica storia della venuta dei Salesiani a
Macerata ne è conferma, pur con tutti i limiti dei singoli attori
delle vicende narrate.
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L’area interessata dal piano regolatore fu acquisita dal Co-
mune per sottrarla alla speculazione edilizia, nonché divisa in
lotti regolari con un reticolo di strade ortogonali e una grande
area centrale destinata a verde pubblico. La vendita dei lotti
ebbe inizio il 7 marzo 1888 e l’interesse dei costruttori fu note-
vole.
Nel frattempo il 22
maggio 1886 era stata
inaugurata la stazione
ferroviaria, attesa da
anni e considerata da
tutti «nuova via allo
sviluppo delle industri-
e e del commercio»,
trionfo del lavoro e del
progresso.
Il sito prescelto era lontano dal centro storico e per arrivarci
bisognava percorrere la cosiddetta «strada provvisoria d’accesso
alla stazione» (attuale Via Gigli), realizzata nel 1885 ampliando
e sistemando l’antica strada dei Cincinelli, che, tuttavia, «per la
sua ristrettezza, e per le sue forti pendenze», rendeva «assai
difficile e costoso il trasporto delle merci e dei viaggiatori».
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Negli stessi anni sul
colle che domina la stazi-
one, i Cappuccini, espulsi
nel 1861 dal loro prece-
dente insediamento, sta-
vano costruendo il nuovo
convento, tra le vivaci pro-
teste degli anticlericali.
I Salesiani a Macerata
Nell’estate 1887, mentre era in costruzione la nuova «strada
di accesso alla stazione», prendeva avvio la vicenda dei Sale-
siani.
Molto probabilmente già nella seconda metà del 1886, si sta-
bilirono i primi contatti tra il Comitato promotore presieduto da
Benedetto Pianesi e la sede centrale salesiana di Torino, per
chiedere l’apertura di una loro Casa nella nostra città, dato che,
in una lettera del 23 marzo 1887, indirizzata a Benedetto Pia-
nesi, si affermava che «l’opera santa che si ha tra le mani» è
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stata benedetta da don Bosco «con tutta l’effusione del suo
cuore».
Si era così realizzato il primo “passo” della presenza dei
Salesiani nelle Marche. Ci si può domandare: perché, nono-
stante altre richieste, fu scelta proprio Macerata? Possiamo solo
accennare alcune ipotesi. Macerata, al centro del territorio della
regione, per secoli fu capoluogo della Marca. Nel tempo, era
avvenuto un massiccio inurbamento anche con forte presenza di
ragazzi e di giovani delle classi povere, che abitavano spe-
cialmente nel Borgo Cairoli (dove risiedeva il 30% di tutta la
popolazione di Macerata). Nella città la classe dirigente era
prevalentemente anticlericale. Una famiglia benestante – quella
dei coniugi Benedetto e Rosa Pianesi – metteva a disposizione
dei locali ritenuti adatti per creare il nuovo istituto. Già esisteva
un Comitato promotore disponibile a raccogliere fondi. Uno dei
più importanti canonici della diocesi, mons. Raniero Sarnari,
appoggiava incondizionatamente la richiesta. Queste, molto
probabilmente, le ragioni della scelta di Macerata, senza, ovvi-
amente, escludere altre ragioni più spirituali.
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Nell’atto si afferma che il conte Telesforo Carradori «vende e
trasferisce e definitivamente dismette a favore dei Reverendi
Signori sacerdoti Rinaldi Don Giovanni Battista fu Giuseppe,
nato a Cherasco, residente in Faenza; Cerruti Don Francesco del
fu Luigi nato in Salviggia, residente in Torino, Professore di
belle Lettere; e Belmonte Don Domenico fu Luigi, nato a
Genola, residente parimente in Torino, ove tutti e tre sono
domiciliati». Don Rinaldi aveva il mandato legalizzato alla
firma dell’atto da parte degli altri due sacerdoti.
Nel rogito si descrive particolarmente la proprietà, nonché i
confini della stessa, precisando che il tutto è libero da ipoteche e
«sgombro di ogni inquilino»: infatti la costruzione rurale pre-
sente nella proprietà era nel piano terra utilizzato dagli stessi
Carradori «ad uso di Villeggiatura», mentre il primo piano era
«di uso Colonico».
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Società Salesiana, istituita da Don Bosco per l'educazione ed
istruzione dei figli del popolo. S'invita la S.V. a voler inter-
venire alla suddetta cerimonia.
Macerata 10 maggio 1889
I Promotori».
«All'uopo era stato eretto sul luogo un altare sopra cui una
tenda che si prolungava a forma di rettangolo copriva dai raggi
del sole gl'intervenuti alla cerimonia. Molti erano questi ultimi,
e non poche Signore e Signorine. Assisteva anche molto po-
polo. Degna di molto encomio la Pia Società Salesiana istituita
da D. Bosco, la quale procura così anche alla città nostra e pro-
vincia un istituto che raccoglierà i figli del popolo che per molte
ragioni sarebbero probabilmente stati elementi pessimi della
società, e ce li renderà educati, istruiti e laboriosi ed utili a loro
stessi ed agli altri».
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anche prima di ricevere offerte necessarie per condurlo a
termine. Il tempo mostrerà, se il sistema, da essi tenuto in altre
città d'Italia, dia un buon risultato anche in Macerata».
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Giuseppe, per la necessaria autorizzazione della Commissione
dell’ornato pubblico comunale, di cui lo stesso ingegnere faceva
parte.
«Miserie cittadine
… Miseria, miseria! – E questa miseria del Comune si è
propagata a tutto ed a tutti. Osservate: i RR. PP. Cappuccini
intraprendono un fabbricato sulla maggiore altura dei Cincinelli
dominante la Stazione. Che è, che non è, all’improvviso resta
mozzata la Chiesa, si sospendono i lavori; e se qualche nuova
Bettina, per la gloria del paradiso, non viene in aiuto dei buoni
religiosi forse non si andrà più avanti nei lavori. Lo stesso dicasi
del fabbricato Salesiano lungo la via di accesso alla Stazione.
Malgrado la tanto buona e splendidissima volontà del de-
gnissimo Canonico Sarnari, cui Dio conservi la trachea ancora
lungo tempo, per mancanza assoluta di mezzi sono stati in-
terrotti i lavori; ma speriamo nella carità cittadina, alla quale, si
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dice, che i poveri Preti abbiano fatto in questi giorni un caloroso
appello …».
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Certo si è che per non incontrare le persecuzioni del governo
e riuscir quindi meglio nell’intento perverso, si nascondono
sotto il manto della modernità e sotto la maschera della filan-
tropia, dell’istruzione e del diletto, e colla più raffinata ipocri-
sia, fondano scuole serali di arti e mestieri, scuole musicali,
palestre, ricreatori festivi e tutto ammantano dell’umanesimo
liberale. E disponendo dell’oro spremuto ai gonzi, riescono col
gratis e col buon mercato a tirare in trappola i poveri padri di
famiglia in ispecie operai, che disgraziatamente impossibilitati a
sfamare ed educare i loro figliuoli, si riducono ad affidarli alla
loro carità pelosa…
Caduti poi i malcapitati giovinetti sotto le loro granfie, essi
raggirano come i ragni le vittime colla loro bava venefica delle
pratiche religiose e del catechismo, li educano all’abborri-
mento di tutto ciò che suona progresso e civiltà e fanno
vagheggiar loro il passato entusiasmando la ingenua fantasia coi
fasti (!) dei pontefici re e colle laute prebende che si pappavano
i preti quando erano padroni delle famiglie e dei beni del po-
polo.
Insomma perché dilungarci di più, quando potremo per-
suadere i lettori mostrando un periodo della loro Circolare (dira-
mata per smungere abbondanti elemosine) dove la frase ha
tradito il nascosto pensiero? Sentiteli:
“Faccia Iddio che ad un’opera tanto vantaggiosa (!) non venga
mai meno fra noi il favore e la generosità di tutti coloro che
veggono i mali religiosi (?) e sociali (?) che ci opprimono (?!) e
quelli peggiori (?) che ci minacciano (!)”
È al Borgo S. Giovanni Battista che hanno appiccicata la
mignatta, perché ivi abitando i più bisognosi, potranno ottenere
facilmente il retrogrado intento. Siamo certi però che i bravi
Borghigiani sempre ardenti paladini del progresso, sapranno
col loro contegno rispondere come meritano, e far convinti quei
messeri che hanno sbagliato strada e paese, e che riprendano la
via ferrata e vadano a piantare la loro baracca in Africa magari
tra i fedeli Zulù o gli ottentotti e i Niam Niam o i Papuas, che
quello sarà il terreno propizio per loro. O ci si leveranno dai
santissimi, o troveranno a che fare coi musi duri.
Intanto, o Anticlericali maceratesi, che intendete di fare? Se la
cosa non è da sgomentarci non è nemmeno da dormirci.
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Ricordino che viene ancora in tempo di far trovare loro il
terreno ben preparato, e che noi divisi per principi politici e
sociali, siamo però pienamente solidali, nel combattere il comu-
ne nemico il Prete. Sarebbe opportuno intenderci fra noi».
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di amministratore comunale, nella Camera di Commercio e nel-
l’Asilo Ricci, di cui era stato presidente. Manifestò, inoltre,
particolare impegno per i Salesiani, che gli riconobbero l’essere
stato uno dei principali artefici della loro venuta a Macerata.
In questo periodo la stampa volutamente taceva sulle attività
dell’Ospizio S. Giuseppe, mentre nella primavera del 1892
l’attenzione fu tutta presa dagli attentati degli anarchici, che
fecero esplodere alcune bombe in diverse città delle Marche.
In questo particolare
clima socio-politico arri-
vò, nell’Istituto salesia-
no, don Rua, il rettore
generale dei Salesiani
che tornando dalla Sici-
lia, si fermò a Macerata,
«dove si vide circondato
da una bella corona di
Cooperatori, che gli fe-
cero un mondo di feste e
vollero da lui una con-
ferenza.
La notizia, nonostante
il tempo pessimo, gli
procurò un magnifico
uditorio, con alla testa il Vescovo». Don Francesia, che lo
accompagnava in quel viaggio, diffuse una nota per noi in-
teressante:
«La casa era inaugurata da poco ed era già piena e tra-
boccante. Pareva l'arca di Noè: erano studenti, artigiani, giovani
dell'Oratorio. L'ordine lo teneva soltanto l'amore».
Questo successo dell’opera salesiana allarmò non poco gli
anticlericali. Ne troviamo testimonianza nella seguente lettera
aperta di Un maceratese sul periodico «Il Cittadino»:
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parte liberale maceratese su di un grave fenomeno che si viene
verificando in questa città.
È da qualche anno che a Macerata i clericali vanno rialzando
la testa e riconquistando terreno. Già, contrariamente alle leggi
vigenti, si videro i Cappuccini rifabbricare nelle nostre ridenti
colline un convento nuovo con una nuova chiesa. Vennero poi i
Salesiani. Questi gesuiti rimodernati coll’appoggio della cama-
rilla clericale paesana e incredibile a dirsi coll’ausilio morale e
materiale dei nostri signori e persino di qualche professore
d’Università, sono riusciti ad impiantare accanto al Borgo Cai-
roli che è il quartiere eminentemente operaio, un ampio convitto
con futura nuova chiesa: colle arti più subdole vanno attirando i
figli del popolo e sotto la maschera dell’Insegnamento di me-
stiere mantengono un vivace focolare d’educazione clericale.
E come non fossero bastevoli i continui restauri ed amplia-
menti che vanno operando, coll’obolo smunto ai poveri fedeli,
nelle varie chiese della Città, i preti han pensato ora di costruire
una nuova chiesa anche nel Borgo Cavour, richiedendo a ciò le
preghiere dei credenti, ma preferibilmente la pecunia….
E sperano già di convertirla in parrocchia col beneplacito,
s’intende, dell’autorità che certo concederà loro questo favore,
per tenere a bada il popolo che pare incominci ad aprire gli
occhi e a non accontentarsi più delle promesse beatitudini del di
là ma pretendere anche la sua porzione di godimento di qua.
Però è lecito da parte di tutti gli amici sinceri del progresso, di
assistere più oltre inerti e spensierati all’avanzare dell’Idra nera
che minaccia ricondurci a tempi di odiata memoria? È lecito
ancora assistere con indifferenza al lavorio sordo e coverto del
pretume che da parecchi segni mostra voler profittare delle
nuove apprensioni dei possidenti e dei governi per riabilitare la
sua influenza e ritornare nel suo antico potere?
Non vedete la riattivata diffusione della sua stampa biliosa, il
recente tentativo delle Elezioni comunali, l’organizzazione di
spettacoli chiesastici e di processioni teatrali quali ad es. l’altra
domenica, poteva dare, con tutto l’apparato d’un paganesimo
redivivo, il fanatismo superstizioso del povero nostro contadi-
nume giuocato dalle mene obligue dei preti?
Dinanzi a questo allarmante risveglio clericale perché dagli
anticlericali maceratesi, un tempo così attivi, non si pensa con-
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trapporre istituti ad istituti, associazioni ad associazioni,
propaganda a propaganda, lotta a lotta? I preti si agitano per
tutta l’Italia e riacquistano forza. In qualche comune sono riu-
sciti persino ad introdurre di nuovo l’insegnamento della
dottrinella nelle scuole.
Oh, che vogliamo dunque ricordarci il ritorno delle mor-
dacchie? Vogliamo davvero mantenere il popolo ignorante e
smunto in perpetua balia di questi eterni alleati difensori di tutti
i più odiosi privilegi politici, economici e sociali?
Termino con questi interrogativi per non eccedere dai limiti di
una modesta lettura. Solo desidererei che le mie parole non
fossero gittate al vento. Intanto vi ringrazio anticipatamente
dell’ospitalità accordatami nel vostro giornale ed abbiatemi per
Un cittadino».
Una breve nota ci informa che, tra la fine del 1892 e l’inizio
del 1893, fu costituita ed ammirata la Banda dei Salesiani, diret-
ta dal maestro Antonioli, titolare della cappella del Duomo,
formata dai giovani che frequen-
tavano l’Istituto, attività impor-
tante nella storia dei Salesiani a
Macerata. L’Antonioli, però, si
dimise da maestro di cappella e
fu sostituito, sempre nel 1893, da
una figura di rilievo: il maestro
Oreste Liviabella.
Dopo poco tempo, così scrive-
va il periodico di Ancona «La
Patria»: «Anche in questa parte
ammirai i rapidi progressi del
nostro Istituto, il quale in breve
tempo, oltre un discreto coro di
giovani cantori, può dire ormai di
possedere una banda musicale bene addestrata. Gaio ed impo-
nente riuscì l'inno pel direttore, eseguito dal coro con accom-
pagnamento della banda musicato e diretto dal bravo Maestro
Liviabella».
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Il 30 settembre 1894 morì il conte Tommaso Lauri (1818-
1894). Egli nelle sue disposizioni testamentarie lasciò in eredità
i suoi beni al Ricovero di
mendicità, nonché somme
considerevoli a favore di
diversi enti.
All’Istituto salesiano lasciò
10.000 lire. Molto probabil-
mente questa donazione fu
determinante per il comple-
tamento della costruzione del-
l’edificio stesso, come pro-
spettato dall’ing. Frapiccini.
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«In questa cittadina – scriveva il foglio «L'Unità Cattolica»,
«Alle ore 21 nel teatro del paese, cortesemente prestato dal si-
gnor Impresario, numerosi invitati assistettero allo svariato
trattenimento musicale, dato dai medesimi giovani dell'Istituto.
Delle molte cantate, eseguite tutte con plauso, piacque in modo
speciale il notissimo coro dei Matti e quello intitolato il Lavoro
del maestro Liviabella di Macerata».
I Liviabella – Livio a Tolentino ed Oreste, suo figlio, a Mace-
rata – attuarono un cambiamento importante: invece di far
cantare i famosi “castrati”, utilizzarono le voci bianche maschili
sia nei cori delle “musiche” nella Basilica di S. Nicola a Tolen-
tino e a Macerata. Ne troviamo traccia per la prima volta nel
1896, quando i «giovanetti dell'Oratorio festivo» di Macerata,
furono compensati con la somma di 10 Lire, per aver cantato
nella Basilica di S. Nicola, sotto la direzione di Oreste, che sem-
pre più li utilizzava.
Il 22 gennaio 1896, nella messa funebre per i soldati italiani
caduti nella battaglia dell'Amba Alagi (nell’odierna Etiopia),
celebrata nella chiesa di San Giovanni a Macerata «la grandiosa
musica diretta dal chiarissimo maestro Oreste Liviabella, lustro
e decoro dell'arte fu di soddisfazione generale [...]. Un coro di
giovanetti dell'Istituto Salesiano rendeva più commoventi le
lugubri armonie», scriveva «L'Ordine» di Ancona. Anche nei
due anni successivi prima cinque e poi nove ragazzi cantarono
come contralti nelle “musiche”, sempre sotto la direzione di
Oreste Liviabella.
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Tutte queste attività, che aggregavano oltre 400 ragazzi, non
furono ben viste dagli anticlericali. Infatti, fin dal 1893, «Il
Cittadino» aveva suggerito: «Dinanzi a questo allarmante risve-
glio clericale perché dagli anticlericali maceratesi, un tempo
così attivi, non si pensa contrapporre istituti ad istituti, asso-
ciazioni ad associazioni, propaganda a propaganda, lotta a lot-
ta?».
Organizzazioni parallele
Così si tentò di dare corpo a questo progetto: prima, nel 1895,
con la creazione della Fanfara Garibaldi, poi con la fondazione
di una Società ginnastica, quindi, invocato ripetutamente da
tutta la stampa locale – si voleva la realizzazione di un
Ricreatorio festivo per i figli del popolo, laico. Un apposito
Comitato, nel novembre di quell’anno, con un manifesto lanciò
l’iniziativa per la costituzione del Ricreatorio festivo XX Set-
tembre, con la richiesta di sottoscrivere azioni della medesima
società e con la proposta di una passeggiata di beneficenza,
propagandata da tutti i fogli locali.
Questa iniziativa, nel clima di contrapposizione, fu osteggiata
da parte cattolica e non trovò sostegno nemmeno dal Municipio.
Con l’appoggio della massoneria il ricreatorio laico fu aperto la
domenica 8 febbraio 1896, nei locali di Cesare Marchetti, al-
l'Orto Botanico, luogo non molto distante dai Salesiani. Ed era
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inevitabile che questa vicinanza coinvolgesse nella contrap-
posizione anche i
ragazzi delle due
organizzazioni.
Un episodio ne è
dimostrazione:
«Una domenica il
bravo Presidente
Sig. Marchese Ac-
corretti conduceva
al passeggio i bam-
bini del Ricreato-
rio: ebbene una di-
ecina di monellac-
ci, molti de' quali
riconosciuti appar-
tenere al Ricreato-
rio dei Salesiani,
con urli, con schia-
mazzi mettevano a
ridicolo i ragazzi
condotti dal Sig.
Marchese e questo
doveva essere un moto d'ordine; e lo scopo senza meno era
quello di allontanarli da quel Ricreatorio.
È certo doloroso; ma sta in fatto che il prete sa far bene le
cose sue e ci dà spesso belle lezioni, lezioni da cui dovremmo
trar profitto e imparare una buona volta a non farci sopraffare
nelle varie circostanze».
Nonostante che la Lega Anticlericale XX Settembre soste-
nesse l’iniziativa, questa andò ben presto in crisi e smise le
poche attività che erano state organizzate, provocando la
reazione de «La Provincia Maceratese», che scriveva: «Il Comi-
tato permanente di beneficenza mimo-musicale-acrobatico-
danzante-equestre ecc. ecc. che cosa pensa a proposito del suo
ricreatorio festivo? In verità ha fatto una gran bella pr ova in
confronto di quello dei Salesiani; già, questo è, come si dice,
nella grazia di Dio, che è tutto dire. Poveri azionisti! Quanto
male fecero affidandosi al celebre comitato permanente; i denari
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a proposito seguitano a permanere nel loro ozio poco ono-
revole?».
Il conflitto rimaneva sotto la cenere e periodicamente
rispuntava talvolta con piccole manifestazioni, altre volte le
cose si facevano più serie: nel 1898 scoppiarono in tutta Italia
dei tumulti popolari a seguito dell’aumento del prezzo del pane.
Macerata fu messa in stato d’assedio, e si operarono numerosi
arresti, fatti che inasprirono gli animi. In questo contesto av-
venne che durante una festa organizzata dal cattolico Circolo S.
Giuliano, per celebrare l’incoronazione del nuovo papa Leone
XIII, vi furono dei giovani che «si son guasti i polmoni a forza
di gridare viva Roma papale, viva il papa-re ed altre porcherie
più o meno indecenti», scriveva «La Provincia Maceratese».
L’articolista poi aggiungeva: «Mi han detto che qualcheduno
degli strilloni appartenga ai Salesiani; non trovo impossibile che
uno di quei giovani possa avere emesso quei ragli. Sfido io,
altra volta ebbimo a dire che i signori Salesiani insegnavano che
Mazzini era un brigante..».
A seguito poi di alcuni articoli di periodici locali si arrivò alla
denuncia per diffamazione, da parte dei legali del Circolo cat-
tolico, e al relativo processo, in cui si dimostrò che l’accusa del
grido «abbasso il Re» era falsa, mentre fu confermata quella per
l’attività sovversiva e antidinastica, per alcune scritte su di
alcune immagini rappresentanti il Papa, distribuite durante la
festa per Leone XIII. Il processo terminò con l’assoluzione dei
giornali anticlericali, mentre il Circolo S. Giuliano fu con-
dannato al pagamento delle spese processuali e dei danni.
Scriveva in una lettera l’avv. Tacci: «Due studenti cattolici di
università che rimasero nell’aula del tribunale fino al termine
del processo, furono poi accompagnati per circa un’ora per le
vie della città da una folla che si sfogava di fischi ed ingiurie
senza misura.
La sera del giorno stesso uguale sorte toccava all’Avv.
Gentiloni di Roma, venuto a sostenere il Circolo, quand’egli si
permise di recarsi alla stazione per tornare alla sua città». Il
corteo dirigendosi verso il centro, si fermò ai Salesiani. Il fatto
che ne conseguì fu così illustrato dall’avv. Tacci: «Il nostro
collegio è precisamente sulla strada che conduce alla stazione.
Nell’andata la folla intenta a rendere gli onori al povero
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avvocato, non ebbe il tempo di badare a noi, ma si sfogò nel
ritorno: appena giunse vicino all’Istituto incominciò a sollevare
quanto più poteva, urla e fischi al nostro indirizzo, e quel che è
peggio, a scagliare una fittissima sassaiola che pareva proprio il
finimondo. Eravamo in chiesa per le orazioni della sera: a quel
baccano indiavolato usciamo e pensiamo a difenderci in qualche
modo: parecchi montarono sul tetto, altri si avvicinano a qual-
che finestra, e giù … si rispose anche noi con dei buoni sassi
che in breve ottengono il desiderato effetto di allontanare al-
quanto i dimostranti e a
farli desistere dai loro
propositi vandalici.
Durante tutto questo
parapiglia una nostra
persona di servizio, che
fungeva in quel momen-
to di portinaio, per incu-
tere un po’ di paura sugli
audaci assalitori, spara
un colpo di fucile, carico
di pallini, naturalmente
la sua intenzione non era
quella di nuocere nessu-
no, è per conseguenza
non ferì che le foglie
degli alberi che fiancheg-
giano la strada pubblica.
La folla intanto che s’era
ritirata a una debita distanza per misura di precauzione s’andava
sfogando con le urla e con gli abbasso i bacherozzoli, con i
morte al papa ecc. ecc., e noi allora per rispondere degnamente
ai loro improperi, radunammo sotto il portico il concerto della
banda ci demmo a far suonare l’Inno Pontificio, a cantare l’inno
cattolico, a gridare e a far gridare ai nostri giovani Viva il Papa.
Si andò finalmente a dormire e più tardi del solito.
All’indomani potemmo veder meglio quanto le nostre braccia
avevano lavorato la sera innanzi: la strada pubblica era tutta
seminata di cocci di tegole, di pezzi di mattone, di pietre, che
vennero poi pazientemente radunati in quattro bei mucchi dallo
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stradino municipale. Ma la nostra legittima resistenza aveva
dato sul naso ai massoni e agli studenti dell’università, i quali
ultimi in segno di viva protesta determinarono di onorarci di
una loro visita. Vennero infatti in grande numero sotto le nostre
finestre e qui intonarono abbasso il prete, il clericalismo, viva
Giordano Bruno, Mazzini, Garibaldi, e parole d’occasione di un
loro campione…».
A seguito di questi fatti fu decretato lo scioglimento del
Circolo S. Giuliano e dopo pochi mesi il governo Di Rudinì in
tutta Italia sciolse i Comitati diocesani e parrocchiali, le Camere
del Lavoro, i Circoli Socialisti e le Società di Mutuo Soccorso,
mentre la Casa Generale dei Salesiani di Torino sostituiva il
Direttore dell’Istituto di Macerata, don Giovanni Barberis, «ed
altre due persone preposte all’istituto stesso».
Nel frattempo, nell’aprile 1898, dopo il fallimento del primo
Ricreatorio festivo laico, fu costituita l’Associazione XX Set-
tembre per l’educazione fisica e civile della gioventù, con lo
scopo di ricostituirlo, il cui direttivo, composto da non pochi
esponenti della massoneria cittadina, vantava già 250 soci, per
riunire i quali si utilizzò lo Sferisterio. La sede sociale ed opera-
tiva rimaneva comunque quella dell’ex Orto Botanico e le
passeggiate domenicali nei dintorni di Macerata divennero
frequenti, accompagnate dalla Fanfara Garibaldi, che si poneva
alla testa «della infantile colonna».
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Nel 1903 i Salesiani iniziarono una nuova attività: questa
volta si trattava della filodrammatica. Nel teatrino dell’Istituto,
infatti, andarono in scena due “commediole”: Causa ed effetti e
Pitocchetto in cui recitavano Don Manella e Santoro, mentre
negli intervalli Oreste Liviabella dirigeva il Concerto salesiano.
Era l’inizio di un’imponente attività che avrebbe portato sul
palcoscenico un numero notevole di giovani attori dilettanti.
Mentre i Salesiani potenziavano le loro attività, la stampa
anticlericale dibatteva sulla fallimentare esperienza del Ricrea-
torio del Popolo, che era stato aperto più volte e, subito dopo
pochi mesi, chiuso. Un periodico scriveva in proposito :
«Voi certo, amico mio, non potete ignorare che se non le
prendiamo queste speranze della società e della Patria, se le
prendono i nostri comuni oppositori, i preti, e più specia lmente i
Salesiani, nei loro Oratori festivi. E che cosa insegnano ai nostri
figli questi Gesuiti moderni, camuffati da filantropi? Oh, Dio
buono, lo sappiamo bene e forse chiudiamo non solo un occhio
ma tutt'e due!».
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fin dalla sua fondazione, gli atleti usufruivano degli spazi
dell’Istituto salesiano.
Alla Società Virtus – iscritta alla Federazione Ginnastica
Nazionale (di cui non potevano far parte le società politiche, tra
le quali era considerata la Robur) – fu invece concesso di
utilizzare la palestra del Convitto Nazionale, che era in uno
«stato miserando» e completamente sfornita di attrezzature per
gli esercizi ginnastici. Il musicista Ugo Bottacchiari aveva
composto uno specifico inno, mentre la Società stava per inau-
gurare la bandiera che veniva confezionata ad opera di un
gruppo di dame, «a cui capo sta la gentilissima Signora Maria
Ciotti». Aveva anche una squadra di ciclisti che vinse una gara
nazionale a Perugia, con un percorso di ben 250 chilometri.
Il preparatore atletico o direttore tecnico
delle due società era Elviro D'Errico, che
era professore di ginnastica alle Scuole
Tecniche ed Istituto, nonché nel Regio
Convitto Nazionale. Però, improvvisamen-
te, il D’Errico non volle più seguire la
Virtus e si dedicò solo alla Robur, questo
rifiuto ingenerò forti polemiche infiam-
mando il clima anticlericale già assai cal-
do nella città. La sua decisione, fu giudi-
cata come un tentativo di far chiudere la
Virtus.
Sull’anticlericalismo imperante scriveva «L’Unione»: «An-
che nella nostra città, che pure ha nome di gentile ed ospitale,
per opera di alcuni teppisti, si vanno verificando atti indegni
contro sacerdoti e suore, in nome s'intende della libertà e della
civiltà. L'altra sera alla stazione scendevano dal treno due
monache. Alcuni giovinastri credendo di compiere opera meri-
toria ad imitazione delle gesta dei loro confratelli di altre città,
cominciarono a perseguitarle con ogni sorta di sconcezze,
accompagnandole anche per un lungo tratto di strada».
In questo periodo uscì il primo giornale cattolico della città
«Il Cittadino» a cui non mancava certo vena polemica, che con-
tribuiva ad alimentare lo scontro.
La Virtus nominò nuovo direttore tecnico il prof. Domenico
Ferri, che utilizzò come palestra un salone della vecchia ca-
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serma dei carabinieri (Ex Convento S. Francesco) e spiazzò i
Salesiani fondando una Sezione di ginnastica femminile , così
non poteva subire la concorrenza salesiana. Ma le difficoltà non
terminarono perché il prof. Ferri fu trasferito e questo fece
sospettare ai soci della Virtus una vera e propria persecuzione.
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Il Consiglio direttivo della Robur fece un comunicato denun-
ciando che «con mali arti, si tentò di mettere in antagonismo le
due società» e augurando «alla sorella Virtus» vita rigogliosa; e
reclamando «quella libertà a cui nel nostro libero stato, all’om-
bra della legge e delle istituzioni nazionali, han diritto tutti i
cittadini; e la voce della libertà indarno si soffoca».
Per dimostrare che tra le due società c’era soltanto sano anta-
gonismo sportivo, la Robur, nel giugno 1910, nel giorno della
Festa dello Statuto, volle festeggiare i cinque anni di attività con
un «solenne saggio» nell'ampio cortile dell’Istituto salesiano, a
cui furono invitati i «giovani della società sorella Virtus» alla
presenza di tanti spettatori. Il programma si aprì e si chiuse al
suono della Marcia Reale e destò l’ammirazione dei convenuti;
in particolare gli «esercizi con gli appoggi, con i cerchi, al ca-
vallo e al salto con l’asta: ne l quale vennero raggiunti, con la
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Subito dopo, la Virtus, nella primavera 1910, presentò questa
nuova compagine con un saggio inaugurale al Politeama
Marchetti. Il cronista de «L’Unione» scriveva: «Le care bam-
bine – in numero di 40 – che fanno
parte di detta squadra ottennero un vero
successo e furono continuamente accla-
mate dall’imponente pubblico riunito
nel vasto teatro. Vestite dell’elegante
divisa della Società, con una precisione
ed una sincronia, che fa onore a chi le
ha istruite, le piccole ginnaste esegu-
irono una serie di progressioni a brac-
cia libere ed esercitazioni con bastoni
Mauser.
La squadra femminile fu presentata al
pubblico dall'Avv. Ciotti, ed a cura del-
le dame Maceratesi componenti il Co-
mitato d’onore, venne consegnato alla squadra stessa un ricco
stendardo. Lo stendardo in seta bianca porta ricamato in oro e
colori lo stemma della città e la scritta: F.G.N.I. – Virtus –
Sezione Femminile – Macerata».
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L’Istituto salesiano, invece, aveva sviluppato una grande atti-
vità teatrale anche con una nuova Sezione Filodrammatica,
sempre della Robur, i cui spettacoli venivano quasi sempre
organizzati per scopi solidaristici; anche l’attività della Sezione
d’escursionisti Sibillini era intensa. Non pochi furono i premi
ottenuti dalle squadre della Robur: particolarmente prestigioso
il primo premio conquistato al Congresso Nazionale di Padova,
a cui parteciparono ben 260 squadre.
Nella tarda primavera del 1910 arrivò la triste notizia della
morte di don Rua, che aveva avuto un amore speciale per la
Casa di Macerata, essendo questa la prima in assoluto da lui
fondata, la prima nelle Marche, seguita poi, a breve intervallo,
dal Collegio di Loreto, quindi dai collegi di Gualdo-Tadino e
Trevi, nella vicina Umbria, e infine dagli Oratori di Jesi e di
Ancona. A Macerata i Salesiani vollero celebrare in onore di
don Rua una solenne celebrazione funebre nella chiesa catte-
drale, accompagnata dalla loro schola cantorum, diretta dal
maestro Oreste Liviabella.
L’Istituto salesiano di Macerata era trainante anche a livello
regionale per lo sviluppo di società sportive cattoliche; già
numerose di esse vennero fondate in varie città marchigiane.
Così la Robur, in occasione della Festa dei Fiori di Macerata,
promossa dalla Società Cittadina, nel giugno 1911 organizzò un
Convegno Ginnastico Interprovinciale, sotto l’egida della
F.A.S.C.I, a cui parteciparono 9 società sportive con oltre 200
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atleti. Le gare si svolsero allo Sferisterio e al termine, «le
squadre in corteo si recarono al corso di fiori all’Ippodromo,
ove ebbe luogo la solenne proclamazione dei premiati. Alle ore
19 le squadre si recarono nuovamente all’Istituto salesiano ove
deposte le bandiere rimasero in circolo. La festa riuscì bella e
geniale sotto ogni rapporto ed il Comitato esecutivo può
trovarsi soddisfatto per aver visto coronati pienamente i suoi
sforzi. Nelle ultime ore della giornata i baldi giovani fecero
ritorno alle loro città, riportando del convegno la più bella
memoria», scriveva «Il Cittadino».
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I Salesiani agli inizi del 1914 fondarono il Circolo Giovanile
Operaio “G. Bosco”, nel tentativo di aggregare i giovani operai,
i più problematici. In quel periodo le attività teatrali si susse-
guivano e iniziarono anche proiezioni periodiche di films. La
Robur invece oltre alle squadre ginniche, aveva organizzato una
squadra di palla-vibrata ed un’altra di foot-ball, nonché la
Sezione ciclistica.
Nel cielo di Macerata, in aprile, comparve il primo dirigibile
che volteggiò sopra la città e quanti lo videro «ebbero un
fremito d’orgoglio … e lo salutarono con il cuore commosso»,
scriveva «Il Cittadino».
Contemporaneamente il Comune, accanto alla scuola “De
Amicis”, iniziò la costruzione di un padiglione dove avrebbe
trovato collocazione il Ricreatorio laico “Castelfidardo”, «che
– scriveva «La Provincia Maceratese» – sorgerà nel popoloso
rione Cairoli, lungo il viale della Stazione Ferroviaria». E così
continuava: «Il progetto della nuova costruzione che riuscirà
elegante e leggera, è dovuto all'egregio ing. Riccardo Pignotti
che disinteressatamente presta l'opera sua».
Nello stesso tempo la Virtus invece organizzava un torneo di
foot-ball che si svolgeva nella Piazza d'Armi a cui avrebbero
partecipato numerose e valenti squadre (ma non la Robur).
A distanza di un mese dall’attentato di Sarajevo, il 28 luglio
1914, ebbe inizio la Prima guerra mondiale, mentre l’Italia si
dichiarava neutrale. Nel nostro Paese si accendeva lo scontro tra
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interventisti e neutralisti: il 20 dicembre 1914 l’on. Cesare
Battisti fu a Macerata, al Politeama Marchetti, per una con-
ferenza a favore dell’intervento militare.
Nel 1915 ricorreva il 25° anniversario dell’arrivo dei Sale-
siani a Macerata e dell’apertura del Ricreatorio festivo, nonché
il 10° anniversario della fondazione della Robur. Ma la guerra
in atto in Europa, sempre più sanguinosa, ed anche la convin-
zione generalizzata che l’Italia si apprestasse ad entrarvi, scon-
sigliò festeggiamenti inopportuni. A Macerata, dato il grave
momento, fu costituito il Comitato per la Mobilitazione Civile
come mezzo di unità, pur difficile, di tutte le forze sociali
esposte a forti e talvolta violenti contrasti.
In questo clima il Comitato per la Mobilitazione Civile tentò
di costituire anche nella nostra città la Sezione dei giovani
esploratori maceratesi, che avrebbe dovuto comprendere
cattolici e non cattolici, ma le diversità erano troppo forti per
arrivare ad un organismo unico e rispettoso delle diversità.
Così, nonostante i molteplici tentativi a livello locale , una
specifica Commissione nazionale, costituita per trovare ad ogni
modo un’intesa, decise che era necessario creare due corpi
distinti di giovani esploratori: uno laico (CNGEI) e uno
cattolico (ASCI).
E proprio dentro questa difficile realtà, che moltiplicava
polemiche e accuse reciproche, anche l’Italia entrò in guerra.
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Il 20 settembre 1915 fu inaugurato ufficialmente il Ricre-
atorio “Castelfidardo” dopo che la città fu tappezzata del
seguente manifesto:
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Così, mentre cominciavano ad arrivare i primi feriti e malati,
il 13 ottobre 1915, i sacerdoti salesiani con i loro alunni
lasciarono Macerata. Scriveva «Il Cittadino»: «Giovedì mattina
col treno delle 5,35 l’Istituto Salesiano lasciava la nostra città e
partiva alla volta di Genzano di Roma dove temporaneamente
trasferisce le sue tende. Dei centosessanta alunni ha potuto
conservare soli 60 e la più gran parte di questi sono partiti in
gruppo con i loro superiori».
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Rimaneva a Macerata don Torello
Simonelli come responsabile del-
l’Istituto, che restava aperto, oltre
che per le consuete pratiche religi-
ose, per le attività dell’Oratorio,
nonché per quelle sportive e filo-
drammatiche della Robur, sotto la
guida di don Luigi Baldi. Attività
specifica fu quella di offrire ai
militari ricoverati momenti di svago
con spettacoli vari e feste settima-
nali ed anche bisettimanali.
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Nell'estate 1916, l’arrivo dei militari feriti o malati si stava
intensificando e i posti letto dell’Ospedale Militare erano
aumentati ad oltre mille. Era perciò evidente il problema del
loro trasporto dalla stazione alle varie sezioni. Don Torello
Simonelli – direttore dei giovani esploratori cattolici di
Macerata organizzati in associazione il 30 aprile – con una
lettera al Presidente della Croce Verde, faceva presente che
questi giovani offrivano l’aiuto per tale trasporto, sotto l’egida
della Croce Verde, affermando: «Confido che la società cui ella
presiede vorrà accettare l'offerta spontanea dei giovani ed
usufruire ed incoraggiare la loro buona volontà». Ma i contrasti
tra laici e cattolici furono più forti della possibile collabo-
razione; infatti nella risposta alla richiesta del Simonelli, era
scritto: «In seguito ad osservazioni fatte da parecchi soci per il
servizio prestato dalla Società dei Giovani Esploratori con
lettighe e distintivo della Croce Verde, il Comitato per evitare
ogni possibile contrasto nel seno della Società, ha stabilito di
servirsi solamente degli associati».
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«Il Cittadino», poi, aggiungeva: «Quindi i Giovani Esplo-
ratori, dopo aver giurato, preceduti dalla banda militare diretta
dal maestro Ciambechini si mossero da Piazza Ricci e sfilarono
per le principali vie della città».
La Robur continuò la sua attività con la filodrammatica e con
l’assistenza ai militari malati degenti all’Istituto salesiano per
gli anni 1917-1918. Nel frattempo, complessivamente, tutte le
Sezioni dell’Ospedale Militare dislocate in città, erano arrivate
al notevole numero di ben 1.600 posti letto.
In quest’ultimo anno, come tutti i maceratesi, anche le attività
dei Salesiani subirono il dramma dell’epidemia spagnola, che
imperversò in tutta la città dal settembre all’inizio di dicembre
1918, per poi progressivamente declinare. Ma questa epidemia
riapparve in maniera meno drammatica nell’inizio della pri-
mavera 1919, per poi scomparire del tutto improvvisamente,
così com’era arrivata, dopo pochi mesi. I dati statistici ci dicono
che nel frattempo a causa della spagnola erano deceduti per
l’epidemia circa 600 maceratesi. In questo periodo le attività dei
Salesiani furono evidentemente interrotte – tra l’altro il Borgo
Cairoli e quello di San Giuliano erano fra i più colpiti –, per
essere riprese nell’estate 1919.
Fu necessario effettuare lavori di restauro dei locali del-
l’Istituto e finalmente la normalità riprese con il ritorno degli
studenti già per necessità trasferiti a Genzano.
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La guerra era terminata come pure l’”inverno salesiano”.
Molti giovani della Robur ed ex studenti salesiani morirono
durante le operazioni belliche, ma presto si cercherà di sanare le
enormi ferite provocate dalla guerra stessa e la vita sociale
riprenderà sempre tra conflitto e consenso. La questione
giovanile posta dai Salesiani ormai era stata fatta propria da
gran parte del mondo cattolico e dagli anticlericali, anche se
molto restava da fare.
Romano Ruffini
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