Sei sulla pagina 1di 18

Reti di Telecomunicazioni, Ingegneria dell’Automazione a.a.

2020/21

Introduzione e “trend” nel mondo telecom:

Nella Industry 4.0 (smart factory) la maggior parte delle applicazioni/protocolli di controllo vengono messi
in rete per accedervi da remoto e centralizzati non più all’interno della fabbrica, ma in datacenter al di fuori
della stessa.

Un autonomous system (AS) è un’organizzazione che fornisce un accesso a internet ad un utente finale (es.
operatori come Vodafone, Tim etc. che sono ISP, cioè Internet Service Provider, o organizzazioni pubbliche
come il Politecnico, il comune di Milano etc.). Attraverso una serie di link che connettono questi AS,
l’informazione può viaggiare nella rete tra due punti molto distanti sul nostro pianeta.

Internet è quindi una interconnessione di reti che identifica un protocollo (un “linguaggio”) che mette in
comunicazione reti di operatori diversi per creare una sola grande rete.

Nei paesi più sviluppati il numero di utenti di internet è stabile da quasi un decennio, rispetto ai paesi in via
di sviluppo in cui il numero cresce ogni anno. Nell’arco di poco tempo ci si aspetta quindi di poter arrivare a
connettere il 100% della popolazione mondiale ad Internet. Nonostante ciò, c’è un costante bisogno di
innovazione nel settore telecom poiché ogni anno c’è sempre bisogno di scaricare/caricare una maggiore
quantità di dati. Inoltre, nonostante gli utenti che con accesso alla rete siano quasi arrivati alla totalità, ci
sono sempre più oggetti connessi alla rete. Infatti, nonostante il numero di pc e smartphones presenti sul
mercato sia abbastanza stabile da anni, negli ultimi 10 anni stanno aumentando in modo esponenziale i
sensori connessi a Internet, soprattutto sensori legati all’industria dell’automazione. L’insieme di questi
sensori è quello che chiamiamo “internet of things” (IoT).

In media ogni due anni raddoppia la quantità di traffico


internet mondiale. Di questo traffico, ad oggi il 90% degli utilizzi presenti sulla rete è legato a piattaforme
video. Ormai, nella maggior parte dei casi, gli utenti non utilizzano internet per connettersi direttamente
con altri utenti, ma per connettersi a datacenter che contengono informazioni a cui si vuole accedere. La
connessione ad un datacenter di collocazione ignota rispetto alla connessione ad un utente diretto è detta
“cloud computing”.

Il problema della latenza è molto importante per alcune applicazioni, ad esempio la guida autonoma o il
cloud gaming. Nel momento in cui vogliamo avere reti a più bassa latenza è necessario avere dei datacenter
più piccoli ma più diramati. Questa tecnica di frammentazione dei datacenter prender il nome di “edge
computing”.

Una altra recente tendenza nel mondo delle telecomunicazioni è il “5G”. Questo insieme di tecnologie
permette di avere accesso ad applicazioni che con il 4G non è possibile avere, in particolare:
 Enhanced mobile broadband (internet mobile ad alta velocità)
 Massive machine type communications (presenza di un numero altissimo di sensori in ogni città)
 Ultra-reliable and low latency communications (applicazioni ultra-stabili e a bassa latenza)

Il 5G è quindi un insieme di tecnologie avanguardistiche che unite permettono di raggiungere nuovi limiti e
nuove applicazioni della rete internet.

Come si trasferivano le informazioni all’inizio?

Si utilizzavano le onde elettromagnetiche, che possono trasferirsi tramite aria o tramite filo. Il primo
telegrafo nasce nel 1833. Così come si poteva trasportare un dato (per esempio il codice Morse), venne
inventato da Mucci e Bell un dispositivo (il telefono) che trasformasse la nostra voce in un segnale
trasportabile tramite cavo. Allo stesso modo, tra la fine del 1800 e l’inizio del ‘900 si sviluppa anche la radio.
Nell’ultimo secolo gli sviluppi in ambito di telecomunicazioni sono stati svariati.

Come nasce internet?

Negli anni ’80 molti stati iniziano a collegare i propri laboratori attraverso reti che facevano comunicare
macchine in posti diversi tra di loro, in modo da non dover più traportare a mano le schede perforate
contenenti i risultati di un calcolo fatto da un computer. A loro volta, queste reti vennero collegate alla rete
ARPANET, la rete statunitense nata negli anni ’60 inizialmente per scopi militari, poi utilizzata per i
laboratori prima americani e successivamente mondiali. Venne così a formarsi una prima forma di
interconnessione di reti. Si svilupparono nello stesso periodo le prime applicazioni/protocolli da utilizzare
sulla rete (posta elettronica, IP, FTP…). Solo negli anni ’90 venne reso pubblico l’accesso all’ARPANET e
venne progettato il WWW, un’interfaccia grafica per permettere agli utenti di accedere facilmente tramite
ipertesto alle informazioni presenti sulla rete (prima l’accesso era solo tramite riga di comando con una
console).

Il ritardo nelle reti:

Quali sono i contributi che generano il ritardo che sperimentiamo su una rete quando due dispositivi si
parlano tra loro? I ritardi presenti sono ritardo di trasmissione, ovvero il ritardo formato per immettere
fisicamente l’informazione che dobbiamo trasportare sul mezzo di trasporto (es. generare il pacchetto di
byte che deve essere trasportato sul doppino o sulla fibra) e il ritardo di propagazione (legato al mezzo di
trasmissione e alla distanza da percorrere).
La velocità (frequenza o capacità) di trasmissione è la velocità (rate) C con la quale l’informazione digitale
viene trasmessa su una linea ed è misurata in bit/s (bps).

Il tempo di trasmissione è il tempo T necessario per tramettere L bit (L viene detto “pacchetto” di bit). Esso
L
è inverso alla velocità di trasmissione C e vale T = e la sua unità di misura è il secondo.
C
Il ritardo di propagazione è il tempo τ necessario affinché un bit trasmesso dal trasmettitore TX raggiunga il
ricevente RX e viene calcolato con la formula
tempo = distanza/velocità, sapendo che la
velocità di propagazione è quella della luce
essendo il dato che viaggia sul filo un’onda
elettromagnetica. Ad esempio, per 1000 km di
distanza il ritardo di propagazione è 3,3 ms.
Dobbiamo però considerare che la velocità
della luce in un mezzo che non è il vuoto/aria è
minore (nei cavi di rame o fibra ottica è di circa
200 mila km/s), quindi in questo esempio il
ritardo di propagazione sarebbe di 5 ms.

Per ridurre il tempo totale di ritardo di trasferimento (composto dalla somma di T e τ) le possibilità sono:

 Avere distanza minore


 Avere velocità di trasmissione più veloce
 Avere un pacchetto più leggero da trasferire

Rete di comunicazione:

Una rete è un insieme di: apparati (router, switch, telefono), sistemi di telecomunicazione (doppino, fibra) e
regole (i protocolli) che permette di trasferire dati tra macchine per trasportare informazione e dare servizi.

I servizi possono essere classificati secondo due criteri principali:

 Natura dell’informazione che trasportano: una sola o una combinazione di voce (es. suoni), dati
(es. testi), immagini (fisse o in movimento)
 Tipo di servizio: Monomediale (se forniscono un’informazione di una sola natura, ad esempio il
servizio mail) o Multimediale (se forniscono informazioni di diversa natura, ad esempio Youtube)

Oltre a questi due criteri si può utilizzare un terzo criterio che si basa sulle caratteristiche delle
comunicazioni che supportano il servizio. In base a questo criterio un servizio può essere:

1. Dal punto di vista di configurazione:


 Punto-punto: si mettono in comunicazione due punti di accesso (es. telefonia tradizionale).
 Multipunto: avviene una comunicazione tra diversi punti di accesso (es. Zoom, Teams).
 Diffusivo: tutti coloro che dispongono dei mezzi necessari possono accedere alla
comunicazione. È il caso dei servizi di broadcasting (es. televisione tradizionale o radio).

2. Dal punto di vista di direzione:


 Unidirezionale: avviene un solo flusso informativo (es. la telecamera di sorveglianza che
invia le immagini ma non le riceve).
 Bidirezionale: avvengono due flussi informativi. Si suddivide a sua volta in simmetrico (2
flussi con stessi parametri, es. telefonia tradizionale in cui c’è la stessa tipologia di
comunicazione tra le due parti) o asimmetrico (2 flussi con parametri diversi, es. YouTube
in cui noi comunichiamo quale video vogliamo vedere con pochi byte e YouTube ci invia
migliaia di byte in risposta per permetterci di guardare il video).

Il tipo di servizio che voglio offrire sulla rete deve tenere quindi conto di che tipo di segnale voglio
trasmettere, e su questo basare i seguenti 4 principali parametri del servizio:

 Probabilità di blocco: che probabilità c’è che quando


provo ad accedere al servizio esso non funzioni.
 Ritardo o latenza: quanto tempo ci impiega il
segnale ad andare a destinazione.
 Velocità media (frequenza di trasmissione/bit rate).
 Probabilità di perdita: quanta probabilità c’è di
perdere dei bit durante il trasferimento senza
danneggiare l’integrità del servizio.

Teoria dei grafi (richiami):

Ogni rete può essere rappresentata in maniera semplificata mediante un grafo. Vediamo qualche richiamo
teorico della teoria dei grafi:

un grafo è una rappresentazione di due insiemi: l’insieme N che è l’insieme dei nodi e l’insieme L che è
l’insieme dei link (archi).
Il problema dei grafi ad
albero è che oltre ad avere
shortest path mediamente
più lunghi, non sono
affidabili in quanto se si
rompe un nodo la rete
viene divisa in due
(“disconnessione dalla
rete”).

L’anello risolve
parzialmente il problema di
assenza di ridondanza
dell’albero perché nel ciclo
se si rompe 1 nodo non
avviene ancora una
disconnessione dalla rete.

La maglia è la tipologia di
grafo con maggiore
ridondanza ed è quindi utile
nel caso si debba avere alta
affidabilità (es. rete a livello
nazionale).

Un link “simplex” è un link che si può percorrere solo da A a B (senso unico). È “half-duplex” se lo posso
percorrere in entrambe le direzioni ma una direzione alla volta (senso unico alternato). È “full-duplex” se lo
posso percorrere in entrambe le direzioni contemporaneamente (doppio senso di marcia).

Esempio di una rete dal livello locale (LAN) al livello metropolitano (MAN) al livello geografico (WAN):

La rete locale viene anche chiamata “access”, la


rete metropolitana “metro” e la rete geografica
“core” o “rete magliata”. Una differenza principale
tra la rete WAN e LAN è il rapporto tra il tempo di
trasmissione T e il tempo di propagazione τ: nelle
reti geografiche, avendo dei nodi a distanza di
centinaia o migliaia di chilometri, avremo τ ≫ T,
mentre nelle reti locali avremo invece T ≪ τ dato
che dovremo trasmettere pacchetti anche molto
grandi su distanza molto ridotte!
Internet è quindi, come già detto, una interconnessione di reti LAN, MAN e WAN connesse da apparecchi
chiamati “router”.

Caratterizzazione della sorgente:

Può essere di tipo analogica se genera un segnale che è in formato nativamente analogico (es. la nostra
voce è un segnale analogico) o digitale se generata da un oggetto nativamente digitale (es. un segnale
generato da un pc).

Nel caso di sorgenti analogiche, la prima cosa da fare è, attraverso un “trasduttore”, eseguire una
modulazione della variazione continua della grandezza naturale della sorgente (che sia essa sonora o visiva)
in una variazione continua di un segnale elettrico (es. la variazione continua della pressione nell’aria
generata dalle corde vocali viene modulata dal trasduttore presente nel microfono in una variazione
continua di segnale elettrico, cioè una variazione continua di tensione). Successivamente, attraverso un
ADC (analog to digital converter), quest’onda elettrica continua dovrà essere campionata in una serie di bit
per essere trasferita sulle varie reti. Una volta raggiunta la destinazione della rete, la serie di bit dovrà
essere ritrasformata in onda elettrica attraverso un DAC (digital to analog converter) per poter essere
ascoltata dall’orecchio umano attraverso un apparato sonoro (es. le casse dello speaker)

Vediamo 2 modelli principali di sorgente:

 Constant bit rate (CBR): inizia a trasmettere ad una certa velocità di bit/s e questa velocità rimane
costante nel tempo (es. la voce solitamente viene codificata come constant bit rate).
 Variable bit rate (VBR o “sorgente ON-OFF”): la velocità è modulabile (es. posso codificare il
segnale proveniente dalla mia voce facendo sì che quando parlo ho una velocità costante mentre
quando sono in silenzio la velocità è 0 bit/s).

Entrambi i modelli si basano su 3 parametri della sorgente:

 Frequenza di picco P: la frequenza massima di bit emessi dalla sorgente.


 Frequenza media A: indica il numero medio di bit che vengono trasmessi in un secondo. Equivale
quindi alla frequenza a cui trasmetterebbe una sorgente VBR se trasformata in CBR.
A T on
 Fattore di burstiness B: calcolato come B = = indica la probabilità che in un istante di
P T off +T on
un intervallo temporale pari a Ton + Toff la sorgente stia trasmettendo. Il periodo in cui la sorgente
trasmette viene indicato con Ton mentre il periodo in cui non trasmette è indicato con Toff.

Il numero di bit che vengono trasmessi in un periodo Ton (o “bit trasmessi in un burst”) è Lon = Ton ∙ P

Nel caso di sorgenti CBR essendo P = A il fattore di burstiness B è uguale a 1. Perciò in una sorgente CBR T off
vale 0.

Definiamo un “traffico bursty” un tipo di trasferimento dati in cui Ton è abbastanza ridotto rispetto a Toff
(tramettiamo per poco tempo rispetto al totale della comunicazione). Un traffico non bursty è quindi un
traffico in cui trasmettiamo per la maggior parte della comunicazione.

Due sorgenti possiamo definirle equivalenti se mantengono la stessa frequenza media di trasferimento.

Trasferimento dati in rete:

Esistono 3 elementi principali che giocano un ruolo fondamentale nel trasferimento dati nella rete e che
sono indipendenti dalla tecnologia utilizzata. Essi sono:

 Commutazione: permette di far capire ai nodi in che verso e a quale altro nodo nella rete dover
mandare i pacchetti dati che ricevono.
 Multiplazione: permette di condividere la capacità della rete tra i vari link (rami).
 Architettura protocollare: permette di suddividere (stratificare) le funzioni di comunicazione nelle
apparecchiature di utente e nei nodi della rete.

Cos’è un protocollo:

Un protocollo di comunicazione della rete permette di mettere in comunicazione elementi diversi della rete
attraverso un insieme di regole standardizzate (es. comunicazione tra un server e un client).

Il modello OSI (sostituito poi dal modello ibrido o dal modello TCP/IP) permette di suddividere in
sottogruppi la moltitudine di protocolli utilizzati nella rete (ad oggi circa 2500) in base alla loro funzione. Si
basa su due criteri fondamentali:

1. Raggruppamento: funzioni simili per logica/tecnologia vengono associate in gruppi omogenei detti
“livelli” o “layers”. L’insieme di questi livelli, ovvero l’insieme di tutti i protocolli utilizzati, viene
detto “pila protocollare”.
2. Stratificazione: si ordinano gerarchicamente i gruppi precedentemente definiti e si progetta
un’interfaccia adatta chiamata SAP (service access point) che mette in comunicazione un livello con
quello immediatamente sopra e sotto. Il SAP è fondamentale in quanto mi permette di cambiare un
livello della pila protocollare senza dover sostituire l’intero workflow. Questo perché la SAP
traferisce solo la richiesta del livello N al livello N-1 che può o comunicare la risposta a N (sempre
tramite la SAP) o chiedere a sua volta informazioni al livello N-2 sottostante. Quindi il lavoro svolto
da un livello è nascosto agli altri, ciò che la SAP si limita a fare è trasportare una richiesta di un
livello a quello appena sottostante o passare il risultato di un livello a quello soprastante.

Un protocollo utilizza UI (unità informative, dette anche PDU, Protocol Data Unit) per il colloquio tra entità
dello stesso livello. Una unità informativa è un insieme di bit suddivisi in due campi logici:

 Payload: contiene l’informazione vera e propria.


 Header: insieme aggiuntivo di bit necessari per
implementare le funzioni del livello protocollare su cui ci si trova. Ad ogni livello in cui il payload
“passa” viene aggiunto l’header relativo al livello stesso (es. se il payload arriva dal livello 5, quando
l’UI arriverà al livello fisico avrà gli header del livello “trasporto”, “rete” e “collegamento” al suo
interno).

Nella maggior parte delle reti odierne possiamo individuare 5 diversi livelli. Come già detto essi sono messi
in comunicazione attraverso le SAP. Nel dettaglio i livelli sono:

 Applicazione: fornisce tutte le funzionalità necessarie all’interfaccia con l’utente (es. Chrome).
 Trasporto: si occupa dell’affidabilità della comunicazione, ovvero verifica che tutti i pacchetti che
volevo inviare siano effettivamente arrivati a destinazione e che dalla destinazione mi sia arrivata la
risposta. Applica inoltre una serie di procedure per cercare di migliorare le prestazioni end-to-end.
Le UI in questo livello sono chiamate “segmenti”.
 Rete: si occupa di fornire sia al mittente che alla destinazione un indirizzo e verifica che sia possibile
inviare il pacchetto nella rete di indirizzi fino alla destinazione corretta (questa operazione è detta
“instradamento” o “routing” e viene effettuata da apparecchi chiamati “router”). Questo livello
svolge funzioni di trasferimento dati nodo-nodo, instaurando e rilasciando connessioni logiche. Il
trasferimento avviene spezzando le UI in “pacchetti” che vengono poi instradati.
 Collegamento: si occupa di verificare che non ci siano errori sul collegamento fisico. Serve inoltre a
spezzare le UI in “trame” che vengono poi inviate al livello fisico in modo sequenziale.
 Fisico: si occupa di mettere l’informazione sul canale di trasferimento dati gestendo la connessione
del circuito fisico all’instaurazione, al mantenimento e infine al rilascio. Le UI di questo livello sono i
singoli “bit” che viaggiano sul canale.

Durante il trasferimento nella rete non è sempre detto che si debba


risalire la pila protocollare fino al livello 5. Ad esempio, quando sto facendo una conferenza online, la mia
applicazione genera un pacchetto che arriva fino al livello fisico per poi essere trasferito, ma prima di
arrivare al destinatario finale passa
attraverso una serie di router che si
occupano di gestire il percorso da far
seguire all’informazione. Questi
router non sono interessati al
contenuto generato al livello 5 ma
arrivano a leggere fino al livello 3, per
poi inviare l’informazione
nuovamente nella rete dopo aver
letto dal livello 3 dove deve arrivare a destinazione.

Ad ogni strato dei 5 possiamo trovare quindi diversi protocolli (nel corso non vediamo i protocolli del livello
fisico).

Ciascun livello può svolgere diverse operazioni all’entità di livello superiore, ad esempio:
 Frammentazione (segmentazione) e assemblaggio: se nel livello applicativo costruissimo un
pacchetto molto grande, a livello di trasporto questo potrebbe generare difficoltà nella lavorazione.
Per risolvere questo problema la SAP tra i due livelli può decidere di frammentare il pacchetto in
pacchetti più piccoli e porre davanti ad
ognuno di questi pacchetti un header. Se dal
livello di trasporto devo poi passare al livello
applicazione la SAP ricostruisce il pacchetto
originario assemblando i vari pacchetti più
piccoli.

 Multiplazione diretta (verso l’alto) e inversa


(verso il basso): significa mettere assieme più
entità di livello N+1 in una
singola unità di livello N (es.
quando Skype, Chrome e Teams
inviano dei pacchetti su internet
l’indirizzo IP dei pacchetti è
sempre lo stesso, quello del mio
computer, quindi 3 entità del
livello applicativo sono state
unite nel livello rete).

Commutazione:

È la funzione intelligente di scelta del ramo di uscita da una rete, permettendo ad un pacchetto di
raggiungere la sua destinazione. In pratica associa ad ogni UI un ramo di uscita per ogni ramo di ingresso. La
commutazione è un’attività svolta da ogni nodo della rete. La commutazione raggruppa due funzioni
principali in realtà:

 Routing (instradamento): è una operazione software che legge l’indirizzo del pacchetto e capisce
dove deve essere mandato.
 Forwarding (attraversamento): è la funzione che manda fisicamente il pacchetto sul ramo corretto
della rete.

Esistono 2 modalità per fare commutazione:


 Commutazione di circuito: se voglio
connettere due terminali della rete,
prima avviene una fase di
segnalazione/instaurazione dove
richiedo a tutti i nodi che mi servono per
arrivare al ricevente di riservarmi della
capacità. Se la segnalazione arriva fino al
ricevente e questo mi invia una risposta
in cui accetta la trasmissione allora i nodi
della rete mi riservano la capacità
richiesta in modo esclusivo per la mia
comunicazione. Una volta terminata la
comunicazione, la capacità viene
rilasciata per essere occupata dalla
prossima richiesta. Nella commutazione
per circuito abbiamo inizialmente un
tempo di instaurazione della
connessione dato dalla somma dei ritardi di propagazione, trasmissione ed elaborazione nei vari
nodi. Una volta che il ricevente ha però accettato la comunicazione, essendo la capacità della rete
riservata, il ritardo tra trasmettente e ricevente è di pura propagazione e viene chiamato “ritardo
end-to-end”. Lo svantaggio è che utilizzo la capacità della rete in modo inefficiente perché se
occupo tutta la capacità di un ramo nessuna informazione può più viaggiare su quel ramo finché la
comunicazione non viene interrotta. Nelle reti a circuito esiste un elemento detto “controllore” che
conosce l’intera struttura della rete e comunica con i router ogni volta che questi devono inviare un
segnale di instaurazione nella rete. Questo permette ad un router di sapere a quale altro router
inviare il segnale per fargli raggiungere la destinazione corretta (altrimenti un router non saprebbe
a quale altro nodo inviare il segnale, saprebbe solamente che quest’ultimo deve raggiungere la
destinazione B). nella commutazione a circuito la capacità (bit/s) dei canali in ingresso è uguale a
quella dei canali in uscita e non serve memorizzare l’informazione lungo il circuito una volta che la
connessione è stata stabilita.

 Commutazione di pacchetto: invece di riservare parte della rete solo per me, prima suddivido
l’informazione da inviare in pacchetti più piccoli (frammentazione delle UI), poi la rete gestirà in
modo autonomo come far arrivare i pacchetti che ho inviato a destinazione. A differenza della
commutazione di circuito non viene riservata nessuna capacità, perciò se un router riceve pacchetti
da terminali diversi che devono tutti essere instradati nello stesso ramo utilizza un buffer per
ordinare l’uscita dei pacchetti e memorizzare le UI che ancora devono essere inoltrate. Per questo
motivo i nodi della rete a commutazione a
pacchetto vengono detti “Store & Forward (S&F)”.
Facendo la suddivisione in pacchetti si utilizza la
capacità più efficientemente perché non devo
riservare della capacità a tempo indeterminato
nella rete e posso quindi gestire meglio lo scorrere
dei pacchetti sui vari rami. Lo svantaggio è che
rispetto alla commutazione di circuito ho un
ritardo maggiore perché l’informazione può
rimanere in attesa di essere inviata all’interno di
un router. Similmente alla rete a circuito, nella
rete a pacchetti quando un pacchetto raggiunge
un router, esso riesce a sapere a quale altro router inviarlo perché ha a disposizione una “tabella di
instradamento” (che si è costruito da solo o gli è stata fornita) dove per ogni indirizzo di
destinazione del pacchetto (che il router legge nell’header del pacchetto) si trova il prossimo nodo
che il pacchetto deve raggiungere.

La rete a pacchetti ci permette di definire due nuove tipologie di ritardo oltre a quello di trasmissione e
propagazione:

 Ritardo di elaborazione: quanto il router ci mette a leggere l’indirizzo di destinazione del pacchetto
nel suo header e a decidere a quale altro router inviarlo. L’elaborazione di un pacchetto avviene
solo dopo la fine della sua ricezione completa!
 Ritardo di attesa (accodamento): l’attesa che avviene nel buffer di un router se un pacchetto deve
utilizzare un ramo della rete su cui un altro pacchetto sta viaggiando.

Questi due ritardi non sono facilmente calcolabili in quanto non hanno sempre lo stesso valore ma variano
dall’utilizzo della rete in uno specifico momento (se un router è molto pieno posso avere ritardi di attesa
maggiori per esempio). Questo implica che il ritardo end-to-end nelle reti a pacchetto non può essere noto
a priori.

Parliamo di una trasmissione in cui avviene “pipeline” quando per esempio mentre sto trasmettendo un
primo pacchetto sul secondo link un secondo pacchetto sta venendo trasmesso sul primo link. Questo è un
pratico esempio di come la frammentazione delle UI e l’utilizzo della rete a pacchetto permetta di rendere
la trasmissione più efficiente.

Come detto, le reti a pacchetto hanno lo svantaggio di avere un ritardo end-to-end imprevedibile sia a
causa di possibili “intasamenti” del router sia per esempio nel caso 2 pacchetti di una stessa UI abbiano
preso strade diverse nella rete per raggiungere la stessa destinazione. Per permettere alle applicazioni che
richiedono però una certa qualità di servizio (le applicazioni “real-time”) e un ritardo massimo non
superabile (es. le trasmissioni voce che necessitano di un ritardo inferiore ai 150/200 ms) è stata
implementata una tecnica chiamata “circuito virtuale” che si differenzia dalla classica commutazione di
pacchetto vista finora, che prende invece il nome di “Datagramma”:

 Datagramma: è il servizio su cui si basa il protocollo IP. In questa tecnica di commutazione di


pacchetto i pacchetti dello stesso flusso sono inoltrati in modo indipendente gli uni dagli altri nella
rete, in quanto è la stessa a decidere il percorso da far seguire ai diversi pacchetti. Nel datagramma
i nodi intermedi (router) non hanno memoria dei flussi da un terminale all’altro. Inoltre, col servizio
datagramma non viene richiesta una connessione tra chiamante e chiamato, per questo motivo
viene detto che il datagramma è un servizio “connectionless”. Il servizio datagramma sfrutta la
multiplazione statistica, in quanto i flussi di pacchetti diversi condividono i collegamenti. In un
servizio di datagramma, nonostante il funzionamento corretto del protocollo, si verifichino fuori
sequenza, duplicazione o perdita di pacchetti.

 Circuito virtuale: commutazione di pacchetto in cui i nodi identificano i pacchetti di un flusso sulla
base di un “identificativo di circuito virtuale” (VCI o label) posto prima dell’header del pacchetto.
Questo permette quindi ai pacchetti con lo stesso VCI di seguire lo stesso percorso nella rete
(ovvero di passare attraverso gli stessi router). Nel servizio a circuito virtuale viene richiesta una
prima fase di instaurazione di connessione per riservare le risorse necessarie a trasferire il traffico
sulla rete, ciò permette, al contrario del servizio datagramma, di essere certi che la rete possa
effettivamente trasferire le UI che gli vengono consegnate. Per questa richiesta di instaurazione tra
chiamante e chiamato il circuito virtuale è definito come “connection-oriented”. È importante
sapere che solo i pacchetti della fase di instaurazione recano gli indirizzi IP di sorgente e
destinazione, poiché nella tabella di inoltro durante la fase dati i collegamenti tra i vari router
(stabiliti nella fase di instaurazione) sono indicati da un numero di canale logico. In pratica ogni
router assegna un numero di canale logico ad una comunicazione (una stessa comunicazione
potrebbe avere numeri diversi su router diversi) e quindi nella tabella di inoltro di quel router per
ogni coppia “previous hop – VCI” assegna una coppia “next hop – VCI”. Una sotto categoria del
servizio a circuito virtuale è la tecnica “cut-through” dove si attende la ricezione completa del solo
header prima di inoltrare il pacchetto (mentre nella tecnica standard si deve attendere la completa
ricezione del pacchetto).

Multiplazione:

Fare multiplazione significa condividere la capacità di un link trasmissivo (canale) tra più utenti che
necessitano una capacità minore di quella del canale principale. Ad esempio, una fibra permette di avere
una multiplazione fino a 160 canali che viaggiano a 100 Gbit/s, ovvero un link in fibra ha una capacità totale
pari a 160 Tbit/s. Fare multiplazione permette di utilizzare più efficientemente la capacità di un canale.

Per fare multiplazione, tutti i canali vengono collegati tramite un elemento di rete chiamato “multiplatore”
che mette insieme tutti i canali in uno solo. Nel senso opposto, quando un’informazione deve uscire dal link
principale per entrare nel canale del singolo terminale, viene usato un “demultiplicatore”.

Come per la commutazione, esistono diversi tipi di multiplazione:

 A divisione di frequenza (FDM)


 A divisione di lunghezza d’onda (WDM)
 A divisione di tempo (TDM)
 A divisione di codice (CDM)

La FDM e la WDM sono in realtà la stessa tecnica


essendo frequenza e lunghezza d’onda legate dalla
c
formula λ= dove “c” è la velocità della luce (in caso di onde elettromagnetiche).
f
Multiplazione FDM-WDM:

partendo dall’assunto che qualunque mezzo trasmissivo ha un insieme di frequenze


trasportabili, la multiplazione FDM suddivide la banda complessiva in sotto-bande a cui
associare i vari canali (ovvero associo ad ogni frequenza il canale di un utente). Un esempio è la
radio FM, in cui ogni frequenza “appartiene” in modo esclusivo ad una stazione radio. Tra le
varie frequenze è presente uno spazio bianco chiamato “frequenza di guardia” che serve ad
evitare che ci siano sovrapposizioni nelle trasmissioni.

Multiplazione TDM:

associo l’intera banda ad un solo utente, ma per un periodo di tempo limitato. I canali sono
quindi ora suddivisi nel tempo e non più nelle frequenze. Tra i vari slot temporali è presente
uno spazio bianco chiamato “tempo di guardia” che serve ad evitare che ci siano
sovrapposizioni nelle trasmissioni.

Il “duplexing” consiste nel suddividere il canale in due canali (TDM o FDM) per abilitare la comunicazione
nelle due direzioni (full-duplex). Se la suddivisione è solo su 2 canali il TDM prende il nome di TDD (time
division duplexing) e l’FDM prende il nome di FDD (frequency division duplexing).

Il multiplatore:
È un elemento di rete che prende in ingresso N sorgenti tributarie, con frequenza di picco tributaria f t (o Pt)
e frequenza media tributaria At, e le unisce in una sola frequenza multiplata fm. Se fm < N ∙ Pt allora si
potranno formare accodamenti tra le varie sorgenti se esse si trovano a “parlare” tutte quante insieme. In
generale il multiplatore è regolato dalla seguente formula: N ∙ A t ≤ f m ≤ N ∙ Pt

Per il corso ci concentriamo sulla multiplazione TDM poiché è la più utilizzata nelle reti odierne. Essa si
divide principalmente in due tipologie:

 Multiplazione deterministica: tipologia di multiplazione utilizzata tipicamente con le sorgenti CBR.


In questa tecnica di multiplazione i bit di N flussi vengono raccolti in code e trasmessi sul canale
d’uscita a gruppi di K. Questa azione è chiamata “interlacciamento di K bit”. Ogni gruppo di K bit è
trasmesso in un dato slot temporale. Gli slot temporali si ripetono ciclicamente in strutture dette
“trame”. Il tempo necessario a trasmettere tutti gli slot in uscita di una trama è chiamato “tempo di
trama”. Nella multiplazione deterministica f m=N ∙ f t . Questo fa sì che lo stesso pacchetto
originariamente trasmesso da una sorgente A (con frequenza di trasmissione ft) in un tempo Tin
K T
(dove, perciò, T ¿= ), all’uscita del multiplatore venga trasmesso in un tempo pari a T out = ¿ .
ft N
Inoltre, essendo logicamente T trama=T out ∙ N , risulta T trama=T ¿. Potendo inviare un solo pacchetto
per slot temporale, nel caso in cui
più pacchetti arrivino nello stesso
intervallo di tempo, il pacchetto
arrivato per ultimo viene salvato in
un buffer in attesa di poter essere
inviato sul canale multiplato (in
questo esempio il primo pacchetto
grigio deve aspettare l’invio del
pacchetto verde arrivato prima di lui).

 Multiplazione statistica: utilizzata principalmente con sorgenti VBR. In questo caso la frequenza
multiplata sarà sicuramente maggiore della somma delle N frequenze medie tributarie, ma non
necessariamente sarà maggiore della somma delle N frequenze di picco. Questo perché nelle
sorgenti VBR risulta improbabile che tutte le sorgenti connesse al multiplatore trasmettano nello
stesso istante (ad esempio è improbabile che tutti i residenti di un appartamento stiano inviando
file molto pesanti tutti nello stesso momento). La multiplazione statistica permette quindi agli
operatori di rete (es. Vodafone) di creare reti a costi inferiori, pur assicurando una velocità di
connessione internet minima (che sarebbe la frequenza tributaria media). Chiaramente se ci sono
più utenti che parlano insieme rispetto a quello che si aspettava l’operatore di rete si verrà a
formare del ritardo in cui alcuni pacchetti entreranno in un buffer in attesa di poter essere inviati
(come nell’esempio, in cui le pile di pacchetti di diverso colore rappresentato i vari pacchetti in
attesa). Il multiplatore invierà i
pacchetti che ha ricevuto
completamente per prima
(nell’esempio all’istante t1,5 i
pacchetti completamente ricevuti
sono sia il giallo che il blu, ma il giallo
ha finito la trasmissione prima del
blu, quindi è il giallo ad essere
inviato)
Nella multiplazione TDM deterministica abbiamo inoltre bisogno di un numero di bit per ogni trama
necessari al ricevitore. Questi bit vengono detti “bit di allineamento e segnalazione” e il multiplatore li
utilizza per assicurarsi di trovarsi all’inizio di una trama, altrimenti ci sarebbe il rischio di sfasarsi nella
riproduzione ciclica delle varie trame! Perciò la formula per la TDM deterministica diventa:

Ad un utente si può assegnare uno slot singolo per trama oppure l’operatore può decidere di assegnargli M
slot per trama (si parla in questo caso di “sovramultiplazione”) o una frazione di un singolo slot
(“sottomultiplazione”). La sovramultiplazione permette ad un singolo utente di poter avere maggiore
M ∙ Lc
capacità di trasmissione in quanto essa diventa f c = . Ovviamente dovrà essere 1 ≤ M ≤ N . Nel caso
T
M
di sottomultiplazione la formula è invece f c = dove adesso 1 ≤ M ≤ Lc .
T
LAYER 1:

Teoria dei segnali:

Un segnale periodico è un segnale che si ripete uguale ad ogni periodo T. Da dimostrazioni matematiche (la
serie di Fourier) si ricava che qualunque segnale periodico può essere rappresentato come somma di un
termine noto a0 e una serie infinita di seni e coseni con frequenze multiple della frequenza fondamentale
1
(dell’onda in questione) f 0= .
T
Definiamo “onda quadra” un segnale periodico formato da un’onda che passa, periodicamente, da un certo
valore costante A (identificato col bit 1) ad un secondo valore costante B (identificato col bit 0). La serie di
Fourier per un’onda quadra è la seguente:

Dal punto di vista della teoria dei segnali


ciò significa che una funzione del tempo
può essere rappresentata in maniera
equivalente nello spettro delle frequenze
dalle sole ampiezze che moltiplicano i seni.

Esempio 1:

1 1 .
f 0= = =2 kHz
T 500 ms
I due grafici sono la rappresentazione dello stesso segnale: quello a destra può essere rappresentato come
4A
somma di infiniti seni (contenenti la frequenza fondamentale f0) moltiplicati per il coefficiente (come si
π ∙n
vede nella formula della serie scritta sopra); il valore di questo coefficiente al variare di n (in questo
esempio come si vede A = 1) è rappresentato sullo spettro delle frequenze sull’asse delle ordinate. Ad
4 ∙1
esempio, per n=1 (in cui quindi il seno contiene la frequenza fondamentale) otteniamo =1.3, cioè
π ∙1
proprio il valore che assume il grafico nello spettro delle frequenze alla frequenza di 2 kHz. Per n = 3 il seno
avrà al suo interno 3f0 = 6 kHz e il coefficiente sarà 0,4 e così via.

Esempio 2:

Se nell’esempio di prima l’onda oscillava tra i valori 1 e -1, in questo caso l’onda oscilla tra i valori 1 e 0.
Avremo quindi un’ampiezza media dell’onda pari a 0,5. In questo caso la rappresentazione sullo spettro
delle frequenze è uguale con la differenza che l’ampiezza media dell’onda viene segnata in corrispondenza
della frequenza di 0 kHz.

Quando un segnale (con una certa frequenza) interagisce con un canale trasmissivo (doppino, fibra etc.),
bisogna tenere in considerazione che anche il canale ha una certa risposta alle frequenze (chiamata
“banda”). Lavorando nel dominio delle frequenze è facile calcolare la rappresentazione in frequenza di un
segnale che arriva al nodo B: esso sarà la moltiplicazione della rappresentazione in frequenza del segnale
inviato dal nodo A e la rappresentazione in frequenza della banda del mezzo trasmissivo su cui il segnale si
sposta. Per evitare distorsioni il canale deve modificare lo spettro del segnale il meno possibile, ovvero la
“banda passante del canale” (l’insieme di
frequenze che il canale può trasferire) deve
essere maggiore della “banda occupata dal
segnale” (l’estensione delle frequenze dello
spettro del segnale). Maggiore sarà, meno
distorto il segnale verrà ricevuto.

Il canale può essere di due tipi:

 Passa-basso: fa passare tutte le frequenze da 0 a una frequenza limite B.


 Passa-banda: fa passare tutte le frequenze comprese tra due frequenze f1 e f2

Utilizzando l’onda dell’esempio 1 precedente, se facessimo passare quel segnale in un canale passabasso
con frequenza limite pari a 4 kHz, di tutte le infinite sinusoidi che formavano l’onda quadra di partenza,
passerebbe solo il seno della serie di Fourier con coefficiente d’ampiezza pari a 1,3. Se B valesse 6 kHz
passerebbero 2 degli infiniti seni
della serie di Fourier. Se B fosse 32
ESEMPIO 2
kHz passerebbero 8 seni. Come si
può immaginare maggiore è il
numero di seni che riescono a
passare attraverso il canale (quindi
maggiore è la banda del canale),
migliore sarà la “ricostruzione”
dell’onda originale che si ottiene
sommando i vari seni:
Ogni segnale analogico tempo-continuo (es. l’onda elettrica generata dal condensatore nel microfono che
cattura la continua variazione in pressione d’aria generata dalla voce) per essere trasferito attraverso un
canale trasmissivo come la fibra o il doppino deve prima essere convertito in forma numerica (cioè
trasformato in bit). Per fare ciò occorrono due operazioni:

 Campionamento (sampling): di tutta la funzione continua nel tempo, si prendono dei valori tempo-
discreti (presi a intervalli regolari Tc). Logicamente estraendo da una
funzione continua dei valori discreti vengono perse delle informazioni.
Per risolvere questo problema esiste un teorema, chiamato “teorema
del campionamento di Nyquist”, che afferma che affinché un segnale
campionato s(tk) sia equivalente al segnale originale tempo-continuo
s(t) è necessario che la frequenza fc con cui campiono s(t) (dove
1
f c= ¿ sia almeno 2 volte maggiore della banda (dello spettro)
Tc
massima B del segnale s(t). Se f c < 2 B la ricostruzione non può
avvenire senza perdita di dati, ma si presenta un errore chiamato
“aliasing”.

 Quantizzazione (quantization): una volta che il segnale è stato


campionato in una serie di valori generici di ampiezze, devo poter
trasformare questi valori “reali” in una serie di bit 0 e 1 per poter
trasferirli sul canale trasmissivo. Per prima cosa l’asse delle ampiezze
viene suddivisa in un numero finito di intervalli contigui (chiamati
livelli). Ad ognuno di questi livelli assegno un valore binario definito (il
“quanto”). A questo punto associo ad ogni campione campionato
precedentemente il quanto ad esso più vicino. La quantizzazione
introduce necessariamente un errore chiamato “rumore di quantizzazione”. Maggiore sarà il
numero di livelli con cui quantizzo, minore sarà il rumore finale.

Attraverso campionamento e quantizzazione siamo quindi riusciti a passare da un segnale continuo a una
serie di bit da poter inviare attraverso un mezzo trasmissivo.

Dato un numero M di livelli di quantizzazione,


vale la relazione 2b= M dove b è il numero di
bit per campione (nella figura sopra avevamo
8 livelli e infatti il numero di bit del valore a
cui ogni campione campionato è stato
associato è proprio 3).

La frequenza di cifra risultante dopo


campionamento e
quantizzazione è
pari a
F c =f c ∙ b=f c ∙ log 2 M ed essendo una frequenza, ma di un segnale pronto per
essere mandato su un mezzo trasmissivo, la si misura in bit/s.

Esempio: la nostra voce ha una frequenza compresa tra 300 Hz e 3,4 kHz.
Arrotondando per eccesso e considerando quindi come frequenza massima B = 4 kHz, otteniamo una
frequenza di campionamento fc = 2B = 8 kHz. Facendo l’inverso di fc possiamo anche calcolare il tempo di
campionamento. Infine, considerando una quantizzazione base con un numero di bit per campione b = 8,
otteniamo Fc = 64 kbit/s.

Mezzi trasmissivi:

Lunghezza d'onda λ e frequenza f di un'onda elettromagnetica che viaggia a velocità v in un mezzo con
c
indice di rifrazione n sono legati dalla seguente formula: λ ⋅ f =v= . Abbiamo inoltre già detto che diversi
n
mezzi trasmissivi hanno diverse lunghezze d’onda che riescono a trasmettere, quindi a seconda del tipo di
segnale che si vuole inviare bisognerà scegliere anche un mezzo trasmissivo adeguato.

Ci sono due tipologie di mezzi trasmissivi:

 Mezzi radio: lo spazio libero che ci circonda può essere utilizzato per trasmettere onde radio che
viaggiano nell’aria e nel vuoto. Quando invio un segnale tra due dispositivi tramite mezzo radio, la
potenza del segnale si attenua con l’inverso della distanza tra i due dispositivi al quadrato. Nello
spazio la velocità di trasmissione è la velocità della luce c nel vuoto, ovvero c = 300 mila km/s

 Mezzi guidati: sono tutti quei mezzi trasmissivi che non sono l’aria, ad esempio il doppino, la fibra,
il cavo coassiale, etc. quando utilizzo un mezzo guidato per trasmettere il segnale tra due
dispositivi, la potenza del segnale si attenua secondo un’esponenziale negativa. Nei mezzi guidati la
velocità di trasmissione è di 200 mila km/s.
Mezzi trasmissivi più utilizzati nel mondo delle telecomunicazioni:

 Cavo coassiale: hanno dei coefficienti di attenuazione (è il coefficiente dell’esponenziale che fa


decrescere la potenza del segnale nei mezzi guidati) molto alti (possono anche variare al variare
della frequenza del segnale), quindi vengono usati su distanza di massimo qualche centinaio di
metri. Sono solitamente tutti schermati per ridurre le interferenze con l’esterno.

 Doppino intrecciato: formato da 4 coppie di 2 fili di rame intrecciati tra loro per ridurre
l’interferenza. Anche nei doppini il coefficiente è piuttosto alto (meno che nel cavo coassiale). I
doppini possono essere non schermati (UTP) o schermati con schermature in alluminio (STP e FTP).

 Fibra ottica: è formata da 2 cilindri di vetro concentrici a diversa rifrazione. Lavora per riflessione
totale della luce. Esistono le fibre multinodo e le fibre mononodo. Le mononodo hanno un core
molto piccolo e accettano solo la luce prodotta da apparecchi laser, ma hanno il vantaggio di poter
viaggiare migliaia di chilometri. Le fibre multinodo accettano tante componenti di luce diverse
grazie ad un core più grande, sono più economiche (si può utilizzare un led invece di un laser per
generare il segnale) ma possono coprire solo distanze ridotte. Il vantaggio della fibra è che ha
un’attenuazione estremamente ridotta rispetto al doppino ed ecco perché viene utilizzata per i
collegamenti transoceanici.

Potrebbero piacerti anche