Sei sulla pagina 1di 32

IMPIANTI COMBINATI E

COGENERATIVI

Professore: Paolo Venturini

Semestre: 5

Anno accademico: 2018/2019

CFU: 6

Testo di riferimento: Turbine a gas e cicli combinati (Giovanni Lozza)


Turbine a gas e cicli combinati

Sommario
Turbine a gas e cicli combinati .........................................................................................2
Richiami di termodinamica delle turbine a gas ...............................................................3
Turbine a gas ...................................................................................................................3
Ciclo aperto ideale ...........................................................................................................4
Cicli reali ..........................................................................................................................4
Cenni di analisi entropica .................................................................................................5
Cicli Combinati ...................................................................................................................7
Fondamenti termodinamici...............................................................................................8
Approssimazione del ciclo ideale con fluidi reali ..............................................................9
Rendimento di un ciclo combinato .................................................................................10
Cicli a vapore a recupero ...............................................................................................10
Assetti del ciclo a recupero ............................................................................................12
Ottimizzazione delle pressioni di evaporazione .............................................................13
Assetto con post-combustore ........................................................................................14
Assetti di repowering .....................................................................................................14
Altri cicli a gas e cicli misti .............................................................................................15
Cicli a gas con rigenerazione .........................................................................................16
Compressione inter-refrigerata (IC) ...............................................................................17
Ricombustione (Reheat) ................................................................................................18
Combinazioni di intercooling, rigenerazione e reheat ....................................................18
Cicli misti gas/vapore .....................................................................................................19
Le turbine a gas e la cogenerazione ..............................................................................21
Aspetti generali e indici di valutazione ...........................................................................21
Situazione della cogenerazione in Italia .........................................................................23
Cogenerazione con turbina a gas con recupero semplice .............................................23
Cogenerazione con turbina a gas ad iniezione di vapore ..............................................24
Cogenerazione con cicli combinati ................................................................................24
Microturbine a gas .........................................................................................................25
Le turbine a gas e il carbone...........................................................................................27
Gli impianti con gassificazione (IGCC) ..........................................................................27
Impianti con letti fluidi pressurizzati (PFBC)...................................................................31
Richiami di termodinamica delle turbine a gas
Turbine a gas
I cicli delle turbine a gas hanno come riferimento concettuale il ciclo Brayton (o Joule):
• 1-2: compressione adiabatica;
• 2-3: riscaldamento isobaro;
• 3-4: espansione adiabatica;
• 4-1: raffreddamento isobaro.

Per il ciclo ideale si assume che le trasformazioni adiabatiche


siano isoentropiche e che le isobare siano rigorosamente tali.
Il gas, inoltre, è anche perfetto:
− pv=RgT e quindi le proprietà termodinamiche u, h, cp, ϒ
non dipendono dalla pressione;
− Il gas non subisce trasformazioni chimiche;
− cp è costante e indipendente dalla temperatura.
Queste condizioni sono realizzabili da un gas monoatomico in ciclo chiuso, quindi senza scambi di massa
con l’esterno (portata massica costante). Il rendimento è pari a:
𝑇
𝑞𝑒𝑥 𝑐𝑝 (𝑇4 − 𝑇1 ) 𝑇1 (𝑇4 − 1)
1
ƞ=1− =1− =1−
𝑞𝑖𝑛 𝑐𝑝 (𝑇3 − 𝑇2 ) 𝑇3
𝑇2 (𝑇 − 1)
2
1−𝑛
Osservazione: Per una generica politropica: pvn=k. Se poi il gas è perfetto: 𝑇𝑝 𝑛 =k. Per essere adiabatica,
poi, n=k. Quindi:
1−𝑘 1−𝑘 1−𝑘
𝑝 𝑇
TRASF. 1-2: 𝑇1 𝑝1 𝑘 = 𝑇2 𝑝2 𝑘 ⇒ (𝑝2 ) 𝑘 = 𝑇1
1 2
1−𝑘 1−𝑘
𝑘 𝑘 𝑝3 1−𝑘 𝑇4
TRASF. 3-4: 𝑇3 𝑝3 = 𝑇4 𝑝4 ⇒ ( ) 𝑘 =
𝑝4 𝑇3
𝑝
Chiamando poi 𝛽 = 𝑝2 e sapendo che p2=p3 e p1=p4 risulterà:
1

ƞ = 𝟏 − 𝜷−𝜺
𝑘−1
Si nota quindi che il rendimento dipende solo β e da 𝜀 = 𝑘
.
Per innalzare η si può quindi aumentare β oppure usare gas
diversi agendo su k.
Il rendimento non dipende invece la temperatura massima del ciclo T3.
Inoltre η di un ciclo a gas ideale è inferiore a quello di Carnot operante tra le stesse temperature.

Il lavoro specifico ha un’importanza economica fondamentale: più elevato è il lavoro specifico, minore è la
portata massica che dovremo utilizzare per sviluppare una certa potenza utile, minori saranno le
dimensioni e il costo delle macchine impiegate (turbina e compressore).
Quindi nell’ottimizzazione dei TG oltre al rendimento, devo tenere d’occhio il Ls.
Il lavoro utile specifico risulterà:
𝑇3 𝑇2
𝑙 = ƞ𝑞𝑖𝑛 = (1 − 𝛽 −𝜀 )𝑐𝑝 (𝑇3 − 𝑇2 ) = (1 − 𝛽 −𝜀 )𝑐𝑝 𝑇1 ( − )
𝑇1 𝑇1
Il lavoro specifico dipende dalla temperatura T3, da β e dalle caratteristiche del fluido.
Utilizzando metodi analitici è possibile trovare i valori di T3 che
massimizzano il lavoro utile specifico. Risulterà in particolare:
𝑇3
− 𝑙=0 𝑝𝑒𝑟 𝛽 = 1, 𝛽 −𝜀 =
𝑇1
𝑇
− 𝑙𝑚𝑎𝑥 𝑝𝑒𝑟 𝛽 −𝜀 = √𝑇3 ⇒ 𝑇2 = 𝑇4 = √𝑇3 𝑇1
1

I cicli a turbina a gas sono affetti da un “difetto termodinamico”


cioè degli scambi di calore a temperatura variabile: sono quindi
intrinsecamente meno efficienti rispetto ad altri cicli operanti nello
stesso campo di temperature.

Per ottenere η elevati, senza trascurare il Ls (ottimizzazione), devo aumentare il campo di temperature in
cui lavora il ciclo T1-T3 e ricorrere a β elevati nei limiti del lavoro specifico.

Ciclo aperto ideale (con fluido reale)

Rimuoviamo l’ipotesi di indipendenza del cp dalla temperatura (cp aumenta con la temperatura).
Il ciclo è APERTO.
Riassumendo:
• Il fluido di lavoro è aria;
• Il calore assorbito è dato da una combustione interna in cui l’aria fa da comburente;
• La cessione di calore è data dalla dispersione dei gas combusti in ambiente.

Segue, evidentemente che:


o Non ci sono scambiatori di calore (il che implica meno ingombri e
meno costi e una macchina leggera e compatta);
o Il ciclo aperto è adatto ad operare a temperature massime più
elevate dei cicli chiusi (in un ciclo aperto le parti ad alta temperatura
sono solo alcune zone del combustore e della turbina che posso
raffreddare);
o Vi sono severi limiti sulla scelta del combustibile (erosione turbina);
o La pinf è fissata dall’uso dell’aria (pamb).

L’analisi si complica in quanto la trasformazione 2-3 è una combustione che


variazioni chimiche del fluido; ne segue che uno stesso ciclo varia le
proprie prestazioni in base al combustibile.
Inoltre, la portata massica cambia, in base alla combustione nella quale
viene aggiunto il combustibile, così come il calore specifico (cambio composizione chimica).
La schematizzazione del gas ideale per l’aria e i gas combusti è ancora adeguata ma nonostante ciò
l’analisi del ciclo aperto si complica (variazioni cp con temperatura e composizione + combustione).

Nel caso in cui usassi fluidi reali (due grafici η e Ls) avrei rendimenti simili, ma lavori specifici molto
maggiori legati all’aumento del calore specifico tra compressione ed espansione (le curve hanno stessi
andamenti).

Cicli semplici reali


L’utilizzo delle macchine reali porta con sé numerose perdite e processi dissipativi:
1) Compressione/espansione non isoentropiche (rendimento macchine reali);
2) Isobare imperfette a causa di perdite:
a. All’aspirazione del compressore (filtro e condotti d’aria);
b. Nel combustore e nei condotti di adduzione alla turbina;
c. A valle della turbina (camino, silenziatori, recuperatori, etc).
3) Perdite termiche per conduzione/convezione nelle parti calde della macchina;
4) Incompleta ossidazione in fase di combustione (CO anziché CO2 in gas combusti);
5) Perdite di massa (tenute);
6) Irreversibilità dovute al raffreddamento delle pareti surriscaldate,
Queste ultime due non sono perdite “interne” ma “esterne”:
7) Perdite in trasformazione di energia elettrica in meccanica;
8) Perdite meccaniche (attriti, ventilazioni, etc).

Cenni di analisi entropica (pag. 277-281 Appendice 2)


Il rendimento di una trasformazione termodinamica ha come definizione generale:
𝒓𝒊𝒔𝒖𝒍𝒕𝒂𝒕𝒐 𝒖𝒕𝒊𝒍𝒆
ƞ𝑰 =
𝒔𝒑𝒆𝒔𝒂
Tale definizione può essere legata al primo principio della termodinamica e perciò è detto ‘’rendimento di
primo principio”. Tale parametro ci dà informazioni sulle quantità relative dei flussi di energia coinvolti ma
non dice nulla sulla bontà delle trasformazioni. ηI è valido come parametro di merito delle trasformazioni
solo se si confrontano fra loro macchine che utilizzano e producono le stesse forme di energia (stesso tipo
di impianti, combustibile, etc).
Si introduce perciò il ‘’rendimento di secondo principio”:
𝒓𝒊𝒔𝒖𝒍𝒕𝒂𝒕𝒐 𝒖𝒕𝒊𝒍𝒆 𝒓𝒆𝒂𝒍𝒆
ƞ𝑰𝑰 =
𝒓𝒊𝒔𝒖𝒍𝒕𝒂𝒕𝒐 𝒖𝒕𝒊𝒍𝒆 𝒄𝒐𝒏𝒔𝒆𝒈𝒖𝒊𝒃𝒊𝒍𝒆 𝒄𝒐𝒏 𝒑𝒓𝒐𝒄𝒆𝒔𝒔𝒐 𝒓𝒆𝒗𝒆𝒓𝒔𝒊𝒃𝒊𝒍𝒆
Lavoro utile reale su lavoro utile conseguibile in un ciclo reversibile operante tra le stesse T (massimo).
Tale definizione tiene conto delle irreversibilità legate al II principio.
Le classifica e individua le cause delle perdite di η.
• Irreversibilità allo scarico: legate alla temperatura di uscita dei gas combusti, minore è tale T
maggiore è l’energia estratta (ad esempio aumento β);
• Irreversibilità legate alla combustione, legate al fatto che l’energia chimica del combustibile viene
trasferita ad un fluido con una certa T (dovrei aumentare la temperatura media del fluido in ingresso
agendo anche qui su β).

Per classificare le quantità e la qualità dei flussi energetici (analisi entropica), si usano entrambi gli η.
Considero un sistema stazionario generico, contornato da un ambiente a T0 e p0, che scambia con l’esterno
potenza meccanica W e diverse potenze termiche Qi, attraverso sorgenti di calore a Ti. Nel sistema sono
introdotte ed escono una o più portate massica (Gin e Gout).

Per il primo principio avremo:


𝑛

∑ 𝑄𝑖 − 𝑊 + ∑ 𝐺ℎ∗ − ∑ 𝐺ℎ∗ = 0
𝑖=0 𝐼𝑁 𝑂𝑈𝑇
∗ 𝑣2
Oss.: ℎ = ℎ + 2 + 𝑔𝑧
Per il secondo principio:
𝑄
− ∑ − ∑ 𝐺𝑠 + ∑ 𝐺𝑠 ≥ 0
𝑇
𝐼𝑁 𝑂𝑈𝑇
Dimostrazione sul libro pag. 280-281
Ogni ΔSi dà luogo ad una perdita di rendimento ΔηII,i. Quindi è possibile capire immediatamente di quanto
potrebbe aumentare η del sistema se si riuscisse ad eliminare la i-esima causa di irreversibilità.
I componenti delle turbine a gas
Combustore
Il combustore innalza la temperatura del ciclo mediante le reazioni di ossidazioni del combustibile.
La T3 è limitata dai valori di resistenza dei materiali: massimo 1250-1400 °C.
La quantità di combustibile usata è notevolmente inferiore a quella stechiometrica!
Per esempio supponendo l’aria in uscita dal compressore a 400 °C e metano come combustibile,
la combustione ideale stechiometrica porterebbe i gas combusti a 2430°C, temperatura
inaccettabile per le attuali turbine a gas. Per fissarmi su temperature dell’ordine di 1300°C uso un
rapporto aria/metano di circa 45, contro i 17 stechiometrici!
Di conseguenza l’eccesso d’aria nei gas combusti e molto elevato (15% in volume): uso
l’eccesso d’aria per tenere bassa la temperatura.
Esiste un limite inferiore di infiammabilità di una miscela aria/combustibile, se il combustibile è
troppo poco la fiamma non si mantiene e propaga correttamente. Ad esempio il metano non si
accende se è inferiore al 5% del volume totale (nell’esempio precedente non si accenderebbe).
Di conseguenza la progettazione (disegno) di un combustore è realizzata in modo particolare:
• Zona primaria: affluisce solo parte dell’aria comburente, è presente un corretto rapporto
aria/combustibile (quasi stechiometrico);
• Zona secondaria: aggiungo la portata di aria e completo le reazioni di ossidazioni;
• Zona di diluizione: l’aria viene aggiunta per abbattere la temperatura e le emissioni.
Tutto ciò è realizzato in un liner, un cilindro forato che contiene la fiamma e che permette il
passaggio dell’aria di diluizione attraverso i suoi fori. Il liner è raffreddato dall’aria stessa e isola la
zona dei gas combusti caldi dall’esterno (resiste sollecitazioni termiche).

Definizioni di TIT

La ricerca e lo sviluppo nel settore del raffreddamento pale puntano ad aumentare la temperatura
massima consentita del ciclo (e quindi rendimento e lavoro).
Cosa si intende per temperatura massima del ciclo? Ci sono tre definizioni:
• COT – temperatura di uscita dal combustore;
E’ la temperatura dei gas combusti uscenti dalla cc così come investono la prima schiera statorica.
• TIT – temperatura totale di ingresso nel primo rotore;
Si ottiene miscelando i gas caldi con l’aria di raffreddamento della prima schiera statorica.
• TITISO – temperatura di ingresso turbina secondo ISO;
Si ottiene miscelando i gas caldi con l’aria di raffreddamento di tutte le schiere statoriche.
Per tutte e tre si parla di temperature “medie” (disomogeneità sui 360°).
Ovviamente, COT>TIT>TITISO.
La COT ha il vantaggio di essere ben individuabile e la massima sentita dai materiali.
La TIT è quella sentita dall’elemento più critico della turbina, la prima schiera statorica sollecitata
termicamente e meccanicamente, ma soprattutto rappresenta la condizione termodinamica in cui il
ciclo inizia a produrre lavoro (più usata).
La TITISO è un indice della bontà dei sistemi di raffreddamento delle pale.
Aspetti termodinamici dell’espansione raffreddata (sistema di raffreddamento)

Devo garantire l’integrità fisica delle parti metalliche del sistema (pale della turbina).
Le temperature massime all’uscita del combustore sono 1100-1500 °C, assai più elevate di quanto
sopportato dai materiali metallici più sofisticati (800-900°C).
Quindi raffreddo le parti metalliche calde prelevando circa il 20% dell’aria dal compressore.
Tale aria, dopo aver lambito le palette, viene miscelata con i gas: diminuisce la temperatura del
gas e quindi il lavoro estraibile, l’aria è più lenta dei gas caldi e dovrà accelerare (ulteriori perdite),
perdite fluidodinamiche (perturbazione flusso). Il miscelamento è altamente irreversibile.
L’espansione dei gas in turbina quindi non è adiabatica poichè un notevole flusso termico viene
trasferito dal gas al refrigerante interno alla pala.

L’aria di raffreddamento subisce importanti perdite di pressione dal punto in cui essa è prelevata
(compressore) e il punto in cui è re-immessa: aggravio lavoro del compressore. L’aria inoltre viene
sempre immessa a pressione più alta rispetto al flusso (rischio altrimenti percorso inverso).
Il raffreddamento implica perciò perdite di lavoro e rendimento.
Le perdite di lavoro: abbassamento della temperatura + parte dell’aria compressa che non si
riscalda ed non espande in turbina; quelle di rendimento: irreversibilità della miscelazione.
Da un lato quindi devo aumentare la temperatura di ingresso in turbina; dall’altro devo minimizzare
le perdite per raffreddamento (con sistemi sempre più complessi).

Cicli Combinati
I gas di scarico del turbogas rappresentano un grande serbatoio energetico da sfruttare (10-15%
di ossigeno dovuto all’eccesso d’aria in combustione). Contengono la potenza immessa dal
combustibile non sfruttata dalla turbina (al netto delle perdite).

Tale contenuto nelle macchine a ciclo semplice è dissipato in ambiente, ma può essere in buona
parte recuperato mediante la tecnologia dei cicli combinati gas/vapore.
I cicli combinati consistono nell’accoppiamento in cascata tra la turbina a gas e un ciclo a vapore.
Il RENDIMENTO elevato, bassi costi di investimento e ridotte emissioni (stesso combustibile).
Ad oggi tecnologia più economica e pulita per la produzione di energia elettrica da fonti fossili.
I cicli combinati sono classificati secondo tre caratteristiche:

• Rispetto ai cicli interni:


➢ ‘’topping’’, che è il ciclo a gas (alte temperature);
➢ ‘’bottoming’’, che è il ciclo a vapore (medie-basse temperature).
• Rispetto al miscelamento gas-vapore:
➢ Cicli misti (MIXED), nei quali c’è la miscelazione gas combusti/acqua;
➢ Cicli combinati (UNMIXED), nei quali vi è separazione fisica tra gas e vapore.
• Rispetto all’introduzione di calore:
➢ Unfired, se avviene solo nella turbina a gas (NO combustione in impianto a vapore);
➢ Fired, se c’è post-combustione nel ciclo a vapore.
• Rispetto alle modalità di costruzione:
➢ Greenfield, se sono interamente ex-novo;
➢ Repowering, potenziamento/ammodernamento di impianti preesistenti a vapore.

Fondamenti termodinamici
Cicli a recupero ideali
1) Recuperare calore da sorgente gassosa la cui temperatura diminuisce quando si estrae calore;
2) Cedere calore, non convertito in en. meccanica, a un pozzo di calore a T=costante (ambiente).

Riceve calore a temperatura variabile e lo cede all’ambiente a temperatura costante, dopo


un’espansione isoentropica.

Tali obiettivi si riassumono in un ciclo ‘’triangolare’’ reversibile sul piano T-S, formata da
un’isobara, un’adiabatica isoentropica di espansione e un’isoterma. Considerando una portata G,
T0 temperatura ambiente e T temperatura superiore a cui corrispondono l’entalpia h e l’entropia s.
La potenza meccanica ricavabile reversibile:
∆𝑠 𝑇0 ∆𝑠
𝑊𝑅𝐸𝑉 = 𝐺[(ℎ − 𝑇0 𝑠) − (ℎ0 − 𝑇0 𝑠0 )] = 𝐺(∆ℎ − 𝑇0 ∆𝑠) = 𝐺∆ℎ (1 − 𝑇0 ) = 𝑄𝐴𝑉 (1 − )
∆ℎ ∆ℎ
QAV: potenza termica ricavabile dal completo raffreddamento della sorgente gassosa.

Ne conseguirà che il rendimento del ciclo reversibile sarà:


𝑊𝑅𝐸𝑉 𝑇0 ∆𝑠 𝑇0 𝑇0
ƞ𝑅𝐸𝑉 = = 1− =1− =1−
𝑄𝐴𝑉 ∆ℎ 𝑐𝑝 (𝑇 − 𝑇0 ) 𝑇𝑀𝐿
𝑇
𝑐𝑝 ln (𝑇 )
𝑜

Si nota che il ciclo ha lo stesso rendimento di un ciclo di Carnot avente come temperature estreme
quella ambiente (inferiore) e quella medio-logaritmica (superiore). Segue che, nel caso reale:
𝑊 𝑊
ƞ𝐼 = ƞ𝐼𝐼 = ƞ𝐼 = ƞ𝐼𝐼 ƞ𝑅𝐸𝑉
𝑄𝐴𝑉 𝑊𝑅𝐸𝑉

Bisogna però notare che non è possibile recuperare tutto il calore Qin<QAV, perciò si introduce il
fattore di recupero (indice bontà scambio di calore tra gas combusti e ciclo a recupero), definito
come:
𝑊 𝑾 𝑄𝑖𝑛
ƞ𝐼 = =  = ƞ = ƞ𝑟𝑒𝑐
𝑄𝐴𝑉 𝑸𝒊𝒏 𝑄𝐴𝑉

η: rendimento del ciclo bottoming (W/Qin) -> lavoro reale su calore reale in ingresso.

ηI: prende il nome di “rendimento di recupero” ηrec; devo cercare di massimizzare questo!
Il ciclo così descritto non è realizzabile nella pratica, in particolare
perché non esiste un fluido in grado di comportandosi sia da gas che
da vapore condensate.

Usiamo il ciclo di Carnot (introduzione e cessione di calore a


temperatura costante), che può essere approssimato con un ciclo a
vapore. Si può notare che l’introduzione di calore a Te comporta due
grandi irreversibilità:

− sA, dovuta allo scambio termico per temperature finite tra gas e fluido in evaporazione;
− sB, dovuta al mancato raffreddamento dei gas fino a T0.

Il ciclo di Carnot non è il più indicato per recuperare calore a causa delle irreversibilità intrinseche.

Il rendimento è influenzato ovviamente da Te che nei casi estremi, si ha:

• T=Te, il rendimento del ciclo sarà elevato, ma ilcalore recuperato nullo;


• T0=Te, che corrisponde a Qin=QAV → =1, ma il rendimento sarà nullo.

Giocando sulle aree sottese da sA e sB, si può trovare il valore di Te per cui ƞrec sarà massimo:

(𝑇 − 𝑇𝑒 ) 𝑇 (𝑇𝑒 − 𝑇0 ) 𝑇𝑒
𝑠𝐴 = 𝑐𝑝 − 𝑐𝑝 𝑙𝑛 𝑠𝐵 = 𝑐𝑝 − 𝑐𝑝 𝑙𝑛
𝑇𝑒 𝑇𝑒 𝑇0 𝑇0

Derivando la loro somma rispetto a Te e ponendo il tutto pari a 0 si ottiene:

𝑇𝑒𝑀𝐴𝑋 = √𝑇𝑇0

Nel caso di utilizzo di due o più cicli di Carnot in serie rispetto al fluido gassoso il rendimento
migliora (al tendere a infinito del numero di cicli in serie si tenderà asintoticamente al rendimento
del ciclo reversibile).

Approssimazione del ciclo ideale con fluidi reali


Nel ciclo di Carnot, cessione e assorbimento del calore avvengono a temperatura costante.

Nei cicli a vapore devo considerare anche due fasi a temperatura variabile riscaldamento e
surriscaldamento che aumentano il loro peso all’aumentare della pressione.

In un ciclo a recupero queste due fasi possono rappresentare un vantaggio se la caldaia a


recupero ha una disposizione controcorrente. Il preriscaldamento riduce la temperatura dei gas
prima dello scarico (maggiore calore assorbito). Il surriscaldamento aumenta il livello termico di
introduzione del calore, rispetto all’evaporazione, migliorando il rendimento (aumento temperatura
media a cui avviene lo scambio).

Quindi mentre negli impianti vapore singoli la pressione superiore non ha limiti termodinamici ma
tecnologici, nei cicli combinati esiste una pressione ottimale di evaporazione determinata
termodinamicamente in funzione della temperatura iniziale dei gas (ottimizzazione).

Il ciclo reversibile (assorbimento calore a temperatura variabile) potrà essere approssimato


secondo due diverse filosofie:
• Un ciclo a vapore che condensi a temperatura costante, ma con una evaporazione a
pressione ipercritica (no fase isoterma, tutto il calore introdotto a temperatura variabile),
usando un fluido che non sia acqua (ammoniaca) e adottando pressioni operative elevate con
problemi di costo e di sicurezza.
• Un ciclo a gas con compressione isoterma, riscaldamento isobaro ed espansione adiabatica.
La compressione isoterma si ottiene mediante inter-refrigerazioni che comportano forti
irreversibilità (Air Bottoming Cycle). I principali problemi sono legati ai rendimenti insufficienti
degli espansori/compressori.
• La pratica impiantistica si è stabilizzata sull’impiego di cicli a vapor d’acqua con due-tre livelli
di pressione (ciclo multi-livelli) in cui ogni livello produce una quantità di calore diverso
sfruttando il calore disponibile a diverse temperature (se uso un solo livello grande aliquota di
calore introdotto a temperatura costante).

Rendimento di un ciclo combinato


Per un ciclo combinato unfired:
𝑊 𝑊𝑡𝑔 𝑊𝑐𝑣 𝑄1𝑐𝑣
𝜂𝑐𝑐 = = + = 𝜂𝑡𝑔 + 𝜂
𝑄𝑡𝑔 𝑄1𝑡𝑔 𝑄1𝑡𝑔 𝑄1𝑡𝑔 𝑐𝑣

considerando il lavoro totale pari alla somma dei lavori dei singoli cicli.
𝑄 𝑄
Dato che 𝜒 = 𝑄 𝐼𝑁 = 𝑄1𝐶𝑉 ⇒ 𝑄1𝐶𝑉 = 𝑄2𝑇𝐺 𝜒 si può dire che:
𝐴𝑉 2𝑇𝐺

𝑄2𝑡𝑔
𝜂𝑐𝑐 = 𝜂𝑡𝑔 + 𝜒𝜂
𝑄1𝑡𝑔 𝑐𝑣

Ricordando poi che:


𝜒𝜂𝑐𝑣 = 𝜂𝑟𝑒𝑐
{𝑄2𝑡𝑔 = 1 − 𝜂 𝜂𝑐𝑐 = 𝜂𝑡𝑔 + (1 − 𝜂𝑡𝑔 − 𝜉)𝜂𝑟𝑒𝑐
𝑡𝑔
𝑄1𝑡𝑔

Dove con ƞtg si intende il rendimento netto della turbina a gas e con ξ si intendono le perdite interne
al gruppo turbogas (potenza termica dispersa in fonti diverse dai gas di scarico).
Ottengo rendimenti elevati senza modificare in alcun modo la macchina principale (turbogas).

Cicli a vapore a recupero


Lo scambio termico nella caldaia a recupero
La caldaia a recupero (GVR o HRSG) è la sede del trasferimento di calore tra gas uscenti il
topping e il fluido del bottoming. Essa provvede a tre distinte operazioni di scambio termico:
o Preriscaldamento acqua liquida (economizzatore);
o Evaporazione acqua (bollitore);
o Surriscaldamento del vapore (surriscaldatore).

La disposizione in controcorrente è fondamentale (evito gradienti di temperatura grandi).


In questo tipo di configurazione la pratica degli spillamenti rigenerativi, usata nei cicli
convenzionali, è controproducente in quanto comporterebbe una dissipazione di gas (di scarico)
ancora caldi nell’ambiente con perdita di lavoro in turbina.
Di particolare importanza risulta il corpo cilindrico, che ha il compito di separare liquido (giù) e
vapore entrambi saturi per semplice differenza di densità.

Lo scambio termico tra il gas e il vapore è caratterizzato da tre differenze di temperatura:

• Il T di pinch point, che è il minimo T


nell’evaporazione;
• Il T di approach point, che è il minimo T nel
surriscaldamento (cioè tra il gas entrante l’HRSG e la
massima temperatura del vapore);
• Il T di sub-cooling, che è la differenza tra la
temperatura di evaporazione e quella dell’acqua
uscente l’economizzatore.

I primi due stabiliscono le differenze di temperatura alla base del progetto termico della caldaia,
mentre il terzo è atto ad evitare rischi di evaporazione nei tubi dell’economizzatore (blocco).

• All’aumentare di Tsc, l’evaporatore (e non l’economizzatore) dovrà cedere più calore


all’acqua affinché evapori (aumento temperatura dei gas al camino);
• All’aumentare del Tap, diminuisce la temperatura massima del ciclo a vapore (quindi il
rendimento);
• All’aumentare del Tpp aumenta la temperatura di scarico dei gas e diminuiscono il grado di
recupero termico, la portata di vapore prodotto e la potenza del ciclo.

Bisogna però notare che la riduzione di qualunque T, comporta superfici di scambio termico
maggiori, cui corrisponde un aumento proporzionale dei costi (ottimizzazione).

Dal punto di vista costruttivo la caldaia a recupero è molto diversa da quella convenzionale.
Nell’HRSG i gas combusti entrano a 650°C circa (no temperature elevate), nella caldaia
convenzionale la zona della fiamma supera i 2000°C (scambi per irraggiamento). Dunque nelle
caldaie a combustione il problema principale è evitare la rottura dei tubi (resistenza termica) e non
l’ottimizzazione dello scambio come nelle HRSG. Dato che in una caldaia a recupero, una T
elevata non rappresenta un problema, si può innanzitutto realizzare la disposizione in
controcorrente, realizzare poi una zona dedicata all’evaporazione con fasci tubieri con scambi
termici per convezione e utilizzare tubi alettati per l’evaporatore e l’economizzatore.

La disposizione della caldaia, verticale o orizzontale, è determinata in base a puri criteri di


convenienza strutturale e di spazi disponibili.

Un elemento distintivo della caldaia a recupero è il tipo di circolazione nell’evaporazione:

− once-through (attraversamento forzato) che prevede un unico passaggio diretto per


ottenere la completa evaporazione e un parziale surriscaldamento (supercritici);
− a circolazione naturale, in cui la circolazione è garantita dalla diversa densità tra il liquido
nel down-comer e la miscela di liquido e vapore presente nei tubi bollitori (il diverso peso
delle due colonne garantisce un deltaP che assicura la circolazione). La frazione di vapore
saturo all’uscita dei tubi bollitori (<20%) è limitata, perciò si fa ricircolare l’acqua nei tubi.
Intrinseca semplicità e la possibilità di autoregolazione;
− a circolazione forzata, in cui quest’ultima è assistita da una pompa che garantisce il
controllo della portata nei tubi bollitori. È la soluzione per le caldaie verticali, perché il corpo
cilindrico non è necessariamente posto al di sopra dei tubi bollitori.

In ogni ciclo a vapore è necessario introdurre un degasatore per liberare l’acqua dai gas in
soluzione (aria, O2, CO2) provenienti dalle imperfette tenute della parte di impianto che opera
pressione inferiore a quella ambiente (turbina BP e condensatore). Tali gas (specialmente
l’ossigeno) sono corrosivi per i materiali metallici.
Il degasatore è uno scambiatore a miscela (serbatoio pressurizzato) che funge anche da
rigeneratore costituito da una “torre a piatti” che garantisce maggiori superfici di contatto
liquido/vapore. Un’opportuna quantità di vapore insufflato dal basso agita l’acqua di alimento,
facilitando la separazione dei gas per diffusione. Infatti mantenendo il liquido in condizioni di
saturazione, la solubilità dei gas come O2 e CO2 è molto bassa (quasi nulla) e quindi questi
fuoriescono. La miscela vapore- gas separato viene poi scaricata in atmosfera (eiettori).

In un ciclo a vapore convenzionale, il vapore è prelevato dalla turbina (funzione rigenerativa), ma,
nei cicli combinati, si elimina lo spillamento, generando vapore in dei tubi bollitori presenti nella
caldaia a recupero. Il degasatore integrato, invece, produce vapore allo stesso modo ma in
eccesso in modo tale da poter essere inviato in turbina sfruttando un corpo cilindrico BP.

Assetti del ciclo a recupero


I cicli bottomer a vapore sono perlopiù caratterizzati da più fasi di evaporazione a diverse
pressioni. Così facendo recupero buona parte del calore nei gas combusti: laddove i gas sono
caldi produco vapore HP e HT, man mano che i gas vengono raffreddati abbasso il livello della
produzione termica (T e P più contenute) -> limito irreversibilità riducendo ΔT scambio.
L’eventuale presenza del risurriscaldamento RH porta vantaggi/svantaggi (complicazioni).
L’assetto impiantistico dei cicli a vapore a recupero è di tre tipi:
➢ Due livelli senza RH (2L): Dopo l’evaporatore LP, è posto l’ECO HP e quindi il
surriscaldatore LP. Lo schema 2L è di larga diffusione per potenze medio-basse con un
buon compromesso.
➢ Due livelli con RH (2LR): il vapore viene estratto dalla turbina ad una pressione intermedia
per essere surriscaldato. Tale schema è scarsamente diffuso: se accetto le complicazioni
dell’RH e della separazione della turbina, mi conviene lo schema a 3 livelli.
➢ Tre livelli con RH (3LR): Rappresenta un’estensione del 2LR con l’aggiunta di una sezione
di evaporazione ad una pressione intermedia, la stessa a cui è effettuato l’RH. Il
surriscaldamento (molto ampio in questo caso) previene la formazione di liquido in turbina e
quindi si possono ottenere pressioni più alte e quindi rendimenti più alti. La soluzione 3LR è
l’opzione di punta nei cicli combinati di potenza elevata.

Ottimizzazione delle pressioni di evaporazione


È possibile determinare le condizioni operative ottimali dei cicli a recupero. Si noti che:

• Le pressioni ottimali dipendono dalla temperatura dei gas allo scarico del turbogas;
• In un ciclo multilivello vanno ottimizzate contemporaneamente tutte le varie pressioni
operative del ciclo;
• La soluzione non può essere ricercata con metodi analitici.

Dall’analisi entropica di un ciclo mono-livello si può osservare che:

− Aumentando la pressione del ciclo diminuiscono le perdite all’HRSG di scambio termico,


mentre aumentano quelle di scarico come era per Carnot (che sono molto più rilevanti nel
caso a temperatura minore);
− Le perdite in turbina crescono con la pressione (se aumento la pressione, il salto entalpico
che smaltisco in turbina è maggiore e quindi maggiori sono le perdite);
− Le perdite per condensazione tendono a diminuire con l’aumento della pressione di
evaporazione, perché diminuisce il calore entrante nel ciclo, ne aumenta il rendimento e
quindi il calore scaricato al condensatore.

Altri assetti dei cicli combinati


Assetto con post-combustore
I gas scaricati dalle turbine a gas si
prestano a subire un ulteriore processo
di combustione mediante uno o più
bruciatori posti prima della sezione di
scambio termico della caldaia a
recupero.

Tale processo è possibile grazie all’elevato eccesso d’aria con cui si lavora nei turbogas ed è
detto post-combustione.
È operato per aumentare la potenza della turbina a vapore (aumento produzione di vapore), che in
questo caso sarà “fired”.
Il rendimento termico di questa operazione è definito come il rapporto tra la produzione termica
addizionale e la potenza termica sviluppata dal post-combustore. Spesso questo rapporto è
maggiore di 1 (apparente controsenso) cioè non solo si recupera interamente il calore addizionale
introdotto, ma si migliora il recupero termico dalla corrente gassosa originaria (grafico).
Questa caratteristica è molto interessante per l’ambito cogenerativo, in questo caso ci interessa
vedere come il calore addizionale venga trasformato in elettricità dal ciclo a vapore a recupero.
𝜂𝑡𝑔 + (1 − 𝜂𝑡𝑔 − 𝜉 + 𝑓𝑝𝑐 )𝜂𝑟𝑒𝑐
𝜂𝑐𝑐𝑝 ==
1 + 𝑓𝑝𝑐
fpc: rapporto tra le potenze termiche sviluppate dalla combustione nel post-combustore e nella
turbina a gas.
Nella pratica quindi la PC comporta una diminuzione del rendimento del ciclo combinato.
La PC inoltre: dà la possibilità di usare in essa combustibili pesanti e meno costosi (olio, carbone)
ma aumenta i costi impiantistici dell’impianto a vapore (aumento potenza) e cambia la fisionomia
dell’HRSG che per temperature alte si avvicina ad una caldaia convenzionale.
La PC è poco usata negli impianti di produzione di sola energia elettrica, ma largamente impiegata
nella cogenerazione.
Assetti di repowering
Il repowering è il processo che consiste nel modificare la fonte energetica di un sistema allo
scopo di aumentare l’efficienza e/o la potenza dell’impianto.
Le turbine a gas sono utilizzate anche per rinnovare e potenziare centrali a vapore preesistenti.
Il repowering può essere realizzato secondo 4 schemi impiantistici:

• Con preriscaldamento dell’acqua di alimento:


Si utilizza il calore recuperato dai gas per il riscaldamento dell’acqua di alimento della caldaia,
eliminando gli spillamenti rigenerativi. La portata in turbina aumenta significativamente con
notevole aumento di potenza, tenendo però conto della limitazione tecnologica di turbina,
condensatore e alternatore. Le modifiche all’impianto sono minime: devio la linea di alimento
d’acqua verso l’HRSG che fa solo da economizzatore. Il motore a vapore può rimanere in
esercizio anche in totale assenza del turbogas.
Si ha un incremento di potenza del 20-30% e di rendimento di pochi punti percentuali (2-3%).

• Con generazione di vapore a media pressione:


Si utilizza il calore recuperato dai gas per generare vapore surriscaldato alle stesse condizioni del
risurriscaldamento del ciclo a vapore. Il vapore prodotto dall’HRSG confluisce in turbina insieme a
quello del reheater della caldaia: si ha aumento di portata in turbina che, spesso deve essere
ridotta per garantire il corretto funzionamento del dispositivo.
È un intervento di facile realizzazione con guadagni di potenza (20-30%) e rendimento (2-3%).
Il recupero termico dai gas infatti presenta differenze di temperature elevate tra gas di scarico e
acqua/vapore con irreversibilità notevoli e temperature dei gas in uscita ancora alte.

• Con ricombustione in caldaia (hot windbox):


I gas combusti sono inviati direttamente al generatore di vapore della centrale esistente, dove, in
virtù del loro elevato contenuto di ossigeno sostituiscono, in tutto o in parte, l’aria come
comburente. Essendo i gas ad alta temperatura, riducono il consumo di combustibile (carbone o
olio) a parità di potenzialità termica della caldaia.
I rendimenti possono raggiungere anche il 40-45% (recupero termico di qualità elevata) ed è
possibile aumentare la potenza dell’impianto aggiungendo aria al comburente.
Non ha avuto successo perché richiede pesanti modifiche al generatore di vapore con aumenti
sostanziali dal punto di vista economico.

• Con trasformazione in combinato “unfired”:


Si tratta di un intervento radicale che consiste nella completa sostituzione della caldaia e degli
annessi con una caldaia a recupero tipica degli unfired. L’impianto a vapore diventa combinato,
utilizzando stessa turbina, turboalternatore e condensatore. Il mantenimento della turbina
comporta vincoli nelle pressioni (e nelle portate) di vapore
La potenza finale del ciclo combinato può risultare raddoppiata. Aumento del rendimento (fino al
60%) e abbattimento delle emissioni (gas naturale al posto olio e carbone).
Solitamente è la turbina a vapore che detta la potenza di quella a gas (cerco portata simile a
condizioni precedenti, tutti i componenti lavorano in condizioni nominali).

Altri cicli a gas e cicli misti


Le turbine a gas hanno raggiunto prestazioni e rendimenti molto elevati (sviluppo tecnologico) senza però
intervenire sul ciclo termodinamico di base che resta modesto e con due grandi difetti. Scarico dei gas
combusti ricchi di calore ad alta temperatura e lavoro di compressione molto elevato rispetto a quello di
espansione (circa il 40%). Il ciclo combinato è in grado di recuperare il calore allo scarico ma comporta
l’utilizzo di un notevole macchinario aggiuntivo, che può rivelarsi economicamente proibitivo per gli impianti
di media e piccola taglia.
Esistono soluzioni a metà tra il ciclo semplice e quello combinato con costi e prestazioni intermedie.

• Cicli termodinamici a gas evoluti che utilizzano come fluido di lavoro solo un gas cioè aria e gas
combusti (rigenerazione);
• Cicli misti in cui i due fluidi principali (aria/gas combusti acqua/vapore) si miscelano in certi punti
dell’impianto.

Questo tipo di interventi sono ad oggi raramente presenti sul mercato, ma restano attuali e al centro di studi
e ricerche. Si preferisce un ciclo semplice ad alta tecnologia rispetto ad un ciclo complesso con condizioni
operative prudenti.

Cicli a gas con rigenerazione


La rigenerazione consiste nell’utilizzo del calore dei gas di scarico per elevare la temperatura dell’aria
entrante nel combustore. Si inserisce quindi uno scambiatore di calore (rigeneratore) che riscalda l’aria
prima di rilasciare in ambiente i gas di scarico.

Trattiamo il caso semplice del ciclo chiuso ideale con gas ideale. Il Qrig dovuto al raffreddamento dei gas
uscenti la turbina rientra nel ciclo riscaldando il gas in pressione prima di ricevere calore dall’esterno. Il
rigeneratore ideale:

− NON ha perdite di carico;


− NON ha perdite di calore con l’esterno;
− Scambia calore a differenze di temperatura infinitesime.

È chiaro che dovrà essere T4=T5 e T2=T6 (uguaglianza temperature terminali scambiatore) e la capacità
termica C=Gcp è uguale per tutti i gas operanti (portata e cp costanti).

Si nota quindi che rispetto al caso di assenza del rigeneratore:

• Il lavoro in turbina e compressore non varia;


• Il calore entrante viene ridotto;
• Il rendimento aumenta.

𝑞𝑒𝑥 𝑐𝑝 (𝑇6 − 𝑇1 ) 𝑇1 (𝛽 𝜀 − 1) 𝑇1 𝑇1
𝜂 =1− =1− =1− 𝜀
= 1 − = 1 − 𝛽𝜀
𝑞𝑖𝑛 𝑐𝑝 (𝑇3 − 𝑇5 ) 𝑇5 (𝛽 − 1) 𝑇5 𝑇3

Dal grafico si nota che, effettivamente, la rigenerazione comporta un guadagno a livello di rendimento
(finché T2<T4 il rendimento è maggiore di quello del ciclo semplice) con massimi vantaggi a bassi ,
quando cioè T4 è più lontana da T2. Per →1 il rendimento è quello di Carnot, ma ciò vale solo nel caso
ideale.

Nella realtà il rigeneratore perde le tre ipotesi fatte in precedenza ma è sede di irreversibilità (equazioni).
Quindi le due correnti fluide subiscono perdite nell’attraversamento del rigeneratore (le limito aumentando
le superfici di scambio con diametri dei tubi maggiori e quindi velocità del fluido minori, ma i costi
aumentano). Le perdite termiche verso l’esterno ci sono ma possono essere ridotte con l’utilizzo di un
buon isolante. Poiché le superfici non sono infinite, tra le due correnti esiste una differenza di temperatura
finita.

Inoltre le capacità termiche non sono le stesse. La portata dei gas combusti è maggiore di quella del fluido
compresso (introduco combustibile nel combustore e parte dell’aria compressa va nell’impianto di
refrigerazione ritrovandomela nei gas combusti). Il calore specifico dei gas combusti (che va con la
temperatura) è maggiore di quello dell’aria compressa.

Nel grafico le rette (si considera cp medio tra le temperature in oggetto)


rappresentano la trasformazione subita dalle due correnti gassose. La
pendenza di tali rette è inversamente proporzionale alla loro capacità
termica Q=CT e quindi

Tcf >Thf.

Il rendimento dei cicli rigenerativi dipende poco da . Aumenti modesti


per  elevati e più significativi per  bassi. I rendimenti non vanno mai
oltre il 43% ( i migliori cicli semplici 36-40%) e il lavoro specifico è
anche minore dei cicli semplici.

La rigenerazione non ha avuto molta fortuna a causa dei costi elevati. È


però utilizzata nelle microturbine a gas con  limitati.

Compressione inter-refrigerata (IC)

La compressione viene spezzata in due (o più) parti.


Comprimo e raffreddo tramite uno scambiatore di calore
(intercooler).
Tutto ciò per ridurre la Ting al compressore e quindi
diminuire il lavoro di compressione (diminuisce il volume
specifico del gas a minore temperatura).

I vantaggi per il lavoro utile sono evidenti (minore lavoro di compressione), non quelli per il
rendimento poiché vi è un aumento di calore entrante (2’-2*).
𝜂𝐴 𝑄𝐴 + 𝜂𝐵 𝑄𝐵
ƞ=
𝑄𝐴 + 𝑄𝐵

Il rendimento è la media pesata sui calori dei rendimenti. È evidente


che il rendimento diminuisce; tale diminuzione è tanto più evidente
quando  è molto alto, ma, in tal caso, anche l’aumento di lavoro
utile è rilevante.

Nel ciclo reale:

1) ƞ del compressore agisce a sfavore del lavoro utile e quindi del


rendimento, ma nel caso dell’IC il minor lavoro agisce in modo
favorevole al rendimento (piccola potenza);
2) Raffreddamento in turbina: il vapore spillato al compressore è più freddo rispetto al ciclo
semplice. Quindi posso ridurre la portata d’aria destinata al raffreddamento, aumentare la
TIT, aumentare β della macchina.

Per le grandi unità, a parità di β, η resta inalterato con aumento del lavoro specifico. Nel caso di
piccola taglia η aumenta con β ancora ragionevoli così come il lavoro. Inoltre nel caso della
piccola taglia la refrigerazione risulta più facile.

È in generale poco usata a causa degli elevati costi di installazione.

Ricombustione (Reheat)
Il gas in uscita dalla turbina è mandato in una camera di combustione
(ciclo aperto) o in uno scambiatore (ciclo chiuso) per un riscaldamento
intermedio. E successivamente fatto espandere in un’atra turbina
(espansione in turbina frazionata).

La ricombustione permette di aumentare il lavoro in turbina e sfrutta


l’ampio eccesso d’aria della combustione primaria.
L’aumento di lavoro utile è ottenuto a spese di un calore entrante
maggiore.
Il ciclo siffatto ha un rendimento minore di quello del ciclo semplice
avente un pari rapporto di compressione.

Difetti
Il difetto maggiore è che i gas di scarico vengono rilasciati a temperature
ancora più alte.
La turbina LP, inoltre, deve essere refrigerata, il che comporta forti
irreversibilità e alti costi, il tutto a spese del rendimento (devo usare più
gas dal compressore per la refrigerazione in quanto la turbina LP ha temperature maggiori).
Tali difetti sono però by-passati nei cicli combinati, dove una maggiore temperatura di scarico comporta
uno scambio termico migliore (a favore dell’impianto a vapore).

Pregi
Dall’altro lato la ricombustione in parte diminuisce le perdite in turbina da ciclo ideale a reale
(complessivamente estraggo più calore).
In generale, la ricombustione comporta benefici assai attraenti specialmente per i combinati di grande
taglia, anche se le tecnologie per apportare le modifiche nell’impianto toccano gli elementi critici del
turbogas (parte calda) e ciò ne ha limitato lo sviluppo industriale.

Combinazioni di intercooling, rigenerazione e reheat


I tre interventi descritti possono essere combinati tra loro.
L’adozione della rigenerazione consente di eliminare il difetto termodinamico di base dei cicli IC o reheat
cioè la richiesta di maggiore calore entrante.
Nel ciclo inter-refrigerato rigenerativo (ICR), il calore entrante
per lungo 2’-2*, responsabili diminuzione di η, è dato dal
recupero termico operato dal rigeneratore.
La ricombustione comporta un aumento delle temperature di
ingresso al rigeneratore con conseguente minor necessità di
calore entrante e quindi aumento del rendimento.

Considerando che è possibile operare


più inter-refrigerazioni e
risurriscaldamenti, l’assetto può essere
dei più disparati con limite concettuale
nel ciclo di Ericsson (due isoterme e
due isobare) con rendimento pari a
Carnot.
Complicazioni impiantistiche notevoli
(superfici di scambio).

Il ciclo RRH prevede la ricombustione e la rigenerazione associate (appunti libro).


Il ciclo ICRRH prevede tutte e tre le tecniche insieme.

Complessivamente questi impianti hanno un rapporto perdite/vantaggi abbastanza sfavorevole.


Seppur vi siano netti miglioramenti sia nel lavoro specifico che nel rendimento, l’aggiunta degli scambiatori
di calore (costosi, ingombranti e di difficile realizzazione tecnologica) e le numerose perdite (complessità
degli organi) ne hanno limitato lo sviluppo. Davanti a tutti questi cicli si pone sempre il ciclo combinato,
nettamente superiore, che ha il vantaggio di rilasciare gas di scarico a temperature prossime a quella
ambiente e di lavorare su due impianti ben noti e conosciuti senza modifiche o interventi costosi sul
turbogas.

Cicli misti gas/vapore


I cicli misti non prevedono più la separazione fisica tra il fluido in fase gassosa (aria/gas combusti) e fluido
in cambio di fase (acqua/vapore). Questi due fluidi vengono miscelati in determinati punti del ciclo
Nascono dall’intento di coniugare i vantaggi in termini di rendimento dei cicli combinati con i ridotti costi
specifici dei cicli aperti (elimino le parti più costose legate al vapore: turbina a vapore, il condensatore, etc).

Le configurazioni ISTIG, RWI e HAT non hanno al momento realizzazioni pratiche (complessi).
Mentre esistono alcune macchine ad iniezione di vapore STIG (costi e rendimenti bassi).

Il ciclo con iniezione di vapore (STIG)


Il ciclo STIG rappresenta la configurazione più semplice dei cicli misti e prevede la generazione di vapore
in una caldaia a recupero con iniezione nella camera di combustione del turbogas.
Il vapore è prodotto a pressioni sufficienti per iniezione nel
combustore.
+20-40% la pressione massima del ciclo a gas.

Riduco la temperatura di fiamma, contenendo in tal modo le


emissioni di ossidi di azoto “termici” (sopra i 1200 °C).
Il vapore viene quindi riscaldato fino alle temperature da turbogas, entra in turbina e poi nell’HRSG per il
recupero termico.
Rispetto ad un ciclo combinato elimino tutta la parte dell’impianto a vapore e la sostituisco con un HRSG
componente non troppo costoso.

Per la turbina bisogna tenere in conto 3 fattori (può sopportare l’iniezione della portata di vapore?):
1) La qualità del vapore deve essere ottima, bassi sali e ossidi per evitare
incrostazioni e danni (impianto di demineralizzazione);
2) La portata di vapore che arriva in turbina aumenta, ciò corrisponde ad un aumento della pressione
in ingresso e quindi del  del ciclo; tali aumenti sono difficilmente ‘’sopportabili’’ dal compressore;
3) Aumento di potenza: bisogna verificare che le sollecitazioni meccaniche possano essere
sopportate dagli elementi meccanici del sistema turbina.

Drastica riduzione del calore dissipato dai gas scarico (non posso comunque estrarre tutto il calore):
Il miscelamento è poi causa di forti irreversibilità assenti nei cicli combinati: il vapore deve avere una
sovrappressione rispetto al gas del compressore, ma tale sovrappressione è persa nel miscelamento e non
va in espansione in turbina quindi non produce lavoro ed è energia persa.
Se i gas compressi e il vapore non sono alla stessa temperatura ho ulteriori perdite di energia nel
miscelamento (“effetto termico”).
Nel complesso rispetto ad un ciclo combinato perdo 5-6 punti di rendimento; ma per bassi rapporti di
compressione si hanno miglioramenti sostanziali rispetto al ciclo semplice (alti , i combinati sono più
competitivi). I lavori specifici sono nettamente più alti (45-80%). È rilevante che, per piccole unità, si ottiene
un rendimento prossimo al 40%, valore difficilmente raggiungibile da altri cicli.
Inoltre, lo STIG è particolarmente versatile per gli impianti cogenerativi, dato che il vapore prodotto dalla
caldaia a recupero può essere inviato ad un’utenza termica o alla turbina a gas (a seconda richiesta).
Problema fondamentale è il consumo idrico molto elevato (1-2 kg/kWh).

Per far fronte ai limiti di tali cicli, se ne è studiato un altro tipo: il ciclo ISTIG.
È un ciclo inter-refrigerato con generazione di vapore a tre livelli di pressione, che consente un completo
recupero termico dei gas di scarico, contribuendo ad aumentare l lavoro della turbina.
Il vapore HP viene iniettato in camera di combustione, mentre quello IP e LP direttamente nella turbina.
Risulta particolarmente interessante per medie-alte potenze.

Il ciclo RWI (ciclo con iniezione ad acqua) è una variante sofisticata dell’ICR
Nel miscelatore arriva l’aria dal compressore e acqua riscaldata. L’acqua, evaporando, assorbe calore
dall’aria compressa. Il fluido risultante quindi è più freddo (si fa in modo che contenga anche acqua liquida).
In questo modo il rigeneratore deve scaldare un flusso a bassa temperatura e provvedere al calore per
evaporazione fase liquida: è così possibile un recupero termico completo dai gas di scarico.
Inoltre l’iniezione di acqua permette un bilanciamento delle capacità di fluido freddo e caldo.
È presente un preriscaldamento e un economizzatore per l’acqua.
Il flusso uscente dal rigeneratore è riportato ad alte temperature nella camera di combustione.
Il ciclo HAT (umidificato) è un’evoluzione dell’RWI con una configurazione complicata il cui elemento
peculiare è il saturatore. Mentre in M le due correnti sono semplicemente miscelate, in S si verifica un
processo di progressivo e contemporaneo scambio di calore e di massa in controcorrente.
L’acqua è pre-riscaldata in un inter-cooler, after-cooler e economizzatore.
Si assiste dapprima alla saturazione adiabatica dell’aria e poi al progressivo riscaldamento e umidificazione
con ridottissime irreversibilità (aggiungo acqua a miscela satura con deltaT molto piccoli).
L’acqua si raffredda ed evapora cedendo calore e massa all’aria in condizioni sempre vicine all’equilibrio.
Grazie al saturatore trasferisco ingenti quantità di calore dagli inter-refrigeratori e dai gas di scarico all’aria.
Il ciclo è rigenerativo in quanto il calore ad alta temperatura dei gas uscenti dalla turbina viene trasferito
all’aria calda e umidificata uscente dal saturatore.
E’ previsto anche un sistema di riscaldamento del combustibile.

Sostanzialmente il rendimento dei cicli combinati resta più elevato.


Confrontando i tre cicli, si nota che solo l’HAT raggiunge valori di rendimento simili a quello del ciclo
combinato (saturatore – condizioni di reversibilità). Il lavoro specifico è elevato in tutte le soluzioni,
specialmente per l’HAT. Tale soluzione però richiede organi di scambio complessi e necessita ancora di
ricerca e sviluppo. La situazione di “impasse” prevede che non si realizzino impianti dimostrativi perché non
c’è un mercato sicuro su cui contare, mercato che non c’è perché non ci sono impianti esistenti.

Le turbine a gas e la cogenerazione


La cogenerazione è definita come produzione combinata di elettricità e calore, entrambi intesi come
effetti utili con un processo in cascata (no scarto). Generalmente, un impianto cogenerativo soddisfa
utenze elettriche e termiche variabili nel tempo.

Aspetti generali e indici di valutazione


Si presentano essenzialmente due casi:

− Il processo “topping”, in cui la produzione elettrica è effettuata con un ciclo termodinamico ad alta
temperatura e quella termica è data dal rilascio di calore del ciclo.
− Il processo “bottoming”, in cui il calore entrante nel ciclo è il cascame termico di un processo
industriale che utilizza calore ad alta temperatura (i gas liberati in uscita dall’impianto di produzione
del calore sono usati per produrre energia elettrica).

Vi sono poi 4 flussi energetici rilevanti:

• La potenza termica dal combustibile F


• La potenza elettrica netta W
• La potenza termica netta QU
• La potenza termica dispersa Qdiss

Devo individuare un indice per dire se il mio impianto cogenerativo è migliore o peggiore dei due impianti
convenzionali separati, mi conviene?

Problema: due effetti utili Qu e W con diverso valore termodinamico ed economico.

Esistono diversi tipi di “indici” ma non possono essere considerati rendimenti.

𝑊 𝑄𝑈 𝑊
𝜂𝐸𝐿 = 𝜂𝑡ℎ = 𝐼𝑒 =
𝐹 𝐹 𝑄𝑈

Si può peraltro definire un ‘’rendimento di primo principio”:

𝜼𝑰 = 𝜼𝑬𝑳 + 𝜼𝑻𝑯

O un “rendimento di secondo principio”:

𝑻
𝑾 + 𝑸𝑼 (𝟏 − 𝑻𝟎 )
𝒙
𝜼𝑰𝑰 =
𝑭
In cui il calore è pesato con il suo equivalente meccanico.

Conviene quindi operare un confronto tra consumi energetici della cogenerazione e consumi in
assenza di essa; è quindi definito un indice di risparmio energetico (IRE):

𝑭𝒄 − 𝑭 𝑭
𝑰𝑹𝑬 = =𝟏−
𝑭𝒄 𝑭𝒘𝒄 + 𝑭𝒒𝒄

Questo indice ci dice quanta energia primaria (cioè combustibile) abbiamo risparmiato utilizzando la
cogenerazione rispetto alla produzione separata degli stessi beni.

Ovviamente IRE>0 altrimenti la cogenerazione non sarebbe conveniente!

Tutti gli indici definiti possono essere basati sull’energia prodotta o consumata in un certo periodo. È infatti
più utile riferirsi alle energie piuttosto che alle potenze perché lo scopo della cogenerazione è proprio il
risparmio di energia primaria (bilancio economico).

L’ IRE rappresenta quindi il parametro più significativo per valutare i risparmi energetici. Si può quindi dire
che la cogenerazione è un modo efficiente per produrre calore usando come sorgente dei prelievi (o scarti)
di un ciclo termodinamico in modo quasi reversibile (i gas combusti sono a temperatura molto vicina a
quella a cui è richiesto il calore).
Non rappresenta una modalità di potenziamento per l’impianto turbogas (non agisce su irreversibilità di
questo).

Nella valutazione dell’IRE bisogna stabilire i riferimenti per i rendimenti e si può fare in due modi:

• Si ipotizza che la centrale cogenerativa vada a sostituire un parco medio di centrali elettriche e
termiche -> prendo i rendimenti medi di esercizio che trovo sulle norme;
• Si ipotizza di costruire la centrale cogenerativa “ex novo” -> i rendimenti sono i migliori disponibili
sul mercato.

La normativa oggi vigente (DM 4/8/11) fa riferimento al PES che corrisponde all’IRE con valori tabulati a
seconda del combustibile, dell’anno di costruzione dell’impianto e vari altri parametri.
Situazione della cogenerazione in Italia
− La produzione elettrica è diminuita dal 7% nel decennio 2004-2014, mentre è raddoppiata la quota
data dalle fonti rinnovabili;
− La produzione termoelettrica è diminuita in modo rilevante;
− Più di metà della produzione termoelettrica è basata sul gas naturale;
− Vi è un alto tasso di impianti cogenerativi (55%).

Cogenerazione con turbina a gas con recupero semplice


La turbina a gas in ciclo semplice è adatta alla cogenerazione perché dai gas combusti si può recuperare
calore facilmente per usarlo in altri scopi. Inoltre, il recupero termico non altera le prestazioni elettriche del
turbogas (al contrario degli impianti a vapore).
L’impianto dev’essere in grado di gestire diverse richieste variabili nel tempo e perciò occorre dotarlo di due
dispositivi (lavora lontano da condizioni nominali in qualsiasi punto piano W-Qu):
o Il camino di bypass, che può dissipare una certa quantità di calore;
o Il sistema di post-combustione, che produce calore addizionale.

La curva min-des rappresenta la regolazione ottenuta agendo con la regolazione di potenza sul
turbogas (inclinazione pale statoriche, combustibile o introduco valvola di laminazione).

Riduco la potenza elettrica prodotta e quindi quella termica estraibile.

Nel grafico si può individuare una ‘’zona di by-pass’’ la quale non inizia
nell’origine a causa dei minimi tecnologici di funzionamento, e una “zona di
post-combustione” limitata superiormente dalla linea di massima di post-
combustione che rappresenta i limiti tecnici dell’impianto (fine ossigeno e
limiti strutturali HRSG).
I punti di DES (design) sono i punti con turbogas a massima potenza.
Spesso è presente anche un ventilatore.
La strategia di regolazione è guidata soprattutto da esigenze economiche e
dal rapporto tra i costi di mercato e quelli di produzione -> cinque modalità
di funzionamento.
Cogenerazione con turbina a gas ad iniezione di vapore
Il ciclo STIG è molto utile nella cogenerazione: il vapore prodotto in caldaia può essere inviato o all’utenza
termica o alla camera di combustione, consentendo un ampio campo di flessibilità.

La linea “min-des” rappresenta la regolazione del turbogas


senza iniezione di vapore, cioè tutto il calore prodotto è
inviato all’utenza termica.

Il tratto ‘’des-max’’ rappresenta la regolazione dell’iniezione


di vapore mantenendo il turbogas alla massima potenza. Il
punto MAX rappresenta la sola produzione elettrica (tutto il
vapore mandato in camera di combustione). Si nota che è
possibile ottenere anche i punti al di sotto della linea ‘’min-
des-max” regolando la quantità di combustibile e il vapore
iniettato (e non dissipando brutalmente calore!).

Aumento di efficienza a carichi termici ridotti in quanto il


vapore in eccesso può essere usato per produrre più
elettricità oppure a pari elettricità per ridurre il consumo di combustibile.

Al di sopra di tale linea è poi riportato il campo di post-combustione.

Risulta evidente che la scelta del punto operativo più economico è molto più ampia del ciclo cogenerativo
con recupero semplice (ulteriore grado di libertà dato da vapore iniettato).

Cogenerazione con cicli combinati


I cicli combinati gas-vapore possono essere usati per la cogenerazione. Nel ciclo a vapore si adotta lo
schema a condensazione e spillamenti con guadagno economico dato dagli alti rendimenti ottenibili da
questo tipo di impianti.
Il ciclo a recupero è a due livelli di pressione senza risurriscaldamento e il vapore dalla turbina HP e dal
corpo cilindrico a media pressione (dal generatore) è raccolto in un collettore, dal quale può essere inviato
all’utenza termica oppure alla turbina LP controllata da una valvola di ri-ammissione. Questa valvola ha il
fondamentale compito di controllare la pressione del vapore destinato all’utenza (margini ristretti di
progetto) e non alla turbina, che può operare con un campo di pressioni più ampio (disgiunge le due
pressioni).
Dal grafico si nota che l’adozione della post-combustione produce un aumento di potenza elettrica perché
viene mandato più vapore in turbina AP. La pressione a cui è richiesto il vapore dall’utenza termica
influisce sulla produzione elettrica in quanto il salto entalpico del vapore sottratto all’espansione in turbina
AP cresce con la pressione del prelievo.

Tale ciclo può peraltro funzionare in sola produzione elettrica con rendimenti dell’ordine del 50%.
Microturbine a gas
La cogenerazione è abbastanza sviluppata nel settore industriale ma poco in quello residenziale/terziario
dove è ostacolata dalla variabilità dei carichi e dalle difficoltà a realizzare le reti di distribuzione (estese e
costose). I TG e i combinati spostano le potenze degli impianti cogenerativi verso grandi taglie.

Per il settore terziario/residenziale si passa da un’ottica di “generazione centralizzata” (grandi impianti e


costose reti di distribuzione) ad una di “generazione distribuita” (piccole macchine presso l’utenza). La
cogenerazione si adatta bene alla generazione distribuita, in quanto, alle inevitabili difficoltà dovute ai bassi
rendimenti per piccoli dispositivi, compensa con l’uso cogenerativo di tali macchine.

Una soluzione interessante è rappresentata dalle microturbine a gas. L’impiego di turbine a gas su piccola
scala (<200 kWe) comporta ripensamenti tecnici e progettuali (configurazione e schema impiantistico
diversi). Se, infatti, per potenze elevate, le turbine a gas rappresentano una scelta economica di tutto
rispetto, per le unità più piccole si hanno costi specifici maggiori e rendimenti penalizzati, che rendono il
costo del kWh difficilmente competitivo con quello di mercato.

Riducendo le turbine a gas potrei pensare di “scalare” la turbina e il compressore. Ma ciò condurrebbe ad
una diminuzione del numero di stadi, con beta minori e rendimenti più bassi.

Per evitare ciò cambio tecnologia e passo dalle macchine assiali a radiali, impiego il ciclo rigenerativo e
altissime velocità di rotazione.

Gli elementi fondamentali delle MTG sono:

1) Il turbocompressore, costituito da un compressore centrifugo e da una turbina radiale centripeta


(70.000-120.000 giri/min).
Si ricorda che il numero di giri specifico vale:
√𝑉𝑖𝑛
𝑁𝑠 =  3/4
ℎ𝑖𝑠
Tale numero deve rimanere incluso in un campo piuttosto ristretto per avere rendimento accettabili.
Quindi a fronte di una diminuzione della portata volumetrica che evolve in turbina (dimensioni minori) e
del salto entalpico (lavoro a temperature minori max 850-900 °C per evitare sistemi di raffreddamento,
usare materiali meno costosi e consumare meno combustibile), il numero di giri deve aumentare.
Inoltre, per massimizzare i salti entalpici, si ricorre a macchine radiali che riescono a sviluppare
consistenti rapporti di compressione con pochi stadi e quindi volumi ridotti.
2) Il rigeneratore, che consente di riutilizzare i gas di scarico a T elevata. Si rende particolarmente utile
nelle MTG, poiché, dati i bassi rapporti di compressione, si hanno in entrata basse temperature e, allo
scarico, temperature elevate, con rendimenti bassissimi. L’ impiego di un ciclo rigenerativo ovvia,
almeno in parte, a questo problema. 2 tipi:
- a superficie, con separazione fisica tra aria pressurizzata e gas combusti;
- a matrice rotante, in cui un pacco di materiale metallico o ceramico in lenta rotazione,
acquisisce calore quando è affacciato sul lato caldo e si raffredda passando al lato freddo. Si
hanno elevata efficacia, costi e ingombri ridotti, ma vanno considerati i trafilamenti tra i fluidi.
3) Il combustore, che, pur non presentando peculiarità rispetto alla normale tecnologia delle turbine a
gas, raggiunge emissioni molto più contenute. Le basse emissioni di NOX sono giustificate dalle
dimensioni ridotte della camera di combustione e dalla moderata temperatura sia del combustibile che
dei gas combusti, oltre che dai tempi di residenza ridotti. Non vi sono sistemi di abbattimento, dunque.
4) Il generatore e il “power conditioning”: per evitare l’uso di riduttori molto costosi, dato l’elevato
numero di giri specifico, si utilizza un sistema statico in cui un generatore ruota solidale all’albero
motore producendo energia ad alta frequenza che viene poi convertita in un raddrizzatore statico e
quindi riportata alla frequenza nominale (50Hz) mediante un inverter statico. Il rendimento di
conversione è in genere altissimo (più del 90%).

I vantaggi principali sono: emissioni ridotte, costi specifici minori dei turbogas, rendimenti minori (ma in
miglioramento), pesi e ingombri molto ridotti e, ovviamente, ridotta richiesta di manutenzione.

Le MTG sono fortemente dipendenti dalle condizioni ambientali esterne (pressione e temperatura).

Le MTG sono usate prettamente in assetto cogenerativi: i gas combusti escono, dopo la rigenerazione,
attorno ai 250-300 °C e quindi posso usarli per produrre acqua calda a medio-bassa temperatura (se
necessario con l’ausilio di una caldaia).

Micro cogenerazione con celle a combustibile


Appunti in aula

Cogenerazione con MCI


Appunti in aula

Trigenerazione
Appunti in aula
Le turbine a gas e il carbone
E’ possibile utilizzare le TG con combustibili meno pregiati del gas naturale, in particolare il carbone?
VANTAGGI:
• Il minor costo del carbone;
• Il forte sbilanciamento a favore del carbone delle riserve accertate di combustibili fossili;
• La sicurezza di approvvigionamento, a causa dell’instabilità politica dei Paesi detentori di gas
naturale e petrolio (carbone prezzo stabile).
Quindi, possibilità di produrre energia elettrica ad un costo minore.
SVANTAGGI: il carbone ha due grandi problemi:
• E’ solido (quindi devo trasformarlo in qualche modo in un gas);
• E’ il combustibile fossile che emette più gas serra (CO2): impianti di cattura e stoccaggio.

Per rendere compatibili le turbine a gas con i combustibili pesanti sono aperte due strade:
1. La gassificazione;
2. I letti fluidi pressurizzati.
La prima è la più interessante in quanto sembra oggi la più interessante e si presta ad operazioni di cattura
della CO2.

Gli impianti con gassificazione (IGCC)

Gli impianti IGCC (Integrated Gasification Combined Cycle) consentono l’uso dei combustibili
pesanti mediante l’introduzione di un passaggio intermedio (gassificazione), che consiste nella
conversione del combustibile di partenza in un gas di sintesi (syngas) pulito e adatto ad un MCI.

L’aggiunta di sezioni rilevanti di impianto al ciclo combinato comporta oneri aggiuntivi che frenano il
raggiungimento della competitività rispetto alla classica tecnologia delle centrali a vapore.
Oggi, gli IGCC sono preferiti per i combustibili fossili di basso valore commerciale e di residui di raffineria.

La gassificazione consiste nella trasformazione di un combustibile solido o liquido in un gas combustibile


chiamato syngas ricco di CO e H2 (combustibili), CH4 (5-6%) e CO2 (non combustibile).
La sezione di gassificazione ha come componente principale il reattore di gassificazione, che interagisce
con il ciclo di potenza. I vari blocchi sono:
1. Il trattamento del carbone comprende lo stoccaggio, la macinazione, l’eventuale essiccazione e
preparazione della miscela che alimenta il gassificatore. Operando quest’ultimo ad alta pressione
(30-70 bar) l’alimentazione del carbone non può essere assicurata dal solo trasporto pneumatico e
perciò si usano secondo due metodologie:
• Miscela acqua-polvere di carbonio (slurry) pressurizzata con delle pompe;
• Lock-hoppers: il carbone è caricato in delle tramogge, pressurizzato con gas inerte e
poi scaricato nel gassificatore (processi discontinui carico/scarico).

2. L’impianto di separazione aria serve a produrre un ossidante ad alto tenore di ossigeno. Così
facendo il syngas ha maggior potere calorifico, non essendo diluito dall’azoto atmosferico. La
produzione di ossigeno è però un processo costoso. L’assorbimento di potenza elettrica del
compressore adibito a questo scopo è rilevante (10%).
L’azoto che produco non lo butto ma lo mando al turbo-gruppo (TBP).

3. Il gassificatore in cui si produce un syngas grezzo ad elevata temperatura (600-1500 °C) e ricco di
elementi inquinanti (ceneri, zolfo, metalli, TAR -> idrocarburi pesanti vapore).

4. La rimozione di tali elementi risulta necessaria in quanto sono pericolosi per la TG. Possono creare
acidi che corrodono le palette della turbina o depositarsi creano agglomerati molto duri (TAR).
La depurazione è effettuata a temperatura bassa, sotto i 250°C (ho bisogno raffreddamento).

I processi nel gassificatore


Un gassificatore è un reattore che prevede tre flussi entranti (combustibile, ossidante e acqua) e due flussi
uscenti (il syngas grezzo e le ceneri). Le reazioni energeticamente più importanti nei gassificatori sono:
1 𝑘𝐽
𝐶 + 𝑂2 → 𝐶𝑂 + 110,6
2 𝑚𝑜𝑙
𝑘𝐽
𝐶 + 𝑂2 → 𝐶𝑂2 + 393,7
𝑚𝑜𝑙
𝑘𝐽
𝐶 + 𝐻2 𝑂 → 𝐶𝑂 + 𝐻2 − 131,4
𝑚𝑜𝑙
𝑘𝐽
𝐶𝑂 + 𝐻2 𝑂 → 𝐶𝑂2 + 𝐻2 + 41,2
𝑚𝑜𝑙
𝑘𝐽
𝐶𝑂 + 3𝐻2 → 𝐶𝐻4 + 𝐻2 𝑂 +206,4
𝑚𝑜𝑙
L’ossidazione del C può avvenire in due passaggi, la combustione parziale, che produce CO sviluppando
una piccola parte di calore (28%) e la combustione totale, che rilascia il restante 72% del calore totale.
Queste due reazioni servono a produrre il calore necessario per le reazioni di gassificazione, che lavorano
ad alta temperatura. Ovviamente una maggiore ossidazione del CO porterebbe ad un aumento della
temperatura e ad una diminuzione del PCI del syngas finale (più CO2 che CO). Per limitare le reazioni di
combustione introduco meno ossigeno di quello stechiometrico.

Le reazioni di gassificazione (endotermica) e water gas shift regolano la quantità di idrogeno presente
nel syngas (più H2 più potere calorifico).
La reazione di shift regola il rapporto CO/H2 in funzione della temperatura e dell’acqua introdotta.

L’ultima reazione, metanazione, è importante solo a bassa temperatura (CH4 5-6%).


Tutti i gassificatori all’avvio devono essere riscaldati per poi auto-sostenersi mano a mano che le reazioni
vanno avanti. La produzione di elementi inquinanti fa seguito ad una prima fase di deumidificazione del
carbone per riscaldamento. Poi attorno ai 250 °C gli elementi volatili (CO, TAR) presenti all’interno vengono
rilasciati e la matrice solida rimane sempre più porosa e ricca di C pronta per i processi sopra elencati.
I TAR spesso vengono trasformati già nel gassificatore in idrocarburi più leggeri e sono raccolti per essere
riutilizzati come combustibili più leggeri.

I gassificatori possono essere di 3 tipi:


• Letto fisso: il carbone fluisce in controcorrente con il syngas
prodotto dal letto ad alta temperatura. Il syngas prodotto è a
temperature moderate (500°C), in quanto riscalda il carbone
entrante, circa le stesse delle ceneri (400 °C);
• Letto fluido: si tratta di un letto di carbone e di un solido inerte,
fluidificato da un flusso di ossidante e di vapore introdotto alla base
del letto (introdotti con una certa pressione). Il syngas prodotto si
trova a 800-900°C. L’inerte svolge un ruolo fondamentale di
uniformazione della temperatura (una volta riscaldato resta caldo).
Può anche contenere sostanze per catturare composti tossici (ad es.
composti del calcio per assorbire ossidi di zolfo);
• Flusso trascinato: operano con carbone e ossigeno/vapore in
equicorrente. Il syngas prodotto è a 1300-1600°C. Le reazioni sono
più rapide. Sono notevolmente compatti e quindi più economici
(impianti di grande potenza).

I trattamenti del syngas grezzo sono di due tipi: raffreddamento/recupero termico e pulizia chimico-fisica.
Il PCI del syngas ottenuto è il 75% del PCI del carbone iniziale.
Le perdite termiche, carbonio incombusto, ceneri ad alta T sono circa il 9%.
Il calore recuperabile e dal raffreddamento del syngas è circa il 20% del PCI del carbone.

Esistono 4 sistemi principali di raffreddamento:


• Syngas coolers radiativo e convettivo: il raffreddamento ad alta temperatura avviene nello
scambiatore radiativo, dove lo scambio termico avviene prevalentemente per irraggiamento verso
pareti costituite da tubi membranati (produzione vapore HP). Il particolato più grossolano viene
separato da un ciclone. Segue uno scambiatore convettivo che porta i gas a circa 250°C
producendo vapore HP. Complessivamente recupero termico assai efficiente ma costi
d’investimento sono molto elevati (ΔT grandi, dimensioni grandi).
• Quench ad alta T: il raffreddamento è operato dalla ricircolazione di syngas già raffreddato. La
miscelazione consente di riportare il syngas a temperatura intermedia. Non si ha il costo dovuto allo
scambiatore radiativo, anche se il convettivo è più grande. Il ricircolo è ottenuto tramite un
compressore di syngas.
• Quench completo: il syngas è raffreddato da un’ingente quantità d’acqua o slurry (carbone e
fango) che lo porta direttamente a 250°C. Il calore è sottratto dall’evaporazione dell’acqua e dalla
gassificazione dello slurry (reazione endotermica). I syngas coolers sono eliminati. Il recupero
termico è bassissimo, in uno scambiatore produco vapore a 6-10 bar (BP) e faccio condensare il
vapore presente nel syngas. Poiché la T è bassa, posso usare sistemi ad umido per la pulizia dal
particolato;
• Quench parziale: sempre con iniezione di acqua e di slurry acqua-carbone, rispetto al caso
precedente metto meno slurry (T=900 °C);

Questi apparati sono generalmente seguiti da altri scambiatori per ridurre la temperatura fino a ambiente.

Il gas prodotto dal gassificatore non è utilizzabile come combustibile a causa degli alti contenuti di ceneri
fini, particolato e composti dello zolfo.
Il filtraggio del particolato:
• Sistemi a secco (cicloni): sfruttano la forza centripeta;
• Sistemi ad umido (scrubbing): usano un liquido nebulizzato che assorbe il particolato.
Sebbene la seconda soluzione sia più efficacie perché rimuove anche le particelle più piccole, riduce la
temperatura del syngas e quindi, per evitare di sprecare calore recuperabile, uso questi sistemi a valle dei
coolers (tranne nei sistemi con Quench completo).

Particolarmente pericolosi sono anche i composti dello zolfo che possono dare vita all’acido solforico.
Lo zolfo è presente nel syngas come H2S e COS.
La rimozione avviene mediante i processi ad assorbimento dei gas acidi (AGR) che eliminano però solo
H2S e CO2. Quindi devo prima convertire COS in H2S (idrolizzazione):
𝐶𝑂𝑆 + 𝐻2 𝑂 → 𝐶𝑂2 + 𝐻2 𝑆
Gli AGR constano in più impianti in cascata:
1) La separazione dei gas acidi dal syngas avviene mediante assorbimento da parte di un liquido
assorbitore nebulizzato in una colonna. Il processo è favorito a basse temperature e alta pressione;
2) Impianto Claus: è un processo per la produzione di zolfo (lo vendo) a partire da H2S. Il processo
Claus è basato sull’ossidazione per combustione di una frazione di H2S, reazione esotermica che
produce l’SO2 e il calore necessario alla reazione endotermica successiva.
3) Impianto di trattamento dei gas di coda del processo Claus (SCOT): serve a una depurazione finale
dei gas combusti.
Il processo di depurazione del syngas rappresenta un punto di forza degli impianti IGCC. La rimozione dei
composti solforosi è infatti pressoché completa e l’impatto economico è piuttosto ridotto. Inoltre, è possibile
operare con combustibili ad elevatissimo tenore di zolfo.

L’isola di potenza è essenzialmente un ciclo combinato con apporto aggiuntivo di vapore dovuto al
raffreddamento del syngas che verrà espanso nella turbina a vapore.
Bisogna tener conto che:
− Il syngas ha PC molto inferiore rispetto al gas naturale (7-10 contro 50-60 MJ/Nm3);
− A pari potenza termica, la portata massica è di circa 10 volte superiore a quella del gas naturale. A
pari portata d’aria aumenterebbe in misura non dissimile la portata di fluido che espande in turbina;
− L’aumento di portata comporterebbe un proporzionale aumento di potenza del turbogas (20-30%);
− L’aumento di portata in turbina comporterebbe un maggiore β (rischio stallo) quindi no sfrutto tutto il
vantaggio teorico e mi tengo su incrementi di potenza del 10-12%.

Costi d’investimento: Attorno ai 3000€/kWe contro i 1500€/kWe di quelli convenzionali.


Efficienza energetica: η attorno al 40%, valore facilmente raggiungibile dagli impianti convenzionali.
Prestazioni ambientali: superiorità ambientale indiscussa con NOX bassi, emissioni di polveri sottili
trascurabili e sistemi di desolforazione efficienti.
Nonostante ciò, l’evoluzione che potrebbe rivelarsi determinante per il successo degli IGCC è
l’applicazione di tecniche per la cattura della CO2.
Impianti con letti fluidi pressurizzati (PFBC)

La combustione a letto fluido è un processo alternativo alla combustione interna per combustibili solidi
‘’difficili’’ da trattare (irregolari, con scarsa densità energetica, presenza elementi indesiderati).
Ne sono esempi le biomasse, le ligniti, il carbone di qualità scarsa e i combustibili da rifiuti urbani.
La FBC consiste nel distribuire il combustibile in un letto di elementi inerti, mantenuto allo stato fluidizzato
da un flusso di aria comburente che attraversa il letto con un’opportuna velocità.
L’inerte serve ad uniformare la temperatura e favorire la combustione.
La temperatura del letto viene controllata asportando calore e producendo vapore, mentre i gas combusti
sono generalmente prodotti a temperature moderate (800-900°C).
All’uscita dal FBC subiscono una filtrazione mediante cicloni, che separano le particelle solide trascinate
dal flusso gassoso, riciclandole nel letto fluido.

I punti di forza degli FBC risiedono:


• Possibilità di maneggiare svariati combustibili;
• Moderate temperature con conseguenti riduzioni nelle emissioni.
A queste temperature (850 °C) NO non si forma.
Le emissioni di SO2 possono essere facilmente abbattute aggiungendo nel letto un quantitativo di materiale
a base di calcio che assorbe l’SO2 formando solfato di calcio (gesso).
Le reazioni del calcio sono particolarmente attive attorno agli 800-900 °C (tengo T bassa per
desolforazione).

Bisogna notare che le emissioni tipiche degli FBC sono notevolmente limitate e non richiedono in generale
trattamenti dei gas combusti per rispettare le normative vigenti

A completare la disposizione impiantistica vanno aggiunti una caldaia a recupero convettiva (per
recuperare il calore dei gas combusti uscenti dal TG) e dei filtri.
Gli FBC possono operare a pressione atm o a pressione elevata, compresa tra i 10-18 bar (PFBC).

L’unione turbogas-letti fluidi pressurizzati consiste nell’utilizzo del compressore come elemento necessario
a fornire l’aria comburente pressurizzata al letto stesso, mentre la turbina servirà a produrre energia
meccanica espandendo i gas combusti prodotti dal letto. Il letto fluido non è un combustore adiabatico,
ossia una parte del calore è dedicata alla produzione di vapore (e quindi rappresenta un flusso uscente del
turbogas).
Il vapore prodotto nel letto e quello recuperato dai gas in uscita è mandato in un TV.
La conseguenza diretta è che i gas combusti sono disponibili per l’espansione a temperatura di circa
850°C, un valore più basso di quelli riscontrabili nella pratica delle turbine a gas. È quindi evidente che le
esigenze termodinamiche degli FBC limitano considerevolmente le prestazioni della turbina.
Non è possibile ottenere rendimenti simili a quelli dei cicli combinati a gas naturale.
La turbina a gas in questi impianti è molto diversa rispetto ai turbogas: operando a bassa temperatura non
ha praticamente necessità di raffreddamento interno, ma deve avere una costruzione più robusta e meno
sensibile ad effetti erosivi.
La potenza sviluppata è nettamente inferiore rispetto ai combinati o agli IGCC.

Per superare il limitato rendimento di tali impianti, si può pensare ad un ‘’ibrido’’ tra IGCC e PFBC, chiamati
anche PFBC di 2° generazione.
Il concetto di base è operare una gassificazione parziale del carbone; il char residuo diventa il combustibile
in un secondo letto fluido. I gas combusti uscenti da quest’ultimo con un ampio contenuto di ossigeno
servono come comburente per il syngas prodotto dal gassificatore. In questo modo è possibile alzare la
temperatura massima del ciclo fino ai livelli tipici della temperatura di ingresso in turbina nei moderni
turbogas. Superati i limiti dei PFBC, si possono raggiungere rendimenti maggiori al 50%.
Tali impianti sono promettenti: sono superiori ai PFBC e consentono una drastica semplificazione rispetto
agli IGCC; è infatti possibile eliminare l’impianto di separazione aria, i syngas coolers e il sistema di
assorbimento dei gas acidi e i loro trattamenti, anche se l’efficienza di rimozione dello zolfo è inferiori
rispetto agli IGCC. I maggiori ostacoli sono:
➢ Il sistema di gestione e controllo;
➢ La progettazione del combustore;
➢ Il sistema di filtrazione a caldo sia del syngas che del gas uscente il combustore a letto fluido.
Quest’ultimo è il punto più critico, perché i cicloni non sono sufficienti a garantire la filtrazione
necessaria. Bisogna utilizzare filtri ceramici la cui tecnologia è ancora un problema in termini di costi
e affidabilità.

Potrebbero piacerti anche