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G. CHITARIN F. GNESOTTO M.

GUARNIERI
A. MASCHIO A. STELLA

LETTROTECNICA
- RINCIPI
2.0
B [Tesla]

1.5

1.

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G. Chitarin F. Gnesotto M. Guarnieri
A. Maschio A. Stella

LETTROTECNICA
1 - PRINCIPI

§;:: ~ SOCIETÀ EDITRICE


~~ ESCULAPID
ISBN 978-88-9385-050-6

Prima edizione: Settembre 2017


Ristampa: Giugno 2018

Responsabile produzione: Alessandro Parenti


Redazione: Carlotta Lenzi e Laura Tondelli

Le fotocopie per uso personale (cioè privato e individuale, con esclusione quindi di
strumenti di uso collettivo) possono essere effettuate, nei limiti del 15% di ciascun
volume, dietro pagamento alla S.I.A.E del compenso previsto dall'art. 68, commi
4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Tali fotocopie possono essere effettua-
te negli esercizi commerciali convenzionati S.I.A.E. o con altre modalità indicate
da S.I.A.E. Per le riproduzioni ad uso non personale (ad esen1pio: professionale,
economico o commerciale, strumenti di studio collettivi, come dispense e sinrili)
l'editore potrà concedere a pagamento l'autorizzazione a riprodurre un nUinero di
pagine non superiore al 15% delle pagine del volume.
CLEARedi - Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali Corso
di Porta Ro1nana, n. 108 - 20122 Milano
e-mail: autorizzazioni@clearedi.org - sito: http://www.clearedi.org.

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- SOCIETÀ EDITRICE
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40131 Bologna - Via U. Terracini 30 -Tel. 051-63.40.113 - Fax 051-63.41.136
www.editrice-esculapio.it
Prefazione

Questo volume si rivolge agli studenti universitari della Scuola di Ingegneria


ed è specificamente orientato agli allievi dei corsi di Laurea Triennale che com-
prendono un insegnainento di Elettrotecnica o di Teoria dei Circuiti. Il testo, nato
dall'esperienza accumulata dagli autori in molti anni di insegnamento accademi-
co, affronta la parte più generale e metodologica dell'Ingegneria Elettrica, trattando
in modo integrato i fenomeni elettrici e magnetici e le reti elettriche.
In particolare in questo volume vengono trattati i feno1neni di conduzione, i
campi dielettrici e i campi magnetici, stazionari e quasi-stazionari, partendo da ra-
pidi richiami delle leggi fisiche fondamentali, secondo l'approccio deduttivo che,
dalle proprietà sperimentali, perviene ai fondainenti della sintesi maxwelliana;
nello stesso spirito, i bipoli e i doppi bipoli sono dedotti come 1nodelli di dispositi-
vi fisici, secondo l'approccio "dai campi ai circuiti", evidenziandole caratteristiche
e i limiti di applicabilità del "modello reti elettriche". Queste vengono trattate con
maggior dettaglio nei regimi stazionario e sinusoidale e, assai più sinteticamente,
nel regime comunque variabile.
I metodi e gli strumenti matematici necessari nello studio dei ca1npi e delle reti
elettriche si presuppongono noti dai corsi di Matematica e di Fisica. Peraltro, nel
testo sono brevemente riprese le proprietà fondamentali dell'elettromagnetismo e
quelle del calcolo complesso.
Le proprietà matematiche dei campi scalari e vettoriali, necessari allo studio
dei campi elettromagnetici, sono breven1ente richiamate in Appendice A. In ar-
monia con le raccomandazioni degli organismi di unificazione internazionale, le
dilnensioni fisiche sono espresse nel Sistema Internazionale di misura (SI), le cui
principali unità sono richiamate in Appendice B.
Abbiamo cercato di presentare la materia in mairiera chiara, ma sufficiente-
mente articolata per pern1ettere all'allievo di acquisire il linguaggio ed i 1netodi
dell'Elettrotecnica; abbiamo pertanto scelto di evitare un approccio eccessivamen-
te sintetico, che avrebbe finito per banalizzare o rendere oscuri i concetti.
I:articolazione dei capitoli è intesa a facilitare la selezione degli argomenti che
il docente desidera operare in funzione del percorso formativo desiderato.
Per gli insegnamenti di Elettrotecnica che comprendono gli argomenti più ap-
plicativi, è in corso di preparazione un secondo volume, che tratterà i principali
tipi di 1nacchine elettriche: trasformatori di potenza e speciali; convertitori statici;
IV Prefazione

macchine rotanti alimentate in corrente alternata e continua; azionamenti elettri-


ci; infine, verranno trattati i sistemi elettrici di potenza, con attenzione al rapido
sviluppo delle fonti energetiche sostenibili e con particolare riferimento agli un-
pianti elettrici utilizzatori a tensioni inferiori a 1000 V e alle loro problematiche
di sicurezza.
Desideriamo infine testimoniare la nostra riconoscenza ai proff. Lorenzo Ma-
renesi, Luciano Merigliano e Gaetano Malesani, che in molteplici forme hanno
contribuito a costruire un bagaglio culturale al quale abbiamo ampiamente attinto.

Gli autori

Gli autori ringraziano il collega Daniele Desideri


per i numerosi e utilissimi commenti e suggerimenti.
Indice

1 CARICHE ELETTRICHE E CORRENTI ELETTRICHE


1.1 Cariche elettriche ................................................................................................ 1
1.1.1 Densità di carica ............... ....... ...... ....... ....... ....... .................... .................... . 1
1.1.2 Cariche puntiformi ........... ....... ........................... ............. .............. ............. . 2
1.2 Correnti elettriche ................................................................................. .............. 2
1.2.1 Intensità di corrente elettrica ......... .................................. ...... .............. ....... 2
1.2.2 Densità di corrente elettrica .... ....... ........................... ....... ........................... 3
1.2.3 Corrente nei conduttori filiformi ... ........................... ........................... ....... 4
1.2.4 Legge di continuità ........... ....... ....... .................... .............. ...... ..................... 5
1.2.4.1 Campo di corrente solenoidale ............ .............. ................................. 5
1.3 Amperometro ....................................................................................................... 6

2 CAMPO ELETTRICO E TENSIONE ELETTRICA


2.1 Campo elettrico coulombiano .. ....... ....... .................... ....... ....... .......................... . 7
2 .1.1 Legge di Coulomb ........................................................................................ 7
2.1.2 Campo elettrostatico di una carica puntiforme ......... ....... ....... ....... ............ 8
2.1.3 Proprietà del campo elettrostatico .............................................................. 8
2.2 Campo di potenziale elettrico scalare .... ............. .............. ....... ...... .............. ....... 9
2. 3 Campo elettrico .......... ....... ....... ....... ............. ....... ....... .................... .................... . 9
2. 4 Tensione elettrica......... ............. ....... ....... ............. ....... ....... ....... ...... ................... 1 O
2.4.1 Tensione elettrica e differenza di potenziale ............................................ 11
2. 5 Voltn1etro ............................................................. .................... ....... ....... ............ 12

3 INTRODUZIONE ALLO STUDIO DELLE RETI ELETTRICHE


3.1 Reti elettriche .................................................................................................... . 13
. 1·1 eIettr1c1
3.2 B1po .. ................................................................................................... . 14
3.2.1 Proprietà fondamentali .................. .................... ....... ....... ............. ............ 14
VI Indice

3.2.2 Convenzioni per tensione e corrente su un bipala e potenza elettrica


scambiata da un bipolo ............... ...... .............. .................... .............. .............. ... 14
3.3 n-poli ........ ......................................... ................................................................. 16
3. 3 .1 .Proprietà fondamentali ...... ....... ............. .............. ............. ..................... ... 16
3.4 m-bipoli ............ .................................................................................................. 16
3.4.1 Porta elettrica............................. ............. .............. ..................................... 16
3.4.2 m-bipolo ..................................................................................................... 17
3.5 Doppi bipoli ....................................................................................................... 17

4 FENOMENI DI CONDUZIONE E RESISTORI


4 .1 Leggi di Ohm e di Joule .............................................. ............. .............. ............ 19
4.1.1 Resistenza elettrica e Legge di Ohm ............ ............................................. 19
4.1.2 Effetto Joule ........ .............. ....... ...... .............. ....... ...................................... . 20
4.1.3 Bilancio energetico e potenza elettrica fon1ita ........................................ . 20
4 .2 Resistività e conducibilità dei materiali ....... ....... ............. .............. .................. 21
4.2.1 Classificazione dei 1nateriali .......... ........................................................... 21
4.2 .1.1 Superconduttori ....... ....... ....... ............. .............. ....... ............. ............ 21
4.2.1.2 Metalli ......... .............. .............. ........................................................... 22
4. 2 .1. 3 Soluzioni elettrolitiche ................. ....... ....... .............. ............. ....... .... 2 2
4.2.1.4 Semiconduttori......... .............. ........................................................... 22
4.2.1.5 Isolanti .......................................... .............. ............. .............. ............ 23
4.3 Relazione costitutiva del campo di corrente 24
4.3 .1 Potenza specifica dissipata ..... ......................................... ......................... 24
4.4 Resistenza di conduttori con geometria particolare ......................................... 25
4.4.1 Conduttore filiforme ................ ......................................... .............. ........... 25
4.4.2 Conduttore cilindrico .............. ....... .................... ....... ....... ......................... 26
4.4. 3 Conduttore sferico ............ ....... ....... ............. ....... ....... ....... ............. ............ 26
4.5 Resistore ...................... .............. ....... .................................................................. 27
4.5.1 Resistori lineari ................ ....... ....... ............. .............. ....... ............. ............ 28
4.5.2 Resistori non lineari ......... .............. ........................................ .............. ..... 28
4.6 Dimensionamento termico di un resistore .............................. ......................... 28

• 5 GENERATORI ELETTRICI
5 .1 Forze elettriche specifiche generatrici .......... .................................................... 31
5 .2 Generatori elettrici...... .............. ....... ...... ....... ....... ....... ............. .............. ............ 31
5.2.1 Comportamento a vuoto dei generatori: forza elettron1otrice ............... ... 32
5.2.1.1 Forza elettromotrice - f.e .m ........... ....... ....... ........................... ....... .... 32
5.2.2 Comportamento a carico dei generatori ...... .............. ....... .............. .......... 33
INDICE VII

5.2.2.1 Resistenza interna ............................................................................. 34


5 .3 Bilanci di potenza dei generatori ...................................................................... 34
5.4 Tipi di generatori elettrici .. .............. ............. ..................... ............. .............. .... 35
5. 4 .1 Generatori elettrochimici .. .................... ....... ....... ....... ...... ....... ....... ...... ..... 3 5
5.4.2 Generatori fotovoltaici .............................................................................. 36
5.4.3 Generatori termoelettrici ... ...... .............. ....... ....... .................... ...... ............ 36
5.4.4 Generatori piezoelettrici ....................... ....... ............. ....... ....... ....... ........... 36
5. 4. 5 Generatori elettromeccanici .................. ....... ....... ............. ....... ....... ....... .... 3 6

• 6 BIPOLI, DOPPI BIPOLI E POTENZA ELETTRICA


6.1 Bipoli ..................... ............................................................................................. 39
6.1.1 Introduzione .............................................................................................. 39
6.1.2 Definizione di bipoli elementari .... .................... ....... ....... ............. ............ 40
6 .1. 3 Caratteristica esterna dei bipoli ..... ........................... ....... ............. ............ 41
6.1.4 Bipoli particolari ....... .............. ............. ....... ........................... ................... 42
6.2 Potenza elettrica ......... .............. ....... ............. .............. ....................................... 45
6.2.1 Potenza elettrica scambiata ad una porta ................. ....... ....... .................. 45
6.2.2 Convenzioni delle potenze elettriche .......... ............................................. 45
6.2.2.1 Convenzione degli utilizzatori. ..... .............. ............. .............. ....... .... 46
6.2.2.2 Convenzione dei generatori ... ....... .............. ............. .............. ....... .... 46
6.2.3 Potenza scambiata da un m-bipolo e da un n-polo ......... ....... ....... ....... .... 46
6.2.3.1 Potenza scambiata da un m-bipolo con il resto della rete ..... ...... .... 46
6.2.3.2 Potenza scambiata da un n-polo ... .............. ............. .............. ....... .... 46
6.2.4 Lavoro elettrico ... .............. ....... ............. ....... ...... .............. .......................... 47
6.2.5 Wattnletro ........... .................... ....... ....... ....... ...... .................... .............. ...... 48
6.2.6 Contatore ................................ ....... .................... .................... .................... 48

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7 PROPRIETA GENERALI DELLE RETI ELETTRICHE
7 .1 Introduzione alle reti elettriche ...... ....... ............. .............. ....... ......................... 49
7 .2 Topologia delle reti elettriche ... ...... ....... ........................... ...... ..................... ..... 49
7.3 Leggi di Kirchhoff .............................................................................................. 52
7. 3 .1 Legge di Kirchhoff delle correnti (LKC) ....... ....... ....... ....... .............. ...... .... 5 2
7. 3. 2 Legge di Kirchhoff delle tensioni (LKT) ................................................... 53
7.4 Sistemi di equazioni topologiche ...................................................................... 54
7.4.1 Sistemi di equazioni LKT indipendenti ................................................... 54
7.4.2 Sistemi di equazioni LKC indipendenti ................................................... 54
7.4.3 Numero totale di equazioni topologiche indipendenti ............................ 54
7. 5 Conservazione delle potenze elettriche ........ ....... ....... ............. ....... ............. ..... 56
VIII Indice

a8 RETI IN REGIME STAZIONARIO


8.1 Bipoli in serie .......................................................................... .......................... 5 7
8.1.1 Serie di due bipoli generici ..... ....... ........................................ ................... 57
8.1 .2 Serie di un generatore ideale di tensione e di un resistore ..... ....... .......... 58
8.1.3 Serie di uno o più resistori...... ....... ............. .............. ....... ....... .............. .... 59
8.1.3.1 Partitore di tensione resistivo ........................... ............. .............. ..... 59
8.2 Bipoli in parallelo .................................. .............. .................... ....... ............. ...... 60
8.2.1 Parallelo di due bipoli generici .............................................. ................... 60
8.2.2 Parallelo di un generatore ideale di corrente e di un resistore ...... ...... .... 60
8.2.3 Parallelo di r·e sistori ... ............. ....... ....... ....... ........................... ................... 61
8.2.3.1 Partitore di corrente resistivo ............... ............. ................................ 62
8.3 Reti di resistori: resistenza equivalente ad una coppia di tern1inali ........... .... 62
8.3 .1 Poligoni e stelle di resistori ..... .................... ...... ........................................ 63
8.3.1.1 Formule della trasformazione triangolo-stella ................................. 63
8.3.1.2 Formule della trasformazione stella-triangolo ................................. 64
8.4 Metodi di analisi delle reti lineari .. .................................................................. 64
8.4.1 Metodo della sovrapposizione degli effetti .............................................. 65
8.4.2 Metodo delle correnti di anello .................. ................................ .............. 68
8.4.3 Metodo dei potenziali ai nodi. ...... .............. ...... ..................... ................... 70
8.4.4 Osservazioni ....... ....... ............. ....... ....... ....... ............. .............. ................... 72
8.5 Proprietà delle reti lineari ........ ....... ............. ....... ....... ....................................... 72
8.5.1 Proprietà di sostituzione di un bipolo ........ ....... ....................................... 72
8.5.2 Teoremi dei generatori equivalenti ........................................................... 72
8.5.2.1 Generatore di tensione equivalente (Teorema di Thévenin) ....... .... 72
8.5.2.2 Generatore di corrente equivalente (Teore1na di Norton) ................ 75
8.5.2.3 Osservazioni .......................... .............. .................... ....... ............. ...... 77
8.6 Rendin1ento ed adattamento del carico ......................................... ................... 77
8.6.1 Rendimento di un generatore elettrico ............................ ......................... 77
8.6.2 Massimo trasferimento di potenza ................... .............. .............. ............ 79

a9 FENOMENI DIELETTRICI E CONDENSATORE


9.1 :?roprietà fondainentali ....... ........................................ ....... ....... ............. ............ 81
9.1 .1 Spostamento elettrico e relazione costitutiva del campo dielettrico....... 81
9.1.2 Espressioni di D in materiale uniforn1e .................................................... 81
9.1.3 Legge di Gauss .... ....... .............. ...... ....... ....... ........................... ................... 82
9.1.4 Polarizzazione e rigidità dielettrica nei materiali isolanti ...... ....... ....... ... 83
9.2 Condensatore .............. ....... .................... ....... ....... ...... .............. ....... ................... 86
9.2.1 Capacità del condensatore ...... ...... .............. ....... .................... ...... ............. 86
9. 2. 2 Condensatore piano con dielettrico uniforme .......................................... 8 6
9.2.3 Altri esempi di condensatori ............................. .............. ............. ............ 87
I NDICE IX

9.2.3.1 Condensatore piano con due dielettrici sovrapposti ....................... 87


9.2.3.2 Condensatore piano con due dielettrici affiancati ........................... 88
9. 2. 3. 3 Condensatore cilindrico ..... ..................... .............. ............. .............. . 88
9. 2. 3 .4 Condensatore sferico ... .............. .................................. ....... ....... ....... . 89
9.2.3.5 Linea bifilare ........ ....... ....... ............. ....... ........................... ................ 90
9.3 Bipolo condensatore ............................................... .................... ....... ............. ... 90
9.3.1 Definizione di bipolo condensatore.......................................................... 90
9.3.2 Bipolo condensatore in regime stazionario ........................ ...... ................ 93
9.3.3 Carica e scarica del condensatore ................................. ........................... . 93
9.3.3.1 Carica del condensatore con generatore di f.e.m. costante ...... ....... . 93
9.3.3.2 Scarica del condensatore ... ....... ....... ........................... ....... ....... ....... . 95
9.4 Serie e parallelo di condensatori ....... .................... ....... .................................... 96
9.4.1 Condensatori in serie ..................................... .................... ....... ............. ... 96
9. 4. 2 Condensatori in parallelo .......... .............. ....... ...... .............. ....... ................ 9 7
9.5 Energia elettros tatica ..... ....... ....... ....... ............. ....... ........................................... 97
9.5.1 Energia inunagazzinata nel condensatore ........................................ ....... . 97
9.5.1.1 Lavoro assorbito durante la carica... ....... ............. ....... ....... ....... ....... . 97
9. 5 .1. 2 Rendimento di carica .. ....... ............. ....... ....... ............. .............. ......... 98
9.5.1.3 Lavoro erogato durante la scarica .... .............. .................................. . 99
9.5.2 Densità di energia elettrostatica ........ .............. ....... ....... ...... .............. ....... . 99
9.6 Sollecitazioni n1eccaniche ... ....... ....... .................... ......................................... 100
9. 7 Feno1neni dissipativi nei dielettrici .............................. .................................. 101
9. 7 .1 Perdite dielettriche .............. .................... ....... ....... ............. .............. ....... 1 O1
9.8 Corrente di spostainento ...... ....... ....... ...... ....... ....... ....... .................... .............. 101

a 1 O FENOMENI MAGNETICI ED INDUTTORI


10.1 Proprietà fondamentali ........... ....... ....... ............. ....... ....... ....... ...... ................. 103
10.1.1 Induzione magnetica ....... ...... ....... ........................... ....... ....................... 103
10.1.1.1 Legge di Biot-Savart ...... ................................................................ 104
10.1.2 Flusso di i11duzione ........ ....... ...... .............. ....... ....... ....... ....................... 105
1 O.1. 3 Flusso concatenato ......... ....... ....... .................... ....... ....... ...... ................. 106
10.1.3.1 Flusso concatenato con un circuito elettrico .. .............. ....... ....... . 106
10.1.3.2 Flusso concatenato con N spire filiformi ........ ...... ........ ....... ...... .. 106
10.1.4 Legge di Faraday-Nemnann .......... ........................... ....... ....... ............. ... 106
10.1.4.1 Legge di Lenz .......... ....... ....... .................... ....... ....... ...... ................. 108
10.1.5 Campo elettrico indotto ............... ........................... ....... ............. .......... 108
10.1.5.1 Cainp o elettrico ....... .................... ....... ....... ............. .............. ....... .. 109
10.1.6 Campo magnetico e relazione costitutiva.. .............. ....... ...................... 109
10.1.6.1 Legge di Biot-Savart per il campo magnetico ............................... 110
10.1.7 Legge di Alnp ère ........................... .................... ....... ....... ............. .......... 110
X Indice

10.1. 7 .1 Legge di Ampère-Maxwell ............................................................ 112


10.1.8 Permeabilità magnetica dei materiali ................................................... 113
10.1.8.1 Materiali diamagnetici e materiali paramagnetici ................. ...... 113
1 O.1. 8 .2 Materiali ferromagnetici ........ .............. .............. ........................... 113
10.2 II1duttori ......................................................................................... ............... . 118
10.2.1 II1duttore isolato - autoinduttanza ................................... .............. ....... 118
10.2.2 Induttore toroidale ........................................................................ ........ 119
10.2.3 mduttori con altre configurazioni di campo 1nagnetico ......... ....... ...... 120
10.2.3.1 mduttori solenoidali infiniti o lunghi ..................... .............. ....... 120
10.2.3.2 Solenoide corto ....................................................... .............. ........ 122
10.2.3.3 Conduttore cilindrico massiccio........................ .................... ....... 122
10.2.3.3 Linea bifilare ................................................................................. 123
10.2.4 Mutuo lllduttore ................................................................................... . 124
10.2.4.1 Flussi concatenati totali ........................................... .............. ....... 126
10.3 Bipolo e doppio bipolo induttore ................................................................. . 126
1 O. 3 .1 Definizione di bipolo induttore ............ ............. .............. ..................... 126
10.3.2 Definizione di doppio bipolo induttore ................................................ 128
10.3 .3 mduttori in regime stazionario ............................................................. 129
10.3.4 Carica e scarica dell'induttore .............................................................. 129
10.3.4.1 Carica dell'i11duttore .............. .............. .............. ...... .............. ....... 129
10.3.4.2 Scarica dell'lllduttore ........................... .............. ........................... 131
10.4 Jla.rallelo e serie di induttori ................................ ......................................... . 132
1 O.4.1 II1duttori in pai~allelo ............................................................................. 13 2
10.4.2 Induttori in serie ............................ ............................................... ........ 133
10.5 Energia magnetica ....... ............. .............. ....... ........................................ ........ 134
10.5.1 Energia immagazzinata nell'induttore isolato ...................................... 134
1 O. 5 .1.1 Lavoro assorbito durante la carica............... ................................. 13 4
10.5.1.2 Lavoro erogato durante la scarica .. .............. ................................. 134
10.5 .2 Energia magnetica di due induttori ................................................ ...... 135
10.5.2.1 Energia 1nagnetica di n induttori ................................................. 136
1 O. 5 .3 Densità di energia magnetica ................................................................ 136
10.5.4 Perdite per isteresi ............. ............. ....... ................................................ 138
10.5.4.1 Formula di Steinmetz .............................................................. ...... 139
10.6 Sollecitazioni meccaniche negli induttori. ................................................... 139
1O. 6 .1 Solenoide rettilineo ............................................................................... 140
10.6.2 Conduttori rettilinei indefiniti (linea bifilare) ..... .................... ....... ...... 140

• 11 CIRCUITI MAGNETICI
11.1 Tubi di flusso dell'induzione magnetica................................ ....................... 141
11.1.1 Tubo di flusso ................. ....................................................................... 141
INDICE Xl

11.2 Riluttanza dei tubi di flusso di B .................................................................. 142


11. 2 .1 Tensione magnetica ............................................. ............. .............. ....... 142
11.2.2 Riluttanza di un tubo di flusso ............................................................. 142
11.2.3 Riluttanza di tubi di flusso chiusi: legge di Hopkinson e induttanza
di un induttore ............... ....... ....... ....... ............. ....... ......................................... 143
11. 3 Nucleo ferromagnetico .................................................................................. 144
11.3.1 Utilizzo dei 1nateriali ferromagnetici .................. .............. .................... 144
11.3.2 Traferro .. .............. .............. .............. .................... ....... ....... ...... ....... ....... 145
11.3.2.1 Rifrazione del campo magnetico .. ........ ...... ........ ...... .............. ...... 146
11.3.2.2 Riluttanza del traferro ........................... ....... ....... ...... .............. ...... 147
11.3.2.3 Energia magnetica nel traferro ...................................................... 147
11.3.2.4 Pressione magnetica al traferro ..................................................... 147
11.4 Circuiti 1nagnetici ...................... ....... ...... .............. ....... .................... .............. 148
11.4.1 Leggi dei circuiti magnetici. .................................................................. 149
11.4.1.1 Legge di Ohm per i circuiti magnetici .......................................... 149
11.4.1.2 Legge di Hopkinson - forza magnetomotrice ................................ 149
11.4.1.3 Prima legge di Kirchhoff per i circuiti magnetici ......................... 149
11.4.1.4 Seconda legge di Kirchhoff per i circuiti magnetici .................... 150
11.4.1.5 Analogie tra circuiti elettrici e magnetici.......... ........................... 150
11.4.2 Analisi dei circuiti magnetici .. ....... ........................... ............. .............. 151
11.4.3 Circuiti n1agnetici con magneti permanenti ......................................... 151
11.4.3.1 Analisi di un circuito con magnete permanente ...... .................... 152

a 12 PRINCIPI DI ELETTROMECCANICA
12.1 Forza elettro1notrice mozionale .................................................................. ... 155
12.1.0.1 Forza elettrica specifica 111ozionale ........................ ....................... 155
12.1.0.2 Forza di Lorentz ................................................................... .......... 156
12.2 Forze ponderomotrici elettrodinamiche ....................................................... 156
12.2.0.1 Interazione tra can1pi di induzione magnetica e di corrente ....... 156
12.2.0.2 Interazione tra induzione e corrente filiforme: legge
dell'interazione elementare elettromagnetica ............................................ 157
12.3 Principi di conversione elettron1eccanica .................................................... 157
12.3.0.1 Bilanci di potenza nei conduttori filifornri .... .............................. 158
12.4 Schen1a di n1acchina elettrica lineare........ .............. .................... .............. ... 159

13 FUNZIONI SINUSOIDALI E FASORI


13.1 Fu.nzioni sinusoidali ........ ....... ....... ...... ....... ....... ....... .................... ................. 161
13.1.1 Valore medio in una semionda .... ...... .................... ............................... 162
13.1.2 Valore efficace ................ ....... ....... ............. ....... ....... ....... ............. .......... 162
Xli Indice

13.1.3 Fattore di forma .................................................................................... . 163


13.2 Funzioni sinusoidali isofrequenziali ..... ....... .......................... .............. ........ 163
13.3 Trasformata di Steinmetz - fasori. ................. ................................................ 164
13. 3 .1 Definizione di fasore ............................................................................. 164
13.3.1.1.Precisazioni ....... ....... ....... ........................................ .............. ........ 165
13.3.1.2 Espressioni dei fasori .................................................................... 165
13.3.1.3 Rappresentazione grafica dei fasori. ............................................. 166
13.3.2 Operazioni fondamentali sui fasori ...................................................... 167
13.3.2.1 Somma ........................................................................... ............... . 167
13.3.2.2 Prodotto per uno scalare k .................. ....... .............. .................... . 168
13.3.2.3 Prodotto per l'im1naginario jro ............................................................ 169
13.3.2.4 Osservazioni .................................................................................. 170
13. 3. 3 Altre operazioni su sinusoidi e su fasori. ............................................. 170
13.3.3.1 Prodotto di un fasore per il coniugato di un secondo fasore ....... 170
13.3.3.2 Rapporto tra fasori, operatori complessi ........... ...... .............. ....... 171
13.4 Uso dei fasori nell'analisi delle reti in regime sinusoidale .......................... 171
13.4.1 Diagrainma fasoriale ... .......................... .............. ............. ..................... . 172

• 14 RETI IN REGIME SINUSOIDALE


14.1 Generalità .................. .............. .................... ....... ....... ............. .............. .......... 173
14.2 Bipala in regime sinusoidale e potenza ........................................................ 174
14.2.1 Tensione, corrente e sfasamento ......... .................................................. 174
14.2.2 Potenza istantanea scainbiata ad una porta.......................................... 175
14.2.3 Potenza attiva (reale} ............. ................................................ ................ 176
14.2.4 Potenza apparente, potenza reattiva e fattore di potenza ........... ......... 176
14.2.5 Potenza complessa ................. ....... ........................... ....... ............. .......... 177
14. 3 Strumenti di misura in regime sinusoidale ....... .................... ....... ................ 178
14.3.1 Strwnenti a valore efficace ................................................................ ... 178
14. 3 .1.1 Voltmetro a valore efficace .......... ....... ....... .................................. .. 17 8
14.3.1.2 Amperometro a valore efficace .... ...... .............. ....... ....... ....... ...... .. 178
14.3 .2 Strmnenti misuratori di potenza e lavoro elettrico .............................. 178
14.3.2.1 Wattmetro a valore medio .................. ........................................... 178
14.3.2.2 Determinazione della potenza apparente ...................... ....... ....... . 179
14.3.2.3 Determinazione della potenza reattiva ..... ............. ..................... .. 179
14.3.2.4 Contatore ................ ....... ....... .................... ....... ....... ...... ................. 179
14.4 Bipoli ideali in regime sinusoidale ............................................................... 180
14.4.1 Generatori ideali in regime sinusoidale .... .................... ....... ................ 180
14.4.1.1 Generatore ideale di tensione sinusoidale ................................... 180
14.4.1.2 Generatore ideale di corrente sinusoidale .................................... 180
INDICE Xlii

14.4.2 Bipoli passivi ideali in regime sinusoidale .......................................... 181


14.4.2.1 Resistore ideale passivo ................................................................ 181
14.4.2.2 Induttore ideale .............. ............................................................... 182
14.4 .2. 3 Condensatore ideale ...................................................................... 18 3
14.5 Impedenza .......... ............. ....... ........................... ....... ........................... .......... 186
14.5.0.1 Potenze assorbite da un bipala di iI11pedenza Z.................................... 187
14.5.0.2 Impedenze dei bipoli passivi ideali......... .............. ....... ................ 187
14.5.1 Ammettenza .......................................................................................... 187
14.5 .1.1 Ammettenze dei bipoli passivi ideali. .......................................... 188
14.6 Leggi di Kirchhoff in forma sin1bolica .......................................................... 189
14.6.1 Legge di Kirchhoff ai fasori delle correnti - LKC ..... ....... ....... .............. . 189
14.6.2 Legge di Kirchhoff ai fasori delle tensioni - LKT .... ....... ....... ....... ....... . 189
14.7 Reti di bipoli passivi...................................................................................... 190
14.7.1 Serie di bipoli passivi ............................................................................ 190
14.7.2 Parallelo cli bipoli passivi ...................................................................... 191
14.7.3 Triangoli e stelle di bipoli passivi. ........................................................ 192
14. 7 .3 .1 Formule della trasformazione triangolo-stella ............................. 193
14. 7.3.2 Formule della trasformazione stella-triangolo ....... ............. ......... 193
14. 7 .4 Sintesi serie e sintesi parallelo di bi poli passivi ..... ....... ....... .............. . 194
14. 7 .4.1 Sintesi serie ................................................................................... 194
14.7.4.2 Sintesi parallelo ............................................................................ 195
14.8 Rete siinbolica ........... ........................... ............. ....... ....... ............. .............. ... 196
14.9 Conservazione delle potenze complesse .... ....... ....... ............. ....... ....... ......... 198
14 .1 O Metodi e teoremi della rete silnbolica ........................................................ 199
14.1O.1 Metodi di analisi della rete simbolica ..... .............. ....... ....... ............... 199
14.10.1.1 Metodo della sovrapposizione degli effetti ... ....... ....... .............. . 199
14.10.1.2 Metodo delle correnti di anello .................................................. 199
14.1 O.1. 3 Metodo dei potenziali ai nodi. ......... .............. ....... ....... ............... 200
14.10.2 Teoremi per la rete siinbolica ..... ......................................................... 200
14.10.2.1 Proprietà di sostituzione silnbolica ............................................ 200
14.1 O. 2. 2 Teore1na di Thévenin simbolico ................................................. 200
14.10.2.3 Teorema di Norton siinbolico .......... .................... ....... ....... ......... 201
14.11 Comportamento in frequenza e risonanza elettrica ...... ....... ............. ......... 202
14.11.1 Riso11anza serie .................................................................................... 202
14.11.1.1 Co1nportamento iI1 frequenza .......... ....... ....... ....... ...... .............. .. 202
14.11.1.2 Funzionamento in risonanza .... ....... ...... .............. ....... ................ 204
14.11.2 Risonanza parallelo o antirisonanza ................................................... 205
14.11.2.1 Co1nportamento iI1 frequenza .......... ....... ....... ....... ...... .............. .. 205
14.11. 2 .2 Funzionamento in antirisonanza ..... ...... .............. ....... ....... ......... 207
14.12 Nuclei ferromagnetici in regime sinusoidale ........ .............. ....... ................ 208
XIV Indice

14.12.1 Correnti parassite ............................................................................... . 208


14.12.1.1 Nuclei di lamierini ........ ....... ....... ................................................ 210
14.12.2 Induttori con nuclei ferromagnetici .............................. ..................... 211
14.13 Mutui induttori in regime siI1usoidale ...................................................... . 212
14.14 Effetto pelle ............... .............. ...... .................... .............. ............. ............... . 213
14.14.1 Analisi se1nplificata........ ....... ............. .............. ............. ....... .............. . 214

15 RETI TRIFASI
15.1 Generalità .................. .............. ....... ...... .............. ....... ............. .............. .......... 217
15.1.1 Definizioni ........................................................ ..................................... 217
15.1.2 Terne trifasi e reti trifasi .............................................................. .......... 218
15.1.2.1 Terne simmetriche cli f.e.m . ........ ....... ....... .............. ............. ......... 218
15 .1.2. 2 Collegamenti generatori-utilizzatori.. ............. ....... ....... ................ 219
15 .1. 3 Terne di tensioni trifasi .. ....... ....... ........................................ ................. 221
15.1 .3.1 Terne di tensioni di fase o stellate ..... .............. ....... .............. ........ 221
15.1 .3.2 Terne di tensioni di linea o concatenate ...................................... 221
15.1 .3.3 Relazioni tra tensioni stellate e concatenate ......... ....................... 222
15.2 Generatori e carichi trifasi ..... ....... ....... ........................................ ................. 223
15.2.1 Generatori trifasi ............ ....... ...... .............. ....... .............. ...... ................. 223
15.2.1.1 Generatori trifasi con collegamento a stella con neutro ............. . 223
15.2.1.2 Generatori trifasi con collegamento a stella senza neutro ........... 223
15.2.1.3 Generatori trifasi con collegamento a triangolo ............ ............... 224
15.2.2 Car-ichi o utenze trifasi ... ....... ...... .............. ....... ........................... .......... 224
15.3 Terne di correnti ................................................ ....... ............. .............. .......... 225
15.3 .0.1 Terne di correnti di linea ..... ........................... ....... ....................... 225
15.3 .0.2 Terne di correnti delle fasi interne .... ............. ....... ....... ................ 225
15.3 .0.3 Relazioni tra terne di corrente ........... ....... ....... ....... ....... ....... ........ 226
15.4 Analisi delle reti trifasi simmetriche ed equilibrate ...... .............. ............. ... 227
15.4.0.1 Reti a quattro fili: collegamenti a stella con neutro di
generatore e carico (Yn- YnJ ....... ....... ....... ....... .................... ....... ....... ....... .. 227
15.4.0.2 Reti a tre fili: collegamenti a stella di generatore e carico (Y-Y) .. 228
15.4.0.3 Reti a tre fili: collegamenti a triangolo di generatore e
carico (D-DJ ............ ....... .............. ...... ....... ....... ........................... ................. 229
15.4.0.4 Reti a tre fili: collegainento a triangolo del generatore e a
stella del carico (D-Y) ......................... ....... ....... .................... ....... ....... ....... .. 230
15.4.0.5 Reti a tre fili: collegainento a stella del generatore e a
triangolo del carico (Y-D) ...... ............. ....... ....... ....... ............. .............. ....... .. 230
15 .4 .1 Rete ridotta monofase ............ ....... ........................... ....... ....................... 2 31
I NDICE xv

15.5 Potenza nei sistemi trifasi ............................................................................. 232


15.5.1 Sistemi a quattro fili .............................................................................. 232
15.5.1.1 Potenza istantanea trifase .......... ....... ......................................... ... 233
15.5.1.2 Potenze attiva, reattiva, apparente e co1nplessa trifasi ................ 234
15.5.2 Sistemi a tre fili ....... .................... .............. ............................................ 234
15.6 Rifasamento del carico .................................................................................. 235

• 16 RETI IN REGIME VARIABILE


16.1 Generalità ..... ............. .............. ....... ...... ....... ....... ....... ..................................... 239
16.2 Istante critico e condizioni iniziali ............................................................... 239
16.3 Equazione differenziale ingresso - uscita ..................................................... 240
16.4 Soluzione dell'equazione omogenea...................................... ....... ................ 242
16.4. O.1 Equazione caratteristica ....... ........................... ....... ....................... 242
16.4.0.2 Modi naturali del circuito ........... ....... ....... ............. ..................... .. 243
16. 4. O. 3 Frequenze generalizzate naturali .................................................. 244
16.4.0.4 Costanti di tempo ... ....................................................................... 244
16.5 Soluzione particolare .................................................................................... 245
16.5.0.1 lng:I'esso Cisoidale ... ...... ....... ....... ....... .................... ....... ....... ....... .. 245
16. 5.O. 2 Trasformata Cisoidale ... ....... .................... ....... ....... ....................... 246
16.5.0.3 Funzione di trasferimento .... ................... ........ ...... ....... .............. ... 247
16.5.0.4 Soluzione particolare nel caso di più ingressi ............................. 248
16.6 Soluzione completa della rete ....... ...... .............. ....... ....... ....... ...... ................. 249
16. 7 Esempio di soluzione di reti in regune variabile ............ ....... ....................... 249
16.7 .1 Generatore di tensione sinusoidale con carico ohmico-induttivo ....... 249
16.7.2 Generatore di tensione costante con carico ohinico-capacitivo-
-induttivo ................... ....... ............. ....... ....... ....... ........................... ................. 251
16. 7 .2.1 Caso sovrasmorzato ..... .................................................................. 253
16.7.2.2 Caso criticamente smorzato .......................................................... 254
16. 7. 2. 3 Caso sottosmorzato .............. ....... ....... .................... ....... ....... ....... .. 25 6

• APPENDICE A RICHIAMI DI ANALISI VETTORIALE


A.1 Cainpi scalari e vettoriali ......... ....... ...... .............. ....... .............. ...... ................. 259
A.2 Regione di definizione ............. ....... ...... .............. ....... .............. ...... ................. 259
A. 2 .1 Geo1netria delle regioni .... ...... ....... ........................... ....... ....................... 2 59
A. 2 .1.1 Regioni connesse ..... ....... ....... ........................... ....... ...... ................. 260
A.2.1.2 Regioni a connessione lineare semplice .... ............. ....... .............. .. 260
A.2.1.3 Regioni a connessione superficiale semplice ......... ....... ....... ....... .. 260
A.2.2 Superfici di livello e linee vettoriali .. .................... ....... ....... ............. .......... 261
XVI Indice

A.2.2.1 Superfici di livello ........... ........ ...... .............. ....... .............. .............. 261
A.2.2.2 LiI1ee vettoriali ........... ....... ............. .............. ................................... 261
A.3 Operazioni algebriche ed integro-differenziali. ... .............. .................... ........ 262
A.3.1 Prodotto interno ed esterno .................................................................... 262
A.3.2 Derivata direzionale di un campo scalare ... .............. ............................ 262
A.3.3 Integrale di linea e circuitazione di un campo vettoriale ..................... 263
A.3.4 Flusso e flusso uscente di Uil cainpo vettoriale ... ....... ....... .............. ...... 263
A.3.5 Integrale di vollillle di un campo scalare ............. ....... ...... .............. ....... 264
A.3.6 Regola della vite destrogira ............. ....... ...... .............. ....... ............. ........ 264
A.4 Operatori differenziali ............... ....... .............. .......................... .............. ....... . 264
A.4.1 Gradiente di un campo scalare .............................................................. 264
A.4.2 Rotore di un campo vettoriale ......... ....... ....... ............. .............. .............. 265
A.4.3 Divergenza di un campo vettoriale ........................................................ 265
A.4.4 Laplaciano di un campo scalare e di un campo vettoriale .................... 267
A. 4. 5 Operatori differenziali del secondo ordine .... ....... ....... .................... ...... 2 68
A .5 Operatore Nabla .............................................................................................. 269
A.6 Identità notevoli .............................................................................................. 269
A.6.1 Identità differenziali .......... .............. ....... ........................................ ........ 269
A.6.2 Identità integrali ... ................... ........ ...... ....... .............. ....... ............. ........ 2-70
A .6.2.1 Teorema del gradiente .................... ....... .................... ....... ....... ....... 270
A. 6 .2. 2 Teorema del rotore (di Stokes) ....................................................... 2 70
A.6.2.3 Teorema della divergenza (di Gauss) ........... ....... ...... ....... ....... ....... 270
A.6.2.4 Integrale di vollillle del prodotto interno (v00,isxv.0 i) ......... ....... ..... 270
A.6.2.5 Variazione temporale del flusso attraverso una superficie in
movin1ento .... ...... .............. ............. ....... ....... ....... ...... ....... ........ ...... ....... ....... 271
A.7 Campi con proprietà notevoli ......................................................................... 271
A. 7 .1 Campi conservativi e campi irrotazionali. ..... ....... ..................... ....... ..... 271
A.7.2 Campi conservativi del flusso e campi solenoidali ................... ....... ..... 272
A.7.3 Campi irrotazionali e solenoidali ..... .................... ....... ....... ....... ............. 273
A.7.4 Campi vettoriali generici - Teorema di decomposizione
{di Clebsh-Helmholtz) .... ....... ....... ....... ...... ....... ....... ....... .............. ...... .............. 273
A. 8 Equazioni cli Poisson e Laplace ...................................................................... 2 7 4
A .8.1 Equazione di Poisson scalare ........... ........................... ....... ....... ....... ...... 274
A.8.2 Equazione di Poisson vettoriale ....... ............. .............. ....... ....... ....... ...... 274
A.8.3 Equazione di Laplace scalare e vettoriale .............................................. 275
A. 9 Concetti topologici ........ ....... ....... ....... ...... ....... ....... ...... ............... .................... 2 75
A. 9.1 Mezzi che occupano la regione \R ................................................................ 275
A .9.2 Tubi di flusso di un campo vettoriale solenoidale ................................ 276
A.9.3 Rifrazione ............ ....... ....... ............. ....... ....... ....... ...... ....... ........ ...... ....... ....... 277
A.9.9.1 Rifrazione di un campo solenoidale ed uno irrotazionale ................. 277
I NDICE XVII

a APPENDICE B SISTEMA DI MISURA INTERNAZIONALE-SI


B.1 Unità fondamentali .................................................... ............. .............. .......... 281
B.1.1 Unità derivate ..... .............. .............. .................... ....... ....... ...... ....... .......... 282
B.1.2 Multipli e sottomultipli ... ....... ...... .............. ....... .............. ....................... 282

a APPENDICE C ALFABETO GRECO


C.1 Alfabeto Greco ............ .............. ....... ........................... .................... ................. 285

a INDICE ANALITICO
Indice analitico .... .................... .............. ............. ....... ...... .............. ....... ................. 287
Capitolo
CARICHE ELETTRICHE E CORRENTI
ELETTRICHE

1.1 CARICHE ELETTRICHE


Le cariche elettriche consentono di descrivere le forze di interazione che si 1na-
nifestano tra corpi solidi (o particelle) attribuendo a ciascuno di essi una ca1ica elet-
trica q. Poiché queste forze (dette elettrostatiche o coulombiane) sono di attrazione
oppure di repulsione, si considerano due tipi di cariche elettriche: quelle positive
q+ (rappresentate da un numero positivo: q+ > O) e quelle negative q- (rappresentate
da un numero negativo: q- < O); cariche di segno uguale si respingono, cariche di se-
gno opposto si attraggono. La forza su ciascun corpo è legata alla quantità di carica
co1nplessiva in esso contenuta, pari alla som1na algebrica delle cariche positive e
negative: q= q+ + q-. Nel Sistema Internazionale di misura (SI) le cariche elettriche
hanno dilnensione fisica di coulomb [C], pari ad ampere per secondo [A s].
A livello microscopico le cariche elettriche assumono valori discreti, risultando
1nultiple della carica elementare che vale e - 1,6021 · 10- 19 C (corrispondente alla
carica del protone e al modulo della carica dell'elettrone).

1.1.1 Densità di carica


Come la massa, la carica può essere considerata, a seconda dei casi, concentrata
(puntiforme) o distribuita in un volume o su una superficie. Si definisce densità
volumica di carica Pc (in un punto P) il lilnite del rapporto tra la carica q e il volume
,: che la contiene (Fig. 1.1.1 .1):
+ + -
Pc(P,t) = li1n q = liln q q (1.1.1 .1)
. ~-> () 't ·'t-> o 't

Analogamente, si definisce densità superficiale di carica c;c (in un punto P) il


rapporto tra la carica q e l'area della superficie S che la contiene (Fig. 1.1.1.2):
+ -
c;c(P,t) = li1n q = lim q +q (1.1.1.2)
S->OS S->0 S

Poiché sia Pc che c;csono funzioni di P, esse sono rappresentabili come campi
scalari.
2 Capitolo 1

Figura 1.1.1.1 Figura 1.1.1.2

1.1.2 Cariche puntiformi


Se una carica elettrica è contenuta in un volume avente dimensioni lineari tra-
scurabili rispetto alla distanza tra la carica stessa e tutte le altre cariche, è lecito
considerare tale carica come carica localizzata in un punto q(P, t).

1.2 CORRENTI ELETTRICHE


Le cariche elettriche che possono fare spostamenti 1nacroscopici e dare luogo a
separazioni macroscopiche di carica sono dette cariche libere. Esse sono presenti
(come cariche positive o negative) in tutti i materiali (solidi, liquidi o gassosi) in
misura maggiore o 1ninore. Si possono considerare qui11di la carica libera q1, la
densità di carica libera volumica p, e superficiale crr
Il moto delle cariche elettriche libere dà luogo a correnti elettriche. Si distin-
guono due tipi fondamentali di correnti elettriche: quelle di conduzione e quelle
di convezione.
Le correnti elettriche di maggiore interesse sono le correnti di conduzione. Esse
si manifestano nei materiali solidi quando le cariche libere, non essendo vincolate,
possono muoversi all'interno del reticolo cristallino.
Le correnti di convezione sono dovute a portatori di carica (corpi o particelle
elettricamente carichi) che si 1nuovono portando con sé anche le cariche elettriche
su essi depositate. Queste possono essere libere o meno. Correnti di convezione
possono prodursi in particolare nelle soluzioni elettrolitiche per il moto di ioni
(particelle elettricamente cariche).
Nei gas, in opportune condizioni di temperatura e di pressione, le molecole
possono essere ionizzate, cioè scisse in ioni positivi ed elettroni; questi portatori
di carica si possono mettere in moto producendo una corrente di convezione e
ulteriori ionizzazioni.

1.2.1 Intensità di corrente elettrica


Considerata una superficie S orientata dal versore nor1nale n , l'intensità
di corrente elettrica (o corrente elettrica) è pari al rapporto tra la carica netta
tlq = tlq+ + tlq- che transita attraverso S nel verso di n (Fig. 1.2.1.1) e l'intervallo di
te1npo tlt in cui il transito è avvenuto:
CARICHE ELETTRICHE E CORRENTI ELETTRICHE 3

i(t} = lim t:,. q = dq (1.2.1.1}


.ol40 t:,.t dt

La corrente elettrica è una grandezza scalare con carattere integrale, in generale


variabile nel tempo e, a parità di moto delle cariche, dipende dalla superficie S e
dalla sua orientazione (dal versore normale n}; in particolare invertendo l'orienta-
zione (sostituendo n con -n) il nun1ero reale che la esprime inverte il proprio segno.

Figura 1.2.1.1

La corrente elettrica ha dilnensione fisica di ampere [A], che è grandezza fonda-


mentale del SI (si veda l'Appendice B).

1.2.2 Densità di corrente elettrica


La descrizione locale (in ogni punto P ed in ogni istante t} del moto delle cariche
è fornita dal vettore densità di corrente elettrica J(P, t}. Considerando che, in gene-
rale, le cariche di segno opposto si muovono di moto diverso tra loro (la densità di
carica positiva Pc+ con una sua velocità vP+ e la densità di carica negativa Pc- con
una sua velocità vr-), la densità di corrente elettrica è data dalla seguente sonuna
vettoriale:
(1.2.2.1)

Il vettore J(P, t}, essendo funzione del punto P, costituisce un campo vettoriale
detto campo di corrente. Il suo modulo ha dimensione fisica di coulomb su secon-
do su metro quadro, vale a dire di ampere su metro quadro [A/m2).
Dato che le cariche dei due segni hanno, in generale, velocità diversa, la densità
di corrente può essere non nulla anche nei punti in cui è nulla la densità di carica:
Pc= Pc++Pc- = O. Ad esempio nei metalli, anche se elettricamente neutri, si inani-
festa corrente elettrica quando in essi migrano gli elettroni liberi 1nentre restano
ferini i nuclei, dotati di carica positiva e legati al reticolo cristallino assieme agli
elettroni ad essi legati. Invece nelle soluzioni elettrolitiche e nei gas ionizzati, pur
elettricamente neutri, la corrente elettrica è dovuta sia agli ioni positivi che agli
ioni negativi, che si muovono con velocità diverse.
4 Capitolo 1

Si può dimostrare che la corrente i(t) attraverso la superficie S orientata da n rap-


presenta il flusso della densità di corrente attraverso tale superficie (Fig. 1.2.2.2):

i(t) = Js J · n dS (1.2.2.2)

Il J

s
dS

Figura 1.2.2.2

1.2.3 Corrente nei conduttori filiformi


Spesso il moto delle cariche elettriche avviene in volumi conduttori' filifonni,
caratterizzati da una dilnensione geometrica (la lunghezza e, Fig. 1.2.3.1) molto
maggiore delle altre due (che si considerano trascurabili). In essi il vettore densi-
tà di corrente / può essere considerato parallelo al versore t (tangente punto per
punto nel conduttore). Scegliendo una sezione di misura Sin modo che il relativo
versore nonnale n coincida con t, otteniamo che la corrente i attraverso la sezione
S del conduttore, orientata da t, vale:
1
i =JS , J =- t (1.2.3.1)
s
(scegliendo il versore t con verso discorde rispetto a / , risulta ovviamente i= - JS ).
Il versore t che indica il verso di misura prende il nome di riferimento di corrente.
t
s

o
Figura 1.2 .3.1

1I 1nateriali conduttori (quali sono i metalli e le soluzioni elettrolitiche) saranno descritti nel
Capitolo 4.
CARICHE ELETTRICHE E CORRENTI ELETTRICHE 5

1.2.4 Legge di continuità


La definizione (1.2.1.1) è valida anche per superfici chiuse Se. Con riferin1ento
al volume ,: racchiuso dalla superficie chiusa Se, per il principio di conservazione
della carica elettrica la carica t.q,,.c che esce da ,: nell'intervall o t.t, transitando at-
traverso Se, è uguale alla conte1nporanea diminuzione della carica contenuta in ,::
t.q""" =-t.qioL' Utilizzando l a (1. 2 .1.1) possiamo dunque esprimere la legge di conti-
nuità in for1na integrale:

1
dqusc -_ -~~
· -_ ~= dqiot (1.2.4.1)
use dt dt

Per la (1.2.2.2) la corrente uscente i use è pari al flusso di/ attraverso Se; app lican-
do anche il teorema della divergenza si deduce che:

J. J · n••L dS =
i""° = 'fs,. f div] d,:
~
(1.2.4.2)

dove n.,.1 è il versore nonnale uscente dalla superficie Se. Inoltre, se la carica qillLè
distribuita in ,: con la densità volumica Pc, si ha q wL= tp 0 d-c e quindi il terzo mem-
bro della (1.2.4.1) può riscriversi come:

- dqu,L = _
dt
_!J
p d,: =
dt ' e
f- ape
•at
d't (1.2.4.3)

uguagliando le (1.2.4.2) e (1.2.4.3) si deduce la legge di continuità in forma locale:

div]=- òpc (1.2.4.4)


at

Questa mostra come il campo vettoriale della densità di corrente e il campo sca-
l are della densità di carica non siano indipendenti l'uno dall'altro; in particolare
il primo diverge o converge ("nasce" o "muore") nei punti in cui il secondo varia
nel tempo (diminuisce o aumenta rispettivamente); questi punti sono detti anche
sorgenti o pozzi del cainpo di corrente.

1.2.4. 1 Campo di corrente solenoidale


Dalla (1 .2.4.4) si deduce che, se il campo della densità di carica Pc è costante nel
tempo, il camp o di corrente è solenoidale (ha divergenza ovunque nulla):
div/ = O (1.2.4.5)

In particolare questa proprietà è verificata iI1 condizioni stazionarie (quando è


costante nel tempo anche il campo / , oltre che p0J e nelle regioni dove la densità di
carica elettrica è nulla Pc = Pc++ Pc- = O.
Un cainpo di corrente solenoidale ha linee vettoriali prive di sorgenti e di pozzi:
perciò esse sono chiuse. Un tale campo gode di proprietà fondamentali che saran-
no illustrate nel seguito.
6 Capitolo 1

a 1.3 AMPEROMETRO
I.;intensità di corrente elettrica nei conduttori filiformi viene misurata con lo
strumento detto amperometro, che co1nprende due morsetti e un visualizzatore;
esso viene rappresentato con il simbolo di Figura 1.3. la. I due morsetti sono inar-
cati diversainente: uno col segno + (o con il colore rosso) e l'altro col segno - (o
con il colore nero) . La connessione al conduttore del quale si intende misurare la
corrente elettrica viene effettuata tagliando il conduttore in una sezione S (Fig.
1.3.lb) e connettendo ciascuno dei due capi così creati ad uno dei morsetti; per
una corretta lettura del segno della corrente, il versore t deve entrare nel morsetto
contrassegnato + e uscire dal morsetto contrassegnato - (Fig. 1.3.lc). Il visualiz-
zatore (che può essere una lancetta mobile lungo una scala graduata, un display
digitale, uno schenno oscilloscopico, ... ) indica la corrente, che deve intendersi
relativa alla sezione S del conduttore con il riferilnento di corrente t che va dal
morsetto + al morsetto - .
I.;amperometro si dice ideale se non modifica l'intensità di corrente relativa
alla sezione in cui è inserito, cioè non ostacola minilna1nente il 1noto delle cariche
elettriche. Inoltre esso indica, istante per istante, l'intensità di corrente in valore e
segno, per quanto rapidainente essa vari.

a) b)

Figura 1.3.1
Capitolo
CAMPO ELETTRICO E TENSIONE
ELETTRICA

2.1 CAMPO ELETTRICO COULOMBIANO


Il comportamento di un materiale inserito in 1111 campo vettoriale viene caratte-
rizzato dalle seguenti proprietà: il materiale è detto uniforme se è omogeneo (le sue
proprietà non variano da punto a punto}, isotropo (le sue proprietà non dipendono
dalla direzione del campo} e lineare (le sue proprietà non dipendono dall'intensità
del can1po}.

2.1.1 Legge di Coulomb

q Q
Figura 2.1 .1

!}esperienza di Coulomb dimostra che, in un materiale unifor1ne, una carica


puntiforme q posta nel punto Q esercita su una carica "di prova" lìq posta in un
generico punto P posto a distanza rQP da Q (Fig. 2.1.1} la forza M c, esprimibile con
la seguente relazione, nota come legge di Coulomb:

1 qt:,,q
t:,,F,, (P} = - 2 UQP (2.1.1}
41tf. i'6P

uQP è il versore della retta passante per P e Q e orientato da Q a P ed e è la permittivi-


tà del materiale in cui sono poste le cariche; f. ha dimensione fisica di fai·ad su metro
[F/m] (ove si pone farad: [F]=[C 2/J]}. Il vuoto ha permittività f.0 -8,85 · 10-12 F/m; ogni
altro materiale presenta permittività dielettrica maggiore, sicché a parità di altre
8 Capitolo 2

condizioni l'interazione è attenuata rispetto a quella nel vuoto'. In base alla (2.1.1)
la forza è attrattiva se le due cariche sono discordi e repulsiva nel caso contrario.

2.1.2 Campo elettrostatico di una carica puntiforme


Piuttosto che la forza M c, conviene considerare la forza elettrica specifica cou-
lombiana così definita:

(2.1.2)

che risulta pari a:

(2.1.3)

Il vettore Ec(P) è indipendente da llq; essendo inoltre funzione del punto P,


costituisce un campo vettoriale detto campo elettrostatico, (oppure campo elettri-
co coulombiano). In generale esso è prodotto da cariche elettriche, puntiformi o
distribuite; in particolare la (2.1.3) esprime il campo elettrostatico prodotto dalla
carica puntiforme q posta nel punto Q del materiale uniforme avente permittività
dielettrica e.
Il cainpo elettrico ha dimensione fisica di newton su coulomb (N/C], unità di
misura che viene più spesso espressa come volt su metro [V/m) (ove si pone volt:
11
[V] = UfC] ).

2.1.3 Proprietà del campo elettrostatico


Proprietà fondamentale del campo elettrostatico è di essere sempre conservativo:
la sua circuitazione su qualsiasi linea chiusa è sempre nulla, ovvero il suo integrale
di lli1ea su qualsiasi linea aperta dipende solo dalla posizione dagli estre1ni della
linea e non dal percorso su cui essa si sviluppa. Tale proprietà è sen1pre verificata,
qualsiasi sia la distribuzione di carica che produce il campo e di qualsiasi natura
siano i mezzi in cui esso si sviluppa (quindi anche se non uniformi). In particolare
essa può essere facilinente verificata sull'espressione (2.1.3) di Ec. In quanto con-
servativo il campo elettrostatico presenta anche le seguenti proprietà'" (si veda in
appendice§ A.7.1):
- Ec è ovunque e sempre irrotazionale:
rot Ec = O (2.1.4)

Ec è esprimibile tramite il gradiente di un opportuno campo scalare U(P) detto


potenziale elettrico:
Ec =- gradU (2.1.5)
1Sulla permittività dielettrica e sul significato del farad si tornerà nel Capitolo 9.
n Il significato del volt sarà reso evidente più avanti in questo capitolo.
m Si osservino le analogie con il cainpo gravitazionale, che è pure conservativo, per il quale
le interazioni tra le masse rispondono a leggi analoghe a quelle qui illustrate per le cariche
elettriche; la principale differenza sta nel fatto che le masse sono sempre positive mentre le
cariche no.
CAMPO ELITTRICO E TENSIONE ELETTRICA 9

- l'integrale di linea di E 0 lungo qualsiasi linea che si sviluppa tra i punti A e B


è pari alla differenza tra i valori che il potenziale elettrico U assume in A e B:

J: Ec · t df = f: -gradU·t df = U(A)- U(B) (2.1.6)

a 2.2 CAMPO DI POTENZIALE ELETTRICO SCALARE


Il campo di potenziale elettrico scalare U(P), introdotto nelle (2.1.5) e (2.1.6),
è una funzione scalare definita in ogni punto P a meno di una quantità costante:
normalmente si attribuisce a questa il valore che rende nullo U all'infinito.
La (2.1.6) mostra che la differenza tra i valori assunti dal potenziale nei punti A
e B è pari all'integrale di linea del campo elettrostatico tra A e B. Imponendo che
il potenziale elettrico all'infinito sia nullo, si ottiene che U(P) è uguale all'integrale
di linea del campo elettrostatico tra P e l'infinito. La (2.1.6) indica anche che il
potenziale elettrico ha diinensione fisica di volt [V].
Le superfici di livello del potenziale elettrico (cioè i luoghi dei punti nei quali U
assu1ne lo stesso valore) sono dette superfici equipotenziali: per la (2.1.5) il campo
elettrostatico è sempre ortogonale a tali superfici ed è diretto dalle superfici a po-
tenziale maggiore verso quelle a potenziale 1ninore.

2.3 CAMPO ELETTRICO


La totale forza elettrica specifica sperimentabile da una carica elettrica "di pro-
va" !J.q ferma e priva di supporto materiale costituisce il campo elettrico E(P,t), in
generale non conservativo:
~ . /J...F. (P, t) _ d.F., (P, t)
E (p ' t ) - 11m --"--'----'- - -"-'-----'- (2.3.1)
ilq~o !J.q dq

Al pari della forza llF. che agisce su !J.q a prescindere dalla presenza di supporti
n1ateriali, il campo elettrico E trae origine soltanto da fenomeni elettromagnetici,
ossia da altre cariche elettriche che possono anche essere in moto e dare luogo ad
accumuli variabili nel tempoIV.
In particolare si considerano le seguenti situazioni.
- Condizione elettrostatica: si verifica quando tutte le cariche sono ferme nello
spazio (Pc= cost. e / =O); allora il campo elettrico coincide con quello elettro-
statico, E =Ec.
- Condizione stazionaria: si verifica quando le cariche si muovono con velocità
costante e la densità di carica rinlane costante (p" = cost. e / = cost.); pure in
questo caso il campo elettrico coiI1cide con quello elettrostatico, E = Ec.
ivLa carica di prova può sperilnentare anche forze che agiscono sul supporto materiale ove
essa è even tualmente collocata: si ottengono così forze elettriche specifiche di natura non
elettromagnetica che pure hanno rilevanza nei fenomeni elettrici e che saranno considerate
nel Capitolo 5.
10 Capitolo 2

- Condizioni variabili generiche: si verificano quando la densità di carica ed il


campo di corrente variano nel tempo con legge qualsiasi; allora il campo elet-
trostatico costituisce solo un addendo, conservativo, del campo elettrico, per-
ché questo comprende anche un secondo addendo non conservativo: il campo
elettJico indotto E 1 che sarà considerato nel Capitolo 10. Quando le distribuzioni
di carica variano nel tempo esprimendosi come q(Q,t) o Pc(Q,t) o crc(Q,t), pure
variabile risulta il campo elettrostatico Ec(P,t) che è sempre ad esse associato
come indicato in§ 2.1.
Le proprietà suddette sono sintetizzate in Tabella 2.3.1 .

condizioni elettrostatica stazionaria generiche


(!=O) (iJ/ /iJt=O)
campo elettrico E =Ec E =Ec E =Ec+E1
Tabella 2 .3.1

• 2.4 TENSIONE ELETTRICA


La tensione elettrica è definita come l'integrale di linea del campo elettrico E
(§ 2.3) lungo la linea e, aperta o chiusa, orientata dal versore t (Fig. 2.4.1):

f
v(t) = 1. E (P,t) · t cl.e v. (2.4.1)

La tensione elettrica è un numero 1·eale che, a parità di campo elettrico, dipen-


de dalla linea e e dalla sua orientazione (dal versore tangente t ); in particolare
invertendo l'orientazione (sostituendo t con - t) la grandezza scalare che esprime
v{t) inverte il proprio segno. E' anche evidente che se E varia nel tempo, variabile
risulta anche la tensione elettrica.

a) B b) e)

e e e
V V

1/ "' "t
A
I V
/---...E

Figura 2 .4.1

v Questa espressione assume che la linea e sia ferma, altr i1nenti alla tensione contribuisce
anche un addendo che trae origine da una forza elettrica specifica associata al moto della linea,
della quale si tratterà nei Capitoli 10 e 12.
CAMPO ELITTRICO E TENSIONE ELETTRICA 11

Nel caso in cui la linea sia aperta e orientata da A a B (Fig. 2.4.la), si scrive:

V AD = f
D
A ,f.
E· t d.e (2.4.2)

i pedici ordinati A e B in vAB specificano che la linea è orientata da A verso B (il


versore t è diretto da A a B).Tuttavia spesso, invece di usare i pedici, si indica l'o-
rientazione ponendo un segno + vicino al punto di inizio della linea (Fig. 2.4.lb);
a livello i11ternazionale trova in1piego anche il riferilnento a mezzo di una freccia
(Fig. 2.4.lc), la cui orientazione rispetto ai punti iniziale e finale A e B cambia però
da paese a paese; in questa trattazione si preferisce usare il riferiinento + ovvero
i pedici ordinati del tipo AB per evitare equivoci con i riferin1enti delle correnti.
Tenuto conto che il cainpo elettrico è una forza elettrica specifica prodotta da
fenomeni elettromagnetici, la tensione elettrica rappresenta il lavoro elettrico spe-
cifico svolto da tali forze lungo la linea f:

f
I. dq dq ,. •
f
v = dF• . t d.e = _i_ F . t df = dC.
dq
(2.4 .3)

Al pari del potenziale elettrico, la tensione ha dimensione fisica di volt [V], uni-
tà di misura omogenea a joule su coulomb UIC].

2.4.1 Tensione elettrica e differenza di potenziale


Si consideri una regione ove il campo elettrico sia conservativo in quanto co-
e
stituito dal solo addendo elettrostatico, E =Ec. Per ogni linea appartenente a tale
e,
regione la tensione elettrica non dipende da ma solo dalla collocazione dei suoi
estremi A e B. Infatti, essendo Ec conservativo, in accordo con la (2.1.6) si ha:

(2.4.4)

che n1ostra come la tensione elettrica in un campo conse1vativo sia pari alla diffe-
renza tra i valori che il potenziale elettrico U assume in A e B. Pertanto nelle condi-
zioni suddette la tensione elettrica è detta differenza di potenziale (d.d.p.).
Se U(A) = U(B) la tensione tra A e B è nulla. In particolare in un cainpo conser-
vativo sono nulle la tensione lungo qualunque linea chiusa e la tensione tra qua-
lunque coppia di punti appartenenti alla stessa superficie equipotenzialevi_
Dato che il potenziale elettrico è nullo all'infinito, il potenziale U(P) nel punto
P rappresenta la tensione tra il punto P e l'infinito, pari al lavoro elettrico specifico
che le forze del cainpo elettrostatico Ec svolgerebbero per portare una carica dal
punto P all'infmito.

"' Si vedano le proprietà dei campi conservativi richiamate in§ A.7.1.


12 Capitolo 2

a 2.5 VOLTMETRO
a) b) A

P-

Figura 2 .5.1

Le tensioni elettriche si misurano con lo strumento chiamato voltmetro, rappre-


sentato in Figura 2.5. la; esso comprende due conduttori filiformi flessibili (detti
anche "cordoni") che terminano in due "puntali" (P+ e P-) e sono marcati diver-
samente: uno col segno + e l'altro con il segno -; lo strumento con1prende anche
un visualizzatore che può essere una lancetta mobile lungo una scala graduata, un
display digitale, uno schermo oscilloscopico, ... .
Per misurare la tensione elettrica relativa alla linea e orientata da A a B
(Fig. 2.5. lb), i due conduttori vanno adagiati sulla linea e(Fig. 2.5. lc), con i puntali
p+ nel punto A e p - nel punto B: così il visualizzatore indica la tensione definita
dalla (2.4.2).
Il voltmetro ideale con la sua presenza non modifica il campo elettrico e non
provoca alcun moto di cariche elettriche lungo i suoi conduttori. Inoltre indica,
istante per istante, la tensione in valore e segno, per quanto rapidamente essa vari.
E' evidente che se il campo elettrico è conservativo e quindi la tensione elet-
trica dipende solo dai punti estre1ni A e B della linea e, il percorso dei conduttori
del voltn1etro è ininfluente ed importa solo la posizione dei puntali. Se invece il
campo elettrico non è conservativo il percorso dei conduttori determina il valore
della tensione.
Capitolo
INTRODUZIONE ALLO STUDIO DELLE
RETI ELETTRICHE

3.1 RETI ELETTRICHE


Una rete elettrica costituisce il modello semplificato di un qualsiasi sistema in
cui avvengono fenomeni di tipo elettrico. La rete è costituita da contenitori chiu-
si (a fonna di "scatolette") forniti in generale di n "terminali" elettrici. In base al
numero n di terminali, i contenitori sono detti "bipoli" (se hanno 2 termù1ali) o in
generale "n -poli".
I terminali dei contenitori (bipoli on-poli) sono collegati tra di loro da condutto-
ri "ideali", lungo i quali può fluire corrente elettrica. Un esempio di rete è mostrato
in Figura 3 .1.1, dove sono rappresentati alcuni contenitori dotati di 2 tenninali
(bipoli) e un contenitore dotato di 4 terminali (quadripolo).

Figura 3.1.1

Le ipotesi fondamentali alla base del modello della rete elettrica, la cui giustifi-
cazione verrà data nel seguito, sono:
1. lungo i conduttori la carica elettrica si muove liberamente e i conduttori sono
equipotenziali (il campo elettrico lungo i conduttori è nullo);
2. lo spazio all'esterno dei bipoli (o n-poli) e dei conduttori è isolante (la densità
di corrente è nulla);
3. all'esterno dei bipoli (on-poli) il campo elettrico è conservativo;
4. all'esterno dei bipoli (on-poli) non vi è accUinulo di carica.
14 Capitolo 3

Nel seguito verranno considerate quasi esclusivamente "scatolette" dotate di due


soli terminali, ossia bipoli. I bipoli potranno rappresentare elementi circuitali diver-
si, come resistori, condensatori, induttori, generatori, ecc.; in ogni caso un qualsiasi
bipolo è completamente identificato dalla relazione tensione-corrente che viene a
stabilirsi ai suoi terminali. In generale ve i dipendono dal te1npo e possono essere
legati da un'equazione algebrica o differenziale lineare (bipoli lineari) oppure no.
Per una qualsiasi rete di bipoli, si definiscono i seguenti ele1nenti topologici:
- nodo: punto di giunzione in cui convergono aln1eno 2 conduttori;
- lato: tratto di rete tra due nodi consecutivi, co1nprendente almeno un bipolo ;
- maglia: insieme di lati (bipoli) che costituiscono un percorso chiuso all'interno
della rete.

a 3.2 BIPOLI ELETTRICI


3.2.1 Proprietà fondamentali
I bipoli hanno le seguenti proprietà fondamentali, conseguenze delle proprietà
enunciate nei capitoli precedenti:
a. la corrente entrante ad un terminale (vale a dire relativa al riferimento entrante
nel bipolo) è uguale alla corrente uscente all'altro terminale (vale a dire relativa
al riferimento uscente dal bipolo), ovvero la somma delle correnti entranti nel
bipala è nulla. In altre parole, il campo di corrente è solenoidale;
b. la tensione tra i due terminali è una differenza di potenziale; in altre parole, il
campo elettrico al di fuori del bipala è conservativo.
Un generico bipolo si rappresenta con il simbolo di Figura 3.2.1.1.

A B
- Bipala -

Figura 3.2.1.1

3.2.2 Convenzioni per tensione e corrente su un bipolo e potenza elettrica


scambiata da un bipolo
I riferimenti di tensione e di corrente ai terminali di un bipolo possono essere
fissati in modo arbitrario. Per evitare errori, è conveniente indicare al più presto sul
circuito i riferimenti scelti sia per la tensione che per la corrente e non modificarli
successivainente.
A seconda dell'orientazione reciproca dei riferimenti di tensone e di corrente, su
ciascun bipolo sono possibili solo due combinazioni (convenzioni di segno): la con-
venzione del generatore (Fig. 3.2.2.1) e la convenzione dell'utilizzatore (Fig. 3.2.2.2).
Con la convenzione dell'utilizzatore, il riferiinento di corrente entra nel termi-
nale contrassegnato positivo per la tensione.
) NTRODUZIONE ALLO STUDIO DELLE RETI ELETTRICHE 15

A A
V V

B B
'
Figura 3.2 .2.1 Figura 3.2 .2.2

Con la convenzione del generatore, il riferimento di corrente esce dal ter1ninale


contrassegnato positivo per la tensione.
Considerando un generico bipolo, il prodotto dei valori della corrente e della
tensione (che coincide con la differenza di potenziale per l'ipotesi fatta), misurati
ai tern1inali A e B, vale:
dCAB dq d,CAB (3.2.1)
dq -dt = dt = p
dove il termine p ha le dimensioni di una potenza.
Nei bipoli convenzionati da generatore, il prodotto p viene definito potenza
uscente, in quelli convenzionati da utilizzatore p è definito potenza entrante. In
entran1bi i casi i valori di p possono essere positivi o negativi, in dipendenza dai
valori div ed i.
Nell'uso comune, adottato nel seguito, nei bipoli convenzionati da generatore la
potenza uscente positiva viene anche detta potenza erogata; nei bipoli convenzio-
nati da utilizzatore la potenza entrante positiva viene anche detta potenza assorbita.
In un bipolo su cui si sia applicata la convenzione dell'utilizzatore, CAB è il la-
voro svolto delle forze elettriche conservative agenti sulle cariche, nel momento in
cui queste stanno fluendo da A a B attraverso il bipolo.
Pertanto, il prodotto vABi = dLAB/dt è pari al lavoro netto svolto dal can1po elet-
trico sulle cariche all'interno del bipolo per unità di tempo, ovvero alla potenza
elettrica entrante nel bipolo.
Viceversa, per un bipolo a cui sia applicata la convenzione del generatore, il
prodotto vAB i è pari alla potenza elettrica uscente dal bipolo.
Sia w(-i:) l'energia assorbita da un bipolo, secondo la relazione:
'
w(-i:) = Jv(t)i(t)dt (3.2.2)
....
il bipolo si dice passivo se w(i:)> O, qualunque sia l'istante 1: considerato: ciò equi-
vale a dire che un bipolo passivo non è in grado di erogare potenza convertendola
da forn1e di energia non elettrica (ad es.: n1eccanica, termica, chimica, vedi Cap. 5).
16 Capitolo 3

a 3.3 N-POLI

.
/1
•-

Figura 3.3.1

Esistono componenti elettrici nei quali sono presenti più tubi di flusso
(§ A.9.2.) della corrente, oppure tubi ramificati (Fig. 3.3.1). Un tale componente
presenta n (e non solo due) sezioni ter1ninali Si (i= 1 ... n) attraverso le quali av-
viene la conduzione di corrente elettrica e quindi esso è schematizzabile con un
n -polo che presenta n tenninali (o poli), uno per ogni sezione Si. Si parla specifica-
mente di tripolo se n = 3 (Fig. 3.3.1), di quadrupolo se n = 4, ecc.
Un n-polo han correnti ai ternùnali, la deternùnazione delle quali richiede di
averne fissato i riferimenti; tra ogni coppia di terminali è presente una tensione
della quale deve essere fissato il riferimento.

3.3.1 Proprietà fondamentali


Gli n-poli hanno le seguenti proprietà fondamentali, generalizzazioni delle ana-
loghe proprietà già enunciate per i bipoli:
a. è nulla la somma delle correnti uscenti ai tenninali (vale a dire tutte relative ai
riferimenti uscenti dall' n-polo);
b. la tensione tra una qualsiasi coppia di tenninali è una differenza di potenziale.

a 3.4 M-BIPOLI
3.4.1 Porta elettrica
Si dice porta elettrica (porta) di un n-polo una coppia di ter1ninali in cui la
corrente entrante ad uno dei due terminali è uguale alla corrente uscente all'altro
terminale: in tal modo un unico valore definisce le correnti di entrambi i tenninali;
si parla dunque di corrente di porta. La tensione fra i due terminali viene chiamata
tensione di porta; la loro completa deternùnazione richiede che siano assegnati i
relativi riferimenti.
) NTRODUZIONE ALLO STUDIO DELLE RETI ELETTRICHE 17

3.4.2 m-bipolo
Si dice m-bipolo un n-polo (con n pari) i cui n terminali sono raggruppati in
m = n/2 ben definite porte. Si parla specificamente di bipolo se m = 1, di doppio
bipolo se m = 2, di triplo bipolo se m = 3, ecc.
Le grandezze elettriche che si considerano in un m-bipolo sono le m tensioni
di porta e le m correnti di porta; esse verificano se1npre le proprietà di un n-polo
enunciate in§ 3.3.1. Invece non si considerano, e generalmente non interessano,
le tensioni esistenti fra terminali di porte diverse.

3.5 DOPPI BIPOLI

ii(t) h(t)

+ - - +
V ,(t) vi( t)

Figura 3.5.1

In un doppio bipolo si individuano 2 tensioni di porta e 2 correnti di porta


(Fig. 3.5.1) . Non si considerano, e generalmente non interessano, le tensioni esi-
stenti fra terminali delle due porte. In generale il comportan1ento di un doppio bi-
polo è caratterizzato da una coppia di equazioni tra le due tensioni e le due corren-
ti di porta: esse impongono due vincoli alle quattro grandezze elettriche e lasciano
loro due gradi di libertà. Il caso più importante di doppio bipolo è rappresentato
dal trasformatore, di cui si tratterà diffusamente nel secondo volume.
Capitolo
FENOMENI DI CONDUZIONE
E RESISTORI

• 4.1 LEGGI DI OHM E DI JOULE


La corrente elettrica, ossia il moto delle cariche elettriche, dipende dalle forze
elettriche che agiscono sulle cariche stesse. Tali sono le forze elettromagnetiche,
alle quali è associato il campo elettrico; altri tipi di forze saranno descritti nel
Capitolo 5.
In questo capitolo si considera la corrente elettrica di conduzione descritta dal
campo J che si manifesta nei materiali per effetto del ca1npo elettrico E. Per sem-
plicità di trattazione, conviene porsi in condizioni stazionarie, nelle quali il campo
di corrente è solenoidale (div/ = O) ed il campo elettrico è conservativo (E = E c)'.

4.1.1 Resistenza elettrica e Legge di Ohm


Un conduttore cilindrico omogeneo di sezione normale S collegato ad un gene-
ratore elettricon è sede di un campo di corrente pnal quale corrisponde la corrente
I, costante nel tempo; tra due punti del conduttore posti a distanza e, che indivi-
duano le sezioni nonnali SA e Sa, si misura la d.d.p. V (Fig. 4.1.1.1). In tali condi-
zioni si osserva che esiste una relazione di proporzionalità diretta tra i valori di I e
V; si può quindi definire il parametro:
V
R=- (4.1.1.1)
I
che è detto resistenza elettrica ed ha dimensione fisica di ohm [Q], quantità omo-
genea a [V/A]. Valgono quindi le seguenti relazioni, ch e espriinono la legge di Ohm:
1
V=RI e I= - V=GV (4.1.1.2)
R

1
Tuttavia gran parte delle proprietà dedotte in ipotesi stazionarie sono applicabili anche in
condizioni variabili, come si avrà modo di precisare successivamente.
n Il co1nportamento del generatore elettrico sarà illustrato nel Capitolo 5.
m Si assume che il cilindro confini il ca1npo di corrente, in modo che le linee vettoriali di J non
ne attraversino la superficie laterale: quindi in esso si sviluppa un tratto di tubo di flusso del
ca1npo di corrente (si veda § A.9.2).
20 Capitolo 4

ove G = 1/R è la conduttanza elettrica, con dimensione fisica di siemens [S], pari a
(fr1 ] , ovvero a [A/V]. I parametri Re G sono caratteristici del tratto di cilli1dro tra
le sezioni SA e S0 •

.. I
~ - - - - - ~+ A

+ +
generatore
Ec J
elettdco V e
++

Figura 4.1.1.1

Con riferimento a quanto detto nel Capitolo 3, il conduttore di Figura 4.1.1.1


può essere considerato come un bipolo elettrico a cui è applicata la convenzione
dell'utilizzatore.

4.1 .2 Effetto Joule


I.:esperienza di Joule diinostra che nella condizione precedente il cilindro per-
corso da corrente si riscalda e dunque è sede di dissipazioni (effetto Joule). Si os-
e,
serva che il tratto di cilindro hu1go avente resistenza R e percorso dalla corrente
I costante, dissipa la potenza Pc1, avente dimensione fisica di watt [\IV]:

(4.1.2.1)

4.1.3 Bilancio energetico e potenza elettrica fornita


La potenza dissipata P<l, espressa dalla (4.1.2.1), coi11cide con la potenza elettri-
ca P. assorbita dal tratto di cilindro (e proveniente dal generatore elettrico). Per la
4.1.1.2 si può anche scrivere:

(4.1.3.1)
FENOMENI DI CONDUZIONE E RESISTORI 21

a 4.2 RESISTIVITA E CONDUCIBILITA' DEI MATERIALI


'

I parametri R e G dipendono dalla sezione normale S e dalla lunghezza f del


tratto di cilindro di Figura 4.1.1.1 in base alle seguenti relazioniIV:
s s
G =r - = - (4.2.1)
R. p R.

il paran1etro p, caratteristico del materiale che costituisce il cilindro, è detto resi-


stività e ha dimensione fisica di ohm·metro [Qm]. Il suo reciproco y= 1/p è detto
conducibilità e ha dilnensione fisica di siemens/metro [S/m].
La maggior parte dei materiali presenta legame lineare tra tensione e corrente,
ovvero ha resistività costante per diversi valori di corrente e tensione (a parità di
altre condizioni fisiche, in particolare della temperatura); ma esistono anche mate-
riali non linerui, che presentano resistività variabile al variare della corrente.
Peraltro la resistività risulta funzione della te1nperatura; se le variazioni sono
limitate (in genere alcune decine di gradi), tale dipendenza può essere ritenuta
lineare ed espressa dalla relazione:
p = p0 (l + a.(0- 0o)) (4.2.2)

in cui 0 è la temperatura effettiva mentre 00 è la temperatura alla quale la resistività


vale p0 e a, è detto coefficiente di temperatura, caratteristico del materiale.

4.2.1 Classificazione dei materiali


La resistività può assumere valori molto diversi da materiale a materiale ed in
relazione a ciò i diversi materiali vengono classificati come è delineato nel seguito.

4.2.1.1 Superconduttori
I superconduttori del I tipo sono metalli puri (Hg, Pb, Sn, Nb, In) che, a te1npe-
rature di pochi Kelvin, presentano resistività nulla; tuttavia tale proprietà viene
persa appena il materiale è immerso in un debole campo magnetico o percorso da
una densità di corrente anche piccola.
I superconduttori del II tipo sono leghe particolari (Nb-Ti, Nba·Sn, Nb:{·Al, Mg-B 2)
che 1nantengono resistività nulla fino a ca1npi 1nagnetici di diversi Tesla e densità
di corrente fino a diversi k.Nmm2 • Sono quindi utilizzati per realizzare magneti ad
alto campo nei dispositivi per la Risonanza Magnetica Nucleare (per diagnostica
medica e per analisi chimiche), negli acceleratori di particelle e negli esperimenti
di confinamento di plas1ni ad alta ten1peratura (Tokamak).
Alcuni 1nateriali ceramici contenenti terre rare (YBa 2Cua0 7 e BilSr2 CaCu2 0 8 )
sono denominati superconduttori ad alta temperature in quanto assumono tale pro-
prietà già a temperature dell'ordine di 77 K (temperatura di ebollizione dell'azoto
liquido). Questi materiali tuttavia hanno lilniti di campo e di corrente piuttosto
bassi e quindi hanno finora trovato minori applicazioni.
ivA rigore è necessario che SA e S8 siano sufficientemente lontane dalle estre1nità del cilindro, in
1nodo che le disuniforn1ità dei ca1npi ad esse dovute siano trascurabili nel tratto di lunghezza .e.
22 Capitolo 4

4.2. 1.2 Metalli


I metalli sono i materiali più utilizzati per realizzare la conduzione elettrica,
nei quali la corrente è generalmente dovuta al "gas di elettroni liberi", costituito
dagli elettroni periferici, 1neno vincolati dai legami atonùci, che possono muoversi
nell'ambito del reticolo cristallino del metallo. Le forze elettriche modificano lo
stato cinetico dovuto all'agitazione termica (disordinato, caratterizzato cioè da ve-
locità inedia nulla) provocando una debole velocità ordinata degli elettroni liberi,
che dà luogo a corrente elettrica. Ad esempio la velocità di agitazione termica può
essere dell'ordine di 105 m/s mentre la velocità media di migrazione può essere
dell'ordine di 10-3 m/s.
Ottimi conduttori, importanti per le frequenti applicazioni, sono rame e allumi-
nio (le cui resistività valgono circa 1,8 · 10-s Qm e 2,6 · lo-8 nm, rispettivamente, a
temperatura ambiente); all'estremo opposto stanno alcuni tipi di leghe per elemen·
ti riscaldanti usati nei forni elettrici (ad es.: nichel-cromo), che presentano resisti-
vità dell'ordine di 1 · 10-11 nm. Nei metalli la resistività au1nenta con la temperatura
(il coefficiente a è positivo).
Esistono anche materiali conduttori non 1netallici, ad esempio la grafite, che ha
resistività compresa tra 4 · 10-5 nin e 20 · 10-11 nn1 e coefficiente a negativo.

4.2. 1.3 Soluzioni elettrolitiche


Un elettrolita è una soluzione chinùca nella quale una parte delle molecole è
scissa in ioni dotati di carica elettrica positiva e negativa (portatori di carica). Le
forze elettriche provocano il moto ordinato di ciascuno dei due tipi di ioni nel vo-
lmne dell'elettrolita, dando luogo a corrente elettrica.
Alcm1e soluzioni elettrolitiche presentano notevole interesse applicativo (nei
generatori elettrochimici, negli impianti di produzione di metalli per elettrolisi, in
processi industriali elettrochimici per il trattamento delle superfici) e presentano
resistività relativamente basse, fino a 3 · 10-2 nm. Vanno citate anche l'acqua di
mare (p-0,3 0111) e l'acqua dolce (non demineralizzata) (p <::: 100 0111).

4.2. 1.4 Semiconduttori


I semiconduttori, quali il germanio ed il silicio (tetravalenti quanto ai legami
chinùci), presentano resistività che sono rispettivainente di 0,47 Qm e di 2300 nm.
Questa può essere notevolmente ridotta se essi vengono "drogati" mediante l'inser-
zione nel reticolo cristallino di atomi pentavalenti (fosforo, arsenico, antimonio),
o trivalenti (allmninio, boro, iridio). Gli atomi pentavalenti dispongono di cinque
elettroni esterni, quattro dei quali vengono legati al reticolo mentre il quinto resta
libero (conduzione per elettroni o di tipo N); gli atonù trivalenti dispongono di tre
elettroni esterni, e quindi sono in difetto di un elettrone di legame. Questo difetto
di elettrone (o lacuna) costituisce una carica libera fittizia positiva (conduzione
per lacune o di tipo P). I senùconduttori drogati hanno importanza primaria nelle
applicazioni elettroniche, essendo i materiali fondamentali unpiegati nell'elettro-
nica dello stato solido.
FENOMENI DI CONDUZIONE E RESISTORI 23

Materiali Po [O.m]
Conduttori
Alluminio 2,6 . 10- 8 4,2 · 10
-3

Argento 1,6 . 10-


8
4 . 10- 3
Costantana 4 ,9 . 10-
7
2 . 10- 5
Ferro 1,0 . 10-
7
6 . 10-3
Manganina 3,5 + 5 · 10
-7
0,2 + 5 · 10
-5

-7
Mercurio 9,4 · 10 8,9 · 10-4
Oro 2,4 · 10--8 3,4 . 10-
3

-7 -3
Piombo 1,9 · 10 4,2 · 10
Rame --8 3
1,8 · 10 4 , 2 . 10-
Tungsteno 5,5 . 10-
8
4 ,2 . 10-
3

Semi conduttori
Germanio puro 0,47 -48 · 10
-3

-3
Silicio puro 2300 -75 · 10

Isolanti
9
Bachelite 50 · 10
8
Marino 10
Mica 11 14
10 + 10
Olio minerale 1014
Polietilene 101:l

Porcellana 12
3 · 10
11
Resina epossidica 10
Quarzo 1012+ 1015
Vetro ordinario 10
9 . 10

Tabella 4.2.1.1 Resistività p0 a 20°C e coefficiente di te mperatura o. di alcuni mate riali.

4.2. 1.5 Isolanti


Gli isolanti sono materiali con resistività dell'ordine di 108 Uin o superiore. Tra
essi hanno interesse applicativo gli oli minerali, i vetri, il quarzo, le ceramiche e
svariate sostanze plastiche. Dato che la resistività degli isolanti è enorn1emente
24 Capitolo 4

maggiore di quella di conduttori e se1niconduttori, anche di 10 7 20 ordini di gran-


dezza, iI1 molte applicazioni si può asswnere, con ottima approssimazione, che gli
isolanti abbiano conducibilità nulla: y1s = O.
La Tabella 4.2.1.1 presenta la resistività di alcuni 1nateriali di uso frequente.

a 4.3 RELAZIONE COSTITUTIVA DEL CAMPO DI CORRENTE


Nel cilmdretto conduttore di Figura 4.3.1, con sezione dS e lunghezza de infi-
nitesiine, la tensione è espriinibile co1ne dV=Ecde, la resistenza come pde/dS e la
corrente come clJ JdS. Pertanto la priina delle (4.1.1.2) si riscrive come:
di
E di= p - JdS (4.3.1)
e dS

da questa si deduce la relazione scalare


E0 = pf, che è generalizzabile in forma vet-
toriale; inoltre, se il campo elettrico non è
solamente quello coulon1biano E0 , si deve
considerare il campo elettrico E = E0 + E;,
V+dV (2.3.1), ottenendo:
J cte E = p], J =y E (4.3.2)
V dS
La (4.3.2) è detta relazione costitutiva del
campo di corrente, o legge di Ohm alle gran-
dezze specifiche. In questa forma essa vale
nei materiali ove sono presenti solo forze
elettriche associate al campo elettrico E; la
Figura 4 .3.1
sua espressione più generale sarà data nel
§ 5.2.
Per quanto detto nel § 4.2.1.5 sulla conducibilità dei materiali isolanti, per i
quali si assun1e Y ;s = O, la densità di corrente che m essi si sviluppa può essere tra-
scurata rispetto a quella dei materiali conduttori e semiconduttori. Perciò u tilizzan-
do un materiale conduttore (o semiconduttore) circondato da un materiale isolante,
si ottiene un campo di corrente perfettamente confinato (o canalizzato) in essov.

4.3.1 Potenza specifica dissipata


La (4.1.2.1) può essere applicata anche al cilindretto di sezione dS e lrmghezza
de infmitesiine di Figura 4.3.1, dotato di resistenza pde/dS, e percorso da corrente
mfinitesima clJ = JdS; la potenza infmitesiina messo dissipata vale:

(4.3.1.1)

v In tale ipotesi risulta giu stificata l'assunzione, fatta in § 4.1.1, che il cilindro conduttore di
Figura 4.1.1.1 sia un tratto di tubo di flusso.
FENOMENI DI CONDUZ IONE E RESISTORI 25

quindi, essendo d't = df dS il volume del cilli1dretto, si ricava la potenza specifica


dissipata punto per punto in un materiale conduttore:
2
Pd = Pf (4.3.1.2)

con dimensione fisica di watt su metro cubo [W/m:1).

• 4.4 RESISTENZA DI CONDUTTORI CON GEOMETRIA PARTICOLARE


A seconda delle geometrie del tubo di flusso di / , si possono ottenere diversi
tipi di conduttori.

4.4.1 Conduttore filiforme


Si consideri un conduttore di sezione S, avente dimensione trasversale 1nolto
e,
minore della lunghezza realizzato con un 1nateriale omogeneo ed isotropo aven-
te resistività p e immerso in un 111ezzo con conducibilità nulla (Fig. 4.4.1.1).
Se la sezione S è costante, la densità di corrente J risulta unifonne lungo e e,
così anche il campo elettrico E. Sotto queste ipotesi si avrà allora che la tensione
ai capi del conduttore vale:
I .e
f
V = E·t<lf = E f= pff= p - f= p - I
I. s s
(4.4.1.1)

La resistenza del conduttore filiforme risulta così:


V .e
R =- = p - (4.4.1.2)
1 S

e linee vettoriali

linee vettoriali p

---
I
I I
I r I r I
d .... ....
Al BI

Figura 4.4.1 .1 Figura 4.4.1.2


26 Capitolo 4

4.4.2 Conduttore cilindrico


Si consideri un materiale conduttore uniforme di resistività p, posto tra due
superfici cilindriche coassiali perfettamente conduttrici di raggio rA e r8 , tra cui
sia applicata una tensione V(Fig. 4.4.1.2). La corrente passante attraverso una su-
perficie cilindrica di raggio r e lunghezza e, coassiale con gli elettrodi, è data dalla
1.2.2.2.
Per ragioni di simmetria, il vettore densità di corrente / ha direzione radiale e
modulo uniforme su una qualunque superficie cilindrica S, per cui:
I = 2nr.f.J (4.4.2.1)

e quindi:
I
J= ll,. (4.4.2.2)
2nr.e
Inoltre:
pJ
E = pJ = 2nr.e u, (4.4.2.3)

Per calcolare la tensione V ai capi del resistore, si deve integrare E lungo una li-
nea che va dall'elettrodo interno a quello esterno. Date le condizioni di simmetria,
conviene considerare un percorso radiale tra rA e r8 :
n '• ,.. p I pI r
V = fE·td.f.= f E·u,dr = f --'--- dr = - In..JL (4.4.2.4)
A f,4 rA
2nr.f. 2n.f. rA

La resistenza di un resistore cilindrico risulta così:

(4.4.2.5)

4.4.3 Conduttore sferico


Si consideri un materiale conduttore uniforme di resistività p, posto tra due
superfici sferiche concentriche perfettamente conduttrici di raggio rA e r8 , tra cui
sia applicata una tensione V (Fig. 4.4.3.1). La corrente passante attraverso una su-
perficie sferica di raggio r, concentrica agli elettrodi, sarà data dalla 1.2.2.2.
Per ragioni di simmetria, il vettore densità di corrente / avrà direzione radiale e
n1odulo uniforme su una qualunque superficie sferica S, per cui:

(4.4.3.1)

e quindi:
I
J= 2 u, (4.4.3.2)
4nr
FENOMENI DI CONDUZIONE E RESISTORI 27

Inoltre:
pl
E= 2
u, (4.4.3.3)
47tl'

Per calcolare la tensione V ai capi del resistore, si deve integrare E lungo una li-
nea che va dall'elettrodo interno a quello esterno. Date le condizioni di silnmetria,
conviene considerare un percorso radiale tra rA era:

V = fE · t
a
de = JE · u,dr = J
'Ìl 'Ìl p[
2 dr
p[(l 1
=- - --
) (4.4.3.4)
A 'A 'A 47tl' 47t r A fa

La resistenza di un resistore sferico risulta così:

R = =E_(~-~)
V
I 4n rA ra
(4.4.3.5)

Se il raggio esterno r0 tende all'infinito, la resistenza risulta R = p . Un esem-


4itr
pio (relativo però ad un semispazio, per cui il valore di resistenza devi essere mol-
tiplicato per 2) è il dispersore di terra mostrato in Figura 4.4.3.2.

... .. . ...
. ..............
. . . -./
. . . . . . . . . ... .........
. . . . . . . . . .. .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..
.. ... . . . . . . . .. . ... . .. . . . '
-.._-d>-_. I
I
. .... .. . . . . . .. . . .
rAI
rB
I
....... .. . . p
o
l--t~ ~
..1~,..

Figura 4.4.3.1 Figura 4 .4.3.2

• 4.5 RESISTORE
Si chiama resistore un co1nponente specificamente costruito per verificare la
legge di Ohm, anche in condizioni variabili, cosicché la relazione tensione-cor-
rente è in ogni istante esprilnibile come v(t) = R i(t), ovvero i(t) = G v(t). In tali
componenti le superfici estreme SA e Sa costituiscono i terminali (o morsetti), che
permettono la connessione con altri componenti. Corrente e tensione sono riferite
ad essi, per cui si parla di corrente ai ter1ninali e di tensione ai terminali.
A seconda dei materiali conduttori i1npiegati, la resistività e quindi la resisten-
za R possono essere indipendenti o meno da tensione e corrente: si hanno rispetti-
van1ente resistori lineari e resistori non lineari.
28 Capitolo 4

4.5.1 Resistori lineari


Tipicamente lineari sono i resistori metallici; tali sono ad esempio:
- i resistori impiegati nelle stufe e nei forni elettrici, in grado di dissipare potenze
anche di molti kilowatt;
- i resistori più o meno piccoli che trovano impiego nei circuiti di segnale, tipica-
mente in grado di dissipare potenze di frazioni di watt;
- le lainpade ad incandescenza.

4.5.2 Resistori non lineari


Ese1npi di resistori non lineari sono i seguenti:
- varistori: sono realizzati in genere con ossido di zinco ed utilizzati come ele-
menti di protezione dei dispositivi elettrici;
- diodi raddrizzatori: presentano resistenza bassissima per tensioni e correnti po-
sitive e resistenza elevatissima per tensioni e correnti negative;
- tubi a scarica, che utilizzano gas ionizzati a bassa pressione, come ad esen1pio
le lainpade fluorescenti e quelle a vapori.

• 4.6 DIMENSIONAMENTO TERMICO DI UN RESISTORE


Si consideri un resistore di resistenza R percorso da una corrente I. Per il prin-
cipio di conservazione dell'energia, la potenza dissipata entro il resistore per ef-
fetto Joule (R/2) , andrà in parte ad aumentare la te1nperatura del conduttore stesso
(cm d0/dt) e in parte verrà s1naltita verso l'ainbiente circostante. Spesso quest'ulti-
ma è prevalentemente dovuta al fenomeno della convezione (À. L 0).
Nell'ipotesi che il resistore sia isotermo, di solito ben verificata, data la buona
conducibilità termica dei conduttori elettrici, la relazione che esprime questo bi-
laI1cio energetico è:

2
P=Rl = À.L0+c 1n-
de
(4.6.1)
dt

dove: À. = coefficiente di scambio termico (W/m 2 K];


L = superficie di scambio termico (m2 ];
e= sovratemperatura rispetto all'ainbiente [K];
c = capacità termica specifica U!Kg K];
m = massa [kg].

Raggiunto il regime termico stazionario, per cui la temperatura resta costante,


si avrà che:

(4.6.2)
FENOMENI DI CONDUZIONE E RESISTORI 29

Dato che la temperatura è normalmente limitata (per ese1npio dalle caratteri-


stiche dell'isolante che circonda il conduttore), anche la corrente I che percorre
il resistore dovrà essere limitata. Per un filo di sezione circolare, la superficie di
scambio termico con l'ambiente (t) corrisponde alla superficie laterale, per cui si
ha a regilne:

0= p.e2 _.!_ 1 12 (4.6.3)


nr À 21trf

dove: r =raggio del conduttore [m];


p =resistività del conduttore [Om];
e= lunghezza del conduttore [m].
In termini di densità di corrente, l'espressione precedente diventa:

0=p 1 1t2r4J2
(4.6.4)
À. 2 n2r3

da cui si ricava la 111assilna densità di corrente ammessa:

J = {zie (4.6.5)
v~
Si noti che la densità di corrente ammessa J dipende dalla sovratemperatura
massilna am111essa 0, dal coefficiente di scambio termico con l'ambiente À, dal rag-
gio r e dalla resistività p del conduttore. Una volta fissata la sovratemperatura am-
messa 0 (che di solito dipende dall'isolante utilizzato) e determiIIato il coefficiente
di scambio termico À (che dipende dalle condizioni di iIIstallazione), per un dato
conduttore la densità di corrente am1nessa J è tanto maggiore quanto più piccolo è
il raggio r del conduttore stesso e quanto minore è la resistività del materiale.
Capitolo
GENERATORI ELETTRICI

5.1 FORZE ELETTRICHE SPECIFICHE GENERATRICI


Nel Capitolo 4 è stata considerata la relazione (4.1.1.2), V= RI, che caratterizza
tratti di tubo di flusso del campo di corrente stazionario, nei quali la tensione V
è una d.d.p. associata al campo coulombiano. In queste condizioni il campo di
corrente J presenta linee vettoriali chiuse (perché div/ = O). Co111e visto nel§ 4.1.2,
al campo di corrente sono associati effetti dissipativi i quali, in condizione stazio-
naria, devono essere compensati da opportune forze che mantengono il moto delle
cariche, sviluppando una potenza pari a quella dissipata. Allora le forze agenti
non possono essere soltanto quelle associate al can1po coulombiano perché questo
è conservativo e quindi non co1npie lavoro su percorsi chiusi, co1ne sono le linee
vettoriali di /. Dunque per mantenere un campo di cor1·ente stazionario è necessa-
rio che compaiano anche forze non conservative almeno in alcuni tratti del tubo di
flusso.
Una tale forza non conservativa può avere origine da feno1neni di natura non
solo elettro1nagnetica, ma anche chimica, ternlica, ecc... e può agire sui supporti
materiali delle cariche, a differenza del campo elettrico visto in § 2.3 che agisce
solo sulle cariche elettriche. Analogainente a quanto fatto per la forza coulombiana
iI1 (2.1.2), gli effetti di una forza non conservativa sono espriinibili per n1ezzo di
una forza elettrica specifica generatrice Eg(P.t), ottenuta rapportando la forza alla
. . .
carica su cui agisce:
F8 (P,t)
E ( P,t ) = -=---
0 (5.1.1)
o q

• 5.2 GENERATORI ELETTRICI


I componenti in cui si sviluppano forze elettriche specifiche generatrici sono
detti generatori elettrici (o semplicemente generatori). Essi sono sedi di interazio-
ni tra i fenomeni elettrici e fenomeni di altra natura, che realizzai10 la generazione
di energia elettrica attraverso la conversione da altre forme di energia (meccanica,
chinlica, ternlica ecc.) e viceversa.
32 Capitolo 5

Aj_
+
+ + + +
I 1
f Ec E"" V

Ec'
~
e

- -
B

Figura 5.2.1 .1

5.2.1 Comportamento a vuoto dei generatori: forza elettromotrice


I generatori elettrici sono dotati di terminali (o morsetti) che consentono la con-
nessione con altri componenti elettrici. Le forze generatrici che si manifestano al
loro interno agiscono sulle cariche elettriche separando quelle di segno opposto
ed accumulandole in prossimità dei ter1ninali. Un terminale presenta accumulo di
carica positiva e l'altro di carica negativa (Fig. 5.2.1.1).
Tali accumuli di carica danno a loro volta luogo ad un campo elettrico cou-
lombiano che, dentro al generatore, si oppone alle forze specifiche generatrici che
hanno causato la separazione delle cariche. Tale campo coulombiano si estende
anche alla regione esterna al generatore creando tra i morsetti una tensione (d.d.p.)
misurabile con un voltmetro posto esternamente al generatore.
In assenza di corrente elettrica attraverso i terminali (il generatore si dice "a
vuoto") punto per punto dentro al generatore si crea una situazione di equilibrio
tra forza specifica generatrice Es e campo coulombiano Ec:
ES =- Ee (5.2.1.1)

5.2.1. 1 Forza elettromotrice - f.e.m


Considerando la Figura 5.2.1.1, la forza elettromotrice' (o f.e.m.) è definita
come l'integrale della forza specifica generatrice Es lungo una linea e, interna al
bipolo e orientata da B ad A secondo il versore t :

e(t) ~ JA
B,t
Es · t di (5.2.1.2)

1Il termine 'forza elettromotrice' a rigore è Ìlnproprio p erché essa, al pari della tensione, esprime
un lavoro per unità di carica; tuttavia tale no1ne è universalmente diffuso ed accettato.
GENERATORI ELETTRICI 33

La f.e.1n. così definita è positiva se le forze generatrici E 6 tendono a "spingere" le


cariche positive da B ad A all'interno del bipolo. Utilizzando le (5.2.1.2), (5.2.1.1),
e considerando che Ec è conservativo, per cui il suo integrale può essere calcolato
anche lungo una linea eesterna al bipolo, si ottiene:

e = JAB,f. Eg · t di,= JA- Ec · t df


B,f.
= f8 Ec · t
A,f.
di = V
0
(5.2.1.3)

quindi, la f.e.n1. del bipolo generatore è uguale alla sua tensione a vuoto, misurata
dal voltJnetro tra i suoi terminali A e B.
e=vo (5.2.1.4)
La f.e.1n. e è una proprietà del generatore; essa, con1e la tensione, ha dimensioni
di volt [V] ed è espressa da un numero reale dotato di segno che dipende da come
sono poste le inarcature + e - ai tenninali. In relazione alla proprietà illustrata, i
generatori elettrici sono spesso detti generatori di f e.m . .
Se le forze generatrici sono costanti nel te1npo (reginie stazionario), tali risulta-
no pure la forza elettromotrice e la tensione a vuoto e si pone:
E=Vo (5.2.1.5)

si parla allora di generatori di f e.m. continue. Esistono anche generatori di f.e.1n.


variabili, in particolare generatori di f e.m. sinusoidali, se la loro f.e.m. varia nel
tempo con legge sinusoidale. Per ora vengono presi in considerazione i prinli; sugli
ultiini si tornerà nel Capitolo 14.
In regime stazionario le n1arcature dei terminali sono di norma poste in modo
che la f.e.m. e la tensione a vuoto risultino positive. Se la tensione tra i terminali è
positiva, le forze coulombiane tendono a muovere le cariche positive dal terminale
con marcatura + a quello con marcatura -. Dato che le forze generatrici agiscono
nel verso opposto, si deduce che se la f e.m. è positiva le forze generatrici tendono a
produrre un accumulo di cariche positive in corrispondenza del morsetto con mar-
catura + e viceversa.

5.2.2 Comportamento a carico dei generatori

1
• Eg V
J • Ec E
y

Figura 5.2.2.1
34 Capitolo 5

Se un generatore elettrico viene percorso da una corrente I si dice che esso è


a carico11 • In condizioni stazionarie il generatore individua tra i suoi ter1ninali un
tronco di tubo di flusso caratterizzato dalla corrente I che, con il riferimento di
Figura 5.2.2.lm, entra al tern1inale B (-) ed esce dal terminale A(+ ). In tali con-
dizioni la tensione tra i morsetti differisce della tensione a vuoto e quindi dalla
f.e.m.: E= V0 ;é V.
La differenza tra la tensione a vuoto e quella a carico, V0 - V= E- V, dipende
direttamente dall'intensità di corrente I, iI1 modo analogo a quanto si riscontra nel
resistore tra tensione e corrente.

5.2.2.1 Resistenza interna


Pertanto, siinilmente a quanto stabilisce la (4.1.1.2) per il resistore, dato che
all'interno del generatore si hanno fenomeni dissipativi legati al passaggio di cor-
rente, si definisce resistenza interna R; del generatore il coefficiente di proporzio-
nalità tra la corrente I e la differenza E-V in modo che sia:
E- V=RJ owero V= E - R/ (5 .2.2.1)

Questa relazione caratterizza il comportan1ento esterno del generatore: essa qua-


lifica le sue interazioni elettriche con i co1nponenti ai quali è connesso. I valori di R;
ed E definiscono il legame tra d.d.p. V e corrente I ai morsetti del generatore, apre-
scindere dalla conoscenza dettagliata delle distribuzioni di J, E 0 e E 6 al suo iI1terno .

• 5.3 BILANCI DI POTENZA DEI GENERATORI


In un generatore, sede di corrente I, è dissipata la potenza Pa = R;Ii, analogamen-
te a quanto avviene in un resistore.
La f.e.1n. E, al pari della tensione, ha significato di lavoro per unità di carica
[J/C); si tratta del lavoro specifico eseguito dalle forze generatrici all'inten10 del ge-
neratore. Quindi moltiplicando la f.e.m. per la corrente (che ha significato di carica
transitata nell'unità di te1npo [C/s)), si ottiene una quantità che ha significato di
lavoro nell'unità di tempo U/s) = [\I\T], vale a dire potenza. Con i riferiinenti assunti
per tensione e corrente (Fig. 5.2.2.1), tale prodotto espriine la potenza elettrica
generata:
Pg = El (5.3 .1)

se f.e.m. e corrente hanno segni concordi, essa risulta positiva e corrisponde a


potenza elettrica che il generatore trasferisce alle cariche nel momento in cui lo
attraversano; in caso contrario essa risulta negativa e corrisponde ad una potenza
elettrica che le cariche cedono al bipolo (in questo caso quindi nel generatore entra
potenza elettrica positiva).

n Ciò richiede che ai terminali siano collegati dispositivi conduttori che permettono il moto
delle cariche elettriche oltr e i ter1ninali stessi.
m Si osservi che il riferimento di corrente entra dal riferimento - ed esce dal riferimento + di
tensione, contrariamente a quanto si è assunto p er il resistore nel Capitolo 4.
GENERATORI ELETTRICI 35

Dato che anche nel generatore si hanno fenomeni dissipativi, la potenza elettri-
ca erogata dal generatore P. è la differenza tra potenza generata nel generatore P6 e
la potenza ivi dissipata P<l ovvero:
2
Pù =Pg -Pa =EI-R.l
, =(E-R,. IJ1I = VI (5.3.2)

Infine, la (5.3.1) esprin1e una proprietà integrale, in quanto riferita all'intero vo-
lume occupato dal generatore. Considerando un elemento infinitesimo di volume
si arriva ad esprimere la potenza specifica generata come:
(5.3.3)

• 5.4 TIPI DI GENERATORI ELETTRICI


Alcuni dei tipi più importanti di generatori di f.e.n1. sono brevemente descritti
qui di seguito.

5.4.1 Generatori elettrochimici


Nei generatori elettrochimici si sviluppano f.e.1n., dette fe.1n. elettrochimiche,
per effetto di reazioni chimiche nelle quali l'energia di legame chimico viene con-
vertita in energia elettrica.
Essi discendono dalla pila di Volta e consistono di un conduttore di I classe (me-
tallo) ed uno di II classe (elettrolita); più coppie di tali conduttori possono essere
"ilnpilate'' una di seguito all'altra, per formare una pila. Le f.e.m. dei generatori
elettrochimici sono costanti nel tempo (entro opportuni intervalli temporali, cioè
finché la pila è sufficientemente carica).
Si distinguono due tipi fondamentali di generatori elettrochimici. Il primo è
costituito dalle pile a secco. In esse, allorché sono sedi di corrente elettrica, si
altera lentamente lo stato fisico della zona di contatto tra i diversi conduttori con
conseguente formazione di unafe.m. di polarizzazione che si oppone a quella del-
la pila tendendo ad annullarne gli effetti, finché la pila stessa risulta scarica. Esse
producono tipicamente f.e.m. di 1,5 V, 4 ,5 V e 9 V (a seconda del nrunero di coppie
conduttrici ilnpilate) e possono erogare deboli correnti (meno di 1 ampere); sono
d'uso comune e trovano vastissimo impiego.
Il secondo tipo di generatore elettrochimico è costituito dagli accumulatori ri-
caricabili. Essi vengono preventivamente caricati ilnmettendovi energia elettrica
che viene convertita in energia di legame chimico per mezzo di una reazione elet-
trochimica; si sviluppa così un fenomeno di polarizzazione con cui si crea la f.e .m .
del generatore. Successivainente, con processo chimico opposto, l'energia di lega-
1ne può essere riconvertita in energia elettrica che è erogata dall'accumulatore; in
tal modo questo si scarica. Tra i numerosi tipi di accumulatori ricaricabili, sono di
vastissin10 ilnpiego due categorie:
36 Capitolo 5

a. Gli accu1nulatori al Piombo-Acido, che producono tipicamente f.e.1n. di 2 V per


cella e sono utilizzati nei veicoli stradali e ferroviari; essi possono erogare cor-
renti di molte decine fino a qualche centinaio di ampere.
b. Gli accumulatori agli ioni di Litio, che producono tipicamente f.e.n1 di 3,6 V per
cella, sono larghissimamente utilizzati nei PC portatili, nei telefoni cellulari,
smartphone e tablet e nei veicoli elettrici e ibridi. La tecnologia di questo tipo
di generatori è in rapidissima evoluzione e si ritiene che essi potranno avere
un'importanza fondainentale come accumulatori di energia nelle reti elettriche
alimentate da fonti di energia rinnovabile.

5.4.2 Generatori fotovoltaici


Sono insiemi di fotodiodi, ognuno dei quali è costituito da due strati semicon-
duttori affiancati, in Silicio, uno con drogaggio trivalente (di tipo p) e uno penta-
valente (di tipo n). Esposto al flusso di fotoni provenienti dal sole o da altra fonte
luminosa, il fotodiodo converte parte della potenza luminosa incidente in potenza
elettrica. Il funzionamento dettagliato e gli schemi elettrici equivalenti saranno
trattati nel secondo volume. I fotodiodi sono oggi largainente utilizzati per realiz-
zare i pannelli fotovoltaici.

5.4.3 Generatori termoelettrici


Sono dispositivi costituiti da una giunzione tra due metalli diversi tra i qua-
li si manifesta una debole f.e.m., detta fe.m. termoelettrica, cl1e è funzione della
temperatura cui è posta la giunzione. Vengono usati nel campo delle misure come
trasduttori di temperatura (termocoppie): misurando la f.e.m. si può risalire alla
temperatura del corpo con cui la giunzione è messa in contatto. Sono generatori
utilizzabili in applicazioni di segnale e di piccola potenza.

5.4.4 Generatori piezoelettrici


Certe sostanze (ad esempio il quarzo), quando vengono sollecitate meccanica-
mente, mairifestano f.e.m. dette f.e.m. piezoelettriche che possono essere di valore
elevato (alcuni chilovolt) ma con correnti sempre molto modeste e di tipo impul-
sivo. Trovano impiego prevalente nelle apparecchiature elettroniche (oscillatori,
microfoni), ma sono anche utilizzati nei comuni accendigas piezoelettrici per ge-
nerare piccole scariche elettriche in aria. Si tratta quindi di generatori non utiliz-
zabili nelle applicazioni di potenza.

5.4.5 Generatori elettromeccanici


I generatori elettromeccairici sono macchine rotanti dotate di una parte fissa
(statore) e di una parte mobile (rotore). In esse avviene la conversione elettromec-
cairica, con la quale l'energia meccanica, fornita da un motore primo (una turbina
ad acqua, a vapore o a gas oppure un 1notore a combustione interna), che mantiene
in rotazione il rotore, viene convertita in energia elettrica. Le f.e.m. sviluppate
GENERATORI ELETTRICI 37

ai morsetti sono nella maggioranza dei casi sinusoidali, raggiungono tipicamente


alcuni chilovolt e sono associate ad elevate correnti (alcuni chiloampere). Queste
n1acchine, che hanno importanza fonda1nentale nella produzione di energia elet-
trica, saranno trattate nel secondo volume.
Capitolo
BIPOLI, DOPPI BIPOLI E POTENZA
ELETTRICA

6.1 BIPOLI
6.1.1 Introduzione
Al Capitolo 4 si è visto che un resistore è un componente elettrico a due morset-
ti costruito con materiali conduttori e privo di f.e.m., caratterizzato delle seguenti
relazioni tra tensione e corrente ai morsetti:
V = RI, l =GV (6.1.1.1)

se R e G sono costanti al variare di tensione e corrente si parla di resistore ideale


o lineare.
Analogamente al Capitolo 5 si è visto che un generatore è pure un componente
elettrico a due morsetti costruito con materiali conduttori e, a differenza del resi-
store, dotato di f.e.m . . Esso è caratterizzato della seguente relazione tra tensione e
corrente ai morsetti:
V=E - R/ (6.1.1.2)
questa può essere invertita, ricavando J = EIR;- V/R1, ovvero:
(6.1.1.3)
ove si è posto:

(6.1.1.4)

J è detta corrente impressa dal generatore e corrisponde alla corrente ai morsetti


quando la d.d.p. tra essi è nulla; G; è la conduttanza del generatore. La relazione
così ottenuta esprime il legame tra tensione e corrente i11 modo equivalente alla
(6.1 .1.2).
E' anche utile defrnire il generatore ideale di tensione, che verifica la relazione:
V =E \::Il (6.1.1.5)

un generatore reale che presenta "caduta di tensione resistiva" R;I trascurabile


(R;I<<E) è approssilnabile con tale generatore ideale di tensione.
40 Capitolo 6

Dualmente è utile definire il generatore ideale di corrente, che verifica la re-


lazione:
I=J vv (6.1.1.6)

un generatore reale per il quale è G;V<<J è approssimabile con tale generatore ide-
ale di corrente.

6.1.2 Definizione di bipoli elementari


Tutti gli elementi sopra descritti rientrano nella definizione di bipala data nel
Capitolo 3. Ognuno dei bipoli sopra descritti è rappresentato da un simbolo speci-
fico. Così per il resistore si usa il simbolo di Figura 6 .1.2. la o ba seconda che esso
sia lineare o meno.

a) b)
+ V + V

I I

Figura 6.1 .2 .1

E E
+
- +
I . V+ I .. V+

Figura 6.1.2 .2

Invece per rappresentare un generatore ideale di tensione si usa uno dei sim-
boli di Figura 6.1.2.2 e per rappresentare un generatore ideale di corrente uno dei
simboli di Figura 6.1.2.3. Si vedrà più oltre come possa essere rappresentato un
generatore non ideale facendo uso dei simboli appena introdotti.

J
. J

I ...
I .. V+ I . V+

Figura 6.1 .2.3


8 IPOLI, DOPPI BIPOLI E POTENZA ELITTRICA 41

E' di fondamentale importanza tenere bene a mente che le relazioni di resisto-


re (6.1.1.1), generatore (6.1.1.2) - (6.1.1.3) e generatore ideale (6.1.1.5) - (6.1.1.6)
considerano correnti e tensioni per le quali sono stati preventivan1ente fissati i
riferimenti (simbolo ~ e shnboli + e-, rispettivamente). In particolare le (6.1.1.1)
considerano la combinazione di riferimenti di Figura 6.1.2.1 (in accordo con le
deduzioni del Cap. 4), mentre le (6.1.1.2) - (6.1.1 .6) considerano la combmazione
di riferm1enti delle Figure 6.1.2.2 e 6.1.2.3 (in accordo con le deduzioni del Cap. 5).

6.1.3 Caratteristica esterna dei bipoli


Il comportainento elettrico di un bipolo generico è definito dalla relazione che
esso presenta tra tensione e corrente ai morsetti. Tale relazione è chiamata caratte-
ristica esterna del bipolo. Quando tensione e corrente sono stazionarie, la relazione
è detta caratteristica statica esterna del bipolo: i legai1ù illustrati in § 6.1.1 ne sono
degli esempi. Tale caratteristica può essere rappresentata da una curva del piano
V,! ovvero del piano I, V.

a) V b) V

I L- - -- - 1

Figura 6.1.3.1

Ad esempio un resistore lineare ha caratteristica statica rettilinea passante per


l'origme degli assi (Fig. 6.1.3.la). In Figura 6.1.3.lb è invece 111ostrata una caratte-
ristica non lineare, tipica di un diodo raddrizzatore. Poichè il resistore è un bipolo
passivo, la sua caratteristica occupa soltanto il I e il III quadrante.

a) b)
V V

I I

Figu ra 6.1 .3.2


42 Capitolo 6

Un generatore avente E ed R costanti non nulle (ovvero J e G costanti non nul-


le) ha caratteristica statica rettilinea non passante per l'origine (Fig. 6.1.3.2a); un
generatore generico può avere caratteristica statica quale quella indicata in Figu-
ra 6.1.3.2b; un generatore ideale di tensione costante ed un generatore ideale di
corrente costante hanno caratteristica statica rettilinea rispettivamente parallela
all'asse delle correnti e delle tensioni (Fig. 6.1.3.3).

a) b)
V I
V
E

I. I
J

Figura 6.1 .3.3

6.1.4 Bipoli particolari


Casi limite di resistore e generatore sono costituiti dai seguenti bipoli.
- Il cortocircuito (Fig. 6.1.4.1), che ha equazione
V= O VI (6.1.4.1)

corrisponde ad un resistore con resistenza nulla (R = O), ovvero ad un generato-


re ideale di tensione con f.e.m. nulla (E= O); esso viene utilizzato per schema-
tizzare resistori di resistenza molto piccola rispetto a quella degli altri resistori
con cui interagiscono, così da poter essere trascurata.
- Il circuito aperto (Fig. 6.1.4.2), che ha equazione
I = O 'ltV (6.1.4.2)

corrisponde ad un resistore con conduttanza nulla (G = O), ovvero ad un genera-


tore ideale di corrente con corrente impressa nulla (J = O); esso viene utilizzato
per schematizzare resistori di resistenza molto grande rispetto a quella degli
altri resistori con cui interagiscono, così da poter essere considerata infinita.

V
I ... +

• • • •
Figura 6.1.4 .1 Figura 6.1.4.2
8 IPOLI, DOPPI BIPOLI E POTENZA ELITTRICA 43

Si incontreranno anche i due seguenti bipoli:


l'interruttore che chiude (Fig. 6.1.4.3), che è un bipolo che si presenta inizial-
mente come circuito aperto e che ad un certo istante t* "commuta" trasforman-
dosi in cortocircuito;
- l'interruttore che apre (Fig. 6.1.4.4), che è un bipolo che si presenta iniziahnen-
te come cortocircuito e che ad un certo istante t* "commuta" trasformandosi in
circuito aperto.

t=t* t=t*

• •
+
I
V ' ...
+
I
V
...
Figura 6.1 .4.3 Figura 6.1.4.4

Con questi due bipoli si schematizzano componenti elettrici in cui la commu-


tazione può avvenire in vari modi. Ad ese1npio può avvenire a seguito di un inter-
vento meccanico che pone in contatto o allontana due parti conduttrici, ciascuna
connessa ad un morsetto (interruttori meccanici), che in molti casi agiscono sia in
chiusura che in apertura. Oppure la commutazione può avvenire a seguito della
variazione di stato fisico di opportune giunzioni tra se1niconduttori (interruttori
elettronici, quali sono diodi, transistor, tiristori, SCR) .
- il diodo a semiconduttore (o a giunzione, o pn), molto diffuso sia nei sistemi
elettrici ed elettronici di potenza che in quelli di segnale. Si rappresenta con i
simboli di Fig. 6.1.4.5a e b ed è costituito da due strati semiconduttori sovrap-
posti, in Silicio, uno con drogaggio trivalente (di tipo p) e uno pentavalente (di
tipo n); un terminale, l'anodo (a), è connesso allo strato p e l'altro, il catodo (c),
allo strato n . La conduzione nei due versi non è simmetrica: applicando una
modesta tensione V> O (tensione diretta) il diodo va in conduzione, ovvero pre-
senta una corrente I> O (corrente diretta); il valore massimo di corrente diretta
tollerato dal diodo costituisce la corrente no1ninale 10 • Viceversa applicando
una tensione V< O (inversa) il diodo si pone in interdizione, ovvero presenta
corrente I< O (inversa) estremamente piccola, almeno finché il modulo della
tensione inversa non supera la tensione nominale V 0 ; oltre V" si ha un brusco
au1nento del modulo della corrente inversa, ossia una scarica, normalmente
distruttiva.
Ogni diodo è caratterizzato dalla sua 10 e dalla sua V0 • La relazione tra tensio-
ne e corrente si presenta co1ne in Figura 6.1.4.5c 1, in cui V,10 = 0,3 + 0,6 V, e 11 è
1o-i1 + 10- 1 I". La Figura 6.1.4.6 mostra alcuni tipi di diodi di larga applicazione.

1Diversamente dalle Figura 6.1.3.1, la Figura 6.1.4.Sc presenta la tensione in ordinata e la


corrente in ascissa; le due modalità di rappresentazione sono ugualmente legitti1ne e nel caso
del diodo si fa tipica1nente ricorso alla seconda.
44 Capitolo 6

l
a) b) e) conduzione

I ... I ... '


VdO V
a e a c
• interdizio ne
' li

+ V
+ V
Figura 6.1.4.5

b)
a)

11 I I ,1111 I l'II Illllillljlllllllll 1111111111111111111


" 1
1 • 15 ~ n 16 l~

Figura 6.1.4.6 Diodi a semiconduttore con prestazioni crescenti: a) per applicazioni di segnale o
piccola potenza (tensione di qualche volt e corrente dell'ordine dell'ampere); b) per applicazioni di
potenza elevata (tensione di centinaia volt e corrente dell'ordine del chiloampere).

a) b) l

l
••

+
N V
V

Figura 6.1.4.7

- Il diodo ideale: nella maggior parte delle applicazioni il legame non lineare tra
tensione e corrente di Figura 6.1.4.5c può essere approssimato con la spezzata
di Figura 6.1.4. 7b: è questo un andamento ideale, e pertanto viene definito dio-
do ideale il co1nponente che si comporta in tal modo; il simbolo con cui esso
8 IPOLI, DOPPI BIPOLI E POTENZA ELITTRICA 45

viene rappresentato è illustrato in Figura 6.1.4.7a. Un diodo ideale è equivalen-


te ad un cortocircuito nella fase di conduzione e ad un circuito aperto nella fase
di interdizione.

6.2 POTENZA ELETTRICA


6.2.1 Potenza elettrica scambiata ad una porta
Si è già visto che la potenza elettrica in gioco ai tenninali di un bipolo (e più
in generale ad una porta elettrica) è pari al prodotto di tensione per corrente. In
regime stazionario la potenza scambiata ad una porta elettrica dotata di tensione V
e corrente I vale dunque:

P ~ VI (6.5.1.1)

più in generale, in regime variabile, la potenza istantanea scambiata ad una porta


elettrica dotata di tensione v(t) e corrente i (t) vale:

p(t) ! v(t)i(t) (6.5.1.2)

Tale prodotto ha dimensione fisica di watt [W], essendo [V][A] = [W]. Frequente
è l'uso dei multipli (chilowatt [k\lV], megawatt [MW]) nei sistemi di produzione,
trasmissione e utilizzazione dell'energia elettrica, e dei sottomultipli (milli-\,v att
[mW], microwatt [µW]) nei circuiti elettronici ed il1 generale nei sistemi per l'ela-
borazione di segnali.

6.2.2 Convenzioni delle potenze elettriche

. ..
a) b) e) d)
/h

Vh
+
.
Ìh
1

Vh'
.
Ì1,'

Vh
+
+

Figura 6.2.2.1

Per stabilire se la potenza scan1biata alla porta 11-esiina entra o esce da essa è
necessario fissare i riferimenti di tensione e corrente. Dalla combinazione dei due
riferiinenti si possono avere le quattro diverse situazioni rappresentate in Figura
6.2.2.1.
Dato che l'inversione del riferimento di tensione e/o corrente comporta l'in-
versione del segno della stessa tensione e/o corrente (vh(t) =-vh'(t), ih(t) =-ih'(t)),
ai fini della determinazione del segno nel prodotto tensione-corrente i casi a) e b)
sono equivalenti fra loro (e così pure i casi c) ed)): infatti si passa dall'uno all'altro
invertendo conte1nporaneamente i riferiinenti di tensione e di corrente.
I casi a) e b) corrispondono alla convenzione degli utilizzatori. I casi c) e d) a
quella dei generatori, definite nel Capitolo 3.
46 Capitolo 6

6.2.2.1 Convenzione degli utilizzatori


Se per la porta si usa la convenzione degli utilizzatori (la porta è convenzionata
da utilizzatore), la potenza Ph = v 1,i11 è entrante alla porta h-esima.
Se risulta P1i > O, allora la porta h-esima assorbe potenza elettrica positiva; se
viceversa risulta p11 < O, allora la porta eroga potenza elettrica positiva.
Con tale convenzione in un resistore è sempre p 11 > O, in quanto esso può solo
assorbire e dissipare potenza elettrica. Invece in un generatore è Pi.< O se esso sta
erogando potenza elettrica; è p11 > O se ne sta assorbendo.

6.2.2.2 Convenzione dei generatori


Se per la porta si usa la convenzione dei generatori (la porta è convenzionata
da generatore), la potenza p 11 = vhih è uscente alla porta h-esin1a.
Se risulta Ph > O, allora la porta h-esima eroga potenza elettrica positiva; se
viceversa risulta Ph < O, allora la porta assorbe potenza elettrica positiva.
Con tale convenzione in un resistore è sempre Pb < O. Invece in un generatore è
Ph > O se esso sta erogando potenza elettrica; è p 11 < O se ne sta assorbendo.

6.2.3 Potenza scambiata da un m-bipolo e da un n-polo


6.2.3.1 Potenza scambiata da un m-bipolo con il resto della rete
La totale potenza scan1biata da un m-bipolo con il resto della rete avente tutte
le 1n porte convenzionate allo stesso modo risulta espressa da:

(6.2.3.1)

se si è usata la convenzione degli utilizzatori, p(t) rappresenta la totale potenza


entrante nell'm-bipolo; se si è usata la convenzione dei generatori, p(t) rappresenta
la totale potenza elettrica uscente dall'm-bipolo.

6.2.3.2 Potenza scambiata da un n-polo


Per esprimere la potenza scambiata da un n-polo, si può considerare questo
come un m-bipolo, il cui nwnero di porte è m=n-1, ciascuna essendo definita
tra il 1norsetto h-esimo (1 < h < n -1) ed il morsetto n-esilno: tale assunzione è le-
gittima in quanto, per la proprietà delle correnti di n-polo, la corrente entrante al
morsetto n-esimo (morsetto comune) è pari all'opposto della so1nma delle correnti
entranti a tutti gli altri morsetti:
l\·1
in=- I,ib (6.2.3.2)
h=1

e può quindi essere considerata come la corrente di ritorno delle n -1 porte aventi
corrente i 11 e tensione v110 • Con tale assunzione la potenza scambiata risulta ancora
espressa dalla (6.2.3.1).
8 IPOLI, DOPPI BIPOLI E POTENZA ELITTRICA 47

E SEMPI

. .
li l2

• i(t) + • •+
o o VI V2

+ V(t) •

Figura 6.2.3.1 Figura 6.2.3.2

Il bipolo di Figura 6.2.3.1 risulta convenzionato da utilizzatore e quindi il


prodotto di tensione e corrente indica la potenza entrante. Se la tensione vale
v=-120 V e la corrente i =-0,5 A, la potenzap = 60 W, positiva, è assorbita dal bipo-
lo. Se invece la tensione vale v =-160 V e la corrente i= 0,4 A, la potenza p =-64 W
è negativa: il bipolo sta erogando 64 W al circuito cui è connesso.
Il doppio bipolo di Figura 6.2.3.2 risulta convenzionato da utilizzatore alla por-
ta 1 e da generatore alla porta 2. Tensioni e correnti valgono: V1 = 100 V, V2 = 30 V,
11 = 6 A, 12 = 2 A. Esso dunque assorbe la potenza P1 = 600 W alla porta 1 ed eroga la
potenzaP2 = 60 W alla porta 2 (ovvero assorbe alla porta 2 -P2 =-60 W); la potenza
complessivainente assorbita dal doppio bi polo vale P = P1 - P2 = 540 W.

6.2.4 Lavoro elettrico


Analogamente a quanto avviene per potenza e lavoro meccanici, il lavoro elet-
trico /1[, scambiato nell'intervallo di tempo /1t ad una porta elettrica è:

tiC =f p(t)dt = J
M &L
v(t)i(t)dt (6.2.4.1)

In regime stazionario la potenza è costante nel tempo e quindi il lavoro elettrico


scambiato nell'intervallo temporale /1t si riduce a:

tiC = f P dt = P /1t = V l /1t


,l.l
(6.2.4.2)

Co1ne la potenza, il lavoro è entrante o uscente dalla porta a seconda che questa
sia convenzionata da utilizzatore o da generatore. Il lavoro elettrico ha dimensio-
ne fisica di joule [J], dato che [W][s] = UJ. Frequente è l'uso dei 1nultipli (kilojou-
le [kJ], megajoule [MJ], gigajoule [GJ]) nei sistemi di produzione, trasmissione e
utilizzazione dell'energia elettrica, e dei sottomultipli (1nillijoule [mJ], microjoule
[µJ]) nei circuiti elettronici ed in generale nei sistemi per l'elaborazione di segnali.
E' usatissimo il kilo'\>vattora, dove 1 kilowattora = 3.6 MJ. Il totale lavoro elettrico
/1L scambiato dall'm-bipolo nell'intervallo di tempo /1t, se tutte le m porte recano
la medesima convenzione (degli utilizzatori o dei generatori) risulta espresso dal-
la somma dei lavori scainbiati alle m porte.
48 Capitolo 6

6.2.5 Wattmetro

~ V
i(t)

V(t)

Figura 6.2.5.1

La potenza elettrica scambiata ad una porta si n1isura con lo strumento detto


wattmetro, che è dotato di quattro morsetti, due dei quali vengono chiamati morset-
ti amperometrici e due morsetti voltmetrici; i morsetti amperometrici, contrassegna-
ti l'uno con + e l'altro con-, vengono inseriti "in serie" nel circuito come nel caso
dell'amperometro; ai morsetti volbnetrici, pure contrassegnati con + e con-, fanno
capo due conduttori che terminano in due puntali, come per il voltmetro, i quali
vengono posti nei punti tra i quali si intende considerare la d.d.p.; lo strumento è
dotato anche di un sisten1a di visualizzazione (che può essere una lancetta mobile
lungo una scala graduata, un display digitale, uno schermo oscilloscopico, ... ) che
indica la potenza. Esso si schematizza con il simbolo di Figura 6.2.5.1, ove sono
indicati i riferinlenti di corrente e tensione corrispondenti alle inarcature dei mor-
setti: nell'esempio di figura tali riferimenti impongono la convenzione degli utiliz-
zatori al bipolo di destra, e quindi lo strumento 1nisura la potenza entrante in esso.
Il wattmetro ideale presenta sempre tensione nulla tra i morsetti amperometrici
e corrente nulla ai morsetti volbnetrici, cosicché la sua inserzione non modifica
il funzionamento del circuito; inoltre esso indica istante per istante la potenza
scambiata anche se questa varia molto rapidamente e qualsiasi segno essa assuma.

6.2.6 Contatore
Il lavoro elettrico /1.[, scambiato nell'intervallo di tempo /1t = t 2 -li ad una porta
elettrica (6.2.4.1) viene nùsurato con uno strumento detto contatore, che consiste
in un wattmetro integratore. Esso ha un'enorme ilnportanza per la fatturazione dei
consunù elettrici.
Anch'esso p resenta quattro morsetti, per i quali valgono le stesse considerazio-
ni di § 6 .2.5.
Se la porta rappresenta un'utenza elettrica e i morsetti del contatore sono colle-
gati in modo che la porta abbia la convenzione dell'utilizzatore, il contatore nùsura
il lavoro elettrico assorbito dall'utenza dall'istante t 1 ( detto "istante della lettura
iniziale" in fattura) all'istante t2 ( detto "istante della lettura finale" in fattura) .
Capitolo
PROPRIETÀ GENERALI DELLE RETI
ELETTRICHE

a 7.1 INTRODUZIONE ALLE RETI ELETTRICHE


Una rete elettrica è costituita in generale da n-poli, tra cui in particolare anche
bipoli, i cui terminali sono connessi tra loro mediante conduttori ideali equipoten-
ziali. Nel seguito faremo specifican1ente riferimento alle reti di bipoli e mostrere-
mo che, conoscendo le equazioni che descrivono il legame tra tensione e corrente
in ciascun bipolo e le interconnessioni esistenti tra i bipoli, è possibile risolvere la
rete, ovvero determinare le tensioni e le correnti su tutti i bipoli. Per pervenire alla
soluzione è possibile procedere in modo sistematico, applicando leggi e metodi
di analisi che saranno illustrati in questo e nel seguente capitolo. I ragionamenti
presentati sono facilmente estendibili alle reti di m-bipoli.

a 7.2 TOPOLOGIA DELLE RETI ELETTRICHE


La topologia di una rete è essenzialmente la descrizione delle interconnessioni
esistenti tra i bipoli della rete.
Tale descrizione è fondata sui seguenti concetti di base:
- lato: tratto di rete che rappresenta un bipolo con i conduttori ideali diretta111en-
te collegati ai suoi terminali; il lato può essere orientato. Il numero dei lati di
una rete coincide con quello dei bipoli e viene indicato con e.
- nodo: punto di interconnessione tra due o più lati (bipoli) della rete; può essere
orientato definendo un riferimento coerente (ad es.: uscente) per la 1nisura delle
correnti su ciascuno dei lati ad esso interconnessi. Il numero di nodi di una rete
viene indicato con n.
- grafo: descrizione grafica della rete, ottenuta indicando i nodi per mezzo di
punti ed i lati per mezzo di segmenti curvilinei.
- maglia: insieme di lati, tra loro connessi direttainente, tali da costituire un per-
corso chiuso nel grafo che tocca ciascun nodo una sola volta; una maglia può es-
sere orientata definendo un'orientazione del percorso (ad es.: in verso orario) co-
erente con il riferimento delle tensioni su ciascuno dei lati che la costituiscono.
- anello: una maglia che orla una superficie non contenente ele1nenti del grafo.
- insieme di taglio: insieme di lati che attraversano (ovvero "sono tagliati da") la
superficie che contorna un volume arbitrario che include uno o più nodi del
grafo; una superficie di taglio può essere orientata definendo un'orientazione
della superficie (ad ese1npo uscente dal volume) coerente con i riferimenti delle
correnti su ciascuno dei lati che lo costituiscono.
50 Capitolo 7

EsEMPio: descrizione grafica di una rete di bipoli mediante grafo costituito da


nodi e lati

/ nodo

Figura 7.2.1

ESEMPIO: maglia
Tra gli esempi di Figura 7.2.2 l'insieme dei lati in grassetto definisce una maglia
soltanto nel caso a).
a) b) e)

Figura 7.2 .2

EsEMPio: insieme di taglio


In Figura 7.2.3 i lati (disegnati in grassetto), che attraversano la superficie Se del
volu1ne rappresentato in grigio costituiscono un insieme di taglio. Nel caso b) i lati
dell'insieme di taglio concorrono in un nodo.

a) b)

Figura 7.2.3

- Albero: insieme di lati che collegano tutti i nodi del grafo senza formare alcuna
maglia. In un grafo si possono definire più alberi. Se il grafo han nodi, il nume-
ro e. di lati di ogni suo albero è:
I, a =n - 1 (7.2.1)
PROPRIETÀ GENERALI DELLE RETI ELETTRICHE 51

E SEMPIO: albero
In Figura 7.2.4 i sottografi a), b), c) ed) sono esempi di alberi del grafo rappresen-
tato in alto a sinistra.
a) b)

Ns Ns

e) d)

Ns Ns Figura 7.2.4

Coalbero: insieme di lati complementari ad un dato albero. Si possono definire


.e
tanti coalberi quanti sono gli alberi. Se il grafo han nodi ed lati, il numero 0 .e
di lati di qualunque coalbero è:
.e =t-.e
e •
= f- (n-1) (7.2.2)
E SEMPIO:coalbero
In Figura 7.2.5 sono rappresentati i coalberi corrispondenti agli alberi a), b), c) ed)
del grafo di Figura 7.2.4.
a) b)

e} d)

N --~

Figura 7.2.5
52 Capitolo 7

I concetti di base descritti si applicano anche nel caso in cui le reti contengano,
oltre a bipoli, anche m-bipoli: è sufficiente che in questi ulti11ù si associ un lato ad
ogni porta.

• 7.3 LEGGI DI KIRCHHOFF


Come descritto nel Cap. 3, la definizione degli n-poli nelle reti elettriche si basa
sulle seguenti due ipotesi:
a. la somma delle correnti uscenti dai terminali (vale a dire tutte misurate con
riferimenti uscenti dal n-polo) è nulla;
b. la tensione tra una qualsiasi coppia di terminali è una differenza di potenziale.
Tenendo conto delle proprietà dei campi vettoriali e del prmcipio di conserva-
zione delle cariche elettriche, queste ipotesi equivalgono a stabilire che:
1. la co1Tente netta attraverso qualunque supezficie "chiusa" che non "tagli" alcun
bipolo è sempre nulla, grazie al fatto che il campo di densità di corrente è so-
lenoidale all'esterno dei bipoli;
2. la tensione lungo un qualunque percorso chiuso che non attraversi alcun bipolo
è sempre nulla, grazie al fatto che il campo elettrico è conservativo all'esterno
dei bipoli.
Queste due affer1nazioni, dette leggi di Kirchhoff, essenzialmente espri1nono le
ipotesi fondamentali alla base dello studio delle reti elettriche e da esse discende
gran parte delle loro proprietà.
Vale la pena di notare che esistono sistemi fisici che non possono essere de-
scritti mediante bipoli coerenti con tali definizioni e che quindi tali siste1ni non
possono essere descritti mediante una rete elettrica.

7.3.1 Legge di Kirchhoff delle correnti (LKC)


La LKC (o pri1na legge di Kirchhoff) può essere espressa affermando che, in una
rete di n-poli, la somma algebrica delle correnti dei lati appartenenti ad un qualsiasi
insieme di taglio orientato è uguale a zero in ogni istante:

r
lnsiB1nA di
i(t) = o (7.3.1.1)
taglio {ClriAnL.ato)

E SEMPIO!

Per gli msiemi di taglio Ì11 Figura 7.3.1.1, orientati in verso uscente (versore n ),
la LKC si scrive:

(7.3.1.2)

Questa equazione è soddisfatta ad esempio dai valori i1 = 16 A, i2 = -25 A e


i :{ = -9 A. Orientare l'msieme di taglio nel verso opposto (versore n entrante) equi-
vale a cambiare tutti i segni, ottenendo un'equazione equivalente.
PROPRIETÀ GENERALI DELLE RETI ELETTRICHE 53

a) b)
.
li
~

.
.
~-
12
l3
...

Figura 7.3.1.1

7.3.2 Legge di Kirchhoff delle tensioni (LKT)


La LKT (o seconda legge di Kirchhoff) può essere espressa affern1ando che, in
una rete di n-poli, la somma algebrica delle tensioni dei lati appartenenti ad una
qualsiasi maglia orientata è uguale a zero in ogni istante:
I: v(t) = o (7.3.2.1)
ma_glia
(Onénl.ata)

E SEMPIO!

Per la maglia di Figura 7.3.2.1, orientata nel verso indicato dalla freccia ricurva
(orario), la LKT si scrive:
(7.3.2.2)
Questa equazione è soddisfatta ad esempio dai valori: v 1 = 100 V, v2 = 240 V,
v3 = - 200 V e v4 = -60 V. Orientare la maglia nel verso opposto (antiorario) equivale
a cambiare tutti i segni ottenendo un'equazione equivalente.

v;

+ +
+

Figura 7.3.2 .1
54 Capitolo 7

a 7.4 SISTEMI DI EQUAZIONI TOPOLOGICHE


Le equazioni che esprimono le leggi di Kirchhoff (LKT e LKC) sono dette equa-
zioni topologiche della rete, in quanto descrivono essenziahnente le interconnes-
sioni tra i bipoli.
Per risolvere una rete, ovvero per determinarne tutte le tensioni e tutte le cor-
renti dei lati, conviene scrivere llll sistema costituito da tutte le possibili equazioni
topologiche tra loro indipendenti.

7.4.1 Sistemi di equazioni LKT indipendenti


Scelto (a piacere) un albero della rete, per ciascun lato del corrispondente co-
albero possiamo individuare una maglia composta solainente da quel lato di co-
albero e da uno o più lati dell'albero. Tali maglie sono in nUinero pari a m = Cc
= C-e. = C-(n-1) e ciascuna di esse contiene un lato che, per costruzione, non
appartiene alle altre maglie. Se ne ottiene quindi un siste1na di m equazioni LKT
indipendenti tra loro:
I v(t)=O perciascunadellem=C-(n-l)n1aglie (7.4.1.1)
maoJia
(orfenLat.a)

poiché in una rete possono essere individuati più alberi e relativi coalberi, è possi-
bile scegliere tra più sistemi di m equazioni indipendenti nelle tensioni. Se la rete
è piana (cioè avente grafo che può essere disegnato su un piano senza che i lati
si intersechino), le equazioni LKT scritte per gli anelli del grafo costituiscono un
sistema di equazioni indipendenti tra loro.

7.4.2 Sistemi di equazioni LKC indipendenti


Scelto (a piacere) un albero della rete, per ciascun ramo di albero possiamo
individuare un insieme di taglio, composto da un solo lato dell'albero e da uno o
più lati del coalbero. Tali insiemi di taglio sono in numero pari a e. =n-1, quanti
sono i lati di albero, e ciascuno di essi contiene un lato che, per costruzione, non
appartiene agli altri insiemi di taglio. Se ne ottiene quindi un sistema di n-1 equa-
zioni LKC indipendenti tra loro:
I i(t) = O, per ciascuno deglin-1 insiemi di taglio; (7.4.2.1)
it)siBtné di Laglio
(oriéolalo)

poiché in una rete possono essere individuati più alberi e relativi coalberi, è possi-
bile scegliere tra più sistemi di n -1 equazioni indipendenti nelle correnti.

7.4.3 Numero totale di equazioni topologiche indipendenti


Tenendo conto di quanto sopra, per una rete elettrica possono essere scritte
complessivamente m + n-1 = ec +e.= C equazioni topologiche indipendenti:
I i(t) = O, per ciascuno degli n-1 insiemi di taglio; (7.4.3.1)
iosiBrtlé di Laglfo
(o riénlalo)
PROPRIETÀ GENERALI DELLE RETI ELETTRICHE 55

I: v(t) = O , per ciascuna delle m = e- (n - 1) maglie; (7.4.3.2)


maglia
(otìéOLala)

poiché queste equazioni sono di natura topologica, per la loro scrittura è conve-
niente utilizzare il grafo della rete.

EsEMPIO

a)

.;1/'"-,j ~-
+ .. - - 7

b) e)

1/ .r,~
++ • - ,~ 7 I-
5 - • I+ 5 • +

-~ i~ /2 + ~~ js /2 +
4 +±- 3 4 ++ - 3

Figura 7.4.3.1

Il grafo di Figura 7.4.3 .1 ha e= 8 lati e n = 5 nodi. Gli n-1 = 4 lati di un albero


sono evidenziati con tratto più grosso, il coalbero relativo ha m = 4 lati.
Le 1n = 4 maglie, costruite su tale coalbero sono (Fig. 7.4.3.lb)
- maglia a: lato di coalbero 1, lati di albero 5 e 6;
- maglia b: lato di coalbero 7, lati di albero 2 e 6;
- maglia c: lato di coalbero 8, lati di albero 2, 3 e 6;
- maglia d: lato di coalbero 4, lati di albero 2, 3, 5 e 6.
Gli n - 1 = 4 insie1ni di taglio, costruiti sull'albero sono (Fig. 7 .4.3.lc)
- insie1ne di taglio A: lato di albero 5, lati di coalbero 1 e 4 ;
- insieme di taglio B: lato di albero 6, lati di coalbero 1, 4, 7 e 8;
- insien1e di taglio C: lato di albero 2, lati di coalbero 4, 7 e 8;
- insieme di taglio D: lato di albero 3, lati di coalbero 4 e 8.
Ovviamente sono lecite anche altre scelte di albero e coalbero, sempre di
n-1 = 4 e m = 4 lati.
56 Capitolo 7

a 7.5 CONSERVAZIONE DELLE POTENZE ELETTRICHE


In una rete elettrica di bipoli, in conseguenza delle LKC e LKT, la somma delle
potenze (definite su tutti i bipoli con la convenzione degli utilizzatori) è nulla in
ogni istante:

(7.5.1)

La medesiina proprietà vale anche definendo tutte le potenze con la convenzio-


ne dei generatori. La (7.5.1) con1porta che alcuni bipoli effettivamente assorbano
potenza, mentre altri ne eroghino. Se alcuni bipoli recano la convenzione dei ge-
neratori ed altri quella degli utilizzatori, la (7.5.1) si riscrive come:
L bP•• (t) = LbP•• (t) (7.5.2)

ovvero la so1nma delle potenze erogate dai bipoli "convenzionati" da generatori è


uguale alla somma delle potenze assorbite dai bipoli "convenzionati" da utilizzatori.
Se tutti i bipoli sono convenzionati da u tilizzatori, la potenza assorbita dal bi-
polo h-esiino che si appoggia ai nodi re s può essere scritta come:
(7.5.3)

avendo espresso la tensione sul bipolo vh(t) = U,-U. (differenza dei potenziali ai
nodi r ed s) e la corrente sul bipolo ih (t) = i,., misurata dal nodo r verso il nodo s.
La somma su tutti i lati della rete si ottiene sommando in r ed in s su tutti i nodi
della rete (e dividendo per due, perché la doppia sommatoria di nodo considera
ciascun bipolo due volte):

(7.5.4)

distribuendo e permutando le due somn1atorie di nodo, si ottiene:

, I.
"--h=t Pb = Z1 (°"" U °"u , , n U , n · ) O
"--r=t r "--s=t 1,s - "--s=t s "--r=t 1,.s = (7.5.5)

infatti le due sommatorie delle correnti i,., la prima in s e la seconda in r, costitu-


iscono le somme delle correnti rispettivamente entranti nel nodo s e uscenti dal
nodo r: per la LKC esse sono entrambe nulle.
La conservazione delle potenze vale anche per le reti di m-bipoli.
Capitolo
RETI IN REGIME STAZIONARIO

In questo capitolo si descrivono le proprietà delle reti di resistori, generatori


di tensione costante e generatori di corrente costante in regùne stazionario, nelle
quali le tensioni e le correnti sono tutte costanti: v{t) =Ve i(t) = I.
Si considerano inizialmente reti risultanti da connessioni semplici di bipoli,
che sono utili anche nell'analisi di reti più complesse.

8.1 BIPOLI IN SERIE

8.1.1 Serie di due bipoli generici

.
1s + +
A

Vs
81 V1
Vi
- I N
Vs +

82 I
Vi - - - - - - - - , , f - - - - - - - - -~

- -
B
Figura 8.1.1.1 Figura 8.1.1.2

Due bipoli B1 e B2 sono considerati in serie se un terminale di entrambi è con-


nesso ad uno stesso nodo N cui non converge alcun altro collegamento. Quindi,
con i riferimenti indicati in Figura. 8.1.1.1, dalla LKC risulta:
Is=I1=I2 (8.1.1.1)
dalla LKT si ottiene inoltre che per le tensioni vale la relazione:
Vs=V1+V2 (8.1.1.2)
58 Capitolo 8

Queste equazioni indicano che i due bipoli possono essere considerati come un
unico "bipolo serie", la cui caratteristica esterna (relazione tra V.5 e IsJ si ottiene
so1nmando le tensioni di B1 e B2 a parità di corrente. In Figura 8 .1.1.2 si vede che la
caratteristica del bipolo serie può anche essere ottenuta per via grafica, operando
sulle caratteristiche esterne dei singoli bipoli.
Si osservi che non tutti i bipoli possono essere connessi in serie: ad esempio,
due generatori ideali di corrente aventi correnti impresse f 1 e J2 diverse tra loro non
possono essere posti in serie, perché la (8.1.1.1) non può essere verificata. Lo stesso
vale per un generatore ideale di corrente (J # O) ed un circuito aperto.

8.1.2 Serie di un generatore ideale di tensione e di un resistore


Un caso importante è costituito dalla serie di un generatore ideale di tensione
costante E e di un resistore con resistenza R (Fig. 8.1.2.1).

.... 11 12 /1 • +Vi /, ~ -
~
V,
+-
o o -o
8 + + +
V1-E V2= R 12
Vs
ls
~

Figura 8 .1 .2.1

Con i riferimenti indicati, la LKC diviene / 5 = / 1 = -12• Esprimendo nella LKT le


tensioni per mezzo della rispettiva equazione di bipolo si ottiene anche:

(8.1.2.1)

I:ultimo membro mostra che la caratteristica esterna (V:5, / 5 ) del bipolo serie
esprin1e essenzialmente la relazione tensione-corrente di un generatore elettrico
avente f.e.m. pari a E e resistenza pari a R. Quando E e R sono costanti si ottiene un
generatore lineare di tensione.
Se il riferimento per la misura della corrente 15 viene rovesciato (/5 '=-/5 ) , l'e-
quazione diventa ovviainente: Vs= E + R 15 ' .
R ETI IN REGIME STAZIONARIO 59

8.1.3 Serie di uno o più resistori

Is R2 vk+ Rk Rf
.... + R1 - + - - + -
+
... ... ···---WVv...
Vs lk

Figura 8.1 .3.1

Il procedi.Inento sopra descritto può essere facilmente generalizzato al caso di


.f, bipoli in serie. Nel caso in cui questi siano tutti resistori (convenzionati co1ne in
Fig. 8.1.3.1), per il k-esimo resistore si ha:

(8.1.3.1)

mentre la LKT e la LKC impongono:

(8.1.3.2)

(8.1.3.3)

da queste si ricava:

(8.1.3.4)

Tale relazione mostra che il bipala serie è un resistore avente resistenza uguale
alla somma delle resistenze:

(8.1.3 .5)

8. 1.3. 1 Partitore di tensione resistivo


Dalle precedenti relazioni si ricava che la tensione della serie v. si ripartisce su
ciascun resistore in modo proporzionale alla sua resistenza:

(8.1.3.6)

:[;ultima espressione è nota come formula del partitore di tensione resistivo.


60 Capitolo 8

a 8.2 BIPOLI IN PARALLELO


8.2.1 Parallelo di due bipoli generici

A
- ~ +
lp lp
+ +
li
Vp B1 111 V2 B2
12
Vi
- ' - ' 12

- - V
.....
B

Figura 8 .2 .1.1 Figura 8.2.1.2

Due bipoli B1 e B2 sono considerati in parallelo se le coppie di terminali di en-


trambi i bipoli sono collegati alla stessa coppia di nodi A e B. Quindi, con i riferi-
menti indicati in Fig 8 .2.1.1, dalla LKT risulta:
v;,=V1 =V2 (8.2.1 .1)
dalla LKC si ottiene inoltre che per le correnti vale la relazione:
IP=I1 + I2 (8.2 .1.2)
Queste due equazioni indicano ch e i due bipoli possono essere considerati
co1ne un unico "bipolo parallelo", la cui caratteristica esterna (legame tra v;, e 1i,)
può essere ottenuta sonunando le correnti di B1 e B2 a parità di tensione. In Figura
8.2.1.2 si vede che la caratteristica del bipolo parallelo può anche essere ottenuta
per via grafica, operando sulle caratteristiche esterne dei singoli bipoli.
Si osservi che non tutti i bipoli possono essere connessi in parallelo: ad esem-
pio, due generatori ideali di tensione aventi f.e.m. E1 e E 2 diverse tra loro non
possono essere posti in parallelo, perché la (8.2.1.1) non può essere verificata. Lo
stesso vale per un generatore ideale di tensione (con E :;,t O) ed un cortocircuito.

8.2.2 Parallelo di un generatore ideale di corrente e di un resistore


Un caso in1portante è costituito dal parallelo di un generatore ideale di corrente
costante J e di un resistore con conduttanza G (Fig. 8 .2.2.1) .
Con i riferimenti indicati, la LKT diviene VP = V1 = - V2 • Esprimendo nella LKC la
corrente dei singoli bipoli per n1ezzo della rispettiva equazione di bipolo si ottiene:
(8.2.2.1)
R ET I IN REGIME STAZIONARIO 61

]p

0-----1: I :---o- ....


+
Vi + + Vp

]p
J
Vi Vp

Figura 8 .2.2.1

:[;ultimo membro 1nostra che la caratteristica esterna (Vp, IP) del bipala parallelo
esprime essenzialn1ente la relazione tensione-corrente di un generatore elettrico
avente corrente impressa pari a] e conduttanza pari a G; pertanto questo può esse-
re schematizzato con il parallelo suddetto. Quando J e G sono costanti si ottiene un
generatore lineare di corrente.
Se il riferimento per la misura della tensione VP viene rovesciato (Vp' =- ~ ,),
l'equazione diventa ovviamente: IP= J + G ½,-

8.2.3 Parallelo di resistori

+
/p + + + +
vk
Vp G, G2 Gt
Gk

l ' l l '
-· -

Figura 8.2 .3.1


-

Il procedilnento sopra descritto può essere facilmente generalizzato al caso di


.f, bipoli in parallelo. Nel caso in cui questi siano resistori (convenzionati come in
Fig. 8.2.3.1) per il k-esiI110 resistore si ha:
lk = Gk Vk (8.2.3.1)
mentre la LKC e la LKT impongono:
62 Capitolo 8

(8.2.3.2)

(8.2.3.3)
da queste si ricava:

IP =(I f=1Gk ) VP=Gpv;, con Gp=I f=1Gk = I {=1; (8.2.3.4)


k
Tale relazione mostra che il bipala parallelo è un resistore avente resistenza
uguale al reciproco della somma dei reciproci delle resistenze:
1
RI, = ...,.1. 1 (8.2.3.5)
L-k=1R
k

8.2.3. 1 Partitore di corrente resistivo


Le precedenti relazioni con1portano che la corrente del parallelo IP si ripartisce
su ciascun resistore proporzionaln1ente alla sua conduttanza:

Ik-- G kk-
V. - G kVp-- G kIi,
- -- p
I I.
Gk (8.2.3.6)
GP I i;=1Gh

I;ultima espressione è nota come formula del partitore di corrente resistivo.

8.3 RETI DI RESISTORI: RESISTENZA EQUIVALENTE AD UNA


COPPIA DI TERMINALI
Consideriamo una rete generica, di cui siano accessibili i terminali A e B. La
rete può sempre essere contenuta all'interno di una superficie chiusa, da cui fuori-
escono solainente i terminali A e B e quindi può essere considerata come un bipala
a tutti gli effetti. Vogliai110 determinare la caratteristica esterna di questo bipala .

-
[ I
'-
- A+
• A +
>
-'V\/v-
B-
V 4
• R eq=R i

• B

Figura 8 .3.1

In particolare consideriaino il caso di reti passitre (Fig. 8.3.1), costituite esclusi-


vamente da resistori, per le quali la caratteristica esterna è sempre del tipo:
V=R1I, I=G1V (8.3.1)
RETI IN REGIME STAZIONARIO 63

ove R; e G; sono denominati rispettivamente resistenza interna e conduttanza in-


terna della rete alla porta AB. Tale relazione mostra che il comportainento della
rete passiva tra A e B è equivalente a quello di un bipolo resistore con resistenza
equivalente R,,q = R;, ovvero con conduttanza equivalente Goq = G;; infatti questo
impone tra la tensione e la corrente alla porta AB il medesimo legame della rete.
Due esempi di resistenza equivalente di reti passive sono costituiti dalla serie e dal
parallelo di resistori. Più in generale, molte reti di resistori presentano topologie
che consentono di ricavare la resistenza equivalente applicando in successione
soltanto le riduzioni serie e parallelo.

8.3.1 Poligoni e stelle di resistori


Esistono reti di resistori che non sono riducibili ad un resistore equivalente per
mezzo di sole riduzioni serie e parallelo. Ciò avviene in particolare quando esse
contengono gruppi di resistori collegati a poligono o a stella, in particolare a trian-
golo Fig. 8.3.1.la) o a stella a tre vertici (Fig. 8.3.1.lb).

A A
a) b)

R CA RAB

Re

B e B

Figura 8.3.1.1

In questi casi si possono applicare le trasformazioni triangolo-stella oppure


stella-triangolo. La prima consiste nel sostituire il triangolo dato con la stella a
tre vertici equivalente, tale da presentare legami tra tensioni e correnti ai tre nodi
identiche a quelle del triai1golo dato. Il secondo tipo di trasformazione consiste nel
sostituire la stella a tre vertici data con il triangolo equivalente, tale da presentare
legami tra le tensioni e le correnti ai tre nodi uguali a quelli della stella data. Nella
trasformazione triangolo-stella si crea un nodo (il nodo O detto centro stella); nella
trasformazione stella-triai1golo il centro stella viene eliminato.

8.3. 1. 1 Formule della trasformazione triangolo-stella


Si può din1ostrare che i resistori della stella (Fig. 8.3.1.lb) equivalente al trian-
golo dato (Fig. 8.3.1.la) devono avere i seguenti valori di resistenza:
64 Capitolo 8

(8.3.1.1)

8.3. 1.2 Formule della trasformazione stella-triangolo


Si può pure dimostrare che i resistori del triangolo equivalente alla stella data
devono avere i seguenti valori di resistenza.

(8.3.1.2)

Nel caso particolare in cui le resistenze dei lati della stella siano tra loro uguali
(pari a R;J, anche le resistenze dei lati del triangolo sono tra loro uguali (pari a R,i),
e viceversa, risultando:
(8.3.1.3)

• 8.4 METODI DI ANALISI DELLE RETI LINEARI


Per risolvere una rete elettrica costituita da f bipoli (o lati) occorre determinare
tensioni e correnti su ciascuno dei bipoli, ovvero Zf grandezze incognite. A tal fine
sono necesarie 2.e equazioni indipendenti.
Come illustrato nel Capitolo 7, sulla base dalla struttura delle interconnessioni
(topologia della rete) e delle leggi di Ki_rchhoff, è possibile scrivere .e equazioni in-
dipendenti:
. .
I
ma.glia (orleolala)
vb = O m equaz1on1

=> .e equazioni topologiche (8.4.1)


L n -1 equazioni
iuSiQJl:\8 di
taglio (c,rientato)

Le altre f equazioni sono costituite dalle caratteristiche esterne (legame tra V ed I)


degli f bipoli (tipologi_a della rete). Se questi sono generatori ideali di tensione, ge-
neratori ideali di corrente e resistori ideali, essi impongono le seguenti equazioni:
R ETI IN REGIME STAZIONARIO 65

V =E gen. ideali di ten sion e


I =J gen. ideali di corrente ~ I, equazioni tipologiche (8.4.2)
V - R I = O resistori ideali

ove i parametri E, J e R sono costanti; la rete così costituita è detta rete lineare. Le
(8.4.1) e (8.4.2) costituiscono un sistema di 2.€ equazioni lineai-i indipendenti in 21,
incognite (le tensioni V e le correnti I). Il sistema può quindi sempre essere scritto
in forma matriciale come:

(8.4.3)

In generale, la matrice [A] risulta invertibile, salvo casi in cui le caratteristiche


dei bipoli siano palesemente incongruenti con le LKT ed LKC, co1ne quello in cui
vi siano generatori di tensione in parallelo o generatori di corrente in serie, nei
quali la matrice [A] risulta singolare. Esclusa tale eventualità, il sistema di equa-
zioni ammette soluzione unica, espriinibile come:

(8.4.4)

Questo metodo di soluzione richiede di risolvere un sistema di equazioni aven-


te rango pari al doppio del numero di lati presenti nella rete (2l ) e quindi è applica-
bile manualmente solo nel caso in cui il nun1ero di lati sia molto limitato; tuttavia
esso è iinportante, perchè da esso discendono 1netodi di analisi che permettono di
pervenire alla soluzione trasforn1ando il problema complessivo in sotto-problemi
molto più semplici da risolvere, anche manualmente. Nel seguito si illustrano tre
di tali metodi.

8.4.1 Metodo della sovrapposizione degli effetti


I:equazione (8.4.4) essenziahnente stabilisce che la tensione Vola corrente I su
ciascuno dei lati è espriinibile mediante una co1nbinazione lineare delle tensioni
dei generatori ideali E e delle correnti dei generatori ideali J presenti nella rete.
Se nella rete sono presenti r generatori ideali di tensione (E1 , E 2, ••• , E,) e s ge-
neratori ideali d i corrente 1/1 , fv ... , f.), la tensione e la corrente del generico lato
h-esiino sono esprimibili come:

ovvero (8.4.1.1)

ove:
V hE, = aW< Ek è la tensione prodotta nel lato h dal solo generatore E1
Vi,,, = R1ik ] 1 è la tensione prodotta nel lato h dal solo generatore Jk;
analogamente:
66 Capitolo 8

IhE, = G hk Ek è la corrente prodotta nel lato h dal solo generatore Ek


/ h ,. = Phkf k è la corrente prodotta nel lato h dal solo generatore Jk.

Quindi per determinare la tensione (o la corrente) su un qualunque lato della


rete occorre:
- calcolare la tensione (o la corrente) sul lato considerato, ottenuta attivando un
solo generatore (E o JJ, con tutti gli altri generatori spenti (E= O, J = O);
- ripetere il calcolo per tutti i generatori (E o J) , attivandone uno per volta;
- som1nare gli effetti.

Osservazioni
Un generatore di tensione "spento" corrisponde all'equazione V= E= Oe quindi
"spegnere" un generatore di tensione equivale a sostituirlo con un cortocircuito.
Un generatore di corrente "spento" corrisponde all'equazione I= J= O e quindi
"spegnere" un generatore di corrente equivale a sostituirlo con un circuito aperto.
Nell'applicazione del metodo della sovrapposizione degli effetti occorre risol-
vere tante reti quanti sono i generatori ideali presenti nella rete originale, perciò
questo metodo risulta piuttosto laborioso; tuttavia, dato che in ciascuna di tali reti
agisce un solo generatore, la soluzione della singola rete è notevolmente se1nplifi-
cata ed il procedin1ento co1nplessivo può essere talvolta più agevole della soluzio-
ne diretta del sistema delle (8.4.1) e (8.4.2) scritte per la rete completa.
La sovrapposizione degli effetti vale per qualunque bipolo di una rete di bipoli
lineari, quindi anche per le correnti dei generatori di tensione e per le tensioni dei
generatori di corrente presenti nella rete.
La sovrapposizione degli effetti non vale per le potenze erogate o assorbite da
una rete di bipoli lineari, in quanto la potenza elettrica scambiata, essendo il pro-
dotto di tensione per corrente, non è una funzione lineare.

Esempio
Si vuole applicare il metodo della sovrapposizione degli effetti alla rete di Fi-
gura 8.4.1.1. per calcolare la tensione V2 , la corrente /2 e la potenza assorbita dal
resistore R2 •

+ E

'

Figu ra 8.4.1.1
RETI IN REGIME STAZIONARIO 67

a) b)

J
hE ·---- li.J

' '
Figura 8.4.1.2

Per fare agire il solo generatore di tensione, si spegne il generatore di corrente,


sostituendolo con un circuito aperto ed ottenendo la rete di Figura 8.4.1.2a, ove la
resistenza equivalente ai terminali del generatore di tensione è pari alla serie di Ri
e R2 • Applicando anche la formula del partitore di tensione si ottengono corrente
e tensione in R1 :
E E _ R2
I =- - V. - - - E (8.4.1.2)
ZE Rs R R
1+2' ZE RR
1+ 2
Per fare invece agire il solo generatore di corrente, si spegne il generatore di ten-
sione, sostituendolo con un cortocircuito ed ottenendo la rete di Figura 8.4.l.2b,
ove la resistenza equivalente ai terminali del generatore di corrente è pari al pa-
rallelo di R1 e R1 • Applicando anche il partitore di corrente si ottengono corrente e
tensione in R1 :

(8.4.1.3)

Son1Illando i due contributi si ricavano la corrente e la tensione incognite della


rete di Figura 8.4.1.1:

I2 -_ I2E _ E + R1f V. -V. V. _ R2(E + R 1 J}


+ I2/ - --~, z- 2E + 2,-~~-~- (8.4.1.4)
R1 + R2 . R1 + Rz

Ovviamente queste verificano la relazione V2 = RJ2 • La potenza assorbita dal


resistore R2 vale:

P2 =R 2 I 2 z=R 2 (E + R1/)2 = R2Ez + RzR1z/2 + 22R1 R2E J (8.4.1.5)


R1+ R2 (R 1+ R2)

si può facil111ente verificare che la potenza non può essere calcolata come so111ma
delle potenze assorbite da R2 quando agiscono singolarmente E e J, le quali risul-
terebbero pari a:
68 Capitolo 8

(8.4.1.6)

8.4.2 Metodo delle correnti di anello


Il metodo delle correnti di anello consente di ridurre il 11umero di equazioni
necessarie a risolvere una rete, utilizzando con1e incognite un insie1ne di correnti,
dette anche "correnti cicliche", che soddisfa "intrinsecamente" tutte le n-1 equa-
zioni LKC.
Scelto un sistema di m =.e- (n -1) maglie della rete indipendenti tra loro, per
ogni maglia si considera una corrente virtuale, che ne percorre tutti i lati, 'richiu-
dendosi' su sè stessa. Se la rete è piana, co1ne nella maggior parte dei casi e in tutti
gli esempi successivi, è conveniente utilizzare come sistema di maglie indipenden-
ti il sistema degli anelli. Le m correnti sono dette "correnti di anello".
IA,, IA. , IA t ... , IA '
m •1
(8.4.2.1)

Conviene scegliere una orientazio-


ne coerente (ad esempio oraria) per la
corrente in tutti gli anelli (Fig. 8.4.2.1).
La corrente di ciascun lato della
rete risulta allora esprimibile come
differenza tra le correnti dei due anel-
li a cui il lato appartiene (se il lato sta
all'interno della rete) oppure come
corrente di un solo anello (se il lato
sta sul bordo della rete). Ad esempio,
se il lato generico li-esimo appartiene
Figura 8.4.2 .1 agli anelli A, ed A. e la sua corrente 11,
ha riferilnento concorde con quello di
JAr, allora essa vale:
(8.4.2.2)
lh =IAr- IAs
Se ciascuno dei bipoli della rete è un bipolo rappresentabile come generatore
lineare di tensione, descritto da una equazione caratteristica del tipo: Vh = Eh - Rh Jh,
si può scrivere:
(8.4.2.3)
Questo è possibile per tutti i lati, esclusi quelli costituiti da un generatore ideale
di corrente, vedi § 8.4.4. l;equazione LKT di ciascuno degli m anelli diventa allora:
(8.4.2.4)

Riordinando i termini si ricava il seguente sistema di m equazioni, in cui le


incognite sono le m correnti cicliche:
RETI IN REGIME STAZIONARIO 69

(8.4.2.5)

dove lA1, lA2, .. .lAm sono le correnti degli anelli 1, 2, ... m e inoltre:
- RA , RA , ...RA sono la so1nma delle resistenze dei lati di ciascun anello (de-
11 •
nommate 22 "autores1stenze
mm • d.1 ane11o");
- RA1r, RA2r , .. .RAmr sono la resistenza del lato comune agli anelli 1 ed r, agli anelli
2 ed r, .... agli anelli m ed r (denon1inate "mutue resistenze tra anelli");
- EA, EA, ... EA sono la sonuna algebrica delle tensioni dei generatori di tensione
prisenli lungo gli anelli 1, 2, ...m (denominate ''fe.m. di anello").
Le tensioni sono prese con segno positivo se, dato il verso di percorrenza dell'anel-
lo, si entra dal morsetto negativo del generatore, con segno negativo nel caso opposto.
La soluzione del siste1na di m equazioni (8.4.2.5) consente di deter1ninare le
correnti di anello. Le correnti dei lati possono poi essere calcolate con la (8.4.2.2)
e le tensioni di ciascun lato con le equazioni di bipolo.

Esempio
Per la rete di Figura 8.4.2.2 sugli anelli Ai, A 2 e A._1 si scrivono le seguenti equazioni:
(R1 + R 2)lA. - R 2l Az =E, -E6
(R 2+R 3 +R 4 )1A, - R 21A, - R 41A"=E:1-E4 (8.4.2.6)
R41A, - R41A, =E4+E5+E(\

Una volta risolto il sistema e determinate le tre correnti di anello lA1 , lA2 e lA3 ,
da queste si ottengono le correnti dei lati per mezzo di equazioni analoghe a quelle
considerate per l'esempio di Figura 8 .4.2.1:
l , = 1A1' l :1 = 1A2' 15 = 1A3' 12= lA2-lA1' 1. = 1A3 -lA2' 16 = 1A3 -lA1.

- +
EJ
+

I E,, / j/ I !
2 R2
' I ,: R3

'1 E6 E4
l3

.. -
I

I<,
+

,... l ,s
- +
R -I
..'
/4

- 15
Es+
-
Figura 8.4.2.2
70 Capitolo 8

8.4.3 Metodo dei potenziali ai nodi


Il metodo dei potenziali ai nodi consente di ridurre il numero di equazioni ne-
cessarie a risolvere una rete, utilizzando come incognite un insieme di tensioni sui
bipoli che soddisfa "intrinsecainente" tutte le f -(n - 1) equazioni LKT.
Si assegna potenziale zero ad un nodo arbitrario (nodo di massa o di riferimen-
to) ad esempio al nodo n-esimo: U,, = O, e su ciascuno degli altri (n-1) nodi della
rete si considerano i potenziali relativi a tale riferimento (Fig. 8.4.3.1):
U1, U2, U3, •• •• U11 _ 2, U11 _ 1 (8.4.3.1)
Le tensioni di ciascun lato della rete risultano allora esprimibili come d ifferenze
di potenziale, sicché la tensione Vb del lato h-esimo che fa capo ai nodi N, ed N. è:
Vb= VrS= U, - U. (8.4.3.2)

Figura 8.4.3.1

Supponiaino anche che ciascuno dei bipoli della rete possa essere rappresenta-
to con1e un generatore lineare di corrente, descritto da una equazione caratteristica
del tipo: Jh =Jh- Gh v;,. Questo è possibile per tutti i lati, esclusi quelli costituiti da
un generatore ideale di tensione, vedi § 8.4.4. Esprimendo la tensione Vh come
differenza dei potenziali dei nodi a cui esso è collegato, si ottiene ch e la corrente Jh
su un generico lato della rete vale:
Jh =fh-~ (U,-U.) (8.4.3.3)
I:equazione LKC per ciascuno degli n-1 nodi diventa allora:
IJh
h
= Ilh
h
- IGb
h
v;,=Ilh
h
- Ih Gh (U, -U.)=o (8.4.3.4)

Riordinando i termini, si ricava il seguente sistema di n -1 equazioni, in cui le


incognite sono gli n -1 potenziali dei nodi:

GNu U, - L ~•,;,12 GN,, U rJN,


• GNzr U r-J
11 1
GNzz U 2 - "~r=1 - Nz
r*Z (8.4.3.5)

r-1
2
GNcn·l)(n· t} Un ·1 - I;".:. GN cn ·t), U 1 J
N(n, i}
RETI IN REGIME STAZIONARIO 71

dove U1, Uv ... U,, _1 sono i potenziali dei nodi 1, 2, ...n-1 e inoltre:
GN11, GNzz, ... GN(n-1)(st- 1) sono la somma delle conduttanze dei lati che toccano il
nodo 1, 2, ... n-1 (cteno1ninate "autoconduttanze di nodo");
- ~1r , ~Zr, ... GN~n--t)r sono le conduttanze tra le coppie di nodi 1 e r, 2 e r, ... n -1 e
r (denominate' mutue conduttanze tra nodi");
- JN,1 JNz, ... JN(n- 11.sono la somma algebrica delle correnti dei generatori di corrente
collegati ai nodi 1, 2, n-1 (denominate "correnti impresse di nodo").
Le correnti sono prese con segno positivo se il riferimento di corrente è diretto
verso il nodo, con segno negativo nel caso opposto.
La soluzione delle n-1 equazioni (8.4.3.5) consente di determinare i potenziali
ai nodi della rete. Le tensioni dei lati possono poi essere calcolate con la (8.4.3.2) e
le correnti di ciascun lato con le equazioni di bipolo.

ESEMPIO

. 1i ~ 13
I N2 I
+ v, + V3

ti, t!2 ~ l3I


G2 ~ - 14

N,
~ - J6
I
N4
+
V2

+ ~
I ' N-,,
15- t,,.- 1•
+ v6 4

15 I
V5 +

Figura 8.4.3.2

Nella rete di Figura 8.4.3.2, posto uguale a zero il potenziale del nodo N 4 , U4 = O,
si scrive il seguente sistema di equazioni nei potenziali ai nodi N 1 , N 2 , N:{:

(G1 +G5 )U,-G1 ('2 - G5 [/2 J,-fs +f6


(G, +G2 +G3 )('2- G, U,- G3[/2=-J1+J3 (8.4.3.6)
(G 3 +G 4 +G5 ) U:1 -G5 U,-Gal:.'2 =-fa-!4 +fs

Una volta risolto il sistema e deter1ninati i tre potenziali dei nodi, U1 , U2 e U:{•
da questi si ottengono le tensioni dei lati per mezzo delle (8.4.3.2): V1 =U1 -U2 ,
Vz = U2 , ½{ = U2 - U3 , V4 = - U3 , V5 = U1 - U:i e V6 = U1 •
72 Capitolo 8

8.4.4 Osservazioni
Il metodo delle co1Tenti di anello, che conduce ad un sistema ridotto di m equa-
zioni, e il metodo dei potenziali ai nodi, che conduce ad un sistema ridotto di n -1
equazioni, permettono entrambi di calcolare le tensioni e correnti di tutti i lati di
una rete di bipoli lineari.
La scelta di quale dei due usare può essere indifferente quando sia m = n-1 e
la rete non presenti alcun lato costituito da un solo generatore ideale (di tensione
o corrente). Altrimenti conviene scegliere il metodo ch e conduce al sistema con
minor numero di equazioni.
I metodi delle Correnti di Anello e dei Potenziali ai Nodi non sono direttamente
applicabili se nella rete ci sono lati "anomali", costituiti rispettivamente da un sem-
plice generatore ideale di corrente o da un semplice generatore ideale di tensione.
Infatti, un generatore ideale di corrente, avente equazione del tipo l1, =Jh (valore
noto e costante), non è rappresentabile 1nediante un generatore ideale di tensione
con resistenza in serie.
Tuttavia un generatore ideale di corrente ùnpone un vincolo sulle correnti degli
anelli di cui fa parte, espresso da una equazione del tipo: 111 = IAJ-IAJ = / 11•
Quindi, considerando come mcognita supplementare la tensione Vh sul genera-
tore del lato "anomalo" e aggiungendo tale equazione alle R. -(n -1} equazioni per le
correnti di anello, è sempre possibile calcolare la corrente di ciascun anello, oltre
che la tensione sul generatore nel lato "anomalo".
Analogamente, un generatore ideale di tensione, avente equazione del tipo
v;, = Eh (valore noto e costante}, non è rappresentabile mediante un generatore ide-
ale di corrente con resistenza in parallelo.
Tuttavia un generatore ideale di tensione ùnpone un vincolo sui potenziali dei
nodi a cui è collegato, espresso da una equazione del tipo: Vh = UN;- UN; = Eh.
Quindi, considerando co1ne mcognita supple1nentare la corrente Ih sul gene-
ratore del lato "anomalo" e aggiungendo tale equazione alle n-1 equazioni per i
potenziali ai nodi, è se1npre possibile calcolare i potenziali di ciascun nodo, oltre
che la corrente sul generatore nel lato "anomalo".

' DELLE RETI LINEARI


• 8.5 PROPRIETA
8.5.1 Proprietà di sostituzione di un bipolo
Consideriamo un qualunque lato di una rete di R. bipoli lineari, e mdichiamo
con v;, ed Ih rispettivamente la tensione e la corrente su quel lato.
E' facile constatare che, se il lato considerato viene "sostituito" con un generato-
re ideale di tensione con Eh = V11 ( oppure con un generatore ideale di corrente con
l1i =111}, nel sistema di 2f. equazioni della rete tutto rùnane invariato, eccetto l'e-
quazione caratteristica ½, = ½Jlh} o Ih = l 11(Vh} relativa al lato considerato. Tuttavia,
la nuova equazione amn1ette ancora la coppia tensione-corrente (½" li,} identica
alla precedente, di conseguenza, avendo il sistema di equazioni soluzione unica,
sia prima che dopo la sostituzione, ne risulta che le tensioni e le correnti di tutti i
bipoli rimangono invariate.
R ET I IN REGIME STAZIONARIO 73

8.5.2 Teoremi dei generatori equivalenti


Se di una rete si considerano accessibili due soli nodi A e B, essa costituisce un
bipala avente tenninali A e B. I teoremi dei generatori equivalenti affermano che,
se la rete è lineare, tale bipala presenta ai terminali il medesimo comportamento di
un singolo generatore lineare.

8.5.2. 1 Generatore di tensione equivalente (Teorema di Thévenin)


Enunciato

~
A - -,~
-
+
I A
--
+
l

'
' -
-
-
I V .. I
+
E eq V

,-
'
- B B

Figura 8.5.2.1

Il comportamento di una qualU11que rete di bipoli lineari in termini di tensione


V e corrente I ai ternlinali A e B è equivalente quello di un bipala costituito da un
generatore ideale di tensione Eoq in serie con un resistore di resistenza R...i (vedi
Fig. 8.5.2.1) aventi i seguenti valori:
E"'I = v;> = tensione a vuoto tra A e B (8.5.2.1)

R"'I = ¼ = resistenza equivalente


/ oc

La resistenza equiva-
lente R...i risulta pari al rap- V
porto tra tensione a vuoto
V 0 e corrente di cortocircu- V(I)= Ecq- R,q/
ito Ice ai terminali AB. Vo=Eeq
La caratteristica ester-
na del bipala è quindi
descritta da una retta pas-
sante per la coppia di pun-
ti (V= v;>' I= O) e (V= O,
I= I,,J , avente equazione:
V(I) = Eoq-¾I, come 1no-
strato in Figura 8.5.2.2. o I
La resistenza equiva-
lente R...i coincide con la Figura 8.5.2.2
74 Capitolo 8

resistenza interna della rete che risulta tra i nodi A e B quando tutti i generatori
ideali di tensione e di corrente sono spenti.

Dimostrazione
a) b)
A l ... A l
-w.tv- + -w.tv- +

--Q)- TI e --Q)- V

-e- B
- -e- B

Figura 8.5.2.3

Si consideri un bipolo qualsiasi C connesso ai nodi A e B della rete e siano V e


I i valori di tensione e corrente che in tale condizione sono presenti tra A e B, con
i riferimenti indicati in Figura 8.5.2.3a.
In base alla proprietà di sostituzione, il bipolo C può essere sostituito con un ge-
neratore ideale di corrente avente corrente impressa J= I , come in Figura 8.5.2.3b,
senza modificare tensioni e correnti nel circuito. La nuova rete è lineare, perciò, ap-
plicando la sovrapposizione degli effetti, la tensione V della rete di Figura 8.5.2.3b
può essere espressa come:
V= V'+ V" (8.5.2.2)
dove V' è la tensione prodotta tra A e B quando J = O e tutti i generatori interni
alla rete sono accesi (Fig. 8.5.2.4a) mentre V" è la tensione prodotta tra A e B dal
generatore ideale di corrente J quando tutti i generatori interni alla rete sono spenti
(Fig. 8.5.2.4 b).
a) b)

A A I ..,
---w.tv- + +

-(i)- v· + R•q V"


-i .!=/

-e- B B

Figura 8 .5.2.4

Il primo dei due addendi, V coincide con la tensione a vuoto della rete 17c1 tra i
tenninali A e B; il secondo risulta V' =-./R.q. Si ottiene quindi:
(8.5.2.3)
Questa relazione esprime il fatto che la caratteristica esterna (V,J) della rete data,
vista dai terminali A e B, è rettilinea e coincide con quella di un generatore lineare
di tensione costituito dalla serie di un generatore ideale di tensione Eoq = 17c1 e di llll
resistore R"'l = R; (Fig. 8.5.2.1), che è l'enunciato del teore111a di Thévenin.
R ETI IN REGIME STAZIONARIO 75

I parametri v;1 e ~ (tensione a vuoto e resistenza equivalente), sono specifici


della rete ai nodi A e B e non dipendono dal particolare b ipolo esterno considera-
to. Quindi, in qualsiasi altra condizione di funziona1nento, tensione V e corrente I
sono legate dalla relazione (8.5.2.3) in cui V0 e~ non can1biano.
La (8.5.2.3) vale anche quando tra i terminali A e B è collegato un cortocircuito:
in tal caso si ha V= O, e I= !oc; allora l'equazione (8.5.2.3) diventa O= V0 - ~ !oc, da
cui si ottiene ch e R..ci = VJloc ovvero la resistenza equivalente è pari al rapporto tra
tensione a vuoto e corrente di cortocircuito.

Esempio
La rete di Figura 8.5.2.5a è uguale a quella di Figura 8.4 .1.1, alla quale è stata
applicata la sovrapposizione degli effetti. Si vuole qui determinarne il generatore
equivalente di Thévenin ai nodi A e B. La tensione E"'! è pari alla tensione a vuoto
tra A e B, che è la tensione V2 espressa ili (8.4.1.4). Inoltre la resistenza R..ci è pari
alla resistenza R; che appare tra gli stessi terminali avendo azzerato la f.e.m. e la
corrente Ìlllpresse dai due generatori: si ottiene la rete passiva di Figura 8.5.2.5b
ch e presenta tra A e B resistenza pari al parallelo di R1 e Rz. Si ha qumdi:

(8.5.2.4)

a) b)
.----- - -i - - 1-- -.-- A A

J
·---
' - - - -- - - - - - -- ... B B

Figura 8.5.2.5

8.5.2.2 Generatore di corrente equivalente (Teorema di Norton)

A
I
.. A
I
..
------W/v- + +

I V .. j
Jeq - Ge V

-
B B

Figura 8.5.2.6
76 Capitolo 8

Enunciato
Il comportamento di una qualunque rete di bipoli lineari il1 termmi di tensione
V e corre11te I ai terminali A e B è equivalente a quello di un bipolo costituito da
un generatore ideale di corrente / oq in parallelo con una conduttanza Goq (vedi Fig.
8.5.2.6) aventi i seguenti valori:
Joq =Ice = corrente di cortocircuito tra A eB (8.5.2 .5)

1 1
G = cc = = conduttanza equivalente
•q V.
o
R oq

La corrente Ice è la corrente ai terminali A e B quando essi sono collegati da un


cortocircuito. La conduttanza equivalente G°" risulta pari al rapporto tra corrente
di cortocircuito Ice e tensione a vuoto \/;1 ai terminali AB.
La caratteristica esterna del bipolo è quindi descritta da una retta passante per
la coppia di punti (V= v;l'
V
I= O) e (V= O, !=Ice), aven-
te equazione I(V) =J"" - G""V,
l(V) l eq - G,q V
come mostrato in Figura
8.5.2.7.
La conduttanza equiva-
lente G°" coincide con la
conduttanza mterna della
rete che risulta tra i nodi A
e B quando tutti i genera-
tori ideali di tensione e di
o I corrente sono spenti ed è il
reciproco della resistenza
Figura 8 .5.2.7
equivalente: G°" = 1/R°".

Dimostrazione
Il teorema di Norton può essere dimostrato in modo duale a quello seguito per
il teorema di Thévenm, oppure, m modo più immediato, utilizzando lo stesso teo-
ren1a di Thévenm. Infatti il generatore lmeare di tensione di Thévenm equivalente
alla rete tra i nodi A e B può essere trasformato in generatore lineare di corrente; in
tal modo dalla (8.5.2.3) si ottiene:
I= Ice-G; V= J.,1-G°" V (8.5.2.6)
in cui / oq =Ice = \/;1 !Roq e G°" = 111\.q, m accordo con le (8.5.2.5).

Esempio
La rete di Figura 8.5.2.8a è uguale a quella di Figura 8.5.2.5a (della quale si è
calcolato il generatore equivalente di Thévelllll tra i nodi A e B) e di Figura 8.4.1.1
(cui è stata applicata la sovrapposizione degli effetti). Si vuole qui deter1ninarne
il generatore equivalente di Norton tra A e B. La corrente il11pressa / oq è pari alla
corrente di cortocircuito tra A e B, che è la corrente Ice della rete di Figura 8.5.2.8b.
R ETI IN REGIME STAZIONARIO 77

Questa può essere determinata considerando che il parallelo del resistore Rl con il
cortocircuito è un cortocircuito, per cui R2 si può eliminare dalla rete. Il resistore
Ri è sottoposto alla tensione E, per cui applicando la LKC la corrente di cortocir-
cuito è espressa dalla (8.5.2.7). La conduttanza Goq è pari alla conduttanza G1 che
appare tra A e B avendo azzerato le grandezze impresse dai due generatori: si ot-
tiene ancora la rete passiva di Figura 8.5.2 .5b che presenta tra A e B il parallelo di
R 1 e R2 • Si ha quindi:
1 1
Goq = G-=-
I +- (8.5.2.7)
R1 Rz
a) b)
+E +E
......---...----1 - 1--.- A , - - - -----1 - A

- -
.___ _....__ _ _ _ _.._... B
'
~------------ 8
Figura 8.5.2.8

Considerando la f.e.m. equivalente di Thévenin espressa dalla (8.5.2.4) per la


medesima rete alla medesima porta, si verifica che valgono le relazioni:
Eoq = v;1 = R 2 (E+ R 1 / ) R 1 = R 2 R1 =R .= _!_
(8.5.2.8)
J.'I I ce R1 + R2 E+R1f R1 + R2 , Gi

8.5.2.3 Osservazioni
I.;utilità dei generatori equivalenti di Thévenin e di Norton risiede nel fatto che,
una volta noti E"'1 e Roq o f "'1 e G"'J' per qualsiasi condizione di lavoro la rete può
essere sostituita con il generatore equivalente. Ovviamente, cambiando i terminali
A e B nella la stessa rete, si ottengono generatori equivalenti diversi, con tensioni a
vuoto, correnti di cortocircuito, resistenze e conduttanze interne diverse.
E' in1portante notare anche che i generatori equivalenti di Thévenin e Norton
rappresentano il funzionamento della rete considerata solo dal punto di vista della
caratteristica esterna (V,1) ai terminali, ma non sono certamente rappresentativi
degli scaJnbi energetici interni alla rete considerata.

a 8.6 RENDIMENTO ED ADATTAMENTO DEL CARICO


8.6.1 Rendimento di un generatore elettrico
Si consideri un generatore lineare costituito da un generatore ideale di f e.m E e
da una resistore (resistenza interna) R;, connesso ad un u tilizzatore ("carico") rap-
presentabile con un resistore di resistenza R0 (Fig. 8.6.1). Con i riferimenti indicati,
la corrente e la tensione ai terminali, in funzione di E, R1 e R risultano espresse
0
,

dalle seguenti relazioni:


78 Capitolo 8

+
+

I E I V

Figura 8.6.1

(8.6.1)

la potenza scambiata (erogata dal generatore e assorbita dall'utilizzatore) è


R E2
P =VI = " 2
= P(R" ) (8.6.2)
(Ri+R")

1nentre la potenza generata nel generatore e quella in esso dissipata sono rispetti-
vamente.
(8.6.3)

ovviamente è P6-Pc1 = P, in accordo con la conservazione delle potenze.


Si definisce rendimento del generatore il rapporto tra la potenza che esso eroga
P e la potenza che genera:

(8.6.4)

p
V 'l

E - ----------- I

p..._,
J;;_ -I 2
2 2
Pl'lW'll.

4
I I
o I« /~,; o }u. In·
2 2
CRu Y>) (Ru R, ) (R u~ O) (Ru :,,) (R u R, ) (R ua O)

Figura 8.6.2
RETI IN REGIME STAZIONARIO 79

Per un dato generatore (cioè fissati E e R;), le quantità I, V, P, P't Pd e 11 dipendono


solo dalla resistenza R,, dell'utilizzatore, che può variare tra oo (circuito aperto, cui
corrisponde I= O) a O (cortocircuito, cui corrisponde I= Ice). Le grandezze V, P, Pg, Pd
e 11 possono anche essere espresse in funzione della corrente I, variabile appunto
tra O e l"''' presentando gli andamenti illustrati dalle quattro curve di Figura 8.6.2:
- curva 1: tensione ai ter1ninali: V=E-R; I;
rendimento: 11 = 1-R; I/E;
curva 2: potenza generata: Ps =E I·'
curva 3: potenza dissipata: pd = Ri fl;
curva 4: potenza erogata: P=EI-R.i [1 •
Se il generatore è invece costituito da un generatore ideale di corrente J in parallelo
con una resistenza R;, si ha:
potenza generata ps = VJ,
potenza dissipata P<1= V2/R;,
potenza erogata P=VJ-V2/R;
rendimento 11 = 1- V/(R; J)

8.6.2 Massimo trasferimento di potenza


Si vuole detenninare ora il valore R" per il quale la potenza trasferita al carico
è massilna (condizione di adattamento del carico). Calcolando la derivata della
potenza P(R,,) (eq. 8.6.2) si ottiene che la potenza trasferita è massin1a quando la
resistenza del carico è uguale alla resistenza interna del generatore:
(8.6.5)

come n1ostrato dalla curva in Figura 8.6.2: in tale situazione la tensione vale
V= Yc/2 e la corrente vale I= Iccf2, la potenza dissipata uguaglia quella erogata ed è
pari a E 1/(4R;) e il rendin1ento vale 0,5.
Questo risultato vale anche quando il carico R,, è alimentato da una generica
rete lineare collegata ai nodi A e B. E' sufficiente rappresentare la rete mediante
il generatore equivalente di Thévenin, con E.,1 = V0 (tensione a vuoto) e resisten-
za equivalente Roq = R; (resistenza interna alla porta AB): l'adattamento si ottie-
ne ancora quando R,, = R; = Roq e la potenza corrispondentemente trasferita vale
Pmax = V0 2/(4R;). Tuttavia nulla si può dire sul rendi111ento, in quanto il generatore
equivalente non è significativo della rete reale dal punto di vista energetico.

Esempio
Nella rete di Figura 8.6.3 (pagina seguente) sia R1 = R1 = R. È facile ottenere
il generatore equivalente secondo Thévenin, i cui parametri valgono Eoq = E/2 e
Roq = R/2. Pertanto la condizione di massilno trasferilnento di potenza al resistore
Ru si ottiene quando Ru = R.,1 = R/2 e si ha allora:
E z E2
P= • <i - - (8.6.6)
4R•q 8R
80 Capitolo 8

A A - I~
V
R, +

!Ri
f >

I E
V
<
Ru
!
fg
~

- B
Figura 8.6.3

In queste condizioni la corrente erogata dal generatore E vale Js = 3E/( 4R) e


quindi la potenza generata e il rendimento valgono:

3E2 P l
P = El = - 11=- = - =0 166 (8.6.7)
s s 4R ' Ps 6 '
Capitolo
FENOMENI DIELETTRICI
E CONDENSATORE

• ' FONDAMENTALI
9.1 PROPRIETA

9.1.1 Spostamento elettrico e relazione costitutiva del campo dielettrico


Ovunque sia presente un campo elettrico E(P,t), è utile considerare anche un
campo vettoriale denominato spostamento elettrico D(P,t) che è legato al crunpo
E(P,t) dalla relazione costitutiva del campo dielettrico:

D (P,t) = e E(P,t) (9.1.1.1)

Il parametro e (già introdotto in § 2 .1) viene detto permittività dielettrica ed il


suo valore dipende punto per punto dal tipo di materiale. Avendo e diinensione
di farad/met.J·o [F/m) (ovvero [CNm]), lo sposta1nento elettrico ha diinensione di
coulomb su metro quadro (C/m 2].
Si dicono dielettrici i feno1neni descritti dai crunpi E(P,t) e D(P,t) che avvengono
tipicamente nei materiali isolanti, ovvero materiali aventi conducibilità pratica-
mente nulla, sicché in presenza di campo elettrico E la densità di corrente di con-
duzione / risulta trascurabile. Nei materiali uniformi (vedi § 2.1} la permittività è
uno scalare costante (E e D sono paralleli ed hanno intensità proporzionali): e è
detta in tal caso costante dielettrica.

9.1.2 Espressioni di D in materiale uniforme


Lo spostamento elettrico in un materiale uniforme è proporzionale al campo
elettrico. A titolo di esempio, il campo D(P) prodotto in un materiale uniforme da
una carica libera puntiforme q situata nel punto Q è, per la (2.1.3):

D(P) = q 11,.. (9.1.2.1}


41t fop 2 -\.lp

ove rQP è la distanza tra i punti Q e P e uQP è il versore diretto da Q verso P.


82 Capitolo 9

9.1.3 Legge di Gauss

D~ ,4 n cst

dS

Figura 9.1.3.1

Utilizzando la 9.1.2.1, e considerando una superficie chiusa Se, si può verificare


che il flusso uscente del campo vettoriale D è uguale alla carica elettrica libera
contenuta all'interno di S0 •
In effetti questa proprietà rimane valida anche se il campo D si sviluppa in
materiali non uniformi e costituisce la legge di Gauss: il flusso di D uscente da
una qualsiasi supeeficie chiusa Se è pari alla carica libera q contenuta nel volume 't
racchiuso da Se (Fig. 9.1.3.1):
(9.1.3.1)

ove n.,.Lè il versore normale uscente da Se.


Se la carica libera è distribuita nel volume 't con densità di carica volumica Pc,
si ha anche q = J,ped't, da cui, applicando il teorema della divergenza (si veda in
appendice la relazione A.6.2.4), si ottiene la seguente espressione locale della legge
di Gauss:
div D = Pc (9.1.3.2)

Questa equazione indica che le linee vettoriali di D hanno sorgenti ("nascono") ove
Pc> O e pozzi ("muoiono") ove Pc< O.
Il campo vettoriale D assume un chiaro significato fisico sulla superficie ester-
na di corpi conduttori in condizioni elettrostatiche (cioè in assenza di moto delle
cariche elettriche: / =O).
In ogni punto interno del corpo conduttore il cainpo coulombiano, Ee= p/ =O,
e quindi lo spostamento elettrico, D =sEe= O sono nulli (Fig. 9.1.4.1); perciò nei
punti interni è nulla anche la sua divergenza. Per la (9.1.3.2) è Pe= O. Pertanto la
carica libera q può solo addensarsi sulla superficie I del corpo conduttore, con
una densità superficiale cre.
FENOMEN I D IELETTRICI E CONDENSATORE 83

y=O

y=O
D L 'nest
yf.O

EO

Figu ra 9.1.4.1

Sempre per la condizione E 0 = 0, non vi è tensione tra i p1111ti del corpo condut-
tore, sicché tutti i suoi punti presentano lo stesso valore di potenziale elettrico;
in particolare la sua superficie costituisce una superficie equipotenziale. Di con-
seguenza i campi E e D esterni al corpo conduttore nascono o muoiono su I con
direzione ortogonale in ogni punto. Un dischetto infinitesimo di base dI e altezza
trascurabile contiene la carica dq = cr 0 dI, mentre il flusso di D uscente dal dischet-
to si riduce al solo contributo attraverso la sua base rivolta al dielettrico, che vale
D·n.,.LdI = DdI (essendo n ..Lil versore nonnale rivolto verso l'esterno, parallelo a
D }. Per la (9.1 .3.1} tale flusso è uguale alla carica contenuta: DdI = dq; deve quindi
essere D = 0 0 • Dato che D e n ..Lsono paralleli o antiparalleli, questa relazione può
essere riscritta in forma vettoriale come:
(9.1.3.3}

La relazione evidenzia che D nasce dal conduttore ed è rivolto verso l'esterno


se 0 0 > O (sorgente} oppure è rivolto al conduttore, ove muore, se crc < O (pozzo).
Corrispondentemente sulla superficie conduttrice il ca1npo elettrostatico vale
E 0 = (crje}n .,,t·

9.1.4 Polarizzazione e rigidità dielettrica nei materiali isolanti


Definito come sposta.Jllento elettrico nel vuoto il vettore D 0 (P,t} legato al caIIlpo
elettrostatico E0 (P,t):
(9.1.4.1}

il vettore D(P,t} in un materiale isolante qualsiasi, sempre nel punto P, può essere
espresso come:
D(P,t} = eE0 (P,t} =e0 e,Ec(P,t}= e0 Ee(P,t}+ P(P,t} = D 0 (P,t} + P(P,t} (9.1.4.2}
dove il vettore P(P,t) viene detto polarizzazione del materiale isolante nel punto P
ed e,= e/ e0 (rapporto tra la pennittività dielettrica del materiale e quella del vuoto}
viene detta permittività dielettrica relativa dell'isolante.
84 Capitolo 9

Il vettore P rappresenta il modo in cui un particolare materiale isolante "reagi-


sce" alla presenza di un campo elettrico applicato al suo interno. In particolare i
materiali isolanti si suddividono in:
- sostanze polari: le molecole sono caratterizzate dal fatto che, anche in assen-
za di campo elettrico Ec, il baricentro della carica positiva (+ q) non coincide
con quello della carica negativa (-q). In assenza di campo elettrico, questi
dipoli elettrici sono disposti casualmente, mentre in presenza di E 0 i dipoli si
orientano tutti allo stesso modo, dando luogo ad un addensamento di cariche
negative di fronte alla superficie con carica positiva e viceversa cosicché P può
essere>> DO e perciò E>> e0 ;
- sostanze non polari: in assenza di campo elettrico, il baricentro della carica
positiva (+ q) e negativa (-q) coincidono, ma il campo elettrico li fa separare,
con un effetto qualitativamente silnile al precedente ma quantitativamente
molto inferiore.
Per entrambi i tipi di materiali, risulta E,> 1 e quindi, a parità di campo elet-
trico E 0 (o di tensione V applicata) il vettore spostamento elettrico D nel materiale
risulta maggiore di quello che si avrebbe nel vuoto. Viceversa, a parità di vettore
spostamento D , il campo elettrico E 0 nel materiale risulta inferiore a quello che si
avrebbe nel vuoto.
E' importante notare che il materiale rimane isolante solo fino a che il modulo
del campo elettrico E0 rin1ane al di sotto di un determinato valore, definito rigidità
dielettrica del materiale. Qualora tale valore venga superato, hanno inizio feno1ne-
ni di conduzione analoghi a quelli dei materiali conduttori, con alterazioni della
struttura chilnica (in genere irreversibili) del materiale stesso.
Valori della rigidità dielettrica e della pennittività dielettrica relativa per alcune
sostanze isolanti di largo uso sono riportati nella Tabella 9.1.4.1.

Rigidità Permittività
Tipologia Sostanza dielettrica dielettrica
[kV/mm] relativa
Gas Aria 2,6-:- 3,2 1
Azoto (Nz) 3,3 1
Anidride carbonica (C02) 2,9 1
Esafluoruro di zolfo (SF6) 8,9 1
Liquidi Acqua distillata 7 80
Olio minerale 25 2,2
Olio sintetico 20 5,5
Olio siliconico 10 2,8
FENOMENI DIELETTRICI E CONDENSATORE 85

Solidi Bachelite 10 5
Carta 6 2
Mica 120 5+8
Ceramici e vetri Allumina (Al203) 14 10
Porcellana al quarzo 20 + 40 6
Titanato di Bario (BaTi03) 2,5 + 15 2000+10000
Zirconato-Titanato di Piombo 8 + 16 300 + 6000
(PZT}
Vetro 10 + 50 4,5 + 7
Resine Resine acriliche 18 + 22 3,5 +4,5
termoplastiche
Resine polian1nùdiche 16 + 18 3+4
Policarbonato 15 +20 3,5 + 4
Polietilene:
bassa densità 20 +25 2,3
alta densità 20 2,3
reticolato 20 +25 2,4
Polietilene tereftalato (PET} film 280 + 300 3,2
(Mylar®)
Polipropilene 20 +35 2,2 + 2,6
Politetrafluoroetilene 15 + 25 2,3 + 2,6
(PTFE - Teflon®) 85 + 175 3,2 +4,5
PTFE film
Polivinilcloruro (PVC}:
rigido 20 + 50 3+4
flessibile 10 5,5
film 72 4+8
Resine Resine epossidiche 15 +20 3,5 + 5
termoindurenti
Resine poliestere 10 +20 3 + 4,5
Resine siliconiche 22 2,7 + 3
Elastomeri Gonuna naturale 24+ 32 2,3 + 3
Gonuna sintetica 24 + 32 3 + 3,5
(stirene-butadiene}
Gonuna siliconica 16 4,5
Elastomeri poliuretanici 25+35 6 + 7,5
Tabella 9.1.4.1 Rigidità dielettrica e permittività dielettrica relativa di alcune sostanze isolanti.
86 Capitolo 9

9.2 CONDENSATORE
Un condensatore è costituito da due
corpi conduttori -cA e i:8 di forma qualsi-
n asi, chian1ati armature, tra i quali sono
interposti uno o più materiali dielettri-
ci (Fig. 9.2.1). Sulle due armature sono
depositate due cariche elettriche libere
qA e q8= -qA, le quali si trovano distri-
buite sulle superfici, SA e S 8 , secondo di-
stribuzioni superficiali crr.A e cr0.n tali che:
T
-
,\ (9.2.1)

t si assume pure che nessuna altra carica


,\Il interagisca con qA e q0 • Costituendo le
arn1ature due superfici equipotenziali ed
essendo il campo conservativo, la ten-
Figura 9.2.1 sione tra due punti generici A e B delle
due armature:

f 1...
Ec · t de (9.2.2)

è pari ad una d.d.p., indipendente dalla linea di integrazione; essa è anche indi-
pendente dalla specifica collocazione di A e B su SA ed S8 • Quindi la (9 .2.2) espri-
me la d.d.p. tra le armature del condensatore.

9.2.1 Capacità del condensatore


Il legame esistente tra le cariche qA = -q0 depositate sulle armature, che produco-
no i campi Ec e D , e la differenza di potenziale vAB può essere definito dal rapporto:

C :_ qA = qD = q (9.2.1.1)
VAB VBA V

che è detto capacità del condensatore. Essa ha dimensione fisica di coulomb su


volt [CN], unità di misura che si esprime i11 farad [F]. Tale para1netro caratterizza
il condensatore; C risulta sempre positiva poiché, con i riferimenti posti, i rapporti
della (9.2.1 .1) hanno se1npre numeratore e denomi11atore di uguale segno; inoltre
nelle ipotesi di linearità dei materiali e di indefonnabilità del condensatore, C è
costante, ossia indipendente da cariche e d.d.p ..

9.2.2 Condensatore piano con dielettrico uniforme


Consideriamo il condensatore piano costituito da due conduttori piani e pa-
ralleli (detti armature), perfettamente affacciati e di uguale superficie (SA= S8 = S)
FENOMENI D IELETTRICI E CONDENSATORE 87

a) + b)

,,,_
/,, f,
SA
I
acA
s + + v+ +
/ · ~~ + ~ E:= -
A

llAB
..... . ~ ~ E
,,, /
• I . '' • 1 • ' "' i a cB
"' Su
SB
E
-
Figura 9.2.2 .1

avente dimensioni lineari molto maggiori della distanza e; tra le armature è interpo-
sto un materiale dielettrico uniforme avente permittività dielettrica E (Fig. 9.2.2.1a).
Grazie alla simmetria piana dell'oggetto, i campi D e E possono essere assunti
uniformi nel volume dielettrico fra le armature, con linee vettoriali ad esse ortogo-
nali (Fig. 9.2.2.1b). Per la (9.1.3.3) sono pure uniformi le distribuzioni di carica su
SA e S8, crc.A = qA/S =-q0 /S = -crr.s· Lo spostamento elettrico sulla superficie SA vale
D = crcAnAB e, per l'ipotesi di uniformità, presenta questo stesso valore in ogni punto
interno al dielettrico. Dato che il campo elettrico, pure uniforme, vale E = D/e, la
d .d.p. (9.2.2) vale v AB= Ef = cr0.Af/e =qAf/(Se). Applicando la (9.2.1.1) si ottiene la
capacità del condensatore piano:

(9.2.2.1)

9.2.3 Altri esempi di condensatori


9.2.3. 1 Condensatore piano con due dielettrici sovrapposti
Esso equivale a 2 condensatori in serie (Fig. 9.2.3.1a)

(9.2.3.1)

La capacità C è dunque pari al reciproco della sonuna dei reciproci delle capa-
cità C 1 e C2 dei due condensatori entrambi di superficie S e con dielettrici diversi.
Dato che D1 = D21 risulta E1 = E2 e2 /e1 , ovvero il campo elettrico è maggiore nel
dielettrico con E inferiore. Poiché tipican1ente gli isolanti con migliore rigidità die-
lettrica hanno un'elevata per1nittività (vedi Tab. 9. 1.4 .1), se il condensatore non è
correttamente progettato vi è il rischio che venga superata la rigidità dielettrica del
materiale con E minore.
88 Capitolo 9

a) b)
+ +
s
e
I

Figura 9.2.3.1

9.2.3.2 Condensatore piano con due dielettrici affiancati


Esso equivale a 2 condensatori in parallelo (Fig. 9.2.3.lb), perciò la sua capa-
cità risulta:

(9.2.3.2)

La capacità C è dunque pari alla somma delle capacità C 1 e C 2 dei due con-
densatori entrambi di spessore i e con dielettrici diversi. In questo caso il campo
elettrico è uguale nei due materiali.

9.2.3.3 Condensatore cilindrico


Un condensatore cilindrico ha armature realizzate con due lamine conduttrici
cilindriche e coassiali, aventi superfici SA e S8 , di raggio rA e r0 (con r0 > rA) ed altez-
za co1nune h , tra le quali è interposto un materiale dielettrico che ha permittività
s uniforme (Fig. 9.2.3.2). Data la simmetria cilindrica dell'oggetto e trascurando gli
effetti di bordo, le distribuzioni di carica sulle due armature risultano uniformi, le
linee vettoriali sono radiali e le superfici equipotenziali sono superfici cilindriche
coassiali. Per la legge di Gauss, sulla superficie equipotenziale di raggio r co1npreso
tra rA e r0 lo spostamento elettrico ha modulo D(r) = qJ(2nrh); quindi il campo elet-
trico ha modulo E(r) = qJ(2nrhs). Nulli sono i ca1npi per r < rA e r > r8 • La d.d.p. tra
le armature si ottiene integrando E(r) tra rA e r8 : si ottiene v AB= (qJ21ths)ln(rJrJ.
Da questa si deduce:

e = qA = 21tzh (9.2.3.3)
v AB ln(rs/rA)

Dalla (9.2.3.3) si deduce (qJ21ths) = v dln(r8 /rA) e quindi, sostituendo nell'e-


spressione E(r) = qJ(2nrhs):
FENOMEN I DIELETTRICI E CONDENSATORE 89

v=AB'---
E(r) = __ (9.2.3.4)
r In (r8 /r.0

che fornisce il modulo del campo elettrico in funzione dir, nota che sia la d.d.p.
applicata al condensatore. Esso è massimo in corrispondenza del raggio interno,
per r = rA, ove vale Ema.x = E(rA) = v,u/rAln(rJrA).

9.2.3.4 Condensatore sferico


Un condensatore sferico ha armature realizzate con due lamine conduttrici sfe-
riche e concentriche, aventi superfici SA e S 8 , di raggio rA e r 8 (con r 0 >rJ, tra
le quali è interposto un materiale dielettrico che ha permittività s uniforme (Fig.
9.2.3.3). Un forellino nel dielettrico e nell'armatura esterna consente il passaggio
di un sottile terminale per l'adduzione della carica all'armatura interna. Grazie alla
simmetria sferica, possiamo affermare che le cariche presenti su SA e S 8 sono distri-
buite uniformemente, che le linee vettoriali sono radiali e che le superfici equipo-
tenziali sono superfici sferiche concentriche. Per la legge di Gauss, sulla superficie
equipotenziale di raggio r compreso tra rA e r 0 lo spostamento elettrico ha modulo
D(r) =qJ (4nr2 ); quindi il campo elettrico ha modulo E(r) =qJ(4nr2s). Nulli sono i
campi per r < rA e r > r 8 • La d.d.p. tra le armature si ottiene integrando E(r) trar Ae
r 8 : si ottiene vAB = (qJ41ts)(rA- 1 -r8 - 1). Da questa si deduce:

C = qA = 41tS (9.2.3.5)
vAB (r~ -r~)
linee vettoriali

I
I
I
I linee vettoriali
I
Sn I b
I
I
I
I
I
L ._-d:_...- I
I
I
r I
r
...
B1
I
I
I
Q I
Al
._1 ..
r
B

Figura 9.2.3.2 Figura 9.2.3.3


90 Capitolo 9

Dalla (9.2.3.5) si deduce (qJ4na) =vAJll'(rA-1 -r0 - 1 ) e quindi, sostituendo nell'e-


spressione E(r) = qJ(4nr2a):

V
E(r) = AB (9.2.3.6)
r2 (2_ __!_)
rA rn

che esprime il modulo del campo elettrico in funzione di r, nota che sia la d.d.p.
applicata al condensatore. Esso è massimo in corrispondenza del raggio interno,
per r = rA, ove vale Emax= E(rJ = vAB r0 /rA(r0 -rJ.
Le (9.2.3.5) e (9.2.3.6) valgono anche per r 0 talmente grande da poter essere
ritenuto infinito rispetto a rA. In particolare la (9.2.3.6) diventa, essendo UA il po-
tenziale della sfera di raggio rA, dovuto alla carica qA ivi presente (UA = vA.,):

E(r) =VA; rA = u~ rA (9.2.3.7)


r r

che esprime il 1nodulo del campo elettrico in funzione del potenziale della sfera
di raggio rA. Esso è massimo per r = rA, ove vale Emax = E(rJ = UA/rA. In particolare,
a parità di potenziale applicato, quanto più piccolo è il raggio, tanto più elevato è
il campo elettrico massi1110. Questo comportamento è in accordo con la tendenza
del campo elettrico ad intensificarsi in corrispondenza delle superfici dei corpi
conduttori a piccolo raggio di curvatura ("punte").

9.2.3.5 Linea bifilare


Sono frequenti, peraltro, situazioni in cui le armature tra cui è applicata una
d.d.p. non delimitano, neppure approssimativamente, la regione dello spazio in
cui si sviluppa il campo dielettrico. Un esempio in1portante è costituito da una
linea bifilare, che è realizzata con due conduttori cilindrici, rettilinei e paralleli di
lunghezza e e raggio r 0 piccolo rispetto alla distanza h tra i loro assi, immersi in
un materiale dielettrico uniforme. Essi costituiscono un condensatore di capacità:

(9.2.3.8)

• 9.3 BIPOLO CONDENSATORE

9.3.1 Definizione di bipolo condensatore


Nel condensatore le cariche elettriche sulle armature e la tensione tra esse pos-
sono variare nel tempo: a tal fine le annature devono essere dotate di terminali
attraverso i quali è possibile l'adduzione delle cariche, Figura 9.3.1.1. Assumendo
che il campo elettrico sia sempre coulombiano (tale situazione viene definita con-
dizione variabile quasi-elettrostatica) valgono le seguenti considerazioni.
FENOMEN I DIELETTRICI E CONDENSATORE 91

sp
S•e

Sa
qA qB: - qA
j A (t
+ -
,:A ,:
i 8 (l)
+ 8

Figura 9.3.1.1

a. Correnti ai tenninali: considerate due superfici chiuse S0 e S'c• che racchiudono


completamente le due armature A e B rispettivamente, tagliandone i relativi
tenninali, per la legge di continuità risulta che:

iA (t) = dqA (t) (9.3.1.1)


dt

(9.3.1.2)

Assumendo che iA(t) =ia(t) =i(t), ossia la corrente entrante ad un terminale è


se1npre uguale a quella uscente all'altro ter1ninale, co1ne deve essere in un bipo-
lo (§ 3.2.1) si vede che la carica totale contenuta in tale superficie è nulla in ogni
istante, q8 (t) + qA(t) = O; esternamente al bipolo la corrente appare solenoidale,
benché sulle due armature ciò non sia vero.

b. Tensione tra i tenninali: vAD(t) è dovuta al solo campo coulombiano E0 come


deve essere la tensione v(t) ai terminali di un bipolo.

Quindi nelle ipotesi suddette il condensatore è schematizzabile come un bipolo;


tenuto conto della (9.2.1.1) e nell'ipotesi che C sia costante, la (9.3.1.1) ilnpone che
tensione e corrente risultino vincolate dalle relazioni:
92 Capitolo 9

i(t) = C dv(t) , v(t) = v(O) +2 C' i(t')dt' (9.3.1.3)


dt c Jo

la seconda essendo ottenuta per integrazione dalla prima


+
i(t) + v(t) dall'istante iniziale t = O in cui la tensione vale v(O), che costi-
tuisce la tensione iniziale (valore iniziale) del condensatore.
Queste equazioni, ricavate assumendo la convenzione degli
utilizzatori, caratterizzano il bipolo capacitivo, o bipolo con-
densatore (rappresentato con il simbolo di Fig. 9.3.1.2) e per-
mettono di descriverne il comportamento circuitale.
Le due equazioni dimostrano che il legame tensione-corren-
te di un condensatore è univocamente definito, a partire dall'i-
stante iniziale t = O, se è noto, oltre alla capacità C, il valore
iniziale della tensione v(O): solo così dalla corrente è deducibile
Figura 9.3.1 .2 la tensione in funzione del te1npo.

a) b)

......
-
I 111 I Il 11 I Il 11111 111111
I Q 1 Il ., 1l

e)

Figura 9.3.1.3: a) condensatori pe r tensioni di alcuni volt, adatti a applicazioni di segnale; b) con·
densatori per tensioni di ce ntinaia e migliaia di volt; c) condensatori ele ttrolitici per tensioni di
alcuni volt.
FENOMEN I D IELETTRICI E CONDENSATORE 93

9.3.2 Bipolo condensatore in regime stazionario


Un condensatore è in regilne stazionario se v(t) =V= costante e i(t) =I= co-
stante. Dovendo comunque valere le (9.3.1.3), dalla prima di esse, i(t) = Cdv(t)/dt,
si ottiene:

i(t) =I= O (9.3.2.1)

Questa indica che in regime stazionario un condensatore si co1nporta come un


circuito aperto: ai fini della determinazione delle tensioni e correnti stazionarie
degli altri n-poli della rete, ad esso può essere sostituito un circuito aperto, sempli-
ficando così la rete e le relative equazioni.
Diverso è però lo stato energetico dei due bipoli: come vedremo il condensatore
ilnmagazzina energia, mentre nessuna energia è ilnmagazzinata nel circuito aperto.

9.3.3 Carica e scarica del condensatore


9.3.3.1 Carica del condensatore con generatore di f.e.m. costante

I
--
R

V
i(t)
..
+ s ,2 + - +

Ei , I,
'- ~
e v(t)
-

Figura 9.3.3.1

Nel circuito di Figura 9.3.3.1, per t < O il commutatore S sia in posizione 2 e il


circuito sia a riposo (v(t) = O e i(t) = O). All'istante t = O il commutatore S conlllluta
da 2 a 1. Si vogliono determinare gli andamenti di v(t) e di i(t) per t > O. Con i rife-
rilnenti assunti, per t >Ola LKT impone E= vR + v. Essendo vR =Rie la corrente i(t)
esprilnibile con la prima delle (9.3.1.3), si ottiene:

E = RC dv(t) +v(t) (9.3.3.1)


dt
Questa è un'equazione differenziale lineare di primo ordine a coefficienti co-
stanti, che ha come integrale particolare vi>(t) = E; l'equazione caratteristica asso-
ciata è O= RCs + 1, che ha radice s =-1/RC, e quindi l'integrale generale dell'omo-
genea vale v0 (t) = Ke- ti(RCl, dove K è una costante di integrazione da deter1ninarsi.
La soluzione generale della (9.3.3.1) è dunque:
I
v(t) = E + K e - Re (9.3.3.2)
94 Capitolo 9

La (9.3.3.2), come la (9.3.3.1) di cui è soluzione, vale per t > O. La costan-


te K va calcolata determinando la condizione iniziale, cioè v(o+). Sappiamo che
v(o-) = O; se v(o+J fosse c;t. O, si avrebbe una variazione finita di tensione in un in-
tervallo infinitesiino (ovvero un "gradino di tensione") che implicherebbe, in base
alla prima delle (9.3.1.3), una corrente infinita ("in1pulso di corrente"). Ciò non è
possibile per la presenza del resistore R. Perciò v(o+) = O. La (9.3.3.2) in t = o+ for-
nisce v(o+) =E + K = O, da cui si deduce K = -E. Si ha dunque:

v(t) = E(1- RE)e (9.3.3.3)

I'(t) -_ dv(t) __ _E e -.Jc


C _...c...c. (9.3.3.4)
dt R

A v,i
E

E
R

L --..JL_=::::::::::=====---____:t•
T
Figura 9.3.3.2

Gli andamenti di v(t) e i(t) sono descritti dalle funzioni esponenziali rappre-
sentate in Figura 9.3.3 .2, che assun1e E positiva. Entrainbe le curve sono goven1ate
dalla costante:
T=RC (9.3.3.5)
omogenea con un tempo, che è detta costante di tempo.
La tensione del condensatore raggiunge il valore finale E in un tempo infinito;
in pratica, trascorso 1111 intervallo di te1npo Llt pari a 4-5 volte T, la tensione diffe-
risce da E per circa 1'1 % e la corrente è ridotta a circa 1'1% del valore iniziale E/R.
Pertanto si può assumere che la carica avvenga in un tempo finito e si parla quindi
di transitorio di carica alla fine del quale viene raggiunta la condizione stazionaria
con v= E e i= O, in accordo con la (9.3.2.1): la costante di tempo determina l'ordine
di grandezza della durata del transitorio.
Si può anche verificare che in un intervallo di tempo uguale a T la tensione
v(t) raggiunge il 63% del valore finale E mentre la corrente i(t) è ridotta del 63%
rispetto al valore iniziale i(O) = E/R. Inoltre se tutto il processo evolvesse con la 1ne-
FENOMEN I DIELETTRICI E CONDENSATORE 95

desima velocità che presenta per t = O, i valori di regin1e sarebbero raggiunti in un


intervallo di tempo pari a T (le tangenti in t = O alle curve esponenziali intercettano
i rispettivi asintoti in U11 tempo pari a T, vedi Fig. 9.3.3.2). Il valore della resistenza
R influenza il valore iniziale della corrente E/R e la costante di tempo T, ma non la
tensione fu1ale del condensatore.

9.3.3.2 Scarica del condensatore


Per t < O il circuito di Figura 9.3 .3.1 sia a regm1e stazionario con il conunutatore
Sin posizione 1 (v{t) = E e i(t) = O). All'istante t = O, S commuta da 1 a 2 . Proceden-
do in modo analogo al caso precedente si ottiene:
l
v(t) =Ee RE (9.3.3.6)

E _.!...
i(t) =-- e RC (9.3.3.7)
R

.
V, l
E

- E
R Figura 9.3.3.3

Gli andamenti di v(t) e i(t) sono rappresentati in Figura 9.3.3.3. Anche il pro-
cesso di scarica è governato dalla costante di tempo T e può considerarsi concluso
in un intervallo di tempo pari a 4 .;- 5 volte T; alla fine viene raggiunta una nuova
condizione stazionaria con tensione e corrente nulle (circuito a riposo con conden-
satore scarico).
96 Capitolo 9

a 9.4 SERIE E PARALLELO DI CONDENSATORI


9.4.1 Condensatori in serie
A
... i• (t) - ... Ì I (t)

+ A is (t)
e, T +
v ,(t)
+

V s (t)
s \I s (t)

+
C2 V2(t)
B
B •
l 2(1)

Figura 9.4.1.1 Figura 9.4.1.2

I due condensatori aventi capacità C1 e C2 di Figura 9.4.1.1 vengono collegati


in serie alla chiusura dell'interruttore S (per comodità si pone in tale istante l'o-
rigine dei ten1pi: t = O). Si vuole individuare il legame che tale serie iI11pone tra la
tensione v.(t) e la corrente i.(t), ovvero quale bipolo equivalente appare connesso ai
1norsetti A e B. Con i riferimenti indicati, le LKT e LKC impongono per t > O:
(9.4.1.1)

(9.4.1.2)
Co111binando queste con la seconda delle (9.3.1.3), si ottiene, per t > O:

(9.4.1.3)

ove si è posto:

(9.4.1.4)

ed anche v.(o) = v1 (0) + v2 (0), che corrisponde alla (9.4.1.1) valutata in t = O. I:equa-
zione (9.4.1.3) è soddisfatta dal condensatore di Figura 9.4.1.2, carico alla tensione
v.(o) per t = O.
Si può concludere che due condensatori di capacità C1 e C2 posti in serie equival-
gono ad un unico condensatore con capacità c. pari al reciproco della somma dei
reciproci delle singole capacità e con valore iniziale v.(O) pari alla somma algebrica
dei singoli valori iniziali. Tali risultati si possono facilmente estendere al caso di n
condensatori in serie.
FENOMEN I D IELETTRICI E CONDENSATORE 97

9.4.2 Condensatori in parallelo


A ..
Ìp (t)
A
..
ip (tl

+ S1
+
+ V i (I) + V 2(1) V p(t)
Vp (I)
ci C1
+i J (t)
B
B
Figura 9.4.2.1 Figura 9.4.2.2

I due condensatori aventi capacità Ct e C2 di Figura 9 .4.2.1 vengono collegati in


parallelo alla chiusura degli interruttori St e S2 (per co1nodità si pone in tale istante
l'origine dei tempi: t = O). Interessa individuare il legame che tale parallelo iinpone
tra la corrente i1,(t) e la tensione v1,(t), ovvero quale bipolo equivalente appare con-
nesso ai morsetti A e B. Con i riferimenti indicati, le LKT e LKC iinpongono per t > O:
il.(t} = it(t} + i2(t} (9.4.2.1)
v1,(t ) = vt(t} = v2 (t) (9.4.2.2)
Con1binando queste con la prima delle (9.3.1.3), si ottiene, per t > O:

i (t} = C dvt (t} + C. dv2 (t) = (C1 +C.2 ) dv1,(t) = C dv"(t) (9.4.2.3)
1 2
p dt dt dt p dt

ove si è posto:
(9.4.2.4)

I.:equazione (9.4.2.3) è soddisfatta dal condensatore di Figura 9 .4.2.2, la cui ten-


sione iniziale vale vp(O) = vt(O} = v2 (0}, che corrisponde alla (9.4.2.2) valutata in t = O.
Si può concludere cl1e due condensatori di capacità et e C 2 posti in parallelo
equivalgono ad un unico condensatore con capacità e,, pari alla somma delle sin-
gole capacità e con valore iniziale vp(O} uguale a quello di ciascun condensatore.
Tali risultati si possono facilmente estendere al caso di n condensatori in parallelo .

• 9.5 ENERGIA ELETTROSTATICA

9.5.1 Energia immagazzinata nel condensatore


9.5. 1. 1 Lavoro assorbito durante la carica
Nel circuito di Figura 9 .3 .3.1, durante il processo di carica (Fig. 9 .3.3.2} il gene-
ratore, convenzionato da generatore, eroga la potenza PE(t) = Ei(t}, mentre il con-
densatore ed il resistore, convenzionati da utilizzatori, assorbono rispettivamente
le potenze Pc(t) = v{t)i(t) e PR(t) = vR(t)i(t); è sempre verificato il bilancio delle po-
98 Capitolo 9

tenze PE(t) =Pc(t) + PR(t). Integrando le potenze nel tempo per tutta la durata del
processo di carica si ottengono i lavori rispettivamente erogato ed assorbiti dai tre
bipoli. Dalla (9.3.1.1) si deduce che la variazione infinitesima di carica accumu-
lata sulle armature si può esprimere come dq = idt e quindi il lavoro assorbito dal
condensatore vale:

4• = "'i v1dt
' = iQ v dq = iQ-q dq = -l Q2- (9.5.1.1)
o o oc 2C

ove Q indica la carica finale accumulata sulle armature del condensatore, che vale
Q = q(oo) = Cv(oo) = CV, ove V= v(oo) = E. :[;ultimo membro n1ostra che Cc non di-
pende da come variano tensione e corrente, ma è funzione solo della carica finale,
ovvero dello stato finale del condensatore. Si tratta quindi di lavoro conservativo,
corrispondente ad energia im111agazzinata W e• che è detta energia elettrostatica
o coulombiana o capacitiva, con dùnensione fisica di joule U). Più in generale
l'energia immagazzinata nel condensatore in ogni istante, pari al lavoro assorbito
fino a tale istante, è funzione dello stato del condensatore, ossia di q(t) = Cv(t); essa
è detta funzione di stato e si può esprimere come:

(9.5.1.2)

Tali espressioni valgono se il condensatore ha comportamento lineare, ossia se


la sua capacità non varia al variare di tensione e carica.

9.5. 1.2 Rendimento di carica


Nel processo di carica il generatore ideale di tensione eroga il lavoro:

4 = f: Eidt = E s: idt = E f
0
Q dq = EQ = CE
2
(9.5.1.3)

Il lavoro assorbito dal resistore può essere ricavato dal bilancio energetico:

2 1 z 1 2
/' = C.E - ----C
-'-'R
/' = CE - -2 CE = -2 CE (9.5.1.4)

Questa relazione 111ostra che il lavoro assorbito e dissipato dal resistore risulta
uguale al lavoro assorbito ed Ìlllmagazzinato dal condensatore.
Le relazioni precedenti mostrano che l'energia immagazzinata nel condensatore,
il lavoro erogato dal generatore e quello dissipato dal resistore risultano indipen-
denti dal valore della resistenza R. Tale è pure il "rendimento di carica" WclCp_
che vale 0,5.
Va precisato che le considerazioni sul lavoro erogato dal generatore e sul rendi-
mento di carica valgono per il particolare circuito di alÌlllentazione qui considerato,
costituito da un generatore ideale di tensione costante.
FENOMEN I D IELETTRICI E CONDENSATORE 99

9.5. 1.3 Lavoro erogato durante la scarica


Poichè alla fine del processo di scarica la tensione sul condensatore è nulla, il
lavoro Le' che il condensatore eroga durante la scarica è uguale al lavoro Le che
era stato assorbito durante la fase di carica (9.5.1.1): ciò conferma che questo viene
im1nagazzinato in 1nodo conservativo e quindi corrisponde effettivamente ad ener-
gia capacitiva. Dal bilancio energetico durante la scarica si ricava immediatamente
che tale energia viene totalmente assorbita e dissipata dal resistore.

9.5.2 Densità di energia elettrostatica


Le espressioni (9.5.1.2) associano l'energia elettrostatica alle cariche elettriche e
alle differenze di potenziale elettrico. E' però possibile esprimere tale energia anche
in funzione dei campi vettoriali D ed Ee. A tal fine si può considerare un conden-
satore generico nel cui dielettrico si evidenzia un tubo di flusso di D di sezione
normale infinitesiina dS (Fig. 9.5.2.1).

dS

V+dV

Figura 9. 5.2 .1
Considerando che un qualunque elemento di tubo di flusso di sezione dS e
lunghezza df equivale ad un condensatore infinitesiino avente carica dq e ten-
sione dv, l'energia Ìll esso immagazzinata, Ìll base all'ultiina delle (9.5.1.2), vale
dWe = dqdv/2 = DdSEedf/2. Rapportando questa al volume d-r = dSdf del conden-
satore infinitesimo si deduce la densità di energia elettrostatica, con diinensione
fisica di joule su metro cubo U/m 3] :
2
w (P) li di,tz = 1 DE = 1 D = 1 s E 2 (9.5.2.1)
e d-r 2 e 2 f. 2 e
100 Capitolo 9

I;energia elettrostatica totale si ottiene integrando tale densità in tutto il volume


-c 0 ove si sviluppano i ca1npi D ed Ec:

Wc = J, w (P)d-c
o
0 (9.5.2.2)

Questa espressione fornisce il medesimo risultato delle (9.5.1.2) per qualsiasi


geometria del condensatore, perciò il modello descritto in Figura 9.5.2.1 è corretto;
d'altra parte, si potrebbe utilizzare in modo altrettanto corretto un modello in cui
l'energia elettrostatica sia tutta localizzata sulle cariche elettriche.
Le (9.5.2.1) e (9.5.2.2) indicano anche che l'energia elettrostatica è sempre pre-
sente quando co1npaiono i campi Ec e D e dunque essa non deve pensarsi associata
soltanto ai componenti a due armature definiti condensatori in§ 9.2.

a 9.6 SOLLECITAZIONI MECCANICHE


Si consideri un condensatore alimentato da una qualunque rete elettrica e "de-
formabile"; sia ds un generico spostamento infinitesimo di uno degli oggetti che
compongono il condensatore, ad esempio una delle armature, e sia F. la componen-
te, nella direzione e nel verso dello spostan1ento ds, della forza esercitata dal cam-
po elettrostatico contro la reazione vincolare che trattiene l'oggetto considerato.
In queste condizioni la capacità del condensatore C può variare.
In termini di bilancio energetico, il lavoro fornito dalla rete elettrica cui è con-
nesso il condensatore (dW8) è pari alla variazione di energia elettrostatica nel con-
densatore (dW0) più il lavoro virtuale fatto per spostare l'armatura del tratto ds per
effetto della forza F. :

(9.6.1)

Calcolando separatamente i vari termini:

dW = vidt = vdq = q dq (9.6.2)


s e
dW0 = ¼ d (q2/C) = q dq/C-¼ (q/C) 2 dC (9.6.3)
e dunque:
F. ds = ¼ (q/C) 2 dC (9.6.4)

si ottiene che la forza F. di origine elettrostatica vale:

F. =¼ vl ac/as (9.6.5)

Quando il valore della capacità C aumenta, la forza F. è positiva. In altre parole,


la forza elettrostatica F. agisce sugli oggetti che formano il condensatore nel verso
che tende ad aumentare la capacità.
FENOMEN I D IELETTRICI E CONDENSATORE 101

a 9.7 FENOMENI DISSIPATIVI NEI DIELETTRICI


9. 7.1 Perdite dielettriche
I materiali dielettrici reali presentano un co1nportamento che differisce per vari
aspetti da quello assunto per il dielettrico ideale descritto nei precedenti paragrafi.
Anzitutto i materiali dielettrici non hanno conducibilità rigorosamente nulla
(si veda la Tab. 4.2.1.1) per cui in essi al campo elettrico Ec è associato, oltre allo
spostamento elettrico D = eEc, anche un "debole" cainpo di corrente di conduzione
J= yEc. I relativi fenomeni dissipativi spiegano perché i condensatori reali tendono
a scaricarsi lentamente anche quando i loro terminali sono isolati.
Maggiore rilevanza hanno i fenon1eni di perdite dielettriche che si 1nanifestano
in vari materiali dielettrici quando in essi sono presenti campi elettrici che variano
periodicamente nel tempo con frequenza elevata. Si tratta di fenomeni dissipativi
che possono venire ricondotti a co1nportamenti isteretici dipendenti dalla frequen-
za dei campi applicati. Infatti esistono materiali che possono essere considerati
non isteretici a basse frequenze, ma devono invece essere considerati tali a fre-
quenze sufficiente1nente alte. In particolare taluni materiali a frequenze tra 1 e 100
MHz sono sedi di marcate perdite dielettriche: tale feno1neno è sfruttato in alcuni
processi industriali per ottenere riscaldamenti atti a produrre termofusione, sigil-
lature, essiccazioni di fibre tessili, ecc.

a 9.8 CORRENTE DI SPOSTAMENTO


Al § 9.3 si è visto che la corrente i entrante nell'armatura A del condensatore
è pari alla derivata della carica q, depositata sulla superficie della stessa ar1natura
con densità superficiale crc. Quindi l'equazione di continuità(§ 1.2.4) tra la densità
di corrente nell'armatura A e la densità di carica sulla sua superficie SA si scrive
come J= (àcrj àt)n éSL (Fig. 9.8.1). In accordo con tale relazione, le linee vettoriali del
campo di corrente muoiono sulla superficie, ove contemporaneamente aumenta
la densità di carica. Peraltro sulla
stessa superficie vale la relazio- dieleilrico
ne (9.1.4.1): crJl...t = D , essendo D
lo spostamento elettrico uscente
armatura/\.
dalla faccia di SA rivolta al dielet-
trico; derivando nel tempo que-
sta relazione si ottiene (àcrj àt)
n ..L = àD/àt: nel dielettrico è pre- ÒI
sente il campo vettoriale àD/àt, le
cui linee nascono dalla superfi- condutlore
cie ove aumenta la densità di ca-
rica. Dalle due relazioni ottenute
si deduce che sui punti della su-
perficie vale l'uguaglianza: Figura 9.8.1
102 Capitolo 9

J =aD (9.8.1)
òt
essendo i due vettori presenti sulle due facce di SA rivolte rispettivamente al con-
duttore ed al dielettrico. In altre parole ove muoiono le linee vettoriali di / nascono
quelle di aD/at: quest'ultimo vettore prolunga la densità di corrente oltre la regione
conduttrice, nella regione dielettrica: esso costituisce il campo della densità di
corrente di spostamento; il suo integrale di superficie è detto intensità di corrente
di spostamento.
Si può dunque definire il campo densità di corrente totale:
aD
J ,(P,t) = J +- (9.8.2)
òt
che non ha né sorgenti né pozzi perché ad un pozzo del primo addendo corrisponde
una sorgente del secondo (e viceversa). Il campo / 1 è dunque solenoidale; infatti,
ricordando che valgono la (1.2.4.4), div/ =-apj at, e la (9.1.3.2), divD = p0 , si ricava:

dl.VJ = d l. VJ + d l.V -aD = - -òp · + -òpc = 0


0

I ot òt òt (9.8.3)
essendo solenoidale in tutto lo spazio, / 1 è conservativo del flusso (si veda §
A.7.2.1) . I;integrale di superficie di / 1 viene chiamato corrente totale; attraverso
una superficie chiusa generica questa è sempre nulla.
La corrente di spostamento si sviluppa sia nei materiali isolanti che nei n1ateriali
conduttori, dato che anche in questi ultimi è presente il campo sposta1nento elet-
trico. Ma, mentre nei primi essa può avere ilnportanza determinante, nei secondi
è invece trascurabile rispetto a quella di conduzione, a meno che le variazioni dei
fenomeni non siano estremamente rapide.
La densità di corrente di spostamento produce gli stessi effetti magnetici della
densità di corrente di conduzione ed è alla base di fenomeni elettromagnetici im-
portanti e con vaste applicazioni (onde elettro1nagnetiche).
Capitolo
FENOMENI MAGNETICI ED INDUTTORI

'
10.1 PROPRIETA FONDAMENTALI
10.1.1 Induzione magnetica

.
ll

~ - ~ ur
llzt i2
/
- ----~
r u 'l.2

Figura 10.1 .1.1

Nella disposizione speriinentale di Figura 10.1.1.1 (esperienza di Ampère), i


due conduttori filiformi e rettilinei e, e c2 sono inunersi in un materiale uniforme e
posti paralleli a distanza r 1nolto minore della loro lunghezza f (f >>r). Si verifica
che, quando c 1 e c2 sono percorsi dalle correnti i 1 e iv sui conduttori si manifestano
forze repulsive o attrattive; in particolare la forza che agisce sul tratto 1!,.f di c2 è
espriI1ribile come:

(10.1.1.1)

ove il parametro µ è chiamato permeabilità magnetica, con diinensione fisica di


newton su ampere quadrato (N/A2 ] , (più con1unemente si usa come unità henry su
1netro [H/m], avendo d efinito, co1ne si vedrà in seguito henry: [H]=U/ A 2]=[0s]).
La defurizione di µ consente il collegainento tra grandezze meccaniche ed elettriche.
104 Capitolo 10

Una forza M' uguale, n1a orientata secondo un versore u, avente verso opposto,
si manifesta su qualunque tratto t..f del conduttore c1 •
La forza M'è repulsiva se, come indicato in figura, i 1 e i 2 sono concordi rispetto
ai riferimenti di misura u, 1 e u, 2 ; sarebbe invece attrattiva se una delle due correnti
avesse segno opposto'.
Si assume ch e la forza M' origini dal fatto ch e una corrente produce effetti a
distanza, esprimibili per mezzo di un cru11po vettoriale, detto induzione magnetica
ed indicato con B; in particolare nel caso di Figura 10.1.1.1 la corrente i1 produce
il campo B1 che permette di riscrivere la (10.1.1.1) co1ne:

(10.1 .1.2)

Il modulo di B ha d imensione fisica di newton su ampere per metro [N/Aln],


unità di 111isura che prende il non1e di tesla [T]; si verifica che tale unità è anche
pari a volt per secondo su metro quadro [Vs/m2 ).
In generale ogni corrente, sia in conduttori filiformi che distribuita nelle tre di-
1nensioni, produce induzione 1nagnetica nello spazio circostante; B dipende sem-
pre dalla forma del conduttore e dal materiale circostante.
Le espressioni sopra riportate valgon o anche se le correnti i1 e i 2 sono variabili
nel tempo.

1O. 1.1. 1 Legge di Biot-Savart


Dalle (10.1.1.1) e (10.1.1.2) si ricava ch e il crunpo B prodotto da un condu ttore
filiforme rettilineo iinm erso in materiale uniforme (Fig. 10 .1.1.2) è esprimibile con
la seguente relazione, nota co1ne legge di Biot-Savart:
µ J
.
B(P) = - - u (10.1.1 .3)
21t r <p

essendo ucp il versore azimutale associato dalla regola della vite destrogira al verso-
re u,, che costituisce il riferiinento di i.

Figura 10.1.1.2
1
È proprio la (10.1 .1 .1) che definisce l'ampere, unità fonda1nen tale del SI, come intensità di
corrente che applicata ad entrambi i conduttori aventi la geo1netria indicata e posti n el vuoto
a distanza di un 1netro, produce in ciascun loro tratto lungo un metro una forza di intensità
2 · 10-1 N .
FENOMENI MAGNETICI ED INDUTTORI 105

10.1.2 Flusso di induzione


Quantità associata all'induzione 1nagnetica è il suo flusso (flusso di induzione)
attraverso una generica superficie S, orientata dal versore normale n :

cp(t) .i f B-ndS
s (10.1.2.1)

che ha dimensione fisica di tesla per metro quadro [Tm2 ], pari a volt per secondo
[Vs), unità di misura che prende il nome di weber [Wb].
Proprietà fondamentale del campo di induzione magnetica B è che il flusso di
induzione cp attraverso qualunque superficie chiusa Se è sempre nullo:

J- B· n dS
'fsr.
= O (10.1.2.2)

in altre parole, si dice che il vettore B è conservativo del flusso (Fig. 10.1.2.1). Tale
proprietà può essere constatata analiticamente se è nota l'espressione di B; in par-
ticolare questa verifica può essere eseguita senza troppe difficoltà per il campo B
espresso dalla legge di Biot-Savart.
Applicando il teore1na della divergenza alla (10.1.2.2) (si veda la (A.6.2.4)), si
deduce che l'induzione magnetica è ovunque solenoidale:
divB =O (10.1.2.3)

Le equazioni (10.1.2.2) e (10.1.2.3) esprimono, in forma integrale e differenziale


rispettivamente, la proprietà fondamentale del cainpo B. Per esse le linee vettoriali di
B non haimo né sorgenti né pozzi e quindi o sono chiuse o si estendono all'infinito.

dS

n. e~L =-n'-

Figura 10.1.2.1 Figura 10.1.2 .2


106 Capitolo 10

Considerate due superfici aperte S1 e S 2 aventi per orlo la medesima linea chiu-
ec
sa (Fig. 10 .1.2.2), la loro unione costituisce una superficie chiusa Se, attraverso la
quale il flusso di induzione uscente è nullo, per la (10.1.2.2). Separando l'integrale
sulle superfici S1 e S 2, si ottiene:
(10.1.2.4)

ove cp1 e q> 2 sono i flussi di induzione attraverso S1 e Sv orientate concordemente,


ossia dai versori Ili= n..,,Le n2 = -n..t, entrambi associati al versore t di fc dalla stessa
regola della vite destrogira. Dunque è <p1 = q>2 ; più in generale, sono tra loro uguali
i flussi di induzione q>; attraverso tutte le superfici aperte S; che hanno per orlo la
ec
medesima linea chiusa e che sono orientate in modo concorde.

10.1.3 Flusso concatenato


Grazie al fatto che B è conservativo del flusso, è lecito associare il flusso di in-
duzione q> attraverso una superficie aperta S alla linea ec
(orientata dal versore t )
che costituisce l'orlo della superficie piuttosto che alla superficie stessa. Dato che
le linee vettoriali di B non hanno né sorgenti né pozzi, esse sono chiuse: solo
ec
quelle che si concatenano attorno a (come anelli di una catena) danno luogo al
flusso di induzione q> definito dalla (10.1.2.1}; per tale ragione questo è chiamato
più specificamente flusso (di induzione) concatenato con la linea chiusa ec
ed è
indicato con q>c.
ec
Il flusso concatenato con una data linea chiusa può essere valutato attraverso
una qualunque superficie aperta che abbia per orlo ec·
Quando la linea chiusa gia-
ce in un piano risulta vantaggioso eseguire il calcolo attraverso la stessa superficie
piana orlata da ec.
1O. 1.3.1 Flusso concatenato con un circuito elettrico
Spesso interessa determinare il flusso concatenato con un circuito elettrico
(semplice) costituito da uno o più conduttori disposti in 1nodo da formare un per-
corso chiuso. Quando i conduttori sono filifor1ni, si può ritenere che essi materia-
lizzino una linea chiusa fc: ad un tale circuito elettrico è pertanto associabile un
ben definito flusso concatenato.

10.1.3.2 Flusso concatenato con N spire filiformi


Se il conduttore filiforme è costituito da N spire vicine tra loro ed avvolte nello
stesso senso, si può ritenere che ciascuna spira concateni, con buona approssima-
zione, lo stesso flusso <p., così da poter scrivere:
(10.1.3.1}

10.1.4 Legge di Faraday-Neumann


I.:esperienza di Fàraday-rlenry (Figura 10.1.4.1} mostra che in una spira condut-
ec
trice filiforme disposta lungo una linea chiusa con terminali a piccola distanza,
qualunque variazione temporale del flusso di induzione q>c(t) concatenato con la
FENOMENI MAGNETICI ED INDUTTORI 107

spira ti l ifom1e
,.,,----.....
s V
+
+

--Z::.::t
Figura 10.1.4.1

spira produce una forza elettromotrice indotta e,.c(t), 1nisurabile da un voltmetro.


Il fenomeno è noto come induzione elettromagnetica. Il legame tra f.e.m. indotta e
flusso concatenato è espresso dalla legge di Faraday-Neumann, o legge di Faraday-
Henry:

e (t) = - dcp0·(t) = - - d JB·ndS (10.1.4.1)


te dt dt S

Si assume che il versore normale n per la valutazione di <pc(t) e il versore t tan-


gente a f 0 siano associati dalla regola della vite destrogira e anche che t e i riferi-
n1enti + e - della f.e.m. siano associati dalla convenzione dei generatori (come in
figura); S è una generica superficie aperta che ha f 0 per orlo.
La legge di Faraday-Neumann vale per qualsiasi variazione temporale del flus-
so concatenato <p0 (t), prodotta tanto dalla variazione nel te1npo di B(P,t) che dalle
deformazioni o movimenti rigidi della linea fc(t), cosicché tale f.e.m. indotta può
essere sco1nposta nella somma di due addendi:

e (t) = - d<pc(t) = - a<pc(t) 8<pc(t)


(10.1.4.2)
t, dt 8t l = COSL
e

e utilizzando la proprietà vettoriale (A.6.2. 7) è possibile esplicitare ciascuno di essi


nel seguente modo:

- il pruno addendo, detto f e.m. trasformatorica e1(t), è determinato dalle varia-


zioni te1nporali di B (P,t), un1naginando fisse la configurazione e la posizione di
ec; esso vale:

(10.1.4.3)

- il secondo addendo, detto fe .m. mozionale em(t), è deternlinato dalle variazioni


temporali di ec
e quindi delle superfici che essa orla, assumendo costante B;
esso vale:
108 Capitolo 10

(10.1.4.4)

essendo V e la velocità del generico trattino de della linea .ec.


Più oltre in questo capitolo sarà trattata la prima di queste f.e.m., e,, mentre la
seconda sarà esaminata nel Capitolo 12.

10.1.4. 1 Legge di Lenz


Si assuma ora che la linea chiusa ec che concatena 'Pc(t) sia costituita da una spi-
ra conduttrice filiforme chiusa in cortocircuito (Fig. 10.1.4.2). Ad esempio si può
B pensare che la spira sia ferma
ed indeformabile e che cpc(t)
vari perché il modulo di B de·
cresce nel tempo. Con i versori
spira normale n e tangente t indicati,
co,tocircuitata associati dalla regola della vite
destrogira, il flusso concatena-
to <flc risulta positivo e decre-
scente, ossia la sua derivata è
.. t negativa.
Per la legge di Faraday-Neu-
Figura 10.1.4.2
mam1, nella spira si induce la
f.e.m. e,.0 positiva rispetto al riferimento individuato dal versore t, tale cioè da pro-
durre nella stessa spira una corrente i. positiva rispetto al riferimento individuato
da t. Tale corrente a sua volta produce un campo di induzione B. il cui verso è asso-
ciato al versore di i., cioè a t, dalla regola della vite destrogira: B. risulta perciò con-
corde al versore n , ovvero al cainpo B, e tende quindi a compensare il decremento
di cpc(t). Se la spira avesse resistenza 11ulla, la compensazione sarebbe perfetta e il
flusso concatenato complessivo rimarrebbe costante.
Tale osservazione corrisponde alla legge di Lenz, secondo la quale ogni vruia-
zione del flusso concatenato produce un effetto che si oppone alla propria causa,
ossia che è tale da ridurre la variazione di flusso stesso.

10.1.5 Campo elettrico indotto


La f.e.m. trasformatorica e,(t) di (10.1.4.3) implica l'esistenza di una forza elet-
trica specifica E 1(P,t) distribuita lungo ec,
tale che la sua circuitazione sia pari alla
f.e.m. stessa, come avviene per la f.e.m. dei generatori elettrici esaininati in§ 5.2.1:

J. E. (P t) · t de = e =
'ft, I 1 I
-f aBat · n dS
S
(10.1.5.1)

In base al teorema di Stokes (A.6.2.3), l'integrale a pruno membro risulta uguale


al flusso del rotore di E 1 attraverso una superficie S orlata da Cc; si ricava così:
FENOMENI MAGNETICI ED INDUTTORI 109

fs rot E. · n dS =-Js òBal: · n dS


l
(10.1.5.2)

da questa, valida per qualsiasi S, si deduce la proprietà fondainentale del cainpo


elettrico indotto Ei:
òB
rotE. =-- (10.1.5.3)
' al:

La (10.1.5 .3) indica che la/orza elettrica specifica Ei ha origine elettromagnetica


e costituisce un cainpo vettoriale intimainen te legato alla variazione temporale del
vettore i11duzione magnetica B . Il ca.111po Ei non è conservativo, come mostra la
(10.1.5.1) e ha rotore non nullo, come d'altronde indica la (10.1.5.3), nelle regioni
in cui l'induzione magnetica non è costante nel tempo (aBJat ;é O). Ei è il campo
elettrico indotto (in quanto è associato ai fenomeni di induzione magnetica) al
quale si è accennato in§ 2.3, indicandolo come co1nponente non conservativa del
ca.111po elettrico.

10. 1.5. 1 Campo elettrico


Al § 2.3 è stato introdotto il campo elettrico E (P,t), costituito dai due addendi,
coulombiano e indotto:
E(P,t) = E 0 + E; (10.1 .5.4)
definendolo come la sola forza specifica che può essere sperimentata da una carica
libera in quiete nel vuoto.
Applicando il rotore al ca.111po elettrico (10.1.5.4) e tenendo conto che E0 è irro-
tazionale, si ottiene:
òB
rot E = rot E. = - - (10.1.5.5)
' al:

che costituisce la seconda equazione di Maxwell.


Le precedenti espressioni confermano anche che il cainpo elettrico si riduce
al solo ca.111po coulombiano allorch é B = O ed in condizioni stazionarie (quando
aBJat = O). Ciò può avvenire anche in condizioni variabili, limitatainente a regioni
ove sia B = o (ovvero aB Jat = O).

10.1.6 Campo magnetico e relazione costitutiva


Nei punti dello spazio ove è presente il cainpo di induzione magnetica B(P,t) ,
si considera anche il campo vettoriale denominato campo magnetico H(P,t), che al
prin10 è legato dalla relazione costitutiva:
B(P,t) = µ H(P,t) (10.1 .6 .1)

oveµ è la permeabilità magnetica del materiale, già introdotta con la (10.1 .1.1).
Avendoµ dimensione di [H/m]. il campo magnetico ha dimensione di ampere su
metro [Nm].
110 Capitolo 10

10. 1.6. 1 Legge di Biot-Savart per il campo magnetico


In base alla (10.1 .6.1) ed alla legge di Biot-Savart (10.1.1.3), il campo magne-
tico che un conduttore filiforme rettilineo, immerso in 1nateriale uniforme, con
corrente i produce in un punto P a distanza r dal suo asse, 1nolto 1ninore della sua
lunghezza (f>>r, Fig. 10.1.1.2), vale:
B i
H (P) = - = - u (10.1.6.2)
µ 2 nr 'I'

che è nota co1ne legge Biot-Savart per il campo magnetico.

10.1.7 Legge di Ampère


Utilizzando l'espressione (10.1.6.2) e considerando una generica linea chiusa
Cc, si può verificare che in un materiale uniforme, la circuitazione del campo vet-
toriale H è pari alla corrente i concatenata da Cc.
La proprietà fondamentale del campo 1nagnetico H, valida in generale per qual-
siasi distribuzione di corrente, anche in materiali non unifor1ni, è espressa dalla
seguente relazione:
f I. r.
H · t di = i(t) (10.1.7.1)

Tale proprietà può essere assunta a definizione del campo H , e costituisce la


legge di Ampère o legge di circuitazione: la circuitazione del campo H lungo una
qualsiasi linea chiusa Cc è pari alla corrente di conduzione solenoidale i(t) concate-
nata con Cc (Fig. 10.1.7.la).

a) l>)

t t

H H
Figura 10.1 .7.1

Essa richiede che il versore n che stabilisce il riferimento della corrente i(t) sia
associato con la regola della vite destrogira al versore t tangente a Cc, in base al
quale è eseguita la circuitazione del campo magnetico.
FENOMENI MAGNETICI ED INDUTTORI 111

a) b)
J

Figura 10.1 .7.2

La corrente elettrica può n1anifestarsi in conduttori filiformi (co1ne in Fig.


10.1.7.la) ma può anche costituire un campo tridimensionale di corrente (Fig.
10.1.7.lb). In ogni caso la corrente i(t) deve intendersi valutata attraverso qualun-
que superficie aperta S orlata da ec.
La legge di Ampère vale per qualunque campo di corrente, (filiforme o tridimen-
sionale) purché esso sia solenoidale in tutto lo spazio: div/ = O. Solo in tal caso i(t)
assu1ne un unico valore, qualsiasi sia la superficie S orlata da ec. Tale condizione
è sen1pre verificata in regime stazionario, come visto in § 1.2; per questo la legge
di Ampère vale sempre in condizioni di correnti stazionarie, ovvero in condizioni
magnetostatiche. Essa vale anch e quando il campo di corrente, pur variando nel
tempo, si mantiene solenoidale; si parla allora di condizioni quasi-magnetostatiche.
In tali situazioni le linee di / sono cm use e si concatenano con ec come evidenziano
le Figure 10.1.7.Za-b.
Hanno particolare interesse i casi nei quali un conduttore filifonne percorso
dalla corrente i è avvolto N volte attorno alla linea ec, in modo che la corrente totale
concatenata da ec (cioè la corrente attraverso qualsiasi superficie S orlata da eJ è
Ni (Fig. 10.1.7.3); si scrive allora:
t
~ I., H -tdR = Ni (10.1.7.2)

il prodotto Ni si esprime in amper-


spire [As], unità di misura omogenea
all'ampere.
Se invece consideriamo un campo
tridimensionale di corrente con den-
sità / , la corrente concatenata da ec
può essere espressa come i= f5 J·n dS
e si può scrivere:
1> H ·t dR =
fr;
f J·ndS
s
(10.1.7.3)
Figura 10.1.7.3
112 Capitolo 10

applicando a questa il teorema di Stokes (A.6.2.3) si deduce la seguente relazione,


che esprime la legge di Ampère in forma locale:
rotH = J (10.1 .7.4)

Il campo 1nagnetico pertanto non è irrotazionale in tutto lo spazio e le sue linee


vettoriali hanno vortici ove J.t= O. Dovendo valere l'identità vettoriale div rolli= O
(vera per qualsiasi campo vettoriale, si veda§ A.4.5), la (10.1.7.4) implica divJ = O
e quindi conferma che la densità di corrente deve essere solenoidale perché valga
la legge di Ampère.
Solo nel caso che il materiale sia uniforme, ossia se la permeabilità µ non varia
da punto a punto, per l'induzione magnetica valgono la proprietà r otB = µJ (analo-
ga alla (10.1.7.4)) e la relativa relazione integrale (analoga alla (10.1.7.1)).

10.1.7. 1 Legge di Ampère-Maxwe/1


In condizioni di can1pi rapidamente variabili nel te1npo, in cui viene n1eno
l'ipotesi quasi-magnetostatica, la corrente di conduzione non è più solenoidale, e
quindi la corrente concatenata della relazione integrale (10.1.7.1) non risulta uni-
vocainente determinata. Anche la relazione differenziale (10.1.7.4) risulta inconsi-
tente, perché è sen1pre divrotH= Omentre per la densità di corrente vale la legge di
continuità (1.2.4.3): divJ =-iJpj àt.
In queste condizioni la (10.1.7.4) viene sostituita dalla seguente relazione, chia-
mata legge di Ampère-Maxwell o prima equazione di Maxwell:
òD
rotH = J + - = ] 1 (10.1.7.5)
ot
che si ottiene dalla (10.1.7.4) sostituendo alla densità di corrente di conduzione la
densità di corrente totale J, =J+ àD/at, descritta in § 9.8, che è sempre solenoidale.
La (10.1.7.5) costituisce la generalizzazione della legge di Ampère. Analogamente
nella relazione integrale (10.1.7.1) la corrente di conduzione deve essere sostituita
con la corrente totale, pure definita in § 9.8.
Tale relazione indica che anche la corrente di spostamento è in grado di pro-
durre effetti magnetici. Peraltro il suo contributo è rilevante nei fenomeni che si
sviluppano completamente in materiali isolanti (ove y- o e quindi J-o) ed anche
in materiali conduttori, se le variazioni dei fenomeni sono sufficientemente rapide,
in modo che iJD/àt sia confrontabile con J. Queste condizioni corrispondono alla
radiazione e propagazione di onde elettro1nagnetiche, nelle quali campi elettrici e
n1agnetici sono aspetti inscindibili, quando le rapidità di variazione delle tensioni,
delle correnti e dei campi sono 1nolto elevate ("alte frequenze") . L' esposizione di
questi fenomeni, tipici dei trasmettitori e ricevitori di onde elettron1agnetiche, esu-
la dai limiti di questa trattazione.
Nelle applicazioni usuali relative alla produzione, trasmissione e utilizzo dell'e-
nergia elettrica, la corrente di spostamento è invece molto minore di quella di con-
duzione, sicché è lecito trascurarne gli effetti magnetici e ritenere valida la legge di
Ampère: si suole parlare allora di fenomeni magnetici lentamente vanabili, ovvero
quasi-magnetostatici.
FENOMENI MAGNETICI ED INDUTTORI 11 3

10.1.8 Permeabilità magnetica dei materiali


La permeabilità magnetica µ caratterizza il con1portamento n1agnetico dei di-
versi materiali. Nei materiali uniformi la permeabilità è uno scalare costante (H e
B sono paralleli ed hanno intensità proporzionali); così in particolare si comporta
il vuoto, la cui permeabilità magnetica, indicata con µ 0 , vale:

µo = 41t . 10- 1 H (10.1.8.1}


m
Per un generico materiale si considera spesso, invece che la permeabilità ma-
gnetica µ, il suo valore rapportato alla permeabilità del vuoto µ 0 :

(10.1.8.2)

che è un parametro adiinensionale detto permeabilità magnetica relativa.

10. 1.8. 1 Materiali diamagnetici e materiali paramagnetici


Alcuni materiali hanno per1neabilità magnetica relativa costante e poco minore
di uno (materiali diamagnetici); altri hanno permeabilità n1agnetica relativa co-
stante e di poco maggiore di uno (materiali paramagnetici); in particolare è prati-
camente unitaria la permeabilità magnetica relativa dell'aria. Si tratta di materiali
uniformi; essi sono talvolta chiamati anche materiali amagnetici; in molte applica-
zioni la loro permeabilità relativa può essere assunta pari all'unità.

10.1.8.2 Materiali ferromagnetici


Molto diverso è il caso dei
materiali ferromagnetici che B
possono avere per1neabilità ma- B g ·-·-·-·
gnetica relativa molto maggiore
di uno, n1a fortemente variabile
in funzione di B e H, essendo
essi non lineari e isteretici, ed H
alcuni anche anisotropi11; inol-
tre la loro permeabilità è anche
funzione della temperatura.
Nonostante tali comporta1nenti,
questi materiali sono frequente-
mente iinpiegati nei dispositivi H
elettrici, proprio grazie agli ele-
vati valori di permeabilità che Figura 10.1 .8.1
possono presentare.

n In quest'ultimo caso il comportamento varia in funzione delle direzioni dei campi, sicchè il
legame tra B e H ha natura tensoriale (si veda§ A.9.1).
114 Capitolo 10

Curva di prima magnetizzazione. Se, a partire da condizioni di riposo (H = O,


B = O), si applica ad un materiale ferromagnetico un campo magnetico H con
orientazione costante e modulo crescente, l'induzione risulta pure crescente; la
relativa curva B = B(H), monotona, prende il nome di curva di prima magnetizza-
zione; essa presenta il tipico andamento non lineare dovuto ai feno1neni di satu-
razione (Fig. 10.1.8.1). Per valori n1odesti di H la curva ha pendenza elevata e cre-
scente; aun1entando H la curva presenta un "ginoccliio '', ove B = Bs (Fig. 10.1.8.1);
per valori di H ancora 1naggiori la curva B = B(H) riduce gradualmente la propria
pendenza, diventando rettilinea con pendenza dB/dH = µ 0 al disopra del valore
B = B. (induzione di saturazione). In figura è pure sche1natizzato l'andamento del-
la penneabilità µ(H), che ha un 1nassimo intorno al "ginocchio" e tende a µ" per H
tendente all'infinito.
Cicli di isteresi. Al 1nateriale ferromagnetico siano ora applicati i campi HM e BM
(Fig. 10.1.8.2); riducendo il campo magnetico fino ad annullarlo, l'induzione non
si annulla, ma raggiunge il valore B, < BM, detto induzione residua. Per ridurre
ulteriormente l'induzione è necessario invertire il verso del campo magnetico,
applicando valori H < O. :[;induzione si annulla quando si raggiunge il valore -Hc
(essendo Hc il campo magnetico coercitivo).

a) b) B
B

I
i
- HM !H

- B,
- --·-·-- ·-·-·-·-·-· - .BM

Figura 10.1.8.2

Quando, aumentando ulteriormente il modulo di H , si raggiunge il valore - H M,


l'induzione assume il valore -BM. Se si fanno variare ciclicamente i due campi tra
valori estremi opposti HM e - H M, la curva H,B descrive un ciclo di isteresi simme-
trico, che presenta tipicamente la forma di Figura 10.1.8.Za. Se invece il campo
magnetico è fatto variare ciclicamente tra valori estremi non opposti, si realizza
un ciclo di isteresi dissimmetrico, quali quelli esemplificati in Figura 10.1 .8.Zb.

Per caratterizzare i materiali ferromagnetici si ricorre generalmente alle se-


guenti curve:
FENOMENI MAGNETICI ED INDUTTORI 115

curva di prima magnetizzazione, descritta più sopra, in cui si individuano la


permeabilità massima µmax e, qualitativainente, l'induzione al ginocchio B =B6•
- curva dei vertici dei cicli di isteresi simmetrici (Fig. 10.1.8.3), vale a dire il luogo
dei punti (HM, BJ di Fig. 10.1.8.2a), ottenuti per diverse ainpiezze del ciclo d'i-
steresi; essa risulta di poco diversa dalla precedente. Per i materiali anisotropi,
oltre che isteretici, tali curve sono date per l'orientazione di B e H secondo la
quale essi sono paralleli e presentano le più alte permeabilità.
Si può anche fare riferimento ai valori di parainetri caratteristici quali quelli
indicati nelle Tabelle 10.1.8.1 e 10.1.8.2:
- pern1eabilità relativa massima µ,-max• desunta dalla curva di prima magnetizza-
.
z1one;
induzione di saturazione, pure desunta dalla curva di prima 1nagnetizzazione;
- magnetizzazione residua B~ desunta dal ciclo di isteresi più an1pio;
- campo magnetico coercitivo Hc, pure desunto dal ciclo di isteresi più ampio.

Figura 10.1.8.3

A parità di intervallo di variazione del cainpo magnetico, i diversi materiali


ferromagnetici presentano cicli di isteresi con intervalli di variazione dell'indu-
zione più o meno estesi e con aree del ciclo di isteresi più o meno ainpie. Ai vari
comportainenti corrispondono diversi valori di B, e Hc: quanto maggiori essi sono,
tanto più ai11pi sono i cicli di isteresi sim1netrici e tanto maggiori sono i tratti che si
sviluppano nel 2° e 4° quadrante, ove Be Hhanno segno discorde (e quindi i cainpi
vettoriali hanno verso opposto) e la permeabilità magnetica è negativa.
Si dicono materiali ferromagnetici dolci quelli con cicli d'isteresi di area più
stretta e materiali ferromagnetici duri quelli con cicli d'isteresi di area più ampia.
I primi vengono utilizzati per produrre induzioni ben canalizzate con relativan1en-
te poche ainperspire. I secondi sono adatti ad essere usati come magneti perma-
nenti, allorché presentano induzione e cainpo magnetico opposti (ovveroµ< O) e
relativainente intensi, potendo così dar luogo a flussi di induzione in assenza di
correnti di conduzione.
116 Capitolo 10

Le caratteristiche di materiali magnetici dolci sono riportate in Tabella 10.1.8.1,


mentre in Tabella 10.1.8.2 sono elencate le caratteristiche di n1ateriali magnetici duri.

µr-max Hc [A/m] I Bs [T]

Leghe magnetiche dolci

Fe puro (massiccio} 30 103 12 2,15

Fe 64% - Ni 36% 8 103 8 2,1

Fe (46+32}% - Ni (54+68}% 125 10:{ 1,2 0,80

Fe 49% - Co 49% - V 2% 7 103 950 2,35

Lamierini Fe-Si

Fe 85% -Al 5,% - Si 9,6% 120 103 18 1,1

Isotropi Si 1% 4103 64 2,0

Isotropi Si (1,7+ 2,7}% 6 10:{ 64+80 1,95

Isotropi Si (3,4+4,3}% (4 + 10) 103 24+48 1,9

A grano orientato Si 3, 1% (50 + 60} 103 7 2 ,03

Ferriti dolci

MnO - ZnO - Fe203 3 + 100 0,3 + 0,5

NiO - ZnO - Fe203 16 + 1600 0,1 + 0 ,4

Tabella 10.1.8.1 Parametri magnetici di alcuni materiali ferromagnetici dolci


FENOMENI MAGNETICI ED INDUTTORI 11 7

Hc [kA/m] Br [T]

Leghe magnetiche dure

Alnico 220 isotropo (Al 6% - Ni 13% - Co 24%


80 0,62
- Cu 3% - Ti 5% oltre Fe)

Alnico 500 anisotropo (Al 8% - Ni 14% - Co


50 1,2
23% - Cu 3% oltre Fe)

Ticonal 360 anis. (Ti 1,5% - Co 24% - Ni 14% -


570 1,07
Al 8,5% - Cu 3% oltre Fe)

CrFeCo (Co 10% - Cr 10% oltre Fe) 20 0 ,9

Vicalloy (Co 50% - V 14% oltre Fe) 23 0,97

Ferriti dure

Ferrite Ba isotropa 132 0,21

Ferrite Ba anisotropa 190 0,39

Ferrite Sr anisotropa 260 0 ,34

Compos ti di terre rare

Samario-cobalto (S1nCos) 650 + 700 0,9

Samario-cobalto (S1n2Co11) 720 1,1

Neodiinio-ferro-boro (NdFeB) 800 1,3

Tabella 10.1 .8.2 Parametri magneti ci di alcuni materiali ferromagnetici duri

Osservazione
I 1nateriali ferron1agnetici sono utilizzati in moltissiine apparecchiature elettri-
che (strmnenti di misura, trasfor1natori di piccola e grande potenza, motori elettrici
e 1nacchine elettriche rotanti), per ottenere induzioni ben canalizzate fino a circa 2 T.
A valori più elevati di induzione si 1nanifestano marcatamente i feno1neni di satu-
razione che ne rendono meno vantaggioso l'iinpiego.
Induzioni più grandi vengono ottenute, solo in 1nacchine speciali, per la ri-
cerca scientifica o per diagnostica medica, senza l'uso di 1nateriali magnetici; in
118 Capitolo 10

tali macchine si possono raggiungere circa 4 - 5 T se i conduttori sono realizzati


in rame o alluminio, i quali, essendo soggetti ad elevate dissipazioni per effetto
Joule e ad elevate sollecitazioni elettrodinamiche, richiedono adeguati sistemi di
smaltiinento del calore dissipato (ad ese1npio per n1ezzo di circolazione di acqua)
e di supporto meccanico. Induzioni fino a circa 10 - 12 T vengono ottenute solo
per mezzo di magneti costituiti da 1nateriali superconduttori, i quali richiedono
iinpianti criogenici in grado di raffreddarli a temperature di pochi K e robustissime
strutture di sostegno.

10.2 INDUTTORI
Un induttore (o circuito induttore) è costituito da un conduttore, che per sem-
plicità iinmaginiamo filifor1ne, il cui asse longitudinale si sviluppa lungo una li-
nea e di for1na qualsiasi e i cui estre1ni (terminali) sono posti molto vicini, quasi
a coincidere, in modo che il conduttore praticamente materializzi la linea chiusa
ec -e. A questa, e quindi all'induttore, si può associare il flusso concatenato Cf>c(t),
definito in§ 10.1.3.1:

f
q,c(t) ! s B(t) · n dS (10.2.1)

ove S è la generica superficie aperta orientata da n che si appoggia a ec.


Il campo di induzione B e quindi il flusso concatenato cpc(t) sono prodotti dal-
la corrente i(t) dell'induttore stesso o anch e dalle correnti di altri conduttori; si
assume in ogni caso che la situazione sia magnetostatica o quasi-magnetostatica,
ovvero che le correnti siano co1nunque solenoidali.

10.2.1 Induttore isolato - autoinduttanza

induthue

Figura 10.2.1.1
FENOMENI MAGNETICI ED INDUTTORI 119

Si assuma per ora che le linee vettoriali di B che deter1ninano il flusso cpc(t)
concatenato con il circuito induttore siano dovute alla sola corrente solenoidale
i(t) dell'induttore stesso (Fig. 10.2.1.1). In tale situazione si dice che l'induttore è
magneticamente isolato, perché non concatena alcuna linea di B prodotta da altre
sorgenti; 'Pc(t) è detto flusso di autoinduzione o flusso autoconcatenato.
Allora l'induzione B è funzione, oltre che della permeabilità 1nagnetica dei
n1ateriali, soltanto della corrente i e della geometria del conduttore. Analoga di-
pendenza presenta il flusso concatenato 'Pc· Allora, scelto come riferimento di i il
versore tangente t, associato al versore n dalla regola della vite destrogira, si può
definire il rapporto:
L ! 'Pc(t) (10.2.1.1)
i(t)

che è detto induttanza o autoinduttanza o coefficiente di autoinduzione, ed ha


dimensione fisica di weber su ampere [Wb/A], unità di 1nisura che si esprime in
henry [H]. Tale parametro caratterizza il circuito induttore; in assenza di materiali
isteretici, L risulta sempre positiva poiché, con i riferimenti posti, 'Pc e i hanno
sempre lo stesso segno; inoltre nelle ipotesi di linearità dei materiali e di indefor-
mabilità dell'induttore, L è costante, ossia indipendente da <pc e i.
L'induttanza può essere determinata sperimentalmente tramite la (10.2.1.1), va-
riando la corrente e misurando i valori della corrente stessa e del corrispondente
flusso concatenato; per configurazioni semplici, essa può essere valutata analitica-
1nente, come illustrato nel seguito.

10.2.2 Induttore toroidale


a)

.
i(t)

r,..,.,JII
I
I
I
I I
rm I r (Il
.,_1 1 4
b) B <<=OJ

r m - ro rm+ r o

Figura 10.2.2.1
120 Capitolo 10

:[;induttore o avvolgimento toroidale costituisce un caso particolarn1ente sem-


plice di induttore: esso è costituito da un supporto toroidale (una ciambella di
raggio n1aggiore medio rm e raggio minore r0 ) realizzato con un n1ateriale unifor-
me (Fig. 10.2.2. la); su esso un conduttore filiforme è avvolto uniformemente in N
spire fittamente impaccate, come se ciascuna giacesse in un piano radiale (a diffe-
renza di quanto mostra la figura, per ragioni di chiarezza grafica). Il conduttore è
percorso dalla corrente i(t).
Considerando la silnmetria cilindrica rispetto all'asse centrale del toro, le linee
vettoriali di H e B sono circonferenze coassiali con il toro, lungo le quali H è co-
stante in modulo e ad esse tangente. La sua circuitazione lungo tali circonferenze
vale H 2n re, per la legge di Ampère (10.1.7.2), è pari alle amperspire concatenate;
quindi se la circonferenza si sviluppa entro il volume toroidale, esso concatena
comunque Ni ainperspire e si ha:
Ni
H = - - u<p, (10.2.2.1)
2nr

se invece la circonferenza si sviluppa fuori del toro, esso concatena amperspire


nulle e si ha H = O e B = O. I:andamento di B in funzione dir sul piano di simmetria
equatoriale z = Oè mostrato in Figura 10.2.2.lb. Il verso di B dipende dal segno di i:
se questa è positiva le linee di B haIIBo, i11 figura, senso antiorario, in accordo con
la (10.2.2.1). :[;induzione lungo la circonferenza di raggio rm che costituisce l'asse
toroidale si ottiene dalla (10.2.2.1) per r = rm:
µNi
B =µH = -'----U'!' (10.2.2.2)
2n rm

Se il toro è "snello", ossia se r0 <<rm, al suo interno B risulta approssimativa-


1nente uniforme e pari al valore espresso dalla (10.2.2.2). Il flusso cp.=J5 B-ndS
concatenato da ciascuna spira può essere valutato attraverso la superficie piana
S = nr0 2 orlata dalla spira; dato che su S B è ortogonale oltre che uniforme, si può
scrivere semplicemente cp. = SE. Per la (10.1.3.1) il flusso concatenato dall'intero
avvolgimento è allora cp0 = Ncp. = NSB. Sostituendo il modulo di B espresso dalla
(10.2.2.2), e dividendo per la corrente i si ottiene:

L = cpc = _N_S_B
_ µSN 2
. (10.2.2.3)
1 1 21trm

10.2.3 Induttori con altre configurazioni di campo magnetico


10.2.3. 1 Induttori solenoidali infiniti o lunghi
Un induttore o avvolgimento solenoidale (o semplicemente solenoide) è costi-
tuito da un supporto cilindrico di lunghezza f, e raggio r 0 , in n1ateriale uniforme
su cui sono uniforme1nente avvolte N spire filiformi (con densità lineare n = N/f,
omogenea lungo f), strettamente serrate tra loro, aventi corrente i (Fig. 10.2.3.la).
Se la lunghezza e tende a oo, esso può considerarsi caso li1nite dell'avvolgi1nento
toroidale con rJ r0 ~ 00.
FENOMENI MAGNETICI ED INDUTTORI 121

In questa ipotesi si può ritenere che il campo H presenti simmetria assiale, con
lli1ee vettoriali rette e parallele all'asse z. Poiché B è conservativo del flusso, il flus-
so che attraversa la sezione S del solenoide è uguale a quello relativo alle linee di
B che si richiudono all'esterno del solenoide, su una sezione estesa fino all'infinito
e quindi >>S; perciò si può ritenere che B, e quindi H, siano nulli, esternamente
al solenoide. La circuitazione di H lungo percorsi rettangolari di lunghezza 2(h + d)
(Fig. 10.2.3. la) concatena la corrente hni; inoltre il lato h interno al solenoide con-
tribuisce alla circuitazione con l'addendo Hh, mentre i due lati d danno contributo
nullo (perché hanno sviluppo ortogonale alle linee di H) e così pure il lato h ester-
no (ove H = O). Pertanto si ha, iI1 ogni punto interno al solenoide:
a) ~
e r

h
cp d ~------

H
~- - ·- - · ·- - · . - · . - ·1---f.-t--+-·I-· ·- . ·-· . ·- - · ·- - · ·-·- ·- --11+---l~
z

Ì(t)

Figura 10.2 .3.1

H = n i u, B =µ H = µ n i u, (10.2.3.1)
'
Il verso di H e B dipende dal segno di i: se questa è positiva le linee di H e B hanno,
in figura, verso concorde a z, in accordo con la (10.2.3.1).

Solenoide lungo. Un solenoide è detto lungo se la lunghezza eè molto maggiore


del raggio r0 (f>>r0 ); si può allora ritenere che, con buona approssimazione, esso
dia luogo al suo interno e lontano dalle estremità alla medesiina distribuzione di
campo del solenoide infinito, espressa dalla (10.2.3.1); alle estremità il campo è
più debole e le linee vettoriali tendono a divergere, per richiudersi nello spazio
circostante, sicché le spire prossime alle estremità concatenano un flusso minore
di quelle centrali. Tuttavia, quanto più lungo è il solenoide, tanto più è trascurabile
il campo esternamente ad esso e si può ritenere che tutte le N spire concatenino lo
stesso flusso cp., il quale può essere valutato attraverso la superficie piana S = nr0 2 ;
dato che su S B è ortogonale oltre che uniforme, si può scrivere semplice111ente
cp, = SB. Il flusso concatenato dall'intero avvolginlento è allora 'Pc= Ncp. = NSB. So-
stituendo il modulo di B espresso dalla (10.2.3.1), e dividendo per la corrente i si
ottiene:
µSN 2
L = -'--- (10.2.3.2)
f
che è tanto più accurata quanto più il solenoide è lungo.
122 Capitolo 10

10.2.3.2 Solenoide corto


Se l'avvolgimento solenoidale è corto (eè confrontabile con r0 ) , la (10.2.3.2) non
è applicabile, perché non può essere trascurato il divergere delle linee di flusso alle
estremità e il minor concatenamento delle spire estreme. Non è verificata dunque
l'ipotesi su cui si basa la (10.2.3.2) e l'induttanza è inferiore a quella data da tale
relazione. Essa può allora essere espressa come:
2

L =a. µSN (10.2.3.3 )


R,

ove il coefficiente a. è una funzione del rapporto e/2r0 , è sempre inferiore all'unità
[a.(e/2r0 ) < 1) e tendente a uno per e/2r0 tendente a infinito; l'andamento di a. è rap-
presentato in Figura 10.2.3.2.
1
a
0 ,8
.-.-

0,6
I/
0,4
I
I
0 ,2
e12r(
o
o [ 2 3 4 5 6 7 8 9 IO
Figura 10. 2.3.2

10.2.3.3 Conduttore cilindrico massiccio

a)
• 2

( •
~
b) A H (r)

- ,..... q,

Ì(I)

I
/ ~
" ••

À H(r)
r
-

Figura 10.2.3.3
r
-
FENOMENI MAGNETICI ED INDUTTORI 123

Un conduttore cilindrico (con sezione circolare di raggio r0 e lunghezza infinita,


percorso dalla corrente i) immerso in un 1nateriale magneticamente uniforme (Fig.
10.2.3.3a) presenta simmetria cilindrica e quindi pure a simmetria cilindrica deve
essere il campo magnetico associato. Pertanto, utilizzando un sistema di coordi-
nate cilindriche (r, z, cp), H deve variare nello spazio solo secondo la coordinata
radiale re deve avere direzione azimutale (secondo la coordinata cp: H = Hq,).
Campo esterno al conduttore. Applicando la legge di Ampère ad una circonfe-
renza di raggio r > r0 coassiale con l'asse z si ottiene H2m = i, ovvero: H = i/2nr. Si
può anche scrivere la relazione vettoriale:
.
1
H = --u r > r0 (10.2.3.4)
2nr 'I'

nella quale si riconosce la legge di Biot-Savart espressa per il campo magnetico.

Campo interno al conduttore. Internan1ente al conduttore, per raggi r < r0 , l'e-


spressione del campo magnetico H (10.2.3.4) non vale perché la corrente conca-
tenata con una circonferenza di raggio r non coincide con la corrente totale del
conduttore i. Nella regione vorticosa occupata dal conduttore essa dipende dalle
ipotesi che si fanno sulla distribuzione di densità di corrente. Se si suppone che
la corrente sia distribuita uniformemente nella sezione del conduttore con densità
J = i/nr0 2 , la corrente concatenata dalla circonferenza di raggio r < r0 vale i' = Jnr2 , e
quindi, per la legge di Ampère, il campo magnetico risulta (Fig. 10.2.3.3b):
2
H i nr ir
= 7t ro2 21t r uq, = 2n roz uq, r < ro (10.2.3.5)

Se invece si suppone che la corrente i sia addensata sulla superficie del condut-
tore, il campo magnetico interno risulta nullo, in accordo con la legge di Ampère
applicata a circonferenze di raggio r < r 0 , che concatenano corrente nulla (Fig.
10.2.3.3c).

10.2.3.3 Linea bifilare


Una linea bifilare è costitu-
ita da due conduttori cilindrici
e paralleli con raggi r 0 uguali
e piccoli rispetto alla distan-
za h tra i loro assi, inunersi
in un materiale uniforme (Fig.
10.2.3.4). Si assmne che la li-
nea abbia lunghezza e molto
grande rispetto alla distanza
(C>>h), e che i due condutto-
ri siano percorsi da correnti
uguali riferite a versi opposti.
La linea può essere intesa come
circuito induttore, inunaginan-
do che ad una estrelnità i due Figura 10.2.3.4
124 Capitolo 10

conduttori siano cortocircuitati ed all'altra estremità facciano capo ai due tenninali


posti vicini tra loro. :[;ipotesi f>> h permette di trascurare gli effetti di estremità
dovuti ai raccordi.
Grazie alla linearità del materiale, il cainp o magnetico in ogi1i punto può essere
ottenuto come somma di due contributi, dovuti alle correnti di ciascun conduttore
cilindrico d i raggio r0 , come illustrato nell'ese1npio precedente.
Flusso concatenato. Il flusso concatenato dal circuito induttore costituito dalla
linea bifilare può essere determinato con riferimento alla superficie rettangolare
piana S = h f che ha per orlo gli assi dei conduttori ed i raccordi di estremità, sulla
quale il cainpo è ortogonale. Al pari del campo magnetico, il flusso concatenato
può essere scomposto nella somma dei contributi relativi al campo B = µH dovuto
a ciascun conduttore. Poiché B è ortogonale a S, ciascun contributo si ottiene in-
tegrando il modulo dell'induzione µH sulla superficie S; si pone quindi dS = f dr e
si integra per r compreso tra O e h. Conviene spezzare l'integrale in due parti: uno
per r compreso tra O e r0 (relativo al campo iI1terno al conduttore) e l'altra tra r 0 eh
(relativo al campo esterno). Quest'ultimo fornisce, tenendo conto della (10.2.3.4):

cp. = fh µ i .edr = µi .e lnh


- (10.2.3.7)
e ,;, 2nr 2n r0

Il pruno integrale dip ende invece dalla distribuzione di corrente dentro al con-
duttore, e dalla conseguente espressione del campo interno. Se si assume che la
corrente i sia localizzata solo sulla superficie del conduttore, essendo nulla l'in-
duzione interna, risulta nullo anche il relativo flusso. Se invece si assume che la
corrente sia distribuita unifor1nemente sulla sezione del conduttore, il Cél.lllpo ma-
gnetico risulta espresso dalla (10.2.3.5) e il flusso relativo non è nullo. In tal caso,
il flusso interno risulta concatenato solo "parzialn1ente" con la corrente i. Si può
di.Inostrare che il flusso può essere ottenuto come media pesata su diversi tratti di
linea f 0 e risulta espresso dalla relazione:
' µf i
<pc = 81t (10.2.3.8)

Pertanto con corrente uniforme nei conduttori il flusso totale concatenato dalla
liI1ea bifilare, pari al doppio del flusso attribuito ad un solo conduttore, vale:

7t
1)
, = -µ Ri ( ln -h + -
<p 0 = 2(<p ..0 + <pc)
r0 4
(10.2.3.9)

e il coefficiente di autoinduzione vale:

L = -µ .e ( ln-h + -
n r0 4
1) (10.2.3.10)

10.2.4 Mutuo induttore


Si considerino due induttori di geometria qualsiasi (Figura 10.2.4.1) e sia nulla
la corrente del pri.Ino (i1 = O) e non nulla quella del secondo (i2 :;,t O): allora può
FENOMENI MAGNETICI ED INDUTTORI 125

.
/1
....-:: -

induttore I

Figura 10.2.4.1

accadere che l'induzione B2' dovuta solo a i2 , presenti linee vettoriali concatenate
con l'induttore 1 oltre che con l'induttore 2. Reciprocamente, quando la corrente
è nulla nel secondo induttore (i2 = O) e non nulla nel primo {~#O), l'induzione
B1 , dovuta solo a i1 , può presentare linee vettoriali concatenate con l'induttore 2
oltre che con l'induttore 1. In tal caso si dice che i due induttori sono mutuamente
accoppiati.
Nella prima situazione l'induttore 1 concatena il flusso cp 012 prodotto dalla cor·
rente ii {flusso di mutua induzione), che dipende dal valore attuale di i2 ; quindi si
può definire il rapporto:

(10.2.4.1)

che è detto mutua induttanza o coefficiente di mutua induzione tra l'induttore 1


e l'induttore 2.
Nella seconda situazione l'induttore 2 concatena il flusso <pc21 prodotto dalla
corrente i1 (flusso di mutua induzione), che dipende dal valore attuale di i1 ; qUÌ11di
si può definire il rapporto:

M ~ (t)
<f>c21
21 - i,(t) (10.2.4.2)

che è detto mutua induttanza o coefficiente di mutua induzione tra l'induttore 2 e


l'induttore 1.
126 Capitolo 10

Se i circuiti sono indeformabili e reciprocamente fissi ed il campo di induzione


si sviluppa in materiali lineari, cpc1 z è proporzionale a i2 e quindi M12 è costante;
analogainente anche 'Pczi è proporzionale a i1 e quindi M 21 è pure costante. Inoltre,
nell'ipotesi di materiale uniforme, i due coefficienti risultano uguali:
(10.2.4.3)

e quindi un unico coefficiente di mutua induzione M caratterizza il mutuo accop-


piamento tra i due induttori; esso ha dimensione fisica di henry [H] e può risultare
positivo o negativo a seconda dei riferimenti assunti per le due correnti.

10.2.4.1 Flussi concatenati totali


Quando si hanno correnti in entrambi gli induttori, i flussi che questi conca-
tenano sono dovuti ad entrambe le correnti e, nelle ipotesi di linearità suddette,
. .
possono espr1mers1 come:
'Pc1 = <pc11 + 'Pc1z = 11i1 + Miz
{ 'Pcz = 'Pcz1 + <pczz = M i1+ 1 z iz (10.2.4 .4)

ove 1 1 e 1 2 sono i coefficienti di autoinduzione dei due induttori. Questa espres-


sione può essere facilmente estesa al caso di n induttori mutuamente accoppiati.

• 10.3 BI POLO E DOPPIO BIPOLO INDUTTORE

10.3.1 Definizione di bipolo induttore


Nell'induttore tanto la corrente che il flusso concatenato possono vai·iare nel
tempo. Si assun1a che il flusso concatenato sia prodotto soltanto dalla corrente

\/(l)
+ Ì(t)
A ~
Be;:_===:=±==\:=:\:===-/.
t

Figura 10.3.1.1
FENOMENI MAGNETICI ED INDUTTORI 127

nell'induttore e che la corrente rimanga sempre solenoidale (tale situazione viene


detta condizione quasi-magnetostatica). Valgono allora le seguenti considerazioni.
a. Corrente ai terminali: in virtù dell'ipotesi quasi-magnetostaticai(t) è solenoidale,
come deve essere la corrente ai ter1ninali di un bipolo.
b. Tensione tra i terminali: considerata una superficie chiusa S" che racchiude pra-
ticamente tutte le linee vettoriali dell'induzione prodotta dall'induttore e dalla
quale fuoriescono soltanto i terminali A e B (Fig. 10.3.1.1), esternamente ad S 1,
l'induzione B è identicamente nulla e perciò il campo elettrico è puramente
coulo1nbiano e quindi conservativo; pertanto la tensione v(t) tra i terminali A e
B, 1nisurata lungo linee che si sviluppano esternamente a S", è una d.d.p., come
deve avvenire ai terminali di un bipolo.
Dunque nelle ipotesi suddette l'induttore è schematizzabile come un bipala, del
quale va ora definito il legame tra corrente e tensione.
Per la legge di Faraday-Neu1nann al variare del flusso concatenato appare tra i
terminali la f.e.1n. e(t) = -dcpj dt (il riferimento del flusso autoconcatenato cp0 è sta-
bilito dal riferiinento della corrente i, che è rivolto da B verso A, come prevede la
legge di Faraday-Neumann). Quindi, come nel caso di un generatore, all'induttore
si applica la (5.2.2.1): v AB(t) = e(t)-Ri(t) =-dcpj dt, ove a secondo membro si è posta
nulla la resistenza. Tale relazione assume la convenzione dei generatori; trattan-
dosi però di un bipolo passivo, risulta più opportuno applicare la convenzione
degli utilizzatori, rovesciando il riferimento della tensione in modo da considerare
v = v8 A = - v AB; si ottiene quindi:

v(t) = dcpc(t) (10.3.1.1)


dt
Ricorrendo al legame <pc = Ll e considerando un induttore ideale in cui L non
varia al variare della corrente, si deducono infine le relazioni seguenti:

v(t) = L di(t) i(t) = i(O) +2.f' v(t')dt' (10.3.1.2)


dt ' L o
la seconda essendo ottenuta per integrazione della priina dall'istante iniziale t = O
iI1 cui la corrente vale i(O), che costituisce la corrente iniziale (valore iniziale) dell'in-
duttore. Queste equazioni, che assumono la convenzione degli utilizzatori, caratte-
rizzano il bipolo induttore (rappresentato con uno dei siinboli di Fig. 10.3.1.2) e
permettono di descriverne il a) b)
i (t)
comportainento circuitale.
Le due equazioni dimo-o-
Ì(t)
: ---~
... ...
:~---~I
strano che il legame tensia- +
ne-corrente di un induttore è
univoca1nente defu1ito, a par- V(t) V(t)
tire dall'istante iniziale t = O,
se ne è noto, oltre all'indut-
tanza L, il valore iniziale i(O):
solo così dalla tensione è de-
ducibile la corrente. Figura 10.3.1.2
128 Capitolo 10

Figura 10.3.1.3 induttori con nucleo ferromagnetico per correnti dell'ordine all'ampere.

10.3.2 Definizione di doppio bipolo induttore


Con considerazioni analoghe alle precedenti si può dimostrare che due indut-
tori 1nutuamente accoppiati, racchiusi in una superficie chiusa S1, (che ne contiene
praticamente tutte le linee vettoriali), da cui fuoriescono solo le due coppie di
terminali, si comportano con1e un doppio bipolo, in cui ciascuna porta è costituita
dai due terminali di ciascun induttore, essendo le due correnti solenoidali e le due
tensioni pari a d.d.p . . Dalle (10.2.4.4) si deduce che, con le porte convenzionate da
utilizzatori, i legami tra tensioni e correnti, ai1cora nell'ipotesi di resistenza nulla
dei due induttori, sono:

(10.3.2.1)

Sono queste le relazioni del doppio bipolo induttivo (o mutuo induttore), che
viene schematizzato con uno dei simboli di Figura 10.3.2.1.

a)

+
i J (t)
... ... Ì 2<t)

+ +
b)
Ì I (l)
.... ... i 2(t)
+
v1(t) vi(t) v 1(t) v2(t)

2 1 2

Figura 10.3.2.1
FENOMENI MAGNETICI ED INDUTTORI 129

..- ----.
I


,.,,, .... , ......,, . . ..,..,...
Figura 10.3.2.2 doppi bipoli induttiv i (trasformatori) di piccole dimensioni, per potenze modeste.

10.3.3 Induttori in regime stazionario


Un induttore è in regin1e stazionario se i(t) =I= costante e v(t) =V= costante.
Dovendo comunque valere la prima delle (10.3.1.2), v(t) = Ldi(t)/dt, si ottengono le
seguenti grandezze stazionarie:
i(t) = I, v(t) =V= O (10.3.3.1)
Queste indicano che in regime stazionario un induttore si comporta co1ne un
cortocircuito: ai fini della determinazione delle tensioni e correnti degli altri ele-
menti della rete, ad esso può essere sostituito un cortocircuito, semplificando così
la rete e le relative equazioni.
Diverso è però lo stato energetico: come vedremo l'induttore immagazziI1a ener-
gia, mentre nessuna energia è immagazzinata nel cortocircuito.
Analogamente, in regime stazionario le porte di un doppio bipala induttivo
equivalgono a due cortocircuiti.

10.3.4 Carica e scarica dell'induttore


10.3.4. 1 Carica de/l'induttore

R Ì(I)
1 ...
+ s 2
+ +

E
I L V(t)

Figura 10.3.4.1
130 Capitolo 10

Nel circuito di Figura 10.3.4.1, per t < Oil commutatore S sia in posizione 2 ed il
circuito sia a riposo (i(t) = O e v(t) = O). All'istante t = O il commutatore S co1nmuta
da 2 a 1. Si vogliono determinare gli andainenti di i(t) e di v(t) per t >O.Con i riferi-
1nenti assunti, per t > O la LKT impone E= vR + v. Essendo vR = Ri e la tensione v(t)
esprilnibile con la prima delle (10.3.1.2), si ottiene:

E = L~~t) + Ri(t) (10.3.4.1)

Questa è un'equazione differenziale lineare di primo ordine a coefficienti co-


stanti che ha integrale particolare ip(t) = E/R = I; l'equazione caratteristica associata
è O= Ls + R e ha radice s = -R/L; quindi l'integrale generale dell'omogenea vale
i 0 (t) = Ke-tlRILl, essendo K una costante da determinarsi. La soluzione generale della
(10.3.4.1) è dunque:
E _R,
i(t) =- + K e L (10.3.4.2)
R
La (10.3 .4 .2), come la (10.3 .4.1), vale per t > O. La costante K va calcolata de-
terminando la condizione iniziale, cioè i(o+). Sappiaino che i(o-) = O; se i(o+) fosse
:;= O, si avrebbe una variazione non nulla di corrente in un intervallo infinitesi-
mo (ovvero un "gradino di corrente") che in1plicherebbe, in base alla prima delle
(10.3.1.2), una tensione infinita ("impulso di tensione"). Ciò non è possibile perchè
la tensione sul generatore e sul resistore sono certamente finite, perciò i(o+) = O.
La (10.3.4.2) valutata in t = o+ fornisce i(O) =E/R + K = O, da cui si deduce K =-E/R.
Si ottiene dunque:

i(t) = ! (1-e~') (10.3.4.3)

v(t) = L di(t) = E e-·} t (10.3.4.4)


dt
Gli andainenti di i(t) e v(t) sono descritti dalle funzioni esponenziali rappresen-
tate in Figura 10.3.4.2, tracciate nell'ipotesi E> O. Entran1be le curve sono gover-
nate dalla costante:

Figura 10.3.4.2
FENOMENI MAGNETICI ED INDUTTORI 131

T ~.!:-_ (10.3.4.5)
R

01nogenea con un tempo, che è detta costante di tempo della curva esponenziale.
La corrente dell'induttore raggiunge il valore finale I= E/Rin un tempo infinito;
in pratica, trascorso un intervallo di tempo 11t pari a 4-5 volte T la corrente diffe-
risce da J per circa 1'1 % e la tensione è ridotta a circa 1'1% del valore iniziale E.
Pertanto si può assumere che la carica avvenga in un tempo finito e si parla quindi
di transitorio di carica, alla fine del quale viene raggiunta la condizione stazionaria
con i= I e v= O, in accordo con la (10.3.3.1}: la costante di tempo determina l'ordine
di grandezza della durata del transitorio.
E' anche facile verificare che in un intervallo di tempo uguale a T la corrente
i(t) raggiunge il 63% di I mentre la tensione v(t) è ridotta del 63% rispetto al valore
iniziale E. Inoltre se tutto il processo evolvesse con la medesilna velocità che pre-
senta per t = O, i valori di regime sarebbero raggiU11ti in un intervallo di te1npo pari
a T (le tangenti in t = O alle curve esponenziali intercettano i rispettivi asintoti in
un tempo pari a T, vedi Fig. 10.3.4.2).
La resistenza R determina tanto il valore finale della corrente I= E/R che la co-
stante di tempo T = L/R.

10.3.4.2 Scarica de/l'induttore


Per t < O il circuito di Figura 10.3.4.1 sia a regime stazionario con il cormnu-
tatore S in posizione 1 (i(t) = E/R = I e v(t) = O). All'istante t = O S commuta in 2.
Procedendo in 1nodo analogo al caso precedente si ottiene:
..Rt
i(t) = I e L (10.3.4.6}

- -R L
v(t) = -RI e L (10.3 .4. 7)

V. I
1
Gli andamenti di v(t) e i(t)
sono rappresentati in Figura
10.3.4.3. Anche il processo
di scarica è governato dal-
la costante di te1npo T e ai
fini pratici può considerarsi
t
concluso in un intervallo di
tempo pari a 4 + 5 T; alla fine
viene raggiunta una nuova
condizione stazionaria con
corrente e tensione nulle (cir-
cuito a riposo con induttore - RT
scarico). Figura 10.3.4.3
132 Capitolo 10

a 10.4 PARALLELO E SERIE DI INDUTTORI


10.4.1 Induttori in parallelo

+
A 1 p(t)
. A. i p(t)

+
..
+ +

V p (tJ V 1 (t) V! (t) L2 \Jp (t) Lp


L1
s
Ì I (t) + Ì 2 (()

B B
Figura 10.4.1.1 Figura 10.4.1.2

Nel circuito di Figura 10.4.1.1, dopo l'apertura dell'interruttore S, ai tenninali


A e B risulta connesso il parallelo dei due induttori aventi induttanza Li e ½ (per
comodità si pone l'origine dei tempi, t = O, nell'istante di apertura). Interessa indi-
viduare il legame che tale parallelo impone tra la corrente i1,(t) e la tensione v1,(t),
ovvero quale bipolo equivalente appare connesso ai ter1ninali A e B. Con i riferi-
n1enti indicati, le LKT e LKC impongono per t > O:
v1,(t) = v1(t) = v2 (t) (10.4.1.1)

ip(t) = i1(t) + i2(t) (10.4.1.2)


Combinando queste con la seconda delle (10.3 .1.2), si ottiene, per t > O:

ip(t)= [i1 (0) +i2 (0)]+ ( : +: ) Jc: vp(t')dt' = ip(O) +


1 2
z p
J~vp(t')dt' (10.4.1.3)

ove si è posto:

L
1'
= 1 (10.4.1.4)
- 1 +-1
11 12

ed anche ip(O) = i1(0) + i2 (0), che corrisponde alla (10.4.1.2) valutata in t = O. ~equa-
zione (10.4.1.3) è soddisfatta dall'induttore di Figura 10.4.1.2, carico alla corrente
ip(O) per t = O.
Dunque due induttori di induttanza L1 e L2 posti in parallelo equivalgono ad un
unico induttore con induttanza LPpari al reciproco della somma dei reciproci delle
singole induttanze e con valore iniziale ip(O) pa1i alla somma algeb1ica dei singoli
valori iniziali. Tali risultati si possono facilmente estendere al caso di n indut-
tori in parallelo.
FENOMENI MAGNETICI ED INDUTTORI 133

10.4.2 Induttori in serie

is (t)
A
...
+ A i s (t)
+ ...
V1 (t) Li S1
+
.. i I (t)
V s (t) Ls
Vs (t)
+
"½ (t) L2 s2

.. i 2 (t) B
B
Figura 10.4.2.1 Figura 10.4.2.2

Nel circuito di Figura 10.4.2.1, dopo l'apertura degli interruttori S.1 e Sv ai ter-
1ninali A e B risulta connessa la serie dei due induttori aventi induttanza L1 e Li
(per comodità si pone l'origine dei tempi, t = O, nell'istante di apertura). Interessa
individuare il legame che tale serie in1pone tra la corrente i 5 (t) e la tensione v5 (t),
ovvero quale bipolo equivalente appare connesso ai ter1ninali A e B. Con i riferi-
n1enti indicati, le LKT e LKC impongono per t > O:
(10.4.2.1)

(10.4.2.2)

Co1nbinando queste con la prima delle (10.3.1.2), si ottiene, per t> O:

(10.4.2.3)

ove si è posto:
(10.4.2.4)
Ls= L1 +L2
L'equazione (10.4.2.3) è soddisfatta dall'induttore di Figura 10.4.2.2, la cui cor-
rente iniziale può essere posta uguale a i5 (0) = i 1 (0) = i2 (0), che corrisponde alla
(10.4.2.2) valutata in t = O.
Si può concludere che due induttori di induttanza ½ e Li posti in serie equival-
gono ad un unico induttore con induttanza Ls pari alla somma delle singole indut-
tanze e con valore iniziale i5 (0) pari. a quello di ciascun induttore. Tali risultati si
possono facilmente estendere al caso di n induttori in serie.
134 Capitolo 10

a 10.5 ENERGIA MAGNETICA


10.5.1 Energia immagazzinata nell' induttore isolato
10.5. 1. 1 Lavoro assorbito durante la carica
Nel circuito di Figura 10.3.4.1 l'induttore ed il resistore sono convenzionati
da utilizzatori mentre il generatore di tensione è convenzionato da generatore. In
ogni istante durante il processo di carica il generatore eroga la potenza p 8 (t) = Ei(t),
1nentre l'induttore ed il resistore assorbono rispettivainente le potenze PL(t) = v(t)
i(t) e PR(t) = vR(t)i(t); è se1npre verificato il bilancio delle potenze p 8 (t) = PL(t) + PR(t).
Integrando queste potenze nel tempo per tutta la durata del processo di carica si
ottengono i lavori rispettivainente erogato ed assorbiti dai tre bipoli.
Dalla (10.3.1.1) si deduce che la variazione infinitesima di flusso concatenato si
può esprimere come dcpc = vdt e quindi il lavoro assorbito dall'induttore vale:
2
1
r = f "'vidt = f<l>c idtn = J<l>c 'Pc dcp = <l>c (10.5.1.1)
'-1. o o 'l'c o L e 2 L

ove <l>c indica il flusso concatenato finale, che vale <l>c = 'Pc(oo) = Ll(oo) = LI, ove
I= i(oo) = E/R.
~ultimo membro mostra che CLnon dipende da come variano tensione e cor-
rente durante il processo di carica, ma è funzione solo del flusso concatenato fina-
le, ovvero dello stato finale dell'induttore. Si tratta quindi di lavoro conservativo,
corrispondente ad energia Wm, che viene assorbita, immagazzinata e che può esse-
re restituita. Per tale ragione W.uè detta energia magnetica e ha dilnensione fisica
di joule U].
Più in generale l'energia che in ogni istante è immagazzinata nell'induttore,
pari al lavoro assorbito fino a tale istante, è funzione del corrispondente stato
dell'induttore stesso, ossia di cpc(t) = Ll(t); essa è detta funzione di stnto e si può
esprimere come:

(10.5.1.2)

Tale espressioni valgono se l'induttore ha comportainento lineare, vale a dire se


la sua induttanza non varia al variare di corrente e flusso concatenato.
Se invece l'induttore non ha comportamento lineare, ma in esso non avvengono
co1nunque fenomeni dissipativi, il lavoro che assorbe è ancora ilnmagazzinato in
energia magnetica. In tal caso però le (10.5.1 .2) non sono valide e dalla terza delle
(10.5.1.1) si deduce che l'energia magnetostatica è esprimibile come:

wm = fq,,
o
idcp<: (10.5.1.3)

10.5. 1.2 Lavoro erogato durante la scarica


Poiché alla fine del processo di scarica la corrente nell'induttore è nulla, il la-
voro C{ che l'induttore eroga durante la scarica è uguale al lavoro CL che era stato
assorbito durante la fase di carica (10.5 .1.1): ciò conferma che questo viene imma-
FENOMENI MAGNETICI ED INDUTTORI 135

gazzinato in modo conservativo e quindi corrisponde effettivamente ad energia


magnetica. Dal bilancio energetico durante la scarica si ricava im1nediatainente
che tale energia viene totalmente assorbita e dissipata nel resistore.

10.5.2 Energia magnetica di due induttori


Analogamente a quanto visto in§ 10.5.1, l'energia magnetica assorbita da due
induttori accoppiati è pari all'integrale della potenza complessiva assorbita duran-
te tutto il processo di carica:

(10.5.2.1)

se i due induttori hanno comportamento lineare, per le (10.2.4.4) si ha:


v1dt = d<pc1 = L1di1+ Mcli2 e v2 dt = dcpcz= Mcli1+ L2 cli2 ; sostituendo nella (10.5.2.1) si
ottiene la seguente espressione dell'energia 1nagnetica assorbita di due induttori
accoppiati:

(10.5.2.2)

Dunque il mutuo concatenamento tra i due induttori corrisponde al termine


Mii2 (positivo o negativo) che si aggiunge all'espressione dell'energia che si avreb-
be con due induttori non accoppiati.
I:energia magnetica non può 1nai essere negativa; la geometria analitica impone
che, affinché ciò sia vero, la (10.5.2.2), intesa come equazione di un paraboloide
nelle variabili i1 e iv deve presentare ½ > O e 1z > O, come peraltro avviene sempre
per gli induttori isolati; inoltre deve esserem:

(10.5.2.3)

Si definisce coefficiente di accoppiamento la seguente quantità adimensionale:

(10.5.2.4)

che, per la precedente condizione, risulta sempre:


- 1 < K <1 (10.5.2.5)

Se K = 1 oppure K = -1 si parla di accoppiamento perfetto; per K = O (M = O), si


ritrova il caso dei circuiti magneticamente isolati.
Tenendo conto delle (10.2.4.4), la (10.5.2.2) può essere riscritta con1e:
1. 1.
Wm = l1<pc1 + lz{pcz (10.5.2.6)
2 2
m Se i2 = O la condizione W., > Ocomporta L, > O; se i, = O la condizione W., > O comporta L2 > O.
Per ogni altro valore delle correnti si può dividere W., per i,2, ottenendo ancora una forma
quadratica non negativa, il cui discriminante deve essere (M'- L,L2 ) < O.
136 Capitolo 10

10.5.2. 1 Energia magnetica di n induttori


Nel caso di n induttori accoppiati, con procedimento analogo al precedente, si
ottiene:

wm = "'? 1J'l'd j l d'". = "'? 11 j l '"'t"c1.


L.,1= 't'c::1 L..i 1::
(10.5.2.7)
0 2

ove il secondo membro vale anche nel caso di induttori non lineari, ma comunque
non dissipativi; l'ultimo membro vale solo se gli induttori hanno comportamento
liI1eare.

10.5.3 Densità di energia magnetica


Le espressioni (1 O.5 .1 .2) e successive
,
associano l'energia magnetica alle corren-
ti elettriche ed ai flussi concatenati. E però possibile esprùnere tale energia anche
in funzione dei ca1npi vettoriali B e H. A tal fine si può considerare, per semplicità,
l'mduttore isolato di Figura 10.5.3.1, formato da una sola spira: il flusso concate-
nato <i>c può essere espresso come flusso di B attraverso la superficie "sen1plice" S
che si appoggia alla spira ed alla quale B è ortogonale iI1 ogni punto: <i>c= fsB ·n dS.
I.:areola dS individua un tubo di flusso chiuso di sezione infinitesima dS avente
per asse una lmea vettoriale di lunghezza ec concatenata con l'induttore. Per la
legge di Ampère tale linea verifica la relazione i = ~ H . t d.e .

Utilizzando tali espressioni di <i>c e i, l'ultimo membro della (10.5 .1.2), valido in
ipotesi di linearità ed isotropia del materiale, può essere riscritto come:

dS
l>-'<l de

Figura 10.5.3.1

W,n = -1 m 1. = -1
2 't'C 2
I B
.5
· ndS ~ H ·td.e = f -BH d't
I.2 t
(10.5.3.1)

ove l'ultima uguaglianza si ottiene raccogliendo l'integrale di superficie e quello


di lmea nell'integrale di volume e tenendo conto che per costruzione n = t, sicché
B·nH-t = B ·H = BH; l'elemento infmitesùno di volume vale d't = dSdf .
FENOMENI MAGNETICI ED INDUTTORI 137

La (10.5.3.1) presenta l'energia magnetica come somma di infiniti contributi


dWm = (BH/2)d1: associati ai volumi infinitesin1i di:. Si può pertanto definire la den-
sità di energia magnetica, con dimensione di joule su metro cubo U/n13 J:

dWm HB B2 µH 2
=-=-= (10.5.3.2)
d-i; 2 2µ 2

Le (10.5.3.1) e (10.5.3.2), pur essendo state dedotte nel caso di un semplice


induttore isolato, valgono più in generale per le distribuzioni di cainpo prodotte
da induttori accoppiati, purché il sistema presenti comportamento lineare ed iso-
tropo.
I.:ultimo membro della (10.5.3.1) indica una modalità di calcolo dell'energia
diversa dalle espressioni date in§ 10.5.1. Il risultato dei due calcoli è lo stesso per
qualsiasi geo1netria dell'induttore, perciò il modello descritto in Figura 10.5.3.1 è
corretto; d'altra parte, si potrebbe utilizzare in 1nodo altrettanto corretto un modello
in cui l'energia magnetica sia tutta localizzata nei conduttori percorsi da corrente.
La (10.5.3.1) può essere utilizzata per determinare l'induttanza dell'induttore,
in modo alternativo a quelli indicati in § 10.2. Infatti, se sono noti la distribuzio-
ne dei campi e anche la corrente i o il flusso autoconcatenato <Pc, si può calcolare
l'energia dell'induttore per mezzo di tale relazione e qui11di, utilizzando una delle
(10.5.1.2), ricavare l'induttanza.
Se il sistema non è lineare, perché sono presenti materiali che presentano fe-
nomeni di saturazione, ma sono co1nunque escluse dissipazioni di lavoro, perché
non esistono o sono trascurabili i fenomeni di isteresi magnetica, le (10.5.3.2) non
valgono e, in loro luogo, dalla (10.5.1.3) si deduce che la densità di energia magne-
tostatica vale:

(10.5.3.3)

a) B b) B

H H

1nezzo non Iineare n1ezzo Iincarc

Figura 10.5.3.1
138 Capitolo 10

Questa espressione consente un'interpretazione grafica nel piano H,B che rap-
presenta la relazione costitutiva: infatti wm risulta proporzionale all'area in grigio
di Figura 10.5.3. la. La medesiina considerazione vale per la (10.5.3.2), relativa ai
materiali lineari (Figura 1 O. 5.3 .1 b).

10.5.4 Perdite per isteresi


Se i campi vettoriali H e B si sviluppano, anche parzialmente, in materiali
isteretici, la (10.5.1.3) non costituisce una forma conservativa e reversibile, corri-
spondente ad energia 1nagnetostatica; si tratta soltanto del lavoro CL assorbito per
"caricare" l'induttore. Analogamente, l'integrale JHdB di (10.5.3.3) in un materiale
isteretico non costituisce densità di energia magnetostatica, 1na solo densità di
lavoro assorbito per creare il can1po magnetico.

densità di lavoro densi1à di lavoro densità d i lavoro


assorbito durante reso durancc la dissipato in un
a) la •carica" b) "scarica" e) ciclo
B B 1B
H' B'
'
O.B" lavoro dissipato
H H H

Figura 10.5.4 .1

h1 particolare, iinmaginando di partire dalla condizione di campi nulli [B= O


e H = O], quando essi vengono incrementati fino alle intensità H,B', in JHdB si ha
H > O e dB > O: quindi tale integrale esprime la densità volumica di lavoro effet-
tivamente assorbito per costruire il campo, rappresentato dall'area in grigio di
Fig. 10.5.4. la).
Se a questo punto i campi vengono ridotti fino ad annullare il campo 1nagneti-
co, si hanno variazioni dB < O1nentre riinane H> O: quindi ora è JHdB < O, ovvero il
lavoro viene restituito dal campo. Nei materiali ferromagnetici, che sono isteretici,
questo secondo processo segue una curva diversa da quella precedente, raggiun-
gendo il punto O,B" (Figura 10.5.4.lb) e quindi, in particolare, la densità di lavoro
reso (pari all'area in grigio scuro) è minore della densità di lavoro precedentemente
assorbito; il bilancio di densità di lavoro nei due processi, rappresentato dall'area
in grigio chiaro di figura, costituisce densità di lavoro non reso e quindi dissipato.
Percorrendo un intero ciclo d'isteresi siinmetrico a partire dal punto HB' e valu-
tando i segni di dB e H nei vari tratti, si verifica facihnente che ad ogni ciclo di iste-
FENOMENI MAGNETICI ED INDUTTORI 139

resi viene dissipata una densità di lavoro corrispondente all'area del ciclo stesso
(Fig. 10.5.4. lc}; quindi un materiale ferromagnetico sottoposto a condizioni di fun-
zionamento cicliche è sede di dissipazioni, dette perdite per isteresi.

10.5.4.1 Formula di Steinmetz


La densità di lavoro dissipato .Cist• con dimensione fisica di U/ma], essendo rap-
presentata dall'area del ciclo di isteresi, è tanto maggiore quanto più ampia ne
è l'area. Essa può essere valutata ricorrendo all'espressione e1npirica nota come
formula di Steinmetz:
(10.5.4.1)

ove 11 è un coefficiente dimensionale che dipende dal tipo di n1ateriale ferroma-


gnetico e a è una costante compresa tra 1,6 e 2, che dipende dal valore massùno
dell'mduzione BM, essendo tanto maggiore quai1do più questo è elevato.
Se si eseguono f cicli al secondo, la densità di potenza dissipata per isteresi,
con dimensione fisica di [W/m:{], vale Pist =f .CisL' ovvero:

(10.5.4.2}

:J 10.6 SOLLECITAZIONI MECCANICHE NEGLI INDUTTORI


Il ca1npo magnetico produce forze e sollecitazioni n1eccaiùche sui corpi percor-
si da correnti, analogamente alle forze elettrostatiche, prodotte dal campo elettrico
sui corpi dotati di carica elettrica (v. par. 9.8}.
Le forze di origme magnetica sono 1nolto più intense di quelle di origine elet-
trostatica e trovano perciò ainpie applicazioni m numerosi dispositivi, come sarà
illustrato nel secondo volume. D'altro canto tali forze devono essere accuratamente
calcolate per il dimensionamento meccaiùco dei co1nponenti.
Si consideri un mduttore alin1entato da una rete elettrica qualsiasi e "deforma-
bile"; sia ds una qualunque deformazione virtuale infmitesima dell'mduttore e F.
la componente m direzione e verso di dç della forza esercitata dal campo magne-
tico sull'mduttore percorso da corrente. In queste condizioni occorre tener conto
che l'induttanza dell'mduttore L non riI11ane costante ma può essere espressa in
funzione della defor1nazione considerata come L = L(s}.
Il bilancio energetico si può scrivere, analogamente a quanto descritto nel§ 9.6 :
(10.6.1)

Calcolando separatamente i vari termini, dovuti alla deformazione dell'mdutto-


re, tenendo conto dell'equazione caratteristica del bipolo mduttore con convenzio-
ne dell'utilizzatore (10.3.1 .1} si ottiene:
dWg = vidt = idcpc (10.6.2}
140 Capitolo 10

2 2
dW =.!_ d( cpc )= id<p _.!_(cpc) dL (10.6.3)
'" 2 lL e 2 L

e ricavando F5 dalla (10.6.1):


2
1 1
F ds=dW -dW = (<pc) dL= i 2dL (10.6.4)
s s rn 2 L 2

Si ottiene che la forza di origine elettromagnetica, detta forza elettrodinamica,


vale:

(10.6.6)

e risulta positiva nella direzione e verso per i quali il coefficiente di autoindu-


zione L(s) aU1nenta; in altri termini, tale forza tende ad accrescere l'induttanza
dell'induttore.
Si riporta ora di seguito il calcolo della forza precedentemente definita per al-
cuni casi con geometrie particolari.

10.6.1 Solenoide rettilineo


La forza elettrodinamica è data dalla (10.6.6); il coefficiente di autoinduzione si
calcola con la (10.2.3.2) per cui le forze tendono:
- ad aumentareµ (attrazione di materiali ferro1nagnetici che si trovino nelle vici-
nanze del solenoide);
- ad aumentare il numero di spire (tendenza del solenoide ad "autoavvolgersi");
- ad aumentare la sezione;
- ad accorciare il solenoide.

10.6.2 Conduttori rettilinei indefiniti (linea bifilare)


La forza elettrodina1nica è ancora data dalla (10.6.6) e l'induttanza L è data dalla
(10.2.3.10).
Ipotizzando un incremento infinitesimo della distanza h tra i conduttori pari a
dh si ha, sostituendo il valore di L:
2
F. =,! 12 8L =,! j2 µ 0 .f _E,,! = µ 0 fi (10.6.2.1)
h 2 òh 2 1t h r 2nh

La forza è positiva, quindi tende ad allontanare un conduttore dall'altro. Si noti che


questa relazione è alla base della definizione di Amp ère nel Sistema Internazionale.
Capitolo
CIRCUITI MAGNETICI

• 11.1 TUBI DI FLUSSO DELL'INDUZIONE MAGNETICA


11 .1.1 Tubo di flu sso
Un tubo di flusso del vettore induzione magnetica B (vedi A.9.2) è un volume a
forma di manica, delimitato da:
- una arbitraria superficie di "ingresso" SA, avente bordo costituito da una linea
chiusa y;
- una superficie laterale Su che si appoggia a y ed è ovunque tangente alle linee
di campo di induzione B;
- una superficie di "uscita" Sn, avente bordo costituto da una linea chiusa y' gia-
cente sulla superficie SL.

SB
Un

Figura 11.1.1.1

La superficie Sn può anche coincidere con SA . In tal caso si parla di tubo di


flusso chiuso.
Il flusso attraverso la superficie laterale SL risulta nullo, perchè B è sempre
tangente alla superficie laterale SL' Quindi, essendo B conservativo del flusso, il
flusso entrante attraverso la superficie di ingresso SA coincide con quello uscente
attraverso la superficie di uscita Sn. Tale grandezza, che risulta costante anche
per qualunque sezione S del tubo considerata, viene denominata portata del tubo
di flusso:
142 Capitolo 11

q:,, = Js,4
f B . n dS = f B. n dS = f B. n dS
Jsn Js
(11.1.1.1)

Il concetto di tubo di flusso e di portata è importante per determinare il flusso


concatenato con un induttore.
Ad ese1npio, nel capitolo precedente si è visto che l'induttore toroidale produce
induzione magnetica le cui linee vettoriali sono circonferenze coassiali, contenute
nel volun1e toroidale delimitato dall' avvolgimento; in ogni punto esterno il campo
è invece nullo. Quindi il volume interno al toro costituisce un tubo di flusso chiuso
dell'induzione magnetica.
Considerazioni simili valgono per qualsiasi altro induttore: infatti seguendo le li-
nee vettoriali di B è sempre possibile individuare un tubo di flusso chiuso. In genera-
le, tuttavia, la geometria di tale tubo di flusso non è di facile individuazione, anche
in casi relativamente semplici, quali quelli del solenoide corto o della linea bifilare.

• 11.2 RILUTTANZA DEI TUBI DI FLU SSO DI 8

11 .2.1 Tensione magnetica


In riferimento alla Figura 11.1.1.1, risulta utile definire l'integrale di H lungo
una linea generica C:

\Jf1. (t) = f,. H ·tcU (11.2.1.1)

che è chiamato "tensione magnetica" per la sua analogia (puramente formale) con
la tensione elettrica Ve(t), anche se non ha alcun significato di lavoro di una forza.
Nel caso particolare in cui la linea e sia chiusa, la tensione 1nagnetica costitu-
isce la circuitazione del ca111po magnetico e quindi, in condizioni quasi-magneto-
statiche, è pari alla corrente di conduzione concatenata, in accordo con la legge di
Ampère (10.1.7.1). Pertanto, in generale la tensione 1nagnetica non è conservativa.
La tensione 1nagnetica ha dimensione fisica di ampere [A], trattandosi di gran-
dezza 01nogenea con una corrente elettrica.

11 .2.2 Riluttanza di un tubo di flusso


Consideriamo un tratto di tubo di flusso generico non contenente correnti e
il1dividuiaino due superfici SA e S8 ortogonali punto per punto alle linee vettoriali
dell'induzione B. La tensione magnetica tra un punto A e un punto B posizionati
rispettivamente sulle due superfici ad una distanza etra loro, può essere espressa
come:

\JIAa = JI.AD H ·td.e= ff.AB B


µ
·tdf (11.2.2.1)

Poichè dentro al tubo di flusso non ci sono correnti, si ha rotH = J= O, e quin-


di il campo magnetico H è irrotazionale. Poiché il tubo di flusso è un donùnio a
connessione lineare semplice (vedi A.2.1), in esso H è anche conservativo, quindi
la tensione magnetica è indipendente dalla linea di integrazione ed anche dalla
C IRCUITI MAGNETICI 143

specifica collocazione di A e B sulle rispettive superfici, perché ciascuna di esse


è ortogonale alle linee vettoriali; per semplificare i calcoli è conveniente scegliere
come linea di integrazione una linea di ca1npo.
Dunque la tensione magnetica 'I'AB è proprietà del tratto di tubo di flusso, al pari
della portata. Possiamo allora definire riluttanza del tratto di tubo di flusso da SA a
S 0 il rapporto tra tensione magnetica 'I'AB e portata cp1:

R = "'AB (11.2.2.2)
<p,

essa è funzione della geometria del tubo di flusso e della sua permeabilità, ma non
dipende dall'intensità dei campi, se il materiale è lineare (ossia se µ=costante) .
La riluttanza ha diinensione fisica di ampère su weber [A/Wb], ovvero di henry
alla meno uno [H -1 ]. Avendo assunto equiversi i versori t e n che definiscono 'I'AB e
q:,1, la Rrisulta positiva se la permeabilità del materiale è positiva.
Se in un tubo di flusso l'induzione B e la permeabilità µ sono uniformi su ogni
sezione S, la portata del tubo di flusso può essere espressa come: q>1 = J5B · n dS = SB,
da cui si ottiene: B = cp/ S.
Quindi la tensione magnetica tra A e B può essere espressa come:

\Jf
AD
=
f
I.AD
-B ·tdR=
µ
f f./Jl
-cp1 d.e = cp
µ s I
f -d.e
1.,.. µS
(11.2.2.3)

da cui si deduce:

(11.2.2.4)

Se inoltre il tratto di tubo di flut,so ha sezione S e permeabilità µ costanti lungo


il suo sviluppo assiale si ottiene anche:
R = "'AB =.eAD (11.2.2.5)
cpl µS

11 .2.3 Riluttanza di tubi di flusso chius i: legge di Hopkinson e induttanza di


un induttore
Dato che le linee vettoriali di B realizzano tubi di flusso chiusi, si può valutare
anche la riluttanza Re= '1'J <p1 di un tubo di flusso chiuso, nel quale la tensione
magnetica 'l'c è calcolata lungo una linea chiusa e0 che si sviluppa lungo il tubo
stesso. In questo caso la tensione magnetica \Jlc costituisce la circuitazione del cam-
po magnetico e quindi, per la legge di Ampère, essa coincide con la corrente di
conduzione concatenata dal tubo di flusso chiuso. Se tale corrente è dovuta ad un
induttore di N spire, tutte avvolte attorno al tubo di flusso e percorse dalla corrente
i , si ha 'l'c = Ni e si può scrivere:
N i = X" <p1 (11.2.3.1)

che costituisce la legge di Hopkinson.


144 Capitolo 11

Poiché tutte le N spire dell'induttore concatenano lo stesso flusso, la precedente


relazione pern1ette di esprin1ere il coefficiente di autoinduzione L dell'induttore
che produce le an1perspire Ni in funzione della riluttanza 'R0 del tubo di flusso
chiuso. Infatti si h a:
2
- 'Pc _ N <Jl, _ 1V
L- - - -- (11.2.3 .2)
i i ~

11.3 NUCLEO FERROMAGNETICO

11.3.1 Utilizzo dei materiali ferromagnetici


Negli esempi sopra considerati, l'induzione magnetica si sviluppa in materiali
uniformi, ovvero con permeabilità uguale in tutti i punti: in tali casi la canalizza-
zione dell'induzione dipende dalla geometria dei circuiti induttori.
Peraltro è anche possibile canalizzare le linee vettoriali di B , prodotte da indut-
tori di geometria generica, utilizzando materiali ad elevata permeabilità magnetica.
Consideriamo ad esen1pio la Figura 11.3.1.1, in cui la regione grigia è costituita
dal materiale 2 con permeabilità µ 2 , circondato dal materiale 1 con permeabilità
µ, << µ.1 • Possiaino notare che due linee chiuse di lunghezza confrontabile f 1 e f v
entrambe concatenate con l'induttore, la prima interamente contenuta nel mate-
riale 1 e la seconda nel materiale 2, per la legge di Ampère presentano la medesi-
ma circuitazione di H e quindi la medesima il1tensità media di ca1npo magnetico:
H 1 - H2 • II1vece l'induzione B1 = µ,H1 nel materiale 1 ha modulo molto minore di
quello di B2 = µp 2 nel materiale 2 .

...

Figura 11 .3.1 .1
C IRCUITI MAGNETICI 145

Figura 11.3.1.2 Nuclei ferromagnetici in ferrite e in nastro di acciaio al si licio di modeste


dimensioni.

Nei 1nateriali ad elevata permeabilità si possono dunque ottenere in essi valori


di induzione molto elevati, mentre nello spazio circostante l'induzione è assai più
modesta, tanto da potersi talvolta trascurare. Si può allora ritenere che l'induzione
sia canalizzata nel materiale ad elevata permeabilità, nel quale, essendo divB = O,
si realizza un tubo di flusso dell'induzione, indipendentemente dalla geo1netria
dei circuiti induttori.
I materiali ad elevata permeabilità cui si fa ricorso in questi casi sono i materiali
ferromagnetici che, utilizzati con induzioni prossime o minori a Bs (induzione al
ginocchio), possono presentare permeabilità relative anche 1nigliaia di volte mag-
giori dei materiali amagnetici, in particolare dell'aria. La loro natura isteretica com-
porta però svantaggi e complicazioni che saranno chiariti nel seguito. I.:insieme dei
materiali ferromagnetici che, opportunamente disposti, permette la canalizzazione
(più o meno con1pleta) delle linee vettoriali di B (come nel caso sche1natizzato in
Fig. 11.3.1.1) viene spesso chiamato nucleo ferromagnetico .

11.3.2 Traferro
I nuclei ferromagnetici non sempre sono continui lungo tutto lo sviluppo delle
linee vettoriali, perchè spesso è necessario o opportuno interromp erli con un sotti-
le spessore di materiale ainagnetico, tipicamente di aria, presentando localmente la
geometria schematizzata in Figura 11.3.2.1. Esso è chiamato traferro e espansioni
polari sono dette le parti ferromagnetiche che vi si affacciano.
146 Capitolo 11

mezzo
2 ferro1nagnetico 2

e
~½:~~ -,--,~_,_-
1- _ - 1- - 1- - 1- _
traferro - -1,1',1,1,I 1,1,,11..l ..l ..L ..L !t_ I I I

' ' ' ' ' ' ' ' 'I ,1 l


l - I 2 2
mezzo
ferro1nagDetico

~· ,, , r .,

Linee di B Linee di H
Figura 11 .3.2.1

Si è visto che l'elevata permeabilità del nucleo impone ch e le linee vettoriali di


B restino confinate al suo interno, senza disperdersi nello spazio circostante a bas-
sa penneabilità. In effetti ciò avviene alle superfici laterali delle espansioni polari,
dove le linee vettoriali più esterne si mantengono tangenti. Invece in corrispon-
denza a ciascuna superficie di espansione polare affacciata al traferro (superficie
polare, SJ le linee non possono restare tangenti, ma sono forzate a "saltare" nel
traferro per attraversarlo e rientrare nel nucleo sulla faccia opposta.

11.3.2. 1 Rifrazione del campo magnetico


Nel passaggio da un materiale all'altro le linee vettoriali possono subire una
brusca deviazione, detta rifrazione. Detti a 1 e a 2 gli angoli che le linee vettoriali
for111ano con la normale alla superficie di discontinuità nel materiale 1 (traferro} e
nel materiale 2 (espansione polare}, in virtù della proprietà divB = O sono uguali le
componenti normali dell'induzione nei due n1ateriali: B1 cosa1 = B1 J. = B2 cosa 2 = B2 J.;
in virtù della proprietà rotH = O (non essendo presenti correnti sulla superficie di
discontinuità} sono uguali le componenti tangenti del campo magnetico nei due
materiali: H1 sen~ = H 111 = H 2 sena2 = H 21r Dalle precedenti, utilizzando le relazioni
B1 = ~1.iH1 e B2 = µzH2 , si deduce la legge di rifrazione, che lega gli angoli a 1 e a 2 alle
permeabilità~ e µ.l:
8 111
tan a 1 _ µ1 _ B1J.
-- -
tanaz µ2 B211 (11.3.2.1}
B2J.

In base ad essa, qualsiasi sia l'angolo di incidenza delle linee vettoriali nel ma-
teriale ad alta permeabilità, O< a 2 < n/2, se µ 2 >> µ 1 l'angolo di incidenza nel ma-
teriale a bassa permeabilità tende a zero: a 1 -o (si veda§ A.9.3}. Tali condizioni si
C IRCUITI MAGNETICI 147

verificano sulle superfici polari S1 del traferro, ove lit - µ0 e µ 2 = µ 1>> µ0 ; pertanto in

esso le linee vettoriali incidono normali e, essendo lo spessore piccolo (f 1<< Js: ),
tendono a mantenersi rette senza subire 'spanciamenti' apprezzabili, come avver-
rebbe se il traferro fosse più ampio.

11.3.2.2 Riluttanza del traferro


Se lo spessore del traferro è piccolo rispetto alle dimensioni delle espansioni
polari, esso è assimilabile ad un tratto del tubo di flusso di B a sezione costante S.,
dove le linee vettoriali rimangono ben confinate, analogamente a quanto avviene
nei tratti ad elevata pern1eabilità. Quindi la riluttanza del traferro può essere va-
lutata per n1ateriale della (11.2.3.6); se esso è in aria, che ha permeabilità pari a
quella del vuoto, si ottiene:

(11.3.2.2)

Dato che nel traferro e nelle espansioni polari il flusso cp1 ha il medesimo valore
e le sezioni sono confrontabili, l'induzione è pressoché uniforme B1- B6 invece,
essendo µ0 << µ 1, il can1po magnetico H = B/µ risulta molto più intenso nel traferro
che nelle espansioni polari (come indica in Fig. 11.3.2.1 l'infittimento delle linee
vettoriali di H).

11.3.2.3 Energia magnetica nel traferro


Dato che l'induzione ha intensità simile nel traferro e nelle parti ferron1agne-
tiche, mentre le permeabilità sono molto diverse, le densità di energia magnetica
risultano 1nolto diverse:
B2 B2
W 1rafat ro =- >> Wf• rro = - (11.3.2.3)
2µ o 2µr

dunque la densità di energia magnetica nelle parti ferromagnetiche è molto minore


di quella nel traferro e può spesso essere trascurata rispetto a questa. Si può allora
dire che l'energia è accumulata nei traferri e vale, per ciascuno di essi, avente vo-
lun1e s,.e,:
(11.3.2.4)

11.3.2.4 Pressione magnetica al traferro


Quando un'energia potenziale dipende da una coordinata spaziale, la sua de-
rivata secondo tale coordinata fornisce la componente della forza in quella di-
rezione. Tale proprietà fisica generale si applica anche all'energia magnetica del
e,
traferro. Derivando la (11.3.2.4) rispetto allo spessore del traferro si ottiene così
la componente della forza ortogonale alla superficie del traferro:
148 Capitolo 11

F =aw.. (11.3.2.5)
,n 8.f,
I

A questa forza può essere associata la pressione magnetica al traferro, con di-
mensione fisica di pascal [Pa):
F B2
Pm =~s, =-2µ0 (11.3 .2.6)

Tale pressione tende a minimizzare l'energia e quindi a ridurre lo spessore del


traferro avvicinando le espansioni polari. Questa forza viene ad esempio utilizzata
per la realizzazione di attuatori elettromagnetici, ad ese1npio gru per il sollevamen-
to di materiale ferroso.

a 11.4 CIRCUITI MAGNETICI


Il cainpo di induzione magnetica B presenta notevoli analogie con il campo di
corrente di conduzione stazionaria J. Anzitutto, essendo entrainbi i campi sole-
noidali, le loro linee vettoriali sono chiuse e dailllo luogo a tubi di flusso chiusi,
semplici o ramificati. Inoltre, le linee vettoriali di entrainbi i campi possono es-
sere ben canalizzate utilizzando, nel caso di J, materiali ad elevata conducibilità
y2 (conduttori) circondati da altri a bassissima conducibilità y1 (isolanti) ovvero
utilizzando, nel caso di B, materiali ad elevata permeabilità µ 2 (ferromagnetici)
circondati da altri a bassa permeabilità~ (amagnetici). In particolare i rapporti µj
µ 1 , che possono arrivare a 1oa-:- 10• (si vedano le Tab. 10.1.8.1 e 10.1.8.2), permet-
tono una buona canalizzazione di B, pur essendo nettamente inferiori ai rapporti
ottenibili yjy1 (Tab. 4.2.1.1).
II1 considerazione di tali analogie, come un campo di corrente solenoidale ben
canalizzato costituisce un circuito elettrico (o rete elettrica), così un camp o di
induzione ben canalizzato è detto circuito magnetico (o rete magnetica). Esso è
costituito da n1ateriali ferromagnetici che realizzano tratti di tubi di flusso di B,
caratterizzati dalla loro riluttanza, e dalle amperspire prodotte da correnti di con-
duttori filiformi avvolti in più spire intorno ai vari tratti; un esempio di circuito
1nagnetico semplice è 1nostrato in Figura 11.4.1. I circuiti magnetici possono anche
corrispondere a situazioni più complesse, che presentano ramificazioni dei tubi di
flusso (Fig. 11.4.2).

N1

~ i(t)
Figura 11.4.1 Figura 11.4.2
C IRCUITI MAGNETICI 149

I dispositivi che realizzano circuiti magnetici hanno lo scopo di stabilire una


determinata "canalizzazione" del flusso di induzione (come ad esempio avviene
nei trasformatori) oppure una determinata induzione magnetica in una prefissata
sezione (come avviene nelle macchine elettriche rotanti).

11.4.1 Leggi dei circuiti magnetici


11.4. 1. 1 legge di Ohm per i circuiti magnetici
Co1ne in un tratto di tubo di J privo di f.e .1n. vale la legge di Ohm, V= RI, che
lega tensione elettrica V a resistenza R e corrente I, così in un tratto di tubo di B
vale l'analoga relazione (11.2.2.3), che lega tensione magnetica 'V a riluttanza Re
portata cp, e che può essere riscritta come:
v = Rcp, (11.4.1.1)

E' evidente la corrispondenza tra resistenza e riluttanza, tra tensione elettrica


e tensione magnetica, tra corrente e portata. In considerazione di tale analogia la
(11.4.1.1) è detta legge di Ohn1 per i circuiti magnetici.

11.4.1 .2 legge di Hopkinson - forza magnetomotrice


Per un tubo di flusso chiuso semplice (non ramificato, co1ne quello illustrato in
Fig. 11.4.1) di B sul quale sono avvolte N spire filiformi percorse dalla corrente i , la
legge di Hopkinson (11.2.3.1), è simile alla relazione, E=Rel, che vale per un ana-
logo tubo di flusso chiuso semplice di J; è evidente la corrispondenza tra la f.e.m.
complessiva E del tubo chiuso di J e le amperspire complessive Ni concatenate dal
tubo chiuso di B. Per tale ragione il prodotto Ni è anche detto forza magnetomotri-
ce (f.m.m) del tubo di flusso.
Come nei circuiti elettrici i generatori di tensione tendono a produrre correnti
positive rispetto al riferimento che va da morsetto - a morsetto + del generatore,
così nei circuiti magnetici le f.m.1n. tendono a produrre flussi di induzione positivi
rispetto al versore nor1nale che la regola della vite destrogira associa al riferimento
di corrente della f.m.m ..

11.4.1.3 Prima legge di Kirchhoff per i circuiti magnetici


In un circuito magnetico ramificato si può considerare una superficie chiusa Se
che racchiude un nodo, ossia una regione delimitata da una superfice chiusa Se da
cui escono più tratti di tubo di flusso (Fig. 11.4.1.1) . Dato che il flusso di induzione
uscente da una superficie chiusa è sempre nullo, la som1na delle portate dei tratti
uscenti dal nodo deve essere nulla:
ì:cp,
I
=0 (11.4.1.2)

la sommatoria è algebrica: dopo aver fissato il riferimento della portata per ciascun
tratto, vengono sommate le portate che hanno riferi.Inento uscente dalla superficie
e vanno sottratte quelle con riferimento entrante (o viceversa). La (11.4.1.2) viene
detta prima legge di Kirchhoffper i circuiti magnetici, per la sua analogia con la LKC
delle reti elettriche.
150 Capitolo 11

I
),
---i~ T"-4.r -t:rk,-/.,..,,,,, + ' ....---

Figura 11.4.1 .1 Figura 11.4.1.2

11.4. 1.4 Seconda legge di Kirchhoff per i circuiti magnetici


La legge di Hopkinson (11.2.3.1) si applica a circuiti non ramificati dotati di
un'unica f.m.m. Ni. Se invece i circuiti magnetici sono complessi, presentando
ramificazioni, in essi si può considerare un percorso chiuso formato da più tratti
di tubo di flusso (ossia da lati) ciascuno dotato di tensione magnetica 'V; ed even-
tualmente f.1n.m. Ni; proprie: tali tratti di tubo formano una maglia (Fig. 11.4.1.2).
La legge di Ampère applicata ad una maglia fornisce allora:

I,Ni;(t) = I.'V1 (t) (11.4.1.3)

ove 'V;= '.R,q,u, in base alla (11.4.1.1). Questa generalizza la (11 .2.3.1) ed è analoga
alla LKT delle reti elettriche in regime stazionario, scritta nella forma LE= :EV. Per-
tanto questa è detta seconda legge di Ki1·chhoff per i circuiti magnetici.
Nella (11.4.1.3) le sommatorie sono algebriche, considerando in ciascun tratto
della maglia la tensione magnetica 'V; e l'eventuale f.m.m. Ni1 secondo riferimenti
coerenti.

11.4.1.5 Analogie tra circuiti elettrici e magnetici


La Tabella 11.4.1.1 riassume le analogie tra circuiti elettrici e circuiti magi1etici
che sono state illustrate. Accanto a tali analogie sussistono peraltro importanti
differenze. In particolare va notato che, dal un punto di vista energetico, 1nentre
in un circuito elettrico in regilne stazionario avvengono dissipazioni oluniche di
potenza, in un circuito magnetico in regime stazionario non si hanno dissipazioni.
Inoltre il comportainento forte1nente non lineare dei materiali ferromagnetici com-
porta una 1naggiore complessità di analisi rispetto ai casi lineari, co1ne illustrato
nel seguito.
C IRCUITI MAGNETICI 151

' Circuiti elettrici Circuiti magnetici


solenoidalità (linee cl1iuse) div J = O div B = O
canalizzazione buoni conduttori materiali ferromagnetici
portata dei tratti di tubo di I q>,
flusso
tensione dei tratti di tubo di VR 'V
flusso
parametro caratteristico dei R 'R
tratti di tubo di flusso
legge di Oh.in VR = RI 'V = 'Rqi,
generatore E Ni
tubo di flusso chiuso E=R-J Ni = 'Rcqi,
non ramificato
prima legge di Kirchhoff tl= o tq>1 = O
seconda legge di Kirchhoff LE= r.+vR "f,Ni = r, + 'V
Tabella 11 .4.1.1 Analogie tra ci rcuiti elettrici e circuiti magnetici

11.4.2 Analisi dei circuiti magnetici


Quando è necessario uno studio accurato del legame tra f.m.1n. e portate, è
opportuno suddividere il circuito in più tratti, ciascuno dei quali corrisponde con
sufficiente approssiinazione alle ipotesi di tubo di flusso, in n1odo che ad esso
sia applicabile con la voluta precisione la relazione 'V= '.Rq>1• Quando è nota la
f.m.m. e bisogna determinare il flusso d'induzione, nei tratti ferromagnetici sorge
un problema ulteriore. Infatti essi hanno permeabilità µ elevata, ma funzione di
B : µ=µ(B).Pertanto la riluttanza 'R= µS/f può essere deterlllÌ11ata solo una volta
che sia nota l'induzione B. Peraltro il flusso d'mduzione e quindi B si deterlllÌ11ano
solo se è nota 'R, Ì11 base alla relazione cp1 = 'l'/'R. Per risolvere il proble1na si può
ricorrere all'uso di metodi 11umerici basati su algoritmi iterativi.

11.4.3 Circuiti magnetici con magneti permanenti


In base alla legge di Hopkinson, Ni = 'Rcqit> Ì11 un circuito magnetico semplice
può essere presente flusso, q>1:;= O, anche in assenza di f.m.n1., Ni = O, purchè sia
nulla la riluttanza del tubo chiuso, ~=O. Questo può avvenire in particolare se
una parte del tubo di flusso (eventualmente comprendente un traferro) ha rilut-
tanza positiva, ~>O, e il restante tratto ha riluttanza opposta e quindi negativa,
'Rm < O, Ì11 modo che sia ~ = ~ + 'Rm = O. Tratti di tubo a riluttanza negativa si
possono realizzare utilizzando magneti permanenti, vale a dire materiali ferroma-
gnetici dotati di isteresi, la cui caratteristica passa nel secondo o quarto quadrante,
ove µ=BIH < O. Particolarmentre adatti a questo impiego sono i materiali ferro-
magnetici duri, che presentano valori elevati sia di campo magnetico coercitivo
che di mduzione residua, permettendo di ottenere flussi di induzione e tensioni
magnetiche significativi.
152 Capitolo 11

Circuiti magnetici realizzati con materiali ferromagnetici duri, tipica1nente ba-


sati su terre rare sinterizzate, sono utilizzati in vari dispositivi che richiedono flus-
si di i11duzione e potenze anche elevati e ingombri contenuti (ad esempio motori e
generatori elettrici), con considerevoli vantaggi anche dal punto di vista energeti-
co, grazie all'elhninazione degli avvolgimenti di eccitazione.

11.4.3. 1 Analisi di un circuito con magnete permanente


La Figura 11.4.3.1 rappresenta un circuito magnetico costituito da un 1nagnete
permanente (m), da due materiali ad elevata permeabilità che costituiscono due
espansioni polari uguali (p e p') e da un sottile traferro in aria (t). In prima ap-
prosshnazione si può supporre che il flusso <I\ sia perfettan1ente canalizzato nel
circuito. Se le due espansioni polari sono 1nantenute lontane dalla saturazione,
esse presentano permeabilità molto maggiore di quella dell'aria e qui11di riluttanza
Rv molto minore di quella del traferro 'Rr, così da potersi assumere ~ + 2R/::'~-
Il comportaillento del circuito magnetico è quindi definito dalle riluttanze di tra-
ferro e di magnete pennanente 'Rrn che sono determi11abili rispettivéllllente come:

p
m
m <I>,

'11m

+
t
cI>,
'11 I +

+
t

p'

Figura 11 .4. 3.1 Figura 11.4.3.2

solo la prima delle quali è costante e nota a priori.


Conseguentemente, le uniche tensioni magnetiche non nulle sono quelle di tali
due tratti, che per la (11.4.1.1), valgono:
(11.4.3.2)

La seconda di queste, ovvero il lega1ne tra la portata del circuito <I\ e la tensione
magnetica del 1nagnete permanente, può essere deternùnata a partire dalla sua
curva (H,B) per materiale di un semplice céllllbio delle scale degli assi coordinati,
che consiste nel sostituire 'l'm = Hfm a H e <1>1 = BSm a B (curva "m'' di Fig. 11.4.4.2).
Inoltre, tenuto conto che non sono presenti f.m.m., la (11.4.1.3) hnpone che sia
'l'm + 'P1 = O e quindi:
CIRCUITI MAGNETICI 153

(11 .4.3.3)

I valori 'I'm e <1)1 devono rispettare anche tale vincolo, che nel piano di Figu-
ra 11.4.3.2 rappresenta una retta passante per l'origine con coefficiente angolare
negativo: la sua intersezione con la curva 1n individua il punto di lavoro.
Si noti che, mentre al traferro tensione magnetica 'f'1 e flusso <1) 1 hanno segno
uguale (induzione e ca1npo 1nagnetico sono equiversi), nel magnete perma1nente H
e B sono invece discordi.
I;ipotesi di perfetta canalizzazione del flusso comporta che l'induzione al tra-
ferro e quella nel magnete siano legate della relazione:
<I>l = BLSI = BJ'.ll s l'U = <I>l'U (11.4.3.4)

mentre la (11.4.3.3) impone, a meno del segno, Rie,=H"'em· Moltiplicando questa


membro a membro con la (11.4.3.4) si ottiene:

(11.4.3.5)

ove 't1 = s,e, è il volume del traferro e 'tm = smemquello del magnete permanente.
Si deduce che, a parità di materiale utilizzato per quest'ultimo, il volume 'tm è mi-
nimo in corrispondenza del punto del secondo quadrante della caratteristica B,H
che presenta il massimo prodotto IBmHm I, detto massimo prodotto di energia, che
costituisce uno dei paran1etri fondamentali di questi 1nateriali e quindi è sempre
riportato tra i dati fomiti dai produttori. Questa esigenza è particolarmente sentita
quanto vengono utilizzati materiali di concezione recente che sono molto costosi.
Attualmente, il n1ateriale con il più elevato IBflm I (oltre 400 kJ/In:1) è la lega
Neodimio-Ferro-Boro NdFeB, ma lo sviluppo è molto rapido a causa della forte
richiesta di mercato.
Capitolo
PRINCIPI DI ELETTROMECCANICA

Questo capitolo introduce i principi fondamentali che stanno alla base della co-
siddetta conversione elettromeccanica, il processo con cui una potenza meccanica
viene convertita in potenza elettrica (nei generatori elettrici) oppure una potenza
elettrica viene convertita in potenza meccanica (nei 1notori elettrici). In alcuni casi,
il processo è reversibile, ossia la stessa 1nacchina può svolgere le due funzioni.
Data l'importanza dell'argomento, esso verrà ampiamente sviluppato nel secondo
volume .

• 12.1 FORZA ELETTROMOTRICE MOZIONALE


La f.e .m. e t.e indotta lungo una linea chiusa le in base alla legge di Faraday-
Neumann (definita in§ 10.1.4) può essere dovuta tanto alla variazione temporale
dell'induzione 1nagnetica B che al moto della linea le; in particolare la (10.1.4.4)
indica che il suo addendo associato al solo moto della linea vale:

em(t)=-&p,'.'t(t) =<j> (v,. x B)·td.e (12.1.1)


0 B=oo..o;L I.e

ove v t. è la velocità con cui si muove il tratto di della linea. Tale relazione evidenzia
che la f.e.m. mozionale em(t) è una proprietà della linea ed ha origine dall'interazio-
ne tra il moto dei suoi punti e l'induzione magnetica.

12. 1.0. 1 Forza elettrica specifica mozionale


La (12.1.1) può riscriversi come:
em (t) = 1 E"' · t d.e
I. r.
(12.1.2)

ove si è introdotto il vettore:


Em (P,t) = v,. (P,t) x B(P, t) (12.1.3)

che è detto forza elettrica specifica mozionale, perchè costituisce una forza elettrica
specifica, analoga a Ec, E; e Eg, cui sono sottoposte le cariche elettriche presenti
sulla linea le e in moto con essa. E"' è detta mozionale perché trae origine dal moto
156 Capitolo 12

della linea; essa è non conservativa (analogainente a E 1 e Es e diversamente da EJ,


come indica la (12.1.2); inoltre non è un caI11po vettoriale, perché non si tratta di
una proprietà dei punti dello spazio, dipendendo dalla velocità della linea le. Se la
linea è materializzata da un conduttore filiforme in moto, la forza elettrica specifica
E'" tende a muovere le cariche libere del conduttore lungo esso, dando origine ad
una corrente elettrica di conduzione.
Le precedenti relazioni valgono anche se solo un tratto di linea è in moto: al-
lora eu, e Ero si manifestano solo su esso. Pertanto si può definire e"' anche per una
linea aperta .e. imn1ersa in campo B, i cui elementi (di versore tangente t) hanno
velocità vt:

(12.1.4)

12. 1.0.2 Forza di Lorentz


Al vettore Em corrisponde la forza Fm= q E"'= q v1. x B avvertita dalla carica q
vincolata alla linea ed in moto con essa a velocità vt.
Se, più in generale, si considera una carica q che si muove in caI11po magnetico
con velocità v q liberamente (e quindi non vincolata a muoversi insieme ad una
linea) su essa agisce la forza di Lorentz:
FL(P,t) = q v <i (P,t) x B (P,t) (12.1.5)

ortogonale sia alla velocità che all'induzione e che pertanto produce accelerazioni
che ne modificano la traiettoria.

• 12.2 FORZE PONDEROMOTRICI ELETTRODINAMICHE


Corrente elettrica e caI11po n1agnetico interagiscono producendo forze che ten-
dono a muovere il conduttore sede di corrente. Tali forze sono dette ponderomotrici
elettrodinamiche, perché risultano applicate ai conduttori ed hanno origine da ca-
riche in moto, a differenza di quelle coulombiane che, manifestandosi anche sulle
cariche ferme, sono denominate elettrostatiche.

12.2.0. 1 Interazione tra campi di induzione magnetica e di corrente


Come visto in§ 1.2.2, la densità di corrente di conduzione è dovuta a cariche in
moto secondo la relazione J=Pc+vP+ + Pc-vr-· Se il conduttore è fermo, le velocità
di migrazione vr + e vr- coincidono con le velocità assolute delle cariche; allora si
può usare la formula di Lorentz (12.1.5) per esprimere le forze agenti sulla carica
positiva dq+ =Pc+ d't e su quella negativa dq- = Pc-d't, presenti nel volumetto d't del
conduttore:
dF+
,n
= dq+v+p x B = p+ v+ x B d-c
e p

tl.f;; = dq- v ; x B = p:
v ; x B d-c
(12.2.1)
PRINCIPI DI ELITTROMECCANICA 157

La forza infinitesima complessiva che si sviluppa nel volumetto di: è pari alla
loro somma:
(12.2.2)

Tale forza quindi dipende dal vettore densità di corrente J e ha natura ponde-
romotrice perché si trasferisce dalle cariche al conduttore. Si può dimostrare che,
benché la (12.2.2) sia stata dedotta nell'ipotesi che il conduttore sia ferino, essa
vale anche se il conduttore è in movimento.
Alla (12.2.2) corrisponde la densità di forza ponderomotrice (forza per unità di
volmne):

.f.n(P,t) = ~ ' = J x B (12.2.3)

che ha dimensione fisica di newton su metro cubo [N/m:1].

12.2.0.2 Interazione tra induzione e corrente filiforme: legge de/l'interazione


elementare elettromagnetica
Nel caso di un conduttore filiforme di sezione normale S ed asse curvilineo I,
orientato dal versore tangente t, avente corrente i, si può porre di: = S di, e J= (i/S) t,
come visto in§ 1.2.3. La forza ponderomotrice (12.2.1) può allora essere riscritta
come:
~ (P,t) = i t X B di, (12.2.4)

che risulta applicata al tratto di, di conduttore; il prodotto i t x B ha dimensione di


forza per unità di lunghezza.
La (12.2.4) è detta legge dell'interazione elementare elettromagnetica (o seconda
legge dell'azione elementare di Laplace). Essa può essere utilizzata solo per valuta-
re la forza dovuta all'interazione tra la corrente filiforme i e l'induzione B dovuta
ad altre correnti o ad altre cause, ma 110n alla stessa corrente i del conduttore. Infat-
ti il modello "conduttore filiforme" non è applicabile al calcolo del campo nei pun-
ti ad esso prossimi perchè l'induzione prodotta da i diverge in corrispondenza del
conduttore filifonne. Se si vuole calcolare la forza ponderomotrice dovuta anche
all'induzione prodotta dalla stessa corrente i è necessario rinunciare al modello
"conduttore filiforme" ed applicare la (12.2.2) .

• 12.3 PRINCIPI DI CONVERSIONE ELETTROMECCANICA


In un materiale conduttore percorso da corrente elettrica e in moto in un campo
di induzione si manifestano sia la forza elettrica specifica mozionale Em, definita
al§ 12.1, che la densità volumica di forza ponderomotrice f m, definita al § 12.2.
La forza elettrica specifica mozionale Em, che provoca il 1noto di cariche nel
conduttore, interagisce con la densità di corrente Jgenerando la densità di potenza
elettrica n1ozionale, come stabilisce la (5.3.3):
158 Capitolo 12

Ps(P,t) = Em · J = v 1 x B -J (12.3.1)

La densità di forza ponderomotrice f m• applicata allo stesso conduttore, intera-


gisce con la sua velocità v1 sviluppando, in accordo con le equazioni della 1necca-
nica, la densità di potenza meccanica:

Pm(P,t)=J.n ·V1. = J XB ·v,. (12.3.2)

Dunque, in ogni istante ed in ogni punto del conduttore, la densità di potenza


elettrica sviluppata Ps e la densità di potenza meccanica sviluppata Pm sono uguali
ed opposte, ovvero:

Ps + Pru = E'" · J + /,
0 • V 1. =O (12.3.3)

In altre parole, in ciascun elemento di un materiale conduttore in moto in campo


di induzione magnetica e sede di corrente, la potenza meccanica sviluppata è ugua-
le alla potenza elettrica mozionale assorbita, e viceversa. Integrando la (12.3.3) nel
volume del conduttore si deduce un analogo bilancio complessivo:

(12.3.4)

12.3.0. 1 Bilanci di potenza nei conduttori filiformi


Frequentemente i conduttori sede di conversione elettromeccanica sono filifor-
mi; in tal caso, utilizzando la forza ponderomotrice d.F1. (12.2.4), la (12.3.4) può es-
sere riscritta in funzione della corrente i= Jx tS e della f.e.m. mozionale e"' (12.1.4):

(12 .3.5)

Dunque Ern è in grado di generare potenza elettrica (Ps> O) trasformandola da


meccanica (Pru < O) e viceversa (Pg< O, Pru > O); Emcostituisce la forza elettrica spe-
cifica generatrice propri.a dei generatori elettromeccanici, di cui si è parlato in § 5 .1
indicandola genericainente con Es.
Le precedenti relazioni descrivono il principio della conversione elettromeccani-
ca della potenza.
La conversione elettromeccanica della potenza richiede quindi che conduttori
sede di corrente siano in moto in un cainpo di induzione magneti.ca. Le macchi.ne
elettriche che realizzano questa condizione possono effettuare la conversione di
potenza elettrica in meccanica, funzionando da motori elettrici; oppure possono
realizzare la conversione opposta, funzionando da generatori elettrici; spesso la
medesima macchina può realizzare entrainbi i tipi di funzionainento.
PRINCIPI DI ELITTROMECCANICA 159

a 12.4 SCHEMA DI MACCHINA ELETTRICA LINEARE


A .
- ... I. A'

' ' • X X X X X X \s
E,,,
.. ve B B
+

h
.. jt
Ec
u
X X X X X X
I I l Ee.t
~
~

.' . :;:> R
'B I

I ~ B'
I

Figura 12.4.1

Si consideri il dispositivo illustrato in Figura 12.4.1, costituito da due rotaie


conduttrici parallele {di resistenza trascurabile) e distanti h una dall'altra, ad un'e-
stre1nità delle quali può essere connesso un generatore lineare di tensione tramite
l'interruttore S. In tutti i punti del piano tra le rotaie è presente un campo di in-
duzione 1nagnetica B perpendicolare ad esso, uniforme nello spazio e costante nel
tempo, entrante nel piano del foglio.
Sulle rotaie ed in contatto elettrico con esse si muove con velocità v,. una sbar-
retta conduttrice di resistenza trascurabile. In essa si manifesta la forza elettrica
specifica mozionale E'"= v,. x B parallela all'asse della sbarretta e diretta verso l'alto
e quindi l'intera sbarretta è sede della f.e.m. mozionale:
{12.4.1}

Funzionamento a vuoto
Quando l'interruttore S è aperto non è possibile la circolazione di corrente, non
esistendo un circuito chiuso. Allora la forza specifica E 01 crea una separazione di
cariche libere, positive verso l'alto e negative verso il basso che producono a loro
volta un campo coulombiano Ec = - Em, che invade tutta la regione circostante e in
ogni punto della sbarretta bilancia la forza specifica n1ozionale. Si noti l'analogia
con quanto avviene all'interno e all'intorno di un generatore elettrocl1inùco, §5.2.1.
Ai capi della sbarretta si manifesta quindi una d.d.p. a vuoto uguale alla f.e .m.
{12.4.1}: vABo=e. Essendo nulla la corrente, Em ed e non sviluppano potenza elet-
trica e sulla sbarretta non agisce alcuna forza ponderomotrice di origine magnetica.
Se i contatti A e B sono privi di attriti e se alla sbarretta non è applicata alcuna
forza meccanica esterna, la sua velocità si mantiene costante.

Funzionamento a carico
Se l'interruttore S è chiuso, nella sbarretta è presente ancora la f.e.m. (12.4.1) e
si forma un circuito elettrico la cui corrente vale:
160 Capitolo 12

. =-----""-
e-E._"
1 (12.4.2)
R

Funzionamento da generatore
Se e-E..L>Osi ottiene i> O e la forza pondero1notrice F,. =it x Bh = iBhu ha ver-
so opposto a v ,. cosicché ha azione frenante e la potenza meccanica risulta nega-
tiva, Pm = F,. · v,. = -iBhv1. < O: si tratta quindi di potenza meccanica assorbita dalla
sbarretta.
La potenza elettrica generata è positiva Ps = e i> O. Dato che f.e.m. e corrente
hanno riferimenti associati dalla convenzione dei generatori, si tratta di potenza
elettrica generata nella sbarretta e trasn1essa ad altre parti del circuito attraverso
la porta AB; essa risulta anche pari al prodotto vp.J, perché si è supposta nulla la
resistenza della sbarretta (così f.e.m. e d.d.p. coincidono anche in presenza di cor-
rente). Tenendo conto della (12.4.1), si verifica che vale il bilancio delle potenze:
P01 (t) + Pg(t) = - i Bv,. h + ei= O (12.4.3)

La sbarretta sta quindi funzionando da generatore elettrico: perché mantenga


velocità costante è necessario che ad essa venga applicata la forza meccanica mo-
trice FmoL =- F,., equiversa a v ,..

Funzionamento da motore
Se e-E._,L<Osi ottiene i< O e la forza ponderomotrice F 1. ha verso concorde a V 1.
cosicché ha azione motrice e la potenza meccanica è positiva, Pm > O, mentre risul-
ta negativa la potenza elettrica generata Ps <O.Vale ancora il bilancio (12.4.3), ove
i due addendi hanno segi1i invertiti rispetto al caso precedente. Ciò significa che
la sbarretta assorbe potenza elettrica fornita da altre parti del circuito, in questo
caso dal generatore di tensione E._,t, e la converte in potenza 1neccanica. La sbarret-
ta sta quindi funzionando da motore elettrico: perché 1nantenga velocità costante
è necessario che ad essa venga applicata la forza 1neccanica resistente F"'. =-F1.,
opposta a v 1. . In questo caso e prende il nome di forza controelettromotrice.
Capitolo
FUNZIONI SINUSOIDALI E FASORI

a 13.1 FUNZIONI SINUSOIDALI

t
o
- --1-------,-----\-- - - - --1- - - - - -- - -......
a I I
t o =-- -(O
I I
I I
I I
!. __ ..J
Figura 13.1.1

Una funzione sinusoidale del tempo (Fig.13.1.1) è esprimibile, in tutta genera-


lità, come:
a(t) = AM sen(rot + a) (13.1.1)

ove:
- AM è l'ampiezza (con dimensione omogenea a quella di a),
- ro è la pulsazione (con dimensione di radianti al secondo [rad/s)),
- a è la fase iniziale (con dimensione di radianti [rad]).
I.:argomento (rot + a) è la fase istantanea (pure con dimensioni di radianti [rad)) 1•
Una funzione siI1usoidale è un caso particolare di funzione periodica, ossia
di funzione che ripresenta il medesimo andamento a intervalli di tempo uguali e
1
La stessa funzione sinusoidale può anche venire espressa per mezzo del coseno, invece
che del seno:
a(t) = A.,. cos( rot + o:-i)= AM cos(rot +o)
162 Capitolo 13

quindi verifica la condizione a(t) = a(t + nT), ove n è un intero qualsiasi e Tè una
quantità con dimensione di secondi [s], detta periodo, che individua l'intervallo
temporale in cui la funzione compie un intero ciclo. La frequenza f di una funzione
periodica indica il numero di cicli che avvengono nell'unità di tempo ed ha dimen-
sione fisica di hertz [Hz] (omogenea a [s-1 ]); assai usati sono i multipli: chilohertz
[kHz], megahertz [MHz] e gigahertz [GHz]. La frequenza risulta pari al reciproco del
periodo f = 1/T.
Nel caso particolare della funzione sinusoidale, il periodo Tè definito dal tem-
po in cui l'argon1ento subisce un incremento di 21t radianti, ovvero roT = 2n; per-
tanto periodo, frequenza e pulsazione risultano tra loro così legate:

T = 2_ = 21t 1 (ù 21t
' f =- = - , ro = 21tf = - (13.1.2)
f (ù T 2n T

Per effetto della periodicità, la fase iniziale a viene generahnente espressa da un


valore contenuto nell'intervallo compreso tra -n e + n. Ciò significa che l'istante t 0
in cui a(t) presenta lo zero più prossimo a t = Oè espresso dall'equazione cot0 + a= O
e vale dunque t0 =-a/ro (in Fig. 13.1.1 si è assunto a>O e quindi risulta t 0 <0).

13.1.1 Valore medio in una semionda


Il valore medio di una funzione sinusoidale, sul periodo T, è ovviamente nullo.
Si definisce valore medio in una semionda Am la media del modulo in un periodo;
per una funzione sinusoidale, esso vale:

(13.1.3)

esso è un numero reale positivo con la stessa dimensione fisica di a(t).

13.1.2 Valore efficace


Si definisce valore efficace A la sua media quadratica in un periodo; per una
funzione sinusoidale esso vale:

A :_ ' ~ fT ci(t)dt = ~ - 0,707 AM 11 (13.1.4)

esso è un numero reale positivo con la stessa dimensione fisica di a(t).


Il valore efficace assume notevole importanza nel qualificare una tensione o
una corrente sinusoidale: infatti per indicare i livelli di tensioni e di correnti si-
nusoidali, si usa precisarne i valori efficaci. Così, ad esempio, con l'espressione
"tensione alten1ata di 220 V" si indica una tensione sinusoidale con valore efficace
di 220 V: il suo valore massimo è circa 311 V.

n Il secondo 1nembro della (13.1.4) espriine la definizione generale di valore efficace, applicabile
ad una funzione periodica qualsiasi.
FUN ZIONI SINUSOIDALI E FASORI 163

13.1.3 Fattore di forma


Si definisce fattore di farina kf il rapporto tra valore efficace e valore medio in
una semionda; per una funzione sinusoidale esso vale:
6 A 1t
k r = A,,, = 2Jz - 1,11 (13 .1.5)

Una funzione sinusoidale è univocamente determinata non appena ne siano


fissate:
- l'an1piezzaAM (o il valore efficace A, o il valor medio in una semiondaAui),
- la pulsazione ro (o il periodo T, o la frequenza.f) ,
- la fase iniziale a.

a 13.2 FUNZIONI SINUSOIDALI ISOFREQUENZIALI


Funzioni sinusoidali dotate di uguale frequenza (e quindi di uguale periodo e
pulsazione) sono dette isofrequnziali.

B MI-----,.-'"'
AM f-,,.--....

t
o
o.
- -(J) I p
1- -
I I w
I cp I
I -(l) I
I

Figura 13.2.1

Accanto alla funzione sinusoidale a(t) espressa dalla (13.1.1), si consideri una
seconda funzione sinusoidale b(t) isofrequenziale con a(t) (Fig.13.2.1):
b(t) =BMsen(rot+ p) (13.2 .1);
la differenza tra le fasi istantanee delle due sinusoidi risulta indipendente dall'i-
stante temporale te pari alla differenza tra le due fasi iniziali:

cp ~ (rot+a) - (cot + P) = a-p (13.2.2)


Tale differenza di fase cp è detta sfasamento o più precisamente anticipo di fase
di a(t) rispetto a b(t): un valore positivo di cp indica che a(t) "anticipa" su b(t), ov-
vero che b(t) "ritarda" su a(t), e viceversa. In particolare se:
164 Capitolo 13

- <p = O, (a= P), le due sinusoidi sono dette in fase ;


- <p = +n, (a= p + n}, le due sinusoidi sono dette in opposizione di fase;
- <p = + n/2, (a= p + n/2), a(t} è detta in quadratura in anticipo su b(t};
- <p =-n/2, (a= P-n/2}, a(t} è detta in quadratura in ritardo su b(t}.

Funzioni sinusoidali isofrequenziali di frequenza nota costituiscono un insie-


1ne nel quale ciascun elemento è univocamente individuato quando ne sono noti
l'ampiezza AM (o il valore efficace A o il valore medio in una semionda Am} e la fase
iniziale a (o la differenza di fase <p rispetto ad una sinusoide isofrequenziale di fase
iniziale nota} .

• 13.3 TRASFORMATA DI STEINMETZ - FASORI


Nell'analisi delle reti elettriche in regune sinusoidale si devono eseguire ope-
razioni di addizione (e sottrazione), di moltiplicazione per uno scalare e di deri-
vazione temporale su funzioni sinusoidali isofrequenziali, ad ese1npio tensioni e
correnti. Si tratta di operazioni che, pur non presentando particolari difficoltà con-
cettuali, non sono di agevole manipolazione e, quando il numero delle operazioni
è elevato, la loro esecuzione può risultare onerosa.
Per semplificare il calcolo, risulta preferibile ricorrere ad un procedÌlllento alter-
nativo che si basa sull'associare in modo biunivoco a ciascuna sinusoide isofrequen-
ziale un opportuno numero complesso. Su tali numeri si eseguono operazioni ma-
tematiche corrispondenti a quelle sulle sinusoidi, ma di più semplice esecuzione.

13.3.1 Definizione di fasore


Un numero complesso è definito da due valori reali: 1nodulo ed argo1nento (ov-
vero parte reale e coefficiente dell'Ìlllmaginario) e pertanto l'insieme dei numeri
complessi presenta due gradi di libertà, al pari delle sinusoidi isofrequenziali. Si
può allora stabilire una corrispondenza biunivoca tra sinusoidi isofrequenziali e
numeri co1nplessi, associando alla sinusoide (13 .1.1):

a(t) = AM sen(rot + a) = .J2Asen(rot + a) (13.3.1.1)


il nwnero complesso che ha:
- modulo pari al valore efficace A della sinusoide;
- argomento pari alla sua fase iniziale a.
Quindi tale numero complesso in notazione polare si esprune come:

(13.3.1.2)

ove il simbolo e indica il nwnero di Nepero e il sÌlllbolo j l'unità imlnaginaria (vale


a dire la radice quadrata di -1) m_
m Si usa apporre untrattino sul simbolo del nu1nero co1nplesso, invece che un punto, per ragioni
che saranno chiarite n el seguito. Il simbolo j è preferito nelle scienze elettriche al simbolo i,
FUNZIONI SINUSOIDALI E FASORI 165

Con tale regola a ciascuna sinusoide isofrequenziale di pulsazione co nota (fun-


zione reale del tempo) viene associato uno ed un solo numero complesso; viceversa,
al numero complesso (13.3.1.2) è associata una ed una sola sinusoide di pulsazione
nota. Per tale ragione la corrispondenza è biunivoca.
La trasformazione così definita è detta trasformazine (o trasformata) di
Steinmetz o anche trasformata simbolica; i numeri complessi che essa produce
sono detti fasori o rappresentazioni simboliche delle sinusoidi. Il 1nodulo di A
ha la stessa dimensione fisica di a(t) e del suo valore efficace A, mentre l'argomento
si esprime sempre in radianti iv_
Ad una seconda funzione sinusoidale b(t) quale la (13.1.6), isofrequenziale con
a(t), corrisponde il fasore:
(13.3.1.3)

che ha modulo pari al valor efficace B ed argomento pari alla fase iniziale p, an.alo-
- -
gaine11te a quanto avviene per A . La differenza tra gli argomenti dei fasori A e B
è pari a:
a-P=q> (13.3.1.4)
ovvero è pari allo sfasainento tra le due sinusoidi corrispondenti.

13.3. 1.1 Precisazioni


Benché nei fasori non appaia la pulsazione co, essi devono sempre ritenersi
associati a funzioni sinusoidali isofrequenziali. Non ha significato considerare rela-
zioni tra fasori rappresentativi di funzioni sinusoidali con diverse frequenze.
La trasformazione di Steinmetz può essere applicata analogainente alle funzio-
ni sinusoidali espresse in coseno, tuttavia, per evitare errori nelle relazioni di fase,
è opportuno che esse siano espresse allo stesso modo: o tutte in seno, oppure tutte
.
1n coseno.

13.3. 1.2 Espressioni dei fasori


Finora i fasori, co1ne A , sono stati espressi in notazione polare (o esponenziale:
in termini di 1nodulo A ed argomento a). Tuttavia, come ogni numero co1nplesso,
essi possono anche essere espressi in notazione cartesiana, ossia in termini di parte
reale Agi e coefficiente dell'immaginario A 3 , le relazioni tra le due espressioni es-
sendo stabilite dalla formula di Eulero ei"=cosa+ jsena:
normalmente usato nelle scienze matematiche, per evitare equivoci con il simbolo riservato
alle correnti.
iv Alle sinusoidi isofrequenziali possono anche essere associate in modo biunivoco funzioni
co1nplesse del tempo che hanno modulo pari al valore efficace delle sinusoidi e argo1nento pari
alla loro fase istantanea:
A(t) = A ei<<>t+a) = A ei• ei<>t

quindi tali funzioni con1plesse corrispondono ai fasori (13 .3.1 .2) moltiplicati per il fattore
complesso el"'. La trattazione di tali funzioni risulta però più laboriosa.
166 Capitolo 13

- .
A = Ae'a = A cosa. + jAsena. = A 91 + jA3 (13.3.1.5}

ove terzo e quarto membro costituiscono rispettivamente le notazioni tiigonometri-


ca e cartesiana; valgono le relazioniv:

A 91 = Acosa
(13.3.1.6}
{ A = A sena.
3

Relazioni analoghe valgono per il fasore B :


B = Beffi = B cos j3 + j B sen j3 = Bjl! + j B'J (13.3.1.7)

13.3.1.3 Rappresentazione grafica dei fasori

-
B
A
A,
A (t

A:Il

Figura 13.3.1 .1 Figura 13.3.1.2

Un numero co1nplesso, quale il fasore A , può essere rappresentato nel piano di


Gauss, o piano complesso (Fig. 13.3 .1.1 ), riportandone la parte reale A 91 in ascissa
(asse reale) e il coefficiente dell'immaginario A 3 in ordinata (asse immaginario}: in
tal modo al fasore A è associato in modo biunivoco il punto PA. Lo stesso fasore
è anche rappresentato dal segmento orientato che va dall'origine degli assi O al
punto PA: le coordinate polari A e a. del fasore costituiscono rispettivamente la lun-
ghezza del segmento orientato e l'angolo di rotazione antioraria dal semiasse reale
positivo; le coordinate cartesiane .Am e~ costituiscono le proiezioni del seg1nento
orientato rispettivainente lungo l'asse reale e l'asse im1naginario. Poiché A ha di-
mensione fisica, la lunghezza del segmento (e delle sue proiezioni} deve essere
tracciata nel rispetto di una scala delle lunghezze specificamente definita per tale
dimensione fisica.
E' preferibile rappresentare il fasore per mezzo del seginento orientato, invece
che per mezzo del punto PA, perché tale segmento può essere traslato nel piano
complesso (senza modificarne la lunghezza e senza ruotarlo) rimanendo sen1pre
v Nel determinare l'argomento a bisogna tener conto che esso va considerato su un dominio di
2n radianti [- n, + n]. Invece il codo1ninio della funzione arcotangente è l'intervallo [- n/2, + n/2],
e quindi non copre tutto il do1ninio di a.
FUN ZIONI SINUSOIDALI E FASORI 167

associato al 1nedesi1110 fasore: la lunghezza del segmento orientato rappresenta


sempre il valore efficace della sinusoide associata al fasore mentre la sua orienta-
zione angolare rappresenta sempre la fase iniziale della sinusoide.
Nello stesso piano complesso può essere tracciato anche il segmento orienta-
to associato al fasore B, rappresentativo di una seconda sinusoide isofrequenzia}_e
con la prima (Fig. 13.3.1.2), il quale forma con A un angolo pari a <p = a.-p; per
la (13.3.1.4) tale angolo è pari al_lo sfasamento tra le due sinusoidi corrispondenti
ai fasori A e B . La rappresentazione grafica dei fasori permette dunque anzitutto
un'imn1ediata visualizzazione delle relazioni di fase esistenti tra le sinusoidi. In
particolare se la sinusoide b(t) è in anticipo di fase su a(t) e quindi <p è negativo,
il fasore B è rappresentato da un segmento ruotato in senso antiorario rispetto al
seginento che rappresenta A (come in Fig. 13 .3.1.2); se le due sinusoidi sono in
quadratura i segmenti sono ortogonali; se le due sinusoidi sono in opposizione di
fase i segmenti hanno ugual direzione e versi opposti.
Come i fasori, i segmenti orientati devono sempre ritenersi associati a funzioni
sinusoidal_i isofrequenzial_i. Non ha senso tracciare nello stesso diagramma fasori
rappresentativi di funzioni sinusoidali con diverse frequenze.

13.3.2 Operazioni fondamentali sui fasori


Si tratta ora di individuare quali sono le operazioni eseguite sui fasori che corri-
spondono alle operazioni di sonuna, moltiplicazione per uno scalare e derivazione
temporale eseguite sulle funzioni sinusoidali.

13.3.2. 1 Somma
So1nmando i fasori A e B, rappresentativi delle sinusoidi a(t) e b(t) si ottieneVI:

e
B

Figura 13.3.2.1

C = A+ B = (~ +B91 )+ j(A3 +B3 ) = C91 + jC3 (13.3.2.1)

v, La somma (o la sottrazione) di numeri complessi è di più agevole esecuzione ricorrendo alle


notazioni cartesiane espresse in (13.3.1.5).
168 Capitolo 13

dunque il risultato è un nu1nero complesso che ha parte reale C91 uguale alla somma
delle parti reali e parte immaginaria C3 uguale alla somma delle parti iinmaginarie,
come evidenzia anche il diagramma fasoriale di Figura 13.3.2.1, quale si ottiene:
C91 = Ccosy = A cosa+ Bcos/3
(13.3.2.2)
e e
{ :i= seny = A sena+ B senpA

Le componenti cartesiane (13.3.2.2) sono uguali a quelle del fasore che si ottie-
ne trasfon11ando la somma delle sinusoidi, c(t) = a(t) + b(t) vn_ Pertanto la sorm11a
dei fa.sori A e B , rappresentati~ delle sinusoidi a(t) e b(t), è il fasore C rappre-
sentativo della sinusoide c(t) ottenuta dalla somma di a(t) e b(t); ovvero alla somma
delle sinusoidi corrisponde la somma dei fasori.

13.3.2.2 Prodotto per uno scalare k


Moltiplicando il fasore A , rappresentativo della sinusoide a(t), per lo scalare
k si ottiene VIII:
(13.3.2.3)

ove n =O se k > O e n = 1 se k < O; dunque il risultato è un numero complesso aven-


te modulo Ce argomento y che valgono (Fig. 3.3.2.2):
a se k > O
C = lkl A, y- { (13.3.2.4)
a +n se k < O

È facile verificare che le componenti polari (13.3.2.4) sono uguali a quelle del
fasore che si ottiene trasformando il prodotto per k della sinusoide, c(t) = ka(t).
Pertanto il prodotto per un scalare k del fasore A , rappresentativo della sinusoide
a(t), è il fasore C rappresentativo della sinusoide c(t) ottenuta dal prodotto per k di
a(t); ovvero al prodotto per uno scalare delle sinusoidi corrisponde il prodotto per lo
stesso scalare dei fasori.

vn Per eseguire tale som1na si può applicare la formula di addizione del seno ai due addendi e
al risultato, ottenendo:
a(t) = JzAsen(rot +a) =JzAcosa senrot +JzAsenacosrot
b(t) =JzB sen(rot + 13) =JzBcosl3 senwt +.f2Bsen !3cosrot
c(t) =JzCsen(wt+y) =JzCcosy senrot+JzCsenycosrot

sommando le prime due e uguagliando alla terza si deduce:


Ccosr= Acosa+Bcosp
{Cseny = Asena + Bsenp

che corrispondono alle (13 .3.2.2).


vm Il prodotto tra numeri co1nplessi è di più agevole esecuzione ricorrendo alla notazione polare.
FUN ZIONI SINUSOIDALI E FASORI 169

e (k>-0)

e (k<O)

Figura 13.3.2.2

13.3.2.3 Prodotto per l'immaginario j ro


Mltiplicando il fasore A , rappresentativo della sinusoide a{t), per l'iinmagina-
rio jro, ove ro è la pulsazione delle sinusoidi si ottiene:
- -
C = jroA = roA efa e
.=
ì-
2 roAe
( ") = Ceir
J a +-
2
(13.3.2.5)

ove si è tenuto conto che j=ef"'2 : il fattore j determina un incremento dell'argomen-


to di rc/2; dunque il risultato è un nmnero co1nplesso avente modulo Ce argomento
y che valgono:
C=<oA, y= a+rc/2 {13.3.2.6)

11
<'l+ -
2

Figura 13.3.2.3

La rappresentazione grafica del prodotto {13.3.2.5) si ottiene moltiplicando per


ro la lunghezza del seg1nento orientato A e quindi ruotandolo di rc/2 in senso antio-
rario {Fig. 13.3.2.3). Avendo ro dimensione fisica di [rad/s], i n1oduli dei due fasori
hanno dimensioni diverse ed i due segmenti vanno disegnati nel rispetto di due
scale diverse.
E' facile verificare che le componenti polari {13. 3 .2. 6) sono uguali a quelle del fasore
che si ottiene trasformando la derivata temporale della sinusoide, c(t) = da(t)/dt IX_
rx La derivata temporale della sinusoide vale:

c(t) =d:t) =rnf2Acos(<ilt + a) =Jzc sen(<ilt+y)

ove C = coA e y =a+ 1C/ 2 , che sono uguali alle (13.3.2.6).


170 Capitolo 13

Pertanto il prodotto per jro del fasore A , rappresentativo della sinusoide a(t), è il
fasore C rappresentativo della sinusoide c(t) che costituisce la derivata temporale
di a(t); ovvero alla derivata temporale delle sinusoidi corrisponde il prodotto per jro
dei fasori, ove ro è la pulsazione angolare delle sinusoidi.

13.3.2.4 Osservazioni
Da quanto appena illustrato discendono le seguenti proprietà:
a. rispetto alle operazioni di sonm1a, prodotto per scalare e derivata temporale,
l'insieme delle sinusoidi isofrequenziali è chiuso, nel senso che i risultati sono
funzioni che appartengono allo stesso insieme;
b. a tali tre operazioni corrispondono rispettivamente somma, prodotto per scala-
re e prodotto per jro eseguiti sui fasori rappresentativi;
c. rispetto a queste ultime operazioni pure l'insie1ne dei fasori è chiuso;
d. per le proprietà relative alle operazioni di somma e prodotto per scalare la tra-
sformata silnbolica è lineare;
e. per la proprietà relativa alla derivazione la trasformata simbolica sostituisce al
sistema di operazioni algebrico-differenziali delle sinusoidi il sistema di opera-
zioni algebriche in campo complesso dei fasori, che è di più agevole trattazione.

Da queste proprietà deriva il vantaggio di ricorrere ai fasori ed alle loro opera-


zioni (calcolo simbolico) quando si devono analizzare le reti iI1 regilne sinusoidale.
Inoltre l'espressione fonnale dei fasori è assai più concisa ed agevole di quella
delle sinusoidi.

13.3.3 Altre operazioni su sinusoidi e su fasori


Hanno ilnportanza anche due ulteriori operazioni eseguite sui fasori.

13.3.3. 1 Prodotto di un fasore per il coniugato di un secondo fasore


Si considerino i fasori A e B rappresentativi delle sinusoidi a(t) e b(t). Il pro-
- -. -
dotto di un fasore A per il coniugato B di B è il numero complesso x:
P = AB' = Af/"Be-f~ =ABef!a-~l = ABe1'1' =
(13.3.3.1)
=AB cos <p + jAB sen <p
esso ha modulo uguale al prodotto dei moduli dei fasori ed argomento uguale alla
differenza tra gli argomenti; non rappresenta alcuna funzione sinusoidale e per-
tanto non è un fasore e per tale ragione su esso è stato apposto un punto e non un
trattino.

x La moltiplicazione e la divisione tra nu1neri co1nplessi sono di più agevole esecuzione se


eseguite sulle notazioni polari.
FUN ZIONI SINUSOIDALI E FASORI 171

13.3.3.2 Rapporto tra fasori, operatori complessi


Tra fasori è possibile eseguire anche il rapporto, che_pur~non trova corrispon-
denza diretta con le sinusoidi. Esprimendo i due fasori A e B in notazione polare
si ottiene:
-
A ·ea-,,•1 = Oe'•'P
0· = ~A = -e' (13.3,3.2)
B B
anch'esso non è un fasore, non rappresentando una funzione sinusoidale. Si può
anche scrivere:

(13,3,3,3)
che mostra come il numero complesso Ò 'opera' su B per produrre A : esso costi-
tuisce quindi un operatore complesso. Il risultato dell'operazione, A, ha modulo
A= 0B e argomento a = () + <p. _
La rappresentazione grafica del segmento orientato che corrisponde al fasore A ,
ottenuto dalla (13.3.3.3), è immediata: si tratta di n1oltiplicare la lunghezza del
segmento che rappresenta B per O =Iò I e di incrementare il suo argo1nento di
un angolo pari a <p = L O : questa corrisponde ad una rotazione antioraria se <p > O,
oraria nel caso contrario (Fig.13.3.3.1). Quando O ha dimensione fisica, i moduli
-
dei due fasori A e B hanno dimensioni diverse ed i due segn1enti vanno disegnati
nel rispetto di due scale diverse.

B
A

Figura.1 3,3.3.1

• 13.4 USO DEI FASORI NELL'ANALISI DELLE RETI IN REGIME


SINUSOIDALE
Quando si studia una rete in regime sinusoidale, in cui tutte le tensioni e cor-
renti hanno andamenti sinusoidali isofrequenziali, considerati i vantaggi precisati
al punto 13.3.2.4, piuttosto che svolgere l'analisi nel dominio del tempo operando
sulle sinusoidi, conviene operare in campo complesso ricorrendo ai fasori che rap-
presentano tanto le tensioni che le correnti sinusoidali isofrequenziali. Si segue
allora il seguente procedimento.
172 Capitolo 13

1. Si trasformano le tensioni e le correnti sinusoidali note nei corrispondenti fa-


sori; per evitare di introdurre errori di fase è necessario esprimere preventiva-
mente tutte le sinusoidi in modo omogeneo, vale a dire o tutte in seno oppure
tutte in coseno;
2. si esegue l'analisi della rete operéll1do in ca1npo complesso, cioè eseguendo sui
fasori le operazioni algebriche precedente1nente illustrate, in modo da determi-
néll'e i fasori incogniti;
3. si anti-trasformano i fasori risultanti per dedurre le funzioni sinusoidali inco-
gnite ad essi associate.

13.4.1 Diagramma fasoriale


Nell'analisi con i fasori risulta molto utile il diagramma fasoriale, che è costitu-
ito dall'insieme delle loro rappresentazioni grafiche, disegnate nello stesso piano
complesso e correttéllllente rapportate nei moduli e nelle relazioni angolari.
I fasori rappresentativi delle tensioni devono avere moduli tra loro in scala
(avendo tutti dimensione di volt, devono essere dedotti dalla stessa scala metrica
delle tensioni); invece tutti i fasori rappresentativi delle correnti devono avere mo-
duli riferiti ad una loro scala (avendo tutti dimensione di éllllpere, devono essere
dedotti dalla stessa scala metrica delle correnti). Le due scale sono ovviéllllente
diverse e tra loro indipendenti.
Ricorrendo al diagréllllffia fasoriale è anche possibile eseguire l'analisi della rete
per via grafica, però con una precisione in genere inferiore a quella ottenibile per
via algebrica; peraltro il tracciéllllento del diagramma fasoriale è caratterizzato da
una maggiore intuitività; in particolare tale diagran1IDa può costituire un'utile ve-
rifica dei risultati ottenuti per via algebrica.
Capitolo
RETI IN REGIME SINUSOIDALE

'
14.1 GENERALITA
Una rete elettrica è in regime sinusoidale quai1do tutte le tensioni e tutte le cor-
renti variano nel tempo come sinusoidi isofrequenziali.
Dal pm1to di vista applicativo, i sistemi elettrici operanti in regime sinusoidale
sono molto ilnportanti per la loro vasta diffusione. Ad esempio la grande 1naggio-
rai12a delle reti elettriche di potenza in cui si realizza la generazione, la trasmis-
sione e l'utilizzazione dell'energia elettrica opera in regime sinusoidale in bassa
frequenza con tensioni e correnti che possono essere molto elevate (Tab. 14.1.1).
Ma i regilni sinusoidali sono ilnportanti anche nelle reti elettriche di segnale, le
quali, destinate alla generazione, trasmissione, ed elaborazione delle informazio-
ni, operano a frequenze che possono essere molto elevate, con tensioni e correnti
nominali modeste o decisamente piccole.

Tipologia frequenze tensioni correnti


[Hz] [V] [A]

Reti industriali di produzione, 50 + 60 102 + 106 10° + 104


trasmissione e utilizzazione

Applicazioni elettrotermiche 101 + 106 102 + 103 103 + 105

Riscaldamenti per perdite 106 104 102


dielettriche

Conversione statica dell'energia 102 + 105 102 + 104 101 +10 4


elettrica
4
Applicazioni acustiche 101 + 10 10- 3 + 102 10- 11 + 10 1

Radio e tele diffusione, reti dati 104 + 1010

Tabella 14.1.1 Livell i indicativi di frequenza,


tensione e corrente dei sistemi elettrici in regime periodico.
174 Capitolo 14

Le reti elettriche in regime sinusoidale godono di notevoli proprietà che ne


permettono l'analisi con metodi simili a quelli adottati per le reti in regime sta-
zionario. Si precisa che, perché una rete funzioni in regime sinusoidale, cioè tutte
le tensioni e correnti siano sinusoidali isofrequenziali, è necessario che la rete sia
lineare, ossia che tutte le equazioni di rete siano equazioni differenziali lineari a
coefficienti costanti. Sotto tali condizioni, sono applicabili il metodo della sovrap-
posizione degli effetti e tutti i metodi che da esso derivano.

14.2 BIPOLO IN REGIME SINUSOIDALE E POTENZA


14.2.1 Tensione, corrente e sfasamento

v(t)
+

i(t) ___.,.
Figura 14.2.1

Si consideri un generico bipolo in regime sinusoidale e si scelga una conven-


.
z1one.
A prescindere dalla convenzione adottata (ad es: in Fig. 14.2.1 è mostrata quella
dell'utilizzatore), tensione e corrente siano:
v(t)= VM sen(rot+ a.)=v'z V sen(rot+ a.)
(14.2.1.1)
{ i(t)=IM sen (rot + /3)=v'z I sen(rot+ /3)

ove Ve I sono i valori efficaci definiti dalla (13.1.4). Si indica con <p lo sfasamento
tra tensione e corrente o, più precisamente, l'anticipo di fase della tensione sulla
corrente (ovvero il ritardo di fase della corrente sulla tensione):
(14.2.1.2)

un valore positivo di <p (a> 13) indica che la tensione è in anticipo sulla corrente
(Fig. 14.2.2); invece un valore negativo di <p corrisponde a tensione in ritardo sulla
corrente.
A tali tensione e corrente sono associati i seguenti fasori, come visto in§ 13.3.1,
(Fig. 14.2.3):
-
{
.
V=V e'u
(14.2.1.3)
I=I ei~
R ETI IN REGIME SINUSOIDALE 175

V
v(t)

t
.....
,7 I
II
<p/ 001
....
Figura 14.2 .2 Figura 14.2.3

14.2.2 Potenza istantanea scambiata ad una porta


La potenza istantanea entrante nel bipolo convenzionato da utilizzatore è
espressa dal prodotto':
p(t )=v(t)i(t)= VMsen (cot + a) I Msen(cot + P) (14.2.2.1)

che, utilizzando una delle formule trigonometriche di Werner11, può essere riscritta
come:
VI VI
p (t)= M M cos(a- P) - M M cos(2cot + a+ P) = (14.2.2.2)
2 2
=VI coscp - VI cos (2cot + a+ P)

ove <p è lo sfasainento e V e I sono i valori efficaci. Tale potenza (Fig. 14.2.2) risulta
uguale alla somma di due quantità. La prilna è costante:
(14.2.2.3)

la seconda è sinusoidale ed ha pulsazione angolare 2co; essa è detta potenza flut-


tuante:

p1(t)=- VI cos(2cot + a+ P) (14.2.2.4)

Pertanto la potenza istantanea p(t) = Poo.sL+ p1(t) è una funzione periodica che
in generale non è sinusoidale, a causa dell'addendo Pco.sL· A causa della pulsazione
2co del secondo addendo, p(t) ha frequenza 2j doppia e periodo T/2 1netà di quelli
1
Se le (14.2.1.3) fossero relative a bipolo convenzionato da generatore, la (14.2.2.1) esprimerebbe
la potenza uscente dal bipolo.
n Essa afferma l'uguaglianza: seme sen y= ~ [ cos (x - y) - cos (x +y)] .
176 Capitolo 14

di v(t) e i(t). Dato che l'ampiezza della potenza fluttuante è VI> P0.o.,t' la potenza
istantanea in generale è positiva in certi iI1tervalli di tempo e negativa negli altri
(Fig. 14.2.2).

14.2.3 Potenza attiva (reale)


Si definisce potenza attiva o potenza reale il valore medio in un periodo di una
potenza periodica; in reginle sinusoidale si ottiene:

P -<l .!.J
T T
p(t)dt=Vlcosq,m (14.2.3.1)

dato che la potenza fluttuante ha valore n1edio nullo in un periodo. Dunque la


potenza attiva è uguale all'addendo costante (14.2.2.3) della potenza istantanea.
La potenza attiva è entrante se il bipala è convenzionato da utilizzatore, è
uscente se il bipala è convenzionato da generatore.
Come la potenza istantanea, essa ha dimensione fisica di watt [W]. Inoltre è
proporzionale, oltre che ai valori efficaci di tensione e corrente, al coseno dello
sfasainento: è massima e pari a VI se tensione e corrente sono in fase; è minima e
pari a - VI se tensione e corrente sono in opposizione di fase; è nulla se tensione
e corrente sono in quadratura. Inoltre è positiva se -rc/2 < q, < rc/2 e negativa se
rc/2 < q, < re o -re< qi < -rc/2.
Nota la potenza attiva P, il lavoro elettrico /j,C, assorbito in un intervallo di tem-
po fj,t = nT (multiplo del periodo T) può essere deter1ninato semplicen1ente come
/j,C, = P/j,t = PnT. Più in generale il lavoro elettrico 6.C assorbito in un generico inter-
vallo di tempo Lit>> T, vale t.C = Pflt, in quanto il contributo della potenza fluttuan-
te risulta trascurabile. Dunque ricorrendo alla potenza attiva si detennina il lavoro
scambiato senza integrare nel tempo la potenza istantanea.
Nelle applicazioni l'ipotesi /j,t>> T è sempre ben verificata. A titolo di esem-
pio, in regime sinusoidale a frequenza industriale f = 50 Hz il periodo è T = 20 1ns.
Intervalli di tempo anche solo di pochi secondi risultano molto maggiori di tale
periodo; ad esempio iI1 fj,t = 20 s sono contenuti ben mille periodi.

14.2.4 Potenza apparente, potenza reattiva e fattore di potenza


Ricorrendo ai valori efficaci V e I e allo sfasamento q,, vengono anche definite la
potenza apparente S e la potenza reattiva Q:

S~VI (14.2.4.1)

Q ~ Vlsen<p (14.2.4.2)

La potenza reattiva è entrante se il bipolo è convenzionato da utilizzatore, è


uscente se il bipolo è convenzionato da ge11eratore.
A differenza della potenza attiva, la potenza reattiva e la potenza apparente non
m Il secondo n1embro della (14.2.3.1) esprime la definizione generale di potenza attiva, applicabile
a qualsiasi potenza istantanea periodica.
RETI IN REGIME SINUSOIDALE 177

sono associate al lavoro sca1nbiato e per tale ragione non vengono espresse in watt,
ma rispettivamente in voltampere [VA) e voltampere reattivi [VAR]; le tre unità
sono co1nunque tra loro omogenee.
Potenza apparente e potenza reattiva sono di grande utilità nel caratterizzare il
comportamento dei bipoli in regime sinusoidale. La potenza apparente è sempre
positiva indipendente1nente dai riferiinenti adottati per tensione e corrente; essa
non ha il significato energetico che l'analogo prodotto assume in regime stazionario.
Invece la potenza reattiva dipende, oltre che dai valori efficaci di tensione e cor-
rente, dal loro sfasainento. Essa è pari a VI se la tensione è in quadratura in anticipo
sulla corrente e pari a - VI se la tensione è in quadratura in ritardo sulla corrente; è
nulla se tensione e corrente sono in fase o in opposizione di fase. Inoltre è positiva
per tensione in anticipo sulla corrente (O< cp < n) e negativa per tensione in ritardo
sulla corrente (-n < cp < O).
Potenza attiva, reattiva e apparente verificano le seguenti relazioni:

S=)P2 +Qz (14.2.4.3)

P=Scoscp , Q=Ssencp (14.2.4.4)

Il fattore 'coscp' che appare nella prima viene chiamato fattore di potenza:
p
coscp= S (14.2.4.5)

esso esprime la quota parte della potenza apparente che dà luogo a potenza attiva
(ossia a scambi di lavoro}.

14.2.5 Potenza complessa


-
Si definisce potenza complessa il prodotto tra il fasore di tensione V e il co-
niugato 1· del fasore di corrente I, espressi dalle (14.2.1.3); in accordo con la
(13.3.3.1}, essa vale:

(14.2.5.1)

Tenendo conto che VI= S, si ottiene:

S=S ei'P=S coscp + jSsencp=P + jQ (14.2.5.2)

dunque il n1odulo della potenza complessa è pari alla potenza apparente S e l'ar-
gon1ento è pari allo sfasamento cp; parte reale e coefficiente dell'iinmaginario sono
rispettivan1ente uguali alla potenza attiva P ed alla potenza reattiva Q. Di qui l'u-
tilità della definizione di S , un numero complesso che da solo fornisce quattro
informazioni importanti.
Se si è adottata la convenzione dell'utilizzatore la potenza complessa è entrante;
con la convenzione del generatore la potenza complessa è uscente.
178 Capitolo 14

a 14.3 STRUMENTI DI MISURA IN REGIME SINUSOIDALE


14.3.1 Strumenti a valore efficace
14.3. 1.1 Voltmetro a valore efficace
In regime sinusoidale trova iinpiego uno strun1ento che misura il valore efficace
V della tensione che si manifesta ai suoi morsetti: esso è detto voltmetro a valore
efficace. Misurando una quantità intrinsecrunente positiva, i suoi morsetti non ri-
chiedono di essere distinti l'uno dall'altro e non recano specifiche marcature. Il
modello idealizzato di tale stru1nento è detto voltmetro ideale a valore efficace.
Esso, inserito tra due nodi di una rete elettrica, rileva il valore efficace V della
d.d.p. tra i due nodi, assorbendo corrente nulla {Fig. 14.3.1.1) .

.. + A
..

Figura 14.3.1.1 Figura 14.3.1.2

14.3. 1.2 Amperometro a valore efficace


In regime sinusoidale trova iinpiego uno strun1ento che misura il valore effi-
cace I della corrente ai suoi morsetti: esso è detto amperometro a valore efficace.
Misurando una quantità intrinsecrunente positiva, i suoi morsetti non richiedono
di essere distinti l'uno dall'altro e non recano specifiche marcature. Il modello
idealizzato di tale strumento è detto amperometro ideale a valore efficace. Esso,
inserito in un lato di una rete elettrica, rileva il valore efficace I della corrente del
lato, avendo tensione nulla tra i suoi morsetti {Fig. 14.3.1.2).

14.3.2 Strumenti misuratori di potenza e lavoro elettrico


14.3.2. 1 Wattmetro a valore medio
In regiine sinusoidale trova in1piego uno strumento che misura il valore medio
della potenza scambiata ad una porta della rete, cioè la potenza attivaP = Vlcoscp: esso
è detto wattmetro a valore medio e per esso si usa ancora il simbolo di Figura 14.3.2.1.
Come per lo strUinento a valore istantaneo, sono sempre importanti le inarcature
dei 1norsetti voltmetri ed runperon1etrici, dato che il segno della potenza attiva di-
pende dalla convenzione adottata.
R ETI IN REGIME SIN USOIDALE 179

Il modello idealizzato di tale strumento è detto wattmetro ideale a valore medio.


Esso, inserito ad una porta di una rete elettrica, indica la potenza attiva P scam-
biata dalla porta (assorbita o erogata, a seconda della convenzione delle potenze
associata alle marcature dei 1norsetti); inoltre esso non assorbe corrente ai morsetti
voltinetrici e presenta tensione nulla tra i morsetti amperometrici.

w
..

-
Figura 14.3.2.1

14.3.2.2 Determinazione della potenza apparente


La potenza apparente ad una porta è ottenuta moltiplicando le indicazioni di un
voltinetro ed un amperometro a valori efficaci, opportunamente inseriti, in modo
da ottenere: S = VI.

14.3.2.3 Determinazione della potenza reattiva


La potenza reattiva scambiata a una porta si calcola a partire dalle tre misure di
tensione efficace, corrente efficace e potenza attiva appena introdotte:

Q=.J(VI)2 - P 2 (14.3.2.1)

dove il segno di Q rimane indeterminato e deve essere individuato con altre n1isure
o dalla conoscenza della rete che sta a valle della porta.

14.3.2.4 Contatore
Nelle reti in regime sinusoidale, il contatore (§ 6.2.6), è un watbnetro a valore
medio integratore: collegato con la convenzione dell'utilizzatore alla porta di una
rete elettrica in 1naniera del tutto analoga al wattlnetro di cui in § 14.3.2.1, esso
misura il lavoro elettrico assorbito da quella porta dall'istante iniziale dell'integra-
zione (detto "data della lettura precedente" nelle fatture) all'istante finale dell'inte-
grazione (detto "data della lettura attuale").
180 Capitolo 14

a 14.4 BIPOLI IDEALI IN REGIME SINUSOIDALE


I bipoli ideali funzionano in regime sinusoidale quando sono sottoposti a ten-
sione e corrente entrambe sinusoidali.

14.4.1 Generatori ideali in regime sinusoidale


14.4. 1.1 Generatore ideale di tensione sinusoidale
Un generatore ideale di tensione sinusoidale (Fig. 14.4.1.1) è un bipolo che im-
pone ai suoi morsetti la tensione sinusoidale:

v(t)=e(t)=EM sen(rot + a)=-fi. E sen(rot + a) (14.4.1.1)

indipendente1nente dalla corrente che lo attraversa; e(t) è detta forza elettromotrice


(f.e.m.) sinusoidale impressa. Essendo il generatore in regime sinusoidale, la cor-
rente (per la quale si assume in genere riferimento corrispondente alla convenzio-
ne dei generatori) è esprimibile come i(t) = IMsen(rot + P): essa, dipendendo anche
dalla rete cui il generatore è connesso, non può essere precisata a priori, sicché
ampiezza IM--Jz I e fase iniziale p non sono note. Di conseguenza il generatore
può sia erogare che assorbire tanto potenza attiva che potenza reattiva.

j(t)
e(t)
+ ...
-
i(t)
'\J
...
+
v(t) i(t)
-
... < +
v(t)

Figura 14.4.1 .1 Figura 14.4.1.2

14.4.1.2 Generatore ideale di corrente sinusoidale


Un generatore ideale di corrente sinusoidale (Fig. 14.4.1.2) è un bipolo che im-
pone ai suoi morsetti la corrente sinusoidale:

i(t)=j(t)=JM sen(rot + P)=-lz Jsen(rot + P) (14.4.1.2)

indipendente1nente dalla tensione che appare ai suoi morsetti; j(t) è detta corrente
sinusoidale impressa. Essendo il generatore in regiine sinusoidale, la tensione (per
la quale si assu1ne in genere riferimento corrispondente alla convenzione dei gene-
ratori) è esprimibile come v(t) = V~en(rot + a): essa, dipendendo anche dalla rete
cui il generatore è connesso, non può essere precisata a priori, sicché ampiezza
VM =-fi. V e fase iniziale a non sono note. Di conseguenza il generatore può sia
erogare che assorbire tanto potenza attiva che potenza reattiva.
RETI IN REGIME SIN USOIDALE 181

14.4.2 Bipoli passivi ideali in regime sinusoidale


14.4.2.1 Resistore ideale passivo
Un resistore ideale passivo, con resistenza R costante e positiva, convenzionato
da utilizzatore (Fig. 14.4.2.la) verifica in qualsiasi condizione di funzionamento la
relazione:
v(t) = Ri(t) (14.4.2.1)
Tale legame in1pone che alla corrente sinusoidale:

ì(t) = IMsen( rot + 13) (14.4.2.2)

a) b) e)
-V
+ p(t)

v(t) p
-,- -

i(t) _ t.,..
R

Figura 14.4.2.1

corrisponda la tensione sinusoidale (Fig. 14.4.2.lb):


v(t) = RI~en(rot + 13) = VMsen(rot + a) (14.4.2.3)

Quindi tra ampiezze, valori efficaci e fasi iniziali di tensione e corrente valgono
le relazioni:

VM =~=R , a - l3=cp=O (14.4.2.4)


IM I
l'ultin1a indica che corrente e tensione sono in fase.
La potenza istantanea assorbita, che varia nel tempo come indica la curva p(t) di
Figura 14.4.2.lb, ha valore massimo pari a 2VI ed è non negativa (infatti il resistore
non può mai erogare potenza). Il fattore di potenza è unitario: coscp = 1, e quindi
la potenza attiva assorbita coincide con la potenza apparente, mentre la potenza
reattiva è nulla:

2
v-i
P=S=VI=RI =R- , Q= O (14.4.2.5)

Ricordando le espressioni della potenza assorbita da un resistore in regime sta-


zionario (4.1.3.1), le espressioni della potenza attiva mostrano che il valore efficace
182 Capitolo 14

di una corrente (tensione) è uguale a quel valore di corrente (tensione) costante che
causa in un resistore lo stesso assorbimento di lavoro elettrico nel medesimo inter-
vallo di ten1po D.t>> T. Questo è uno dei motivi del largo uso dei valori efficaci nelle
reti in regiine sinusoidale e, più in generale, periodico.
I fasori di tensione e corrente sono esprimibili come V= V ei" e 7=I ef~ (Fig.
14.4.2.lc) e quindi il loro rapporto vale:

V= V ef'P= V =R (14.4.2.6)
I I I

quindi R= 1/G è l'operatore con1plesso che vincola i due fasori con la relazione
V=RI e che in questo caso si riduce ad un reale puro.

14.4.2.2 Induttore ideale


Un induttore ideale, con induttanza L costante, convenzionato da utilizzatore
(Fig. 14.4.2.2a) verifica in qualsiasi condizione di funzionan1ento la relazione:

v(t)=L di(t) (14.4.2.7)


dt

Tale legame inlpone che alla corrente sinusoidale:

aJ b)
.. e)

+
V
v(t)
i(t)
L
l
p(t)

Figura 14.4.2.2

i(t) = IMsen( rot + 13) (14.4.2.8)


corrisponda la tensione sinusoidale (Fig. 14.4.2.2b):
v(t) = roUMsen(rot + 13 + n/2) = V~en(rot + a) (14.4.2.9)
Quindi tra ampiezze, valori efficaci e fasi iniziali di tensione e corrente valgono
le relazioni:
VM V
- = - =roL (14.4.2.10)
IM I
R ETI IN REGIME SIN USOIDALE 183

l'ultin1a indica che la tensione è in quadratura in anticipo sulla corrente. Le am-


piezze sono legate dal prodotto:

(14.4.2.11)

che è detto reattanza induttiva, la quale ha diinensione fisica di ohm [O], essendo
omogenea a [Hs-1 ].
La potenza istantanea assorbita, che varia nel tempo co1ne indica la curva p(t)
di Figura 14.4.2.2b, è una funzione sinusoidale di ampiezza VI: in un quarto del
periodo T essa è positiva e dà luogo a lavoro assorbito che è iinmagazzinato in
forma di energia induttiva wL(t) = LP/2; tale energia è restituita nel quarto di pe-
riodo successivo, allorché la potenza è negativa, ovvero è effettivamente erogata.
Il fattore di potenza è nullo: coscp = O, e quindi la potenza attiva assorbita è pure
nulla, pur con tensione e corrente non nulle; inoltre, essendo sencp = 1, la potenza
reattiva è positiva e coincide con la potenza apparente:

2 V2 (14.4.2.12)
P= o , Q=S= VI= XLI = x L

Dalle espressioni precedenti si r icava anche:

2
I z
Q= roL / = roL ...M.... = ro WLM (14.4.2.13)
2

dove WLMè il valore massimo assunto dall'energia induttiva wL 11egli istanti in cui
il 1nodulo della corrente è massimo e pari a JM.
I fasori di tensione e corrente sono esprimibili come V= V e1" e I = I e1~ (Fig.
14.4.2.2c) e quindi il loro rapporto vale:

•=-V e1;2 = j •<.0L= ]·xL


=V = -V e''m (14.4.2.14)
I I I

quindi jXLè l'operatore complesso che vincola i due fasori con la relazione V = jXLI
e che in questo caso si riduce ad un iinmaginario puro.

14.4.2.3 Condensatore ideale


Un condensatore ideale, con capacità C costante, convenzionato da utilizzatore
(Fig. 14.4.2.3a) verifica in qualsiasi condizione di funzionamento la relazione:

i(t) = C dv(t) (14.4.2.15)


dt
Tale legame iinpone che alla tensione sinusoidale:
v(t) = VMsen(rot + a) (14.4.2.16)
corrisponda la corrente sinusoidale (Fig. 14.4.2.3b):
184 Capitolo 14

a) e)

+ V

,·(t)
i(t) l ~
e /'

'

Figura 14.4.2.3

i(t) = roCVMsen(rot +a+ n/2) = /Msen( rot + 13) (14.4.2.17)


Quindi tra a1npiezze, valori efficaci e fasi iniziali di tensione e corrente valgono
le relazioni:
vM _v _ 1 __ n
- - - - - , a-j3-cp--- (14.4.2.18)
1M I roC 2

l'ultin1a indica che la tensione è in quadratura in ritardo sulla corrente. Le relazio-


ni tra a1npiezze e tra fasi iniziali inducono a definire il parametro:
,1 1
Xç=-- (14.4.2.19)
roC
che è detto reattanza capacitiva e si nùsura in ohm [.Q] nel SI, essendo on1ogeneo
a [F- 1 s].
La potenza istantanea assorbita, che varia nel tempo come indica la curva p(t)
di Figura 14.4.2.3b, è sinusoidale di ampiezza VI: in un quarto del periodo Tessa
è positiva e dà luogo a lavoro assorbito che è irmnagazzinato in forma di energia
capacitiva wc(t) = CTfl/2; tale energia è restituita nel quarto di periodo successivo,
allorché la potenza è negativa, ovvero è effettivamente erogata. Il fattore di potenza
è nullo: coscp = O, e quindi la potenza attiva assorbita è pure nulla, pur con tensione
e corrente non nulle; inoltre, essendo sencp =-1, la potenza reattiva è negativa e
uguale all'opposto della potenza apparente:
V2 2 IV
P=O , Q=-S=-VI=Xc l = X (14.4.2.20)
e

Dalle espressioni precedenti si ricava anche:


V: 2
IQI 2
=roC V =roC~ =roWcM
2
(14.4.2.21)

ivLa potenza reattiva del condensatore, negativa, è espressa in funzione della reattanza in modo
formalmente uguale a quella dell'induttore, positiva, grazie al valore negativo della reattanza
capacitiva Xc·
R ETI IN REGIME SINUSOIDALE 185

dove Wcr,1 è il valore massimo assunto dall'energia capacitiva Wc negli istanti in cui
il modulo della tensione è massimo e pari a VM.
I fasori di tensione e corrente sono esprimibili come V= V e1" e I = I ef~ (Fig.
14.4.2.3c) e quindi il loro rapporto vale:

V V J<1 V - Ji • 1 ·x
= = - e = - e = - J- =J e (14.4.2.22)
I I I roC

quindi iXc è l'operatore complesso che vincola i due fasori con la relazione V= jXc I
e che in questo caso si riduce ad un iinmaginario puro v_
La Tabella 14.4.2.1 riassume le principali relazioni del resistore ideale, dell'in-
duttore ideale e del condensatore ideale in regime sinusoidale.

Proprietà resistore R induttore L condensatore C

di(t) i(t)=C dv(t)


caratteristica esterna v(t)=Ri(t) v(t)=L
dt dt

1
reattanza - XL=roL X - --
e - <i>C

V V: IXd IXcl
rapporto _ = _.M. R
I IM

7t 7t
sfasamento cp o - --
2 2
2
potenza attiva P Rfl = ~ o o
R

potenza reattiva Q o vz vz
XJi= - Xcf= -
XL Xc

v2 v2 2
v2
potenza apparente S Rfl= - IXLIJ2 -- IXclI --
R IXLI IXcl
-
V R jXL = jroL J
rapporto = jXc = - -
I roC
-
I 1 1 - 1
rapporto = -=G - - -J = jroC
V R jXL roL JXc

Tabe lla 14.4.2 .1 Relazioni dei bipoli passivi ideali in regime sinusoidale
(convenzionati da utilizzato ri)

" Si noti anche in questo caso la coincidenza forinale con l'analoga relazione di induttore.
186 Capitolo 14

a 14.5 IMPEDENZA
-V Nel§ 14.4 si è visto che nei bipoli pas-
sivi ideali resistore, induttore e conden-
+ satore i fasori rappresentativi di tensione
0 ----1 1 - - - -0
e corrente sono vincolati da una relazione
di proporzionalità in campo complesso
I
- . attraverso operatori complessi che sono
dati rispettivamente dal numero reale R e
dai numeri im111aginari JXL e jXc,. Un'ana-
Figura 14.5.1 1oga proporziona
· 1·ita, non esiste
· per i· faso-
ri rappresentativi di tensione e corrente di generatori ideali sinusoidali di tensione
e corrente, visto che questi impongono uno dei due fasori mentre l'altro dipende
dalla rete in cui il generatore viene inserito.
La proprietà, valida per resistori, induttori e condensatori, può essere estesa
ad un generico bipolo lineare e passivo, vale a dire ad un bipolo in accordo con la
(3 .2.2). Questo, convenzionato da utilizzatore (Fig. 14.5.1), ha tensione e corrente
date dalle 14.2.1.1, rappresentate dai fasori dati dalla 14.2.1.3.
Essendo il bipolo passivo, la potenza attiva assorbita deve essere non negativa:
P= Vlcos<p > O e quindi lo sfasamento tra tensione e corrente <p = a-P deve verifi-
care la seguente condizione di passività:
7t 7t
- - < <p < - (14.5.1)
2 2
Si definisce impedenza del bipolo lineare e passivo convenzionato da utilizzato-
re l'operatore complesso dato dal rapporto tra fasore di tensione e fasore di corrente:
0
· V V eì V ·e • •
Z .a = = - ~ = - e1 a - p1= Z e1'P (14.5.2)
I I eì~ I

quindi il modulo Z = I.il è pari al rapporto tra i valori efficaci di tensione e corrente
e l'argomento L Z è pari allo sfasamento:
. \'1
LZ=<p (14.5.3)

La (14.5.2) esprime l'impedenza in forma polare: il modulo ha dimensione di


ohm [O], mentre l'argon1ento, che va espresso in radianti, è adimensionale e deve
rispettare i vincoli imposti dalla (14.5.1). :[;espressione cartesiana dell'impedenza,
ovvero parte reale Zm e coefficiente dell'immaginario Z 3 ( entrambi con dimensione
di ohm), si ottiene per mezzo della formula di Eulero:

Z = Z ei"'=Z ( cosq,+ j senq,)=Z m+ jZ 3 (14.5.4)

"' L'impedenza stabilisce una relazione tra i fasori di tensione e corrente; quando se ne considera
il modulo soltanto si ottiene una relazione tra i valori efficaci di tensione e corrente, perdendo
le infor1nazioni sulle relazioni di fase.
R ETI IN REGIME SIN USOIDALE 187

La (14.5.1) impone che la parte reale sia non negativa (½!>O), mentre il co-
efficiente dell'inunaginario può essere positivo, negativo o nullo. Ovvie sono le
espressioni che permettono di dedurre le componenti polari da quelle cartesiane:
z
<p= arctg ---2.. (14.5.5)
Z;n

Per la (14.5.1), la determinazione dell'arcotangente non presenta complicazioni.


In un bipolo passivo ideale, Z, <p, ½I e Z 3 non dipendono dai valori efficaci di ten-
sione e corrente né dai riferimenti di fase; essi dipendono invece dalla pulsazione
ro, ovvero dalla frequenza f, come sarà chiarito nel seguito.

14.5.0.1 Potenze assorbite da un bipolo di impedenza t


Ricorrendo alla potenza complessa, si arriva ad esprimere le potenze apparente,
attiva e reattiva assorbite dal bipolo co1ne:
S=Zl 2
P=Zil!J2 =ZJ 2 coscp (14.5.6)
Q=Z 3 12 = Z 12 sencp

Dunque alla parte reale dell'impeden za è associato l'assorbimento di potenza


attiva, 1nentre a quella inunaginaria si collega l'assorbimento di potenza reattiva.

14.5.0.2 Impedenze dei bipoli passivi ideali


Resistore, induttore e condensatore sono esempi di bipoli passivi per i quali
l'ilnpedenza vale, rispettivamente:
. 1
.()
ZR= R e =R+ jO=R (14.5.1.7)

••
Z L= Le = +] t =J. ffiL
. X 12 O ·x
(14.5.1.8)

. .•
- J-; . 1.
Z=IX
c el e
2
= 0+7X=
e - 1-roC (14.5.1.9)

Essi sono casi particolari e quindi non è lecito affermare che, in generale, la par-
te reale dell'impedenza è una resistenza e cl1e la parte immaginaria dell'impedenza
è una reattanza.

14.5.1 Ammettenza
Si definisce ammettenza del bipala lineare e passivo convenzionato da utiliz-
zatore l'operatore complesso dato dal rapporto tra fasore di corrente e fasore di
tensione:
-
y " I =.!_ EJ<P-al = Y e-i'f' (14.5.1 .1)
V V
188 Capitolo 14

essa è il reciproco dell'impedenza; il modulo è pari al reciproco del modulo dell'im-


pedenza, ovvero al rapporto tra i valori efficaci di corrente e tensione; l'argon1ento
è pari all'opposto dell'argomento dell'in1pedenza, ovvero alla fase con cui la cor-
rente anticipa sulla tensione:

IYl=Y= ~ = ~
(14.5.1.2)
L Y =-<p

La (14.5.1.1) esprime l'ainmettenza in fonna polare; il modulo ha dimensione di


siemens [S] . I:espressione cartesiana dell'an1mettenza, ovvero parte reale Y91 e co-
efficiente dell'immaginario Y3 (entrainbi con dimensione di siemens), si ottengono
per 1nezzo della formula di Eulero:

_ COS(j)
Y91-
z (14.5.1.3)
y = - sen cp
:i z

14.5.1.1 Ammettenze dei bipoli passivi ideali


Resistore, induttore e condensatore sono esempi di bipoli passivi per i quali
l'ainmettenza vale, rispettivamente:

(14.5.1.4)

. 1 -hi• .B . 1
YL= - e = O +J L=- J - (14.5.1.5)
XL (01

.•
. 1 -,2 .B . C
Yc=- e =O+] c=Jro (14.5.1.6)
Xc

Nelle due ultime relazioni compaiono i parainetri BL = -1/roL e Be= roC che sono
detti rispettivainente suscettanza induttiva e suscettanza capacitiva; entrainbi si
misurano in siemens, co1ne la conduttanza G. Le precedenti relazioni costituisco-
no casi particolari di aimnettenza e non è quindi lecito affermare che, in generale,
la parte reale dell'ammettenza è una conduttanza (come avviene nella (14.5.1.4)) e
che la parte immaginaria dell'ammettenza è una suscettanza (come avviene nelle
(14.5.1.5) e (14.5.1.6)).
Relazioni e proprietà di impedenza ed animettenza sono riassunte in Tabel-
la 14.5.1.1.
R ETI IN REGIME SIN USOIDALE 189

.
impedenza Z ammettenza Y
-
definizione V I
- -
I V

n1odulo V VM I IM
Z =- =- Y= - = -
I /M V VM

argomento cp=a-P -q>=P-a

parte reale Z<.ll = Zcos<p Y'.)l = Y COS q>

coefficiente dell'immaginario Z 3 = Zsencp Y3 =-Ysencp

Tabe lla 14.5.1 .1 Relazioni riassuntive delle relazioni di impedenza ed ammette nza.

14.6 LEGGI DI KIRCHHOFF IN FORMA SIMBOLICA

14.6.1 Legge di Kirchhoff ai fasori delle correnti - LKC


-
In una rete in reginle sinusoidale, i fasori delle correnti I possono essere som-
mati algebricamente in modo equivalente a come si sommano le correnti sinusoi-
dali i(t), in virtù della proprietà di § 13.3.2.1; per i lati che formano un insieme
di taglio vale quindi la Legge di Kirchhoff ai fason delle correnti - LKG - (o Primo
Principio di Kirchhoff in forma simbolica):
'2:,l =O (14.6.1.1)

la sommatoria è algebrica: come nel dominio del tempo, le correnti vanno som-
mate o sottratte a seconda che abbiano riferimento concorde o discorde con l'o-
rientazione dell'insieme di taglio. Lo zero di secondo membro va inteso co1ne zero
complesso (O+ jO).

14.6.2 Legge di Kirchhoff ai fasori delle tensioni - LKT


In una rete in regime sinusoidale, i fasori delle tensioni V possono essere som-
mati algebrica1nente in modo equivalente a come si sormnano le tensioni sinusoi-
dali v{t), in virtù della proprietà di§ 13.3.2.1; per i lati che formano una maglia
vale quindi la Legge di Kirchhoff ai fasori delle tensioni - LKI' - (o Secondo principio
di Kirchhoff in forma simbolica):
'2:,V=O (14.6.2.1)

la sorm11atoria è algebrica: come nel dominio del tempo, le tensioni vanno som-
mate o sottratte a seconda che abbiano riferiinento concorde o discorde con l'o-
190 Capitolo 14

rientazione della maglia. Lo zero di secondo me1nbro va inteso come zero comples-
so (O + jO) .

Osservazione
Le equazioni di Kirchhoff in forma siinbolica devono tenere conto sia delle rela-
zioni di ampiezza che di quelle di fase tra le tensioni e correnti; esse quindi devono
essere scritte esclusivamente relatitre ai fasori; è errata la loro applicazione ai valori
efficaci (o alle ampiezze).

14.7 RETI DI BIPOLI PASSIVI

14. 7.1 Serie di bipoli passivi

V;
I,
.. + + + +

+• I
H 2 ~ --- ~

I n.
...
t--

V, J;

Figura 14.7.1 .1

La serie di n bipoli passivi (Figura 14.7.1.1) costituisce un bipolo passivo di


cui può essere calcolata l'impedenza equivalente. Convenzionati tutti i bipoli da
utilizzatori come in figura, la relazione di hnpedenza e la connessione Ì11 serie
iinpongono le equazioni:

i= 1 , ... n (14.7.1.1)

(14.7.1.2)

i= 1, ... n (14.7.1.3)

da queste si ricava:

(14.7.1.4)

Quindi il bipolo equivalente alla serie ha hnpedenza pari alla som1na delle iin-
pedenze.

Esempio: serie RLC


La serie di un resistore (di resistenza R), un induttore (di reattanza XL= roL) ed
un condensatore (di reattanza Xc =-1/roC, Fig. 14.7.1.2) equivale ad un bipolo le
cui iinpedenza ed a1nmettenza sono:
RETI IN REGIME SIN USOIDALE 191

(14.7 .1.5)

Le parti reali sono entrambe non negative: Z.91 ~ O e Y.91 > O, coerentemente con
la condizione di passività; invece le parti immaginarie possono essere positive,
negative o nulle:
Z.3 > o e Y.3 < o se XL+ Xc:> o,
z.:i-< o e Y.:i- > o se XL+ Xc:< o,
z.:i-= o e Y.:i- = o se XL+ Xc= o.

R
Il--,
e

Figura 14.7.1.2

14.7.2 Parallelo di bipoli passivi


lp
- -.... + - - - - - - - - - . - - - - - - - . - - -
+ + + +

V·I

Figura 14.7.2.1

Il parallelo di n bipoli passivi (Fig. 14.7.2.1) costituisce un bipolo passivo di cui


può essere calcolata l'impedenza equivalente. Convenzionati tutti i bipoli da uti-
lizzatori come in figura, la relazione di am1nettenza e la connessione in parallelo
impongono le equazioni:
-
[. =Y.1 V:
I I
i= 1, .. . n (14.7.2.1)

(14.7.2.2)

V.=V
I p i= 1, ... n (14.7.2.3)

da queste si ricava:
192 Capitolo 14

(14.7.2.4)

ovvero:

1 ..,1. "' 11 1
- .- - ~i - 1 - · (14.7.2.5)
ZP - Z;

Quindi il bipolo equivalente al parallelo ha impedenza pari al reciproco della


somma dei reciproci delle impedenze.

Esempio: parallelo RLC

R Xc

Figura 14.7.2.2

Il parallelo di un resistore (di resistenza R), un induttore (di reattanza XL= roL)
ed un condensatore (di reattanza Xc=-1/roC, Fig. 14.7.2.2) equivale ad un bipolo
le cui anunettenza e impedenza sono:

(14.7.2.6)

ove si è posto:
2 _ 1 - 1
2 2 2
(14.7.2.7)
z p - Yp -( 1) ( 1 1 )
- +-+-
R XL Xc

14.7.3 Triangoli e stelle di bipoli passivi


Analogamente a quanto discusso nel§ 8.3.1, esistono reti di bipoli passivi che
non sono riducibili ad un solo bipolo passivo, perché contengono bipoli collegati
a stella o a poligono, in particolare a triangolo (Fig. 14.7.3.la) o a stella a tre vertici
(Fig. 14.7.3.lb).
Si possono allora applicare le trasformazioni triangolo-stella oppure stella-
triangolo. Nella trasformazione triangolo-stella si crea un nodo (il nodo O detto
centro stella); nella trasformazione stella-triangolo il centro stella viene eliminato.
R ETI IN REGIME SIN USOIDALE 193

a) A b) _ _ _ _,A_ _ __

Z;.w

o
e f l - - ---1 1---,- B
e B
Figura 14.7.3.1

14.7.3. 1 Formule della trasformazione triangolo-stella


Si di.mostra che le impedenze della stella (Fig. 14.7.3.lb) equivalente al triango-
lo dato (Fig. 14.7.3.la) devono avere i seguenti valori:

(14.7.3.1)
. .
· Znc Z c.A
Zc= . . .
Z An+Znc+ZcA

Le singole impedenze del triangolo equivalente non rappresentano singoli bi-


poli passivi fisicamente presenti e quindi esse possono avere parte reale negativa.

14.7.3.2 Formule della trasformazione stella-triangolo


Si dimostra pure che le in1pedenze del triangolo equivalente alla stella data
devono avere i seguenti valori:
. . . . . .
. ZAZn + Zn Zc+ Zc ZA
ZAB=- - - - - - - -
Zc

(14.7.3.2)

Anche in questo caso le impedenze del triangolo equivalente non rappre-


sentano singoli bipoli passivi fisicamente presenti e quindi possono avere parte
reale negativa.
194 Capitolo 14

Nel caso particolare


. in cui le hnpedenze dei lati del triangolo siano tra loro
uguali (e pari a Z,i ), anche le impedenze dei lati della stella sono tra loro uguali
(e pari a Zy ) e viceversa, risultando:
. .
Z,i = 3Zy (14.7.3.3)

14.7.4 Sintesi serie e sintesi parallelo di bipoli passivi


Spesso si rappresenta un bipolo passivo generico per mezzo di una resistenza
ed una reattanza collegate in serie o in parallelo e tali da imporre tra tensione e cor-
rente ai morsetti lo stesso legame del bipolo passivo, ovvero la stessa iinpedenza.
Si realizza così la sintesi serie o parallelo; resistenza e reattanza della sintesi non
corrispondono necessariamente ad un resistore e ad un induttore (o condensatore)
effettiva1nente presenti nel bipolo.

14.7.4.1 Sintesi serie


a) b)
.
+V
z +V
Rs Xs
• • • Wlv •
l I
Figura 14.7.4.1

Assunta nota l'impedenza Z = Zcoscp + jZsencp (Fig. 14.7.4.la), la sua sin-


tesi serie è costituita da una resistenza R. ed una reattanza x. collegate in serie
(Fig. 14.7.4.lb) di impedenza equivalente:
.
z.=R. + jX. (14.7.4.1)

uguagliando parti reali e coefficienti dell'in1maginario si ottiene:

R.=Z coscp , X.=Z sen cp (14. 7.4.2)

Dunque la resistenza equivalente serie è uguale alla parte reale dell'impedenza


e la reattanza equivalente serie è uguale al coefficiente dell'imn1agi11ario. Se cp > O
si ottiene x. > O, ovvero una reattanza induttiva XL; se invece cp <Osi ottiene x. < O,
ovvero una reattanza capacitiva Xc;. R. e X. assorbono potenze attiva Rfl e reat-
tiva x;i rispettiva1nente uguali a quelle dell'iinpedenza, espresse dalle (14.5.6).
Il diagrainma fasoriale della sintesi serie di Figura 14.7.4.lb è rappresentato in
Figura 14.7.4.2, nell'ipotesi x. > O.
R ET I IN REGIME SINUSOIDALE 195

I
I

Figura 14.7.4.2

14.7.4.2 Sintesi parallelo


a) b)


+ V
z

.,___
+v _
I l

Figura 14.7.4.3

Assunta nota l'impedenza Z (Fig. 14.7.4.3a) e quindi anche l'ammettenza


Y= 1/Z= coscp/Z-j sen cp/Z in base alla (14.5.1.3), la sua sintesi parallelo è costituita
da U11a resistenza RP ed una reattanza XP collegate in parallelo (Fig. 14.7.4.3b) di
ammettenza equivalente:
· 1 1
Y,, =-R +-·x- (14.7.4.3)
p ' p

uguagliando parti reali e coefficienti dell'unmaginario si ottiene:

R = z
J> COS(f> '
X =
1>
z
sencp (14.7.4.4)

Dunque i valori R,, e XP dei due bipoli ideali in parallelo che sintetizzano una
determinata impedenza sono diversi da quelli R. e x. dei due bipoli in serie che
sintetizzano la stessa impedenza. Anche in questo caso se cp > O si ottiene X,, > O,
ovvero una reattanza induttiva XL; se invece cp < O si ottiene X1, < O, ovvero una
reattanza capacitiva Xc. R1, e XP assorbono potenze attiva VltRi, e reattiva VlfX,, ri-
spettivamente uguali a quelle dell'impedenza. Il diagranuna fasoriale della sintesi
parallelo di Figura 14.7 .4.3b è rappresentato in Figura 14.7 .4.4 nell'ipotesi ~ , >O.
196 Capitolo 14

V
Rp

Figura 14.7.4.4

• 14.8 RETE SIMBOLICA


Si è detto che impedenze o ammettenze permettono di rappresentare i bipoli
passivi (resistori, induttori, condensatori e loro combinazioni) per mezzo delle re-
lazioni simboliche:

V=ZI , I=YV (14.8.1)

Analogamente, i generatori ideali di tensione sinusoidale di equazione (14.4.1.1)


sono rappresentati da relazioni shnboliche del tipo:
- - .
V= E= Ee'" (14.8.2)

il bipolo simbolico governato da tale equazione è detto generatore ideale simboli-


co di tensione.
Così pure i generatori ideali di corrente sinusoidale di equazione (14.4.1.2)
sono rappresentati da relazioni sh11boliche del tipo:

l = J = Je1~ (14.8.3)

il bipolo shnbolico governato da tale equazione è detto generatore ideale simboli-


co di corrente.

----. J ---1
I
I
.
I
I
+
-
-

+
+ z J ~-

'2~-
'- , E
-
-
V ~t
'- ,
.
y
V

- -- -
- -
Figura 14.8.1 Figura 14.8.2
RETI IN REGIME SIN USOIDALE 197

La serie di un generatore ideale simbolico di tensione e di un bipolo passivo di


impedenza Z è detta generatore lineare simbolico di tensione che, con le conven-
zioni di Figura 14.8.1, è governato dall'equazione:

V=E-ZI (14.8.4)

Dualmente, il parallelo di un generatore ideale simbolico di corrente e di un


bipolo passivo di ammettenza Y è detto generatore lineare simbolico di corrente
che, con le convenzioni di Figura 14.8.2, è governato dall'equazione:

I J -YV (14.8.5)

Se Z ;é O e Y ;é O è sempre possibile trasformare un generatore lineare simboli-


co di tensione in un generatore lineare siinbolico di corrente e viceversa. Infatti se
Z ;é O, ponendo J=E/Z e Y=l/Z, la (14.8.5) rappresenta l'inversa della (14.8.4);
viceversa se Y ;é O ponendo E J/Y e Z=l/Y , la (14.8.4) rappresenta l'inversa
della (14.8.5).
Pertanto per n1ezzo delle trasformate siinboliche, alla rete in regime sinusoi-
dale si può associare una rete, detta rete simbolica, con lo stesso grafo della rete
originale e i cui lati, costituiti da bipoli siinbolici, presentano fasori di tensione V
e di corrente I . Tali fasori rispettano le leggi di Kirchhoff in forma simbolica, già
espresse dalle (14.6.1) e (14.6.2):

(14.8.6)
'
E' vantaggioso svolgere l'analisi sulla rete simbolica invece che sulla rete reale,
perché le operazioni algebriche in campo complesso, eseguite sui fasori, sono più
semplici e n1aneggevoli delle corrispondenti operazioni trigono1netriche e differen-
ziali effettuate sulle sinusoidi. La rete simbolica, essendo retta dalle suddette equa-
zioni, è lineare in campo complesso, come la rete in regime stazionario esaminata
nel Capitolo 8 è lineare in campo reale. Conseguentemente la rete simbolica gode
di proprietà in campo co1nplesso formalmente uguali a quelle delle reti lineari in
regime stazionario; per dedurre tali proprietà è sufficiente fare corrispondere alle
correnti costanti i fasori di corrente, alle tensioni costanti i fasori di tensione, ai
generatori di tensione costante i generatori simbolici di tensione, ai generatori di
corrente costante i generatori simbolici di corrente, alle resistenze le impedenze e
alle conduttanze le ammettenze (Tab. 14.8.1).
198 Capitolo 14

relazioni rete lineare in regime rete simbolica


stazionario
LKC (n-1 equazioni) !,[=O Ll=O

LKT (m equazioni) !,V=O I:V=O

generatore ideale di - -
V=E V=E
tensione
generatore ideale di - -
I J I J
corrente
bipolo passivo V=RI I=GV V=ZI I=YV
' '
generatore lineare - - .-
V=E-RI V=E-ZI
di tensione
generatore lineare - - . -
I J-GV I J-YV
di corrente

Tabella 14.8.1 Analogie tra rete lineare in regi me stazionario e rete simbolica.

14.9 CONSERVAZIONE DELLE POTENZE COMPLESSE


Per ciascun bipolo della rete simbolica può essere considerata la potenza com-
plessa entrante (se il bipolo è convenzionato da utilizzatore) o uscente (se il bipolo
è convenzionato da generatore). Si può dilnostrare che per l'insieme dei bipoli
della rete simbolica vale la conservazione delle potenze complesse; assmnendo che
tutti i bipoli siano convenzionati allo stesso modo, essa si esprime come:

" I.
L.. b = t
v:b 1'h -- "L..hf. = l s -o
h- (14.9.1)

Sviluppando questa in fonna cartesiana si ottiene:

-.;- 1.
,;.,h = l
s·h -_-.;- 1. (P.
,;.,h = t h +'.Q J- h - o ~ {L'=1-Pi,=
I.
L h=1Qh-
-
o
o
(14.9.2)

Vale dunque anche la conservazione delle potenze attive e delle potenze reattive
nelle reti in regime sinusoidaleVI'. Le (14.9.2) hanno iinportanza applicativa perché
con esse è spesso possibile risolvere la rete senza ricorrere alle leggi di Kirchhoff e
senza utilizzare i fasori.

v11 La prima di queste può anche dedursi dalla conservazione delle potenze istantanee,
eseguendone l'integrazione te1nporale sul periodo. Invece la conservazione delle potenze
reattive risulta n1eno ovvia. Non vale invece la conservazione delle potenze apparenti.
R ETI IN REGIME SIN USOIDALE 199

a 14.1 O METODI E TEOREMI DELLA RETE SIMBOLICA


Grazie alle analogie tra rete lineare in regin1e stazionario e rete simbolica, i 1ne-
todi di analisi ed i teoremi delle reti lineari in regime stazionario si applicano in
forma complessa alla rete simbolica. Essi sono richiainati nel seguito.

14.10.1 Metodi di analisi della rete simbolica


14. 10.1. 1 Metodo della sovrapposizione degli effetti
Applicando il metodo della sovrapposizione degli effetti, in una rete simbolica:
- ogni tensione simbolica di lato è uguale alla somma delle tensioni simboliche
che ciascun generatore ideale silnbolico produce nel lato quando sono annulla-
te le grandezze in1presse da tutti gli altri generatori ideali simbolici;
- ogni corrente simbolica di lato è uguale alla so1nma delle correnti. simboliche
che ciascun generatore ideale simbolico produce nel lato quando sono annulla-
te le grandezze impresse da tutti gli altri generatori ideali simbolici.
Se nella rete sono presentir generatori ideali simbolici di tensione ( E1 , E2 , •• • , E,)
es generatori ideali simbolici di corrente ( 11 , 12 , ••• , 1. ), valgono quindi le equazioni:

vh = :E~=1 V.iii, + I:t=1V.,1,


(14.10.1.1)
{11, = L ~=1I hE, + :Et=l [hl,
- - -
ove V.,.rr è la tensione prodotta nel lato h dal solo generatore Ek e Vh1 è la tensione
k - - k
ivi prodotta dal solo generatore l k; analogainente Ihi1, è la corrente prodotta nel
lato h dal solo generatore Ek e !hl, è la corrente ivi prodotta dal solo generatore l k .

14. 10. 1.2 Metodo delle correnti di anello


Se una rete simbolica comprende solo generatori ideali di tensione e bi.poli
passivi, assegnate ai suoi m anelli le correnti di anello simboliche IA• (h = 1, ... m)
con riferimenti tutti equiversi (ad esempio orari), tali m correnti possono essere
determinate risolvendo il sistema di m equazioni alle correnti cicliche:
h=1 ... m (14.10.1.2)
ove:

zA., è l'autoimpedenza di anello h, pari alla somma delle impedenze dei lati
che formano tale anello;

ZA., è la mutua impedenza tra gli anelli h e k, pari all'impedenza del lato che i
due anelli hanno in comune;
EA. è lafe.m. simbolica di anello h, pari alla so1nma algebrica delle f.e.m. sim-
boliche dei lati dell'anello (si sommano quelle che, percorrendo l'anello secon-
do il riferin1ento della corrente ciclica, sono attraversate dal riferimento - al + e
si sottraggono quelle che sono attraversate dal riferimento + al-).
200 Capitolo 14

Se la rete simbolica comprende generatori ideali si111bolici di corrente, il 1ne-


todo delle correnti di anello può essere applicato con generalizzazioni analogh e a
quelle illustrate per le reti di bipoli ideali in regime stazionario.

14. 10. 1.3 Metodo dei potenziali ai nodi


Se una rete simbolica comprende solo generatori ideali di corrente e bipoli pas-
sivi, assegnati a n-1 suoi nodi i potenziali simbolici Uh (h = 1, ... n - 1), avendo
assunto il nodo n-esimo con1e nodo di massa con potenziale nullo U n = O, tali n-1
potenziali possono essere determinati risolvendo il sistema di n-1 equazioni dei
potenziali ai nodi:
. - . - -
YN,. uh - LkYN•• uk= JN, h = l ... n - 1 (14.10.1.3)

ove:

YN•• è l'autoammettenza di nodo h , pari alla somma delle allllnettenze dei lati
che toccano tale nodo;
.
- YN è la mutua ammettenza tra i nodi h e k, pari all'allllilettenza del lato che
toc~a tali due nodi;
-
- JN è la corrente simbolica impressa nel nodo h, pari alla sollllila algebrica delle
co~enti impresse simboliche dei lati che toccano tale nodo (si som1nano quelle
che hanno riferimento entrante nel nodo e si sottraggono quelle che hanno ri-
ferimento uscente).
Se la rete simbolica comprende generatori ideali sin1bolici di tensione, il me-
todo dei potenziali ai nodi può essere applicato con generalizzazioni analoghe a
quelle illustrate per le reti di bipoli ideali in regime stazionario.

14.10.2 Teoremi per la rete simbolica


14. 10.2. 1 Proprietà di sostituzione simbolica
Siano V h e 111 la tensione e la corrente simboliche del generico lato h-esilno di
una rete simbolica. Tale lato può essere sostituito con un generatore ideale simbo-
lico di tensione con E= V h , oppure con un generatore ideale simbolico di corrente
- -
con J= Ih : nella rete così 1nodificata correnti e tensioni simboliche dei lati sono
identiche a quella della rete originale.

14. 10.2.2 Teorema di Thévenin simbolico


Il teorema di Thévenin afferma che una rete simbolica tra i nodi A e B è equi-
valente ad un generatore lineare di tensione la cui f e.m. simbolica Eoq è pari al
fasore di tensione a vuoto V0 e la cui impedenza Zoq è pari all'impedenza interna
Z; della rete alla porta AB, owero al rapporto tra tensione a vuoto V0 e corrente di
cortocil·cuito Jr.e alla porta AB:
RETI IN REGIME SIN USOIDALE 201

-
. . V
Z"" = Z i = - o
-
{14.10.2.1)
Joc

Tale enunciato assume che la rete simbolica ed il generatore lineare siinbolico


di tensione siano convenzionati da generatori come nelle Figure 14.10.2.la e b.
Con impedenza interna Z; della rete alla porta AB, si intende l'impedenza risul-
tante alla porta AB quando la rete è resa passiva, essendo stati azzerati tutti i suoi
generatori ideali siinbolici di tensione e di corrente (sono posti uguali a zero tutti i
fasori delle tensioni impresse e delle correnti iinpresse).

a)
I_
b)

I
'
I
'
I
.. A
e)

-
l
• A
+ l cq +
+ Zcq -
- -
V
:21- E eq V j0....,\
- -)
-
.
Y eq
V

--
i--- B - -
B B
Figura 14.10.2.1

14. 10.2.3 Teorema di Norton simbolico


Il teorema di Norton afferma che una rete simbolica tra i nodi A e B è equivalente ad
un generatore lineare simbolico di corrente la cui corrente imp1·essa simbolica J""
è pari al fasore di corrente di cortocircuito Ice e la cui ammettenza Y"" è pari
all'ammettenza interna Y; della rete alla porta AB, ovvero al rapporto tra corrente
di cortocircuito J0 r. e tensione a vuoto V0 alla porta AB:
-
. . I
- ''
Yeq- - cc
11-~ (14.10.2.2)
V,,

Tale enunciato assume che la rete siinbolica ed il generatore lineare simboli-


co di tensione siano convenzionati da generatori come nelle Figure 14.10.2.la e
c. Con ammettenza interna della rete Y; alla porta AB si intende l'ammettenza
risultante alla porta AB quando la rete è resa passiva, essendo stati azzerati tutti i
generatori ideali sin1bolici di tensione e di corrente {sono posti uguali a zero tutti i
fasori delle tensioni iinpresse e delle correnti iinpresse).
Di ovvia deduzione sono le equivalenze tra il generatore equivalente simbolico
secondo Thévenin e quello secondo Norton, le quali d'altronde corrispondono alle
generali equivalenze tra generatori lineari simbolici di tensione e generatori lineari
siinbolici di corrente, indicate in § 14.8.
202 Capitolo 14

a 14.11 COMPORTAMENTO IN FREQUENZA ERISONANZA ELETTRICA


14.11.1 Risonanza serie
R
i(t) ..
+ +
VR(t) +
v(t) 1,1,(t) L
Vc(t)
+

e
Figura 14.11.1.1

Il bipala a destra dei terminali di Figura 14.11.1.1, costituito dalla serie del resi-
store di resistenza R, dell'induttore di induttanza L e del condensatore di capacità
C, è alimentato alla tensione sinusoidale v{t) = VMsenrot. La sua ilnpedenza risulta:

.
Z=R+J·( roL - roC
1 ) (14.11.1.1)

modulo ed argomento valgono:


1
Z (ro)= R2+(roL - ro1c)2, cp(ro)= arctg roL R-ro-C (14.11.1.2)

14. 11. 1. 1 Comportamento in frequenza


IM
cp
z
VM
z R
rt
-
2

Wo (0 (l)

1t
2
Figura 14.11.1.2

Dato che le reattanze XL= roL e Xc= - 1/roC dipendono da ro = 2nf, sono funzioni
della pulsazione ro sia il n1odulo Z(ro) che l'argomento cp(ro) ("comporta1nento in
frequenza") . Conseguentemente, a parità di valore efficace della tensione applicata
RETI IN REGIME SINUSOIDALE 203

v(t), risultano funzione dico anche lo sfasamento cp(co) della corrente i(t) rispetto a
v(t) e la sua ampiezza IM = VJZ(co). A seconda del valore della pulsazione cosi ha
che (Fig. 14.11.1.2):
alla pulsazione co0 per la quale le due reattanze si uguagliano, co 0 L- l/co0 C = O, il
modulo dell'impedenza assume il valore minimo Z(ro0 ) = R, mentre l'argon1ento
è nullo: cp(co0 ) =O.Tale situazione viene chiamata condizione di risonanza serie
e la corrispondente pulsazione:
1
= ~= (14.11.1.3)
(i)
o JLc
prende il nome di pulsazione di risonanza; a questa pulsazione la corrente è in
fase con la tensione ed ha ampiezza IM = VM/R.
- Per u> < <il0 la reattanza capacitiva prevale su quella induttiva e la serie si com-
porta co1ne un circuito RC; al decrescere di co il modulo di Z aumenta sino a
divergere, mentre l'argomento si mantiene negativo, decrescendo fino a -re/2:

lim Z(<il) = 00 ~ limcp(<o) = - re (14.11.1.4)


~o w-->0 2

la corrente è in anticipo di fase sulla tensione e al ridursi dico l'ampiezza decre-


sce tendendo a zero.
- Per co > ro0 , la reattanza induttiva prevale su quella capacitiva e la serie si com-
porta come un circuito RL; al crescere di co il modulo di Z aumenta sino a diver-
gere, 1nentre l'argomento si mantiene positivo e cresce tendendo a re/2:

lim Z(co) = 00 ~ limcp(co) = re (14.11.1.5)


©4«> W4«> 2

la corrente è in ritardo di fase sulla tensione e al crescere dico l'runpiezza decre-


sce tendendo pure a zero.
Per caratterizzare il circuito si definisce il fattore di merito:

Qo & ~ l = coiL = <ilo~R (14.11.1.6)

I
z Qo=0,2 <p
I
R 1t
2

5 (i)o (i)

-~ ~~-~
©o 2
Qo=0,2
Figura 14.11.1.3
204 Capitolo 14

IM
RJ I

(O

Figura 14.11 .1.4

che costituisce un indice della selettività del circuito: quanto maggiore è 1, tanto °'
Corrispondentemente quanto maggiore è °'l'
più marcate risultano le variazioni di Z(m) e cp(m) nell'intorno di m0 (Fig. 14.11.1.3).
tanto più piccato è l'ét11damento
dell'ampiezza della corrente IM = VJ Z(m) ; in particolare a parità di Ce Le al varia-
re di R si ottengono andan1enti come quelli illustrati in Figura 14.11.1.4.

14. 11. 1.2 Funzionamento in risonanza

V =-} 1 J
e Wo C

I
Figura 14.11 .1.5

In risonanza si ottiene il diagramma fasoriale di Figura 14.11.1.5. I fasori delle


tensioni VL sull'induttore e Ve sul condensatore risultano uguali in modulo e in
opposizione di fase, compensandosi perfettamente; la tensione totale della serie
- -
V coincide quindi con la tensione sul resistore VR ed è in fase con la corrente. La
serie, comportandosi come un resistore di valore R, assorbe solo potenza attiva;
risulta nulla la totale potenza reattiva assorbita perché l'induttore e il condensatore
assorbono potenze reattive tra loro opposte:

Q= QL + Qc = XLI 2 + Xci 2 = ( m L - 0 - 1 ) I2=O (14.11.1.7)


m0 C

Il fattore di merito °'


1 può essere riscritto come:
Oo = m LI = ½.
0 = Ve (14.11.1.8)
RI V V

esso quindi esprime il rapporto tra i valori efficaci (o le ampiezze) delle tensioni
sull'induttore VL (o sul condensatore Ve-) e della tensione di alimentazione V, alla
RETI IN REGIME SINUSOIDALE 205

pulsazione di risonanza. Pertanto se R, Le C sono tali che Q1 > 1, le reattanze risul-


tano maggiori della resistenza e l'ampiezza delle tensioni sul condensatore e sull'in-
duttore è maggiore di quella della tensione applicata alla serie.
In alcuni casi (tipicamente nelle applicazioni di potenza), collegamenti serie
con Q1>> 1 in risonanza causano la comparsa di tensioni interne molto maggiori di
quelle applicate, tali da costituire condizioni potenzialmente pericolose sia per l'in-
columità delle persone che per l'integrità delle apparecchiature. In questi casi le ri-
sonanze serie devono essere evitate o perlomeno ne devono essere limitati gli effetti.
In altre applicazioni (tipicamente nelle applicazioni di segnale) si sfruttano i
fenomeni di risonanza, ricorrendo a circuiti risonanti serie con fattori di merito
molto elevati allo scopo di elevare il livello di tensioni estremamente basse.

14.11.2 Risonanza parallelo o antirisonanza


Il bipolo a destra dei morsetti di Figura 14.11.2.1, costituito dal parallelo del re-
i(t) - .,..
I
+
ic(t)
R e L
v(t)
=t
I

Figura 14.11.2.1

sistore di resistenza R, dell'induttore di induttanza L e del condensatore di capacità


C, è alimentato alla tensione sinusoidale v{t) = VMsenrot. La sua impedenza risulta:

_!_ _j ( roc-2-)
Z- ( 1 ) R ooL 2
(14.11.2.1)
1-+j
R
roc-2-
roL
__!,..+(roc-2-)
R 2
roL

modulo e argomento valgono:


1
Z(ro) =--;:::===== (14.11.2.2)
2

_!_+(roc-2-)
\ R2 roL
'

14. 11.2.1 Comportamento in frequenza


Anche in questo caso, dato che le reattanze XL= roL e Xc= -1/roC dipendono da
ro = 2nf, sono funzioni della pulsazione a.I1golare ro sia il modulo Z(ro) che l'argo-
1nento cp(ro). Conseguente1nente, a parità di valore efficace della tensione applicata
v(t), risultano funzione di ro anche lo sfasamento cp(ro) della corrente i(t) rispetto a
206 Capitolo 14

z cp
R

------- -
Jt
-?
- VM ______
R
: - ,_.~------
(0 OOo 00

-----=--=-.,....
- -------- ---- - ------- J - -2
ri;

Figura 14.11.2.2

v(t) e la sua ampiezza JM= VM/Z(ro). A seconda dal valore della pulsazione angolare
rosi ha che (Fig. 14.11.2.2):
alla pulsazione ro0 per la quale le due reattanze si uguagliano: ro 0 L- l/ro0 C = O, il
modulo dell'impedenza assume il valore massimo Z (ro0 ) = R, mentre l'argo1nen-
to è nullo: cp(ro0 ) = O. Tale situazione viene chiamata condizione di risonanza
parallelo o di antirisonanza e la corrispondente pulsazione angolare:
1
(1) =~= (14.11.2.3)
o JLc
prende ancora il nome di pulsazione angolare di risonanza; a questa pulsazione la
corrente è in fase con la tensione ed ha runpiezza JM = VJR.
Per ro < ro0 la reattanza induttiva prevale su quella capacitiva ed il parallelo si
co1nporta come un circuito RL; al decrescere di ro il modulo di Z decresce ten-
dendo a zero, mentre l'argomento si mantiene positivo, crescendo fino a n/2:

liinZ(ro)=O ~ liinq{ro)=n (14.11.2 .4)


w40 w40 2

la corrente è in ritardo di fase sulla tensione e al ridursi di ro l'an1piezza aumen-


ta fino a divergere.
Per ro > ro0 , la reattanza capacitiva prevale su quella induttiva ed il parallelo
si con1porta co1ne un circuito RC; al crescere di ro il modulo di Z diminuisce
tendendo a zero, 1nentre l'argomento si n1antiene negativo e decresce tendendo
a-n/2:

lim Z(ro)=O ~ lim cp((1)) = - 7t (14.11.2.5)


o,->"' (l)~ CQ 2

la corrente è in anticipo di fase sulla tensione e al crescere di ro l'ampiezza au-


menta fino a divergere.
RETI IN REGIME SINUSOIDALE 207

Anche in questo caso si definisce un fattore di merito:

Qo " Ri/i
I {e=@ CR= R
o roo1
(14.11.2.6)

che costituisce un indice della selettività del circuito: quanto maggiore è Q/, tanto
più marcate risultano le variazioni di Z(ro) e cp(ro) nell'intorno di 000 • Corrispon-
dentemente quanto maggiore è Oo', tanto più piccato è l'andamento dell'ampiezza
della corrente IM= VJZ(ro).

14. 11.2.2 Funzionamento in antirisonanza

I=-} l V
L C0 0 L


Figura 14.11.2.4

In antirisonanza si ottiene il diagramma fasoriale di Figura 14.11.2.4. I fasori


delle correnti IL nell'induttore e l e nel condensatore risultano uguali in modulo e
in opposizione di fase, compensandosi perfettamente; la corrente totale del paral-
lelo I coincide quindi con la corrente nel resistore JR ed è in fase con la tensione.
Il parallelo, con1portandosi come un resistore di valore R, assorbe solo potenza
attiva; risulta nulla la totale potenza reattiva assorbita perché l'induttore e il con-
densatore assorbono potenze reattive tra loro opposte:

(14.11.2.7)

Il fattore di merito Qi' può essere riscritto co1ne:

°'1 , = V R = IL = le (14.11.2.8)
000 1 V I I

esso quindi esprime il rapporto tra i valori efficaci (o le ampiezze) delle correnti
dell'induttore IL (o del condensatore le) e di alimentazione I, alla pulsazione di
risonanza. Pertanto se R, L e C sono tali che Q/ > 1, le reattanze risultano minori
della resistenza e l'ampiezza delle loro correnti è maggiore di quella della corrente
assorbita dal parallelo.
208 Capitolo 14

In alcune applicazioni (tipican1ente nelle applicazioni di potenza), collegamen-


ti parallelo con Q0' >> 1 in risonanza causano la comparsa di correnti interne molto
maggiori di quelle assorbite, tali da costituire condizioni potenzialmente perico-
lose sia per l'incolumità delle persone che per l'integrità delle apparecchiature.
In questi casi le risona11ze parallelo devono essere evitate o perlomeno ne devono
essere lilnitati gli effetti.
In diverse applicazioni (sia di potenza che di segnale) si sfruttano i fenomeni di
antirisonanza, ricorrendo a circuiti risonanti parallelo con fattore di inerito molto
elevato allo scopo di elevare il livello della corrente. Un'applicazione fondainenta-
le del fenomeno si realizza nello stadio di ingresso degli apparecchi radioriceventi
per amplificare in maniera selettiva segnali estremamente deboli, trasmessi sotto
forma di onde elettromagnetiche, discriminandoli da altri aventi frequenza diversa
grazie alla selettività del circuito.

a 14.12 NUCLEI FERROMAGNETICI IN REGIME SINUSOIDALE


14.12.1 Correnti parassite
In un conduttore massiccio sottoposto ad induzione n1agnetica variabile nel
tempo si manifestano f.e .m. indotte che danno origine ad un campo di corrente.
Le correnti così indotte sono note come correnti parassite o correnti di Foucault e
la potenza ohmica da esse dissipata costituisce le perdite per correnti parassite.
Questo fenomeno ha particolare rilevanza nei nuclei ferromagnetici (§ 11.3)
costituiti da lamierini (sottili la1nine), che vengono ilnpiegati in molte macchine
elettriche per canalizzare flussi di induzione sinusoidali. La determinazione ri-
gorosa del campo di corrente, e quindi delle perdite, nel lamierino non è agevole
ma, per illustrare iI1 modo semplice il fenomeno, si presenta qui nel seguito una
trattazione approssimata.
Si consideri un lainierino di materiale conduttore di resistività p, lunghezza h ,
spessore se larghezza d con d>>s (Fig. 14.12.1.la). Il lamierino sia sottoposto ad
un campo di induzione B(t) uniforme nello spazio, avente direzione ortogonale alla
sezione normale A (di dimensioni sd) e modulo B(t) variabile nel tempo con legge
sinusoidale:
B(t) = BM sen rot (14.12.1.1)

In accordo con la legge di Faraday-Neumann, lungo linee chiuse giacenti sulla


generica sezione normale A si sviluppano forze elettromotrici e(t) = -d<J)j dt, essen-
do <Jlc(t) il flusso di B(t) concatenato con ciascuna linea. A tali f.e .m. corrisponde un
campo elettrico indotto E ;(P,t) ortogonale a B(t), le cui linee vettoriali, per ragioni di
simmetria, haimo la geometria schematizzata in figura. Al cainpo elettrico indotto
è associato anche un campo di corrente J (P,t) = E;(P,t)/p, che si sviluppa secondo le
medesilne linee vettoriali. Queste definiscono un tubo di flusso chiuso di J(t) che
si può asswnere di sezione nor1nale S-h(s/2) e lunghezza e-zd, essendo d>>s
(Fig. 14.12.1.lb). La sua resistenza vale dunque:
R ETI IN REGIME SIN USOIDALE 209

R 4d
R =p- =p- (14.12.1.2)
S hs
Il flusso cp(t) mediamente concatenato con tale tubo di flusso di J (P,t) può essere
attribuito alla linea e (Fig. 14.12.1.lb) che è la "fibra media" del tubo di flusso. Si
può quindi porre q> = (sd/2)B(t), a cui corrisponde la f.e.m. indotta sinusoidale:

(14.12.1.3)

che ha valore efficace E= E1/ .Jz = (sd/2)roBM/ .Jz . La potenza ohmica dissipata dal-
le correnti parassite nel tubo di flusso vale quindi:

(14.12.1.4)

Dividendo per il volume del lamierino -r = dsh, e tenuto conto che co = 2nf, si
ottiene l'espressione della densità di potenza dissipata per correnti parassite.

(14.12.1.5)
Bp
con dimensione fisica di watt su metro cubo (W/m:1).

a)
E (t) J (t)

B (t)

s A

b)

s
e

Figura 14.12.1 .1
210 Capitolo 14

Le approssimazioni introdotte influenzano il coefficiente nun1erico che appare


a denonrinatore della (14.12.1.5), 1na non alterano la dipendenza dai parainetri
fisici. Invece essa è valida per spessori s del lainierino tanto più sottili quanto più
elevata è la frequenza f; infatti al crescere della frequenza crescono le f.e.m. indotte
e quindi le stesse correnti parassite; l'induzione magnetica che queste a loro volta
producono diviene confrontabile con l'induzione applicata B (t) e tende ad indebo-
lirla al centro, per la legge di Lenz; di conseguenza l'induzione con1plessiva non
risulta omogenea, come si è assunto nell'analisi.

14. 12 . 1.1 Nuclei di lamierini


Nei dispositivi elettrici le dissipazioni di potenza devono essere adeguatainen-
te linritate, sia perché esse sono economicamente onerose sia perché richiedono
costosi sistenri di raffreddamento che, asportando il calore, prevengano sovratem-
perature pericolose.
Le perdite per correnti parassite che si sviluppano nelle maccl1ine elettriche
possono essere limitate agendo sui parainetri fisici dai quali esse dipendono in
base alla (14.12.1.5). Peraltro le macchine per la produzione, la trasformazione
e l'utilizzo dell'energia elettrica funzionano generalmente a frequenza f imposta
(50 o 60 Hz); inoltre, per sfruttare al meglio il 1nateriale ferromagnetico, conviene
applicare ai loro circuiti magnetici induzioni massime BM elevate, senza entra-
re in saturazione: si adottano valori di BM prossùni all'induzione al ginocchio Bs
(§ 10.1.8.2), ossia compresi tra 1 e 2 T.
Quindi i fattori sui quali è concretainente possibile agire per ridurre le perdite
'
per correnti parassite sono la resistività p e lo spessore s dei lainierini. E possibile
accrescere la resistività, senza comprometterne le proprietà magnetiche e mecca-
niche, aggiungendo al ferro il silicio in quantità contenuta di norma tra 0,2% e
5% a seconda dall'impiego cui sono destinate le lanriere; il silicio comporta anche
il vantaggio di ridurre l'area del ciclo di isteresi e quindi le relative perdite. Per-
centuali maggiori di quelle indicate vengono evitate perché renderebbero troppo
fragile il lainierino.
Per quanto concerne lo spessore s, per applicazioni a 50 o 60 Hz si adottano
valori compresi tra 0,35 e 0,5 mm: più lainierini reciprocamente isolati vengono
sovrapposti e pressati fino ad ottenere la sezione norn1ale desiderata. I circuiti ma-
gnetici così ottenuti sono noti anche col nome di nuclei lamellati.
Tenuto conto della (10.4.4.2), la densità di potenza dissipata globalmente nei
lainierùri, sia per isteresi che per correnti parassite, si può scrivere nella forma:

(14.12 .1.6)

dove le costanti 'l'J e 13 dipendono dal materiale di cui sono costituiti i lainierini. Se
si assume per le perdite per isteresi la dipendenza quadratica dall'induzione e si
fissano la frequenza e lo spessore, le perdite globali possono essere sinteticamente
espresse come:

(14.12.1 .7)
RETI IN REGIME SIN USOIDALE 211

Generalmente le perdite di un lainierino ferron1agnetico si qualificano per mez-


zo della potenza complessivaJ11ente dissipata per unità di massa anziché di volu-
me: essa si ottiene dividendo la (14.12.1.7) per la densità del materiale. In parti-
colare si definisce cifra di perdita di un materiale magnetico la potenza dissipata
complessivamente per isteresi e correnti parassite in 1 kg di materiale, con indu-
zione massima BM= 1 Te frequenza/= 50 Hz. Per i laJ11ierini usati nelle costruzio-
ni elettromeccaniche, la cifra di perdita, che si determina sperimentalmente, varia
nell'intervallo O, 5 + 3, 5 W / kg.

14.12.2 Induttori con nuclei ferromagnetici

I
....
+ +

Figura 14.12.2.1

Si consideri un avvolgimento di N spire di resistenza nulla che produce un flus-


so variabile <f>t(t) entro un circuito magnetico realizzato con materiale ferromagne-
tico (Fig. 14.12.2.1): in esso si manifestano perdite per isteresi e correnti parassite.
Se si assume che il materiale ferromagnetico abbia comportaJ11ento lineare, cioè
lavori al di sotto del ginocchio della curva di magnetizzazione, il dispositivo fun-
ziona in regime sinusoidale, in quanto la corrente i(t) ed il flusso del circuito 1na-
gnetico <p.(t) sono sinusoidali; tali allora sono anche la forza magnetomotrice Ni(t), il
flusso concatenato <pc(t) = N<p.(t) e la tensione ai capi dell'avvolgimento v(t) = dcpj dt.
Il legaJ11e tra tensione e flusso concatenato, in forma fasoriale, assume l'espressione:
(14.12.2.1}

e quindi V e <I> e sono in quadratura. Invece V e 7 non sono in quadratura ma,


come illustra il diagramma fasoriale di Figura 14.12.2.2, sono sfasati di un angolo
<p < rc/2, per dare luogo ad assorbimento di potenza attiva P = Vlcos<p pari alla po-
tenza dissipata nel circuito 1nagnetico per isteresi e correnti parassite. La corrente
dunque può essere sco1nposta in due addendi:
(14.12.2.2}

rispettivaJ11ente in fase e in quadratura con la tensione applicata. Si ha:


212 Capitolo 14

P= V Icosq>= V 10 (14.12.2.3)

Di conseguenza il rapporto tra V e I non è un'impedenza immaginaria pura,


1na un'in1pedenza complessa che, in base a quanto illustrato in§ 14.7.4 .2, convie-
ne rappresentare 1nediante il parallelo della resistenza R, che assorbe la corrente I.
e della reattanza XL= roL, che assorbe la corrente Iµ (Figura 14.12 .2.3).
I
V

+ Ro X. L

I V
la
IS
<I>. /µ <l>.
Figura 14.12.2.2 Figura 14.12 .2 .3

Per la (14.12.1.7), le perdite del circuito magnetico sono proporzionali al quadra-


to dell'induzione, ovvero al quadrato del flusso e quindi, per la (14.12.2.1), al qua-
drato della tensione. Tale dipendenza è correttamente descritta dalla resistenza R,
di valore costante, che infatti assorbe la potenza attiva V1/R.

14.13 MUTUI INDUTTORI IN REGIME SINUSOIDALE

+ +

v,

Figura 14.13.1

Al§ 10.3.2 si è visto come due induttori 1nutuamente accoppiati costituiscono


un doppio bipolo induttivo che, con le porte convenzionate da utilizzatori, è gover-
nato dalle equazioni (9.3.2.1):

v(t)=L d i1(t) + Mdi2(t)


1 1
dt dt
(14.13.1 .1)
=M di1 (t) L d i 2 (t)
V 2 ()
t - '-- + 2 ---''--
dt dt
R ETI IN REGIME SIN USOIDALE 213

Se tensioni e correnti h anno andamento sinusoidale, alle (14.13.1.1} può essere


applicata la trasfor1nazione simbolica, ottenendo:

(14.13.1.2}

che sono le equazioni che vincolano i fasori di tensione e corrente nel doppio
bipolo simbolico induttivo (Fig. 14.13.1}. In esse XL1 = roL 1 è l'autoreattanza alla
porta 1, XL2 = roL2 è l'autoreattanza alla porta 2 e XM = roM è la mutua reattanza tra
le due porte.
Gli induttori accoppiati, rappresentati in regime sinusoidale dal dop-
pio bipolo simbolico induttivo di Figura 14.13.1, trovano fondamenta-
le impiego per studiare il comportamento dei trasformatori ad induzione,
che permettono di interconnettere alle due porte reti aventi tensioni e correnti iso-
frequenziali ma di an1piezze diverse, consentendo in particolare il trasferimento di
potenza elettrica da una rete all'altra (trasformatori di potenza}.

::J 14.14 EFFETTO PELLE


In un conduttore massiccio percorso da corrente variabile, in particolare sinu-
soidale, la densità di corrente non è uniforme nel volume, ma tende ad addensarsi
verso l'esterno, dando luogo al fenomeno noto come effetto pelle.
Si din1ostra che in un conduttore cilindrico massiccio di raggio r0 percorso in
direzione assiale da una corrente sinusoidale la densità di corrente J(P,t} ha modulo
variabile nel tempo con andamento sinusoidale alla stessa frequenza f della corren-
te; l'ampiezzaJM della sinusoide dipende dal raggio rin modo quasi esponenziale
(Fig. 14.14.1.la}, decrescendo dalla periferia (r = r 0 } verso l'asse (r = O}.

a) b)
r .4 • r

r () i-----::;= - - 1·
o i-----W'-,1

J~,1 (r)
-
-

I
Figura 14.14.1.1

La ripidità di variazione della funzione JM(r} è determinata dal parametro:

ò ,. 1
(14.14.1.1}
.Jn fµ y
214 Capitolo 14

che ha la dimensione di una lunghezza ed è detto spessore di penetrazione; oltre


che dalla frequenza fesso dipende dalle caratteristiche fisiche del materiale: per-
1neabilità magneticaµ e conducibilità elettrica y. A titolo di esempio un conduttore
cilindrico in ra1ne (µ = µ 0 = 4n · 10-1 H/m, y = 5·107 S/m) presenta i seguenti spessori
di penetrazione:
8 = 10 mm a frequenza industriale f = 50 Hz,
8 = 0,2 mm a f = 100 kHz,
8 = 7 µm a f = 100 MHz.
Se o>> r0 si può assumere che /M sia quasi uniforme sulla sezione; se invece
8 < r0 negli strati interni posti a distanza .6.r > (4+ 5)8 dalla superficie del cilindro
l'ampiezza/M(r) è inferiore al 2 + 1% del valore massimo /M(r0 ) e quindi può essere
considerata praticamente nulla. Pertanto la parte interna del conduttore di fatto
non è interessata da corrente elettrica.
La dison1ogenea distribuzione della densità di corrente nel conduttore causa
anche dissipazioni ohmiche maggiori di quelle che si avrebbero con densità di cor-
rente uniforme, quale si presenta in regime stazionario. Si può dimostrare che la
potenza dissipata dalla distribuzione effettiva (Fig. 14.14.1.la) è pari a quella che
si avrebbe se la densità di corrente fosse confinata entro uno strato superficiale di
spessore d (Fig. 14.14.1.Zb) e ivi uniforme1nente distribuita.
I:effetto pelle si presenta anche in conduttori con geo1netrie diverse da quella
esaminata, ove però lo spessore di penetrazione assun1e espressioni differenti dalla
(14.14.1.1).
Per li1nitare l'effetto pelle si evitano conduttori massicci che abbiano dimensio-
ni trasversali molto maggiori di 8: nelle linee di trasnùssione dell'energia si ricorre
spesso a cavi costituiti da conduttori in rame nella parte esterna e con un'anima
di acciaio in quella interna, con funzione esclusivan1ente meccanica; nelle grandi
macchine elettriche si realizzano gli avvolgimenti con più conduttori in parallelo,
reciprocan1ente isolati e periodican1ente trasposti in modo da fare loro occupare
successivamente tutte le posizioni della sezione trasversale dell'avvolgimento co-
sicché il flusso concatenato sia lo stesso per ogni conduttore.
A frequenze più elevate, con1e ad esempio nelle applicazioni a radiofrequenza,
lo spessore di penetrazione diviene così piccolo da rendere necessario l'impiego di
conduttori costituiti da sottilissin1i fili, isolati ed intrecciati fra loro.

14.14.1 Analisi semplificata


Per illustrare in modo semplice l'effetto pelle, si possono considerare due con-
duttori tubolari coassiali di raggio diverso e dotati di resistenza Ri e R2 , connessi in
parallelo alle estremità ed alimentati con tensione sinusoidale di valore efficace V
e di pulsazione co (Fig. 14.14.1.Za).
Se si trascura l'effetto delle estremità (il che è certainente lecito se h >>r2 ),
si può ammettere che le correnti siano distribuite unifor1nemente in ciascuno
dei due tubi, per 1notivi di siinmetria: allora tutte le linee vettoriali del campo
di induzione sono rappresentate da circonferenze coassiali con i due cilindri.
I coefficienti di auto e mutua induzione dei due tubi possono essere determinati
R ET I IN REGIME SINUSOIDALE 21 5

considerando il flusso cpi, relativo all'induzione presente tra i due tubi, e il flusso
cp•, relativo all'induzione esterna ad essi (Fig. 14.14.1.Zb) .
La corrente i1 del tubo interno, da sola, produce induzione magnetica sia nello
spazio compreso tra i due tubi che in quello esterno ad essi, ed il relativo flusso
autoconcatenato può essere espresso come cpc11 = cp~ + cp~; il coefficiente di autoin-
duzione vale quindi:

a) b)
I

t ,...,_
12,
~

i ::
_J
'--- I
+

h cp i
V

r
- / -....., ... 2

""-· ..._ i
I
I
I
I .,._ ....
rl
lr
I 2

Figura 14.14.1.2

(14.14.1.2)

La corrente i2 del tubo esterno, da sola, produce induzione magnetica nella sola
regione esterna ai due cilindri, con distribuzione uguale a quella ch e vi produce i 1 ;
i flussi autoconcatenato e mutuamente concatenato sono quindi esprimibili co1ne
<pc22 = cp~ e cpc, z = cp~. Pertanto i coefficienti di autoinduzione e 1nutua induzione
risultano:

L2 = cpc22 = <pz
,
=L
é
lz 12
(14.14.1.3)

M= cpc12 = <r2 = L
12

lz
• •

I due conduttori tubolari si comportano dunque come induttori 1nutamente ac-


coppiati e resistivi (Fig. 14.14.1.3), le cui equazioni, in forma simbolica, sono:

V=R 1! 1 + jroL 1! 1 + jroMI 2 = R 1! 1 + jroLJ1 + jroL. I1 + jroL 0 I 2


{ V- =R -! + ;_roMI- + ;.roL -! = R -! + ;roL. -
! +
. -
;roL.I
(14.14.1.4)
2 2 1 2 2 2 2 0 1 2
Capitolo
RETI TRIFASI

'
• 15.1 GENERALITA
15.1.1 Definizioni
Le reti trifasi sono reti elettriche in regiine sinusoidale con particolari siin1ne-
trie nella topologia e nelle grandezze elettriche; sistemi trifasi, rappresentabili con
reti trifasi, sono utilizzati negli impianti di generazione, distribuzione e trasmissio-
ne dell'energia elettrica in regime sinusoidale, essendo largamente preferiti a quelli
monofasi quando sono in gioco elevate potenze elettriche, per i vantaggi economici
e tecnologici che comportano. I sistemi trifasi sono un caso particolare dei sistemi
polifasi, utilizzati in alcune applicazioni.
Si definisce sistema trifase simmetrico un insieme di tre grandezze sinusoidali
isofrequenziali di uguale ampiezza, sfasate reciprocamente di un angolo pari a 2n/3:

C1i (t )=Ji.Asen ( rot)

a2 ( t )=JZAsen (rot ~ 2; ) (15.1.1 .1)

a3 (t)=JZAsen( rot ~ 431t)


Il sisten1a si dice diretto se ciascuna grandezza risulta in ritardo di 2n/3 rispetto
alla precedente (segni- nelle (15.1.1.1)), inverso se risulta in anticipo di 2n/3 (segni
+ nelle (15.1.1.1)).
Si verifica facilmente che in un sistema siinmetrico la somma delle grandezze è
identicamente nulla in ogni istante:
" ~ a.(t) =O
~ 1=1 I (15.1.1.2)

e quindi pure i loro fasori rappresentativi hanno somma nulla:


(15.1.1.3)

Si possono anche considerare sistemi trifasi dissin1metrici; tuttavia nel seguito


verranno trattati i soli sistemi simmetrici.
218 Capitolo 15

15.1.2 Terne trifasi e reti trifasi


15. 1.2. 1 Terne simmetriche di f.e.m.

Eg 1
-
- Eg2
E el
-
o
Eg3

terna si1nmetrica direHa

-
Eg1
- Eg l
Eg2

o
-
E g3 Eg3

terna si,nmetrica inversa

Figura 15.1.2.1

Una terna simmetrica di f.e.m applicate da tre generatori è rappresentabile me-


diante le tre espressioni:

es1 ( t) =JzE6sen( rot)


2
es2 (t) =JzE6sen( rot+ 7t)
3
(15.1.2.1)

es3 (t)=JzEssen( rot+ ~1t)


dove il segno - si utilizza per una terna diretta, il segno + per una terna inversa.
Come già osservato, eg1 (t) + e62 (t) + eg3 (t) = O e la terna dei fasori rappresentativi ve-
rifica la condizione analoga:
- - -
Eg1 + E62 + Es3 =0 (15.1.2.2)
RETI TRIFASI 219

I diagramnù fasoriali si presentano come in Figura 15.1.2.1, realizzando stelle


equilatere, se i fasori vengono rappresentati a partire da un punto O co1nune, detto
centro stella, ovvero triangoli equilateri.

15.1.2.2 Collegamenti generatori-utilizzatori

Eg l ,
J' '
+ lg
... lu zI
'- ,)
- .
- ?o 12 2u
E82 , , + -o Z2
.,.e_ -
-
- 13 3u
.
E83 - , + 3g Z3
,........, J' -

~-
....

Figura 15.1.2.2

Si considerino tre semplici reti monofasi indipendenti (Fig. 15.1.2.2), ciascuna


costituita da:
- un bipolo generatore ideale di f.e.m. sinusoidale, rappresentata dal proprio fa-
sore Egì (i= 1, 2, 3);
- un bip olo utente o utilizzatore, caratterizzato da una propria impedenza Zì
(i=l,2, 3);
- un doppio bipolo di interconnessione, che connette il generatore all'utenza e
che nel caso in esame è costituito da una semplice linea bifilare ideale (di im-
pedenza nulla).

Le tre correnti sono rispettivamente:

(15.1.2.3)

In virtù della proprietà di sostituzione, le correnti e le tensioni non cambiano


se, al posto dei tre conduttori di ritorno, se ne usa uno soltanto in comune, chia-
mato conduttore neutro o semplicemente neutro, avente corrente / 0 = / 1 + / 2 + / 3
(Fig. 15.1.2.3). Si realizza così una rete trifase a quattro fili, in cui il quadripolo
di sinistra è ottenuto dalla connessione dei tre generatori e quello di destra dalla
connessione delle tre impedenze.
220 Capitolo 15

- . -
E 11 1 - ' + lg li lu z,
J'
, •- .
+ 2g 12 2u Z2
E g2
J'
, -
-
-
E g3 -
J'
+ 3g
-
_...
13 3u
.
ZJ

Og lo
... Ou

Figura 15.1 .2 .3

Se le correnti (15.1 .2.3) hanno so1nma nulla, la corrente / 0 del neutro risulta
nulla:

In tal caso, ancora in base alla proprietà di sostituzione, il collegamento del


neutro può essere aperto, ovvero il neutro può essere omesso del tutto, senza che
tensioni e correnti cambino. Le reti così ottenute, con e senza neutro (Fig. 15.1.2.4),
sono esempi di reti trifasi. I terminali e i conduttori indicati con i nun1eri 1, 2 e 3
sono detti di fase, mentre i terminali indicati con O sono detti di neutro, come il
conduttore che li interconnette.

lg .lu lg lu
- -

2g 2u 2g 2u
generatore utente generatore utente

3g 3u 3g 3u

Og Ou
I I

sistema trifase a quattro fili sistema trifase a tre fì li o


o sistema trifase con neutro sistema trifase senza neutro
Figura 15.1.2.4
RETI TRIFASI 221

Pertanto in generale le reti trifasi possono presentare le seguenti tipologie:


- reti trifasi a quattro fili, o con neutro, costituite da quadrupoli interconnessi per
n1ezzo di collegamenti a quattro fili;
- reti trifasi a tre fili, o senza neutro, costituite da tripoli interconnessi per n1ezzo
di collegamenti a tre fili.

15.1.3 Terne di tensioni trifasi


Con1e detto in§ 15.1.1, un sistema trifase può essere diretto o inverso. Poiché
per passare da un sistema diretto ad uno inverso e viceversa è sufficiente scambia-
re due fasi, nel seguito si tratteranno solo i siste1ni diretti.

15. 1.3. 1 Terne di tensioni di fase o stellate


I

terna diretta di tensioni stellate


Figura 15.1.3.1

In un siste1na trifase a quattro fili (Fig.15.1 .2.4a), le tensioni tra ciascun termi-
nale di fase 1, 2 e 3 ed il terminale di neutro O (centro stella), rappresentate dai faso-
ri E1 , E2 , E3 , costituiscono la terna delle tensioni di fase. Per esse è consuetudine
usare il simbolo e(t), e quindi anche Eu, E, E per an1piezza, valor efficace e fasore,
anche se, non trattandosi in generale di f.e.m. unpresse, tali notazioni possono
risultare talora equivoche.
Nel diagramma fasoriale (Fig. 15.1.3 .1), è opportuno disporre a stella i tre fasori
E1 , E 2 , E3 , applicandoli nello stesso punto O, che rappresenta il potenziale del cen-
tro stella O, mentre i vertici dei tre fasori rappresentano i potenziali dei terminali
di fase l, 2, 3; per tale ragione le tensioni di fase vengono anche chiamate tensioni
stellate.

15.1.3.2 Terne di tensioni di linea o concatenate


In un sistema trifase a quattro o a tre fili (Fig. 15.1 .2.4), le tensioni tra le coppie
di terminali di fase 1, 2, 3, rappresentate dai fasori \t; 2 , V23 , "11:11 , costituiscono la
terna delle tensioni concatenate.
222 Capitolo 15

Nel diagramma fasoriale (Fig. 15.1.3.2), fissati i punti rappresentativi dei poten-
- - -
ziali dei ter1ninali di fase 1, 2, 3, le tensioni concatenate, '7t 2, V23 , ½H costituiscono
un triangolo; le tensioni co11catenate vengono anche chiamate tensioni di linea,
per il fatto che esse sono misurabili tra i conduttori di linea.
I

3
V23
tema di retta d i tensioni concatenate
Figura 15.1 .3.2

15. 1.3.3 Relazioni tra tensioni stellate e concatenate


In base alla LKT, le tensioni concatenate possono essere ricavate come differen-
ze tra le tensioni di fase:

(15.1.3.1)

Dunque le tensioni di linea sono sempre deducibili da quelle di fase. Viceversa


è possibile ricavare le tensioni di fase da quelle di linea soltanto se entrambe le
terne sono simmetriche, come evidenziano i diagrammi fasoriali di Figura 15.1.3 .3:
in particolare il centro stella dei fasori di fase coincide necessariamente con il bari-
centro del triangolo equilatero formato dalla terna delle concatenate.
]

3 2
V 23
terne simmetriche dirette
Figura 15.1.3.3
RETI TRIFASI 223

I diagrainmi evidenziano che le tensioni concatenate V, 2 , V23 , '11:n sono in antici-


po di rc/6 rispetto alle tensioni stellate E1 , E2 , E3 • Si deduce inoltre che tra i valori
efficaci delle tensioni concatenate e delle tensioni stellate vale la relazione:

(15.1.3 .2)

• 15.2 GENERATORI E CARICHI TRIFASI


15.2.1 Generatori trifasi
In un generatore trifase (sia esso una macchina elettrica rotante, oppure unge-
neratore equivalente) si presentano tre percorsi si11ùli che ne costituiscono le tre
fasi interne. Assumeremo che queste siano schematizzabili come tre bipoli genera-
tori ideali1 di tensioni sinusoidali che costituiscono una terna sùnmetrica con va-
lore efficace Es, i fasori delle quali sono Es,, Esz•Es3 • I possibili collegamenti delle
fasi interne sono illustrati in Figura 15.2.1.1.
- + +
&i E i1
I
~ , ~

- - - Es1
Ea! - + E": +
2 2
2
\..v'
-
v'
SI
- +
Ea, - + Es' +
- ,
v' \
- 3 v' 3 3

o
a) slella con neutro b) stella sen7a neutro e) triangolo
Figura 15.2.1.1

15.2. 1. 1 Generatori trifasi con collegamento a stella con neutro


Se i tre generatori vengono collegati a stella e il centro stella è accessibile
dall'esterno (simboli .A, o Yn), si ottiene un generatore trifase quadripolare (Fig.
15.2.1.la) che presenta tra i tenninali di fase e il neutro una terna shnmetrica di
tensioni stellate con valore effcace E= Es; tra le coppie di terminali di fase è dispo-
nibile una terna silnmetrica di tensioni concatenate con valore efficace V= .J3 Es.
15.2. 1.2 Generatori trifasi con collegamento a stella senza neutro
Se i tre generatori vengono collegati a stella, ma il centro stella non è accessibile
dall'esterno (sùnboli J.. o Y), si ottiene un generatore trifase tripolare (Fig. 15.2.1.lb)
che presenta tra le coppie di terminali di fase una terna simmetrica di tensioni con-
catenate con valore efficace V= .J3 Es la terna di tensioni stellate non è disponibile.
1 Per se1nplicità si assumono trascurabili le ilnpedenze interne dei tre generatori.
224 Capitolo 15

15.2. 1.3 Generatori trifasi con collegamento a triangolo


Se infine i tre generatori vengono collegati a triangolo (simboli /1 o D), si ottiene
un generatore trifase tripolare (Fig. 15.1.lc) che presenta tra i terminali di fase una
terna simn1etrica di tensioni concatenate con valore efficace V= Es·

Pertanto, a parità di f.e.m . dei generatori, è possibile ottenere terne di tensione


concatenate con valori efficaci che differiscono per il fattore ..f3 , semplicemente
cambiando i collegamenti tra le tre fasi interne.

15.2.2 Carichi o utenze trifasi


Un tripolo o quadripolo generico può presentare relazioni tensione-corrente
alquanto con1plesse. La trattazione risulta considerevolmente semplificata se è
possibile riconoscere tre percorsi interni (fasi interne), ciascw10 trattabile come

z z
I • • I I
• • ' _/
i. z• l<, -
2 • • 2 2 - • / - z. -
.
z
• •

z l _')~-
3 •



3 3 I -"'
o
.
a) stella con neutro b) stella senza neutro e) triangolo
Figura 15.2.2.1

bipolo, caratterizzati dalle impedenze .Z1 , .Z 2 , Z:1 • Nel seguito ci si limita al caso
ancora più semplice di carico equilibrato, ossia costituito da tre impedenze uguali:
• • • •
Z 1 =Z2 =Z3 =Z (15.2.2.1)

A seconda del collegamento delle tre impedenze si possono ottenere i tre se-
guenti casi:
- collegamento a stella con neutro: con collegamento a stella e centro stella acces-
sibile si ottiene un carico trifase quadripolare (Fig. 15.2.2.la);
- collegamento a stella senza neutro: con collegamento a stella e centro stella
inaccessibile si ottiene un carico trifase tripolare (Fig. 15.2.2.lb);
- collegamento a triangolo: con collegamento a triangolo si ottiene un carico tri-
fase tripolare (Fig. 15.2.2.lc).
R ETI TRIFASI 225

a 15.3 TERNE DI CORRENTI


15.3.0 . 1 Terne di correnti di linea

lg I, lu lg /1 lu
....
2g 12 2u 2g /2 2u
generatore .... - utente generatore
.... utente

-
3g /) 3u 3g /3 3u
.... ....
Og lo Ou
I I

a) si stema tri fase a quattro fi li b) sistema tri fase a tre fi li


Figura 15.3.1 .1

Nei collegan1enti tra generatori e carichi si individua la terna delle correnti di


linea rappresentate dai fasori /1 , / 2 , / 3 , per le quali si assumono riferimenti concor-
di (Fig. 15.3.1.1). Se tale terna è simmetrica essa verifica la relazione:
{15.3.1.1)

Come indica la (15.1.2.4), nei sistemi a quattro fili (con neutro), ciò comporta
che la corrente del neutro, / 0 , sia nulla11•

15.3.0.2 Terne di correnti delle fasi interne


Con1e si è visto, le fasi interne sia dei generatori che delle utenze possono essere
collegate a stella o a triangolo (Fig. 15.3.1.2).
Nei collega1nenti a stella (con o senza neutro) le correnti delle fasi interne (Fig.
15.2.1.la-b e 15.2.2.la-b) coincidono con quelle ai terminali di fase, cioè con le
correnti di linea (Fig. 15.3.1.2a-b).
Nei collegainenti a triangolo le correnti delle fasi interne differiscono dalle cor-
renti di linea. In questo caso per indicare dette correnti è consuetudine usare il
siinbolo j(t), e quindi anche fM, J e J per ampiezza, valore efficace e fasore pur
non trattandosi di correnti impresse (Fig. 15.3.1.2c}. Tali correnti, rappresentate
dai fasori ] 1 2 , fz:v l,11 , costituiscono la terna delle correnti delle fasi interne. Se è
simmetrica essa verifica la relazione:

/ 12 + /23 + f:u =O (15.3.1.2)


n La (15.3.1.1) può non essere verificata nei sistemi dissimmetrici a quattro fili; essa invece è
sempre vera nei sistemi dissilnmetrici a tre fili, in virtù della LKC.
226 Capitolo 15

/,
- /-1 ,,...
-
... . • -
... .

11
-
li
2 - ... I

I 2 ... I

2 ... J 11

/3 I, h -
J?J
3 - ... I
I
I
I
3 - ... ,
I
I
I
3 ...
o
a) stella con neutro b) stella senza neutro e) triangolo

Figura 15.3.1 .2

15.3.0.3 Relazioni tra terne di corrente


Per la LKC applicata a ciascun nodo di Figura 15.3.1.Zc, tra le terne delle corren-
ti di linea e quelle di fase interna valgono le seguenti relazioni:
·- - -
l1 / 12 - f :{1
- - -
l2 /23 - /12 (15.3.1.3)
- - -
I:{ /31 - /23

teme simn1etriche dirette

Figura 15.3.1 .3

Se entra1nbe le terne sono simmetriche, non solo le correnti di linea sono dedu-
cibili da quelle di fase interna per mezzo delle (15.3.1.3), ma è vero anche l'inverso,
potendosi ricavare le correnti delle fasi interne da quelle di linea, come evidenzia-
no i diagr8.llln1i fasoriali di Figura 15.3.1.3. Essi mostrano che le correnti di linea
I1 , I 2 , [3 sono in ritardo di n/6 rispetto alle correnti di fase interna ] 12 , ] 23 , ] 31 •
RETI TRIFASI 227

Si deduce inoltre che tra i valori efficaci delle correnti di linea e quelli delle
correnti delle fasi interne vale la relazione:
I=.J3 J (15.3.1.4}

15.4 ANALISI DELLE RETI TRIFASI SIMMETRICHE ED EQUILIBRATE


Reti trifasi possono essere ottenute connettendo tra loro uno dei generatori tri-
fasi di Figura 15.2.1.1 con una delle utenze trifasi di Figura 15.2.2.1. Nel seguito
si assumono generatori simmetrici e carichi equilibrati, che danno luogo a reti
simmetriche ed equilibrate.

15.4.0.1 Reti a quattro fili: collegamenti a stella con neutro di generatore e carico
(Yn - Yn)

+ E.,. , lg 11
~
lu
- z
I I
-J ', ' '
- - -
+ E s2 2g 12 2u z
~ I I
-J ', I ' '
- -
- +
-
E o3 3g [3
3u
.
z
~
~
,-
' J' - - '
I
'
I
-
-
Og Io Ou
....
I

Figura 15.4.1.1

I sistemi trifasi a quattro fili (Fig. 15.4.1.1} si ottengono con generatore e carico
entrambi collegati a stella con neutro. Le fasi interne del carico sono sottoposte alla
terna di tensioni di fase con valore efficace E= Es e sono percorse dalle correnti di
linea, che valgono:

(15.4.1.1}

Dalle (15.4.1.1} risulta che, essendo simmetrica la terna di tensioni stellate ap-
plicata dal generatore, anche la terna di correnti di linea è simmetrica con valore
efficace:

I -- -E -- -E"o (15.4.1 .2}


z z
228 Capitolo 15

teme dirette
Figura 15.4 .1.2

ogni corrente I; presenta il medesimo sfasamento cp rispetto dalla corrispondente


tensione di fase E ; , pari all'argo1nento dell'impedenza Z (Fig. 15.4.1.2). Dato che
la terna delle correnti è simmetrica, la corrente del neutro è nulla, in accordo con
la (15.3.1.1).

Esempio
Se la f.e.m. dei generatori ha valore efficace Es= 220 V, tale è pure il valore effi-
cace delle tensioni stellate: E= 220 V. Se le in1pedenze hanno modulo Z = 100 n le
correnti di linea hanno valore efficace I= 2,2 A.

15.4.0.2 Reti a tre fili: collegamenti a stella di generatore e carico (Y-Y)


Una rete trifase di questo tipo (Fig. 15.4.1.3) può pensarsi ottenuta dalla prece-
dente rete a quattro fili eliminando il neutro: infatti in questa il collegamento del
neutro, avendo corrente nulla, può essere elinlinato. Le condizioni di funziona-
n1ento rimangono inalterate e le singole in1pedenze di fase del carico sono sottopo-
ste alla stessa terna di tensioni di fase dei generatori.

-
Et i lg
-
11 - .
z
7 ../'

-
+
-
-
• lu
- I
I
I
I

-
- + E g2 2g 12
.- 2u z
o ..J' \
-, I I O'
'
- - - .
-
..J' \
- ,
+ E s) 3g /3
... 3u z
I

'
I

'
-

Figura 15.4 .1.3


R ETI TRIFASI 229

Osservazione
Se nei siste1ni con collegamenti stella-stella il generatore ha tensioni dissimme-
triche oppure, come accade più frequente1nente, il carico è squilibrato, come ad
esempio nelle reti di distribuzione in bassa tensione, in assenza del neutro appare
una differenza di potenziale tra i centri stella O' del carico e O del generatore e
quindi le impedenze del carico risultano sottoposte a tensioni stellate diverse da
quelle del generatore. Quindi, perché le impedenze di un carico squilibrato abbia-
no tensioni uguali a quelle del generatore, è indispensabile la presenza del neutro.

15.4.0.3 Reti a tre fili: collegamenti a triangolo di generatore e carico (D-D )

lg I, tu
... z

] 12
~ E r-1 Ti
2g
... 2u ~

+
D E83
fJ
hti z
E -i:2 3g [3
... 3u ] 23

z

Figura 15.4.1 .4

Nelle reti trifasi di questo tipo (Fig. 15.4.1.4), viene applicata al carico la terna
delle tensioni concatenate con valore efficace V= Es, pari alle f.e.m. del generatore,
e quindi le correnti delle fasi interne sono:

(15.4.1.3)

Queste indicano che, applicando il generatore trifase una terna si1mnetrica di


tensioni concatenate, anche la terna di correnti di fase interna è silnmetrica. Inol-
tre, per le (15.3.1.3), anche la terna delle correnti di liI1ea è simmetrica. Tra i valori
efficaci delle terne simmetriche di tensione e corrente valgono le relazioni:
V E
I=h J=h-=-J3-s (15.4.1.4)
z z

Esempio
Se la f.e.m . dei generatori ha valore efficace Es= 220 V, tale è il valore efficace
delle tensioni concatenate: V= 220 V. Se le ilnpedenze hanno modulo Z = 100 n le
correnti di fase interna hanno valore efficace J = 2,2 A e le correnti di linea hanno
valore efficace I=3,8 A.
230 Capitolo 15

15.4.0.4 Reti a tre fili: collegamento a triangolo del generatore e a stella del carico (D-Y)

lg lu
z
'
I
'
I
~,- - -
E o.. 1 12 .
I b
1~ )
-
JEg.,-
2g
... 2u z
' '
- +- -
I I

+ -f) z
/-
I
E r,1 3g
-
!3
... Ju
'
I
'
I

Figura 15.4.1.5

Nelle reti trifasi di questo tipo (Fig. 15.4.1.5), le tensioni concatenate sono ugua-
li alle f.e.m. del generatore trifase con valore efficace V= Es. Il carico si trova in
condizioni di lavoro analoghe a quelle del caso 15.4.0.2: risultano simmetriche sia
la terna di tensioni stellate applicata al carico che la terna delle correnti di linea.
I loro valori efficaci valgono:
_V _ Es E V E
E ---- ! = - = ~- = g (15.4.1.5)
../3 .J3' z hz J?.z

Esempio
Se la f.e.m. dei generatori ha valore efficace Es = 220 V, tale è pure il valore effi-
cace delle tensioni concatenate: V= 220 V. Quindi alle impedenze del carico sono
applicate tensioni stellate con valore efficace E= 127 V. Se le impedenze hanno
modulo Z = 100 Q le correnti di linea hanno valore efficace I= 1,27 A.

15.4.0.5 Reti a tre fili: collegamento a stella del generatore e a triangolo del carico (Y-D )

lg •
Ii lu
z
.J'
+ E g1

.J'
+ E g1
2g 12
... 2u

J311 z
+ Es;, 3g !3
... Ju ] ry3

z
Figura 15.4.1 .6
RETI TRIFASI 231

Nelle reti trifasi di questo tipo (Fig. 15.4.1.6), la terna sim1netrica delle tensioni
stellate prodotta dal generatore dà luogo ad una terna di tensioni concatenate pure
sim111etrica con valor efficace V= .fi E= .fi Eg, che risulta applicata al carico come
nel caso 15.4.0.3: risultano sinunetriche sia la terna delle correnti di fase interna
del carico che quella delle correnti di linea. I loro valori efficaci valgono:

V .fiE .fiEs ~ Es
J =-
z =-
z-=-
z """'· l =v~ f =3- (15 .4.1.6)
Z

Esempio
Se la f.e.m. dei generatori ha valore efficace Es = 220 V, il valore efficace delle
tensioni concatenate vale: V= 380 V. Se le impedenze hanno modulo Z = 100 n le
correnti di fase interna del carico hanno valore efficace J= 3,8 A e le correnti di
linea hanno valore efficace I= 6,6 A.

15.4.1 Rete ridotta monofase

I
1,
.... zb
+
~ E ò. 12 . zc
12 zb
..... zc
fu.31 6
-
+ ~ M23 /3 zb
3 ....
.
za

Figura 15.4.1.1

I.;analisi di una rete trifase simmetrica ed equilibrata si semplifica notevolmente


facendo ricorso alla rete ridotta monofase. Allo scopo è sufficiente applicare la tra-
sformazione triangolo-stella di impedenze, sostituendo alle utenze connesse a trian-
golo altrettante utenze di valore Zv = Z,i, I 3 connesse a stella (come esemplificano
le Fig. 15.4.1.1 e 15 .4.1.2). Inoltre ogni generatore con collegamento a triangolo va
sostituito con un generatore con collegamento a stella; se il generatore con colle-
gainento a triangolo presenta tensioni concatenate E,i,12 ,E,i,23 ,E,i,3 t (Fig. 15.4.1.1),
il generatore equivalente con collegamento a stella deve avere le seguenti tensioni
stellate (Fig. 15.4.1.2):
232 Capitolo 15

.
Ev I -J' zb z e f3
+ I .... I I I I

' ' '


-
\.
- -
Ev2 12 zb i c/3
D J'
+ 2 .... I I I I O"
\. ' ' '
- -
E v3 , [3 ib Zc/3
J'
+ 3
-
.... I I I I

\. ' ' '

-- z - z. -
za
-- ~- a a
--

O'
Figura 15.4.1.2

- ]!!.
- - e 6
Eyz = El!,z3 ../3 ' (15.4.1.1)

Nella rete trifase così ottenuta, tutti i centri stella dei generatori e dei carichi
risultano equipotenziali e nulla cambia nelle tensioni e nelle correnti della rete
se essi vengono connessi tra loro mediante un conduttore neutro ideale, di ilnpe-
denza nulla (Fig. 15.4.1.2); è allora possibile dedurre il co1nportamento della rete
analizzando quello di una sola fase (Fig. 15.4.1.3) che, con il neutro, costituisce
una rete ridotta monofase, il cui co1nportamento è indipendente da quello delle
altre due fasi. Una volta risolta la rete per la fase 1, tensioni e correnti nelle fasi 2 e
3 avranno lo stesso valore efficace e saranno sfasate rispettivamente di 2n/ 3 e 4n/3
rispetto a quelle calcolate per la fase 1.

o
E YI -
- ' ',
J
+
-
,.... I I I I O"
\. ' '
-
-- z a
--
O'
Figura 15.4.1.3

15.5 POTENZA NEI SISTEMI TRIFASI

15.5.1 Sistemi a quattro fili


Per la valutazione della potenza scambiata nei sisteini trifasi a quattro fili (anche
dissimmetrici e squilibrati) il quadrupolo (generatore o carico, Fig. 15.5.1.1) può
essere considerato quale un triplo bipolo, le cui porte sono costituite dalle cop-
RETI TRIFASI 233

pie di terminali 1-0, 2-0 e 3-0: infatti, valendo la relazione i0 (t} =i1 (t} + i 2 (t} + i:1 (t},
il neutro può essere considerato il terminale co1nune alle tre porte, che hanno ten-
sioni uguali alle stellate e 1 (t}, e 2 (t}, ea(t}.

15.5.1 . 1 Potenza istantanea trifase

lg Ì I (t) lu
...
2g i2 (t) 2u
generatore utente

3g Ì 3 (l) 3u
...
Og io (t) Ou
I ... I

Figura 15.5.1 .1

La potenza istantanea trifase uscente dal triplo bipolo di sinistra ed entrante nel
triplo bipolo di destra di Figura 15.5.1.1 è dunque:
(15.5.1.1}
Se il sistema è simmetJico ed equilibrato, la terna delle tensioni stellate e la ter-
na delle correnti di linea, tutte sfasate in ritardo dello stesso angolo cp rispetto alle
corrispondenti tensioni stellate, sono esprimibili come:

e1 (t}=.JzE sen( c:ot) i1 ( t) = .,/zJ sen ( c:ot - q,)

e2 (t)=.JzEsen(c:ot -
2
n)
3
2
i2 (t) = .,/zJ sen( c:ot-q>- n)
3

e:1(t)=.JzEsen(c:ot - :n) i.,l (t) = .,/zJ sen (c:ot - q> - 1t)


4
3
(15.5.1.2)
La potenza istantanea, ottenuta sostituendo tali espressioni nella (15.5.1.1} e
tenendo conto della (14.2.2.2), diviene:
2 2
p(t}=2EJ[ sen( c:ot)sen( c:ot-q>) + sen( c:ot- n ) sen( c:ot-q>- ; ) +
3

+sen( c:ot- :n 4
}sen (c:ot -q>- ; ) ] = (15.5.1.3}

= El [ 3cosq, - cos ( 2c:ot - q> )- cos( 2c:ot - cp - :n )- cos( 2c:ot - cp- Bn)]
3
234 Capitolo 15

Le tre sinusoidi a pulsazione 2ro a ultimo membro costituiscono una terna sim-
metrica diretta ed hanno quindi so1nma nulla in ogni istante, sicché la potenza
istantanea si riduce al solo addendo costante:
p(t) = 3E l cos<p (15.5 .1.4)

Dunque la potenza istantanea in un sistema trifase simmetrico ed equilibrato è


costante nel tempo, a differenza di quanto si verifica in un sistema 1nonofase.

15.5. 1.2 Potenze attiva, reattiva, apparente e complessa trifasi


La potenza attiva trifase (o potenza reale trifase o, semplicemente, potenza tri-
fase) è definita, analogamente al caso monofase, come valore medio in un periodo
della potenza trifase istantanea. La misura si esegue sommando le letture di tre
wattmetri aventi i morsetti amperometrici collegati alle tre fasi e i voltmetrici tra le
rispettive fasi ed il neutro.
Nel caso di sistema simmetrico ed equilibrato, essa risulta uguale alla potenza
istantanea:
P=p(t)=3E Icos<p=-,/3 V Icos<p (15.5.1.5)

ove <p è l'argo1nento delle impedenze del carico.


La potenza reattiva trifase, somma delle potenze reattive delle singole fasi, in un
sistema sillllnetrico ed equilibrato è:
Q = 3Elsen<p = .J3 Vlsenq> (15.5.1.6)
la potenza apparente trifase è:

S=3 E l =-,/3 V I=)P 2 + Q2 (15.5.1.7)

la potenza complessa trifase è:


. --* --. - - ,.
S= 3E1 11 =3E2 12 = 3E:1 13 =P + j Q (15.5.1.8)

15.5.2 Sistemi a tre fili


Tutte le conclusioni del §15.5.1 val-
lg i 1(t) lu gono anche nei sistemi a tre fili siin-
.... metrici ed equilibrati (Fig. 15.5.2.1),
perché il neutro, anche se presente, ha
2g i2 (t) 2u corrente nulla e quindi sistemi a tre o
generatore l.-,..._-===~-- utente quattro fili equilibrati e sillllnetrici si
equivalgono anche relativamente alle
potenze scan1biate.
Nei sistemi a tre fili (anche dissim-
metrici e squilibrati) i tripoli generatori
o utilizzatori possono essere conside-
Figura 15.5.2.1 rati doppi bipoli (Fig. 15.5.2.1) aventi
RETI TRIFASI 235

per porte le coppie di terminali 1-2 e 3-2; infatti il terminale 2, avendo corrente
i2 (t) = -[i1 (t) + i:it)), può essere considerato comune alle due porte che hanno ten-
sioni v1 z(t) e v:i 2 (t). La potenza istantanea trifase uscente dal doppio bipala di sini-
stra ed entrante nel doppio bipala di destra è dunque:
(15.5.2.1)

Perciò per la misura di potenza attiva sono necessari solo due wattmetri, con i
morsetti amperometrici collegati alle fasi 1 e 3 e quelli voltmetrici rispettivamente
alle fasi 1-2 e 3-2 ("inserzione Aron"). La potenza attiva trasmessa è la somma al-
gebrica delle due letture.

a 15.6 RIFASAMENTO DEL CARICO


Consideriamo un sistema trifase silnmetrico ed equilibrato. Il valore efficace
della corrente di linea entrante nell'utenza (Fig. 15.6.1), in base a (15.5.1.7), può
essere espresso come:

11
... E
p ---------- I
12
2 ... Q

3
]3
... utente

Figura 15.6.1

(15.6.1)

A parità di valore efficace di tensione concatenata V e di potenza attiva assorbi-


ta P, esso è tanto maggiore quanto maggiore è la potenza reattiva Q = Ptancp, ossia
quanto maggiore è lo sfasamento cp tra tensione stellata e corrente. Nei sistemi
di distribuzione dell'energia elettrica è opportuno minimizzare tale corrente, dato
che da essa dipendono:
- le perdite per effetto Joule nei componenti elettrici del sistema;
- le "cadute di tensione" nei vari componenti elettrici;
- le potenze apparenti, e quindi il dilnensionamento, delle macchine elettriche
impiegate.
236 Capitolo 15

a) - -
_ ... b)
...
I '1 li

2
I
...
'1. '2 ... Q
p E

,, cty'
.:------
r· T
,, ,,
,, -
3
_I ., .
'3 /3 UlCRlC
~
,,
I 1,, ,. 1r2
T + ],3
Jr

Figura 15.6.2

E' possibile minilnizzare la corrente di linea, senza alterare l'assorbiinento del-


la potenza attiva, riducendo la potenza reattiva globalmente assorbita mediante
un carico puramente reattivo, connesso in parallelo in prossilnità dell'utente, che
assorbe potenza reattiva Q, di segno opposto a quella Q dell'utente: così la totale
potenza reattiva assorbita dalla linea diviene Q' = Q + Q, < Q (Fig. 15.6.Za).
La nuova corrente di linea I'= I +I,, somma di quella dell'utente I e di quella
del carico reattivo I, (Fig. 15.6.Zb, che si riferisce ad un carico ohmico-induttivo),
risulta ridotta in modulo e sfasata rispetto alla tensione stellata di un angolo cp'
minore del precedente valore <p. Per questo motivo l'accorgimento descritto viene
comunemente chiamato rifasamento del carico o semplicemente rifasamento.
In funzione della potenza attiva e degli sfasamenti, le potenze reattive Q e Q' as-
sorbite dalla liI1ea senza e con rifasamento possono essere espresse delle relazioni:
Q= Ptancp, Q ' = Ptancp' (15.6.2)

e quindi la potenza reattiva Q, = Q' -Q risulta:


Q,=P(tan cp'-tan cp) (15.6.3)

La diminuzione dello sfasamento comporta un aumento del fattore di potenza


al valore coscp'.
Nella quasi totalità dei casi le utenze sono di tipo resistivo-induttivo (Q > O) e
pertanto il rifasamento richiede una potenza reattiva di tipo capacitivo Q, < O; a tal
fine si utilizzano tre condensatori, che possono essere connessi tanto a stella (di
capacità Cv e reattanza Xy=-1/coCy, Fig. 15.6.3a) che a triangolo (di capacità C,, e
reattanza X,, =-l/coC,1, Fig. 15.6.3b). Dovendo comunque le terne di condensatori
assorbire la potenza reattiva Q, definita dala (15.6.3), valgono le relazioni:
2
E 2 v
=3-
2
= - 3c.o C V
2
(15.6.4)
Q =3- = - 3roCv E Qr X "
' Xy '
"
Uguagliando le due espressioni si trova Cy = 3C,1, in accordo anche con le for-
mule della trasformazione stella-triangolo. La connessione a triangolo consente
RETI TRIFASI 237

dunque di impiegare condensatori di capacità Ct. tre volte minore rispetto a quelli
di capacità Cy connessi a stella. Pertai1to nei sistemi di distribuzione viene general-
n1ente preferita la connessione a triangolo.
Sviluppando per i sistemi n1onofase una trattazione analoga a quella sopra illu-
strata per i sistemi trifasi, si perverrebbe ad una espressione identica alla (15.6.3);
va tuttavia segnalato che di norma si rifasano i carichi di potenza sufficientemente
elevata da richiedere l'alimentazione trifase.

a) b)

p p
2 2 Q
Q
utente utente
3 3

c6 c6

Figura 15.6.3
Capitolo
RETI IN REGIME VARIABILE

a 16.1 GENERALITA'
Quando le tensioni e le correnti di una rete elettrica non sono tutte costanti nel
tempo o sinusoidali, allora si dice che la rete si trova in regime variabile. Situazioni
di questo tipo possono trarre origine da varie cause, fondan1entalmente riconduci-
bili a due categorie:
- presenza nella rete di almeno un interruttore che apre o chiude un circuito in
un particolare istante (istante critico);
- presenza nella rete di al1neno un generatore che imprime una tensione e(t) op-
pure una corrente j(t) variabile con andamento qualsiasi.
Nelle reti di potenza si 111anifestano tipicamente eventi del primo tipo, allor-
ché ne viene modificata la configurazione (si parla di manovre di rete); nelle reti
di segnale e nei circuiti di misura e di controllo sono frequenti anche eventi del
secondo tipo.

a 16.2 ISTANTE CRITICO E CONDIZIONI INIZIALI


In generale, per risolvere il problema di determinare il comportamento di una
rete in regilne variabile si assume che la rete si trovi in condizioni note fino ad un
certo istante (detto istante critico) nel quale la rete can1bia configurazione a seguito
della chiusura e/o apertura di uno o più interruttori e/o dell'accensione o spegni-
mento di uno o più generatori di tensione o corrente.
Per semplicità si pone l'origme dei tempi t = O in tale istante. Pertanto nel segui-
to si assumono note tutte le tensioni v(t) e le correnti i(t) del circuito per t < O, fino
al valore lilnite per t ~ o-.
In generale, nell'intorno dell'istante critico, a seguito del cambiamento di con-
figurazione del circuito, le grandezze (tensioni e/o correnti) del circuito potrebbero
subire discontinuità.
Tuttavia notiamo che le grandezze di stato nei bipoli con memoria, ovvero le
tensioni sui condensatori e le correnti sugli induttori, non possono subire discon-
tinuità.
240 Capitolo 16

La tensione su un condensatore vc(t) infatti, essendo variabile di stato diretta-


mente legata all'energia elettrostatica immagazzinata 0.5Cvc2 (t), non può presenta-
re discontinuità, perché questa corrisponderebbe ad una variazione finita di carica
(e di energia immagazzinata nel condensatore) in un tempo infinitesimo, e quindi
ad una corrente istantanea ic(t) = C dvc(t)/dt tendente all'infinito.
Analogamente, la corrente su un induttore iL(t), essendo variabile di stato diret-
tamente legata all'energia magnetica immagazzinata 0.5LlL2(t), non può presentare
discontinuità, perché questa corrisponderebbe ad una variazione finita di flusso (e
di energia immagazzinata nell'induttore) in un tempo infinitesimo, e quindi ad una
tensione istantanea vL(t) = L diL(t)/dt tendente all'infinito.
Per poter descrivere in modo univoco il comporta1nento del circuito intorno
all'istante critico, dobbiamo quindi scrivere rispettivamente, per ogni condensato-
re e per ogni induttore della rete:
Vc(o- ) = Vc(0 4 ) = Vc(O)
(16.2.1)
iL(o- ) = iL(0 4 ) = iL(O)

Tutte le altre tensioni e correnti nel circuito possono avere discontinuità nell'i-
stante critico t = O.

• 16.3 EQUAZIONE DIFFERENZIALE INGRESSO - USCITA


Per detern1inare l'evoluzione delle grandezze di rete dopo l'istante critico (cioè
per t > O) vanno considerate le equazioni delle LKT e LKC e le equazioni dei diversi
tipi di bipolo che formano i lati della rete, espresse nelle loro forme più generali; da
tali equazioni si deduce il seguente sistema di Z f equazioni algebrico-differenziali:
Li(t)=O per n -1 insiemi di taglio indipendenti
LV(t)=O per m maglie indipendenti
v(t)-Ri(t)=O per ogni resistore

i(t)-C d~it) =O per ogni condensatore


(16.3.1)

v(t)- L ~~t) =O per ogni induttore

v(t) =e(t) per ogni generatore ideale di tensione


i(t) = j(t) per ogni generatore ideale di corrente

nel quale le incognite sono le Z f tensioni v(t) e correnti i(t) dei lati, mentre i termi-
ni noti sono le tensioni e(t) e le correnti j(t) impresse dai generatori. I coefficienti
delle incognite sono costituiti dai parametri costanti +1, O, -R, -Ce -1. Si tratta
quindi di un sistema di equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti.
Usualmente, la generica grandezza incognita viene chiamata uscita o risposta
della rete ed indicata con y(t), mentre la generica grandezza impressa è detta in-
gresso della rete ed indicata con x(t). Per semplificare la trattazione si assume nel
RETI IN REGIME VA RIABILE 24 1

seguito che nella rete sia presente un solo ingresso x(t) (ossia un solo generatore
ideale di tensione ovvero di corrente). L'estensione al caso di più ingressi è però
immediata(§ 16.5.0.4). Dalle equazioni di rete del sistema (16.3.1) si può dedurre
che l'uscita y{t) è soluzione di un'equazione differenziale lineare a coefficienti co-
stanti non omogenea di ordine p:
dpy(t) d~'·1 ly(t) dy(t)
aP , + ap.1 (ptl +···+a1 ~~+a0 y(t)=
dt1 dt . dt
(16.3.2)
dqx(t) dc'1•1lx(t) dx(t)
= bq dt'l + bcq-1) dt(q-1) + ....b1 dt + bo x(t)
Riscrivendo in forma compatta, si ottiene quindi l'equazione:
P d;y(t) q d;x(t)
Ia.
i=O I
. = Ib.
dt'
.
i=O dt' 1
(16.3.3)

che costituisce il legame ingresso-uscita del circuito in cui:


la funzione a pruno membro è una combinazione lineare dell'uscita y{t) e delle
sue derivate, fino all'ordine p; i coefficienti costanti a; (i= O, .., p) dipendono
dai coefficienti+ 1, O, R, Ce L del sistema (16.3.1), ossia dai parametri passivi e
dalla topologia della rete;
- la funzione a secondo me111bro, che costituisce il termine noto, è con1binazione
lineare dell'unico ingresso e delle sue derivate; i coefficienti costanti b; (i= O,
... , q) dipendono anch'essi dai coefficienti +1, O, R, Ce L del siste1na (16.3.1).
I.;equazione (16.3.3) è una equazione differenziale lineare a coefficienti costanti
di ordine p. I.;ordine p ed i coefficienti a; e b; variano a seconda dell'uscita consi-
derata; tuttavia l'ordine p non supera mai il numero complessivo di condensatori
ed induttori presenti nella rete e q non supera mai p. La soluzione completa y(t) di
questa equazione può essere determinata come son1ma di due funzioni:
(16.3.4)
dove:
Yp(t) è una soluzione particolare dell'equazione differenziale (16.3 .3);
y0 (t) è la soluzione dell'equazione omogenea associata ovvero della equazione
con ingresso nullo:
J> diy(t)
Ii=O a; dt
; -O (16.3.5)

I.:equazione omogenea può essere evidentemente interpretata come equazione


che descrive l'uscita y{t) dello stesso circuito, quando l'ingresso x(t) = O, ovvero è
"spento".
Valgono le seguenti precisazioni.
La soluzione particolare y1,(t) dipende dai generatori, ossia dagli ingressi, e ov-
viamente dai parametri dei bipoli passivi (R, Le C) del circuito. Essa è una qualsi-
asi funzione che verifica l'equazione (16.3.3):
se non sono presenti generatori, si ha x(t) = O, il secondo men1bro è nullo e la
soluzione particolare è la funzione nulla;
242 Capitolo 16

- salvo casi specifici, la soluzione particolare normalmente non soddisfa le con-


dizioni iniziali.
La soluzione dell'equazione omogenea y 0 (t) dipende solo dai bi poli passivi (R,
L e C) e non dai generatori del circuito ed è costituita in generale da p addendi.
Come vedremo, questi addendi possono essere funzioni esponenziali decrescen-
ti, funzioni sinusoidali o funzioni sinusoidali s1norzate, ciascuna moltiplicata per
una costante di integrazione da determinarsi:
- la soluzione dell'equazione omogenea associata contiene p costanti di integra-
zione tali per cui la soluzione completa y(t) soddisfi le condizioni iniziali sui
bipoli con memoria.
- le costanti di integrazione della y 0 (t) si deterlninano imponendo che la fun-
zione y(t) = y p(t)+ y 0 (t) soddisfi tutte le condizioni iniziali, che devono essere
congruenti con i valori iniziali di tensione dei condensatori e di corrente degli
induttori.
Nel seguito si esemplifica questo procedimento applicandolo ad alcune sem-
plici reti.

a 16.4 SOLUZIONE DELL'EQUAZIONE OMOGENEA


16. 4.0. 1 Equazione caratteristica
La soluzione dell'equazione 01nogenea può essere determinata ipotizzando che
la soluzione possa essere di tipo esponenziale, ovvero:
(16.4.1)
Yo(t) = Ye•t
con Y ed s coefficienti costanti da determinarsi. Sostituendo tale espressione al
posto della y(t) nella 16.3.5, possiamo verificare se tale ipotesi è confermata e quali
debbano essere i valori delle costanti Y ed s. In questo modo si ottiene:

(16.4.2)

Considerando che la soluzione banale Y = O non interessa e che risulta sempre


e st ~ O, se ne deduce che il coefficiente incognito s deve essere soluzione dell'equa-
.
z1one:
a p si> +a p-1 sP·1 + .. ·+n
'"1
s1 + a() s6 = 0 (16.4.3)

Questa equazione è una equazione algebrica di grado p e viene detta equazione


algebrica caratteristica (del circuito considerato). Le sue soluzioni sono gli zeri del
polinomio caratteristico nella variabile s che costituisce il primo membro.
Essendo i coefficienti a ;tutti reali, per il teorema fondamentale dell'algebra, la
(16.4.3) ha certamente p soluzioni (o radici):
(16.4.4)
Queste radici possono essere:
RETI IN REGIME VARIABILE 243

reali, distinte o eventualn1ente coincidenti (una radice può anche essere nulla)
- complesse coniugate a coppie (s; = cr; + jro; e S;+1 = cr; -jro;).
I valori delle radici s1, s21 ••• , sP dipendono dai coefficienti del polinomio ca-
ratteristico (16.4.3), e pertanto sono funzione dei parametri R dei resistori, C dei
condensatori e L degli induttori e della topologia della rete.

Ciascuna delle radici s; fornisce una espressione del tipo y 0 ( t)= Y; e'" 1 , valida
per la soluzione dell'equazione omogenea.
Ne consegue che anche la combinazione lineare di tutte le p possibili soluzioni:

Yo (t) -- Y1 es,L+ y 2 es,L + .... + y P es,1 (16.4.5)

costituisce una soluzione della stessa equazione omogenea. Le costanti Y; costitu-


iscono le costanti di integrazione: essendo in totale p, esse garantiscono un grado
di libertà per ciascun bipolo con memoria.

16.4.0.2 Modi naturali del circuito


In base a quanto appena esposto, la soluzione dell'equazione omogenea y0 (t) è
costituita dalla somma di p addendi, detti modi naturali o caratteristici del circuito,
ciascuno associato ad una delle radici (reali o complesse) del polinomio caratteri-
stico.

Radici reali - Modi unidirezionali. Ad ogni radice reale s; = cr; corrisponde un


modo naturale di tipo esponenziale: y 0 (t)= Y;e"' 1 •
Se una radice reale è nulla, s1 = cr1 = O, la corrispondente soluzione si riduce ad
una costante y 0 (t) = Y;,
Nel caso in cui due radici s 1 ed s,+t coincidano, si vede facilmente che le cor-

rispondenti soluzioni dell'equazione omogenea sono rispettivamente y O (t )= Y1e••1

(funzione esponenziale) e y 0 ( t) = 'Yi+1 te••1 (funzione rampa moltiplicata per funzio-


ne esponenziale).
Nel caso di radici aventi molteplicità maggiore di due, si aggiunge un termine

del tipo y 0 ( t)= Ys+ktke••1 per ciascun ulteriore grado di molteplicità.


Si può dimostrare che per reti costituite da bipoli passivi R, L, C, tutte le radici
reali sono negative o nulle.

Radici complesse - Modi oscillanti (pseudo-armonici). Ad ogni coppia di radi-


ci complesse coniugate s 1 = cr; + jro1 e s,+ 1 = cr;-jro1 corrisponde la funzione:
(cr.+j,.,,), Y (cr. - /w, }t cr,ly jw,I cr,ly; - j ,,..1
Yo (t) = ,e • ' + i+1e I I =e I ,e '+e' i+le I
Y (16.4.6)

Sviluppando gli esponenziali con la formula di Eulero, si ottiene:


244 Capitolo 16

1 1
y O ( t) =e"i Yi (cos( roit )+ jsen ( roit) )+e"i Yi+1 ( cos ( roit )-j sen ( roit) )=
(16.4.7)
=e"i' (Yi + Y1+1 )cos( ro 1t )+e"i' j (Yi-Yi+t )sen ( roit)
e infine, considerando Yi e Y~+t due numeri complessi coniugati tra loro, si ottiene
l'espressione sinusoidale reale:

(16.4.8)

con Ai e Bi costanti reali.


Questa espressione mostra che due radici co111plesse coniugate si= cri + jroi e
si+t = cri-jroi corrispondono ad un modo naturale costituito dal prodotto di una fun-
zione esponenziale e di una si11usoide. Questo tipo di funzioni viene denominato
"cisoidale" e ovviamente comprende funzioni esponenziali, funzioni sinusoidali e
costanti.
Si può dimostrare che per reti costituite da bipoli passivi R, L, C, tutte le radici
complesse hanno parte reale negativa o nulla. Ne consegue che le soluzioni dell'e-
quazione omogenea sono sinusoidi s1norzate o, al più, nel caso in cui la parte reale
delle radici sia nulla (s1 =O + jroi e s 1+1 = 0-jroJ, di ampiezza costante.

16.4.0.3 Frequenze generalizzate naturali


In base al ragionamento qui sopra riportato, la soluzione dell'equazione omoge-
nea y 0 ( t) è sonlllla di diversi modi naturali espressi da funzioni cisoidali (eventual-
mente moltiplicate per una potenza del tempo se corrispondono a radici 111ultiple).
Le radici si (i= 1, ..., p) dell'equazione caratteristica sono denomi11ate frequenze
(generalizzate) naturali dell'uscita, in quanto descrivono fenomeni che non sono
dovuti all'azione di un ingresso, ma costituiscono proprietà intrinseche della rete.
Per una specifica uscita, il numero di frequenze proprie (considerando even-
tuahnente i gradi di n1olteplicità) è pari al grado p della relativa equazione diffe-
renziale.

16.4.0.4 Costanti di tempo


Per descrivere l'andamento esponenziale decrescente delle uscite naturali, si
utilizzano spesso i parametri:

(16.4.9)

Questi para111etri sono detti costanti di tempo e, nel caso di una radice reale,
consentono di riscrivere l'espressione dell'uscita nella forma:
L

Yo ( t ) =Yie
a. I
I =y i e t,
' (16.4.10)

oppure, nel caso di una coppia di radici complesse coniugate:


- t
RETI IN REGIME VARIABILE 245

Le costanti di tempo 't; evidenziano la rapidità con la quale i modi naturali del
circuito decadono nel tempo. Si può constatare facilmente (Fig. 16.4.1.1) che dopo
un intervallo di ten1po uguale a 't; l'uscita Y;(-c;) vale il 36,8% del valore iniziale
Y;; dopo un intervallo di tempo pari a 4 't;, il valore residuo è inferiore all' 1% del
valore iniziale.

Yi

t
4 't ·l

Figura 16.4.1.1

a 16.5 SOLUZIONE PARTICOLARE


Il successivo passo nella soluzione dell'equazione differenziale (16.3.3) consi-
ste nel calcolo della soluzione particolare. Una soluzione particolare è costituita
da una qualsiasi funzione che verifichi l'equazione stessa, senza tener conto delle
condizioni iniziali.

16.5.0. 1 Ingresso Cisoidale


Per metterci in condizioni abbastanza generali, supponiamo che l'ingresso del
circuito sia costituito da una funzione cisoidale x(t) del tipo:

x(t)=Xeo1sen( cot +a) (16.5.1)

X viene deno1ninata "ainpiezza" e a "fase iniziale". I coefficienti cr e co molti-


plicativi del tempo t negli argomenti dell'esponenziale e del seno definiscono la
rapidità di variazione della funzione cisoidale, e cioè la velocità di crescita o smor-
zainento del termine esponenziale e la pulsazione del tennine sinusoidale.
I coefficienti cr e co possono essere raggruppati nel parainetro complesso:
s=cr+jco (16.5.2)
che prende il non1e di frequenza generalizzata dell'ingresso. A seconda del suo
valore, si presentano i seguenti casi particolari di cisoide:

- s=O + jO (cr=ro=O, o.=n/2)


x(t) =X seno. =X: funzione costante nel tempo
246 Capitolo 16

- s=O+jco(cr=O)
x(t) =X sen(cot + a): funzione sinusoidale

- s=cr + jO (co=O, a.=n/2)


x(t) =X sena. e"1 =X e"1: funzione esponenziale

Supponiaino ora che anche la soluzione particolare y 1,(t) = y(t) (uscita) sia di
tipo cisoidale con frequenza generalizzata uguale a quella dell'ingresso, vale a dire
del tipo:

y (t )= Ye"1sen ( cot + p) (16.5.3)

In tale ipotesi, ingresso e uscita avranno la stessa s = cr + jco frequenza generaliz-


zata dell'ingresso, dipendente dal generatore x(t).

16.5.0.2 Trasformata Cisoidale


Definiamo ora la trasformata cisoidale, con la quale, alle funzioni cisoidali x(t)
- -
e y(t), vengono associate le funzioni complesse X(t) e Y(t) (dette funzioni trasfor-
mate cisoidali) sulla base della corrispondenza biunivoca:

x(t) Xeo1sen(cot+a) X (t) xe(c,+Jw)l eÌ" xe•Leia


(16.5.4)
y( t) =Yeo1sen( cot+ P) Y ( t) = Ye(cr+Jw)Lef/\ =Yest e' 11

La funzione trasformata risulta quindi essere una funzione co1nplessa pari al


prodotto dell'ampiezza X (oppure Y), moltiplicata per l'esponenziale est , con una
fase iniziale a (oppure p).
Da questa definizione, notiamo che la trasformata della derivata di una funzio-
ne cisoidale risulta essere se1npre pari alla trasformata della funzione data molti-
plicata per la frequenza generalizzata s.
La trasformata cisoidale risulta evidentemente una estensione della trasforma-
ta fasoriale utilizzata in regilne sinusoidale (il fasore corrispondente alla derivata
temporale di una sinusoide risulta pari al fasore corrispondente alla sinusoide data
moltiplicato per jro).
Anche per le trasformate cisoidali, la corrispondenza per le derivate può essere
iterata alla derivata i-esima:
dfilx(t) d(i) ' .-
dt1 (x e•1e10 ) = s'xe•Leja= s'X(t)
dt1 (16.5.5)
d(i)y (t) (ì)
!ti (Ye•Le 111 ) = siYe"1ef11 = s1Y(t)
dti

Applicando tale proprietà all'equazione differenziale (16.3.3), si ottiene:


RETI IN REGIME VARIABILE 247

J> lJ
Ia;s;Y(t)=Lb; s X(t)
i=O i=O
1
(16.5.6)

QuiI1di, raccogliendo i termini comuni nelle sonunatorie, si può esplicitare la


trasformata dell'uscita:

±b 1
s;
Y(t)= i=O X(t)= w (s )X(t) (16.5.7)
fas
i =O
1
1

16.5.0.3 Funzione di trasferimento

Dalla (16.5.7) si vede che la trasformata dell'uscita Y{t) è pari alla trasfor1na-
ta dell'mgresso X {t) moltiplicata per il rapporto di due polmomi nella variabile
s = cr + jro {frequenza generalizzata dell'ingresso). Tale rapporto di polmomi viene
denominato funzione di trasferimento tra l'ingresso e l'uscita considerati:
q .
l'. b1 s'
W(s)=-'--
i="-o
p
- .
(16.5.8)
L a 1 s'
i= O

La funzione W(s) consente di determmare facilmente la trasfor1nata cisoidale


dell'uscita a partire dalla trasformata cisoidale dell'ingresso.
Infatti, dalla {16.5.7) si vede anche che, se siamo m grado di calcolare la funzio-
ne di trasferimento W(s), la trasformata della soluzione particolare risulta essere
il prodotto tra la W(s) e la trasformata dell'ingresso. Qumdi l'uscita sarà certa-
mente una funzione cisoidale avente esattainente la stessa frequenza generalizzata
dell'iI1gresso s = cr + jro.
Nel caso in cui l'mgresso sia sinusoidale (frequenza generalizzata s =O+ jro), la
soluzione particolare risulta essere una funzione smusoidale avente esattamente
la stessa frequenza.
I.:ainpiezza dell'uscita risulta pari all'ampiezza dell'ingresso per il modulo di
W(s). La fase miziale dell'uscita risulta pari alla fase iniziale dell'mgresso som1nata
all'argomento di W(s).
Il 1netodo descritto per il calcolo dell'uscita particolare è evidentemente applica-
bile per ogni valore della frequenza generalizzata dell'mgresso cisoidale s = cr + jro,
purché si possa determmare il valore della funzione di trasferimento W(s).
Si noti che il denommatore della funzione di trasferimento (16.5.8) coincide
con il pri.Ino me1nbro dell'equazione algebrica caratteristica {16.4.3). Qumdi i poli
dellaft1nzione di trasferimento sono le radici del denominatore di W(s) e coincido-
no con le radici della equazione algebrica caratteristica.
Di conseguenza, se la frequenza generalizzata dell'ingresso considerato s = cr + jro
coincide con una delle radici della equazione algebrica caratteristica st> s 2 , ••• , si>
248 Capitolo 16

indicate in (16.4.4), la funzione di trasferimento W(s) diverge e il metodo appena


descritto non è applicabile per il calcolo della soluzione particolare.
Il numero dei poli della W(s), coincidendo con il numero delle radici della
equazione algebrica caratteristica, risulta pari a p , che, come visto nel paragrafo
precedente, è l'ordine dell'equazione differenziale ingresso-uscita che descrive il
circuito ed è pari o inferiore al numero di bipoli con memoria presenti.
Quando s =o + jro coincide con uno dei poli di W(s), la soluzione particolare
non sarà più cisoidale e occorrerà quindi cercare una soluzione con altro metodo.
I valori di s =o + jro che annulla110 il numeratore di W(s) sono detti zeri della
funzione di trasferimento; per tali valori di frequenza generalizzata di ingresso,
l'uscita risulta identicamente nulla.
Utilizzando le trasformate cisoidali, la rete può essere studiata con il metodo
simbolico generalizzato, simile a quello che utilizza i fasori delle reti in regiine si-
nusoidale, con la differenza che il numero irmnaginario jro che appare nel metodo
fasoriale viene sostituito dalla frequenza generalizzata, ossia dal numero comples-
so s =o+ jro. Pertanto i bipoli passivi R, Le C vengono rappresentati dalle seguenti
impedenze (e ammettenze) operatoriali:
ZR= R
ZL= sL (16.5.9)
Zc=l/(sC)

Si noti che, relativainente ad induttori e condensatori, per s = jro (o= O) si ritro-


vano le impedenze immaginarie del regime sinusoidale, mentre per s = O (o= O e
ro = O) gli induttori si riducono a cortocircuiti (impedenze generalizzate nulle) ed i
condensatori a circuiti aperti (iinpedenze generalizzate infinite), come avviene in
regime stazionario.
Invece per o ;t: O e ro ;t: O induttori e condensatori presentano impedenze com-
plesse (e non irmnaginarie pure).
La rete formata dalle impedenze generalizzate nella quale sono presenti le rap-
presentazioni complesse di ingressi ed uscite è detta rete operatoriale. Ad essa si
applicano gli stessi 1netodi validi per i fasori nelle reti in regime sinusoidale (che
formalmente coincidono anche con quelli del regime stazionario), ad esen1pio:
serie e parallelo di iinpedenze generalizzate, partitori di tensione e di corrente,
generatori equivalenti etc. Tali metodi sono più semplici da usare e quindi la de-
terminazione dell'integrale particolai·e risulta così agevolata.
Notiaino infine che, anche utilizzando le trasformate di Laplace, che non ven-
gono qui sviluppate, ma sono applicabili ad ingressi e uscite del tutto generici, si
ottiene la funzione di trasferiinento W( s) esattamente nella stessa forma di rapporto
tra polinomi nella frequenza generalizzata s.

16.5.0.4 Soluzione particolare nel caso di più ingressi


Se nella rete agiscono più ingressi, grazie alla linearità del sistema, la soluzione
particolare può essere determinata applicando la sovrapposizione degli effetti, cioè
sommando le soluzioni particolari che co1npetono ai singoli ingressi, determinati
come illustrato più sopra.
R ET I IN REGIME VA RIABILE 249

a 16.6 SOLUZIONE COMPLETA DELLA RETE


La soluzione completa (uscita della rete) è la som1na della soluzione dell'equa-
zione 01nogenea e della soluzione particolare:

(16.6.1)

Tuttavia, co1ne visto in (§ 16.4), l'espressione della soluzione dell'equazione

omogenea: y O( t) = Y1 e s'L + Y2 e•,L + .... + YPe"• 1 comprende p costanti di integrazio-


ne (Y,, Y2 • •• , ~ ) , il cui valore per il momento non è ancora stato deterntin ato.
Queste costanti di integrazione possono essere calcolate imponendo che l'usci-
ta con1pleta y(t) e le sue prime p-1 derivate, calcolate per t = O:
,
y(O)= Y,+Y2 + .... +YP+ Yp(O)
y ' (O)=s1 Y, +s2 Y2 + .... +sPYP+ Yp'(O)
2 2
(16.6.2)
y"(O)=s/Y,+s2 Y2+ .... +sP YP+ Yp"(O)
y(p-1) ( O)=s1 i>-1½ + s2J>-tyz + .... +s Pp-1y P +yPCJ>-tl (O)
'

assumano valori coerenti con le p condizioni iniziali del circuito, costituite dai
valori delle variabili di stato di tutti i bipoli con memoria presenti nella rete.
Quindi, utilizzando le equazioni del circuito per t > O e le condizioni iniziali
(tensioni dei condensatori e correnti degli induttori), è possibile imporre p vincoli
sull'andamento dell'uscita y(t). Si ottiene così un sisten1a di p equazioni con p in-
cognite, che consente di determinare univocan1ente le p costanti di integrazione
(Y1, Y2 · · ·, y;,).

a 16.7 ESEMPIO DI SOLUZIONE DI RETI IN REGIME VARIABILE


16. 7.1 Generatore di tensione sinusoidale con carico ohmico-induttivo

s R i(t)
A ~
V

+ + - +
...
e(t) ,
'
IS, j
VR(t)
vL(t) '?
e-:,

'-" L,.,
-

Figura 16.7.1.1
250 Capitolo 16

Nel circuito di Figura 16. 7 .1.1 la tensione del generatore è sinusoidale:


e(t) = EMsen(oot); per t < O l'interruttore S è aperto, e perciò l'induttore è scarico:
iL(t) = O. All'istante t = O l'interruttore chiude. Si vogliono detern1inare gli anda-
menti di vL(t) e di i(t) per t > O.
Valore iniziale. Anzitutto è i(O-) = O; inoltre la corrente dell'induttore non ha di-
scontinuità in t = O:
i(o+) = i(o-J = o (16.7 .1.1)
Equazione differenziale. Per t > O la LKT impone vR(t) + vL(t) = e(t); utilizzando la
caratteristica del resistore e dell'induttore, questa si può riscrivere come Ri + L di/
dt = e(t), da cui:
L di(t) . 1
- - -'--'- + 1(t) = - e(t) (16.7 .1.2)
R dt R

Questa è un'equazione differenziale lineare di pruno ordine a coefficienti co-


stanti del tipo (16.3.2), ove l'uscita incognita, y{t), è la corrente i(t); il termiI1e noto,
ftt), è e(t)/R. I coefficienti dell'equazione sono L/R e 1 .
Soluzione particol are. Per risolvere tale equazione differenziale si cerca anzitutto
un integrale particolare i 1,(t): dato che la tensione impressa è sinusoidale un inte-
grale particolare è costituito dalla espressione che l'uscita assumerebbe se la rete
fosse in regime sinusoidale. Quindi applicando il metodo simbolico si deduce:
- - 1
I = E- - - (16. 7 .1.3)
P R + j ooL

da questa, riportandosi nel do1ninio del tempo, si ottiene:

ip(t) = ~2
EM
2
sen (oot - arctg
001
) = JMsen (oot + P) (16. 7 .1.4)
R +(ooL) R

ove JM = EM e P = - arctg( 00R1 ) .


) R +(001 )2
2

Soluzione dell'omogenea associata. I.: equazione omogenea associata alla (16. 7. 1. 2)


si ottiene da questa ponendo uguale a zero il termiI1e noto ftt); quindi è (R/1) di/
dt + i= O, la cui equazione caratteristica è (R/L)s + 1 = O che ha una radice reale
negativa:
R 1 L
s =-- =-- ove T=- (16.7 .1.5)
L T R
T, con dimensione fisica di secondi [s]. è la costante di tempo, che dipende esclu-
sivan1ente dai parametri dei bipoli passivi, R e L. Quindi la soluzione generale
dell'omogenea è:

-
I

(16.7.1.6)
R ETI IN REGIME VARIABILE 251

Costante di integrazione. La costante di integrazione I0 della (16.7.1.6) si deter-


mina imponendo la condizione iniziale all'integrale completo i(t) = ip(t ) + i 0 (t): per
t ~ o+ questo deve essere uguale al valore iniziale i(o+) = O, precedentemente de-
terminato:
IMsenp + I 0 = O ~ I 0 = - IMsenp (16.7.1.7)
Soluzione completa. Quindi per t >O la corrente vale (Fig. 16.7.1.2):
I

i(t) = IMsen (rot + P)-(IM senP) e r (16.7.1 .8)

da questa si può determinare la tensione dell'induttore, per 1nezzo della relazione


vL(t) = Li/dt:
I

vL(t)=roLlMcos ( rot + P) + (RIMsen P) eT (16.7.1.9)

(R I sinp) e-t/T -
M
t

periodo di e( t) e
degli addendi pennanent.i

Figura 16.7.1.2

Commenti. I parametri R e L determinano le soluzioni delle equazioni omogenee


costituite da funzioni di tipo esponenziale smorzato (transitori), esauriti i quali
rimangono solo gli ad dendi permanenti imposti dal generatore di tensione.

16. 7.2 Generatore di tensione costante con carico ohmico-capacitivo-


induttivo
R

s
+

E I

Figura 16.7.2.1
252 Capitolo 16

Nel circuito di Figura 16.7.2.1 il generatore ha tensione E costante; per t < O


l'interruttore S è aperto e il condensatore è carico: ve(t) = Ve. All'istante t = O l'in-
terruttore cl1iude. Si vogliono determinare gli andamenti di ve(t) e di i(t) per t > O.
Valori iniziali. La tensione del condensatore non presenta discontinuità in t = O.
Per t < O è anche i(t) = O e quindi i(O--) = O; anche la corrente dell'induttore non pre-
senta discontinuità in t = O:
(16.7.2.1)

Equazione differenziale. Per t > O si forma un anello E-R-L-C. Con i riferimen-


ti assunti, la LKT impone vR(t) + vL(t) + ve(t) = E, che si può riscrivere come
Ldi/dt + Ri + ve= E; la corrente può essere espressa come i(t) = CdvJ dt, che deriva-
ta fornisce di/dt = Cd2 vc/dt2 ; sostituendo queste nella precedente si ottiene:

LC d2ve(t) +RCdve(t) +v (t)=E (16.7.2.2)


dt 2 dt e

se invece la relazione L di/dt + Ri + Ve = E viene derivata e moltiplicata per C, si


ottiene LC d2i/dt2 + RCdi/dt + Cdvd dt = O; tenuto conto che Cdvd dt = i, questa si
. .
r1scr1ve come:
2
LC d i~t) + RC ~(t) + i(t) = O (16. 7 .2.3)
dt t

Queste due equazioni differenziali, formalmente uguali, sono lineari di secon-


do ordine a coefficienti costanti del tipo (16.3.2), ove le uscite incognite y{t) sono
rispettivamente la tensione ve(t) e la corrente i(t); il termine noto della prima è E,
quello della seconda è nullo. I coefficienti di entrambe le equazioni sono LC, RC e 1.
Nel seguito viene integrata la seconda delle due e dalla risposta i(t) così dedotta si
ricava poi Ve(t).
Soluzione particolare. Dato che l'equazione è omogenea, una soluzione particola-
re è quella identicamente nulla.
Equazione algebrica caratteristica. :[;equazione algebrica caratteristica della
(16.7.2.3) è LCs2+ RCs + 1 = O, che è di secondo grado ed ha due radici:

-RC±JR 2 C2 -4LC R R2 I
s1,2 = 2LC =- 2L ±, 4L2 - LC (16.7.2.4)

Definite:

T = 2L (16.7.2.5)
R'

la (16.7.2.4) diventa:

(16. 7 .2.6)
RETI IN REGIME VARIABILE 253

a seconda dei valori assU11ti day (maggiore, uguale o minore di uno) queste due
radici possono essere reali distinte, reali coincidenti o complesse coniugate.

16.7.2.1 Caso sovrasmorzato


Si assun1a che y sia n1aggiore di uno. In tale ipotesi la (16.7.2.6) fornisce due
radici reali negative distinte:

S1=
1
- - - -ro0 (
Ti
y+Jy 2
1)
(16.7 .2. 7)
- ro (r -Jy
1
Sz= --- 0
2
1)
Tz

'I'i e T2 , con dimensione fisica di secondi [s), sono due costanti di te1npo che dipen-
dono esclusivamente dai parainetri dei bipoli passivi R, C e L.
Soluzione dell'equazione omogenea. Pertanto l'integrale dell'o1nogenea è:

- I
-l
io (t)= Y1 e 1ì + Y2 e 1ì (16.7.2.8)

Costanti di integrazione. Le costanti di integrazione Y1 e Y2 si deter1ninano iinpo-


nendo le condizioni iniziali all'integrale completo i(t) = iP(t) + i 0 (t) = i 0 (t). Per t~ o+
questo deve essere uguale al valore iniziale i(O+J = O, precedentemente determiI1a-
to; si deduce qumdi un primo vincolo:
(16.7.2.9)

La relazione Vc(t)=E-vL-vR=E-Ldi/dt-Ri pennette di espriinere la tensione


del condensatore come:

(
L
)
J- --
vc(t)=E + Ti -R Y, e r, + T -R Y e r,
I (
L
2
l
(16.7.2.10)
2

per t-+O+ questa deve essere uguale al valore iniziale vc(o+) = Ve; si deduce quindi
un secondo vrncolo:

::}

Soluzioni complete. Le espressioni per t > O della corrente e della tensione del
condensatore (Fig. 16.7.2.2) possono essere riscritte co1ne:

(16.7 .2.12)
254 Capitolo 16

(16.7.2.13)

alle medesime espressioni si sarebbe pervenuti integrando la (16.7.2.2).

Vc(t)

Figura 16.7.2.2

Commenti. La soluzione è costituita da due esponenziali decrescenti: si dice che la


risposta del circuito RLC è sovrasmorzata. I due esponenziali danno luogo ad un
transitorio che si estingue nel tempo, potendosi considerare praticamente esaurito
dopo un intervallo di tempo pari a circa 4 volte la 1naggiore delle due costanti di
tempo, T 1 • Le risposte non sono nulle per effetto sia del generatore di tensione E
che del valore iniziale della tensione sul condensatore Ve. Se al posto del generato-
re ci fosse un cortocircuito, varrebbero ancora le espressioni precedenti, con E= O;
a causa di Ve si avrebbe comunque un transitorio, che costituisce un'e voluzione
libera, in quanto non soggetta all'azione di generatori.

16.7.2.2 Caso criticamente smorzato


Si assuma ora che i parametri passivi verifichino la relazione y uguale a uno.
Valori iniziali, equazioni differenziali e integrali particolari sono i medesimi del
caso precedente. La (16.7.2.6) fornisce invece due radici reali negative coincidenti:

- ---
R 1
S1·2--2 L -- T (16.7.2.14)

T, con din1ensione fisica di secondi [s], è la costante di te1npo già definita in


(16.7.2.5) e dipende esclusivamente dai parametri dei bipoli passivi R ed L.
Soluzione dell'equazione omogenea. Pertanto l'integrale dell'omogenea è:

- I
-
I

(16.7.2.15)
R ET I IN REGIME VA RIABILE 255

Costanti di integrazione. Le due costanti di integrazione Y 1 e Y2 della


(16.7.2.15) si determinano imponendo le condizioni iniziali all'integrale completo
i(t) = i1,(t) + i 0 (t) = i 0 (t) che, per t -4 o+, deve essere uguale al valore iniziale i(o+J = O;
si deduce quindi un primo vincolo:
y 1 =O (16.7.2.16)
Inoltre, come nel caso precedente, la tensione del condensatore può essere rica-
vata dalla relazione Vc(t) = E-vL-vR=E-Ldi/dt-Ri; tenendo conto della (16.7.2.13)
si ottiene:
R _I
Vc (t) =E - -Y2 (T+t)e T (16.7.2.17)
2

per t -4 0+ questa deve essere uguale al valore iniziale vc(o+) = Ve; si deduce quindi
un secondo vincolo:
R
E - -YT=V,
2 e (16.7 .2.18)
2

sono così determinate le due costanti di integrazione Y1 e Y 2 •


Soluzioni complete. Le espressioni per t > O della corrente e della tensione del
condensatore risultano (Fig. 16.7.2.3):
E - V, -'
i(t) = e te T (16.7 .2.19)
L

(16.7.2.20)

alle medesime espressioni si sarebbe pervenuti il1tegrando la (16.7.2.2).

Er-----~=----- - - - -- -
1

t
-t
T
...
Figura 16.7.2. 3
256 Capitolo 16

Commenti. La risposta del circuito RLC comprende un esponenziale con costante


di tempo Te un esponenziale con la stessa costante di te1npo, moltiplicato per una
rampa: si dice in questo caso che l'uscita è criticamente smorzata. I due addendi
danno luogo ad un transitorio che può avere una sovraelongazione, ma si estin-
gue nel tempo, potendosi considerare praticamente esaurito dopo un intervallo di
tempo pari a circa 4 volte la costante di te1npo T. Le risposte non sono nulle sia
per effetto del generatore di tensione E che del valore iniziale Ve. Se al posto del
generatore ci fosse un cortocircuito, varrebbero ancora le espressioni precedenti,
con E= O; a causa di Ve si avrebbe comunque un transitorio, che costituisce un'e-
voluzione libera, in quanto non soggetta all'azione di generatori.

16.7.2.3 Caso sottosmorzato


Si assuma ora che y sia minore di uno. Valori iniziali, equazioni differenziali e
soluzioni particolari sono i medesilni del primo caso. La (16.7.2.6) fon1isce invece
due radici complesse coniugate con parte reale negativa:

Tè la costante di tempo già vista in (16.7.2.5) e ù\, con dimensione fisica di [s-1] ,
è una pulsazione; entrambe dipendono esclusivamente dai parametri dei bipoli
passivi R, C e L.
Integrale dell'omogenea. Pertanto l'integrale dell'omogenea è:
l l

(16. 7.2.22)

Costanti di integrazione. Le due costanti di integrazione Y1 e Y2 della (16.7.2.22)


si determinano imponendo le condizioni iniziali all'integrale completo
i(t) = i1,(t) + i 0 (t) = i 0 (t), che per t-+ o+ deve essere uguale al valore iniziale i(o+) = O;
si deduce quindi un primo vincolo:
(16.7.2.23)
Inoltre come nel caso precedente, la tensione del condensatore può essere rica-
vata dalla relazione Ve(t) =E-vL -vR =E-Ldi/dt-Ri:
R _I
ve(t)=E - Y, e r [sen(ro.t)+ro. Tcos(ù\t)] (16.7.2.24)
2
per t-+0+ questa deve essere uguale al valore iniziale ve(o+) = Ve; si deduce quindi
un secondo vincolo:

E-Ve
=> Y1=- -= (16.7.2.25)
ro,L

Soluzioni complete. Le espressioni per t > O della corrente e della tensione del
condensatore (Fig. 16.7.2.4) possono essere riscritte come:
R ETI IN REGIME VARIABILE 257

i(t) = E-V,e e-'T sen( ro. t) (16.7.2.26)


ro.L

V: - E -~
Ve(t )=E + e e T [sen(ro.t)+ro.Tcos(ro.t)] (16.7.2.27)
ro.T

alle medesime espressioni si sarebbe pervenuti integrando la (16.7.2.2).

Vc(t)
E ._ __
- -- --

i(t)

t
!--T~\-v- --1/C. . . .:"~=--.c::::::,......___===--
- - - - -- - +:~ ...
I

Figura 16.7.2.4

Commenti. La soluzione è oscillatoria s1norzata: si dice in questo caso ch e essa


è sottosmorzata. Si verifica un transitorio che si estingue nel te1npo, potendosi
considerare praticamente esaurito dopo un intervallo di tempo pari a circa 4 volte
la costante di tempo T. Le risposte non sono nulle per effetto sia del generatore di
tensione E che del valore iniziale Ve. Se al posto del generatore ci fosse un corto-
circuito, varrebbero ancora le espressioni precedenti, con E= O; a causa di Ve si
avrebbe comunque un transitorio, che costituisce un'evoluzione libera, in quanto
non soggetta all'azione di generatori.
Appendice
RICHIAMI DI ANALISI VETTORIALE

I:analisi vettoriale considera quantità scalari e quantità vettoriali. Si assun1e di


indicare con lettere normali le quantità scalari (a, A, a, A) e con lettere in grassetto
(a, A, a., A) le quantità vettoriali.

A.1 CAMPI SCALARI E VETTORIALI


Una quantità scalare, indicata genericamente con "f', funzione del punto P di
una regione tridimensionale \R e dell'istante temporale t:
f=f(P,t) (A.1.1)
costituisce un campo scalare. Ne è un esempio la temperatura dei punti di un
corpo.
Così pure una quantità vettoriale, indicata genericamente con "v", funzione del
punto P di una regione tridimensionale \R e dell'istante temporale t:
V= v(P,t) (A.1.2)
costituisce un campo vettoriale. Ne è un ese1npio la velocità dell'acqua nei punti
di una condotta.
Valendo la dipendenza da t, i campi precedenti sono detti campi variabili. Tal-
volta si omette di evidenziare la dipendenza dalle variabili P e t, per sola sempli-
cità di notazione, ma essa è sen1pre sottintesa. In talune situazioni si considerano
campi scalari e vettoriali che non variano nel tempo: si parla allora di campi statici
o stazionari e si usano i simboli j(P) = F(P) e v (P) = V(P) .
Nel seguito sono richiamate le principali proprietà dei cainpi scalari e vettoriali,
utili nello studio dei fenomeni elettromagnetici.

• A.2 REGIONE DI DEFINIZIONE


A.2.1 Geometria delle regioni
La regione \R in cui si manifesta il campo j(P,t) o v(P,t) può essere limitata
o illimitata.
260 Appendice A

A.2.1.1 Regioni connesse


La regione ffi viene detta connessa se, data una qualsiasi coppia di punti P1 e P2
entrambi appartenenti a 9i, esiste una linea .e1 2 che li unisce, la quale è tutta conte-
nuta in 9i; se ciò non avviene ffi è detta non connessa.

A.2. 1.2 Regioni a connessione lineare semplice


La regione 91 viene detta a connessione lineare semplice se, data una qualsiasi
linea chiusa .eee \lì, esiste una superficie il cui orlo è .ee, la quale è tutta contenuta
in 9i. Se ciò non avviene ffi è detta a connessione lineare multipla. Se la regione ffi
presenta fori passanti, essa non è a connessione lineare semplice.

A.2.1.3 Regioni a connessione superficiale semplice


La regione 9l vie11e detta a connessione superficiale semplice se, data una qual-
siasi superficie chiusa Se e ffi, il volume il cui orlo è Se è tutto contenuto in ffi. Se
ciò non avviene \lì è detta a connessione superficiale multipla. Se la regione 9l
presenta cavità, essa non è a connessione superficiale semplice.

Esempi
a) b) Una sfera costituisce un esem-
pio di regione connessa (Fig.
A.2.1.la); l'unione di due sfe-
re che non si intersecano è un
esempio di regione non connessa
(Fig. A.2.1.lb). Una sfera costitu-
isce un esempio di regione a con-
Figura A.2.1.1
nessione lineare semplice (Fig.
A.2.1.la). Una sfera privata di un
a) b) volume cilindrico che l'attraver-
sa da parte a parte è un esempio
di regione a coru1essione lineare

, multipla (Fig. A.2.1.2a); lo stesso


vale per un volume toroidale (Fig.
A.2.l.2b).
Una sfera costituisce un esem-
Figura A.2.1.2 pio di regione a connessione su-
perficiale semplice (Fig. A.2.1. la);
lo stesso vale per un volUine toroi-
dale (cioè il volume contenuto in
una ciambella, Fig. A.2.l.2b). Una
sfera privata di un volume sferico
racchiuso in essa è un esempio di
regione a connessione superficia-
Figura A.2.1.3 le multipla (Fig. A.2.1.3).
R ICHIAMI DI ANALISI VITTORIALE 261

a A.2.2 SUPERFICI DI LIVELLO E LINEE VETTORIALI


A.2.2. 1 Superfici di livello
Dato un campo scalare .f(P,t) e
considerato un istante t, il luogo dei
punti in cui .f(P,t) ha lo stesso valore:
.f(P,t) = C(t) costituisce una superficie
detta superficie di livello. Le diverse
superfici di livello appartenenti alla
regione \R differiscono tra loro per il
valore C(t) che le caratterizza. Due di-
verse superfici di livello non si inter-
secano 1nai (Figura A.2.2.1), altrimenti
.f(P,t) dovrebbe assumere due valori di-
stinti per ogni punto P di intersezione. Figura A.2.2.1

A.2.2.2 Linee vettoriali


Dato un campo vettoriale v(P,t), una linea che sia in ogni punto tangente a v(P,t)
è detta linea vettoriale (di flusso, di ca.inpo). Due diverse linee vettoriali non si
intersecano mai, perché altrimenti v(P,t) dovrebbe assumere due valori distinti per
ogni punto P di intersezione (Fig. A.2.2.2).
Le linee vettoriali possono presentare tre diverse topologie:
a. possono formare linee chiuse;
b. possono formare linee aperte di lunghezza finita, con inizio e fine; i punti di
inizio sono detti sorgenti, quelli di fine sono detti pozzi;
c. possono formare linee di lunghezza infinita, senza inizio e/o fine, in quanto:
· o si estendono all'infinito occupando una regione illimitata;
· oppure si sviluppano in una regione limitata, come accade per una linea di
lunghezza infinita avvolta a spirale su di una superficie toroidale.

\\ \~

Figura A.2.2.2
262 Appendice A

a A.3 OPERAZIONI ALGEBRICHE ED INTEGRO-DIFFERENZIALI


A.3.1 Prodotto interno ed esterno
Operando sulle grandezze vettoriali si usano, tra gli altri, il prodotto interno ed
il prodotto esterno, la silnbologia dei quali non risulta unificata. Si fa qui uso della
simbologia più diffusa in letteratura:
- prodotto interno (scalare) tra a e b: c=a·b;
- prodotto esterno (vettore) tra a e b: c=a x b.
Si ricorda che valgono le seguenti proprietà:
a ·b=b ·a (A.3.1.1)
a · (b +c) =(a · b )+ (a · c) (A.3.1.2)
a x b =-bxa (A.3.1.3)
a x(b +c) = (a x b)+(a x c) (A.3.1.4)
(a x b )x e= (a · c)b-(b · c)a (A.3.1.5)
a x (b xc)= (a · c)b-(a·b)c (A.3 .1.6)
(a x b ) · c = (c xa )- b = (b xc) ·a (A.3 .1.7)
Si ricorda anche che il modulo del prodotto triplo misto (A.3.1.7) esprime il
volume del parallelepipedo che ha per lati i tre vettori a , b e c.

A.3.2 Derivata direzionale di un campo scalare


In un campo scalare j(P,t) sia s U11a generica retta passante per P e orientata dal ver-
sore tangente t ; considerato un punto P' di tale retta che dista CPP' da P (Fig. A.3.2.1),
si chiama derivata direzionale del campo in P secondo la direzione ed il verso di t
il limite (CPP' si riduce a P):

òf(P,t) ,. . f (P', t) - f(P,t) (A.3.2.1)


= lim - - - - - ~
f}.f, P,l P'-+P .f, PP'

Essa dipende dal punto P, dall'istante t ed anche dalla direzione e dal verso in-
dividuati da t. In qualsiasi direzione appartenente ad una superficie di livello del
campo scalare la derivata direzionale di j(P,t) è nulla: aj/ae = o.

P' r

p t l PP'

Figura A.3.2.1
R ICHIAMI DI ANALISI VITTORIALE 263

A.3.3 Integrale di linea e circuitazione di un campo vettoriale

B
t
p p

Figura A.3.3.1 Figura A.3.3.2

In un campo vettoriale v(P,t) sia .eAB una generica linea che si estende tra i punti
A e B, orientata dal versore tangente t (rivolto da A a B, Fig. A.3.3.1); si chia1na
integrale di linea del campo lungo .eAD la grandezza scalare:
r 1.A11(t),. f v(P,t) · t a.e
t.,,n
(A.3.3.1)

il cui segno dipende dall'orientazione della linea, definita dagli estrenù ordinati A
e B (ovvero da t).
Quando A e B coincidono, cosicché la linea .e0 è chiusa (e sempre orientata dal
versore t, Fig. A.3.3.2), l'integrale di linea è detto circuitazione:

(A.3 .3.2)

A.3.4 Flusso e flusso uscente di un campo vettoriale

p•

Figura A.3.4.1 Figura A.3.4.2


264 Appendice A

In un can1po vettoriale v(P,t), considerata una superficie orientata S (di versore


normale n , Fig. A.3.4.1), il flusso (o portata) del campo attraverso S nel verso di n
è la grandezza scalare:

<I>,5n (t) "'fsv(P,t) · n dS (A.3.4.1)

il cui segno dipende dal versore n che orienta la superficie.


Quando la superficie è chiusa, essa viene generalmente orientata dal versore
rivolto verso l'esterno n =n .,c (Fig. A.3.4.2); allora il flusso è detto uscente ed è
espresso con1e:

(A.3.4.2)

A.3.5 Integrale di volume di un campo scalare


~integrale di volun1e di un campo scalare j(P,t) esteso ad un volume ,: è espresso
come

0 , (t)"' f.f (P,t)d,: (A.3.5.1)

A.3.6 Regola della vite destrogira


Data una linea chiusa .ec, esistono infinite superfici aperte che hanno per orlo
tale linea. Detta S una qualsiasi di tali superfici aperte, linea e superficie possono
essere orientate, la prima dal versore tangente t e la seconda dal versore normale n .
Si usa associare i due versori in modo che una vite destrogira che ruoti secondo il
versore t contemporaneamente avanzi in modo concorde col versore n . Questa as-
sociazione di orientazioni costituisce la regola della vite destrogira, o del cavatappi.

::J A.4 OPERATORI DIFFERENZIALI


A.4.1 Gradiente di un campo scalare
Dato un punto P in un campo scalare j(P,t), individuato il versore t = u g,ed per il
quale la derivata direzionale (A.3.2.1) in P è massima, si definisce gradiente del
caJnpo il vettore grad.f(P,t) che ha: modulo pari a tale derivata direzionale massima
e direzione e verso uguali a u gr•d:

grad f(P,t) " max { ! } Ugrad (A.4.1.1)

il vettore gradiente è funzione di (P,t) soltanto e costituisce, a sua volta, un campo


vettoriale. Valgono le seguenti proprietà:
R ICHIAMI DI ANALISI VITTORIALE 265

1. il vettore gradiente (come pure le sue linee vettoriali) è ortogonale alle superfici
di livello del campo scalare;
2. il vettore gradiente individua il verso di massima variazione del can1po scalare
.f{P,t); il suo 1nodulo costituisce l'intensità di tale variazione.
La definizione (A.4.1.1) è intrinseca, non dipendendo dal sistema di coordinate
adottato. In Tabella A.4.1 sono riportate le espressioni del gradiente in coordinate
cartesiane [P = P(x,y,z)], in coordinate cilindriche [P = P(r,cp,z)] ed in coordinate
sferiche [P = P(r,&,cp)], così con1e indicate in Figura A.4.3.2.

A.4.2 Rotore di un campo vettoriale


Dato un punto P in un campo vettoriale v(P,t) , si consi-
deri una generica superficie aperta piana orientata S (con
ec
P. n
n versore normale), contenente P, Fig. A.4.2.1: il suo orlo
definisce una linea chiusa .e0 (orientata dal versore t asso- t
ciato al versore n secondo la regola della vite destrogira). s
S permette di individuare univocamente la circuitazione
V
r e0 (t) (A.3.3.2) e così pure il rapporto r,c(t)/S ed il suo limi-
te per S~O (quando S si riduce al punto P): Figura A.4.2.1

lim r,.Jt)
S-+O S (A.4.2.1)

Tale limite dipende, oltre che da (P,t), anche dal versore n , ovvero dalla orienta-
zione della superficie S. Individuato il versore n = u roL per il quale il liinite (A.4.2.1)
è massimo, si definisce rotore di v(P,t) in (P,t) il vettore rot v (P,t) che ha: modulo
pari al massimo di tale limite, direzione e verso uguali a quelli di u roL:

f v-td.e
rot v(P,t) ~ max lim (A.4.2.2)
s.... o
I.e
s u roL

il vettore rotore risulta funzione di (P,t) soltanto e costituisce, a sua volta, un campo
vettoriale.
La definizione (A.4.2.2) è intrinseca, non dipendendo dal sistema di coordinate
adottato. In Tabella A.4.1 sono riportate le espressioni del rotore in coordinate car-
tesiane, in coordinate cilindriche ed in coordinate sferiche.

A.4.3 Divergenza di un campo vettoriale


Dato un punto P iI1 un campo vettoriale v(P,t), con- fl

siderato un volume,: contenente P, il suo orlo definisce


una superficie chiusa S0 (orientata dal versore uscente
n , Fig. A.4.3.1):,: permette dunque di definire univo-
camente il flusso uscente <1>50 (A.3 .4.2) e così pure il
rapporto <f.J5 j 1:. Figura A.4.3.1
266 Appendice A

Si definisce divergenza del campo vettoriale in (P,t) lo scalare div v(P,t) dato dal
limite di tale rapporto <P5 j't per 't~O (quando 't si riduce al punto P):
J-. v-n dS
div v(P,t) ~ lim-'-
'f=sc'---- (A.4.3.1)
't40 '[

che risulta funzione di (P,t) soltanto e costituisce, a sua volta, un campo scalare.
Vale la seguente proprietà:
1. i punti ove divv > O costituiscono le sorgenti dove le linee vettoriali di v(P,t)
nascono;
2. i punti ove divv < O costituiscono i pozzi dove le linee vettoriali di v(P,t) muoiono.
La definizione (A.4.3.1) è intrinseca, non dipendendo dal sistema di coordinate
adottato.
In Tabella A.4.1 sono riportate le espressioni della divergenza in coordinate
cartesiane, in coordinate cilindriche ed in coordinate sferiche.

I Coordinate cartesiane [P=P(x,y,z), con versori coordinati ux, uy, u 2 ): I

grad f(P,t) = fJf u + òf u , + òf u.


òxx Ò5') az "

ÒVY)
rot v (p t) = -ÒV, - - u + (ÒVx ÒVu
- - - 2)
+ (ÒVY
- --ÒVx)
u.
' ( By az x az ax Y fJx By "

. V (P,t) = -òvX+ -òvr +-òv"


dIV
ax By az
I Coordinate cilindriche [P = P(r,<p,z), con versori coordinati ur, up, Uz]: I

grad f (P,t) = af u + 1 òf u + af u.
ar r r acp 'P az ,

rot v (P,t) =(~ òv, - òv'P)u, +(òv,.


r 8cp az az
- òv, )u + l , a(r v'P) - òv, )u,
ar r ar
'I' ocp
'

I Coordinate sferiche [P=P(r,~,cp), con versori coordinati ur, u ~l, up]: I


R ICHIAMI DI ANALISI VITTORIALE 267

1 o (v'<'senS) ÒVs
rot v (P,t) = - - -1 ---'-----'------'- - - u +
r senS òS òcp '

+ 1 av,_ ò(rsen&v'I') u +l(ò(rv8 )_av, )u


8
r senS ocp or r or òS "

1 o (r v,)
2
1 ov<j) 1 ò(senSv8 )
div v (P, t) = -. ----'----'- + - - -----'- + - - - ---'------'-
r2 or r senS oq> r senS 8S

Tabella A.4.1 Espressioni di Gradiente, Rotore e Divergenza

z
ltz

,
/

/
, /

,,
/

Coordinate carcesjane Coor,t inale cilindriche Coordj nate sferiche

Figura A.4.3.2

A.4.4 Laplaciano di un campo scalare e di un campo vettoriale


In un campo scalare j{P,t), il gradiente di j{P,t) costituisce, a sua volta, un campo
vettoriale, del quale può essere calcolata la divergenza; si ottiene così il Laplaciano
del campo scalare .fl:P,t):

ti f (P,t) = v'2 f (P,t) "div grad f (A.4.4.1)

In Tabella A.4.2 è riportata l'espressione del Laplaciano di .flP,t) in coordinate


cartesiane, cilindriche e sferiche.
Analogamente, in un campo vettoriale v(P,t) , la divergenza di v(P,t) costituisce
un campo scalare, al quale può essere applicato il gradiente, mentre il rotore di
v(P,t) costituisce un campo vettoriale, al quale può essere applicato pure il rotore;
si ottiene così il Laplaciano del campo vettoriale v(P,t):
268 Appendice A

~v(P,t ) =v'2 v(P,t),. grad div v-rot rot v (A.4.4.2)

In Tabella A.4.2 è riportata l'espressione del Laplaciano di v(P,t) in coordinate


cartesiane. Non valgono analoghe espressioni negli altri sistemi di coordinate.

Coordinate cartesiane [P = P(x,y,z)]:

Coordinate cilindriche [P = P(r,<p,z)]:

Coordinate sferiche [P = P(r,&,<p)]:

a ( r -af) + -2-1- -a- ( sen&-8f )+ -2 -


2
~! =-
1 - 2 1 -a-
f2
2
r2 ar f}r r sen& alt a& r sen 3, 8cp

Tabella A.4.2 Espressioni dei Laplaciani

A.4.5 Operatori differenziali del secondo ordine


Combinando gli operatori del primo ordine (gradiente, rotore e divergenza) si
ottengono gli operatori differenziali del secondo ordine (dei quali i laplaciani di
§ A.4.4 costituiscono degli esempi). In Tabella A.4.3 sono riassunte le combinazio-
ni possibili. Si osservi come due combinazioni diano risultato identican1ente nullo
e quattro siano illecite.

gradf rotv divv


I. il

grad () illecito illecito grad div v

rot () rotgrad f = O rot rot v illecito

div () div gradf = tf div rot v = O illecito

Tabella A.4.3 Operatori del secondo ordine


R ICHIAMI DI ANALISI VITTORIALE 269

a A.5 OPERATORE NABLA


Con riferin1ento alle coordinate cartesiane, l'operatore nabla (o anche "del") è
il vettore formale definito come:
a
V = - u + -u + -u.
a a (A.5.1)
OX. x oy Y oz '

per n1ezzo di esso gradiente, rotore, divergenza e laplaciani sono espressi dalle
seguenti operazioni formali:
grad f = 'ilf; rot v = 'il x v ; div v = 'il· v
(A.5.2)
1:!>f = 'il·('il f); l:!>v = 'il('il·v ) -V x (V x v )

In taluni testi, specialmente anglosassoni, le espressioni (A.5.2) sono talvolta


usate anche con riferilnento a sistemi di coordinate non cartesiane: in tal caso V
non ha più il significato espresso dalla (A.5.1) e le (A.5.2) hanno significato pura-
mente formale.

'
A.6 IDENTITA NOTEVOLI
A.6.1 Identità differenziali
Valgono le seguenti identità (ai sono scalari costanti ed unifor1ni):
òf
grad- =-ò gradf (A. 6 .1.1)
òt òt

(A.6.1.2)

grad(f1fz) = !1 gradfz + fzgrad / 1 (A.6.1 .3)

av
rot- = -rotv
a (A.6.1.4)
òt òt
rot (a,v1 +a2 v 2 )=a1 rotv1 +a 2 r otv2 (A.6.1.5)

rot (fv) = frotv +gradfxv (A.6.1.6)

. -av =
dIV -
a d.lVV (A.6.1. 7)
òt òt

(A.6.1.8)

div (fv) = f divv+gradf ·v (A.6.1. 9)

(A.6 .1.10)
270 Appendice A

of ò
ò- = - òf (A.6.1.11)
òt òt

(A.6.1.12)

(A.6.1.13)

A.6.2 Identità integrali


A.6.2.1 Teorema del gradiente
Dato un campo scalare .ftP,t), per qualsiasi linea aperta e tra A e B vale:

J: tgradf (P,t) · t dl = f (B,t) - f(A,t) (A.6.2.1)

Si ha anche, per qualsiasi volume ,; che ha per orlo la superficie chiusa Se di


versore uscente n usc:

(A.6.2.2)

A.6.2.2 Teorema del rotore (di Stokes)


Dato un campo vettoriale v(P,t), per qualsiasi superficie aperta S orlata dalla
linea chiusa .ee, associando al solito i rispettivi versori n e t secondo la regola della
vite destrogira, vale:

f
SI.
rotv(P,t) -n dS = J. v(P,t)·tdf
'ftc
(A.6.2.3)

A.6.2.3 Teorema della divergenza (di Gauss)


Dato un campo vettoriale v(P,t), per qualsiasi volume ,;5 orlato dalla superficie
chiusa Se, assumendo al solito per questa il versore uscente n vale: 0
.., ,

f'S
div v (P,t) di;= f
Se,
v (P,t) · n ,c dS
0
(A.6.2.4)

A.6.2.4 Integrale di volume del prodotto interno (v00. . • v.01)


Dati un campo vettoriale conservativo v000,(P,t) = -grad .ftP,t) ed un campo sole-
noidale v.01 (P,t), uno dei quali almeno sia nullo fuori del volume limitato ,;v' si ha:

(A.6.2.5)
R ICHIAMI DI ANALISI VITTORIALE 271

A.6.2.5 Variazione temporale del flusso attraverso una superficie in movimento


Dati un crunpo vettoriale v(P,t) ed una superficie S, di orlo .e0 , i cui punti sono in
movimento con velocità s, la derivata temporale del flusso <I>sn è data da:

d<I>sn(t)
dt
=Js [Bv
8t
+s-div v - rot(sx v)] · n dS (A.6.2.6)

applicando il teorema del rotore (A.6.2.2) al terzo addendo in parentesi quadra, e


nell'ipotesi che il campo vettoriale sia solenoidale v.01 (P,t), in virtù della (A.6.2.3),
si ha:
d<J) ( t) òv
Sn
dt
=J Òt""
S
1
-ndS - f(sxv ) ·td.€
t, sul
(A.6.2.7)

• A.7 CAMPI CON PROPRIETÀ NOTEVOLI

A.7.1 Campi conservativi e campi irrotazionali


Un campo vettoriale si dice conservativo nel dominio Q contenuto in ~ì se è
nulla la sua circuitazione su qualsiasi linea chiusa .e0 appartenente ad Q ;
(A.7.1.1)
In modo equivalente un campo vettoriale si dice conservativo se il suo integrale
di linea su qualsiasi linea aperta .eAD appartenente ad n non dipende dal percorso
.e 1na solo dagli estrenù A e B ed è allora esprimibile come differenza tra i valori
assunti in B ed A da un opportuno campo scalare, flP,t):
r ~(t) = r ~'(tJ = flB,t)-f(A,tJ (A. 7 .1.2)
Un campo vettoriale si dice irrotazionale nel dominio Q se ha rotore ovunque
nullo in n:
rot vt,,(P,t) = O (A.7.1.3)
Valgono le seguenti proprietà:
1. un campo conservativo è sempre irrotazionale;
2. un campo irrotazionale è conservativo solo se il suo dominio Q è a connessione
lineare semplice.
3. un campo irrotazionale in tutto lo spazio è conservativo (perché tutto lo spazio
ha connessione lineare sen1plice, essendo privo di fori passanti).
4. un campo irrotazionale presenta, in generale, divergenza non nulla:
div v,rr(P,t) =g(P,t); g(P,t) costituisce la sorgente del campo vtrr(P,t) interna al do-
1ninio n.
5. un campo vettoriale è conservativo se e solo se esso è il gradiente del caIUpo
scalare flP,t) che appare nella (A.7.1.2); tale campo è definito a meno di una
costante additiva arbitraria C.
272 Appendice A

Facendo riferimento al can1po opposto p(P,t) = - .f(P,t), si ha:


vc,,ns(P,t) =-grad p(P,t) =-grad[p(P,t) + C] (A.7.1.4)
Combinando la (A.7.1.3) con la (A.7.1 .4) si ottiene l'identità rot grad p(P,t) = O,
già indicata in§ A.4.5. La relazione integrale corrispondente alla (A.7.1.4) eviden-
zia che r Allt(t) può essere espresso come differenza tra i valori che il campo scalare
p(P,t) assun1e in B ed in A (si veda anche la (A.6.2.1)):

r AB/. (t) = Jt V cons (P,t)- t df = p(A,t)- p(B,t)


Ari
(A.7.1.5)

Il campo scalare p(P,t) è detto potenziale scalare del campo vettoriale v 000.(P,t)
e anch'esso è definito a 1neno di una costante C. Se n è illimitato si usa fissare il
valore di C = c. in modo che sia:
lim [ p '(P,t) + c.]= O (A.7.1 .6)
P-+oo

il campo p(P,t) + c. così ottenuto prende il no1ne di potenziale scalare assoluto'.


Le superfici di livello di p(P,t) sono dette superfici equipotenziali e sono ortogonali
alle linee vettoriali di v00,,.(P,t); per tale caratterizzazione di linee vettoriali e super-
fici equipotenziali il campo vc0 .,.(P,t) viene anche detto lainellare; le linee vettoriali
non sono mai chiuse".

A.7.2 Campi conservativi del flusso e campi solenoidali


Un campo vettoriale è conservativo del flusso nel dominio n contenuto in 9l
se è nullo il suo flusso uscente da qualsiasi superficie chiusa Se appartenente a n:
(A. 7 .2.1)
In modo equivalente, un campo vettoriale è conservativo del flusso se il suo
flusso attraverso una superficie aperta s,. appartenente ad n non dipende dalla
ec
superficie S ma solo dal suo orlo ed è allora esprimibile come circuitazione I'eclt)
di un opportuno campo vettoriale, q (P,t):
<l>5 c(t) = O, <D5 ,,(t) = <D5 ,.,(t) = reJt) (A.7.2.2)
Un campo vettoriale si dice solenoidale nel dominio n se ha divergenza ovun-
que nulla in n:
(A.7.2.3)
Valgono le seguenti proprietà:
1. un cainpo conservativo del flusso è sempre solenoidale;
2. un campo solenoidale è conservativo del flusso solo se il dominion. è a connes-
sione superficiale se1nplice.
3. un cainpo solenoidale in tutto lo spazio è conservativo del flusso (perché tutto
lo spazio ha connessione superficiale semplice, essendo privo di cavità).

1 Nelle applicazioni elettro1nagnetiche la (A .7.1.6) co1nporta c. 2 0.


n Diversamente la (A.7.1 .1) non sarebbe verificata per f 0 coincidente con una linea vettoriale.
R ICHIAMI DI ANALISI VITTORIALE 273

4. un campo solenoidale presenta, ingenerale, rotore non nullo: rotv.01 (P,t)=w(P,t);


w (P,t) costituisce la sorgente del campo v.01(P,t) interna al dominio Q.
5. un campo vettoriale è conservativo del flusso se e solo se esso è il rotore del
campo vettoriale q (P,t) la cui circuitazione appare nella (A.7.2.2); tale campo
è definito a meno di un campo vettoriale conservativo vc,rns(P.t) = gradj(P,t) 111 :
vc1(P.t) = rot q (P,t) = rot [q'(P,t) + V 0011.(P,t)] (A. 7 .2.4)
Combinando la (A.7.2.3) con la (A.7 .2.4) si ottiene l'identità div rot q (P,t) = O,
già indicata in§ A.4.5. La relazione integrale corrispondente alla (A.7.2.4) eviden-
zia che <I>st'(t) può essere espresso come circuitazione del campo vettoriale q (P,t)
lungo la linea C0 che orla St , come già espresso dalla (A.7.2.2) 1v:

<f> 5 ,.(t) = f
SI.
v0 r(P,t)- n dS = ~ q (P,t) ·tdJ
l,.
(A.7.2.5)

Il campo vettoriale q (P,t) è detto potenziale vettore del ca1npo vettoriale v0 r(P.t).
Quando Q è illimitato è consuetudine imporrev:
divq (P,t) = O (A.7 .2.6)
Nel dominio Q le linee vettoriali di vcr(P,t) non possono avere né sorgenti né
pozziv1 : esse o sono chiuse oppure hanno lunghezza infinita oppure nascono e
muoiono sul contorno di Q .

A.7.3 Campi irrotazionali e solenoidali


In un dominio linlitato Q può esistere un can1po vettoriale non nullo che sia
contemporaneaine11te irrotazionale e solenoidale; tutte le sue linee vettoriali na-
scono e muoiono al di fuori di Q .
In un dominio illimitato Q un campo vettoriale fisico (che corrisponde ad un
fenomeno fisico reale) non identican1ente nullo non può essere ovunque irrotazio-
nale e solenoidale.

A.7.4 Campi vettoriali generici - Teorema di decomposizione (di Clebsh-


Helmholtz)
Di un campo vettoriale generico v(P,t), definito in un dominio illimitato Q a
connessione lineare e superficiale semplici, si possono calcolare gli operatori ro-
tore e divergenza:
rot v(P,t) = w (P,t) div v(P,t) = g(P, t ) (A.7 .4.1)
il rotore w(P,t) è certamente solenoidale per la (A.7.2.3). Viceversa, dati i campi
w.0 i(P,t) e g(P,t), è unico il cainpo v(P,t) fisico che soddisfa le (A.7.4.1); i campi g(P,t)
e w (P,t) costituiscono le sorgenti del cainpo v(P,t).
Inoltre v(P,t) può essere decomp osto in un unico modo nella so1nma di un ca1n-
m Il campo vettor iale conservativo vcoos ha rotore ovunque nullo: rotvcons"'O.
IV I versor i n e t sono associati dalla regola della vite destrogira; il vettore vcons ha circuitazione
nulla su qualsiasi linea chiusa.
v Nelle applicazioni elettromagnetiche la (A.7.2.6) comporta v000, (P,t) =O.
"' Diversamente non potrebbe essere verificata la (A.7.2.1).
274 Appendice A

po irrotazionale V;rr(P,t) =-grad p(P,t) e di un campo solenoidale v.01(P,t) = rot q(P,t),


essendo p(P,t) il potenziale scalare e q(P,t) il potenziale vettore:
v(P,t) = v,rr(P,t) + v.0 i(P,t) =-grad p(P,t) + rot q (P,t) (A. 7 .4.2)
in cui i due addendi verificano le condizioni:
rot v tr,(P,t) =O r~t v.01 (P,tJ _ co(P,t)
{ div V1r,(P,t)=g(P,t) { div v. (P,t)-O (A.7.4.3)
01

• A.8 EQUAZIONI DI POISSON E LAPLACE

A.8.1 Equazione di Poisson scalare


Si consideri un campo vettoriale irrotazionale (incognito) che in un donlinio a
connessione lineare semplice verifichi le condizioni:
rotv(P,t) = O divv(P,t) = g(P,t) (A.8.1.1)
il1 cui sia noto il campo scalare g(P,t); esprimendo il campo vettoriale irrotazionale
in funzione del potenziale scalare, secondo la (A.7.1.4), dalla seconda si ottiene
l'espressione del laplaciano del potenziale scalare (A.4.4.1), che costituisce un'e-
quazione differenziale non omogenea:
8p(P,t) = divgrad p(P,t) = -g(P,t) (A.8.1.2)
tale equazione prende il nome di equazione di Poisson scalare; dalla sua soluzione
si ottiene il potenziale scalare p(P,t) e, derivando questo secondo la (A.7.1.4), il
campo vettoriale v(P,t).

A.8.2 Equazione di Poisson vettoriale


Si consideri un campo vettoriale solenoidale (incognito) che in un dominio a
connessione superficiale semplice verifichi le condizioni:
divv(P,t) = O rotv(P,t) = w{P,t) (A.8.2.1)
in cui sia noto il campo vettoriale w(P,t); esprimendo il can1po vettoriale solenoida-
le in funzione del potenziale vettore, secondo la (A.7.2.4), dalla seconda si ottiene
l'espressione del laplaciano del potenziale vettore (A.4.4.2), che costituisce un'e-
quazione differenziale non omogenea:
8q(P,t)-grad div q (P,t) = - rotrotq(P,t) = - w(P,t) (A.8.2.2)
ilnponendo che il potenziale vettore sia solenoidale, co1ne indicato in (A.7.2.6),
tale equazione diventa:
8 q (P,t)=- w(P,t) (A.8.2.3)
che prende il nome di equazione di Poisson vettoriale; dalla sua soluzione si ottie-
ne il potenziale vettore q(P,t) e, derivando questo secondo la (A.7.2.4), il can1po
vettoriale v(P, t).
R ICHIAMI DI ANALISI VITTORIALE 275

A.8.3 Equazione di Laplace scalare e vettoriale


Si consideri un campo vettoriale (incognito) irrotazionale e solenoidale in un
dominio connesso, tipicamente limitato per quanto detto in§ A.7.3:
rotv(P,t) = O divv(P,t) = O (A.8.3.1)
Se il don1inio è a connessione lineare semplice può essere espresso in funzione del
potenziale scalare e, ripetendo le considerazioni del§ A.8.1, si ottiene l'equazione
differenziale omogenea:
6p(P,t) = O (A.8.3.2)
che prende il nome di equazione di Laplace scalare. Se il dominio è a connessione
superficiale semplice può essere espresso in funzione del potenziale vettore e, ripe-
tendo le considerazioni del § A.8.2, si ottiene l'equazione differenziale omogenea:
6 q (P,t) = O (A.8.3.3)
che prende il nome di equazione di Laplace vettoriale. Se il dominio è a connes-
sione lineare e superficiale se1nplice possono essere dedotte sia la (A.8.3.2) che la
(A.8.3.3).
La funzione scalare che soddisfa la (A.8.3.2) e le componenti della funzione
vettoriale che, in coordinate cartesiane, soddisfano la (A.8.3.3) sono dette funzioni
armoniche. Le funzioni armoniche presentano proprietà notevoli; vanno segnalate
le seguenti (dettaf.(P,t) la funzione ar1nonica):
a. il valore di una funzione armonica f.(P,t) in punto P è pari alla inedia dei suoi
valori su qualsiasi superficie sferica centrata in P;
b. i massilni e minimi di una funzione armonica f.(P.t) stanno sul contorno del
donùnio;
c. se una funzione armonicaf. (P,t) è costante sul contorno, lo è in tutto il dominio.
Le equazioni di Poisson e di Laplace non ammettono soluzioni uniche finché
non sono fissate le condizioni al contorno. Non è possibile indicare un metodo
generale di soluzione valido per ogni caso, invece la soluzione deve essere cercata
in funzione delle caratteristiche specifiche del problen1a.

• A.9 CONCETTI TOPOLOGICI

A.9.1 Materiali che occupano la regione \R


Molti fenomeni fisici sono con1piutamene definiti per 1nezzo di due campi vet-
toriali v1 (P,t) e v2 (P,t). La regione in cui è presente il fenomeno può essere occupata
dal vuoto o da materiali che si caratterizzano per i legami che stabiliscono tra i due
campi. Tali legami, detti relazioni costitutive dei materiali, possono essere del tipo:
v1 (P,t) = isz(P.t)v2 (P,t) (A.9.1.1)
ove compare il parametro del materiale, 1<1 z(P,t).
276 Appendice A

Un materiale si dice tempo-invariante se le sue proprietà non variano col tempo


[1eizlP,t) = 1e 1 z(P)). Un n1ateriale si dice omogeneo se le sue proprietà sono le stesse
in tutti i punti della regione 9i [1e, 2 (P,t) = 1e,2 (t)], si dice isotropo se le sue proprietà
non dipendono dalla direzione delle grandezze vettoriali, si dice lineare se tale
risulta il legame che il parametro in considerazione stabilisce tra le due grandezze
vettoriali. Per materiale uniforme si intende un materiale tempo-invariante, omo-
geneo, isotropo e lineare. Solo il vuoto è uniforme quanto a tutti i parametri che
caratterizzano un campo fisico. Molti materiali, ma non tutti, possono essere rite-
nuti uniformi con buona approssimazione.
Alcuni 1nateriali presentano forte non-linearità ed addirittura il legan1e (A. 9 .1.1)
può dar luogo a legami non univoci tra i valori dei campi v1 (P,t) e v2 (P,t), dipen-
dendo forten1ente, oltre che dall'intensità dei can1pi, anche dalla loro "storia", vale
a dire dall'evoluzione seguita dai campi vettoriali per giungere ai valori attuali: si
tratta di 1nateriali isteretici (che danno cioè luogo ad isteresi).
Alcuni materiali non presentano parallelis1no tra i campi vettoriali v1 (P,t) e
v2 (P,t). Il legame costituivo assmne natura tensoriale, la sua descrizione richieden-
do l'uso di un tensore (di ordine 2, ovvero di 9 elementi ¾y• x = a,b,c e y = a,b,c),
per 111ezzo del quale le tre componenti ortogonali del vettore v1 (P,t) sono espresse
in funzione delle tre componenti ortogonali del vettore v2 (P,t) dalle relazioni:

Vta = + lCabVzh + lCacVzc


lC•• Vza

Vtb = lCba Vza + lChbVzh + K1,c Vzc (A.9.1.2)


Vtc = 1Cca V2a + lCcbVzh + 1Coc Vzc

La relazione può essere sinteticamente espressa come v1 =1e, 2 v2 . Secondo la


(A.9.1.2) ciascuna componente del vettore v2 (P,t) dà luogo ad un contributo in cia-
scuna componente del vettore v1 (P,t).

A.9.2 Tubi di flusso di un campo vettoriale solenoidale

SnA
Figura A.9.2 .1
R ICHIAMI DI ANALISI VITTORIALE 277

Molte fenomenologie fisiche (ed elettromagnetiche in particolare) sono descritte


per mezzo di due campi vettoriali v1 (P,t) e v 2 (P,t) , che si sviluppano nella regione \R,
del pruno dei quali è definita la divergenza e del secondo il rotore.
Se il campo v1 (P,t) è solenoidale [div v1 = O] nella regione \R, si può considerare
una linea chiusa Cc (non coincidente con una linea vettoriale): l'insie1ne delle linee
vettoriali che la intersecano individua una superficie S,ai• nella quale è contenuto
un volume chiamato tubo di flusso del vettore (Fig. A .9.2.1). Dato che il campo vet-
toriale v1 è solenoidale e che nessuna linea vettoriale attraversa S 1al' la portata (f>s1(t)
di v1 é la stessa per qualunque superficie di taglio Sl' cioè per qualsiasi superficie
aperta che taglia tutte le linee del tubo di flusso, avendo per orlo una linea chiusa
appartenente alla superficie s1• 1• La portata (1>5 1(t) è quindi grandezza caratterizzan-
te il tubo di flusso.
Se il secondo campo vettoriale v2 (P,t) è irrotazionale nel tubo di flusso
[rotv2 (P,t) = O] esso ammette ivi superfici equipotenziali. Considerate due distinte
superfici tappo SuA ed S08 appartenenti a superfici equipotenziali, queste deli-
mitano un tratto o tronco di tubo di flusso : SuA ed SnB ne costituiscono i "tappi"
s,.
terminali che, insieme alla superficie laterale del tubo 1, individuano il volume
del tratto di tubo di flusso (Fig. A .9.2.1). Dato che il can1po vettoriale v2 (P,t) è irro-
tazionale e che SuA ed SnD sono equipotenziali, l'integrale di linea r AB(t) del campo
v2 (P,t) é lo stesso per qualunque linea CAB che va da un punto PA di SuA ad un punto
PD di S0 D, rimanendo dentro al tronco di tubo di flusso (è cioè indipendente non
solo dallo sviluppo di eAB• 1na anche dalla collocazione dei punti estremi PA e PD, in
S,lA e S0 D, rispettivan1ente). ~integrale di linea rAB(t) è quindi grandezza caratteriz-
zante il tronco di tubo di flusso.
Essendo il tronco di tubo di flusso caratterizzato dalle grandezze integrali <1)51(t)
e r AB(t), risulta utile, in molte applicazioni, qualificarlo sinteticamente per mezzo
del parametro:
(A.9.2.1)

se il materiale in cui si sviluppa il tubo di flusso è lineare e tempo invariante ma


non necessariamente omogeneo, il rapporto R risulta indipendente dall'intensità
dei campi v1 (P,t) e v2 (P,t) e tempo invariante.

• A.9.3 RIFRAZIONE
Nella regione \R possono essere contenuti 1nateriali con diverso comportamento
rispetto ai campi considerati e quindi diversi parametri caratteristici definiti in
§ A.9.1. La superficie di separazione :E tra due materiali diversi A e B costituisce al-
lora una superficie di discontinuità sulla quale le linee vettoriali incidono subendo
una brusca deflessione, ossia vengono rifratte.

A.9.9.1 Rifrazione di un campo solenoidale ed uno irrotazionale


Se il campo v 1 (P,t) è solenoidale su :E, allora deve avere componenti ortogonali
a :E uguali sulle due facce A e B di :E (Fig. A.9.3.la):
278 Appendice A

(A.9.3.1)
Se v2 (P,t) è un campo irrotazionale su L, allora deve avere componenti tangenti
a L uguali sulle due facce A e B di L (Fig. A.9.3.lb}:
(A.9.3.2)
Sulle due facce A e B la relazione costitutiva (A.9.1.1) tra v1 (P,t) e v2 (P,t) si scrive
co1ne:
(A.9.3.3)
a) b)

L (,c11Qne) 'E (sezione)

~an

B B
A A

Figura A.9.3.1

essendo K 12A e K 128 i parametri dei


materiali A e B. Indicando con a e
r (sezione) p gli angoli con cui i campi v1 (P,t) e
v2 (P,t) incidono su L nei materiali A e
B rispettivamente (vale a dire l'ango-
lo che in ciascun 1nateriale formano
con il versore norn1ale alla superfi-
cie L, Fig. A.9.3.2}, ed esprimendo la
(A.9.3.1) come v 1 Acosa=v18 cosp e la
(A.9.3.2) come v2 Asen a= v28sen p, si
B ricava la legge di rifrazione:
A

(A.9.3.4)

Figura A.9.3.2
Se, ad esempio, ~ 28 > K 1 2 Ale linee vet-
toriali dei due campi incidono più ortogonali in A e più radenti in B (Fig.A.9.3.3).
Se in particolare K 1 28 >>~ 2 Ae se le linee vettoriali nel materiale B incidono con
angoli qualsiasi ma non nulli (O< p < n/2}, allora le linee vettoriali nel materiale A
tendono ad incidere ortogonalmente sulla superficie L.
R ICHIAMI DI ANALISI VITTORIA LE 279

a) E (sezione) b) E (sezione)
VlA

VIA

VI B

Figura A.9.3.3
I
Appendice I

SISTEMA DI MISURA INTERNAZIONALE-SI

'
• B.1 UNITA FONDAMENTALI
Il Sistema di Misura Internazionale SI considera sette unità fondamentali dalle
quali sono dedotte tutte le altre unità derivate. Le sette unità di misura fondamen-
tali sono:
1. metro: (simbolo m) è l'w1ità di misura della lunghezza ed è pari al cammino
percorso dalla luce in vuoto in 1/ 299. 792.458 di secondo.
2. massa: il chilogrammo-massa (simbolo kg) è l'unità di 1nisura della massa ed è
pari alla massa del campione di platino-iridio depositato presso il Laboratorio
di Sèvres;
3. te1npo: il secondo (sin1bolo s) è l'unità di misura del tempo ed è pari a
9.192.631.770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione fra i due
livelli iperfini del Cesio 133;
4. intensità di corrente elettrica: l'ampere (silnbolo A) è l'unità di misura dell'in-
tensità della corrente elettrica ed è definito pari all'intensità di corrente elettrica
che, mantenuta costante in due fili di sezione trascurabile, rettilinei, paralleli,
infu1itamente lunghi e posti nel vuoto alla distanza di un metro, produce su
ogni metro di lunghezza dei fili stessi la forza di attrazione o repulsione pari a
2 · 10-1 kaxm/s
o
2•
'
5. kelvin: (silnbolo K) è l'unità di 1nisura della temperatura termodinamica ed è la
frazione 1/ 273,16 della temperatura termodinamica del punto triplo dell'acqua.
6. candela: (simbolo cd) è l'unità di misura dell'intensità luminosa; è pari all'in-
tensità luminosa, in una data direzione, di una sorgente che emette radiazione
monocromatica di frequenza 540·101 2 hertz e che ha un'intensità radiante in
quella direzione di 1/683 watt per steradiante.
7. quantità di materia: la mole (siinbolo mol) è l'unità di misura della quantità di
materia ed è pari alla quantità di materia che contiene tante entità elementari
(atomi, 111olecole, ioni) quanti sono gli atomi contenuti in 0,012 kg dell'isotopo
carbonio 12.
282 Appendice B

8.1.1 Unità derivate


Le leggi fisiche pennettono di dedurre da queste sette unità fondamentali tutte
le altre unità che sono dette derivate, appunto. Ad esempio per quanto riguarda le
quantità di interesse della dinamica sono dedotte le seguenti unità derivate.
- velocità: la velocità con cui si muove un corpo ha modulo pari alla derivata
temporale dello spostamento: tale legge fisica impone che, dal punto di vista di-
mensionale, la velocità sia pari ad un rapporto tra lunghezza e tempo e pertanto
essa ha dimensione di 1netro al secondo [m/s].
- accelerazione: l'accelerazione del moto, avendo modulo pari alla derivata tem-
porale della velocità, ha dimensione fisica di metro al secondo quadrato (m/s2 ].
- forza: la forza necessaria ad accelerare un corpo, per la legge fondamentale
della dinamica, è pari al prodotto di massa per accelerazione e pertanto essa
ha dimensione di chilograinmo-massa per metro al secondo quadrato [kg·m/s2] ,
unità che viene detta newton [N].
- lavoro: il lavoro, essendo pari all'integrale lineare della forza, ha dimensione di
newton per metro [Nm], unità che viene detta joule U] '·
- energia: l'energia, essendo omogenea al lavoro, si misura pure in joule m.
- potenza: la potenza, essendo data dal prodotto scalare tra forza e velocità (ovve-
ro dalla derivata temporale del lavoro, o dell'energia), ha din1ensione di newton
per metro al secondo, ovvero di joule al secondo: [N · 1n/s] = Uls], unità che viene
detta watt [W].
pressione: la pressione, essendo pari al limite del rapporto tra forza e superficie,
ha diinensione di n ewton su metro quadro [N/m 2 ] , unità che viene detta pascal
(Pa].

8.1.2 Multipli e sottomultipli


Quando si devono 1nisurare quantità piccole o grandi rispetto all'unità di mi-
sura, è opportuno usare, al posto di queste, i loro sottomultipli e multipli, rispetti-
vamente, al fine di evitare valori numerici molto discosti da uno. Sono prevalen-
temente usati i sottomultipli e multipli che sono scalati di 10:1 e che si ottengono
applicando alle unità i prefissi (e simboli) illustrati in Tabella B.1 :

1Nella misura del lavoro elettrico trova impiego frequente il chilowattora [kWh]: esso non è
proprio del SI ed è pari a: 1 kWh = 3600000 J (= 3,6 MJ), essendo definito dal lavoro prodotto
dalla potenza di 1000 1,vatt (= 1 kW) applicata costantemente per il tempo di 1 ora (= 3600 s).
5ISTEMA DI MISURA INTERNAZIONALE - SI 283

r simbolo fattore moltiplicativo


Sottomultipli
milli- [m-] 1er1
. 1()4>
nucro- [µ-]
nano- [n-] 1()-9
.
pico- [p-] 10-12

femto- [f-] 10-1s

atto- [a-] 10-10

1\tfultipli
chilo- [k-] 103

mega- [M-] 106


.
giga- [G-] 109
tera- [T-] 1012

peta- [P-] 101s

exa- [E-] 1010

Tabella 8 .1
Appendice
ALFABETO GRECO

minuscola maiuscola
alfa a A
beta p B
gamma y r
delta 8 /:J,.
epsilon s E
zeta ç z
eta 11 H
theta ~.e 0
iota t I
kappa K K
lambda À, A
.
fil o mu µ M
.
ni V N
csi I;
~

.=.
omicron
.
o o
pi 7t TI
ro p p
.
sigina cr, ç }:
tau ,; T
ipsilon o upsilon \) Y,Y
fi q>, $ <I>
chi X X
.
psi \Jf 'P
omega (O Q
Indice analitico

A e
Accoppiamento perfetto 135 Calcolo simbolico 170
Accu1nulatore 35 Campo:
Albero 50 conservativo 11
Ammettenza 187 conservativo del flusso 105
interna 201 dielettrico 81
Ampere 110; 112 irrotazionale 8
Amperometro 6 solenoidale 5
a valore efficace 178 elettrostatico 8
Amperspire 111 di corrente 3; 5; 24
Ampiezza 161; 245 di corrente solenoidale 5
Analisi delle reti elettriche 164 diinduzione1nagnetica 105; 156
elettrico 7; 9 109
Anello 49; 68; 199
elettrico coulombiano 7; 8
Anodo 43
elettrico indotto 108; 109
Antirisonanza 205; 207
elettrostatico 8
Armature 86
1nagnetico 109; 110; 120
Autoammettenza di nodo 200 scalare 5; 8
Autoconduttanza di nodo 71 spostamento elettrico 81
Autoimpedenza di anello 199 vettoriale 3; 259; 263; 265; 267;
Autoinduttanza 118 273
Autoreattanza 213 Capacità 86
Autoresistenza di anello 69 Caratteristica:
Avvolgiinento: di magnetizzazione 211
solenoidale 120; 122 di traferro 152
toroidale 120 esterna 41
Carica:
B elementare 1
libera 2
Bipolo 14; 72; 126; 174 puntiforme 3
condensatore 90; 93 Carico 33; 77; 159; 227; 228; 229;
induttore 126; 128 230; 235;249;251
parallelo 60 equilibrato 224
serie 58 Catodo 43
288 Indice analitico

Centro stella 63; 193; 219 delle potenze elettriche 45; 56


Ciclo 162 Convenzione:
di isteresi 114; 138 degli utilizzatori 46
Cifra di perdita 211 dei generatori 46
Circuitazione 110; 263 Conversione elettro1neccanica
Circuito magnetico 148; 149 155; 157; 158
con 1nagneti permanenti 151 Coordinate:
Circuito: cartesiane 166
aperto 42 cilindriche 123
induttore 118 sferiche 265
1nagnetico 148; 149; 150; 151
Corrente:
Coalbero 51
ciclica 199
Coefficiente:
di anello 68; 199
di accoppiamento 135
di conduzione 2; 81
di autoinduzione 119
di mutua induzione 125 di convezione 2
di temperatura 21 di cortocircuito 73
Collegamento: di Foucault 208
a stella con neutro 223; 227 di spostamento 101
a stella senza neutro 223 elettrica 2; 3; 281
a triangolo 224; 230 in1pressa 39
Condensatore: impressa di nodo 71
cilindrico 88 nei conduttori filiformi 4
ideale 183 simbolica impressa nel nodo 200
piano 86; 87; 88 totale 102; 111
sferico 89 Cortocircuito 42
Condensatori: Costante:
in parallelo 97 di integrazione 251
in serie 96 di te1npo 94; 131
Condizione: dielettrica 81
elettrostatica 9 magnetica 113
stazionaria 9 Coulomb 7
variabile quasi-elettrostatica 90 Curva:
variab. quasi-n1agnetostatica 127 dei vertici dei cicli di isteresi
Conducibilità 21
simmetrici 115
Conduttanza:
di prima magnetizzazione 114
elettrica 20
interna 63
Conduttore: D
cilindrico 26; 122
filiforme 25; 157
sferico 26 D.d.p. 11
Connessione: Densità:
lineare semplice 260 di carica 1
superficiale semplice 260 di carica libera 2
Conservazione: di corrente di spostamento 102
delle potenze complesse 198 di corrente elettrica 3
) NDICE ANALITICO 289

di corrente totale 102


• F
di energia elettrostatica 99
di energia magnetica 136; 137 F.e.m.
di forza ponderomotrice 157 del generatore 35
di potenza dissipata per correnti di anello 69
parassite 209 indotta 107
di potenza elettrica 158 n1ozionale 107
di potenza meccanica 158 simbolica di anello 199
di potenza dissipata per istere- trasformatorica 107
si 139 F.m.m. 149
superficiale di carica 1 Farad 86
Derivata direzionale 262 Fase 221
Diagrarmna fasoriale 172 anticipo 163
Differenza di potenziale 11 iniziale 161
Diodo: istantanea 161
a semiconduttore 43 interna 226
ideale 44 Fasore 164; 170
raddrizzatore 41 Fattore:
Divergenza 265; 266; 270 di forma 163
Doppio bipolo 17 di merito 203
induttore 126; 128 di potenza 176
Flusso 263
autoconcatenato 137
• E concatenato 106; 124
di autoinduzione 119
Effetto: di induzione 105
Joule 20 Formula:
pelle 213 di Steinmetz 139; 164
Elettrolita 22 Forza:
Energia: coercitiva 114
elettrostatica 97 controelettromotrice 160
induttiva 183 di Lorentz 156
n1agnetica 134; 135; 136 elettrica specifica generatrice 31
n1agnetica nel traferro 147 elettrica specifica mozionale 155
n1agnetostatica 134 elettrica specifica 9
Equazione: elettromotrice 32; 155
di Laplace 275 elettromotrice mozionale 155
di Maxwell 109; 112 magnetomotrice 149
di Poisson 274 pondero1notrice elettrodinami-
dei potenziali ai nodi 70 ca 156
delle correnti di anello 68 Frequenza 162; 202; 203
differenziale 240 Funzione:
topologica 54 periodica 161
Espansioni polari 145 sinusoidale 161
290 Indice analitico

G msieme di taglio 49
mtegrale:
Generatore 39 dell'o1nogenea 253
di f.e.m. 93 di linea 263
elettrico 77 di volu1ne 264; 270
elettrochimico 35 mtensità di corrente elettrica 2; 281
elettromeccanico 36 mterruttore:
fotovoltaico 36 che apre 43
ideale di corrente 60 che chiude 43
ideale di corrente sinusoidale 180 Isofrequenziale 163
ideale di tensione 39; 58 Isolante 13
ideale di tensione sinusoidale 180 Istante critico 239
Isteresi 114; 138
ideale simbolico di corrente 196
ideale siI11bolico di tensione 169 J
lineare di corrente 61; 76
lineare di tensione 58; 73
Joule 19
lineare sin1bolico 197
piezoelettrico 36
ter1noelettrico 36 a L
trifase 223
Gradiente 264; 270 Lacuna 22
Grafo 49 Lamierini 208
Laplaciano 267
aH Lato 49
Lavoro elettrico 47
Henry 103 Legge:
di Ampère 110

•• di Ampère-Maxwell 112
di Biot-Savart 104; 110
di circuitazione 110
hnpedenza 186 di continuità 5
interna 201 di Coulomb 7
mduttanza 119 di Faraday-He11ry 107
mduttore 118 di Faraday-Neumann 106; 107
ideale 182 di Gauss 82
solenoidale 120 di Hopkinson 143; 149
toroidale 119 di Kirchhoff ai fasori 189
mduttori: di Kirchhoff delle correnti 52
in parallelo 132 di Kirchhoff delle tensioni 53
in serie 133 di Lenz 108
mutuamente accoppiati 212 di Ohm 19
mduzione: di Oh1n alle grandezze spec. 24
al ginocchio 115 di Ohm per i circuiti magneti-
elettromagnetica 107 ci 149
residua 114 dell'interazione elettromagneti-
mgresso 240 ca 157
) NDICE ANALITICO 291

Linea: Neutro 219


bifilare 90; 123; 140 Nodo 14; 49
vettoriale 261 di massa 70
LKC 52; 54; 189 Nucleo:
LKT 53; 54; 189 lamellato 210
ferromagnetico 144
M
o
M-bipolo 17; 46
Macchina elettrica lineare 159 Ohm 19; 149
Macchina elettrica rotante 117; 149 Operatore complesso 171
Maglia 14; 49 Opposizione di fase 164
Magnete permanente 152
Niateriale: p
amagnetico 113; 145
conduttore 122; 57
diamagnetico 113 Parallelo:
dielettrico 81 di bipoli generici 60
ferromagnetico 113; 144 di bipoli passivi 191; 194
ferromagnetico dolce 115 di condensatori 96
ferromagnetico duro 115 di induttori 132
ferromagnetico 114 di resistori 61
isolante 24 Partitore:
parainagnetico 113 di corrente resistivo 62
semiconduttore 22 di tensione resistivo 59
Nietodo: Perdite:
dei potenziali ai nodi 200 dielettriche 101
delle correnti di anello 68 per correnti parassite 208
della sovrapp. degli effetti 65; per isteresi 138
199 Periodo 162
Morsetto 6 Permeabilità magnetica 103; 113
Mutua: Permittività dielettrica 81
ammettenza tra i nodi 200 Pila:
conduttanza tra nodi 71 di Volta 35
iinpedenza tra anelli 199 a secco 35
induttanza 125 Polarizzazione 83
reattanza 213 Poligono o stella di bipoli 192
resistenza tra anelli 69 Porta elettrica 16
Mutuo induttore 124 Potenza:
apparente 176; 179; 234
apparente trifase 234
N attiva 176; 234
attiva trifase 234
N-polo 16 complessa 177
Nabla 269 complessa trifase 234
292 Indice analitico

dissipata per correnti paras- Rappresentazione simbolica 165


site 209 Reattanza:
elettrica 39; 45 capacitiva 184
elettrica erogata 35 induttiva 183
elettrica generata 34 Regime stazionario 33; 57; 129
fluttuante 175 Regola della vite destrogira 104;
istantanea 175 107;264
istantanea trifase 233 Relazione costitutiva:
reale 176 del campo di corrente 24
reale trifase 234 del campo dielettrico 81
reattiva 176; 234 del campo n1agnetico 109
reattiva trifase 234 del materiale 275
specifica dissipata 24 Rendimento:
Potenziale: del generatore 78
elettrico scalare 9 di carica 98
scalare 272 Resistenza:
vettore 273 elettrica 19
interna 34; 63
ai nodi 70
interna del generatore 79
Pressione magnetica al traferro 147
Resistività 21
Prima legge di Kirchhoff per i cir-
Resistore 27
cuiti magnetici 149
ideale o lineare 39
Principio:
ideale passivo 181
di Kirchhoff 189
Rete:
di Kirchhoff in forma siinbolica
elettrica 13; 49
189
lineare 65
Propagazione 112
magnetica 148
Proprietà di sostituzione 72; 200
ridotta monofase 231
Pulsazione 170
simbolica 196
di risonanza 206 sinunetrica ed equilibrata 22 7
trifase a quattro fili; o con neu-
tro 219
trifase a tre fili; o senza neutro
228
Quadratura 164 Rifasan1ento del carico 235
Quadrupolo 16 Riferimento di tensione e corren-
Quantità di carica 1 te 45
Rifrazione 277
del campo n1agnetico 146
R Rigidità dielettrica 83; 84
Riluttanza 142; 143; 147
Radiazione 112 Risonanza:
Rapporto: parallelo 205
tra fasori 171 serie 202
) NDICE ANALITICO 293

Risposta 240 • r
Rotore 265
Taglio 49
s Tensione:
a vuoto 33; 75
di linea 222
Seconda: elettrica 7; 1 O
equazione di Maxwell 109 n1agnetica 142
legge dell'azione elementare di stellata 221; 222
Laplace 157 Teorema:
legge di Kirchhoff per i circuiti del gradiente 270
magnetici 150 del generatore equivalente 73
Secondo principio di Kirchhoff in del rotore (di Stokes) 270
forma silnbolica 189 della divergenza (di Gauss) 270
Selettività 204; 207 di deco1nposizione (di Clebsh-
Sen1iconduttore 24 Helmholtz) 273
Serie: di Norton 75
di bipoli generici 57 di Norton sin1bolico 201
di bipoli passivi 190 di Thévenin 73
di condensatori 96 di Thévenin simbolico 200
di induttori 132 Terminale 14
di resistori 59 Termocoppia 36
Sfasainento 163 Terna:
tra tensione e corrente 174 delle correnti delle fasi interne
Sie1nens 20 225
Silnmetria 26 delle correnti di linea 225
Sintesi: delle tensioni concatenate 221
parallelo di un'impedenza 195 delle tensioni di fase 221
serie di un'impedenza 194 silnn1etrica di f.e.1n. 218
Sistema: Tesla 104
di maglie fondél.lllentali 68 Topologia 49
trifase 217 Traferro 145
Solenoide 120 Transistor 43
Spessore di penetrazione 214 Transitorio di carica 94; 131
Spostél.lllento elettrico 81 Trasformata silnbolica 165
Stella a tre vertici 63; 192 Trasformatore 17
Superconduttore 21 Trasfor1nazione di Steinmetz 165
Superficie: Trasfor1nazione:
di livello 261 stella-triangolo 64
equipotenziale 272 triangolo-stella 63
polare 147 Triangolo 63; 224
Suscettanza: Triplo bipolo 17
capacitiva 188 Tripolo 16
induttiva 188 Tubo di flusso 141; 276
294 Indice analitico

di B 142
diD 99
diJ 25

u
Uscita 240
della rete 249
Utilizzatore 77

Valore:
efficace 162; 178
iniziale 92; 127
medio 162; 178
Varistore 28
Volt 8
Voltmetro 12
a valore efficace 178

w
Watt 20; 45
Wattlnetro 48
a valore medio 178
Weber 105

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