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Nota sull'oracolo a Cherefonte

Author(s): Mario Montuori


Source: Quaderni Urbinati di Cultura Classica , 1982, New Series, Vol. 10 (1982), pp. 113-
118
Published by: Fabrizio Serra Editore

Stable URL: https://www.jstor.org/stable/20538714

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Nota sulPoracolo a Cherefonte *

Mario Montuori

Aveva perfettamente ragione Maier quando notava che "al giuo


co di pensieri messo in opera da Platone n^WApologia verrebbe a
mancare il fondamento se si ritenesse per finzione il racconto relativo
al responso oracolare".
Certo, l'immagine socr?tica delineata da Platone nell5Apologia ?
interamente costruita sui responso del dio di Delfi e la missione "ra
gli uomini ed il tr?gico destino son? ad esso indissolubilmente legati
e conseguenti. Sembra, anzi, alia maggioranza degli storici, che la stes
sa attendibilit? della figura socr?tica de?'Apologia e, in gen?rale,
della testimonianza plat?nica, riposi sull'attendibilit? della sentenza
oracolare sulla sapienza di Socrate; tanto ? vero che tutte o pressoch?
tutte le interpretazioni socratiche moderne, o che si rifanno alia te
stimonianza plat?nica o ai ricordi senofontei o alie notazioni aristo
teliche, muovono comunque dal presupposto della storicit? dell'ora
colo deifico, dalla quale risulterebbe anche garantita Pattendibilit?
della Apologia come fonte socr?tica.
Anche De Strycker, rivendicando, a suo tempo, contro la nega
zione di Gigon, l'esistenza nelle fonti socratiche di testimonianze sto
riche, ravvisava proprio nella sentenza deifica la verit? di un fatto
storico, concludendo che la storicit? dell'oracolo a Cherefonte con
sentiva il recupero di altre testimonianze platoniche sulle quali sareb

* La presente nota discute Pargomento centrale del saggio di E. De


Strycker S.J., 'The Oracle given to Chaerephon about Socrates' in Kephalion,
Studies in Greek Philosophy [...] off. to Prof. CJ. De Vogel, ed. by J. Man
sfield and L.M. De Rijk, Assen 1975, pp. 39-49.
Essa presuppone quanto ho gi? detto sullo stesso argomento nel mi? libro
Socrate. Fisiolog?a di un mito, Firenze 1974 e nei miei studi antecedenti che
esso utilizza. E poich? nel mi? Socrate ? data, di quanto vi si dice, ampia
documentazione, vorr? scusarmi il lettore se ad esso rimando per tutto quanto
dovrebbe essere qui occasione di riferimenti testuali, bibliografici o esplicativi.

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be stato quindi possibile una ricostruzione socr?tica storicamente


fondata.
Preparando ora un pi? ampio studio su\YApologia di Piatone,
De Strycker ritorna sulPoracolo a Cherefonte motivandone l'atten
dibilit? storica sia in funzione della vita e della attivit? di Socrate,
sia in funzione della struttura della Apologia. Ma l'oracolo a Che
refonte ? veramente la testimonianza di un fatto storico? Gli argo
menti di De Strycker non son tali, comunque, da persuadere alla sua
tesi. Si tratta, infatti, di argomenti per se stessi assai fragili e, quel
che ? peggio, del tutto estranei al grosso nodo di problemi che Pora
colo a Cherefonte pone a chi voglia seriamente tentare, oggi, una
utilizzazione critica della fonte plat?nica in vista di una interpreta
zione storicamente fondata della personalit? socr?tica.
Vero ? che fino ad oggi non solo storici, filologi e filosofi hanno
evitato di motivare in qualche modo la loro accettazione delPoracolo
a Chrerefonte come testimonianza di un fatto storico; ma anche gli
storici della religione greca e della mantica apollinea in Delfi hanno
bellamente eluso il problema; i primi, rimandando alla cr?dibilit? del
racconto della sentenza deifica attestata dagli storici della religione e
gli storici della religione rimandando alla fedelt? della Apologia al
discorso giudiziario di Socrate attestata dagli storici della filosof?a, col
risultato che gli uni e gli altri hanno dato per dimostrato quel che
resta invece ancora da dimostrare. Fa perci? piacere constatare che,
se non altro, il De Strycker tenti una qualche motivazione delle ra
gioni della sua accettazione della sentenza oracolare; ma, come si
diceva, i suoi argomenti son? francamente deludenti.
I quali argomenti non si discostano, in definitiva, dalla opinione
comunemente addotta dagli interpreti di Socrate, secondo i quali Pla
tone si sarebbe screditato agli occhi dei suoi contemporanei se aves
se inventato di sana pianta il racconto della sentenza oracolare alia
domanda di Cherefonte sulla sapienza di Socrate. II rilievo che VApo
logia d? a tale racconto sembra invece al De Strycker una garanzia del
la sua attendibilit? storica, mentre se fosse una invenzione di Platone
si dovrebbe conseguentemente ritenere inventata anche la cornice che
lo contiene, e cio?: che Cherefonte era un democr?tico; che abban
don? Atene al tempo jdella tirannide dei Trenta per farvi ritorno con
la restaurazione democr?tica; che era ben noto in Atene e noto per
sino ai comici molto prima del processo di Socrate; che mor? tra il

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404 ed il 399 e che aveva, al momento del processo, un fratello in


grado di testimoniare per lui. Platone, nota De Strycker, non aveva
alcun bisogno di inserir? nel racconto tutti questi particolari che, se
fossero stati falsi, avrebbero irrimediabilmente inficiato la cr?dibilit?
della Apologia.
Da queste considerazioni il De Strycker conclude che non resta
altra via se non quella di accettare la verit? del racconto oracolare:
we have non other choise than accept as true the history told in
[Apol.~\ 20e5-21a8. Che ? come dire che la verit? storica della sen
tenza oracolare, su cui riposerebbe Pattendibilit? della Apologia e,
come si ? detto, di quasi tutte le interpretazioni socratiche, ? legata
a questo semplice presupposto: che come, cio?, ? vero ci? che ? detto
di Cherefonte nella Apologia, cosi ? vero il racconto circa la domanda
di Cherefonte alla Pythia deifica se alcuno vi era pi? sapiente di
Socrate.
Ragionando a questo modo bisognerebbe accettare per veri an
che i discorsi che Tucidide pone in bocea ai suoi personaggi storici;
mentre noi sappiamo dallo stesso Tucidide che i discorsi fatti pronun
ziare dai suoi personaggi riferivano ci? che "ciascuno avrebbe potuto
dire>}, non ci? che ciascuno veramente disse.
E cosi Platone, che costruiva liberamente il discorso giudiziario
di Socrate, pu? aver messo in bocea a Socrate il racconto dello oracolo
a Cherefonte, ma non gi? perch? corrispondeva alla verit? di un fatto
storico, ma s? perch? tale racconto perfettamente aderiva alia imma
gine letteraria del Socrate sucre?iQc che egli veniva costruendo in con
trapposizione a quella del Socrate aecusato, processato e condannato
come ao-E?ite rimasto nella memoria degli ateniesi.
Ci? che, in altre parole, veramente interessava a Platone non
era la verit? storica della sentenza oracolare, bensi la immagine che
di Socrate delineava VApologia; immagine costruita come se Socrate
avesse ricevuto dal dio di Delfi, attraverso l'oracolo ed altri segni,
una sp?ciale missione spirituale per tutto un pop?lo. Tanto ? vero
che il responso deifico alia domanda di Cherefonte non fu mai messo
in discussione dai contemporanei, n? per confermarlo n? per smen
tirlo, mentre fu violentemente criticata e respinta l'immagine socr?
tica della Apologia che si ripete, nella sua unitaria ooerenza, nei primi
Dialoghi cosiddetti socratici.
Questo vuol dire anche che, quando si d? per vera la sentenza

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deifica e si accetta quindi la fedelt? della rappresentazione socr?tica


della Apologia, si respinge con ci? stesso tutta una serie di testimonian
ze dei contemporanei, tanto quelle anteriori alla morte di Socrate e,
quindi, a quel moto di idealizzazione e di favoleggiamento che ne
segui; quanto quelle posteriori alla morte e proprio in opposizione
alla idealizzazione plat?nica della Apologia, quali sono, prima, la Com
media di Aristofane, che anticipa con straordinaria puntualit? le im
putazioni delPaccusa giudiziaria; lo stesso atto giudiziario di accusa
sottoscritto da Anito, Meleto e Licone e il verdetto della maggioranza
degli Eliasti e, a pochi anni di distanza dal processo e dalla morte,
la xoraqyopia Zcoocp?Touc di Policrate che, rifacendo a suo modo il
discorso di accusa al di fuori dei termini delPAmnistia di Euclide,
faoeva dire al xanrJYopo?, in opposizione alla difesa plat?nica, tutto
quello che era sulla bocea di tutti ma che Pamnistia non aveva per
messo fosse detto in tribunale.
Non sar? mai ripetuto abbastanza che al Socrate EUcre?ifc di Pla
tone e della tradizione plat?nica, che ha alimentato nei secoli il mito
del giusto condannato, si oppone e fa riscontro il Socrate acre?Tfc di
Aristofane, della accusa giudiziaria e della sentenza degli Eliasti che
perfettamente corrisponde alla realt? del cittadino Socrate aecusato
processato e condannato in Atene, per ao-e?sioc e chi dice perci? che ?
vero il racconto oracolare della Apolog?a plat?nica e vera quindi la
immagine del Socrate zva-s?-qc, su di esso costruito, deve dimostrare
perch? ? falso il Socrate a<re?ifi<; di Aristofane, degli Eliasti e di Po
licrate.
Perch?, cio?, ? vera PetKre?sia che attribuisce a Socrate Platone
ed ? falsa invece Pacre?eia che gli attribuiscono Aristofane e Policrate
e della quale fecero accusa a Socrate Anito, Meleto e Licone e la
maggioranza degli Eliasti lo ritenne colpevole e lo condann? a morte.
? incredibile la leggerezza colla quale studiosi insigni si siano
sottratti al dovere di questa dimostrazione, mostrando assai spesso
di ignorare persino Pesistenza, nella letteratura socr?tica, di una fi
gura letteraria del tutto opposta a quella platonico-senofontea e trascu
rando questo semplice particolare: che il Socrate del quale celebrano
la piet? e Pincontaminata fedelt? alle leggi della patria democr?tica era
stato dai suoi contemporanei aecusato in vita e in morte di ao-e?ewx
e di [xicroSirp?a, che son? in fondo la stessa e medesima cosa.
Dire che i giudici non avevano alcun sentimento di piet? e farli

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Nota sulPoracolo a Cherefonte 117

perci? responsabili della morte del giusto, ? un modo per eludere, non
per risolvere il problema.
E allora un'indagine intesa al recupero della persona storica
di Socrate non pu? consistere pi? nel mettere in evidenza elementi che
confermerebbero la verit? della sentenza oracolare per far passare
poi per vera la propria ricostruzione della personalit? socr?tica. Una
volta, infatti, dimostrato, corne credo che sia stato fatto, che il rac
conto dell'oracolo a Cherefonte ? una invenzione di Platone, una
cornice mitico-poetica che suffraga la rappresentazione plat?nica del
Socrate ?Ua*s?'/)<;, un tentativo di interpretazione socr?tica ? possibile
ancora come ricerca di una nuova chiave di lettura delle fonti let
terarie e di quella plat?nica in particolare, sia in rapporto alla veri
t? di fatto, che fu la condanna di Socrate; sia in rapporto alla fedelt?
alla lezione del maestro; sia, infine, in rapporto ai motivi di soprav
vivenza della comunit? socr?tica.
? stato, infatti, gi? rilevato, ed ampiamente dimostrato, che
l'accusa di corruzione dei giovani, cui soggiacque Socrate, investiva
anche i giovani che lo avevano frequentato, nei quali la sentenza del
tribunale autorizzava a vedere dei corrotti, non diversi da Alcibiade,
Crizia e Carmide, spregiatori degli dei poliadi ed eversori della patria
democr?tica.
E se Platone, con gli altri socratici rifugiati a M?gara, soggiaceva
alia stessa condanna di Socrate, si ha ragione di credere che la Apo
logia di Socrate fosse anche e soprattutto una Apologia di se stesso;
si ha ragione di credere, cio?, che Poracolo a Cherefonte, sui quale
coerentemente si regge la rappresentazione socr?tica delVApologia,
pi? che alla verit? di un fatto storico, corrisponda invece ad un ar
tificio conforme a un fine: alla celebrazione, cio?, della piet? di So
crate, supposta ignota agli ateniesi; celebrazione che, scagionando il
maestro di Alcibiade, Crizia e Carmide dalla accusa di empi?ta e di
corruzione, scagionasse insieme i discepoli rifugiati a Megara favo
rendone il ritorno in Patria.
Una volta, dunque, scoperto nella sentenza deifica un falso di
Platone, un artificio conforme a un fine, e una creazione letteraria nel
la rappresentazione socr?tica dell5Apologia, c'? da chiedersi come ? an
cora possibile leggere Platone come testimone socr?tico e corne ser
vira dei suoi dialoghi corne fonti del socratismo. ?, in altre parole,
ancora possibile utilizzare la fonte plat?nica nella ricerca di quel So

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crate che se fu maestro di Antistene, Platone e Senofonte fu del pari


maestro di uomini brutali e violenti quali Alcibiade, Crizia e Carmide?
Di quel Socrate al quale possono tuttavia convenire tanto la cele
brazione plat?nica quanto Paccusa postuma di Policrate, i ricordi di
Senofonte, la s?tira di Aristofane e il verdetto degli Eliasti? E se
? possibile in che modo e fin dove ? possibile? Nella rispos ta a queste
domande sta il vero problema del problema socr?tico.
Ritornare, invece, come fa il De Stycker, a parlare della verit?
storica delPoracolo a Cherefonte e della attendibilit? della delineazione
che della figura di Socrate ci ha lasciato Platone nella Apologia, vuol
dire continuare a ribattere argomenti che col Socrate cittadino ateniese
aecusato, processato e condannato per atfe?sia non hanno nulla a
che fare.
Istituto italiano di cultura
Atene

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