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A cura di Irma V.
I.T.C. programmatori
INFORMATICA
Informatica: Le reti
Letteratura : Pirandello, vita e pensiero;
Storia : La prima guerra mondiale ;
Scienze delle finanze : Debito pubblico e pressione fiscale;
Diritto : Il Parlamento e L’iter legislativo;
Economia aziendale : Aperture di credito e depositi bancari;
Inglese : Metodi di pagamento.
Le reti
In pratica è un computer che mette a disposizione degli utenti connessi alla rete
alcune informazioni organizzate in archivi per una facile consultazione.
Internet altro non è che una "rete di reti", ed è quindi opportuno chiarire cosa è una
rete, e illustrare un po’ i concetti fondamentali...
Le reti;
Il protocollo TCP/IP.
LE RETI
Una rete altro non è che un insieme di sistemi di elaborazione messi in comunicazione
tra loro.
Con l’andare del tempo siamo passati da sistemi di elaborazione concentrati, cioè
formati da un’unica CPU alla quale erano connessi vari terminali, a sistemi distribuiti,
cioè stazioni di lavoro connesse tra loro ma con capacità elaborativa propria.
Le reti di computer si basano sul modello client/server, che viene realizzato tramite un
programma utente (client) che richiede servizi ad un programma 8server) che li
fornisce.
Questo modello ha un ruolo dinamico e non statico, in quanto un client può essere
anche server di un altro programma e viceversa.
TECNICHE DI TRASMISSIONE
۰ Reti locali LAN : coprono dimensioni limitate ad una struttura aziendale, senza
attraversamento di suolo pubblico.
۰ Reti metropolitane MAN : sono estensioni delle reti locali in ambito urbano.
TECNOLOGIA DI COMUNICAZIONE
TOPOLOGIA DI RETE
Definire la topologia di una rete significa definire la posizione di tutti i nodi e tutti i
collegamenti fisici da realizzare per collegarli.
con una connessine fisica, quando è presente un canale fisico che li collega in
modo diretto;
con una connessione logica, che sfrutta più di una connessione fisica (come per le
WAN).
· Rete ad anello : si ha una rete ad anello quando tutti i nodi sono connessi tra loro in
sequenza, in modo da formare un anello ideale, e ognuno ha un contatto diretto solo
con il precedente e il successivo. In questo modo ogni nodo ritrasmette al successivo i
dati che non sono destinati allo stesso
· Reti a bus : Si ha una rete a bus quando la connessione dei nodi è condivisa da
tutti, per cui i dati trasmessi da un nodo sono intercettabili da tutti gli altri. Sono le
più usate per le LAN, non hanno faul tollerance e sono le più usate perché semplici
e poco costose.
Altre strutture sono : reti ad albero e reti magliate, connesse completamente e non.
TECNICHE DI COMMUTAZIONE
ARCHITETTURA DI RETE : IL MODELLO ISO/OSI
Le reti sono sempre organizzate a livelli, ognuno dei quali fornisce al livello superiore i
servizi richiesti mascherando le modalità con cui sono ottenuti.
Le regole usate nel dialogo tra livelli sono dette protocolli. L’architettura di rete,
quindi, è l’insieme dei livelli e dei protocolli.
Il dialogo tra due host avviene tra processi di pari livello (n). Detto livello del primo
host passa i dati al livello sottostante fino ad arrivare al livello 1, dove c’è il
collegamento fisico, che trasferisce i dati al livello 1 del secondo host, che li
trasmetterà ai livelli superiori fino ad arrivare al livello n del secondo host.
IL MODELLO ISO/OSI
7. livello applicativo : fornisce l’interfaccia attraverso cui l’utente accede alla rete.
IL LIVELLO FISICO
la tecnica a contesa, che deriva dal protocollo Aloha e prevede che la stazione
mittente ascolti la linea per verificare la non presenza di altre trasmissioni,
dopodiché trasmetta il messaggio. Ci sono poche possibilità di collisione, ma
se ciò avviene la stazione trasmittente se ne accorge e provvede a rispedire il
messaggio;
IL PROTOCOLLO TCP/IP
Il modello TCP/IP è un protocollo molto diffuso nella connessione di reti, soprattutto per la sua
semplicità rispetto al modello ISO/OSI. E’ formato da 4 livelli ed è alla base dell’interconnessione
di reti; parliamo di Internetwork quando reti diverse (LAN, MAN, WAN) sono collegate tra loro, e
quindi è facile comprendere che internet è chiamato cosi perché è un’infrastruttura di
interconnessione tra reti diverse
Presentazione Applicazione
Sessione
Trasporto Trasporto
Rete Internet
Fisico
Gli hub sono elementi di interconnessione per reti, che vanno da 4 a 16 porte e sono
adatti alle piccole reti; se si vogliono utilizzare più elementi allora c’è la necessità di
più hub, che andranno connessi a loro volta tra loro, tramite un ulteriore hub;
tuttavia, per le reti con elevato livello di traffico è preferibile utilizzare uno switch.
i bridge, che servono a connettere tra loro solo reti fisiche dello stesso tipo;
i router, che sono invece dispositivi con il compito di instradare i pacchetti. Il
router contiene una tabella di intradamento che gli dà la possibilità di conoscere i
router che lo circondano e scegliere cosi la via migliore per far giungere il pacchetto a
destinazione.
Il gateway, invece, è un dispositivo usato per connettere tra loro reti spesso
incompatibili tra loro, e quindi oltre ad instradare i pacchetti da una rete all’altra,
effettua anche le operazioni necessarie a rendere possibili tali trasferimenti.
GLI INDIRIZZI IP
Gli indirizzi IP identificano i computer della rete e sono costituiti da una sequenza di
quattro numeri decimali composti da tre cifre, con valori compresi tra 0 e 255.
Gli indirizzi IP sono classificati in base al formato, che può essere di 3 tipi: classe A, B
e C. La classe è specificata nei primi bit dell’indirizzo. E’ possibile modificare, in parte,
la struttura dell’indirizzamento usando le sottoreti (subnet), cioè dividere il campo
dell’indirizzo locale in sottoreti e host.
La versione IP ufficialmente in uso è IPv4 che identifica un computer host e la rete alla
quale esso è collegato, ma a causa del rapido esaurimento degli indirizzi disponibili
nella comunità Internet, sta per essere introdotto l’IPv6, un nuovo standard che ha lo
scopo di dare maggiore sicurezza e supportare milioni di host, smistando più
velocemente i pacchetti.
Gli indirizzi IPv6 sono a 16 byte, scritti in 8 gruppi di cifre esadecimali separati dal : .
Telnet : per accedere ad un pc remoto come utente di quel sistema, pur essendo a
grandi distanze.
Le linee telefoniche convenzionali hanno filtri per eliminare i disturbi apprezzabili dalla
voce; togliendo essi, ormai inutili, aumenta la banda a disposizione.
Letteratura
Ed eccoci al punto di partenza vero e proprio, ossia quello del mio breve percorso…
LA VITA DI PIRANDELLO
Luigi Pirandello nasce il 28 giugno 1867 a Girgenti (ribattezzata Agrigento dai fascisti)
da una famiglia di agiata condizione borghese (il padre dirigeva alcune miniere di
zolfo).
Dopo il liceo si iscrisse alle Università di Palermo, Roma e Bonn, dove si laureò.
L’esperienza tedesca fu importante per lui perché lo mise in contatto con gli autori
romantici, che lo influenzarono sulle sue opere e sulla sua teoria dell’umorismo.
Dal 1892, grazie ad un assegno del padre, si trasferì a Roma, dove si dedicò
interamente alla letteratura; in seguito sposò Maria Antonietta Portulano e divenne
docente di ruolo.
Nel 1903 un allagamento della miniera di zolfo in cui il padre aveva investito tutto,
compresa la dote della nuora, provocò il dissesto economico della famiglia. La notizia
del disastro provocò nella moglie, il cui equilibrio psichico era già fragile, una profonda
crisi sfociata nella follia.
Dal 1910 Pirandello ebbe contatti con il teatro, a cui poi si dedicherà completamente,
ottenendo grandi successi in Italia e nelle tourneè in giro per il mondo con le sue
compagnie.
Erano gli anni della I guerra mondiale, a cui Pirandello aveva inizialmente visto con
occhi patriottici, ma dovette ben presto ricredersi perché il figlio fu subito catturato
dagli Austriaci, ed ogni tentativo di liberazione fu vano.
Questo avvenimento distrusse la moglie del poeta, che fu ricoverata in una clinica,
dove più avanti morì.
Subito dopo il delitto Matteotti, Pirandello si era iscritto al partito fascista, per ottenere
appoggi dal regime, ma la sua adesione ebbe caratteri ambigui, e quando si rese
conto della sola apparenza di esso, se ne distaccò, anche se senza mai alcuna forma
di rottura.
Nel 1934 gli venne conferito il Nobel per la letteratura, e due anni dopo morì.
…che alla base della visione del mondo di Pirandello vi è una concezione vitalistica
della vita, ovvero la realtà viene vista come un continuo fluire, un continuo
movimento, simile ad un magma.
Chi vi si stacca e assume "forma" si irrigidisce, fino quasi a morire. Noi non siamo
altro che parte di questo fluire, ma tendiamo a staccarcene per costruirci una
personalità, che vorremmo coerente e continua…ma ciò è solo un’illusione, perché
anche gli altri ci fissano, a loro volta, in "forme" sempre diverse, e quindi noi crediamo
di essere "uno", ma in realtà siamo tanti individui diversi a seconda di chi ci guarda.
Sotto queste "maschere" che ci impone il contesto sociale, c’è un fluire indefinito,in
continua trasformazione. Pirandello era convinto che nell’uomo coesistessero più
persone, ignote a lui stesso, che possono emergere all’improvviso: da qui nasce la
frammentazione dell’ "io", dell’identità personale.
Questa crisi è ricollegabile al capitalismo, alla grande industria, che annulla l’iniziativa
individuale e rilega l’uomo ad un ingranaggio della macchina.
L’altra trappola è quella economica, a livello piccolo borghese: gli eroi di Pirandello
sono tutti imprigionati in lavori monotoni e frustranti; il poeta non vede la possibilità
di società diverse e non cerca cause storiche: per lui l’unica via d’uscita è la fuga
nell’irrazionale.
Il rifiuto della vita sociale dà luogo, nelle sue opere, alla figura del "forestiero della
vita", ovvero colui che ha capito il gioco e si isola, si esclude, guardando vivere gli altri
e rifiutando di assumere la sua "parte", osservando umoristicamente gli uomini
"intrappolati". E’ questa la filosofia del lontano, che consiste nel contemplare la realtà
da un’infinita distanza, per riuscire a cogliere meglio l’assurdità e la mancanza di
senso.
Storia
L’Italia in guerra
La crisi economica
Il dopoguerra in Italia
L’effetto di queste rivalità strategiche portò alla formazione di due blocchi di alleanze:
uno austro-tedesco-italiano, la Triplice alleanza, e l’altro anglo-franco-russo, la Triplice
Intesa.
Vicino alle cause internazionali del conflitto, consideriamo ora anche quelle relative
alle politiche interne e alle ideologie dei paesi europei. Tutta l’Europa si andava
militarizzando e il legame tra il potere politico e i gruppi di pressione economica e
militare si faceva sempre più stretto. All’interno delle classi dirigenti presero forza quei
settori che guardavano con favore alla guerra, come, ad esempio, i grandi gruppi
industriali che vi scorgevano un grosso affare economico. Si guardava alla guerra
come un mezzo per consolidare l’unità nazionale, e il potere esecutivo guadagnò
sempre più autorità, tanto che diventò difficile opporsi al conflitto.
Tra le potenze locali spiccava la Serbia che voleva primeggiare nella regione,
appoggiata dalla Russia e in contrasto con la Bulgaria.
Nel 1908 i Giovani turchi deposero il sultano e ciò portò l’Austria, timorosa che questo
avvantaggiasse l’espansione della Serbia, ad annettersi la Bosnia-Erzegovina,
inasprendo ulteriormente i rapporti con i serbi stessi, e nel 1912/1913 si ebbero le
due guerre balcaniche, dalle quali uscì vincitrice la Serbia.
Per la Germania, costretta a combattere su due fronti, la "guerra lampo" era l’unica
possibilità di vittoria; all’inizio sembrò che la strategia tedesca funzionasse, in quanto
il Belgio fu invaso e si puntava su Parigi, che il governo francese aveva abbandonato.
I francesi, aiutati dagli inglese, riuscirono a respingere l’avanzata tedesca sul fiume
Marna, e da quel momento la situazione iniziò un lungo periodo di stallo. Stessa cosa
sul fronte orientale, dove i tedeschi erano riusciti a bloccare l’avanzata russa, mentre
l’Austria non riusciva a piegare la resistenza serba. Ormai la "guerra lampo" si era
trasformata in una guerra di logoramento, dove nessuno riusciva a infliggere al
nemico colpi decisivi o almeno significativi, e questa situazione rimase bloccata per
anni, con enormi costi umani ed economici.
L’ITALIA IN GUERRA
L’Italia, in un primo tempo, si era dichiarata neutrale, in quanto la Triplice alleanza era
un patto difensivo che non la impegnava a scendere al fianco degli Imperi Centrali.
Era comunque difficile immaginare uno schieramento al fianco dell’Austria, a causa dei
non buoni rapporti che vi erano tra le due nazioni, sia a causa della questione di
Trento e Trieste, sia perché il trattato prevedeva che eventuali acquisti austriaci nei
Balcani venissero bilanciati con vantaggi all’Italia, cosa che non avvenne con
l’annessione della Bosnia-Erzegovina all’Austria. Quindi era più probabile un intervento
al fianco dell’Intesa, dato che l’Italia si era molto riavvicinata alla Francia.
Allo scoppio del conflitto si era delineate due correnti di opinione: gli interventisti,
favorevoli alla guerra, ed i neutralisti.
Tra gli interventisti comparivano gli irridentisti e i socialisti rivoluzionari, con i quali si
schierò anche Benito Mussolini, direttore del quotidiano socialista "Avanti!", fino ad
allora neutralista.
Egli fondò il giornale "Il Popolo d’Italia", con il quale condusse una violenta campagna
a favore dell’intervento al fianco di Francia e Gran Bretagna (venendo perciò espulso
dal Partito socialista).
Alla metà del 1915 la stragrande maggioranza del paese era contraria alla guerra:
mancava del tutto in Italia quell’entusiasmo popolare che aveva infiammato le nazioni
belligeranti. Perché allora l’Italia entrò in guerra? Perché i neutralisti erano
disorganizzati e poco combattivi, a differenza degli interventisti, attivi ed aggressivi.
All’interno della classe dirigente liberale, inoltre, la guerra venne vista come
un’occasione per rilanciare l’industria e assorbire la disoccupazione; decisivo fu
l’atteggiamento del re Vittorio Emanuele III, del governo e del ministro degli esteri
Sonnino, che il 26 aprile 1915 strinse in segreto con l’Intesa il patto di Londra, che
impegnava l’Italia ad entrare in guerra entro un mese in cambio di concessioni
territoriali. Si trattava di un abuso esercitato dal potere esecutivo nei confronti e
all’insaputa del parlamento, che venne messo di fronte al fatto compiuto. Questo creò
un clima incandescente a causa delle manifestazioni interventiste con atti intimidatori
nei confronti dei neutralisti, e quindi il parlamento dovette approvare il fatto
compiuto: il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria.
Sul fronte italiano, il generale Cadorna attuò una strategia mirante a sfondare le linee
austriache sull’Isonzo, che non produsse risultati di rilievo. Nel maggio 1916 fu a
stento bloccato un attacco austriaco nel Trentino, la cosiddetta " spedizione punitiva"
contro l’ex alleato italiano colpevole, secondo Vienna, di tradimento.
Per forzare il blocco navale britannico, i tedeschi spostarono la guerra sul mare,
intensificando la guerra sottomarina: allo scopo di mettere in ginocchio l’economia
britannica, i sommergibili tedeschi attaccavano con siluri tutte le navi di qualunque
nazionalità, militari e non, in rotta da e per la Gran Bretagna.
Il 1917 fu una anno cruciale per le sorti del conflitto. Sul fronte orientale, l’esercito
russo precipitò in una grave crisi, ed il suo tracollo economico e militare ne provocò il
ritiro dalla guerra, cosa che permise ai tedeschi di concentrare le proprie forze sul
fronte occidentale e su quello italiano.
Ma il dato più significativo fu il diffondersi in tutti gli eserciti di un clima di sfiducia e di
rivolta, che portò ad ammutinamenti e fughe, dovuti a vari fattori, quali la
fraternizzazione con il nemico, la paura di morire, il rifiuto di uccidere.
In questo clima, l’intervento degli Stati Uniti, attuato dal presidente Wilson, fu
decisivo. Gli USA avevano, fino a quel momento, appoggiato economicamente la
Francia e la Gran Bretagna, senza mai accennare ad un eventuale intervento diretto.
Ma l’affinità ideologica con le potenze democratiche europee e la preoccupazione per
la sorte degli ingenti prestiti concessi a Francia e Gran Bretagna, spinsero gli Stati
Uniti ad intervenire. Una svolta si ebbe con la respinta dell’offensiva lanciata dai
tedeschi sul fronte occidentale e lo sfondamento delle linee tedesche ad Amiens.
I problemi che comportò non furono certo pochi: in campo economico il principale
problema fu la riconversione produttiva delle industrie dalla produzione militare a
quella civile, che nei primi anni generò in tutti i paesi alti flussi di disoccupazione,
l’inflazione e la svalutazione, dovute all’abbondanza di moneta stampata negli anni
della guerra ed agli speculatori.
Per quanto riguarda l’Italia, gli vennero concesse il Trentino, parte dell’Alto Adige,
Trieste e l’Istria, ma non la Dalmazia e Fiume; per arginare il pericolo sovietico,invece,
vennero creati dei nuovi stati, come la Cecoslovacchia e la Iugoslavia, che
comprendevano diverse realtà etniche e linguistiche.
Nei venti anni fra le due guerre vi furono importanti trasformazioni dal punto di vista
economico e sociale, a cominciare, ad esempio, dalla produzione di massa, ovvero la
produzione di beni di consumo in serie, esemplari tutti uguali tra loro. Strumento
adatto a ciò fu la catena di montaggio, con la quale i pezzi arrivavano davanti
all’operaio, che doveva svolgere sempre la stessa operazione. In questo senso
avvenne la riorganizzazione del lavoro, diminuirono gli operai qualificati, per lasciar
posto agli operai comuni, ingranaggi nel grande meccanismo della fabbrica.
Questi fenomeni si manifestarono con largo anticipo negli Stati Uniti, dove nacque il
taylorismo, ovvero la concezione di Taylor che per ottimizzare la produzione
bisognasse scomporre le operazioni, analizzarle e misurarne i tempi necessari.
Questa enorme crescita della produzione, però, era stata superiore a quella dei salari,
e quindi il mercato risultò piccolo per accogliere l’enorme quantità di merce prodotta,
generando una crisi di sovrapproduzione, che dagli USA dilagò a macchia d’olio in tutti
i paesi europei. Il rilancio produttivo post-bellico in questo paese aveva raggiunto
livelli elevatissimi perché, oltre alla domanda interna doveva rispondere anche a
quella europea.
Negli anni venti, però, l’Europa stava tornando a essere una grande area di
produzione creando concorrenza anche allo stesso mercato statunitense. A una sola
grande nazione produttrice, USA, capace di rispondere alla domanda internazionale di
beni di consumo e di macchinari, si sostituì una molteplicità di aree produttrici, che
trasformarono l’economia americana in una gigantesca macchina che produceva
eccedenze.
Si avviò una spirale di caduta dell’economia che durò ben 4 anni. Dalla Borsa la crisi si
trasmise a tutto il sistema economico. Una catena di fallimenti investì le banche
coinvolte nelle speculazioni; i risparmiatori, presi dal panico, si precipitarono a ritirare
i loro depositi.
Sul piano internazionale le conseguenze del crollo di Wall Street furono gravissime: le
importazioni statunitensi diminuirono drasticamente e si interruppe il flusso di capitali
statunitensi verso l’Europa, in cui la crisi fu particolarmente grave per Germania e
Austria, la cui ricostruzione era sorretta da capitali statunitensi.
IL DOPOGUERRA IN ITALIA
Gli effetti della guerra furono particolarmente gravi in Italia: oltre alla riconversione
delle industrie, un grosso problema era rappresentato dalla disoccupazione e dalla
grave crisi economica, principalmente causata dalle enormi spese sostenute dallo
Stato.
Queste spese non furono finanziate con un aumento del prelievo tributario diretto, ma
attraverso l’aumento del debito pubblico e la stampa di nuova moneta che provocò la
svalutazione della lira e un’alta inflazione.
Per quanto riguarda i ceti medi, invece, attraversarono un forte disagio in quanto,
percependo redditi fissi, erano quelli più colpiti dall’inflazione, e si generò in loro un
grave risentimento nei confronti degli operai, visti come "privilegiati".
La questione fiumana si trascinò per oltre un anno e fu risolta solo da Giolitti, che
firmò con la Iugoslavia il trattato di Rapallo, che assegnava all’Italia l’Istria e alla
Iugoslavia la Dalmazia e faceva di Fiume uno stato libero indipendente sotto la tutela
della Società delle nazioni. Ma avendo D’Annunzio e i nazionalisti respinto questo
accordo, Giolitti liberò Fiume con la forza.
Con le elezioni del 1919 ebbero buoni risultati i cattolici ma la maggioranza andò ai
socialisti, che però stavano attraversando, al proprio interno, una grave crisi. Il
partito, infatti, era diviso tra massimalisti, favorevoli ad una rivoluzione socialista sul
modello russo, e riformisti, in minoranza.
Dopo la sua espulsione dal partito socialista per la battaglia a favore dell’intervento
alla guerra, Mussolini aveva continuato la sua opera di agitazione politica attraverso il
"Popolo d’Italia".
Il movimento fascista ai suoi inizi ebbe scarso seguito, fino all’autunno 1920, quando
assunse carattere sempre più aggressivo, con l’inizio delle spedizioni delle squadre
d’azione fasciste contro esponenti e sedi del partito socialista.
Dal 1918 al 1922 si erano susseguiti ben sei governi, fatto che metteva in evidenza la
crisi della vecchia classe dirigente liberale, che non riusciva più a governare con
maggioranze stabili.
Nell’estate del 1922 Mussolini giudicò maturi i tempi per un’azione di forza.
La cosiddetta marcia su Roma avvenne negli ultimi giorni di ottobre con l’occupazione
di edifici pubblici in varie città dell’Italia centro-settentrionale fino a muoversi verso la
capitale.
Dal punto di vista militare, i fascisti non avrebbero potuto fronteggiare una reazione
dell’esercito italiano. Ma tale reazione non vi fu, perché il re Vittorio Emanuele III
rifiutò di firmare lo stato d’assedio per difendere Roma, cosa che causò le dimissioni
del Governo.
Il sovrano si piegò di fronte alla minaccia dei fascisti e il 30 ottobre convocò Mussolini,
che si trovava a Milano, affidandogli l’incarico di formare un nuovo ministero.
Alle successive elezioni del 1924 il partito fascista si presentò all’interno di una lista
nazionale, ed il suo successo si ebbe grazie a due importanti riforme: quella
scolastica, detta "riforma Gentile" e la nuova legge elettorale, basata sul principio
maggioritario, che assegnava i due terzi dei seggi alla lista che avesse ottenuto il 25%
dei voti. Ottennero ben il 65% dei voti, ma le votazioni furono accompagnate da brogli
e intimidazioni di ogni tipo, operati dai fascisti.
Il 10 giugno 1924 Matteotti, che con un forte discorso alla Camera aveva denunciato i
misfatti elettorali, fu rapito da una squadra fascista, ed il suo cadavere venne ritrovato
solo dopo 2 mesi.
Il delitto Matteotti scosse profondamente l’opinione pubblica, aprendo una grave crisi
politica : per la prima volta il potere di Mussolini sembrò vacillare. Le opposizioni
parlamentari decisero, per protesta, di non partecipare più ai lavori delle Camere,
fenomeno che prese il nome di secessione dell’Aventino, che rimase però un gesto
simbolico e privo di conseguenze, né tanto meno Vittorio Emanuele III destituì
Mussolini.
Con il passare dei mesi, il capo del governo riprese in mano la situazione, e in un
famoso discorso al parlamento del 3 gennaio 1925, Mussolini si assunse la
responsabilità politica, morale e storica dell’eliminazione di un deputato
dell’opposizione, gesto che di fatto esautorava il parlamento e segnava la fine di tutte
le libertà.
Volete leggere il discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925?
Roma, Camera dei Deputati 3 gennaio 1925 Signori! Il discorso che sto per
pronunziare dinanzi a voi forse non potrà essere, a rigor di termini, classificato come
un discorso parlamentare. Può darsi che alla fine qualcuno di voi trovi che questo
discorso si riallaccia, sia pure attraverso il varco del tempo trascorso, a quello che io
pronunciai in questa stessa Aula il 16 novembre. Un discorso di siffatto genere può
condurre, ma può anche non condurre ad un voto politico. Si sappia ad ogni modo che
io non cerco questo voto politico. Non lo desidero: ne ho avuti troppi. L'articolo 47
dello Statuto dice: "La Camera dei deputati ha il diritto di accusare i ministri del re e di
tradurli dinanzi all'Alta corte di giustizia". Domando formalmente se in questa Camera,
o fuori di questa Camera, c'è qualcuno che si voglia valere dell'articolo 47. Il mio
discorso sarà quindi chiarissimo e tale da determinare una chiarificazione assoluta. Voi
intendete che dopo aver lungamente camminato insieme con dei compagni di viaggio,
ai quali del resto andrebbe sempre la nostra gratitudine per quello che hanno fatto, è
necessaria una sosta per vedere se la stessa strada con gli stessi compagni può
essere ancora percorsa nell'avvenire. Sono io, o signori, che levo in quest'Aula
l'accusa contro me stesso. Si è detto che io avrei fondato una Ceka. Dove? Quando?
In qual modo? Nessuno potrebbe dirlo! Veramente c'è stata una Ceka in Russia, che
ha giustiziato senza processo, dalle centocinquanta alle centosessantamila persone,
secondo statistiche quasi ufficiali . C'è stata una Ceka in Russia, che ha esercitato il
terrore sistematicamente su tutta la classe borghese e sui membri singoli della
borghesia. Una Ceka, che diceva di essere la rossa spada della rivoluzione. Ma la Ceka
italiana non è mai esistita. Nessuno mi ha negato fino ad oggi queste tre qualità: una
discreta intelligenza, molto coraggio e un sovrano disprezzo del vile denaro. Se io
avessi fondato una Ceka, l'avrei fondata seguendo i criteri che ho sempre posto a
presidio di quella violenza che non può essere espulsa dalla storia. Ho sempre detto, e
qui lo ricordano quelli che mi hanno seguito in questi cinque anni di dura battaglia,
che la violenza, per essere risolutiva, deve essere chirurgica, intelligente,
cavalleresca. Ora i gesti di questa sedicente Ceka sono stati sempre inintelligenti,
incomposti, stupidi. Ma potete proprio pensare che nel giorno successivo a quello del
Santo Natale, giorno nel quale tutti gli spiriti sono portati alle immagini pietose e
buone, io potessi ordinare un'aggressione alle l0 del mattino in via Francesco Crispi, a
Roma, dopo il mio discorso di Monterotondo, che è stato f orse il discorso più
pacificatore che io abbia pronunziato in due anni di Governo? Risparmiatemi di
pensarmi così cretino. E avrei ordito con la stessa intelligenza le aggressioni minori di
Misuri e di Forni?
Voi ricordate certamente il discorso del I° giugno. Vi è forse facile ritornare a quella
settimana di accese passioni politiche, quando in questa Aula la minoranza e la
maggioranza si scontravano quotidianamente, tantochè qualcuno disperava di riuscire
a stabilire i termini necessari di una convivenza politica e civile fra le due opposte parti
della Camera. Discorsi irritanti da una parte e dall'altra. Finalmente, il 6 giugno,
l'onorevole Delcroix squarciò, col suo discorso lirico, pieno di vita e forte di passione,
l'atmosfera carica, temporalesca. All'indomani, io pronuncio un discorso che rischiara
totalmente l'atmosfera. Dico alle opposizioni: riconosco il vostro diritto ideale ed
anche il vostro diritto contingente; voi potete sorpassare il fascismo come esperienza
storica; voi potete mettere sul terreno della critica immediata tutti i provvedimenti del
Governo fascista. Ricordo e ho ancora ai miei occhi la visione di questa parte della
Camera, dove tutti intenti sentivano che in quel momento avevo detto profonde parole
di vita e avevo stabilito i termini di quella necessaria convivenza senza la quale non è
possibile assemblea politica di sorta.
E come potevo, dopo un successo, e lasciatemelo dire senza falsi pudori e ridicole
modestie, dopo un successo così clamoroso, che tutta la Camera ha ammesso,
comprese le opposizioni, per cui la Camera si aperse il mercoledì successivo in
un'atmosfera idilliaca, da salotto quasi, come potevo pensare, senza essere colpito da
morbosa follia, non dico solo di far commettere un delitto, ma nemmeno il più tenue,
il più ridicolo sfregio a quell'avversario che io stimavo perché aveva una certa crarerie,
un certo coraggio, che rassomigliavano qualche volta al mio coraggio e alla mia
ostinatezza nel sostenere le tesi? Che cosa dovevo fare? Dei cervellini di grillo
pretendevano da me in quella occasione gesti di cinismo, che io non sentivo di fare
perché repugnavano al profondo della mia coscienza. Oppure dei gesti di forza? Di
quale forza? Contro chi? Per quale scopo? Quando io penso a questi signori, mi ricordo
degli strateghi che durante la guerra, mentre noi mangiavamo in trincea, facevano la
strategia con gli spillini sulla carta geografica. Ma quando poi si tratta di casi al
concreto, al posto di comando e di responsabilità si vedono le cose sotto un altro
raggio e sotto un aspetto diverso. Eppure non mi erano mancate occasioni di dare
prova della mia energia. Non sono ancora stato inferiore agli eventi. Ho liquidato in
dodici ore una rivolta di Guardie regie, ho liquidato in pochi giorni una insidiosa
sedizione, in quarantott'ore ho condotto una divisione di fanteria e mezza flotta a
Corfù. Questi gesti di energia, e quest'ultimo, che stupiva persino uno dei più grandi
generali di una nazione amica, stanno a dimostrare che non è l'energia che fa difetto
al mio spirito. Pena di morte? Ma qui si scherza, signori. Prima di tutto, bisognerà
introdurla nel Codice penale, la pena di morte; e poi, comunque, la pena di morte non
può essere la rappresaglia di un Governo. Deve essere applicata dopo un giudizio
regolare, anzi regolarissimo, quando si tratta della vita di un cittadino! Fu alla fine di
quel mese, di quel mese che è segnato profondamente nella mia vita, che io dissi:
"voglio che ci sia la pace per il popolo italiano"; e volevo stabilire la normalità della
vita politica. Ma come si è risposto a questo mio principio? Prima di tutto, con la
secessione dell'Aventino, secessione anticostituzionale, nettamente rivoluzionaria. Poi
con una campagna giornalistica durata nei mesi di giugno, luglio, agosto, campagna
immonda e miserabile che ci ha disonorato per tre mesi. Le più fantastiche, le più
raccapriccianti, le più macabre menzogne sono state affermate diffusamente su tutti i
giornali! C'era veramente un accesso di necrofilia! Si facevano inquisizioni anche di
quel che succede sotto terra: si inventava, si sapeva di mentire, ma si mentiva. E io
sono stato tranquillo, calmo, in mezzo a questa bufera, che sarà ricordata da coloro
che verranno dopo di noi con un senso di intima vergogna. E intanto c'è un risultato di
questa campagna! Il giorno 11 settembre qualcuno vuol vendicare l'ucciso e spara su
uno dei nostri migliori, che morì povero. Aveva sessanta lire in tasca. Tuttavia io
continuo nel mio sforzo di normalizzazione e di normalità. Reprimo l' illegalismo. Non
è menzogna. Non è menzogna il fatto che nelle carceri ci sono ancor oggi centinaia di
fascisti! Non è menzogna il fatto che si sia riaperto il Parlamento regolarmente alla
data fissata e si siano discussi non meno regolarmente tutti i bilanci, non è menzogna
il giuramento della Milizia, e non è menzogna la nomina di generali per tutti i comandi
di Zona. Finalmente viene dinanzi a noi una questione che ci appassionava: la
domanda di autorizzazione a procedere con le conseguenti dimissioni dell'onorevole
Giunta. La Camera scatta; io comprendo il senso di questa rivolta; pure, dopo
quarantott'ore, io piego ancora una volta, giovandomi del mio prestigio, del mio
ascendente, piego questa Assemblea riottosa e riluttante e dico: siano accettate le
dimissioni. Si accettano. Non basta ancora; compio un ultimo gesto normalizzatore: il
progetto della riforma elettorale. A tutto questo, come si risponde? Si. risponde con
una accentuazione della campagna. Si dice: il fascismo è un'orda di barbari accampati
nella nazione; è un movimento di banditi e di predoni! Si inscena la questione morale,
e noi conosciamo la triste storia delle questioni morali in Italia. Ma poi, o signori, quali
farfalle andiamo a cercare sotto l'arco di Tito? Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di
questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la
responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o
meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il
fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione
superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato
un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! Se
tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e
morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico
e morale io l'ho creato con una propaganda che va dall'intervento ad oggi. In questi
ultimi giorni non solo i fascisti, ma molti cittadini si domandavano: c'è un Governo? Ci
sono degli uomini o ci sono dei fantocci? Questi uomini hanno una dignità come
uomini? E ne hanno una anche come Governo? Io ho voluto deliberatamente che le
cose giungessero a quel determinato punto estremo, e, ricco della mia esperienza di
vita, in questi sei mesi ho saggiato il Partito; e, come per sentire la tempra di certi
metalli bisogna battere con un martelletto, così ho sentito la tempra di certi uomini,
ho visto che cosa valgono e per quali motivi a un certo momento, quando il vento è
infido, scantonano per la tangente. Ho saggiato me stesso, e guardate che io non
avrei fatto ricorso a quelle misure se non fossero andati in gioco gli interessi della
nazione. Ma un popolo non rispetta un Governo che si lascia vilipendere! Il popolo
vuole specchiata la sua dignità nella dignità del Governo, e il popolo, prima ancora che
lo dicessi io, ha detto: Basta! La misura è colma! Ed era colma perché? Perché la
spedizione dell'Aventino ha sfondo repubblicano!
Questa sedizione dell' Aventino ha avuto delle conseguenze perché oggi in Italia, chi è
fascista, rischia ancora la vita! E nei soli due mesi di novembre e dicembre undici
fascisti sono caduti uccisi, uno dei quali ha avuto la testa spiaccicata fino ad essere
ridotta un'ostia sanguinosa, e un altro, un vecchio di settantatre anni, è stato ucciso e
gettato da un muraglione. Poi tre incendi si sono avuti in un mese, incendi misteriosi,
incendi nelle Ferrovie e negli stessi magazzini a Roma, a Parma e a Firenze. Poi un
risveglio sovversivo su tutta la linea, che vi documento, perché è necessario di
documentare, attraverso i giornali, i giornali di ieri e di oggi: un caposquadra della
Milizia ferito gravemente da sovversivi a Genzano; un tentativo di assalto alla sede del
Fascio a Tarquinia; un fascista ferito da sovversivi a Verona; un milite della Milizia
ferito in provincia di Cremona; fascisti feriti da sovversivi a Forlì; imboscata comunista
a San Giorgio di Pesaro; sovversivi che cantano Bandiera rossa e aggrediscono i
fascisti a Monzambano. Nei soli tre giorni di questo gennaio l925, e in una sola zona,
sono avvenuti incidenti a Mestre, Pionca, Vallombra: cinquanta sovversivi armati di
fucili scorrazzano in paese cantando Bandiera rossa e fanno esplodere petardi; a
Venezia, il milite Pascai Mario aggredito e ferito; a Cavaso di Treviso, un altro fascista
è ferito; a Crespano, la caserma dei carabinieri invasa da una ventina di donne
scalmanate; un capomanipolo aggredito e gettato in acqua a Favara di Venezia;
fascisti aggrediti da sovversivi a Mestre; a Padova, altri fascisti aggrediti da sovversivi.
Richiamo su ciò la vostra attenzione, perché questo è un sintomo: il diretto l92 preso
a sassate da sovversivi con rotture di vetri; a Moduno di Livenza, un capomanipolo
assalito e percosso. Voi vedete da questa situazione che la sedizione, dell'Aventino ha
avuto profonde ripercussioni in tutto il paese.
Allora viene il momento in cui si dice basta! Quando due elementi sono in lotta e sono
irriducibili, la soluzione è la forza. Non c'è stata mai altra soluzione nella storia e non
ce ne sarà mai. Ora io oso dire che il problema sarà risolto. Il fascismo, Governo e
Partito, sono in piena efficienza. Signori! Vi siete fatte delle illusioni! Voi avete creduto
che il fascismo fosse finito perché io lo comprimevo, che fosse morto perché io lo
castigavo e poi avevo anche la crudeltà di dirlo. Ma se io mettessi la centesima parte
dell'energia che ho messo a comprimerlo, a scatenarlo, voi vedreste allora. Non ci
sarà bisogno di questo, perché il Governo è abbastanza forte per stroncare in pieno
definitivamente la sedizione dell'Aventino. L'Italia, o signori, vuole la pace, vuole la
tranquillità, vuole la calma laboriosa. Noi, questa tranquillità, questa calma laboriosa
gliela daremo con l'amore, se è possibile, e con la forza, se sarà necessario. Voi state
certi che nelle quarantott'ore successive a questo mio discorso, la situazione sarà
chiarita su tutta l'area. Tutti sappiamo che ciò che ho in animo non è capriccio di
persona, non è libidine di Governo, non è passione ignobile, ma è soltanto amore
sconfinato e possente per la patria.
Bhè, direi proprio che siete capitati nel posto giusto! Cercherò qui di darvi alcune
nozioni utili ed interessanti su ciò…
L’IMPOSTA
Il dovere di pagare le imposte sorge sulla base di presupposti stabiliti dallo Stato,
attualmente quello della capacità contributiva, definita come la possibilità economica
di sostenere il peso dei tributi.
Nello Stato moderno la materia tributaria è oggetto di riserva di legge, ovvero i tributi
possono essere istituiti, modificati o aboliti soltanto dal legislatore, mediante legge
ordinaria, decreto legge o decreto legislativo.
PRESUPPOSTO
Il presupposto dell’imposta è l’atto o il fatto dal quale si può desumere la capacità
contributiva del contribuente, e quindi l’applicabilità del prelievo. (è in altre parole la
manifestazione di ricchezza)
ELEMENTI
La fonte è, invece, la ricchezza alla quale il contribuente attinge per pagare il tributo.
Generalmente è il reddito, ma se l’imposta è troppo alta può avere come fonte il
patrimonio del contribuente.
Sono imposte dirette quelle che colpiscono le manifestazioni immediate della capacità
contributiva, ovvero il reddito o il patrimonio del contribuente.
Quelle sul reddito hanno per oggetto il flusso di ricchezza disponibile in un dato
periodo di tempo (ad esempio l’IRPEF).
Sono tutte di natura regressiva (ma non di fatto!!), perché sono uguali per tutti e
quindi non avranno lo stesso peso sui contribuenti con capacità contributiva diversa,
ovvero non attuano il principio di giustizia tributaria.
Quelle sui consumi colpiscono il reddito quando viene speso e nella misura in cui viene
speso (ad esempio l’IVA) ; quelle sui trasferimenti, invece, colpiscono il patrimonio
quando esso viene trasmesso da un soggetto ad un altro (ad esempio quella sul
passaggio di proprietà) .
Le imposte reali sono quelle che colpiscono determinati beni o attività economiche
tenendo conto solo della loro entità e natura e non delle condizioni personali del
contribuente (come l’ICI).
Imposte personali, invece, sono quelle che colpiscono la ricchezza complessiva del
contribuente tenendo conto delle sue condizioni personali, familiari ed economiche
(come l’IRPEF).
Le imposte sono generali quando colpiscono tutti gli elementi di una manifestazione di
ricchezza (consumi, beni patrimoniali ecc) e li colpiscono con la stessa aliquota.
Sono invece imposte speciali quando colpiscono solo alcune categorie di reddito, di
beni, ecc.., o quando colpiscono tutte le categorie con aliquote differenti.
I tipi di progressione sono 3: progressione continua, per classi o per scaglioni e per
detrazione.
Per evitare questo effetto "salto" si è passati agli scaglioni, cioè l’aliquota della classe
superiore non si applica a tutto l’imponibile, ma solo alla parte di esso che eccede la
classe inferiore.
Scaglioni IRPEF
(per
scaglioni) compresi negli scaglioni
fino a
10329,14 18
Per quest’ultimo principio Smith spiega che se le imposte non sono ben congegnate
possono risultare più gravose per il popolo di quanto siano utili allo Stato. Questo può
accadere:
L’equità tributaria dice che tutti i cittadini devono essere trattati alla stessa maniera,
ovvero sopportare tutti lo stesso sacrificio.
Per "tutti" non si intendono solo i cittadini, ma chiunque possieda nello Stato beni
immobili o vi eserciti attività economiche. L’obbligo, quindi, non nasce dall’essere
cittadini ma dall’usufruire dei servizi dello Stato.
Detto principio ammette però delle eccezioni, che sono :
Vige la teoria della capacità contributiva, secondo cui le imposte devono ripartirsi
secondo la capacità economica dei singoli, desumibile da parametri come il reddito o il
patrimonio ecc..
Quindi:
L’imposta, per essere applicata, deve passare prima attraverso tre fasi:
l’accertamento, la riscossione e il versamento.
Tecniche di accertamento
d’ufficio, che consiste nelle indagini fatte di propria iniziativa dagli uffici
fiscali (ha scarsa applicazione) ;
a dichiarazione verificata, che è quello più diffuso, nel quale il contribuente
deve dichiarare, su appositi modelli, l’imponibile e l’ammontare dell’imposta.
Tecniche di riscossione
- per ritenuta alla fonte : l’importo dell’imposta viene trattenuto dal soggetto che
corrisponde il reddito, cosi che il contribuente lo percepisca al netto. Possiamo
avere la ritenuta diretta, quando l’imposta ha per oggetto redditi corrisposti dallo
Stato (dipendenti pubblici), e ritenuta con rivalsa quando l’imposta viene accertata
e riscossa dal sostituto d’imposta, che ha l’obbligo di rivalersene sull’interessato;
- tramite uffici fiscali;
- mediante bollo;
- per appalto a esattori privati : l’esattore deve versare l’intero importo dei tributi
liquidati nei confronti dei contribuenti, quindi il rischio della mancata riscossione è
a suo carico (non riscosso per riscosso). L’esattore è pagato con un aggio in
percentuale sui tributi da riscuotere, e questo metodo era in vigore in Italia fino al
1990;
Come fonte di entrata finanziaria, le imposte indirette sono più efficienti perché:
- sono universali, ovvero non è possibile evaderle perché conglobate nel prezzo del
bene e colpiscono tutti;
- sono elastiche, perché crescono automaticamente con l’aumentare del livello dei
consumi e degli affari. Ma nei periodi di crisi, in egual modo, calano enormemente;
- sono divisibili, perché il loro onere risulta frazionato ai singoli acquisti, e quindi
quasi impercettibile.
Le imposte dirette sono più trasparenti, perché ci si rende conto più facilmente del
loro onere effettivo, ma proprio per questo sono ancora più soggette ad evasione.
per l’equità sono preferibili le imposte dirette, personali e progressive, che tengono
più conto della capacità contributiva; per la semplicità e la chiarezza sono migliori
invece quelle indirette e le dirette reali.
Una tassazione elevata può altresì provocare la fuga di capitali verso Paesi dove il
trattamento fiscale è meno pesante, provocando effetti negativi per investimenti e
produzione.
Il livello oltre il quale la pressione fiscale comincia a produrre effetti negativi è detto
punto critico.
L’evasione
Il danno al sistema di mercato deriva dal fatto che gli evasori, non pagando le
imposte, sostengono un minor costo e quindi sono avvantaggiati rispetto agli altri
operatori economici.
Con l’evasione, quindi, la distribuzione del carico tributario non è più equa, in quanto i
contribuenti onesti dovranno pagare anche per gli evasori.
L’elusione
Alcune esempi di elusione sono: frazionare il reddito intestandolo ad altre persone per
sottrarsi all’IRPEF, oppure incorporare una società in perdita per portare le passività in
bilancio e non pagare le imposte.
Un altro mezzo per non pagare le imposte è la rimozione, che consiste nell’eliminare la
materia imponibile, evitando o diminuendo la produzione o il consumo dei beni colpiti.
Ha effetti negativi (come la grandine sulle foglie) sia per il fisco a cui diminuiscono le
entrate, sia per il mercato perché si contrae la produzione.
La curva di Laffer
Gettito P=
punto critico
0 P’ 100
Aliquota
Una tassazione troppo elevata può rivelarsi controproducente per il fisco, perché
diminuisce il gettito delle entrate. La curva di Laffer dimostra che aumentando
l’aliquota aumenta il gettito, fino ad un punto di massimo. Se l’aliquota continua ad
aumentare oltre esso, il gettito comincia a scendere. Abbiamo gettito zero nei punti 0
e 100, in quanto a 0 non corrisponde nessun prelievo, e a 100 nessuno è disposto a
produrre per versare tutto allo Stato.
Quando le imposte hanno come oggetto beni e servizi destinati allo scambio, un
effetto molto frequente è la modifica dei prezzi nel settore colpito.
Il principale effetto sui prezzi è la translazione dell’imposta, ovvero il processo
economico mediante il quale il contribuente riesce a riversare l’onere dell’imposta su
un altro soggetto, che ne sopporta effettivamente il peso.
Il contribuente che per legge deve pagare l’imposta è chiamato contribuente di diritto,
colui che in definitiva ne subisce gli effetti è invece chiamato contribuente di fatto.
Le fasi
La diffusione dell’imposta
Ad esempio le imposte sulla produzione fanno aumentare il prezzo dei beni, e ciò
porterà ad una contrazione della domanda e, in seguito, della produzione. Da qui
avremo scarso impiego e bassi salari nei settori in cui la produzione si contrae.
Per poter entrare a far parte della Unione Monetaria Europea, l’Italia ha dovuto far in
modo di rientrare nei parametri di Maastricht, posti come condizione per assicurare un
certo equilibrio dei sistemi economici in sede europea.
Parlamento
LO STATUS DI PARLAMENTARE
LA FUNZIONE LEGISLATIVA
E’ la funzione tipica e prevalente del Parlamento, ed è esercitata collettivamente
dalla due Camere.
Il procedimento legislativo si articola in 4 fasi: quella dell’iniziativa, della
deliberazione, del controllo e della comunicazione.
Il Parlamento svolge altre funzioni oltre a quella legislativa. Tra queste ricordiamo
la funzione di indirizzo e controllo politico, che è quella attraverso la quale si
esercita un controllo sull’attività del Governo. Esempi di detta funzione sono le
leggi di approvazione ed autorizzazione e le attività ispettive, che sono:
1 l’interrogazione, che consiste nella domanda rivolta per iscritto da un
parlamentare al Governo o ad un ministro sulla conoscenza di una
determinata situazione;
2 l’interpellanza, che consiste nella domanda rivolta per iscritto da un
parlamentare al Governo o ad un ministro sulla sua condotta su una
determinata questione;
3 l’inchiesta parlamentare, ovvero ogni indagine disposta dalle Camere per
acquisire elementi necessari per la conoscenza di una materia di interesse
pubblico.
Dette attività ispettive a volta richiedono lo svolgimento di attività conoscitive,
come le indagini conoscitive, che sono dirette a acquisire notizie e informazioni
utili, anche chiamando ad intervenire qualsiasi persona in gradi di fornire elementi
utili all’indagine.
Le udienze legislative, invece, sono svolte durante un procedimento legislativo per
ricavare notizie utili all'esame del progetto di legge.
La mozione, poi, è il principale atto di direzione politica, e consiste nella richiesta
fatta dai parlamentari alla propria Camera, di procedere alla discussione e alla
votazione di un determinato oggetto su cui una precedente interpellanza avesse
lasciati insoddisfatti.
Tra le funzioni elettorali del Parlamento abbiamo: l'elezione del Presidente della
Repubblica, di 5 giudici della Corte Costituzionale, di 10 componenti del Consiglio
superiore della magistratura e la scelta dei cittadini fra cui vanno sorteggiati i
giudici aggregati della Corte Costituzionale.
Il Parlamento, inoltre, svolge anche funzioni giurisdizionali, ponendo in stato
d'accusa il Presidente della Repubblica per alto tradimento o attentato alla
Costituzione.
Economia Aziendale
E adesso trattiamo gli aspetti fondamentali delle due operazioni principali delle
banche:
Depositi bancari
Aperture di credito
I DEPOSITI BANCARI
APERTURA DI CREDITO
Inglese
Methods of payment
Nowadays there are different means by which a person can make payment to
someone; the most important are:
By cheque
CASH payment is effected by legal tender, which consist of banknotes and coins in
circulation. Cash and credit cards are still the normal methods of payment in
commercial transactions.
Postage stamps : are accepted by some businesses but only in payment of very
small amounts;
Postal order : are printed orders given by one post office to another to pay a
sum of money to the person named on it;
Money orders : are similar to postal order and are used for payments of small
sums of money;
National giro or postal giro is a system run in many countries by the Post office
which allows postal giro account holders to move money directly from one person’s
account.
The instruments of credit are all those documents which are normally used for the
different payments.
The principal instruments of credit are: cheque, bill of exchange, letter of credit,
traveller’s cheques.
the drawer, who is the person who signs the cheque;
the drawee, who is the bank who receives the order for his customer to pay;
the payee, who is the person who receives the sum of money.
The advantages of a cheque are many, for example it avoid the need to carry about
and keep at home large sum of money; and a customer may also ask for an overdraft,
which is generally granted against security. In this case the bank allows the customer
to take more money out of it than he has paid in.
Current account : only a person who has a current account at bank can draw a
cheque.
The parts of a cheque are: the date, the payee’s name, the amount in words and
figures and his signature.
order cheque : is one made payable to the order of a specified person. An order
cheque cannot be transferred;
bearer cheque : is one made payable to a specified person or to the bearer,
that is, to any person presenting it at a bank;
crossed cheque : is one which has been crossed with two parallel lines or with
the name of a banker drawn across its face. A crossed cheque can be paid only into
a banking account; in fact this type of cheque offers greater security. The are two
kinds of crossing : general crossing ( is an instruction to the drawee banker to pay
the sum stated in the cheque to any banker who presents it) and special crossing
( the name of a banker is written across the face of a cheque. A cheque with
special crossing is made payable only to the bank named in the crossing).
The letter of credit is the most used method of payment in foreign trade because it
makes trade with an unknown buyer easy and safeguards the exporter against the
risk of no payment or delay in payment.
The shipping documents are the documents which the exporter has to present to the
correspondent bank to obtain payment.
Parties:
Acceptance. After being issued, a bill must have accepted by the drawee, who signs
his name across the face of the bill.
− general or unconditional : when the drawee assents to the drawer’s order
without qualification;
− qualified : when the drawee accepts the bill only on some condition ( for
example a conditional acceptance, a partial acceptance…)
The tenor of a bill is the period between the date of the bill and the date of its
maturity.
− at sight
Bills are by law payable 3 days after the due date written on them. these 3 extra days
are called days of grace.
As regards the place where they are issued or made payable, we have:
− foreign bill : drawn or payable abroad. These bills are classified into clean bills
( without documents attached) and documentary bills (when documents are
attached).
Endorsement. The payee may pass the bill on to someone else by endorsing it, that is,
by signing his name on the back of the bill.
TRAVELLERS’ CHEQUE are largely used by travellers. they are issued by banks and
sold to travellers who will cash them from a foreign bank when abroad. A travellers’
cheque is safe because the purchaser has to sign it in present of the bank clerk when
he buys it and he has to sign it again when the cheque is cashed.
The issuers of the cheques guarantee reimbursement if they are lost or stolen .