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L’origine del male

nell’universo creato buono da Dio


25 Novembre 2021
La libertà angelica

Per poter più chiaramente capire quanto andremo a esporre in seguito,


è necessario precisare che cosa implichi, nel quadro della creazione, la
libertà angelica e umana.

Non si può attribuire a Dio l’ingresso del male nel mondo: da lui non può
mai venire il male, né egli può essere considerato “causa” del male.

Leggiamo, infatti, nel libro del Siracide:

«Non dire: “Mi son ribellato per colpa del Signore”, perché ciò che egli
detesta, non devi farlo. Non dire: “Egli mi ha sviato”, perché egli non ha
bisogno di un peccatore. Il Signore odia ogni abominio, esso non è voluto
da chi teme Dio. Egli da principio creò l’uomo e lo lasciò in balìa del suo
proprio volere. Se vuoi, osserverai i comandamenti; l’essere fedele
dipenderà dal tuo buon volere. Egli ti ha posto davanti il fuoco e l’acqua;
là dove vuoi stenderai la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e
la morte; a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà. Grande infatti è la
sapienza del Signore, egli è onnipotente e vede tutto. I suoi occhi su coloro
che lo temono, egli conosce ogni azione degli uomini. Egli non ha
comandato a nessuno di essere empio e non ha dato a nessuno il permesso
di peccare» (Sir 15, 11-20).
Perciò l’origine del male va fatta risalire piuttosto alla libertà, sia degli
angeli, sia degli uomini, libertà che è esposta alla possibilità del
fallimento, ossia è esposta alla possibilità non di un uso giusto e santo,
ma di un riprovevole abuso che provoca il male a sé stessi e agli altri.

Per impedire il male, Dio avrebbe dovuto creare degli esseri privi di libertà
e di intelligenza: ma, in questo modo, avrebbe negato loro la capacità di
compiere il bene con consapevolezza e, soprattutto, di amarLo “alla
pari”, ossia con un amore di elezione.

Se consideriamo la nostra esperienza umana, dobbiamo riconoscere che


ogni autentico legame affettivo non può fondarsi sulla costrizione:
l’amore è vero se proviene da una libera scelta. Dio, che è amore, per
ottenere l’amore delle sue creature si espone addirittura al rischio del
loro insensato rifiuto.

Dal momento che Dio, per un mistero insondabile della sua libertà, ha
scelto di dare l’esistenza a delle creature fatte a propria immagine e
somiglianza affinché esse, conoscendolo e amandolo, partecipassero
della sua stessa vita, questo amore di Dio o lo si accoglie liberamente o
non lo si accoglie. La disponibilità all’amore unisce le creature angeliche
e umane a Dio, portandole a raggiungere la felicità eterna: ma questa
accoglienza, questa apertura all’amore di Dio è sempre un movimento
interiore libero e volontario della creatura. Dio non può imporci l’amore
per Lui, perché nel momento in cui lo imponesse, non potrebbe più essere
amore. Ecco perché ha dovuto crearci liberi: per darci la possibilità di
aprirci al suo Amore e così poter partecipare della sua natura divina e
conseguire la beatitudine eterna. Se avesse creato gli angeli e gli uomini
senza libertà, sarebbero stati incapaci di amare e quindi incapaci di
conseguire il fine stesso della loro esistenza, che è l’amore perfetto, nella
felicità eterna della visione beatifica di Dio-Trinità.

Per i motivi sopra esposti, Dio non poteva costringerci a un uso corretto
e santo della libertà, escludendo la possibilità che ce ne servissimo per
la nostra rovina. Il disordine consiste nella drammatica scelta dell’angelo
o dell’uomo di impugnare la propria libertà per opporsi a lui, rifiutando il
suo amore [1]. È questo atteggiamento che orienta l’angelo e l’uomo
verso la perdizione eterna. Senza libertà, dunque, non ci si può salvare:
o ci si salva liberamente o ci si perde liberamente. Ecco perché Dio, pur
volendo per tutte le sue creature la beatitudine eterna, ha dovuto
rendere possibile anche la perdizione eterna. Egli non predestina, però,
nessuno all’Inferno: è la creatura stessa che sceglie, liberamente, uno
stato di perdizione.

Chi è Lucifero?

Con il nome di Lucifero, i Padri della Chiesa indicano la condizione di


Satana precedente alla sua irrimediabile caduta. Egli era l’angelo più
luminoso creato da Dio, che infatuatosi di sé stesso ha preteso di essere
come Dio, ma contro Dio, passando di conseguenza dalla grazia e
dall’amicizia con Dio allo stato di dannazione, con la perdita di tutto il
suo affascinante splendore. Fu chiamato Lucifero perché la versione
latina della Sacra Scrittura, la Vulgata, sin dall’inizio ha tradotto
l’espressione ebraica hêlēl di Isaia 14,12, che vuol
dire splendente, con lucifer, termine latino che vuol dire portatore di
luce. Il pianeta Venere la sera, dopo il tramonto del sole, era chiamato
dai greci hésperos, dai latini hésperus o vesper, mentre per lo splendore
che assume al mattino prima dell’alba, era chiamato dai
greci heosfóros e dai latini lucifer. I Padri della Chiesa hanno fatto questa
analogia: come nel cielo di mattina poco prima del levar del sole vediamo
splendere più di qualsiasi stella il pianeta Venere, allo stesso modo fra
gli angeli di Dio ve ne era uno che prima della sua caduta splendeva in
bellezza più di ogni altro. Fu a seguito di quest’analogia che vari Padri
della Chiesa applicarono il termine Lucifer a quello che era il più luminoso
degli angeli, poi ribellatosi a Dio. Tale appellativo gli venne attribuito
nella tradizione cristiana come il suo nome proprio, anche se tale
denominazione non si riscontra espressamente nella Sacra
Scrittura. Lucifer (in italiano Lucifero), più che un vero e proprio nome
del diavolo, è quindi una immagine quanto mai espressiva per indicare
quello che all’inizio era il più stupendo angelo creato da Dio, divenuto
successivamente il capo degli spiriti angelici ribelli a Dio. Numerosi
teologi e Padri della Chiesa (Origene, Tertulliano, Cipriano, Ambrogio,
Cirillo Alessandrino, ecc.) adoperarono il termine Lucifer, che di per sé
esprime una condizione felice, per indicare Satana, che nel Nuovo
Testamento è presentato come capo dei demoni, i quali lo aiutano nella
sua azione perniciosa in mezzo agli uomini. Il nome Lucifer, così, venne
ad avere un senso malefico.

Dopo la sua libera e inconvertibile scelta contro Dio, Lucifero ebbe una
immediata metamorfosi, perse totalmente il suo “splendore”
tramutandosi nell’essere mostruoso e ripugnante per eccellenza, che
manifesta in sé il massimo dell’orrore al quale sia mai giunta la creatura
che si è distaccata dal Creatore. Lui, che era stato il più luminoso fra
tutti gli angeli e che per tale splendore vari Padri della Chiesa – nella
condizione precedente alla sua caduta – gli attribuirono l’appellativo
latino “Lucifer”, che vuol dire “portatore di luce”, divenne l’angelo delle
tenebre per eccellenza, che la Sacra Scrittura indica con vari nomi:
«Satana, diavolo, maligno, serpente antico, dragone, ecc.». Anche gli
angeli che lo seguirono nella sua opposizione radicale a Dio, costituendo
con lui il “mondo demoniaco”, ebbero la stessa metamorfosi. La Sacra
Scrittura infatti denomina anche gli angeli che lo seguirono con vari
appellativi, quali ad esempio: «spiriti cattivi, spiriti maligni, demoni,
diavoli, ecc.». Creati buoni da Dio, Lucifero e gli angeli che lo seguirono
si sono trasformati in malvagi, perché – con libera e inconvertibile scelta
– hanno rifiutato Dio e il suo Regno [2].

Il rifiuto del progetto divino dell’Incarnazione

L’uomo fu creato con infinito amore da Dio-Trinità [3] a sua immagine e


somiglianza, cioè secondo l’immagine del Figlio che l’Eterno Padre aveva
nella sua mente, quando, venuta la pienezza dei tempi, lo avrebbe inviato
nel mondo per farsi uomo e redimere l’umanità. L’uomo dunque è «figura
di Colui che doveva venire» (Rom 5,14): il «Cristo Gesù». Per tale motivo
fin dall’eternità fu presente nella mente di Dio, prima di ogni altra
creatura, anche la figura di Colei in cui l’Incarnazione del Figlio si sarebbe
attuata: «Maria Immacolata». «La predestinazione eterna del Verbo fu
anche la predestinazione della beata Vergine Maria ad essere la Madre di
Dio» [4].
La natura umana di Cristo e di Maria è il vertice dell’opera della
creazione. Anche se cronologicamente Cristo e Maria sono comparsi nel
mondo molti secoli dopo la creazione di tutte le cose, la Santissima
Trinità aveva in mente fin dall’eternità questo capolavoro insuperabile,
rispetto a qualsiasi altra opera da Lui creata: «una Donna immacolata
che fosse Madre del Figlio, dandogli l’umana carne dal suo grembo per
opera dello Spirito Santo». In questa prospettiva la Vergine Maria può
essere definita “primogenita” del Padre, perché nei suoi decreti divini Egli
la predestinò insieme al Figlio Gesù Cristo, prima di tutte le creature [5].
Cristo e Maria sono stati pensati, voluti e amati dall’Eterno Padre, dal
suo Verbo e dallo Spirito Santo, prima dell’esistenza di tutto il creato e
tutte le cose sono subordinate e dicono necessariamente ordine ad essi.
Tutto l’universo materiale e spirituale fu creato intimamente unito
all’uomo, di cui Cristo e Maria sono il vertice, e solo per mezzo dell’uomo
tutte le cose possono raggiungere il fine per il quale sono state create.
La creazione degli angeli da parte di Dio fu dunque legata alla sua
decisione di unirsi all’uomo mediante l’Incarnazione: di entrare cioè nel
mondo della materia, dello spazio e del tempo. Pertanto la creazione degli
angeli fu orientata, fin dall’inizio, verso la mirabile sintesi della creazione
materiale e spirituale, che è l’uomo, il cui massimo rappresentante è il
Verbo di Dio, che prende carne per mezzo di Maria e si fa uomo. La
creazione dell’uomo – e in particolare la natura umana del Verbo – dà
consistenza e significato a tutto l’universo, compresi gli angeli. La
natura umana, è stata creata in vista dell’Incarnazione. Tutte le cose
sono state create per mezzo del Verbo e in vista del Verbo e tutte le cose
del mondo materiale e spirituale hanno il culmine nell’uomo. È chiaro
che, in questo progetto di Dio, la Vergine Maria, benché costituita, come
ogni creatura umana, di spirito e di materia (cioè anima e corpo), viene
elevata al di sopra degli angeli, che sono spiriti puri, cioè senza materia.

Lucifero, per la sua natura angelica – più simile a quella di Dio, purissimo
spirito – sfrenatamente compiaciuto della propria perfezione,
pretendeva che spettasse a lui la preminenza su tutta la creazione, che
Dio ha invece conferito a Cristo Gesù e alla Vergine Maria. Questo
atteggiamento implicava di conseguenza una decisa contestazione sia
all’Incarnazione del Verbo di Dio – che avrebbe assunto la natura umana,
inferiore a quella angelica – sia alla presenza e alla maternità di quella
Donna, dalla quale, incarnandosi, il Figlio di Dio sarebbe nato nel tempo
diventando al contempo anche suo Figlio. Ella, posta dopo l’Assunzione
alla destra del Figlio, come Regina degli uomini e degli angeli, sarebbe
stata infatti elevata non solo al di sopra delle creature umane, ma anche
di quelle angeliche. Il rifiuto di Lucifero nei confronti di Maria, fu logica
conseguenza del rifiuto della Incarnazione. Nel momento in cui la
Santissima Trinità creò gli angeli sapeva già che Lucifero e alcuni di essi
avrebbero usato del dono della libertà per rifiutare il suo progetto
d’amore su tutta la creazione: si sarebbero levati contro di Lui, loro
Creatore, operando per la distruzione della sua creazione, che era tutta
buona, e avrebbero introdotto in essa il male, la sofferenza, e la morte
spirituale e fisica. Per questo, sin dagli inizi della creazione, Dio-Trinità
stabilì che l’Incarnazione del Verbo sarebbe stata, anche redentiva, al
fine di salvare le creature umane che gli sarebbero rimaste fedeli. Mentre
creava, quindi, Dio-Trinità pensava al Figlio suo fatto uomo – cioè Cristo
Gesù – come Redentore, e la Madre sua, cooperatrice con il Figlio
Redentore.

Lucifero, anzitutto, peccò non per suggestione esterna, ma per aver


trovato in sé stesso l’occasione di peccare. E questo avvenne quando
volle uguagliarsi a Dio. È necessario, però, intendere bene questo punto,
in conformità con ciò che Dio vuole farci comprendere per mezzo del
Profeta Isaia:

«Salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono, dimorerò sul monte
dell’assemblea, nelle parti più remote del settentrione. Salirò sulle regioni
superiori delle nubi, mi farò uguale all’Altissimo» (Is 14, 13-14).
«… mi farò uguale all’Altissimo». Lucifero non poteva desiderare qualcosa
di impossibile. Se ci si conosce come esseri creati da Dio, si conosce anche
l’impossibilità di diventare uguali al Creatore, e lui sapeva perfettamente
di essere stato creato da Dio e che gli era impossibile diventare uguale
all’Altissimo suo Creatore, come sapeva bene che tutto il bene dell’angelo
e di qualsiasi altra creatura sta nel sottostare a Dio, così come tutto il
chiarore dell’aria dipende dal fatto che sottostà ai raggi del sole.

Il suo desiderio di diventare uguale all’Altissimo non può, quindi, essere


inteso in contrasto con quanto si è sopra affermato, perché sarebbe
stato desiderare qualcosa di assurdo e contro il bene della propria natura.

L’uguaglianza che Lucifero desiderò di avere con Dio va intesa dunque


sotto un altro aspetto. E va notato che sotto questo aspetto egli
l’avrebbe potuta conseguire. Chiariamo questo punto.

Leggiamo nel libro dei Salmi:

«Tutti da te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno. Tu lo


provvedi, essi lo raccolgono, tu apri la mano, si saziano di beni. Se
nascondi il tuo volto, vengono meno, togli loro il respiro, muoiono e
ritornano nella loro polvere» (Sal 103, 27-29).
Ciò che all’intelletto angelico appariva evidente – in misura maggiore di
come più tardi lo sarà all’intelletto di Adamo – è che da una parte Dio
ha per natura la beatitudine e la bontà e che, dall’altra, ogni beatitudine
e ogni bontà vengono trasfuse nella creatura da Dio.
Lucifero, vedendo che la dignità e la potenza della sua natura angelica
superava quella di tutte le altre creature, desiderò e volle che la loro
bontà e la loro felicità derivassero da lui stesso per mezzo delle doti che
Dio gli aveva elargito da principio e che in lui erano connaturali, cosicché
le altre creature fossero felici e ricevessero in seguito ogni bene da Dio
attraverso di lui. In questo senso Lucifero volle essere uguale a Dio.

Da notare due cose: la prima, che tutto ciò egli lo desiderò avere da Dio
e volendo stare sotto Dio; la seconda, che siccome questo desiderio lo
indusse all’azione, altri angeli presero visione del desiderio di Lucifero e
diedero ad esso il loro consenso.

Ma Dio rivelò a tutti gli angeli che il suo disegno era un altro. Egli
chiamava le creature dotate di intelletto e di libera volontà non solo alla
pienezza della felicità naturale, alla quale, in dipendenza da Dio, avrebbe
potuto condurli Lucifero, ma alla beatitudine soprannaturale e a godere
di beni soprannaturali, e questo per mezzo della natura umana assunta
dal Verbo di Dio.

«Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua
sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola, … sarebbe
diventato tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro
sarebbe stato il nome che avrebbe ereditato. Infatti a quale degli angeli
Dio aveva detto: Tu sei mio figlio; oggi ti ho generato? E ancora: Io sarò
per lui padre ed egli sarà per me figlio? Mentre degli angeli dice: Egli fa i
suoi angeli pari ai venti, e i suoi ministri come fiamma di fuoco, del Figlio
invece afferma: Il tuo trono, Dio, sta in eterno e: Scettro giusto è lo
scettro del tuo regno. Perciò riguardo a questo primogenito Dio disse: Lo
adorino tutti gli angeli di Dio» (cfr. Eb 1, passim).
Fu a questo punto che avvenne ciò che San Giovanni ci descrive:

«Nel cielo apparve allora un segno grandioso: una donna vestita di sole,
con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Era
incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un
altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna
e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle
del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna
che stava per partorire per divorare il bambino appena nato. … Scoppiò
quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro
il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero
e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico,
colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu
precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli»
(cfr. Ap 12, 1-9)
Lucifero, diventato diavolo, commise dunque un peccato di superbia e di
disobbedienza, al quale ha fatto seguito l’invidia contro il Cristo,
associata alla collera e all’odio contro di lui e contro il genere umano, e
tanti altri peccati ancora. Il rifiuto di Lucifero, consequenzialmente, non
si manifestò solo nei confronti dell’Incarnazione del Figlio di Dio, ma
anche nei confronti della Vergine Maria, per mezzo della quale
l’Incarnazione si sarebbe realizzata. Ella avrebbe superato nei doni di
grazia e di gloria tutte le creature angeliche ed umane.

Lucifero già furibondo, perché bramava per sé stesso il privilegio di essere


capo di tutta la stirpe umana e di tutti gli ordini angelici, si levò in
superbia e in vanità anche maggiore e indignato rifiutò di riconoscere
Maria quale Regina e Signora di tutte le creature in quanto non poteva
sopportare che tale ruolo fosse assegnato da Dio a una creatura umana
e quindi di natura inferiore a quella angelica.

Gli angeli buoni, obbedendo invece a questo progetto di Dio, accrebbero


la loro umiltà, per cui non solo accolsero Maria quale loro Regina, ma
lodarono anche l’onnipotenza e i progetti dell’Altissimo.

Nostro Signore Gesù Cristo è entrato nella gloria del Paradiso con la
nostra natura umana. In tal modo la nostra natura umana, in lui, è salita,
è stata elevata a una dignità superiore a quella delle creature angeliche
e mentre gli angeli santi di Dio hanno umilmente accettato questa
elevazione della nostra natura umana al di sopra della loro natura
angelica, altri angeli, montati in superbia, non hanno accettato tale
progetto.

Lucifero in pratica non accettò la propria condizione di creatura e,


proponendosi come dio al posto di Dio, persuase una moltitudine di angeli
a seguirlo [6]. Diventati insubordinati al Creatore, persero anch’essi
immediatamente la vita e la bellezza che derivava loro da Dio e
diventarono, come Lucifero, degli esseri mostruosi. Quello di Lucifero e
degli angeli che lo seguirono fu dunque un peccato di ribellione
(insubordinazione a Dio), ma anche di orgoglio, che conduce
all’alienazione di sé [7].

L’inganno di Satana

Per molti teologi anche le parole che Lucifero diventato Satana rivolse a
Eva: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne
mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il
bene e il male» (Gen 3,5), rivelano che l’essenza del peccato degli angeli
è stata la superbia. Satana, infatti, inganna i nostri progenitori con la
menzogna, insinuando che, se avessero disubbidito a Dio e negato la loro
dipendenza dal loro Creatore, sarebbero stati come Dio. In realtà
l’obiettivo di Satana era quello di sottrarre gli uomini al vero Dio, per
condurli sotto il suo potere. Nel piano di Dio i primi uomini erano già a
immagine e somiglianza di Dio, ma erano chiamati con tutti gli uomini
a divenire ancora più simili a Lui (cfr. 1Gv 3,1-4). Quindi «sareste come
Dio» non è una proposta del tutto falsa perché gli uomini sono chiamati
da Dio a raggiungere questa similitudine, ma il diavolo ha giocato e gioca
su questa verità, per proporre una via ingannevole che in realtà non
porta al raggiungimento della somiglianza con Dio.

Una conferma nelle parole del Magnificat?

Vari autori cristiani ritengono che vi sia una ulteriore conferma, a


sostegno del peccato di superbia da parte del capo degli angeli ribelli,
nelle parole del Magnificat: «Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha
disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai
troni, ha innalzato gli umili» (Lc 1,51-52). La Vergine Maria si riferirebbe
qui non solo alla superbia dell’uomo, ma innanzitutto alla superbia del
diavolo. Nella Omelia II sull’Annunciazione, composta tra il VI e il VII
secolo e attribuita a Gregorio taumaturgo, vescovo di Cesarea nel Ponto,
commentando le parole «Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore»
l’autore dice: «Cioè ha disperso lo stesso diavolo e tutti i demoni che
militano con lui. Egli (il diavolo) infatti era sicuramente superbo nel suo
cuore dal momento che osò dire: “Salirò sulle regioni superiori delle nubi,
al di sopra delle stelle di Dio, mi farò uguale all’Altissimo” (Is 14,14). Come
poi di fatto Dio lo ha disperso, il profeta lo dichiarò in seguito, quando
affermò: “E invece sei stato precipitato nell’inferno” (Is 14,15), e così pure
tutti i tuoi eserciti».

Irremissibilità del peccato degli angeli

Gli angeli sono esseri puramente spirituali, cioè non costituiti come noi
uomini di materia e spirito, ma di solo spirito, non sono pertanto
condizionati, né limitati dalla mediazione della conoscenza attraverso i
sensi, come invece avviene in noi e perciò sono consapevoli della
grandezza dell’Essere infinito di Dio. La scelta fatta da Lucifero e dagli
altri angeli ribelli, fu pertanto totale, definitiva e irreversibile.

Il loro peccato è quindi irremissibile, non perché Dio non offre loro la sua
misericordia, ma perché non vogliono e non possono chiedere perdono.
Essi vogliono fermamente quello che hanno scelto: un rifiuto netto,
cosciente e irrevocabile dell’amore e della misericordia di Dio.

Si comprende allora il motivo per cui tra i sette sacramenti, quello più
odiato dai demoni è il sacramento della Confessione, perché quando
riconosciamo con umiltà e sincerità i nostri peccati e li confessiamo,
facciamo quello che essi nella loro smisurata superbia non vogliono fare
e mai faranno: umiliarsi davanti a Dio, riconoscere che Dio è il Creatore
e il Signore e noi siamo sue creature. Noi invece riconoscendo che Dio è
il nostro Creatore e che in Gesù Redentore, ci offre il suo infinito amore
e la sua infinita misericordia, confessiamo umilmente i nostri peccati e
chiedendo perdono, gli manifestiamo al contempo il proposito sincero di
non volerci arrendere ai nostri peccati, e di volerli combattere per non
farli più, ecco allora che troveremo sempre Gesù misericordioso con le
sue braccia spalancate per accoglierci nel suo cuore, perdonarci e darci
forza per la nostra battaglia contro il male.

I demoni tentano di associare gli uomini alla loro stessa ribellione a Dio

Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica (CCCC) al n. 74


insegna: «Tutta l’opera dei demoni in mezzo agli uomini è tentare di
associarli alla loro ribellione contro Dio». In che modo essi cercano di
associare noi uomini alla loro stessa ribellione contro Dio? Cercando di
persuaderci a stravolgere il criterio del bene e del male che Dio ci ha
dettato. Dio solo conosce perfettamente ciò che è vero e buono per noi
e in forza del suo stesso amore ce lo propone nei Comandamenti.
Scriveva Giovanni Paolo II nell’enciclica Veritatis splendor: «La legge di
Dio, non attenua, né tanto meno elimina la libertà dell’uomo, al contrario
la garantisce e la promuove» (n. 35). Satana, invece, quando disse alla
prima coppia umana: «Sarete come Dio, se farete quello che io vi dico»
insinuò e continua ancora a oggi a insinuare all’uomo, la menzogna che
sarà felice e realizzato se seguirà un percorso diverso da quello da Dio
indicato. Partendo dalla verità del fine per cui Dio ha creato l’uomo e
cioè «raggiungere la similitudine con Lui per partecipazione alla sua
natura divina, in Cristo, e per mezzo di Cristo», Satana con perfidia e
inganno presenta all’uomo il raggiungimento di tale similitudine non per
la via della grazia e dell’amore gratuito di Dio in Cristo, ma attraverso
innumerevoli e ingannevoli vie che in realtà suscitano ribellione e
opposizione a Dio perché accendono nell’uomo il desiderio di voler
diventare come Dio, ma senza Dio, giungendo così al punto di
considerarsi illusoriamente egli stesso Dio al posto di Dio. E così l’uomo
assolutizza se stesso, perché giunge a credere falsamente, di potersi
sostituire all’assoluto divino.

Poter essere come Dio, ma senza Dio, è la grande menzogna con cui
Satana tenta gli uomini di ogni tempo, con lo scopo, in realtà, di staccarli
da Dio per portarli all’eterna rovina. Non potendo combattere
direttamente Dio, Satana vuole vendicarsi su di lui sottraendogli noi suoi
figli, affinché anche noi perdiamo per sempre ciò che lui e gli altri angeli
ribelli hanno perso per sempre.

Ribadiamo che gli angeli ribelli sanno che – differentemente da loro, che
per la propria natura angelica, attraverso un solo atto decisero di se
stessi in maniera irreversibile – gli uomini non stabiliscono con un sola
scelta la loro destinazione ultima, perché la natura umana ha bisogno di
molti atti per giungere ad essere a favore o contro Dio per sempre.

Satana, quindi, durante tutto il corso della vita terrena degli uomini sa
che deve sforzarsi di tentare noi uomini per orientare le nostre scelte in
direzione opposta al nostro vero bene, pertanto come operò nel mondo
angelico affinché gli angeli non accettassero con riconoscenza Dio, loro
Creatore, come Capo e Signore, e si propose ad essi in alternativa a Lui,
così ora egli cerca di proporsi agli uomini, attraverso l’inganno del
peccato, come loro capo e signore. Tutto il suo agire tra gli uomini è
finalizzato a impedire che la natura umana si unisca alla natura divina,
impedire che l’uomo si unisca a Dio o se è già unito, che si separi da Lui.
Inoltre ritiene che maggiore sia il numero delle persone che riesce a
portare al peccato e a perseverare in esso, più possa estendersi il suo
dominio nel mondo intero.

Si tenga presente che per tentarci egli si serve di due potenti alleati, che
usa come due armi:

1. La nostra natura umana che in conseguenza del peccato originale


fu inclinata verso il male;
2. Il mondo, inteso nel senso morale, cioè l’influenza perniciosa che
proviene dagli uomini che vivono nel peccato e lo diffondono nella
società.

Dio è venuto in nostro aiuto mandando il suo Figlio Gesù Cristo nel
mondo per redimerci dal peccato e liberarci dal potere di Satana.

La lotta contro il male è per l’uomo occasione di crescita spirituale

Per quanto nel mondo seguiteranno sino alla fine dei tempi a
manifestarsi le conseguenze del peccato originale, grazie però alla
Redenzione operata da Gesù, gli uomini hanno la possibilità di giungere
alla salvezza eterna in Paradiso, pertanto, anche se Satana e i demoni
rimangono sempre attivi nel mondo, non possono nuocere alla nostra
anima se noi non acconsentiamo volontariamente al peccato che essi ci
suggeriscono.

Per quanto la loro opera di seduzione e di persecuzione sia piena d’insidie,


quando ci tentano noi possiamo vincerli con la grazia che Cristo ci ha
meritati con la sua Incarnazione, Morte e Risurrezione che otteniamo
attraverso la nostra comunione con Lui per mezzo della preghiera, dei
sacramenti e della nostra personale adesione ai suoi insegnamenti
attraverso i quali, ci vengono donati gli stessi sentimenti del suo Cuore.
Tale grazia, nella misura in cui è da noi accolta, ci rende partecipe della
stessa vittoria di Cristo su Satana che così diventa anche la nostra
vittoria. Questo è anche il motivo per cui Dio lascia che gli spiriti
demoniaci siano ancora attivi nel mondo: Dio permette la loro azione nei
nostri confronti perché attraverso la nostra resistenza ci dà l’occasione
di attualizzare nella nostra vita la vittoria del Figlio e di progredire
spiritualmente con atti di virtù. Abbiamo così l’occasione per purificarci
e crescere in una comunione sempre più stretta con Dio, avanzando nel
cammino di santità. Resistendo alle tentazioni, noi ne traiamo, quindi,
un beneficio spirituale perché con la grazia di Cristo, resistendo e
respingendole, anziché essere motivo di caduta nel peccato, diventano
occasioni di rafforzamento nella virtù e di progresso spirituale.

In tal modo i demoni divengono loro malgrado servi del Signore, o


piuttosto suoi schiavi: «È per fare più grandi i nostri meriti, più pure e
più alte le nostre virtù, più rapido il nostro cammino verso di Lui, che
Dio permette al diavolo di tentarci e di metterci alla prova» (cfr. San
Tommaso D’Aquino, Commento alla lettera agli Ebrei, 12, 6). «Se vi
domandano perché Dio abbia lasciato sussistere il demonio (dopo la sua
ribellione), rispondete: Dio l’ha lasciato perché, lungi dal nuocere agli
uomini attenti e vigilanti, il demonio divenga loro utile. Non certo per il
fatto della sua volontà, che è perversa, ma grazie alla coraggiosa
resistenza di coloro che fanno volgere la sua malizia a loro vantaggio»
(San Giovanni Crisostomo, Terza omelia sui demoni). La nostra reazione,
contro l’azione del demonio, diventa un mezzo di progresso spirituale.

Insegnava Paolo VI in una sua catechesi: «Quale difesa, quale rimedio


opporre all’azione del demonio? …Tutto ciò che ci difende dal peccato ci
ripara per ciò stesso dall’invisibile nemico. La grazia è la difesa decisiva.
L’innocenza assume un aspetto di fortezza. E poi ciascuno ricorda
quanto la pedagogia apostolica abbia simboleggiato nell’armatura d’un
soldato le virtù che possono rendere invulnerabile il cristiano (cfr. Rom.
13, 1-2; Ef. 6, 11, 14, 17; 1 Ts. 5; 8). Il cristiano dev’essere militante;
dev’essere vigilante e forte (1 Pt. 5, 8); e deve talvolta ricorrere a qualche
esercizio ascetico speciale per allontanare certe incursioni diaboliche;
Gesù lo insegna indicando il rimedio «nella preghiera e nel digiuno» (Mc.
9, 29). E l’Apostolo suggerisce la linea maestra da tenere: «Non lasciarti
vincere dal male, ma vinci nel bene il male» (Rom. 12, 21; Mt. 13, 29)
(Paolo VI Udienza Generale 15 novembre 1972).

Questa inevitabile lotta è quindi da interpretarsi come una realtà


estremamente positiva. Proprio questo conflitto è il luogo della nostra
purificazione e della nostra crescita spirituale, in tal modo impariamo a
conoscere noi stessi nella nostra debolezza e Dio nella sua infinita
misericordia. È, in definitiva, il modo scelto da Dio per la nostra
trasfigurazione e la nostra glorificazione. Ma la lotta spirituale del
cristiano, pur essendo talvolta dura, non è mai la guerra disperata di chi
si batte in solitudine, alla cieca, senza nessuna certezza circa l’esito dello
scontro. È la lotta di chi combatte con assoluta certezza che la vittoria
è assicurata, perché il Signore è risorto: «Non piangere più; ecco, ha vinto
il Leone della tribù di Giuda» (Ap 5, 1). Così, non combattiamo da soli con
le nostre forze, ma con il Signore che ci dice: «ti basta la mia grazia; la
mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2 Cor 12,
9) e la nostra arma principale non è la naturale fermezza del carattere o
l’abilità umana, ma la fede, questa totale adesione a Cristo che ci
permette anche nei momenti peggiori, di abbandonarci con fiducia cieca
a Colui che non ci abbandonerà. «Tutto posso in Colui che mi dà la forza»
(Fil 4, 13). Ed ancora: «Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò
paura?» (Sal 26,1). Il cristiano dunque lotta con energia, chiamato com’è
a resistere «fino al sangue nella lotta contro il peccato» (Eb 12,4). Lo fa
però con cuore tranquillo e la lotta è tanto più efficace quanto più il suo
cuore dimora nella pace. Perché è proprio questa pace interiore che gli
permette di lottare non con le proprie forze – che verrebbero meno – ma
con quelle di Dio. È unicamente la grazia di Dio che ci darà la vittoria e
la sua azione sarà tanto più potente e rapida, se sapremo mantenere
l’anima nostra in pace ed abbandonarci con fiducia nelle mani del Padre.

[1] Il peccato per sé si configura come amore disordinato alle creature,


che sono amate senza Dio, come Dio o contro Dio.

[2] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica n. 391-393.

[3] Per una catechesi sulla «Santissima Trinità», leggi il Catechismo della
Chiesa Cattolica dal n. 232-267 e dal n. 290-292.

[4] Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n. 61.

[5] Per predestinazione non si intende qualcosa di già stabilito,


indipendentemente dalla decisione della libera volontà dell’uomo. Si può
dire, piuttosto, che Dio conosce già l’operato dei suoi figli i quali, però,
sono sempre liberi di decidere in piena libertà. Dio, cioè, predestina ad
essere conformi a suo Figlio Gesù coloro che scelgono Lui come Padre:
«Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati
secondo il suo disegno. Poiché quelli che da sempre ha conosciuto li ha
anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo» (Rm
8,28-29). Si tratta sempre di una libera scelta. Maria, quindi, pur essendo
predestinata ad essere la Madre del Figlio di Dio fatto uomo, vi ha aderito
liberamente. Anche il Figlio di Dio, pur predestinato ad incarnarsi per
mezzo di Maria, ha scelto liberamente di realizzare questo progetto
d’amore del Padre, affinché gli uomini fossero conformi alla sua
immagine. Nella lettera agli Ebrei, Cristo dice: «Ecco, io vengo – poiché
di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà» (Eb
10, 7).

[6] Cfr. Ap 12, 7-9.

[7] «Alienato è un essere che non considera più se stesso secondo la


verità del proprio essere. Non si accetta così com’è, e non accetta
neanche la propria situazione di relazionalità con gli altri. Non accetta
più il suo posto nella creazione di Dio, nella graduatoria cosmica
dell’universo. Gli angeli pervertiti, volendo essere creatori di se stessi e
di tutti gli altri, rifiutano la propria creaturalità.
Ecco il disordine della loro alienazione: non accettando più di essere se
stessi, e volendo diventare come Dio, non accettano l’Onnipotente, come
loro Creatore e Signore, e dunque neanche tutto ciò che Dio ha creato.
Odiano tutto infinitamente, in particolar modo gli uomini che portano in
se stessi l’immagine del Creatore, immagine che in ogni modo essi
vogliono distruggere. Sono in una situazione di perenne conflittualità,
che parte dalla rabbia per se stessi, si riversa in odio contro Dio, ed in
odio e desiderio di morte per tutte le altre creature. Tutto hanno in odio
e percepiscono come proprio nemico. L’istinto che li anima è quello della
distruzione e dell’annientamento di tutto, di Dio e degli altri esseri.
Questa loro terribile condizione è nata proprio dal peccato di orgoglio»
[Don Renzo Lavatori, Presentazione del libro: “Antologia diabolica”, Sala
Barbo, interno del chiostro della basilica di San Paolo fuori le mura, Roma,
24 maggio 2008]

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