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Sistemi e reti

Francesco Gemma
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Indice

1 Introduzione alle reti 1


1.1 Introduzione al concetto di rete . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.2 Scopi delle reti di calcolatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.2.1 Condivisione delle risorse . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.2.2 Comunicazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.3 Modello client-server . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.4 Modello peer-to-peer . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.5 Hardware di rete . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.6 Software di rete . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.6.1 Gerarchie di protocolli . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.6.2 Tipi di servizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
1.6.3 Modello OSI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
1.6.4 Modello TCP/IP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

2 Mezzi di trasmissione 23
2.1 Connessione con cavi di rame . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
2.2 Connessione ottica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
2.3 Connessione wireless . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

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ii
Capitolo 1

Introduzione alle reti

1.1 Introduzione al concetto di rete

Il termine rete, popolare in ambito informatico, indica generalmente un in-


sieme di punti, detti nodi o stazioni, in relazione tra loro tramite collega-
menti (fisicamente attraverso un mezzo di trasmissione).

Il concetto di rete e le sue applicazioni sono antecedenti al computer. Basti


pensare che il telegrafo fu inventato già nel 1837 (Samuel Morse), mentre i

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primi computer non nacquero prima della seconda guerra mondiale. L’inven-
zione del computer moderno è storicamente attribuita al logico-matematico
Alan Turing che, a capo di gruppo di ricercatori, nel 1943 invento la macchi-
na Colossus per decodificare i messaggi radio cifrati dei tedeschi attraverso
la macchina Enigma.

Figura 1.1: Alan Turing (Inghilterra, 1912 - 1954) è considerato


il padre dell’informatica moderna

Nonostante le reti fossero già conosciute, i primi computer erano altamen-


te centralizzati e occupavano un’intera stanza. Spesso questa stanza aveva
pareti di vetro e i visitatori potevano ammirare la meraviglia elettronica.
Grazie alla nanotecnologia, oggi possiamo ottenere prestazioni più elevate in
minor spazio.

Quando il mondo dei computer e quello delle comunicazioni si incontra-


rono, si superò l’idea di centro di calcolo per lasciar spazio a quello di reti
di calcolatori. Dal modello ormai obsoleto di un solo computer capace di
soddisfare le richieste di calcolo di una organizzazione o azienda si passò al
concetto di più computer collegati tra loro.
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1.2 Scopi delle reti di calcolatori

Prima di entrare in dettaglio con i tecnicismi, ci soffermiamo sui principali


utilizzi di una rete. Il concetto è tanto semplice quanto potente.

1.2.1 Condivisione delle risorse

Benché mediamente in una famiglia tutti i componenti abbiano un computer


o un cellulare, non si ha la necessità di dover condividere delle risorse. In una
azienda, invece, è praticamente vitale dover accedere alle stesse informazioni
da computer diversi. Si pensi, ad esempio, alla gestione di un magazzino: un
gruppo di dipendenti (ufficio delle risorse umane o reparto IT) è solitamen-
te responsabile di sapere quanti dispositivi possiede l’azienda e a chi sono
affidati. Ogni membro del gruppo deve conoscere queste informazioni.

La condivisione può rifersi anche a degli strumenti hardware o soft-


ware. Nessuno, in azienda, ha una propria stampante sulla scrivania ma
esistono delle stampanti a disposizione di tutto il personale. Ciò concorre,
ad esempio, alla semplicità di gestione e all’abbattimento dei costi.

1.2.2 Comunicazione

Utenti appartenenti alla stessa rete posso comunicare più velocemente. La


comunicazione, in tal senso, non si riferisce alle comuni chat e mail, ma
anche allo scambio di documenti. Quanto un utente condivide o modi-
fica un documento, i cambiamenti possono essere esaminati in tempo reale.
Solitamente, questo avviene anche in videoconferenza.
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Parte della comunicazione non avviene direttamente tramite persone, ma


secondo degli ordini elettronici. La fortuna degli e-commerce e dello shop-
ping su Internet è basata sulla prenotazione di articoli (libri, musica e quan-
t’altro) tramite una rete che gestisce gli ordini in tempo reale. Ciò è vero sia
per una persona comune che per una azienda o fabbrica, che possono ridurre
notevolemente le scorte in magazzino e migliorare l’efficienza.

1.3 Modello client-server

Un esempio di rete molto comune è la tipica configurazione client-server


illustrata in figura.

Figura 1.2: Più client sono collegati allo stesso server

Un server è a sua volta un computer, che è utilizzato per garantire la centra-


lizzazione e l’ottimizzazione

• di informazioni, come nel caso di un database.


• di servizi, ovvero di funzionalità.
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Ovviamente le due possono coesistere. Un sito di scacchi, ad esempio, oltre


all’applicazione per giocare può offrire uno storico delle proprie partite, di
altri giocatori iscritti o altre particolarmente famose.
Più in dettaglio, avviene una doppia comunicazione tra il client (chiaman-
te) e il server (ricevente). In gergo, si dice che il client effettua una request
(richiesta) per accedere a delle informazioni o un servizio. Il server, se la
request è ben formulata e l’elaborazione di arresta con un output, fornisce
una response (risposta).

Come in una comunicazione tra persone, i due soggetti client e server po-
trebbero non intendersi. In particolare possono esserci problemi dovuti
• alla request (lato client), i cui errori sono solitamente classificati nella
famiglia 400 (ad esempio il tipico 404 di url sbagliato)
• alla response (lato server), nel caso di problemi tecnici durante la fase
di elaborazione, tipicamente classificati nella famiglia 500.

1.4 Modello peer-to-peer

Un’altra possibile configurazione tra computer di una rete è la cosidetta


peer-to-peer (connessione tra utenti di pari natura, livello, permessi). La
mancanza di un server centrale consente di scambiare o condividere informa-
zioni con maggior facilità e, soprattutto, minor controllo. Benché le intenzioni
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siano utopisticamente buone, questa dinamica può favorire forme di illegalità


come la pirateria e il gioco d’azzardo. La libertà può diventare un pericolo.

Figura 1.3: Client connessi tra loro senza un server

1.5 Hardware di rete

Una possibile classificazione delle reti è basata sulla tecnologia di trasmissione


e la dimensione.

Trasmissione In linea generale, ci sono due tipi di tecnologie trasmissive


• collegamenti broadcast
• collegamenti point-to-point (punto-punto).
Le reti broadcast hanno un solo canale di comunicazione. I messaggi, chia-
mati anche pacchetti, sono inviati dalla sorgente alle macchine destinatarie.
Parte del messaggio contiene anche l’indirizzo iA della macchina destinataria
A, che lo può processare. Quando un’altra macchina B riceve il messaggio,
questo viene semplicemente ignorato.
Nel caso in cui il messaggio è destinato a tutte le macchine della rete, si
parla di broadcasting. Se, in particolare, si tratta di una sottorete (cioè
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un sottoinsieme di nodi con i collegamenti già presenti), si usa il termine di


multicasting.

Figura 1.4: Rete broadcast con sorgente in giallo

Le reti point-to-point consistono invece di molte connessione tra coppie di


macchine. Un messaggio, in questo tipo di rete, nel suo viaggio dalla sorgente
alla destinataria deve passare per una o più macchine intermedie. Poiché
il numero di collegamenti è notevolmente più alto, è importante trovare il
percorso migliore tra quelli possibili.
Come regola generale le reti più piccole tendono a utilizzare il broadca-
sting, mentre il point-to-point si implementa per le reti di dimensioni mag-
giori. Il motivo è che ogni nodo della rete può provvedere a rafforzare il
segnale.
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Dimensione In base alla distanza tra i processori di una rete, si usano


differenti terminologie, riportate nella seguente tabella

Distanza processori Luogo Terminologia

1m Metro quadro Personal Area Network


10m Stanza Local Area Network (LAN)
100m Edificio Local Area Network (LAN)
1km Campus Local Area Network (LAN)
10km Città Metropolitan Area Network (MAN)
100km Nazione Wide Area Network (WAN)
1.000km Continente Wide Area Network (WAN)
10.000km Pianeta Local Area Network (Internet)

Tabella 1.1: Classificazione in base alla scala

Topologia Una ulteriore classificazione riguardo non gli aspetti fisici di una
rete, ma solo la disposizione dei suoi nodi. In tal caso di parla di topologia
di una rete.

Figura 1.5: Topologia a bus

Topologia a bus Un cavo, detto bus, connette i nodi presenti in ma-


niera lineare. In questa rete al più una macchina trasmette. Nel caso in
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cui due pacchetti collidono, le sorgenti corrispondenti aspettano un tempo


randomico per rimandare il messaggio.

Figura 1.6: Topologia ad anello

Topologia ad anello L’informazione viaggia in senso orario o antiora-


rio e ogni nodo può fungere la ripetitore tra il mittente e il destinatario.

Figura 1.7: Topologia a stella

Topologia a stella In questa configurazione, il nodo centrale è solita-


mente chiamato Hub e funge da ripetitore dei messaggi scambiati. Un chiaro
vantaggio è che aggiungere un nodo è facile; uno svantaggio, tuttavia, è che
un guasto (anche momentaneto) dell’Hub comporta un disservizio all’intera
rete (come nel caso di una rete client-server).
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Figura 1.8: Topologia completamente connessa

Topologia completamente connessa Difficilmente realizzabile, dato


l’elevato numero di nodi. Indicando con m detto numero e non n il numero
di nodi, si ha una relazione ed è
n(n − 1)
m=
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che è un polinomio di secondo grado. Ciò implica che non solo il numero di
collegamenti aumenta con l’aumentare dei nodi, ma che non lo fa in maniera
proporzionale (del tipo m = c · n, con c positivo).

Figura 1.9: Topologia ad albero

Topologia ad albero Le topologie posso tra loro combinarsi in base


alle esigenze, come mostra la topologia ad albero, composta da una a bus e
una a stella.
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1.6 Software di rete

Le prime reti di computer furono progettate con particolare attenzione al-


l’hardware. II software era concepito come un complemento. Questa strate-
gia non funziona più. Oggi il software di rete e altamente strutturato.

1.6.1 Gerarchie di protocolli

Per diminuire la complessità, la maggior parte delle reti è organizzata co-


me pila di strati (layer) o livelli, costruiti uno sull’altro. Lo scopo di ogni
strato è quello di offrire determinati servizi agli strati di livello superiore,
schermandoli dai dettagli sull’implementazione dei servizi. Questo concetto
familiare è impiegato in tutta l’informatica, dove viene variamente definito
come information hiding, tipi dati astratti, incapsulazione dei dati e program-
mazione orientata agli oggetti1 . L’idea di base è che una particolare porzione
di software (o hardware) offre un servizio ai propri utenti (che possono essere
altri componenti) nascondendogli però i dettagli dello stato interno edegli
algoritmi utilizzati.

Protocolli Lo strato n di un computer è in comunicazione con lo strato n di


un altro computer. Le regole e le convenzioni usate in questa comunicazione
sono globalmente note come i protocolli dello strato n. Fondamentalmente
un protocollo è un accordo, tra le parti che comunicano, sul modo in cui deve
procedere la comunicazione. Violare il protocollo rende la comunicazione più
difficile, se non del tutto impossibile.
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La terminologia è spesso confusa e dipende dalle convenzioni scelte
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In figura è illustrato una rete a cinque strati. Le entità che formano gli
strati di pari livello sui diversi computer sono chiamati pari (peer). I pari
possono essere processi, dispositivi hardware o anche esseri umani. In altri
termini, i pari comunicano usando ii protocollo.

Figura 1.10: Strati, protocolli e interfacce

In realtà i dati non sono trasferiti direttamente dallo strato n di un com-


puter allo strato n di un altro. Invece, ogni strato passa dati e informazioni di
controllo allo strato imrnediatamente sottostante, fino a raggiungere quello
più basso. Sotto lo strato 1 si trova il supporto fisico attraverso cui è possibile
la comunicazione vera e propria. Nella fig. 1.10 la comunicazione virtuale è
indicata da linee tratteggiate e la comunicazione fisica da linee continue.

Interfacce Tra ciascuna coppia di strati contigui si trova un’interfaccia.


L’interfaccia definisce le operazioni elementari e i servizi che lo strato inferiore
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rende disponibili a quello soprastante.

Le interfacce pulite rendono più facile sostituire l’implementazione di uno


strato con un’altra del tutto diversa (per esempio, tutte le linee telefoniche
vengono sostituite con canali satellitari), perché la nuova implementazione
dovra semplicemente offrire allo strato immediatamente soprastante esatta-
mente lo stesso insieme di servizi della vecchia. In pratica, e frequente che
host distinti usino diverse implementazioni. L’insieme di strati e protocollo
si chiama architettura di rete.

Esempio 1.1. Immaginiamo due filosofi (processi pari dello strato 3), uno
dei quali parla urdu e inglese mentre l’altro parla cinese e francese. Poiché
non hanno linguaggi in comune, ciascuno assume un interprete (processo
pari dello strato 2), ciascuno dei quali a sua volta contatta una segretaria
(processo pari dello strato 1).

II filosofo 1 vuole comunicare una frase al proprio pari. Per farlo, passa un
messaggio (in inglese) attraverso l’ interfaccia 2/3 al suo interprete, dicendo
“mi piacciono i conigli”, come mostrato nella fig. 1.11.

Gli interpreti si sono accordati su un linguaggio neutro noto a entrambi,


l’olandese, in questo modo ii messaggio viene convertito in “Ik vind konijnen
leuk”. La scelta della lingua e ii protocollo dello strato 2 e dipende dai processi
pari di questo strato. L’interprete quindi dà il messaggio alla segretaria per
la trasmissione, per esempio, via fax ( il protocollo dello strato 1 ). Quando
il messaggio arriva, è tradotto in francese e passato attraverso l’ interfaccia
2/3 al filosofo 2.

Notiamo che ogni protocollo è completamente indipendente dagli altri,


fino a quando non vengono cambiate le interfacce. Gli interpreti potrebbero
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Figura 1.11: Architettura filosofo-interprete-segretaria

passare liberamente dall’olandese al finlandese (per esempio), a patto che


entrambi acconsentano al cambiamento e nessuno dei due cambi l’interfaccia
con lo strato l o lo strato 3. Allo stesso modo, le segretarie potrebbero
accordarsi per comunicare via mail.

1.6.2 Tipi di servizi

Prima di entrare in dettaglio con lo studio del modello OSI e dell’architettura


TCP/IP, premettiamo le seguenti definizioni.

Definizione 1.2 (Servizi e connessione). Un servizio offerto da un livello ad


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uno superiore può essere:


• orientato alla connessione se i messaggi arrivano in ordine dopo
aver stabilito la connessione;
• privo di connessione, se i messaggi possono arrivare in modo non
ordinato.

Esempi sono rispettivamente


• il sistema telefonico: prima si stabilisce una connessione e poi si man-
dano messaggi ordinati
• il servizio postale: un messaggio M1 inviato prima di un messaggio M2
potrebbe giungere dopo.

Definizione 1.3 (Quality of Service). Un servizio è


• affidabile se non vengono mai persi dati; è chiamato anche confer-
mato perché normalmente si realizza usando messaggi di avvenuta
ricezione; si ha la garanzia non solo che i dati arrivino, ma che arrivino
correttamente.
• non affidabile se non è garantita la consegna dei dati.

Esempi sono rispettivamente


• il trasferimento dei file
• la trasmissione di voce e filmati

1.6.3 Modello OSI

Il modello OSI (Open Systems Interconnection Reference Model) è un model-


lo di software di rete a livelli definito dall’ISO (International Standards Orga-
nization). Riguarda la connessione di sistemi aperti (verso la comunicazione
con altri sistemi).
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Il modello OSI definisce sette livelli. I principi che sono stati applicati per
arrivare ai sette strati si possono brevemente riassumere come segue:

1. si deve creare uno strato quando è richiesta un’astrazione diversa


2. ogni strato deve svolgere una funzione ben definita
3. la funzione di ogni strato va scelta in base a protocolli internazionali
4. i confini degli strati vanno scelti per minimizzare ii flusso d’informazioni
attraverso le interfacce
5. il numero di strati deve essere
• abbastanza grande per evitare di porre funzioni di ruoli diverso
nello stesso strato;
• essere abbastanza piccolo da rendere l’architettura attuabile.

Figura 1.12: Modello OSI

Il modello OSI in sé non è un’architettura di rete, perché non specifica quali


sono esattamente i servizi e i protocolli da usare in ciascuno strato; si limita
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infatti a definire ciò che ogni strato deve compiere. Tuttavia, ISO ha prodotto
anche standard per ciascuno strato, benché non facciano parte del modello
di riferimento.

Livello fisico si occupa della trasmissione dei bit lungo un mezzo di tra-
smissione. Deve assicurare che ogni bit trasmesso con valore 1 sia ricevuto
ancora con valore 1, e non con valore 0. Problemi tipici riguardano quan-
ti Volt bisogna usare per rappresentare un 1 e quanti per uno 0, quanti
nanosecondi deve durare un bit.

Livello di data link deve far apparire ai livelli superiori il mezzo di


trasmissione come esente da errori di trasmissione.

Livello di rete controlla il funzionamento della sottorete di comunicazione;


in particolare si occupa della ricerca di un percorso nella sottorete.

Livello di trasporto il suo scopo è fare in modo che i dati inviati dal
mittente arrivino a destinazione come se attraversassero una linea diretta
tra le due stazioni, senza errori (in pratica come il livello di data link; la
differenza è che il livello di data link si occupa del collegamento diretto tra
due stazioni, mentre il livello di trasporto si occupa della comunicazione tra
due stazioni attraverso la sottorete di comunicazione).

Livello di sessione dovrebbe aggiungere servizi avanzati al trasporto di


dati come il controllo del dialogo (tenere il turno di chi trasmette e chi
riceve).
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Livello di presentazione fa riferimento alla sintassi e alla semantica delle


informazioni trasmesse. Risolve cioè il problema di come interpretare una
sequenza di bit, diversamente dagli altri livelli che gestiscono la trasmissione
dei bit .

Livello di applicazione contiene molti protocolli che offrono servizi al-


l’utente, come l’HTTP (HyperText Transfer Protocol) per il World Wide
Web.

Riassumendo I primi tre livelli (livelli fisico, di data link e di rete) pos-
sono essere considerati come standard per la comunicazione: si occupano
della gestione della sottorete di comunicazione; le applicazioni non possono
influire su di essi. I quattro livelli superiori (livelli di trasporto, sessione, pre-
sentazione e applicazione) riguardano l’elaborazione; permettono di creare
applicazioni indipendenti dalla rete di comunicazione.

1.6.4 Modello TCP/IP

Una tecnica alla base del modello TCP/IP è quella della commutazione di
pacchetto. Tale tecnica è stata sviluppata a metà degli anni ’60, durante
la Guerra Fredda tra il blocco occidentale e il blocco sovietico. Per garantire
le comunicazioni anche in caso di attacco nucleare, gli apparati di ricerca
dell’esercito statunitense idearono un sistema di inoltro delle informazioni
che potesse sopperire alla scomparsa improvvisa di alcuni nodi o di intere
porzioni della rete.
L’idea di base è suddividere la comunicazione in piccoli segmenti (i pac-
chetti dati, cioè sequenze di bit) e inviarli al nodo di destinazione senza
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stabilire a priori un percorso da seguire. Ogni pacchetto può decidere in au-


tonomia (anche in maniera randomica) attraverso quali nodi passare e come
raggiungere il destinatario, cui è affidato il compito di ricostruire il messaggio
una volta ricevuti tutti i dati.
All’interno di ogni nodo appartenente alla rete, infatti, sono registrati di-
namicamente (ovvero aggiornati continuamente), in tabelle dette tabelle di
routing (instradamento), lo stato di funzionamento dei nodi ad esso diret-
tamente collegati: in questo modo è sempre possibile sapere se un nodo non
è funzionante, se è occupato o se è libero. Basandosi su queste informazioni,
il nodo attualmente in possesso di un particolare pacchetto dati può deter-
minare di volta in volta il migliore percorso da far seguire ai dati in modo
che raggiungano il nodo destinatario nel minor tempo possibile.
Il pacchetto è formato solitamente da tre parti: header o intestazione
(contenente tutte le informazioni necessarie alla trasmissione e ricezione delle
informazioni), data (contenente i dati trasmessi) e checksum (codice di
controllo utilizzato per verificare l’integrità della trasmissione).

Figura 1.13: I pacchetti (verdi/rossi) possono seguire strade diverse

L’invio dell’intero messaggio è privo di connessione e non affidabile. Il


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protocollo che provvede all’invio/instradamento dei pacchetti prende il nome


di protocollo IP (Internet Protocol). Quello che si occupa di ricostruire il
messaggio è invece il protocollo TCP (Transmission Control Protocol).

Strati A differenza del modello OSI, TCP/IP presenta solo i seguenti livelli:

• livello di rete, che offre il servizio di spacchettamento e invio secondo


il protocollo IP.
• livello di trasporto, che offre il servizio di ricostruzione del messaggio
secondo il protocollo TCP.
• livello di applicazione, che contiene tutti i protocolli e i servizi ad alto
livello (ad esempio il protocollo HTTP)

TCP/IP inoltre è una architettura di rete in quanto definisce anche dei


protocolli, non solo dei livelli di rete.

Sotto al livello di rete non vengono definiti altri livelli. Viene indicato ge-
nericamente un livello chiamato host-to-network che prevede di utilizzare uno
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qualsiasi degli standard disponibili. Il TCP/IP può utilizzare qualsiasi proto-


collo sottostante per trasportare pacchetti IP lungo il mezzo di trasmissione:
si può appoggiare a qualsiasi tecnologia esistente.

Tappe storiche Le date fondamentali nella storia del TCP/IP sono:

1957 - Gli Stati Uniti formano la Advanced Research Project Agency (AR-
PA) nell’ambito del Dipartimento della Difesa (DoD - Department
of Defence) per studiare applicazioni di scienza e tecnologia all’uso
militare.
1962 - Parte il progetto di realizzare una rete in grado di continuare a fun-
zionare anche in caso di attacco nucleare. Il progetto finale consiste in
una rete a commutazione di pacchetto.
1968 - Nasce la rete ARPAnet con il collegamento dei primi quattro siti (quat-
tro Università che usano tutte sistemi diversi): Università della Cali-
fornia a Los Angeles, Stanford Research Institute, Università della Ca-
lifornia a Santa Barbara, Università dello Utah. Il collegamento usa
linee telefoniche a 50 Kbps. Il protocollo utilizzato per comunicare tra
gli host viene chiamato NCP (Network Control Protocol).
1972 - La rete ARPAnet collega 32 nodi (università e strutture governati-
ve) usando linee telefoniche, reti satellitari e onde radio; Ray Tom-
linson crea un programma per la posta elettronica usato dai docenti
universitari per comunicare con i colleghi.
1973 - Comincia lo sviluppo del TCP/IP.
1982 - Si inizia ad usare il termine Internet come insieme di internet TCP/IP
collegate tra loro.
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1983 - ARPAnet viene divisa separando la parte pubblica (ARPAnet e poi


Internet) da quella militare (MILnet Military Network). L’Università
del Wisconsin introduce il DNS per la risoluzione dei nomi.
1989 - Nasce il servizio Web al CERN, il centro Europeo per la ricerca sulla
fisica nucleare.
Capitolo 2

Mezzi di trasmissione

In ogni sistema, i dispositivi presenti devono scambiarsi dei dati. A tal fine,
essi utilizzano un mezzo trasmissivo che può essere di diverso tipo in base
alla distanza alla quale sono posti i dispositivi da connettere. A secondo
della distanza, inoltre, vengono usate differenti tecnologie per rappresentare
il messaggio, che può essere:

• di natura elettrica per piccole distanze, utilizzando un conduttore come


mezzo trasmissivo;
• di natura ottica per distanze medio-lunghe, utilizzando una fibra par-
ticolare (fibra ottica);
• di tipo elettromagnetico per ogni tipo di distanza senza bisogno di
connessioni fisiche (connessioni wireless)

Modello atomico Il comportamento dei materiali è legato alla loro strut-


tura fisica, cioè alla particolare costituzione degli atomi che la compongono.
Ogni atomo è costituito da:

• un nucleo, cioè la parte centrale dell’atomo, formato da:

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24

– protoni: cariche positive che stanno nel nucleo;


– neutroni: non hanno carica e stanno nel nucleo;
• elettroni: hanno carica negativa e ruotano attorno al nucleo dispo-
sti su diverse orbite. Gli elettroni presenti sull’ultima orbita vengono
chiamati elettroni liberi (e sono gli elettroni di valenza).

Conduttore elettrico Non tutti gli elementi presenti in natura sono adatti
a essere utilizzati come conduttori di elettricità. Possiamo raggruppare i
materiali in tre categorie:

• conduttori,con almeno un elettrone libero che possa spostarsi sotto


l’azione di forze elettriche (argento, oro, rame, stagno).
• isolanti, elettroni fortemente legate agli atomi e non disponibili per
costituire una corrente (plastica, carta, legno, aria, acqua).
• semiconduttori, con quattro elettroni liberi (silicio, germanio), che a
temperature prossime allo zero assoluto (0 K = -273,15 °C) si com-
portano come isolanti, mentre per temperature più alte si comportano
come conduttori.

Verso della comunicazione Le linee di comunicazione si distinguono in


linee

• simplex (permettono la comunicazione in un solo senso; una delle due


stazioni collegate in questo modo funziona sempre da trasmettitore,
l’altra sempre da ricevitore)
• half duplex (permettono la comunicazione nei due sensi ma soltanto
alternativamente)
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• duplex (le linee duplex (o full duplex) permettono la comunicazione


nei due sensi anche contemporaneamente).

2.1 Connessione con cavi di rame

La trasmissione di segnali elettrici può avvenire tramite un cavo (filo) con-


duttore che garantisce al segnale, generato dal dispositivo trasmettitore, di
giungere al dispositivo ricevitore.

L’idea è che un messaggio, che a livello astratto è una sequenza di 1 e


0, sia tradotto in segnali elettrici e quindi inviato dal trasmettitore A al
ricevitore B.

Cavi coassiali Il cavo coassiale (chiamato anche semplicemente coax) è


formato da un filo di rame conduttore rivestito da un materiale isolante,
rafforzato da una protezione in alluminio e una schermatura a calza (formata
da fili di rame intrecciati); il tutto è rivestito da una guaina protettiva esterna
in PVC o Teflon.
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L’intrecciatura garantisce solidità al cavo. Inoltre, realizza una gab-


bia di Faraday per il conduttore interno rendendolo immune ai disturbi
elettromagnetici.

Definizione 2.1. Con gabbia di Faraday si intende un contenitore co-


struito in materiale conduttore. Tale definizione ha importanza perché se
un siffatto contenitore è attraversato da una scarica elettrica, la carica si
distribuisce sulla superficie e l’interno non ne risente.

Esempio 2.2. Una automobile è una gabbia di Faraday. Invitiamo comun-


que a non viaggiare in caso di temporali.

Esempio 2.3. Per un video, si guardi alla pagina wikipedia https://it.wiki-


pedia.org/wiki/Gabbia_di_Faraday

Esistono molti tipi di cavi con livelli di impedenza diversi classificati


secondo una scala RG (Radio Grade).
I cavi RG58 (o Thin Ethernet usati nelle reti Ethernet 802.3 10Base2 -
10Mb/s 200m circa) hanno diametro di 3/8 di pollice e impedenza di 50 ohm.
I cavi RG213 (o Thick Ethernet usati nelle reti Ethernet 802.3 10Base5
- 10Mb/s 500m circa) hanno impedenza di 50 ohm; offrono una migliore
protezione ma sono più fragili, più grossi, poco flessibili e più costosi.
Esistono anche cavi a 75 ohm usati per la TV via cavo.
Il cavo coassiale è un cavo bidirezionale; di solito lo si usa con tecnologia
broadcast.

Doppini telefonici Il doppino è costituito da una o più coppie (pair) di


conduttori di rame avvolti a spirale (twisted) per ridurre gli effetti di disturbi
originati dai campi magnetici e dalla corrente che circola nei conduttori stessi.
27

Il verso del campo magnetico Bi dipende dal verso della corrente li

Un filo percorso da corrente, infatti, genera un campo magnetico il cui verso


(orario/antiorario) dipende da quello della corrente1 .
Esistono varie tipologie di cavo.

UTP (Unshielded Twisted Pair) Quattro coppie di fili a spirale


avvolti da guaina isolante. I fili non sono schermati (unshielded). L’impe-
denza in questo tipo di conduttori è generalmente di 100 ohm: esso viene
utilizzato per distanze fino a 100m ed è sensibile ai disturbi elettromagnetici,
ma rispetto al cavo STP è più economico e semplice da installare.

UTP

1
Si badi che questo legame non è una banalità: da una parte c’è il fenomeno elettrico
(passaggio di corrente), dall’altro quello magnetico (attrazione). Si verifica anche il caso
inverso: un magnete (calamita) può indurre delle cariche a formare una corrente. Per tal
motivo si parla, in generale, di elettromagnetismo (teoria relativamente recente).
28

FTP (Foiled Twisted Pair) Come l’UTP ma c’è una schermatura


globale in alluminio. L’impedenza in questo tipo di conduttori è generalmente
di 100 ohm.

FTP

STP (Shielded Twisted Pair) come l’FTP (quindi con una scher-
matura globale), con una schermatura per ogni coppia di fili. L’impedenza
in questo tipo di conduttori è generalmente di 150 ohm.

FTP

Classificazione dei doppini


• cat.1: cavi adatti unicamente a telefonia analogica;
• cat.2: cavi per telefonia analogica e digitale ISDN e trasmissione dati
a bassa velocità;
• cat.3: cavi adatti per reti locali; ampiezza di banda di 16 MHz cioè
velocità di 10 Mbps per 100 m di distanza;
29

• cat.4: cavi leggermente migliori di quelli di cat. 3 ma in pratica non


utilizzati;
• cat.5: cavi con ampiezza di banda fino a 100 MHz che permettono di
raggiungere velocità di 100-256 Mbps in base alle distanze;
• cat.6: cavi migliori con ampiezza di banda fino a 250 MHz che permet-
tono di raggiungere velocità superiori.

2.2 Connessione ottica

Oltre alla trasmissione di segnali elettrici si può utilizzare un secondo fe-


nomeno fisico per trasmettere comunicazioni, la luce, che viene propagata
utilizzando un particolare cavo chiamato fibra ottica.
L’idea è di associare ai bit 0 e 1 gli stati di assenza e presenza della luce
rispettivamente.

Onde Con onda si intende genericamente una pertubazione che si ripete


nel tempo. Essa può comportare uno spostamento della materia (come nel
caso di una corda, una frusta), benché non sia strettamente necessario.
La luce è un’onda elettromagnetica (cioè è generata da un campo elettrico
e uno magnetico) e come tale si può propagare nel vuoto ad una velocità
costante c = 300.000.000 m/s.
Per descrivere un’onda si introducono le seguenti grandezze:

• Periodo: indicato solitamente con T , indica il tempo di una oscillazione


completa.
• Frequenza: indicato solitamente con f o ν. Per definizione, f = 1/T .
Si indica in hertz: 1Hz = 1/s.
30

• Ampiezza: rappresenta la variazione y massima dell’onda rispetto al


valore di equilibrio.
• Lunghezza d’onda: indicata con λ, è la distanza fra due creste d’onda
(i due punti corrispondenti a una oscillazione di periodo T ).

In ascissa rispettivamente la distanza x ed il tempo t

Le lunghezze d’onda λ visibili dall’uomo sono comprese tra 0,4 a 0,7 µm


(micron) mentre la gamma utilizzata per la trasmissione nelle fibre ottiche è
la luce infrarossa da 0.85, 1.35, 1.55 µm.

Leggi di Snell Per lo studio delle onde e vengono utilizzate le leggi di Snell.
Esse descrivono la riflessione e la rifrazione di un raggio luminoso incidente
sulla superficie di separazione di due materiali.

Quando un raggio di luce attraversa due materiali con un angolo θ diverso


da 90°, una parte di energia viene riflessa mentre l’altra entra nel materiale
con un angolo diverso da quello di ingresso e viene rifratta: siamo in presenza
di un’onda incidente, di un raggio riflesso e di un raggio rifratto (fig. 2.1).

In particolare, l’angolo di incidenza θ1 è uguale all’angolo di riflessione


θ2 . L’angolo di rifrazione θ3 , invece, dipende dall’indice di rifrazione,
parametro specifico di ogni materiale.
31

Figura 2.1: La riflessione presenta angoli uguali

Definizione 2.4. L’indice di rifrazione n di un materiale M è il rapporto


tra la velocità della luce nel vuoto e quella nel materiale

c
nM =
vM

dove c = 300.000.000 m/s.

In particolare, in aria ha valore (prossimo a) 1, mentre per altri materiali


un valore maggiore di 1 (la velocità c è la velocità massima della luce perché
riferita al vuoto). Per ogni materiale M si ha cioè

c
c ≥ vM =⇒ ≥1
vM
32

La tabella seguente riassume dei valori per materiali comuni:

Materiale n

Aria 1
Acqua 1.333
Plastica 1.47
Vetro 1.523
Diamante 2.418

Relazione tra angoli Siano M1 e M2 due materiali non indice di rifrazione


n1 e n2 rispettivamente. Sia S la superficie separatrice. Indicati con α1 e α2
gli angolo di incidenza di un raggio luminoso attraverso M1 e M2 . Allora si
ha

n1 sin α1 = n2 sin α2 (2.1)

Figura 2.2: Gli angoli αi si riferiscono all’asse tratteggiato


33

Fibre ottiche La parte di luce che viene rifratta causa una perdita di
energia: il nostro obiettivo è quello di ottenere un sistema in grado di riflettere
totalmente la luce in modo da trasferire il segnale più lontano possibile.
Per trasmettere la luce si realizzano quindi dei cavi particolari che pren-
dono il nome di fibre ottiche. Questi sono composti da due materiali disposti
in modo coassiale (stesso asse) come in figura

Al centro viene posto un filo di vetro di dimensioni micrometriche, che pren-


de il nome di core (o nucleo). Esso viene avvolto da un mantello esterno
(cladding) che ha un indice di rifrazione diverso dal vetro (generalmente si
hanno valori n2 = 1.475 per il cladding e n1 = 1.523 per il core). Il tutto è
rivestito da una guaina protettiva.
Si può dimostrare che, al di sotto di un angolo critico 79.5° (che dipende
da n1 e n2 ) la luce viene totalmente riflessa e si mantiene dunque all’interno
del core.

Definizione 2.5. Si definisce cono di accettazione l’insieme degli angoli


di incidenza per i quali si ottiene la riflessione totale nella fibra.

Definizione 2.6. Si definisce modo il percorso che un raggio di luce segue


quando attraversa una fibra.
34

Figura 2.3: La luce (in rosso) rimane all’interno del core

Se in una fibra viene trasmesso un unico segnale luminoso prende il nome


di fibra monomodale (single mode) mentre le fibre ottiche che ammettono
più modi di propagazione vengono dette multimodali (multimode).

2.3 Connessione wireless

Il termine wireless viene usato per indicare trasmissioni senza cavi. Un’an-
tenna trasmette onde elettromagnetiche che possono essere ricevute da un
ricevitore a una certa distanza.

Come abbiamo visto nella sezione 2.2, una delle grandezze principali per
descrivere un’onda è la frequenza f = 1/T , con T periodo. Essa indica il
numero di oscillazioni che compie un’onda in un secondo (fig. 2.4).

Un’altra grandezza è la lunghezza d’onda λ (la distanza fra due creste),


che indica quanto si distende un’onda nello spazio.

Queste due grandezze sono legate tra loro dalla relazione

λ·f =c (2.2)
35

Figura 2.4: Per un periodo T = 0.5s, la frequenza è f = 2Hz

con c = 300.000.000 m/s velocità delle onde nel vuoto (luce compresa). Es-
sendo il prodotto costante, all’aumentare della lunghezza d’onda, la frequenza
dimunuisce.
Al variare della frequenza, le onde vengono classificate come in figura

Onde radio e microonde Con frequenze inferiori a 300 GHz = 3·1011 Hz,
sono utilizzate prevalentemente come veicoli per la comunicazione delle in-
formazioni a distanza, poiché si propagano nell’aria senza essere assorbite.
Dopo la loro scoperta da parte di Hertz nel 1888, il primo che intuì che
36

potevano essere utilizzate per inviare segnali a distanza fu l’inventore ita-


liano Guglielmo Marconi (1874-1937), che aprì la strada alle comunicazioni
radiofoniche.

Per la loro grande lunghezza d’onda, le onde radio non vengono fermate
nel loro cammino da ostacoli di medie dimensioni, come le case o gli alberi
(vengono bloccate però dalle montagne, che costituiscono delle zone d’om-
bra), e possono essere trasmesse a distanza perché vengono riflesse dagli strati
ionizzati dell’atmosfera (quindi in assenza di ripetitori).

Invio delle informazioni Supponiamo di voler mandare un messaggio.


Come abbiamo visto finora, la sorgente del messaggio A deve inevitabilmente
utilizzare un mezzo fisico, di qualunque natura (cavo, luce, aria).

Se la sorgente è una persona che usa la voce, il suo messaggio si disperderà


inevitabilmente nell’aria. Dal punto di vista fisico, inoltre, la voce è una
vibrazione che produce un’onda. Siamo dunque di fronte a un’onda s che
non può propagarsi molto lontano.

Quando utilizziamo un cellulare, tuttavia, riusciamo tuttavia a far arri-


vare la nostra voce a destinazione. È chiaro che ciò che mandiamo effettiva-
mente non è s, ma qualcosa che la simula. In realtà, stiamo utilizzando una
nuova onda c che riesce a trasportare la nostra voce.

Quel che accade è che l’onda c viene rimodulata in modo che il ricevente
B possa ricostruire l’onda originale s, contenente il messaggio.

L’onda s è quella che tipicamente si chiama segnale (l’informazione) e


c invece carrier (portatore, vettore). L’onda c può essere alterata in am-
piezza (l’altezza dell’onda), in modo che dalla sua forma si possa ricostruire
37

s. Questo tipo di modulazione è la AM (amplitude modulation), tipica delle


radio.

La forma dell’onda verde è il messaggio di partenza.

L’onda c è solitamente un’onda radio che è capace di trasmettersi per


lunghe distanze e garantisce l’invio del messaggio.
In maniera analoga possiamo alterare la frequenza e parlare quindi di
FM (frequency modulation). Ad esempio, supponiamo di voler mandare un
messaggio che si riduce alla sequenza di bit 1011. Possiamo mandare il
messaggio con un’onda di frequenza variabile, come in figura

1011 si invia con un’onda con frequenze f1 f0 f1 f1


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Infrarossi I raggi infrarossi sono onde di lunghezza millimetrica; sono re-


lativamente direzionabili e non passano attraverso i solidi (questo è uno
svantaggio ma anche un vantaggio perché non interferiscono con sistemi
vicini).

Infrarossi diretti Nella modalità a infrarossi diretti trasmettitore e


ricevitore devono essere perfettamente allineati per potersi illuminare reci-
procamente con un fascio di luce (i raggi infrarossi sono una forma di luce);
la trasmissione è punto a punto.

Infrarossi a diffusione Nella modalità a diffusione la radiazione lu-


minosa emessa da una stazione viene diffusa in tutte le direzioni e rimbal-
za su soffitto e pavimenti, venendo riflessa verso tutte le altre stazioni; la
trasmissione è di tipo broadcast.

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