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Presentazione di Bernardo Dalla Bernardina e di Gérard Hermant

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Franco Boscaini
Alexandrine Saint-Cast

Glossario
di
Psicomotricità
© Copyright 2012 CISERPP srl Editore
Lungadige Catena, 5 – 37138 Verona
www.ciserpp.com; email: ciserpp@ciserpp.com
I diritti di memorizzazione elettronica, di riproduzione e
di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo
(compresi i microfilm e le fotocopie fotostatiche) sono riservati.
ISBN 978-88-908239-0-9
Presentazione all’Edizione Italiana

Pur sapendo che questo contributo rappresenta solo una piccola parte del lavoro intrapreso
dalla Commissione Internazionale dell’OIPR – Organisation Internationale de Psychomotrici-
té et Relaxation – della quale è ben nota la competenza dei componenti, esso spiega in poche
parole alcuni concetti fondamentali della Psicomotricità, comprensibili anche a chi non è del
settore. In particolare, emerge chiaramente il senso pieno della Psicomotricità che vede la
persona, sana o con problemi, in un’ottica pluridimensionale dove corpo biologico e corpo
psichico, motricità e intelligenza, sensazione ed emozione, comportamento e relazione costi-
tuiscono sempre un unicum inscindibile.
La descrizione dei termini, poi, segue una metodologia che dà l’idea di ciò che è la Psicomo-
tricità nel suo aspetto teorico, negli aspetti evolutivi riferibili ad ogni argomento, nel campo
specifico della patologia, della valutazione così come dell’intervento. Appare chiaramente
quale è l’oggetto di studio di questa disciplina e qual è il lavoro dello psicomotricista, che
spazia dal campo sanitario a quello della prevenzione ed educazione nelle diverse condizioni
e diverse età della vita.
La lettura si presenta fluida e discorsiva perché concetti non sempre facili da precisare vengo-
no descritti con un linguaggio sufficientemente semplice e comprensibile.
Un plauso anche al CISERPP che da sempre collabora con la Cattedra di Neuropsichiatria
Infantile dell’Università di Verona e si impegna nella formazione sia sul piano nazionale che
internazionale con iniziative culturali, formative e scientifiche degne di considerazione, tra le
quali ricordiamo i numerosi Convegni nazionali ed internazionali e, in particolare, il recente
IX Congresso Mondiale di Psicomotricità svoltosi a Verona dal 6 al 9 maggio 2010 sul tema
“Le intelligenze del corpo. La Psicomotricità per il benessere psichico della persona”, che ha
visto la partecipazione di ben 450 professionisti.
L’augurio è che questo apprezzabile contributo abbia un’adeguata divulgazione e che sia se-
guito da altri in coerenza con il progetto globale della Commissione scientifica finalizzato
all’ardua classificazione dei disturbi psicomotori.

Verona, dicembre 2012


Prof. Dr. Bernardo Dalla Bernardina
Direttore Cattedra di Neuropsichiatria Infantile
Facoltà di Medicina, Università di Verona

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Prefazione

L’OIPR, Organizzazione Internazionale di Psicomotricità e Rilassamento, è la sola associa-


zione internazionale rappresentativa della Psicomotricità.
Questa affermazione non toglie per nulla i meriti del Foro Europeo della Psicomotricità (FEP)
e del RED Latino Americana che rappresentano la nostra disciplina a livello regionale.
L’OIPR è presente in Europa, nel Vicino e Medio Oriente, in America del Nord, Centrale e
del Sud così come in Africa. Essa dovrebbe prossimamente aprire delle delegazioni in alcuni
Paesi del continente asiatico (Kazakistan, Vietnam, India e Cina)
Essa ormai raggruppa una trentina di Delegazioni.
L’oggetto dell’OIPR è essenzialmente quello di introdurre la professione nel maggior numero
di Paesi possibile e di contribuire allo sviluppo della formazione con precedenza nel campo
della salute.
Non bisogna vedere qui un disinteresse per l’area dell’educazione, tutt’altro; ma ciò è stato
dimostrato nel passato e si conferma nei Paesi come il Belgio e la Costa d’Avorio dove la pro-
fessione di psicomotricista trova il suo humus negli interventi di tipo sanitario.
Per favorire il suo sviluppo, l’OIPR si basa e conta sull’importante attività di Delegazioni
nazionali, di cui le più anziane hanno più di 30 anni.
Queste Delegazioni sono animate da psicomotricisti che, per i pionieri, sono stati formati in
Europa e, in particolare, in Francia.
Oggi giorno un buon numero di Delegazioni sono totalmente autonome e assicurano, da sole o
in convenzione con delle Università del loro Paese, delle formazioni di eccellenza.
I membri dell’OIPR lavorano regolarmente insieme, producono articoli di eccellente qualità
in Riviste professionali o scientifiche di notevole valore, intervengono in Colloqui o Con-
gressi, partecipano a delle formazioni tra cui il MIP, Master Internazionale in Psicomotricità
e Rilassamento.
Dieci anni fa l’OIPR, nell’ambito di tutti questi lavori, aveva posto in evidenza l’importanza e
l’utilità che gli psicomotricisti del mondo intero dispongano di strumenti che permettano loro
di utilizzare uno stesso linguaggio scientifico al fine di meglio comunicare tra loro e meglio
differenziarsi rispetto alle altre professioni.
A tale scopo era stata costituita una Commissione riguardante l’elaborazione di un « Progetto
sulla classificazione dei disturbi psicomotori ».
Questa Commissione ha lavorato molto sull’utilità di disporre di pubblicazioni sugli studi già
realizzati, su tutti i lavori di ricerca al fine di aggiornare il rapido sviluppo delle conoscenze
nel campo della Psicomotricità.
Se sono importanti i Congressi, se sono importanti la continuità dell’Università Estiva e gli

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incontri tra i Delegati dell’OIPR tutti hanno percepito bene l’esigenza di possedere strumenti
specifici.
E’ così che è nata l’idea di realizzare un glossario in più lingue, di trovare i denominatori co-
muni della professione con i loro punti di vista culturali, cioè regionali.
Il glossario mette, anche e così, in evidenza una delle specificità della Psicomotricità: quella
di considerare il corpo come un indicatore del benessere della persona. Sempre insistendo
sulla salute, il glossario affronta in modo molto evidente gli altri ambiti di predilezione della
professione, che vanno dalla prevenzione all’educazione, alla rieducazione e alla psicoterapia
corporea per ogni età della vita.
La pubblicazione del glossario in quattro lingue – francese, italiano, spagnolo, inglese –
dimostra l’internazionalità della Psicomotricità non soltanto per il suo dinamismo e la sua
creatività, ma soprattutto per il fatto che solo lo psicomotricista considera la sua presa in
carico dentro una globalità, in una realtà più significativa, quella di un corpo espressivo e
in relazione. Un corpo non unicamente fisiologico o psicologico, ma un corpo che connette
tutti gli aspetti della persona dentro un’unità dinamica e adattiva. L’edizione in lingua ingle-
se, invece, grazie ad un accordo di collaborazione, avverrà a cura del FEP, Foro Europeo di
Psicomotricità
Bisogna ringraziare gli autori ed animatori di questa Commissione per l’immenso lavoro re-
alizzato dopo dieci anni, lavoro unico nella durata e soprattutto sul piano della sua vastità
perché riguardante quasi la metà delle attuali aree di esercizio della professione nel mondo.
Animata da Franco Boscaini e Alexandrine Saint Cast, questa Commissione ed i suoi risultati
senza alcun dubbio hanno fatto fare un passo nuovo ed essenziale alla nostra professione.
Gérard Hermant
Direttore ISRP - Segretario Generale dell’OIPR
Membro del Consiglio Superiore delle Professioni Paramediche presso il Ministero Francese della Salute

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Introduzione e metodologia

L’Organisation Internationale de Psychomotricité et de Relaxation – OIPR, Organizzazione


Internazionale di Psicomotricità e di Rilassamento – è un’Associazione internazionale, scien-
tifica i cui scopi, in connessione con gli Organismi a carattere nazionale o internazionale,
sono:
a) riunire gli psicomotricisti di tutti i Paesi ;
b) contribuire allo sviluppo delle formazioni e del perfezionamento dei professionisti e degli
specialisti della Psicomotricità e del Rilassamento;
c) promuovere l’organizzazione della professione di psicomotricista nel mondo;
d) favorire l’uilizzo delle terapie psicomotorie e la ricerca al fine di meglio comprendere le
interazioni della motricità e dello psichismo nel corso della vita della persona.
L’OIPR è attualmente costituito da Delegazioni Nazionali e da Organizzazioni Accreditate

Uno dei suoi compiti è quello di promuovere la ricerca in Psicomotricità.

In tale contesto il progetto di redigere un nuovo glossario ad uso degli psicomotricisti, così
come degli altri professionisti dell’area medico-sociale ed educativa, è nato dalla constatazio-
ne della necessità di un sistema di riferimento comune, transnazionale. L’obiettivo è quello di
fornire delle definizioni operative, vicine al campo di lavoro, che servono per gli scambi clinici
e scientifici e facilitano i confronti. Questa dimensione internazionale, come preoccupazione
di rimanere vicini alla pratica degli psicomotricisti, ha portato a delle scelte metodologiche.

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La selezione delle parole
In occasione di un raduno annuale, l’Università Estiva, è stato effettuato un sondaggio con
circa 250 professionisti. All’interno di una lista di 150 termini, sono state scelte le 50 parole
che, secondo loro, erano le più significative del loro mestiere di psicomotricista. E’ così che le
50 voci che compongono questo lessico sono state scelte e classificate in funzione della loro
opportunità.
Lo scopo è che questo vocabolario comune sia quello che viene utilizzato dagli psicomotrici-
sti, qualunque sia il loro Paese di esercizio professionale o della loro lingua materna.
La definizione delle parole
Per a priori a-teorico, questo glossario non prevede alcun riferimento bibliografico esterno.
Ciascun termine viene descritto con 500 parole circa.
Secondo un identico piano:
1) situazione della definizione psicomotoria rispetto a quelle proposte dalle altre discipline
mediche e delle scienze umane ;
2) sviluppo della funzione e della competenza;
3) descrizione dei disturbi e delle loro conseguenze;
4) metodi di valutazione qualitativi e quantitativi;
5) assi della presa in carico.
L’evoluzione del glossario
La pubblicazione di questo lavoro permette di avviarsi alla seconda parte di questa ricerca.
Questa raccolta, inizialmente redatta in francese, viene tradotta e pubblicata in italiano. Verrà
pubblicata, pure, in spagnolo ed in portoghese.
Sta per essere realizzata, nelle varie Delegazioni da parte dei gruppi di esperti, la valutazio-
ne dell’affidabilità delle definizioni e, se necessario, verranno proposti degli aggiustamenti e
delle modifiche.
Queste definizioni vanno affrontate come una piattaforma comune, evolutiva e dinamica a
sevizio della comunicazione in Psicomotricità.

Franco Boscaini
Psicomotricista, Psicologo-psicoterapeuta, Direttore del CISERPP, Delegato Nazionale OIPR Italia,
Vice-Presidente dell’OIPR, Presidente dell’AIFP e della FISSPP

Alexandrine Saint-Cast
Psicomotricista, Direttrice dell’ARDP, Coordinatrice dell’ISRP e dell’OIPR

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F FUNZIONE TONICA F
F TONO F
Il tono è lo stato di tensione permanente dei muscoli. Regolato dal motoneurone a, esso è
soggetto all’influenza delle informazioni provenienti dall’insieme del sistema nervoso, infor-
mazioni sia interne che esterne al corpo. Varia in maniera involontaria o volontaria in funzione
degli stati fisiologici, emozionali e psichici ed in rapporto al contesto e agli eventi.
Vengono distinti tre tipi di tono:
- il tono di fondo,
- il tono posturale
- ed il tono di azione e di espressione.
Lo stato muscolare costituisce un fattore essenziale nella precisione delle azioni motorie.
La sua maturazione segue le leggi dello sviluppo neurofisiologico e relazionale essendo co-
munque esso sottoposto alle esperienze corporee, sensoriali, motorie e psicologiche. La sua
organizzazione sta alla base del corredo psicomotorio in quanto le iniziative e le capacità di
azione di un bambino, di un adolescente o di un adulto dipendono dalle differenti e successive
forme e manifestazioni del suo tono nella sua gestualità.
Il tono muscolare è modellato dal dialogo tonico-emozionale. E questa particolare modalità
relazionale sta alla base della comunicazione.
L’equilibrio tonico dipende dalla maturazione neurologica, dalle esperienze psicocorporee e
relazionali e dagli apprendimenti.
In modo specifico in Psicomotricità, il tono è considerato come la stoffa delle emozioni. La
sua integrazione alimenta la memoria corporea, base dell’identità psicocorporea.
La sua disorganizzazione può essere di tipo lesionale, connessa ad un disfunzionamento neu-
rofisiologico o psicologico; tuttavia, molto più di frequente questi tre aspetti sono associati.
Allora, in Psicomotricità, anche se si tratta di un disturbo dove è prevalente l’origine neurolo-
gica, l’attenzione verrà orientata sulla dimensione vissuta e sulla sua risonanza personale per
la persona affetta ed il suo ambiente.
Il bilancio psicomotorio inizia con uno studio neuromotorio approfondito, sistematico e com-
parativo della costituzione muscolare di base, a riposo: studio della lassità legamentosa e delle
masse muscolari alla ricerca della formula tonica personale (omogeneità o meno della qualità
muscolare). Gli aggiustamenti della forza muscolare (capacità volontaria a contrarsi e rila-
sciarsi) vengono osservati nel corso delle attività spontanee e su consegna, con o senza l’og-
getto. Per ciascuna competenza studiata la valutazione del livello di maturazione viene com-
pletato dalla comprensione dell’espressione tonico-emozionale della persona. Questo aspetto
relazionale viene analizzato durante tutto l’esame psicomotorio e viene completato con la
comparazione tra ciò che il soggetto descrive sul suo stato tonico, fornendoci informazioni
sulla sua immagine corporea, e quanto viene oggettivato tramite le varie manovre e prove.

Per lo psicomotricista, il tono rappresenta la sintesi della globalità biopsicologica.


Qualsiasi presa in carico in Psicomotricità e Rilassamento è basata sul lavoro della funzione
tonica, la sua regolazione, la sua percezione, la sua presa di coscienza, il suo controllo volon-
tario, sfumato e soddisfacente.

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F DIALOGO TONICO F
Particolare modalità relazionale, non verbale, corporea. È la prima modalità di comunicare
del bambino.
In quanto sottoposto a dei flussi di impressione e di espressione, il neonato ed il bambino pic-
colo devono comunicarli. Sulla base di questa indispensabile espressione fisiologica, durante
i contatti corporei con gli adulti vengono scambiati dei contenuti emozionali ed affettivi mas-
sivi, indifferenziati, analogici. Così, a partire da questi scambi primordiali si va modulando un
mutuo adattamento sulla base dell’aggiustamento muscolare. Tale modulazione relazionale è
ritmata dall’alternanza di tensioni e di rilasciamenti, di stati di vigilanza, di controllo e di flut-
tuazioni che vanno dall’ipotonia all’ipertonia, dal sorriso ai pianti all’interno di tutta la gamma
della condivisione emozionale. Oltre alla tensione muscolare, il dialogo tonico-emozionale in-
tegra tutti i segnali corporei: la voce, lo sguardo, il contatto, la prossemica, gli odori, la qualità
del portare, l’organizzazione temporale della situazione. Ciò che il bambino prova in questi
scambi sta alla base del suo sentimento di sicurezza. Dentro queste esperienze si strutturano
le basi della successiva comunicazione verbale. Il riconoscimento dell’altro, e quindi di sè, si
attiva anche all’interno di questi scambi corporei.
Durante tutto il corso della vita, più o meno coscientemente, qualsiasi incontro con qualcuno
implica il dialogo tonico.

La qualità del dialogo tonico dipende dalle competenze di comunicare con il proprio corpo:
accordo, adattamento muscolare e ritmico, distanza relazionale, disponibilità, ascolto, tonalità
vocale, espressione mimica e facciale, scambi di sguardi, reazioni neurovegetative, risposte
posturali, motorie e gestuali. Entrano, pure, in gioco l’intensità della presenza della persona,
la sua costanza, la sua regolarità, le sue capacità ad anticipare l’altro.

L’osservazione di questa modalità relazionale si effettua durante tutto il bilancio psicomoto-


rio. La sua valutazione si realizza grazie anche a delle prove specifiche, in particolare tramite
la regolazione tonica nel rilassamento.

Nello specifico, lo psicomotricista si impegna ad utilizzare questo canale di comunicazione


come essenziale mezzo terapeutico per favorire l’espressività del suo paziente; ed è proprio
questo ciò che caratterizza la sua professione. Come lo psicoanalista tramite la parola poggia il
suo intervento sul transfert, la dinamica della terapia psicomotoria, mettendo in gioco il corpo,
si basa sull’intersoggettività del dialogo tonico.

Qualunque sia l’età, la patologia, il contesto o la domanda del paziente, uno degli obiettivi
terapeutici in Psicomotricità dovrà essere quello di permettergli di sviluppare o scoprire le
sue capacità di vissuto e di espressione del suo corpo, di lasciar emergere la sua corporeità
nelle diverse direzioni sia di vissuti sia di espressione così come di cognizione. Attraverso
il canale del dialogo tonico-emozionale - comprendendo cioè quello che la persona espri-
me per tramite dei suoi atteggiamenti corporei e rispondendovi con aggiustamenti svariati,
sottili e volontari - lo psicomotricista instaura o restaura questa essenziale funzione psico-
corporea. Ad esempio, si potrà citare il rilassamento dove le modificazioni dell’esperienza
del corpo emergono in maniera molto ampia a partire da questo coinvolgimento relazionale
di risonanza tonica.

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Comprendere il dialogo tonico significa, anche, comprendere come dei disordini emozionali e
affettivi possano ripercuotersi sullo sviluppo motorio ed influire sulla postura, sulla motricità,
sulle prassie, sulle condotte sensoriali e sul linguaggio. Il dialogo tonico-emozionale sta alla
base della gestualità, del comportamento attivo orientato verso l’esterno e dell’azione con
l’altro, impregnato dai vissuti ed eventuali difficoltà interne.
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F DISTURBI TONICO-EMOZIONALI F
Oltre ai disturbi muscolari connessi a disfunzionamenti fisiologici, lo psicomotricista conside-
ra i disordini dell’organizzazione tonica come espressioni della vita emozionale. Essi sono il
frutto di irregolarità, disritmie, sconvolgimenti, sfasature o carenze nel dialogo tonico.

Particolarrmente instabili e mobili, tali disturbi sono:


- le paratonie, le distonie, gli stati tensionali (tanto ipotonie quanto ipertonie), le catatonie,
- le reazioni di prestanza,
- i tic, le balbuzie, i crampi,
- i disordini del tono di azione e, quindi, del gesto e della scrittura,
- i disordini del tono di sostegno e, quindi, dell’equilibrio,
- le fluttuazioni neuro-vegetative, gli arrossamenti, le disritmie respiratorie, i disturbi dei ritmi
biologici, …
Nei primi periodi della vita, essi hanno le forme ampie dei disturbi della comunicazione cor-
porea, delle variazioni della vigilanza, dei ritardi di acquisizioni psicomotorie. Inoltre, sono
assai connessi alle ipertonie di richiamo e alla distensione di soddisfazione e di sicurezza.
Durante lo sviluppo, le distonie assumono le forme più complesse dei disturbi strumentali.
Le irregolarità del fondo muscolare, sottoposto ai rischi della vigilanza in relazione alle emo-
zioni, disturbano le percezioni ed il comando motorio. Ne conseguono disturbi degli apprendi-
menti, del linguaggio, delle disprassie così come dei disadattamenti comportamentali reattivi
e compensatori quali l’iperattività, l’inibizione e, pure, l’oppositività.

I disturbi tonico-emozionali venogno individuati tramite il bilancio psicomotorio e vengono


affrontati in prima istanza con il rilassamento.
La diversità e la sottigliezza di queste espressioni che riflettono tutte le sfaccettature della
personalità richiedono, da parte dello psicomotricista che ne fa la diagnosi, allo stesso tempo
attenzione e vigilanza nelle osservazioni e prudenza nelle conclusioni.

È grazie al dialogo tonico-emozionale e adattandosi al livello di svilupppo e di realizzazione


psicocorporea del paziente che il dispositivo specifico della seduta di Psicomotricità, sia in
forma individuale che di gruppo, permette alla persona di fare una diversa esperienza del suo
corpo, positiva e basata sulla riuscita dell’azione in un ambiente relazionale comunicativo
attraente e rassicurante. Su questa base di un nuovo vissuto corporeo, grazie alle mediazioni
e agli esercizi percettivo-motori che rinforzano i punti di riferimento del proprio corpo, la
persona si rassicura, si calma e sviluppa la propria autostima.
L’intervento dello psicomotricista nei confronti dei disturbi tonico-emozionali è contempora-
neamente tecnico e relazionale.

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F CORPO F
Il corpo è un’evidenza, un oggetto materiale, ma è anche una realtà soggettiva ed un supporto
immaginario.

In Psicomotricità, il corpo è molto di più di una costruzione biologica, anatomica e strumenta-


le. È il risultato della dinamica soggettiva, individuale, relazionale, emozionale, psichica che
sta alla base della rappresentazione di sè. La sua espressività e la sua modalità di relazione al
mondo definiscono la corporeità di ciascuno, maniera personale di essere e di agire. È tramite
il proprio corpo che si vive, ci si scambia, ci si adatta alle condizioni materiali e all’ambiente
umano. La corporeità ha intrinsecamente una dimensione di espressività fondamentale.
Il corpo è:
- il luogo dell’espressione dell’evoluzione della persona tramite lo sviluppo e l’involuzione
delle sue capacità neuro-senso-motorie,
- lo spazio dell’emergenza delle cognizioni,
- il mediatore degli incontri sociali,
- l’ancoraggio dei fantasmi,
- quindi, la condizione permanente ed indispensabile dell’esperienza.

Il corpo è presente, pure, nel sogno.

La complessità dei processi psicocorporei obbliga a fare delle sintesi teoriche e determina dei
paradossi. Il corpo, pertanto, costantemente presente, in parte sfugge sempre. Esso costituisce
il supporto indispensabile dei progetti, ma è anche una cornice sempre mobile nel tempo. È
il luogo della realizzazione della personalità ed il mediatore di tutte le azioni, ma è anche il
limite della libertà individuale. E la Psicomotricità cerca di valorizzare ed ottimizzare questo
gioco, questo sottile equilibrio.

In Psicomotricità, il corpo è considerato come lo spazio dell’espressione della salute mentale.


L’intervento cerca di armonizzare le diverse sfaccettature della personalità, senza obbligo di
performance. Si tratta di favorire l’equilibrio tra il voler fare ed il poter fare, tra i comporta-
menti della persona e le attese dell’ambiente, tra la soggettività sentita e l’oggettività condi-
visa.
L’intervento dello psicomotricista, attraverso la mediazione corporea, tende verso l’equili-
brio tra vissuto, azione ed espressione sulla base delle stimolazioni funzionali. Esso rinforza
l’emergenza del proprio corpo: istanza psicocorporea intima, unica, prodotto dell’integrazione
delle esperienze e dei limiti che fa sì che ciascuno sia diverso.
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F SVILUPPO PSICOMOTORIO F
La Psicomotricità affronta il soggetto in maturazione nella sua globalità, descrivendo cioè le
interazioni tra i vari aspetti. Per definizione, le funzioni psicomotorie sono in interrelazioni.
Esse, pertanto, dipendono da livelli e da organizzazioni differenti in quanto sono intermodali e
vengono modellate dalle emozioni. Esse sono connesse attraverso l’esperienza corporea. Con

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la maturazione si va costruendo progressivamente la nozione di equilibrio psicomotorio sotto
l’effetto delle stimolazioni che sono percepite, vissute, connesse all’intenzionalità, al coinvol-
gimento nell’azione e che producono la rappresentazione che fonda l’esperienza.

Lo sviluppo psicomotorio è la descrizione di questo complesso e globale processo, sia neu-


rofisiologico sia psico-affettivo, tramite il quale il bambino, sulla base del suo potenziale
neuromotorio, va acquisendo nel mondo degli oggetti e delle persone delle competenze per
agire, effettuare scambi, apprendere e adattarsi. Con la crescita fisica, lo sviluppo neuromo-
torio permette nuove azioni ed esperienze corporee che vengono memorizzate in conoscenze
cognitive all’interno di un ambiente emozionale. Questo studio della crescita fa riferimento
alle tappe e agli stadi della neuropsicologia e della psicodinamica non tanto come dei sistemi
chiusi e rigidi, ma cercando di comprenderne sempre la dinamica. Si parlerà, allora, di svilup-
po armonico, sia che sia continuo o discontinuo.
Superate le fasi di crescita, durante la maturazione adulta, la plasticità messa in gioco dall’espe-
rienza permette un perfezionamento, un riaggiustamento e dei riorientamenti personali delle
competenze in funzione degli eventi e delle scelte di vita.
In questa continuità, l’involuzione porta ad un rallentamento e, in seguito, ad una riduzione
delle funzioni.

Essenziale per l’equilibrio dell’individuo, lo sviluppo psicomotorio costituisce un punto di


riferimento fondamentale dello psicomotricista nel corso della diagnosi come dell’intervento,
e questo indipendentemente dall’età o dalla patologia della persona.

I disturbi psicomotori sono delle riduzioni, delle impossibilità, degli scarti, delle imprecisioni
et determinao dei profili disarmonici e carenziali.

Seguendo le regole filogenetiche ed ontogenetiche dello sviluppo, l’intervento in Psicomotri-


cità si propone di permettere all’individuo, qualunque sia la situazione di disabilità o di impe-
dimento, l’attivazione del suo potenziale psicomotorio per la migliore elaborazione possibile
della sua personalità, per un autocontrollo adattato ai contesti di vita e per una realizzazione
della sua persona.

Il progetto della Psicomotricità, allora, è quello di far sì che ciascuno diventi soggetto del
proprio sviluppo.
..............................

F ESPRESSIONE PSICOMOTORIA F
L’espressione psicomotoria è la manifestazione, attraverso la via corporea, di contenuti psico-
logici, affettivi ed emozionali. Questa maniera di dire ciò che si prova, ciò che si pensa, ciò
che si è, costituisce un’importante parte delle comunicazioni non verbali. Nella situazione di
sofferenza, essa può assumere a volte la forma indiretta del sintomo, del disturbo, del ritardo
o della disarmonia di sviluppo.

Il corpo esprime e si esprime: è questa un’evidenza. Una persona può tacere, ma non può
estraniarsi dai reticoli di significati psicocorporei. L’espressione corporea, in qualsiasi circo-

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stanza, è la testimonianza dello stato della persona ed è sempre oggetto di comprensione per
gli altri. Essa è l’impronta del contesto culturale così come della storia personale.

Per comprendere l’espressione psicomotoria, bisogna considerare il dialogo tonico-emozio-


nale un elemento che sta alla base di qualsiasi scambio tra le persone. In tale coinvolgimento
completo del corpo, da cui emergerà l’espressione verbale, il soggetto in costruzione incontra
l’altro tramite il contatto, lo sguardo, l’accordo ritmico, gli adattamenti posturali e gestuali,
ecc. Questa primordiale esperienza, carica di affetti, impregna e modella il corredo corporeo,
favorisce od impedisce l’esercizio delle capacità senso-motorie e le esperienze che ne conse-
guono e che permettono la progressiva elaborazione della coscienza del corpo, delle compe-
tenze percettivo-motorie e cognitive e della coscienza altrui. Tale competenza del corpo ad
esprimere i vissuti ed i conflitti interni, fondamentale nella prima infanzia, perdura per tutto
l’arco della vita.

In modo diverso ed in rapporto con la qualità ed il grado di sviluppo neuromotorio, il soggetto


esprime - attraverso il suo corpo e la maniera con cui lo gestisce o no nelle condotte più o
meno complesse o aggiustate - l’equilibro o lo squilibrio, la soddisfazione o la frustrazione,
l’apertura od il ripiegamento. Le funzioni psicomotorie, le quali permettono il controllo del
corpo orientato verso l’azione e la comunicazione, provengono dalla progressiva differenzia-
zione dell’espressività corporea sotto l’effetto della maturazione.

Le capacità, e quindi i disordini ed i disturbi psicomotori, emergono da tale processo dove lo


sviluppo neuromotorio è imbevuto, favorito o disturbato dai vissuti psicoaffettivi. I disturbi
psicomotori partecipano, quindi, all’espressione psicomotoria con queste forme mobili e a
volte diffuse che le caratterizzano: esagerazioni o ritiri, opposizioni, instabilità, inibizioni.
Espressioni sempre comunque orientate verso la comunicazione.

Espressione e competenze psicomotrice non sono due categorie distinte e fisse. Questi due
aspetti sono tra loro in relazione stretta e dinamica. Qualsiasi disordine in uno di questi due
ambiti tende a coinvolgere l’altro, a determinare dei blocchi e/o delle compensazioni, a ri-
durre l’apertura globale della persona. Il progetto dell’intervento psicomotorio, educativo o
terapeutico, è quello di favorire tale equilibrio descrivendo queste conseguenze incrociate e
favorendone i diversi aspetti, sia neuromotori sia psicoaffettivi.

La valutazione dell’espressione psicomotoria si realizza allo stesso tempo attraverso:


- L’osservazione fine e dettagliata dei disturbi, degli impedimenti, dei sintomi così come delle
competenze e delle loro variazioni in funzione dei contesti;
- Il loro studio in riferimento alle norme di sviluppo e alle nosografie;
- L’osservazione delle condotte e delle reazioni tonico-emozionali;
- L’ascolto e la presa in considerazione della propria soggettività da parte dello psicomotricista
coinvolto nel dialogo tonico-emozionale con il paziente.

Il progetto dell’intervento dello psicomotricista, oltre al miglioramento sintomatico e funzio-


nale, tende ad armonizzare l’espressione psicomotoria del paziente al fine di favorire i suoi
adattamenti. Per questo, con il supporto delle mediazioni e degli esercizi, lo psicomotricista

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mette in gioco la propria corporeità per favorire gli sblocchi, gli scambi, le regolazioni e
gli aggiustamenti nella relazione. Inoltre, tale specifico coinvolgimento qualitativo permette
di costituire un setting terapeutico rassicurante in cui la persona progressivamente potrà ab-
bandonare le sue reazioni difensive e creare nuove modalità interattive, più confortevoli e
fluide.
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F RITARDO DELLO SVILUPPO F


La comprensione psicomotoria dello sviluppo, e quindi delle differenti forme che possono
assumere i relativi ritardi, fa riferimento alle nozioni di genotipo, insieme o parte determinata
dalla composizione genetica di un individuo, il quale, sotto l’effetto dell’ambiente, eventual-
mente si esprime in fenotipo, carattere osservabile e che evolverebbe o meno grazie ai processi
ontogenetici. Si evita, così, la trappola del dibatttito sull’innato e l’acquisito.

Questa visione dinamica e personalizzata per ciascun bambino, è basata su:


- L’importanza riconosciuta all’impregnazione emozionale sullo sviluppo e sull’espressione
delle varie funzioni psicomotorie;
- La descrizione dettagliata dei rapporti stretti tra le funzioni psicomotorie comunque esse
siano nel corso delle fasi maturative, in caso di patologia o nella loro realizzazione in atti
normali;
- La presa in considerazione dell’associazione dinamica tra la crescita neuromotoria e fisica, il
vissuto affettivo-relazionale e l’elaborazione cognitiva negli scambi;
- I riferimenti agli stadi successivi, cioè una rappresentazione dello sviluppo costituito da tap-
pe di organizzazione integrata e globale;
- Il che richiama l’importanza riconosciuta ai periodi sensibili di apprendimento che vanno
rispettati;
- Allo stesso modo gli interventi degli adulti devono favorire le sequenze di acquisizione e di
espressione delle competenze, senza forzatura né ricerca di performance o di rapidità;
- Un riferimento alla norma non considerata come un obiettivo da raggiungere o una regola
immutevole, ma come un punto di riferimento derivato da studi realizzati presso un numero
statisticamente rappresentativo di persone che vivono nelle medesime condizioni.
Pertanto, la valutazione di un livello di sviluppo sarà sempre globale, cioè prendendo in con-
siderazione tutte le funzioni psicomotorie studiate separatamente e comprese nelle dinamiche
che le connettono mediante delle metodologie quantitative, in riferimento alla norma, e quali-
tative per chiarificare i processi ed i vissuti.

Per lo psicomotricista appare fondamentale una precisa conoscenza delle tappe e delle età di
acquisizione delle competenze psicomotorie. Solo a partire da questa base risulta possibile
una comprensione dinamica del profilo psicomotorio del paziente per far meglio risaltare le
sue capacità, evitare le constatazioni negative centrate sulle disabilità e sugli impedimenti e
favorire uno sviluppo equilibrato, regolare e sorgente di benessere.

Si descrivono, quindi, dei ritardi di sviluppo psicomotorio in contesti alquanto diversi, in tutte

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le situazioni di disabilità, in tutte le malattie mentali che possono interessare i bambini, nelle
situazioni di carenze o di disadattamento sociale e culturale, di disordini relazionali con i ge-
nitori. In maniera più fine, poi, si cercheranno segni di divario nei disturbi degli apprendimenti
e del comportamento, i quali allora possono a volte essere compresi come delle attitudini
reattive di fronte ad una frustrazione legata alla percezione di un disagio o di un impedimento
corporeo.

È, quindi, solo a seguito di un’anamnesi e di un bilancio psicomotorio completi e dettagliati


che può essere indicata questa diagnosi, e mai soltanto di fronte ai risultati di qualche test
standardizzato o ad alcuni indicatori isolati. D’altronde, i percorsi di sviluppo variano da un
bambino all’altro, qualche volta in modo atipico, spesso in funzione del contesto culturale.
Diventa spesso necessaria, dunque, un’osservazione longitudinale.

Pure la presa in carico si basa su tale concezione di globalità allo scopo di favorire i diversi
processi in gioco e non semplicemente per stimolare o ricostruire uno sviluppo supposto nor-
male, il quale seguirebbe uno schema prestabilito. Che l’intervento sia preventivo, educativo
o terapeutico, individuale o di gruppo, esso è comunque personalizzato mirando prima di tutto
a favorire il conforto del bambino e l’espressione del suo quadro psicomotorio in tutte le sue
sfumature e con piacere.

Schema globale dello sviluppo del processo di espressione psicomotoria


Le descrizioni sono stabilite per ogni livello, ma i processi sono allo stesso tempo successivi e
sincroni, emergenti sotto la forma di competenze differenziate in ogni tappa.

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Schema delle funzioni psicomotorie e del funzionamento evolutivo dell’Io corporeo
L’insieme delle competenze psicomotorie sono constantemente in relazione. rrUno dei concet-
ti base della Psicomotricità è la nozione di globalità psicocorporea.
Questa rappresentazione dello sviluppo delle capacità ad interagire, agire ed apprendere per-
mette di comprendere il ritardo di sviluppo in tutte le sue componenti e di comprendere come
una carenza od un scarto in un registro da una parte tende a determinare una dissincronia
inconfortevole e dall’altra tende a mantenersi sugli altri settori.
..............................

F COORDINAZIONE – GESTO – PRASSIE


MOTRICITÀ FINE – PRENSIONE
GOFFAGGINE MOTORIA E GESTUALE – DISPRASSIA F
In Psicomotricità, come lo sottolinea l’etimologia del termine, l’area del movimento è essen-
ziale. Ad ogni livello, che si tratti di studiare, di valutare, di educare o di curare, le funzioni
motorie sono considerate nelle loro diverse componenti e dimensioni.

La motricità costituisce un oggetto di studio per varie scienze e professioni. Tale espressione
della filogenesi e dell’ontogenesi non è soltanto il risultato dei dati neurobiologici, ma integra
pure gli aspetti psichici, vissuti e relazionali. Lo sviluppo delle capacità gestuali, in particolare
la prensione, riveste una dimensione antropologica specifica. Per l’uomo, la realizzazione di
un movimento mobilizza processi neuromotori, neuropsicologici, simbolico-affettivi, espres-
sivi e relazionali.

Lo studio del movimento per categorie descrive :


- I movimenti non specifici, che trovano la loro origine nei bisogni interni e si esprimono
tramite la motilità.
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- I movimenti specifici che fanno riferimento alle attività di esplorazione, di orientamento, di
ricerca, di sperimentazione e di transizione verso gli oggetti. Essi sono provocati da stimola-
zione esterna, forniscono informazioni e permettono gli adattamenti.
- I movimenti intenzionali, i quali sono orientati verso la realizzazione di risultati program-
mati.
- I movimenti che esprimono delle emozioni, dei vissuti od indicano una domanda.
- I movimenti socializzati, portatori di un significato condiviso.

La prospettiva biologica definisce il movimento come lo spostamento di un organismo o di


una delle sue parti in rapporto ad un punto fisso. Esso è il risultato oggettivo e predeterminato
di meccanismi che rispondono alle regole della biomeccanica e della biochimica. Tale studio
fornisce informazioni sull’integrità funzionale degli apparati neurofisiologici. Il movimento
mette in evidenza la reattività del corpo nei confronti dell’ambiente interno od esterno.
Superando la distinzione tra movimento riflesso, automatico ed intenzionale, che si basa sul
rapporto stimolo-risposta, si considera :
- L’apprendimento;
- L’intenzionalità;
- La funzionalità od organizzazione in funzione dello scopo;
- Le esigenze dell’ambiente.

In neuropsicologia ed in psicologia dell’azione, innanzitutto ci si interessa del pensiero e


della programmazione dell’attività motoria, della partecipazione volontaria e cosciente del sog-
getto. Il termine « movimento » viene sostituito con quello di « azione» in quanto risultato di
movimenti funzionalmente organizzati. Il movimento non è considerato in sè, ma nella sua
organizzazione: progetto mentale, orientato verso un fine da perseguire e con costanti aggiusta-
menti. È il risultato significativo e funzionale del controllo motorio. Strettamente connesso ai
substrati neuropsicologici, al livello di sviluppo e agli apprendimenti che seguono le regole di
organizzazione che vanno dal generale allo specifico e dal semplice al complesso. La motricità è
una competenza evolutiva che arriva all’abilità, risultato delle associazioni percettivo-motorie.
Essa mette in gioco le condotte di attenzione-concentrazione e le diverse forme di memoria.
Se il criterio è l’organizzazione motoria, vengono descritti :
- I movimenti semplici, circoscritti, rapidi, il cui inizio e la fine sono chiaramente anticipati dal
soggetto (aprire una porta, lanciare una palla).
- I movimenti continui nei quali non sono prevedibili né l’inizio né la fine e dove l’esecuzione
è più lunga (camminare).
- I movimenti in serie, che possono essere considerati come la somma dei movimenti semplici
e che sono rappresentati dalle prassie (vestirsi, costruire una torre).

Se l’interesse si sposta sull’influenza dell’ambiente, si parla di:


- Movimenti chiusi attivati in un ambiente stabile e dove le variabili sono costanti, controllabi-
li e prevedibili e, di conseguenza, il deficit evoca una disorganizzazione di fattori interni.
- Movimenti aperti, dove il soggetto agisce in presenza di variabili poco controllabili, in una
situazione aleatoria.

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Si propone, pure, un modello di organizzazione funzionale secondo tre principali unità :
- La regolazione tonica e la vigilanza;
- La ricezione, l’analisi ed il trattamento centrale delle informazioni in rapporto con le espe-
rienze già realizzate e, quindi, con la memoria;
- La programazione, la regolazione, l’anticipazione e la verifica degli atti.

La prospettiva socio-relazionale va oltre la constatazione della presenza o meno della compe-


tenza motoria. Essa affronta le abilità motorie ponendole in stretto rapporto con le variabili inter-
individuali, la qualità dell’ambiente e le interazioni umane. L’interesse si pone, quindi, su:
- Il soggetto, che è dotato di un potenziale di base anatomofisiologico, cognitivo ed affettivo;
- Le proprietà e le caratteristiche delle abilità da apprendere e da realizzare;
- L’ambiente, il contesto fisico, sociale, affettivo, relazionale e culturale.
L’azione diviene il gesto, un linguaggio del corpo. Tale visione oltrepassa la spiegazione cau-
salistica automatica dell’attività motoria per considerare, anche, le espressioni individuali.
L’età di comparsa di una competenza non viene più considerata come un dato assoluto, ma
solo come un’indicazione che tiene in conto delle variabili biologiche e l’ambiente interno ed
esterno. È la prospettiva ecologica in cui si cerca di ottimizzare i dispendi di energia, i rapporti
costi-sforzi/efficienza. Integrandole e per meglio comprenderle, si va oltre le leggi descrittive
dello sviluppo della motricità, in particolare della prensione: leggi che organizzano l’azione
dall’asse del corpo verso la periferia, dall’alto verso il basso, dalla globalità verso la precisio-
ne, dalla semplicità verso la complessità, dal riflesso alla risposta senso-motoria immediata e
poi all’azione percettivo-motoria, sotto il controllo della rappresentazione mentale.

In psicoanalisi, l’interesse per la gestualità è recente. Il movimento rientra nella teoria della
pulsione. La carica energetica libidinale, la cui origine si colloca in un’eccitazione corporea
implicante la motilità, spinge l’organismo verso la soppressione dello stato di tensione. Tale
processo favorisce l’evoluzione dello psichismo. Il fantasma è una forma mentale primaria
di rappresentazione di sè e della realtà che si esprime attraverso un movimento inconscio
centripeto, orientato verso il corpo e poi diffuso verso l’esterno. Il bambino, così, esce dal
fantasma di fusione per differenziare il suo corpo da quello altrui. Il movimento centrifugo
è orientato verso il fuori per incontrare e adattarsi all’ambiente. Il fantasma di espansione
permette al corpo di proiettarsi e di agire nello spazio al fine di individualizzarsi e di scoprire
la realtà. L’esperienza dinamica di queste due modalità di espressione della pulsione permette
l’equilibrio dell’Io. L’inibizione o l’esagerazione dell’una o dell’altra determinerà dei disturbi
della personalità, sotto l’influsso del ruolo del contenimento psichico esercitato dagli adulti
che permettono od impediscono.
Il movimento, l’atto corporeo, mantiene per tutto il corso della vita questo legame con lo
psichismo. L’atto mancato, così, è l’espressione bruta e diretta di un conflitto, di un fantasma
o di un’angoscia non metabolizzata e viene considerato come pericoloso per l’Io che ricorre,
allora, al corpo per ristabilire il proprio equilibrio energetico pulsionale.

Il punto di vista psicomotorio propone una prospettiva globale. Grazie alla crescita fisica,
alla maturazione neuropsicologica e alla costruzione affettiva e psichica, i patterns motori
si rendono complessi, migliorano nelle possibilità di aggiustamento, di adattamento e nelle
sfumature espressive.

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La graduale corticalizzazione, che va dal movimento automatico verso il gesto, passa attra-
verso l’apprendimento dell’inibizione volontaria. Per adattarsi, il soggetto deve saper ral-
lentare, guidare, accelerare, modulare la propria forza muscolare, ecc. in funzione e grazie
alle interazioni percettive e alle sue determinanti personali e sociali. Specialmente a causa
dell’importanza dei fenomeni di imitazione, si considera che la sensorialità sia strettamente
connessa alle strutture dell’affettività, alle emozioni e alla loro comunicazione non verbale.
Il gesto tanto esprime la complessità funzionale del cervello quanto proietta in modo visi-
bile all’altro i potenziali, le qualità, le possibilità, i desideri, i limiti, ecc., della persona. Il
gesto è testimone della vita psichica.
Tale approccio richiede uno studio fine e complesso che domanda conoscenze tanto mediche
come psicologiche per comprendere la motricità in termini transitivo-strumentali, espressivo-
comunicativi e simbolici. Un gesto non è soltanto un’azione, risultato dei funzionamenti neu-
romotori e neuropsicologici, esso è sempre un atto impregnato di valori simbolici, relazionali
e linguistici. Ad esempio, camminare, correre, saltare, prendere, toccare, cogliere, accarez-
zare, chiudere non rappresentano solo delle competenze biomeccaniche e funzionali, non si
riducono a delle realizzazioni automatizzate, prodotti di un condizionamento o di un processo
cognitivo; tali condotte adattive traducono, pure, degli stati affettivi, sono portatrici di simboli
e di contenuti comunicativi.

Per comprendere il gesto, è necessario riferirsi all’integrazione della funzione tonico-motoria


con lo schema corporeo e quella della funzione tonico-emozionale con l’immagine del corpo.
Il gesto costituisce l’incontro tra l’azione e la rappresentazione, tra l’emozione e l’intelli-
genza, tra lo strumentale ed il relazionale, tra il desiderio e la possibilità, tra l’individuo e la
realtà. La capacità a realizzarlo mette in evidenza la continuità o la rottura della relazione
tonico-affettiva con la realtà. Se il soggetto non è autonomo, cioè se non ha fatto suoi i rife-
rimenti spazio-temporali organizzati attorno al proprio corpo, e se il suo fondo tonico non
è sufficientemente stabile egli non potrà sviluppare una gestualità adattata, cioè allo stes-
so tempo precisa, automatizzabile, controllabile volontariamente, efficace, poco costosa in
energia e confortevole.

Le coordinazioni sono delle realizzazioni automatizzate la cui età di comparsa ha un carattere


predittivo sullo sviluppo ulteriore. Queste condotte dinamiche di base sono il cammino, la
corsa, i salti ed i semplici spostamenti, le azioni semplici di lanciare-prendere, le azioni bi-ma-
nuali che si svolgono su uno stesso piano e ad uno stesso ritmo, il controllo dell’arto superiore
attraverso gli occhi. Si parlerà, allora, di coordinazioni dinamiche generali, di coordinazioni
bi-manuali, di coordinazioni mano-piede, di coordinazioni oculo-manuali.

Le dissociazioni richiedono un livello di controllo superiore supplementare. Queste azioni


complesse si svolgono almeno su due piani dello spazio o seguendo due ritmi diversi. La
precisa rappresentazione mentale dell’atto o del progetto motorio è indispensabile mentre
le funzioni di inibizione devono essere predominanti. La loro organizzazione è correlata al
livello cognitivo.

La motricità fine è l’insieme delle azioni localizzate a livello delle mani e del viso. La loro
precisione dipende sia dalla mielinizzazione sia dalla regolazione tonico-emozionale, processi
le cui carenze, spesso congiunte, si esprimono nelle sincinesie. La prensione o il modo di

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avvicinarsi all’oggetto desiderato, di prenderlo, di tenerlo e di manipolarlo evolve a partire dal
riflesso del grasping verso un atto volontario fino ad essere di un’estrema precisione in funzio-
ne dei contesti e delle particolari competenze. Essendo la mano particolarmente investita di
simbolico e di significati, ogni stile di prensione è personale.

La prassia è un insieme organizzato di movimenti volontari, intenzionali, realizzati in funzio-


ne di uno scopo, un’azione finalizzata. Le prassie vengono apprese all’interno di un contesto
culturale per divenire intenzionalmente efficaci. La loro realizzazione segue un progetto di
gesto, pratto-gnosico, una preprogrammazione automatizzata ed integrata di componenti mo-
torie e percettive, in particolare kinestesiche e visive.
Si può differenziare :
- L’utilizzo degli oggetti come utensili, reali o mimati, con un’azione verso il corpo;
- Le prassie in cui prevalgono gli aspetti di seriazione temporale, di rispetto di una succes-
sione;
- Le prassie di abbigliamento;
- Le prassie di espressione verbale;
- Le prassie costruttive, dove l’assemblaggio di elementi neutri realizza un prodotto signifi-
cante come, ad esempio, la calligrafia.

Attualmente, si riscontrano numerose classificazioni dei disturbi della motricità, i quali fanno
riferimento a questi differenti modelli.

Una parte importante di queste descrizioni riguardano le aprassie o incapacità a realizzare un


serie gestuale, le paralisi cerebrali infantili, le paralisi, ecc. In questi danni neurologici centrali
o periferici ciò che determina la disabilità è la localizzazione ed il tipo di lesione. L’intervento
dello psicomotricista parteciperà al recupero e alle proposte degli aiuti compensativi favoren-
do il ripristino dell’immagine corporea disturbata e prevenendo le conseguenze negative delle
privazioni motorie e sensoriali sulle altre funzioni psicomotorie.

La complessità nosografica chiarisce quella relativa alla motricità umana dove si incastrano
e si articolano i diversi livelli di causalità e processi di controllo. L’azione corporea è sempre
sia funzionale e utile sia espressiva e relazionale. Sotto il termine di goffaggine motoria e
gestuale si possono raggruppare tutti i disturbi del movimento tanto di origine neuromotoria
quanto di origine percettivo-motoria, emotivo-affettiva od espressiva. In questo ampio quadro
nosografico vi rientrano: i ritardi motori, la debilità motrice, i disturbi evolutivi della co-
ordinazione motoria, le disprassie, le disgrafie.
- Il termine ritardo motorio, in riferimento alle scale di sviluppo, viene utilizzato per qualifi-
care qualsiasi bambino che non presenta una precisa competenza posturo-motoria in una data
età prevista. Questi disturbi sono spesso individuati sin dai primi mesi di vita (ritardo della
posizione seduta, del cammino, ecc.) e generalmenete indicano delle immaturità neurologi-
che, delle lesioni centrali o periferiche o dei disturbi gravi della personalità. Di conseguenza,
la loro comprensione psicomotoria non si sofferma su questi aspetti funzionali in quanto la
motricità del bambino viene sempre considerata nel coinvolgimento tonico-emozionale.
- La debilità motoria è stato il primo disturbo psicomotorio descritto. Questo quadro associa

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la goffaggine e dei disturbi del tono (anomalia di alcuni riflessi, ipertonia diffusa e sincinesie
localizzate).
- Il disturbo evolutivo della coordinazione motoria o disturbo di acquisizione delle co-
ordinazioni è una difficoltà od un’incapacità a realizzare un’azione motoria globale o ma-
nuale. Le performance sono al di sotto del livello previsto per l’età e al di fuori di qualsiasi
grave disturbo psichico o intellettivo. Sono disordinati soprattutto il controllo posturale e la
coordinazione senso-motoria. Il bambino è impacciato nell’apprendere e sviluppare nuove
competenze motorie in quanto la ripetizione del movimento, anche semplice, è fattore di
disorganizzazione (disturbi della sincronizzazione). L’espressione corporea spontanea di
questi bambini spesso richiama quella di un bambino più piccolo (infantilismo motorio).
- Nei disturbi delle dissociazioni tanto la rappresentazione del concatenamento delle azioni
complesse è imprecisa (confusione del progetto motorio) quanto è frenato il passagio verso
l’automatismo. Sotto l’effetto dell’impulsività, le diverse fasi del movimento entrano in col-
lisione. Spesso, queste difficoltà sono correlate ai disturbi della rappresentazione del corpo
nello spazio e della sequenzialità ritmica e vengono amplificate dall’emotività, in particolare
quando si agisce sotto lo sguardo dell’altro.
- Le differenti disprassie - costruttiva non visuo-spaziale, costruttiva visuo-spaziale, idea-
toria, ideomotoria, dell’abbigliamento e orofacciale - sono dei disturbi della realizzazione
dei gesti complessi. Vengono descritte sia in rapporto alle funzioni carenti sia in rapporto
a quanto è fallito. Questo insuccesso del comando gestuale volontario, connesso a disturbi
neuropsicologici, può essere compreso con la visione psicomotoria globale la quale descrive
i vari livelli coinvolti nell’uso corporeo nello spazio.

I disturbi del movimento e del gesto sono dei disordini dell’espressione psicomotoria. Il con-
catenamento morboso circolare trova origine nell’espressione corporea involontaria degli
squilibri affettivo-emozionali. Le sregolazioni toniche, che derivano dai disordini nell’accor-
do tonico-emozionale, determinano dei disturbi dell’integrazione e, dunque, dello sviluppo
dei diversi comandi cerebrali del gesto (circuito psico-senso-motorio); in seguito, per via del
rimando negativo dell’esperienza dell’insuccesso e dello sguardo a volte ansiogeno degli
altri, alle difficoltà evolutive si vanno ad aggiungere dei vissuti emotivi.
La comprensione psicomotoria dei disturbi motori induce a considerare l’importanza dell’in-
tenzionalità gestuale. L’azione corporea è molto di più di una semplice azione fisica di sposta-
mento. Se il gesto dipende dal corredo neuromotorio, esso testimonia pure la qualità dei vissu-
ti e della soggettività della persona coinvolta nella comunicazione e nell’azione. Il movimento
è senso-motorio e tonico-emozionale e, quindi, sta alla base dell’Io corporeo che si manifesta
attraverso la volontà dell’azione e la qualità della destrezza, dell’abilità.

Il bilancio psicomotorio è il solo studio completo della gestualità che prende in considera-
zione questi diversi aspetti. I test, che danno informazioni sulla maturazione neuromotoria,
sono completati dallo studio della regolazione tonica, dei progetti motori, degli aggiustamenti
senso-motori e percettivo-motori, delle competenze cognitive; sono, ancora, perfezionati da
una precisa e dettagliata descrizione delle variazioni connesse alle espressioni emozionali, ai
vissuti affettivi e all’attualizzazione dei materiali inconsci forgiati nella storia del soggetto.
Tale studio quantitativo e qualitativo si realizza grazie a dei test, a delle situazioni su propo-
sta, all’osservazione dei comportamenti e delle realizzazioni spontanee e alle loro variazioni

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in funzione delle situazioni. In pratica, quindi, la motricità del soggetto viene studiata sotto
l’angolo dei processi (scatenante e di controllo) come sotto quello dei risultati nelle sue
componenti di base, nell’azione corporea generale e fine come nel corso degli apprendimenti
e dei compiti più complessi e mediatizzati. Questo metodo di osservazione permette di va-
lutare le dimensioni di chiusura e di apertura del movimento così come di funzionalità e di
espressività del gesto.

Lo stesso orientamento guida la presa in carico dei disturbi del movimento e del gesto. Il
rinforzo del corredo e delle competenze di azione neuromotoria, associato alla facilitazione
dell’espressività, favoriscono l’esplicitarsi di una gestualità efficace ed armoniosa che permet-
te alla persona di agire in accordo con i suoi desideri e progetti così come con le restrizioni
dell’ambiente.
Il gesto è la realizzazione finale di un processo dinamico sotteso dalla regolazione muscolare.
Le variazioni muscolari toniche e fasiche rendono possibili gli spostamenti corporei più o meno
segmentari, localizzati, precisi, automatizzati, controllati. L’aggiustamento della forza musco-
lare sta alla base della precisione motoria. È così che, attraverso il canale dell’influenza delle
emozioni sulla regolazione tonica, la motricità acquisisce la sua dimensione espressiva. Se il
fondo muscolare è irregolare, squilibrato, il paesaggio sensoriale sarà instabile e l’integrazione
delle informazioni kinestesiche e la loro memorizzazione, indispensabili per l’aggiustamento
dell’atto, saranno confuse. La regolazione tonico-emozionale influenza tutte le tappe della re-
alizzazione gestuale, dopo la presa di decisione dell’azione, passando attraverso le diverse fasi
di aggiustamento e di stima dei parametri sino alla realizzazione pratica. È per questo che la sua
regolazione costituisce una tappa essenziale della presa in carico psicomotoria, in particolare
grazie al rilassamento che permette una profonda riorganizzazione del tono di base.

Associando le attività sensoriali, di mentalizzazione, motorie attive e passive, la presa in cari-


co psicomotoria favorisce gradualmente l’apprendimento del doppio controllo funzionale ed
affettivo-motivazionale in rapporto a sè stesso e all’ambiente. Questa terapia psicocorporea
globale delimita bene il campo della Psicomotricità nei confronti e come complemento delle
altre rieducazioni del movimento.
Essendo personalizzato il progetto terapeutico, le situazioni proposte non mirano a far inte-
grare nel soggetto dei patterns motori standardizzati prodotti di un condizionamento. A partire
dalle competenze messe in evidenza durante la valutazione, le sedute (setting, modalità rela-
zionali e attività) sono organizzate per favorire la massima espressione delle potenzialità della
persona grazie:
- alla modulazione della struttura tonica tramite il rilassamento e le tecniche attivo-passive;
- all’educazione posturale;
- ad un’estrema diversità di giochi e di esercizi senso-motori e percettivo-motori che favori-
scono l’organizzazione ed il controllo funzionale;
- alle mediazioni prese dagli sport e dalle arti, le quali pure favoriscono l’espressione.

Questi interventi propongono un miglioramento delle performances motorie come un’armo-


nizzazione gestuale, cioè effettrice e tonico-emozionale, affinché la persona agisca con preci-
sione e si adatti in più contesti possibili. Si parla, allora, di liberazione gestuale: vero adatta-
mento esprimente una coscienza corporea rassicurante.

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Le diverse dimensioni dell'atto, dal punto di vista psicomotorio:
il gesto è il risultato dell’espressione psicomotoria del soggetto, correlata al suo livello di svi-
luppo, sotto l’effetto dell’integrazione dei contesti esterni, facilitatori o limitanti.
..............................

F EQUILIBRAZIONE F
F EQUILIBRIO F
In Psicomotricità, le funzioni di equilibrazione, che sostengono la postura ed il gesto, sono
comprese nelle loro differenti componenti: neurologica, emozionale, cognitiva ed espressiva.
Sono, quindi, considerate nel soggetto in interazione.

L’equilibrazione è la capacità di mantenere una postura od un’attitudine stabile resistendo alle


forze esterne, fisiche o psichiche. Il buon equilibrio è caratterizzato dall’assenza di distonia,
dalla fluidità dell’aggiustamento della forza, dalla robustezza della resistenza e dal sentimento
di sicurezza provato ed espresso.
L’equilibrazione risulta dalla messa in gioco dei muscoli antigravitari e dagli aggiustamenti
dei muscoli striati dei due lati del corpo, sotto il controllo del motoneurone (vedi il paragrafo
sul tono), in funzione della stabilità degli appoggi.
Se i disturbi neurologici dell’equilibrio sono spesso conseguenti a delle lesioni dell’orecchio

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interno e/o del cerveletto e dei nuclei sotto-corticali, al di fuori di queste patologie l’equilibrio
è pure connesso con la respirazione così come all’attitudine di fronte alle informazioni visive ed
uditive (integrazione dei flussi sensoriali), sotto l’influenza delle fluttuazioni della vigilanza.
Sebbene l’equilibrio sia un comportamento spontaneo, il più spesso involontario eccetto nelle
reazioni di contenimento caricaturale (ad esempio, il bambino che fa vedere che cade), esso
è il risultato di un apprendimento fatto di prove ed errori dove il sentimento globale di sicu-
rezza corporea gioca un ruolo preponderante. La capacità a mantenere il proprio equilibrio e
a restare in piedi è direttamente influenzata dalla fiducia di fronte alla caduta e dal vissuto di
autonomia. Tale sentimento di sicurezza psicocorporea è una fiducia in sé stessi, e pertanto
nella percezione di integrità corporea, nonché una fiducia nell’altro considerato come poten-
ziale supporto fisico e psichico (immagine del corpo).
Le reazioni di equilibrazione statiche e dinamiche sono direttamente connesse alla qualità
della costituzione tonica di fondo, di postura e di azione. Esse, dunque, sono influenzate sia
dalla struttura neuromotoria, sia dalle attività e dagli apprendimenti fisici e muscolari così
come dall’impregnazione emozionale durante le interazioni e le relazioni corpo-a-corpo del
dialogo tonico.
Nell’equilibrio entrano pure in gioco i processi cognitivi.
I disturbi dell’equilibrio nella statica e nella dinamica sono:
- i disordini dell’aggiustamento come la mancanza o l’esagerazione delle reazioni di equili-
brazione,
- le instabilità che possono arrivare sino alla caduta, con l’ansia ad essa associata.

Nel bilancio psicomotorio, le particolarità dell’equilibrio vengono osservate in modo assai


fine nelle varie situazioni statiche, dinamiche su diversi supporti per misura, altezza, stabilità,
larghezza, su due piedi, su ciacuno dei due piedi (dominanza laterale), ad occhi aperti e chiusi
(disturbi neurologici, fiducia in sè). Vengono, pure, osservate le reazioni durante le perdite di
equilibrio.
Queste realizzazioni sono messe in rapporto con le altre competenze motorie e gestuali, con
l’espressione corporea delle emozioni in situazione relazionale, con la qualità della coscienza
del corpo (integrazione dell’asse del corpo) e con le competenze spaziali e visuo-prassiche
(funzioni percettivo-motorie).
La sua presa in carico viene integrata all’interno del progetto terapeutico globale: rassicu-
razione, stimolazione sensoriale, presa di coscienza e mentalizzazione dei riaggiustamenti,
affinamento della coscienza del corpo, automatizzazione di nuovi schemi.
..............................

F LATERALIZZAZIONE – LATERALITÀ F
Spesso si constata una confusione tra la dominanza laterale - asimmetria tonica, motoria,
sensoriale e funzionale nell’uso dei due lati del corpo - e l’individuazione della destra e della
sinistra, competenza cognitiva di rappresentazione nello spazio.

L’asimmetria funzionale comporta una dominanza di un emicorpo in rapporto all’altro a li-


vello uditivo, oculare, dell’asse del corpo e degli arti in connessione con la specializzazione
emisferica corticale. L’arto o il lato cosiddetto dominante è più preciso e rapido mentre l’altro

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serve di supporto nel corso dell’azione. Questa organizzazione si compensa in ciascun lato
dell’asse del corpo. Essa è originata da processi di maturazione di diversa natura che porta-
no ad una dominanza neurologica, una dominanza d’uso ed una dominanza psicosociale. In
funzione delle influenze che hanno pesato su questa abitudine di azione, esse possono non
concordare.

Il processo di maturazione che porta a questa organizzazione funzionale è chiamata lateraliz-


zazione. Esso inizia nei primi mesi di vita per concludere verso i 6 anni. Un passaggio pro-
gressivo, a volte irregolare, dallo slancio motorio globale indifferenziato verso la precisione e
la specializzazione nel reperimento dei segmenti del corpo. La dominanza laterale è il risultato
dell’articolazione di fattori interni ed esterni: costitutivi, morfologici, genetici, ereditari, cul-
turali, emozionali, affettivi, appresi, linguistici, coscienti ed inconsci. È un’importante funzio-
ne psicomotoria che influenza direttamente l’abilità gestuale e gli apprendimenti.

Anche se l’iperinvestimento sociale e religioso per la dominanza a destra sembra attualmente


meno intenso, ancor troppo di frequente si impone assai precocemente a dei bambini la scelta
di una mano per la scrittura. In effetti, numerosi bambini hanno bisogno di sperimentare i due
lati prima di fare la propria scelta, la quale si inscrive anche in uno spazio simbolico e in una
storia famigliare. Le conseguenze delle lateralizzazioni forzate possono essere invalidanti:
distonie, disprassie, disgrafie, disturbi dell’investimento e della coscienza del corpo e dello
spazio, sentimento di sconforto e di mancanza di sicurezza corporea. A volte, gli incidenti
della vita rendono obbligatoria la compensazione del lato colpito. Lo psicomotricista, allora,
parteciperà all’intervento in équipe al fine di favorire le compensazioni ed il massimo svilup-
po funzionale.

La dominanza viene studiata tramite dei test che chiariscono le costituzioni toniche ed i com-
portamenti gestuali in tutte le loro componenti allo scopo di precisare le organizzazioni parti-
colari: lateralizzazione omogenea, crociata, contrariata, discordante, indifferenziata, per com-
penso, ambidestrismo, ecc… È difficile parlare di disturbo della dominanza laterale fuori dal
contesto globale senza considerare gli altri aspetti del profilo psicomotorio. In effetti, lo stesso
tipo di organizzazione della dominanza laterale non avrà presso tutte le persone le stesse con-
seguenze, in modo particolare prassiche e visuo-prassiche.
Tale studio viene realizzato indipendentemente dall’età. La congruenza laterale, in effetti, è un
fattore importante del sentimento di omogeneità dell’Io corporeo e verrà ricercata un’eventua-
le discordanza in tutti i casi di disordine del vissuto corporeo.

Nell’educazione psicomotoria, si cercherà di rispettare lo slancio spontaneo, di non imporre


troppo in fretta una scelta, di permettere delle esperienze diverse perché il soggetto prenda co-
scienza ed integri nel suo schema corporeo questa differenza tra i due lati del suo corpo senza
disinvestimento o rifiuto di una parte. Il ruolo dello psicomotricista è pure, specie in questo
ambito che riguarda lo sviluppo del bambino, quello di informare i genitori e altri educatori,
a volte troppo impazienti.

La presa in carico dei disordini della dominanza laterale si orienta in funzione di decisioni
terapeutiche aperte che considerano i vari parametri, i livelli di determinazione ed i desideri
della persona. Che si tratti di favorire l’uso di un lato o di partecipare ad una ri-lateralizzazio-

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ne, la nuova programmazione motoria darà una parte importante alla presa di coscienza e alla
dimensione simbolica che rivestono queste nuove abitudini corporee.
..............................

F SCHEMA CORPOREO F
F COSCIENZA DEL CORPO F
F IMMAGINE DEL CORPO F
F LIMITI DEL CORPO F
Il modo con cui un soggetto sente, percepisce, riconosce e si rappresenta il proprio corpo ri-
sulta centrale in Psicomotricità. La sua comprensione poggia su molteplici descrizioni neuro-
psicologiche, emozionali, psicodinamiche o fenomenologiche. In effetti, la complessità dei
processi obbliga ad un approccio complementare tra questi differenti teorie. Ma in Psicomo-
tricità, l’approccio è prima di tutto operativo in quanto qualsiasi intervento psicomotorio pas-
sa attraverso e prende in considerazione il canale corporeo, non considerato semplicemente
come un trasmettitore passivo di informazioni, ma come un’interfaccia attiva tra il soggetto
ed il suo ambiente.
Questa sintesi di informazioni e di immagini interne ed esterne è una delle basi della coscienza di
sè, indispensabile per la costruzione della personalità. È una dimensione essenziale delle capaci-
tà di adattamento in quanto essa permette il controllo del corpo nell’azione e nella relazione.

Tutte le informazioni interne ed esterne ricevute dall’organismo sono sintetizzate e memoriz-


zate nell’omuncolo motorio e sensoriale. Tale somatotopia cerebrale è proporzionale all’espe-
rienza attivo-passiva e relazionale del soggetto (come ce lo mostra, ad esempio, la rappresen-
tazione sproporzionata del pollice) e costantemente in evoluzione. Questa topografia permette
l’azione poiché mette in relazione le diverse parti del corpo tra di loro e fornisce una coerenza
agli scambi tra il corpo, lo spazio, gli oggetti e gli altri. Nessuno di questi aspetti è indissocia-
bile ed i loro investimenti affettivi sono primordiali in questa evoluzione.
Lo schema corporeo è la rappresentazione mentale del proprio corpo nella statica ed in movi-
mento. Si basa su una cartografia corticale, cerebellare e sotto-corticale dove sono integrate le
sensazioni e le percezioni kinestesiche, articolari, muscolari, labirintiche, tattili, visive all’in-
terno di un’organizzazione spazializzata su tre dimensioni. Esso dipende, pure, dalla rappre-
sentazione del movimento (neuroni a specchio, strutture gnosico-prassiche). Se lo schema
corporeo è costruito verso l’età di 7 anni, esso evolve durante tutta la vita grazie alle esperien-
ze e agli apprendimenti, in particolare relazionali, di imitazione e di identificazione nell’altro.
Esso comprende anche la conoscenza verbale del corpo.

Il sentimento di avere un corpo è una costruzione progressiva e sempre mobile, che evolve in
funzione delle varie esperienze. Tale memoria, cosciente ed inconscia, delle sensazioni e delle
emozioni è il risultato degli scambi tra l’organismo e l’ambiente fisico ed umano. Eccetto nella
patologia, nella disabilità o nel disturbo, questa presenza a sè stesso, la coscienza del corpo, è
completa, costante, globale, totale ed immediata. Costitusce un’evidenza, il riferimento indi-
spensabile per il sentimento di sè. La sua costruzione è progressiva tramite la mentalizzazione
delle diverse esperienze. Questa sintesi attiva e dinamica è una modalità di presenza verso
sè stesso. Fenomeno psicocorporeo che sta alla base del sentimento di sè, della percezione
dell’ambiente fisico e del riconoscimento sociale degli altri. Con questa particolare modalità

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della coscienza il soggetto prova il sentimento di essere e di esistere come una persona totale
e singolare.

Il termine di immagine del corpo viene spesso usato per evocare la dimensione inconscia
della relazione verso il proprio corpo e a quello degli altri. Tale approccio, dunque, permet-
te di considerare anche la sessualità, i flussi della libido ed il desiderio, espresso o meno.
L’immagine del corpo è il contenente delle pulsioni conflittuali che animano il corpo, or-
ganizzate attorno ai suoi orifizi e all’evoluzione del loro funzionamento. Le alternative tra
i vissuti reali e fantasmatici di piacere e di frustrazione sono indispensabili per strutturare
poco a poco questa immagine corporea dove il puntellamento psichico si elabora a partire
dall’integrazione della pelle come limite. In questo processo dialettico, l’ambiente tiene un
ruolo proponendo e rendendo accettabili tali limiti che proteggono contro le angosce arcai-
che di dissoluzione corporea. Questa protezione psichica dell’adulto di fronte al bambino,
che poggia qui sulla realtà delle cure corporee, pone pure le condizioni dell’espressione
della creatività della persona.

I limiti del corpo sono il risultato del confronto dialettico da una parte tra lo slancio del
bambino che, sotto la spinta dei suoi progressi neuromotori e delle sue pulsioni di scoperte,
si orienta verso l’esterno; e dall’altra parte dei limiti protettivi posti dall’adulto nell’ambito
sociale. La legge, così formulata, organizza i processi pulsionali verso una rappresentazione
mentale condivisibile ed un linguaggio organizzato ed articolato. Frutto di questa esperienza
della differenza tra spazio corporeo interno e spazi esterni, questi limiti psicocorporei, quando
sono organizzati, costituiscono una puntellatura per il soggetto permettendogli di posizionarsi
di fronte agli altri, di comprendere queste differenze, di rappresentarsi il pensiero altrui e di
sviluppare le proprie competenze psicomotorie.

La ricostruzione permanente del proprio corpo è un processo composito che allo stesso tempo
fornisce:
- il modello posturale, la cartografia mentale e il sistema di riferimento di azioni, orientate
nello spazio e nel tempo, che permettono di adattare spostamenti, movimenti e gesti;
- il sentimento intimo di sè e della sua continuità personale nella percezione del mosaico dei
diversi vissuti enterocettivi ed esterocettivi;
- le basi dei processi linguistici fondati sulla rappresentazione della frustrazione dell’esperien-
za di un Io originale dove i corpi sono confusi;
- la soggettivizzazione dell’identità di genere e l’orientamento genitale di pulsioni sessuali
accettate, agite e la cui soddisfazione è condivisibile;
- le basi del sentimento di sicurezza di essere sè stesso.

In ogni momento dello sviluppo, della pienezza e poi dell’involuzione delle esperienze
psicomotorie, i processi in gioco nella rappresentazione del corpo sono connessi agli altri
registri psicomotori. Le variazioni muscolari costituiscono la prima materia di cui si nutre
la percezione del corpo integrando, così, a partire da questa base neurofisiologica le di-
mensioni soggettive ed emotive. Esse sono associate a tutte le sfumature ed informazioni
kinestesiche, labirintiche, cutanee, uditive, visive, stimolate in particolare nel corso delle
attività percettivo-motorie.

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Nell’espressione gestuale il soggetto incontra lo spazio, un quadro che allo stesso tempo pre-
dispone e rende possibile le sue azioni. Il primo spazio percepito è lo spazio corporeo inter-
soggettivo.
Un’altra dimensione è fornita dalla cornice temporale, ritmica, costituita sia dai vissuti di
continuità e dai sentimenti connessi a eventi discontinui e, anche, ad intenso tenore affettivo.
E questo perché il modo con cui una persona utilizza gli oggetti, con maggiore o minore sod-
disfazione ed efficacia attribuendo loro eventuali iperinvestimenti affettivi, testimonia allo
stesso tempo la qualità della struttura della sua rappresentazione corporea mentre di ritorno
può attivare ripetizioni di esperienze più o meno positive.

Le sue carenze, i disinvestimenti e le distorsioni stanno alla base di numerosi disturbi dell’adatta-
mento che possono andare da lievi difficoltà psicomotorie sino alle disabilità e/o ai disturbi della
personalità. Qualunque sia il danno neuromotorio o funzionale, i disturbi della rappresentazione
del corpo sono spesso coinvolti nei disordini del gesto e, di conseguenza, dell’apprendimento e
dell’adattamento. Comprendere i nessi tra le differenti funzioni psicomotorie vuol dire prendere
in considerazione le loro reciproche influenze e, pertanto, prevedere per ogni sintomo le loro
conseguenze sulle altre aree sia sotto forma di carenza sia sotto forma di compensazione.
Le descrizioni neuropsicologiche forniscono delle nosografie precise delle agnosie, classifica-
te in funzione della gravità delle loro ripercussioni funzionali, in questo caso considerate come
direttamente legate alla localizzazione della lesione cerebrale :
- L’anosognosia è specifica delle lesioni cerebrali destre ed è caratterizzata dalla negazione
della disabilità;
- L’agnosia digitale è conseguente ai danni del cercello sinistro;
- L’emisomatoagnosia, tra cui la sindrome di Antonio Babinski, il fenomeno della terza mano
e l’autotopoagnosia o carenza del riconoscimento della metà o di una parte del corpo corri-
spondono a dei disfunzionamenti più diffusi;
- L’emianopsia laterale omonima è conseguente ad un danno visivo;
- Le alloestesie sont caratterizzate da errori nella localizzazione degli stimoli applicati sulla
pelle;
- L’autotopoagnosia è la mancanza del senso di localizzazione delle diverse parti del corpo;
- La prosopoagnosia è l’incapacità a riconoscere dei visi familiari;
- La stereoagnosia è un deficit della discriminazione tattile;
- L’anosodiaforia apre verso una comprensione più soggettiva in quanto qui viene preso in
considerazione il punto di vista del paziente che rifiuta il suo disturbo;

L’arto fantasma è una descrizione che apre alla comprensione psicologica e psicomotoria
dei disturbi della coscienza del corpo. In questo fenomeno il soggetto sa di essere amputato
di una parte del suo corpo, ma questo sapere teorico non è sufficente per permettergli di
cancellare le tracce mnesiche delle sue sensazioni kinestesiche antecedenti il trauma. Al di
là del funzionamento organico, l’arto fantasma non può essere compreso se non consideran-
do il proprio corpo sia come uno strumento di azione sia come un supporto della relazione
a sè stesso sia come un mediatore per incontrare l’altro dentro le dimensioni dello spazio
e del tempo. Esso evidenzia la memoria del corpo e la sua importanza nella salvaguardia
dell’identità quando viene attaccata dal trauma. L’arto fantasma è una ricostruzione che

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mira a permettere alla persona di continuare ad esistere malgrado lo scorrere del tempo e la
realtà anatomica.
Le reazioni delle persone amputate o paralizzate nel momento in cui devono integrare le prote-
si forniscono, pure, informazioni sui processi di incorporazione, in quel momento indispensa-
bili, per permettere una riorganizzazione del controllo volontario dell’azione. In questo caso,
si assiste ad un percorso in cui il soggetto cerca di andare oltre il semplice controllo funzionale
dell’oggetto compensatorio che tende a ridurre la situazione di disabilità attribuendole un va-
lore comunicativo.

La clinica psichiatrica è ricca di descrizioni sui vissuti di disintegrazione corporea. In parti-


colare, le carenze o le perdite del sentimento dei limiti corporei sono alquanto ansiogene e le
ritroviamo in tutte le patologie psichiatriche del bambino, dell’adolescente e dell’adulto e in
grado minore nelle sindromi nevrotiche e da stress. Nei casi più gravi di psicosi, i tentativi di
recupero di fronte alle angosce di spezzettamento, di caduta o di liquefazione invadono tutta
la sfera comportamentale. In effetti, se il soggetto non sente con costanza il proprio corpo in
modo completo, limitato e differente da quello altrui o dagli oggetti, la sofferenza è intensa
con la sensazione di una privazione del sentimento di esistere.
Il comportamento si trova, allora, invaso dai tentativi di compensazione o di protezione di
fronte al vissuto di vuoto o di frantumazione. Il corpo è tanto rifiutato quanto posto nel mezzo
della scena esistenziale, come nei disturbi delle condotte alimentari.
Troppo spesso, pertanto, in psichiatria i segni dei disturbi della rappresentazione del corpo
sono considerati soltanto come dei sintomi deliranti. Ora, la Psicomotricità dimostra che essi
rivestono un particolare valore patognomico che può fornire informazioni sull’organizzazione
psicocorporea ed apre a dei percorsi terapeutici:
- I disturbi del vissuto: i disturbi del riconoscimento delle sensazioni con deficit di discrimi-
nazione, di confusione sulla loro natura, di localizzazione, origine, percezioni auto-create
(allucinazioni uditive, visive o cutanee), attribuzioni dolorose o, al contrario, di non ricono-
scimento del dolore, eccessive reattività o passività. Vissuti, tutti, in cui una banale sensa-
zione della vita quotidiana diventa portatrice di una carica inquietante o dolorosa. Sono la
testimonianza di una carenza nel punto di riferimento corporeo, percettivo e affettivo.
- I disturbi dell’attività sono il risultato di tentativi di compensazione o di protezione di
fronte alle angosce corporee. Dondolamenti, stereotipie, rituali, reazioni aggressive verso
di sè o l’ambiente, le prostrazioni, tutti i tentativi di eccessivo controllo diretti verso il
proprio o altrui corpo, i disturbi delle condotte alimentari, le ricerche eccessive di perfor-
mance, le deviazioni estetiche o l’indigenza evocano i cedimenti dei limiti corporei. Per
alcuni schizofrenici la carenza corporea può arrivare sino alla privazione del sentimento
di controllo delle loro azioni come, ad esempio, nella sindrome della mano anarchica dove
la persona non ha l’impressione di guidare i suoi gesti.
- I disturbi dell’identità corporea sono connessi a delle confusioni riguardanti i limiti. Le
frontiere con il corpo altrui sono incerte, la continuità temporale a volte interrotta. Nei casi
più estremi, il soggetto non si riconosce come l’autore delle sue azioni o nega all’altro di
aver agito, non ha accesso alla nozione di presenza naturale evidente. Possono, pure, essere
associate ai disordini dell’identificazione sessuale e di genere. Le preoccupazioni possono,
allora, cristallizzarsi sulla protezione nei confronti delle angosce di dissoluzione, di liquefa-
zione, di scorrimento. La confusione è intensa.

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Nei periodi di crisi di maturazione, come l’adolescenza o nei casi di sindrome da stress, queste
preoccupazioni si troveranno spesso nella nevrosi con un’espressione meno intensa e, quindi,
meno invalidante.

Nelle malattie degenerative, come le demenze di tipo Alzheimer, i processi improvvisi di in-
voluzione o quelli progressivi di decostruzione dei punti di riferimento corporei determinano
delle sintomatologie simili sino alla perdita dell’identità.

Nel bilancio psicomotorio le tre componenti – somatica, cognitiva, psicoaffettiva - vengono


studiate, analizzate, valutate in rapporto alle scale di sviluppo (quantitativo), delle tappe di
maturazione specifica come l’adolescenza ed delle espressioni tonico-emozionali e compor-
tamentali (qualitativo). Questo specifico studio permette un’analisi dettagliata che fornisce
informazioni su:
- La conoscenza topografica e verbale delle diverse parti del corpo;
- L’integrazione dei suoi limiti;
- La rappresentazione dell’interno;
- La discriminazione sensoriale e la ricerca di sensazioni e di percezioni;
- Il posizionamento nello spazio;
- La regolazione tonica, le reazioni di contenimento e di prestance;
- Le attitudini compensatorie;
- L’identità sessuale e di genere;
- La gestualità e l’utilizzo degli oggetti;
- Le comunicazioni non verbali.

Questo studio si realizza attraverso:


- L’osservazione delle attività spontanee e, in particolare, dell’aggiustamento e della distanza
relazionale;
- La ricerca delle reazioni tonico-emozionali e di contenimento;
- Lo studio del vocabolario corporeo e della conoscenza topografica del corpo;
- Il disegno;
- Le imitazioni di gesti che danno informazioni sugli aspetti gnosico-prassici.

Tale studio multimodale del proprio corpo è centrale nella comprensione di tutte le patologie
psicomotorie.

Ogni intervento psicomotorio ruota attorno all’immagine del corpo coinvolgendo quello dello
psicomotricista così come quello del soggetto.
L’insieme degli strumenti terapeutici (setting, attività, modalità relazionali) è orientato verso
l’arricchimento del vissuto corporeo.
L’associazione tra la Psicomotricità ed il Rilassamento permette di affinare, precisare ed arric-
chire questa rappresentazione multimodale facilitando le associazioni tra sensazioni, rappre-
sentazioni ed emozioni. Spesso vengo qui associate le mediazioni plastiche.
L’integrazione dello schema corporeo, l’investimento dell’immagine del corpo e l’elaborazio-

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ne dei limiti del corpo sono delle tappe essenziali nella costruzione autonoma del soggetto e
nello sviluppo delle sue possibilità di adattamento.
..............................

F IO CORPOREO – IDENTITÀ PSICOMOTORIA F


Aggiugere al sostantivo « Io » l’aggettivo « corporeo » sottolinea l’importanza dell’esperien-
za del corpo nella costruzione della personalità, nell’emergenza della coscienza di sè.

Si fa riferimento a delle sintesi teoriche proprio per il fatto che la Psicomotricità affronta il
soggetto nella sua globalità. La neuropsicologia, poggiata sulle conoscenze mediche, studia
le basi somatiche ed i meccanismi neurobiologici sottostanti alla coscienza e alla conoscen-
za di sè. La psicologia dello sviluppo, nel descrivere le diverse tappe di costruzione della
personalità, fornisce una comprensione dinamica, cronologica sino alla realizzazione della
complessità dell’identità. La filosofia fenomenologica colloca questo processo nel rapporto
col mondo dove il corpo è un’interfaccia attiva che permette al soggetto di costituirsi gra-
zie alle percezioni delle sue sensazioni. La psicoanalisi chiarisce l’importanza degli inve-
stimenti della libido, delle relazioni d’oggetto, della regolazione dinamica delle pulsioni,
dell’influenza dell’inconscio nell’equilibrio della psiche che si realizzano nel linguaggio,
con la denominazione di sè tramite l’Io.

L’Io corporeo è il risultato dell’esperienza globale del corpo che coniuga sensazioni,
emozioni e cognizioni, grazie alle azioni sul mondo materiale e agli scambi con gli altri.
Tale processo dinamico e aperto, omeostatico combina l’esperienza e l’azione, il vissuto
emozionale e la conoscenza intellettuale, l’adattamento e la differenziazione dell’altro
riconosciuto in quanto soggetto. L’Io corporeo è soggettivo in quanto è il prodotto delle
esperienze interiorizzate; è oggettivo in quanto queste stesse esperienze sono condivise.
Tale duplice aspetto oggettivo-soggettivo è costantemente rimaneggiato per via degli
scambi tra sè e l’altro, che nel quotidiano sono fluttuanti. L’identità psicomotoria, così,
è pure il prodotto della maturazione funzionale: coscienza del corpo, situazione nello
spazio e nel tempo. Essa condensa la storia di ciascuno, delle sue esperienze, dei suoi
vissuti, dei suoi desideri.
La nozione d’identità psicomotoria, così, si costruisce sulla base del temperamento nel cor-
so delle molteplici esperienze relazionali intersoggettive in un processo di riconoscimento
di sè e dell’altro. L’identità psicomotoria è questo sentimento di accordo intimo, psicocor-
poreo, di costanza, di unità, di riconoscimento di sè stesso. Questa percezione di sè permette
di posizionarsi nella continuità temporale come di agire dentro dei riferimenti spaziali. Essa
è allo stesso tempo individuale e condivisibile in quanto le sue basi, grazie alle esperienze
interindividuali, sono comuni con quelle altrui.

L’identità psicocorporea è il prodotto dell’associazione attiva dell’insieme dei tratti caratte-


ristici psicocorporei personali. Nonostante i cambiamenti interni ed esterni, essa fornisce un
sentimento di costanza e di intimo accordo con sè stesso. Si costruisce sulla base della co-
scienza della persistenza dell’Io corporeo. Prodotto delle esperienze, e dunque del passato,
essa fornisce il quadro che permette la proiezione nel futuro, quindi nei progetti e poi nella
loro realizzazione pratica nell’azione. È così che essa pone le basi delle condotte adattive.

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L’obiettivo del bilancio psicomotorio è quello di verificare l’Io corporeo nelle sue diverse
espressioni, strutturazioni, carenze o disarmonie. Così, il profilo, o diagnosi, psicomotorio
stabilito alla conclusione delle valutazioni è una chiarificazione sulla qualità e la struttura
dell’identità psicomotoria. Se qualsiasi capacità funzionale è indicativa della buona salute
psicocorporea o dei suoi disordini, è altrettanto essenziale l’equilibrio tra le varie funzioni.
La valutazione quantitativa effettuata attraverso i test standardizzati informa sul livello fun-
zionale di sviluppo o sul grado della perdita. La valutazione qualitativa, arricchendo lo studio
dell’osservazione delle espressioni tonico-emozionali, permette di stimare l’equilibrio tra le
varie sfaccettature dell’Io corporeo e le incidenze delle eventuali disarmonie sul sentimento di
identità. Il sintomo psicomotorio che è stato motivo della consultazione va compreso in questi
processi dinamici che organizzano l’identità psicomotoria. Pur in assenza di patologia neuro-
logica o psichiatrica, i disturbi psicomotori sono indicativi di una fragilità nell’organizzazione
dell’Io corporeo e, quindi, nell’espressione dell’identità psicomotoria.

Le particolari modalità relazionali tra lo psicomotricista e il suo paziente permettono a quest’ul-


timo di mettere in risalto le sue potenzialità, cioè di equilibrare le sue possibilità funzionali ed
il suo desiderio di azione.
La terapia psicomotoria associa:
a) le attività senso-motorie e percettivo-motorie, visive dirette ed indirette e quelle kinestesi-
che, che favoriscono l’autocontrollo volontario;
b) l’esperienza del rilassamento, che permette una regolazione del fondo di reattività ed una
percezione globale del corpo disteso;
c) l’espressione diretta o mediata dei vissuti e delle emozioni. Essa permette al soggetto di
rinforzare il sentimento di sè per una maggiore flessibilità di adattamento e di autonomia di
azione.
Le caratteristiche della relazione messa in gioco dallo psicomotricista, grazie al suo specifico
coinvolgimento psicocorporeo e alla qualità del suo sguardo verso il paziente, modifica pro-
fondamente l’esperienza relazionale, il che favorisce la riorganizzazione strutturale e funzio-
nale dell’Io.
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F SPAZIO F
La rappresentazione dello spazio è una funzione psicomotoria di base in quanto lo spazio
costituisce il quadro di riferimento di qualsiasi azione, pensiero, incontro, apprendimento. Le
competenze da realizzarsi nello spazio sono indispensabili per adattarsi ad esso.

Saper collocarsi, organizzarsi, ritrovarsi, rappresentarsi lo spazio non è un dato innato. Queste
capacità sono il risultato di una lunga maturazione dove le esperienze corporee e relazionali
hanno un ruolo determinante. La conoscenza dello spazio è dipendente dall’esperienza, dai
successivi vissuti e dall’apprendimento. Essa assume diverse forme: spazio relazionale, vissu-
to senso-motorio, percettivo-motorio, rappresentato, cognitivo.
Le neuroscienze mostrano molto interesse alle competenze spaziali, denominate spesso visuo-
prassiche. Senza minimizzare l’importanza di queste scoperte, pure lo psicomotricista resta
legato al primato dell’attività corporea nella costruzione dello spazio prendendo in conside-
razione la sua dimensione psico-affettiva.

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È l’esplorazione che permette la scoperta e, quindi, la rappresentazione dello spazio. Questa
esperienza è connessa alle competenze motorie e visive del bambino così come alla sua autono-
mia psichica. E ciò perchè la maniera di percepire e di rappresentarsi lo spazio evolve durante
l’infanzia a partire dalle prime esperienze, realizzate all’interno degli scambi psico-affettivi. Le
diverse dimensioni vengono scoperte grazie alle condotte motorie (spostamenti, manipolazioni,
osservazione, ascolto). La rappresentazione dello spazio è contemporaneamente soggettiva, in
riferimento al vissuto, e oggettiva, cognitiva. Adattarsi allo spazio significa articolare il proprio
spazio interno, corporeo, e il proprio spazio esterno, l’ambiente. Quest’insieme dinamico si
realizza in uno spazio transizionale in cui s’incontrano il corpo e gli oggetti.

I disturbi dell’organizazione spaziale possono avere una doppia origine: concettuale ed emo-
zionale. A volte mascherati o misconosciuti, sono piuttosto invalidanti.

Il bilancio psicomotorio ne permette uno studio dettagliato e completo in quanto prende in


considerazione tutte le dimensioni della costruzione dello spazio per individuare il livello e la
natura dei processi attivati dal soggetto nella sua relazione psicocorporea e nei suoi scambi
con l’ambiente. Gli strumenti di valutazione sono l’osservazione delle condotte spontanee ed
i test neuropsicologici. Si valuta:
- L’aggiustamento alle distanze relazionali;
- La percezione dello spazio e la maniera con cui vengono trattate le informazioni visive ed
uditive durante le condotte di orientamento, di valutazione delle distanze in connessione con
l’integrazione kinestesica;
- La capacità a collocarsi in rapporto ai riferimenti e al vocabolario spaziale;
- La reversibilità o il rovesciamento destra/sinistra sull’altro;
- L’indipendenza in rapporto ai contesti e la capacità di transfert orizzontalità/verticalità/pro-
fondità;
- Le capacità di incastro, di riconoscimento e di copia delle forme nello spazio;
- Le competenze visuo-prassiche nel porre in relazione i riferimenti ed i piani nello spazio, con
o senza manipolazione, e nel tracciare delle linee.
Lo spazio è uno degli elementi fondamentali del setting terapeutico della seduta di Psicomo-
tricità in quanto esso delimita il campo di esperienza e di incontro. Si tratta dello spazio degli
oggetti e dello spazio relazionale e, quindi, anche del corpo del terapeuta, implicato nella
relazione con il suo paziente.
L’attività psicomotoria, modulata e adattata, permette al paziente di arricchire e di armonizza-
re le sue competenze spaziali in tutte le dimensioni per trasferirle, in seguito, alla vita quoti-
diana. La Psicomotricità permette una conoscenza in atti, pratica ed incorporata, dello spazio
nelle sue diverse dimensioni.
..............................
F RITMO F
Qualsiasi attività è ritmica in quanto si svolge seguendo una successione più o meno
regolare e ripetitiva. Il ritmo è un organizzatore psicocorporeo. L’alternanza tra silenzi
e informazioni, tra riposi e azioni è alla base della percezione di sè, delle sensazioni di
benessere o di disagio, dell’espressione psicomotoria.

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Sin dal dialogo tonico-emozionale, gli scambi si organizzano in successioni ritmiche comples-
se sulla base delle alternanze di contrazione/distensione. Il bambino è avvolto da un involucro
sonoro che certamente gioca un ruolo nel contenimento psichico. Se gli interventi dell’adulto
sono abbastanza regolari e in sintonia con i suoi bisogni fisiologici, egli potrà memorizzarli,
anticiparli e predisporvisi. Così, egli impara sia ad aggiustare la sua postura in relazione sia
a rappresentare mentalmente. Se questi scambi sono disorganizzati, non integrerà questo am-
biente. Allora, le sue competenze adattive resteranno insufficenti.
Le componenti di questi processi sono:
- Il funzionamento fisiologico con le fluttuazioni della vigilanza, della sazietà e delle funzioni
organiche che ritmano la vita biologica;
- Gli scambi verbali e corporei multi-sensoriali che costituiscono le esperienze cognitive e
affettive.
Essi portano ad una proto-esperienza di sè.

Divenendo grande il bambino sviluppa una sensibilità con effetto dinamogeno del ritmo che
sostiene l’organizzazione degli schemi motori e favorisce l’adattamento sociale. Ad esempio,
per un bambino è essenziale seguire il ritmo della classe. Nell’apprendimento della lettura e
della scrittura è fondamentale questa organizzazione perché, per esempio: parlare richiede di
ritmare il proprio soffio e la propria voce, leggere vuol dire seguire le successioni e le rotture
dei segni, per scrivere bisogna rispettare le cesure e le continuità nei tracciati.

Le realizzazioni ritmiche si organizzano in funzione delle dimensioni di ordine, durata, tempo


e sequenze :
- Organizzazione delle sequenze a componente autocentrata nei concatenamenti di azioni, il
che richiede di prevedere e di anticipare le successioni per strutturarle e sottolinea l’impor-
tanza del ritmo nelle prassie.
- Organizzazione etero-diretta delle condotte grazie alla sincronizzazione, che richiede ascolto
e concentrazione sulle informazioni uditive, memorizzazione, inibizione e impulso dello
slancio di azione e anticipazione.
- La percezione della durata è particolarmente influenzata dalle prime esperienze di presenza/
assenza degli adulti; la capacità di sostenerla e di rappresentarla è, quindi, soggettiva, con-
nessa al sentimento di sicurezza.
Le funzioni ritmiche e temporali permettono l’organizzazione delle azioni e si esprimono
sotto la forma del tempo motorio spontaneo, delle modulazioni della velocità di azione, delle
sincronizzazioni alle cadenze esogene, della sequenzialità, della memorizzazione e dell’orga-
nizzazione delle informazioni uditive nel contesto sociale temporale.

I disturbi del ritmo si manifestano con :


- difficoltà ad identificare velocità, cadenze, strutture degli elementi sonori e visivi;
- perdite di informazione per carenza di memorizzazione;
- interferenza nel trattamento e la sequenzialità delle informazioni;
- irregolarità nell’organizzazione delle risposte con variazioni della vigilanza, impulsività,
inibizioni.
Ciò determinerà delle difficoltà nel tradurre in movimenti le percezioni uditive: disturbi della
sincronizzazione.

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Nel bambino tali difficoltà determinano dei disadattamenti sociali e rendono difficoltoso l’ap-
prendimento. Nell’adolescenza, si verificherà l’esplosione dei ritmi di vita in rapporto all’ec-
cessiva ricerca di sensazioni. L’adulto disritmico si troverà a confrontarsi con lo stress e lo
squilibrio nei suoi periodi di vita. L’invecchiamento, in modo generale caratterizzato da un
rallentamento, richiede pure alla persona un’accettazione dei propri limiti.
L’esame psicomotorio è il solo bilancio di personalità che studia le competenze ritmiche e
temporali nelle loro dimensioni funzionali, motorie e cognitive, messe in rapporto con le altre
componenti del profilo psicomotorio:
- organizzazione ritmica dell’attività spontanea,
- slanci relazionali,
- capacità ad aspettare,
- alternanza impulsività/inibizione,
- adeguamento delle posture di ascolto e di ricezione delle informazioni.

Alcune prove standardizzate valutano le capacità di:


- ascolto,
- memorizzazione,
- sincronizzazione, anticipazione,
- sequenzialità, restituzione, comprensione della simbologia ritmica,
- realizzazione gestuale tramite la battuta e nello spostamento.
Si pone attenzione alla coerenza della dimensione ritmica nelle manifestazioni corporee per
individuare il tempo motorio spontaneo, la sua costanza, la sua velocità. Si studia la libertà
nei confronti di questo aspetto del carattere, indipendenza che permette l’adattamento e che è
fortemente ridotta, ad esempio, nelle stereotipie.

L’intervento terapeutico riguarda tre livelli dell’esperienza ritmica:


- la dimensione emozionale e relazionale,
- il supporto di azione
- e l’organizzazione cognitiva.
Le componenti temporali e ritmiche del setting, come del contenuto delle sedute, sono aggiu-
state e le esperienze mirano allo sviluppo, al recupero e alla diversificazione delle condotte
ritmiche.

Il dinamismo del ritmo lo rende un’eccellente mediazione, supporto per l’espressione corpo-
rea e l’attività motoria.

Il ritmo è linguagggio del corpo e struttura musicale. In funzione delle culture, esso occupa
spazi e colori differenti nell’educazione come in terapia. È sempre attivatore di emozioni,
favorisce il rapporto con sè stesso ed i ricordi. Molto spesso, anche le persone in situazione
di enorme precarietà sono sensibili a questo linguaggio, di cui si può dire essere universale
perché tonico-emozionale.
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F DISTURBO PSICOMOTORIO – DISARMONIA PSICOMOTORIA
SINDROME PSICOMOTORIA F
Il disturbo psicomotorio è un disordine dell’equilibrio psicocorporeo. Per definizione ed in
modo specifico, esso non corrisponde ad un danno neurologico unico ed esprime una soffe-
renza psichica espressa tramite la via corporea. Esso non è causato unicamente da un disordi-
ne neurobiologico. È sempre connesso ad un disordine funzionale ed espressivo. Può essere
compreso soltanto all’interno del contesto psicosociale.
Questo tipo di espressione della sofferenza o del disaccordo percepito tra la persona e il suo
ambiente, tramite la via del corpo, è sempre conseguente a più livelli di causalità. I disordini
delle funzioni psicomotorie costituiscono una maniera di essere in relazione con l’ambiente,
di agire sugli oggetti e di interagire con gli altri. Devono essere colti e compresi in quanto po-
sti nel crocevia corporeo tra la costituzione neurobiologica ed il vissuto nelle sue dimensioni
affettive, emozionali, storiche, familiari, coscienti ed inconsce.

I disturbi dell’espressione psicomotoria sono dei segni oggettivabili da parte dell’esaminato-


re e dei sintomi vissuti dalla persona. Tutte le funzioni psicomotorie possono esserne interes-
sate, più spesso in forma sindromica associando diversi tipi e livelli di disordini e la cui forma
può variare. I disturbi psicomotori non sono delle entità nosografiche stabili e chiuse. La loro
espressione, forma ed intensità possono evolvere in funzione :
- della sua età, in uno stesso soggetto, in quanto le funzioni psicomotorie si rendono complesse
durante la maturazione e si riorganizzano sotto l’effetto dei processi di involuzione;
- delle circostanze, alla stessa età, perché l’espressione volontaria o involontaria delle emozio-
ni, attraverso il canale tonico-emozionale e della comunicazione non verbale, partecipa alla
genesi e/o si aggiunge all’anomalia;
- degli ambiti dell’azione, perché delle compensazioni transitorie e dipendenti dalle circostan-
ze immediate possono mascherare disturbi non risolti.
I principali disturbi psicomotori sono:
- I ritardi e le dissincronie dello sviluppo psicomotorio conseguenti ai fattori neurobiologici,
psichiatrici, psicopatologici e/o relazionali;
- Le disarmonie psicomotorie, che sono caratterizzate da una discordanza nell’evoluzione del-
le varie funzioni psicomotorie, in connessione con delle dissincronie di sviluppo;
- I disturbi della maturazione e della regolazione tonica;
- I disturbi della coordinazione, della regolazione, dell’aggiustamento motorio e gestuale, del-
la rappresentazione del movimento e del rapporto con l’oggetto (percezione, investimento e
utilizzo), le disprassie;
- Le immaturità e le disorganizzazioni della dominanza laterale;
- Le carenze dello schema corporeo, della coscienza del corpo e della sua rappresentazione;
- I disturbi della rappresentazione, organizzazione e adattamento spaziale e temporale;
- L’inibizione psicomotoria e relazionale;
- L’instabilità psicomotoria, l’iperattività, le ipercinesie, i disturbi deficitari dell’attenzione;
- I disordini della vigilanza e della memoria corporea e cognitiva;
- I disturbi della scrittura manoscritta, dattiloscritta meccanica e computerizzata;
- I disturbi logico-matematici;
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- I disordini tonico-emozionali, i tic, le balbuzie e i disordini dell’espressione, i disturbi neuro-
vegetativi, il panico, le reazioni e le sindromi da stress, alcune insonnie e affezioni psicoso-
matiche.

Nelle disarmonie psicomotorie le condotte della persona non sono coerenti, omogenee tra
loro oppure non corrispondono al suo livello globale di sviluppo previsto. Il ritardo in un cam-
po circoscritto determina dei disadattamenti, dei disturbi imprevedibili degli apprendimenti,
dei disadattamenti sociali. Spesso l’espressione del disagio è associata a delle compensazioni
reattive e a degli iperinvestimenti a volte validi delle altre aree .

La sindrome psicomotoria è un’associazione di disturbi che formano un’entità riconoscibile


e reperibile la quale, senza presagire obbligatoriamente delle cause, permette di orientare la
diagnosi. La ripetizione della loro associazione evoca l’idea di un nesso tra i vari disordini
funzionali: ad esempio, iperattività e deficit dell’attenzione, ipertonia e inibizione relaziona-
le. Anche se i diversi sintomi in tal caso descritti possono esprimersi indipendentemente, la
frequenza della loro associazione evoca un nesso evolutivo. La sindrome psicomotoria, di
conseguenza, va differenziata dall’associazione (disgrafia secondaria a disturbi visuo-prassici,
ad esempio).

Il bilancio psicomotorio è il solo strumento per individuare e studiare questi tipi di disagio
psichico, incistato nel corpo, in quanto la sua metodologia quantitativa e qualitativa è basata
su una concezione del corpo:
- Come espressione sia del corredo neuromotorio sia del funzionamento psicoaffettivo;
- Come mediatore di tutte le relazioni e scambi del soggetto con il suo ambiente materiale ed
umano;
- Come strumento di tutti gli apprendimenti e situazioni di adattamento.
L’intervento dello psicomotricista, educativo o terapeutico, individuale o di gruppo, prag-
matico e relazionale, mira a ridurre i disturbi psicomotori così come a sostenere lo sviluppo
e il miglioramento delle competenze psicocorporee. Non agisce tramite un condiziona-
mento o delle stimolazioni circoscritte, ma permettendo al soggetto di trovare un nuovo
equilibrio psicocorporeo con nuove modalità di esprimersi e di agire. Se le funzioni psi-
comotorie sono equilibrate, la loro espressione sarà fluida e la persona potrà sviluppare
l’insieme dei suoi potenziali e realizzarsi pienamente, qualunque siano comunque le sue
disabilità o impedimenti ad agire. Gli esercizi e i giochi sono organizzati e accompagnati
dal dialogo tonico-emozionale allo scopo di favorire la diversificazione delle esperienze
onde rinforzare le competenze, permettere la scoperta di nuove relazioni con gli altri e fa-
vorire la presa di coscienza dei processi che possano permettere l’espressione sintomatica,
quando il soggetto ne è capace.

La terapia, basata sui risultati del bilancio, coniuga una molteplicità di modalità, tecniche,
metodi, mezzi, mediatori per adattare il progetto ed il programma terapeutico alle particolarità
di ciascuno, in funzione dei suoi limiti e dei suoi potenziali, dell’età, contesto di vita, diagnosi
e prognosi.
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F INSTABILITÀ PSICOMOTORIA F
F IPERATTIVITÀ F
F DEFICIT DELL’ATTENZIONE F
Davanti alla complessità di questi disturbi, ai limiti e alle espressioni mutevoli, e a comple-
mento degli altri professionisti e delle altre comprensioni, la Psicomotricità propone a queste
persone, che non riescono a regolarsi, di modificare la loro esperienza corporea.

Storicamente, questi disturbi sono stati innanzitutto descritti nei bambini, ma oggigiorno tale
sintomatologia viene altrettanto constatata negli adolescenti e negli adulti. Queste difficoltà a
concentrarsi, ad agire nella continuità, a ricercare la stabilità sembrano, così, essere attualmen-
te più intense e generali, il che porta a interrogarsi sul senso di questi rumorosi sintomi come
sulla loro dimensione sociale. A seconda della focalizzazione dell’interesse su un piano od un
altro, variano i modelli esplicativi.
Nella tradizione medica, si ricercheranno le tracce di una lesione, a volte qualificata come mi-
nima, oppure l’espressione biochimica di una carenza genetica. I cognitivo-comportamentisti,
che si interessano alle reazioni di adattamento, favoriscono la comprensione dei condiziona-
menti e delle programmazioni mentali. La teoria dell’attaccamento propone, in riferimento
alle tipologie, di comprendere gli stili di autoregolazione impregnati dei primi vissuti emotivi.
Ci sarebbe un’analogia tra i primi legami del bambino con il suo ambiente e, in seguito, i suoi
modi di essere in relazione considerato che queste prime emozioni si trasmettono tramite dei
patterns corporei. La psicoanalisi cerca di sganciarsi dal dato visibile del disturbo per spiegare
l’equilibrio o lo squilibrio pulsionale e degli affetti, le eventuali incrinature del funzionamento
psichico primario legato al corpo.
Qualunque sia il campo teorico o la scelta epistemologica, vengono descritti tre sintomi che
possono essere di intensità e combinazioni variabili:
- l’iperattività o eccesso di movimento,
- l’impulsività o carenza di inibizione e di autocontrollo,
- il deficit dell’attenzione o mancanza di regolazione della vigilanza.
Dare più importanza all’uno o all’altro di questi aspetti, come viene fatto nelle classificazioni
internazionali, è indicativo della difficoltà a comprendere la globalità di tale problematica.
L’interesse dell’approcio psicomotorio sta in questo tentativo di presa in considerazione della
globalità del soggetto grazie alla mediazione corporea. Così, a complemento delle altre terapie
medicamentose o meno, il bilancio e poi la terapia psicomotoria cercano di proporre al pa-
ziente di rinforzarsi di fronte a ciò che può deterninare la sua angoscia, di diversificare le sue
modalità di adattarsi, di regolare le sue agitazioni.

Il bilancio psicomotorio fornisce informazioni:


- sull’equilibrio tonico-emozionale e sull’integrazione delle percezioni corporee, considerate
come le basi dell’Io corporeo;
- sulle competenze nel porsi ed organizzarsi nel tempo e nello spazio, indispensabili queste
negli adattamenti.
Allora, la semplice constatazione del sintomo viene superata per evidenziare la dimensione
espressiva della gestualità coinvolta nella relazione con l’altro e, pertanto, sotto il suo sguardo.
Questo procedimento di valutazione viene realizzato in funzione delle conoscenze relative

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allo sviluppo del bambino in quanto i sintomi hanno delle manifestazioni che evolvono con
la maturazione. Non bisogna dimenticare che il bambino, per via della sua immaturità, può
presentare dei momenti di instabilità fisiologica: esplosione motoria connessa all’emergenza
di nuove competenze neuro-motorie che permettono la conquista dell’indipendenza, fasi di
eccitazioni associate alla scoperta e agli apprendimenti, reazioni di fronte a cambiamenti che
possono essere positivi. L’iperattività, in quanto modo di espressione, non è sempre connotata
negativamente in quanto una certa eccitazione è naturalmente associata al piacere di agire e di
scoprire, come lo si riscontra in quelle persone ad alto potenziale intellettivo che trattano le in-
formazioni e vi rispondono in modo così rapido che i loro comportamenti, a volte certamente
estremi, possono essere mal compresi.

Se è indispensabile lo screening per intervenire precocemente e contenere i processi morbosi


nonché evitare che il soggetto si fissi in un ruolo sociale, lo psicomotricista deve essere pru-
dente, progressivo e preparato per il lavoro in équipe. La diagnosi deve partecipare alla com-
prensione dinamica della persona aperta a delle proposte terapeutiche aggiustate ed evitare
di bloccarsi in una descrizione rigida favorente i comportamenti reattivi dell’ambiente col
rischio, quindi, di aggravare i disadattamenti.

L’obiettivo terapeutico, per mezzo di giochi, esercizi, mediazioni, di rilassamento e grazie


alle particolari modalità della relazion con lo psicomotricista, sarà quello di favorire il cam-
biamento di esperienza per poter abbandonare l’espressione tramite il sintomo a profitto di un
linguaggio udibile e comprensibile dagli altri. Sganciato, così, dalla sua carica sintomatica di
richiamo, l’espressione corporea si esprime permettendo la messa in atti di tutte le competenze
e funzioni psicocorporee. La stimolazione, quindi, viene in modo naturale dosata e adattata
poiché la persona sia capace di filtrare le informazioni che le sono conformi, di proteggersi
dai fattori di stress, di autoregolarsi in funzione dei suoi bisogni come delle richieste dell’am-
biente.
L’intervento terapeutico è sempre dosato per rispettare l’evoluzione del soggetto, e non per
forzare l’emergenza di condotte più desiderabili per gli altri che per la stessa persona. L’obiet-
tivo non è, quindi, la modellatura al sistema, ma quello di favorire nel soggetto la fluidità di
adattamento.

Questa modalità di espressione della sua soufferenza psichica è particolarmente invasiva,


fastidiosa, ansiogena per l’ambiente, specie per i bambini. Il supporto ai genitori e agli in-
segnanti è, quindi, molto importante. A partire dagli elementi raccolti nel corso del bilancio
psicomotorio ed in funzione dell’evoluzione durante le sedute, lo psicomotricista può aiutare
gli adulti a meglio comprendere il bambino iperattivo, perché costoro possano realizzare gli
aggiustamenti indispensabili che di certo limiteranno il bambino o gli permetteranno di inte-
grare le regole di vita nella società, ma anche lo rassicureranno e favoriranno la costruzione di
basi psicocorporee rassicuranti.

La psicoanalisi e la fenomenologia hanno ben descritto come l’eccesso di movimento può


anche essere una maniera di lottare contro l’invasione psichica da parte dell’angoscia. Così,
in associazione con eventuali carenze costituzionali, nei casi di disabilità o di malattie mentali
gravi le iperattività possono avere questa funzione di mantenere per il soggetto un minimo di
presenza a sè stessi. È favorendo la percezione del corpo che si potrà allora aiutare la persona

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ad integrare delle basi corporee egoiche sufficienti per contenersi. Altrettanto, la partecipazio-
ne alla presa in carico delle iperattività dell’adulto, specialmente quando esse sono associate
all’assunzione di droga od alcool, attraverso il rilassamento, agirà sia sulle funzioni fisiolo-
giche (sonno), sulla regolazione emozionale e la vigilanza, sia sulla percezione del corpo in
relazione, situato nello spazio e nel tempo.
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F INIBIZIONE PSICOMOTORIA F
L’inibizione psicomotoria è una competenza evolutiva indispensabile, neurofisiologica e psi-
cologica, che permette di frenare e, quindi, di aggiustare le condotte percettivo-motorie, co-
gnitive e relazionali.
Quando essa è eccessiva e pertanto patogena, l’inibizione è una forma di protezione di fronte
all’ansia. Se assume, così, un carattere omeostatico, essa allora invade l’espressione psicomo-
toria impedendo la messa in atto dei potenziali e determina blocchi cognitivi e di linguaggio.

Da un punto di vista psicomotorio, spesso nelle persone inbite si riscontra una mancanza
di sicurezza dell’Io corporeo. L’eccessivo autocontrollo può avere un ruolo di salvaguardia
di fronte all’aggressività, alle agitazioni depressive, alle sensazioni di evanescenza corporea
nello spazio e nel tempo. La mancanza di sicurezza nella percezione del corpo determina, in
particolare, le reazioni di prestanza che possono arrivare sino alle stereotipie. A volte è anche
in causa la paura di esprimersi e di agire nei disturbi di adattamento scolastico, dove il bam-
bino non lascia esprimere i propri potenziali per imparare. Tale ricerca di ipercontrollo può
pure orientarsi sull’ambiente con dei tentativi di eccessive stabilizzazioni negli ambiti spazio-
temporali tramite il controllo degli oggetti, ad esempio, nelle manie. A volte, essa si esprime
verso le persone, come nelle monomanie capricciose dell’anoressica.

Il bilancio psicomotorio permette di valutare, in funzione del livello di svilupppo, le capacità


di inibizione neurofisiologica e cognitiva, in particolare con il controllo volontario dell’atten-
zione, e affettiva nell’espressione dell’autonomia. Queste competenze sono osservate :
- nelle condotte percettivo-motorie spontanee e su ordine (comando/auto-comando, stop/azio-
ne, risposte ritardate, sincronizzazione ritmica, ecc.);
- nell’attenzione-concentrazione;
- nell’osservazione della dipendenza-indipendenza, relazionale e cognitiva.

La presa in carico non mira né ad una brusca eliminazione dell’inibizione, che potrebbe es-
sere dolorosa e scatenare delle reazioni emotive di difesa connesse alla destabilizzazione, né
mira ad un condizionamento il quale cercherebbe di lottare contro la spinta spontanea della
persona.
Che l’inibizione sia eccessiva o scarsa, come nel caso delle reazioni iperattive, l’intervento
psicomotorio globale si traduce nel rinforzo dell’insieme delle funzioni psicomotorie la cui
espressione liberata favorisce il rinforzo dell’Io. Queste tecniche psicocorporee, sempre af-
frontate nell’ambito specifico del dialogo tonico-emozionale tra il terapeuta e il suo paziente,
favoriscono l’abbandono dei comportamenti eccessivi.
Di fronte all’inibizione è frequente e fruttuoso il ricorso alle mediazioni sportive e artisti-

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che. Ad esempio, per le persone anziane che hanno paura di cadere, come prevenzione delle
sindromi di scivolamento le tecniche orientali, associate al rilassamento, risultano alquanto
dinamicizzanti. Altrettante possibilità terapeutiche sono l’equitazione terapeutica, la danza-
terapia, le attività psicomotorie nell’acqua, le quali favoriscono in ogni età sia l’attività corpo-
rea globale sia il sostegno delle competenze di azione e la loro libera espressione.
..............................

F BILANCIO PSICOMOTORIO F
F TEST PSICOMOTORIO F
Tenuto conto che il disturbo psicomotorio non è un’espressione univoca e stabile di una le-
sione o di un disfunzionamento circoscritto, il bilancio psicomotorio permette di stabilire il
profilo del paziente considerandone la diversità del funzionamento neurologico, emozionale,
relazionale e cognitivo. Oggi giorno, non è più un problema interrogarsi sulla necessità del
bilancio psicomotorio. È una tappa preliminare indispensabile per l’elaborazione del progetto
terapeutico e, quindi, della predisposizione delle sedute. È inevitabile questo atto di parteci-
pazione alla diagnosi medica nella considerazione poi che la terapia psicomotoria si svolge a
livello individuale o di gruppo.

Il bilancio psicomotorio è uno studio semiologico che permette di valutare il livello e l’esten-
sione delle competenze nelle diverse aree psicomotorie - motricità, tono, coscienza del corpo,
spazio, tempo - per stabilirne una sintesi, prendere una decisione di intervento e stabilirne il
progetto che mirerà all’emergere dell’insieme delle competenze espresse e potenziali. Per ef-
fettuare tale atto diagnostico indispensabile per il suo intervento, lo psicomotricista dispone di
numerosi metodi di valutazione: osservazione delle condotte spontanee, griglie di osservazio-
ne, protocolli di prove non standardizzate, test standardizzati, scale di sviluppo, questionari,
analisi delle produzioni del soggetto….

I test psicomotori sono delle prove direttive, standardizzate rispondenti ai criteri di validità
quantitativa. Essi permettono lo studio approfondito e preciso di una competenza momenta-
neamente isolata dal suo contesto di emergenza per i bisogni della diagnosi. Essi forniscono
un’indispensabile oggettivazione del livello di evoluzione o di involuzione in comparazione
alla norma.
A complemento, l’osservazione durante delle attività semidirettive e libere permette la raccol-
ta di informazioni qualitative che andranno rapportate con i dati cifrati.
Questo studio è incrociato con la valutazione della situazione, la presa in considerazione del-
la domanda e del contesto dove il segno acquisisce un eventuale significato patognomonico.
Esso è completato dalla presa in considerazione dello scarto tra ciò che è vissuto dal soggetto
(soggettività) e quello che viene constatato dall’ambiente (oggettività).
L’approccio globale della persona è, pertanto, operativo. Le conclusioni del bilancio sono il
risultato di una riflessione sintetica prodotta dal confronto equilibrato tra i dati quantificati e le
impressioni raccolte senza prevalenza di un registro sull’altro.
In funzione del motivo di consultazione e del contesto, lo psicomotricista potrà realizzare in
modo complementare delle prove di grafomotricità, logico-matematiche o neuropsicologi-
che. I risultati vengono comunicati al paziente, alle persone del suo ambiente così come ai
vari operatori dell’équipe medico-socio-educativa, sotto la responsabilità del segreto pro-

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fessionale. Questi forniscono delle raccommandazioni terapeutiche e il progetto d’interven-
to in psicomotricità.

Questa metodologia associa, quindi, delle procedure complementari, qualitative e quantita-


tive. Una buona valutazione deve essere allo stesso tempo precisa, rigorosa, minuziosa ma
anche globale. Essa deve deformare il meno possibile l’oggetto studiato. Non deve chiudere
il soggetto dentro un’immagine fissa o rigida. Deve sfociare in una descrizione facile da
comprendere, specialmente da parte del paziente e del suo ambiente. Deve permettere al
terapeuta di pensare un’evoluzione per il paziente. Deve essere dinamica e andare oltre la
semplice constatazione delle incapacità per coglierne, invece, le possibilità.

La valutazione, quindi, deve permettere di :


- Precisare il livello di maturazione dei comportamenti, delle maniere di agire e delle condotte
in riferimento a delle scale cronologiche di sviluppo delle funzioni psicomotorie;
- Comparare e porre in relazione i diversi risultati per stabilire eventuali nessi di associazioni
e/o di causalità e per identificare se ci sia un raggruppamento o un’organizzazione in sin-
drome;
- Stimare la parte ed il ruolo delle emozioni provate ed espresse volontariamente ed involon-
tariamente nei processi che hanno portato al disturbo, sia dovuto alla sua genesi sia reattivo
al vissuto connesso alla conseguente difficoltà;
- Considerare la parte ed il ruolo delle compensazioni più o meno costose durante gli adatta-
menti di fronte a richieste che possono essere eccessive. Il bilancio fornirà informazioni qui
sullo scarto tra il « voler fare » ed il « poter fare ».
- E, infine, sostenere sempre il paziente portando l’attenzione sia alle competenze sia alle
difficoltà.

Si tratta, allora, allo stesso tempo per lo psicomotricista :


- Di testare con rigore e precisione onde ben comparare le osservazioni con le norme che han-
no anche un valore sociale;
- Di osservare e di ascoltare le espressioni emozionali per riconoscerle, valutarle e cercare di
comprenderle;
- Di prendere in considerazione i propri vissuti nell’incontro con il paziente.

Questa complessa e dinamica postura permette anche di evitare che la relazione terapeuta-
paziente non diventi asimmetrica, il che è da temere nelle situazioni in cui la valutazione di-
venta un giudizio. Il bilancio psicomotorio è un’esperienza relazionale dove i corpi entrano in
gioco in più dimensioni. Ciò che è proprio del lavoro dello psicomotricista, la sua competenza
professionale specifica è, quindi, quella di saper osservare ed ascoltare questo dialogo.

Il progetto di intervento viene elaborato a partire dalla sintesi dei dati così raccolti. Esso si
basa sulle competenze del soggetto in funzione del suo livello per ciascuna area di espressione
psicomotoria e tende ad armonizzarli.

Infine, la metodologia del bilancio psicomotorio è utilizzata per valutare l’evoluzione in corso
o alla conclusione dell’intervento e per riaggiustare il progetto personalizzato.

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F ASPETTATIVA DEL PAZIENTE F
Pur in una visione educativa, il ricorso alla Psicomotricità è previsto per impedire o risolvere
delle difficoltà di adattamento, una sofferenza psicocorporea. L’aspettativa delle persone che
richiedono uno psicomotricista è sempre colorata da inquietudine.

L’intervento psicomotorio si propone di permettere alla persona di sviluppare l’equilibrio psi-


cocorporeo più favorevole tenuto conto dei vari ostacoli della vita. Appare essenziale, dunque,
la presa in considerazione della domanda proveniente dal soggetto. Al di là dell’indispensabile
alleanza per l’intervento, essa è uno degli elementi che permette l’elaborazione del progetto.
Quando la persona sa esprimerli volontariamente e direttamente, essa sarà l’oggetto di una
riflessione e di un aggiustamento comuni, oggettivo e soggettivo. Lo psicomotricista, allo-
ra, sarà sempre attento alle espressioni corporee più o meno volontarie che accompagnano
l’espressione verbale. Quando la persona non parla, per niente o troppo, questa decodifica
delle comunicazioni non verbali assume tuttta la sua importanza per aggiustare l’intervento.

Una particolare attenzione deve essere data al sintomo e al suo spazio nella domanda espressa
dalla persona. In effetti, il sintomo vissuto come doloroso da parte della persona a volte può
non essere considerato dal terapeuta come il segno patologico più marcato; il disfunzionamen-
to può avere essenzialmente una funzione di richiamo rapidamente eliminato una volta inizia-
ta la presa in carico (come a volte l’enuresi nel bambino); al contrario, la carica di sofferenza
legata ad un disturbo psicomotorio, pure invalidante, può a volte essere poco percepita. Così,
il sintomo, il segno e l’aspettativa del paziente non sono delle entità chiuse e fisse, ma sempre
da affrontare nella dinamica dell’equilibrio personale.

Intervenendo all’interno di un’équipe pluridisciplinare, dietro prescrizione medica quando si


tratta di terapia, lo psicomotricista aggiusta il suo progetto con quello degli altri professionisti
in funzione dei loro punti di vista complementari: educativi, medici e psicologici. D’altra par-
te, egli dispone delle proprie conclusioni raccolte con l’osservazione ed il bilancio psicomo-
torio e l’attenzione posta sull’evoluzione nel corso delle sedute. La domanda del soggetto è il
terzo riferimento che gli permette di scegliere i suoi obiettivi e mezzi di intervento confrontati
con la realtà dei limiti e delle posssibilità in funzione della progressione. Per i bambini e le
persone dipendenti, si tiene conto anche della domanda dell’ambiente, una dimensione sup-
plementare comunque da considerare.
Il progetto di intervento, allora, appare come una negoziazione che deve sfociare verso una
coerente considerazione di queste diverse dimensioni. Se non è chiaramente stabilita questa
base, vi possono interferire delle difficoltà relazionali, larvate o dirette.

I bilanci di controllo dell’evoluzione permettono i riaggiustamenti facilitando la presa di co-


scienza da parte della persona del suo progresso e dei suoi limiti. La fine dell’intervento o
della terapia è previsto quando il sintomo, ciò di cui soffre e si lamenta il soggetto, scompare
e quando si smorzano i segni descritti dai curanti o dagli educatori.
L’attitudine psicocorporea, o empatia psicomotoria, gioca un ruolo fondamentale in questa
progressiva conciliazione tra i vari contesti.
..............................

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F TERAPIA PSICOMOTORIA F
Così come in Psicomotricità, per proporre delle comprensioni dinamiche ed olistiche della
persona si supera la dicotomia tra il corpo e la mente o, ancora, l’opposizione tra la normalità
e la patologia, allo stesso modo ha poca validità in Psicomotricità la stretta differenziazione
tra psicoterapia e rieducazione. Ogni attività corporea, qualsiasi situazione che coinvolge il
soggetto è allo stesso tempo sia funzionale sia affettivo-emozionale. In qualsiasi situazione
il corpo è impegnato nella sua costituzione neurofisiologica che risponde alle leggi organiche
e cognitive, organizzate in condotte di apprendimenti secondo le organizzazioni gerarchiche
dello sviluppo. Qualsiasi esperienza è affettivo-emozionale, inscritta nella storia personale,
impregnata di ed esprimente desideri, motivazioni, timori e altri condizionamenti socio-rela-
zionali.
La situazione terapeutica di cura psicomotoria, mestiere della salute, è pensata, organizzata e
strutturata dallo psicomotricista per favorire, tramite il corpo, la fluidità dell’espressione di sé
nelle sue varie dimensioni. Il sintomo viene innanzitutto studiato in profondità per decodificar-
ne le cause ed i significati. La sua emergenza viene riposizionata nella globalità della persona
rispetto alle altre sue caratteristiche psicomotorie in connessione con la sua costituzione e sto-
ria nella situazione relazionale attuale. La scopo globale dell’intervento è quello di permettere
alla persona di esprimersi in modo diverso rispetto il tramite delle sue difficoltà e, quindi, si
propone di mettere in atto il massimo dei suoi potenziali.
Lo psicomotricista, dunque, tanto agisce sui parametri delle realizzazioni pratiche favorendo
l’evoluzione delle condotte e rinforzando le competenze percettivo-motorie e cognitive; tanto
cerca di influenzare positivamente i vissuti e le auto-ostentazioni del soggetto; quanto favori-
sce le espressioni spontanee ed orientate in tutte le loro forme.

La Psicomotricità è una terapia psicocorporea. Il suo mezzo di intervento è l’attività corporea


in tutte le sue dimensioni, affrontate sulla base del dialogo tonico-emozionale. La performance
in riferimento alla norma non costituisce il suo fine. Lo scopo terapeutico è quello di permet-
tere alla persona di trovar soddisfazione dalla sua attività corporea all’interno del suo stesso
contesto relazionale.

Se afferma il principio di globalità, la Psicomotricità non è per questo una omni-terapia. Essa
viene prevista per essere proposta in co-terapia in concomitanza o successivamente ad altri tipi
di intervento, specifici per le caratteristiche del disturbo funzionale od orientati verso l’orga-
nizzazione della personalità.

In funzione dei suoi pazienti, delle sue scelte personali, della sua formazione teorica e didatti-
ca, lo psicomotricista potrà alimentare la sua riflessione e scegliere i suoi modi di intervenire
impregnandoli più o meno di questa o di quella corrente di pensiero: riferimenti psicodinami-
ci, psicoterapeutici, cognitivi… Pertanto, egli manterrà sempre questa specificità di una com-
prensione globale della persona, considerando sia le dimensioni funzionali che quelle vissute,
e di un intervento tramite il coinvolgimento corporeo.
È la ragione per cui la Psicomotricità viene considerata come un intervento neurofisiologico
nelle sue tecniche e psicologico nei suoi scopi.
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F PROGETTO TERAPEUTICO F
A partire dalla diagnosi e dalla messa in evidenza dei punti forti e delle difficoltà della perso-
na, grazie al bilancio psicomotorio, e dalla loro comprensione dinamica, il progetto di inter-
vento - che differenzia i mezzi e gli obiettivi - costituisce un filo conduttore e non un intento
limitato a cui paziente e terapeuta dovrebbero obbligatoriamente adeguarsi. In effetti, in con-
nessione con il quadro di intervento, a partire dalle domande espresse e latenti del paziente e
del suo ambiente, questa anticipazione permette di considerare le tappe dello sviluppo. Esso,
quindi, sarà riaggiustato nel corso della progressione, stagnazione o regressione in funzione
dei cambiamenti di disponibilità o di desiderio del paziente, delle modifiche dell’ambiente e
delle condizioni adattive. Questo aggiustamento dinamico si realizza a partire dalla riflessione
personale, in équipe e in supervisione, e dai bilanci di valutazione dell’evoluzione.

Il progetto terapeutico in Psicomotricità comprende:


- L’organizzazione del setting temporale e spaziale, esaminato nelle sue varie componenti ed
influenze sulle esperienze e sui vissuti;
- La scelta delle tecniche, degli esercizi, dei giochi, dei mediatori, degli oggetti, delle situazio-
ni di esperienza, di espressione e di mentalizzazione;
- Lo stile di relazione lasciando più o meno spazio di libertà, più o meno prossimo e sostenuto,
ma sempre basato sull’implicazione psicocorporea;
- Le modalità di intervento nei confronti delle persone coinvolte.

Anche se è difficile generalizzare quando si tratta di evocare questi sottili aggiustamenti alle
particolarità di ogni persona, il progetto terapeutico in Psicomotricità coniuga sempre del-
le azioni a scopo funzionale con delle situazioni favorenti la presa in considerazione delle
emozioni vissute. Questa o quella colorazione viene equilibrata per adeguarsi a ciascun
profilo specifico: situazione di disabilità, età, contesto di vita, particolare domanda, malattia
mentale, sofferenza psicologica, disturbo degli apprendimenti, processi di involuzione sino
al termine di vita.

Un’altra caratteristica è il fatto che esso viene discusso in modo esplicito con il paziente e/o
le persone del suo ambiente in funzione delle possibilità di scambio, correlate ad eventuali
disabilità e limiti.
..............................

F SETTING TERAPEUTICO – CONTENIMENTO F


Per setting o quadro di riferimento terapeutico si intendono tutti quegli elementi ma-
teriali che fanno parte della composizione dell’organizzazione dello spazio e del tempo
di una seduta di Psicomotricità così come la natura della relazione investita dallo psico-
motricista e il tipo di dinamica messa in atto nel corso delle attività. In effetti, a ciascun
livello di realtà, relazionale e simbolico, l’insieme di questi elementi viene aggiustato al
fine di permettere al paziente una particolare esperienza psicocorporea e di esprimersi,
direttamente o tramite la mediazione, in funzione degli scopi terapeutici scelti alla con-
clusione del bilancio.

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Considerare, allora, tutti questi parametri e organizzarli e articolarli tutti in funzione del pro-
getto terapeutico è una delle maggiori differenze tra gli approcci terapeutici ed educativi in
Psicomotricità. È per tali ragioni che la terapia psicomotoria non può svolgersi, ad esempio,
in un’aula scolastica.

L’organizzazione materiale, le regole sociali ed i limiti relazionali ed espressivi, la durata ed


il ritmo delle sedute, la dinamica direttiva, semi-direttiva o libera dipendono dalle scelte dello
psicomotricista. In quanto terapeuta, e dopo chiara elaborazione tramite le sue conoscenze
teoriche, la sua esperienza clinica e i suoi scambi con i colleghi delle altre discipline, egli
conferisce a questi diversi parametri dei valori rituali, simbolici e sociali e li utilizza come
leve potenziali di evoluzione. Così, il setting terapeutico è un’interfaccia tra l’esterno, di cui
rispetta le regole deontologiche e le leggi sociali, e la specificità del paziente per favorirne
l’espressione e l’adattamento agli altri e alle contingenze.

Il contenimento è una modalità relazionale sottile, ma la cui espressione o carenza influenza


largamente lo sviluppo psicomotorio. Questa competenza relazionale, espressa dall’adulto di
fronte al bambino, ha per obiettivo quello di proteggere quest’ultimo fisicamente e psichica-
mente. Esso si esprime in modo particolare quando egli contiene le esplosioni emozionali, le
crisi di angoscia o protegge dall’eccitazione. Quando questa protezione non è stata sufficiente,
il soggetto sente uno squilibrio, un malessere e cerca di lottare contro questo sentimento di in-
sicurezza con dei comportamenti compensatori. In alcuni soggetti, questi tentativi di autopro-
tezione sono eccessivi: iperattività o inibizione, messe alla prova dei limiti fisici e relazionali
per porli in risalto. Altri, mettono in atto delle attitudini corporee autocentrate, di prestance o
di contenimento, che hanno per scopo quello di mascherare il sentimento di insicurezza trami-
te la creazione di sensazioni corporee. Questo ruolo è giocato da alcune stereotipie, manie, tic
o distonie, specie quando l’incontro con l’altro è ansiogeno per paura di essere giudicato o, a
volte, solo guardato.

Queste reazioni corporee, le loro variazioni e influenze sulle performances psicomotorie ed i


vissuti vengono osservati durante tutto il bilancio psicomotorio. La loro considerazione costi-
tuisce un criterio di prognosi ed influenza il progetto terapeutico. La loro evoluzione e scom-
parsa è segno di progresso.

È essenziale in Psicomotricità proporre al paziente un setting rassicurante e sufficientemente


contenitivo per permettergli nuove esperienze corporee grazie all’aggiustamento dell’organiz-
zazione nello spazio e nel tempo e nel dialogo tonico-emozionale e alla disponibilità psicocor-
porea dello psicomotricista. Che sia individuale o di gruppo l’intervento, è sempre il progetto
terapeutico personalizzato a guidare queste scelte. Nell’istituzione o nella libera professione, è
di rigore pertanto la flessibilità per aggiustare al meglio il setting alle particolarità dei pazienti
e farli evolvere nel corso della progressione della cura. Altrettanto, si informa in modo chiaro
il paziente e le persone del suo ambiente di vita di queste modalità e dei loro sviluppi accet-
tando, all’occorrenza, di aggiustarli di fronte a particolari richieste.
Contrariamente a quanto è presente in altre terapie non esiste, ad esempio, regola generalizza-
bile rispetto al pagamento delle sedute.

L’intervento dello psicomotricista non è mai isolato. Il quadro istituzionale e sociale, l’in-

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scrizione nella rete di cure influenzano direttamente il setting terapeutico delle sedute. L’altra
importante dimensione da prendere in considerazione è il rispetto del paziente, delle sue ca-
ratteristiche, delle sue maniere di esprimersi onde proporgli un margine di sicurezza a partire
dalla quale sarà per lui possibile implicarsi in nuove esperienze.
..............................

F RELAZIONE TERAPEUTICA F
F DISPONIBILITÀ PSICOCORPOREA F
F EMPATIA F
In Psicomotricità, la relazione terapeutica è caratterizzata da:
- L’approccio corporeo della personalità;
- La messa in gioco di mediazioni;
- L’adattamento dei canali di comunicazione, dei ritmi di proposte, degli strumenti e del set-
ting;
- Il riconoscimento delle capacità espresse;
- Il rinforzo del sentimento di sicurezza personale.
Essa non può essere confusa né con la relazione naturale, che tende al semplice incontro con
l’altro; né con la relazione pedagogica, orientata verso l’acquisizione di saperi; né con la re-
lazione psicoanalitica, basata sul transfert e sull’interpretazione verbale. Che l’orientamento
sia più terapeutico, educativo o rieducativo, gli scambi tra lo psicomotricista e i suoi pazienti
vengono essenzialmente trasmessi attraverso il coinvolgimento corporeo.

La relazione terapeutica in Psicomotricità è organizzata per favorire, sin dalle prime sedute,
l’assunzione di iniziative e l’integrazione di un sentimento di sicurezza negli scambi. Si può
fare un parallelo tra lo sviluppo psicomotorio, che permette poco a poco la conquista dell’au-
tonomia, e la dinamica della relazione terapeutica in Psicomotricità, la quale favorisce questo
emergere quando esso è stato impedito.

In Psicomotricità la relazione, che inizia sin dal primo incontro di valutazione, ha pure la sua
dimensione terapeutica nella gestione della fine dell’intervento per permettere alla persona di
aprirsi a nuove prospettive.

Il modo con cui lo psicomotricista manifesta la sua predisposizione all’apertura nei confronti
del suo paziente è diverso da quello degli altri terapeuti. Ad esempio, l’attitudine dello psi-
coanalista è caratterizzato da una distanza di neutralità benevola, quella del cognitivista da
un’implicazione dinamica e di sostegno… Quella dello psicomotricista è colorata dalla sua
disponibilità psicocorporea, attitudine particolare, con una soglia tonica bassa e regolata,
con delle modalità linguistiche verbali e corporee intenzionalmente aggiustate per essere co-
municante col paziente, metterlo a proprio agio, comprenderlo, sostenerlo …

L’empatia è quello slancio relazionale che permette di condividere, comprendere e rappre-


sentarsi le emozioni ed i vissuti altrui, mantenendo comunque la differenziazione con i propri
sentimenti e senza giudizi di valore. In Psicomotricità, sono il coinvolgimento corporeo e la
comprensione del dialogo tonico-emozionale gli elementi che permettono la relazione empa-

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tica. Grazie alla sua specifica formazione, lo psicomotricista sufficientemente in ascolto delle
proprie reazioni sa gestire la distanza e la postura che gli evitano la simpatia, il contagio emo-
zionale o i passaggi all’atto. La lettura delle reazioni tonico-emozionali e dell’insieme delle
comunicazioni non verbali contribuiscono in buona parte alla messa in opera, sin dai primi
momenti del bilancio, di questo processo di comprensione dell’altro, dato indispensabile in
psicoterapia.
All’interno degli scambi corporei e con mediatori propri delle tecniche psicomotorie, il tera-
peuta cerca di favorire nel soggetto una diversificazione delle sue espressioni. Queste, in fun-
zione delle difficoltà vissute e dell’eventuale patologia mentale, saranno più o meno intense,
volontarie, aggressive, conflittuali o distruttive o, ancora, adesive o seduttrici. L’intervento,
allora, consiste nel rinviare delle risposte corporee e comportamentali tranquillizzanti, rassi-
curanti, che creano una distanza costruttiva ed aprono ad una nuova esperienza relazionale.
A seconda dei suoi bisogni e della sua età, il paziente può attribuire allo psicomotricista, che
quindi li assumerà, dei ruoli e degli spazi diversi, reali o simbolici. Lo psicomotricista svilup-
pa delle capacità attivo-passive che attivano nel paziente un vissuto di sicurezza relazionale,
grazie ad una specifica formazione personale basata sull’esperienza psicocorporea, il ricono-
scimento e controllo fluido delle proprie reazioni emotive.

Pertanto, uno degli scopi dell’intervento in Psicomotricità è quello di permettere al paziente di


sviluppare le proprie competenze in materia di empatia, in una prospettiva di autonomizzazio-
ne e per favorire i suoi adattamenti sociali. I più recenti lavori delle neuroscienze, con la sco-
perta dei neuroni specchio, mettono in evidenza il ruolo dell’azione corporea e dell’imitazione
nello sviluppo delle capacità relazionali. È quindi, con la mediazione dell’attività corporea che
queste vengono favorite in rapporto con l’arricchimento delle condotte espressive. È, pure, per
mezzo di questo che si sviluppa l’immagine del corpo in connessione con la coscienza di sè e
l’altro. La dimensione spazio-temporale, in particolare tramite il setting, è altrettanto volonta-
riamente attivata per favorire i giochi di avvicinamento-allontanamento. Più spesso si tratta,
innanzitutto, di favorire la prossimità nell’incontro, grazie ai mediatori, agli aggiustamenti
ritmici, al rispetto delle distanze relazionali rassicuranti; ancora, alla conclusione della cura
si tratta di facilitare l’autonomia. Si riscontra qui la giusta distanza che è etimologicamente
evocata nel termine disponibilità.
..............................

F RILASSAMENTO F
Se le tecniche di rilassamento non costituiscono l’esclusività degli psicomotricisti, costoro
sono comunque, storicamente e per via della loro formazione, i più competenti nell’utilizzarle
con completa efficacia: a partire dalla distensione di benessere alla psicoterapia a mediazione
corporea.

Lo stato di rilassamento corrisponde ad un’esperienza di distensione corporea e psichica pro-


fonda.
In Psicomotricità, tutte le dimensioni vengono attivate:
- Il rilasciamento neuromuscolare,
- La differenziazione degli stati muscolari,

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- La conoscenza e coscienza del corpo,
- Il riconoscimento delle reazioni emozionali,
- Gli stati modificati di coscienza…
Processi complessi che si influenzano tutti reciprocamente.

Gli effetti previsti possono essere:


- Equilibrare l’intelaiatura tonica, stabilizzare la postura, facilitare la motricità, liberare il ge-
sto, favorire l’aggiustamento prassico;
- Affinare la topografia corporea, integrare l’asse del corpo, favorire il suo investimento psi-
coaffettivo, narcisistico;
- Integrare dei precisi e rassicuranti punti di riferimento spazio-temporali, a partire dal proprio
corpo;
- Equilibrare, riconoscere le reazioni emozionali;
- Liberare le associazioni e immagini tra corpo, emozioni, affetti, coscienti ed inconscie;
- Prendere le distanze dalle stimolazioni esterne onde favorire concentrazione e regolazione
della vigilanza;
- Favorire il recupero dalla fatica;
- Equilibrare le funzioni fisiologiche cardio-respiratorie;
- Controllare i macroritmi dell’organismo (alimentazione, sonno, …);
- Dinamicizzare i processi armonici di ristrutturazione della personalità;
- Contenere le patologie psicosomatiche, le reazioni da stress.

Le indicazioni concernono quelle già proprie della Psicomotricità.


Non si può parlare di reale contro-indicazione. In alcune patologie neurologiche (epilepsia),
psichiatriche (deliri), di fronte a paure o fobie specifiche, dietro parere medico, sono racco-
mandati degli aggiustamenti specifici.
L’intervento, basato sul rispetto del margine di sicurezza, è organizzato per favorire un vissuto
positivo e non imporre una situazione.

In funzione del contesto - educativo, preventivo o terapeutico - dell’età, dell’eventuale pato-


logia e della domanda della persona, lo psicomotricista specializzato in rilassamento aggiusta
il suo progetto di intervento a partire dagli elementi raccolti nel corso del bilancio. In effetti,
i metodi offrono ampie possibilità: dalla ricerca di maggior conforto e di una migliore cono-
scenza di sé alla gestione delle reazioni da stress e alla psicoterapia.

Qualunque sia il metodo e l’approccio, individuale, in gruppo, la relazione tra lo psicomotrici-


sta e la persona nel rilassamento è basata sul dialogo tonico, sulla mediazione corporea.
..............................
F DISGRAFIA – GRAFOMOTRICITÀ F
L’insieme delle competenze grafomotorie è quanto permette di tracciare: comunicazione di-
rettamente orientata o meno. Questa funzione psicomotoria è una modalità di espressione a
mediazione corporea che coinvolge competenze neuromotorie, cognitive ed emotivo-affettive.
Lo psicomotricista è lo specialista della rieducazione della scrittura.

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L’atto grafomotorio, per quanto riguarda il suo sviluppo che sfocia alla scrittura manoscritta o
ai suoi disturbi, va compreso, studiato nelle sue diverse componenti: neurologiche, muscolari,
propriocettive, percettive, ritmiche, spaziali, intellettive, cognitive, affettive, tonico-emozio-
nali, comunicative, espressive.
A partire dallo slancio spontaneo ed impulsivo della traccia, sotto l’effetto di un lungo ap-
prendimento che passa per diversi stadi in cui i livelli di controllo fluttuano, il gesto grafico si
organizza sino a divenire la prassia più complessa. Scrivere richiede di collocarsi in uno spa-
zio controllato dal gesto, materiale e simbolico, dove si incontrano proiezioni psicocorporee e
attese e perfino esigenze da parte dell’ambiente.

Associati o meno ad una carenza motoria, sensoriale o cognitiva o ad un disordine affettivo, i


disturbi grafomotori possono apparire in ogni età. I più frequenti sono:
- inibizioni, paure, rifiuto di disegnare e di scrivere;
- disgrafie, difficoltà di apprendimento della scrittura manoscritta;
- crampi dello scrivano;
- perdite della scrittura.

Questi disturbi della comunicazione sono sempre connessi a più fattori intricati, anche se uno
di questi può sembrare preminente.
Le disgrafie, per via della loro diversità, rappresentano una classe nosografica tra i disturbi
psicomotori. Descritti a partire dall’età abituale di apprendimento della scrittura, questi di-
sturbi della realizzazione del gesto determinano deformazioni delle lettere e dei legami tra le
lettere, confusioni negli orientamenti dei tracciati, disritmie, dismetrie, discronometrie, ….
Scrivere è laborioso, richiede degli sforzi di controllo eccessivo, il soggetto traccia lenta-
mente, molto spesso contraendosi (distonie). In funzione dell’interesse del valutatore, della
ricercca o della clinica, le descrizioni dei diversi tipi di disgrafia più o meno ricalcano quelle
delle disprassie e dei disturbi degli apprendimenti non verbali.

All’interno del bilancio psicomotorio, gli items grafomotori studiano le diverse componenti
dell’atto :
- Postura, stabilità dell’asse del corpo;
- Controllo oculo-manuale;
- Motricità manuale fine;
- Aggiustamento della forza muscolare;
- Dominanza laterale;
- Rappresentazione, investimento del proprio corpo;
- Tempo motorio, organizzazione ritmica;
- Organizzazione visuo-prassica;
- Competenze mnesiche (uditive e visive);
- Regolazione della vigilanza, dell’attenzione e concentrazione;
- Espressione, regolazione tonico-emozionale;
- Vissuto personale;
- Desiderio di apprendere;
- Piacere di tracciare…

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I vari strumenti di valutazione delle competenze grafomotorie sono:
- Lo studio delle produzioni spontanee, in riferimento a delle scale di sviluppo e a delle griglie
di interpretazione;
- Lo studio delle produzioni su richiesta;
- Test standardizzati di riproduzioni delle figure geometriche;
- Test di riproduzioni di elementi prescritturali (componenti delle lettere);
- Test di scrittura su copiatura e su dettatura.

La difficoltà a tracciare viene ricollocata nel contesto globale.


Il progetto di intervento non è centrato sull’apprendimento tecnico della scrittura, compito
della scuola, ma:
- sulla preparazione dei prerequisiti,
- sullo sviluppo degli atteggiamenti per imparare
- e sulla facilitazione dell’espressività.

La presa in carico mira a sviluppare o ritrovare questa possibilità personale di esprimersi.


In modo particolare, contrariamente a quanto a volte è raccomandato nei programmi di istru-
zione forzata, per questa complessa competenza si rispettano i ritmi personali del bambino,
si evita lo scoglio degli apprendimenti troppo precoci, i quali non fanno altro che creare delle
compensazioni e molto spesso sono la testimonianza dell’ansia degli adulti.

La grafomotricità riveste una duplice finalità: funzionale ed espressiva. Questa superiore


funzione psicomotoria è fragile. La scrittura costituisce un veritiero barometro emozionale,
testimonianza degli squilibri interni, a volte all’insaputa del soggetto che scrive. Il suo inse-
gnamento e il suo mantenimento devono essere particolarmente curati onde evitare eccessi,
proiezioni ansiose, condotte di aggiramento che, nel corso degli anni, possono dissuadere gli
adulti dal piacere di scrivere sino alla perdita funzionale durante l’invecchiamento.
Connettendo direttamente la mano e la mente, le funzioni grafomotorie sono la testimonianza
del modo in cui le intricazioni tra i fattori neurobiologici, cognitivi, emotivo-affettivi e sociali
aprono al soggetto equilibrato delle efficaci possibilità di azione, di espressione quando lo
sviluppo delle sue competenze psicomotorie è armonico.
..............................

F COMUNICAZIONE F
Per sua natura, l’uomo è un essere di comunicazione che esprime i suoi bisogni, affetti,
idee, progetti in quanto egli vive in uno scambio costante con gli altri e dai quali rice-
ve informazioni e viene ascoltato. La comunicazione è una regolazione aperta dove le
persone mettono in comune le loro espressioni e dove il soggetto viene preso dentro un
gioco tra espressione e vissuto, il che implica pure un reciproco riconoscimento.
I mezzi di comunicazione sono lontani dall’essere ridotti alle sole parole. I gesti co-
verbali, le posture, le variazioni e gli aggiustamenti tonici, le mimiche, gli atti, le voca-
lizzazioni, la prosodia, i ritmi e le relative rotture, la gestione del tempo, le occupazioni
dello spazio, l’utilizzo degli oggetti, dei vestiti, dei trucchi, ecc. sono altrettanti modi per
indirizzarsi all’altro. Nel corso dello sviluppo questi aspetti si arricchiscono e divengono

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complessi. Anche se la parola diventa predominante, la dimensione non-verbale della
comunicazione non scompare mai.

Per il suo approccio globale, lo psicomotricista è attento, utilizza e valorizza questi diversi
livelli e canali di comunicazione allo scopo di permettere al paziente di entrare nello scambio,
di esprimersi, di farsi comprendere. Qualunque sia l’impedimento a comunicare con la parola
o il gesto, la sofferenza corporea o psichica, lo psicomotricista prende in considerazione e de-
codifica le espressioni corporee più sottili per adattarsi al livello di comunicazione del pazien-
te. Tale competenza professionale gli permette di intervenire presso persone alquanto diverse,
pur sguarnite o in situazione di disabilità grave, perché egli oltrepassa le difficoltà funzionali
per considerare le competenze del soggetto. Ciò che permette questi scambi è soprattutto l’at-
tenzione rivolta verso il dialogo tonico.

Durante il bilancio psicomotorio, vengono finemente studiate le modalità di comunicare : rice-


zione, reazioni, espressioni, canali e modalità privilegiate, qualità, aggiustamento, chiarezza,
concordanza evolutiva, compensazioni, rifiuti, disturbi, impedimenti, ecc. Questa attenzione
ha una duplice giustificazione. Da una parte lo psicomotricista si adatta al paziente e al suo
stile di comunicazione; dall’altra egli tenta di ridurre i disturbi della comunicazione. Essendo
i disordini psicomotori sempre associati a dei disturbi dell’espressione, la loro evoluzione è
anche fattore di facilitazione degli scambi.
Le sedute di Psicomotricità, setting e contenuto, sono organizzati per favorire la comunica-
zione. Per questo gli scambi corporei e verbali vengono facilitati con diversi mediatori, scelti
particolarmente dalle pratiche artistiche. Le produzioni corporee e materiali servono di sup-
porto alla verbalizzazione per favorire l’equilibrio e la fluidità tra i diversi canali e livelli di
interazioni ed il passaggio dal non-verbale alla parola.
È così che la Psicomotricità prepara alla logopedia e alla psicoterapia verbale o è ad esse
complementari.
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F VISSUTO F
Il vissuto è un processo complesso, cognitivo ed emozionale, in cui la persona si rappresenta
sè stessa a partire dalle sue sensazioni e percezioni nelle sue relazioni con gli oggetti e gli
altri. Il vissuto è un aspetto fondamentale dell’esperienza psicomotoria. Esso deriva ed è la
testimonianza del legame corpo-mente (ad es., vissuto dell’angoscia). È alla base della sogget-
tività essendo completamente influenzato dalla condivisione dell’oggettività.

La funzione tonico-emozionale, in connessione con le altre integrazioni sensoriali, è uno dei


vettori essenziali di tale processo. Il vissuto è all’origine della rappresentazione di sè. Questa
esperienza di sè in relazione al mondo, globale e completa, varia pure in funzione degli stati di
vigilanza e di autoriflessione. La presa di coscienza vi partecipa. Il vissuto è alla stesso tempo
il sentito, il percepito e la rappresentazione. Esso si fonda sulla memoria emozionale, corporea
e cognitiva. È costantemente rimaneggiato, inscritto nella continuità spazio-temporale dell’in-
dividuo, mantenendosi comunque abbastanza costante per fornire dei riferimenti personali
rassicuranti. Se il vissuto derivante dalle esperienze regolari, prevedibili, costituisce un punto
di riferimento per la personalità, le sorprese generate dalle nuove situazioni dinamicizzano la

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sua vitalità. È quando questo equilibrio viene destabilizzato da troppi eventi difficili da elabo-
rare che il soggetto prova un disagio psichico e sviluppa dei sintomi.

Una delle basi della presa in carico psicomotoria è quella di favorire un vissuto corporeo
positivo, rassicurante, di sostegno per consolidare le basi narcisistiche della personalità. A
partire da queste positive integrazioni, in connessione con la realtà della sua attività corporea,
la persona si costruisce una fiducia che influennza la maniera in cui essa si rappresenta. È così
che la Psicomotricità agisce in quanto psicoterapia a mediazione corporea.

Nel bilancio, l’osservazione delle condotte spontanee, delle reazioni di prestance e di conteni-
mento, delle espressioni neuro-vegetative, dell’accordo relazionale, degli adattamenti ritmici,
temporali e spaziali e delle loro variazioni, completano l’ascolto di ciò che è direttamente
evocato dal soggetto. L’espressione da parte della persona del suo disagio vissuto è intricato
nei disturbi psicomotori in modi diversi :
- Il vissuto della sofferenza sta all’origine del disturbo come al momento del sintomo di ri-
chiesta;
- La percezione delle conseguenze e degli impedimenti legati al disfunzionamento funzionale
genera un’ansia ed una mancanza di fiducia in sè stesso, come per il bambino che teme di
dover scrivere e si contrae;
- Con l’adattamento connesso alla sofferenza vissuta, il soggetto aggira la situazione-pro-
blema, il che in seguito determinerà delle disarmonie del corredo per carenza d’uso delle
competenze;
- Questi atteggiamenti reattivi di protezione prendono delle forme comportamentali esacerba-
te, di inibizione, di ritiro o di opposizione.

La terapia psicomotoria tende alla riorganizzazione del vissuto psicocorporeo. Da una parte
la comprensione del posto e del ruolo del disturbo psicomotorio nella dinamica del profilo
permette di proporre delle attività diverse e graduate che favoriscono il rinforzo funzionale. A
complemento, lo psicomotricista propone tramite la relazione di empatia corporea, un’espe-
rienza relazionale rassicurante. Agendo, inoltre, in un altro ambito dell’esperienza di sè, il
rilassamento e le tecniche similari rinforzano il vissuto di autocontrollo positivo e flessibile.
L’attività in Psicomotricità è terapeutica perché le situazioni proposte, specialmente le me-
diazioni, hanno come fine quello di permettere alla persona una rappresentazione mentale
di quello che viene provato per intraprendere un processo di scollamento tra il materiale
espresso ed il supporto della sua espressione: il sintomo. La persona sviluppa, allora, degli
adattamenti, sorgenti di un nuovo vissuto.
..............................

F EMOZIONE F
L’emozione è una reazione più o meno automatica, viva, invasiva, con tenore affettivo, simul-
taneamente corporea e mentale, di piacere, attrattiva, sorpresa, repulsione, colllera, timore o
dolore. Le emozioni sono i primi contenuti delle comunicazioni tramite il dialogo tonico. Esse
costituiscono le proto-rappresentazioni mentali che animano il bambino sin dalla nascita. La
dinamica emozionale è alla base dell’attaccamento. La condivisione delle emozioni permette

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le relazioni agli altri. Il sentito, il percepito, il vissuto, la memorizzazione e la rappresentazio-
ne mentale delle emozioni costituiscono le basi della personalità, dell’investimento del corpo,
della stima e della fiducia in sè.

Sin dalle prime relazioni, scambi a specchio e accordi, l’adulto contemporaneamente com-
prende i bisogni del bambino per rispondergli e lo protegge dai sovraccarichi emozionali.
Questo portamento psicocorporeo permette poco a poco l’integrazione dei limiti di sè e lo
sviluppo di una regolazione omeostatica.

Se si riscontrano dei disturbi emozionali in tutti i quadri clinici psicomotori, si descrivono


anche dei disturbi specifici della regolazione, dell’interpretazione e dell’espressione delle
emozioni così come dei disordini evolutivi, comportamentali o degli apprendimenti diretta-
mente connessi a discordanze negli scambi emozionali. Anche i gravi disturbi della persona-
lità, come i disturbi pervasivi dello sviluppo e le psicosi, possono essere compresi come dei
disturbi dell’interpretazione e della regolazione delle emozioni.

Il bilancio psicomotorio permette uno studio approfondito delle emozioni, percepite, vissute
ed espresse, e del grado della loro influenza sulle competenze psicomotorie. Nella dinamica
della relazione corporea e dell’empatia tonica, lo psicomotricista ricerca ed osserva le reazioni
ed espressioni del suo paziente e le loro variazioni, modulando i parametri della situazione per
far emergere le sue competenze adattive, chiarire i suoi potenziali e comprendere come allo
stesso tempo i disordini del vissuto emozionale hanno determinato i relativi disturbi andan-
dovisi ad aggiungere. Il riferimento alla semiologia psicomotoria, qualitativa e quantitativa,
basata sull’osservazione dei segni inconstanti e fini, permette poi di individuare le diverse
espressioni del disagio della persona.

La presa in carico psicomotoria mira a regolare i flussi emozionali, a favorire il riconosci-


mento e l’identificazione e poi le diverse espressioni delle emozioni, positive come a volte ne-
gative. Lo psicomotricista, attraverso il dialogo tonico-emozionale, si aggiusta per incontrare
il paziente in funzione delle sue difficoltà. Egli decodifica le sue espressioni corporee anche
molto sfumate; lo rassicura e lo conforta per favorire la sua apertura; lo sostiene verso l’au-
tonomia, che viene conquistata grazie ai progressi funzionali e alla progressiva elaborazione
mentale. Questo processo di terapia a mediazione corporea è basato sul riconoscimento delle
emozioni non come delle reazioni fastidiose, ma come una competenza da ostentare per una
maggiore armonia psicocorporea.
..............................
F SENSORIALITÀ F
La sensorialità - ricezione, percezione, trattamento, organizzazione e memorizzazione di in-
formazioni provenienti dall’esterno o dall’interno del corpo - è una funzione essenziale per
l’adattamento. Essa ingloba i 5 sensi più il senso kinestesico. L’integrazione sensoriale for-
nisce al soggetto gli elementi indispensabili per la sua collocazione, azione e comprensione
della realtà, dei suoi cambiamenti, degli eventi, ecc.
Tralasciando la descrizione anatomo-funzionale, la visione psicomotoria della sensorialità

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prende in considerazione le sue diverse dimensioni per comprendere anche in questa condotta
la parte del coinvolgimento esistenziale e affettivo-emozionale.

Il bilancio permette di verificare l’integrità degli organi e dei sistemi di trattamento, successi-
vamente confermata dagli esami neurologici.
Inoltre, l’interesse riguarda le variazioni, le fluttuazioni, i disturbi della sensorialità:
- condotte di ricerca di informazioni;
- reazioni alle stimolazioni;
- capacità a mettere in rapporto le informazioni, di gerarchizzarle e memorizzarle;
- organizzazione delle condotte in funzione di questi parametri, interni ed esterni.

Le informazioni sensoriali influenzano l’organismo in due modi: i flussi agiscono sul livello
di vigilanza, sul tono; le informazioni precise o ripetitive attivano delle risposte circoscritte.
Ogni carenza, distorsione, disorganizzazione, eccesso in una modalità va a ridurre le compe-
tenze in questo registro e ripercuotersi sull’insieme degli altri sensi:
- sia per compensazione,
- sia perché l’integrazione di alcune percezioni è dipendente dalle altre,
- sia disorganizzando le integrazioni.
Questo processo è sottomesso alle fluttuazioni dell’emozione. L’esperienza della condivisione
sensoriale fonda l’intersoggettività (attenzione congiunta).
Il senso del movimento è la competenza ad organizzare e regolare la sua gestualità grazie
all’integrazione intermodale. Tale rappresentazione è connessa alla fiducia in sè stesso.

La maniera con cui una persona tratta le informazioni sensoriali è la testimonianza del suo
stile relazionale, della qualità della sua coscienza corporea, del suo sentimento di sicurezza: in
effetti, scegliere le informazioni costituisce un comportamento attivo. Per adattarsi, bisogna
combinare ed aggiustare i propri sensi onde captare informazioni a distanza (odorato, vista,
udito), vicine (tatto, gusto) e interne (kinestesia). Al di là dei disfunzionamenti sensoriali, i
disadattamenti sono spesso causati da difficoltà a combinare questi registri, da funzionamenti
immaturi, iper o iposensibilità selettive.

La Psicomotricità è da prevedere in ogni deficit o carenza sensoriale, contesto di disabilità,


povertà socio-educativa o disturbo affettivo-relazionale. Essa favorisce la plasticità, la riaffe-
renza e la compensazione e maschera le conseguenze negative sullo sviluppo.

Qualsiasi alterazione sensoriale si ripercuote sulle altre funzioni e sui vissuti corporei ed
emozionali. Ogni disturbo comportamentale intralcia l’immissione ed il trattamento delle in-
formazioni sensoriali. Si riscontrano delle fissazioni a delle condotte antecedenti, specifiche,
parcellari, selettive, ripetitive in contesti più o meno patologici in funzione della loro intensi-
tà e dell’iniziativa residua. L’intervento psicomotorio permette di diversificare le esperienze
multi-sensoriali, arricchisce le condotte percettivo-motorie, accresce le competenze funzio-
nali, favorisce le potenzialità adattive ed espressive. Inizia con degli esercizi di stimolazione
e di rinforzo, sempre personalizzati; poi affronta situazioni, possibilmente mediatizzate, che
favoriscono la connessione tra impressione ed espressione.

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Il rilassamento, esperienza di privazione sensoriale, agisce a più livelli:
- arricchimento della percezione kinestesica e del senso del movimento;
- regolazione del fondo tonico, della vigilanza;
- lo stato modificato di coscienza favorisce le comunicazioni tra le zone cerebrali e, quindi, le
connessioni intermodali.
Una particolare attenzione viene posta sui fenomeni di eccitazione che disorganizzano i pro-
cessi percettivo-motori disequilibrando gli scambi, inducono il soggetto ad una ricerca ec-
cessiva e senza fine di stimolazione. L’esperienza di calma favorisce : abbassamento delle
soglie di reattività; equilibrazione negli scambi, tra gli scambi e le integrazioni; sviluppo delle
retroazioni e dell’autocontrollo.
..............................
F SGUARDO F
In Psicomotricità, lo sguardo è affrontato come una competenza gestuale.
Tra i primi canali di comunicazione, esso assume un ruolo preponderante nelle relazioni inter-
personali, nell’equilibrio emozionale e nella scoperta dell’ambiente e del proprio corpo; esso
ha un ruolo importante, quindi, nell’elaborazione dei contenuti del pensiero, nell’organizza-
zione cognitiva e nella rappresentazione di sè e dell’altro.
La sua evoluzione è sottoposta alla maturazione della visione. La cattura di informazioni di-
viene precisa e differenziata, sotto l’influenza del controllo del tono muscolare: oculomoto-
rio, organizzazione organo-funzionale, oculo-manuale, regolazione posturale. Così, emergono
iniziativa psicomotoria e autonomia, basati sugli sguardi orientati verso gli altri e l’ambiente,
poggiati sul sostegno dei genitori prendendone gradualmente la distanza (sguardo di fiducia,
rassicurante, di sostegno). È la scoperta dell’ambiente, spazio percepito, vissuto, rappresenta-
to. Il soggetto si differenzia, guarda altrove.

Conoscersi è il frutto degli sguardi diretti:


- sul proprio corpo: percezione e riconoscimento dello schema corporeo, dell’immagine del
corpo;
- da parte altrui, tra cui i genitori, impronte di affetti, emozioni, desideri coscienti e inconsci,
dove si mescolano proiezione e riflessività, con empatia o aggressività.

Malgrado le compensazioni (tattili, uditive,…), le carenze in esperienze visive hanno delle


ripercussioni sulla percezione del corpo, sull’organizzazione nello spazio e sulla discrimi-
nazione degli oggetti. Appena la visione è disturbata, il tono posturale è squilibrato. Queste
paratonie dell’asse e della parte alta del corpo confermano i legami tra tono di postura e inte-
grazione dei flussi visivi.
Nelle patologie psichiatriche si osservano dei disturbi dello sguardo e del trattamento delle
informazioni visive.
Alcune fobie riguardano lo sguardo. Visto, essere visto sono vissuti come delle intrusioni.
Coscienza, sicurezza nei limiti corporei sono fragili. Scambiare sguardi disturba.
Nell’inibizione psicomotoria e nell’iperattività lo sguardo è spesso troppo furtivo, instabile
per riuscire a captare bene le informazioni ed effettuare scambi con gli altri.

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Le dislessie e le disprassie comportano dei disturbi dello sguardo: disregolazioni nelle fissa-
zioni, per seguire un’informazione visiva, catturarla e trattarla.

Durante il bilancio le competenze visive, spaziali, visuo-prassiche vengono valutate tramite


dei test. Nel dialogo tonico-emozionale vengo recuperati la qualità degli scambi tramite lo
sguardo, il vissuto attivato (fastidio nell’essere visto, bisogno del sostegno dello sguardo al-
trui, …), la capacità a guardare gli altri e l’ambiente. In esso viene realizzata una sintesi tra
segni funzionali e sintomi relazionali. Si considera, pure, lo sguardo posto dall’ambiente sul
soggetto in difficoltà.

Lo sguardo dello psicomotricista è originale. Da una parte egli coglie i disturbi come i poten-
ziali; dall’altra, sin dai primi incontri, egli sa coinvolgersi con il paziente in un dialogo tonico-
emozionale dove egli dimostra un’immagine rassicurante e dinamicizzante.

Di fronte alle privazioni sensoriali si favorisce lo sviluppo delle sostituzioni e compensazioni


per minimizzare le carenze. La regolazione tonico-motoria riduce le contrazioni parassite. Le
condotte di captazione percettiva sono facilitate e viene reso positivo l’investimento del corpo.
In funzione dell’età e del momento di sopravvento del deficit, vengono proposte delle precise
tecniche. La Psicomotricità è una delle terapie che permette ai soggetti con problemi di vista
e i ciechi di entrare in contatto con l’altro e scoprire il loro ambiente.

Quando i disturbi dello sguardo sono un sintomo psichiatrico non ci si focalizza su questa
espressione problematica. Rinforzando le basi del suo Io corporeo, il soggetto scopre altre
modalità di stabilire la relazione, rassicuranti e operative.

Nelle situazioni di privazione di espressione spontanea (Alzheimer, …) la comprensione


dell’espressione tramite lo sguardo assume un valore essenziale, permettte un ultimo aiuto
umano.

Di fronte ai disturbi degli apprendimenti non verbali, l’approccio psicomotorio dei disordini
visuo-prassici è particolarmente efficace in quanto agisce contemporaneamente sugli aspetti
funzionali ed espressivi dello sguardo.
..............................

F ATTENZIONE F
L’attenzione sottintende e permette il rapporto tra uno stimolo selezionato, considerato come
utile o pertinente, ed una risposta motoria, mentale, comportamentale o verbale. Questa fun-
zione superiore è uno stato specifico della veglia corticale, la quale partecipa all’orientamento
dell’interesse verso le informazioni provenienti dall’ambiente. La sua stabilità e le sue varia-
zioni influenzano le integrazioni sensoriali e gli aggiustamenti all’ambiente.
La sua regolazione dipende dalla vigilanza, sotto il controllo della sostanza reticolata, in fun-
zione dell’integrazione dei flussi sensoriali e, quindi, dell’equilibrio tonico-posturale. Essa è
sensibile agli stati fisiologici (fatica, fame, sonno…) come all’umore (desiderio, gioia, incer-
tezza, tristezza, sicurezza, paura…)
Tale predisposizione psicocorporea regola l’intensità delle reazioni. Le funzioni superiori, in

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particolare la memoria, sono influenzate dalle sue fluttuazioni e, di ritorno, le sue variazioni
dipendono dalle informazioni che possono emergere dal passato più o meno volontariamente.
L’orientamento e il mantenimento volontario dell’attenzione si sviluppano a partire dalle espe-
rienze di comunicazione con l’adulto: attenzione congiunta, sino all’autonomia del proprio
pensiero. Questo processo associa condivisione emozionale e rappresentazione mentale, in
connessione con l’attività corporea nel dialogo tonico.

In funzione del suo orientamento, si descrive l’attenzione:


- verso di sè, base della concentrazione;
- affettiva, rivolta verso l’altro o con lo stesso condivisa;
- emozionale, esprimendosi tramite la via corporea, regolando attitudine, azione e percezione;
- cognitiva, tesa verso l’oggetto da conoscere e rappresentare;
- intellettiva, a contenuto concettuale.
I disturbi dell’attenzione hanno varie forme, ampiezze estreme, reattività eccessive andando
dall’instabilità al ritiro, a volte nella stessa persona. Questi disturbi psicomotori a forme labili,
con sopravventi variabili, interferiscono sull’equilibrio dell’Io.

Queste carenze dell’autocontrollo si riscontrano in diversi contesti semiologici e psicopatolo-


gici. In alcune psicosi, disturbi pervasivi dello sviluppo, personalità ossessive e ritualizzate,
demenze…, l’attenzione è disturbata da eccessive focalizzazioni, che superano la volontà e
riducono l’iniziativa.
Alcuni disturbi dell’attenzione sono, pure, da ricercare nelle difficoltà scolastiche.
Essi sono spesso associati all’instabilità psicomotoria, alle disprassie quando le richieste
dell’ambiente eccedono le capacità di trattamento e di risposta del soggetto. Allora, essi vanno
compresi come dei segni da stress.

La valutazione della stabilità e dell’efficienza dell’attenzione si realizza nel corso di tutte le


situazioni di osservazione del bilancio così come di prove specifiche. Le sue fluttuazioni sono
annotate in funzione dei loro contesti di comparsa che forniscono informazioni sulla sensi-
bilità e la reattività. Alcuni test valutano la capacità a contenere la sua vigilanza, di fronte a
delle sollecitazioni più o meno fastidiose, in situazioni che possono scatenare delle reazioni
emotive, in compiti di selezione e di mantenimento dell’attenzione di fronte a informazioni
interferenti o ripetitive.
Si valutano le capacità ad essere attento e a selezionare le informazioni pertinenti sotto il du-
plice punto di vista quantitativo e qualitativo, nelle cinque componenti dell’attenzione: verso
di sè, verso l’altro, con l’altro, verso gli oggetti e gli eventi e verso le idee.
Le osservazioni sono relativizzate in funzione degli eventuali trattamenti farmacologici.
Tale studio permette la diagnosi del disturbo deficitario dell’attenzione, isolato o sindromico.

La presa in carico mira al miglioramento del controllo dell’attenzione in quanto:


- orientamento verso l’altro, attenzione sociale;
- integrazione dei propri punti di riferimento, in connessione con la concentrazione;
- sostegno della vigilanza e dell’attenzione cognitiva.
Le varie attività ed esercizi, stimolanti e creativi, associati al rilassamento, favoriscono la
regolazione della base neurofisiologica e l’integrazione dei riferimenti corporei.

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La capacità a mantenere l’attenzione adeguata non dipende soltanto da processi neuropsicolo-
gici sottoposti alle stimolazioni dell’ambiente. Si tratta di un atteggiamento psicocorporeo che
coinvolge il soggetto nelle sue diverse dimensioni.
..............................
F CREATIVITÀ F
Questa spontanea propensione di ogni persona, qualunque sia l’età, a coinvolgersi in nuove
dimensioni di spazio e di tempo, a scoprire e immaginare nuove soluzioni, permette la diversi-
ficazione delle condotte di adattamento. Essa sarebbe connessa al funzionamento dell’emisfe-
ro cerebrale destro. È sostenuta e alimentata dall’affettività, dalle emozioni che la mettono in
moto. Si articola con gli altri processi cognitivi negli apprendimenti, arriva alla produzione di
numerose soluzioni concrete. Questa espressione dell’energia pulsionale è connessa al grado
di iniziativa e al riconoscimento da parte degli altri.

Ogni bambino dispone di un potenziale creativo, fecondato dall’esperienza dello spazio tran-
sizionale dove si equilibrano assenza e piacere di agire, grazie alla fiducia dell’adulto. Giocan-
do, il bambino si rappresenta, si proietta nel futuro. Immaginare gli permette di attendere.
La creatività emerge dall’attività corporea in relazione, dietro l’impulso delle emozioni e degli
affetti. Essa sfocia nell’elaborazione mentale, poi ritorna verso l’attività tramite la produzione
creativa. Essa permette l’autonomia, corporea e psichica.
Questa esperienza è anche quella dei limiti tra interno ed esterno, tra ciò che è irrealizzabile e
possibile, tra ciò che è immaginario e reale. Il soggetto trova i mezzi per esprimere la propria
creatività se ne accetta i limiti, se è sopportata una certa frustrazione.

Il sintomo è la testimonianza dell’atrofia della creatività, via comune di espressione brutale,


massiva, che riduce le capacità di agire, di adattarsi, chiude nella ripetizione della sofferenza.
È la diminuzione della possibilità a cambiare che diviene parossistico durante le stereotipie, i
rituali ossessivi e le fobie, in particolare scolastiche. Lo si osserva in minor misura nel sogget-
to che lotta contro l’angoscia cercando invano di fissare il suo ambiente come la propria evo-
luzione. Si può, pure, evocare la carenza paradossale di creatività dell’iperattivo improduttivo
o la rigida fissazione dell’inibito.

La creatività attraversa qualsiasi esperienza psicomotoria.


Lo psicomotricista non propone esercizi organizzati a priori. Al contrario, a partire dalle con-
clusioni del bilancio, nel quadro del progetto individualizzato, le situazioni evolutive sono
aggiustate su misura. Grazie a questa creatività, basata sul dialogo tonico-emozionale, egli
può avvicinare persone anche molto sprovviste. Questa immaginazione professionale permet-
te di valutare competenze ben curate che, a volte, possono essere non percepite, mascherate
dal rumore dei sintomi.

Dalla parte del paziente favorire la sua creatività, specie grazie alle mediazioni, sottolinea la
rottura tra la Psicomotricità e le tecniche di condizionamento e di apprendimento centrate sul
compito. Si dà al soggetto la possibilità delle sue azioni facendone emergere i potenziali grazie
all’espressività dell’Io, poggiato sul piacere di agire.
Grazie all’esperienza del piacere legato alla sua creatività, il soggetto trasferisce fuori della
seduta i suoi nuovi modi di agire.

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La terapia psicomotoria, per essenza, è una creatività che induce una profonda trasformazione
della relazione della persona con sé stessa, gli altri, l’ambiente. Senza creatività non c’è auto-
nomia, espressione di sè, liberazione delle emozioni conflittuali o traumatiche.
In alcuni psicotici, certe produzioni altamente creative riflettono dei contenuti psichici disor-
ganizzati. Le mediazioni artistiche, allora, sono un ricorso terapeutico efficiente per incontrar-
li e favorire il ritorno ad un’esperienza contenitiva, socializzante.
La creatività porta ad una produzione che ha senso nella realtà, è comprensibile per gli altri e
soddisfacente per la persona.
..............................

F PIACERE F
In Psicomotricità, questa complessa nozione è affrontata in maniera diversa dalla compren-
sione che si propone in psicoanalisi. Se il piacere è definito come il sentimento connesso alla
soddisfazione dei bisogni emergenti sotto la forma dei desideri, è allora da considerare come
la conseguenza positiva dell’espressione e della messa in atto delle differenti capacità psico-
corporee:
- ad esprimersi, piacere di scambiare nel dialogo tonico-emozionale;
- ad agire, piacere del gesto, dell’attività che apre all’iniziativa motoria;
- ad apprendere, funzione epistemofilica.

Sin dalla nascita, sono in gioco questi tre importanti orientamenti creando una tensione nel
bisogno, una calma nella soddisfazione. Nella prima infanzia il soggetto è coinvolto in una
relazione asimmetrica con l’adulto da cui dipende per ottenere questa soddisfazione. La com-
plessità dei giochi dipendenze-indipendenze, presenza-assenza, soddisfazione-frustrazione,
permette il disimpegno verso l’autonomia e l’apertura degli spazi intermediari, di pensiero, di
azione in cui si va a creare la libertà della persona. L’iniziativa personale permette al soggetto
di soddisfare i propri bisogni in modo autonomo come nello scambio con l’altro.
È in questa dimensione che in Psicomotricità si può affrontare il piacere corporeo: ricercare il
benessere come base dell’esperienza del corpo, di rivalorizzazione narcisistica, di dinamiciz-
zazione dei processi di pensiero, quindi di apprendimento.

La ricerca di piacere diventa ansiogena quando:


- È destabilizzato l’equilibrio nelle relazioni con gli altri;
- I bisogni non sono soddisfatti, la loro espressione è maltrattata dal rifiuto, esagerata da rispo-
sta eccessiva o anticipata;
- Le richieste, le aspettative sono troppo intense, smisurate;
- La ricerca del piacere diventa una ricerca per compensare la carenza dell’immaginario.

Che i sintomi tocchino le sfere tonico-motorie, espressive, che frenino gli apprendimenti, que-
sti slanci eccessivi, iperinvestimenti, esigenze smisurate verso sè stessi e gli altri o, al con-
trario, assenza di desiderio verso il soggetto o di una sua parte, questi attivano delle reazioni
comportamentali esasperate di iperattività, di ricerca esagerata di immediata soddisfazione o
inibizione ad agire, parlare, apprendere.

63
In Psicomotricità, mai lasciar fare o far piacere al paziente. Si costruisce un setting terapeuti-
co dove i limiti dello spazio e del tempo, riconosciuti e accettati, permettono l’espressione di
desideri positivi e realistici.

È grazie all’esperienza del piacere corporeo nella soddisfazione dell’azione aggiustata e orien-
tata, dell’espressione riconosciuta, della percezione cinestesica calma, che la terapia psicomo-
toria favorisce l’aggiustamento della persona al suo ambiente e l’espletarsi dei suoi potenziali
nell’adeguamento tra desiderio e realizzazione di sè.
L’esperienza positiva del corpo, ad esempio nel rilassamento, fornisce i riferimenti sicuri e
rassicuranti che permettono di sostituire le condotte ripetitive, motivate da un eccesso di im-
pulso o di repressione dei desideri, tramite dei comportamenti aggiustati.
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F RESPIRAZIONE F
Regolata automaticamente dai processi neurofisiologici, questo ritmo di base dell’organismo
è pure sottoposto alla volontà, sottolineato dal significato che i passaggi d’aria possono rive-
stire per la persona in rapporto alla carica affettiva ed emozionale.
L’interesse della Psicomotricità per la respirazione è ereditato dallo yoga, in connessione con
le tecniche psicocorporee, il rilassamento attivo e passivo. Non ci si interessa dell’aumento
della capacità respiratoria o del controllo volontario del soffio, ma alla dimensione vissuta
degli scambi di aria, componente psicosomatica dei disordini della respirazione (blocchi, di-
spnee, apnee del sonno, disritmie della parola, ...).
Gli esercizi respiratori in Psicomotricità e Rilassamento favoriscono la regolazione del ritmo
respiratorio (2 o 3 tempi), l’aggiustamento della respirazione alle attività corporee e alla po-
stura (per eliminare i blocchi tonico-emozionali). Molto spesso, essi sono basati sulla presa di
coscienza delle regioni corporee coinvolte e sul riconoscimento della dimensione emozionale.

La respirazione va affrontata sotto l’angolo dei suoi rapporti con le funzioni psicomotorie.
Comprendere che la qualità e l’equilibrio della trama muscolare sono influenzati, tramite il
dialogo tonico, dalle emozioni permette di descrivere i rapporti tra disordini respiratori e
vissuti affettivi. Ad esempio, nella crisi dello spasmo del singhiozzo, il bambino fa ricorso al
blocco della sua respirazione per trovare una via di uscita da una situazione conflittuale con
l’adulto ed una mancanza di sicurezza corporea.
Il vissuto negli scambi d’aria interviene nella coscienza del corpo, nella percezione e in segui-
to nella rappresentazione dell’interno, dell’esterno, dei limiti, dell’asse, dell’alto e del basso.
Le distonie, le paratonie, i blocchi sono altrettante espressioni corporee che disturbano, ridu-
cono le possibilità fisiologiche dell’organismo, inducono disturbi metabolici e psicosomatici.
Sentire la propria respirazione partecipa al sentimento di esistere, offre un punto di riferi-
mento personale. Il disturbo respiratorio, ad esempio l’asma, è sia un sintomo della difficoltà
di espressione dell’angoscia o della sofferenza percepita sia un’esperienza mortifera che si
aggiunge all’ansia in un processo di stress anticipato. Nel bambino prematuro intubato, la
respirazione, sorgente di dolore, costituisce il fondo dei disturbi della coscienza del corpo…

La valutazione della respirazione in Psicomotricità è unicamente quantitativa, complementare


ai test medici respiratori polmonari e alle osservazioni degli specialisti della voce e del lin-

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guaggio. L’interesse riguarda l’aggiustamento del ritmo e l’ampiezza respiratoria all’attività
in relazione. I blocchi e le disritmie, che possono determinare disturbi dell’eloquio, iper o
ipoventilazioni, vengono compresi come delle espressioni psicosomatiche.

Gli esercizi respiratori mirano soprattutto alla presa di coscienza, eventualmente materializza-
ta, visualizzata e mediata, del soffio verso, nel e dal corpo.
Il rilassamento permette di prendere coscienza della propria maniera di respirare, senza im-
porre un modello di ampiezza, di ritmo. La relazione contenitiva con il terapeuta, associa-
ta all’esperienza di solitudine accettata e valorizzata, apporta una calma soddisfacente. La
respirazione si modifica in rapporto con l’abbassamento della vigilanza e il rallentamento
cardiaco, si amplifica, si regola in 3 tempi. Questa particolare esperienza, scoperta di modi di
respirare personalizzati, favorisce la fluidità simbolica, riconosciuta, accettata. Clinicamen-
te si descrivono, allora, spesso nell’adulto una progressione concomitante tra liberazione ed
equilibrazione della respirazione e arricchimento delle associazioni tra percezioni corporee e
immagini mentali.
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F LEGAME PSICOCORPOREO F
In Psicomotricità, il legame psicocorporeo è un’evidenza. Questo processo naturale uni-
sce corpo e mente sul piano neurologico e psicologico nell’ambiente sociale. Si costruisce
nell’esperienza tramite la sensorialità, la percezione, l’azione. Alla base del sentimento di
essere sè stesso, esso è influenzato dai processi di riflessività sociale, è impregnato dagli af-
fetti e dalle emozioni a livello della sua consistenza e della sua strutturazione, sulla base del
temperamento biologico.
Esso si manifesta tramite l’espressione psicomotoria nelle azioni e attraverso l’espressione
psicosomatica nel funzionamento biologico dell’organismo.

Dal punto di vista evolutivo il legame psicocorporeo può essere considerato come una proto-
funzione. Nel corpo a corpo del dialogo tonico-emozionale esso è attivato dal processo di at-
taccamento, associato alle prime condizioni di vita, alla disponibilità umana innata a costruire
relazioni, ad esprimersi ed elaborare rappresentazioni mentali. La dinamica interna, la capaci-
tà a desiderare, ad esprimersi, il grado di resilienza, gli stili per far fronte agli stress e ai traumi
dipendono da questo flusso di emozioni e rappresentazioni di sè. Esso può equilibrarsi, fluire
nella realizzazione di sè o incistarsi nel sintomo psicomotorio o psicosomatico.

Se equilibrio e fluidità sono disturbati in uno dei livelli, neurologico, psicologico o sociale, i
disturbi dello sviluppo e delle espressioni psicomotorie e/o psicosomatiche sono la testimo-
nianza della discordanza nelle relazioni del soggetto al suo ambiente. Nello spazio complesso
di queste relazioni corpo-mente-azione-percezione-emozioni-rappresentazione sembra che,
anche se Psicomotricità e Psicosomatica sono indissociabili, i disturbi riguardanti il primo
registro sarebbero più connessi a dei disordini dell’investimento dell’ambiente, dell’oggetto,
comprese le funzioni di azione corporea; mentre nella sfera psicosomatica è l‘organo malato
che assumerebbe un particolare valore simbolico tramite un ritorno su di sè. La dimensione
relazionale è sempre presente, ma il richiamo, espressione delle sofferenze psichiche, dei con-
flitti, prende vie differenti.

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COMPARAZIONE DEI LIVELLI DI ESPRESSIONE PSICOCORPOREA

Questa tassonomia propone una classificazione differenziata dei disturbi psicomotori o psi-
cosomatici. Le differenze individuate sono indicative, sono menzionate per facilitare la com-
prensione della differenza tra i processi di espressione dei disturbi del legame corporeo, senza
esaustività né vera separazione oppure opposizione tra i registri studiati.

Qualunque sia l’età, le procedure, i test, gli strumenti di valutazione permettono allo psicomo-
tricista di valutare l’affidabilità, la qualità, la resistenza, la fluidità del legame psicocorporeo:
- Raccolta di elementi clinici;
- Anamnesi particolarmente centrata sui primi anni di vita;
- Risultati dei test;
- Reazioni soggettive che manifestano l’emotività.
La loro sintesi permette di affrontare la problematica:
Qual è l’organizzazione psicocorporea specifica di questa persona, tenuto conto della sua storia,
del suo ambiente, della sua costituzione, delle sue attese, della sua vita quotidiana ? Come essa,
in funzione di questi parametri, arriva o meno ad adattarsi, agire, apprendere, comunicare ?
Quali possono eventualmente essere i ruoli assunti dai suoi disturbi, dai suoi sintomi in questo
contesto e nella sua economia psichica ?

Sembra, allora, possibile proporre che ogni intervento in Psicomotricità tenderà al rinforzo del
legame corporeo, qualunque sia la forma assunta dal sintomo.

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F ADATTAMENTO F
L’adattamento è quel processo globale per il quale una persona si aggiusta naturalmente alle
sue condizioni di esistenza. Mette in gioco tutti i livelli di espressione del suo funzionamento,
dall’intimità biologica della cellula ai sistemi psicologici e sociali complessi e la rende atta ad
assimilare e conoscere il suo ambiente. Questo continuo rimaneggiamento omeostatico può
essere affrontato nella duplice prospettiva interna e relazionale, con il bisogno per l’organismo
sia di mantenere un particolare equilibrio abbastanza stabile sia di creare ad ogni nuova espe-
rienza la possibilità di un’evoluzione.
I disturbi psicocorporei sono sempre connessi a delle difficoltà di adattamento.

Le conoscenze specifiche professionali dello psicomotricista – sapere, saper fare e saper es-
sere – gli permettono di favorire questi processi di apprendimento, di accomodamento e di
assimilazione nel rispetto delle caratteristiche proprie di ogni persona, dei suoi ritmi evolutivi.
Questo aggiustamento al paziente passa soprattutto tramite il linguaggio del corpo, ricono-
sciuto e sostenuto. Si può qui parlare di pedagogia psicomotoria. È con l’adattamento al pa-
ziente, materiale e relazionale, che viene favorito lo sviluppo delle sue esperienze, della sua
autonomia per andare verso il dispiego delle sue proprie capacità di adattamento. Lo scopo
dell’intervento è quello di provocare delle modifiche, transitorie o permanenti, per permettere
al paziente di sviluppare al massimo il ventaglio delle sue possibilità. L’adattamento non è un
fenomeno rigido, ma un processo mobile e complesso che varia in funzione delle circostanze,
degli eventi della vita, delle competenze psicomotorie e, quindi, dell’età.

Qualsiasi intervento in Psicomotricità, tutti gli aspetti tecnici e relazionali, sono sottoposti a
questa regola dell’adattamento al paziente sin dal primo incontro del bilancio:
1) Differenziandosi dai modelli di apprendimento per condizionamento, che hanno la ten-
denza a minimizzare la creatività individuale e favoriscono le risposte automatiche, quindi
poco adattabili.
2) Non proponendo delle condotte terapeutiche o delle progressioni di esercizi costruiti a
priori, ma inventati per ogni persona secondo una progressione individualizzata, anche in
gruppo, a partire dalle conclusioni del bilancio.
3) Su un altro versante, la terapia psicomotoria si smarca dalla psicoanalisi specialmente per il
suo calore relazionale e la duttilità del setting terapeutico, basato su una prossimità corporea
rassicurante.

L’intervento in Psicomotricità si propone lo sviluppo delle competenze per adattarsi, scambia-


re con l’altro direttamente o tramite un mediatore, ascoltare, guardare, integrare e organizzare
le percezioni entero ed esterocettive dentro dei quadri di riferimento personali rassicuranti
(referente corporeo sensoriale e motorio). Così, oltre alla riduzione dei segni e dei sintomi
dolorosi e invalidanti, costituiscono criteri oggettivi di fine di presa in carico in Psicomotricità
la soddisfazione della persona nei suoi adattamenti quotidiani e i rimandi positivi da parte
dell’ambiente.

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INDICE
Presentazione all’Edizione Italiana di Bernardo Dalla Bernardina 5
Prefazione di Gérard Hermant 7
Introduzione e Metodologia 9
Funzione tonica – Tono 11
Dialogo tonico 12
Disturbi tonico-emozionali 13
Corpo 14
Sviluppo psicomotorio 14
Espressione psicomotoria 15
Ritardo dello sviluppo 17
Coordinazione – Gesto – Prassie – Motricità fine
Prensione – Goffaggine motoria e gestuale – Disprassia 19
Equilibrazione – Equilibrio 26
Lateralizzazione – Lateralità 27
Schema corporeo – Coscienza del corpo
Immagine del corpo – Limiti del corpo 29
Io Corporeo – Identità psicomotoria 34
Spazio 35
Ritmo 36
Disturbo psicomotorio – Disarmonia psicomotoria
Sindrome psicomotoria 39
Instabilità psicomotoria – Iperattività – Deficit dell’attenzione 41
Inibizione psicomotoria 43
Bilancio psicomotorio – Test psicomotorio 44
Aspettativa del paziente 46
Terapia psicomotoria 47
Progetto terapeutico 48
Setting terapeutico – Contenimento 48
Relazione terapeutica – Disponibilità psicocorporea – Empatia 50
Rilassamento 51
Disgrafia – Grafomotricità 52
Comunicazione 54
Vissuto 55
Emozione 56
Sensorialità 57
Sguardo 59
Attenzione 60
Creatività 62
Piacere 63
Respirazione 64
Legame psicocorporeo 65
Adattamento 67
Stampato presso Grafical srl
Marano di Valpolicella - Verona, Italia
dicembre 2012
e 15,00 www.ciserpp.com ISBN 978-88-908239-0-9

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