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n.

24
Rerum Collana diretta da
Maritimarum Maria Lucia De Nicolò

Navigli adriatici fra le due sponde


nel Settecento
Zrinka Podhraški Čizmek
Zrinka Podhraški Čizmek

Navigli adriatici fra le due sponde


nel Settecento
A tutti quei lupi di mare
che navigando per secoli
hanno reso l’Adriatico
un mare di incontri
storia e poesia

Svim onim morskim vukovima


koji su ploveći stoljećima

61121 Pesaro, Via Pola, 9 učinili Jadran


Tel./Fax 0721 35588 morem susreta
e-mail: museomarineria@comune.pesaro.pu.it povijesti i pjesništva
Direzione della collana Rerum Maritimarum
Maria Lucia De Nicolò

Zrinka Podhraški Čizmek


Navigli adriatici fra le due sponde nel Settecento
Recensioni: Naida-Mihal Brandl, Stjepan Ćosić
Abstract in croato: Andja Jakovljević
Abstract testo in inglese: Ana Peričić
Dicembre 2021
In copertina: Tartanone pesarese, disegno di Luigi Divari
Progetto editoriale: Giuseppina Dolci
Stampa: Tipolito La Pieve Poligrafica - Villa Verucchio (Rn)
ISBN: 9788899249427
Indice

Presentazione 7
Introduzione 9
Un po’ di storia 11
Le fonti 15
Tabella 1a – Tutti i tipi di navigli adriatici settecenteschi menzionati nei RMC I-III 16
Tabella 1b – Tutti i tipi di navigli adriatici settecenteschi menzionati nei RMC I-III 17
Tabella 1c – Tutti i tipi di navigli adriatici settecenteschi menzionati nei RMC I-III 18
Tabella 1d – Tutti i tipi di navigli adriatici settecenteschi menzionati nei RMC I-III 19
Tabella 2 – I navigli suddivisi in ordine di presenza 20

L’analisi 21
I navigli più menzionati 21
1. Trabaccolo 21
2. Nave/nava e vascello 26
3. Tartana, tartanella, tartanone e tartanoncino 29
4. Pielego e pieleghetto 35
5. Polacca e polachetta 38
6. Marciliana 39
7. Feluca e feluchetta 42
8. Barca e barchetta 44
9. Barca cannoniera 45
10. Fregatone e fregatoncino 46
Altri navigli ben rappresentati 48
1. Checcia 48
2. Brazzera e brazzerotta 49
Trabaccolo ormeggiato nel porto di Manfredonia per il carico di legname (inizi Novecento).
3. Brigantino 52
4. Pinco e pinchetto 54
Si tratta del trabaccolo Michelina di Giorgio, di Raffaele e Ciro Di Giorgio di Manfredonia, costruita 5. Peota e peota latina 55
a Cattolica dal maestro d’ascia Giuseppe Della Santina nel 1936 (coll. Eliseo Borgomastro). 6. Grippo e grippetto 57
I navigli meno menzionati 60
1. Galea 60
2. Caichio 62
3. Sciabecco e sciabecchino 63
4. Gazzella – gatzao 66
5. Latina 69
6. Fregata e fregatina 71
7. Martigana 73
8. Petaccio 74
I navigli ancor più rari 77
1. Saica e saicotta 77
2. Galeone 78
3. Londra e londrina 80
4. Gaeta 80
5. Peotina 84
6. Pandora 85
7. Snow 86

5
8. Galeotta 88 Presentazione
9. Pacchetto 89
10. Mozza 90

I navigli meno frequenti 91 Il Museo della marineria di Pesaro fin dal suo nascere ha promosso, accanto alla
1. Corvetta 91 pubblicazione di studi di carattere storico e antropologico, anche importanti ricerche
2. Manzera 93 tese a promuovere la conoscenza sia delle tecniche di navigazione e pesca, sia delle
3. Corriera 94 imbarcazioni in uso nei secoli addietro. Su quest’ultimo argomento particolarmente
4. Scialuppa 94
importante è stato l’apporto della fonte archivistica, che ha permesso di far luce
Navigli rarissimi 99 sull’origine e successiva sperimentazione/evoluzione dei principali tipi navali legati allo
sviluppo delle marinerie e della pesca d’alto mare nei secoli dell’età moderna, dando
1. Fusta 99 modo di scoprire in alcune località del medio Adriatico quali Rimini e Pesaro, l’avvio
2. Goletta 100
3. Bricco 101 alla diffusione di tartana, tartanone e trabaccolo1. Lo studio di Zrinka Podhraški Čizmek
4. Salamandrone 103 si incastra in questo filone di ricerche che nel corso degli anni ha richiamato a Pesaro
5. Bombarda 103 la collaborazione e gli scambi con vari studiosi italiani e stranieri, invitati a collaborare
6. Bragozzo 104 a varie iniziative (convegni, mostre, presentazione libri), mettendo a disposizione i
7. Paranza 106
8. Cimbero 107 risultati delle proprie ricerche. Di indubbia rilevanza si è rivelata, anche per la comunità
9. Gondola e gondoletto 108 scientifica, la International Summer School “Mediterraneo” dell’Università di Bologna
10. Lancia 109 che, dal 2007 al 2011, ha consentito di offrire importanti contributi di conoscenza anche
11. Leuto 110 per quanto concerne le tecniche di navigazione e di pesca in uso nei secoli dell’età
12. Palandra o polandra 112 moderna rispetto a quanto, fino a quel momento, risultava ricavabile solo dalle fonti
13. Scafo 113
14. Sultana 114 orali. Proprio nell’attenzione sempre mantenuta verso queste tematiche e soprattutto nei
confronti della ricerca archivistica, rientra, nel 2016, l’invito rivolto a Zrinka Podhraški
Navigli nominati solo una volta nei RMC I-III 115 Čizmek, conosciuta dalla scrivente in occasione del XX Forum Mediterranean
1. Burchiello 115 Maritime Heritage organizzato dall’Associazione Musei Marittimi del Mediterraneo
2. Cotter 116 (AMMM) tenutosi a Fiume/Rijeka nel 2014, di presentare a Pesaro un’anteprima sul
3. Galeoncino 117 suo ambizioso, quanto auspicabile progetto di dare continuità editoriale alla imponente
4. Guata 118 documentazione archivistica raccolta da Nikola Čolak, suo avo materno, rimasta
5. Lonza 118 interrotta, dopo la scomparsa dell’autorevole ricercatore, con la stampa del secondo
6. Piffero o piparo 119
7. Saccoleva 121 volume nel 19932. La conferenza della studiosa, programmata nel giugno 2016, aveva
8. Urca 122 come titolo Tipi navali nei Regesti marittimi croati del XVIII secolo, ad anticipare
9. Zembero 123 l’uscita, di lì a poco, del terzo volume a sua cura (Regesti marittimi croati, III, Spalato
10. Zoppolo 124 2017). Da qui parte la collaborazione di Zrinka Podhraški Čizmek con il Museo della
marineria di Pesaro, concretizzatosi poi con la messa a punto della monografia per la
Termini comuni e non specifici per i velieri 125
collana “Rerum maritimarum” sviluppata in queste pagine. L’analisi condotta da Zrinka
1. Bastimento 125 Podhraški Čizmek non si limita alla trascrizione dei regesti Čolak, ma è rafforzata dal
2. Legno 125 confronto, quanto mai efficace, con tutta la letteratura scientifica a tutt’oggi disponibile
3. Naviglio 125
4. Battello 125 e da un corredo iconografico per il riconoscimento delle varie imbarcazioni, che
5. Barcolame 125 aggiunge ulteriore valore alla ricerca permettendo il riconoscimento dei tipi navali della
tradizione. Sull’onda delle innumerevoli, nuove informazioni offerte in questa sede, ben
La portata dei navigli: un’analisi statistica 126 convinti di quanto ci sia ancora da sapere e scoprire, si auspica quanto prima non solo
Tabella 3a: Suddivisione sinottica dei navigli per capacità 126 l’uscita del IV volume dei Regesti marittimi croati, già in preparazione, ma di poter
Tabella 3b: Suddivisione sinottica dei navigli per capacità 127 usufruire della visione completa dello spoglio archivistico selezionato da Čolak, fra cui,
Tabella 4: Sinossi sintetica delle portate dei navigli 128

Riflessioni conclusive 129 1


M.L. De Nicolò, a cura, Tartane, 9/2013; R. Poli, La perfezione del trabaccolo (1894), a cura di L.
Abstracts 131 Divari, 6/2010.
Bibliografia 135
2
N. Čolak, Regesti marittimi croati. Hrvatski pomorski regesti, I, Padova 1985; II, Padova 1993.

6 7
come ben spiega Zrinka Podhraški Čizmek in conclusione di questo quaderno, “tutti Introduzione
i documenti registrati nell’archivio triestino” che costituiscono un “enorme segmento
del Codice Diplomatico Marittimo Croato” soprattuto tenendo conto, appunto per il
Settecento, dell’“apertura asburgica al Mare Adriatico”. Ne scaturirà un quadro quanto La rassegna che viene offerta al lettore nasce da uno studio comparato decennale dei
mai esauriente e variegato della vita marittima, economica e sociale dell’Adriatico nel navigli e velieri in cui mi sono imbattuta durante la compilazione del terzo volume
Settecento, in un gioco “di genti, popoli, saperi grazie ad un’incredibile varietà di navigli dei Regesti marittimi croati/Hrvatski pomorski regesti (RMC) di Nikola Čolak. Come
e velieri” tra cui il trabaccolo, da considerarsi, fino al tramonto della navigazione a vela, curatrice di quest’enorme opera di mio nonno materno, che contiene 3.297 documenti in
un vero e proprio simbolo della navigazione tra le due sponde. forma di regesto, ovvero sintetica, mi sono trovata di fronte a termini che non avevo mai
sentito prima. Incuriosita ho iniziato subito tutta una serie di ricerche, aiutata durante
gli studi di dottorato dai miei professori universitari, di cui primo fra tutti il prof. Joško
Maria Lucia De Nicolò Božanić che mi ha introdotta al mondo della marineria tradizionale e poi da un grande
Università di Bologna amante del mare e delle imbarcazioni adriatiche, il def. prof. Draško Šerman che ha
Direttore del Museo della Marineria di Pesaro rappresentato non solo un mentore, ma è stato un carissimo amico con cui ho potuto per
anni condividere l’entusiasmo per il mare Adriatico e tutto ciò che esso tradizionalmente
rappresenta per modi di vita, architettura, biodiversità e quant’altro.
Grazie a lui ho partecipato nel 2014 al Festival del mare Fiumare a Rijeka dove ho
conosciuto altri grandi amanti e conoscitori del mare, fra cui appunto la carissima
prof.ssa Maria Lucia De Nicolò al XX Forum dell’Associazione dei Musei Marittimi
Mediterranei tenutasi quell’anno a Rijeka.
È stato uno di quegli incontri che cambiano la vita modificandone la direzione: da lì è
iniziato un vivace epistolario che ha dato vita ad un sodalizio ed amicizia che durano
tutt’oggi e che mi hanno arricchita personalmente e professionalmente.
L’idea di analizzare i tipi dei bastimenti trovati nei regesti è iniziata molto presto, sin
dal 2012, ed infatti già nel 2014 avevo esposto una mia breve analisi dal primo volume
dei Regesti marittimi (in base a circa 5.000 documenti) appunto a Rijeka incentivata dal
carissimo Draško Šerman con cui ho partecipato al Festival del mare.
Ho continuato le mie ricerche arricchite negli anni anche dalla mole bibliografica della
stessa Maria Lucia De Nicolò che mi ha fatto dono di moltissime pubblicazioni della
Collana Rerum Maritimarum e del Museo della Marineria Washington Patrignani di
Pesaro partecipando anche agli “Incontri a Villa Molaroni” in due occasioni, nel 2016 e
Klodic Paolo, Trabaccolo in navigazione, 1930-1940 circa. nel 2017 esponendo le mie ricerche sui navigli che si erano allargate al II volume e poi
al III dei RMC fra l’altro presentato, prima che in Patria, appunto a Pesaro.
A lungo non me la sono sentita di scrivere sulla materia, non ritenendomi completamente
sicura e volendo approfondire fino in fondo dal punto di vista scientifico ogni piccolo
dettaglio a me non abbastanza chiaro.
Un primo saggio in base ai RMC I l’ho scritto, assieme alla collega Naida-Mihal
Brandl, verso la fine del 2019 e gli inizi del 2020 in inglese con il titolo “Names and
characteristics of 18th century Croatian ships in the Adriatic Sea from the Croatian
Maritime Regesta v. I” solo dopo essermi resa conto di molti miei errori antecedenti
(come ad esempio ritenere che il termine “nave” fosse un termine comune per naviglio)
per scoprire solo durante gli anni quanto ci fosse molto e sempre di nuovo da imparare.
Questa rassegna nasce ora come una sinossi esaustiva e ad ampio raggio dei navigli
che viaggiavano fra le due sponde dell’Adriatico nel Settecento: prende appunto in
considerazione i velieri e bastimenti trovati nei tre volumi finora pubblicati dei RMC e
che tracciano in tutto 18.536 menzioni di vari navigli.
L’idea alla base di questo lavoro è offrire sia agli specialisti del settore, ma anche agli
interessati amatoriali, una rassegna che sia il più possibile completa non solo dal punto
di vista storiografico, ma anche da quello iconografico, dato che spesso le immagini

8 9
aiutano là dove le parole si fermano. Un po’ di storia
Un altro fine che mi sono prefissata è quello di offrire il maggior numero di varianti per un
unico termine (date le molteplici versioni non solo in Adriatico ma anche mediterranee)
come pure dimostrare quanto alcune forme fossero simili o anche contaminate da altri
modelli, appunto perché spesso i bastimenti venivano fatti costruire ad usum personae L’Adriatico come tutti i mari mediterranei ha una storia di convivenza con l’uomo
nei vari piccoli cantieri navali sparsi su ambo le sponde. plurimillenaria. Sebbene i primi resti di storia marittima ci provengano solo dal periodo
L’operare poi su numeri così grandi ha permesso di elaborare molteplici statistiche e a cavallo tra il IV e III millennio a.C., datati all’incirca al 3000 a.C. su frammenti
di creare una raccolta dati ovvero un data base in formato Excel che vividamente ed in in ceramica trovati sull’isola di Hvar nella Grotta di Grapče e che rappresentano un
maniera sinottica non solo può mostrare ed offrire una gran quantità di informazioni, naviglio egeo-cretese di considerevoli dimensioni, sappiamo che l’uomo ha inabitato
ma anche generare mediante l’impostazione di filtri differenti, ulteriori analisi, quali la questi luoghi molti millenni anteriormente.3 Il Mare Adriatico sin dall’Antichità è stato
maggioranza di navigli presenti per tipo oppure per stazza. luogo di interesse per vari popoli sia locali che stranieri provenienti da altri lidi, assai
Spero vivamente di essere riuscita almeno in parte nei miei intenti. più lontani. Molte saranno le colonie greche non solo nel sud Adriatico ma anche in
quello centrale. Che questi spostamenti e conquiste non siano avvenuti senza lotte e
guerre abbiamo testimonianza in una delle steli trovate a Novilara che narra di scontri
navali nel lontano VII sec. a.C.4

Frammento di ceramica dalla Grotta di Grapče su Hvar con la più antica raffigurazione di un veliero sulla
costa adriatica orientale, IV millennio a.C.5

3
G. Novak, Prethistorijski Hvar. Grapčeva spilja [La Hvar preistorica. La grotta di Grapče],
JAZU, Zagreb 1955, pp. 40, 208; N. Petrić, Zanimljivi crteži na pretpovijesnoj keramici hvarske
kulture: prikazi kometa iz približno 3000. g. pr.Kr. [Interessanti disegni su ceramica preisto-
rica della cultura di Hvar: immagini di comete intorno al 3000 a.C.] in “Vjesnik Arheološkog
muzeja u Zagrebu”, 35/1, Zagreb 2002, pp. 11-18; M. Kozličić, Hrvatsko brodovlje // Croatian
Shipping // Le navi croate, trojezična monografija [monografia trilingue], Split-Zagreb 1993, pp.
17-20; cfr. le datazioni al VI millennio in S. Forenbaher, T. Kaiser, Grapčeva spilja i apsolutno
datiranje istočnojadranskog neolitika [La grotta di Grapče e la datazione assoluta del Neoliti-
co adriatico-orientale] in “Vjesnik za arheologiju i historiju dalmatinsku”, vol. 92, n. 1, 2000,
Ringrazio tutti quelli che mi hanno aiutata con consigli, suggerimenti e nella ricerca, prima fra tutti Maria pp. 9-34, https://hrcak.srce.hr/198732 accesso 20.07.2020. Vedi anche V. Božić, Speleologija
Lucia De Nicolò, poi certamente Mateo Bratanić per la sua disponibilità, Lovorka Čoralić e Gerassimos u Hrvatskoj [Speleologia in Croazia], Zagreb 2003, pp. 14, 27. Cfr. M. Bratanić, Pomorstvo
Pagratis nell’assistermi in alcune ricerche, nonché Tea Marinović per la generosità. Ringrazio in maniera Dalmacije u 19. stoljeću: otok Hvar u tranziciji [La marineria della Dalmazia nel XIX secolo:
particolare mio figlio Damian che mi ha aiutata con grande pazienza a controllare le tabelle e poi il testo in l’isola di Hvar in transizione], Zadar 2020, pp. 21-22.
relazione ai risultati ottenuti; sembra che la storia si ripeta: riflettendo la situazione di mia madre nell’aiutare
suo padre, mio nonno Nikola, a Zadar più di 60 anni fa! 4 Cfr. M.L. De Nicolò (a cura di), Velieri, Cattolica 2013, pp. 7-8. Vedi anche M. Kozličić,
Sono certa che la continuazione della pubblicazione della collana del Codice Diplomatico Marittimo Hrvatsko brodovlje, pp. 23-27.
Croato con il IV volume dei Regesti marittimi amplierà le ricerche assieme al lavoro di tutti gli specialisti 5 Naviglio dalla Grotta di Grapče, IV millennio a.C., in Hrvatska tehnička enciklopedija,
che stanno lavorando per aiutarci a capire meglio il mare, la sua storia e la sua gente. Leksikografski zavod Miroslav Krleža, Zagreb © 2020, online izdanje, [Enciclopedia tecnica
croata, Istituto Lessicografico “Miroslav Krleža”, Zagabria © 2020, edizione online], https://
Zagreb-Vrsar, gennaio 2020.
tehnika.lzmk.hr/wp-content/uploads/2018/11/HTE_1471.jpg 20.02.2021.

10 11
In un lasso di tempo così breve erano riusciti, con grande intraprendenza, a conoscere
il mare Adriatico, i suoi venti, correnti e caratteristiche peculiari e vi si erano adattati.8

Condura croata del IX-XI sec.9

Stele di Novilara, VII sec. a.C.6


Certamente un forte impulso era stato dato dal desiderio di comunicare, dalla necessità
di commercio e guadagno, ma soprattutto dal bisogno di sopravvivenza in un bacino
Dopo Greci, Romani, Illiri, Bizantini, Avari, Franchi, Arabi ed altri, secoli di lotte, così vasto come il Mare Adriatico. Su questa scia, ovvero riguardo “l’importanza della
guerre non solo locali, ma anche di più ampio respiro riguardanti la conquista di tutto il marineria per lo sviluppo economico ed il progresso culturale dell’umanità” – è il famoso
Mediterraneo, l’Adriatico vedrà la discesa, in più ondate, sulle sue sponde orientali fra detto che attribuiamo al filosofo greco Plutarco: Navigare necesse, vivere non necesse.10
i secoli VI-VII di varie popolazioni slave provenienti da territori europei nord-orientali.
Fra questi certamente anche i Croati che devono aver portato con sé conoscenze tecniche u ranosrednjovjekovnoj Hrvatskoj – materijalni i pisani izvori [Identità etniche nella Croazia
ed abilità di navigazione pluviale e costruzione navale. Questa sembra essere una delle altomedievale – fonti materiali e scritte], Tesi di dottorato, Filozofski fakultet, Zagreb 2016. Cfr.
spiegazioni plausibili nel trovarli, nemmeno tre decenni più tardi dal loro definitivo B. Kojić, Brodogradnja na istočnom Jadranu kroz vijekove [La cantieristica navale dell’Adriati-
stanziamento, ovvero nel 642, con navigli armati nel Siponto in Puglia, ad aiutare i co orientale attraverso i secoli] in G. Novak, V. Maštrović (a cura di), Pomorski zbornik, Institut
Bizantini contro i Longobardi.7 za historijske i ekonomske nauke Zadar, JAZU, Zagreb 1962, p. 77. Vedi M. Kozličić, Hrvatsko
brodovlje, sulle conoscenze cantieristiche p. 14, sulla discesa dei Croati in aiuto bizantino nel
642 pp. 45-46. Cfr. B. Poparić, O pomorskoj sili Hrvata za dobe narodnih vladara [Della forza
navale dei Croati nel periodo dei sovrani nazionali], Zagreb 1899, pp. 42-46.
6
A. Ameli, V. Ricci et al., La civiltà marinara, Cupra Marittima, Lettura di un territorio,
Cupra Marittima 1987, p. 4.
8
N. Čolak, Regesti Marittimi Croati. Fonti documentarie. Navigazione nell’Adriatico / Hr-
vatski pomorski regesti. Dokumentarna vrela. Plovidba na Jadranu vol. I, Centro di Studi Sto-
7
La migrazione dei Croati assieme alle altre popolazioni slave ed avare è avvenuta appunto fra
rici Croati, Venezia-Padova 1985, p. 639. (D’ora in avanti RMC I); per uno studio più completo
il VI e VII secolo. Vedi A. Glavičić, Iz prošlosti Senja po doseljenju Hrvata [Dal passato di Senj
della tematica: T. Raukar, Hrvatsko srednjovjekovlje. Prostor, ljudi, ideje [Il Medioevo croato.
dall’insediamento dei Croati] in “Senjski zbornik”, vol. 1, n. 1, 1965, pp. 254-263, https://hrcak.
Spazio, persone, idee], Zagreb 2007; Paolus Diaconus, Historia Langobardorum, Hannover
srce.hr/246242 23.11.2018. Varie sono le fonti che si occupano della migrazione dei Croati, tre le
1878; F. Šišić, Povijest Hrvata u vrijeme narodnih vladara [Storia dei Croati al tempo dei sovra-
principali in ordine cronologico: il De administrando imperio di Costantino Porfirogenito scrit-
ni nazionali], Zagreb 1925; G. Praga, Storia di Dalmazia, Varese 1981.
to nel X secolo; La Cronaca del Prete di Doclea (Ljetopis popa Dukljanina) scritta nel XII sec.
ad Antivari; la Historia Salonitana ovvero la Storia degli Arcivescovi di Salona e Spalato di
9
R. Mosković, Condura croata del IX-XI sec., foto, in I. Radić Rossi, N. Liphschitz, Analiza
Tommaso Arcidiacono nel XIII sec. Molteplici sono state le analisi e ricerche sui suddetti testi drvene građe srednjovjekovnih brodica iz Nina in “Archaeologia Adriatica”, IV/2010, p. 261.
riguardanti l’arrivo degli Avari, poi dei Croati (οί Χρωβάτοι) nel VII secolo e della loro succes- 10
N. Stražičić, Pomorska geografija svijeta [Geografia marittima del globo], Zagreb, 1987, p.
siva cristianizzazione. Un’ottima sintesi è possibile trovare in G. Bilogrivić, Etnički identiteti 2. Affermazione tra l’altro attribuita da Plutarco a Gneo Pompeo e proferita ai marinai romani,

12 13
Certamente l’iniziale difficile convivenza con le popolazioni locali sulla costa e sulle Le fonti
isole non deve essere stata facile, ma con il tempo e dopo la loro cristianizzazione nel
IX sec. i Croati hanno trovato un loro modus vivendi adattandosi ai vari tipi di territorio
conquistato, sia nelle regioni continentali che nelle zone marittime ed insulari. Vediamo Questo lavoro analizza i tipi e le caratteristiche dei navigli adriatici durante il Settecento
così che possiamo, da altri resti risalenti al periodo fra IX e XI secolo, riguardanti basandosi sull’analisi statistica dei dati trovati nei Regesti marittimi croati I-III vol.
navigli medievali trovati nella baia della città regia di Nin, ricostruire parte del vissuto (RMC I-III) compilati dallo storico Nikola Čolak (di cui il terzo volume curato
quotidiano sulla sponda orientale adriatica.11 dall’autrice del presente testo), che compre l’arcata temporale dal 1700 al 1799, ovvero
Sono secoli di intensa attività su ambo le sponde, come si può desumere dall’incredibile dell’ultimo secolo della Serenissima sulla costa orientale adriatica.
moltiplicarsi, dalla prima metà del XII secolo in poi, di accordi commerciali tra città Le fonti si riferiscono agli ingressi ed uscite delle navi dai porti adriatici, ai prezzi
non solo adriatiche, ma anche adriatico-tirrene, che dimostrano ulteriormente il naturale di spedizione e tasse, alle lettere dei consoli veneziani da varie città adriatiche con
orientamento reciproco degli abitanti delle coste croate e italiane per un conoscersi e descrizioni di incidenti o prove di fortuna ed avarie, rapine, incursioni di pirati, corsari,
collaborare in vari ambiti del vivere umano, da quello commerciale fino a naturalmente conflitti in mare aperto, complicate problematiche di politica estera. Una parte delle
quello culturale, politico e religioso.12 Le connessioni ed i rapporti reciproci continuano a fonti è prettamente tecnica (come ad es. le liste dei nominativi della confraternita o
rafforzarsi da contatti su base settimanale e quotidiana anche dal punto di vista religioso, Scuole Piccole San Niccolò dei Marineri), altre invece tramite le lettere dei consoli
dove pellegrinaggi e legami religiosi testimoniano la grande presenza di Croati sulla danno una visuale di retroscena del vissuto e dei problemi quotidiani non solo fra la
costa italiana che non solo commerciano, ma anche migrano in gran numero fondando piccola gente, ma anche dei rapporti internazionali con angolature più raffinate. Vi
confraternite, costruendo chiese dal XIII-XIV secolo in poi, il tutto naturalmente via sono raccontate le vicissitudini di tutti quelli che viaggiavano via mare e trasportavano
mare, quest’incredibile bacino pieno di promesse e speranze.13 bestiame, merci, passeggeri e documenti o dispacci importanti. Tramite quasi 16.000
Certo è che le città costiere dell’Istria prima e quelle dalmate dopo (ovvero dal 1422) documenti nei tre volumi sopracitati è possibile evincere uno scorcio del quotidiano
verranno assoggettate alla Repubblica di Venezia fino alla fine del XVIII secolo dell’Adriatico settecentesco non solo su ambo le sponde, ma in rapporto al Levante e
contribuendo a quella koinè non solo culturale, commerciale e spirituale, ma anche e Ponente di cui essi erano parte integrante.
soprattutto linguistica, caratterizzata dalla lingua franca che ancora oggi è presente Nella Tabella 1 viene data una visione sinottica di 79 termini differenti di navigli
non solo nei dialetti croati ciacavi dei territori litoranei e marittimi, ma anche nella menzionati nei regesti, ovvero nei documenti in regesto (in formato sintetico) presi in
terminologia navale adriatica e mediterranea.14 visione.
Compaiono 18.536 nominativi di navigli ed imbarcazioni. Poiché i documenti sono
scritti in italiano, viene dato il termine croato e quello inglese seguiti dalle indicazioni
vedi M. Manghi, La consegna di Giovanni Sias, Sacile 2020, p. 8.
(per dove possibile) sulla lunghezza, larghezza, capacità di carico, altezza, numero
11
I. Radić Rossi, N. Liphschitz, Analiza drvene građe srednjovjekovnih brodica iz Nina [Ana- di equipaggio, quantità di remi, scialuppa ovvero barca ausiliaria, alberi, cannoni,
lisi delle costruzioni lignee di navigli medievali di Nin] in “Archaeologia Adriatica”, IV/2010,
tipi di vela, nonché dell’utilizzo principale che tali navigli avevano nell’Adriatico
p. 257-259. Cfr. M. Kozličić, Hrvatsko brodovlje, pp. 48-56.
nel Settecento. Alla fine viene dato il numero di presenze per tipo di naviglio e la
12
Per i contratti fra Dubrovnik e Molfetta (1148), poi con Pisa (1164); Rovigno con Fano ed percentuale rispetto al loro numero totale. Sebbene non vengano ovunque menzionati, i
Ancona (1190), poi con Monopoli e Bari (1199), ed ancora con Termoli (1203) vedi J. Luetić,
1000 godina dubrovačkog brodarstva [1000 anni di marineria di Dubrovnik], Zagreb 1969, pp.
cannoni erano regolarmente presenti sui velieri data l’insicurezza che regnava per mare,
8-9; cfr. G. Novak, Jadransko more u sukobima i borbama kroz stoljeća II. – Od 1409. godine soprattutto in un secolo dove incontriamo non solo flotte nemiche (fra cui pure quella
do Drugog svjetskog rata [Il mare Adriatico nei conflitti e lotte attraverso i secoli. Dal 1409 fino russa!), ma anche i ben conosciuti “corsari dulcignotti” e tripolitani, oltre ai comuni
alla Seconda Guerra Mondiale, II parte] Split 2004, pp. 89-90. pirati. I documenti parlano chiaramente, e non poche volte i consoli, scrivendo alla
13
M. Moroni, Rapporti culturali e forme devozionali tra le due sponde dell’Adriatico in età magistratura a Venezia si riferiscono ai marinai croati come “Gente atta alla marina,
moderna, in F. Grimaldi, K. Sordy (a cura di), Pellegrini verso Loreto, Atti del Convegno Pel- et all’armi”15 ovvero capaci non solo di operare sui velieri, ma anche di usare le armi e
legrini e Pellegrinaggi a Loreto nei secoli XV-XVIII, Ancona 2003, pp. 181-216; L. Čoralić, U combattere nelle varie incombenze in cui potevano trovarsi nei viaggi fra le due sponde.
gradu Svetoga Marka [Nella città di San Marco], Zagreb 2001, pp. 63-67; F. Grimaldi, Pellegri-
ni e pellegrinaggi a Loreto nei secoli XIV-XVIII, Supplemento n. 2 al “Bollettino Storico della
Città di Foligno”, Loreto 2001, p. 258, in cui viene prestata particolare attenzione alla storia (Comisa)] in “Čakavska rič”, vol. XXXVIII, n. 1-2, 2010, pp. 5-122. Cfr. per i comandi in lin-
degli immigrati croati e viene menzionata l’esistenza di un’area a Recanati che nel 1285 si chia- gua franca “i ̏ sa, bȕ ta, čâpa, dežlîga, kâla, lîga, màina, môla, sâlpa, šîja, tîra, vîra, vôga” Lj.
mava Fundus Sclavunici. Cfr. Z. Podhraški Čizmek, N.M. Brandl, Names and characteristics Šimunković, I. Petrin, La terminologia riguardante gli attrezzi da pesca di origine romanza
of 18th century Croatian ships in the Adriatic Sea from the Croatian Maritime Regesta v. I in nelle parlate della regione di Spalato, in M. Giammarco, A. Sorella (a cura di), “Atti del IV
“Kroatologija: časopis za hrvatsku kulturu”, 12/2021, 1, pp. 92-93, https://hrcak.srce.hr/255159. Congresso Internazionale della Cultura Adriatica”, Pescara-Split, 4-7 settembre 2007, p. 82.
14
Vedi l’interessante raccolta di poesie di J. Božanić, LINGUA FRANCA in “Čakavska rič”, 15
N. Čolak, Regesti marittimi croati. Fonti documentarie. Navigazione nell’Adriatico / Hr-
vol. XXV, n. 1-2, 1997, pp. 203-268; vedi dello stesso autore STIL, PRIČA, LEKSIK, SVIJET vatski pomorski regesti. Dokumentarna vrela. Plovidba na Jadranu, vol. III, Z. Podhraški
TEZAURUSA USMENE PREDAJE KOMIŠKOG RIBARA IVANA VITALJIĆA GUSLE [Lo sti- Čizmek (a cura di), Odsjek za povijest Filozofskog fakulteta Sveučilišta u Splitu, Split 2017, n.
le, il lessico e il thesaurus della tradizione orale del pescatore Ivan Vitaljić Gusla di Komiža docum. 280 (d’ora in avanti RMC III, 280).

14 15
Tutti i tipi di navigli adriatici settecenteschi menzionati nei RMC I-III Tutti i tipi di navigli adriatici settecenteschi menzionati nei RMC I-III

16 17
Tutti i tipi di navigli adriatici settecenteschi menzionati nei RMC I-III Tutti i tipi di navigli adriatici settecenteschi menzionati nei RMC I-III

Analizzando le navi per numero di presenze, si ottiene un’interessante panoramica in questa fase delle ricerche offrono certamente una credibile evidenza ed efficienza
di quali siano stati i velieri più costruiti e acquistati. Sebbene la pubblicazione della scientifica. C’è sempre da tener presente che questo lavoro offre il totale delle menzioni
collana dei Regesti marittimi croati del Settecento sia ancora in corso (ed è in fase la dei natanti presenti nei RMC I-III e non il loro totale assoluto, dato che, per ottenere un
preparazione del IV volume con ulteriori 4.000 fonti) i 16.000 documenti su cui si opera tale risultato, bisognerebbe creare un ulteriore data base incrociando almeno tre

18 19
L’analisi

Principali tipi di vela17

Per facilitare la lettura del saggio anche ai non intenditori, prima di entrare nel merito
dell’analisi, viene data una scheda sommaria con le immagini dei principali tipi di vela
con i nominativi italiani, croati ed inglesi.
Nell’analisi verranno analizzati tutti i termini trovati per i navigli, raggruppandoli per
numero di presenze, ovvero iniziando con quelli più menzionati. Laddove opportuno
verranno uniti insieme gli stessi tipi di velieri (come nave/nava e vascello), tipologia
(come trabaccolo e trabaccoletto), oppure i nomi generici per navigli che verranno
trattati per ultimi.

I navigli più menzionati

1. Trabaccolo

A spiccare primo fra tutti il trabaccolo (e in diminutivo trabaccoletto), in croato trabakul


ma anche trabakula (in diminutivo trabakulica, trabakulić). Lo troviamo nei primi tre
volumi dei RMC menzionato 2.697 volte (di cui 95 come trabaccoletto) il che equivale
I navigli suddivisi in ordine di presenza al 14,55% di tutti i navigli nominati. Si trattava di un veliero solido per il commercio e la
informazioni fondamentali (il tipo, il nome del bastimento ed il nome del capitano o pesca, dalle dimensioni più svariate: lunghezza dai 12 ai 30 m, larghezza dai 3 agli 8 m e
padrone), che sono certa sarà il prossimo lavoro da farsi negli anni avvenire.16 dalla portata fra le 14 e 200 t quando si trattava di navigli più grandi. Poteva essere alto
Nella Tabella 2, a pagina 20, i navigli sono elencati con il loro nome, il numero di volte da 1,5 ai 2,2 m ed avere un equipaggio fra i 3 e 8 membri, con fino a due paia di remi.
in cui vengono menzionati nei documenti, la percentuale relativa alla loro presenza In De Nicolò si constata che “il trabaccolo è la navicella tipica del Mare Adriatico, che
totale nei RMC I-III e la capacità (in questa fase solo indicatoria). troviamo presente in tutti i porti dalla Puglia a Venezia, dagli approdi dell’arco costiero
settentrionale all’Istria per scendere lungo la Dalmazia fino all’Albania. L’inconfondibile
16
Come stanno operando i colleghi greci nel progetto internazionale con la creazione di una
raccolta dati unitaria in base a molteplici fonti archiviste e quant’altro dei vari mari mediterra- 17
Tratto da Hrvatska enciklopedija Leksikografski zavod Miroslav Krleža, online [Enciclo-
nei. Cfr. Seafaring Lives in Transition, Mediterranean Maritime Labour and Shipping, 1850s– pedia croata, Istituto Lessicografico “Miroslav Krleža”, edizione online 2020], https://www.
1920s (SeaLiT) quale progetto del Centro di Storia marittima dell’Institute of Mediterranean enciklopedija.hr/Natuknica.aspx?ID=28922; cfr. Z. Podhraški Čizmek, N.M. Brandl, Names
Studies (IMS), della Foundation for Research and Technology Hellas (FORTH). and characteristics of 18th century Croatian ships, p. 105.

20 21
tipo è rintracciabile già nel 1700 ma si è perfezionato e sviluppato nel corso del 1800 Luciano Keber lo fa derivare dalle più antiche imbarcazioni, le naves rotundae,
soppiantando gli altri cabotieri per regnare sovrano fino ai giorni nostri”.18 Ed infatti lo appunto, e ne specifica l’iniziale uso esclusivamente mercantile. Dal disegno allegato
si notava da lontano per i suoi due o anche tre alberi dalle caratteristiche vele al terzo; sono ben visibili non solo i due caratteristici alberi con le vele al terzo ma anche il
veniva usato per il commercio ma anche per la pesca (nel qual caso, come tutti i velieri lungo bompresso su cui veniva spiegato il fiocco. Annota anche il motivo per il quale
presi qui in esame, necessitava di un maggior numero di marinai). Il trabaccolo era un questo veliero non necessitava di più di 4 ovvero 8 membri: tutte le operazioni veliche si
naviglio ancora presente lungo le coste della Croazia negli anni Cinquanta. La prua potevano eseguire dalla coperta. Altro dettaglio importante che lo rendeva fra i navigli
camusa, gli “occhi” e il timone che sporge in alto a poppa ne sono il segno distintivo. più preferiti era lo spazio adibito alla merce che si trovava su tutta la parte centrale
Per le sue qualità era evidentemente il veliero più apprezzato ed utilizzato da parte dei dello scafo, in alcuni casi completamente coperto per l’intera lunghezza e rialzato o
piccoli e medi impresari, sia paroni che capitani del proprio trabaccolo i quali, lavorando a prua o a poppa, con grandi capacità di carico rispetto alla sua grandezza, mentre gli
spesso tutta una vita, riuscivano a far costruire o compravano un trabaccolo per poterlo spazi minori a prua e poppa erano riservati all’equipaggio e all’attrezzatura.21 Inoltre
poi tramandare ai figli, come dimostrano le analisi di Čolak.19 fra le più svariate soluzioni di questo natante Keber ne distingue due principali: quello
dell’Adriatico orientale, creato per i mari più profondi con lo scafo “armoniosamente
sviluppato” dal fondo leggermente arrotondato e quello nord-adriatico, più adatto
alle zone lagunari caratterizzato dal fondo piatto, le fiancate inclinate, il piano quasi
rettangolare, con poppa e prua arrotondate.22 Interessante è anche la derivazione della
parola che si supponga venire all’arabo tabaqah che significa tetto o copertura, e da lì
il termine siciliano trabacca ovvero trabacolo.23 Keber conferma i dati che troviamo
in Maria Lucia De Nicolò sul come le imbarcazioni, soprattutto ai loro esordi, non si
differenziassero rispetto alla forma dello scafo, ma per l’attrezzatura velica, da cui poi
i nomi si sarebbero fissati nel tempo riferendosi allo scafo in combinazione al tipo di
velatura.

Trabaccolo20

18
M.L. De Nicolò, Velieri, p. 38.
19
Per le casate di paroni vedi N. Čolak, Epilogo, RMC I, pp. 631-638; per le casate marinare
specifiche di Dubrovnik vedi N. Čolak, Epilogo, RMC II, pp. 795-808. Vedi anche R. Vidović, Trabaccolo settecentesco col “quadro” a prua, Luigi Divari24
Pomorski rječnik [Dizionario marittimo], Split 1984, s.v. trabakul; cfr. pure V. Brajković, P.
Mardešić (a cura di), Pomorska enciklopedija [Enciclopedia marittima] 2a. ed., Jugoslavenski 21
L. Keber, Tradicijske barke, p. 86-87.
leksikografski zavod, 8 voll., Zagreb 1972-1989, s.v.; A. Simović (a cura di), Pomorski leksikon
[Dizionario enciclopedico marittimo], Zagreb 1990, s.v. Vedi anche M. Bratanić, Pomorstvo
22
Ibidem, p. 87. Cfr. V. Karabaić, in V. Brajković, P. Mardešić (a cura di), Pomorska enciklo-
Dalmacije u 19. stoljeću, p. 31. pedija, s.v. Trabakul.
20
L. Keber, Piano della velatura del trabaccolo, disegno, in L. Keber, Tradicijske barke Ja-
23
L. Keber, Tradicijske barke, pp. 88-89.
drana/Imbarcazioni tradizionali dell’Adriatico, Rijeka 2015, p. 86. 24
L. Divari, Trabaccolo settecentesco col ‘quadro’ a prua, disegno, in M.L. De Nicolò, Velieri, p. 39.

22 23
Roko Markovina convalida le varianti lessicali trabakul, trabakula e trabakuo, la sua come “barca” ausiliaria.26
forma piena e tozza, con arrotondamenti smussati della prua e poppa ambo rialzate. Interessante anche l’analisi di De Nicolò sui cambiamenti avvenuti nelle tartane con
Ne dà le seguenti misure: lunghezza 14–30 m, larghezza 3,5–6 m, altezza 1,5–2,5 m, velatura “a trabaccolo”, ovvero del significato antecedente al secolo in analisi, in cui la
capacità 40–200 t ed un equipaggio da 4 a 8 membri. Date le peculiarità della costa velatura usata indicava uno specifico tipo di armeggio, termine che si perderà col tempo
orientale adriatica, anche qui troviamo che per i fondali più profondi, venivano costruiti fino all’instaurarsi nell’uso del termine trabaccolo per il veliero che ancora oggi associa,
trabaccoli con fondo leggermente arrotondato, mentre per quelli più bassi, ne venivano nella memoria collettiva, le tipiche vele al terzo colorate.27
costruiti con fondo quasi piatto, dai fianchi, prua e poppa arrotondati. Indicativo come negli “Atti del Governo italiano” emanati nel 1879 troviamo fra i
Tipi dei bastimenti mercantili anche il trabaccolo: “bastimento con due alberi verticali
(trinchetto e maestra) generalmente guerniti entrambi a vele a terzo o da trabaccolo
(talvolta uno dei due alberi invece di una vela da trabaccolo porta una randa). Il
trabaccolo ha un’asta di flocco con polaccone e contropolaccone”.28
È importante aprire una parentesi con l’introduzione di questo primo naviglio dato che
si tratta di un veliero che assieme a molti altri si è mantenuto fino al XX secolo facendo
parte del nucleo della tradizione costruttoria adriatica.
Per quanto riguarda la Croazia fino all’inizio del Settecento sei saranno le principali
tradizioni di costruzione navale riconoscibili sulla costa adriatica orientale: la litoraneo-
istriana (con i principali centri a Lošinj, Silba, Rovinj, Lovran, Punat), quella dalmato-
settentrionale (Zadar, Nin, Biograd), quella dalmato-centrale (Murter, Betina, Šibenik,
Trogir, Split, Hvar, Vis), quella narentana (Komin, Rogotin, Opuzen), quella dalmato-
meridionale (Korčula, Mljet, Lastovo, Pelješac, Dubrovnik) e bocchese (Kotor, Perast,
Bijela, Tivat). Uno dei più antichi centri e certamente fra i principali per tradizionale
cantieristica è l’isola di Korčula, da dove l’arte costruttoria navale si è diffusa fino
all’isola di Murter e da lì lungo tutta la costa adriatica orientale.29
In questo senso la Repubblica di Croazia, come molte altre nazioni e stati mediterranei si
è mossa ed ha contemplato tutta una serie di progetti di ricostruzione di velieri e barche
tradizionali in collaborazione con il progetto non governativo dell’Ars Halieutica e
il Consiglio scientifico per gli Affari marittimi, la Sezione per la Costruzione navale
marittima, la Commissione per la Ricerca e la conservazione del patrimonio cantieristico
croato dell’Accademia Croata delle Scienze e delle Arti (HAZU) di cui viene allegata
un’immagine sinottico-geografica.30

26
Vedi la sintesi Trabakul di R. Markovina in Hrvatska tehnička enciklopedija, Leksikografski
zavod Miroslav Krleža, Zagreb © 2020, online izdanje, [Enciclopedia tecnica croata, Istituto
Lessicografico “Miroslav Krleža”, Zagabria © 2020, edizione online], d’ora in avanti HTE,
https://tehnika.lzmk.hr/trabakul/ 15.05.2019. Cfr. L. Keber, Tradicionalne brodice hrvatskoga
Trabaccolo25 Jadrana [Barche tradizionali dell’Adriatico croato], Zagreb 2002, pp. 61–70; Idem, Tradicijske
barke, pp. 86-101.
La coperta, che si estendeva per tutta la lunghezza del veliero, poteva avere un portello 27
M.L. De Nicolò (a cura di), Tartane, Quaderni del Museo della Marineria W. Patrignani - Pe-
maggiore situato tra gli alberi, attraverso il quale si caricava la merce. A prua e poppa saro, “Rerum Maritimarum”, 9, 2013, pp. 35-36; Eadem, Rimini marinara. Istituzioni, società,
c’erano due piccoli spazi per i membri dell’equipaggio. La prua era decorata con due tradizione navale: secoli XIII-XVIII, Villa Verucchio 2008, p. 164.
grandi occhi di legno sotto i quali c’erano due aperture per le catene dell’ancora. 28
Collezione celerifera delle Leggi, Decreti, Istruzioni e Circolari emanate dalle Superiori
Il trabaccolo aveva due alberi con vele al terzo, chiamate anche vele a trabaccolo. Il Autorità, Anno 59, Nº 1, Roma, 1880, nel “Regolamento. Circoscrizione marittima, Capo VII –
timone, scolpito e decorato, era lungo e arrivava quasi all’albero di poppa, per essere Dei bastimenti mercantili, Sezione II – Tipi dei bastimenti mercantili”, p. 43.
governabile anche da maggiore distanza. Il trabaccolo trainava un piccolo caicchio 29
Cfr. R. Markovina, Tradicijska brodogradnja, in HTE, https://tehnika.lzmk.hr/tradicijska-
brodogradnja/ 10.07.2020.
30
Cfr. V. Salamon, Hrvatski tradicijski brodovi [Navigli tradizionali croati], in Z. Radić (a
cura di), “More - hrvatsko blago (zbornik radova)” [Il mare – patrimonio croato (atti del conve-
25
Vjekoslav Parač, Pomorska enciklopedija, vol. VIII, p. 184. gno)], Zagreb 2016, pp. 673–710.

24 25
In una delle numerose immagini che troviamo nelle Pratichae Schrivaneschae dello
scrittore, capitano, giudice e all’occorrenza scrivano perastino Julije Balović (1672-1727)
vissuto a cavallo fra il Seicento ed il Settecento, sulle nave ovvero navi propriamente dette,
sia pubbliche che mercantili, possiamo vedere tre alberi a vele quadre, su quello di poppa
sempre una latina, regolarmente un lungo bompresso con fiocco. Trattandosi di bastimenti
perastini, ovvero della Boka Kotorska, cioè delle Bocche di Cattaro che facevano parte in
quel periodo dei possedimenti della Serenissima, possiamo ammirare le varie bandiere con
il Leone di San Marco sia in cima all’albero maestro che a poppa delle stesse navi.35

Progetti di ricostruzione di navi e barche tradizionali croate31

2. Nave/nava e vascello

La nave, in croato nava, era uno dei velieri mercantili e bellici fra i più grandi e più soventi
nell’Adriatico settecentesco. Era lunga fra i 16 ed i 18 m, larga dai 6 agli 8 m, e con una
portata che variava dalle 130 t (annotate soprattutto a Pelješac/Sabbioncello) fino alle
800 t (sebbene i documenti presi in esame parlino comunque di velieri con un massimo
di 24-30 membri d’equipaggio, e quindi si è più propensi a rimanere sulle 300-350 t di
massima). Infatti Vekarić ci conferma dai suoi dati che la capacità variava dalle 130 alle
330 t, assai lontano dalle 800 nordiche o comunque mediterranee.32 L’equipaggio della
nava aveva quindi un minimo di 20 o 30 membri, rimorchiava 2 o 3 scialuppe ovvero
“barche” ausiliarie.33 Possedeva da 4 a 8 cannoni, certamente assai di più se si trattava Navi pubbliche perastine con la bandiera di San Marco36
di naviglio da guerra (ovvero l’equipaggiamento completo da guerra). Aveva da 2 a 3
alberi con vele quadre e latina. Come veliero lo troviamo nominato 2.569 volte (ovvero il È interessante notare nei regesti marittimi un gran numero di termini ibridi quali: nave
13,86%), ma assieme all’accezione vascello di cui abbiamo 130 presenze (in croato vašel) e fregata37, nave fregatone38, nave gazzella,39 nave galera.40 Altro discorso vale per la nave
le varianti nave da guerra (4) e nave atta – annotata anche come navetta (assieme 139) con
il significato di veliero mercantile adibito ovvero riadattato ad uso militare (atta appunto in
contrapposizione a nave non atta) ed in tal caso armato con ulteriori batterie di cannoni, lo 1999, pp. 219-221.
troviamo nominato in tutto 2.842 volte nei RMC I-III, il che equivale al 15,33% di tutti i 35
Vedi sulla sua vita: J. Balović, Pratichae Schrivaneschae, Venezia 1693, Lj. Šimunković (a
navigli menzionati. Veniva usato come mezzo di trasporto delle merci nelle rotte da Venezia cura di), Split 2004, pp. 16-18.
verso le Isole Ionie ed altri porti del Levante e Ponente.34 36
Navi pubbliche “Venezia trionfante” comandata da Martin Bronza e “Costanza guerriera”
comandata da Ivan Bronza, dettaglio del disegno n. 13. da G. Ballovich, Pratichae Schrivane-
31
Progetti di ricostruzione di navi e barche tradizionali croate, in V. Salamon, Hrvatski tra- schae, Venezia 1695, come citato in C. Fisković, Borbe Peraštana s gusarima u XVII i XVIII
dicijski brodovi, p. 673. stoljeću in “Godišnjak Pomorskog muzeja u Kotoru” (GPMK), [Lotte dei Perastini con i corsari
nei sec. XVII e XVIII, “Annuario del Museo marittimo di Cattaro” (GPMK)], XXI, 1973, Po-
32
S. Vekarić, Pelješki jedrenjaci [I velieri di Pelješac/Sabioncello], Split 1960, pp. 264-271.
morski muzej - Kotor, pp. 9-33 (con aggiunta di 44 immagini originali dal manoscritto, nume-
33
Il termine “barca” viene usato con una certa cautela, dato che, come si vedrà più avanti, tale rate 1-45). La legenda originale nel manoscritto recita: “La Publica Nave Venetia Trionfantte
termine indica un determinato tipo di veliero in uso nell’Adriatico nel Settecento e riconosciuto Cap.n Martin Bronza da Perasto. La Publica Nave Chostanza Gueriera Cap.n Zuane Bronza da
come tale dai vari uffici di entrata/uscita dai porti, registri di confraternite ed altri. Perasto”, ibidem, p. 18.
34
Per vascello cfr. N. Čolak, RMC II, p. 28; cfr. nave atta in N. Čolak, RMC I, p. 163. Il ria- 37
RMC III, 801.
dattare velieri mercantili a guerra era una pratica comune a Venezia per evitare di affittare a 38
RMC III, 1479.
prezzi alti navi da guerra straniere o di costruirne proprie con ulteriori ingenti finanziamenti.
Per il significato di nave atta vedi anche T. Pizzetti, Con la bandiera del protettor San Marco.
39
RMC III, 2467.
La marineria della Serenissima nel Settecento e il contributo di Lussino, vol. II, Pasian di Prato 40
RMC I, 2652; RMC II, 6735; RMC III, 3865; solo per citare alcuni esempi.

26 27
pubblica che indica le navi che avevano ruoli statali ovvero pubblici sia di commercio Nava di Dubrovnik, XVIII sec.44
che militare (nel trasporto di vettovaglie, truppe, denaro ecc.). Ed infatti negli “Atti del
Governo italiano” del 1879 fra i Tipi dei bastimenti mercantili troviamo “Nave a palo: La nava a Dubrovnik ha soppiantato nel
bastimento con quattro alberi verticali, tutti a vele quadre, salvo quello di poppa, che ha Cinquecento il galeone e nel Settecento
vele auriche (randa e contro randa) e bompresso […] Nave: bastimento con tre alberi somigliava a un brigantino. Strutturalmente
verticali, tutti a vele quadre, e bompresso”.41 si era cercato di seguire le pratiche
cantieristiche del fine Cinquecento, che
miravano ad abbassare il più possibile
lo scafo, comprese le strutture a poppa e
prua, al fine di ridurre la resistenza all’aria
e all’acqua e aumentarne la velocità. Allo
stesso tempo gli alberi erano diventati più
alti e le superfici delle vele più grandi. Tale
nava era lunga 16 m, larga circa 6,5 m, con la portata di 315 t, ed un equipaggio di 20
persone.45 Nelle ultime due immagini allegate è possibile vedere la nava con alberi a
vele quadre ed ambo con l’albero di poppa armato con vela latina. Sotto il bompresso
è possibile vedere una vela quadra nel modello anteriore al Settecento, mentre nella
grafica è visibile pure una vela quadra alla sommità del bompresso.

3. Tartana, tartanella, tartanone e tartanoncino

La tartana, il cui nome in croato è lo stesso, indica un tipo mediterraneo di veliero


con una capacità di carico molto varia dalle 10 alle 300 t, con un equipaggio fra le 4 e
20 persone. Poteva essere lunga dai 13 ai 18 m, larga da 5 a 7,5 m. Trainava dietro di
sé una barca ausiliaria, era corredata da 1 a 3 alberi e, a seconda del luogo d’origine,
armava vele latine, quadre o al terzo. Aveva la capacità di cambiare il tipo di vela a
seconda del vento e ciò la rendeva molto mobile. Dai documenti in visione vediamo
che veniva utilizzata per il trasporto di merci e passeggeri, ma anche per la pesca. Come
Nava di Dubrovnik, modello, Mirko Todorović42 nave da guerra era equipaggiata con 6-14 cannoni.46 La troviamo nei regesti 2.129 volte
ovvero l’11,49%, al terzo posto rispetto al trabaccolo e alla nava. Se vi aggiungiamo
Il termine nave sembra essere fino al Cinquecento un nome generico che designa i velieri tutti gli altri tipi di tartana che troviamo (la tartana mozza, tartanella, tartanoncino ed il
maggiori, principalmente nei paesi mediterranei; sulla costa orientale dell’Adriatico era tartanone), otteniamo 2.587 menzioni, ovvero il 13,96% di presenze totali. Sebbene si
comune anche il nome nav, ed in alcune zone pure punokrižnjak (= “molte/pieno di tratti di diversi sottotipi il dato lascia spazio ad ulteriori riflessioni.
quadre”). Fra il Seicento e l’Ottocento il termine inizia ad indicare un veliero mercantile Sulle origini della tartana sia come metodo innovativo di pesca a strascico “a tartana”,
con tre o cinque alberi a vele quadre, una vela aurica o latina sull’albero di poppa e che, come vari tipi di naviglio, ha scritto ampiamente Maria Lucia De Nicolò appunto
diverse vele di strallo. In Marzari troviamo un documento del 1757, proveniente dagli sul nome per il quale “gli studiosi concordano come sia derivato da quello di una rete
archivi viennesi, con alcuni schizzi raffiguranti tipologie navali oggetto della nostra omonima che, già dal Trecento, nelle acque dei paraggi di Marsiglia, veniva tirata a
analisi, con alcune spiegazioni interessanti: “nave, petachio, vasello, s’intende quel strascico laterale, scarrocciando sotto vela, dalle tartane di prima generazione. Queste
bastimento che è formato secondo la costruzione delle navi con la poppa larga, con
tagliamare e polena e con 4 arbori compreso il bonpresso. Tutte le navi tanto grandi
osiano picole tanto da guerra che mercantili vanno sotto il nome di nave, vasello e li Marineria tradizionale in Adriatico dal 18° secolo ad oggi, Monfalcone, 1995, p. 80. (Ringrazio
piccoli petachio”.43 M. L. De Nicolò per il prezioso aiuto).
44
Nava di Dubrovnik, XVIII sec., https://tehnika.lzmk.hr/wp-content/uploads/2017/12/
HTE_0339.jpg 10.09.2020.
41
Collezione celerifera delle Leggi, Decreti, p. 43. 45
Vedi sintesi di M. Kozličić, Nava in HTE, https://tehnika.lzmk.hr/nava/ 10.09.2020.
42
M. Todorović, Nava ragusea, modellino, nel Catalogo “3. Hrvatska ocjenska izložba maketa
brodova” [III Mostra di modellistica navale croata con giuria], p. 4, scaricabile online: https://
46
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. tartana. Cfr. N. Čolak, RMC I, p. 8; M.L. De Nicolò (a
www.hsb.hr/sites/default/files/Katalog/1999%20katalog.pdf 22.01.2021. cura di), Tartane; Eadem, (a cura di), Velieri, pp. 32-33, 36, 45; V. Brajković, P. Mardešić (a cura
di), Pomorska enciklopedija, s.v. Vedi anche M. Bratanić, Pomorstvo Dalmacije u 19. stoljeću,
43
M. Marzari, Tipologie navali adriatiche dal XVIII secolo ad oggi in M. Marzari (a cura di), p. 34.

28 29
non misuravano più di una dozzina di metri e portavano una sola vela latina, alla quale, in una stazza equivalente ma con suffisso maggiorativo, troviamo il tartanone, anconetano
pesca, si aggiungevano un paio di fiocchi a poppa e un paio a prua, bordati tramite lunghe o pesarese, che porta anch’esso la grande latina alla maestra e il polaccone sull’asta, ma,
antenne sporgenti dalle estremità dello scafo”. all’alberetto di mezzana, la latina cede il posto a una più adriatica vela al terzo.

Tartana romagnola, Luigi Divari47

Per quanto riguarda le Marche in particolare e l’Adriatico in generale, De Nicolò annota


come “sulle coste del ducato di Urbino, anche per il personale interessamento del duca
Francesco Maria II Della Rovere, si avvia una sorta di rivoluzione nautica e piscatoria
che porterà in breve tempo alla diffusione della pesca a strascico a media distanza,
messa in atto per la prima volta anche in Adriatico proprio dalle tartane provenzali
approdate nel 1614 nel porto di Pesaro”.48 Interessantissimo anche il contributo di Luigi
Divari non solo sulla tartana, ma anche sull’intero microcosmo adriatico del Settecento,
che ci offre plasticamente in forma artistica ineguagliabile.49 Vediamo quindi che, anche Tartanone pesarese51
quando il termine era identico, si trattava di velieri differenti a seconda della zona di
provenienza. Nel nostro caso ci troviamo di fronte a tartane di origine non solo della Questi tartanoni papalini quando pescano vanno ad incrociare, sulle acque del Quarnero
costa orientale, ma anche occidentale, spaziando dal nord al sud dell’Adriatico. In e del Sansego52, le tartane dei colleghi chioggiotti, ma queste, a parte il nome, si
Usberghi troviamo che sebbene l’etimo sia incerto, possa avere diverse origini: secondo distinguono non appena spuntano all’orizzonte, per le due vele auriche (“trabaccolate” per
Carlo Targa (1684) dai Tartari che usavano un simile tipo di imbarcazione; dall’arabo; i marinai di allora) e per i segni che portano su di esse. […] Varie altre tartane adriatiche
dal sanscrito “Tarad”. Usberghi la definisce come imbarcazione piatta adatta alle spiagge sono così grandi che all’orizzonte si confondono con le polacche e i brigantini, avendo
sabbiose dell’Adriatico occidentale, lunga e robusta, entrambe le estremità ricurve, vela la poppa tonda o addirittura a specchio, un numeroso equipaggio e persino i portelli
grande di tipo latino, agilità di vela, scafo leggero, 8-10 persone, 30-60 t.50 Certamente dell’artiglieria sulle murate del ponte. Una è un mercantile veneziano di gran cabotaggio,
in De Nicolò troviamo informazioni unidirezionali sui tre principali tipi di tartane e e porta due alberi a pioppo con sei vele quadre e una grande latina alla mezzana. Un’altra
relative caratteristiche indicando “dal Seicento in poi, un discreto numero di tartane porta ugualmente la bandiera veneta a poppa, ma ha una grande vela latina anche al
mercantili liguri, toscane e soprattutto napoletane, o procitane, con latina alla maestra trinchetto. Questo armo era il preferito dai capitani bocchesi, i fedelissimi sudditi di
e alla mezzana e polaccone sull’asta di fiocco. Sul versante opposto della penisola, con Cattaro e Perasto. Una terza tartana era quella di tipo ottomano, con tre alberi tutti a vele
latine, e alto castello di poppa, come gli sciabecchi del ponente basso. Sulla bandiera,
quando la mostrava, si vedeva la mezzaluna con la stella, e a bordo c’era talvolta un
47
L. Divari, Tartana romagnola, disegno, in M.L. De Nicolò (a cura di), Velieri, p. 33. equipaggio troppo numeroso per dei normali viaggi mercantili, per cui i nostri marinai,
48
M.L. De Nicolò, L’età delle tartane in M.L. De Nicolò (a cura di), Tartane p. 22.
49
L. Divari, Note sulla tartana, multiforme veliero mediterraneo in M.L. De Nicolò (a cura di),
Tartane pp. 51-62 e relativi disegni! 51
Tartanone pesarese, disegno acquerellato, 1801, Biblioteca Querini Stampalia, Venezia, in
50
M. Usberghi, Navi e merci nella Trieste settecentesca - prima parte in “Trasporti. Diritto, M.L. De Nicolò, Velieri, p. 32.
economia, politica”, 107/2009, Trieste pp. 90-91. 52
Isola di Susak, nel bacino marittimo di Lošinj.

30 31
quando potevano, cercavano di fare forza alle onde di allagare la poppa”.57 Vediamo quindi che in questo caso un unico termine
di vele e lasciarsela di poppa, abbastanza nasconde tipi navali differenti e di origini varie.
fuori tiro”.53
Interessante che un secolo più tardi
troviamo la seguente definizione negli
“Atti del Governo italiano” del 1879 dove
fra i Tipi dei bastimenti mercantili vi è la
“Tartana: bastimento che ha un albero di
maestra a calcese su cui porta una grande
vela latina, bompresso e asta di fiocco,
un polaccone e un contrapolaccone,
ovvero più fiocchi”.54 Ciò ne dimostra
la sua durata nel tempo in una delle sue
molte varianti nell’Adriatico, ma anche
Sopra: Tartana chioggiotta,
Aldo Cherini55;
A destra: Tartane bocchesi56

negli altri mari dell’Italia wwTartana mercantile della Boka Kotorska, Luigi Divari58 Tartana altoadriatica59
unita. Kozličić sul tipo di
tartana bocchese scrive La tartanella in croato tartanela denota una piccola tartana della portata di 10-50 t (a volte
che “era capace di cambiar pure di 2-4 t), con 4-6 membri di equipaggio, 1 o 2 alberi con vele latine, quadre e/o al
caratteristiche, trasformandosi terzo. Poteva essere lunga da 10 a 13 m, larga 5 m. Veniva usata per il trasporto di merci,
in una efficace nave da guerra, passeggeri, ma anche per la pesca ed in guerra. La troviamo 183 volte ovvero 0,99%
con l’aggiunta di complessi di nei documenti dei RMC I-III.60 La tartana mozza, forse mezza tartana, viene nominata
artiglieria e altri armamenti. 4 volte nei regesti. Si trattava di una delle molte varianti di questo naviglio non solo
Complessivamente le tartane nell’Adriatico, ma anche fuori di esso. Il tartanone, in croato tartanon, come termine è un
bocchesi erano, a differenza di quelle mediterranee, molto più veloci, con caratteristiche accrescitivo del termine tartana, ed infatti denota una tartana di grosse dimensioni della
marittime migliori. Dalle fonti d’archivio, dalle tavolette votive e dai disegni di Julije capacità di 150-300 tonnellate, sebbene il termine non indicasse di per sé un naviglio più
Balović (1695), si evince che la produzione di tartane si incrementa da parte dei Bocchesi grande della tartana. Era lungo dai 12 ai 20 m, largo da 4 a 6 m ed un equipaggio da 15 a
soprattutto nel XVIII secolo. Mentre la Repubblica di Dubrovnik ne contava una decina, 20 membri. Aveva 2-3 alberi con vela latina, a volte quadra e al terzo.
nelle Bocche di Cattaro, tra il 1710 e il 1730, se ne registrano addirittura 217, di cui 96
grandi e medie, 121 piccole. Le ricerche di M.Š. Milošević sono piuttosto delucidanti a
questo proposito. I Bocchesi mantengono la prua originariamente ovale, ma modificano la
57
M. Kozličić, Bokeljska tartana - La tartana delle Bocche di Cattaro, in M.L. De Nicolò (a
forma della poppa, dandole una configurazione ellittica al fine di aumentare lo spazio. Con cura di), Velieri, p. 83. Per un ulteriore approfondimento vedi M. Kozličić, Hrvatsko brodovlje,
quest’alterazione si amplifica nello stesso tempo la forza ascensionale non permettendo pp. 177-183.
58
L. Divari, Tartana mercantile delle Bocche di Cattaro, 1790 circa, disegno, in M.L. De
Nicolò (a cura di), Tartane, p. 62.
59
Modello di tartana da pesca alto adriatica, Museo del Mare, Trieste, in M.L. De Nicolò (a
53
Vedi M.L. De Nicolò (a cura di), Velieri, pp. 32-33.
cura di), Tartane, p. 42.
54
Collezione celerifera delle Leggi, Decreti, p. 43. 60
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. tartanela. È interessante come Vidović citi Milivoj Š.
55
A. Cherini, Tartana chioggiotta, in Navicelle e Barche dell’Adriatico tradizionali nel picco- Milošević che scrive nel Bokeljski jedrenjaci od 1710. do 1730. godine in “Godišnjak Pomorskog
lo cabotaggio e nella pesca 1800-1900, n. 11, https://www.cherini.eu/etnografia/NBA/slides/11- muzeja u Kotoru” (GPMK), [Velieri bocchesi dal 1710 al 1730, Annuario del Museo maritti-
Tartana%20chioggiotta.html 13.01.2021. mo di Kotor (Cattaro)], XII, 1964, che le tartane occupano il 31% di tutti i navigli bocchesi
56
Tartana dulcignotta data alle fiamme dalle tartane comandate dai fratelli Matija ed Ivan (217:702). Nella analisi qui riportata la presenza delle tartane scende al 14% anche se bisogna
Bronza, dettaglio del disegno n. 23, da G. Ballovich, Pratichae Schrivaneschae in C. Fisković, tener presente che si tratta di dati riguardanti tutta la costa orientale, dall’Istria al nord fino alla
Borbe Peraštana s gusarima u XVII i XVIII stoljeću. La legenda originale recita: “Li Doi Fra- Boka Kotorska al sud, ed oltretutto di dati non definitivi – semmai si possa parlare in questi
telli Cap.n Matio, e Zuanne Bronza con le loro Tartane Ascendiarono una Tartana Dulcigniotta termini all’interno di un discorso storiografico comunque perennemente in fieri. Il dato rimane
Caricha di Salle alla Vistta di piu doi Mille Turchi sotto Cavagia a Seletta”, ibidem, p. 19. interessante nell’ottica dello studio dei particolarismi adriatici e non solo.

32 33
e il tartanone da viaggio”.64 Non solo ma nella seconda metà del Settecento a Rimini, si
distingue un gruppo di 10 tartanoni di dimensioni maggiori che effettuavano la pesca a
pelago nel Kvarner. Discorso a parte va fatto per il tartanon pesarese che faceva spola
fra le due sponde con una flottiglia che contava nella seconda metà del Settecento 30
imbarcazioni, fra le più importanti dello Stato Pontificio, ed in diretta concorrenza con
Venezia ed il suo primato sui mari.65 Lo troviamo 256 volte ovvero l’1,38% nei RMC
I-III.66 Troviamo anche la forma tartanoncino in 15 menzioni, veramente un’abbondanza
di termini incredibile.

4. Pielego e pieleghetto

Il pielego e pieleghetto, in croato pelig, è il quarto per menzione nei RMC I-III. Lo
troviamo 1.494 volte ovvero l’8,06% di tutti i navigli.

Tartanone da guerra armato, ex voto Marco Martinovich61

Veniva utilizzato a seconda della zona di provenienza per il trasporto di merci,


passeggeri, ma anche per la pesca e bellico. Infatti “con una stazza equivalente ma
con suffisso maggiorativo, troviamo il tartanone, anconetano o pesarese, che porta
anch’esso la grande latina alla maestra e il polaccone sull’asta, ma, all’alberetto di
mezzana, la latina cede il posto a una più adriatica vela al terzo”62 come del resto si
può evincere dagli studi di De Nicolò, e relative ricchissime pubblicazioni, che segnala
il tartanone in rotte adriatiche d’oltremare e tra cui è bene distinguere quello da pesca
e quello da viaggio.63 Infatti dai suoi studi si evince che proprio nel “Settecento, sia a
Rimini che a Pesaro se ne svilupperanno, costruiti anche nei cantieri locali, ma nel caso
di Pesaro anche nei cantieri di Senigallia, due differenti tipologie: il tartanone da pesca

61
“Tartanone da guerra armato a tre alberi, in balia dei marosi e con le vele mezze ammainate;
Pielego, Luciano Keber67
si nota la bandiera della marina veneta e al centro la Vergine che appare tra le nubi trattenendo
in mano una pergamena arrotolata”, Ex voto sec. XVIII, in M.L. De Nicolò, Preghiere sul mare,
Cattolica 2014, p. 33. Si trattava di un veliero commerciale, ma utilizzato anche per la pesca, bellico e
62
M.L. De Nicolò, Velieri, p. 32. corsaresco, dalla lunghezza dagli 11 ai 28 m, larghezza fra i 4 e i 6 m, portata dalle 15
alle 160 t. L’altezza poteva arrivare fino ai 2,5 m, navigava con un equipaggio fra i 3 ed
63
M.L. De Nicolò, Tartanon pesarese un veliero adriatico. Costruzione governo attività usi
marittimi, secoli XV-XIX, Villa Verucchio 2005; Eadem, La Speranza. Piloti pratici, naufragi, i 10 membri, con fino a 4 remi e 2 o 3 alberi con vele al terzo e aurica. In Markovina
prove di fortuna nell’Adriatico del Sei e Settecento, Villa Verucchio 2006; Eadem, Velieri; Ea- troviamo che il pielego fosse un tradizionale veliero costiero dell’Adriatico dalla metà del
dem, Tartane; Eadem, Naviglio mercantile in Adriatico nei primi secoli dell’Età moderna, in G.
Garzella, R. Giulianelli, G. Petralia, O. Vaccari (a cura di), Paesaggi e proiezione marittima. I 64
M.L. De Nicolò, Velieri, p. 34.
sistemi adriatico e tirrenico nel lungo periodo: Marche e Toscana a confronto, Pisa 2013, pp. 65
M.L. De Nicolò, Velieri, pp. 34-35.
136-154; Eadem, La pesca a coppia. Invenzione dell’età moderna o riscoperta?, Grapho 5, Fano
2005; Eadem, Marineria Risorta. Una comunità di pescatori tra Romagna e Marche, Villa
66
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. tartanone e tartana.
Verucchio 2016. 67
L. Keber, Piano della velatura del pielego, disegno, in L. Keber, Tradicijske barke, p. 102.

34 35
Settecento fino alla metà del
secolo scorso: tra i navigli
mercantili più numerosi della
costa orientale dell’Adriatico.
Era lungo dagli 11 ai 13 m (i
minori) fino anche a 15-30
m (i maggiori), con capacità
da 60 a 160 t (sebbene
Bratanić lo definisca simile
al trabaccolo ma più grande,
non abbiamo notizia di grandi
pieleghi fino alle 200 t come
certuni trabaccoli).68

Pielego adriatico, Aldo Cherini 69

Era utilizzato per il trasporto


di vari tipi di merci, mentre quelli più piccoli erano utilizzati anche per la pesca. A
seconda delle dimensioni e dell’utilizzo aveva da 5 a 10 membri di equipaggio,
alloggiati nelle cabine a prua, mentre la cabina a poppa era utilizzata dal comandante. Il
pielego aveva uno scafo basso e tozzo, due alberi, di cui l’anteriore più corto e un lungo
bompresso con due o tre fiocchi. Sull’albero di prua la vela era al terzo, a poppa invece
la vela era aurica (la randa) ed alle volte anche con controranda ben visibile nel disegno
del pielego di Divari accluso. Pielego, Luigi Divari73
Anselmi riferisce che il pielego (o pielato) è un battello di origine istriano-dalmata.70
Keber afferma che sin dai loro inizi si trattava di bastimenti usati esclusivamente per In De Nicolò troviamo notizie interessanti sugli inizi della pesca a pielego come del resto
il commercio; e che sin dall’inizio c’era una grande similarità fra trabaccolo e pielego per molti altri tipi di navigli dove il termine indica anteriormente dei modus operandi
tanto che spessissimo li troviamo interscambiabili nei loro nominativi. Aggiunge inoltre persisi nel tempo.74 Questo è il motivo per il
che nei modelli minori la vela aurica, ovvero la randa ed in aggiunta la controranda quale lo troviamo così presente ed utilizzato dai
venivano usate come vele principali, mentre nei modelli maggiori, solo sull’albero di piccoli paroni. In molti documenti è definito
poppa ossia di mezzana. Anche qui, come nel caso del trabaccolo tutto lo spazio della anche come trabaccoletto, che indica appunto
sottocoperta era adibito a magazzino per la merce, ad eccezione di piccoli spazi stretti e la somiglianza fra i due tipi di navigli, oppure
poco illuminati a prua e poppa per il parone ed i marinai.71 un rimodellamento su misura, a richiesta degli
Alcune varianti avevano quattro grandi remi che venivano usati quando non c’era stessi paroni. La pluralità nei termini pielego
vento. La prua era arrotondata e simile a quella del trabaccolo. La poppa era quadrata o e pieleghetto indica una grande diversità
semicircolare con il timone incorporato. A differenza di velieri simili, il pielego aveva non solo di dimensioni ma anche di forme,
un ponte piatto senza sovrastruttura a prua. Sulla costa istriana la prua era decorata con come del resto vale per quasi tutti i navigli in
i caratteristici occhi sopra le aperture per le catene delle ancore. Il timone era lungo, analisi.75
sagomato ed intagliato: veniva abbassato fino a un metro sotto la chiglia, mentre, in Pielego di Korčula76
mare poco profondo, veniva alzato.72
73
L. Divari, Pielego Figlio unico, disegno da: L. Divari, Brazzere, pièleghi, trabaccoli in M.L.
68
M. Bratanić, Pomorstvo Dalmacije u 19. stoljeću, pp. 31-32. De Nicolò (a cura di), Velieri, p. 51.
69
A. Cherini, Pielego adriatico, disegno, http://www.cherini.eu/etnografia/PV/slides/PV_0107. 74
M.L. De Nicolò, La comunità delle rive: un’identità mediterranea, Villa Verucchio 2007,
html, 08.05.2013. pp. 116-117. Cfr. il grande numero di pieleghi nominati nei documenti riportanti in Eadem, La
70
S. Anselmi, Adriatico: studi di storia, secoli XIV-XIX, Ancona 1991, p. 346. Speranza; Eadem, Rimini marinara.
71
L. Keber, Tradicijske barke, p. 102. 75
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. pelig. Cfr. N. Čolak, RMC I, p. 7. Vedi V. Brajković, P.
72
R. Markovina, Pelig in HTE, https://tehnika.lzmk.hr/pelig/; vedi anche L. Keber, Tradicio- Mardešić (a cura di), Pomorska enciklopedija, s.v.
nalne brodice hrvatskoga Jadrana, p. 71. 76
Pielego di Korčula in V. Salamon, Hrvatski tradicijski brodovi, p. 681.

36 37
5. Polacca e polachetta La polacca ragusea del Settecento era invece, in relazione al suo modello predecessore
secentesco, un veliero nuovo che si è mantenuto poi anche nell’Ottocento. A differenza
La polacca, in croato pulaka, era un veliero comune in tutto il Mediterraneo i cui alberi del modello francese, costruito per la navigazione oceanica, la polacca ragusea era stata
erano costituiti da pali d’un solo pezzo. Era lunga dai 15 ai 20 m, larga dai 5 ai 7 m, adattata alla navigazione nel Mediterraneo: ne era stata rimossa la vela latina dall’albero
una capacità totale fra le 60 e le 230 tonnellate, mentre l’equipaggio poteva variare di prua, snellito lo scafo, facendolo assomigliare a quello della checcia. Si era ottenuto
dagli 8 ai 12 membri. Poteva avere 2 o 3 scialuppe ed era armata con 2-3 alberi a vele in tal modo un veliero polivalente veloce ed agile, con una notevole capacità di carico:
quadre, latine, di strallo ed auriche. Serviva per il trasporto di merci e passeggeri ed era lungo tra i 17 e i 18 m, largo tra i 7 e gli 8 m, con portata fra le 75 e 150 tonnellate.81
attrezzata con 2-12 cannoni. Nei documenti troviamo anche menzionata una “tartana ossia polacca”82 il che significa,
Nel Vidović si trova che assomigliasse alla brazzera, e che il termine provenga dall’arabo come anteriormente detto, che le forme non erano rigide e le somiglianze fra i vari
feluka, attraverso l’italiano felucca fino al croato filjuga.77 navigli erano spesso grandi. Interessante che alcuni modelli differiscano appunto per il
Anche Vekarić nella sua opera sui velieri di Pelješac conferma la portata della polacca tipo di albero, ovvero vela di poppa, come si può notare dalle quattro immagini allegate:
fra le 60 e 230 t.78 le prime tre con vela aurica, mentre la quarta con vela latina. Ma ce n’erano di vari
In Kozličić troviamo trattarsi di un veliero mercantile mediterraneo a tre alberi tipi, anche con vele quadre solo sull’albero maestro e latine su quello di trinchetto e di
navigante fra il Seicento e l’Ottocento dalle linee snelle e dalla prua appuntita. Gli alberi mezzana. Interessante in questo senso il disegno della polacca dulcignotta del 1702 a tre
erano formati da un unico palo, senza prolungamenti e cesti. Era un tipo di bastimento alberi e con appunto la latina sul trinchetto.
comune sulle coste spagnole, italiane e quella adriatica orientale. La polacca secentesca La troviamo menzionata nei RMC I-III 1.154 volte, ovvero il 6,23%. Troviamo anche
della Repubblica di Dubrovnik era destinata alla navigazione mercantile adriatica e un’unica polachetta.83
mediterranea. Le prime polacche, simili alle varianti francesi, avevano vele quadre ed
una grande vela latina sull’albero di prua. Avevano fino a sei cannoni per lato ed erano
lunghe fra i 15 e 17 m, larghe fra i 7 e 8 m, con una capacità sulle 50‒60 t ed una decina
di membri di equipaggio.

qqq qqPolacca settecentesca ragusea84 Polacca85

6. Marciliana
QQQQQQPolacca La Piccina Ester di Dubrovnik79 Polacca dulcignotta, 170280
La marciliana, in croato marsilijana era un veliero mercantile di dimensioni medio-
77
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. pulaka; vedi V. Brajković, P. Mardešić (a cura di), Po-
grandi la cui lunghezza poteva variare dai 18 agli addirittura 26 m (a Dubrovnik la
morska enciklopedija, s.v.; N. Čolak, RMC I, p. 10. G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia marciliana magna), della larghezza dai 7,5 agli 8 m e dalla media portata fra le 60 e 200
of Ships, Boats, Vessels, Woodstock, 1978, p. 262. t, arrivando fino alle 400 e 600 t riferite alle magne di Dubrovnik (ma forse nei secoli
78
S. Vekarić, Pelješki jedrenjaci, pp. 264-271.
79
La polacca nominata La Piccina Ester, 12), ibidem, p. 26.
http://www.atlant.hr/dubrovacka_pomorska_tradicija/dubrovacka_pulaka.jpg, 08.05.2013 81
Vedi sintesi di M. Kozličić, Pulaka in HTE, https://tehnika.lzmk.hr/pulaka/ 14.10.2020. Cfr.
80
Veliero di Marko Štukanović con la catturata polacca dulcignotta che aveva importunato M. Kozličić, Hrvatsko brodovlje, pp. 157-160. Vedi anche M. Bratanić, Pomorstvo Dalmacije u
i bastimenti perastini, dettaglio del disegno n. 24, da G. Ballovich, Pratichae Schrivaneschae 19. stoljeću, p. 55.
in C. Fisković, Borbe Peraštana s gusarima u XVII i XVIII stoljeću. La legenda originale re- 82
RMC I, 1693.
cita: “Cap.n Marcho Stuchanovich fezze Presa di una Pulacha da Dulcignio che Disturbava li 83
RMC I, 2163.
Carichi, a Danno delli Bastimenti Perastini sotto La Citta di Durazzo”, ibidem, p. 19. Fisković
annota inoltre più avanti che nella Cronaca di Balović ha trovato come l’accaduto sia avvenuto
84
Polacca settecentesca ragusea, https://tehnika.lzmk.hr/wp-content/uploads/2017/12/
nel 1702 creando non pochi problemi fra l’Impero Ottomano e la Repubblica di Venezia, a causa HTE_0343.jpg 13.10.2020.
del giovane Štukanović “d’anni acerbi ma di spiritose maniere” (Cronaca di Perasto, II, pp. 11- 85
J. Jouve, Polacca, disegno, in L. Casson, Illustrated History of Ships and Boats, p. 139.

38 39
anteriori)86. L’altezza arrivava ai 3 m, aveva un equipaggio dai 10 ai 15 membri, con 3 Tra i modelli più riusciti vi era la “marciliana aguzza”. Questo tipo di veliero era stato
o 4 alberi su cui si innalzavano le vele quadre e latina. popolare fra il XVII ed il XIX secolo anche nell’Adriatico settentrionale: da Medulin,
attraverso Krk e Lošinj fino a Zadar. L’attrezzatura consisteva di due alberi, ma ce
n’erano anche con tre. Le “marciliane aguzze” erano lunghe circa 18 m, larghe 7,5 m,
alte sui 3 m, trasportavano 60-80 tonnellate di carico data l’ampia larghezza.92
La “marciliana spuntata” invece veniva adoperata prevalentemente lungo la costa
orientale dell’Adriatico, a differenza dell’aguzza che si spingeva fino ai porti
mediterranei, ed era più piccola. La lunghezza non superava i 15 m, la larghezza era di
circa 6 m e trasportava un carico inferiore, forse non più di 50 tonnellate.93
Nell’immagine di seguito vediamo una marcilianetta (in diminutivo) attaccata da una
galeotta barbaresca: sono ben visibili i due alberi con vele quadre su cui si intravedono
i fori causati dall’attacco, sull’albero di poppa, oltre alla quadra, si nota anche una vela
latina, mentre il bompresso molto rialzato arma due quadre.

Marciliane87

Usberghi riferisce tre possibili derivazioni: da Marsiglia; da “merci”; oppure anche dal
cetaceo “marsuino” cui somiglierebbe per forma. La prua avrebbe dovuto anticipare le
forme del trabaccolo, come pure fondersi con la polacca, ripetendone la velatura.88
In Anselmi troviamo che la marcilina fosse una barca ragusea.89
In De Nicolò vediamo che “la marciliana, marsiliana o anche marziliana era
un’imbarcazione di origine veneziana, sempre citata nei documenti relativi alla
navigazione e ai traffici in Adriatico […]. L’importanza di questo natante è stata tale
da poter caratterizzare anche, tra XVI e XVII secolo quella che lo storico J.C. Hocquet
definisce l’epoca della marciliana. La marciliana scomparve quasi totalmente alla fine
del Settecento senza lasciar traccia e dopo aver gradatamente ceduto il traffico mercantile
adriatico dall’inizio del XVIII secolo a
trabaccoli e pièleghi e ad imbarcazioni
minori.”90 La marciliana come veliero
da carico e mercantile era apparsa
in Dalmazia già nel XIV secolo,
e successivamente ne erano state
sviluppate altre varianti con migliori Marcilianetta perastina94
caratteristiche marittime per i più lunghi
viaggi transadriatici e mediterranei. Nei RMC I-III viene menzionata 1.145 puta, ovvero il 6,18%.
Marciliana91
92
Cfr. Mostra permanente della Museo della Città di Lošinj Veli, http://www.muzej.losinj.hr/
86
Come ci conferma del resto G. Ballerini, Dizionario italiano-scientifico-militare, Napoli stalni_postav_kula 8.07.2020
1824, s.v. marciliana, che ne attesta la portata di 200 tonnellate. 93
M. Kozličić, Hrvatsko brodovlje, pp. 109-113. R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. marsilijana.
87
Marciliane, http://www.pietrocristini.com/marciliana.htm 8.07.2020. Cfr. V. Brajković, P. Mardešić (a cura di), Pomorska enciklopedija, s.v.
88
M. Usberghi, Navi e merci nella Trieste settecentesca - prima parte, p. 93.
94
Marcilianetta comandata da Ivan Burović carica di vino attaccata di fronte a Saseno da una
galeotta nordafricana, dettaglio del disegno n. 40, da G. Ballovich, Pratichae Schrivaneschae
89
S. Anselmi, Adriatico: studi di storia, p. 346.
in C. Fisković, Borbe Peraštana s gusarima u XVII i XVIII stoljeću. La legenda originale re-
90
Marciliana, tratto da Mario Marzari, in M.L. De Nicolò (a cura di), Velieri, p. 25. cita: “Capn Zuane Burovich q.m Vicenzo con la Marcilianetta Caricho di Vino p Corffu fora di
91
Marciliana dal Muzejsko-galerijski prostor Kula [Museo di Lošinj Veli], Saseno fu Asalitto da una Galiotta Barbarescha senza perditta di Omini che delli Turchi furono
http://www.muzej.losinj.hr/images/stalnipostavkula/1.jpg 8.07.2020. mortti, e feritti piu di Cinquanta”, ibidem, pp. 20-21.

40 41
7. Feluca e feluchetta avevano una capacità di carico di circa 45 t, quelle
medie 25-40 t e le più piccole 15-25 t.97 Infatti anche
La feluca o filuga, in croato feluka e filjuga, era un tipo di veliero dalla lunghezza fra in Anselmi viene segnalato che la feluca era, assieme
gli 8 e i 15 m, dai 3 ai 4 m di larghezza e dalla portata “minore” che variava dalle 15 alla marciliana, una barca di provenienza ragusea.98
alle 70 t. Quelle più grandi potevano navigare anche fino ai vari porti mediterranei. Una versione più piccola della feluca era la feluchetta,
L’equipaggio era costituito da 4 a 30 membri e, come tutti i velieri del tempo, aveva per con un solo albero, senza ponte e con prua e poppa
ogni evenienza pure i remi, armata con 1 o 2 alberi a vele latine. Veniva usata, proprio quasi simmetriche.
per la sua velocità, per commissioni postali e come corriera, per controlli doganali, La feluca era anche un naviglio tradizionale dell’isola
certamente nel commercio, trasporto passeggeri, pesca ed anche come naviglio di Korčula per la plurisettimanale pesca del pesce
corsaresco.95 azzurro attorno alle isole più lontane. Veniva costruita
con una lunghezza da 7,5 a 10,5 m ed una portata fino
alle 7 t. Veniva usata come bastimento da carico, per il
trasporto di persone e merci verso i porti di Pelješac, la
foce del Neretva, Dubrovnik, le isole Elafiti e la baia
di Kotor, nel commercio di vino, pietra e pesce salato.
Feluchetta di Dubrovnik, modello,
Luciano Keber99
Come la più piccola gaeta falkuša, aveva le falche che venivano posizionate durante
il trasporto di carichi pesanti. Aveva una prua arrotondata con un ponte corto e una
poppa affilata.100 Gli “Atti del Governo italiano” del 1879 fra i Tipi dei bastimenti
mercantili definiscono quanto segue “Feluca: bastimento con due alberi verticali o
leggermente inclinati a prora (maestra e trinchetto), ambo a calcese con vela latina
(secondo le forme dello scafo la feluca ha un’asta di flocco o ne è priva)”.101
Keber ci conferma che a Dubrovnik le feluche da pesca e soprattutto commerciali,
erano diverse da quelle lunghe ed affilate a remi da guerra: grosse ovvero tozze,
differivano tra loro aumentando fino a tre volte le dimensioni e la capacità,102 nel qual
Feluca96
caso possedevano un terzo albero. Le troviamo anche nella variante di feluchette di
Kozličić riferisce che la feluca era un veliero mercantile dell’Adriatico e del cui Keber ci offre una meravigliosa riproduzione in allegato adducendo che, mentre
Mediterraneo del periodo fra il XVII ed il XIX secolo che veniva anche utilizzato come la feluca era quasi sempre coperta da un ponte, la feluchetta era aperta come una
nave da guerra, corsara o pirata. Aveva uno scafo tozzo, basso e largo con prua e poppa “barca”, uno scafo senza coperta. Vale la pena notare che la feluchetta è specifica per
smussate, arrotondate e ricurve, con due alberi a vele latine. L’albero anteriore era la sua manovrabilità, poiché la prua e la poppa sono quasi simmetriche, e il timone
nascosto proprio accanto alla prua e quello posteriore vicino alla poppa. Entrambi erano può essere appeso (posizionato) su entrambi i telai. Ne consegue che, se necessario,
in posizione verticale o moderatamente inclinati verso la prua. poteva cambiare istantaneamente la direzione del movimento nella direzione opposta
La feluca di Dubrovnik del Seicento e del Settecento veniva utilizzata per il commercio
locale, la pesca, la raccolta di spugne e coralli, e se necessario, come bastimento da
guerra o ausiliario per il trasporto veloce di passeggeri, ma anche veliero postale sulla
costa dell’Adriatico sudorientale. In quel periodo gli abitanti di Dubrovnik possedevano
97
M. Kozličić, Hrvatsko brodovlje, pp. 163-164.
una trentina di feluche. Di solito avevano due paia di remi per lato, a volte anche
98
S. Anselmi, Adriatico: studi di storia, p. 346.
quattro, in prossimità della prua e della poppa, ed in caso di guerra il loro numero 99
L. Keber, Feluchetta di Dubrovnik, modello, da Ratno brodovlje Dubrovačke Republike, in
poteva aumentare. Erano lunghe circa 10 m, larghe da 3,5 a 4 m. Le feluche più grandi Z. Radić (a cura di), “More - hrvatsko blago (zbornik radova)”, p. 402, https://morehrvatsko-
blago.files.wordpress.com/2016/03/32-l-keber.pdf 10.09.2020.
100
Tratto da Filjuga, M. Kozličić in HTE, https://tehnika.lzmk.hr/filjuga/ 10.09.2020. Vedi
anche J. Luetić, Filjuga – najznačajniji operativni brod dubrovačke države (druga pol. 17-19.
95
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. filjuga. Cfr. N. Čolak, RMC I, p. 72; Cfr. V. Brajković, P. st.) [La feluca – il naviglio operativo più significativo dello Stato di Dubrovnik (seconda metà
Mardešić (a cura di), Pomorska enciklopedija, s.v.; vedi anche Z. Herkov, Gradnja ratnih bro- XVII-XIX sec.)], “Anali Historijskog odjela Centra za znanstveni rad JAZU u Dubrovniku”,
dova u Kraljevici 1764-1767 [Costruzione di navi da guerra a Porto Re 1764-1767], Historijski 13–14, 1976, pp. 95‒116.
arhivi Pazin i Rijeka, Pazin-Rijeka 1979, pag 65. 101
Collezione celerifera delle Leggi, Decreti, p. 43.
96
A. Cherini, Feluca, http://www.cherini.eu/etnografia/VBE/VBEr_0198.jpg 08.05.2013. 102
Forse allora fino alle 100-120 tonnellate?... Questa resta una questione per ora aperta.

42 43
senza una scrupolosa rotazione di 180 gradi. Era armata con pistole e armi da fuoco.103
La feluca viene nominata 946 volte nei RMC I-III, ovvero il 5,10% del totale dei navigli.

8. Barca e barchetta

La barca, in croato barka o brodica era un naviglio di piccole dimensioni, della lunghezza
dai 4 agli 8 m, della portata fra le 5 e 40 tonnellate con 2-4 remi e poteva essere manovrata
da 2 a 4 marinai. Aveva uno o due alberi con vela latina, al terzo, ma anche altri tipi
di vela, eppure era in grado di attraversare autonomamente il Mare Adriatico, sia per
il trasporto merci, che per la pesca. Interessante notare che compare in vari documenti
dal XIII secolo in poi nell’accezione latina di barca o barcha, designando sempre un
naviglio minore rispetto al termine usato per velieri più grandi, ovvero navis.
Troviamo in Brajković a Split “navis, sive barcha” ed a Trogir “navis vel barche”.104
De Nicolò annota pure dagli Statuti di Ragusa “navis maior quam barca” a conferma di
quanto descritto sopra.105 Significante e certamente nella stessa linea la definizione ben
ampia data negli “Atti del Governo italiano” del 1879 fra i Tipi dei bastimenti mercantili Barchetto da pescare, Luigi Divari108
dove leggiamo “Barca: piccolo bastimento senza coperta o con una sola parte di essa,
che naviga a vela od a remi, destinata al traffico costiero od alla pesca. Può essere
variamente alberata, avere quindi uno o due alberi, e portare vele latine, auriche a terzo, 9. Barca cannoniera
a tarchia ecc. (Saranno pure distinte le barche peschereccie, le barche coralline ed altre
adoperate ad usi di speciale importanza)”.106 Di barche ne troviamo 869 menzioni ovvero Da notare due menzioni di barche cannoniere (nel testo sono in tutto 32) che vengono
il 4,69%, fra cui 8 barchette. Se le uniamo alle 32 barche cannoniere che analizziamo segnalate a parte: si trattava di navigli di piccola portata con un solo cannone. Venivano
avanti arriviamo a 901 presenze di tutte le barche ovvero 4,86%. usate nei combattimenti in gruppi da 10 o 20 dato che erano difficili da colpire, essendo
piccole e sparse per il mare.109
Interessante in questo senso il seguente documento: “1797.4.V, Ancona – Bastimento
del padrone Martin Nikolić di Plomin (Fianona) in Istria, approdato qui questa mattina,
depone d’aver visto nel Porto di Piran 4 bastimenti inglesi ivi ancorati: 2 fregate con 40
cannoni ciascuna e 2 golette da 24 cannoni d’una. Ha visto parimenti nel detto Porto 5
bastimenti napoletani: 3 navi di linea e 2 fregate circa 40 cannoni ciascuna: poi 23
legni imperiali: una corvetta da circa 16 (? il testo sporco, lettura incerta) cannoni e 20
barche cannoniere”.110 Dal che si evince una pratica bellica tipica del secolo, soprattutto
in acque pericolose quale il Golfo di Venezia continuamente minacciato da corsari
stranieri, vari pirati, pattuglie di bandiere diverse, quali russe, dove l’acume modificava
anche le tattiche e strategie nelle battaglie in mare. Molto ingegnoso anche il sistema
di riutilizzo di vari tipi di navigli minori, come ad esempio quello delle paranze a
“barche cannoniere”, come è ben visibile dalle due immagini in allegato che mostrano
la posizione del cannone in ambo i navigli.111
Barchetta107

103
L. Keber, Ratno brodovlje Dubrovačke Republike [Navigli da guerra della Repubblica di
Dubrovnik], in Z. Radić (a cura di), “More - hrvatsko blago (zbornik radova)”, pp. 398‒405,
https://morehrvatskoblago.files.wordpress.com/2016/03/32-l-keber.pdf 10.09.2020. 108
L. Divari, Barchetto da pescare, disegno, in M.L. De Nicolò, Velieri, p. 43. Cfr. L. Divari,
104
V. Brajković, Etude historique sur le droit maritime privé du littoral yougoslave, Marseille Barche del Golfo di Venezia, Sottomarina 2009, p. 202.
1933, citato in R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. barca, II parte, pp. 43 e 46. Cfr. A. Simović (a 109
Come si può evincere da RMC II, 2167 e 2394.
cura di), Pomorski leksikon, s.v. barka. 110
RMC II, 2394 – ASA, ACA, busta 1830, Ufficio Sanità: legni approdati nel Porto, A. 1797,
105
M.L. De Nicolò, Naviglio mercantile in Adriatico, p. 138. Archivio N. Čolak, III, f. 492.
106
Collezione celerifera delle Leggi, Decreti, p. 44. 111
Vedi C. Paoletti, La Marina Pontificia dal 1796 al 1808 in “Bollettino d’archivio dell’Uffi-
107
Barchetta, in L. Casson, Illustrated History of Ships and Boats, p. 153. cio Storico della Marina”, anno XXV, n. 1, marzo 2011, p. 14.

44 45
QQQQCannoniera veneta, Aldo Cherini112 Lancia cannoniera, Aldo Cherini 113

10. Fregatone e fregatoncino

Il fregatone, in croato fregaton o fregadun, era un naviglio commerciale simile alla


fregata, ma differente e in vari modelli molto più grande: come veliero mercantile appare
nel mare Adriatico nel Seicento e Settecento. Era caratterizzato da uno scafo tondo
con poppa quadrata, due o tre alberi con vele quadre a prua, il bompresso con fiocco,
mentre a poppa armava una vela aurica. La sua capacità di carico variava dalle 50 t fino
a persino 500 t. Il fregatone di Dubrovnik era un po’ più piccolo di quello veneziano e Fregadón, XVIII sec. .116
compare appena nel Settecento. Nella seconda metà del XVIII secolo il fregatone pian
piano lascerà il suo posto alla checcia, anche se nei nostri documenti il rapporto fra i due
è ancora 2:1 per il fregatone. Dal Settecento lo possiamo trovare come nave mercantile
anche fuori l’Adriatico a 3 alberi con vele quadre ed aurica, certamente armato.114
In Munerotto troviamo “nel XVII, e ancora nel XVIII secolo, considerata nave di
origine e tipicamente veneziana, con poppa quadra e armo velico simile alla marziliana,
cui si ispirava aumentandone le dimensioni”.115 Ed infatti nella ricostruzione allegata
dal Munerotto notiamo che l’albero di poppa armava una vela latina.
Lo troviamo menzionato 808 volte nei RMC I-III, ovvero il 4,36%.
Compare altre 16 volte come fregatoncino, ed è probabile che si tratti di una variante più
piccola del fregatone, in tutto quindi 824 ossia 4,45%.
Nell’immagine allegata viene dato un dettaglio del disegno n. 7 dalle Pratichae
Schrivaneschae di Julije Balović del 1695 dove si vede un fregatone con bandiera
veneziana assalito da una galeotta barbaresca.

112
A. Cherini, Cannoniera veneta 1815 - disegno di massima da un modello (Museo Navale,
Venezia) - Attrezzatura da cutter a gabbiola, in Naviglio mercantile dell’Adriatico. Dalle origi- Fregatone perastino117
ni all’Ottocento, disegno n. 52, https://www.cherini.eu/etnografia/NMA/slides/Naviglio_mer-
cantile_Adriatico-52.html 20.01.2021. 116
G. Munerotto, “Fregadón - XVIII sec. ricostruzione”, in G. Munerotto, Dizionario illustra-
113
A. Cherini, Lancia cannoniera da 45 piedi (da disegno settecentesco della Biblioteca Civi- to storico tecnico, p. 203.
ca di Trieste), in Naviglio mercantile dell’Adriatico. Dalle origini all’Ottocento, disegno n. 53, 117
Fregatone di Matija Čorko con una galea nordafricana nei pressi dell’isola di Kýthera nel
https://www.cherini.eu/etnografia/NMA/Naviglio_mercantile_Adriatico-53.JPG 20.01.2021.
1708, dettaglio del disegno n. 7, da G. Ballovich, Pratichae Schrivaneschae in C. Fisković, Bor-
114
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. fregaton. Cfr. N. Čolak, RMC I, p. 68. Cfr. V. Brajković, be Peraštana s gusarima u XVII i XVIII stoljeću. La legenda originale nel manoscritto recita:
P. Mardešić (a cura di), Pomorska enciklopedija, s.v. “Cap.n Matio Corcho con il suo Fregadon nelle Aque e in Canal di Cerigo fu asalitto da una
115
G. Munerotto, Dizionario illustrato storico tecnico dei principali termini di costruzione galiotta Barbarescha non sollo si difese ma resto patron della galiotta ucisi li turchi, e la galiotta
navale e marineria veneziana, Venezia 2009, s.v. fregadón. regallo al Sn Conte Nicholo Lazzari, a Modon”, ibidem, p. 17.

46 47
Altri navigli ben rappresentati e inglesi dello stesso tipo, nella checcia lo scafo era ristretto ed elevato, guadagnando
così di velocità. Le prime checcie avevano una capacità di carico di circa 60 tonnellate,
poi anche 125 t, con una lunghezza di 16,2 m, larghezza di 7 m, con 10-15 membri
1. Checcia di equipaggio.122 Troviamo varianti ibride anche in questo caso, quando la si chiama
“brigantino ossia checcia”123 oppure anche “polacchetta ossia checcia”124. Viene
La checcia, in croato ćeća, kekija o keč, era un veliero di grandezza media della lunghezza menzionata in tutto 410 volte, ovvero 2,21%.
fra i 12 e 20 m, larghezza dai 4 ai 7 m, dalla portata fra le 60 e le 230 t, con un equipaggio
da 10 a 16 uomini. Era corredata da 2 o 3 alberi a vele quadre, aurica o latina, usata per
il commercio sia all’interno dell’Adriatico che per rotte extra-adriatiche.118 Blackburn
ne conferma la presenza nei secoli anteriori, ma come veliero minore nella navigazione
ovvero commercio lungo le coste dal Seicento.119

Checcia125

Checcia di Dubrovnik del XVIII sec.120 2. Brazzera e brazzerotta


Vekarić scrivendo delle checcie di Pelješac ne dà la capacità fra le 90 e 160 t, come La brazzera, in croato bracera, indicava un veliero mercantile minore della lunghezza
in altri navigli, anche qui la stazza è minore.121 Viene sempre da pensare che i navigli fra i 7 e 17 m, larghezza 3-4 m e dalla portata molto variabile dalle 2,5 alle 70 t.
nordici fossero in qualche modo di misure superiori rispetto ai correlativi adriatici pure L’altezza poteva variare da 1,5 a 2 m. Aveva un equipaggio di 4-10 membri, con 2 o
degli stessi secoli. 4 remi ed una scialuppa che si trainava dietro. Per quanto riguarda il sistema velico,
Interessante l’analisi di Kozličić sulla checcia di Dubrovnik nel Settecento che aveva da 1 a 2 alberi con vele latine, ma potevano essere usate anche quelle al terzo a
era destinata alla navigazione nell’Adriatico e Mediterraneo. Ritiene che avesse le seconda della provenienza del veliero.126 Veniva usata per il trasporto delle merci, la
caratteristiche dei velieri di allora, quali il petaccio e la nava, principalmente per quanto pesca e il pilotaggio, ma anche il contrabbando.
riguarda l’attrezzatura velica e lo scafo, con differenze nella forma della prua. L’albero
di prua infatti era più basso e portava tre vele quadre, mentre quello di poppa era più
alto, con tre vele quadre e una grande vela aurica. Sopra il bompresso vi erano due o tre 122
Vedi M. Kozličić, Kekija in HTE, https://tehnika.lzmk.hr/kekija/ 10.01.2020; cfr. M.
fiocchi, al di sotto una piccola vela quadra. Rispetto ai velieri contemporanee olandesi Kozličić, Hrvatsko brodovlje, pp. 154-157.
123
RMC I, 2976.
124
RMC I, 3676.
118
Cfr. V. Brajković, P. Mardešić (a cura di), Pomorska enciklopedija, s.v.; R. Vidović, Po- 125
Checcia, in G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 392.
morski rječnik, s.v. kekija e keč.
126
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. bracera. Cfr. N. Čolak, Navigazione marittima fra i porti
119
G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, Boats, Vessels, pp. 193-194.
dalmato-istriani e i porti pontifici alla fine del Settecento I-II in “Studi Veneziani”, XI/1969,
120
Checcia di Dubrovnik del XVIII sec., https://tehnika.lzmk.hr/wp-content/uploads/2017/12/ pp. 612-634, e ibidem, XIV/1972, pp. 331-348. Qui troviamo brazzere della capacità fra i 28.000
HTE_0341.jpg, 08.05.2020. ed i 35.000 l, ovvero circa 28-35 tonnellate. Vedi anche V. Brajković, P. Mardešić (a cura di),
121
S. Vekarić, Pelješki jedrenjaci, pp. 264-271. Pomorska enciklopedija, s.v. Vedi anche M. Bratanić, Pomorstvo Dalmacije u 19. stoljeću, p. 27.

48 49
Brazzera di Piran127 QQQQQQQBrazzera del territorio di Zadar130 Brazzera nel porto di Split131

In Usberghi troviamo che fosse un “bragozzo di piccole dimensioni non pontato”, con marittime dell’Adriatico orientale nel navigare tra la moltitudine di isolotti più o meno
un solo albero e vela al terzo, imbarcazione dell’Alto Adriatico da pesca. Fa derivare il grandi e poteva più facilmente cercare riparo da mari forti e improvvise raffiche di
nome dall’isola di Brazza, sebbene annoti che Aldo Cherini non ne concordi l’etimologia. vento in piccole baie riparate. Le prime brazzere in Adriatico sono menzionate già nel
Diffusa nel Golfo di Trieste ed in Istria, ma con l’appunto che il tipo istriano era diverso, Seicento. Con il cambio del loro uso, erano cambiate anche le manovre e gli impianti
sia per forma che maggiore capacità, e non utilizzato nella pesca, infatti l’attrezzatura velici. Vediamo così che la brazzera adriatica poteva avere anche due o tre alberi.
velica (sia che fosse ad uno o due alberi) era spostata avanti a prora per dare spazio Le brazzere di Brač mostrate nel dipinto ad olio di Menci Klement Crnčić in allegato,
per i passeggeri o merci.128 Salamon per l’etimologia invece cita la tradizione per cui il avevano un albero con vela al terzo ed un fiocco sul bompresso.132 Lo stesso dicasi delle
nome bracera derivi dal fatto che le prime imbarcazioni erano mosse dai remi, ovvero informazioni che ci offre Luigi Divari nei suoi meravigliosi e colorati disegni sulle
a “forza di braccia”, secondo la dicitura nella lingua franca mediterranea. Certo è che brazzere adriatiche.133 Anselmi riferisce che anche la brazzera (come il pielego) è un
gli isolani di minor reddito preferivano costruire brazzere più economiche piuttosto che battello di origine istriano-dalmata.134
trabaccoli e pieleghi più grandi e più costosi. Keber ci dà tutta una serie di termini con cui veniva indicata nelle varie zone adriatiche:
Altro dato evidente è che la brazzera, relativamente piccola, era più adatta alle condizioni “braziera (nel 1800 a Korčula), bracciera (1567), braciera (Split, Korčula 1572),
brazziera da luminar (1653), brazzera (1805 Brač), brazera (1760)”.135 Sull’etimologia,
oltre alle due varianti sopra citate (dall’isola di Brač, o dal remare con le braccia –
brachium), ne adduce una terza, ovvero in riferimento allo scopo dell’uso dei velieri
minori, “quali galera, speronera, manzera, brazzera ecc.”136 In ogni caso ritiene che le

va [Mostra. Menci Clement Crnčić (1865-1930) Retrospettiva], P. Vugrinec (a cura di), nella
“Galerija Klovićevi dvori”, Jezuitski trg 4, Zagreb 16.02-8.05.2016, pp. 90-91, https://bib.irb.hr/
datoteka/938697.Crncic_katalog.pdf 15.09.2020.
130
Brazzera del territorio di Zadar, in V. Salamon, Hrvatski tradicijski brodovi, p. 677.
131
Brazzera nel porto di Split, in V. Salamon, Jadranska bracera, p. 99.
132
V. Salamon, Hrvatski tradicijski brodovi, pp. 676-677. Per un approfondimento si rinvia a
V. Salamon, Jadranska bracera [Brazzera adriatica] in “Brodogradnja”, vol. 60, n. 1, 2009, pp.
Brazzere di Brač, Menci Clement Crnčić129 98-100, https://hrcak.srce.hr/39453, 15.09.2020. Vedi anche M. Kozličić, Hrvatsko brodovlje,
pp. 215-217.
127
Brazzera di Piran a vele latine, http://www.euronautica.net/barche-epoca/foto/brazzera-
133
L. Divari, Brazzere, pièleghi, trabaccolo, in M.L. De Nicolò (a cura di), Velieri, p. 50.
pirano1-400.jpg, 08.05.2013. 134
S. Anselmi, Adriatico: studi di storia, p. 346.
128
M. Usberghi, Navi e merci nella Trieste settecentesca - prima parte, pp. 88-90. 135
L. Keber, Tradicijske barke, p. 74.
129
M.C. Crnčić, Bonaca, 1906, in Izložba Menci Clement Crnčić (1865.-1930.) Retrospekti- 136
Ibidem.

50 51
brazzere, tozze ed arrotondate, non oltrepassassero le 40 t ed i 15 m di lunghezza. sia in guerra sia per scopi ricognitivi, come pure in accompagnamento di convogli,
Certo è che anche questo veliero, adattato a livello locale nelle varie zone adriatiche e ma anche dai corsari, motivo per cui era fornito da 10 a 20 cannoni.140 Bratanić scrive
mediterranee, si era evoluto verso una riduzione della velocità a favore di una maggior che fosse molto simile al bricco ma di dimensioni minori.141 Negli “Atti del Governo
capacità di carico, con la parte centrale dello scafo tutta adibita a questo scopo, mentre i italiano” del 1879 fra i Tipi dei bastimenti mercantili troviamo “Brigantino a palo:
ripostigli a prua e poppa rimanevano ad uso dei marinai e per l’attrezzatura. Fra le varie bastimento con tre alberi verticali, i due primi (trinchetto e maestra) a vele quadre, il
caratteristiche principali Keber ne annota la prua rialzata e tonda come pure gli occhi terzo (mezzana) a vele auriche e bompresso” ma anche “Brigantino goletta: bastimento
decorativi.137 con due alberi verticali, il primo (trinchetto) a vele quadre, il secondo (maestra) a vele
Viene nominata nei RMC I-III in tutto 373 volte, ovvero il 2,01% dei navigli menzionati. auriche e bompresso”,142 come è ben visibile dal disegno di Grant allegato.
Troviamo in 5 casi anche la forma bracierotta o brazzerotta, in croato bracerota: se Trattandosi di velieri maggiori non erano tipici per la traversata quotidiana dell’Adriatico,
si trattasse solo di un diminutivo e indicasse un brazzera più piccola, non è possibile in effetti ne troviamo menzione 187 nei RMC I-III, ovvero l’1,01%. Eppure Vekarić
capirlo dai documenti. Assieme alla variante maggiore arriviamo a 378 menzioni, scrive che i brigantini di Pelješac non oltrepassavano le 100-150 t, dato interessante se
ovvero il 2,04%. teniamo presente che non è la prima volta che le sue informazioni concrete siano minori
dei dati di simili velieri nordici.143
È interessante fare un appunto sul viaggio in conserva ovvero in convoglio.
Per i continui pericoli in mare, da corsari e pirati a flotte nemiche, si usava
accompagnare gruppi maggiori di velieri mercantili da navigli da guerra, che
potevano essere non solo le navi o vascelli propriamente detti, ma come in questo
caso, anche i brigantini. I regesti menzionano 31 di tali tipi di viaggi.144

Brazzere dalmate, Luigi Divari138


3. Brigantino

Il brigantino, il cui termine croato è praticamente identico brigantin era un grande veliero
di cui si hanno le prime notizie nel XV secolo. Per forma assomigliava alla goletta ed al
bricco. Era lungo dai 15 ai 20 m, largo dai 4 ai 5,5 m ed aveva una portata variabile dalle
100 alle 200 t medie (anche 300 t per i modelli nordici e mediterranei). Interessante ne QQQQQ Brigantino, Gordon Grant145 Brigantino, modello di Željko Skomeršić146
è la derivazione che ne dà Blackburn ritenendo che all’inizio si trattasse di un veliero
mediterraneo usato per il brigantinaggio, arrivato nei mari del nord nel XVII secolo:
ne è rimasto il nome dato che la costruzione del veliero usato dai briganti nordici era
140
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. brigantin. Cfr. V. Brajković, P. Mardešić (a cura di),
Pomorska enciklopedija, s.v.
completamente diversa dall’antesignano meridionale.139
L’equipaggio del brigantino era costituito dai 13 fino ai 16 membri con 8-16 remi.
141
Il che ci fa pensare che non superasse le 200 t dato che il bricco adriatico arrivava alle 240
Aveva due o tre alberi con vele quadre ed aurica su quello di mezzana. Veniva usato t massime. Vedi M. Bratanić, Pomorstvo Dalmacije u 19. stoljeću, p. 54.
142
Collezione celerifera delle Leggi, Decreti, p. 43.
143
S. Vekarić, Pelješki jedrenjaci, p. 264-271.
137
L. Keber, Tradicijske barke, p. 75. Per un ulteriore approfondimento si rimanda a tutto il 144
RMC I-III, Indice analitico, s.v. convoglio. Cfr. J. Luetić, 1000 godina dubrovačkoga bro-
capitolo Bracera, pp. 74-85 con relativi disegni, sezioni e piani costruttivi. Vedi anche L. Ke- darstva, p. 24.
ber, Tradicionalne brodice, pp. 53–60. Cfr. M.L. De Nicolò, La Speranza, p. 131. 145
G. Grant, Brigantino, in H.B. Culver, The book of old ships: from Egyptian galleys to clip-
138
L. Divari, Brazzere dalmate, in Idem, Brazzere, pièleghi, trabaccolo, M.L. De Nicolò (a per ships, G. Grant (illustration), New York 1924, (formato epub – in tutto p. 172), p. 120.
cura di), Velieri, p. 50. 146
Ž. Skomeršić, Brigantin sv. Katarina, modellino, http://www.leut-krk.hr/?page_id=65,
139
G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 57. 10.11.2020.

52 53
4. Pinco e pinchetto Notiamo infatti una grande differenza fra le due immagini di pinco proposte: il primo
ha un tipico apparato velico latino con scafo basso, mentre il secondo mostra due alberi
Il pinco, pinchetto, pinchetta, ma anche pincotto in croato pinka e pinko, era un tipico a vele quadre e quello di mezzana a latina, con scafo alto. Certamente a memento che
veliero mediterraneo veloce con buone capacità navigatorie: era relativamente stretto ed anche in ambito europeo, vi erano grandi differenze fra navigli aventi lo stesso nome nei
assomigliava allo sciabecco. La capacità variava dalle 45 alle 300 t, con un equipaggio mari nordici e quelli mediterranei. Denotazione comunque di grande ricchezza e varietà
fra le 6 e 15 persone, fino a tre alberi con vele latine, ma anche quadre. La sua velocità di forme. Interessante notare che Blackburn enumera tutta una serie di pinchi, fra cui
aveva fatto sì che fosse preferita non solo nel commercio, ma anche e soprattutto per il anche un tipo secentesco e settecentesco mercantile mediterraneo, simile allo sciabecco,
trasporto dei passeggeri. Lo si nomina nei RMC I-III in 176 casi ovvero 0,95%, di cui è con velatura latina appunto. Gli altri tipi che adduce sono il pinco del Quattrocento e
interessante annotare pure della dicitura “tartanella pinchetta”147, che conferma ciò di cui si Cinquecento, piccolo veliero dalla poppa stretta; un piccolo veliero danese da guerra del
è scritto precedentemente sugli adattamenti ad personam dei vari navigli e velieri, a seconda Seicento; ed infine un pesante naviglio olandese di Scheveningen.151
delle necessità, oppure del perdersi con il tempo delle distinzioni nette, dato che varie
zone ricercavano proprie varianti, come era più consono alle necessità dei tratti di mare
da percorrere.148 Interessante la descrizione che troviamo in Culver: “Per quanto il nome
possa essere stato applicato diversamente, Lescallier, edizione dell’anno 1795, fornisce
una rappresentazione definita di un veliero che porta il nome con la seguente descrizione
concreta: «Pinque (pinco) mercantile mediterraneo con due alberi à calcet (cioè con la forma
a galea dell’albero maestro). E su ognuno di essi una [...] vela latina, con una mezzana molto
piccola a poppa. Questo naviglio assomiglia, nel suo sartiame, a uno sciabecco con vele
latine. Ma lo scafo è diverso in quanto il pinco ha una velatura molto meno dritta, la sua prua
è più piena e la parte inferiore meno fine, essendo costruito per trasportare merci. Inoltre, i
pinchi non sono azionati da remi e raramente trasportano cannoni». Aggiunge che spagnoli
e napoletani nella loro marina mercantile impiegano molti pinchi, le loro dimensioni vanno
dalle duecento alle trecento tonnellate. Mentre lui non menziona la caratteristica poppa,
la sua immagine la mostra abbastanza chiaramente. Altre rappresentazioni di pinchi li
mostrano come differenti interamente dalla descrizione sopra citata.”149
Pinco152

5. Peota e peota latina

La pedotta e peota, il termine in croato è identico, era un piccolo veliero commerciale


dalla capacità di circa 30 tonnellate, con 5 o 6 membri di equipaggio. Usava sia le vele
che i remi come quasi tutti i navigli di questo secolo.
In Munerotto troviamo che la parola indicasse una probabile contrazione di “barca
da peota”: la definisce come un’imbarcazione di media grandezza a remi, da 4 a 8,
simile per struttura al batelón e alla caorlina, ma più snella, quindi adatta a navigare
pure in mare, anche in funzione di rimorchio. Ne annota la presenza nel Settecento
quale naviglio minore e anche come imbarcazione da parata con decorazioni. L’unico
esemplare arrivato ai giorni nostri è appunto la barca di gala dei Savoia costruita a
Pinco, Gordon Grant150 Venezia nel 1730, il Bucintoro.153 La troviamo nei RMC I-III in 122 menzioni,
provenienti a Venezia da porti anche lontani come Bune (Boiana), Durres (Durazzo),
Shkoder (Scutari), Brindisi, ma anche da Ancona, Split, Trogir e Dubrovnik. Per fare
147
RMC I, 1674 e 1684.
148
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. pinka. Cfr. N. Čolak, RMC I, p. 13. Per un esempio delle
modificazioni operate sui navigli vedi M. Kozličić, Bokeljska tartana - La tartana delle Bocche 150
G. Grant, Pinco, in H.B. Culver, The book of old ships, (formato epub) p. 102.
di Cattaro in M.L. De Nicolò (a cura di), Tartane, pp. 79-84. Vedi pure V. Brajković, P. Mardešić
(a cura di), Pomorska enciklopedija, s.v. L. Casson, Illustrated History of Ships and Boats, p.
151
G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 257.
127. Vedi anche M. Bratanić, Pomorstvo Dalmacije u 19. stoljeću, p. 31. 152
Pinco, https://db4sgowjqfwig.cloudfront.net/campaigns/120477/assets/514825/merchant.
149
H.B. Culver, The book of old ships, (formato epub) p. 102. jpg?1444314014, 20.07.2020.
153
G. Munerotto, Dizionario illustrato storico tecnico, p. 116.

54 55
tali viaggi importanti certamente doveva essere un naviglio robusto, con sistema velico velica: due alberi con vele latine, lungo bompresso con quadra. Anche in questo caso le
adatto ai venti e correnti del Mare Adriatico, le due immagini proposte di seguito non Pratichae Schrivaneschae ci restituiscono uno scorcio preziosissimo del passato.
sembrano essere adeguate.

Peotine marchigiane158
Peota da parata 154
6. Grippo e grippetto

Il grippo ed il grippetto, in croato grip e gripet, era un veliero commerciale minore usato
per la pesca, il trasporto di merci e passeggeri, ma anche dai corsari in qual caso aveva
da 2 a 5 cannoni. Aveva una lunghezza che variava dai 9 ai 15 m, una larghezza da 1,5 ai
5 m. La capacità si aggirava fra le 15 e 100 tonnellate, per i grippetti dalle 12 alle 15 t.

Peòta, per trasporto passeggeri – XVIII sec.155

Troviamo pure una peota latina che quasi certamente si riferisce alla sua velatura di tipo
latino.156 Se uniamo tutte le peote alla peota latina e alle peotine otteniamo 151 presenze
ovvero 0,81%.157
Ciò che invece desta attenzione è invece la seguente immagine che mostra una marciliana
battente bandiera veneta attorniata da ben cinque peotine marchigiane salvate dai corsari
dulcignotti facenti vela verso Ancona. Il disegno di Balović ci permette sia di mettere Grippo di Lošinj del Seicento159 Grippo del litorale croato XVIII sec.160
a confronto le peotine con la marciliana, ma anche di descriverne le forme e l’armatura
158
Ivan Burović Grgurov conduce navigli anconetani che erano stati catturati dai corsari
dulcignotti nel 1686, dettaglio del disegno n. 12, da G. Ballovich, Pratichae Schrivaneschae, in
154
Peota da parata, http://www.sullacrestadellonda.it/imbarcazioni/images/peota.jpg, C. Fisković, Borbe Peraštana s gusarima u XVII i XVIII stoljeću. La legenda originale recita:
08.05.2013. “L ano 1686 Cap.n Zuane Burovich q.m Greg.o con La Marziliana, a Capo Rodoni In Albania
155
Peòta, per trasporto passeggeri – XVIII secolo, ricostruzione, in G. Munerotto, Dizionario feze preda di Cinque Pedotine Marchiane, che furono presse da Dulcignotti, e questte Cariche
illustrato storico tecnico, p. 210. di Salle per Boianna”, ibidem, p. 17-18.
156
RMC I, 1196. 159
Grippo di Lošinj del Seicento, in HTE, https://tehnika.lzmk.hr/wp-content/uploads/2018/01/
157
V. Brajković, P. Mardešić (a cura di), Pomorska enciklopedija, s.v.; R. Vidović, Pomorski HTE_0330.jpg 12.10.2020.
rječnik, s.v. pedota e peota. Cfr. N. Čolak, RMC I, p. 70. 160
Grippo del litorale croato del XVIII secolo, in M. KOZLIČIĆ, Hrvatsko brodovlje, p. 104.

56 57
Rispetto alla grandezza del veliero anche l’equipaggio variava dalle 3 alle 20 persone. Il assieme ai trabaccoli già menzionati erano stati nel passato fra i velieri più amati sulla
grippo aveva 10-12 remi mentre il grippetto 2, trainandosi dietro una “barca” ausiliaria; costa orientale adriatica dall’Istria a nord, fino a sud alla Boka Kotorska (Bocche di
la velatura era di tipo latino issata su 1 o 2 alberi. In De Nicolò, citando Kozličić ed i Cattaro).164
suoi studi, troviamo si trattasse di “barca di Curzola introdotta da Cattaro, alla fine del Nel dettaglio del disegno di seguito si vede un grippo con due alberi armati a latina
XIV secolo risulta documentata anche a Kotor e a Dubrovnik”.161 ed un lungo bompresso armato a quadra portante bandiera di San Marco ed una barca
Sarà un veliero che si svilupperà in uno molto maggiore nel Settecento, diventando un ausiliaria. A sinistra vi è una delle quattro tartane di corsari dulcignotti da lui catturate
solido naviglio per il trasporto della merce come si evince da un ex voto nel santuario che procedono una dinanzi e le altre tre dietro il grippo.
di Trsat: “Il grippo di Trsat si presta ad essere interpretato come testimonianza delle
problematiche di navigazione lungo le coste orientali dell’Adriatico dalla fine del XVIII,
all’inizio del XIX, epoca in cui occorreva assicurare il carico dagli assalti di pirati.”162
Kozličić opera tutta una serie di distinzioni riguardo ai vari tipi di grippi croati della
sponda orientale adriatica. Ci dà conferma del grippo come di un piccolo veliero
mercantile e da pesca ad albero singolo con remi. Appare sul versante orientale
dell’Adriatico probabilmente nel XII secolo, storicamente attestato nel XIII secolo, che
ha navigato in sue diverse varianti fino al XIX secolo. I primi grippi venivano costruiti
dagli abitanti della Boka Kotorska e di Dubrovnik, i più antichi documentati erano di
Pelješac e Split; nel corso della storia erano stati costruiti lungo tutta la costa adriatica
orientale: a Korčula, Trogir, Senj, Kraljevica, Rijeka. Erano spesso usati a scopi bellici
e corsareschi, come corrieri e navigli sanitari, principalmente all’interno del Mare
Adriatico.
U tipo particolare di grippo era quello cinquecentesco e secentesco di Pelješac: era un
veliero mercantile dotato di un unico albero con vela latina. La poppa era leggermente
rialzata ed era governato con l’aiuto della pala del timone. Rimorchiava regolarmente
una scialuppa di salvataggio.
I grippi più piccoli erano lunghi dai 9 ai 12 m, larghi sui 3‒3,5 m, avevano dai 5 agli
8 membri di equipaggio; erano utilizzati per il commercio locale nelle acque costiere
dell’Adriatico orientale, dove potevano trasportare 20-30 t di carico. I grippi più grandi
Grippo perastino che ha catturato tartane dulcignotte (1686)165
erano lunghi 15 m, larghi 4 m, con 12 marinai e trasportavano circa 30-40 t di carico. Il
grippo della Dalmazia centrale secentesco aveva la vela latina e 3-4 remi per lato. Era
Nei regesti lo troviamo menzionato 186 volte ovvero l’1%, di cui 117 grippi e 69 grippetti,
lungo da 8 a 10 m, largo 2,5-3 m ed aveva fino a dieci membri di equipaggio.
che ci conferma che questa preferenza stava pian piano scemando nel Settecento a favore
Il grippo di Lošinj poi, era un veliero adriatico costiero da carico apparso nel Seicento,
di altri navigli più adatti al periodo ed al commercio fra le due sponde.166
lungo 15 m, largo fino a 4 m, con circa 15 membri di equipaggio e poteva trasportare
sulle 30-40 tonnellate di carico. Costruito durante il periodo degli uscocchi di Senj,
che nelle loro razzie non risparmiavano nemmeno i velieri croati, aveva una velocità e
manovrabilità eccezionali tipiche dei bastimenti da guerra. Vi erano state utilizzate le
esperienze di costruzione navale dei grippi di Pelješac, con alcune soluzioni e rifiniture
specifiche del Quarnero e l’Istria. Kozličić, Hrvatsko brodovlje, pp. 99-108.
Un ultimo tipo di grippo era quello del Litorale croato settecentesco: un veliero 164
Per un approfondimento sui tipi di grippi croati vedi M. Kozličić, Hrvatsko brodovlje, pp.
mercantile lungo 15 m, largo fino a 5 m, con 15-20 membri di equipaggio che per la 98-109.
difesa del carico e dell’equipaggio poteva avere fino a cinque cannoni per lato. Il suo 165
Ivan Bujović col grippo conduce le tartane dulcignotte catturate nel 1686, dettaglio del
scafo era leggermente più alto che negli altri grippi: aveva una struttura sopraelevata a disegno n. 10b, da G. Ballovich, Pratichae Schrivaneschae, in C. Fisković, Borbe Peraštana s
poppa e un albero alto attrezzato con una grande vela latina. A prua aveva un ponticello gusarima u XVII i XVIII stoljeću. La legenda originale recita: “L ano 1686 Cap.n Zuane Buio-
(caratteristico del leuto) che permetteva all’equipaggio di raggiungere anche le rive vich Con Il’Gripo detto Bartunich in Albania fezze Preda quattro Tartane Dulcignotte Cariche
inaccessibili. Poteva trasportare sulle 40-50 t di carico.163 Kozličić conclude che i grippi di Biave, e alquantti Turchi che fu con questti Adem Reis Camsa”, ibidem, p. 17.
166
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. grip e gripet. Cfr. N. Čolak, RMC I, p. 71, vedi anche V.
Brajković, P. Mardešić (a cura di), Pomorska enciklopedija, s.v. e J. Luetić, Grip ‒ najdjelot-
161
M.L. De Nicolò, Velieri, p. 23.
vorniji operativni tip broda pučkih ustanika Matija Ivanića [Il grippo - il tipo navale operativo
162
M.L. De Nicolò, Velieri, p. 24. più efficace degli insorti popolari di Matija Ivanić], “Radovi Instituta za hrvatsku povijest”,
163
Tratto da M. Kozličić, Grip, in HTE, https://tehnika.lzmk.hr/grip/ 12.10.2020. Cfr. M. 10/1977, 1, pp. 167-178. Vedi anche M. Bratanić, Pomorstvo Dalmacije u 19. stoljeću, p. 27-28.

58 59
I navigli meno menzionati

1. Galea

La galea o galera, in croato galija, ma anche galera, era un lungo naviglio da guerra
dai caratteristici lineamenti bassi che si è mantenuto nel Mediterraneo ed Adriatico
dal Medioevo fino all’Età moderna (ovvero dal X al XVIII secolo appunto) quando
scompare definitivamente.

Galeazza veneziana a vela, Henri Sbonski de Passebon 169

Galea167

Le dimensioni erano veramente impressionanti: lunga dai 40 ai 50 m, larga fra i 5 ed i


10 m con un equipaggio che poteva raggiungere i 150 membri (anche di più nei secoli
precedenti).
La sua caratteristica principale erano appunto i remi suddivisi in file per i galeotti ed
infatti dal loro numero e posizione veniva chiamata bastarda, bireme, trireme,
quadrireme, reale ecc. Aveva di solito due alberi principali con vele latine e una o due
scialuppe che si tirava appresso.
Galeazza pubblica veneziana con tartane perastine170
Nasce come grande naviglio da guerra attrezzata con tutta una serie di cannoni, sebbene
nel Settecento la troviamo più spesso come nave mercantile e comunque sempre con
Nei Regesti marittimi croati la troviamo menzionata 98 volte, anche se bisogna tener conto
cannoni soprattutto quando era in funzione di accompagnamento dei convogli. La
delle altre “varianti” più piccole di questo enorme veliero che pure compaiono nei RMC
capacità sembra arrivasse fino alle 1.000 tonnellate, benché fosse più verosimile che nel
I-III, ovvero galeotta e fusta ed arriviamo a 126 menzioni ovvero solamente 0,68% di
suo ultimo secolo di esistenza si aggirasse attorno alle 300-500 tonnellate (ad eccezione
questa “famiglia” di navigli, altro dato che ci fa riflettere.171
forse della galeazza, ovvero galea grande di cui vengono proposte due immagini di
seguito, di cui la seconda pure armata di quadra sull’albero di trinchetto!). De Nicolò la
definisce come regina dei mari medievali, essendo stata incontrastata per secoli come 169
H. Sbonski De Passebon, Galeasse a la voile, in Plan de Plusieurs Batiments de Mer avec
naviglio.168 leurs Proportions, Marseille 1690, https://www.rarecharts.com/ShowDetail/Creator/Henri-
Sbonski-de-Passebon/Title/Galeasse-a-la-voile/308 22.11.2020.
170
Le tartane dei fratelli Bronza conducono a Corfù una galeazza pubblica abbandonata,
dettaglio del disegno n. 22, da G. Ballovich, Pratichae Schrivaneschae, in C. Fisković, Borbe
Peraštana s gusarima u XVII i XVIII stoljeću. La legenda originale recita: “La Publicha Ga-
liazza per Casso di Fortuna fu Abandonatta dalla Nave Ercholle, e poi Convogliatta dalle Doi
167
Galea, in E.K. Chatterton, Sailing Ships: The Story of Their Development from Earliest Tartane dalli Fratteli Bronza sino a Chorffu”, ibidem, p. 19. Interessante notare la quadra a prua!
Times to the Present Day, London 1909, p. 216. Quasi a voler riconfermare che la variabilità fra i vari modelli era innumerevole.
168
M.L. De Nicolò, Velieri, p. 19-20. 171
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. galera, galija e galea. Cfr. V. Brajković, P. Mardešić (a

60 61
All’inizio il termine si riferiva a barche a remi leggere usate nel Bosforo. Era anche
il nome della barca cerimoniale usata dal Sultano, dopodiché il termine si è sparso
indicando qualsiasi naviglio leggero del Levante.177 In Markovina troviamo che il
termine caichio si riferisce, in senso più ampio, ad una “barca” di piccole dimensioni,
mentre in senso più stretto ad una “barca” ausiliaria di un bastimento maggiore, oppure
anche ad una piccola “barca” tradizionale. I caicchi venivano costruiti per il trasporto
dei passeggeri su brevi distanze, la pesca a trappola o con amo. Erano anche parte
integrante dell’equipaggiamento delle brazzere e dei trabaccoli, quando, in assenza
di vento, venivano utilizzati come “barche” da traino o per trasportare l’equipaggio a
riva.178 Li troviamo menzionati nei regesti 69 volte.

Galea di Dubrovnik XVIII sec.172

Un ulteriore aspetto da non trascurare era la problematica dei galeotti che costituiva
tutto un mondo a sé stante, dato che i rematori venivano “assoldati” sia fra uomini liberi,
schiavi, che incarcerati, e varie erano le modalità con cui questi venivano “invogliati”
alla voga in condizioni pesantissime.173

2. Caichio

Il caichio, caicchio o caicco, in croato kaić e kajić, era una “barchetta” dalla lunghezza
fra i 2 ed i 6 m, e dalla portata fino a 1 tonnellata: aveva naturalmente i remi ed un albero
con vela. Si trattava di un naviglio aperto ed ovale che serviva da ausiliario per velieri
più grandi, nel trasportare le merci e persone da riva a bordo. Il nome deriva dal turco
quayiq174 ovvero kajyk175 e si è mantenuto come tale sia in italiano che in croato.

Caicchio179

3. Sciabecco e sciabecchino
Caicchio, Aldo Cherini176
Lo sciabecco e sciabecchino, in croato šambek, era un veliero di origine araba, da cui
cura di), Pomorska enciklopedija, s.v. Vedi anche G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia pure il nome shabbak. È stato importato infatti nell’Adriatico nel corso del XIV secolo
of Ships, pp. 153-154. dal Marocco, Algeria e dalla ben nota marittima Tripoli. Lo sciabecco era lungo dai 30
ai 42 m, largo sui 7-9 m, alto sui 2 m ed aveva una solida portata dalle 150 alle 300
172
Galera di Dubrovnik del XVIII secolo, modellino, https://made-in-croatia.com.hr/hr/
proizvodi/brodovi-drvene-makete-brodova/dubrovacka-galija-18.-st-drvena-maketa-95 tonnellate.
22.11.2020; interessante esempio di unione di cura della tradizione ed aspetto turistico della Aveva fino a 20 remi, 3 alberi con vele latine e veniva usato come naviglio commerciale,
città di Dubrovnik.
173
L. Lo Basso, Uomini da remo. Galee e galeotti del Mediterraneo in età moderna, Milano 177
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. kaić; V. Brajković, P. Mardešić (a cura di), Pomorska en-
2003. ciklopedija, s.v. Cfr. N. Čolak, RMC I, p. 53. Vedi G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia
174
G. Munerotto, Dizionario illustrato storico tecnico, p. 40. of Ships, p. 62.
175
R. Vidović, Pomorski rječnik, p. 186. 178
R. Markovina, Kaić, in HTE, https://tehnika.lzmk.hr/kaic/ 10.07.2020.
176
A. Cherini, Caicchio, disegno, http://www.cherini.eu/etnografia/BEU/BE_480.jpg, 27.07.2020. 179
Caicchio, in G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 62.

62 63
peschereccio, corriero, postale, bellico e naturalmente corsaresco. Veniva spesso anche bocchesi anche per proteggere i convogli mercantili dagli attacchi dei corsari. Nonostante
usato come veliero di accompagnamento nei convogli, nel qual caso era munito di lo scafo largo era veloce e agile. I remi venivano utilizzati quando non c’era vento ed
cannoni (dai 14 ai 24). Čolak pure lo definisce come proveniente dall’arabo shabbak aveva una tale attrezzatura velica latina che la superficie poteva arrivare perfino ai 650
ovvero šabbak, in spagn. jabeque, veliero simile a feluca, adoperato nel Mediterraneo m2. Era lungo 42,5 m, largo 7,2-9 m, alto sui 2 m, dalla portata fino alle 300 t, armato
dal sec. XV al sec. XIX dai corsari, poi accettato come bastimento per il trasporto di con una ventina di cannoni. L’equipaggio da 10 a 12 membri (relativamente modesto)
merci. Aveva un’alta qualità di manovre con linee taglienti dello scafo: la parte di prova poteva aumentare ad una sessantina quando fungeva come naviglio da protezione di un
era bassa e coperta, la parte di timone con cassero alto, tre alberi con vele latine, mossa convoglio o da guerra.
anche a remi e dalla portata fra le 150 e 300 t. In Croazia venivano costruiti specialmente Nei nostri documenti abbiamo invece trovato notizia pure di uno “sciabecco di Tripoli
nella Boka Kotorska. Serviva anche come naviglio postale, vi armeggiavano da 15 a 30 armato di 18 cannoni e di 140 e più persone di equipaggio nella maggior parte Dulcignotti
membri d’equipaggio. Per i tre alberi: maestra e trinchetto a calcese, mezzana a randa e Albanesi”.185 Sappiamo che i bocchesi, così come per altri navigli, avevano operato
e senza fiocchi.180 delle modificazioni strutturali, anche per quanto riguarda la prua, che era più ovale,
Negli “Atti del Governo italiano” del 1879 fra i Tipi dei bastimenti mercantili troviamo e pure sullo scafo, irrobustito da murate alte, per poter trasportare più mercanzia: ed
“Sciabecco: bastimento con tre alberi verticali, o leggermente inclinati a prora; quelli di infatti la capacità era stata aumentata fino ad arrivare alle 300 t di merce, che veniva
trinchetto e di maestra, a calcese con vele latine, quello di mezzana a randa, o a calcese così trasportata in tutto il Mediterraneo fino al Mar Nero.186 Interessante in tal senso era
(secondo le forme dello scafo lo sciabecco ha un albero di bompresso, o un’asta di la parte centrale dei loro velieri che possedevano due stive (larghe sui 2,5 m e lunghe
flocco, oppure ne è privo)”.181 ca. 3,5 m) appunto per aumentare il volume della merce trasportata.187 De Nicolò ci
conferma la similitudine e l’uso anche per l’armatura latina con le tartane.188
Munerotto distingue lo sambèco dal sambechino. Se infatti lo sciabecco era un bastimento
veloce di origine levantina (ed infatti fa derivare il termine dall’arabo shabak), dalla
media lunghezza di circa 20 m, con tre alberi a vela latina, per lo sciabecchino scrive
trattarsi di naviglio mercantile di uso orientale, sempre con tre alberi, ma armati a vele
quadre (!) ad eccezione della mezzana con vela latina.189 Ciò è interessante soprattutto
nel sapere lo sciabecco nominato in varie diciture come “brigantino o sciabecco”190,
“brigantino imperiale, ossia sciabecchino”191 il che certamente ci fa pensare, data la
forte dissimiglianza fra i due tipi di veliero, a meno che non si prenda in considerazione
il suddetto sambechino.
Lo sciabecco compare 40 volte, mentre lo sciabecchino 28, in tutto 68 volte.
qqqqqqqqqqqqqSciabecco182 Sciabecco183

Blackburn ne dà conferma quale veliero mediterraneo discendente dalla galera usato dai
corsari fra il XVI e XIX secolo. La velatura variava da quadra a latina rispetto al vento,
il che necessitava di un equipaggio molto più numeroso, fino a 300-400 membri (sic!)
per un naviglio di 24 cannoni.184 Il che non sembra riferirsi al commercio adriatico del
Settecento, dato che già per le galere rimaste in circolazione i vari stati avevano grandi
problemi di arruolamento, ma piuttosto a navigli pirati o anche corsari mediterranei.
Fra i vari cantieri in cui veniva costruito nel Settecento sulla costa orientale, abbiamo
notizie certe di quello navale a Kraljevica (Porto Re).
Kozličić pure ne conferma l’utilizzo nella pirateria, il commercio e la pesca. Sulla costa 185
RMC I, 1944.
orientale dell’Adriatico veniva costruito principalmente nella Boka Kotorska. Ed infatti 186
V. Brajković, P. Mardešić (a cura di), Pomorska enciklopedija, s.v.; R. Vidović, Pomorski
lo sciabecco bocchese del Seicento e Settecento era un bastimento a remi e a vele, sia rječnik, s.v. šambek. Cfr. N. Čolak, RMC I, p. 39. Vedi anche Z. Herkov, Gradnja ratnih brodo-
mercantile che da guerra, per la navigazione adriatica e mediterranea, che serviva ai va u Kraljevici, p. 124.
187
Vedi sintesi di M. Kozličić, Šambek, HTE, https://tehnika.lzmk.hr/sambek/ 14.10.2020. Cfr.
180
N. Čolak, RMC I, p. 39; idem, RMC II, p. 203. M. Kozličić, Hrvatsko brodovlje, pp. 173-179 e relativa ricca bibliografia.
181
Collezione celerifera delle Leggi, Decreti, p. 43. 188
L. Divari, Note sulla tartana, multiforme veliero mediterraneo, in M.L. De Nicolò (a cura
182
Sciabecco, https://db4sgowjqfwig.cloudfront.net/campaigns/120477/assets/514835/xebec. di), Tartane, pp. 55-56, 58; M.L. De Nicolò (a cura di), Velieri, p. 33.
jpg?1444314317, 26.09.2020. 189
G. Munerotto, Dizionario illustrato storico tecnico, p. 132, s.v. sambechino e sambèco.
183
Sciabecco, in G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 377. 190
RMC I, 989.
184
G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 377. 191
RMC III, 777.

64 65
Altro suo lavoro interessantissimo per la nostra analisi appare nel volume curato da
Mario Marzari (Navi di legno. Evoluzione tecnica e sviluppo della cantieristica
nel Mediterraneo dal XVI secolo a oggi), dove nella sua esposizione sui progetti di
unificazione delle metodologie di lettura dei navigli tradizionali mediterranei indica
anche il gatzao. Nell’accomunare le tipologie di natanti, come ad esempio quelli derivati
dalle naves rotundae, pone il gatzao assieme al trabaccolo, ma anche la brazzera ed il
barchetto adriatici in correlazione di forme, scrivendo che il gatzao è un tipo di natante
che appartiene alla stessa famiglia. Ne definisce infatti la coperta larga, sia a poppa che
a prua, simile al trabaccolo anche per capacità, sebbene lo scafo non fosse piatto come
nei navigli consimili dell’Adriatico (benché sappiamo che sia brazzere che trabaccoli
potevano avere scafi sia tondi che piatti, a seconda dei luoghi d’origine, ovvero dei
territori marittimi su cui navigavano).195
Ciò che lascia un po’ perplessi è l’informazione che tale naviglio non fosse comune
nel periodo anteriore al XIX secolo, sebbene i nostri documenti ne nominano ben
65 appunto dalle Isole Ionie, soprattutto Kerkyra ovvero Corfù, che ha mantenuto la
tradizione di questa imbarcazione di legno tradizionale fino ai giorni nostri. Ed infatti
anche altrove viene descritto con poppa e prua ampie, generalmente più largo degli altri
navigli greci e dal fondo piatto.196
Dopo ulteriori ricerche si è pervenuti ad un documento di poco più posteriore al XVIII
secolo, datato l’11 novembre 1805 che annota il viaggio da Costantinopoli al Mar Ionio di
Sciabecco bocchese del Seicento e Settecento192 una Ğazela capitanata da Zafeiris Anastasis di Missolungi (nel Golfo di Patrasso ovvero
4. Gazzella – gatzao dirimpetto alle Isole Ionie). Ciò che sappiamo è che si trattava di un veliero a tre alberi
con un equipaggio di 25 membri, quindi certamente di un naviglio medio-grande.197
La gazzella che viene nominata nei regesti marittimi 65 volte era sicuramente un veliero Nel libro di Damianidis, pubblicato nel 1998, Ελληνική Παραδοσιακή Ναυπηγική (ovvero
commerciale, come si evince dai documenti, eppure non se ne sono trovate tracce in La cantieristica navale tradizionale greca) in cui vengono raccolti non solo importanti
varie monografie e dizionari enciclopedici italiani, croati e di lingua inglese. C’è una fonti archivistiche, ma anche le testimonianze degli ultimi costruttori navali ancora viventi
certa assonanza con la galizabra, antico naviglio a vela latina della portata fino alle troviamo anche le immagini di questo naviglio arrivato quasi ai giorni nostri.198
100 t, di provenienza spagnola, in circolazione ancora nei secoli XVII e XVIII, ma
nonostante la diversità di scrittura dei nominativi e termini poco conosciuti da parte
dei vari scrivani settecenteschi adriatici, sarebbe azzardato accomunarle senza ulteriori
195
K. Damianidis, Methods to Develop a Common Typology of Traditional Vessels in the
Mediterranean, in M. Marzari (a cura di), Navi di legno. Evoluzione tecnica e sviluppo della
conferme.193 cantieristica nel Mediterraneo dal XVI secolo a oggi, Trieste 1998, pp. 224–225. Cfr. qui i pa-
Dei dati molto interessanti sono stati trovati invece nei lavori di Kostas Damianidis ragrafi Trabaccolo; Brazzera e brazzerotta.
riguardo al naviglio greco gatzao ovvero gatsao. Egli infatti già nella sua tesi di dottorato 196
Cfr. la descrizione de Il gatzao, bastimento dello Ionio, Γατζάο, το σκαρί του Ιονίου: https://
ci introduce a questo natante, il γατζάο appunto, definendolo come un bastimento robusto ionianwoodmarine.com/el/anthologio/gatzao-to-skari-tou-ioniou 20.02.2021.
e largo che veniva costruito nelle Isole Ionie (da dove lo troviamo in effetti arrivare 197
Dīvān-i hümāyūn (Registri del Consiglio Imperiale), Catalogo İzn-i Sefîne, 173, p. 51
e commerciare nei documenti dei RMC I-III) e certamente nella Grecia occidentale. (A.DVNS.IZND.D3), dal Başbakanlık Osmanlı Arşivi, ovvero l’Archivio ottomano del Primo
Poteva essere lungo fino ai 20 m e dato che Damianidis lo accumuna al trabaccolo, Ministro a Istanbul per gli anni da 1805 a 1821. İzn-i Sefîne Defterleri è un fondo in cui sono
per similitudine di forme ed uso, si può desumere che non oltrepassasse le 200 t di registrati i regolamenti emanati per il passaggio di navi mercantili nazionali ed estere attraverso
portata. Eppure nel suo lavoro di intervista ai vari maestri d’ascia di lunga esperienza, lo stretto di Istanbul e Çanakkale. Sull’archivio in generale ed il fondo citato nello specifico
scopriamo che, quasi fino ai giorni nostri, se ne trovavano anche di maggiori, ovvero vedi: Başbakanlik Osmanli Arşivi Rehberi (Guida all’Archivio Ottomano del Primo Ministro),
fino alle 350 t.194 J. Sarinay (supervisore di progetto), n. 108, Direzione Generale degli Archivi di Stato, İstanbul,
2010, p. 49: https://www.devletarsivleri.gov.tr/varliklar/dosyalar/eskisiteden/yayinlar/osmanli-
arsivi-yayinlar/BA%C5%9EBAKANLIK%20OSMANLI%20AR%C5%9E%C4%B0V%20
192
Sciabecco bocchese del ‘600 e ‘700, https://tehnika.lzmk.hr/wp-content/uploads/2017/12/ REHBER%C4%B0.pdf, consultabile online e scaricabile 20.02.2021.
HTE_0311.jpg 14.10.2020. Ringrazio vivamente il prof. Gerassimos Pagratis, dell’Università Nazionale e Capodistriaca di
193
G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 152. Atene (Εθνικόν και Καποδιστριακόν Πανεπιστήμιον Αθηνών), che mi ha aiutato nella ricerca
194
K. Damianidis, Vernacular boats and boatbuilding in Greece, voll. 1-2, Tesi di dottorato, e, tramite un suo collaboratore, mi ha indicato il suddetto, unico fra l’altro per ora, documento
University of St Andrews, Saint Andrews (Scozia, Regno Unito) 1991, p. 50, vol. 1, e pp. 162- sulla ğazela.
163, vol. 2. Vedi ambo i volumi: http://hdl.handle.net/10023/7116 20.02.2021 - scaricabili online. 198
Il libro è in effetti la pubblicazione del suo lavoro di dottorato ampliato con ulteriori studi

66 67
Le immagini di questi navigli, oramai in via di estinzione come molti altri adriatici
e mediterranei, ci sprona a non dimenticare che essi fanno parte di quel patrimonio
culturale materiale e immateriale che vogliamo preservare e cui vanno tutti gli sforzi e
progetti internazionali.
Non si può avere la certezza completa che le gazzelle trovate nei RMC I-III siano
effettivamente i gatzao mostrati, sebbene tutto sembra indicare in questo senso. Certo è
che abbiamo forme o comunque termini ibridi, come “nave gazzella”, che parlano certo
di bastimenti anche di dimensioni maggiori cui possiamo riferirci.201 Nei documenti
trovati la gazzella è certamente conosciuta sia a Venezia che ad Ancona, fa spessissimo
spola Venezia-Isole Ionie ma anche Albania, Tessalonica, pure Messina e Palermo, i
paroni e parcenevoli sono oltre a greci, anche veneziani (fra cui pure i sudditi della Boka
Kotorska).
Per sintetizzare possiamo dire che
fosse un veliero di medie e grandi
dimensioni fino alle 200 t, originario
probabilmente dalle Isole Ionie, con
un equipaggio che variava dagli 8
Gatzao 1928-1932199 ai 24 membri, comandata da paroni
(per le gazzelle minori) e capitani
(per le maggiori) provenienti da
tutta la costa adriatica orientale.

Modellino di gatzao ionico202

5. Latina

La latina che Čolak definisce “piccola lata” senza ulteriori specificazioni, si trova anche
nel Vidović, come tipo di veliero commerciale del Settecento, ma anche in questo caso
non abbiamo nessuna descrizione.
Aveva uno o due alberi con vele latine. L’ipotesi più probabile è che si trattasse di un
veliero con le caratteristiche vele latine, ma per ora poco è stato trovato. In Blackburn
troviamo come Italian lateener (latina italiana) un veliero di modeste dimensioni dalla
velatura latina il cui disegno viene allegato, definendolo come controparte del nordico
Gatzao 1947200
yawl.

negli anni, vedi Κ. Δαμιανίδησ, Ελληνική Παραδοσιακή Ναυπηγική, Αθήνα 1998 (K. Damiani- 201
RMC III, 2467 – 1731.3.VII, Venezia - Ruolo della nave gazzella “Costanza” del capit.
dis, La cantieristica navale tradizionale greca, Atene 1998). Lorenzo Adorno da Venezia diretta a Levante. Marinai: Franjo del fu Pavao Agrestin da Du-
199
Foto di gatzao trovato sul fiume Louros (vicino a Prevesa, nella Grecia occidentale) tra il brovnik, Tomo di Ivan Parnić (Parnichi!), suddito veneto, Nikola di Pavao Monić (Monich!)
1928 e il 1932, in K. Damianidis, La cantieristica navale tradizionale greca, immagine n. 26, p. da Dubrovnik. In tutto 15 membri. Benintrada: 24:6 L. – Archivio di Stato di Venezia (ASV),
46. Ringrazio Gerassimos Pagratis per l’immagine mandatami. Scuole Piccole San Niccolò dei Marineri (SSNM), busta 511, Ruoli bastimenti.
200
Foto di gatzao costruito a Corfù nel 1947, in K. Damianidis, La cantieristica navale tradi- 202
Modellino di gatzao ionico che mostra come anche l’aspetto turistico vada di pari pas-
zionale greca, immagine n. 28, p. 47. Ringrazio sempre Gerassimos Pagratis per il preziosissi- so a quello di preservazione culturale e storica, https://ionianwoodmarine.com/el/anthologio/
mo aiuto nelle ricerche ed immagini. gatzao-to-skari-tou-ioniou 20.02.2021.

68 69
appartenenti allo stesso più ampio bacino mediterraneo.207
Nei regesti viene menzionata 65 volte.208

6. Fregata e fregatina

La fregata, il cui nome in croato è lo stesso, si riferisce ad un tipo di veliero molto


rapido che fino al XVII secolo era di dimensioni minori, ma poi nel Settecento inizia
ad indicare un naviglio di grosse dimensioni della portata sulle 300 tonnellate con vele
quadre. Veniva usata per il trasporto delle merci, ma anche come naviglio bellico. In tal
caso vi si potevano trovare da 30 fino a pure 60 cannoni!
La lunghezza variava dai 27 ai 42 m, mentre la larghezza dai 6 ai 12 m. Possedeva 2 o
3 alberi principali con vele quadre e di strallo, mentre su quello di mezzana anche una
randa, ovvero vela aurica. L’equipaggio poteva variare dai 40 ai 180 membri (nonché
agli esorbitanti 270 fra cui da 60 a 100 soldati quando equipaggiata a guerra).209
Le fregate che troviamo nei nostri documenti sono sia commerciali che da guerra:
trattasi di velieri adriatici, sia veneziani che imperiali, di varie zone della costa orientale,
nonché dulcignotte, ma certamente anche francesi ed inglesi.
Latina o lateener203 Sappiamo che a Kraljevica fra il 1764 ed il 1767 l’Impero aveva fatto costruire due
In Usberghi troviamo la menzione di 3 latine entrate nel porto di Trieste nel 1749 (su un fregate da guerra, l’Aurora e la Stella Mattutina che, sebbene non avessero avuto grande
totale di 99 bastimenti) 204 e ulteriori 12 nel biennio 1755-1756 (su un totale di 892), ma fortuna negli anni avvenire, vengono nominate anche nei regesti marittimi.210
senza ulteriori spiegazioni di che tipo di naviglio si trattasse.205 Ed infatti abbiamo un interessantissimo libro di Zlatko Herkov appunto, sulla costruzione
In ambiente greco invece troviamo la latina, ovvero λατίνι, proprio come veliero di navi da guerra a Porto Re (1764-1767), che ci narra le vicende delle due sopracitate
molto comune che designava di solito un bastimento minore, armato con una sola fregate militari, la cui immagine viene allegata, le circostanze per cui è iniziata la loro
vela latina, certamente un naviglio tipico adriatico e mediterraneo, riconoscibile costruzione, i preventivi, i progetti non solo delle fregate stesse, ma anche dell’intero
dalla caratteristica velatura triangolare e che ha avuto sue varianti locali nei vari mari stabilimento, in cui si intendeva creare un nuovo cantiere navale degli Asburgo che,
oltre a Trieste, volevano allargare il proprio dominio sul mare anche da posizioni più
meridionali e assicurarsi una flotta maggiore.211

207
Εκκλησιαστικό Μουσείο Λίνδου (Museo Ecclesiastico di Lindos a Rodi), Sezione sui
navigli dei mari greci, vedi: http://www.lindosmuseum.gr/index.php?option=com_content&vi
Latina o λατίνι206
ew=article&id=64016&Itemid=31333&lang=el 20.01.2021.
208
Sulla latina vedi N. Čolak, RMC I, p. 70. Cfr. R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. latina. Vedi
anche G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 180.
203
Latina o lateener, in G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 180. 209
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. fregata. Cfr. V. Brajković, P. Mardešić (a cura di), Po-
204
M. Usberghi, Navi e merci nella Trieste settecentesca - prima parte, vedi tabella “Basti- morska enciklopedija, s.v. Vedi anche Z. Herkov, Gradnja ratnih brodova u Kraljevici, pp. 65,
menti approdati per i mesi considerati dell’anno 1749 divisi per tipologia” p. 101. 69-71, 115-118.
205
M. Usberghi, Navi e merci nella Trieste settecentesca - seconda parte, in Trasporti. Diritto, 210
RMC III, 404: “1769.3.XI, Ancona - Martedì, il 31 m.p. è entrato nel Porto il trabaccolo del
economia, politica, 108/2009, Trieste, vedi tabelle a p. 67 e 75. padron Lazar Janošević (in orig.: Janocouich!) da Budva. Il console dubita della sua identità. Al
206
Latina ovvero λατίνι greca, immagine dal Museo Ecclesiastico di Lindos a Rodi, http:// console ha affermato di provenire dalle spiagge di Budva, dove ha imbarcato 59 persone. Fra di
www.lindosmuseum.gr/images/gallery/istiofora/%CE%9B%CE%91%CE%A4%CE%99%CE essi vi sono 3 ufficiali e tra essi è il Co. Ivan Vojnović, «fratello di quello che serve la maestà
%9D%CE%99/004%20%CE%9B%CE%91%CE%A4%CE%99%CE%9D%CE%99%20%20 della Regina d’Ongaria» sopra la feluca delle due fregate a Kraljevica (Porto Ré).”
4%20.jpg 20.01.2021. 211
Z. Herkov, Gradnja ratnih brodova u Kraljevici.

70 71
Fregata San Michele215
7. Martigana

La martigana o martigao in croato pure martigana era nel Settecento un veliero


mercantile veloce dalla capacità fra le 150 e le 300 t. Aveva da 2 a 3 alberi con vele
latine o quadre e aurica ed inoltre 12 e più cannoni. Vidović adduce che poteva avere
un equipaggio di 60 e più membri, che era simile allo sciabecco e alla checcia, ma
Fregata Aurora e Stella mattutina212 anche alla tartana nell’Adriatico meridionale. Čolak ritiene fosse di provenienza turca,
sebbene non ne abbia altre notizie.216
Moltissime sono le “navi fregate”213 ma troviamo anche una “fregata galera veneziana” Interessante come Mardešić scriva, nell’addurre le diverse varianti della marciliana,
dove non si capisce bene se il “galera” faccia parte del nome del naviglio o sia indicazione che a Napoli si chiamava martingana; in Sicilia marticana: che la martigana fosse una
del tipo di naviglio, come del resto in molti alti casi nei RMC.214 variante napoletana o siciliana della marciliana è un dato indicativo, proprio nell’ottica
La troviamo menzionata nei regesti 54 volte di cui una volta come fregatina ovvero in della moltitudine di termini e certamente di forme dei navigli adriatici, tirreni e
croato frigadina. indubbiamente mediterranei su scala più ampia.217

215
Antonio Nadale (?), Fregata San Michele (?), Venezia, notizie dal 1729 al 1773, 12-13, in
P. Gnan (a cura di), Navi del Settecento nei disegni della Biblioteca Universitaria di Padova,
Padova 2007.
216
Cfr. V. Brajković, P. Mardešić (a cura di), Pomorska enciklopedija, s.v. marsilijana; R.
Vidović, Pomorski rječnik, s.v. martigana. Cfr. N. Čolak, RMC I, p. 72.
212
Fregate da guerra Aurora e Stella mattutina costruite nel cantiere navale imperiale di 217
Cfr. P. Mardešić, Marsilijana (marsiljana, marćiljana) in V. Brajković, P. Mardešić (a
Kraljevica fra il 1764 ed il 1767, in Z. Herkov, Gradnja ratnih brodova u Kraljevici, p. 6.
cura di), Pomorska enciklopedija, vol. IV, p. 557. Sullo studioso Petar Mardešić (Makarska,
213
Vedi solo alcuni esempi: RMC III, 803; RMC III, 902; RMC III, 1208; RMC III, 1318. 18.IX.1903 – Zagreb, 14.II.1973) vedasi biografia e bibliografia in Hrvatski biografski leksikon,
214
RMC III, 1199. Leksikografski zavod Miroslav Krleža, Zagreb © 2020, online izdanje, [Lessico biografico cro-

72 73
Martigana – XVIII sec.218 Martigana veneziana, Aldo Cherini219

Munerotto sotto il termine martegàna e martigàla dà la definizione di piccola nave


mercantile, simile alla tartana, con uno o due alberi armati a vela latina e la cui Petaccio222
ricostruzione viene allegata.220 Dall’immagine di Cherini notiamo invece che l’albero
principale aveva tre vele quadre, quello di mezzana una vela aurica ed inoltre il bompresso Il petaccio, secondo Culver era un naviglio dell’Europa meridionale praticamente
mostra issato un fiocco. Anche in questo caso notiamo diversi armamenti velici sotto lo estintosi nella prima metà dell’Ottocento. Era uno stretto parente del brigantino e
stesso nominativo, certamente in linea con le diciture che nomina Mardešić. lo snow. L’albero di trinchetto consisteva nelle tre sezioni convenzionali, di albero
Nei RMC I-III troviamo la martigana menzionata 52 volte. inferiore, albero superiore e alto. Lo scafo era ingombrante e pesante, terminando in
una poppa arrotondata forata da piccole finestre per la cabina.
8. Petaccio Questi velieri, notoriamente Petaccio223
navigatori lenti, erano comunemente
Il petaccio o petacchio, in croato patač o pataka, era un veliero commerciale impiegati nel commercio costiero, i
mediterraneo, lungo dai 10 ai 15 m, largo fra i 6 e i 7 m ed alto sui 2-2,5 m. Aveva un viaggi oceanici e li troviamo lungo le
equipaggio da 10 a 15 membri, all’occorrenza armato con 6 o 8 cannoni. coste della Francia, Spagna, Olanda,
La capacità poteva variare dalle 80 fino alle 230 tonnellate, aveva da 2 a 3 alberi con Portogallo ed Inghilterra.
vele quadre e di strallo, su quello di mezzana vi era una vela latina o aurica. Veniva Nel Mediterraneo il termine aveva un
usato come naviglio postale, di vedetta, ricognitivo, bellico, di pilotaggio e controllo significato leggermente diverso e si
doganale.221 applicava ai velieri che non passavano
oltre lo “Stretto”.224
Blackburn lo definisce veliero
dell’Europa meridionale, simile
al brigantino e comune, prima
dell’Ottocento, nelle rotte costiere, di
cui in allegato viene dato lo schizzo.225
Kozličić conferma questi dati sul
ato, Istituto Lessicografico “Miroslav Krleža”, Zagabria © 2020, edizione online], https://hbl. petaccio, quale piccolo naviglio
lzmk.hr/clanak.aspx?id=12074 20.02.2021. mercantile e da guerra, dallo scafo
218
Martegàna del XVIII secolo, ricostruzione in G. Munerotto, Dizionario illustrato storico rotondo ed ampio fra il Trecento ed il
tecnico, p. 202.
219
A. Cherini, Martegana veneziana 1801, https://www.cherini.eu/etnografia/EN/BV_0109.
jpg, 26.07.2020.
222
Petaccio, in G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 252.
220
G. Munerotto, Dizionario illustrato storico tecnico, p. 97.
223
P. Mardešić, S. Vekarić, Petaccio (Pataka), in V. Brajković, P. Mardešić (a cura di), Po-
morska enciklopedija, vol. V, p. 721.
221
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. patač e pataka. Cfr. N. Čolak, RMC I, p. 65, dove trovia-
mo annotato che era simile al bertone, grande come una caravella, armato in guerra. Cfr. V.
224
H.B. Culver, The book of old ships, (formato epub) p. 104-105.
Brajković, P. Mardešić (a cura di), Pomorska enciklopedija, s.v. 225
G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 252.

74 75
Settecento. Era un veliero con due alberi e un bompresso. Inizialmente su entrambi gli Navigli ancor più rari
alberi venivano issate delle vele latine, poi su quello di prua vele quadre e su quello di poppa
una vela aurica, che in effetti corrisponde anche di più allo schizzo fornito da Blackburn,
rispetto alle descrizioni che offre di altri tipi dello stesso nominativo. 1. Saica e saicotta
Particolare attenzione va al petaccio di Dubrovnik del Seicento e Settecento che aveva
tre vele quadre sull’albero di prua, una vela aurica sull’albero di poppa, una grande vela La saica, in croato šajka, era un veliero minore molto basso adatto per il trasporto di
di strallo tra di essi e sopra il bompresso due fiocchi. Lo scafo non presentava ulteriori merci e passeggeri. La portata era dalle 30 alle 140 tonnellate, aveva 2 alberi con vele
sovrastrutture. Era lungo 15 m, largo 6‒7 m, alto 2‒2,5 m, aveva 10-15 membri di quadre, latine e di strallo ed un lungo bompresso. Luetić annota che sull’albero mae-
equipaggio e nel Seicento una portata di 150‒300 t, mentre nel Settecento fra le 125 e 235 t. stro c’erano due vele quadre, mentre su quello di poppa ve n’era una latina: aveva sia
Anche qui notiamo un diminuirsi del veliero rispetto ai secoli precedenti, quasi una caratteristiche della tartana, che dello sciabecco, motivo per cui era adatta al trasporto
costante del Settecento, tendenza che poi si ribalterà con i velieri dell’Ottocento. I petacci dei passeggeri. Ed infatti era un veliero sovente nel trasporto dei pellegrini alla Mecca.
erano destinati alla navigazione fuori dall’Adriatico, verso i mari del Mediterraneo.
La Repubblica di Dubrovnik ne aveva 65 nel Seicento mentre nel Settecento solo una
decina.226 Nei regesti lo incontriamo in 50 documenti.

Saica228

Luetić ci informa oltretutto che a Dubrovnik nel Seicento ce n’erano solo due.229 Il
termine deriva dal turco saik e come tale è entrato nel lessico italiano e croato. Vidović
cita di Coronelli pure la forma saiccha.230
In Blackburn troviamo inoltre che il termine poteva indicare una piccola checcia
Petaccio di Dubrovnik del XVII-XVIII sec.227
mercantile del XVIII e XIX secolo, il cui albero maestro aveva una velatura quadra,
mentre quella di mezzana era latina.231
Viene menzionata nei regesti 43 volte di cui 2 nella forma del diminutivo saicotta ed in
tal caso la portata era minore, fra le 30 e 100 tonnellate.232

228
A. Cherini, Saica turca, http://www.cherini.eu/etnografia/EN/slides/BV_0086.html,
08.05.2013.
229
Cfr. J. Luetić, 1000 godina dubrovačkoga brodarstva, p. 63.
226
Cfr. M. Kozličić, Pataka, in HTE, https://tehnika.lzmk.hr/pataka/ 13.10.2020. Vedi M.
Kozličić, Hrvatsko brodovlje, pp. 153-155.
230
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. šajka.
227
Petaccio di Dubrovnik del Seicento e del Settecento, in HTE, https://tehnika.lzmk.hr/wp-
231
G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 287.
content/uploads/2017/12/HTE_0340.jpg 13.10.2020. 232
Cfr. V. Brajković, P. Mardešić (a cura di), Pomorska enciklopedija, s.v.

76 77
Il galeone di Dubrovnik del Cinquecento e Seicento era destinato alla navigazione
commerciale nel Mediterraneo, in cui aveva sostituito la precedente cocca. Era lungo
31 m, largo 10,5 m, dalla capacità di 70‒600 t, con un equipaggio di 40‒75 persone
e l’armamento di 8‒10 potenti cannoni su ciascun lato. I cannoni erano situati sotto e
sopra il ponte principale. Le porte per le aperture delle canne dei cannoni erano poste sui
fianchi, c’erano anche due cannoni a poppa, uno per ciascun lato del timone.
Nel Cinquecento i galeoni avevano costituito gran parte della marina mercantile di
Dubrovnik, nella prima metà del Seicento ce n’erano circa 60, e da allora il loro numero
è andato rapidamente diminuendo.235
Da notare, nella prima immagine in allegato dalla chiesa Gospa od Anđela (Madonna
degli Angeli) ad Orebić sulla penisola di Pelješac, un galeone secentesco, da cui poi si
svilupperà il galeone settecentesco con velatura quadra sugli alberi principali e latina su
quello di mezzana.
Saica233
2. Galeone

Il galeone, in croato galijun, era un tipo di naviglio che poteva variare molto nelle
dimensioni a seconda delle zone di provenienza. Abbiamo così i galeoni bocchesi
“piccoli” della portata dalle 2 alle 20 t, quelli “medi” dalle 20 alle 40 t, e quelli “grandi”
dalle 40 ad 80 t. C’erano poi i galeoni di Dubrovnik i cui “piccoli” avevano la portata
fra le 140 e 200 t, i “medi” fra le 300 e 600 t, per arrivare ai “grandi” dalle dimensioni
veramente eccezionali (fra le 600 e 1.200 t) che erano certamente solo per la navigazione
fuori dall’Adriatico. La lunghezza pure variava dai 15 ai 50 m, l’altezza da 2 ai 5 m.
Ci troviamo, nel caso di galeoni maggiori, di fronte ad uno dei navigli, tipicamente
adriatici, maggiori del secolo. Date le suddette coordinate è chiaro che per i piccoli
galeoni bocchesi bastava una persona per armeggiare, ma altrimenti si arrivava fino a
75 membri di equipaggio. Il galeone aveva da 2 a 4 alberi con vele quadre e latine e
rimorchiava da 2 a 3 “barchette” ausiliarie. Veniva usato sia in guerra che per il trasporto
merci, ma in ogni caso era munito da circa 30 cannoni. Galeone236 Galeone di Dubrovnik, Tirena237
In De Nicolò troviamo pure che “i primi segni del declino di questo tipo navale
coincidono con la fine del XVI secolo quando la galea cominciò ad essere sostituita dai
più economici e manovrabili galeoni.”238 Troviamo il galeone nei RMC I-III menzionato
in 35 documenti.239

legno, prima metà del XVII secolo, collezione di opere d’arte della chiesa Gospa od Anđela
(Madonna degli Angeli) ad Orebić in A. Kisić, Ex voto Adriatica: zavjetne slike hrvatskih po-
moraca od 16. do 19. stoljeća [Ex voto Adriatica: immagini votive di navigatori croati dal XVI
al XIX secolo], Katalog, Zagreb 2000, p. 27.
235
J. Luetić, Dubrovački galijun druge polovine XVI. stoljeća [Il galeone di Dubrovnik nella
seconda metà del XVI secolo], “Anali Historijskog instituta JAZU-a u Dubrovniku”, 6–7, 1959,
pp. 129‒141. Vedi M. Kozličić, Hrvatsko brodovlje, pp. 137-142 e relativa ricca bibliografia.
236
Galeone, https://db4sgowjqfwig.cloudfront.net/campaigns/120477/assets/514812/galleon.
jpg?1444313454 08.05.2020.
237
Replica del galeone di Dubrovnik Tirena, lungo 30 m, largo 7,5 m, costruito nel 2005 nel
Galeone di Pelješac XVII sec. attaccato da fuste e galeotte berbere234 cantiere navale Loger di Omiš, https://tehnika.lzmk.hr/wp-content/uploads/2018/01/HTE_0394.
jpg 12.11.2020.
233
J. Jouve, Saica, disegno, in L. Casson, Illustrated History of Ships and Boats, p. 140. 238
M.L. De Nicolò (a cura di), Velieri, pp. 19 e 30.
234
Attacco di galeotte e fuste berbere ad un galeone di Pelješac (Sabioncello), tempera su 239
Sul galeone vedi R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. galijun. Vedi V. Brajković, P. Mardešić

78 79
3. Londra e londrina l’equipaggio consiste da 1 a 9 membri, e la sua caratteristica principale sulla costa
croata è il remare in piedi girati con il corpo in direzione in cui si voga. In passato poteva
La londra (dal lat. londrum e londra, franc. londre), in croato il termine è identico, avere da 4 a 6 remi, un albero con vela latina o al terzo e serviva per il trasporto delle
era un veliero che veniva costruito a Dubrovnik sin dal Trecento e nel Settecento merci, passeggeri, ma anche animali, posta; poteva essere anche un naviglio bellico,
indicava diverse varianti.240 Troviamo infatti che si trattasse di un “piccolo bastimento ma serviva soprattutto per la pesca “con piccole reti a traino e per altra pesca costiera,
adoperato nelle navigazioni commerciali” ed anche che fosse “a remi e a vela senza oppure come lampare nella pesca estiva”.246
ponte capace di fare traversate molto lunghe” (riferendosi alle Bocche di Cattaro, in Jal; Vediamo così che Markovina la descrive come una barca da pesca tradizionale con
in Guglielmotti), ma anche “sorta di nave usata in Oriente, bastimento a remi grande scafo arrotondato, prua ampia e poppa affilata. Oltre alla pesca, veniva utilizzata per
come una mezza galera (in) particolare dei Turchi i quali se ne servivano nel mar Nero il trasporto di persone, bestiame e carichi vari, ma anche in guerra o in battaglie e
per reprimere le scorrerie dei Cosacchi (Stratico)”.241 lotte marittime. A Korčula era lunga sui 4-10 m con una capacità di 3-6 t, mentre nella
La possiamo trovare nel Settecento con i nomi luntra e landra, quale bastimento a remi, Dalmazia centrale, come nave da carico e agricola, raggiungeva una lunghezza fino ai
simile alla galera sebbene strutturalmente più semplice, con 25 rematori per fianco ed 12 m con una capacità di 5-12 t. La gaeta di Vis (la falkuša) era lunga sugli 8,5–10 m
un equipaggio di 150 persone.242 con capacità di 5,5-8 t. Inizialmente era alimentata da due a quattro remi e una vela
Viene nominata pure da Herkov nel Settecento quale grande veliero a 50 remi, numeroso latina. Aveva uno scafo leggero ed ampia coperta a prua e a poppa, sia per la manovra
equipaggio di 300 membri che in parte serviva per la difesa dai pirati; scrive che il delle reti e gli altri attrezzi, che per poter sistemare il carico. Le gaete da carico poi,
principale cantiere per tali tipi di navigli fosse a Soria.243 erano di maggiore capacità e costruite con una coperta per tutta la loro lunghezza.247 Il
In Damianidis troviamo anche la forma lontra e dalle tabelle si evince che fosse costruita particolare tipo di gaeta falkuša, ovvero gaeta falcata, era appunto la gaeta di Komiža,
prima e durante il Settecento, con propulsione a remi e vele, usata per il commercio, dalle alte falche laterali, cui è legata una tradizione vecchia quattro secoli: la gara dei
pirateria, guerra e trasporto, a fondo tondo (round bottom), annotata in Grecia e pescatori di Komiža fino all’isola di Palagruža, nel bel mezzo del Mare Adriatico, per
Turchia.244 Si potrebbe desumere che fosse simile alle galeotte e fuste. assicurarsi il miglior posto per salare le sardelle pescate, che si perpetua come regata
Nei RMC I-III viene nominata 32 volte, in aggiunta 7 volte nella forma di londrina: storica ogni estate partendo da Komiža e veleggiando o remando per 40 miglia nel mare
assieme in tutto 39. È difficile sapere se queste ultime fossero delle varianti più piccole aperto.248 Il più antico documento che ne attesta l’esistenza sin dal lontano 1593 è il
e di quale tipologia, ad eccezion fatta dei navigli bocchesi. Interessante anche un manoscritto “Liber Comisie”, in una trascrizione settecentesca del notaio di Komiža
documento con la dicitura “feluca ossia londrina”.245 Nikola Borčić Jedrolimov.249

4. Gaeta

La gaeta, in croato gajeta, è un naviglio minore tutt’ora esistente come molti altri piccoli
battelli su ambo le sponde adriatiche la cui lunghezza varia fra i 5 ed i 12 m, la larghezza
dai 2 ai 4 m, dalla portata fra le 2 e 12 t ed alta 1-1,3 m. Anche oggi come nel passato

(a cura di), Pomorska enciklopedija, s.v. Cfr. N. Čolak, RMC I, p. 72.


240
J. Luetić, 1000 godina dubrovačkoga brodarstva, p. 17.
241
A. Prati, C. Bardesono Di Rigras, G. Bertoni, A. De Januario, E. Falqui, Dizionario di mari-
na medievale e moderna, Reale Accademia d’Italia, Tipogr. del Senato, 1937, p. 407. Ringrazio
M.L. De Nicolò per la preziosa indicazione. 246
“… s manjim mrežama potezačama i za drugi priobalni ribolov ili pak za svjećarice u
242
Vedi R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. londrum. Cfr. V. Brajković, P. Mardešić (a cura di), ljetnom ribolovu” in R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. gajeta, p. 137. Cfr. I. Boko, Ribarski
Pomorska enciklopedija, s.v. londro. libar, 995.-2005., [Libro sulla pesca e pescatori, 995-2005], Split 2005, pp. 205-207. Vedi pure
243
Z. Herkov, Gradnja ratnih brodova u Kraljevici, p. 146. Sul termine Soria vedi W. V. Brajković, P. Mardešić (a cura di), Pomorska enciklopedija, s.v. Vedi anche M. Bratanić, Po-
Schweickard, Deonomasticon Italicum. Dizionario storico dei derivati da nomi geografici e da morstvo Dalmacije u 19. stoljeću, p. 27.
nomi di persona, Volume III, Derivati da nomi geografici: M–Q, Berlin/Boston, 2013, s.v. Sìria, 247
R. Markovina, Gajeta in HTE, https://tehnika.lzmk.hr/gajeta/ 17.10.2020.
p. 375. Da tener presente le città di Alessandretta, Tripoli, Berutto, Àcri, tutte nominate lungo la 248
La nuovamente riattivata Rota palagruzona testimonia questa incredibile storia vecchia più
costa di Soria, il che ci fa allargare il territorio di Soria alla fascia costiera orientale fra Turchia di 400 anni, storia di mare, pescatori, sardine e della falkuša. Vedi https://gajetafalkusa.com/
meridionale, Siria, Libano ed Israele. gajeta-a-la-carte-en 23.12.2020. Vedi pure la descrizione della falkuša di J. Božanić sempre nel
244
Cfr. tabelle sinottiche n. 1-6 in K. Damianidis, Methods to Develop a Common Typology of R. Vidović, Pomorski rječnik, pp. 140-142.
Traditional Vessels in the Mediterranean, pp. 226-238. 249
Vedi J. Božanić, Gaeta Falkuša in: https://geopark-vis.com/tradicijske-vrijednosti/gajeta-
245
RMC III, 53. falkusa 23.12.2020.

80 81
Gaete perastine in aiuto ai propri bastimenti253

Due falkuše, gaete di Komiža, durante la tradizionale regata250

Sviluppata nel Cinquecento, la gaeta ha rappresentato un’imbarcazione stabile, veloce e


maneggevole della costa orientale dell’Adriatico e di gran parte del Mediterraneo (Italia,
Malta, Creta, Catalogna). Martin Rota Kolunić ci ha lasciato un’immagine della gaeta
degli Uscocchi in lotta contro i Turchi nel 1571, di cui se ne dà un disegno in allegato.
Sulla costa orientale adriatica, ne troviamo menzione già nel Seicento: veniva costruita
a Korčula, Komiža, Betina, Trogir, Lovran, ed in varie versioni e varianti a seconda
delle peculiari necessità di ogni zona. Come tale aveva vari nomi: barka, barčica, brod
(a Betina e Zadar), lađa (a Šepurine), plaviza (a Lošinj), lovranski guc (a Lovran),
gaeta e gojeta (a Boka Kotorska); a volte la si trova pure con il nome di bracera, e a Gaeta, Luciano Keber254 Gaeta uscocca del Cinquecento255
seconda dell’uso, se per la pesca, anche svićarica (ovvero lampara o luminiera descritte
da Petar Hektorović nel 1556251), anche nelle accezioni di bjankarica, sinjol o sinjal La gaeta curzolana è stata per secoli costruita nelle acque di Korčula e suoi dintorni: ed
(termini usati a Split); se per il trasporto di merci allora manzera e traget. Ed è appunto è infatti la variante adriatico-orientale di gaeta più longeva. Si differenzia dalle altre per
in rapporto alle sue molteplici funzioni che Keber annota ciò derivi dalla sua effettiva la parte dello scafo sott’acqua a forma di pesce, mentre la parte superiore è smussata. La
semplicità costruttiva e dal fatto che lo scafo dava una minima resistenza durante la prua fino all’albero è coperta. Veniva costruita dalla lunghezza fra i 4 ed i 10 m, con una
voga venendo così usata per molteplici fini: dalla pesca, al trasporto di persone, merci capacità fino alle 6 t, su cui vi armeggiavano da due a quattro membri di equipaggio. I
ed animali, persino a scopi bellici.252 costruttori e calafati di Korčula hanno poi trasferito la loro esperienza nella costruzione
Quanto fosse in effetti usata in varie battaglie e scontri navali lo si può evincere dai
vari disegni di Balović riguardanti i Perastini e le loro lotte contro corsari e pirati sia
dulcignotti che tripolitani, dove le gaete vengono rappresentate sempre solo a remi 253
I Perastini liberano con le proprie gaete cinque bastimenti catturati da una nave nordafri-
senza vele, velocissime nelle manovre, condotte da una decina di marinai, come si vede cana che li stava conducendo a Durres (Durazzo), dettaglio del disegno n. 33, da G. Ballovich,
nel disegno allegato: Pratichae Schrivaneschae, in C. Fisković, Borbe Peraštana s gusarima u XVII i XVIII stoljeću.
La legenda originale recita: “Cinque Bastimenti Perastini Presi da una Nave Barbarescha li
menava a Durazzo, e li Perastini rinforzatti con le Gaiete richuperano li tre bastimenti tagliano
In pezzi alquantti Turchi, e con alquanti fatti Schiavi richuperano altri doi che furono Menatti a
Capo di Lachi”, ibidem, p. 20. Infatti nel dettaglio del disegno si notano le tre gaete che tirano i
250
I. Pervan, Gajeta falkuša, foto, https://geopark-vis.com/images/razno/13.jpg 28.12.2020. propri bastimenti allontanandoli dalla nave nemica.
251
Petar Hektorović, il poeta di Hvar che ha pubblicato poi a Venezia nel 1568 la sua opera 254
L. Keber, Piano della velatura della gaeta, disegno, in L. Keber, Tradicijske barke, p. 45.
Ribanje i ribarsko prigovaranje [La pesca e le storie dei pescatori]. 255
B. Pešl, Gaeta uscocca, secondo l’immagine data dall’incisore Martin Kolunić-Rota nel
252
Cfr. L. Keber, Tradicijske barke, p. 44-45. 1571, disegno, in M. Kozličić, Senjske uskočke brodice in “Senjski zbornik”, 19/1992, p. 65.

82 83
della gaeta a tutta la costa adriatica ed oltre, dove la forma di base curzolana è stata
adattata alle esigenze locali.
Ed infatti la gaeta di Betina ha avuto origine proprio dalla tradizione cantieristica di
Korčula, quando nel 1745 il costruttore navale curzolano Paško Filipi si è trasferito
a Betina su Murter e vi ha fondato il primo cantiere navale. Qui la forma della gaeta
si è adattata alle condizioni delle acque delle isole Kornati e Murter ed alle esigenze
della popolazione locale che usava la barca principalmente per il trasporto ai propri
appezzamenti sulle isole Kornati e per la pesca. La gaeta di Betina è quindi più robusta
e di maggior portata, con prua e poppa coperte. Vi operavano da due a quattro marinai.
È interessante menzionare che la costruzione tradizionale della gaeta si è mantenuta fino
ai giorni nostri, con tutt’oggi una trentina di costruttori navali attivi a Betina.256
Salamon dal suo canto accentua il fatto che lo sviluppo della cantieristica navale si è
basato sulle necessità quotidiane degli isolani di navigare per lavorare nei loro campi
sulla costa o sulle isole dell’arcipelago delle Kornati, mentre la pesca era solo un’attività
secondaria. Gli isolani usavano le proprie gaete, oggi propriamente chiamate la “gaeta
di Betina o di Murter”, principalmente per il trasporto dei contadini e animali, quali
asini e muli, che dovevano lavorare nei campi in zone più lontane o d’oltre canale,
per il trasporto alle proprie case, in grandi vasche, dei raccolti dai campi, ovvero di
Peotine marchigiane259
olive o uva; per il trasporto di bestiame al mercato di Zadar o Šibenik, o di pietra da
6. Pandora
costruzione, e più di rado per la pesca costiera.257 Troviamo la gaeta menzionata 30 volte
anche nel passaggio del mare da una costa all’altra, il che date le dimensioni non deve
La pandora era invece un veliero simile alla marciliana, veniva usata per il commercio
esser stata sicuramente un’impresa facile o da poco.
ed il trasporto. Veniva anche definita “marciliana piccola” il che ci suggerisce che avesse
alcuni alberi con vele quadre e latine. In Munerotto infatti troviamo che fosse una nave
5. Peotina mercantile descritta nel 1757 come una marziliana di minori dimensioni.260
In Vekarić troviamo una preziosa e concreta informazione di una pandora di 124
La peotina o piccola peota, pedottina, è probabilmente una variante più piccola oppure tonnellate.261
semantica della pedotta precedentemente analizzata.258 Viene annotata nel Settecento Herkov la nomina pure fra i navigli settecenteschi scrivendo che era un veliero simile al
anche nella Boka Kotorska quale veliero capace di viaggi più lunghi. Nei regesti fregatone con due alberi e bompresso. Ma dato ancor più importante è che ci riferisce di
troviamo le peotine sulle rotte Istria-Ancona-Chioggia ed anche Istria-Ancona-Trieste. 5 pandore nella lista dei bastimenti di Rijeka nel 1760: erano della capacità fra le 40 e 75
Ed infatti il dettaglio dell’immagine in allegato mostra le figure di peotine ovvero tonnellate ed un equipaggio fra gli 8 e 11 membri, armate con “petriere” (lancia-pietre).
pedottine appunto marchigiane che, dopo essere state liberate dai corsari dulcignotti, Poi fra i bastimenti di Senj del 1763 annota 2 pandore dalla capacità di 36 t, mentre nella
vengono riportate ad Ancona. Sono ben visibili gli scafi alti, due alberi con vele latine, il lista dei navigli fiumani del 1777 vi è una pandora da 124 t.262
bompresso con vela quadra ed inoltre si può notare, dietro l’ultima, un battello ausiliario Possiamo sintetizzare che fosse lunga dai 6 ai 16 m, larga fino ai 4 m, avesse una capacità
grazie al quale possiamo mettere in rapporto anche la grandezza delle peotine, quali variabile fra le 30 e 130 t, un equipaggio fra i 5 ed 11 membri, due alberi con le suddette
velieri di piccola e media portata, in rapporto alla ben minore scialuppa. vele quadre e/o latine.
La peotina compare nei regesti 28 volte.

256
R. Markovina, Gajeta in HTE, https://tehnika.lzmk.hr/gajeta/ 17.10.2020. Per un’analisi
più approfondita sugli aspetti di ingegneria navale e costruttoria vedi R. Markovina, Korčula’s
Shipbuilding: Gajeta Korčulanka - the Best Small Wooden Ship Form at the Adriatic Sea
in “Brodogradnja”, vol. 63, n. 3, 2012, pp. 234-245, https://hrcak.srce.hr/87323; Idem, The Bu-
ilding Technology by the Korčula Wooden shipbuilding «School» in “Brodogradnja”, vol. 61,
n. 3, 2010, pp. 243-250, https://hrcak.srce.hr/59286, 18.10.2020; L. Keber, Tradicijske barke,
259
Peotine marchigiane, dettaglio del disegno n. 12, da G. Ballovich, Pratichae Schrivane-
capitolo sulla Gajeta, pp. 44-57. Cfr. M. Kozličić, Hrvatsko brodovlje, pp. 207-211. schae, in C. Fisković, Borbe Peraštana s gusarima u XVII i XVIII stoljeću.
257
V. Salamon, Hrvatski tradicijski brodovi, pp. 696-697.
260
G. Munerotto, Dizionario illustrato storico tecnico, p. 109.
258
Vedi R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. peotina, con citati gli autori croati che ne denotano
261
S. Vekarić, Naši jedrenjaci za dugu plovidbu [I nostri velieri per la navigazione di lungo
la presenza dal 1600 in poi. Cfr. M.L. De Nicolò, Naviglio mercantile in Adriatico nei primi corso], in G. Novak, V. Maštrović (a cura di), Pomorski zbornik, pp. 143-162.
secoli dell’Età moderna, p. 153. 262
Z. Herkov, Gradnja ratnih brodova u Kraljevici, pp. 147-148.

84 85
Pandora, Aldo Cherini263 Pandora, Aldo Cherini264 Snow del 1770268

Nel Vidović viene definita come veliero simile al fregatone, con 2 alberi e bompresso, appunto Interessante la descrizione nel Dizionario di marina medievale e moderno che lo
annotata in vari autori croati nel XVIII secolo a Kraljevica/Porto Re e Boka Kotorska.265 Pansini definisce come un “brigantino, con asta per la randa a poppavia dell’albero di maestra,
annota da documenti trascritti che “le pandore e il piffero sono a due coperte: i trabaccoli nei a vele di gabbia singole.”269
tempi passati si facevano ad una coperta, ma presentemente quasi tutti si fanno a due coperte Blackburn conferma le sue tipiche caratteristiche
per essere più sicuri in mare.”266 La troviamo menzionata nei RMC I-III 23 volte. nordiche sebbene anteriormente originarie mediterranee
e lo accomuna al brig che sarebbe comunque originario
7. Snow dal Mediterraneo, sebbene lo snow fosse più grande,
avesse un albero aggiuntivo, lo “snow mast”, subito
Lo Snow o snò era un veliero mercantile simile al brigantino di origine nordica: compare dietro il maestro, come si vede dall’immagine allegata
nei regesti 23 volte. Era lungo dai 26 ai 32 m, largo dai 3 ai 9 m, alto fra i 3,5 ed i 5,8 m, del 1770.270
dalla capacità fra le 150 e 400 t. Aveva un equipaggio di circa 10 marinai, due o tre alberi Casson scrive che il bricco e lo snow avevano differenze
con vele quadre e aurica. Come tutti i navigli del periodo aveva certamente i cannoni costruttorie minime e che “erano intercambiabili”.271
per potersi difendere dai malintenzionati, se bastimento da guerra armato, anche con un Troviamo infatti, sempre in ambiente anglosassone,
numero maggiore. Veniva utilizzato come naviglio bellico, ricognitivo e di convoglio. che probabilmente prima del Seicento il brigantino e lo
Menzionato nel Vidović quale termine inglese, lo troviamo come tipo di naviglio a snow avevano un antenato comune in un tipo di piccolo
Pelješac/Sabioncello nella seconda metà del Settecento, così pure a Dubrovnik. Viene veliero a due alberi.
pure definito come veliero per rotte oltreadriatiche di cui i parcenevoli, ovvero i Snow, Gordon Grant272
caratisti, erano abitanti di Pelješac, riferendosi in particolare al territorio di Janjina.267
Alan Moore, ritiene che prima del 1700 “ci troviamo, per quanto riguarda il pedigree
dello snow, su un mare inesplorato”. Scrive di un disegno contemporaneo dell’anno
263
A. Cherini, Pandora o Marciliana minore, in Navicelle e barche tipiche del Mediterraneo, 1700 che mostra uno snow a due alberi a vele quadre con cime rotonde ma senza vela
https://www.cherini.eu/etnografia/NBM/slides/orig_Pandora%20o%20Marciliana%20minore.
html 28.07.2020. aurica. Inoltre ci indica che “Elements & Practice of Rigging & Seamanship” di Steele
(1794) ne dà la seguente definizione: “Uno snow è la più grande nave a due alberi
264
A. Cherini, Pandora o Marciliana minore - Manzera, in Navicelle e barche tipiche del Me-
ed è estremamente comoda per la navigazione”. Nell’illustrazione che l’accompagna,
diterraneo, https://www.cherini.eu/etnografia/NBM/slides/Pandora%20o%20Marciliana%20
minore%20-%20Manzera.html 28.07.2020. viene mostrato un veliero con una grande randa quadra sull’albero principale, con vele
auriche a prua e a poppa. Steele continua: “…è un veliero costruito in modo da essere
265
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. pandora. Vedi anche A. Prati et al. Dizionario di mari-
na medievale e moderna, p. 574. Cfr. G. Munerotto, Dizionario illustrato storico tecnico, s.v.
pandora. 268
Snow del 1770, in G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 327.
266
I. Pansini, Note su alcune barche tradizionali adriatiche, secoli XVIII-XIX in “Studi Mol- 269
Vedi A. Prati et al. Dizionario di marina medievale e moderna, p. 76.
fettesi: rivista del Comune di Molfetta”, n. 6-8, gennaio-dicembre 1998, p. 77. Vi è inserito un
bel disegno in scala di una pandora, conservato in un manoscritto della Biblioteca De Gemmis
270
G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 327.
di Bari. (Ringrazio M.L. De Nicolò per il prezioso aiuto). 271
L. Casson, Illustrated History of Ships and Boats, p. 138.
267
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. snow. 272
G. Grant, Snow, in H.B. Culver, The book of old ships, (formato epub) p. 118.

86 87
occasionalmente uno snow e talvolta un brigantino. Ha due rande.” Sembra essere più
difficile, tuttavia, operare una distinzione tra i brigantini e gli snow, poiché entrambi
hanno le stesse caratteristiche di impianto veliero. È stato anche affermato che gli alberi
con vele auriche non fossero originariamente un elemento distintivo dello snow, e che
fosse, piuttosto, la forma dello scafo a prua che gli avesse dato il nome (snausnout). La
seconda illustrazione allegata (da Culver) mostra uno snow vecchio stile del tempo di
Steele, senza dubbio “estremamente conveniente per la navigazione”.273

8. Galeotta

La galeotta, ovvero piccola galea, in croato galijica, sebbene il nome possa confondere, non
era fra i navigli più grossi di questo periodo: dalla lunghezza fra i 17 ed i 20 m, larghezza fra
i 2 e i 2,6 m, circa 50-60 t di portata e con un equipaggio sui 30-100 membri (in funzione
Galeotte dulcignotte con grippo e nava279
bellica) in rapporto al numero di remi, fra 32 e 40. Aveva da 1 a 2 alberi con le caratteristiche
vele latine ed era munita di cannoni (da 3 a 18). Era un naviglio lungo e stretto, veloce, per
lo più da guerra, corrieristico, per il trasporto merci e passeggeri. La galeotta di Dubrovnik 9. Pacchetto
invece aveva lo scopo di proteggere il corridoio sanitario, i viaggi degli ambasciatori, i
servizi postali e la difesa del territorio della Repubblica di Dubrovnik da corsari ed altri Il pacchetto, in croato paket, in inglese Packet ship era un bastimento di origine nordica,
nemici. I Ragusei avevano contemporaneamente solo una o al massimo due galeotte nella certamente anglosassone, portava da 300 a 500 tonnellate, era un tipo di veliero corposo.
loro flotta e facevano arrivare i costruttori navali da Napoli.274 La galeotta di Dubrovnik era Aveva tre alberi con vele quadre, di strallo ed aurica. L’unica struttura permanente sopra
raramente più lunga di 17 m, larga 4 m, alta 2 m, 15 paia di remi, 30 panche ed un timone il ponte era la cambusa. All’inizio era di moda dipingere di nero gli scafi dei pacchetti
a poppa.275 Interessanti le galeotte dulcignotte, sia a remi che vele latine, che hanno fatto sopra la linea di galleggiamento con lavori verniciati a lucido, mentre l’interno delle
danni per secoli nel Mare Adriatico e di cui viene pure proposta un’immagine di seguito. murate e della cambusa era colorato di verde. Le dimensioni dei pacchetti aumenteranno
La galeotta viene nominata nei RMC I-III 21 volte.276 nei secoli successivi oltrepassando le 1.000 tonnellate.280 In origine erano navigli postali
che trasportavano la posta regolarmente fra i porti. Nel Settecento erano velieri veloci
che trasportavano pure merci e passeggeri: potevano viaggiare anche oltreoceano in
America oppure India.281 In Adriatico erano navigli veloci che trasportavano la posta
ed i passeggeri, poca merce, costruiti soprattutto nel Kvarner (a Martinšćica) e in
Dalmazia.282 Nei regesti ne troviamo solo 20 e tutti derivanti dal Nord Europa con nomi
caratteristici come Pacchetto di Danzica, Pacchetto di Londra, Pacchetto di Milford,
ma anche Pacchetto di Ancona oppure Pacchetto di Venezia con chiara indicazione
della loro provenienza o destinazione.283

279
Nave “Re Davide” comandata da Matija Krušala, libera dinanzi a Dubrovnik il grippo di
Matija Grigović, catturato da due galeotte dulcignotte dinanzi a Korčula (Curzola), dettaglio
del disegno n. 42, da G. Ballovich, Pratichae Schrivaneschae, in C. Fisković, Borbe Peraštana
s gusarima u XVII i XVIII stoljeću. La legenda originale recita: “Cap.n Matio Chrusalla fora
QQQQQQQQQGaleotta veneziana277 Galeotta di Dubrovnik XVIII sec.278
di Ragusi richupera Il’Gripo del’Pron Matio Griegovich Con la Nave Redavide qual’Gripo fu
Preso da Doi Galiotte Dulcigniotte fora della Isolla di Corzolla”, ibidem, p. 21.
280
H.B. Culver, The book of old ships, (formato epub) pp. 130-131.
273
H.B. Culver, The book of old ships, (formato epub) pp. 118-119.
281
G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 245.
274
M. Kozličić, Hrvatsko brodovlje, pp. 161-163.
282
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. paket.
275
M. Kozličić, Galijica in HTE, https://tehnika.lzmk.hr/galijica/ 12.10.2020.
283
Cfr. solo Pacchetto di Danzica/Danziga RMC II, 3624, 3703, 3774, 3881, 3882, 6796; RMC
276
Vedi Z. Herkov, Gradnja ratnih brodova u Kraljevici, p. 156.
III, 159, 197, 315, 405, 519, 541, 927; sono tutti documenti che ci confermano come questo
277
A. Cherini, Galeotta veneziana, in Navicelle e barche tipiche del Mediterraneo, https:// veliero provenisse da Londra, Falmouth ed Exon, facesse spola Ancona e Trieste, il capitano
www.cherini.eu/etnografia/NBM/slides/orig_Galeotta%20veneziana.html 15.07.2013. fosse sempre George Horsley, portasse merci non solo inglesi, ma anche d’oltreoceano dal Su-
278
Galeotta di Dubrovnik del XVIII secolo, secondo Josip Luetić, https://tehnika.lzmk.hr/wp- damerica (certamente ricaricate in uno dei porti inglesi), commerciasse con la famiglia ebrea
content/uploads/2018/01/HTE_0344.jpg 12.10.2020. Morpurgo di Ancona i cui rappresentanti spesso fungevano anche da spedizionieri.

88 89
I navigli meno frequenti

1. Corvetta

La corvetta in croato korveta era un veliero di tipo ricognitivo, mercantile e bellico.


Compare nei regesti 16 volte come natante di varie provenienze: francese, imperiale, ma
anche veneta fra cui anche alcune corvette pubbliche e pure una greca.
Čolak ci informa che ne abbiamo “il primo accenno nel sec. XVII come piccolo veliero
con un albero a vela latina, armato da alcuni cannoni di dimensione media. Faceva
servizio di corriera e come bastimento di linea in aiuto ad altri navigli del genere. Nel
Settecento si sviluppa in grande veliero con due o tre alberi a vele quadre, dalla portata
da 100 a 300 t, per trasformarsi in seguito in bastimento da guerra col corrispondente
Pacchetto284 armamento, ovvero 20 cannoni.”288
Nell’immagine in allegato si vedono due corvette pubbliche perastine, dei capitani
Balović, sudditi veneziani: sono ben visibili due alberi con due vele quadre per albero
ed inoltre su quelli di poppa una vela aurica. A prua si distingue benissimo il bompresso
con due fiocchi sulla corvetta di sinistra ed uno su quella di destra.

Pacchetto, Packet boat 1830285


10. Mozza

La mozza in croato letteralmente odsječena compare 19 volte nei regesti marittimi,


era un naviglio commerciale, ma non è chiaro se si riferisca alla tartana mozza (mezza
tartana?) o semplicemente ad un naviglio mozzo, ovvero “tagliato” per forma. Ciò che
si evince dalla lettura dei regesti marittimi è che era un naviglio abbastanza robusto Figura 95 Corvette pubbliche perastine289
da poter viaggiare anche in percorsi più lunghi ed attraversare da nord a sud il Mare
Adriatico. Vediamo infatti mozze in rotte Bune (Boiana)-Venezia ma anche Durres Culver ritiene che la parola corvette sia un “osso etimologico difficile da decifrare”. Jal
(Durazzo)-Venezia i cui paroni e capitani hanno tutti nomi albanesi islamici (reis Adem e alcuni dei suoi seguaci rivendicano la sua derivazione dal latino corbis, che indica
Kampsi, oppure Mustafà di Hasan Bashà).286 Ma abbiamo anche mozze “venete”, una forma particolare di cesto romano applicato alle navi mercantili romane chiamate
ovvero veneziane, dai caratteristici nomi cristiani quali “Nostra Signora Graziosa” corbitoe. Kenna nega questa derivazione e sostiene che la parola sia di origine olandese;
(capit. Dorigo Nazaro) con 7 membri di equipaggio, oppure “S. Antonio di Padova e 3 che la sua prima apparizione conosciuta risalga al 1476 ed il nome dalle lingue
Maghi” (padrone Antonio Perolari) con 10 membri in tutto.287 Trattasi certamente quindi mediterranee. Dice che la parola ricorre prima e più frequentemente nelle parti delle
di navigli perlomeno di media grandezza. Fiandre vicino al confine francese e che intorno al 1500 esisteva un tipo di peschereccio

288
N. Čolak, RMC II, p. 316.
284
Pacchetto, in H.B. Culver, The book of old ships, (formato epub) p. 130.
289
Corvette pubbliche “San Pietro Apostolo” comandata da Ivan Balović e “San Antonio di
285
Pacchetto, Packet boat 1830, in G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p.
Padova” comandata da Petar Balović, dettaglio del disegno n. 8, da G. Ballovich, Pratichae
245.
Schrivaneschae, in C. Fisković, Borbe Peraštana s gusarima u XVII i XVIII stoljeću. La legenda
286
Cfr. RMC I, 1131, 1136. originale recita: “La Publica Chrovetta S.n Pietro Apostollo Cap.n Zuanne Ballovich Perastino.
287
Cfr. RMC III, 816, 988. La Publ.a Chrovetta S.n Antonio di Padova Cap.n Pietro Ballovich Perastino”, ibidem, p. 17.

90 91
olandese simile a un dogger, poi chiamato cobre e più avanti corve.290 Corvetta San Piero 1716 – ex voto295
Keble Chatterton descrive una corvetta del 1780 dalla capacità di 340 t, la cui immagine
viene data in allegato. Aveva un equipaggio di circa 125 membri, lunga 101 piedi 2. Manzera
ovvero 30,8 m, di cui possiamo osservare l’impianto velico con quadre sugli alberi di
trinchetto e maestra, mentre su quello di mezzana una vela aurica ed a prua notiamo il La manzera, in croato manzera, castrera, ma
lungo bompresso.291 anche volarica (dal cro. vol = bue) era, come lo
dice il nome stesso, un veliero per il trasporto
del bestiame grande e minuto. La troviamo nei
documenti anche come “trabaccolo-manzera”296,
e sebbene in questo caso si offra la possibilità
di scoprirne le forme, sembra che ce ne fossero di diverse varianti. In Vidović infatti
troviamo che sotto tale nome venivano usati per il trasporto di bestiame sia fregatoni,
che marciliane e trabaccoli, ma anche feluche e tartane. La differenza fra di loro era
minima e constava soprattutto nella forma delle vele. Inoltre non venivano costruite
come tali, ma venivano riadattate a tale scopo a posteriori.297
Manzera298

Sappiamo che le manzere avevano una portata


fra le 120 e 180 t con 2 o 3 alberi, relative vele
e bompresso. Venivano usate in aggiunta anche
Corvetta292 Corvetta, Gordon Grant293 a scopo militare per il trasporto delle truppe, il
pan biscotto o altre vettovaglie per le milizie
La differenza di forme cui è stata applicata la parola corvette è confusa quasi quanto stanziate lungo la costa orientale.299
l’origine della parola stessa. Abbiamo visto che il termine è stato utilizzato per la prima Avevano due sottocoperte con pali bassi cui
volta per una barca del tipo dogger. La corvetta del Seicento viene descritta come una veniva legato il bestiame, e sebbene sappiamo da
sorta di imbarcazione lunga con un solo albero e una piccola vela, che navigava sia a altri lavori di Čolak che fossero ampiamente usate nel trasporto del bestiame soprattutto
vela che a remi. Nei primi anni del Settecento, le corvette sono descritte come dotate di da Zadar verso Venezia, nei regesti compaiono esplicitamente solo in 12 casi.300 Lo
due alberi e un bompresso. vediamo infatti annotare: “Lo scalo di Zadar godeva sotto Venezia dello ius privativum
Dopo la metà del secolo Jal afferma che la corvetta era aumentata di dimensioni e aveva
assunto una forma simile a quella dei navigli dell’epoca. Ed infatti descrive le corvette 295
“Corvetta San Piero della marina veneta con tutte le vele spiegate al vento compresi i
della metà dell’Ottocento simili per alberi e vele alle fregate da 14 a 32 cannoni. La controvelacci e la carbonera. Sono visibili i cannoni sulla murata e sullo specchio di poppa e il
corvetta era un nome comune nella Marina francese e si applicava a quella classe di gonfalone di San Marco spiegato al vento. Il disegno è molto interessante perché riguarda una
navi da guerra più piccole, in qualche modo analoghe agli sloop da guerra. Le corvette nave militare a vela barocca armata con i remi com’era consuetudine nelle galere di un secolo
si distinguevano per il bordo relativamente basso e l’assenza di un cassero alto.294 prima. La legenda attesta che il committente era Zuanne Balovich, in occasione dell’assedio
di Corfù levato nel 1716”, immagine n. 13, in M.L. De Nicolò, Preghiere sul mare, pp. 32-33.
296
RMC I, 3609, 4523; RMC III, 400.
297
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. manzera.
298
Manzera in M.L. De Nicolò, Velieri, p. 28.
299
Il pan biscotto era la base alimentare durante il periodo di navigazione. In Croazia esi-
stevano diverse varianti di tale prodotto, soprattutto quelle lavorate a forma di 8 o comunque
intrecciate e che si potevano appendere per mantenerle asciutte.
290
H.B. Culver, The book of old ships, (formato epub) pp. 124-125. 300
N. Čolak, RMC I, p. 69. Per i commerci di bestiame vedi anche N. Čolak, Navigazione ma-
291
E.K. Chatterton, Sailing Ships, pp. 252-253. rittima fra i porti dalmato-istriani e i porti pontifici, ma soprattutto Idem, Pomorstvo zadarske
komune od dolaska Hrvata na Jadran do pada Mletačke Republike [La marineria del comune
292
Corvette, 340 tons, of about 1780, fig. 69, in E.K. Chatterton, Sailing Ships: The Story of
di Zara dall’arrivo dei Croati sull’Adriatico fino alla caduta della Repubblica di Venezia], in G.
Their Development from Earliest Times to the Present Day, London 1909, p. 252.
Novak, V. Maštrović (a cura di), Pomorski zbornik II, JAZU, Zagreb 1962, pp. 1555-1597, dove
293
G. Grant, Corvetta, in H.B. Culver, The book of old ships, (formato epub) p. 124. appunto viene annotato quanto fosse importante (anche a livello statistico) lo scalo di Zadar per
294
H.B. Culver, The book of old ships, (formato epub) p. 124-125. il commercio di animali dall’entroterra zaratino e dalla Bosnia verso Venezia.

92 93
nel campo dell’esportazione del bestiame grosso e minuto dal retroterra della Bosnia guerre contro i Turchi.307 L’immagine, data qui in allegato, si riferisce alla seconda
Turca a Venezia. Rimaste famose le manzere e castrere zaratine.”301 definizione, ovvero al XVIII secolo e rappresenta un grande bastimento da guerra a tre
alberi, su quello di trinchetto e di maestra issate due vele quadre, su quello di mezzana
3. Corriera una vela aurica e un lungo bompresso (fiocco e controfiocco) con tre grandi fiocchi.

La corriera in croato kurirski brod, indica come dice il nome stesso, quei velieri che
fungevano da servizio postale e trasporto di dispacci, ma anche di merci e passeggeri. Nel
Boerio infatti troviamo “Barca corriera o anche Corriera, come voci dell’uso adottate
dagli Uffizii pubblici amministrativi, chiamasi Quella, con cui da un luogo all’altro si
portano le lettere, le robe ed anche passeggeri…”.302 Nei RMC I-III la troviamo come
“corriera spagnola” in 10 casi nel trasporto oltre di “regi dispacci”, di passeggeri e
merce varia. Potrebbe darsi che la corriera ed il pacchetto indicassero lo stesso tipo di
naviglio, certamente sappiamo che questi due tipi di velieri venivano usati per scopi
simili se non identici.

4. Scialuppa

La scialuppa, in croato šalupa, viene menzionata 10 volte nei regesti marittimi: sette
volte come barca ausiliaria di uno dei qualsiasi velieri maggiori, ma 3 volte come tipo
di naviglio grande che attraversa l’Adriatico, notizia che sorprende. Nello Stratico
troviamo solo “Scialuppa. Di vascello da guerra.”303 Ma anche “Chaloupe. Sorta di
vascello grande.”304 In effetti troviamo che la parola provenga dal tedesco Schaluppe,
dal francese chaloupe e dall’olandese sloepe e indicasse due possibili tipi di naviglio: o
una barca da pesca usata sulle coste atlantiche tedesca e francese, oppure un veliero da Scialuppa (udema)308
guerra finnico-svedese a vela e remi appunto del Settecento.305
Nel Simović troviamo difatti due differenti definizioni: la prima riguarda un veliero
da pesca nei pressi dell’arcipelago tedesco Helgoland:306 era un bastimento dal fondo
piatto, aperto o semicoperto, con l’attrezzatura velica di una checcia, una grande vela
aurica, ovvero randa, con controranda; qui troviamo anche la variante di “scialuppa
francese” senza coperta con due alberi e vele al terzo. La seconda definizione riguarda
un bastimento da guerra del XVIII secolo. Fra i vari tipi di scialuppe erano conosciute
quelle svedesi e finlandesi, di cui se ne indicano quattro tipi: hemmena, pojama, udema,
turuma. Della hemmena troviamo anche che era la più grande, con tre alberi a vele
latine, un lungo bompresso e 28 remi. Viene poi nominata pure una scialuppa austriaca,
sempre bastimento da guerra, che aveva 18 cannoni e veniva usata sul Danubio nelle

301
N. Čolak, RMC II, nota 31, p. 27.
302
G. Boerio, Dizionario del dialetto veneziano, Venezia 1829, s.v. corièra, p. 198.
303
S. Stratico, Vocabolario di marina in tre lingue. Tomo primo: Italiano, Francese, Inglese, Scialuppa (turuma)309
Milano 1813, s.v. scialuppa.
304
S. Stratico, Vocabulaire de marine en trois langues. Tome second: Français, Italien, An-
glais, Milan 1813, s.v. chaloupe. 307
A. Simović (a cura di), Pomorski leksikon, s.v. šalupa, pp. 798-799. Cfr. V. Brajković, P.
305
Hrvatska enciklopedija, mrežno izdanje, s.v. šalupa, https://www.enciklopedija.hr/Na- Mardešić (a cura di), Pomorska enciklopedija, s.v. šalupa, vol. VII, p. 669.
tuknica.aspx?ID=59307, 28.12.2020. 308
Scialuppa ovvero udema in A. Simović (a cura di), Pomorski leksikon, s.v. šalupa, p. 798.
306
Helgoland si trova nel Mare del Nord, a settentrione della Germania e ad ovest della Dani- 309
Scialuppa (turuma), immagine n. 8, in H.G. Norman (a cura di), Skärgårdsflottan:
marca. Uppbyggnad, militär användning och förankring i det svenska samhället 1700-1824 [Flotta

94 95
Vuković d’altro canto, oltre alla sopranominata scialuppa bellica finnico-svedese della
seconda metà del Settecento, di cui riporta i quattro tipi nominati secondo le provincie
finniche, ci informa che erano anche il fulcro della loro flotta.310 Dato che ne indica la
velatura latina, sembrerebbe trattarsi di un veliero simile forse alla galeotta, ed infatti nel
ricercare il termine turuma e relativa immagine (in allegato) si è trovato in un’antologia
curata dallo storico svedese Hans Gösta Norman la conferma di tale veliero quale
facente parte della flotta settecentesca della Svezia.311
Nell’altro significato di “šalupa” Vuković, oltre a riportare la provenienza dal tedesco
Schaluppe e confermarne l’uso per la pesca dai pressi di Helgoland, dalla lunghezza fino
ai 10 m e larghezza 2,7 m, ne annota una variante della Frisia (nei Paesi Bassi a sud-
ovest dell’arcipelago di Helgoland), più grande e più lunga (fino ai 12 m): l’attrezzatura
velica constava di un solo albero con randa e controranda, ed un lungo bompresso con
tre fiocchi. I velieri maggiori, i Raaschaluppen,312 issavano sopra la randa, ovvero la
vela aurica, ulteriori vele quadre, da cui il nome.313
Date queste premesse, e sapendo quanto i mari siano gli uni in collegamento con gli altri
e quanto i maestri d’ascia e costruttori navali fossero mandati a chiamare e viaggiassero
di stato in stato anche nel Settecento, non è impossibile che le varie tecniche costruttorie
fossero state anche qui copiate ed imitate, oppure che il termine nordico finnico-svedese, Scialuppa francese (French shallop)315
francese, olandese e tedesco si sia allargato ad altri navigli.
Blackburn in effetti sotto il termine shallop indica tutta una serie di possibili natanti: Nei nostri documenti trattasi di una scialuppa inglese, una imperiale e pure una piccola da
a) un piccolo veliero da guerra inizialmente con vele auriche (schooner rigged), poi Dubrovnik.316 Interessantissimo in questo contesto è certamente il documento riportato
con le vele al terzo; b) un naviglio largo e pesante senza coperta spesso usato in caso da Damianidis dal Hofkammerarchiv di Vienna, ovvero la Nota dei bastimenti grossi
di soccorso di bastimenti naufragati; c) cannoniera francese del Settecento e Ottocento, arrivati nel Cesareo Regio Porto franco di Trieste nel corso degli infrascritti anni 1768,
con un cannone ed equipaggio di una quarantina di membri; d) piccoli pescherecci 1769, 1770, che viene data in seguito, dove fra gli altri bastimenti in centro in alto è
americani; e) barchetta/lancia da due persone. Dopodiché a parte descrive la scialuppa disegnata appunto la scialuppa!317 Leggendo attentamente la nota, che viene riportata
francese (French shallop) come un veliero mercantile largo con coperta che talvolta per intero dato che offre una moltitudine di informazioni validissime (immagini di vari
portava vela a tarchia o latina sull’albero di mezzana, usato nel Settecento in Olanda e tipi di bastimenti grossi, numero di arrivi e stati di provenienza), è possibile vedere che
nelle Fiandre.314 nei tre anni citati era entrata a Trieste una sola scialuppa francese: ma il solo fatto che
sia disegnata fra i vari bastimenti e l’accuratezza con cui sono rappresentati, ci conferma
che era un bastimento ben conosciuto nella Trieste imperiale settecentesca, qual cosa
certamente ci sarà comprovata anche dalla continuazione della pubblicazione della
collana dei Regesti marittimi croati nel volume VI, che prevede appunto i documenti
dell’arcipelago: Struttura, uso militare e ancoraggio nella società svedese 1700-1824], Lund dell’Archivio di Stato di Trieste.
2012.
310
Z. Vuković, Šalupa in V. Brajković, P. Mardešić (a cura di), Pomorska enciklopedija, vol. 315
Scialuppa francese - French shallop, in G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of
VII, p. 669.
Ships, p. 311.
311
Hans Gösta Norman è professore emerito dell’Università di Uppsala, autore di numerosis- 316
RMC II, 3841: “1773.27.I, Ancona - Scialuppa ‘Perth’ del capit. Henry Beth, Inglese, scaricò
sime edizioni, fra cui Skärgårdsflottan: Uppbyggnad, militär användning och förankring i det
salmoni; vuota partita per Trieste; alla Cassa: 60 p.”, (ASA, ACA, busta 1894, Entrata dell’Arco
svenska samhället 1700-1824 [Flotta dell’arcipelago: Struttura, uso militare e ancoraggio nella
di Traiano 1.V.1772-30.IV.1773, f. 179);
società svedese 1700-1824], Historiska media i samarbete med Svenskt militärhistoriskt biblio-
RMC II, 4117: “1788.26.I, Ancona - Scialuppa del capit. Domenico (?) Mihičić, Imperiale, sca-
tek, Lund 2012. L’antologia consta sia di contributi facenti parte del progetto del Dipartimento
ricò merci varie; alla Cassa: 60 p.”, (ASA, ACA, busta 1432, Entrata dell’Arco Traiano, busta
di Storia di Uppsala, sia di scritti di storia navale, militare e storico-sociale a più ampio raggio,
1442, anno 1788, f. 435);
fornendo una conoscenza approfondita del periodo storico gustaviano.
RMC III, 500: “1772.15.VI, Ancona - Lo stesso ai medesimi (Il console Bandiera ai V Savi alla
312
Raaschaluppen proviene da Rah, Raa o Rahe (asta o pennone di legno che sostiene la vela Mercanzia). Una piccola scialuppa di Dubrovnik ha portato (da colà) 133 b.le di lana per conto
quadra) + Schaluppen. Ringrazio Ružica Ivanković per il prezioso aiuto. dei negozianti ad uso della Fiera di Senigallia […]”, (ASV, CSM, b. 621, Lettere dei Consoli,
313
Z. Vuković, Šalupa, in V. Brajković, P. Mardešić (a cura di), Pomorska enciklopedija, vol. Ancona, 1771-1778 Lett. num. 746).
VII, p. 669. 317
K. Damianidis, Methods to Develop a Common Typology of Traditional Vessels in the Me-
314
G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 311. diterranean, p. 225.

96 97
Navigli rarissimi

1. Fusta

La fusta, in croato fusta e fušta, era una piccola galea, in Čolak chiamata altresì
“galeotta” utilizzata come naviglio esplorativo, di controllo costiero e corsaresco. Fra
il Duecento ed il Cinquecento sulle coste dalmate (a Zadar, Trogir, Split, Hvar) era
sinonimo di sfortuna e conosciuta in molti detti popolari in senso negativo (ad es. “la
fusta è il diavolo – e la galea è il diavolo”) ed in tale periodo poteva essere lunga
fino a 30 m ed imbarcare fino a 60 uomini con una portata che arrivava fino alle 500
tonnellate.319 Le dimensioni da veliero maggiore diminuiscono tanto che nel Settecento
ne abbiamo notizie in Herkov per l’Adriatico Settentrionale dove non designa un
naviglio di dimensioni così grandi. La definisce infatti veliero leggero in uso soprattutto
fra i corsari; certamente simile alla galera, a remi, con un solo albero ed una sola vela.
Indubbiamente non ci riguardano direttamente le fuste che nomina quali navigli da
raccolta di vogatori per sentenza a Venezia, dato che nei nostri documenti si tratta di
navigli o corsari o mercantili.320 Rispetto alla “galeotta” che troviamo come sinonimo
nei documenti presi in visione si è più propensi a ritenerla della portata sulle 50-60 t e
dalla lunghezza fino ai 25 m. Veniva usata per il trasporto della posta e dispacci, merci e
passeggeri, il controllo della costa, quindi anche come naviglio corsaro e certamente da
guerra. Nel Munerotto (accanto alle varianti frusta e fusto – arc.) troviamo si trattasse di
una nave lunga, a vela e a remi, “simile alla galèra, ma di dimensioni inferiori”, sempre
adibita alla nefanda voga dei condannati.321
Viene nominata nei RMC I-III solo in 7 casi.
Scialuppa ed altri bastimenti grossi in entrata a Trieste 1768-1770318

Fusta veneziana settecentesca322

319
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. fusta.
318
Scialuppa al centro della Nota dei bastimenti grossi arrivati nel Cesareo Regio Porto fran- 320
Z. Herkov, Gradnja ratnih brodova u Kraljevici, pp. 143-144.
co di Trieste nel corso degli infrascritti anni 1768, 1769, 1770 in K. Damianidis, Methods to
Develop a Common Typology of Traditional Vessels in the Mediterranean, p. 225. Interessante
321
G. Munerotto, Dizionario illustrato storico tecnico, p. 74.
notare la precisione dei dettagli anche negli altri bastimenti disegnati. 322
Fusta veneziana settecentesca in V. Brajković, P. Mardešić (a cura di), Pomorska enciklo-

98 99
Sul bompresso si possono notare (nelle immagini allegate) i fiocchi e controfiocchi
triangolari, appunto issati fra il bompresso e il trinchetto.
Gli “Atti del Governo italiano” del 1879 fra i Tipi dei bastimenti mercantili adducono
“Goletta a palo: bastimento con tre alberi verticali, o leggermente inclinati a poppa, tutti
a vele auriche, più qualche vela quadra all’albero di trinchetto, e talvolta anche a quello
di maestra, e bompresso […] Goletta: bastimento con due alberi verticali, o leggermente
inclinati a poppa, ambo a vele auriche, più qualche vela quadra volante all’albero di
trinchetto, e bompresso”.327 Dal che si può dedurre che la goletta si sia ulteriormente
evoluta fra il Settecento e l’Ottocento senza comunque perdere le sue caratteristiche
specifiche.
L’uso era prettamente commerciale e nei regesti viene nominata solo in 6 occasioni.328

Fusta323
2. Goletta

La goletta, in croato goleta o škuner, era un veliero commerciale per rotte brevi e medie,
dalla lunghezza dai 20 ai 26 m, larghezza dai 5 ai 6,5 m, altezza sui 2,5-3 m e dalla portata
fra le 50 e 260 t. Lo scafo era simile a quello del lugger ma di dimensioni maggiori e di
portata più grande. Sulla prua sottocoperta
vi erano gli alloggi dei marinai, mentre
a poppa quelli degli ufficiali e per la
navigazione.324 Sembra che sia comparsa
verso la fine del Seicento. L’equipaggio
variava dai 5, per le minori, ai 10 e più
membri, per le maggiori. Di solito aveva 2
alberi, ma poteva averne anche un numero
maggiore (sebbene questo dato dovrebbe
riferirsi ai secoli successivi), con vele Goletta329
quadre ed auriche (randa e controranda).
La caratteristica che la distingue dalla 3. Bricco
checcia è l’albero di mezzana più alto del
Goletta326 maestro.325 Il bricco, in croato brik, nei nostri documenti compare come brick: era un veliero
di lungo corso utilizzato per i viaggi in Mediterraneo, ma anche per la navigazione
oceanica, dalla lunghezza fra i 26 e 32 m, largo dai 6 ai 9 m, altezza dai 3,5 ai 6 m, dalla
portata fra le 100 e 240 t, dato confermato anche da Vekarić per i bricchi della penisola
pedija, vol. II, p. 509.
323
Fusta, https://db4sgowjqfwig.cloudfront.net/campaigns/120477/assets/514808/fuste.
jpg?1444313333 23.10.2020. 327
Collezione celerifera delle Leggi, Decreti, p. 43.
324
M. Bratanić, Pomorstvo Dalmacije u 19. stoljeću, p. 77. 328
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. goleta.
325
G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 293. 329
Goletta, https://www.giornaledellavela.com/news/wp-content/uploads/2017/08/AMERI-
326
Goletta in G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 293. CA.jpg, 08.10.2020.

100 101
di Pelješac (Sabioncello).330 Lo scafo del veliero era arrotondato, la prua affilata ed 4. Salamandrone
appuntita, la poppa dalla forma semicircolare o rettangolare. Aveva due o tre portelli
con spazi adibiti ai marinai, ufficiali, il comandante, ma anche ai passeggeri.331 Il salamandrone o salamandron era un bastimento mercantile che doveva essere
perlomeno di media grandezza e che viene nominato solo 4 volte nei RMC I-III. Non
se ne trovano accenni né nelle monografie, dizionari marittimi ed enciclopedici croati,
italiani ed internazionali presi in visione, le ricerche sono ancora aperte ed in atto.337

5. Bombarda

La bombarda era in origine un veliero per il bombardamento, con artiglieria pesante, di


fortezze, città o altri bastimenti nei porti. Era lunga fino a 25 m, larga fino a 8,2 m, dalla
capacità fra le 80 e 200 t. L’equipaggio poteva variare dai 35 fino ai 70 membri e veniva
usata soprattutto a scopi militari. Il termine deriva da “bombarda” ovvero un tipo di
cannone dal tubo corto e liscio. Compare nella marina militare britannica verso la metà
del XVII secolo, per diffondersi poi alle altre marine militari europee. Scompare come
tipo di naviglio nella seconda metà del XVIII secolo.338

Bricco mercantile danese 1827332

L’equipaggio poteva variare dagli 11 ai 17 membri, aveva


2 o 3 alberi con vele quadre, di strallo, aurica e un lungo
bompresso con più fiocchi, trainava 1 o 2 scialuppe.
Veniva utilizzato come naviglio postale, per il trasporto
delle merci o passeggeri e naturalmente bellico.333 Kozličić
scrive anche di un particolare modello di bricco raguseo.334
Blackburn ritiene che ai suoi esordi si trattasse dell’ab-
breviazione del termine brigantine in brig, ma poi, con
l’evolversi dei velieri e la comparsa pure dello snow,
anche il bricco si evolse autonomamente.335
Viene nominato nei RMC I-III solo in 5 documenti.
Modello del bricco Splendido,
Luciano Keber 336
Bombarda339

330
S. Vekarić, Pelješki jedrenjaci, pp. 264-271.
navale “Andrija Zanon” a Rijeka nel 1850, Pomorski i povijesni muzej Hrvatskog primorja Rije-
331
M. Bratanić, Pomorstvo Dalmacije u 19. stoljeću, p. 57.
ka, 1982 [Museo Marittimo e Storico del Litorale Croato], https://tehnika.lzmk.hr/wp-content/
332
Bricco mercantile danese 1827, in A. Roux, J. Meissonnier, Voiliers de l’Époque romanti- uploads/2017/12/HTE_0494.jpg 10.09.2020.
que, Edita Lausanne, p. 47, https://www.pinterest.com.au/pin/783907878867368103/ 10.02.2021. 337
RMC I, 913 (Bocchese); RMC I, 3104 (viaggio Venezia-Kotor); RMC I, 4317 (Rovinj-Bakar-
333
N. Čolak, RMC II, p. 237, nota 716. Cfr. R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. brik. Istria); RMC I, 4808 (Prčanj-Senigallia-Ancona), dove le triangolazioni parlano da sé, sebbene
334
M. Kozličić, Hrvatsko brodovlje, pp. 165-168. nulla dicano di preciso della stazza o tipologia di tale naviglio.
335
G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 54. 338
A. Simović (a cura di), Pomorski leksikon, s.v. bombarda, p. 87.
336
L. Keber, Bricco Splendido, modellino realizzato in base a quello costruito nel cantiere 339
Bombarda, immagine, in Atlante velico cioè piani e tariffe dell’occorrente di tele, cordami,

102 103
Secondo Blackburn sarebbe la variante italiana del brigantino, con alberi realizzati con
un unico palo invece che a sezioni, tipo la polacca.340 Gli “Atti del Governo italiano” del
1879 fra i Tipi dei bastimenti mercantili la definiscono molto precisamente “Bombarda:
bastimento con due alberi verticali (maestra e mezzana), il primo a vele quadre e stabilito
quasi al centro del bastimento, il secondo a vele auriche, piccolo e collocato molto a poppa,
bompresso con più fiocchi”,341 il che evidentemente possiamo osservare nelle due immagini
allegate seppur con minori alterazioni. La troviamo solo 3 volte nei regesti marittimi.

Bombarda342
6. Bragozzo

Il bragozzo, in croato bragoc, era un naviglio da pesca con fondo piatto, timone
semicircolare, due alberi con vele, lungo dagli 8 ai 15 m, usato nell’Adriatico set-
tentrionale.343 Markovina ci conferma che era un piccolo veliero costiero tradizionale Bragozzo345
dell’Adriatico orientale, in particolare istriano e nord-adriatico. La lunghezza poteva
variare dagli 8 ai 13 m, la larghezza dai 2 ai 4 m con una capacità di circa 10-20 t. La prua In Salamon troviamo pure che il bragozzo fosse di costruzione semplice e solida. La forma
era stretta, con l’anticuore (controdragante) piegato all’indietro verso l’ampia poppa e la struttura dello scafo somigliavano a un piccolo “topo”. Ci descrive inoltre che, da prua a
arrotondata. Aveva uno scafo largo con due alberi di cui quello anteriore notevolmente poppa, il bragozzo era coperto da un ponte rendendolo sicuro durante la navigazione in alto
più piccolo e leggermente inclinato verso prua. Le sue vele, tinte con pigmenti naturali mare. E dato che di solito aveva due grandi boccaporti sul ponte, c’era un detto sull’isola
per renderle facilmente riconoscibili da lontano, erano al terzo, mentre a prua su un di Krk che “chi fosse abituato a non chiudere la porta di casa era come se fosse nato su un
lungo bompresso era issato il fiocco. Il bragozzo era costruito senza chiglia, con un bragozzo”. Un altro detto interessante dell’Isola di Brač (a Sutivan per l’appunto) era che certe
grande timone che arrivava fino a sotto lo scafo e che in acque basse veniva alzato, signore “avevano il sedere largo come la poppa del bragozzo”. (Vidović, Pomorski rječnik,
mentre in acque aperte gli permetteva di navigare sicuro senza essere trascinato dalle Split, 1984). Come naviglio aveva fino a sette remi di diverse lunghezze che durante la voga
onde. Il ponte si allungava per tutta la sua lunghezza, con un grande portello tra gli venivano appoggiati su quattro forcole, appositamente progettate per consentire il remare a
alberi per il carico della merce e portelli più piccoli a prua e poppa per poter entrare due diversi livelli su due supporti appositamente sagomati. A seconda della lunghezza del
sottocoperta. Portava da due a quattro membri di equipaggio. Una variante minore del bastimento, il bragozzo aveva uno o due alberi con vele al terzo; la vela del caratteristico
bragozzo, con un solo albero e vela, veniva chiamata bragozzetto (in croato brakocet).344 albero di prua inclinato, era la metà della vela dell’albero principale, su cui vi era apposta una
banderuola segnavento finemente intagliata (visibile nella prima immagine), che in Veneto si
chiamava penelo, mentre in Istria e nel Quarnero veniva chiamata cimarola.346
spago, merlini catrame ed altro per ogni sorte di vela possibile adattate agli armi dei pubblici
bastimenti dalla nave di primo rango sino al più minuto caicchio. Opera comandata dagli illu-
strissimi ed eccellentissimi signori Inquisitori all’Arsenale, Biblioteca Museo Correr, Venezia Nicolò, La Speranza, pp. 126-127. Più sul bragozzo vedi M. Marzari, Il bragozzo. Storia e
1785, f. 47. (Ringrazio Tea Marinović per l’immagine trovata). tradizioni della tipica barca da pesca dell’Adriatico, Milano 1982. Sull’evoluzione del termine
vedi M.L. De Nicolò, Il Mediterraneo nel Cinquecento tra antiche e nuove maniere di pescare,
340
G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 51.
Quaderni del Museo della Marineria W. Patrignani - Pesaro, “Rerum Maritimarum”, 7, 2011,
341
Collezione celerifera delle Leggi, Decreti, p. 43. pp. 92-107.
342
Bombarda in G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 51. 345
Bragozzo, in A. Ameli, V. Ricci et al., La civiltà marinara, Cupra Marittima, Lettura di un
343
N. Čolak, RMC II, p. 230, nota 681. territorio, p. 26.
344
R. Markovina, Bragoc in HTE, https://tehnika.lzmk.hr/bragoc/ 16.09.2020. Cfr. M.L. De 346
V. Salamon, Hrvatski tradicijski brodovi, p. 694.

104 105
Bragozzo istriano347 bordo ci potevano stare da 4 a massimo 10 marinai, a seconda delle necessità.356
In De Nicolò troviamo conferma della vela latina: “la marineria di Molfetta, con le
Il Munerotto lo definisce come “tipica imbarcazione sue grandi paranze a vela latina, di una ventina di tonnellate di dislocamento…”.357 Lo
peschereccia di Chioggia”, due alberi, vele al terzo, stesso dicasi del pescare “in coppia (a paranza)”.358
dalla lunghezza fra i 9 ed i 14 m.348 Possiamo quindi sintetizzare che fosse lunga dagli 8 ai 13 m, larga dai 2 ai 4 m, dalla
Usberghi annota che a metà del Settecento, per portata fra le 25 e 30 t, con un equipaggio fra i 4 e 10 marinai. Poteva avere da uno a due
via del Decreto regio del 1738 che vietava la alberi a vela latina o al terzo e veniva utilizzata nella pesca e trasporto del pescaggio,
pesca a strascico, inizia la decadenza della tartana ma anche di merce varia.
a favore del bragozzo, anche se i nostri numeri, Viene menzionata solo 3 volte nei documenti dei primi tre volumi dei Regesti marittimi
per ora, riferitisi al Settecento, non lo dimostrano, croati.
ed in effetti questo avverrà probabilmente nel
corso dell’Ottocento. È interessante notare che lo
definisce molto simile alla tartana sia nella forma
che nella sua concezione, molto più piccolo, costava 1/3 della tartana, era di buona
qualità e resistente per la scelta del legno usato. Le sue caratteristiche peculiari erano i
colori del timone e delle vele.349 Nei nostri documenti compare 3 volte come “bragozzo
anconetano”.350

7. Paranza

La paranza, in croato paranča e paranca, era un veliero da pesca, ad un solo albero, con
“vela triangolare o alla portoghese”.351 Troviamo diverse immagini molto significative
di paranze nei Velieri di De Nicolò: una paranzella pugliese, quindi una paranza pugliese
e picena, una del primo Ottocento ed infine una marchigiana.352
Interessante che Blackburn nomina la paranzella, come peschereccio italiano a vele Paranza marchigiana359 Paranza pugliese e picena360
latine, a volte con vela quadra sull’albero maestro.353 Čolak la definisce “veliero italiano
simile alla tartana con prova incurvata e timone alto, un albero con vela latina, lunghezza, 8. Cimbero
12 m, larghezza 4 m, usato nell’Adriatico per la pesca con strascico a coppie”.354
Le paranze erano “un po’ tozze e quasi rigonfie, con due alberi e due vele, oltre il fiocco Il cimbero, in croato pure cimbero ma anche cimba, o cinba, era un veliero commerciale,
o ‘polacchina’, […] però resistentissime al mare e al vento e solide a tutta prova.”355 A ma anche da pesca con tre alberi e bompresso dalla poppa alta. Nel XVIII secolo viene
registrato nell’Adriatico settentrionale (Herkov).361 Abbiamo anche una annotazione
dell’isola di Hvar, risalente al 1784 in cui troviamo “patronis cimbarum sardelarum”.362
347
Bragozzo istriano, modello, in Proleksis enciklopedija [Enciklopedia Proleksis] edizione Cimba invece, provenendo dal mondo greco e latino (dal lat. cymba e dal gr. kymbe), ha una
online, Leksikografski zavod Miroslav Krleža, https://proleksis.lzmk.hr/slike1/x_b1163.JPG storia anteriore riguardante la sua funzione di piccolo naviglio da pesca (in Antichità come
16.09.2020. monossilo), fino ad essere annotato nell’Adriatico dal 1223 come imbarcazione maggiore
348
G. Munerotto, Dizionario illustrato storico tecnico, s.v. bragozzo. con 6-8 rematori che si manterrà fino al XIX sec.363 Troviamo in Argenti l’interessante
349
M. Usberghi, Navi e merci nella Trieste settecentesca - prima parte, p. 87-88.
350
RMC II, 2109, 2153, 2365. 356
Ibidem, p. 89.
351
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. paranča. Per ulteriori studi vedi G. De Fanis, Paranze 357
M.L. De Nicolò, La comunità delle rive, p. 115.
e battelli a Termoli, 1900-1950. Uomini, simboli, colori, Campobasso 2003; F. Feola, Paranze.
Fatti, dati e miti, Lanciano 1997; G. Cavezzi, La paranza nel Piceno (XVIII-XX secolo) in M.
358
Ibidem, p. 195.
Marzari (a cura di), Navi di Legno. Evoluzione tecnica e sviluppo della cantieristica nel Me- 359
A. Cherini, Paranza marchigiana, in M.L. De Nicolò, Velieri, p. 48.
diterraneo dal XVI secolo ad oggi, Trieste 1998, come indicato nella bibliografia di M.L. De 360
A. Cherini, Paranza pugliese e picena, in M.L. De Nicolò, Velieri, p. 45.
Nicolò in Velieri. 361
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. cimbero; vedi Z. Herkov, Gradnja ratnih brodova u
352
M.L. De Nicolò, Velieri, pp. 43, 46. Kraljevici, s.v.
353
G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 248. 362
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. cymba, p. 525, ovvero nella II parte del volume riguar-
354
N. Čolak, RMC II, p. 232. dante la Terminologia proveniente dal latino.
355
G. Grimaldi, Pescatori dell’Adriatico in M.L. De Nicolò, Marineria risorta, p. 92. 363
A. Simović (a cura di), Pomorski leksikon, s.v. cimba.

106 107
dicitura “cimberi o saiche”.364 Nello schizzo in allegato di Aldo Cherini, contrassegnato
come n. 12 vi è l’abbozzo di un cimbero: vi si possono intravvedere tre alberi con le vele
ammainate, poppa e prua rialzate. Compare solo 2 volte nei documenti RMC I-III.

Gondola ligure, Aldo Cherini370

Cimbero fra vari bastimenti365 Interessante per il primo documento (RMC I, 2324) che annota un gondoletto, che nel
9. Gondola e gondoletto Vidović troviamo appunto il termine gondolot, che indica un tipo di naviglio fra il 1764
ed il 1797 nella Boka Kotorska, a Prčanj (Perzagno) con 10 membri di equipaggio.371 Di
La gondola o gondoletto, in croato gundula/gondula e gondulica (in dim.) nel Duecento alcuni anni più tardi, ovvero del 1808, quindi ancora di referenza per il nostro periodo, è
e Trecento a Dubrovnik indicava un bastimento di piccole dimensioni, stretto e lungo, l’annotazione di un gondoloto a Perast, sempre nella Boka Kotorska, con un equipaggio
con 4 remi ed un albero con la vela latina.366 Veniva usato per la pesca e per il trasporto di 42 bocchesi ed 80 soldati, assieme agli ufficiali in tutto 96, armato con 4 cannoni, 5
di passeggeri. Troviamo tale gondola a vela di provenienza ragusea (della Repubblica di artiglieri.372 Qui ci troviamo in effetti di fronte ad un bastimento maggiore! Nello stesso
Dubrovnik) nell’Adriatico orientale, mentre quella veneziana, senza albero e dallo scafo periodo a Herceg-Novi (Castelnuovo) troviamo un gondoloto di 6 membri d’equipaggio,
asimmetrico, è oggi conosciuta in tutto il mondo. Il termine gondula si trova lungo tutta mentre a Bijela (Bianca), nella parte anteriore della Boka Kotorska, un altro di 6 membri
la costa orientale adriatica con varie accezioni, ma sempre come naviglio minore.367 Nel di equipaggio e 24 t di portata.373 Sembra più verosimile che la gondola ed il gondoletto
Munerotto troviamo nella sezione dei disegni di barche tradizionali quattro differenti annotati nei regesti fossero natanti di medie dimensioni certamente non bellici, ma per il
immagini e tipi.368 Il primo tipo del versante orientale viene nominato nei regesti solo in commercio e trasporto merci lungo e attraverso l’Adriatico.
2 casi, ambo attraversanti l’intero Mare Adriatico.369 Non si trattava certamente di tipi
lagunari, ed in assenza di altre immagini, per mostrare la varietà di significati nascosti 10. Lancia
dietro un unico termine, anche dal versante tirreno, viene proposta di seguito l’elabora-
zione di Cherini di una gondola ligure. La lancia, in croato lanca o anche lanča, era un veliero piccolo e veloce, lungo dai
7 ai 10 m, largo dai 2 ai 3 m, dalla portata fra le 2 e 100 tonnellate, con 2 remi ed un
equipaggio da 2 a 4 marinai. Su 1 o 2 alberi venivano issate le vene latine o al terzo.
364
P.P. Argenti, The Occupation of Chios by the Venetians (1694), London 1935, p. 94. 370
A. Cherini, Gondola ligure in Barche tradizionali italiane per il cabotaggio e la pesca,
365
A. Cherini, 8 - Fregadon, 9 - Marsigliana, 10 Checchia (Bregantin), 11 - Polacca, 12 - https://www.cherini.eu/etnografia/Italia1/040%20Gondola%20ligure%20-%20elaborazio-
Cimbero in Barche e velieri. Note di evoluzione nautica, disegno n. 82, https://www.cherini.eu/ ne%20Cherini.jpeg 27.02.2021.
etnografia/EN/BV_0082.jpg 15.01.2021. 371
Godišnjak Pomorskog muzeja u Kotoru, GPMK [Annuario del Museo marittimo di Catta-
366
A. Simović (a cura di), Pomorski leksikon, s.v. ro], 1956, p. 107, come citato in R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. gondolot.
367
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. gundula, gondola e gondula. 372
GPMK [Annuario del Museo marittimo di Cattaro], 1957, p. 202, come citato in R. Vidović,
368
G. Munerotto, Dizionario illustrato storico tecnico, p. 208. Pomorski rječnik, s.v. gondolot.
369
Vedi RMC I, 2324 (viaggio del gondoletto di Juraj Đuranović da Durres a Venezia) e RMC 373
Per Herceg-Novi, GPMK [Annuario del Museo marittimo di Cattaro], 1953, pp. 59-60, men-
I, 3762 (viaggio della gondola del paron Ivan Gandić da Venezia ad Ancona e ritorno). tre per Bijela, GPMK, 1955, p. 117, come citato in R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. gondolot.

108 109
ed aveva da 4 a 6 remi con un albero a vela latina o al terzo. Veniva usato soprattutto per
la pesca ed era adatto nello stivare pescagioni maggiori. Markovina scrive che il leuto
(o anche levut) era il più grande naviglio da pesca tradizionale dell’Adriatico orientale,
lungo da 8 a 15 m con una capacità di 8-10 t. Destinato alla pesca ed al trasporto di
merci, era simile alla gaeta, sebbene dalle forme più lunghe e piene e da una minore
snellezza sott’acqua, proprio perché si era voluto ottenere un dislocamento e capacità
portante maggiori. Era ed è tutt’oggi adatto alla navigazione in mare aperto e mosso. La
forma originale adriatico-orientale ha le sue origini da Korčula, dopodiché vediamo che
veniva costruita anche a Betina, Zadar ed altrove.
Viene menzionato per la prima volta negli scritti della città di Trogir nel 1617. Era
dotato di un albero con una vela latina, raramente con fiocco e quattro grandi remi. In
alcuni modelli il ponte era completamente chiuso, mentre sui lati vi erano delle portelle
per l’entrata nella sottocoperta e l’alloggio dei marinai. I leuti venivano maneggiati da 7
a 8 membri d’equipaggio, mentre quelli maggiori da pesca fino a 15.378
Keber lo definisce come “la più grande barca adriatica” arrivando a più di 12 m di
lunghezza e dalla portata di una decina di tonnellate. Quando veniva utilizzato per la
pesca poteva avere fino a 14 membri di equipaggio. Ne descrive le linee armoniose,
morbide e rilassanti definendole quasi prevedibili, come se non ci fosse stato il bisogno di
inventarle, essendosi imposte da sole e poi sviluppatesi in ogni angolo del Mediterraneo
a seconda delle esigenze locali.
Più robusto della gaeta precedentemente analizzata, il leuto era, secondo Keber, più
adatto al mare aperto, favorendo la vela di tipo latino rispetto all’uso dei remi ed
enfatizzando anche qui il fatto che i tipi costruttori più robusti e pesanti erano quelli
Lancia374 che davano i migliori risultati a livello pratico, nella quotidianità adriatica. La variante
aperta veniva utilizzata per la pesca, mentre quella coperta per il trasporto delle merci
La lancia serviva soprattutto per la pesca ed il trasporto di merci e passeggeri, ma veniva arrivando in questo caso alla lunghezza della brazzera.379
pure usata dai corsari “dulcignotti” nei loro attacchi ai velieri della Serenissima.375 Nei
regesti troviamo un interessante incidente descritto dal console Rosa stazionato a Durrës
(Durazzo) in cui capitani e marinai napoletani cercavano soddisfazione per gli attacchi
subiti dalla lancia armata del capitano perastino Vid Damjanović.376
Dalle descrizioni si potrebbe concludere che assomigliasse alla saica, ma era
probabilmente di dimensioni minori. Il Boerio la definisce pure come barca ausiliaria.377
È da pensare che le lance della costa orientale o perlomeno quelle usate dai corsari
fossero diverse da quelle della costa occidentale di cui viene proposto un esempio.
Nei RMC I-III la troviamo menzionata solo in 2 documenti.

11. Leuto

Il leuto, (dall’arabo ‘ûd, che significa legno), ma anche liuto e leud, in Sicilia leutu, in
croato leut, in Spagna, Catalogna, Baleari e Maiorca, llaüt (per tutte le barche da pesca), qqqqqqqqqqqqqLeuto di Korčula380 Leuto del Quarnero, Aldo Cherini381
era un veliero minore della lunghezza dai 7 ai 12 m, largo dai 2,5 ai 2,8 m, ed una
portata modesta fra le 4 e le 8 tonnellate. L’equipaggio era costituito da 7 a 14 marinai
378
R. Markovina, Leut in HTE, https://tehnika.lzmk.hr/leut/ 10.06.2020. Cfr. V. Salamon, Hr-
374
Lancia in A. Ameli, V. Ricci et al., La civiltà marinara, Cupra Marittima, Lettura di un vatski tradicijski brodovi, p. 695. Vedi anche M. Kozličić, Hrvatsko brodovlje, pp. 211-213.
territorio, p. 26. 379
L. Keber, Tradicijske barke, p. 58.
375
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. lanca. 380
Leuto di Korčula in V. Salamon, Hrvatski tradicijski brodovi, p. 695.
376
RMC I, 1492. 381
A. Cherini, Leudo del Quarnero in http://www.cherini.eu/etnografia/NBA/slides/29-Leu-
377
G. Boerio, Dizionario del dialetto veneziano, s.v. lanchia. do%20del%20Quarnero.html 08.05.2013

110 111
Viene annotato solo 2 volte nei regesti il che significa che nel Settecento non veniva 3. Scafo
considerato come naviglio conveniente da traversata fra le due sponde, certamente data
la sua piccola stazza.382 Lo scafo in croato trup ma anche škaf e škafa come parte del veliero si trova nei
regesti menzionato tre volte. Ciò che sorprende è che in 2 documenti si tratta di un
12. Palandra o polandra particolare tipo di veliero “scafo olandese”.387 In Vidović troviamo che a Zara nel 1458
indicasse un bastimento maggiore. Ma esisteva anche la forma scaffa nella Dubrovnik
La palandra, in croato uguale, ma compare anche come polandra a Korčula nel 1688.383 medievale, ovvero nel 1472, indicando in questo caso un natante da trasporto ed anche
In Vidović troviamo anche “navis ignaria”, ma comunque il termine indica un naviglio da traghetto.388
di solide dimensioni.384 Era infatti un veliero mercantile di medie dimensioni, simile per D’altro canto riscontriamo anche lo skaffie, un veliero scozzese molto simile al logger,
struttura al fregatone, forse per assonanza derivata da parandària, con cui condivide non dalla lunghezza di 18 m, larghezza sui 5 m, con due alberi e vele al terzo.389
solo il nominativo, ma anche lo scopo di naviglio bombardiero (armata di bombarde).385 Troviamo inoltre skafa quale piccolo veliero greco, tra il XIV e il XIX secolo, dal ponte
Nell’immagine in allegato, trovata fra i disegni delle Pratichae Schrivaneschae di coperto e con un grande portello al centro, la cui etimologia certamente non lascia
Balović, è disegnata una polandra accanto ad una nava dandoci l’opportunità di spazio a congetture (σκάφος, come natante maggiore o sua parte, ma anche σκάφη,
confrontarne le dimensioni e le forme. Presenta due alberi armati con vele quadre ed come vaso, canotto, barca, ovvero natante minore) e di cui in seguito alleghiamo
una latina su quello di poppa. Il lungo bompresso mostra tre grandi fiocchi. un’immagine.390 Ciò che è interessante per questo lavoro è l’aver trovato comunque un
Anch’essa compare solo 2 volte nei RMC I-III ulteriore termine che nel Settecento indicava ovviamente un veliero medio-maggiore
proveniente dall’Olanda e riconoscibile alle varie “scrivanerie” adriatiche del periodo.

qqqqqqqqqqqq Skaffie391 Skaphi392

Polandra pubblica386
387
RMC III, 649 e 650.
388
Vedi R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. škaf e škafa ed anche scapha (nella II parte – Ter-
minologia dal latino).
382
Cfr. R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. leut. 389
Vedi V. Brajković, P. Mardešić (a cura di), Pomorska enciklopedija, s.v. skafa e skaffie.
383
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. palandra. 390
L. Rocci, Vocabolario greco-italiano, Roma 1979, s.v. σκάφη (“cosa scavata ad arte”, canot-
384
Ibidem. to, barca, scafa, scafo) e σκάφος (cavo, carena, scafo). Cfr. Vocabolario Treccani online s.v. sca-
385
G. Munerotto, Dizionario illustrato storico tecnico, s.v. palàndra, p. 107. fa e scafandro per σκάφη https://www.treccani.it/vocabolario/scafa 27.03.2021. Enciclopedia
Treccani online s.v. scafo e piroscafo per σκάφος, https://www.treccani.it/vocabolario/ricerca/
386
Polandra pubblica comandata da Nikola Kolović e nava pubblica ‘Fede guerriera’ coman-
piroscafo/ 27.03.2021.
data da I. Božo Sirojević, dettaglio del disegno n. 10, da G. Ballovich, Pratichae Schrivane-
schae, in C. Fisković, Borbe Peraštana s gusarima u XVII i XVIII stoljeću. La legenda originale
391
Skaffie scozzese, in G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 317.
recita: “La Publica Polandra nom… Cap.n Nichollo Colovich da Perastto. La Publica Nave 392
A. Cherini, Skaphi - da modello del Museo Marittimo di Symi (Rodi), Grecia, https://www.
Chostanza Guerriera Cap.n I. Nadal Siroevich da Perastto”, ibidem, p. 17. cherini.eu/etnografia/EU/Grecia/index.html 27.03.2021.

112 113
14. Sultana Navigli nominati solo una volta nei RMC I-III

La sultana era un veliero mercantile mediterraneo legato certamente al mondo ottomano.


Di essa sappiamo che fosse un “termine del sec. XVIII. Nome di nave grossa turchesca 1. Burchiello
(Crusca; D’Alberti)”.393 Ed infatti le 2 sultane nominate nei RMC I-III, provengono
dalla lettera del console Rosa da Durazzo ai Cinque Savi alla Mercanzia in cui spiega Il burchiello, dim. di burchio, in croato burčela, era un naviglio pluviale ma che poteva
come diversi bastimenti, fra cui le sultane, erano giunti da Costantinopoli in 100 giorni trasportare merci e passeggeri anche via mare: lungo fino a 30-40 m, largo fino a 5 m,
di navigazione portando armamenti vari.394 dalla portata fino a 300 t. Aveva uno o due alberi con vela al terzo. Veniva utilizzato oltre
In Perez ne troviamo la definizione come voce siciliana: “nave grossa turchesca, che per il trasporto delle merci, anche dei passeggeri. In Čolak troviamo che “il termine
Sultana”.395 Interessantissima la notizia trovata in Ercole che afferma che la Serenissima, burchio proverrebbe dal longobardo burgi ‘recipiente’ per tenervi pesci” e nomina i
dopo un primo periodo in cui aveva affittato navi straniere ad uso bellico, si era decisa nel termini in croato bure (ovvero barile) ed in francese burette.397
corso del Seicento ad armare una flotta di navi da guerra di proprietà della Repubblica:
e le prime furono appunto le “sultane turche” che vennero adibite a questo scopo. Si
trattava in effetti di galeoni turchi che i Veneziani chiamavano appunto “sultane” e
furono nove le prime ad essere trasformate in “pubbliche navi” fra il 1652 ed il 1668.396
Altre notizie non si trovano per ora.
Navigli nominati solo una volta nei RMC I-III

Ricostruzione del burchio, Luigi Divari398

Munerotto dà la voce burchièlo e burcièlo indicandolo come naviglio di linea fra Venezia
e Padova (sin. di padovana appunto), ma dà pure bùrchio, come barca da carico di grosse
dimensioni, con vela al terzo, fondo piatto.399 Dato il regesto del 1710 che indica un
burchiello in entrata nel porto di Ancona proveniente da Spalato, si è più propensi alla
seconda variante,400 sebbene anche in croato burčela (burcula) indichi appunto una barchetta
pluviale di rovere che veniva usata ancora nel XIX secolo sul Danubio, Sava e Kupa per il
trasporto di granaglie, quale il “burchiello da farina” in allegato che era un naviglio di tipo
pluviale.401 In Vidović troviamo riferito a burchius, burcius che si trattasse di veliero minore
da carico, ma troviamo anche la forma burclus sempre come tipo di naviglio da carico.402
Compare nei RMC I-III una sola volta.
393
A. Prati et al. Dizionario di marina medievale e moderna, p. 1019. (Ringrazio M.L. De
Nicolò per l’aiuto in questa ed altre voci di questa analisi). 397
N. Čolak, RMC II, p. 52.
394
RMC I, 1362. 398
L. Divari, Ricostruzione del burchio, disegno acquerellato, in M.L. De Nicolò, La Speran-
395
G. Perez, Vocabolario siciliano-italiano attenente a cose domestiche a parecchie arti e ad za, p. 136.
alcuni mestieri, Parte I, Capo VII, Della navigazione, Articolo II, Navi diverse, Palermo 1870,
p. 178.
399
G. Munerotto, Dizionario illustrato storico tecnico, s.v. burchièlo, burchio, p. 38.
396
G. Ercole, Duri i banchi! Le navi della Serenissima 421-1797, Trento, 2016, pp. 113-114.
400
RMC II, 240.
401
A. Simović (a cura di), Pomorski leksikon, s.v. burčela, p. 120.
402
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. burchius, burcius, nella II parte del volume riguardante
la Terminologia proveniente dal latino, p. 521.

114 115
Cutter alla partenza per la Rota palagruzona407

Burchiello da farina, Giacomo Lupi403


2. Cotter

Il cotter o cutter, in croato kuter, era un veliero costiero militare, ma anche per il
trasporto delle merci e la pesca. Era lungo tra gli 8 ed i 18 m, largo tra i 3 ed i 6 m, alto
1,2-2 m e dalla portata fra le 20 e 50 tonnellate. Lo scafo aveva i fianchi ed il fondo
arrotondati con chiglia e con un boccaporto al centro. Aveva da 1 a 2 alberi con vele
auriche.404 Sappiamo che l’equipaggio era formato da 20 fino anche a 60 membri, e nel
caso di maggior numero di marinai, ovvero equipaggiati per la guerra, i suoi cannoni da Modello di cutter adriatico-orientale Otac Mato, Luciano Keber408
2 arrivavano anche a 20.405 Keber precisa che “il cutter adriatico era un veliero specifico
che ha preso il nome e gran parte dell’attrezzatura dall’omonimo fratello atlantico. Oltre Della sua durata nel tempo fino ai giorni nostri ne sono testimoni vari modelli ancora in
ad essere un buon veliero aveva un impianto velico minore rispetto al modello atlantico, uso, come dimostra l’immagine dall’inizio della Rota palagruzona del 2013, certamente
costruito alla maniera tipica della costa croata, con chiglia orizzontale piatta, come tutti lo troviamo ancora nel secolo successivo dato che gli “Atti del Governo italiano” del
gli altri velieri tradizionali. L’anticuore di prua era quasi verticale, e la poppa terminava 1879 fra i Tipi dei bastimenti mercantili lo descrivono come segue – “Cutter: bastimento
a semicircolo. […] Aveva inoltre una vela aurica ed una controranda e due o tre fiocchi. con un albero verticale ed inclinato alquanto a poppa con randa e controranda (ha talora
A volte veniva utilizzata anche la vela quadra per utilizzare al meglio i favorevoli venti anche un albero di mezzana); bompresso od asta di floccho con vari flocchi”.409
di poppa”.406 Lo troviamo nei regesti una sola volta come “cotter militare”.410

3. Galeoncino
403
G. Lupi, Burchiello da farina (secolo XVIII), 37, in P. Gnan (a cura di), Navi del Settecento
nei disegni della Biblioteca Universitaria di Padova.
Il galeoncino ovvero galeonzino (diminutivo di galeone) in croato si traduce come
404
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. kuter.
galijunčić. Era lungo 15 m, largo 5 m con una capacità dalle 30 alle 200 t ed un equipaggio
405
Nel Vidović troviamo indicato come la portata arrivasse anche alle 95 t, ma probabilmente dai 10 ai 25 membri. Trainava da una a due scialuppe. Era armato con 2 o 4 cannoni.
nel Settecento i cutter non oltrepassavano le 50 t. Cfr. N. Čolak, RMC I, p. 274. Cfr. anche Z.
Herkov, Gradnja ratnih brodova u Kraljevici, pp. 83, 124-125. Vedi G. Blackburn, The Illu-
strated Encyclopedia of Ships, p. 110-111. Vedi anche M. Bratanić, Pomorstvo Dalmacije u 19. 407
Cutter alla partenza per la Rota palagruzona a Komiža, vedi: http://www.rota-palagruzo-
stoljeću, p. 73.
na.com/brodovi%20sudionici%202010/kuter%20bente%20dorte.jpg, 08.05.2013.
406
L. Keber, Izložba: “Ploviti se mora – jadranski tradicijski brodovi i barke” [Mostra: Na- 408
L. Keber, Cutter adriatico-orientale Otac Mato, modello, in Idem, “Ploviti se mora - ja-
vigare è una necessità – navi e barche tradizionali dell’Adriatico] in Archaeology of Adriatic
dranski tradicijski brodovi i barke”, p. 58.
Shipbuilding and Seafaring. Interdisciplinarno proučavanje tehnološkog razvoja jadranskog
pomorstva od prapovijesti do ranoga Novog vijeka, Projekt AdriaS (HRZZ, IP-09-2014-8211),
409
Collezione celerifera delle Leggi, Decreti, p. 44.
https://www.amz.hr/media/2zfb03pt/e-book_adrias_25022019.pdf, p. 58, 15.02.2021. 410
RMC I, 2307.

116 117
Veniva utilizzato come naviglio commerciale, ma anche bellico, nel qual caso i cannoni natante, ma per ora è solo un’ipotesi.415 Altre informazioni non ne sono state ancora
certamente aumentavano di gran numero. Come già analizzato precedentemente, la trovate, le ricerche sono in atto. Viene nominata 1 volta nei RMC I-III.
famiglia semantica delle galee ha numerose varianti sia nella forma che nella grandezza.
Ma sebbene la parola galeone provenga da galea, non ha nessun collegamento con essa, 6. Piffero o piparo
trattandosi di un naviglio completamente nuovo, dalle vele quadre ed uno scafo rialzato
per una maggior manovrabilità come è già stato analizzato in precedenza nel paragrafo Il piffero o anche piparo in croato pipar, era un veliero mercantile ancora in uso nel Sette-
4.2. Il galeone.411 Nei regesti ne troviamo solo uno in viaggio da Bunë (Boiana) a cento. Di esso sappiamo che era “nave da guerra ridotta a nave da trasporto o gabarra. Oggi
Venezia.412 e anche un tempo, titolo di scherno per una nave sconnessa, scricchiolante (Fincati)”.416

Galeone da guerra413

4. Guata
Piffero mercantile, Luigi Divari417
La guata era un bastimento commerciale che viene nominato solo una volta e non
abbiamo altre informazioni su questo tipo di naviglio, senonché fosse il veliero del Altra notizia abbiamo dal Munerotto in cui si trova sotto la voce Pifero: “nave di circa
paron Šimun Mirčić proveniente dall’isola di Premuda con carico di granzeole per 100/150 t, simile al trabacolo ma con prua affilata e velatura ‘bastarda’, armando la
Ancona e che vi aveva fatto ritorno vuoto; le ricerche sono ancora in corso.414 trinchetta quadra e la maestra “a trabacolo”.418 In Herkov troviamo trattarsi di veliero
commerciale di diverse capacità (fino a 100 t).419
5. Lonza Erceg nel suo lavoro sui navigli approdati nel 1771 a Trieste lo nomina più volte senza
darne alcuna definizione: nella tabella a pag. 111 troviamo che in quell’anno erano
La lonza era un tipo di veliero che, secondo Čolak, assomigliava alla lancia, usata per la
pesca ed il trasporto di passeggeri. In tal caso la lunghezza poteva essere dai 7 ai 10 m,
la larghezza 2-3 m, la capacità dalle 2 alle 100 t con un equipaggio da 2 a 4 marinai; due 415
F. Corazzini, Vocabolario nautico italiano: con le voci corrispondenti in francese, spagno-
remi, con uno o due alberi e vela al terzo. Troviamo in Corazzini che il termine indichi lo, portoghese, latino, greco, inglese, tedesco, vol. 4, Firenze 1905 (reprint 2013), s.v. lonza, p.
la “parte più larga e lascata del piano di un naviglio”: forse potrebbe trattarsi di una 320.
sineddoche ovvero che questa parte del naviglio abbia poi iniziato ad indicare l’intero 416
A. Prati et al. Dizionario di marina medievale e moderna, p. 633. Ringrazio M. L. De Ni-
colò per l’aiuto.
417
L. Divari, Pifero mercantile, dalla mostra del Museo della Marineria Washington Patrigna-
411
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. galijun. Cfr. N. Čolak, RMC I, p. 72. ni, Pesaro 2016.
412
RMC I, 1078. 418
G. Munerotto, Dizionario illustrato storico tecnico s.v. pifero.
413
Galeone da guerra, XVII secolo in Hrvatska enciklopedija, https://www.enciklopedija.hr/ 419
Z. Herkov, Gradnja ratnih brodova u Kraljevici, s.v. piparo. Alla fine del libro Herkov offre
Natuknica.aspx?ID=21090, 10.02.2021. una ottantina di nominativi di navigli diversi dandone brevissima spiegazione, fra cui anche il
414
RMC I, 4236. piparo.

118 119
entrati nel porto di Trieste 48 bastimenti nominati “Pipar” fra 2.031 navigli registrati 7. Saccoleva
in tutto.420
Anselmi invece ritiene che il pipero (piffero) fosse di origine pugliese.421 Da ricordare La saccoleva, in croato sakoleva, viene pure menzionata una sola volta.
la annotazione di Pansini che “le pandore e il piffero sono a due coperte: i trabaccoli nei Nel Gibbons et al. troviamo trattarsi di una delle più grandi navi mercantili greche, in
tempi passati si facevano ad una coperta, ma presentemente quasi tutti si fanno a due grado di prendere il largo e navigare fino a Creta e Rodi, anche se il suo unico ponte
coperte per essere più sicuri in mare.”422 aperto non offriva molto in termini di alloggio o riparo.

Saccoleva del 1850425

Pifero a mercatto423 Era lunga sui 16-17 m, larga 4,5-5 m, dalla capacità sulle 100 t. Aveva due o tre alberi
Interessante certamente la citazione nel 1777 di una “tartana a tre alberi piperi”, dove è con una grande vela a tarchia (visibile nell’immagine in allegato attraversata dalla tipica
inserita una nota sugli alberi piperi, “costruiti cioè in legno piperaceo della famiglia dei asta), quadre e latine, con fiocco sul bompresso. Vediamo anche che era usata pure
dicotiledoni, a cui appartiene anche la pianta del pepe”.424 nella pesca e nell’estrazione delle spugne.426 Indubbiamente modellata su vecchi tipi di
Lo registriamo nei regesti solo in una occasione, fatto che non sorprende tenuto presente imbarcazione, la sacoleva mostrava la capacità dei marinai greci di imparare le tecniche
che all’appello manca tutta la sezione dell’Archivio di Stato di Trieste, ancora da costruttive altrui e di adattarle alle proprie necessità.427
trascrivere e pubblicare nella nostra collana di regesti marittimi settecenteschi.

420
I. Erceg, Pomorsko trgovinske veze jadranskih i mediteranskih luka sa Trstom (1771) [Rap-
425
Saccoleva, Grecia 1850, in T. Gibbons, R. Ford, R. Hewson, B. Jackson, D. Ross, The
porti marittimi commerciali dei porti adriatici e mediterranei con Trieste (1771)] in “Starine Encyclopedia of Ships, London 2007, s.v. sacoleva. (Ringrazio Tea Marinović per il prezioso
JAZU” [Antichità, Accademia delle Scienze e delle Arti Jugoslava], Libro 56, Zagreb 1975, pp. aiuto nella ricerca di questo naviglio e relativa immagine).
109-151. Nelle pagine 152-231 viene data una tabella con l’analisi di ogni naviglio per nazione, 426
K. Damianidēs, Ναυτική Παράδοση στο Αιγαίο: Ταρσανάδες και σκαριά [Tradizione marit-
provenienza bastimento, capitano o parone, merce trasportata – e qui troviamo anche i 48 pi- tima nell’Egeo: cantieri navali e navi in legno], Athēna 1997, p. 53.
pari/pifferi registrati. 427
RMC III, 776. Infatti nell’unico documento in cui viene menzionata vediamo trattarsi di
421
S. Anselmi, Adriatico: studi di storia, p. 346. saccoleva ottomana, probabilmente greca: “1785.14.VIII, Ancona - Saccoleva ottomana, capit.
422
I. Pansini, Note su alcune barche tradizionali adriatiche, pp. 41-80. Alessandro Ceffi, proveniente da Trieste con merci varie, diretta al Levante”. Cfr. T. Gibbons,
R. Ford, R. Hewson, B. Jackson, D. Ross, The Encyclopedia of Ships, London 2007, s.v. saco-
423
Pifero a mercatto, disegno acquerellato, 1801, Biblioteca Querini Stampalia, Venezia, in leva. Impossibile non notare la similitudine con il termine saccaleva ovvero la rete e tecnica
M.L. De Nicolò, Velieri, p. 30. usate per la pesca notturna. Vedi R. Vianello Pescatori di Pellestrina. La cultura della pesca
424
R. Cisternino, G. Porcaro, La marina mercantile napoletana da XVI al XIX secolo, capitani nell’isola veneziana, Verona 2004, pp. 119-126; vedi anche Ministero dell’Agricoltura e delle
in alto mare, Napoli, 1954, p. 89. (Ringrazio anche qui M. L. De Nicolò per la preziosa indica- Foreste. Ufficio centrale per la pesca e per la caccia, Bollettino di pesca, piscicoltura e idro-
zione). biologia. Note e memorie scientifiche, Vol. XXII-XXIII, Provveditorato Generale dello Stato,
Roma, 1946, pp. 163-164.

120 121
8. Urca “Uno degli argomenti più interessanti
nello studio della lingua inglese è
L’urca, in croato urka, era un veliero commerciale di provenienza olandese della quello che si occupa dei mutamenti
lunghezza attorno ai 21 m, larghezza 5,5 m e dalla capacità fra le 300 e 800 tonnellate il operati dal tempo e dall’uso del
che la rende uno dei velieri più grandi del Settecento.428 Aveva due o tre alberi con vele significato delle parole. Il punto è ben
quadre e latina, lungo bompresso. illustrato nell’hulk. Durante i primi
anni del XVI secolo fu applicato
a un tipo di nave di dimensioni
maggiori. Questa imbarcazione era
tonda a poppa, squadrata […] La
piattaforma era sostanzialmente
quella della nave del corrispondente
periodo. La comparsa del più
efficiente flute olandese nel corso
del secolo sembra aver segnato
l’estinzione dell’urca. Nel periodo
menzionato si registrano grandi flotte
di urche, ciascuna delle quali ha
dimensioni comprese tra 100 e 800
tonnellate. Il tipo di nave chiamata
marciliana viene denominata
quale controparte mediterranea
dell’urca.”432 Nell’analisi dei RMC
I-III la troviamo menzionata solo in
un documento in viaggio da Kerkyra
(Corfù) a Venezia433 .
Urca o hulk429
Urca434
In Fabrini troviamo che si trattava, nei secoli anteriori, di bastimento olandese di 60-
200 t e che veniva usato dagli olandesi ed altri popoli nordici citando il Crescenzio che 9. Zembero
parla di navi che i fiamminghi chiamano “Orche”. In francese il termine è “hourque”
mentre in olandese e inglese “hulk”.430 Certo è che con il tempo l’urca si è sviluppata Troviamo un unico zembero nei documenti presi in visione: trattasi di un bastimento
ulteriormente, sappiamo infatti che a Dubrovnik nella metà del Settecento vi erano barbaresco che a Vlorë (Valona) aveva depredato una tartanella perastina causando la
diverse urche. Blackburn poi distingue due tipi di urche: il veliero spagnolo del morte del capit. Damjan Manola.435 Non se ne trova riscontro come termine in altre
Cinquecento simile ad un piccolo galeone, armato ed usato nel trasporto delle merci fonti. Che si possa eventualmente trattare di un cimbero (data la lettura della “z”>
soprattutto nel Mediterraneo; l’altra era un’urca del Seicento e Settecento dal fondo tzembero, cembero, cimbero) è una ipotesi da verificare anche in altri documenti. Per
piatto e bordi alti della portata di 300 t e veniva usata anche come naviglio postale.431 ora le ricerche sono ancora in corso.
428
R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. urka. Cfr. J. Luetić, 1000 godina dubrovačkoga bro-
darstva, p. 61. I dati nel Vidović sono presi da Luetić, lo stesso dicasi del Dizionario enciclo-
pedico. Se premettiamo che 1 carro equivalga ad 1 tonnellata di capacità del naviglio, i dati
ci confermano che ci troviamo di fronte ad uno dei velieri maggiori in questa analisi. Vedi R.
Unger, Warships and Cargo Ships in Medieval Europe in “Technology and Culture”, vol. 22/2,
1981, p. 240, dove ne troviamo menzione sin dall’VIII secolo: per forma ed impostazione co-
struttoria degli antichi Romani. 432
H.B. Culver, The book of old ships, (formato epub) p. 49.
429
Urca o hulk in G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 174. 433
RMC I, 3028: “1786.4.IX, Venezia - Urca ‘SS.mo Redentor e S. Giuseppe’ comandata dal
430
R. Fabrini, Storia della Marina Militare Italiana, Genova 2018, p. 104. capit. Šimun Bernetić per Kérkyra con 5.000 fili di legname”.
431
G. Blackburn, The Illustrated Encyclopedia of Ships, p. 353. Vedi V. Brajković, P. Mardešić
434
Urca in H.B. Culver, The book of old ships, (formato epub) p. 49.
(a cura di), Pomorska enciklopedija, s.v. hulk. 435
RMC I, 1462.

122 123
10. Zoppolo Termini comuni e non specifici per i velieri

Lo zoppolo in croato copul (si legge tzopul) compare solo in un documento.436 Di esso I termini non specifici con cui nei regesti ci si riferisce ai vari natanti sono i seguenti:
Čolak scrive “probabilmente zopèlo, zoccolo, pianella”437. bastimento, legno, naviglio, battello, barcolame e verranno analizzati brevemente
insieme. Occupano per numero il quarto posto nei documenti presi in visione per un
totale di 1.581 presenze ovvero l’8,53% di tutti i velieri analizzati.

1. Bastimento
Il bastimento, in croato baštimenat ma anche brod compare 1.333 volte, ovvero il 7,19%.
A volte indica un veliero anteriormente nominato, spessissimo invece viene usato come
termine non specifico e vago non consentendoci ulteriori analisi: certamente usato per
i natanti maggiori.

2. Legno
Il legno (dal latino lignum, ovvero legno) è una sineddoche per naviglio, in croato
non abbiamo un corrispettivo lessicale quindi lo possiamo tradurre con brod oppure
lađa. Abbiamo in tutto 212 legni ovvero 1,14% di tutti i natanti che vengono nominati
nei regesti. Era un termine in uso nel Settecento per indicare i vari tipi di natanti e lo
troviamo in moltissimi altri documenti anche anteriori al Settecento.

3. Naviglio
Il naviglio è in croato letteralmente plovilo e viene menzionato 16 volte sia al singolare che
Zoppolo438 al plurale. Il termine proviene dal latino navis (nave), come pure navigium (naviglio, nave,
barca; zattera; navigazione), il tardo latino navilium, ma anche dal verbo navigare (navigare,
Nel Vidović si adduce chiaramente che si trattava di un veliero che veniva costruito nei viaggiare per mare, percorrere navigando).441 Il termine ha avuto fortuna in tutte le lingue
cantieri di Dubrovnik ancora nel XIV secolo (Luetić). Dalle annotazioni dell’arcivescovo neoromanze ed ha una tradizione lunghissima che si è tramandata fino ai giorni nostri.442
Cupilli fra gli anni 1709 e 1754 sappiamo come egli si sia trasportato da Vojnić all’isola
di Ugljan in un piccolo naviglio “in quadam cymbula lignea vulgo zopul”.439 4. Battello
Lorini afferma che i navigli da pesca in Dalmazia si chiamano copul, ed inoltre che il Il battello, che viene usato come termine non specifico, in croato si può tradurre con
termine copul indica un naviglio nella sua forma più primitiva.440 brodica, o lađa, e viene menzionato 15 volte. Da non confondersi con altri usi del
termine in altri testi ed altri periodi dato che nei Regesti marittimi croati del Settecento
chiaramente l’uso è di tipo comune e non specifico riferito a qualsiasi natante.

5. Barcolame
Il barcolame è un nome collettivo per i navigli e si trova nei regesti cinque volte; in
croato lo si può tradurre col collettivo brodovlje, oppure anche brodice, sebbene in
italiano la parola derivi da barca, mentre in croato da brod ed abbiamo una specie di
contrapposizione fra barca (barcha), inteso come naviglio di piccole dimensioni e brod
436
RMC I, 2379. (navis) inteso come naviglio di grosse dimensioni. Interessante che nei regesti troviamo
437
N. Čolak, RMC I, nella nota troviamo “Turato-Durante, Vocab. etimolog. Veneto Italiano, la parola anche “al plurale” come barcolami, sempre con l’indicazione se si fosse trattato
s.v. zopèlo”, p. 285. di barcolame grosso o minuto.
438
A. Cherini, Dalmazia - zoppolo (ciupa) di Ploče - foce della Narenta - da M. Bonino, n. 223,
vedi: https://www.cherini.eu/etnografia/Italia4/index4.html 27.03.2021. 441
L. Castiglioni e S. Mariotti, Vocabolario della lingua latina, Torino 1983, s.v. navis, navi-
439
“Starine JAZU” [Antichità Accademia delle Scienze e delle Arti Jugoslava], lib. 47, Zagreb gium, navigare.
1957, p. 246, in R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. copul. 442
Cfr. R. Vidović, Pomorski rječnik, s.v. naviçium, navigalis, navigare, navigium, navilium,
440
P. Lorini, Ribanje i ribarske sprave pri istočnim obalama Jadranskoga mora [La pesca e gli navis; vedi anche O. Pianigiani, Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, Roma 1907,
attrezzi da pesca sulle sponde orientali del Mare Adriatico], Vienna 1903, pp. 61-62. ed. online: Francesco Bonomi 2004-2008, ma pure qualsiasi vocabolario della lingua latina.

124 125
La portata dei navigli: un’analisi statistica Con questa suddivisione sinottica, possiamo separare anche graficamente i velieri con
capacità di carico più elevata e quindi analizzare quali fossero i navigli più grossi usati
Suddividendo a questo punto i navigli per capacità: da una parte quelli sotto le 300 nell’Adriatico del Settecento. Dato il limite di 300 t quale zona limite fra i due gruppi
tonnellate e dall’altra quelli sopra le suddette 300 tonnellate (metteremo per convenzione di navigli, è molto più facile operare una suddivisione non solo numerica e statistica ma
dalle 310 t in su), come nella Tabella 3 di seguito, si ha una visione d’insieme dei anche visuale usando diverse sfumature.
quantitativi e delle capacità dei velieri nell’Adriatico rispetto i 18.536 navigli analizzati Bisogna mettere un interrogativo sulle capacità che nella tabella vengono indicate con il
dai primi tre volumi dei Regesti marittimi croati. Lasciando nella tabella anche le colore grigio chiaro delle lettere e numeri nella colonna delle capacità: trattasi infatti di
indicazioni su lunghezza, larghezza e capacità in tonnellate, e raggruppando in tre gruppi ipotesi. Da storica, letti ed analizzati i documenti, le varie fonti, letteratura e bibliografia
i risultati non solo per numeri totali, ma anche per percentuali, e tralasciando i nomi
generici per i velieri, la situazione si esplica da sola. In questa e nella pagina precedente, suddivisione sinottica dei navigli per capacità

126 127
croata, italiana e comunque internazionale (inglese, greca e francese), mi sono decisa Riflessioni conclusive
a ipotizzare le capacità di alcuni navigli per poterli in qualche modo catalogare: sono
lasciati in grigio chiaro apposta. Ci saranno errori, come in tutti i lavori in fieri anche e
nonostante il grande lavoro svolto da moltissimi prima di me: ma anche questo fa parte Sebbene l’analisi fatta sia in base ad una “piccola” parte dei possibili documenti che il
del processo scientifico e di ricerca. Offrendo questa rassegna alla comunità scientifica Settecento ha prodotto riguardo alla navigazione fra le due sponde, si può affermare con
internazionale, si dà modo ai ricercatori e specialisti in materia di aggiornare, suggerire, una certa cautela che, a differenza dei secoli precedenti, quando la navigazione andava
valutare e naturalmente offrire critiche positive per un avanzamento della materia in oltre il Mare Adriatico fino al Mediterraneo e più lontano ancora verso gli oceani, questo sia
generale. il secolo in cui essa si concentri in maniera particolare all’interno dell’Adriatico arrivando
Fatto ciò, il successivo passo è stato di sintetizzare ulteriormente la tabella fino ad a sud fino alle Isole Ionie. La Serenissima stava pian piano allentando la presa e di questa
arrivare alla Tabella 4 che ci mostra come, sebbene di 1.581 ossia l’8,5% dei navigli sua debolezza (come del resto testimoniano i consoli da Ancora, Durazzo, Dubrovnik
non abbiamo alcun dato concreto, in effetti il 70,82% dei navigli menzionati, ovvero di ed altrove), ne approfittano subito i piccoli paroni, quelli più intraprendenti da ambo le
13.128 dei 18.536 in tutto, era di portata inferiore alle 300 tonnellate. Il che ci porta a sponde: si rinforzano i legami commerciali, si cercano navigli in più, se ne costruiscono
concludere che i navigli “minori” (e per minori si intende fino alle 300 tonnellate, quindi di nuovi, se ne vendono o fanno commissioni su misura per le proprie necessità.
possiamo parlare di piccola e media grandezza) erano quelli che veramente si erano Le relazioni e i collegamenti marittimi si infittiscono quindi, da settimanali diventano
presi la maggior parte del traffico adriatico settecentesco, ovvero fra le due sponde. Ma anche giornalieri, si mandano pacchi, trasmessi, da l’una all’altra sponda, si viaggia per
ci viene dimostrato anche che, nonostante ciò, comunque 1/5 ovvero una grossa fetta lavoro, interesse, motivi religiosi e spirituali, ma anche familiari. Per un tale intensificarsi
del commercio e dei viaggi apparteneva a quei 3.827 navigli oltre le 300 t (il 20,7%), di rapporti erano più adatti velieri minori, ovvero di piccola e media portata, data la loro
e cioè transadriatici e mediterranei, che in qualche modo fungevano quasi da spola rapidità, mobilità, facilità e velocità di carico e scarico delle merci.
commerciale, culturale e linguistica fra i mari mediterranei e quello adriatico. L’analisi dei navigli ne ha dimostrato tutte le loro specificità, ricchezza e diversità
di costruzione. Per tali navigli medio-piccoli, erano sufficienti cantieri navali minori
lungo ambo le coste, il che automaticamente ci fa capire come anche questo ramo
economico, della piccola e media cantieristica navale, era quindi rappresentato a tutti
i livelli comprendendo i molteplici settori e maestranze legati alla costruzione navale.
I documenti ci raccontano della vivacità e coraggio del piccolo imprenditore che ha
sempre trovato nuovi modi e modelli commerciali, superando le condizioni di lavoro
più difficili, quali sono sempre state e lo sono tutt’oggi quelle del Mare Adriatico.
Come già anticipato nel corso dell’analisi il numero di menzioni dei navigli non si
riferisce al loro numero assoluto, sebbene già dalla quantità dei bastimenti registrati
si possono operare alcune prime osservazioni. Di sicuro per avere il numero oggettivo
Sinossi sintetica delle portate dei navigli
di navigli, fra quelli menzionati, bisognerebbe filtrarli mediante una triangolazione di
dati da espungere: il tipo di naviglio, il nome del naviglio aggiungendovi anche nome
e cognome del capitano o padrone. Questa operazione è in corso tramite vari progetti
internazionali mediterranei per i secoli posteriori (XIX e XX) con l’intento di creare
un enorme data base internazionale che possa tracciare i singoli bastimenti “legati” in
qualche modo ai corrispettivi capitani o padroni.443
Certamente è bene ricordare che nei documenti presi in visione mancano ancora tutti
i documenti registrati da parte di Čolak nell’archivio triestino riguardanti le fonti
settecentesche. Sarà interessantissimo vedere i risultati delle analisi una volta trascritti
e pubblicati anche tali documenti, enorme segmento del Codice Diplomatico Marittimo
Croato, soprattutto tenendo presente che questo è il secolo di apertura asburgica al Mare
Adriatico.

443
Vedasi come già anticipato Seafaring Lives in Transition, Mediterranean Maritime Labour
and Shipping, during Globalization, 1850s–1920s (SeaLiT), quale progetto del Centro di Storia
marittima dell’Institute of Mediterranean Studies (IMS), della Foundation for Research and
Technology Hellas (FORTH) cui hanno aderito vari centri ed università di Barcellona, Marsi-
glia, La Ciotat, Savona, Genova, Camogli, Trieste, Zadar, Galaxidi, Andros, Canea, Candia,
Odessa e molti altri ancora: http://www.sealitproject.eu/ 23.02.2021.

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Dai documenti possiamo evincere tutta una serie di piccoli centri venire alla ribalta: Abstracts
piccoli costruttori navali, calafati, paroni, capitani, commercianti, raccomandatari e
spedizionieri creare un commercio incredibilmente vivace e intenso, trasportare merci
varie, bestiame, prodotti domestici ed industriali, semilavorati o grezzi, come pure
passeggeri in viaggio verso le fiere di Recanati e Senigallia, ma anche in pellegrinaggio Nella rassegna vengono presentati tutti i tipi ed elementi distintivi dei navigli menzionati
verso centri cultuali quali Loreto, Assisi, Roma ed altrove, intrecciando nell’Adriatico nei primi tre volumi dei Regesti marittimi croati (RMC I-III) che comprendono circa
una straordinaria moltitudine di genti, popoli, saperi e credi ed il tutto grazie ad 16.000 documenti riguardanti, tra l’altro, i velieri in uso nell’Adriatico durante il
un’incredibile varietà di navigli e velieri, primi fra tutti i trabaccoli e trabaccoletti, poi le Settecento. Lo studio espone 18.536 menzioni di bastimenti classificati in 79 termini
grandi navi/nave ovvero vascelli mercantili o da guerra; le tartane e tartanelle, pieleghi diversi messi a confronto rispetto l’etimologia e caratteristiche peculiari di ogni natante
e pieleghetti, polacche e polachette, marciliane e marcilianette, feluche e feluchette, (quali stazza, attrezzatura velica, uso e quant’altro). L’analisi dimostra che i piccoli
barche e barchette, fregatoni e fregatoncini; le checcie, brazzere e bracierotte, tartanoni paroni preferivano velieri più piccoli, dalla portata fra le 20 e 300 t, essendo più veloci
e tartanoncini, brigantini, pinchi e pincotte, peote e peotine, grippi e grippetti; le galee, e manovrabili con buone capacità di navigazione. Si trattava innanzitutto del trabaccolo
caicchi, sciabecchi e sciambecchini, gazzelle, latine, fregate e fregatine, matigane e con il 14,55% di presenza nei documenti, poi della tartana (11,49%), del pielego
petacci; le saiche e saicotte, galeoni, londre e londrine, gaete, pandore, snow, galeotte, (8,06%), della polacca (6,23%), della marciliana (6,18%), della feluca (5,10%), della
pacchetti e mozze; le corvette, manzere e castrere, corriere e scialuppe; le fuste, golette, barca (4,86%), della checcia (2,21%) e della brazzera (2,01%). I velieri minori, ovvero
bricchi, salamandroni, bombarde, bragozzi, paranze, cimberi, gondole e gondoletti, piccoli e medi, di portata inferiore alle 300 t, rappresentavano perfino il 70,82% di
lance, leuti, palandre, scafi e sultane; i burchielli, cotter, galeoncini, guate, lonze, pifferi tutti i bastimenti nominati, mentre i velieri maggiori, di portata superiore alle 310 t,
o pipari, saccoleve, urche, zemberi, zoppoli e molti altri navigli nominati solo con fra cui le grandi navi/nave ovvero vascelli (15,33%) ed i fregatoni (4,36%) avevano
termini comuni quali bastimenti, legni, navigli, battelli e barcolami. mantenuto il 20,65% del traffico marittimo, soprattutto verso le Isole Ionie ed altri porti
Il solo ricordarli tutti dimostra l’incredibile ricchezza e svariatezza adriatica di navigli mediterranei. Tramite l’analisi comparata delle loro caratteristiche e peculiarità è stato
piccoli, medi, grandi, ma anche enormi che viaggiavano dall’una all’altra sponda dimostrato che fra i porti delle coste orientali e occidentali dell’Adriatico nel Settecento
adriatica. Trattasi di un macrocosmo ricchissimo di migliaia di microcosmi che si vi era un intenso commercio quotidiano e che tale traffico era caratterizzato da un forte
intrecciano fra di loro, si influenzano e si lasciano influenzare, sia per forme e colori dinamismo del piccolo e medio ceto imprenditoriale che è riuscito ad imporsi sia nel
degli scafi, che per le attrezzature e gli armi le cui vele colorate ci riflettono un mondo commercio marittimo che nella costruzione navale che ha interessato ambo le coste
che sembra essere sparito e che in molti oggi cercano di ricostruire almeno in parte, non adriatiche.
solo a livello locale, ma ricollegandosi gli uni con gli altri, tramite mostre, associazioni,
Parole chiave: velieri, terminologia, Adriatico, Settecento, navigazione, commercio,
forum, convegni, progetti, musei marittimi, scuole di costruzione tradizionale di barche
trabaccolo, nava/vascello, tartana, pielego, polacca, marciliana, feluca, barca, fregatone,
in legno, festival della marineria e molte altre manifestazioni, quasi a riflettere quel
checcia, brazzera.
bisogno di incontrarsi e comunicare mai veramente svanito fra le popolazione delle due
sponde adriatiche ed oltre.
Un’ulteriore analisi dei finora redatti Regesti marittimi croati (di cui il IV volume è
in fase di completamento) e la continuazione della loro pubblicazione potrà offrirci
un’immagine più precisa e completa di questo mare di mezzo che ci ha in alcune
occasioni divisi, ma soprattutto collegati, amalgamati e intrecciati fra sponde opposte in
moltissimi e svariati modi che ci rimangono ancora da scoprire.
E questo è l’auspicio che il presente lavoro augura agli studi marittimi adriatici.

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Abstract - Adriatic ships between the two shores in the eighteenth century Sažetak - Jadranski brodovi između dviju obala u osamnaestom stoljeću

This historical and iconographic review outlines all the types and main characteristics of Ovaj povijesno-ikonografski pregled prikazuje sve vrste i glavne karakteristike brodova
the sailers mentioned in the first three volumes of the Croatian Maritime Regesta (RMC koji se spominju u prva tri sveska Hrvatskih pomorskih regesta. RMC I–III obuhvaćaju
I-III). These three volumes include around 16,000 documents which, among other oko 16.000 dokumenata koji se, između ostaloga, odnose na jedrenjake koji su plovili
things, present the sailing ships used in the Adriatic during the eighteenth century. The Jadranom i Mediteranom u XVIII. stoljeću. Studija prikazuje 18.536 spomena plovila
analysis shows 18,536 mentions of ships classified under 79 different names (types), klasificiranih u 79 različitih naziva koji se uspoređuju s obzirom na njihovu etimologiju
and compares them with respect to etymology and characteristics such as DWT, sailing i razna obilježja poput nosivosti, jedrilja i namjene. Analiza pokazuje kako su vlasnici
equipment, purpose. The analysis demonstrates that small shipowners preferred lighter brodova radije koristili manje brodove (nosivosti do 300 tona), dobrih maritimnih
sailing ships with a DWT of up to 300 t, being faster and more maneuverable with svojstava, a čiji je brz utovar i istovar išao u prilog ubrzanu ritmu toga stoljeća. Brod
good navigation skills. The dominant type of ship was trabaccolo, which accounts for koji se najčešće spominje jest trabakul sa svega 14,55% prisutnosti u dokumentima,
14.55% of mentions in the documents, followed by tartane (11.49%), pielego (8.06%), zatim tartana (11,49%), pelig (8,06%), pulaka (6,23%), marsilijana (6,18%), filjuga
polacre (6.23%), marciliana (6.18%), felucca (5.10%), barca (4.86%), ketch (2.21%), (5,10%), barca (4,86%), keč (2,21%) i bracera (2,01%). Čak 70,82% sveukupno
and brazzera (2.01%). Small and medium ships with a DWT of up to 300 t account navedenih brodova odnosilo se na plovila srednje i manje nosivosti (do 300 t), dok
for 70.82% of all the mentioned sailers. Larger sailing ships, with a DWT over 310 se 20,65% sveukupnoga prometa, izvanjadranskog, mediteranskog (prema Jonskim
t, including navas/vessels (15.33%) and frigatoons (4.36%), maintained 20.65% of otocima i dalje) te prema sjevernim morima, odnosio na brodove veće nosivosti (iznad
maritime traffic, especially towards the Ionian Islands and other Mediterranean ports. 310 tona) među kojima su nave i vašeli (15,33%) te fregaduni (4,36%). Komparativnom
The comparative analysis of their characteristics and peculiarities has indicated that analizom njihovih karakteristika i posebnosti pokazano je da je između luka istočne i
intense daily trade was taking place between the ports of the Eastern and Western zapadne obale Jadrana u osamnaestom stoljeću postojala intenzivna dnevna trgovina
coasts of the Adriatic in the eighteenth century, and that this traffic was characterized čija je glavna značajka bila nevjerojatna dinamičnost maloga i srednjeg poduzetništva
by a strong dynamism of the small and middle entrepreneurial class which established koje se uspjelo etablirati kako u pomorskoj trgovini, tako i u brodogradnji, ostavivši
themselves both in maritime trade and in shipbuilding, and thus left an enormous impact golem utjecaj na obje jadranske obale.
on both Adriatic coasts.
Ključne riječi: jedrenjaci, terminologija, Jadran, XVIII. st., plovidba, trgovina, trabakul,
Key words: sailers, terminology, Adriatic, 18th c., navigation, trade, trabaccolo, nava/ nava/vašel, tartana, pelig, pulaka, marsilijana, filjuga, barca, fregadun, keč, bracera.
vessel, tartane, pielego, polacre, marciliana, felucca, barca, frigatoon, ketch, brazzera

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Note biografiche Quaderni del Museo, Collana “Rerum Maritimarum

Zrinka Podhraški Čizmek è una ricercatrice croata di storia marittima in età moderna. Dopo essersi
laureata in Lingua e letteratura italiana ed in Storia alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Zagabria, 01/2007 Ravara Montebelli, C., Archeologia navale. Cronache di un rinvenimento
ha conseguito nel 2018 il dottorato di ricerca alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Spalato con adriatico. Le stele di Novilara
la tesi “Pellegrinaggi e pellegrini a Loreto ed Assisi nei Regesti marittimi croati del Settecento:
l’ermeneutica antropologica dei viaggi religiosi”. Suo focus principale è la continuazione della 02/2008 Storoni Corsino, A., Vita quotidiana al porto di Pesaro
pubblicazione della collana dei Regesti marittimi Croati del Settecento all’interno del Codex 03/2008 Silvagni, M. e M., a cura, Voci e immagini della marineria. I. Maestri
Diplomaticus Maritimus Croatiae: trattasi di un progetto iniziato da Nikola Čolak a Zara negli d’ascia, barche, cantieri
anni Cinquanta il cui scopo è la trascrizione e digitalizzazione di fonti riguardanti il quotidiano
adriatico nel XVIII secolo, ma anche secoli precedenti, per un totale di circa 100.000 documenti. 04/2009 Ravara Montebelli, C., Halieutica. Pescatori del mondo antico
Per il suo lavoro di ricerca e relative pubblicazioni si rimanda al sito ufficiale della Croatian 05/2010 Silvagni, M. e M., a cura, L’universo femminile nella società marinara
Scientific Bibliography – 06/2010 Divari, L., La perfezione del trabaccolo
CROSBI: https://www.bib.irb.hr/pregled/profil/34956.
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08/2012 De Nicolò, M.L., a cura, Il pesce nell’arte. Le nature morte di Mauro David
09/2013 De Nicolò, M.L., a cura, Tartane
10/2013 Vernia, S., Pesce dipinto. La rappresentazione nella pittura italiana dal XVI
al XVIII secolo
11/ 2013 Serrallegri, F., a cura, Storia, favole, leggende del mare
12/2014 Papagni, G., Dagli argini ai moli. Disegni, ceramiche e legni dagli anni ’60
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14/2015 Speziali, A., Armonia del Liberty. Villeggiature marine
15/2015 Montinaro, G., Pesaro 1614. Un duca, una città e la costruzione di un porto
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18/2016 Ugolini, F., Mare Hadriaticum. Armatori, marinai e mercanti in età
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19/2016 De Nicolò, M.L., Mediterraneo dei pescatori, Mediterraneo delle reti
20/2017 Filippini, F. e Del Bianco, A., Porto e cantieri. Pesaro nella prima metà del
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21/2019 De Nicolò, M.L., Del mangiar pesce fresco, ‘salvato’, ‘navigato’ nel
Mediterraneo
22/2020 De Nicolò, M.L., Dal banco di vendita a tutte le mense
23/2020 De Nicolò, M.L., a cura “Marine animate” di Umberto Coromaldi

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Finito di stampare
nel mese di dicembre 2021
presso
La Pieve Editrice
Villa Verucchio (Rn)
Zrinka Podhraški Navigli adriatici fra le due sponde
Cizmek nel Settecento

Zrinka Podhraški Čizmek

ISBN 9788899249427

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