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Tesina multidisciplinare

A cura di Irma V.
I.T.C. programmatori

INFORMATICA

Materie coinvolte nell’elaborato:

Informatica: Le reti
Letteratura : Pirandello, vita e pensiero;
Storia : La prima guerra mondiale ;
Scienze delle finanze : Debito pubblico e pressione fiscale;
Diritto : Il Parlamento e L’iter legislativo;
Economia aziendale : Aperture di credito e depositi bancari;
Inglese : Metodi di pagamento.
Le reti

Cos’è esattamente un sito?

In pratica è un computer che mette a disposizione degli utenti connessi alla rete
alcune informazioni organizzate in archivi per una facile consultazione.

I siti sono visibili tramite un browser (sfogliatore), ovvero un programma software in


grado di interpretare l’HTML e di produrre sul video dell’utente le pagine web.

Internet altro non è che una "rete di reti", ed è quindi opportuno chiarire cosa è una
rete, e illustrare un po’ i concetti fondamentali...

Le reti;

Architetture di rete: il modello ISO/OSI ;

Il protocollo TCP/IP.

LE RETI

Una rete altro non è che un insieme di sistemi di elaborazione messi in comunicazione
tra loro.

In essa vi è un gran numero di elaboratori autonomi (cioè senza relazioni di


dipendenza) e interconnessi ( cioè capaci di scambiare informazioni).

Con l’andare del tempo siamo passati da sistemi di elaborazione concentrati, cioè
formati da un’unica CPU alla quale erano connessi vari terminali, a sistemi distribuiti,
cioè stazioni di lavoro connesse tra loro ma con capacità elaborativa propria.

Le reti di computer si basano sul modello client/server, che viene realizzato tramite un
programma utente (client) che richiede servizi ad un programma 8server) che li
fornisce.

Questo modello ha un ruolo dinamico e non statico, in quanto un client può essere
anche server di un altro programma e viceversa.

TECNICHE DI TRASMISSIONE

L’elemento portante di una rete è la struttura della sua sottorete di comunicazione,


cioè l’insieme delle interconnessioni che realizza la topologia della rete, la
disposizione, cioè, degli oggetti fisici nello spazio.

La tecnologia di trasmissione può essere:


 punto multipunto (o broadcast), nel quale vi è un unico canale trasmissivo
condiviso da tutte le stazioni, cosi che il messaggio spedito da una stazione
venga ricevuto da tutte le altre;
 punto – punto (point to point) , dove invece ci sono coppie di computer che
dialogano tra loro.

CLASSIFICAZIONE DELLE RETI PER ESTENSIONE

Abbiamo tre tipi di reti:

۰ Reti locali LAN : coprono dimensioni limitate ad una struttura aziendale, senza
attraversamento di suolo pubblico.
۰ Reti metropolitane MAN : sono estensioni delle reti locali in ambito urbano.

۰ Reti geografiche WAN : hanno dimensioni geograficamente estese, da una città


all’intero pianeta. Oltre ai mezzi trasmissivi posati a terra, le WAN possono
utilizzare i satelliti o i ponti radio. Nel primo caso avremo i router, dispositivi
terrestri con la funzione di instradamento di segnali; nel secondo caso avremo che
ogni router sente l’output dei propri vicini.

TECNOLOGIA DI COMUNICAZIONE

Esistono tre tipi di linee di comunicazione:

 linea simplex, per la quale la comunicazione è monodirezionale, cioè il


sistema che riceve la comunicazione non è in grado di rispondere (un
esempio è la televisione);
 linea half-duplex, per la quale la comunicazione è possibile in entrambe le
direzioni, ma uno solo per volta (ad esempio i walky talky) ;

 linea full-duplex, per la quale la comunicazione è possibile in entrambe le


direzioni, ed in contemporanea (telefono).

TOPOLOGIA DI RETE

Definire la topologia di una rete significa definire la posizione di tutti i nodi e tutti i
collegamenti fisici da realizzare per collegarli.

Due nodi possono essere messi in comunicazione:

con una connessine fisica, quando è presente un canale fisico che li collega in
modo diretto;
con una connessione logica, che sfrutta più di una connessione fisica (come per le
WAN).

Le strutture fondamentali delle reti sono di tre tipi:


 · Reti a stella : si ha una rete a stella quando tutti i nodi periferici sono connessi a
un nodo principale in modo indipendente dagli altri. In questo modo, tutte le
comunicazioni passano per il nodo centrale, dove vi è un hub, cioè
un’apparecchiatura che ha la funzione di collettore di cavi provenienti dai vari
sistemi connessi in rete. Questo tipo di struttura non ha faul tollerance, ovvero al
guasto di un nodo salta la rete;

· Rete ad anello : si ha una rete ad anello quando tutti i nodi sono connessi tra loro in
sequenza, in modo da formare un anello ideale, e ognuno ha un contatto diretto solo
con il precedente e il successivo. In questo modo ogni nodo ritrasmette al successivo i
dati che non sono destinati allo stesso

 · Reti a bus : Si ha una rete a bus quando la connessione dei nodi è condivisa da
tutti, per cui i dati trasmessi da un nodo sono intercettabili da tutti gli altri. Sono le
più usate per le LAN, non hanno faul tollerance e sono le più usate perché semplici
e poco costose.

Altre strutture sono : reti ad albero e reti magliate, connesse completamente e non.

TECNICHE DI COMMUTAZIONE

Per mettere in comunicazione due utenti esistono principalmente due tecniche:

 la commutazione di circuito (telefono) basata cioè su un vero collegamento fisico


tra le due unita; prevede 3 fasi:

 attivazione del circuito, che stabilisce la connessione tra le due


unità;

 utilizzo del canale trasmissivo, cioè la fase in cui i dati possono


essere trasmessi;

 svincolo, cioè la fase in cui la connessione viene chiusa.

 la commutazione di pacchetto, basata su sistemi digitali sia per l’instradamento


che per la trasmissione dei dati. Il pacchetto è formato da due parti: la parte di
dati vera e propria preceduta da un’altra parte di intestazione (contenente
l’indirizzo del mittente, l’indirizzo del destinatario e il numero progressivo).

In una rete geografica esistono i nodi intermedi (che svolgono la funzione di


instradamento, cioè decidono su quale canale vada instradato il pacchetto per farlo
giungere a destinazione il prima possibile) e i nodi finali (ovvero gli elaboratori
connessi alla rete).

Quando un elaboratore riceve un pacchetto esamina l’indirizzo del destinatario; se


coincide con il proprio copia il pacchetto sul computer, altrimenti lo ignora.

 
ARCHITETTURA DI RETE : IL MODELLO ISO/OSI

Le reti sono sempre organizzate a livelli, ognuno dei quali fornisce al livello superiore i
servizi richiesti mascherando le modalità con cui sono ottenuti.

Le regole usate nel dialogo tra livelli sono dette protocolli. L’architettura di rete,
quindi, è l’insieme dei livelli e dei protocolli.

Il dialogo tra due host avviene tra processi di pari livello (n). Detto livello del primo
host passa i dati al livello sottostante fino ad arrivare al livello 1, dove c’è il
collegamento fisico, che trasferisce i dati al livello 1 del secondo host, che li
trasmetterà ai livelli superiori fino ad arrivare al livello n del secondo host.

IL MODELLO ISO/OSI

Il modello di riferimento per le architetture di rete è stato definito dall’ISO (Ente


Internazionale degli Standard) con la sigla OSI. Esso è basato su 7 strati (layer),
ognuno dei quali esegue funzioni ben specifiche. Ogni livello può in genere comunicare
solo con il livello inferiore e fornire servizi al livello superiore.

1. Livello di collegamento fisico : gestisce le caratteristiche hardware, cioè la


connessione fisica, gli aspetti tecnici delle interconnessioni... ;
2. livello di collegamento dati : riguarda le reti locali, ed ha il compito di dividere il
messaggio in pacchetti e verificare la correttezza formale dei dati quando il
pacchetto giunge a destinazione ;

3. livello di controllo della rete : riguarda la definizione dei pacchetti,


dell'indirizzamento e dell'instradamento ;

4. livello di trasporto : riguarda l’invio e la ricezione dei dati in modo da controllare


e correggere gli errori;

5. livello di sessione : realizza l’interfaccia tra l’utente e la rete;

6. livello di presentazione : a questo livello le informazioni vengono decodificate in


modo da essere visualizzabili nei dispositivi di output (video, stampanti) ;

7. livello applicativo : fornisce l’interfaccia attraverso cui l’utente accede alla rete.

IL LIVELLO FISICO

I principali mezzi trasmissivi sono:

 doppino telefonico : consiste in un doppio filo di rame intrecciato per


neutralizzare i campi elettromagnetici. Molto usato per la telefonia, negli ultimi
anni è molto migliorato, tanto da essere utilizzato anche per reti locali. La sua
caratterista principale sta proprio nella larga diffusione della rete telefonica ;
 cavo coassiale : utilizzato per le trasmissione televisive, è formato da un cavo di
rame avvolto da un isolante molto efficiente verso i disturbi elettromagnetici
provenienti dall’esterno;

 fibre ottiche : di recente realizzazione e notevole potenza, raggiungono alte


velocità nella trasmissione, sono molto resistenti all’errore e non producono
alcun segnale che disturba il mondo esterno. Hanno piccole dimensioni e peso
trascurabile, e stanno sostituendo i doppini ;

 etere : molto usato per le trasmissioni radio – televisive e per la telefonia


cellulare. Ha estensione mondiale ma costi elevati e problemi legati alle
interferenze elettromagnetiche.

Il livello data link

I suoi compiti sono:

 formazione del pacchetto : il formato dipende dal tipo di rete locale;


 rilevamento e correzione degli errori : nella trasmissione dati è fondamentale che il
nodo che riceve il messaggio possa controllarne l’integrità; per far questo nel
messaggio vengono aggiunti alcuni bit d controllo, scaturiti dall’elaborazione di un
calcolo matematico, in modo che ogni nodo possa svolgere quest’operazione e
controllare l’esattezza del messaggio recapitato;

 modalità di accesso al canale : le due tecniche più usate sono:

 la tecnica a contesa, che deriva dal protocollo Aloha e prevede che la stazione
mittente ascolti la linea per verificare la non presenza di altre trasmissioni,
dopodiché trasmetta il messaggio. Ci sono poche possibilità di collisione, ma
se ciò avviene la stazione trasmittente se ne accorge e provvede a rispedire il
messaggio;

 la tecnica a token : il token è una configurazione di bit che circola


continuamente sull’anello. Viene preso dalla stazione che vuole trasmettere,
trasformato nel pacchetto e spedito con esso alla stazione successiva, fino a
ritornare alla stazione mittente, che lo toglie dalla rete. Viene poi tolto dal
pacchetto e rimesso in circolo per una successiva trasmissione. 

IL PROTOCOLLO TCP/IP

Il modello TCP/IP è un protocollo molto diffuso nella connessione di reti, soprattutto per la sua
semplicità rispetto al modello ISO/OSI. E’ formato da 4 livelli ed è alla base dell’interconnessione
di reti; parliamo di Internetwork quando reti diverse (LAN, MAN, WAN) sono collegate tra loro, e
quindi è facile comprendere che internet è chiamato cosi perché è un’infrastruttura di
interconnessione tra reti diverse

MODELLO ISO/OSI MODELLO TCP/IP


Applicazione  

Presentazione Applicazione

Sessione  

Trasporto Trasporto

Rete Internet

Collegamento dati Fisico

Fisico  

Gli hub sono elementi di interconnessione per reti, che vanno da 4 a 16 porte e sono
adatti alle piccole reti; se si vogliono utilizzare più elementi allora c’è la necessità di
più hub, che andranno connessi a loro volta tra loro, tramite un ulteriore hub;
tuttavia, per le reti con elevato livello di traffico è preferibile utilizzare uno switch.

Lo switch riduce la quantità di traffico non necessario, dato che le informazioni


ricevute nella porta vengono trasmesse solo al dispositivo con il giusto indirizzo di
destinazione, e non come negli hub, a tutte le porte.

Le apparecchiature fisiche utilizzare per la connessione di due o più reti sono:

 i bridge, che servono a connettere tra loro solo reti fisiche dello stesso tipo;
 i router, che sono invece dispositivi con il compito di instradare i pacchetti. Il
router contiene una tabella di intradamento che gli dà la possibilità di conoscere i
router che lo circondano e scegliere cosi la via migliore per far giungere il pacchetto a
destinazione.

 Il gateway, invece, è un dispositivo usato per connettere tra loro reti spesso
incompatibili tra loro, e quindi oltre ad instradare i pacchetti da una rete all’altra,
effettua anche le operazioni necessarie a rendere possibili tali trasferimenti. 

 GLI INDIRIZZI IP

Gli indirizzi IP identificano i computer della rete e sono costituiti da una sequenza di
quattro numeri decimali composti da tre cifre, con valori compresi tra 0 e 255.

Gli indirizzi IP sono classificati in base al formato, che può essere di 3 tipi: classe A, B
e C. La classe è specificata nei primi bit dell’indirizzo. E’ possibile modificare, in parte,
la struttura dell’indirizzamento usando le sottoreti (subnet), cioè dividere il campo
dell’indirizzo locale in sottoreti e host.

La versione IP ufficialmente in uso è IPv4 che identifica un computer host e la rete alla
quale esso è collegato, ma a causa del rapido esaurimento degli indirizzi disponibili
nella comunità Internet, sta per essere introdotto l’IPv6, un nuovo standard che ha lo
scopo di dare maggiore sicurezza e supportare milioni di host, smistando più
velocemente i pacchetti.

Gli indirizzi IPv6 sono a 16 byte, scritti in 8 gruppi di cifre esadecimali separati dal : .

Indirizzo IPv4 = 191.175.30.54.

Indirizzo IPv6 = 8000:0000:0000:0000:0132:5841:92FF:CDAE

I LIVELLI APPLICATIVI SECONDO TCP/IP

Esempi di protocolli al livello di applicazione per Internet sono:

HTTP : per la trasmissione di informazioni ipertestuali

FTP : per la trasmissione di file tra 2 sistemi

SMTP : per il trasferimento di posta elettronica

Telnet : per accedere ad un pc remoto come utente di quel sistema, pur essendo a
grandi distanze.

L’aspetto importante di TCP è la possibilità di operare contemporaneamente con più


applicativi distinti, grazie all’indirizzo di porta.

STANDARD DIGITALI PER LE RETI PUBBLICHE

ISDN : standard internazionale predisposto dalle società di telefonia con lo scopo di


garantire l’integrazione di più servizi contemporaneamente (fax, segreteria).

ADSL : tecnologia di modulazione che permette la trasmissione di informazioni


multimediali ad alta velocità sulle linee telefoniche.

Le linee telefoniche convenzionali hanno filtri per eliminare i disturbi apprezzabili dalla
voce; togliendo essi, ormai inutili, aumenta la banda a disposizione.

Letteratura

Ed eccoci al punto di partenza vero e proprio, ossia quello del mio breve percorso…

                                      La vita di Pirandello


                                      Caratteri fondamentali del pensiero dell'autore

LA VITA DI PIRANDELLO

Luigi Pirandello nasce il 28 giugno 1867 a Girgenti (ribattezzata Agrigento dai fascisti)
da una famiglia di agiata condizione borghese (il padre dirigeva alcune miniere di
zolfo).

Dopo il liceo si iscrisse alle Università di Palermo, Roma e Bonn, dove si laureò.
L’esperienza tedesca fu importante per lui perché lo mise in contatto con gli autori
romantici, che lo influenzarono sulle sue opere e sulla sua teoria dell’umorismo.

Dal 1892, grazie ad un assegno del padre, si trasferì a Roma, dove si dedicò
interamente alla letteratura; in seguito sposò Maria Antonietta Portulano e divenne
docente di ruolo.

Nel 1903 un allagamento della miniera di zolfo in cui il padre aveva investito tutto,
compresa la dote della nuora, provocò il dissesto economico della famiglia. La notizia
del disastro provocò nella moglie, il cui equilibrio psichico era già fragile, una profonda
crisi sfociata nella follia.

La convivenza con la moglie, ossessionata da una patologica gelosia, fu per Pirandello


un tormento continuo, e può essere visto come la nascita della sua concezione di
"trappola" della famiglia.

Il dissesto economico portò quindi il poeta alla declassazione, da agiato borghese a


piccolo borghese.

Dal 1910 Pirandello ebbe contatti con il teatro, a cui poi si dedicherà completamente,
ottenendo grandi successi in Italia e nelle tourneè in giro per il mondo con le sue
compagnie.

Erano gli anni della I guerra mondiale, a cui Pirandello aveva inizialmente visto con
occhi patriottici, ma dovette ben presto ricredersi perché il figlio fu subito catturato
dagli Austriaci, ed ogni tentativo di liberazione fu vano.

Questo avvenimento distrusse la moglie del poeta, che fu ricoverata in una clinica,
dove più avanti morì.

Subito dopo il delitto Matteotti, Pirandello si era iscritto al partito fascista, per ottenere
appoggi dal regime, ma la sua adesione ebbe caratteri ambigui, e quando si rese
conto della sola apparenza di esso, se ne distaccò, anche se senza mai alcuna forma
di rottura.

Nel 1934 gli venne conferito il Nobel per la letteratura, e due anni dopo morì.

CARATTERI FONDAMENTALI DEL PENSIERO DELL'AUTORE


Per quanto riguarda invece i concetti fondamentali del suo pensiero, c’è da dire che….

…che alla base della visione del mondo di Pirandello vi è una concezione vitalistica
della vita, ovvero la realtà viene vista come un continuo fluire, un continuo
movimento, simile ad un magma.

Chi vi si stacca e assume "forma" si irrigidisce, fino quasi a morire. Noi non siamo
altro che parte di questo fluire, ma tendiamo a staccarcene per costruirci una
personalità, che vorremmo coerente e continua…ma ciò è solo un’illusione, perché
anche gli altri ci fissano, a loro volta, in "forme" sempre diverse, e quindi noi crediamo
di essere "uno", ma in realtà siamo tanti individui diversi a seconda di chi ci guarda.

Sotto queste "maschere" che ci impone il contesto sociale, c’è un fluire indefinito,in
continua trasformazione. Pirandello era convinto che nell’uomo coesistessero più
persone, ignote a lui stesso, che possono emergere all’improvviso: da qui nasce la
frammentazione dell’ "io", dell’identità personale.

Questa crisi è ricollegabile al capitalismo, alla grande industria, che annulla l’iniziativa
individuale e rilega l’uomo ad un ingranaggio della macchina.

La presa di coscienza di questa inconsistenza dell’io genera nei personaggi


pirandelliani smarrimento e dolore; avvertire di non essere "nessuno" provoca orrore
e solitudine, e le "forme" in cui viviamo vengono sentite come trappole da cui
l’individuo cerca invano di liberarsi.

L’istituto in cui per eccellenza si manifesta la trappola è la famiglia, che imprigiona


l’uomo separandolo dalla vera vita; l’ambiente familiare è ,infatti, logorato da odi e
rancori.

L’altra trappola è quella economica, a livello piccolo borghese: gli eroi di Pirandello
sono tutti imprigionati in lavori monotoni e frustranti; il poeta non vede la possibilità
di società diverse e non cerca cause storiche: per lui l’unica via d’uscita è la fuga
nell’irrazionale.

Il rifiuto della vita sociale dà luogo, nelle sue opere, alla figura del "forestiero della
vita", ovvero colui che ha capito il gioco e si isola, si esclude, guardando vivere gli altri
e rifiutando di assumere la sua "parte", osservando umoristicamente gli uomini
"intrappolati". E’ questa la filosofia del lontano, che consiste nel contemplare la realtà
da un’infinita distanza, per riuscire a cogliere meglio l’assurdità e la mancanza di
senso.

Caratteristico della visione pirandelliana è anche il relativismo conoscitivo, secondo il


quale ognuno di noi ha la propria verità, che nasce dal suo modo soggettivo di vedere
le cose. Ne nasce, quindi, una totale incomunicabilità tra gli uomini, che accresce il
senso di solitudine dell’individuo.

La concezione dell’umorismo: secondo Pirandello nell’opera d’arte la riflessione resta


invisibile, è forma del sentimento. Nell’opera umoristica, invece, la riflessione non si
nasconde, anzi si pone davanti al sentimento come giudice, lo analizza e lo scompone.

Qui nasce il “sentimento del contrario”, che caratterizza l’umorismo di Pirandello.


Facendo un esempio:se vedo una vecchia signora con i capelli tinti e tutta
imbellettata, avverto che è il contrario di ciò che una signora dovrebbe essere. Questo
“ avvertimento del contrario” rappresenta il comico; ma se interviene la riflessione e ci
suggerisce il motivo di quel comportamento, allora percepiremmo il lato tragico,
passando così al “sentimento del contrario”. La riflessione nell’arte umoristica ci
permette, quindi, di vedere la realtà nei suoi molteplici aspetti: tragico e comico
vanno sempre insieme.

Storia 

 Ed ora inquadriamo giustamente il periodo storico che stiamo trattando… lo


divideremo in:

Le origini della Prima Guerra Mondiale

Il consenso alla guerra

Lo scoppio del conflitto

L’Italia in guerra

Le conseguenze della Grande guerra

La crisi economica

Il dopoguerra in Italia

L’avvento del fascismo

LE ORIGINI DEL CONFLITTO E LE TENSIONI TRA I VARI STATI

Le origini della prima guerra mondiale vanno ricercate in un insieme di fattori


economici, politici, diplomatici e culturali.

Consideriamo, ad esempio, la crescente conflittualità tra le grandi potenze sul terreno


economico e coloniale: lo spazio disponibile per l’espansione era ormai in gran parte
occupato, ma mentre la Gran Bretagna e la Francia disponevano di enormi imperi
coloniali, la Germania aveva possedimenti molto più ridotti e svantaggiosi
economicamente. Questo squilibrio non rispettava i nuovi rapporti economici maturati
in quegli anni: la Germania, infatti, aveva accresciuto enormemente la propria
potenza industriale e mercantile e minacciava il primato economico della Gran
Bretagna. Quest’ultima, quindi, guardava con timore la sempre più forte concorrenza
economica e politica della Germania, minaccia che si concretizzò quando i tedeschi,
grazie alla costruzione di una potente flotta da guerra, si misero per la prima volta in
condizione di insidiare il primato della marina britannica. D’altra parte la Francia
coltivava una forte ostilità antitedesca.
Al crescente contrasto tra Germania e Gran Bretagna e Francia, si sommava poi la
tradizionale contrapposizione tra Russia e Austria, entrambe interessate all’area
balcanica.

L’effetto di queste rivalità strategiche portò alla formazione di due blocchi di alleanze:
uno austro-tedesco-italiano, la Triplice alleanza, e l’altro anglo-franco-russo, la Triplice
Intesa.

IL CONSENSO ALLA GUERRA

Vicino alle cause internazionali del conflitto, consideriamo ora anche quelle relative
alle politiche interne e alle ideologie dei paesi europei. Tutta l’Europa si andava
militarizzando e il legame tra il potere politico e i gruppi di pressione economica e
militare si faceva sempre più stretto. All’interno delle classi dirigenti presero forza quei
settori che guardavano con favore alla guerra, come, ad esempio, i grandi gruppi
industriali che vi scorgevano un grosso affare economico. Si guardava alla guerra
come un mezzo per consolidare l’unità nazionale, e il potere esecutivo guadagnò
sempre più autorità, tanto che diventò difficile opporsi al conflitto.

Anche tra le popolazioni, compresa la classe operaia, si andava diffondendo il


consenso all’idea della guerra, dovuto soprattutto al patriottismo, o al timore di venire
soffocati economicamente e militarmente. Significativo fu la divisione
dell’atteggiamento del movimento socialista internazionale di fronte alla guerra:
dichiaratosi sempre pacifista, allo scoppio del conflitto, nella maggior parte dei paesi
europei i partiti socialisti si schierarono a favore, forse per il clima di violenza
antipacifista, per la paura di perdere contatto con la volontà popolare, o
semplicemente per la condivisione delle ragioni che portavano al conflitto…Nell’Europa
del 1914 era difficile pensare di schierarsi contro la guerra.

LO SCOPPIO DEL CONFLITTO

La Grande guerra fu sì il risultato delle tensioni che si accumularono in quegli anni,ma


esplosero in uno scontro dalle dimensioni che nessuno poteva aspettarsi.

Il terreno sul quale divampò il conflitto furono i Balcani : la Germania, e soprattutto


l’Austria, consideravano i Balcani loro sfera di influenza, mentre la Russia li
considerava necessari per l’espansione sul Mediterraneo; l’Italia voleva affermare la
propria egemonia sull’Adriatico, e la Gran Bretagna controllare i propri interessi nel
Mediterraneo e nei rapporti con l’Oriente.

Tra le potenze locali spiccava la Serbia che voleva primeggiare nella regione,
appoggiata dalla Russia e in contrasto con la Bulgaria.

Nel 1908 i Giovani turchi deposero il sultano e ciò portò l’Austria, timorosa che questo
avvantaggiasse l’espansione della Serbia, ad annettersi la Bosnia-Erzegovina,
inasprendo ulteriormente i rapporti con i serbi stessi, e nel 1912/1913 si ebbero le
due guerre balcaniche, dalle quali uscì vincitrice la Serbia.

Il 28 giugno 1914 uno studente bosniaco di nazionalità serba uccise a Sarajevo


l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria; Vienna attribuì al governo
serbo parte della responsabilità dell’accaduto e inviò alla Serbia un ultimatum assai
pesante, ma che venne comunque accettato dal governo di Belgrado, tranne per la
clausola che prevedeva la partecipazione di funzionari austriaci nelle indagini
dell’attentato. A questo punto, il 28 luglio l’Austria dichiarò guerra alla Serbia. In
risposta a ciò, la Germania dichiarò guerra alla Russia, provocando la mobilitazione
della Francia. Berlino quindi dichiarò guerra anche ai francesi e l’esercito tedesco
invase il Belgio: la Gran Bretagna, quindi, entrò in guerra con la Germania. Il
Giappone, mirando ai possedimenti tedeschi in Estremo Oriente, aprì le ostilità contro
la Germania; l’Italia si mantenne neutrale e l’impero ottomano si schierò a fianco di
Germania e Austria, temendo un’aggressione della Russia.

La condotta della guerra tedesca prevedeva lo sfondamento, a Occidente, della


Francia attraverso il Belgio neutrale per costringerla alla resa e affrontare in una
buona posizione la Russia ad Oriente. Su entrambi i fronti si pensava ad una guerra
breve, di un anno al massimo; questa previsione si rivelò drammaticamente errata, in
quanto i vari contendenti non avevano previsto che i nuovi armamenti (mitragliatrici,
carri armati, sommergibili, aerei, gas asfissianti) avrebbero reso il conflitto non solo
più distruttivo, ma anche più equilibrato e più difficile da risolvere. Tutti erano poi
convinti che il sistema economico mondiale non avrebbe potuto sopportare una lunga
interruzione degli scambi internazionali; al contrario, la guerra mobilitò energie
industriali e produttive impensate che resero possibile il suo prolungamento.

Per la Germania, costretta a combattere su due fronti, la "guerra lampo" era l’unica
possibilità di vittoria; all’inizio sembrò che la strategia tedesca funzionasse, in quanto
il Belgio fu invaso e si puntava su Parigi, che il governo francese aveva abbandonato.

I francesi, aiutati dagli inglese, riuscirono a respingere l’avanzata tedesca sul fiume
Marna, e da quel momento la situazione iniziò un lungo periodo di stallo. Stessa cosa
sul fronte orientale, dove i tedeschi erano riusciti a bloccare l’avanzata russa, mentre
l’Austria non riusciva a piegare la resistenza serba. Ormai la "guerra lampo" si era
trasformata in una guerra di logoramento, dove nessuno riusciva a infliggere al
nemico colpi decisivi o almeno significativi, e questa situazione rimase bloccata per
anni, con enormi costi umani ed economici.

 L’ITALIA IN GUERRA

L’Italia, in un primo tempo, si era dichiarata neutrale, in quanto la Triplice alleanza era
un patto difensivo che non la impegnava a scendere al fianco degli Imperi Centrali.
Era comunque difficile immaginare uno schieramento al fianco dell’Austria, a causa dei
non buoni rapporti che vi erano tra le due nazioni, sia a causa della questione di
Trento e Trieste, sia perché il trattato prevedeva che eventuali acquisti austriaci nei
Balcani venissero bilanciati con vantaggi all’Italia, cosa che non avvenne con
l’annessione della Bosnia-Erzegovina all’Austria. Quindi era più probabile un intervento
al fianco dell’Intesa, dato che l’Italia si era molto riavvicinata alla Francia.

Allo scoppio del conflitto si era delineate due correnti di opinione: gli interventisti,
favorevoli alla guerra, ed i neutralisti.

Tra gli interventisti comparivano gli irridentisti e i socialisti rivoluzionari, con i quali si
schierò anche Benito Mussolini, direttore del quotidiano socialista "Avanti!", fino ad
allora neutralista.
Egli fondò il giornale "Il Popolo d’Italia", con il quale condusse una violenta campagna
a favore dell’intervento al fianco di Francia e Gran Bretagna (venendo perciò espulso
dal Partito socialista).

Il fronte neutralista,invece, comprendeva i liberali giolittiani, in quanto Giolitti pensava


che la guerra fosse dannosa per l’Italia che non era preparata né economicamente né
militarmente, ed inutile dal punto di vista economico e politico, in quanto riteneva che
si poteva ottenere molto di più da entrambi i contendenti in cambio della neutralità.
Neutralisti erano anche i socialisti (quello italiano fu l’unico partito socialista europeo a
votare a sfavore della guerra) e la maggioranza dei cattolici.

Alla metà del 1915 la stragrande maggioranza del paese era contraria alla guerra:
mancava del tutto in Italia quell’entusiasmo popolare che aveva infiammato le nazioni
belligeranti. Perché allora l’Italia entrò in guerra? Perché i neutralisti erano
disorganizzati e poco combattivi, a differenza degli interventisti, attivi ed aggressivi.

All’interno della classe dirigente liberale, inoltre, la guerra venne vista come
un’occasione per rilanciare l’industria e assorbire la disoccupazione; decisivo fu
l’atteggiamento del re Vittorio Emanuele III, del governo e del ministro degli esteri
Sonnino, che il 26 aprile 1915 strinse in segreto con l’Intesa il patto di Londra, che
impegnava l’Italia ad entrare in guerra entro un mese in cambio di concessioni
territoriali. Si trattava di un abuso esercitato dal potere esecutivo nei confronti e
all’insaputa del parlamento, che venne messo di fronte al fatto compiuto. Questo creò
un clima incandescente a causa delle manifestazioni interventiste con atti intimidatori
nei confronti dei neutralisti, e quindi il parlamento dovette approvare il fatto
compiuto: il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria.

Tra il 1915 e il 1916 si completarono gli schieramenti delle alleanze in Europa, ma la


situazione militare rimaneva bloccata su entrambi i fronti, con gravi perdite da
entrambe le parti. Gli imperi centrali avevano tutto da perdere da questa immobilità:
inferiori numericamente, avevano sempre più difficoltà a rifornirsi di materie prime e
alimenti, a causa del blocco navale attuato dalla marina britannica nel mare del Nord
con l’intento di strangolare l’economia tedesca. Nel febbraio 1916 tentarono un colpo
decisivo a Verdun, durato sei mesi e valso a niente, come la controffensiva anglo-
francese a Somme, che costò quasi un milione di morti.

Sul fronte italiano, il generale Cadorna attuò una strategia mirante a sfondare le linee
austriache sull’Isonzo, che non produsse risultati di rilievo. Nel maggio 1916 fu a
stento bloccato un attacco austriaco nel Trentino, la cosiddetta " spedizione punitiva"
contro l’ex alleato italiano colpevole, secondo Vienna, di tradimento.

Per forzare il blocco navale britannico, i tedeschi spostarono la guerra sul mare,
intensificando la guerra sottomarina: allo scopo di mettere in ginocchio l’economia
britannica, i sommergibili tedeschi attaccavano con siluri tutte le navi di qualunque
nazionalità, militari e non, in rotta da e per la Gran Bretagna.

Il 1917 fu una anno cruciale per le sorti del conflitto. Sul fronte orientale, l’esercito
russo precipitò in una grave crisi, ed il suo tracollo economico e militare ne provocò il
ritiro dalla guerra, cosa che permise ai tedeschi di concentrare le proprie forze sul
fronte occidentale e su quello italiano.
Ma il dato più significativo fu il diffondersi in tutti gli eserciti di un clima di sfiducia e di
rivolta, che portò ad ammutinamenti e fughe, dovuti a vari fattori, quali la
fraternizzazione con il nemico, la paura di morire, il rifiuto di uccidere.

Segni di cedimenti mostrava anche il fronte interno. Le popolazioni civili, prima


entusiaste, erano ormai ostili alla guerra, che per troppi anni aveva costretto a
disastrose condizioni di vita, denutrizione ed epidemie.

In questo clima, l’intervento degli Stati Uniti, attuato dal presidente Wilson, fu
decisivo. Gli USA avevano, fino a quel momento, appoggiato economicamente la
Francia e la Gran Bretagna, senza mai accennare ad un eventuale intervento diretto.
Ma l’affinità ideologica con le potenze democratiche europee e la preoccupazione per
la sorte degli ingenti prestiti concessi a Francia e Gran Bretagna, spinsero gli Stati
Uniti ad intervenire. Una svolta si ebbe con la respinta dell’offensiva lanciata dai
tedeschi sul fronte occidentale e lo sfondamento delle linee tedesche ad Amiens.

In Italia, intanto, con il nuovo comandante Diaz, l’esercito fu riorganizzato e furono


promesse terre per il dopoguerra. Grazie a ciò, l’offensiva austriaca sul Piave su
fermata e il 24 ottobre l’esercito italiano sbaragliò gli austriaci a Vittorio Veneto, e il 4
novembre 1918 fu firmato l’armistizio.

Anche la Germania, ormai stremata economicamente e militarmente, chiese


l’armistizio all’Intesa, che fu firmato l’11 novembre 1918.

LE CONSEGUENZE DELLA GRANDE GUERRA

La Grande guerra produsse trasformazioni profonde nell’economia, nella politica, nella


società e nella cultura.

I problemi che comportò non furono certo pochi: in campo economico il principale
problema fu la riconversione produttiva delle industrie dalla produzione militare a
quella civile, che nei primi anni generò in tutti i paesi alti flussi di disoccupazione,
l’inflazione e la svalutazione, dovute all’abbondanza di moneta stampata negli anni
della guerra ed agli speculatori.

In campo sociale si inasprirono i contrasti tra la povertà di tanti e la ricchezza dei


pochi, che dalla guerra avevano tratto alti profitti. Si mescolarono le rivendicazioni di
operai e contadini che avevano versato alla guerra il maggior tributo di sangue; il
disagio dei ceti medi che vedevano i loro risparmi erosi dall’inflazione; la sofferenza
dei reduci, duramente provati fisicamente e psicologicamente e il nuovo ruolo della
donna, che negli anni della guerra avevano sostituito gli uomini in tutti i settori della
produzione.

Sul piano internazionale, infine, il presidente americano Wilson espose i Quattordici


punti ai quali avrebbe dovuto ispirarsi la pace dopo il conflitto, tra i quali spiccavano:
la libertà di commercio e l’abolizione delle barriere doganali, la riduzione degli
armamenti al minimo indispensabile e la costituzione di un organismo sovranazionale,
la Società delle nazioni, con il compito di regolare le controversie internazionali e
mantenere la pace, compiti che non fu mai capace di svolgere anche a causa della non
partecipazione di Stati Uniti, Russia e Germania.
Dal punto di vista territoriale, il problema fondamentale da risolvere alla conferenza di
pace di Parigi fu quello di ridisegnare la carta politica dell’Europa. Vi parteciparono i
quattro grandi vincitori: Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Italia, ed i vinti furono
esclusi. Vennero firmati 5 diversi trattati di pace, più importante dei quali fu quello di
Versailles, relativo alla Germania, considerata la principale responsabile del conflitto.
Tra le varie punizioni, ci fu l’obbligo di risarcire i danni di guerra per 132 miliardi di
marchi d’oro, la perdita del 13% dei territori, del 10% della popolazione e del 75% dei
giacimenti di ferro. Questa pace punitiva fu considerata un’umiliazione inaccettabile
per la Germania e alimentò il risentimento dei tedeschi.

Per quanto riguarda l’Italia, gli vennero concesse il Trentino, parte dell’Alto Adige,
Trieste e l’Istria, ma non la Dalmazia e Fiume; per arginare il pericolo sovietico,invece,
vennero creati dei nuovi stati, come la Cecoslovacchia e la Iugoslavia, che
comprendevano diverse realtà etniche e linguistiche.

LA CRISI ECONOMICA TRA LE DUE GUERRE

Nei venti anni fra le due guerre vi furono importanti trasformazioni dal punto di vista
economico e sociale, a cominciare, ad esempio, dalla produzione di massa, ovvero la
produzione di beni di consumo in serie, esemplari tutti uguali tra loro. Strumento
adatto a ciò fu la catena di montaggio, con la quale i pezzi arrivavano davanti
all’operaio, che doveva svolgere sempre la stessa operazione. In questo senso
avvenne la riorganizzazione del lavoro, diminuirono gli operai qualificati, per lasciar
posto agli operai comuni, ingranaggi nel grande meccanismo della fabbrica.

Questi fenomeni si manifestarono con largo anticipo negli Stati Uniti, dove nacque il
taylorismo, ovvero la concezione di Taylor che per ottimizzare la produzione
bisognasse scomporre le operazioni, analizzarle e misurarne i tempi necessari.

Questa enorme crescita della produzione, però, era stata superiore a quella dei salari,
e quindi il mercato risultò piccolo per accogliere l’enorme quantità di merce prodotta,
generando una crisi di sovrapproduzione, che dagli USA dilagò a macchia d’olio in tutti
i paesi europei. Il rilancio produttivo post-bellico in questo paese aveva raggiunto
livelli elevatissimi perché, oltre alla domanda interna doveva rispondere anche a
quella europea.

Negli anni venti, però, l’Europa stava tornando a essere una grande area di
produzione creando concorrenza anche allo stesso mercato statunitense. A una sola
grande nazione produttrice, USA, capace di rispondere alla domanda internazionale di
beni di consumo e di macchinari, si sostituì una molteplicità di aree produttrici, che
trasformarono l’economia americana in una gigantesca macchina che produceva
eccedenze.

Ciò costrinse le industrie a ridurre la produzione e di conseguenza a licenziare grandi


masse di operai, i quali, privi di reddito, dovettero ridurre gli acquisti, facendo così
diminuire le capacità di assorbimento del mercato interno statunitense.

A tutto questo, inoltre, si accompagnò la sempre crescente speculazione finanziaria.


Gli speculatori compravano azioni in modo da farne aumentare i prezzi per poi
rivenderle, facendo cosi innalzare gli indici borsistici; l’abbaglio degli indici elevati
generò euforia nell’investire in borsa, anche da parte di piccoli risparmiatori.
 Il 24 ottobre 1929, però, l’indice di Wall Street iniziò a cadere. A questa piccola
flessione, i risparmiatori e gli speculatori iniziarono a vendere per timore di subire
gravi perdite; si diffuse il panico: più si vendeva, più il valore delle azioni diminuiva.
In pochi giorni furono vendute più di 16 milioni di azioni.

Si avviò una spirale di caduta dell’economia che durò ben 4 anni. Dalla Borsa la crisi si
trasmise a tutto il sistema economico. Una catena di fallimenti investì le banche
coinvolte nelle speculazioni; i risparmiatori, presi dal panico, si precipitarono a ritirare
i loro depositi.

Sul piano internazionale le conseguenze del crollo di Wall Street furono gravissime: le
importazioni statunitensi diminuirono drasticamente e si interruppe il flusso di capitali
statunitensi verso l’Europa, in cui la crisi fu particolarmente grave per Germania e
Austria, la cui ricostruzione era sorretta da capitali statunitensi.

IL DOPOGUERRA IN ITALIA

Gli effetti della guerra furono particolarmente gravi in Italia: oltre alla riconversione
delle industrie, un grosso problema era rappresentato dalla disoccupazione e dalla
grave crisi economica, principalmente causata dalle enormi spese sostenute dallo
Stato.

Queste spese non furono finanziate con un aumento del prelievo tributario diretto, ma
attraverso l’aumento del debito pubblico e la stampa di nuova moneta che provocò la
svalutazione della lira e un’alta inflazione.

La guerra e le conseguenti difficoltà economiche scaricarono il loro peso soprattutto


sulle fasce sociali più deboli, e ciò diede vita ad acute lotte sociali che videro come
protagonisti contadini ed operai. Si verificarono ondate di scioperi nelle campagne e
nelle fabbriche, a cui si affiancarono tumulti popolari contro il caro-vita e l’occupazione
delle terre da parte dei contadini, cui il governo aveva promesso delle assegnazioni
per attirare consensi nella fase finale del conflitto.

In un primo momento il governo, presieduto da Nitti, fu tollerante verso queste


rivendicazioni, e concesse una parziali distribuzione delle terre, mentre nell’industria
fu conquistata la giornata lavorativa di 8 ore e rilevanti aumenti salariali.

Per quanto riguarda i ceti medi, invece, attraversarono un forte disagio in quanto,
percependo redditi fissi, erano quelli più colpiti dall’inflazione, e si generò in loro un
grave risentimento nei confronti degli operai, visti come "privilegiati".

In questo clima si sviluppò il risentimento per la cosiddetta "vittoria mutilata", in


quanto l’Italia non aveva ottenuto Fiume e la Dalmazia,come sottoscritto nel patto di
Londra, perché nella penisola balcanica era nato un nuovo stato, la Iugoslavia, che
rivendicava la propria sovranità sulla Dalmazia, abitata in prevalenza da slavi; a tal
proposito, il 12 settembre 1919 un contingente di militari ed ex militari guidati da
Gabriele D’Annunzio occuparono la città di Fiume, atto di forza che il governo Nitti non
seppe impedire.

La questione fiumana si trascinò per oltre un anno e fu risolta solo da Giolitti, che
firmò con la Iugoslavia il trattato di Rapallo, che assegnava all’Italia l’Istria e alla
Iugoslavia la Dalmazia e faceva di Fiume uno stato libero indipendente sotto la tutela
della Società delle nazioni. Ma avendo D’Annunzio e i nazionalisti respinto questo
accordo, Giolitti liberò Fiume con la forza.

Con le elezioni del 1919 ebbero buoni risultati i cattolici ma la maggioranza andò ai
socialisti, che però stavano attraversando, al proprio interno, una grave crisi. Il
partito, infatti, era diviso tra massimalisti, favorevoli ad una rivoluzione socialista sul
modello russo, e riformisti, in minoranza.

La debolezza del partito si evidenziò nell’autunno 1920, in occasione dell’occupazione


delle fabbriche, nel cosiddetto "biennio rosso". Gli industriali chiesero a Giolitti un
intervento di forza per stroncare questa agitazione, ma Giolitti rifiutò, consapevole che
un intervento dell’esercito avrebbe portato ad una tragedia e convinto che fosse
preferibile attendere che il movimento si indebolisse, per poi arrivare ad un
compromesso.

L’AVVENTO DEL FASCISMO

Dopo la sua espulsione dal partito socialista per la battaglia a favore dell’intervento
alla guerra, Mussolini aveva continuato la sua opera di agitazione politica attraverso il
"Popolo d’Italia".

Il programma iniziale dei fasci era decisamente repubblicano, proponeva l’estensione


del suffragio alle donne e l’abolizione del senato a nomina regia e la giornata
lavorativa di otto ore. Ma questo programma era solo volto a catturare il consenso
popolare, che nascondeva ideologie antidemocratiche.

Il movimento fascista ai suoi inizi ebbe scarso seguito, fino all’autunno 1920, quando
assunse carattere sempre più aggressivo, con l’inizio delle spedizioni delle squadre
d’azione fasciste contro esponenti e sedi del partito socialista.

Questo passaggio avvenne prevalentemente nelle campagne, dove gli agrari (i


proprietari terrieri), utilizzarono le "camicie nere" per stroncare il movimento
contadino; gli squadristi erano formati da ex combattenti, studenti, disoccupati, che
giravano di notte distruggendo case del popolo, uccidendoli, bastonandoli o solo
spaventandoli.

Dal 1918 al 1922 si erano susseguiti ben sei governi, fatto che metteva in evidenza la
crisi della vecchia classe dirigente liberale, che non riusciva più a governare con
maggioranze stabili.

Nello stesso momento vi è la formazione del Partito nazionale fascista e la profonda


crisi del movimento socialista, che si scisse in Partito comunista d’Italia e Partito
socialista unitario.

Nell’estate del 1922 Mussolini giudicò maturi i tempi per un’azione di forza.
La cosiddetta marcia su Roma avvenne negli ultimi giorni di ottobre con l’occupazione
di edifici pubblici in varie città dell’Italia centro-settentrionale fino a muoversi verso la
capitale.

Dal punto di vista militare, i fascisti non avrebbero potuto fronteggiare una reazione
dell’esercito italiano. Ma tale reazione non vi fu, perché il re Vittorio Emanuele III
rifiutò di firmare lo stato d’assedio per difendere Roma, cosa che causò le dimissioni
del Governo.

Il sovrano si piegò di fronte alla minaccia dei fascisti e il 30 ottobre convocò Mussolini,
che si trovava a Milano, affidandogli l’incarico di formare un nuovo ministero.

La marcia su Roma e la formazione del primo governo Mussolini segnarono il crollo


delle istituzioni liberali e democratiche: per la prima volta nella storia dell’Italia un
uomo politico si era fatto assegnare il mandato governativo con la minaccia delle armi.

Fino al 1925 Mussolini condusse una politica relativamente moderata, preparando la


trasformazione dello stato in senso autoritario. All’interno dell’Italia, come sul piano
internazionale, il fascismo veniva visto come nient’altro che una forza conservatrice
capace di opporsi con successo ad un’affermazione socialista; orientamento che non
coglieva il vero senso del fascismo, ovvero la politica dittatoriale e tendenzialmente
totalitaria. Viene istituita la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, una sorta di
"esercito parallelo" agli ordini del capo del governo, ed altri provvedimenti presi da
Mussolini per accentuare il carattere autoritario dello stato e per consolidare il suo
potere furono, per esempio: l’approvazione di una legge che consentiva al governo di
legiferare attraverso decreti, sottraendo autorità al parlamento e di pesanti limitazioni
della libertà di stampa.

Alle successive elezioni del 1924 il partito fascista si presentò all’interno di una lista
nazionale, ed il suo successo si ebbe grazie a due importanti riforme: quella
scolastica, detta "riforma Gentile" e la nuova legge elettorale, basata sul principio
maggioritario, che assegnava i due terzi dei seggi alla lista che avesse ottenuto il 25%
dei voti. Ottennero ben il 65% dei voti, ma le votazioni furono accompagnate da brogli
e intimidazioni di ogni tipo, operati dai fascisti.

Il 10 giugno 1924 Matteotti, che con un forte discorso alla Camera aveva denunciato i
misfatti elettorali, fu rapito da una squadra fascista, ed il suo cadavere venne ritrovato
solo dopo 2 mesi.

Il delitto Matteotti scosse profondamente l’opinione pubblica, aprendo una grave crisi
politica : per la prima volta il potere di Mussolini sembrò vacillare. Le opposizioni
parlamentari decisero, per protesta, di non partecipare più ai lavori delle Camere,
fenomeno che prese il nome di secessione dell’Aventino, che rimase però un gesto
simbolico e privo di conseguenze, né tanto meno Vittorio Emanuele III destituì
Mussolini.

Con il passare dei mesi, il capo del governo riprese in mano la situazione, e in un
famoso discorso al parlamento del 3 gennaio 1925, Mussolini si assunse la
responsabilità politica, morale e storica dell’eliminazione di un deputato
dell’opposizione, gesto che di fatto esautorava il parlamento e segnava la fine di tutte
le libertà.
Volete leggere il discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925?

IL DISCORSO DI MUSSOLINI SUL DELITTO MATTEOTTI

Roma, Camera dei Deputati 3 gennaio 1925 Signori! Il discorso che sto per
pronunziare dinanzi a voi forse non potrà essere, a rigor di termini, classificato come
un discorso parlamentare. Può darsi che alla fine qualcuno di voi trovi che questo
discorso si riallaccia, sia pure attraverso il varco del tempo trascorso, a quello che io
pronunciai in questa stessa Aula il 16 novembre. Un discorso di siffatto genere può
condurre, ma può anche non condurre ad un voto politico. Si sappia ad ogni modo che
io non cerco questo voto politico. Non lo desidero: ne ho avuti troppi. L'articolo 47
dello Statuto dice: "La Camera dei deputati ha il diritto di accusare i ministri del re e di
tradurli dinanzi all'Alta corte di giustizia". Domando formalmente se in questa Camera,
o fuori di questa Camera, c'è qualcuno che si voglia valere dell'articolo 47. Il mio
discorso sarà quindi chiarissimo e tale da determinare una chiarificazione assoluta. Voi
intendete che dopo aver lungamente camminato insieme con dei compagni di viaggio,
ai quali del resto andrebbe sempre la nostra gratitudine per quello che hanno fatto, è
necessaria una sosta per vedere se la stessa strada con gli stessi compagni può
essere ancora percorsa nell'avvenire. Sono io, o signori, che levo in quest'Aula
l'accusa contro me stesso. Si è detto che io avrei fondato una Ceka. Dove? Quando?
In qual modo? Nessuno potrebbe dirlo! Veramente c'è stata una Ceka in Russia, che
ha giustiziato senza processo, dalle centocinquanta alle centosessantamila persone,
secondo statistiche quasi ufficiali . C'è stata una Ceka in Russia, che ha esercitato il
terrore sistematicamente su tutta la classe borghese e sui membri singoli della
borghesia. Una Ceka, che diceva di essere la rossa spada della rivoluzione. Ma la Ceka
italiana non è mai esistita. Nessuno mi ha negato fino ad oggi queste tre qualità: una
discreta intelligenza, molto coraggio e un sovrano disprezzo del vile denaro. Se io
avessi fondato una Ceka, l'avrei fondata seguendo i criteri che ho sempre posto a
presidio di quella violenza che non può essere espulsa dalla storia. Ho sempre detto, e
qui lo ricordano quelli che mi hanno seguito in questi cinque anni di dura battaglia,
che la violenza, per essere risolutiva, deve essere chirurgica, intelligente,
cavalleresca. Ora i gesti di questa sedicente Ceka sono stati sempre inintelligenti,
incomposti, stupidi. Ma potete proprio pensare che nel giorno successivo a quello del
Santo Natale, giorno nel quale tutti gli spiriti sono portati alle immagini pietose e
buone, io potessi ordinare un'aggressione alle l0 del mattino in via Francesco Crispi, a
Roma, dopo il mio discorso di Monterotondo, che è stato f orse il discorso più
pacificatore che io abbia pronunziato in due anni di Governo? Risparmiatemi di
pensarmi così cretino. E avrei ordito con la stessa intelligenza le aggressioni minori di
Misuri e di Forni?

Voi ricordate certamente il discorso del I° giugno. Vi è forse facile ritornare a quella
settimana di accese passioni politiche, quando in questa Aula la minoranza e la
maggioranza si scontravano quotidianamente, tantochè qualcuno disperava di riuscire
a stabilire i termini necessari di una convivenza politica e civile fra le due opposte parti
della Camera. Discorsi irritanti da una parte e dall'altra. Finalmente, il 6 giugno,
l'onorevole Delcroix squarciò, col suo discorso lirico, pieno di vita e forte di passione,
l'atmosfera carica, temporalesca. All'indomani, io pronuncio un discorso che rischiara
totalmente l'atmosfera. Dico alle opposizioni: riconosco il vostro diritto ideale ed
anche il vostro diritto contingente; voi potete sorpassare il fascismo come esperienza
storica; voi potete mettere sul terreno della critica immediata tutti i provvedimenti del
Governo fascista. Ricordo e ho ancora ai miei occhi la visione di questa parte della
Camera, dove tutti intenti sentivano che in quel momento avevo detto profonde parole
di vita e avevo stabilito i termini di quella necessaria convivenza senza la quale non è
possibile assemblea politica di sorta.

E come potevo, dopo un successo, e lasciatemelo dire senza falsi pudori e ridicole
modestie, dopo un successo così clamoroso, che tutta la Camera ha ammesso,
comprese le opposizioni, per cui la Camera si aperse il mercoledì successivo in
un'atmosfera idilliaca, da salotto quasi, come potevo pensare, senza essere colpito da
morbosa follia, non dico solo di far commettere un delitto, ma nemmeno il più tenue,
il più ridicolo sfregio a quell'avversario che io stimavo perché aveva una certa crarerie,
un certo coraggio, che rassomigliavano qualche volta al mio coraggio e alla mia
ostinatezza nel sostenere le tesi? Che cosa dovevo fare? Dei cervellini di grillo
pretendevano da me in quella occasione gesti di cinismo, che io non sentivo di fare
perché repugnavano al profondo della mia coscienza. Oppure dei gesti di forza? Di
quale forza? Contro chi? Per quale scopo? Quando io penso a questi signori, mi ricordo
degli strateghi che durante la guerra, mentre noi mangiavamo in trincea, facevano la
strategia con gli spillini sulla carta geografica. Ma quando poi si tratta di casi al
concreto, al posto di comando e di responsabilità si vedono le cose sotto un altro
raggio e sotto un aspetto diverso. Eppure non mi erano mancate occasioni di dare
prova della mia energia. Non sono ancora stato inferiore agli eventi. Ho liquidato in
dodici ore una rivolta di Guardie regie, ho liquidato in pochi giorni una insidiosa
sedizione, in quarantott'ore ho condotto una divisione di fanteria e mezza flotta a
Corfù. Questi gesti di energia, e quest'ultimo, che stupiva persino uno dei più grandi
generali di una nazione amica, stanno a dimostrare che non è l'energia che fa difetto
al mio spirito. Pena di morte? Ma qui si scherza, signori. Prima di tutto, bisognerà
introdurla nel Codice penale, la pena di morte; e poi, comunque, la pena di morte non
può essere la rappresaglia di un Governo. Deve essere applicata dopo un giudizio
regolare, anzi regolarissimo, quando si tratta della vita di un cittadino! Fu alla fine di
quel mese, di quel mese che è segnato profondamente nella mia vita, che io dissi:
"voglio che ci sia la pace per il popolo italiano"; e volevo stabilire la normalità della
vita politica. Ma come si è risposto a questo mio principio? Prima di tutto, con la
secessione dell'Aventino, secessione anticostituzionale, nettamente rivoluzionaria. Poi
con una campagna giornalistica durata nei mesi di giugno, luglio, agosto, campagna
immonda e miserabile che ci ha disonorato per tre mesi. Le più fantastiche, le più
raccapriccianti, le più macabre menzogne sono state affermate diffusamente su tutti i
giornali! C'era veramente un accesso di necrofilia! Si facevano inquisizioni anche di
quel che succede sotto terra: si inventava, si sapeva di mentire, ma si mentiva. E io
sono stato tranquillo, calmo, in mezzo a questa bufera, che sarà ricordata da coloro
che verranno dopo di noi con un senso di intima vergogna. E intanto c'è un risultato di
questa campagna! Il giorno 11 settembre qualcuno vuol vendicare l'ucciso e spara su
uno dei nostri migliori, che morì povero. Aveva sessanta lire in tasca. Tuttavia io
continuo nel mio sforzo di normalizzazione e di normalità. Reprimo l' illegalismo. Non
è menzogna. Non è menzogna il fatto che nelle carceri ci sono ancor oggi centinaia di
fascisti! Non è menzogna il fatto che si sia riaperto il Parlamento regolarmente alla
data fissata e si siano discussi non meno regolarmente tutti i bilanci, non è menzogna
il giuramento della Milizia, e non è menzogna la nomina di generali per tutti i comandi
di Zona. Finalmente viene dinanzi a noi una questione che ci appassionava: la
domanda di autorizzazione a procedere con le conseguenti dimissioni dell'onorevole
Giunta. La Camera scatta; io comprendo il senso di questa rivolta; pure, dopo
quarantott'ore, io piego ancora una volta, giovandomi del mio prestigio, del mio
ascendente, piego questa Assemblea riottosa e riluttante e dico: siano accettate le
dimissioni. Si accettano. Non basta ancora; compio un ultimo gesto normalizzatore: il
progetto della riforma elettorale. A tutto questo, come si risponde? Si. risponde con
una accentuazione della campagna. Si dice: il fascismo è un'orda di barbari accampati
nella nazione; è un movimento di banditi e di predoni! Si inscena la questione morale,
e noi conosciamo la triste storia delle questioni morali in Italia. Ma poi, o signori, quali
farfalle andiamo a cercare sotto l'arco di Tito? Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di
questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la
responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o
meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il
fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione
superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato
un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! Se
tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e
morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico
e morale io l'ho creato con una propaganda che va dall'intervento ad oggi. In questi
ultimi giorni non solo i fascisti, ma molti cittadini si domandavano: c'è un Governo? Ci
sono degli uomini o ci sono dei fantocci? Questi uomini hanno una dignità come
uomini? E ne hanno una anche come Governo? Io ho voluto deliberatamente che le
cose giungessero a quel determinato punto estremo, e, ricco della mia esperienza di
vita, in questi sei mesi ho saggiato il Partito; e, come per sentire la tempra di certi
metalli bisogna battere con un martelletto, così ho sentito la tempra di certi uomini,
ho visto che cosa valgono e per quali motivi a un certo momento, quando il vento è
infido, scantonano per la tangente. Ho saggiato me stesso, e guardate che io non
avrei fatto ricorso a quelle misure se non fossero andati in gioco gli interessi della
nazione. Ma un popolo non rispetta un Governo che si lascia vilipendere! Il popolo
vuole specchiata la sua dignità nella dignità del Governo, e il popolo, prima ancora che
lo dicessi io, ha detto: Basta! La misura è colma! Ed era colma perché? Perché la
spedizione dell'Aventino ha sfondo repubblicano!

Questa sedizione dell' Aventino ha avuto delle conseguenze perché oggi in Italia, chi è
fascista, rischia ancora la vita! E nei soli due mesi di novembre e dicembre undici
fascisti sono caduti uccisi, uno dei quali ha avuto la testa spiaccicata fino ad essere
ridotta un'ostia sanguinosa, e un altro, un vecchio di settantatre anni, è stato ucciso e
gettato da un muraglione. Poi tre incendi si sono avuti in un mese, incendi misteriosi,
incendi nelle Ferrovie e negli stessi magazzini a Roma, a Parma e a Firenze. Poi un
risveglio sovversivo su tutta la linea, che vi documento, perché è necessario di
documentare, attraverso i giornali, i giornali di ieri e di oggi: un caposquadra della
Milizia ferito gravemente da sovversivi a Genzano; un tentativo di assalto alla sede del
Fascio a Tarquinia; un fascista ferito da sovversivi a Verona; un milite della Milizia
ferito in provincia di Cremona; fascisti feriti da sovversivi a Forlì; imboscata comunista
a San Giorgio di Pesaro; sovversivi che cantano Bandiera rossa e aggrediscono i
fascisti a Monzambano. Nei soli tre giorni di questo gennaio l925, e in una sola zona,
sono avvenuti incidenti a Mestre, Pionca, Vallombra: cinquanta sovversivi armati di
fucili scorrazzano in paese cantando Bandiera rossa e fanno esplodere petardi; a
Venezia, il milite Pascai Mario aggredito e ferito; a Cavaso di Treviso, un altro fascista
è ferito; a Crespano, la caserma dei carabinieri invasa da una ventina di donne
scalmanate; un capomanipolo aggredito e gettato in acqua a Favara di Venezia;
fascisti aggrediti da sovversivi a Mestre; a Padova, altri fascisti aggrediti da sovversivi.
Richiamo su ciò la vostra attenzione, perché questo è un sintomo: il diretto l92 preso
a sassate da sovversivi con rotture di vetri; a Moduno di Livenza, un capomanipolo
assalito e percosso. Voi vedete da questa situazione che la sedizione, dell'Aventino ha
avuto profonde ripercussioni in tutto il paese.

Allora viene il momento in cui si dice basta! Quando due elementi sono in lotta e sono
irriducibili, la soluzione è la forza. Non c'è stata mai altra soluzione nella storia e non
ce ne sarà mai. Ora io oso dire che il problema sarà risolto. Il fascismo, Governo e
Partito, sono in piena efficienza. Signori! Vi siete fatte delle illusioni! Voi avete creduto
che il fascismo fosse finito perché io lo comprimevo, che fosse morto perché io lo
castigavo e poi avevo anche la crudeltà di dirlo. Ma se io mettessi la centesima parte
dell'energia che ho messo a comprimerlo, a scatenarlo, voi vedreste allora. Non ci
sarà bisogno di questo, perché il Governo è abbastanza forte per stroncare in pieno
definitivamente la sedizione dell'Aventino. L'Italia, o signori, vuole la pace, vuole la
tranquillità, vuole la calma laboriosa. Noi, questa tranquillità, questa calma laboriosa
gliela daremo con l'amore, se è possibile, e con la forza, se sarà necessario. Voi state
certi che nelle quarantott'ore successive a questo mio discorso, la situazione sarà
chiarita su tutta l'area. Tutti sappiamo che ciò che ho in animo non è capriccio di
persona, non è libidine di Governo, non è passione ignobile, ma è soltanto amore
sconfinato e possente per la patria.

Scienze delle finanze

Debito pubblico e pressione fiscale 

Qualche delucidazione su cosa s’intende per debito pubblico e prelevamento tributario


diretto?

Bhè, direi proprio che siete capitati nel posto giusto! Cercherò qui di darvi alcune
nozioni utili ed interessanti su ciò…

Articoliamo il nostro discorso in 4 punti fondamentali :

I principi e le forme del prelievo fiscale

Il principio dell’equità impositiva

Gli effetti economici dell’imposizione

Definizione di deficit e debito pubblico

I PRINCIPI E LE FORME DEL PRELIEVO FISCALE

L’IMPOSTA

L’imposta è un prelievo coattivo di ricchezza effettuato dallo Stato o altro Ente


pubblico per far fronte ai fini di interesse generale.

Il dovere di pagare le imposte sorge sulla base di presupposti stabiliti dallo Stato,
attualmente quello della capacità contributiva, definita come la possibilità economica
di sostenere il peso dei tributi.

Nello Stato moderno la materia tributaria è oggetto di riserva di legge, ovvero i tributi
possono essere istituiti, modificati o aboliti soltanto dal legislatore, mediante legge
ordinaria, decreto legge o decreto legislativo.

PRESUPPOSTO
Il presupposto dell’imposta è l’atto o il fatto dal quale si può desumere la capacità
contributiva del contribuente, e quindi l’applicabilità del prelievo. (è in altre parole la
manifestazione di ricchezza)

Individuare detto presupposto è fondamentale dal punto di vista giuridico, perché


l’obbligazione tributaria sorge solo se il soggetto si trova esattamente nella posizione
prevista dalla legge per l’applicazione del tributo.

ELEMENTI

Gli elementi dell’obbligazione tributaria sono:

 il soggetto attivo, cioè la PA a cui compete il potere di applicare


concretamente l’imposta;
 il soggetto passivo, ovvero colui che ha l’obbligo di pagare il tributo (ovvero
il contribuente). Per rendere più semplice e sicura l’applicazione dell’imposta
la legge può avvalersi del sostituto d’imposta, ovvero una persona diversa
dal contribuente che è obbligata a pagare il tributo e a rivalersi sul
contribuente (datore di lavoro);
 l’oggetto dell’imposta, che è la ricchezza su cui si applica il prelievo (reddito
o patrimonio). Espresso in moneta, l’oggetto è detto base imponibile, cioè la
parte di ricchezza sulla quale si applica l’imposta;
 l’aliquota, che è il rapporto tra l’ammontare dell’imposta e quello della base
imponibile, espresso in percentuale.

La fonte è, invece, la ricchezza alla quale il contribuente attinge per pagare il tributo.
Generalmente è il reddito, ma se l’imposta è troppo alta può avere come fonte il
patrimonio del contribuente.

 CRITERI DI CLASSIFICAZIONE DELL’IMPOSTA

Esistono vari tipi di imposte, classificabili in:

Imposte dirette e indirette

Sono imposte dirette quelle che colpiscono le manifestazioni immediate della capacità
contributiva, ovvero il reddito o il patrimonio del contribuente.

Quelle sul reddito hanno per oggetto il flusso di ricchezza disponibile in un dato
periodo di tempo (ad esempio l’IRPEF).

Quelle sul patrimonio invece colpiscono il patrimonio del contribuente interamente o in


parte; sono ordinarie se devono avere un’aliquota cosi bassa da poter essere pagate
col reddito, anche se l’oggetto è il patrimonio (l’ICI), sono straordinarie se consistono
in un prelevamento una tantum e possono avere il patrimonio come fonte.

Sono imposte indirette, invece, quelle che colpiscono la ricchezza in quanto


consumata o trasferita.

Sono tutte di natura regressiva (ma non di fatto!!), perché sono uguali per tutti e
quindi non avranno lo stesso peso sui contribuenti con capacità contributiva diversa,
ovvero non attuano il principio di giustizia tributaria.
Quelle sui consumi colpiscono il reddito quando viene speso e nella misura in cui viene
speso (ad esempio l’IVA) ; quelle sui trasferimenti, invece, colpiscono il patrimonio
quando esso viene trasmesso da un soggetto ad un altro (ad esempio quella sul
passaggio di proprietà) .

Imposte reali e imposte personali

Le imposte reali sono quelle che colpiscono determinati beni o attività economiche
tenendo conto solo della loro entità e natura e non delle condizioni personali del
contribuente (come l’ICI).

Imposte personali, invece, sono quelle che colpiscono la ricchezza complessiva del
contribuente tenendo conto delle sue condizioni personali, familiari ed economiche
(come l’IRPEF).

Imposte generali e imposte speciali

Le imposte sono generali quando colpiscono tutti gli elementi di una manifestazione di
ricchezza (consumi, beni patrimoniali ecc) e li colpiscono con la stessa aliquota.

Sono invece imposte speciali quando colpiscono solo alcune categorie di reddito, di
beni, ecc.., o quando colpiscono tutte le categorie con aliquote differenti.

Imposte proporzionali, progressive e regressive

L’imposta è proporzionale, quando il suo ammontare aumenta in proporzione


all’aumentare della base imponibile, e quindi l’aliquota è costante.

L’imposta è progressiva quando il suo ammontare aumenta in modo più che


proporzionale rispetto all’ammontare della base imponibile, quindi l’aliquota è
crescente.

L’imposta è regressiva quando il suo ammontare aumenta in misura meno che


proporzionale rispetto all’aumentare dell’imponibile, quindi l’aliquota è decrescente.

MODALITÀ DI ATTUAZIONE DELL’IMPOSTA PROGRESSIVA

I tipi di progressione sono 3: progressione continua, per classi o per scaglioni e per
detrazione.

La progressione continua si ha quando l’aliquota aumenta ad ogni minimo aumentare


dell’imponibile.
La progressione per classi o per scaglioni si ha quando le basi imponibili sono divise in
classi secondo il loro ammontare e l’aliquota aumenta al passaggio da una classe
all’altra e rimane la stessa per tutti gli imponibili della stessa classe. Questa
progressione genera ingiustizie per coloro che si trovano ai limiti delle classi, perché
un minimo aumentare dell’imponibile genera il passaggio alla classe successiva,
facendo aumentare l’imposta in modo sproporzionato rispetto all’aumento della
capacità contributiva.

Per evitare questo effetto "salto" si è passati agli scaglioni, cioè l’aliquota della classe
superiore non si applica a tutto l’imponibile, ma solo alla parte di esso che eccede la
classe inferiore.

Scaglioni IRPEF

Imposta dovuta sui redditi


 Reddito (per scaglioni) Aliquota intermedi

(per
    scaglioni) compresi negli scaglioni

fino a
10329,14 18  

oltre e fino a 1859,25 + 24% parte eccedente


10329,14 15493,71 24 10329,14

oltre e fino a 3098,75 + 32% parte eccedente


15493,71 30987,31 32 15493,71

oltre e fino a 8056,73 + 39% parte eccedente


30987,41 69721,68 39 30987,41

oltre 23163,10 + 45% parte eccedente


69721,68 45 69721,68

La progressione per detrazione si ha quando l’aliquota dell’imposta è nominalmente


costante, e si applica al reddito diminuito di una quota fissa.

Sistemi tributari e principi fondamentali dell’imposizione

Il sistema tributario è il complesso dei tributi vigenti in uno Stato in un determinato


periodo storico.
Ogni sistema tributario dovrebbe corrispondere ad alcuni principi fondamentali; la loro
prima formulazione si deve ad Adam Smith, che li ha racchiusi in 4 regole:

1. Principio dell’equità: tutti i cittadini devono pagare i tributi in


proporzione alla propria capacità contributiva;
2. Principio della semplicità e chiarezza : l’imposta da pagare deve
essere certa e non arbitraria. Il tempo, il modo, la somma da
pagare dovrebbero essere chiari e semplici;

3. Principio della comodità : ogni imposta deve essere riscossa nel


tempo e nel modo in cui è più comodo pagarla per il
contribuente;

4. Principio della economicità : ogni imposta dovrebbe essere


congegnata in modo da sottrarre il meno possibile alle tasche del
contribuente.

Per quest’ultimo principio Smith spiega che se le imposte non sono ben congegnate
possono risultare più gravose per il popolo di quanto siano utili allo Stato. Questo può
accadere:

quando i costi per accertamento e riscossione sono eccessivi, tanto da


assorbire gran parte del prodotto dell’imposta ;
quando l’imposta produce effetti economici negativi, ostacolando attività
produttive che occuperebbero molte persone;

quando l’imposta tenta l’evasione e rende necessario un grande sistema


di sanzioni punitive.

Quindi un buon sistema tributario, per averne i requisiti, deve:

o attuare un’equa distribuzione del carico tributario tra i cittadini;


o essere semplice e consentire, quindi, una gestione amministrativa
chiara, efficiente e poco costosa;

o costituire un efficace strumento di politica economica.

IL PRINCIPIO DELL’EQUITÀ IMPOSITIVA

Concetti essenziali sono : l’equità tributaria, l’universalità e l’uniformità


dell’imposizione.

L’equità tributaria dice che tutti i cittadini devono essere trattati alla stessa maniera,
ovvero sopportare tutti lo stesso sacrificio.

Per principio dell’universalità dell’imposizione ci si rifà all’art 53 della Costituzione, che


dice che tutti devono partecipare alle spese dello Stato.

Per "tutti" non si intendono solo i cittadini, ma chiunque possieda nello Stato beni
immobili o vi eserciti attività economiche. L’obbligo, quindi, non nasce dall’essere
cittadini ma dall’usufruire dei servizi dello Stato.
Detto principio ammette però delle eccezioni, che sono :

o per ragioni di interesse economico collettivo, per esempio per le opere di


miglioramento agricolo;
o per ragioni di giustizia sociale, come l’esenzione del minimo di
sussistenza, cioè di quella parte del reddito appena sufficiente a
soddisfare i bisogni primari. Questa esenzione è però fittizia, perché ne
usufruiscono persone senza capacità contributiva, ed è comunque
applicabile solo sulle imposte dirette, in quanto a quelle indirette sui
consumi sono soggetti anche i percettori di redditi minimi.

L’uniformità dell’imposizione, invece, dice che tutti i contribuenti devono sopportare il


carico dell’imposta in condizioni di uguaglianza.

Vige la teoria della capacità contributiva, secondo cui le imposte devono ripartirsi
secondo la capacità economica dei singoli, desumibile da parametri come il reddito o il
patrimonio ecc..

Quindi:

- sono esentati i redditi minimi;


- i redditi più elevati hanno maggiore capacità contributiva e quindi devono
essere colpiti da aliquote più alte (discriminazione quantitativa) ;

- i redditi di lavoro hanno meno capacità contributiva rispetto a quelli di


capitale, perché prodotti con la fatica e per durata limitata
(discriminazione qualitativa) ;

- bisogna tener conto delle condizioni personali del contribuente.

I PRINCIPI DI CHIAREZZA ED EFFICIENZA AMMINISTRATIVA

LE FASI DEL PROCEDIMENTO APPLICATIVO DELLE IMPOSTE

L’imposta, per essere applicata, deve passare prima attraverso tre fasi:
l’accertamento, la riscossione e il versamento. 

Tecniche di accertamento

L’accertamento è l’insieme delle operazioni tecniche da svolgere per individuare


l’ammontare dell’imposta.

La procedura di accertamento comprende: la determinazione dell’imponibile, la


liquidazione dell’imposta e la notificazione al contribuente.

La determinazione dell’imponibile può avvenire con accertamento analitico o induttivo:

 analitico, che consiste nell’analisi specifica di ogni singolo componente della


capacità contributiva di ogni contribuente (questo metodo non è né semplice
né economico);
 induttivo, che è più semplice e consiste nel partire da indizi, detti
parametrici, che possono essere, ad esempio, il numero degli operai di
un’azienda, o il consumo di energia elettrica.

L’accertamento può inoltre avvenire :

 d’ufficio, che consiste nelle indagini fatte di propria iniziativa dagli uffici
fiscali (ha scarsa applicazione) ;
 a dichiarazione verificata, che è quello più diffuso, nel quale il contribuente
deve dichiarare, su appositi modelli, l’imponibile e l’ammontare dell’imposta.

La liquidazione dell’imposta (o tassazione), consiste nel determinare l’ammontare


dell’imposta dovuta, ed avviene applicando l’aliquota alla base imponibile. Abbiamo
l’autotassazione in sede di dichiarazione, dove il contribuente calcola da solo
l’ammontare dell’imposta.

La notifica al contribuente consiste nel portare a conoscenza il preciso ammontare


dell’imposta dovuta, e può essere individuale, che avviene con avviso destinato al
singolo contribuente, e collettiva, quando avviene attraverso la pubblicazione dei ruoli.
Il ruolo è un prospetto contenente l’elenco dei contribuenti di una certa imposta e
l’ammontare di essa per ogni contribuente.

Tecniche di riscossione

La riscossione può avvenire attraverso vari modi :

- per ritenuta alla fonte : l’importo dell’imposta viene trattenuto dal soggetto che
corrisponde il reddito, cosi che il contribuente lo percepisca al netto. Possiamo
avere la ritenuta diretta, quando l’imposta ha per oggetto redditi corrisposti dallo
Stato (dipendenti pubblici), e ritenuta con rivalsa quando l’imposta viene accertata
e riscossa dal sostituto d’imposta, che ha l’obbligo di rivalersene sull’interessato;
- tramite uffici fiscali;

- mediante bollo;

- per versamento diretto : per le imposte determinate con l’autotassazione;

- per appalto a esattori privati : l’esattore deve versare l’intero importo dei tributi
liquidati nei confronti dei contribuenti, quindi il rischio della mancata riscossione è
a suo carico (non riscosso per riscosso). L’esattore è pagato con un aggio in
percentuale sui tributi da riscuotere, e questo metodo era in vigore in Italia fino al
1990;

- con servizio di riscossione : viene gestito dalla PA o concesso a privati. Questi


ricevono il pagamento dei tributi e li versano alla Tesoreria dell’Ente impositore.
Vige in Italia dal 1990.

Confronto tra i vari tipi di imposta sotto il profilo amministrativo

Come fonte di entrata finanziaria, le imposte indirette sono più efficienti perché:
- sono universali, ovvero non è possibile evaderle perché conglobate nel prezzo del
bene e colpiscono tutti;
- sono elastiche, perché crescono automaticamente con l’aumentare del livello dei
consumi e degli affari. Ma nei periodi di crisi, in egual modo, calano enormemente;

- sono divisibili, perché il loro onere risulta frazionato ai singoli acquisti, e quindi
quasi impercettibile.

Le imposte dirette sono più trasparenti, perché ci si rende conto più facilmente del
loro onere effettivo, ma proprio per questo sono ancora più soggette ad evasione.

I vari tipi di imposta corrispondono in modo diverso ai requisiti fondamentali


dell’imposizione:

per l’equità sono preferibili le imposte dirette, personali e progressive, che tengono
più conto della capacità contributiva; per la semplicità e la chiarezza sono migliori
invece quelle indirette e le dirette reali.

GLI EFFETTI ECONOMICI DELL’IMPOSIZIONE

Gli effetti della pressione tributaria sul sistema economico

Il prelievo fiscale sottrae risorse ai privati e quindi ne riduce la capacità di spesa. Un


aumento della pressione tributaria provoca una contrazione dei consumi e degli
investimenti, e quindi una riduzione della domanda globale. per questo può essere
usata come strumento di politica economica per frenare l’inflazione da domanda nella
fase di espansione.

Ma se il prelievo è troppo elevato provoca l’inflazione da costi, in quanto i lavoratori


premeranno per ottenere aumenti di stipendio e le imprese tenderanno a scaricare sui
prezzi il maggiore costo del lavoro e delle imposte.

Le imposte troppo alte, inoltre, tendono a far diminuire la propensione al risparmio, e


ciò nel lungo periodo, ostacola gli investimenti e quindi danneggia le attività
produttive, l’offerta globale e l’occupazione.

Una tassazione elevata può altresì provocare la fuga di capitali verso Paesi dove il
trattamento fiscale è meno pesante, provocando effetti negativi per investimenti e
produzione.

Il livello oltre il quale la pressione fiscale comincia a produrre effetti negativi è detto
punto critico.

Il comportamento del contribuente

La reazione del contribuente di fronte all’aumento dei tributi è di due tipi:

 si sottrae al pagamento al pagamento dell’imposta pur continuando a svolgere


l’attività che ne è il presupposto:

- violando le norme tributarie (evasione)


- approfittando di imperfezioni della legge (elusione)

 modifica le sue scelte economiche per evitare le situazioni che costituiscono


presupposto d’imposta. Gli effetti di ciò si manifestano :

- sugli incentivi a lavorare e produrre (rimozione ed elisione)

- sui prezzi di mercato nel settore colpito (translazione, ammortamento)

L’evasione

Si ha quando il contribuente riesce a sottrarsi al pagamento del tributo occultando, del


tutto o in parte, l’esistenza dell’imponibile.

Può essere attuata, ad esempio, con omessa dichiarazione, false attestazioni,


simulazione di atti giuridici ecc.. .

L’evasione danneggia il fisco e nuoce all’equilibrio del mercato.

Il fisco viene danneggiato in quanto:

- il gettito diminuisce e si aggrava il disavanzo pubblico, con un incremento


della pressione fiscale o ricorso all’indebitamento;
- aumentando i controlli per arginare l’evasione si crea un ulteriore costo
e , quindi, un doppio danno.

Il danno al sistema di mercato deriva dal fatto che gli evasori, non pagando le
imposte, sostengono un minor costo e quindi sono avvantaggiati rispetto agli altri
operatori economici.

Con l’evasione, quindi, la distribuzione del carico tributario non è più equa, in quanto i
contribuenti onesti dovranno pagare anche per gli evasori.

Più che reprimere l’evasione, bisognerebbe prevenirla, cercando di creare la mentalità


del popolo, ossia facendo in modo che essi non vedano più lo Stato come un nemico,
diffondendo un maggior senso civico e mediante una maggiore equità tributaria.

L’elusione

Ossia il modo legale di non pagare le imposte, approfittando di imperfezioni della


legge.

Alcune esempi di elusione sono: frazionare il reddito intestandolo ad altre persone per
sottrarsi all’IRPEF, oppure incorporare una società in perdita per portare le passività in
bilancio e non pagare le imposte.

Ha gli stessi effetti negativi dell’evasione.

Gli effetti sugli incentivi a produrre: rimozione ed elisione

Un altro mezzo per non pagare le imposte è la rimozione, che consiste nell’eliminare la
materia imponibile, evitando o diminuendo la produzione o il consumo dei beni colpiti.
Ha effetti negativi (come la grandine sulle foglie) sia per il fisco a cui diminuiscono le
entrate, sia per il mercato perché si contrae la produzione.

L’effetto opposto lo si ha con l’elisione, che si ha quando il contribuente è incentivato a


produrre di più, per esempio in vista della nascita di un figlio.

La curva di Laffer

Gettito P=
punto critico

0 P’ 100

Aliquota

Una tassazione troppo elevata può rivelarsi controproducente per il fisco, perché
diminuisce il gettito delle entrate. La curva di Laffer dimostra che aumentando
l’aliquota aumenta il gettito, fino ad un punto di massimo. Se l’aliquota continua ad
aumentare oltre esso, il gettito comincia a scendere. Abbiamo gettito zero nei punti 0
e 100, in quanto a 0 non corrisponde nessun prelievo, e a 100 nessuno è disposto a
produrre per versare tutto allo Stato.

Gli effetti sui prezzi : la translazione

Quando le imposte hanno come oggetto beni e servizi destinati allo scambio, un
effetto molto frequente è la modifica dei prezzi nel settore colpito.
Il principale effetto sui prezzi è la translazione dell’imposta, ovvero il processo
economico mediante il quale il contribuente riesce a riversare l’onere dell’imposta su
un altro soggetto, che ne sopporta effettivamente il peso.

Alcuni esempi possono essere : il proprietario di un immobile che deve pagare


l’imposta sui fabbricati che aumenta il canone di locazione degli inquilini, in modo da
trasferire ad essi l’onere dell’imposta; o ancora il lavoratore colpito da un’elevata
imposta sul reddito cerca di trasferire l’onere sul datore di lavoro chiedendogli un
aumento.

Il contribuente che per legge deve pagare l’imposta è chiamato contribuente di diritto,
colui che in definitiva ne subisce gli effetti è invece chiamato contribuente di fatto.

Le fasi

La translazione avviene in due fasi: percussione e incidenza.

Si ha la percussione quando l’imposta viene applicata al contribuente di diritto, che si


dice "percosso"; si ha l’incidenza , invece, quando il contribuente di fatto ne sopporta
definitivamente l’onere, e viene detto "inciso" .

La diffusione dell’imposta

Gli effetti di un’imposta che direttamente colpisce un dato settore dell’economia si


propagano ai settori contigui e poi a quelli più lontani.

Ad esempio le imposte sulla produzione fanno aumentare il prezzo dei beni, e ciò
porterà ad una contrazione della domanda e, in seguito, della produzione. Da qui
avremo scarso impiego e bassi salari nei settori in cui la produzione si contrae.

DEFINIZIONE DI DEFICIT E DEBITO PUBBLICO

Per poter entrare a far parte della Unione Monetaria Europea, l’Italia ha dovuto far in
modo di rientrare nei parametri di Maastricht, posti come condizione per assicurare un
certo equilibrio dei sistemi economici in sede europea.

In particolare, il deficit pubblico, ovvero l’indebitamento netto dello Stato in un anno,


non deve superare il 3% del Pil, e il rapporto tra il debito pubblico complessivo
(ovvero la somma dei vari deficit pubblici) e il Pil non deve essere superiore al 60%.

 Parlamento

Il Parlamento è l’organo costituzionale titolare della funzione legislativa.


La Costituzione italiana prevede un bicameralismo perfetto, ed infatti il Parlamento
è composto da due Camere: la Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica.
Entrambe hanno la durata di cinque anni, sono elette a suffragio universale e
diretto, sono dotate degli stessi poteri e svolgono identiche funzioni, ma non
mancano elementi di differenziazione tra le due Camere.
Una prima differenza riguarda il numero dei componenti: 630 deputati, 315
senatori.
Il Senato si caratterizza per la presenza di due categorie, di membri non elettivi: i
senatori a vita di nomina presidenziale e quelli di diritto, cioè coloro che hanno già
rivestito la carica di Presidente della Repubblica. I Presidenti della Repubblica
divengono senatori a vita di diritto alla fine del mandato senza necessità di
ulteriore nomina.
I senatori a vita di nomina presidenziale, sono ,invece, scelti in numero non
superiore a cinque, tra “i cittadini che abbiamo illustrato la Patria per altissimi
meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”.
Le due Camere si differenziano anche per i diversi requisiti richiesti per l’elettorato
attivo e quello passivo. Per l’elettorato attivo, possono eleggere i loro
rappresentanti alla Camera dei Deputati tutti coloro che hanno compiuto la
maggiore età (18 anni); al Senato, invece, sono elettori solo coloro che hanno
compiuto i 25 anni.
Per l’elettorato passivo, possono essere eletti tutti coloro che hanno compiuto 25
anni, mentre per essere membri del Senato ne occorrono 40.
Le Camere, che solitamente esercitano i loro poteri separatamente, in alcuni casi
sono chiamate a svolgere le proprie funzioni in seduta comune. Le ipotesi in cui ciò
avviene sono, ad esempio :
l’elezione del Presidente della Repubblica; la messa in stato d’accusa del Presidente
della Repubblica per alto tradimento o attentato alla Costituzione; l’elezione di un
terzo dei giudici costituzionali.
Il Parlamento riunito in seduta comune è presieduto dal presidente della Camera.

COMMISSIONI, GIUNTE E GRUPPI PARLAMENTARI

La Camera dei deputati e il Senato si compongono di vari organi interni che


svolgono le funzioni del Parlamento. Tra questi ricordiamo:
Commissioni parlamentari. Sono organi necessari di ciascuna Camera, costituiti da
parlamentari in proporzione alla presenza delle forze politiche in Parlamento.
Possono essere:
1 speciali, se costituite occasionalmente da ciascuna Camera per risolvere
questioni di pubblico interesse.
2 permanenti, se istituite permanentemente in senso a ciascuna Camera, il cui
regolamento ne determina la competenza per materia.
Le Commissioni permanenti:
1 agiscono in sede referente, in quanto esaminano ogni disegno di legge
presentato alle Camere, per farne relazione all’Assemblea che deve approvarlo;
2 agiscono in sede deliberante, invece, quando procedono direttamente
all’approvazione dei disegni di legge.
Giunte parlamentari. Sono anch’esse formate dalle forze politiche in proporzione
alla loro presenza in Parlamento. Hanno funzioni consultive ed extralegislative.

Gruppi parlamentari Sono associazioni create da deputati o senatori politicamente


affini.
Tutti i membri del Parlamento devono dichiarare, entro due giorni dalla prima
seduta successiva alla loro elezione, a quale Gruppo intendono iscriversi. Qualora
non esercitino questa loro facoltà sono iscritti d’ufficio nel cosiddetto “gruppo
misto”.
I gruppi parlamentari, più di ogni altro organo, rappresentano i partiti politici
all’interno del Parlamento.
LE PREROGATIVE DELLE CAMERE

Le Camere, per esercitare pienamente le loro funzioni, godono di particolari


prerogative, cioè delle situazioni particolari di vantaggio.
Ciascuna Camera ha il potere di adottare il proprio regolamento (autonomia
regolamentare) a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Il regolamento
disciplina l’organizzazione interna di ciascuna Camera e detta le regole per il suo
funzionamento.
Ciascuna Camera delibera il proprio bilancio ed il proprio consuntivo (autonomia
finanziaria). Le spese gravano su un fondo speciale, che è somministrato dal
Ministero del Tesoro e gestito direttamente da ogni Camera.
Ciascuna Camera provvede poi all’amministrazione dei suoi uffici e all’assunzione
dei propri dipendenti: autonomia amministrativa.
Vige poi l’immunità della sede, ovvero, è vietato, in base ad una norma
consuetudinaria, l’accesso negli uffici delle Camere agli agenti della forza pubblica
per svolgere le loro funzioni; è riconosciuta poi una particolare tutela penale, in
quanto sono puniti come reati il tentativo di impedire alle Camere l’esercizio delle
loro funzione e il vilipendio delle Camere.

LO STATUS DI PARLAMENTARE

Rapporto tra parlamentare e corpo elettorale. Ogni membro del Parlamento


rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.
Il principio della rappresentanza nazionale è sancito per svincolare i singoli
deputati e senatori dai collegi elettorali locali che li hanno eletti. Tale principio
esige una valutazione che tenga conto degli interessi complessivi di tutto il paese.
Il principio di mandato imperativo impedisce al parlamentare di accettare incarichi
o istruzioni per lo svolgimento delle sue funzioni, e ne sancisce l’indipendenza dai
gruppi politici. (“gruppi di pressione”)

Prerogative dei parlamentari. Tali prerogative irrinunciabili non costituiscono


privilegi personali, ma servono a tutelare la regolarità e l’indipendenza del
mandato parlamentare.
art.68 “nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione
personale o domiciliare, né può essere arrestato o privato della libertà personale o
mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di
condotta, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è
previsto l’arresto obbligatorio in flagranza”.
Con questa nuova formulazione dell’articolo, è consentito:
1 sottoporre ad indagini i parlamentari solo dopo l’autorizzazione della Camera di
appartenenza;
2 arrestare il parlamentare, in presenza di una sentenza irrevocabile di
condanna;
3 arrestare il parlamentare, nel caso in cui sia colto nell’atto di flagranza.
l’insindacabilità, ovvero i parlamentari non possono essere chiamati a rispondere
delle opinioni espresse ed i dati nell’esercizio delle loro funzioni;
l’indennità, cioè i membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita per
legge.
Cessazione dall’ufficio di parlamentare. L’ufficio di parlamentare può cessare per
le seguenti cause:
 fine della legislatura (o scioglimento anticipato delle Camere);
 dimissioni volontarie;
 decadenza;
 annullamento dell’elezione;
 morte.

IL FUNZIONAMENTO DEL PARLAMENTO E LO SVOLGIMENTO DEI LAVORI

L’arco di tempo entro il quale le Camere svolgono la loro attività è denominato


legislatura; il periodo di durata effettiva del mandato parlamentare è di 5 anni per
ciascuna Camera, salvo scioglimento anticipato o proroga in caso di guerra.
Si intende, invece, per sessione il periodo continuativo di lavoro delle Camere.
Ciascuna sessione consiste di più sedute, ovvero le singole riunioni delle Camere.
Le sedute sono pubbliche, anche se ciascuna Camere e il Parlamento in seduta
comune possono decidere di riunirsi in seduta segreta.
Il compito di mantenere l’ordine durante le sedute spetta al Presidente
dell’assemblea, coadiuvato dai questori.
La decisone di convocare una Camera spetta sempre al suo Presidente. Le Camere
appena elette si riuniscono per la prima volta entro 20 giorni dalle elezioni
(convocazione iniziale).
Le Camere si riuniscono,inoltre, di diritto il primo giorno non festivo di febbraio e
di ottobre (convocazione di diritto).
Ciascuna Camera può essere convocata in via straordinaria per iniziativa del suo
Presidente, o dal Presidente della Repubblica, o di un terzo dei suoi componenti.
Quando si riunisce in via straordinaria una Camera è convocata di diritto anche
l’altra.
Non si può discutere né decidere su materie che non siano preventivamente iscritte
all’ordine del giorno.
Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento in seduta comune non sono
valide se non è presente la maggioranza dei componenti e se le deliberazioni non
siano adottate a
maggioranza dei presenti.
Le votazioni delle sue assemblee siano di regola effettuate a scrutinio palese,
tranne per i casi in cui sia espressamente previsto il voto a scrutinio segreto.
Il ricorso allo scrutinio segreto è sempre escluso per le votazioni riguardanti la
legge finanziaria, le leggi di bilancio e le deliberazioni che abbiano conseguenze
finanziarie.
L’ostruzionismo è un’attività posta in essere generalmente dai gruppi di minoranza,
nel tentativo di impedire, intralciare o ritardare lo svolgimento dei lavori
parlamentari.

LO SCIOGLIMENTO DELLE CAMERE


Le Camere possono essere sciolte, singolarmente o congiuntamente, dal Presidente
della Repubblica, solo in tre ipotesi:
1 quando non appaiono più rappresentative delle forze politiche esistenti nel
Paese;
2 quando sia impossibile formare una maggioranza politica stabile nel
Parlamento;
3 quando si determini una insanabile frattura tra le due assemblee.
Le Camere, comunque, non possono mai essere sciolte durante il semestre bianco,
cioè nei sei mesi che precedono la scadenza del mandato del presidente della
Repubblica. Questo divieto ha lo scopo di evitare che il Capo dello Stato posso
approfittare dello scioglimento delle camere per trovare una maggioranza
favorevole alla sua rielezione.
Bisogna poi fare una distinzione tra prorogatio e proroga: la prorogatio consiste in
una sopravvivenza temporanea della Camere per assicurarne il funzionamento
durante l’intervallo che occorre all’elezione del nuovo Parlamento; la proroga è
invece l’istituto, consentito solo in caso di guerra, con cui il Parlamento decide di
rinviare le elezioni e di prorogar i suoi poteri.

LA FUNZIONE LEGISLATIVA
E’ la funzione tipica e prevalente del Parlamento, ed è esercitata collettivamente
dalla due Camere.
Il procedimento legislativo si articola in 4 fasi: quella dell’iniziativa, della
deliberazione, del controllo e della comunicazione.

Iniziativa. Si esercita con la presentazione di un disegno di legge ad una delle due


Camere (se presentato contemporaneamente ad entrambe, esse se lo comunicano
e viene sospeso l’esame nella Camera a cui è arrivato dopo) da parte dei titolari
del potere di iniziativa legislativa, che sono: il Governo, i parlamentari, il CNEL, il
corpo elettorale con almeno 50.000 elettori ed i Consigli regionali.
L’iniziativa governativa è la più importante perché il Governo è l’organo che meglio
può valutare la necessità di nuovi provvedimenti legislativi. Il Governo,poi, ha
l’iniziativa di alcune leggi, quali quelle di approvazione del bilancio.
Ciascun membro del parlamento può, da solo o insieme ad altri parlamentari,
presentare una proposta di legge alla Camera di appartenenza ( iniziativa
parlamentare).
Ciascuno dei titolari di iniziativa legislativa ha anche il potere di ritirare il progetto,
prima che questi sia stato approvato da almeno una Camera.
Al termine di ciascuna legislatura tutti i progetti di legge ancora pendenti presso le
Camere decadono automaticamente. Essi, se risultano già approvati da almeno una
Camera e vengono ripresentati entro i primi sei mesi della nuova legislatura,
beneficiano di un procedimento accelerato.

Istruttoria. E’ la fase in cui le commissioni legislative permanenti in sede referente


esaminano i progetti di legge e riferiscono su di essi con una relazione
all’assemblea.
In commissione il progetto viene esaminato, discusso e eventualmente modificato.
Se vi sono progetti simili o riguardanti la stessa materia, si può scegliere il più
valido o formulare un nuovo testo in cui confluiscono i vari progetti.

Approvazione. La fase costitutiva è quella che permette l’approvazione del progetto


di legge da parte della Camera, e può avvenire secondo quattro diversi
procedimenti:
1. quello ordinario, che è sempre obbligatorio per le leggi elencate nell’art. 72,
4° comma della Costituzione (materia costituzionale ed elettorale,
approvazione di bilancio, ecc..). Questo procedimento è composto da:
l’esame preparatorio da parte della commissione competente; la discussione
in aula previa lettura delle relazioni preparate dalla commissione; la
discussione e votazione dei singoli articoli e della legge nel suo complesso
per la votazione finale, che deve avvenire a scrutinio palese.
2. quello abbreviato, adottato per disegni di legge dichiarati urgenti, in cui tutti
i termini sono ridotti alla metà;
3. quello decentrato, con il quale tutte le fasi del procedimento ordinario
vengono svolte dalle commissioni permanenti competenti per materia, che
quindi agiscono in sede deliberante;
4. quello redigente, che è un procedimento intermedio tra quello ordinario e
quello decentrato, in quanto alle commissioni è assegnato il compito di
discutere e votare il disegno di legge articolo per articolo, e all’Assemblea la
votazione finale.

E’ necessaria, comunque, affinchè la legge si perfezioni, l’approvazione dello stesso


testo in entrambe le Camere.
Se il progetto approvato da una Camera è approvato dall’altra con emendamenti,
esso viene ripresentato alla prima Camera per l’approvazione degli emendamenti.

Integrazione dell’efficacia e promulgazione. La legge, una volta approvata dalle


Camere, è perfetta ma non ancora efficace. Il Presidente della Repubblica deve
procedere alla promulgazione entro 1 mese dall’approvazione. Egli deve operare un
controllo di legittimità costituzionale formale e sostanziale: formale, cioè
riguardante la correttezza della procedura adottata per la formazione della legge;
sostanziale, invece, verificando che non vi sia contrasto con la Costituzione. Se il
Capo dello Stato rileva un vizio, può rinviarlo alle Camere per un riesame.
Pubblicazione ed entrata in vigore. La pubblicazione è l’atto mediante il quale la
legge viene portata a conoscenza dei suoi destinatari, e deve avvenire entro 30
giorni dalla promulgazione. La legge entra in vigore dopo un periodo di vacatio
legis, che normalmente è di 15 giorni dalla sua pubblicazione.

LEGGI DI APPROVAZIONE E DI AUTORIZZAZIONE


Sono tradizionalmente definite leggi in senso formale, perché esse si limitano a
dare efficacia ad altri atti già compiuti dagli organi competenti (leggi di
approvazione) oppure a dare validità ad atti soggetti all’ autorizzazione delle
Camere (leggi di autorizzazione).
Esempi di leggi di autorizzazione è la ratifica dei trattati internazionali del
Presidente della Repubblica, che deve essere autorizzata dal Parlamento per
consentirgli un controllo sulla politica estera; mentre un esempio di legge di
approvazione è quella per il bilancio.

I DECRETI LEGISLATIVI E DECRETI LEGGE


Esistono circostanze in cui il Parlamento delega l’esercizio della funzione legislativa
al Governo. La delega può avvenire solo con legge e solo al Governo nel suo
complesso: la legge delega deve definire l’oggetto, i settori e le materie ed il
termine entro cui deve essere esercitata.
Questi atti prendono il nome di decreti legislativi; essi vengono deliberati dal
Consiglio dei Ministri, emanati dal Presidente della Repubblica e infine pubblicati
sulla Gazzetta Ufficiale.
Diversi sono invece i decreti-legge, emanati in casi straordinari di necessità e
urgenza dal Governo, di propria iniziativa e sotto la propria responsabilità,
esercitando quindi il potere legislativo sostituendosi alle Camere
Il Parlamento deve,inoltre, convertire in legge ordinaria i decreti-legge emanati dal
Governo entro 60 giorni dalla pubblicazione, pena la decadenza.
La legge di conversione ha una duplice funzione:
1 sotto il profilo politico, serve a svincolare il Governo dalla responsabilità
assuntasi;
2 sotto il profilo giuridico, opera una conferma sostitutiva del decreto legge.
La deliberazione del Parlamento, che sia positiva o negativa, ha effetti retroattivi,
cioè sin dall’origine. Se la conversione è rifiutata, infatti, vengono meno i rapporti, i
diritti e gli obblighi sorti in base al decreto legge non convertito.
Negli ultimi anni, però, si è diffusa la prassi di reiterare i decreti-legge decaduti,
ovvero ripresentarli con variazioni trascurabili, eludendo quindi il carattere della
provvisorietà che la Costituzione prevede per questi atti. Per questo motivo, nel
1996, la Corte Costituzionale ha sancito l’illegittimità della reiterazione dei decreti-
legge.

IL PROCEDIMENTO LEGISLATIVO DI REVISIONE COSTITUZIONALE


Essendo la Costituzione italiana una costituzione rigida, per essere modificata
necessita di un procedimento speciale, detto di revisione costituzionale.
Il procedimento usato è detto procedura aggravata, ed è simile a quello ordinario,
ma con delle peculiarità: per esempio,nella fase preparatoria non è ammessa
l’iniziativa del CNEL, e nella fase costitutiva la discussione e l’approvazione della
legge devono sempre tenersi in assemblea. Inoltre, per approvare leggi di
revisione costituzionale ed altre leggi costituzionali occorrono due successive
deliberazioni ad un intervallo non inferiore a 3 mesi. Nella votazione della seconda
deliberazione è richiesta la maggioranza assoluta dei componenti la Camera e non
è ammessa la discussione e la votazione articolo per articolo, ma solo della legge
nella sua complessità.
Per la fase di integrazione dell’efficacia, se la legge è stata approvata da entrambe
le Camere con una maggioranza superiore ai due terzi dei componenti, essa viene
promulgata e pubblicata e diventa legge a tutti gli effetti; se invece la legge è stata
approvata anche solo da una Camera con una maggioranza assoluta, allora la
legge ha una pubblicazione anomala (perché precede la promulgazione) al solo
scopo di dare conoscenza del contenuto, ed entro 3 mesi da tale pubblicazione 1/5
dei componenti di una Camera, 500.000 elettori o 5 Consigli regionali possono
chiedere un referendum popolare. Se entro i tre mesi non perviene tale richiesta,
la legge viene promulgata e ripubblicata, entrando cosi in vigore.

LE ALTRE FUNZIONI DEL PARLAMENTO

Il Parlamento svolge altre funzioni oltre a quella legislativa. Tra queste ricordiamo
la funzione di indirizzo e controllo politico, che è quella attraverso la quale si
esercita un controllo sull’attività del Governo. Esempi di detta funzione sono le
leggi di approvazione ed autorizzazione e le attività ispettive, che sono:
1 l’interrogazione, che consiste nella domanda rivolta per iscritto da un
parlamentare al Governo o ad un ministro sulla conoscenza di una
determinata situazione;
2 l’interpellanza, che consiste nella domanda rivolta per iscritto da un
parlamentare al Governo o ad un ministro sulla sua condotta su una
determinata questione;
3 l’inchiesta parlamentare, ovvero ogni indagine disposta dalle Camere per
acquisire elementi necessari per la conoscenza di una materia di interesse
pubblico.
Dette attività ispettive a volta richiedono lo svolgimento di attività conoscitive,
come le indagini conoscitive, che sono dirette a acquisire notizie e informazioni
utili, anche chiamando ad intervenire qualsiasi persona in gradi di fornire elementi
utili all’indagine.
Le udienze legislative, invece, sono svolte durante un procedimento legislativo per
ricavare notizie utili all'esame del progetto di legge.
La mozione, poi, è il principale atto di direzione politica, e consiste nella richiesta
fatta dai parlamentari alla propria Camera, di procedere alla discussione e alla
votazione di un determinato oggetto su cui una precedente interpellanza avesse
lasciati insoddisfatti.
Tra le funzioni elettorali del Parlamento abbiamo: l'elezione del Presidente della
Repubblica, di 5 giudici della Corte Costituzionale, di 10 componenti del Consiglio
superiore della magistratura e la scelta dei cittadini fra cui vanno sorteggiati i
giudici aggregati della Corte Costituzionale.
Il Parlamento, inoltre, svolge anche funzioni giurisdizionali, ponendo in stato
d'accusa il Presidente della Repubblica per alto tradimento o attentato alla
Costituzione.

Economia Aziendale

E adesso trattiamo gli aspetti fondamentali delle due operazioni principali delle
banche:

Depositi bancari

Aperture di credito

I DEPOSITI BANCARI

Sono le principali operazioni di provvista fondi che le banche svolgono direttamente


con la clientela; sono quindi operazioni passive perchè esse diventano debitrici nei
confronti dei depositanti e determinano il sorgere di costi sottoforma di interessi e
sconti passivi.
Possiamo fare molte classificazioni dei depositi bancari, ma le più importanti sono:
        Rispetto al rapporto tra banche e cliente abbiamo:
          Depositi semplici, in cui la somma depositata va prelevata in ununica
soluzione e con una scadenza prefissata;
          Depositi a risparmio, in cui sono ammessi versamenti e prelevamenti in
contanti;
          Conti correnti passivi.
           Rispetto alle funzioni dei depositi abbiamo:
          Depositi tempo, in cui il risparmio h investito stabilmente per ottenere
una buona remunerazione;
          Depositi moneta, usati da chi ha esigenze correnti di liquidità e non
bada alla scarsa remunerazione ma all’usufruire dei servizi.
 
Per analizzare i depositi si usano alcuni parametri:
         La consistenza media, che indica l’ammontare delle somme che sono
risultate mediamenteµ depositate in un certo periodo;
         La movimentazione, cioè la frequenza e l’entità dei versamenti e dei
prelevamenti effettuati in un dato periodo;
         La giacenza media, ovvero il periodo medio di permanenza presso la banca
delle somme depositate;
         La velocità di circolazione, cioè il numero delle volte in cui il deposito si
rinnova interamente in un certo periodo di tempo (1/Gm *365).
 
I depositi a risparmio liberi hanno la disponibilità a vista delle somme depositate e
sono accompagnati da un libretto che pur essere nominativo o al portatore. Possono
essere effettuati prelevamenti e versamenti in contanti, e all’atto del versamento il
cliente compila una distinta di versamento, dove indica il taglio e il numero delle
banconote versate e gli eventuali assegni.
Gli interessi vengono calcolati con il metodo scalare-amburghese, che prevede che i
Numeri sui quali si calcolano gli interessi si hanno moltiplicando i saldi per i giorni che
intercorrono tra una valuta e l’altra. Gli interessi vengono capitalizzati annualmente o
semestralmente, al netto della ritenuta fiscale e delle spese.
 
I depositi a risparmio vincolati sono quelli in cui il depositante si impegna a non
effettuare prelevamenti fino alla scadenza del vincolo. Possono essere a breve o medio
termine e si accompagnano di un libretto nominativo o al portatore. I tassi di interesse
dipendono dalla consistenza del deposito e dalla durata del vincolo.
 
I certificati di deposito sono titoli di credito che rappresentano il deposito di una
somma di denaro vincolata per un certo periodo di tempo. Possono essere a breve o
medio termine. Il tasso di interesse dipende dalla durata dell’investimento e a volte
pur essere indicizzato con parametri, quali, ad esempio, la variazione degli indici di
Borsa.
 
Con l’operazione pronti contro termine la banca vende a pronti dei titoli alla clientela,
impegnandosi a riacquistarli ad una scadenza prefissata ad un prezzo superiore
precedentemente concordato. Così facendo la banca ottiene una provvista fondi per la
durata dell’operazione.
 
Con il c/c di corrispondenza la banca si obbliga a compiere a favore del cliente il
servizio di cassa e ad effettuare per suo conto una serie di servizi e, in alcuni casi, di
assicurargli la disponibilità di una certa somma di denaro. Abbiamo:
 c/c di corrispondenza passivi (hanno generalmente saldi creditori e
rappresentano per la banca un’operazione di raccolta fondi);

 c/c di corrispondenza per elasticità di cassa (presentano alternanza di soldi e


rappresentano raccolte fondi e impiego);

 c/c di corrispondenza attivi (presentano soldi debitori e rappresentano


operazioni di impiego).
 
 
La tenuta di un c/c di corrispondenza richiede la conoscenza di:
 
 regole di registrazione, ovvero il conto viene accreditato (Avere) quando
loperazione aumenta il credito del correntista, e addebitato (Dare) quando
riduce il credito;

 valute delle operazioni che variano da banca a banca e rappresentano il


momento in cui le somme corrispondenti iniziano o terminano di produrre
interessi;
 metodologia contabile, che comporta l’applicazione di due tassi, un debitore e
un creditore, e si usa il metodo scalare - amburghese; con il quale:

        si rilevano le operazioni in ordine cronologico sull’estratto conto;


        si riordinano le operazioni in base alla valuta sullo scalare interessi;
        si calcolano i numeri e ci si applicano i tassi.
 
La liquidazione del conto avviene di solito trimestralmente e si tiene conto:
dei tassi d’interesse, delle commissioni sul massimo scoperto e delle spese di
conto.
La commissione sul massimo scoperto è un compenso accessorio che le banche
richiedono nello 0,125% ogni trimestre sul massimo saldo debitore risultante dallo
scalare interessi.
Si pur applicare un criterio:
−        assoluto: la commissione si calcola sul massimo saldo debitore senza tener
conto della durata.
−        relativo: la commissione si calcola sul massimo saldo debitore per di più di
10 giorni.
−        misto: la commissione si calcola sul massimo saldo debitore a condizione
che nel trimestre ci sia stato un periodo di scopertura maggiore di 10 giorni.
 
L’ESTRATTO CONTO è un documento che la banca deve inviare al correntista
periodicamente, dove sono riportati, in ordine cronologico, tutti i movimenti del
conto nell’arco di tempo considerato.
Lo SCALARE INTERESSI è ammesso dalla banca in occasione di ogni liquidazione
degli interessi ed espone le operazioni in ordine di valute e contiene i saldi, i giorni
di interesse ed i numeri raggruppati in base ai tassi applicati.
A volte nel c/c possono risultare operazioni con valuta successiva alla data di
liquidazione o anteriore alla data di riapertura.
Le partite postergate sono operazioni con valuta successiva alla data di
liquidazione del conto, sono presenti nell’estratto conto ed escluse dallo scalare
del periodo in cui si manifestano ed inserite in quello successivo. In loro presenza
abbiamo:
−        un saldo contabile comprensivo delle partite postergate (estratto conto).
−        un saldo liquido senza partite postergate ma con eventuali partite riprese
(scalare).
Le partite antergate sono, invece, operazioni con valuta anteriore alla data di
riapertura e registrate dopo di essa. In loro presenza, nello scalare interessi:
−        si scrive il saldo liquido iniziale;
−        si riportano in ordine progressivo tutte le operazioni comprese le partite
antergate.
−        sul saldo si calcolano i giorni dalla sua valuta a quella della partita
antergata più arretrata, con segno negativo.
 
 
 

APERTURA DI CREDITO

E’ un contratto mediante il quale la banca si obbliga a tenere a disposizione del


cliente una somma di denaro per un periodo di tempo o a tempo indeterminato.
E’ un’operazione attiva perchè la banca diventa creditrice nei confronti dei clienti e
fa sorgere ricavi sotto forma di interessi e sconti attivi, ma anche l’assunzione di
rischi.
Abbiamo varie classificazioni, tra cui la più importante h quella in base al modo di
utilizzo, per cui abbiamo: aperture di credito per cassa e per firma.
Le aperture di credito per cassa possono essere semplici (uno o più prelevamenti)
o per c/c, in cui la somma messa a disposizione pur essere utilizzata più volte, in
quanto il cliente pur ripristinare la sua disponibilità con i successivi versamenti.
Sono ordinarie se i saldi sono generalmente a debito del cliente, e per elasticità di
cassa se ch un continuo alternarsi di saldi, a causa del non perfetto sincronismo
tra entrate e uscite.
La concessione del credito, comunque h spesso accompagnata dall’emissione da
parte del cliente di un pagherò in bianco a favore della banca per un importo pari
al credito concesso aumentato di una percentuale.
La sovvenzione bancaria h un prestito che la banca concede contro rilascio da
parte del cliente di un pagherò, e spesso richiede una firma di avallo o la
presenza di una fideussione.
Con le operazioni di credito per firma la banca non concede denaro, ma garanzie
a terzi per obbligazioni assunte dai suoi clienti. Esempi sono:
− fideussione: la banca garantisce l’adempimento di un’obbligazione assunta dal
cliente impegnandosi direttamente col creditore;
− per avallo: la banca garantisce avallando pagherò rilasciati dal cliente in favore
di terzi.
Le aperture di credito documentarie sono concesse dalla banca per operazioni di
commercio internazionale in presenza di clausole D/P e D/A.
Lo sconto cambiario è un’operazione attraverso cui la banca anticipa al cliente
l’importo di effetti cedutigli Salvo Buon Fine sottratti lo sconto per l’anticipo, le
commissioni d’incasso ed altre competenze.
L’operazioni di sconto passa attraverso varie fasi:
 presentazione degli effetti tramite distinta di presentazione allo sconto;
 l’esame degli effetti;
 la determinazione del netto ricavo.
 
Quando la banca ammette all’incasso salvo buon fine cambiali, ricevute o altro,
si ha la concessione di un’apertura di credito per portafoglio salvo buon fine, che
pur avvenire in vari modi.
Se abbiamo la gestione con Conto Anticipi si procede così:
− si accredita in giornate degli effetti nel conto anticipi, con valuta adeguata si
gira al c/c di corrispondenza con valute in giornate e poi si addebitano le
commissioni in c/c.
Gli anticipi su fatture sono una particolare apertura di credito con cui la banca
anticipa al cliente una certa percentuale dell’importo delle fatture da lui
presentate e che i debitori pagheranno tramite bonifico bancario.
L’anticipo sarà rilevato, con valuta in giornata:
 accreditandolo sul c/c;
 addebitandolo sul conto anticipi, che produrrà interessi fino al bonifico, che
quando avverrà estinguerà l’anticipo, e sarà accreditato in c/c la somma
residua.

Inglese
Methods of payment

Nowadays there are different means by which a person can make payment to
someone; the most important are:

                   By cash or post office

           By cheque

           Letter of credit

          Bill of exchange

          Travellers' cheque

CASH payment is effected by legal tender, which consist of banknotes and coins in
circulation. Cash and credit cards are still the normal methods of payment in
commercial transactions.

Convenient methods of payment are provided by post office. They include:

      Postage stamps : are accepted by some businesses but only in payment of very
small amounts;

      Postal order : are printed orders given by one post office to another to pay a
sum of money to the person named on it;

      Money orders : are similar to postal order and are used for payments of small
sums of money;

      Telegraphic money orders consist of orders transmitted quickly by telegraph to


the post office nearest the payee;

      National giro or postal giro is a system run in many countries by the Post office
which allows postal giro account holders to move money directly from one person’s
account.

The instruments of credit are all those documents which are normally used for the
different payments.

The principal instruments of credit are: cheque, bill of exchange, letter of credit,
traveller’s cheques.

CHEQUE is a written order to pay a sum of money addressed by a customer to his


bank, bearing the name of the person to whom it is to be paid.

The parties of a cheque are:

         the drawer, who is the person who signs the cheque;
         the drawee, who is the bank who receives the order for his customer to pay;

         the payee, who is the person who receives the sum of money.

The advantages of a cheque are many, for example it avoid the need to carry about
and keep at home large sum of money; and a customer may also ask for an overdraft,
which is generally granted against security. In this case the bank allows the customer
to take more money out of it than he has paid in.

Current account : only a person who has a current account at bank can draw a
cheque.

The parts of a cheque are: the date, the payee’s name, the amount in words and
figures and his signature.

There are different kinds of a cheque:

      order cheque : is one made payable to the order of a specified person. An order
cheque cannot be transferred;

      bearer cheque : is one made payable to a specified person or to the bearer,
that is, to any person presenting it at a bank;

      crossed cheque : is one which has been crossed with two parallel lines or with
the name of a banker drawn across its face. A crossed cheque can be paid only into
a banking account; in fact this type of cheque offers greater security. The are two
kinds of crossing : general crossing ( is an instruction to the drawee banker to pay
the sum stated in the cheque to any banker who presents it) and special crossing
( the name of a banker is written across the face of a cheque. A cheque with
special crossing is made payable only to the bank named in the crossing).

      Open cheque : is simply an uncrossed cheque.

LETTER OF CREDIT is an arrangement between a bank and its agency abroad,


authorizing payment to the beneficiary of sum of money up to a certain amount.

The beneficiary is allowed to draw bills of exchange up to the amount on a


correspondent bank.

The letter of credit is the most used method of payment in foreign trade because it
makes trade with an unknown buyer easy and safeguards the exporter against the
risk of no payment or delay in payment.

The shipping documents are the documents which the exporter has to present to the
correspondent bank to obtain payment.

The kinds of letter of credit are:

−        Irrevocable ( cannot be cancelled or amended without the exporter’s consent;

−        revocable ( may be cancelled or amended at any time).


BILL OF EXCHANGE is an unconditional written order addressed by one person to
another, signed by the drawer, requiring the drawee to pay a certain sum of money to
a specified person (payee) or to bearer.

Parties:

         drawer : the person who signs the bill;

         drawee : the person to whom the order is addresses;

         payee : the person to whom it is to be payable.

Acceptance. After being issued, a bill must have accepted by the drawee, who signs
his name across the face of the bill.

There are two kinds of acceptance:

−        general or unconditional : when the drawee assents to the drawer’s order
without qualification;

−        qualified : when the drawee accepts the bill only on some condition ( for
example a conditional acceptance, a partial acceptance…)

The tenor of a bill is the period between the date of the bill and the date of its
maturity.

As regards the time of payment, a bill may be paid:

−        at sight

−        at a fixed date

−        at a certain time after sight

−        at a certain time after date

Bills are by law payable 3 days after the due date written on them. these 3 extra days
are called days of grace.

As regards the place where they are issued or made payable, we have:

−        inland bill : drawn or payable in the state;

−        foreign bill : drawn or payable abroad. These bills are classified into clean bills
( without documents attached) and documentary bills (when documents are
attached).

Endorsement. The payee may pass the bill on to someone else by endorsing it, that is,
by signing his name on the back of the bill.

TRAVELLERS’ CHEQUE are largely used by travellers. they are issued by banks and
sold to travellers who will cash them from a foreign bank when abroad. A travellers’
cheque is safe because the purchaser has to sign it in present of the bank clerk when
he buys it and he has to sign it again when the cheque is cashed.

The issuers of the cheques guarantee reimbursement if they are lost or stolen .

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