Sei sulla pagina 1di 47

lOMoARcPSD|36049104

Def LA Consulenza Tecnica Familiare NEI Procedimenti DI


Separazione E Divorzio-1
Psicologia Giuridica (Università Cattolica del Sacro Cuore)

Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo.


Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)
lOMoARcPSD|36049104

LA CONSULENZA TECNICA FAMILIARE NEI PROCEDIMENTI DI


SEPARAZIONE E DIVORZIO

CAPITOLO 1
I fondamenti di una consulenza tecnica d’ufficio a tutela dei legami familiari

Separazione, divorzio e relazioni familiari: aspetti giuridici e sociodemografici


Legge 898 del 1970: legge che disciplina l’istituto della separazione e del divorzio: due distinte azioni
giudiziarie che regolamentano la fine del matrimonio: separazione legale e divorzio, attivabile solamente
dopo 5 anni dalla separazione (è stata ridotta a 3 anni con la successiva riforma del diritto di famiglia legge
151/1975). L’istituto della separazione legale non determina l’eliminazione del vincolo coniugale (ha infatti
un carattere transitorio, in quanto è sempre possibile riconciliarsi e far cessare gli effetti prodotta da essi)
ma la temporanea cessazione di alcuni degli obblighi derivanti dal matrimonio. Solamente in seguito al
divorzio vengono meno gli effetti del matrimonio (tranne alcuni obblighi a contenuto patrimoniale e doveri
nei confronti dei figli).

La legge di riforma sul diritto di famiglia (legge n.151 del 19 maggio 1975) ha innovato l’istituto della
separazione giudiziale: non si fonda più sulla colpa, ma sulla constatazione obiettiva dell’esistenza di fatti tali
da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza. Ha conservato le originarie disposizioni per
quanto riguarda l’affidamento dei minori, prevedendo che i figli siano ordinariamente affidati ad uno solo
dei coniugi = in base a queste disposizioni la prassi si è sbilanciata in modo netto nella sola direzione
dell’affido esclusivo alla madre = uno degli effetti di questa impostazione di pensiero è stata la progressiva
marginalizzazione dei padri separati dalla vita dei figli.

Fondamentale acquisizione giuridica a livello sovranazionale: convenzione di New York (1989) che dava
mandato agli stati nazionali di promulgare una legge che riconoscesse tale diritto: riconoscimento del
principio comune, secondo il quale entrambi i genitori hanno una responsabilità comune per quanto
riguarda l’educazione del fanciullo ed il provvedere al suo sviluppo. Questa legge chiama in causa la natura
etica della relazione genitoriale.

ITALIA: legge n.54 del 8 febbraio 2006: disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento
condiviso dei figli = concetto di co-genitorialità = si chiede che venga considerato prima di tutto
l’affidamento condiviso del minore. Rispetto alla precedente normativa si prevede che entrambi i coniugi
mantengano non solo la potestà genitoriale, ma anche il suo esercizio, che deve essere attuato
congiuntamente (attraverso decisioni assunte di comune accordo relativamente all’istruzione, educazione
salute, tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli). Questo non
significa ad una suddivisione del tempo che i figli passano con i genitori, ma la presenza di un’unità e
cooperazione genitoriale, di cui il figlio necessita e che l’affidamento esclusivo con maggiore difficoltà riesce
a garantire. CAMBIAMENTO DI PROSPETTIVA: idea di genitorialità autenticamente relazionale = la necessità
di garantire al figlio l’accesso all’altro genitore è un elemento cruciale dell’adeguatezza genitoriale e l’affido
condiviso è la forma che maggiormente protegge lo sviluppo del figlio.

Una sana genitorialità coincide con l’interesse del minore.

1.2 Lo sviluppo fenomenologico e sociodemografico

In Italia le separazioni ed i divorzi sono in costante aumento. La crescita dei divorzi è stata più contenuta e
più lenta rispetto alle separazioni legali.

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

Se ci concentriamo in modo particolare nel periodo che va dal 1995 al 2008 notiamo che le separazioni sono
aumentate di oltre una volta e mezza e i divorzi sono praticamente raddoppiati. Questi incrementi si sono
osservati in un contesto in cui matrimonio diminuiscono e quindi sono imputabili ad un effettivo aumento
della propensione alla rottura dell'unione coniugale. Si è osservato inoltre l’innalzamento dell’età alla
separazione, questo può essere il risultato di un processo di invecchiamento complessivo della popolazione
dei coniugati dovuto alla posticipazione del matrimonio e alla sempre maggiore propensione allo
scioglimento delle unioni di lunga durata.

Per quanto riguarda il tipo di affidamento, negli ultimi anni si è verificata una netta inversione di tendenza:
fino al 2005 l’affidamento esclusivo dei figli minori alla madre è stata la tipologia largamente prevalente, a
partire dal 2006 questa tendenza si è invertita.

La separazione e il divorzio sono fenomeni sociali ampi e diffusi, la loro progressiva espansione li qualificano
come una possibilità sempre meno imprevedibile, ovvero un evento quasi normativo all’interno del ciclo di
vita familiare. Questo non riduce però la sua problematicità, dal momento che assistiamo a più della metà
dei divorzi secondo la modalità giudiziaria contenziosa, cioè senza che i genitori ed i loro legali riescano a
trovare accordi soddisfacenti (conflittualità acuta). È proprio in questi casi che è necessario tutelare
l’interesse dei figli, ricorrendo all’intervento di un ausiliario esperto nella materia, nelle sue diverse forme.

L’elemento di cruciale problematicità risulta essere il conflitto, o meglio la sua escalation progressiva.
Questa ultima rende impraticabile la ricerca di modalità condivise di organizzazione della vita familiare e
personale, determinando una riduzione generalizzata del funzionamento psicosociale e della capacità di
conseguire un soddisfacente adattamento dopo la separazione.

1.3 La consulenza tecnica nei procedimenti di separazione e divorzio

Consulenza tecnica: si colloca all’interno del procedimento giudiziario ed è subordinata al contesto


giuridico-processuale. È l’istituto processuale attraverso il quale il giudice chiede ad un esperto di aiutarlo
nella sua funzione di comprensione e valutazione in merito alla controversia che gli è sottoposta. È prevista
e regolamentata dall’art. 61 del codice di procedura civile che recita: “Quando è necessario, il giudice può
farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare
competenza tecnica”. Questa definizione delinea la totale subordinazione processuale della funzione del
consulente alla posizione del giudice; egli è un ausiliario del giudice, i risultati della consulenza tecnica non
costituiscono una prova processuale e quindi non vincolano la decisione finale del giudice.

Irriducibile differenza logico/epistemica tra diritto e psicologia = l’operatore psicologico deve essere ben
consapevole che si muove in un contesto differente dal suo proprio, questo non vuol dire che si deve
omologare alla logica del diritto, poiché altrimenti non sarebbe in grado di offrire quell’ulteriorità di
conoscenza e comprensione che giustificano la sua chiamata in scena. Il consulente deve continuamente
riferirsi ai diversi interlocutori (genitori, i loro CTP, gli avvocati, il giudice) ponendo in essere rapporti,
collegamenti, connessioni tra le varie parti del contesto giudiziario e dell’iter giuridico processuale.

Partecipazione plurisistemica: la consulenza tecnica va intesa come una parte del tutto, che è l’insieme degli
atti compiuti dagli altri soggetti. È necessario quindi individuare le coordinate per connotare uno spazio
plurisistemico, cioè un luogo di incontro tra soggetti e sistemi di soggetti, in cui si condividono obiettivi,
procedure, e si valorizza la fase consulenziale come spazio di conoscenza e di cura e come possibile avvio di
un processo trasformativo. Questo dialogo fruttuoso può avvenire solamente a partire da una chiarezza dei
confini, dei riferimenti teorici, degli obiettivi e delle prassi.

Ulteriore particolarità: l’obiettivo dichiarato della consulenza nel contesto giudiziario è formalmente di
ordine diagnostico e non terapeutico/trasformativo: la consulenza tecnica ha lo scopo di aiutare il giudice ad
avere cognizione della causa, cioè a produrre elementi utili a far conoscere la verità. Queste logiche e

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

necessità intrinseche al processo giuridico, non rappresentano la realtà del lavoro consulenziale e non
esaurisce le più autentiche attese e bisogni. Non è però possibile produrre conoscenza psicologica senza
una qualche forma di coinvolgimento dei soggetti; dall’altra è evidente che la motivazione che soggiace alla
richiesta di una consulenza trascende per molti aspetti una finalità esclusivamente conoscitiva (spesso è
accompagnata dall0attesa del sistema giudiziario che la consulenza possa contribuire a contenere il conflitto
e facilitare l’elaborazione della separazione.

Il giudice non può da una parte obbligare il consulente ad attuare una qualsiasi forma di intervento di aiuto,
essendo la finalità della consulenza di ordine conoscitivo; tantomeno il consulente può orientare il suo
intervento in questa direzione, essendo egli vincolato ad operare secondo le direttive del giudice.

Solitamente nell’incarico del giudice non è previsto che il CTU si adoperi per il cambiamento, tuttavia, per
poter fare previsioni sull’evoluzione della situazione familiare esaminata occorre necessariamente lavorare
in una direzione che cerchi di creare dei presupposti per agevolarla. È sicuramente necessario segnalare
l’esigenza di riconoscere ed assumere i bisogni reali delle famiglie. Il consulente a volte riceve proprio
l’indicazione di adoperarsi in senso conciliativo nei confronti dei protagonisti della discordia.

1.4 Il conflitto

L’incontro tra Alterità è da considerarsi il presupposto che dà origine al conflitto. il conflitto è parte
costitutiva della relazione, termine neutro che dice di una dinamica che fonda la possibilità di incontro tra
gli uomini. Il conflitto è una fonte potenziale di ricchezza poiché consente di evidenziare, mediare ed
integrare le differenti specificità di ogni individuo; allo stesso tempo può avere una portata distruttiva,
pervasiva, annichilente.

Diversi filoni della psicologia hanno studiato il conflitto: per esempio la letteratura psicosociale ha studiato il
conflitto secondo la prospettiva dell’adattamento, dopo la separazione coniugale. Il punto di vista
psicodinamico ha trattato le identificazioni proiettive che fanno da fondamento alla relazione di coppia e
che comprendono anche ciò che è intrattabile e che la coppia non può o non riesce ad affrontare.

Secondo la prospettiva di Cigoli, la relazione di coppia fa parte dei legami eterni: vengono considerati i
legami familiari nel loro essere storico e dinamico. È la qualità dei legami costruiti fino al momento della
separazione che farà capire l’origine e l’esito del conflitto coniugale: il legame è generativo? Se sì, occasione
per ridare speranza e giustizia ai legami, altrimenti dannazione eterna, ferite laceranti che si
autoalimentano. Il conflitto è eterno perché la separazione chiede che ciascun partner si riappropri delle
dimensioni psichiche che aveva consegnato all’altro, degli aspetti che il patto di coppia controllava e
silenziava. Ricercare il senso della distruttività nei legami tra le generazioni: come è stato trattato il dolore
della vita? Attenzione anche al patto coniugale che ha legato due stirpi con le differenti storie.

Quando le persone non riescono ad elaborare le tematiche connesse al conflitto separativo si rivolgono al
tribunale, luogo di Giustizia, a cui ci si rivolge con la fiducia e aspettativa di poter ricevere quella giustizia
che ripara i torti subiti. La consulenza tecnica si pone l’obiettivo di saper leggere il conflitto in tutti gli scenari
in cui si realizza.

Anche in casi di estrema conflittualità l’interesse del minore dal punto di vista del suo equilibrio psicofisico
richiede di non escludere l’affidamento condiviso neanche nei casi di estrema conflittualità. La scelta
dell’affidamento condiviso è un incentivo per un superamento della conflittualità e recupero del dialogo
genitoriale.

1.5 La consulenza tecnica ad orientamento relazionale: la teoria

= percorso valutativo della situazione familiare che deve offrire al giudice elementi di conoscenza e di
comprensione utili per decidere in ordine alla regolamentazione della genitorialità, secondo il preminente

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

interesse dei figli. È un lavoro che deve essere effettuato in scienza e coscienza, la coscienza riguarda il suo
senso etico e il suo onesto e corretto operare, la scienza rimanda al sapere psicologico (fondamenti teorici).

I modelli teorici oggi presenti nella letteratura psicologica possono essere aggregati attorno a due direttrici
che si differenziano in base alla diversa concezione della genitorialità:

1) visione individualistica, del ‘genitore psicologico’ = primato della personalità nel determinare
l’adeguatezza genitoriale. Questa logica corrisponde meglio alla convinzione della necessità di realizzare una
valutazione il più possibile oggettivata delle capacità dei genitori e delle condizioni cliniche dei figli, al fine di
offrire al giudice conoscenze certe, cioè sintoniche con la logica formale del contesto giuridico, ancorato ai
fatti ed agli individui più che alle relazioni. Sforzi per definire protocolli e linee operative standardizzati:
valutazione di caratteristiche di personalità, competenze e risorse di ciascun famigliare fondata
prevalentemente su elementi comportamentali e rappresentazionali;

2) visione relazionale e generazionale, che concepisce la genitorialità come una funzione triangolare
integrata, che si realizza nella interrelazione tra i due genitori ed il figlio. Una delle dimensioni cruciali della
genitorialità è concettualizzare il legame di coppia dentro ad una storia generazionale e di stirpi. La vera
rivoluzione fu l’aver introdotto il criterio dell’accesso per la valutazione della genitorialità: individuare nei
genitori e nelle relazioni familiari la presenza/assenza di indicatori di consapevolezza dell’appartenenza del
figlio ad entrambe le stirpi familiari. Avere questa visione significa spostare lo sguardo dalle variabili
personologiche alla dinamica familiare complessiva ed ai fondamenti generazionali e simbolici dei legami.

Fare della relazione il fuoco d’attenzione è ancorabile ad almeno tre aspetti epistemici rilevanti. Il primo ha a
che fare con la natura dell’evento separativo: esso comporta la frattura di una relazione (è necessario porre
attenzione alle caratteristiche dinamiche, organizzative, simboliche). La seconda ragione riguarda il
mantenimento del benessere dei figli, il compito di ciascun figlio è proprio quello di portare in salvo le
origini: poter attingere linfa vitale da esse, fondanti la possibilità di dare senso e significato all’esistenza.
Infine è impossibile sancire la fine di ogni legame, è necessario trasformare, risignificare, modificare…. Si
considera cruciale l’incastro di coppia, per comprendere il significato del fallimento del matrimonio e
determinare la trattabilità del conflitto coniugale e le possibili ricadute sulla generazione dei figli.

Il legame psichico non si cancella e sopravvive anche quando sono scomparsi i legami giuridici e i legami
socialmente riconosciuti. Il legame coniugale rientrare tra i legami che permangono nel tempo. L’analisi
dell’incastro di coppia è un fuoco attenzionale importante perché permette di cogliere i temi originari che la
coppia coniugale ha cercato di trattare attraverso la propria unione (anche gli elementi inconsapevoli, che
costituiscono il patto segreto). L’elaborazione della fine del patto coniugale può essere affrontato con esiti
molto differenti: la tollerabilità della fine richiede una sorta di ritorno alle origini, cioè la possibilità di
riconoscere ciò che è stato posto al fondamento dell’incontro e che ha prodotto del bene. Nella separazione
coniugale il processo elaborativo è indispensabile per una vera separazione emotivo-affettiva.

Pensare a realizzare una consulenza tecnica in senso relazionale significa creare uno spazio-tempo che si
qualifica come un intervento clinico teso ad accogliere e riconoscere le modalità specifiche della dinamica
familiare.

L’obiettivo della consulenza tecnica a impianto relazionale non è quello di risolvere il problema familiare
quanto piuttosto quello di definirlo, rendendolo riconoscibile, aiutando le persone a procedere al di là della
fine del rapporto coniugale e a portare in salvo l’esercizio delle funzioni genitoriali: assumere uno sguardo
relazionale e orientato all’ascolto dei bisogni del figlio all’interno di una comprensione ampia e allargata
della trama delle relazioni familiari.

1.6 La consulenza tecnica ad orientamento relazionale: alcuni corollari di cornice

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

 La consulenza può fungere da contenitore emozionale in grado di gestire aspetti conflittuali,


reazioni emotive ed agiti di particolare intensità – è compito del clinico avere la consapevolezza,
atteggiamento e competenze adeguate per affrontare contesti emozionali così intensi e implicanti;
 La costruzione di un contesto peritale in grado di arginare e contenere il conflitto e il dolore che da
questo deriva, dipende dall’intervento di tutti i professionisti coinvolti nella consulenza. L’esito è
dunque connesso al raggiungimento di un reale clima collaborativo oltre che da un mandato e un
sostegno forte ed autorevole anche da parte del giudice;
 Non può esistere un intervento neutro: è un contenitore volutamente distinto dal clima della
contesa giudiziaria, seppur istituzionalmente connesso.
 La c.t. ad orientamento familiare è connotata anche da una chiara impostazione etica, tesa a cercare
soluzioni sostenibili e giuste; si privilegiano accordi in grado di sostenere e promuovere le relazioni
familiari (reale tutela dei bisogni del minore).
 La consulenza proposta guarda alla crisi e alla sua rappresentazione giudiziaria da un lato come ad
un sintomo prodotto dal sistema, la spia di un problema irrisolto e come la potenziale occasione di
crescita.
 Cogliere la presenza o meno di risorse, rischi o danni alla crescita mentale dei figli;
 Tenere in considerazione il criterio della qualità della relazione genitore-figlio e desiderio autentico
del minore;
 CTU come opportunità trasformativa: funzione di ponte verso interventi di sostegno alla famiglia:
invio ai gruppi di sostegno, alla consulenza genitoriale, ad interventi tesi ad approfondire i significati
della propria esperienza di fallimento coniugale.

CAPITOLO 2
Il modello di consulenza tecnica simbolico-relazionale

2.1. L’impianto metodologico

Modello metodologico che definisce il percorso da compiere per conseguire gli obiettivi conoscitivi e
valutativi richiesti dal giudice. Ciò che conferisce valore scientifico-professionale al modello metodologico è
la coerenza e la connessione tra i presupposti teorici e le azioni messe in atto per produrre informazioni.

Si identificano in modo chiaro:

gli elementi specifici che devono essere indagati e i corrispettivi parametri di misurazione e la loro
operazionalizzazione; le caratteristiche e l’unità di analisi degli elementi indagati; gli strumenti e le tecniche
utilizzati; i settings appropriati per ciascun momento o fase dell’indagine; criteri clinici e valutativi attraverso
cui integrare le diverse info prodotte.

= progettazione specifica in base alle particolarità della situazione familiare incontrata e costruzione e
gestione del processo consulenziale in termini specificatamente clinico-relazionali.

Sono molteplici le scelte che il consulente deve e può fare, dagli strumenti all’organizzazione del processo di
lavoro.

La flessibilità del clinico lo deve infatti portare ad adattare il suo protocollo operativo a vantaggio delle
peculiarità dell’interlocutore e non viceversa. La progettazione del singolo percorso consulenziale (setting,
strumenti, tecniche) deve essere funzionale a: la costruzione di una relazione di lavoro sufficientemente
costruttiva in un ambito strutturato sulla contrapposizione conflittuale; il complementare evitamento di

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

inconsapevoli rischi collusivi all’interno del sistema peritale; il bilanciamento tra la necessità di concedere
uno spazio di ascolto e di accoglienza individuale.

= coerenza interna tra teoria e prassi che rende possibile la produzione di informazioni di diversa natura
attraverso la considerazione di diversi livelli di analisi. Tenere conto anche della relazione con il giudice:
l’impianto metodologico dovrà quindi essere funzionale alla specificità del quesito posto dal giudice nella
causa di specie.

L’insieme degli strumenti impiegati dovrebbe evidenziarne una caratteristica trasversale: la dinamicità
intrinseca – le caratteristiche della metodologia adottata devono specularmente mettere in azione e in
movimento la famiglia, sia per cogliere la dinamica in atto, sia per valutare la capacità evolutiva dell’assetto
familiare.

Ciò che sostiene la progettazione e conduzione della CTU in senso relazionale non è la conoscenza e la
somministrazione in maniera meccanicistica di una serie di tecniche, ma un pensiero che individui coerenti
e sensibili strumenti operativi in grado di modulare un’azione conoscitiva e trasformativa ogni volta diversa.

Quanto andremo a descrivere non deve essere considerato alla stregua di un ricettario, ovvero come la
prescrizione di un protocollo invariabile, quanto piuttosto un insieme di indicazioni utili per comprendere la
strategia e la logica di un processo di lavoro.

Gli elementi essenziali per realizzare una consulenza tecnica di tipo simbolico-relazionale sono due:
presupposti teorici e coerenza tra questi e le opzioni tecnico-metodologiche.

Progettare un percorso di assessment orientato alla comprensione della genitorialità intesa come una
funzione triangolare, che si realizza tra i due genitori, il figlio ed i sistemi relazionali di origine; si pone al
centro la capacità di ciascuno di promuovere l’accesso simbolico e fattivo dei figli all’interno del contesto
relazionale. L’altro elemento importante è la necessitò di progettare e realizzare un’indagine
multidimensionale clinicamente orientata che preveda: la produzione di informazioni relative ai vissuti ed
alle percezioni delle persone implicate, informazioni a livello relazionale, diadiche e gruppali, discussione e
confronto con la coppia genitoriale.

VARI PASSAGGI (13 IN TUTTO):

1. Il conferimento dell’incarico:

la CTU ha origine attraverso uno specifico atto processuale: la decisione del giudice di incaricare un
professionista allo scopo di fornire appropriate informazioni e conoscenze per il giudizio di causa. In questa
decisione vi sono almeno tre elementi cruciali: le ragioni e le modalità attraverso le quali il giudice matura il
convincimento della necessità di ricorrere al consulente; il contenuto conoscitivo della domanda; le ragioni
per cui il giudice ha affidato l’incarico a quello specifico professionista.

È un passaggio importante che permette al CTU di cogliere informazioni e di misurarsi fin da subito con le
istanze esplicite e con l’intensità emotiva che i genitori hanno trasferito sulla Giustizia e con la domanda
posta dal giudice (filtrata dal suo ruolo, dalle caratteristiche personali…).

Uso clinico della relazione consulenziale: vi è un vero e proprio transfert sulla legge, perché istanze
inconsapevoli di cura dei legami (angoscia, dolore) vengono convogliate attraverso strumenti giuridici
processuali. Il ruolo del consulente vede una difficoltà a mantenere una coerente posizione di terzietà per
vari motivi: è oggetto di intense proiezioni da parte degli altri membri del gruppo e non ha modo di
difendersi attraverso una tecnica forte. Il suo lavoro ha inoltre vincoli estremamente rigidi (i tempi della
perizia, l’urgenza, la logica giuridica…) e può sperimentare a sua volta sentimenti molto intensi e
contraddittori e i suoi prodotti esprimono il controtransfert istituzionale (che riguarda non solo i soggetti
della perizia ma l’intero contesto del suo intervento).

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

Le tensioni si manifestano talvolta fin da subito, per esempio riguardo le tempistiche: il consulente spesso
deve compiere scelte difficili in un tempo limitato. Egli si deve però porre come un interlocutore
competente: cosciente dell’urgenza dell’intervento e della complessità del lavoro che dovrà sviluppare
(potrà chiedere un mandato temporale).

Un altro aspetto fondamentale riguarda il quesito che il magistrato formula: il consulente deve poter avere a
disposizione al termina dell’indagine tutti gli elementi necessari per farlo, egli deve però stare dentro al
mandato ed al quesito, instaurando una relazione corretta con i suoi interlocutori.

Durante il conferimento dell’incarico è opportuno che il consulente chieda un mandato ampio per le
operazioni tecniche che potrebbero rendersi necessarie. È inoltre fondamentale che si instauri una
collaborazione fiduciaria ed un dialogo costruttivo tra il consulente ed il giudice, devono porsi su un piano di
pari dignità espitemologica e professionale, affinchè le necessità e i compiti dell’uno trovino risposta e reale
supporto dall’altro. è all’interno di questa relazione collaborativa che il CTU ha il diritto/dovere di far
conoscere le sue richieste dal punto di vista metodologico.

2. Il lavoro preliminare sui fascicoli di causa

La prima lettura dei fascicoli di parte suscita spesso un senso di impotenza, le vicende sono descritte dai
legali in modo molto diverso. La fedeltà al mandato contenuto nel quesito, chiede espressamente che
vengano letti gli atti e i documenti di causa, impone che ad essi sia riservato uno specifico paragrafo nella
relazione finale. È necessario assumere gli elementi necessari all’inquadramento della situazioni a tutti i vari
livelli di indagine: storia, vissuti psicoaffettivi dei familiari, comportamento degli stessi all’interno del
procedimento giudiziale.

La lettura di questo materiale è clinica, cioè non ci può essere solamente una ricognizione dei dati di fatto e
delle rappresentazioni, occorre cercare piuttosto di identificare i tratti distintivi della dinamica familiare (con
particolare riguardo agli atteggiamenti e alle posizioni emotive-affettive). Gli elementi che emergono
dall’analisi dei fascicoli possono riguardare il contenuto dei colloqui clinici, inoltre si può confrontare il
racconto soggettivo delle conversazioni peritali con i dati desunti dagli atti (con valutazione dell’esame di
realtà del soggetto).

In generale, dagli atti ci si può fare un’idea generale della situazione (eventualmente tracce di risorse, temi
emergenti del conflitto etc.).

L’esame degli atti costituisce un mezzo per una prima analisi della domanda, di come essa esordisce sullo
scenario giudiziario… uno strumento che può ridurre la soggettività dello sguardo del consulente nello
studio dei documenti è la tecnica dell’analisi del contenuto: tecnica che rende possibile selezionare quegli
indicatori che hanno una maggiore frequenza e significatività. Bisogna comunque tenere in considerazione
anche le caratteristiche contestuali e come le informazioni sono state trattate dalle parti e quali effetti
hanno prodotto nella dinamica processuale. È proprio la corretta analisi preliminare dei documenti che può
fornire una corretta e consapevole precomprensione della situazione e mettere così in grado il consulente di
operare nel modo più costruttivo.

Nella relazione conclusiva deve essere contenuto un paragrafo specifico dedicato a tale operazione peritale
= riassunto dell’inquadramento valutativo dei fattori analizzati.

3. L’incontro con i consulenti di parte

Una procedura comunemente usata consiglia di incontrare preliminarmente i consulenti di parte.

La presentazione dell’impostazione teorico-metodologica della consulenza è indispensabile, in questa sede


è importante dar voce alle domande o alle questioni che i colleghi possono voler porre: la creazione di un
clima di fiducia e di un contesto di collaborazione è cruciale (farli sentire parte del processo). È importante

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

anche questo clima di collaborazione per avere delle aperture nella posizione dei clienti = sono spesso i CTP
che riescono a far elaborare alcuni contenuti che il processo peritale ha evidenziato/sostenere una corretta
partecipazione al processo di lavoro proposto.

Un’ulteriore questione riguarda l’utilità di far sapere ai consulenti di parte e ai loro clienti che cosa il CTU va
a cercare, con quali strumenti lo faccia e a cosa egli attribuisca valore/disvalore.

La presentazione preliminare ai CTP del modello operativo e del programma di lavoro è importante qualora i
CTP non condividano l’approccio metodologico proposto. In tali circostanze spetterà ovviamente al CTU
decidere se e in che misura accogliere le richieste dei colleghi piuttosto che motivare esplicitamente il
rifiuto.

4. L’incontro di esordio

La finalità del primo incontro è di inquadrare dal punto di vista simbolico e sostanziale la consulenza come
un compito congiunto di una coppia genitoriale. Il setting più indicato per questo primo incontro è quello di
coppia. In alcuni casi questo non risulta possibile (per impraticabilità di comunicazione e prolungata
interruzione di ogni confronto), può essere opportuno quindi organizzare l’esordio della consulenza con una
semplice lettura del quesito e la spiegazione dell’iter peritale in presenza di entrambi, seguito da un
colloquio individuale (per esplorare le aspettative, il senso, gli obiettivi del lavoro peritale).

Nel caso invece sia possibile procedere secondo la soluzione logica e funzionale, cioè con un incontro
congiunto, il quesito va inquadrato e fatto vivere. La presentazione dettagliata del programma di lavoro è
occasione per i genitori di condividere il senso e il procedere dell’azione e le ragioni per cui essa è stata
costruita in tal modo. L’esordio in un setting congiunto ha un grande impatto e valore simbolico,
metacomunica in termini molto chiari la prospettiva con la quale si intende procedere. L’esordio congiunto
consente di marcare in modo forte la differenza di paradigma del lavoro psicologico rispetto alla struttura
simbolica e strategica del procedimento legale e di provocare un attivo e partecipe coinvolgimento dei
genitori nel processo peritale.

La più immediata occasione per verificare la possibilità cooperative è data dalla questione della
comunicazione ai figli circa il loro coinvolgimento nella consulenza. È necessario che il minore abbia un’idea
chiara, in relazione alla sua maturazione psicologica, del contesto consulenziale ed è preferibile che
l’informazione arrivi direttamente dai genitori.

Un’altra tematica riguarda l’esplorazione delle rappresentazioni familiari di cui i genitori sono portatori. È
sintonica con l’obiettivo di sollecitare l’attenzione alle dimensioni relazionali e di mobilitare il
coinvolgimento attivo dei partecipanti nel processo di lavoro (utilizzando il genogramma, che coinvolge i
genitori in una ricostruzione spazio-temporale della vicenda familiare e favorisce l’immediata figurazione di
temi e significati latenti dello scambio generazionale – considerare se i genitori riescono ad eseguire
congiuntamente il compito, quale spazio sussiste nella mente di ciascuno per poter pensare e sentire l’altro
e rende visibile la posizione che il figlio occupa all’interno dell’organizzazione familiare, la presenza o
assenza di figure significative della rete familiare, presenza di una stratificazione gerarchica tra le
generazioni).

Lo sviluppo dell’interazione dialogica del CTU consente di esplicitare la natura della consulenza tecnica
come un lavoro clinico, di sostegno a favore dei legami familiari, attraverso una prima definizione da parte
dei genitori dei problemi per cui a loro avviso si è giunti alla consulenza tecnica e successivamente tramite
l’individuazione degli obiettivi che la consulenza si deve porre.

5. Gli incontri con i genitori

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

È senz’altro possibile proporre inizialmente colloqui individuali con i genitori, tuttavia da diverso tempo si
privilegia il colloquio congiunto con la coppia. L’ascolto reciproco delle ragioni di certe condotte, di certi
meccanismi relazionali e di un possibile senso può costruire uno stimolo potenzialmente trasformativo
(primo abbozzo di rielaborazione). Sono interessanti tutti quegli aspetti che emergono dall’interazione
diretta (es. il canale non verbale).

Utilizzo di alcuni spunti de L’intervista Clinica Generazionale possono essere una traccia per i colloqui
congiunti. L’intervista spazia su tre assi (origini, il legame di coppia, il passaggio generazionale) utilizzando
tre parametri di valutazione (fallimentare, critico, fecondo). È importante sollecitare i soggetti ad esprimere
le loro valutazioni/rappresentazioni (ricostruzione del senso della storia familiare, del tema della
responsabilità etc.) piuttosto che operare una pedissequa ricostruzione della cronologia familiare.

Al di là del setting o dello strumento clinico, devono essere esplorate 5 aree di indagine:

dall’attrazione alla fine della vicenda coniugale, i dolori propri ed altrui, le relazioni con le famiglie d’origine,
i passaggi critici, la cura responsabile dei figli. (Ampio focus sulla formazione della coppia)

Il lavoro può essere arricchito attraverso l’utilizzo di strumenti individuali, che possono essere proposti
anche come dei compiti a casa (per agevolare la riflessione personale e la continuità del processo
elaborativo tra un incontro e l’altro). Questi strumenti sono utili per due motivi: offrono info di natura
differente rispetto a quanto è solamente osservabile nell’interazione + costituiscono un ulteriore stimolo
che aiuta ciascuno di essi ad ascoltare e comprendere le rappresentazioni ed il punto di vista dell’altro.

I dati ottenuti possono essere tanti, devono essere poi letti e compresi attraverso uno specifico lavoro di
analisi e di organizzazione. Il materiale deve essere approcciato secondo due dimensioni: l’enucleazione dei
contenuti prevalenti e i criteri per la valutazione di quei contenuti da parte del tecnico. È una tipica
questione relazionale: i dati prendono forma dallo sguardo e mente dell’osservatore, dai suoi principi teorici
etc.

Metodo per studiare i colloqui: tecnica di analisi del contenuto = metodo dell’analisi del contenuto, si basa
su un’indagine sul testo alla ricerca di indizi ricorrenti e significativi, da cui si traggono gli indicatori accostati
poi da aree tematiche. Allo stesso tempo l’attenzione sarà rivolta anche alla modalità della narrazione,
all’atteggiamento emotivo, all’uso di meccanismi di difesa, ai nuclei affettivi che emergono in modo diretto
nell’incontro con il soggetto…

6. Incontro con i figli

I colloqui clinici con gli adulti hanno introdotto il consulente ad una prima visione d’insieme
dell’organizzazione delle relazioni familiari, in questo modo il lavoro consulenziale che coinvolge il figlio può
correre meno rischi. È un lavoro che comporta rischi ed è molto delicato, per una molteplicità di fattori
connessi alla posizione del minore (dinamiche familiari…). I figli sono considerati all’interno della giustizia
come soggetti di diritti e portatori di bisogni.

Esistono posizioni divergenti relative all’ambivalenza tra vantaggi e svantaggi dell’ascolto del minore. Le
posizioni a favore sottolineano la funzione adattiva, di resilienza e di empowerment che il minore
sperimenta nel prendere parte attiva ai processi che possono determinare scelte significative nella propria
esistenza. Le posizioni critiche richiamano il fatto che il minore non può consapevolmente e adeguatamente
articolare la differenza tra desiderio percepito ed interesse effettivo per la propria crescita e inoltre possono
sottostare ad un’influenza decisiva dei propri genitori in conflitto tra loro.

La riflessione psicologica si è concentrata su tre dimensioni: le modalità di ascolto, il setting e la necessità di


contestualizzare i contributi offerti (perché acquistino un significato interconnesso e non assoluto).

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

È necessario considerare il livello maturativo del minore: la legge fissa il limite minimo di 12 anni per
procedere ad un’audizione diretta del minore da parte del magistrato (se il bambino è in grado di
discernimento il limite può essere abbassato).

Un ulteriore aspetto da considerare è la condizione di minore in quanto figlio, cioè inscriverlo nella storia
familiare. Egli è portatore sì di bisogni e di diritti, ma anche e soprattutto di proprie rappresentazioni e
vissuti circa le relazioni familiari. La sua parola si colloca all’interno del contesto familiare e giudiziale.

Alcune volte il figlio viene ascoltato prima di aver osservato le interazioni genitori/figli, altre volte si
osservano prima le interazioni.

Nelle interazioni può essere introdotta la richiesta di interloquire col figlio su cosa abbia capito della
consulenza e delle sue finalità. È necessario fare riferimento a modelli teorici per la comprensione della
posizione emotiva del figlio all’interno della specifica fase del ciclo di vita familiare, dell’evoluzione dei
processi psicoaffettivi personali. La decodifica avviene attraverso criteri di senso, per passare alla
comprensione dei bisogni e all’interpretazione degli stessi.

Nel caso di bambini più piccoli o maggiormente resistenti al dialogo è opportuno adattare la modalità
dell’incontro, facendo ricorso all’uso di strumenti clinici quali gioco, disegno libero (difese abbassate…).
Oppure strumenti costruttivo-espressivi (gioco simbolico, test della Doppia Luna o Family Life Space, adatto
nel caso di adolescenti).

La Doppia Luna fa emergere il tema del radicamento e dell’appartenenza su cui si fonda l’identità di ciascun
soggetto. La somministrazione può essere fatta a sottogruppi differenti e successivamente in forma
congiunta, può essere ripetuta nel tempo e rappresentare un tema di riflessione per la famiglia. Diviene di
particolare utilità quando ci troviamo di fronte ad una situazione separativa che pone i figli di fronte a temi
relativi alla lealtà (poter appartenere ad uno o ad entrambi i genitori e/o gruppi familiari d’origine). Con
questo strumento si possono cogliere aspetti riguardanti situazioni con ambiguità dei confini.

Il bambino può mostrare caratteristiche di chiusura, di scarsa verbalizzazione delle sue emozioni,
sentimenti, pensieri. La situazione può attivare tensioni emotive e paure, si può creare un clima inquisitorio.
Il consulente ha il compito di cogliere i segnali che gli vengono rivolti, di favorire l’espressione dei bisogni.

Un altro strumento è il Blacky Pictures Test: vignette che raffigurano le avventure del cane Blacky con
mamma, papà e un fratello. Gli stimoli offerti ci permettono di comprendere meglio il vissuto di figlio, la
relazione con la figura materna e con la coppia genitoriale, la reazione alla rottura dell’ideale e unità
familiare e le strategie messe in campo per fronteggiare la transizione separativa della famiglia.

7. Incontro con le famiglie d’origine

Incontrare le famiglie d’origine reali insieme ai genitori di cui ci occupiamo in CTU è una prassi introdotta
con gli sviluppi successivi del modello consulenziale, l’obiettivo si è così spostato sul rapporto tra famiglia
reale e famiglia rappresentata. Incontrare i genitori con le loro famiglie permette di avere uno spaccato nelle
rappresentazioni di ciascuno. Si tratta di indagare il rapporto tra l’individuo e il suo contesto relazionale.

L’incontro ha una duplice intenzione: da una parte è l’occasione per raccogliere altri contenuti, dall’altra
verificare nel confronto intersoggettivo, le informazioni di natura rappresentazionale offerte dai genitori
durante i colloqui individuali o di coppia.

Interessante osservare l’eventuale cambiamento di atteggiamento del periziando, se insieme alla famiglia
d’origine si crea un fronte comune contro o se vi è la possibilità di accogliere al proprio interno la differenza
di posizioni e sentimenti, aprendo a ridefinizione di confini e significati.

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

Il criterio dell’accesso viene declinato in modo specifico in questo incontro, valutando la


capacità/disponibilità dei vari membri della famiglia a riconoscere i nipoti come continuatori di un incontro
tra stirpi, rispetto al volerli sottrarre all’altra matrice familiare.

8. Gli incontri congiunti genitori-figli

L’interazione è direttamente osservabile e valuta l’influenza reciproca che i soggetti esercitano sulle azioni
proprie ed altrui in presenza gli uni degli altri (è diverso dalla relazione). È utile confrontare le
rappresentazioni delle relazioni offerte da genitori e figli nei colloqui precedenti e quanto si osserva
dall’interazione diretta. Le dimensioni più analizzate sono: coesione, disimpegno, comunicazione,
flessibilità, problem-solving, tonalità emotiva… I livelli di osservazione necessari riguardano: i processi di
comunicazione non verbale (prossemica, movimento dei corpi nello spazio), l’organizzazione strutturale
(presenza/assenza di alcune caratteristiche sia in ciascun genitore sia nella relazione della coppia
genitoriale, quali le modalità comunicative prevalenti, il clima emotivo…) e lo scambio intersoggettivo
(elementi che passano nella relazione intersoggettivi quali contenuti della considerazione dell’altro).

Queste dimensioni vengono integrate ed emergono elementi significativi di giudizio sulle risorse affettive ed
educative degli adulti.

Sono molteplici gli strumenti che si possono utilizzare per promuovere l’interazione familiare congiunta: ciò
dipende dall’età dei minori, ma anche in relazione alle caratteristiche della cultura familiare.

Strumenti:

- Losanna Trialougue Play (LTP): utile per osservare un bambino posto in interazione con le sue figure
genitoriali. Proposta di gioco ai famigliari con un’alternanza di stimoli diadici e altri triadici:
sequenza di 4 stadi consecutivi, di cui loro gestiranno la durata effettiva = 1) uno dei due genitori
interagirà direttamente con il bambino in uno spazio, mentre l’altro rimarrà seduto; 2) i genitori si
danno il cambio e colui che ha aspettato andrà a sistemarsi su un’altra sedia; 3) i genitori dovranno
giocare assieme al bambino sul tappeto; 4) il bambino deve giocare da solo mentre i due genitori
parlano tra loro. Verranno osservati i tempi e le modalità del passaggio da una fase all’altra
(attenzione a comunicazione non verbale, al rispetto del tempo/spazio…).
CODIFICA: lettura funzionale/clinica (alleanza cooperativa, in tensione, collusiva, disturbata) e
lettura strutturale (valutazione dimensionale del funzionamento familiare, partecipazione,
organizzazione, attenzione focale, contatto affettivo).

Un’alternativa all’LTP è strutturata come se la sequenza delle interazioni diadiche e triadiche riproducesse in
laboratorio ciò che si verifica in occasione del cosiddetto diritto di visita previsto dal dispositivo del
Tribunale: genitore domiciliatario del figlio e uno che lo va a prendere. La proposta è seguire il processo
nelle varie configurazioni relazionali: presenza di un solo genitore, arrivo dell’altro (un genitore deve
permettere l’entrata dell’altro, chi subentra invece deve modulare il suo accesso e allo stesso tempo
proporsi attivamente), rimasti soli il bambino ed il genitore neo arrivato hanno un tempo per interagire e
poi deve lasciare la stanza, ricreando la riconsegna del figlio a casa. Si va a valutare il criterio dell’accesso
attraverso la scansione dei tempi: uscita frettolosa dalla stanza, permanere oltre il tempo necessario…

- Sceno Test: metodo d’indagine che contribuisce alla comprensione dell’atteggiamento interiore del
soggetto con riferimento alla sua vita affettiva e agli elementi psichici profondi.
- Gioco libero: avendo cura di offrire una gamma di giochi variegata (da quelli più strutturati a giochi
più espressivi/motori), allo scopo di individuare i livelli cognitivo-emotivi prevalentemente attivati
da una scelta piuttosto che un’altra.

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

In caso di figli con età molto diversa tra loro è preferibile somministrare l’LTP o effettuare un’osservazione
libera della famiglia nella stanza con materiale di gioco vario, per poi procedere a interazioni differenziate
dei genitori con i due figli separatamente.

Con famiglie che hanno bambini nella seconda infanzia o adolescenti la consegna-stimolo è progettate
qualcosa da fare assieme, come genitore e figlio/i (compito conversazionale): consente di acquisire
informazioni, sia per la presenza di determinate azioni perlocutorie, sia per la loro assenza.

- Disegno congiunto della famiglia: la tecnica prevede di chiedere ai genitori e al figlio/figli di fare su
un ampio foglio e con un solo pennarello un disegno assieme di voi che state facendo qualcosa
come famiglia. Al termine dell’effettuazione del compiti si discutono le dinamiche osservate,
facendo emergere elementi di comprensione sulle percezioni reciproche, ragioni consapevoli o
ipotesi inconsapevoli rispetto alle condotte proprie ed altrui.
La specificità di questo strumento sta nell’azione congiunta: quello che viene offerto con la
consegna è uno spunto per poter osservare la funzionalità dell’interazione familiare. Anche la
produzione grafica offre elementi di valutazione: appaiono significativi gli elementi simbolici del
tema comune trattato o del soggetto scelto da ciascun familiare, viene dato valore ai rapporti
spaziali delle tracce grafiche dei partecipanti, all’occupazione del foglio da parte di ciascuno, del
rapporto figura/sfondo vuota etc. Inoltre poi l’attenzione viene rivolta ad una valutazione delle
modalità interattive con cui viene affrontato il compito. La richiesta di mettere in scena i personaggi
mentre stanno facendo qualcosa, costringe i familiari ad uscire dalla soluzione difensiva di un
elaborato statico.

Varie circostanze consigliano di variare gli stimoli utilizzabili per l’interazione congiunta, il principio che deve
guidare la scelta degli strumenti è la coerenza con il modello teorico e coerente con lo stile del CTU. L’altro
criterio da considerare riguarda le caratteristiche dello stile culturale e relazionale della famiglia con cui si
lavora, l’età dei figli e la loro partecipazione all’azione congiunta.

Con figli adolescenti è raccomandabile fare ricorso al Family Life Space, un altro strumento grafico-
simbolico che coinvolge in un compito grafico-simbolico congiunto i componenti della famiglia e che
consente di ottenere informazioni riferibili all’organizzazione familiare complessiva. Il presupposto è la
rappresentabilità spaziale della realtà psichica, strutture e dinamiche in atto nelle persone e nelle loro
relazioni possono essere rappresentate attraverso segni grafici. Una volta completato il disegno i famigliari
sono invitati a confrontarsi e a dialogare rispetto all’esperienza vissuta + osservazione da parte del clinico
del compito.

9. Gli incontri con eventuali altri significativi

Può esserci l’opportunità di acquisire elementi di valutazione su altri soggetti coinvolti, su fattori di contesto
o su altri contesti di appartenenza. Oppure si può intuire come un soggetto possa costituire una risorsa o un
problema per le dinamiche familiari. Per esempio colloqui con nuovi partner, con cui i due genitori hanno
dato vita a nuovi legami: per poterla ritenere una relazione che ha una certa influenza deve essere una
relazione interiorizzata dal figlio, stabile (durata della nuova relazione, frequentazione da parte del figlio,
convivenza etc.). A volte si rende utile anche l’incontro tra i minori ed i figli di altri legami dei genitori.

Alcuni colleghi coinvolgono gli operatori della scuola, per acquisire informazioni rispetto allo sviluppo
psichico del bambino, ai processi di socializzazione, difficoltà etc. (questa operazione è preferibile impiegarla
in casi particolari)

Diverso è il caso se la famiglia è in carico ai servizi sociali: in quel caso è opportuno acquisire informazioni e
documentazioni da loro.

10. Circa i test di personalità

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

L’impiego diffuso di test psicologici spesso non appare né pertinente né coerente con le valutazioni che
l’esperto è incaricato di compiere. La questione di fondo connesso all’utilizzo dei test è la rincorsa alla
pretesa scientista dell’oggettività, una tradizione che ripropone la centralità della personalità del genitore
quale oggetto dell’indagine consulenziale. Il presupposto è che una personalità equilibrata dell’adulto sia un
fattore decisivo per rispondere ai bisogni e interessi della prole. Ma è necessario passare da una logica
valutativo-diagnostica ad una valutativo-comprensiva propria del modello relazionale simbolico =
comprendere il senso delle dinamiche relazionali ed il modo in cui le persone con le loro caratteristiche
partecipano a queste. Se emergono tratti psicopatologici è utile sottoporre il periziando ad una valutazione
psicodiagnostica.

Può succedere che il magistrato richiami nel quesito la valutazione della personalità dei genitori.

Una volta accertata la necessità di predisporre un’indagine attraverso test ci sono due questioni operative
da considerare: chi assume l’incarico della somministrazione e chi corregge i test è bene che non sia lo
stesso CTU che li utilizzerà all’interno di un inquadramento assai più ampio (perché il tecnico potrebbe
andare alla ricerca delle conferme delle proprie ipotesi).

Alcuni stanno sperimentando l’impostazione dell’assessment di Finn, una conduzione del lavoro
psicodiagnostico che prevede una restituzione commentata insieme al singolo genitore.

La seconda questione riguarda i tempi dell’acquisizione dei risultati dei test rispetto alle logiche e tempi
della consulenza.

11. L’analisi e l’elaborazione dei dati prodotti

Fase delicata: elaborazione dei dati raccolti e organizzazione delle info ottenute in uno schema
interpretativo che costituisce la base di senso sulla quale costruire la restituzione da discutere nell’incontro
conclusivo con i genitori.

Si tratta di un lavoro di riordino complessivo del materiale ottenuto secondo criteri e una metodologia
precisi. È un processo inferenziale complesso, finalizzato ad individuare una possibile linea di senso in grado
di ricomporre la molteplicità dei dati e delle informazioni disponibili. È un processo che non può essere
rigidamente operazionalizzato (si deve adattare alle peculiarità di ciascuna situazione concreta e perché si
basa anche sulla capacità di intuizione e comprensione del lavoro clinico).

Il rapporto tra dato empirico e sintesi finale è mediato da due passaggi intermedi: il primo riguarda la
trasformazione del dato empirico in informazione psicologicamente rilevante; il secondo riguarda
l’integrazione delle differenti informazioni prodotte in una ipotesi di senso unitaria (questo passaggio
richiede di fare riferimento ad alcuni parametri interpretativi e valutativi, è necessario che i criteri valutativi
siano assunti in modo esplicito e consapevole, che siano collegati ai presupposti teorici e alla finalità
dell’indagine e che siano dichiarati prima dell’avvio delle operazioni peritali.).

Il rigore e la scientificità dell’indagine psicologica richiede che siano tenute in considerazione la


finalizzazione e la contestualizzazione delle analisi effettuate. Significa non perdere di vista la natura della
CTU: offrire ai giudici una comprensione esperta della situazione familiare, organizzando i contenuti nel
modo più congruente possibile.

Macro aree tematiche e criteri coerenti alle questioni d’indagine: si tratta di far confluire i metodi e livelli
nelle diverse aree tematiche. I criteri sono punti di osservazione privilegiati che traducono e
operazionalizzano le aree tematiche. Si lavora con i dati utilizzando due operatori logici principali: per
analogia-conferma e per differenza-complementarietà.

Prima area: valutazione personale dei singoli genitori:

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

CRITERI condizione psicofisiche generali, capacità di ciascun genitore di uscire dal contenzioso giudiziario,
riconoscere ed entrare in contatto con le proprie tematiche intrapsichiche (bisogni, sentimenti, paure,
desideri) e relazionali (capacità di appropriarsi dei contenuti emersi), capacità e disponibilità a riconoscere
ed elaborare le implicazioni emotivo-affettive della propria separazione (quanto e come le persone riescono
ad accedere ai significati ed alle caratteristiche della propria separazione).

Seconda area: la relazione fra i due genitori: situazione attuale fra i genitori, livelli di conflitto e di
problematicità, risorse presenti etc.

CRITERI capacità di riconoscere e differenziare il legame di coppia e le sue vicende dal legame genitoriale
(mette in luce capacità di ordine rappresentazionale e relazionale); capacità di riconoscere ed utilizzare le
risorse dell’altro genitore nella prospettiva di una genitorialità condivisa (ricerca di informazioni operative,
rinvenibili in azioni e comportamenti), genitorialità (azione che vede un’assunzione specifica di
responsabilità dei genitori nei confronti dei figli).

Il legame coniugale può psichicamente sciogliersi ma quello genitoriale deve rimanere operoso ai fini della
crescita dei figli, hanno la capacità di mantenere attivo un tipo specifico di legame per portare a
compimento il rapporto genitoriale? Osservazione delle azioni congiunte.

Terza area: valutazione della situazione dei figli

CRITERI: Condizioni psicofisiche dei figli (limiti e risorse, rischi evolutivi e potenzialità da sviluppare), grado
di elaborazione dei figli rispetto alle implicazioni affettivo-emotive del nuovo assetto familiare (è un dolore
trattabile?), qualità e caratteristiche della relazione fra genitori e figli (rapporto genitore-figlio in riferimento
all’altro e viceversa).

Quarta area: valutazione prognostica di trasformabilità dell’assetto familiare, indicazioni che ci dicono delle
potenzialità trasformative della famiglia.

CRITERI: risorse e limiti personali dei genitori, rielaborazione della propria storia familiare, fiducia e
speranza nel famigliare, capacità di cogliere il senso della propria storia coniugale e della vicenda separativa
insieme all’altro genitore, fiducia tra i genitori (sia sul versante personale che genitoriale).

Possiamo rappresentare mentalmente e graficamente la costruzione della comprensione clinica del


funzionamento familiare e genitoriale come una struttura unitaria articolata su due piani: matrice di sfondo
(trama della vicenda familiare) e alcune dimensioni dinamico-funzionali, corrispondenti alle aree tematiche
precedentemente illustrate. Si tratta di una organizzazione di senso unitaria e integrata, dove i diversi
elementi sono connessi.

12. L’incontro conclusivo con i CTP e con la coppia genitoriale

Alla fine del percorso peritale viene solitamente effettuato almeno un colloquio congiunto con la coppia
genitoriale: restituire un riscontro della comprensione delle vicende familiari che emerge dall’elaborazione
dei dati raccolti e del problema che il conflitto sta cercando di trattare in questa fase della storia familiare.

Perché questa anticipazione? Si ha il dovere e la necessità di rendere note le risultanze, le preoccupazioni


circa le aree di criticità, le tappe di un percorso virtuoso futuro di risoluzione dei problemi.

Solitamente si consegna un elaborato scritto, relativo al percorso consulenziale fino a quel momento fatto.
Entrambi i genitori hanno modo di leggere e riflettere con attenzione su quanto è merso e sulle

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

considerazioni del consulente. L’aspettativa è che ciascun genitore possa giungere a questo incontro di
restituzione con una propria possibile elaborazione/posizione.

I genitori hanno avuto la possibilità di sfruttare l’ambito riservato della consulenza di parte per
comprendere ulteriormente quanto andava emergendo, vagliando gli scenari futuribili, acquisendo le
considerazioni…

È un momento significativo del processo poiché le analisi complessive prendono la forma delle soluzioni
concrete che dovranno essere proposte alla valutazione del giudice. Il CTU però potrà prospettare ai genitori
che le sue indicazioni circa l’organizzazione dello spazio-tempo dei rapporti familiari potrebbero essere
anche riviste con soluzioni più aderenti alle necessità e scelte dei genitori stessi (qualcosa che è stato
elaborato e partecipato dai diretti interessati), nel caso si avvii un processo che possa portare ad un
accordo.

Paradosso: da una parte il CTU ha il potere della funzione valutativa e quello di dover/poter prospettare una
propria decisione al tribunale; dall’altra il CTU sta perseguendo realmente lo scopo di restituire agli
esercenti la potestà genitoriale il potere di agire beneficamente nell’interesse dei loro figli.

Il consulente può sollecitare i genitori a confrontarsi nella ricerca di soluzioni atte a fornire una risposta tra
loro concordata alla parte del quesito del giudice che potrebbe chiedere il concreto dispositivo di
affidamento e di regolazione delle frequentazioni con i figli. Qualsiasi sollecitazione alla risoluzione
concordata delle controversie deve essere presentata come un’operazione diagnostica e non come un
obbligo alla transizione. Deve essere uno stimolo commisurato alle reali risorse presenti nel sistema.

13. La redazione della relazione

La relazione deve preservare le caratteristiche richieste dal codice di procedura civile e suggerite dalla
letteratura specializzata:

- Contenuto: evitare il dilungarsi su questioni irrilevanti ai fini della risposta al quesito e il non
affrontare questioni essenziali ai fini della risposta al quesito.
- Descrizioni e valutazioni: la descrizione deve sempre essere accurata e dettagliata, la parte
descrittiva deve essere sempre evidenziata e separata dalla eventuale parte valutativa (in cui la CTU
avrà cura di motivare le proprie conclusioni).
- Forma della relazione: parte epigrafica (nella quale il CTU avrà cura di indicare gli estremi della
causa, riassumendo le operazioni compiute), parte introduttiva (dove illustrare i riferimenti teorico-
metodologici adottati e lo stato di fatto all’avvio della consulenza), parte descrittiva, parte
valutativa, parte riassuntiva.

La relazione deve tenere conto di tutto il percorso consulenziale a partire dai dati: riportare il quesito posto
dal giudice, l’epistemologia a cui si ispira, i criteri guida, la metodologia etc.

Deve essere formulata in modo chiaro e con un linguaggio comprensibile.

Nel descrivere il materiale si possono seguire logiche differenti, che possiamo schematizzare secondo tre
modalità:

ripercorrere il percorso dei lavori peritali; trattare quanto attiene a ciascuna persona implicata; procedere
per aree investigative.

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

CAPITOLO 3
IL SUPPORTO TRASFORMATIVO NELLA CONSULENZA TECNICA D’UFFICIO

Possiamo definire la consulenza tecnica un intervento clinico:

- È un intervento conoscitivo gestito e governato da un operatore competente e abile nel conoscere


gli aspetti psicologici delle relazioni familiari;
- Il processo di conoscenza dei fatti legati alle persone è per sua natura possibile solo all’interno di
una relazione umana;
- La CTU assume la caratteristica di esperienza umana, incontro fra persone, alta valenza emotiva ed
affettiva;
- È necessario considerare i significati e il senso attribuito alle relazioni, la cultura familiare, contesto
storico e culturale…;
- L’oggetto famiglia è per sua natura dinamico ed evolutivo, l’apertura sul futuro e l’attenzione agli
aspetti da sviluppare, ricerca di rischi e risorse

È compito del professionista mettere a punto un impianto di indagine che evidenzi ciò che appare
strutturale e al contrario modificabile, individuare rischi e risorse. È necessario un dispositivo capace di
cogliere ed esplorare gli aspetti trasformabili delle relazioni familiari (visione prospettiva e lungimirante).

1. Per una ricerca dei fondamenti della valenza trasformativa della CTU

Per legittimare la valenza trasformativa non possiamo prescindere dalla domanda cui è tenuto a rispondere
e dall’oggetto su cui è chiamato a pronunciarsi. Il CTU è uno degli ausiliari del giudice la cui funzione è tesa
ad integrare le conoscenze di quest’ultimo, producendo elementi in grado in grado di valutare determinate
prove, fatti, azioni o fornendo elementi diretti di giudizio.

La natura dell’oggetto da conoscere richiede opportune e adeguate metodologie che necessitano di essere
pertinenti, commisurabili alle caratteristiche dell’oggetto, competenti, autorevoli.

Avere a che fare con la famiglia vuol dire avere a che fare con un oggetto per sua natura dinamico, soggetto
ai cambiamenti del ciclo evolutivo, del contesto in cui vive, della storia passata e delle relazioni specifiche
che intesse = insieme di relazioni fra generi, generazioni e stirpi, significati e caratteristiche che il tempo, i
valori e la cultura familiare sedimentano e costituiscono. Necessario un impianto di consulenza che possa
ripercorrere la storia, trovare il senso degli eventi, cogliere la dinamicità intrinseca all’uomo e relazioni e
potersi aprire al futuro.

Futuro: in molti quesiti si trova la richiesta di indicazioni e dispositivi che potrebbero regolamentare i tempi
e le modalità di incontro genitori-figli nel futuro di quella specifica famiglia. Spesso è necessario decidere e
organizzare le relazioni genitori e figli in seguito al divorzio conflittuale. Le valutazioni del consulente
verranno utilizzate dal giudice per assumere importanti decisioni. È necessario un dispositivo di una qualche
valenza prognostica, che quindi si fonda su una prospettiva temporale a tutto campo ed è necessario che la
lettura si ampli verso criteri che mettono in luce i temi del rischio e delle risorse.

Il compito del giudice non può prescindere dalla questione del miglior interesse del minore: anche questo
interesse richiede uno sguardo capace di proiettarsi in una dimensione evolutiva. È necessario quindi
assumere una conoscenza dei contesti, delle relazioni e delle situazioni che il minore vive e sperimenta, di
come queste sono in grado di consentirgli il miglior sviluppo e la più opportuna crescita.

Necessità di un approccio clinico trasformativo, atto cioè ad individuare spazi di cambiamento e di


miglioramento delle relazioni.

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

2. Tempi, modalità e strumenti della consulenza tecnica orientata in ottica trasformativa

Il tempo: durata della consulenza: è necessario un tempo adeguato per entrare in relazione con le persone
e la loro storia, capirne le dinamiche e metterle in azione. Tempo minimo di azione di 120 giorni, ma il
tempo congruo è di 5-6 mesi. A questo tempo vanno aggiunte le proroghe per tutte quelle situazioni che
necessitano di ulteriori valutazioni ed approfondimenti.

L’analisi degli atti e la ricostruzione dell’iter di giudizio sono utili per comprendere la domanda di giustizia
che viene trasferita al Tribunale dalle parti in conflitto. Comprendere la natura della domanda, coglierne i
bisogni significa promuovere un’azione trasformativa.

Anche la scelta di lavorare con la coppia genitoriale risponde ad una precisa istanza trasformativa, quella di
far sperimentare alle parti un setting congiunto dove la genitorialità ed i conflitti possono trovare un terreno
per emergere. Il contesto di consulenza organizzato come setting di lavoro congiunto, rende nitida e visibile
la situazione relazionale cui partecipano i figli (elemento utile al consulente, al giudice, e anche agli stessi
genitori).

Il lavoro con la coppia consente di cogliere più immediatamente i rischi e le risorse nella genitorialità nella
specifica situazione familiare e di fare interventi volti a sperimentare modalità più funzionali di esercizio
congiunto.

La restituzione di elementi emersi in fase di consulenza assume valore proprio nella prospettiva
trasformativa. Condividere gli elementi pregnanti delle dinamiche relazionali familiari ha come obiettivo non
solo un incremento di consapevolezza ma di riflettere ed elaborare tali elementi, connettendoli al significato
che essi assumono nella prospettiva olistica.

Quanto le persone colgono, come riflettono sugli aspetti loro restituiti, che consapevolezza sviluppano etc.
sono tutte indicazioni della possibilità soggettiva e congiunta di approcciare il conflitto in una prospettiva
alternativa. È compito del consulente verificare la possibilità di gestione costruttiva del conflitto poiché essa
consente di configurare la natura evolutiva e dinamica. Senza aver elicitato il cambiamento è impossibile per
il consulente prevedere le evoluzioni possibili della famiglia.

Una consulenza tecnica in cui è possibile fare esperienza di compiti e azioni congiunte permette di
individuare la presenza o meno di apertura mentale e spazio trasformativo, necessario per organizzare al
meglio la relazione figli-genitori dopo il divorzio.

Tutto ciò che muove la famiglia nell’interazione (gioco, disegno, dialogo, costruzione di oggetti…) ha la
possibilità di evidenziare, oltre alle ovvie dinamiche relazionali fra persone, anche le potenzialità
trasformative a disposizione dei famigliari.

Non va dimenticato il potenziale trasformativo che si attiva quando la famiglia allargata partecipa alla
consulenza: possibilità di rileggere il presente alla luce della storia e cogliere i vincoli e legami di lealtà filiale
o di dipendenza.

3. La trasformabilità… oltre la conoscenza?

Il criterio della trasformabilità è un presupposto necessario alla conoscenza (sia nella valutazione del
complesso oggetto familiare sia per la natura dell’intervento clinico in ambito giudiziale).

Ci sono due aspetti connessi alla trasformabilità, inteso come criterio dell’intervento consulenziale, che
trascendono il livello conoscitivo precedentemente descritto.

Il primo ha a che fare con l’obiettivo dell’azione del giudice che non può che essere assunto anche dal
consulente. La sentenza che il giudice emetterà è per sua natura trasformativa, finalizzata cioè a superare la
situazione di conflitto e di precarietà tra i genitori e il figlio. È impossibile quindi offrire al giudice elementi

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

per formulare un giudizio nell’ottica della trasformazione, cambiamento senza aver promosso un
cambiamento nelle relazioni. Il giudice è chiamato a pronunciarsi proprio sulla trasformazione auspicabile
nel futuro più prossimo.

Se consulente e giudice assumono lo stesso obiettivo e lo stesso criterio di azione con la famiglia, pur nella
differenza dei ruoli, competenze e finalità, non si crea quel margine di aporia e vuoto che diviene possibile
se i criteri sono differenti. Il criterio trasformativo della famiglia è ciò che lega e connette due professionalità
diverse quale quella del giudice e del consulente all’interno della consulenza tecnica.

Il secondo aspetto riguarda un esito fenomenico della disamina che stiamo facendo. È esperienza di molti
consulenti una richiesta del giudice che va ben oltre la conoscenza della situazione familiare; è utile,
soprattutto in questi casi, che il consulente condivida con il giudice la prospettiva di intervento trasformativo
che il giudice stesso dovrà assumere.

All’interno di questa prospettiva poi troviamo differenti possibili iter di una consulenza tecnica (presa d’atto
del rischio evolutivo per i minori, modalità di affidamento condivisa, situazioni in cui si riscontra la necessità
di un intervento di natura clinica).

CAPITOLO 4
CONFINI, ANALOGIE E DIFFERENZE TRA CONSULENZA TECNICA, MEDIAZIONE E
PSICOTERAPIA
In questo capitolo intendiamo mettere in evidenza ciò che accomuna e differenzia tre forme di intervento
clinico a cui accedono singoli, coppie, famiglie: consulenza tecnica, mediazione familiare e psicoterapia. A
livello teorico sono ben note le differenti caratteristiche di queste pratiche cliniche ma nella prassi operativa
c’è ancora confusione in proposito.

L’utilizzo di ciascuna pratica non può infatti che partire dalla consapevolezza della specificità che la
caratterizza, sia in ordine alle finalità e agli obiettivi, sia per quanto riguarda le modalità operative e la
necessità di identificare le corrette forme di connessione e integrazione tra i diversi contesti. Si tratta di
eventi che possono intrecciarsi tra loro ma che offrono risposte specifiche e non sovrapponibili, né
intercambiabili.

1. La specificità del contesto separativo

La separazione e il divorzio sono un campo d’azione alquanto controverso. Sono momenti di vita familiare e
di coppia complessi e delicati, poiché gli esiti contraddicono a volte le premesse o aprono vie non previste
inizialmente.

Alcune volte l’esordio di una separazione coinvolge direttamente il sistema giudiziario e in un momento
successivo l’intervento di figure professionali del sociale, altre volte succede il contrario. Nel caso di
un’apertura del processo separativo di tipo giudiziario sarà probabile che gli interventi di tipo psicosociale
abbiano una sequenza piuttosto definita: dapprima una CTU, e poi altri interventi a seconda dei bisogni
della situazione familiare.

Dagli anni ’80 la coppia è stata sollecitata a consultare professionisti o operatori dei servizi pubblici in grado
di consigliare, orientare e trattare la transizione separativa al di là e spesso prima della rituale consulenza
legale.

Non tutte le coppie che giungono in consultazione poi proseguono nel percorso separativo, poiché la
richiesta ed il bisogno sottostanti la domanda di coppia riguardano il dover trattare e dare risposte alla crisi
che si è aperta nella relazione di coppia.

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

Alla domanda posta dalle coppie si riconoscono una peculiare espressione ed intensità della sofferenza e la
forte messa alla prova della tenuta del setting.

La domanda di aiuto, siccome è posta assieme al proprio partner, apre a possibili elaborazioni e alla messa
in campo di risorse, ma attiva anche ansie e paure specifiche.

Il dolore che la coppia esprime necessita di un contenitore adeguato che permetta una ricostruzione di
senso, premessa necessaria ad ogni elaborazione emotiva della crisi. Nella nostra ottica la consultazione
offerta alla coppia richiede che lo sguardo sia allargato alla famiglia nel suo insieme, con particolare
attenzione e focalizzazione del tema della genitorialità condivisa e della prioritaria tutela dei legami, in
primis nei confronti dei figli.

Nel caso in cui dalla consultazione iniziale si configuri un esito di separazione si individuano le diverse
possibilità di intervento con la coppia: due configurazioni possibili, a seconda delle capacità della coppia di
mantenere attivo il processo di trasmissione generazionale consentendo o impedendo il transito verso una
nuova organizzazione delle relazioni familiari. Il percorso di cura della separazione è complesso, in quanto si
occupa di una sorta di paradosso, ovvero di aiutare entrambi i soggetti coinvolti ad accettare l’impossibilità
della cancellazione di quel legame e dei vissuti ad esso connessi e a percepirne il senso, i limiti e le risorse
attive e attivabili anche a fronte della separazione coniugale.

Le due configurazioni: 1) la separazione è in grado di riaprire alla generatività (sarà così possibile la
trasformazione del legame ed un investimento sulla genitorialità). Alla fase di consultazione possono seguire
mediazione familiare e counselling clinico/supporto della genitorialità; 2) la separazione apre ad angosce e
fantasie non sostenibili: la transizione è impraticabile e minaccia la continuità dei legami familiari. Si pone
l’obiettivo di fornire alla coppia un adeguato contenitore al fine di sostenere l’elaborazione della fine della
coppia: psicoterapia individuale/psicoterapia di coppia.

2. Alcune considerazioni sugli aspetti comuni ai diversi tipi di intervento psicosociale

Gli aspetti identitari comuni a questi tre interventi sono tre:

- Si inscrivono nel medesimo scenario: la separazione;


- Sono pratiche cliniche e come tali operano nel senso di una cura delle relazioni familiari;
- Sono tutti volti a mantenere i legami familiari tra generi, generazioni e stirpi.

Qualsiasi pratica clinica, in situazioni di separazione e divorzio, deve accompagnare le persone nel pensiero
e elaborazione emozionale = attraverso il dialogo emergono le soluzioni praticabili.

Favorire una posizione attiva dei componenti della famiglia affinchè possano guidare ed amministrare anche
autonomamente i cambiamenti richiesti nel dopo-separazione può costituire un punto comune ai diversi
interventi clinici in fase di separazione. Si tratta in poche parole di favorire la transizione e sostenere i legami
familiari.

Un secondo aspetto riguarda l’opportunità per il clinico di considerare adeguatamente il contesto, la realtà
che vivono le persone e gli aspetti del funzionamento giudiziario, tappe e procedure, fasi.

Nei prossimi paragrafi si cercherà di cogliere le peculiarità di ciascuna tipologia di intervento così da
orientare il lettore all’utilizzo più appropriato, secondo criteri che meritano un attento approfondimento,
anche nell’ottica di una successione di più interventi all’interno dell’evoluzione di un medesimo processo di
separazione e divorzio.

3. La Consulenza Tecnica d’Ufficio

La CTU è un intervento di tipo conoscitivo assegnato dal giudice ad un esperto che lo assiste nel corso del
procedimento giudiziario. L’obiettivo della CTU è quello di fornire al giudice le conoscenze necessaria per

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

poter giungere ad una sentenza motivata. La sua posizione è interna al percorso legale, all’interno di un
processo di separazione giudiziale.

Il giudice è l’interlocutore diretto del consulente: a lui dovranno essere riferiti i contenuti emersi, la
valutazione delle risorse, dei rischi e dell’eventuale danno ai legami familiari. Il giudice stabilisce il quesito e
fissa un termine entro al quale i lavori peritali dovranno essere completati (limiti temporali precisi e
preordinati).

Il consulente tecnico con l’incarico da parte del giudice è inoltre investito del ruolo di pubblico ufficiale: vi è
quindi una differenza di potere tra il consulente e i coniugi. La famiglia NON sceglie liberamente l’accesso
alla consulenza tecnica: essa viene decisa dal giudice e la motivazione dei coniugi all’intervento è uno dei
fattori preliminari di cui il consulente è tenuto ad occuparsi per garantire il buon andamento della
consulenza.

Il campo di azione di riferimento dell’intervento del consulente è a tutti gli effetti quello definito dal
Tribunale: il metodo e gli strumenti impiegati nella consulenza devono necessariamente appartenere alla
professionalità specifica del consulente.

La natura giuridica dell’intervento influisce spesso sugli atteggiamenti e sulle modalità di accesso
(motivazioni, aspettative, desiderata) della coppia all’inizio della consulenza. Le aspettative riguardano
spesso che emergano con chiarezza i limiti e i difetti dell’altro e vi sia un accoglimento delle proprie ragioni.
In quest’ottica la disponibilità da parte dei due genitori ad una riflessione su di sé è generalmente debole e
limitata.

Solitamente le situazioni che accedono alla CTU sono quelle situazioni con una qualità dei legami che
corrispondono alle tipologie dei legami disperanti e scismatici. Queste non prevedono la possibilità di un
sufficiente riconoscimento dell’altro in quanto differente da se, solo un lavoro preliminare di consulenza può
porre queste coppie nelle condizioni di un riconoscimento reciproco in quanto genitori.

L’obiettivo specifico dell’intervento è quello di valutare rischi e risorse, aspetti di danno e di abuso
all’interno delle relazioni familiari.

Una seconda questione riguarda la convinzione che all’interno di una consulenza tecnica sia possibile
praticare una mediazione familiare. La mediazione familiare è un intervento extra giudiziario e volontario.
Questo può avvenire poiché si possono presentare le condizioni per mettere a tema alcune questioni che
rappresentano motivo di disaccordo.

Un ulteriore aspetto che può aver contribuito alla diffusione di un’impropria attesa di intervento di
mediazione da parte del consulente tecnico derivo da alcune leggi ((7”/2006 e convenzione di strasburgo)
che però sottolineano la libera iniziativa da parte dei coniugi di accedere alla mediazione familiare, si
limitano ad incoraggiarne, suggerirne, auspicarne l’uso, in ragione dei prioritari interessi dei figli.

Un’altra possibile confusione si pone se la raccolta delle aree tematiche cruciali della specifica storia
familiare e la seguente restituzione alla coppia genitoriale con una rilettura del significato del conflitto in
atto, viene da taluni considerata come azione con valenza psicoterapica.

4. La terapia nella transizione della separazione e divorzio

Lo specifico della terapia è dato dal bisogno e dalla richiesta di cura che il soggetto, la coppia, la famiglia
presentano per poter affrontare e superare i passaggi del processo separativo e l’obiettivo può essere
raggiunto attraverso un processo ermeneutico (poter riflettere sulla propria situazione e comprenderla), un
processo etico (assunzione di responsabilità anche in ragione della ristrutturazione familiare) e un processo
emotivo (elaborare quanto sta avvenendo nelle relazioni familiari). Il bisogno di cura, di cambiamento e

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

rilancio delle relazioni, è presente anche per chi si rivolge al mediatore familiare o giustizia, ma nella terapia
diventa l’obiettivo consapevole e assunto anche dagli attori della transizione di divorzio.

L’intervento psicoterapeutico presenta come marcatore della sua specificità la libera e consapevole scelta
degli attori della separazione e la sostanziale motivazione intrinseca che porta le persone a porre domande
riconducibili alla cura e trasformazioni di aspetti problematici conseguenti alla scelta di separazione.

Il setting psicoterapeutico è estraneo dal mondo giuridico e dalle sue leggi (se è consigliato dal mondo
giuridico, vi è la probabilità di inficiare l’esito trasformativo e curativo).

La separazione coniugale non può essere rappresentata da una teoria stadiale, in quanto si tratta di un
processo con caratteristiche oscillazioni e che può portare all’affiorare di tematiche o blocchi in momenti
non preordinati. L’intervento psicoterapeutico può di conseguenza collocarsi in momenti diversi.
L’elaborazione della fine può inoltre avere esiti molto differenti e abbiamo anche diverse possibilità di
prospettive terapeutiche. In alcune situazioni certi passaggi evolutivi si rivelano incompiuti e le persone
sono fissate sul proprio dolore = invio in psicoterapia in cui il setting dovrà essere congruo con gli indicatori
forniti da una lettura del contesto complessivo e con le risorse presenti nei singoli e nel gruppo familiare.

I setting possono essere individuali, di coppia, familiare e gruppale. Un’altra caratteristica del setting di
psicoterapia è la caratteristiche della relazione di lavoro tra clinico e clienti: distanza relazionale, ruoli
assunti da ciascuno degli attori della relazione di cura, differenza di potere relazionale tra clinico e pazienti.
All’interno della terapia e del divorzio si situano approcci e tipologie di intervento molto eterogenei
(interventi di matrice cognitivo-comportamentale e interventi problem oriented, divorzio come evento
drammatico e che richiede un’assunzione etico-affettiva del senso della vicenda).

In moto trasversale ai diversi approcci teorici, viene data grande importanza al mondo emotivo che nella
transizione separativa pone questioni rilevanti, anche se differenti sono le modalità con le quali il materiale
emotivo viene elaborato. In Italia negli ultimi anni sono sempre più frequenti le richiese di counselling.

5. La mediazione familiare

Sono diversi i quadri teorici di riferimento e molteplici i modelli applicativi. Avremo quindi vari stili di
conduzione degli incontri, tecniche differenziate e metodologie… ci sono forme di mediazione che si
avvicinano a logiche negoziali e molto strutturate (per cui i vissuti e le emozioni manifestati dalla coppia
sono visti come ostacoli da rimuovere per giungere agli accordi); dall’altro ci sono modelli che assumono
valenze simili a forme terapeutiche, offrendo spazi per elaborazioni necessarie al raggiungimento degli
accordi, rivisitazioni di acluni brani della storia familiare etc.

L’obiettivo della mediazione è la ricerca negoziata di un accordo consensuale e responsabile ad un problema


oggetto di conflitto tra le parti. Il conflitto rimane il marcatore specifico della mediazione, l’oggetto esplicito
e principale di lavoro, in un’ottica di problem-solving.

La mediazione familiare richiede che le parti vi accedano volontariamente, al di fuori di alcuna forzatura,
all’interno di un percorso che segue logiche e itinerari alternativi a quello giudiziario. Ci si rivolge ad un
terzo riconosciuto da entrambi i coniugi come esperto qualificato. Il criterio per inviare i coniugi ad un
percorso di mediazione è il presupposto che i genitori possano riconoscersi reciprocamente come fondanti e
fondamentali nella crescita dei loro figli.

La mediazione si qualifica come un intervento limitato nel tempo, con una specifica attenzione alle
problematiche che la separazione coniugale ha determinato nella famiglia, privilegiando quanto sta
accadendo nel presente, ma si proietta nel futuro.

La pratica clinica ha posto in evidenza che è importante per il buon esito del percorso di mediazione siano
garantite alcune pre-condizioni:

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

- La decisione di procedere alla separazione e divorzio deve essere chiara e irrevocabile, allo scopo di
evitare e/o non favorire processi confusivi o manipolativi;
- Che i genitori riconoscano che la loro separazione è un problema per i figli;
- Che vi sia volontà di affrontare il processo separativo al di fuori di un contesto giudiziale;
- Che entrambi i membri della coppia riconoscano al mediatore autorevolezza e terzietà.

Se non vi sono questi prerequisiti è necessario una ulteriore fase di approfondimento finalizzata a cogliere
gli aspetti che rendono problematica o impraticabile la mediazione. Possono emergere risorse in grado di
aprire la strada ad un processo mediativo oppure si può suggerire un trattamento di terapia individuale o di
coppia (soprattutto quando c’è confusione in merito al futuro della loro relazione).

Posizione attiva del mediatore: esperto dotato di una consonanza emotiva interna che sollecita e sostiene i
genitori nel corso dell’esperienza. Egli è chiamato ad un lavoro assai delicato e circoscritto finalizzato ad
aiutare i coniugi a discutere e riflettere sul senso della loro vicenda di coppia e ad aiutare entrambi a
confrontarsi con le conseguenze della separazione e procedere ad una negoziazione costruttiva attorno alle
modalità attraverso le quali esercitare la genitorialità. Questa prospettiva richiede almeno una preliminare
comprensione ed elaborazione della fine del legame.

Gli esiti della mediazione si precisano in connessione con il sistema giudiziario: è in Tribunale che i coniugi
portano gli accordi stabiliti durante il percorso mediativo ed è il giudice che decide di omologare tali accordi,
dopo aver verificato che si inscrivono nell’apparato delle leggi atte a regolamentare la separazione e il
divorzio.

CAPITOLO 5
IL LAVORO DEL CONSULENTE TECNICO DI PARTE
La CTU è da considerarsi anche come risultato dell’interazione tra diversi sottosistemi peritali: è importante
evidenziare quale possa essere il contributo che offrono i consulenti di parte per raggiungere l’esito finale di
una consulenza.

L’attività del consulente di parte è diversa per intensità e prerogative rispetto a quella del consulente
d’ufficio: in ogni caso anch’egli deve orientare la propria funzione alla tutela dei legami familiari.

Un’impostazione relazionale della CTU può offrire una più adeguata risposta ad un quesito del giudice ed è
buono che il consulente di parte operi affinchè tale impostazione teorico-metodologica sia rappresentata e
accolta dall’intero sistema consulenziale. Questa impostazione è sintonica con lo spirito della legge 54/2006
la quale introduce con forza il tema della co-genitorialità. L’intero sistema dei legali, consulenti, giudici
dovrebbe operare a favore dei legami familiari, rompendo l’antico schema del gioco delle parti, rompendo
lo schema del gioco delle parti.

1. La cornice contestuale e i connotati clinici dell’incarico

Il consulente è una persona esperta che può consigliare o assistere un cliente, dal punto di vista giuridico in
ambito civile la figura del consulente tecnico di parte è istituita a norma dell’art. 201 del codice di procedura
civile.

La consulenza di parte è un intervento clinico come ogni rapporto di consulenza. Scopo del counseling è
quello di consentire all’individuo una visione realistica di sé e dell’ambiente sociale dove si trova ad operare,
in modo da poter meglio affrontare le scelte relative alla professione, matrimonio, rapporti etc.

La valenza clinica dell’intervento è connessa all’azione di supporto e tutela dei legami familiari che include
l’azione di sostegno e di tutela del genitore al quale offriamo la consulenza. Il CTP costituisce lo snodo e la
congiunzione tra il CTU ed i suoi clienti.

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

La funzione ed i margini del ruolo del CTP possono riguardare:

dare indicazioni utili alle condotte del cliente e del legale committenti, derivanti dalle analisi che egli espone
loro; offrire ai propri committenti informazioni utili per comprendere il significato e le caratteristiche
tecniche del lavoro di consulenza; prospettare valutazioni cliniche e inquadramenti diagnostici da sottoporre
alla valutazione del consulente d’ufficio e del tribunale per conto della parte che si rappresenta; vigilare
costruttivamente sul percorso di CTU, con particolare riferimento alla validità tecnico-scientifica del metodo
e degli strumenti utilizzato dal CTU e alle modalità di incontro utilizzate.

Il consulente di parte contribuisce ad orientare il comportamento e la posizione giuridica del cliente e della
sua parte mettendo in luce con il CTU e con il magistrato alcuni elementi di giudizio, senza che
necessariamente le sue iniziative producano i risultati auspicabili. Sono i clienti stessi e coloro che valutano
(CTU e magistrato/i) i principali agenti del risultato finale.

Si può definire:

- l’ambito di azione della CTP nei procedimenti giudiziari relativi alla separazione/divorzio come quello
spazio-tempo, connesso ad una CTU che è stata o potrebbe essere disposta;

- il tipo di intervento di una CTP come l’insieme di prassi che hanno a che fare con il fornire consulenza
verbale o scritta a favore di una committenza di parte.

Il CTP compie le seguenti attività:

riceve il cliente presso il proprio studio per i colloqui clinici necessari ad inquadrare il problema e a costruire
un adeguato assetto di lavoro (funzione contenitiva);

partecipa alle riunioni indette dal legale o sollecita la necessità di riunirsi per analizzare le risultanze della
fase in cui si trova il problema per cui ha assunto il mandato;

redige scritti introduttivi, transitori o finali sull’oggetto del suo incarico;

vigila sull’operato del CTU, sulla completezza e la pertinenza delle indagini, equilibrio ed equità in fatto e in
diritto delle stesse;

esprime all’inizio delle operazioni, nel corso e alla fine, nell’apposito incontro tra consulenti tecnici, il
proprio parere sulla materia della consulenza, al fine di prospettare ulteriori strategie di lavoro o una diversa
lettura dei dati;

aiuta il cliente e l’avvocato a comprendere meglio il punto di vista psicologico dei dati e della situazione
emersa dall’indagine per modulare le ulteriori valutazioni rispetto a quelle di partenza;

partecipa alle eventuali udienze dibattimentali di chiarimento sulla relazione del CTU che il Tribunale
dovesse disporre.

Un altro elemento da considerare riguarda le tempistiche dell’incarico: non è infrequente che il CTP venga
contattato dal legale all’ultimo e il margine che rimane tra udienza di conferimento e prima seduta peritale
è davvero esiguo. Può capitare così di assumere l’incarico sulla base di una conoscenza sommaria della
situazione e del cliente.

2. Il lavoro del CTP: una sorta di intermediazione

Quale interesse viene tutelato attraverso la funzione del CTP?

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

Egli non può tenersi a margine delle implicazioni psicologiche e morali che legano genitori e figli, egli deve
riconoscere quanto il legame connetta in maniera inestricabile i famigliari fra lor per cercare di favorire
l’affermazione degli interessi del proprio cliente.

Lo psicologo nel ruolo di CTU o CTP o consulente ha l’obiettivo di salvaguardare il benessere psicofisico del
minore, pur non avendo finalità esplicitamente terapeutiche. Il compito del CTP è quello di gestire e
mediare le dinamiche conflittuali tra le parti.

Si possono però verificare delle forbici interpretative e valutative su quale si in effetti l’interesse del minore:
certe considerazioni spesso sembrano corrispondere ad aspetti narcisistici connessi alla propria
affermazione professionali, collusivi con quelli della committenza.

Il punto di incontro e a cui fare riferimento è la legge 54/2006 che chiaramente indica nella co-genitorialità
la premessa per la tutela dei legami. Spesso le aspettative del cliente e dell’avvocato possono non
combaciare con la valutazione svolta dal CTP relativamente agli interessi dei minori. Questa divergenza può
rendere difficile o impossibile la prosecuzione del rapporto. In tutte le situazioni che possono crearsi il CTP
deve svolgere una funzione di intermediario: tra le posizioni giuridiche e/o le rappresentazioni del cliente e
le risultanze dello stato delle relazioni familiari del cliente. Il CTU ha l’importante compito di mantenere una
posizione tecnica autorevole e di guidare il consenso dei propri interlocutori su risultanze più aderenti
all’interesse esclusivo del minore che è anche il miglior interesse del cliente.

Mantenere uno scambio costruttivo è compito del CTU e del CTP

3. Il sistema peritale dal punto di osservazione del consulente tecnico di parte

Il CTP, all’inizio della CTU, può informarsi preventivamente su quale sia l’impostazione del consulente
d’ufficio: cosa questi vada a cercare, a cosa dia maggiormente valore e quale siano i criteri con cui
attribuisce significato agli elementi raccolti.

In questo modo il CTP può cercare di affinare una riflessione con il proprio cliente sull’approccio adeguato
nel rapportarsi con la consulenza. Questa fase di confronto dialettico è di grande importanza per creare le
condizioni di contesto più adeguate per una reale tutela dei legami familiari.

Lavorare con il cliente perché riconosca il significato di una corretta genitorialità: questo tutela a nostro
avviso gli interessi del cliente-genitore, del minore e dei legami familiari.

Il CTU può non essere all’altezza di gestire la materia ed il governo di una consulenza molto complessa, il
CTP può essere a servizio sia del proprio cliente sia delle buone prassi con cui si approccia una valutazione
sulla genitorialità.

Il passaggio più difficile per il CTP si colloca sul finire dell’iter peritale, quando deve valutare con la
committenza le risultanze dell’indagine e discuterle con i colleghi nella sede del confronto nell’incontro
finale.

La parte essenziale del lavoro è stata svolta sui due fronti proprio in itinere nel riuscire a far considerare al
CTU alcune prospettive e alcuni elementi di giudizio e riuscire a far considerare al cliente e all’avvocato gli
eventuali limiti della posizione iniziale, la parzialità della loro lettura, arrivando a ridefinire la posizione del
committente/cliente.

Circa la discussione dei risultati è spesso arduo il confronto tra tecnici e questo rappresenta lo scenario di
dinamiche complesse; è un gioco relazionale complesso che articola molti piani. Dal punto di vista dei
contenuti questo confronto deve produrre un accordo tra tecnici sul materiale prodotto, che rispetto
l’atteggiamento di onesta obiettività.

I criteri su cui è possibile discutere gli esiti di una consulenza tecnica sono riconducibili a:

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

- La validità e completezza dei dati riportati che dovranno essere contenuti dalla relazione d’ufficio;
- La correttezza e l’esaustività degli esami clinici effettuati;
- Il rispetto delle norme del codice di procedura civile, linee guida degli psichiatri/psicologi;
- Chiara differenziazione tra dati clinici e opinioni dei consulenti;
- Necessità che le considerazioni dei tecnici si rifacciano a criteri consolidati nell’ambito della
letteratura scientifica e della giurisprudenza coerente;
- Il rispetto della coerenza logica interna tra i dati, le considerazioni e le conclusioni a cui si perviene.

Cosa permette di operare in termini relazionali, nonostante le logiche del conflitto che permeano il contesto
giudiziario? Cercare di mantenere intatta la propria autenticità/soggettivazione professionale nei confronti
degli altri interlocutori e motivare la validità delle proprie posizioni, riconoscendo la liceità delle posizioni
altrui se formulate nel rispetto delle norme e consuetudini, in un bilanciato equilibrio tra libertà intellettuale
e vincoli professionali.

4. Come, quando e a chi scrive il consulente tecnico di parte?

Produzioni scritte: combinare coraggio, prudenza e partecipazione = non violare le norme deontologiche e
giuridiche, in un sano principio di autocura rispetto ad eventuali flessioni nell’assetto professionale. Il
consulente di parte può scrivere quando vuole, una volta che è stato ufficialmente nominato: può scrivere
un fax per segnalare un episodio, può anticipare note di promemoria, può segnalare con una mail il suo
dissenso per una scelta clinica…

C’è un momento in cui un consulente di parte in pectore può scrivere senza che sia stato ancora nominato:
l’avvocato che assiste un cliente può aver bisogno di una relazione per segnalare la specificità di una
situazione familiare, per sottrarla alla strategia automatizzata, con cui tende a funzionare il processo civile
nella separazione e nel divorzio (automatismi per risolvere l’alta conflittualità).

La presentazione di una relazione di parte può cercare di evitare l’approccio automatizzato del magistrato.
C’è bisogno di un fatto o di una situazione patologica delle relazioni che richiami l’attenzione. Il riserbo che
deve usare è di avanzare solo ipotesi che dovranno essere esplorate successivamente. Non si possono
esprimere giudizi su soggetti che non sono stati visitati. Nessuno impedisce di costruire ipotesi di letture
relazionali da verificare o falsificare. In questo caso risulta utile sottolineare il punto di vista teorico da cui
vengono avanzate le osservazioni della CTP e in seguito riportare i dati che si vogliono segnalare e le
considerazioni che sono a sostegno delle premesse che motivano richieste/segnalazioni.

Per quanto riguarda le osservazioni che il CTP può produrre sulla relazione del CTU, egli può avanzare per
punti schematici, ponendo all’attenzione del giudice i punti forti delle critiche rivolte all’elaborato del
consulente d’ufficio. È opportuno siano un elenco di obiettivi posti in grande risalto, distinguendo le critiche
al metodo adottato dal CTU alle critiche relative alla lettura operata sul materiale emerso nel corso della
consulenza. Seguiranno poi le osservazioni di carattere psicologico, per dimostrare che i dati portano in
realtà a conclusioni diverse da quelle che soggettivamente ha trattato il CTU.

CAP. 6
LA CONSULENZA TECNICA IN SITUAZIONI DI ALIENAZIONE GENITORIALE

1. PAS: definizione e criteri diagnostici

Nel 1985 Gardner ha introdotto il concetto di Sindrome di Alienazione Genitoriale per spiegare quelle
situazioni di conflitto familiare in cui i figli rifiutano o esprimono resistenza alle frequentazioni con il

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

genitore non convivente. Si tratta di configurazioni familiari in assenza di elementi di abuso o violenza sui
figli e si declina attraverso il ruolo attivo di un genitore poiché assume un atteggiamento denigratorio,
squalificante, accusatorio e incriminatorio nei confronti dell’altro. Gardner si esprime con i termini di
programmazione e indottrinamento per spiegare l’attività che il genitore promuove nei confronti del figlio.
Gardner sosteneva che la gran parte delle denunce di abuso all’interno delle dispute per l’affidamento dei
figli sono false e rappresentano una forma di vendetta delle madri nei confronti degli ex-partner.

I figli della PAS assumono un atteggiamento di alleanza incondizionata nei confronti del genitore convivente,
schierandosi con lui e aderendo alle sue posizioni.

Vi sono degli indicatori per diagnosticare la PAS; la valutazione non si limita al comportamento del figlio nei
confronti dei genitori, ma riguarda anche alcuni tratti della personalità del minore e l’impiego di meccanismi
quali la razionalizzazione e l’adultizzazione.

Questo fenomeno è collegato anche all’età del minore: più il bambino è piccolo (fino a 7-8 anni) più è
suggestionabile, dagli 8 anni in su si assiste ad un livello costante di alienazione e con la nascita del senso
critico le accuse sono sempre più frutto delle intenzioni del minore.

Il genitore alienante mette in atto un programma di de-genitorializzazione attraverso alcuni fasi: accertarsi
del consenso del minore, verificare la propria credibilità agli occhi del figlio, misurare la lealtà del figlio nei
propri confronti, coinvolgere quante più persone nel programma di alienazione.

I motivi che sembrano portare il genitore ad attuare il programma sono: vendetta contro il partner, richieste
economiche, paura di perdere il figlio, gelosia per la nuova condizione di vita del partner etc.

In letteratura troviamo studi sulla passività del genitore alienato; ha delle ripercussioni sull’auto-
delegittimazione, che concorre a confermare quella espressa dall’ex-partner e dal figlio medesimo
(meccanismo di alimentazione inconsapevole dell’alienazione in corso).

L’alienazione prevede il coinvolgimento di tutto il contesto relazionale in cui avviene la separazione


coniugale (non solo la famiglia ma anche gli altri attori sociali quali operatori, professionisti psicoeducativi,
avvocati).

2. La PAS: aspetti controversi, criticità e attuale dibattito scientifico-culturale

Elementi di criticità di questa teorizzazione: autoreferenzialità e circolarità della teoria. Secondo Meier si
legittima un atteggiamento di sottovalutazione della denuncia di abuso e una conseguente indagine
pressapochista dell’ipotetico maltrattamento.

Un’altra critica riguarda la falsità delle premesse empiriche su cui poggia la sua teorizzazione, ovvero la
falsità delle denunce di abuso sessuale nei casi di dispute per l’affidamento dei figli nelle situazioni di
separazione e divorzio. La sottovalutazione di abuso e maltrattamento è un problema ben più rilevante della
denuncia di falso abuso nelle dispute per l’affidamenti dei figli nelle situazioni di separazione e divorzio.

È inoltre criticata la soluzione proposta da Gardner relativamente alla cura della PAS: l’autore propone un
drastico taglio della relazione madre-alienante e figlio al fine di interrompere il lavaggio del cervello
promossi ai danni della relazione padre-figlio = questa proposta produrrebbe molti più danni di quanti
vorrebbe curarne.

L’accusa più rilevante riguarda la mancanza di validità scientifica della PAS: non c’è modo di verificare se la
rottura della relazione fra genitore e figlio è l’esito di un processi alienazione o se è una risposta salutare nei
confronti di un genitore pericoloso e anaffettivo.

Più autori per questi motivi preferiscono esprimersi in termini di Alienazione Parentale.

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

Darnall privilegia una focalizzazione sui comportamenti genitoriali piuttosto che su quelli del minore e si
preoccupa di rilevare le alterazioni della relazione genitoriale piuttosto che della patologia del minore. La
sua definizione di alienazione risulta a carico di entrambi i genitori che contribuiscono entrambi
all’alienazione di un genitore dal figlio.

Drozd e Olesen propongono un percorso di valutazione che parte dal considerare le accuse di abuso e
maltrattamento sia come espressione di reale abuso sia come espressione di un processo di alienazione.
L’analisi differenziale permetterà di decidere poi quale ipotesi accreditare maggiormente.

Kelly e Johnson propongono invece di focalizzarsi sul minore: moltissime cause e fattori differenti possono
concorrere al rifiuto del genitore non convivente. Essi propongono una valutazione di tutti i membri della
famiglia al fine di metterne a fuoco comportamenti e aspetti di vulnerabilità in modo olistico e comprensivo.

Da un punto di vista giuridico negli USA sono attivi alcuni sistemi di valutazione che i Tribunali hanno a
disposizione per assumere la legittimità e l’utilizzabilità di una certa teoria, prassi o criterio diagnostico, per
es. il programma Frye (che determina l’affidabilità e l’ambito di applicazione di una teoria/costrutto).

3. Le evidenze cliniche e della ricerca e le ragioni dell’affermazione dell’alienazione genitoriale

I clinici che lavorano all’interno delle dispute di separazione e divorzio sono spesso confrontati con
interruzioni di rapporti tra un genitore e un figlio proprio in seguito all’evento di separazione.

Molta ricerca ha sottolineato come il livello di sereno adattamento dei figli al divorzio dei genitori è molto
spesso correlato alla capacità genitoriale di affrontare in modo altrettanto sereno la separazione coniugale.

La PAS propone un approccio troppo semplicistico, essa pone un rischio di schieramento aprioristico con il
genitore alienato, non si preoccupa di trovare risposte in grado di offrire una qualche eziologia del processo
osservato e rischia di mantenere una certa ambiguità tra situazione di abuso e alienazione genitoriale.

Solo un approccio familiare che considera le relazioni familiari nella loro complessità e globalità, può dare
risposta alle obiezioni rilevate. La ricerca di senso dei legami famigliari, del loro divenire storico e culturale e
dei significati che essi assumono è la prospettiva di metodo che si ritiene auspicabile per far fronte alle
situazioni di esacerbato conflitto. Recuperare una prospettiva teorica di studio delle relazioni familiari e di
un metodo di indagine e di valutazione che riesce a fornire una spiegazione di senso plausibile ai
comportamenti osservati all’interno della famiglia. Il sintomo familiare descritto come PAS è concepito
allora come una modalità più o meno disfunzionale di vivere le relazioni familiari, compresa quella con il
genitore alienato (non c’è un’assenza ma una problematica presenza).

4. Le teorie familiari che consentono una lettura dell’alienazione genitoriale

Minuchin (1974) offre una lettura familiare degli schieramenti disfunzionali genitore-figlio. L’autore descrive
situazioni in cui il conflitto coinvolge il figlio dando esito a differenti soluzioni come la coalizione (situazione
più simile alla PAS), triangolazione e deviazione.

Haley definisce triangolo perverso un’alleanza intergenerazionale incongrua, ovvero una situazione in cui il
figlio assume ruoli, funzioni e responsabilità proprie della generazione precedente. Nagy e Spark mettono a
fuoco elementi come quello di lealtà divisa, lealtà invisibile, conflitto di lealtà che indicano una sovversione
della differenza di responsabilità esistente tra due generazioni: quella dei genitori e quella dei figli. Concetto
di parentificazione: i genitori spingono il figlio ad assumere valenze e compiti genitoriali = queste
dimensioni disfunzionali creano un senso di ingiustizia.

Cigoli ha espresso attraverso il legame disperante e disperato, l’anima delle relazioni altamente conflittuali
che si manifestano all’interno della separazione e divorzio: il legame disperante è un legame in cui non è

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

possibile andare oltre la situazione di separazione, il legame disperato è proprio di quelle relazioni che
necessitano di cancellare l’altro e la relazione con lui.

Posizione relazionale dei figli nelle famiglie dove le dinamiche sono disfunzionali = vantaggi: sensazione di
potere, ricerca di attenzioni e considerazioni, senso di protezione di è e del genitore che il minore considera
vittima. Tra i rischi troviamo invece l’iperinvestimento, il disimpegno, la bassa autostima, la depressione, la
mancanza di fiducia e abuso di sostanze, dipendenza, immaturità etc.

Le disfunzioni familiare spesso emergono nel momento della separazione: mette a nudo le caratteristiche ed
i significati più profondi delle relazioni familiari, manifestazione di qualcosa che c’è sempre stato ma che è
stato latente. Spesso si tratta di bisogni presenti nelle generazioni precedenti: ogni aspetto che osserviamo
nel legame genitori-figli può essere compreso solo a partire da una prospettiva almeno trigenerazionale.

È importante quindi costruire un metodo di valutazione che tenga conto delle relazioni familiari, delle loro
vicissitudini, storia e caratteristiche delle persone.

5. Trattare la PAS: il metodo ermeneutico all’interno delle CTU ad orientamento relazionale

Se ci troviamo di fronte a situazioni comunemente definite di Alienazione Genitoriale è indispensabile una


lettura storia e relazionale del famigliare. È rilevante poter cogliere i significati, motivi, il senso della storia
relazionale della famiglia perché solo così riusciamo ad attribuire il significato più appropriato ai
comportamenti manifesti e individuare gli interventi più idonei per la ripresa dei rapporti all’interno della
famiglia all’interno di un’ottica di co-genitorialità.

Il contributo di conoscenza che offre il costrutto della PAS ci appare riduttivo e parziale, quindi fragile. Ecco
perché:

- la PAS si focalizza sul ruolo attivo svolto dalle figure alienanti e sottostima il ruolo svolto dal genitore
alienato, senza riuscire a focalizzare i significati della passività che lo caratterizza. Non perdere la
dimensione triadica della relazione;
- la PAS limita la lettura diagnostica alla dimensione sintomatica, perdendo di vista la struttura di
senso che può spiegare i comportamenti tipici dell’alienazione;
- la PAS rischia di parentificare o quanto meno adultizzare il figlio che rifiuta di incontrare il genitore,
attribuendo a lui il medesimo potere e responsabilità relazionale che viene attribuito al genitore
alienante

inoltre condividiamo la critica ai protocolli valutativi che sono stati messi a punto per smascherare gli attori
della PAS: essi più che protocolli di lavoro dell’ambito psicologico sembrano indagini giudiziarie che muovo
dalla convinzione di essere in presenza di PAS. Anche le soluzioni che i teorici della PAS prospettano
appaiono aleatorie: Tribunale, interventi psico-educativi, percorsi di psicoterapia individuale = questi
contesti non sono in grado di aiutare la famiglia e i genitori a condividere un progetto di cura dei figli, anzi
molto spesso si finisce per reiterare situazioni di conflitti e ricorsi. In questi casi funziona molto meglio un
lavoro con i genitori in cui si prova a trovare soluzioni condivise relativamente alla genitorialità.

Il supporto e la cura delle relazioni familiari necessita di una fase di valutazione attenta alla storia
relazionale della famiglia, partecipata e condivisa dagli ex-coniugi, finalizzata ad individuare le risorse
personali, relazionali e contestuali. In questo modo si può individuare il miglior intervento possibile.

È necessario modulare le nostre prassi di intervento in ragione del danno che è già in atto nella generazione
dei figli: operare con tempestività (evitando il cronicizzarsi di uno schema relazionale disfunzionale) e offrire
il tempo necessario perché possa emergere la presenza dell’assenza (almeno simbolicamente). Maggiore
flessibilità nei tempi e nelle modalità di conduzione: più incontri con figli, proporre situazioni-simili in grado

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

di accedere al simbolico, ragionare con il genitore alienato su quali eventi nella propria vita familiare siano
stati di danno ai legami etc.

- necessità di un contesto di intervento allargato in cui tutti i familiari significativi sono coinvolti per
ristabilire equilibri persi e configurazioni relazionali pervertite

A fronte di un medesimo comportamento di alienazione genitoriale sono molte le differenze a fronte di un


medesimo comportamento di alienazione genitoriale. All’interno della CTU è necessario cogliere i significati
sottostanti all’alienazione e ai comportamenti agiti dai differenti membri famigliari. Il CTU è mosso da uno
sguardo relazionale (si mira a coinvolgere tutta la famiglia), unico in grado di offrire un senso plausibile alla
storia familiare, dove i comportamenti si innescano quali indicatori di ferite più profonde. Queste posizioni
attribuisce valore ad ogni posizione assunta e promossa. Inoltre si tratta di cercare le possibili risorse
presenti nel sistema familiare.

CAPITOLO 7
LA CONSULENZA TECNICA E I CASI DI ABUSO INTRAFAMILIARE

1. Abuso e separazione coniugale: l’individuazione di uno specifico campo d’indagine

Nelle situazioni in cui può esserci o meno un programma preventivo di protezione del bambino
potenzialmente abusato ma non è ancora definita la posizione penale del genitore indagato il giudice civile
chiede al CTU valutazioni in ordine alla genitorialità e al dispositivo di affidamento.

Particolare attenzione viene data alla comprensione dello scambio generazionale che produce e/o rinnova
l’abuso. Uno scenario familiare in cui prende campo l’ombra dell’abuso si espone al rischio della perversione
del legame familiare. È una violenza che assume la specifica aggravante di essere collocata all’interno della
relazione gerarchica tra chi genera e chi è generato. Un trauma che è in grado di causare nel mondo delle
rappresentazioni interne della generazione successiva un vero e proprio trauma alla fiducia nei legami e alla
costruzione dell’identità personale.

2. Una prima cornice di inquadramento

Il maltrattamento fisico e psicologico così come la patologia delle cure rientrano a pieno titolo in una forma
di abuso, nel senso di un problema inerente l’esercizio della genitorialità. Si parla inoltre anche di violenza
assistita, ma la definizione di abuso comprende chiaramente lo specifico dell’abuso sessuale a cui verrà
dedicata peculiare attenzione.

Il bambino maltrattato pensa di non essere amato per via delle condotte violente degli adulti di riferimento,
quello sessualmente abusato vive una condizione di perdita di affidabili parametri di giudizio e di
confusività. Il principale scenario relazionale è il segreto che stringe abusante e vittima, in una dinamica
dove regna quasi sempre collusione e vischiosità.

Altro aspetto rilevante è una relazione collusiva deprivata della coppia genitoriale = la collusione nella scelta
del partner costituisce in queste coppie di genitori un elemento decisivo rispetto alla trasmissione
transgenerazionale delle carenze che stanno alla base dell’abuso.

Il meccanismo disfunzionale è quello dell’iperinvestimento nei confronti di qualcuno di cui si colgono


difficoltà affini alle proprie nell’area delle cure primarie, con l’aspettativa idealizzata di una riparazione a tali
ferite. Salvo dover constatare la delusione, che spinge verso la ricerca di una relazione fusionale con un
partner debole come la figlia.

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

Il principale meccanismo difensivo familiare su cui si imperniano buona parte delle dinamiche personali e
relazionali nelle situazioni di abuso è la negazione in forma totale, primitiva. La rilevazione da parte del
bambino o la scoperta della realtà dell’incesto determinano il crollo del mondo relazionale in tutti i familiari,
con effetti positivi di liberazione ma anche con l’esplosione dei vissuti negativi più angoscianti.

3. Una seconda cornice: il legame tra le generazioni ed il suo abuso

La tutela del minore include l’appartenenza alla stirpe, spesso questo obiettivo non può essere soddisfatto.
In ogni caso i procedimenti giudiziario possono e devono costruire il contesto necessario per un lavoro
clinico a favore del minore e dei suoi legami familiari. La segnalazione del presunto abuso, l’accertamento
della realtà dei fatti e eventuale condanna del reato sono condizioni indispensabili nel percorso di
riparazione del trauma. Sullo sfondo rimane il significato simbolico del ricorso alla Giustizia come luogo
elettivo dell’elaborazione del tema del giusto/ingiusto nel legame familiare e del dolore connesso.

Va approfondita la perversione della relazione, rispetto a quello che dovrebbe essere il verso naturale del
legame tra le generazioni.

Nagy si è sempre preoccupato di mettere al centro dei legami familiari l’etica relazionale: dimensione
familiare in cui si misura la responsabilità delle proprie condotte rispetto agli altri familiari.

La corruzione della relazione tra chi genera e chi è generato alimenta il dolore mentale e con esso
l’aggressività e la rivendicatività con cui la generazione successiva tenterà di affermare i propri diritti o la
delusione vittimistica della ferita subita. La mancanza di fiducia nel proprio mondo familiare connessa alle
ferite inferte sulla polarità giustizia/ingiustizia costituisce la principale condizione patogena della vita
umana.

La gratuità dell’amore tra i familiari si alimenta di una capacità di trascendere se stessi, che va oltre la logica
dello scambio. Senza questa esperienza di incontro con l’Altro, non ci potrebbe essere fiducia.

Cigoli e Scabini arrivano ad usare l’espressione omicidi del legame, per le conseguenze sui figli delle
situazioni di abuso intrafamiliare: morte che può dare la potenza generatrice del genitore e la sua
perversione corrompendo con le proprie condotte se stesso e la relazione. La potenza genitoriale dovrebbe
garantire alla generazione successiva di ricevere il bene. Il clinico sa quanto i figli siano disposti a distorcere
realtà dure e pericolose pur di salvaguardare tale rappresentazione per tutelare la relazione con chi gli ha
dato la vita.

Cigoli ricorda che i figli, una volta diventati adulti, possono agire a loro volta nella dialettica
giustizia/ingiustizia, in funzione di ciò che ha avvertito nello scambio con le generazioni precedenti. Giustizia
è in definitiva principio di azione di coloro che riconoscono legame, legge, bene etc. vittima è colui che
soggiace ad azioni ingiuste, siano esse violenze, abusi, menzogne, dinieghi, misconoscimenti. La vittima può
farne un copione di vita, adattandosi ad un ruolo da cui magari ricavare vantaggi, negare di essere vittima e
intanto ricattare qualcuno o liberarsi dalla sua condizione, riscattandosi.

Azioni legali e cliniche che promuovono il ritorno della Speranza e della Fiducia nel legame familiare.

4. I contesti giudiziari

Il minore, potenziale vittima di abuso, può trovarsi coinvolto più o meno nello stesso periodo nei seguenti
principali scenari giudiziari:

- Procedimento civile di separazione o divorzio dei propri genitori;


- Procedimento civile di controllo sulla potestà genitoriale, presso il Tribunale dei Minorenni;
- Procedimento civile di nomina del tutore;

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

- Procedimento penale relativo al reato di abuso di cui il minore è presunta vittima-testimone,


rispetto al quale egli può essere depositario di informazioni che contribuiscono all’accertamento dei
fatti;
- Segnalazione e procedimento alla procura presso il tribunale dei minorenni, per la precoce
attuazione di misure di tutela a favore del minore potenzialmente abusato;
- Procedimenti cautelari presso il Tribunale Ordinario per l’adozione di altre eventuali misure
d’urgenza;
- Procedimenti dinanzi al giudice tutelare in funzione di sorveglianza sull’esecuzione dei
provvedimenti emessi dal tribunale ordinario/dei minorenni.

Si possono verificare incongruenze nei percorsi civilistici di valutazione della genitorialità e l’accertamento
del presunto reato di abuso: in questa area di problematica intersezione rivestono particolare rilievo
l’ascolto del figlio e le misure da adottare. Le diverse funzioni dell’ascolto del minore vanno distinte tra
quelle in cui si tratta di favorire ed attuare i suoi diritti previsti dalla legislazione e quelle in cui l’Autorità
giudiziaria penale necessiti di raccogliere la sua conoscenza dei fatti in quanto testimone-vittima.

Vi sono problematiche connesse a questo punto: manca una vera e propria figura giuridica che rappresenti il
minore all’interno di un agone conflittuale disposto su più livelli; magistratura giudicante in difficoltà
nell’individuare le soluzioni migliori a disposizione dell’interesse esclusivo del minore = spesso il penale e
civile si contrappongono, vi sono divergenze/rimpalli che riguardano la cruciale questione dei tempi giuridici
e della tempestività dei provvedimenti, ripetizione di accertamenti analoghi nonostante tale circostanza sia
riconosciuta come fattore iatrogeno in grado di determinare i fenomeni di reiterazione traumatica e
vittimizzazione secondaria.

Il minore è per antonomasia il soggetto fragile da tutelare e spesso anche il testimone chiave del
procedimento penale di cui è vittima e testimone. La direzione della testimonianza del minore può
comportare importanti passi per il suo benessere e ulteriori angosce da fronteggiare.

La capacità di testimonianza del minore è connessa alla sua capacità di discernimento.

Altri nodi connessi ai contesti giudiziari sono: la lunghezza dei procedimenti penali, la collocazione
temporale dell’incidente probatorio rispetto a tutto l’iter giudiziario (talvolta troppo presto, talvolta a
troppa distanza etc.), la mancanza di corsie preferenziali in quei processi del Tribunale Ordinario che
coinvolgano minorenni, le differenze di linguaggio/valutazione tra periti e clinici che si occupano del
bambino, la possibilità che i Servizi degli Enti locali possano essere utilizzati non solo come accompagnatori
del bambino ma come ausiliari dell’Autorità giudiziaria.

5. Il fenomeno delle cosiddette false denunce

Una recente ricerca italiana riporta un aumento di segnalazioni relative a casi di denunce infondate e li
riconducono a convinzioni errate (anche su basi psicotiche), un possibile effetto di una mirata alienazione
genitoriale, un fraintendimento delle parole del bambino, dichiarazioni non veritiere o esagerate del
bambino. Si tratta di valutare preventivamente l’effettiva pericolosità di quelli che vengono definiti chiari
sintomi di abuso.

È necessaria cautela e perizia da parte dei tecnici, talvolta sono proprio gli accertamenti non corretti la
causa dei fenomeni di distorsione della memoria e fonte di gravi danni all’immagine del Sé del bambino e
delle sue relazioni familiari. Tra le possibili cause di un pseudo-abuso non c’è solo la volontà di una chiara
menzogna, ma anche meccanismi psichici e relazionali complessi. Alcuni autori individuano nelle carenze
relazionali e nelle ripercussioni interne a carico dei figli le possibili cause di loro comportamenti sessualizzati
a compensazione dei bisogni affettivi insoddisfatti legati alla corporeità.

6. La CTU per l’affidamento dei minori e valutazione delle situazioni di potenziale abuso

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

Qualunque sia il timing dell’accertamento penale iniziato su un presunto abuso, se il magistrato dispone una
CTU nella causa civile familiare, questa va considerata a pieno titolo una valutazione dei genitori e del figlio.
In una situazione del genere, si può procedere ad una valutazione dei legami familiari che prescinda da
un’indagine sulle circostanze relative all’abuso?

Partiamo dal minore: la continua reiterazione delle occasioni in cui il minore può essere chiamato a rendere
testimonianza è uno dei problemi maggiori per la validazione della stessa. La reiterazione (a causa
dell’implicito messaggio di non essere creduto connesso al dover ripetere la sua deposizione e della
contaminazione indotta dalle persone che interagiscono con il minore) può inficiare la qualità della
testimonianza.

Il CTU quindi, nei procedimenti civili di separazione e divorzio dovrà essere molto accorto nel valutare le
relazioni familiari evitando di indagare l’ambito dell’abuso direttamente ma perseguendo comunque la
verifica della qualità delle relazioni genitori-figli.

Il minore è la presunta vittima da tutelare ma anche elemento cardine del processo, su di lui vengono
esercitate le pressioni maggiori e si trova ad essere artefice del suo destino.

Il CTU quindi non deve contribuire al determinarsi di questi rischi con un’insistenza sui dati di realtà o le
rappresentazioni interne connesse alla presunta condizione di abuso.

Casi principali e proposte di relative procedure:

utilità di entrare più esplicitamente e direttamente sulla questione dell’abuso, l’obiettivo è quello di
raccogliere e connettere gli elementi di giudizio e valutazione filtrandoli attraverso le proprie competenze
per raggiungere una prima convinzione clinica.

Se gli elementi raccolti sono in grado di far pensare ad un possibile abuso si ha l’obbligo di segnalarlo
all’Autorità Giudiziaria (al giudice civile o direttamente alla procura penalmente competente). Il consulente
d’ufficio dovrà poi attendere dal magistrato che lo ha nominato le indicazioni relative alla prosecuzione o
meno delle restanti operazioni peritali. Una volta segnalata la situazione egli potrà completare il lavoro
clinico, tenendo conto dei rischi provenienti dalla reiterazione della testimonianza. Anche in questi casi
specifici il CTU dovrà restituire a tutti gli attori del processo una chiave di letture dello scambio
generazionale, delle condotte genitoriali, della matrice relazionale…

Nel caso in cui il CTU non raccolga segni clinici corroboranti l’ipotesi dell’abuso non procederà alla
segnalazione, limitandosi a far presente al magistrato la circostanza emersa nel corso della consulenza.

Situazioni in cui un CTU, a cui è stato chiesto dal Tribunale Civile di dare indicazioni sul dispositivo di
affidamento dei figli, deve tener conto della presenza di una contemporanea indagine penale a carico dei
familiari coinvolti dalla CTU.

Nel caso in cui le risultanze della consulenza siano compatibili con il quadro teorico di abuso intrafamiliare, il
CTU dovrà tenere in conto queste risultanze nella sua relazione peritale. Il CTU dovrà esprimere le
caratteristiche disfunzionali del sistema-famiglia e definire coerentemente le indicazioni rivolte alla tutela
dei legami familiari. Non si esprimerà sul presunto reato, per un corretto rispetto delle diverse funzioni
giuridiche. Mette a disposizione una cornice di senso più ampia delle dinamiche familiari. Per quanto
riguarda il dispositivo di frequentazione con i genitori, il CTU si atterrà a quanto disposto dall’Autorità Penale
inquirente, a meno che queste non risultino divergenti dall’interesse del minore.

7. La protezione del minore, la tutela dei legami

Dopo la notizia del presunto abuso la protezione si sostanzia in protocolli, diversificati a seconda del rischio,
della gravità dell’abuso e dell’atteggiamento genitoriale nei confronti delle istituzioni. Gli strumenti giuridici

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

individuati a protezione del minore comprendono l’allontanamento, la messa in sicurezza e varie forme di
accompagnamento all’iter giudiziario rivolte al minore e di interventi anche sui familiari.

Occorre valutare come il principio del diritto del minore a crescere all’interno della propria famiglia sia
attuabile in specifiche situazioni altamente problematiche, in cui si agita il sospetto di un abuso.

È necessario ricercare caso per caso la migliore soluzione, in grado di operare nel senso del recupero delle
relazioni familiari.

Sono diverse le situazioni che si possono delineare, per esempio il genitore continua a non fidarsi della
Legge e dell’altro ritenendolo comunque abusante.

La difesa del legame è una questione di cura responsabile da parte del CTU; bisogna considerare però i
tempi necessari per garantirla, che spesso non coincidono con i tempi della Legge.

Quando il CTU invece incontra un possibile abuso a procedura penale già avviata, deve porsi la questione
della tutela del famigliare, anche nelle situazioni in cui non possa essere recuperata una continuità della
frequentazione nel breve-medio periodo.

All’interno della CTU, intesa come intervento clinico, può collocarsi l’inizio di un’opera di riconoscimento dei
significati e comportamenti connessi all’eventuale azione abusante o alienante = ricostruzione della realtà
che deve contrapporsi ai meccanismi di negazione, mistificazione, proiezione, menzogna. Il CTU può
sollecitare i genitori ad assumersi la responsabilità soggettiva delle proprie azioni e reindirizzarle in una
dinamica virtuosa per iniziare a riparare il danno commesso = attivare le risorse disponibili, prima fra tutte
le capacità di accogliere la restituzione. Questo lavoro clinico dovrebbe essere iniziato in CTU e proseguito in
un contesto terapeutico adeguato alle necessità che la situazione familiare presenta.

Quando non si riesce ad attivare questo inizio di movimento riparativo, la necessità di tutela del minore
impone scelte che possono arrivare anche a prevederne l’allontanamento dai genitori verso famiglie
affidatarie o adottive.

In ogni caso, il patrimonio di conoscenze acquisito potrà essere messo a disposizione dell’Autorità
Giudiziaria Penale per le opportune valutazioni, anche in quei casi dove non sia stato possibile riattivare una
qualche dinamica virtuosa.

LA CONSULENZA TECNICA NELLE SITUAZIONI DI VIOLENZA NELLA


COPPIA-8

In molti casi le conseguenze delle denunce dei genitori si intrecciano con quelle di situazioni in cui i figli
arrivano ad arrivare a rifiutare di frequentare l’altro genitore o a valorizzarlo.

Il consulente tecnico si può trovare davanti a diverse situazioni familiari in cui c’è sempre un elemento
comune: il ricorso a modalità violente di relazione:

 di ripetizione in cui la violenza intra familiare è già stata in passato legalmente documentata.
 Di svelamento quando emerge nell'ambito della consulenza la problematica della violenza.
 Di violenza inaspettata quando il consulente si trova davanti a manifestazioni di violenza in
occasione della separazione coniugale.
Un problema che si pone in questi casi è relativo alla difficoltà nel valorizzare e mantenere la cooperazione
che il consulente si propone di rilevare. I fattori che rappresentano degli elementi determinanti per
permettere alla famiglia di garantire capacità di protezione e di cura nei confronti dei figli sono la profondità

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

della scissione tra aspetti costruttivi e distruttivi, la loro intensità e la modalità di gestirli da parte delle
persone e del contesto peritale e giudiziario.

IL QUADRO GIURIDICO 8.1


Importanti leggi relative alla violenza domestica sono la dichiarazione sull’eliminazione della violenza
contro le donne da parte dell’ONU nel 1993.

Altre importanti leggi sono la legge contro la violenza sessuale numero 66 del 1996, la normativa contro la
pedofilia legge 259 del 1998.

DENUNCE VERITIERE O DENUNCE FALSE 8.2


Spesso nei contesti di separazione coniugale conflittuale si può rilevare nelle denunce una forzatura che
potrebbe portare a descrivere gli eventi accaduti in maniera alterata rispetto all’effettiva rilevanza di ciò che
è accaduto. Frequentemente durante la separazione vengono presentate denunce per maltrattamento allo
scopo di ottenere vantaggi in ambito civile. Agli avvocati viene richiesto di non “aggravare la situazione
debitoria della controparte” se non per necessità di tutela del proprio cliente.

Il processo penale ha come conseguenze quelle di sciogliere alcuni nodi relativamente alle verità del
processo che portano alla condanna o all’assoluzione dell’imputato. Un’altra opzione possibile è anche
quella dell’archiviazione della denuncia.

Anche nell’ambito giuridico vi è la convinzione che, alla base di queste dinamiche, ci sia l’incapacità di
accettare le delusioni e il dolore per la perdita dell’altro e della relazione di coppia. Può anche accadere che
la controparte ritiri la querela prima della fine del procedimento civile e questa azione potrebbe avere il
significato di riconoscimento di una necessità di un accordo almeno parziale. Nella letteratura sul tema della
violenza nella coppia post separazione viene trattato anche il tema dello stalking. L’attuazione delle
condizioni della separazione può infatti riattivare o accentuare rancori mai sopiti.

È importante sottolineare che, per gli operatori, è presente il rischio di schierarsi su posizioni estreme con
alleanze e negazioni difensive. Vi sono vari approcci relativi all’orientamento del consulente. Secondo
l’orientamento definibile come feminist evaluators ritiene che ci sia sempre una certa quantità di verità
nelle denunce e che possono essere esagerati ma mai falsi. La posizione del family violence custody
evaluator è che la violenza domestica sia indotta dal conflitto e sia reciproca tra i componenti della coppia.
Secondo i feminist evaluators relativamente alle soluzioni per la fida l’affidamento dei figli, si suggeriscono
degli incontri supervisionati tra genitori e figli; nel secondo caso invece, gli operatori preferiscono una
modalità di genitorialità condivisa. I primi riportano un maggior numero di violenze gravi nelle relazioni
intime mentre i secondi rischiano di far coincidere la violenza di coppia con una generica alta conflittualità
di coppia.

LA VIOLENZA DOMESTICA 8.3


La violenza domestica rappresenta la più grave forma di degenerazione dei rapporti familiari. Il tratto
caratteristico dei maltrattamenti è quello di attivare una situazione nella quale l'inferiorità di un soggetto lo
porta a subire un abituale sopraffazione a seguito del degenerare del delle relazioni interpersonali.

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

La violenza domestica può manifestarsi in qualsiasi fase della relazione e anche la frequenza e la gravità
degli episodi sono variabili. Difficilmente si può ricondurre tale fenomeno ad un’unica causa determinante.
Il fenomeno dunque può essere letto in diverse ottiche.

LA LETTURA DEL FENOMENO IN OTTICA INDIVIDUALE 8.4


In ambito psicoanalitico, le violenze di coppia, sono trattate nei termini di perversioni relazionali che si
sviluppano in una personalità narcisistica e si manifestano con il controllo del denaro e delle amicizie.
Racamier afferma che il perverso relazionale a come obiettivo il controllo sul partner. Il narcisista perverso si
distingue in narcisista Overt, con tratti di grandiosità e sicurezza in sé stesso, oppure covert contraddistinto
da timidezza e insicurezza. Il narcisista overt associa il partner alla propria grandiosità ma allo stesso tempo
esprime insaziabilità dal punto di vista relazionale e dunque lo svaluta denigrandolo. Il narcisista covert
idealizza la figura che gli sta accanto perché rappresenta la parte riuscita di sé; tuttavia nel tempo, tenderà a
svalutare gli altri e a invidiarli facendo sentire il partner colpevole e indegno. In un rapporto di maltrattar
maltrattamento la vittima ha difficoltà a interrompere il legame perché è vissuto come depositario di
energie investite. Altri fattori di rischio, oltre alla passività, sono la bassa autostima,

la tendenza alla sottomissione e la presenza di depressione e abuso di sostanze.

LA LETTURA DEL FENOMENO IN OTTICA RELAZIONALE 8.5


Secondo gli autori la violenza nella coppia non è mai espressione della sopraffazione dell’uno sull’altro. Una
complicità inconscia lega il persecutore alla vittima.

La violenza familiare viene distinta in tre tipologie:

- fisica, con l’uso della forza fisica per provocare un danno sul corpo dell’altro,
- sessuale che includono attività sessuali contro il volere del partner,
- psicologica che comprende comportamenti psicologicamente mal trattanti.

È importante concettualizzare la violenza di coppia in ottica relazionale come un fenomeno che implica la
reciprocità tra i componenti della coppia. La violenza è spesso reciproca e la frequenza della condotta
violenta tende ad avere un percorso temporale discontinuo: solitamente la condotta violenta delle donne
diminuisce negli anni successivi al matrimonio, mentre quella degli uomini rimane stabile. Per entrambi i
partner l’aver commesso violenza nei 12 mesi precedenti il matrimonio aumenta la probabilità di
commetterli nei 12/24 mesi successivi. Molte ricerche concordano sul fatto che siano più spesso le donne
ad iniziare le aggressioni, che le aggressioni fisiche sono attuate ugualmente da donne e uomini. Si vede
come un aspetto comune a molte ricerche sia relativo alla circolarità e alla ricorsività della violenza nella
relazione di coppia. In molti casi sembra che sia questo equilibrio precario a mantenere in vita la relazione.

VIOLENZA NELLA COPPIA E VIOLENZA ASSISTITA 8.6


La violenza nella coppia è, molto spesso, dovuta all’incapacità e al mancato riconoscimento della differenza
dell’altro. La violenza nella coppia rappresenta uno dei problemi principali delle situazioni relazionali
disfunzionali. Il fenomeno della violenza assistita, coinvolgimento attivo e passivo del minore in atti di
violenza compiuti su figure per lui significative, porta a numerose conseguenze.

La violenza assistita è per il bambino un’esperienza dolorosa che lo porta spesso ad attribuirsi la
responsabilità della situazione e la perdita di fiducia nell’adulto di riferimento. L’esposizione a violenze gravi
e ripetute può portare all’insorgenza di un disturbo post traumatico da stress e anche alla manifestazione di
sintomi d’ansia, disturbi di personalità, problemi relazionali e scolastici.

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

LA VIOLENZA LEGATA ALLA SEPARAZIONE E AL DIVORZIO 8.7


In casi estremi, la violenza domestica diventa letale. Di fronte alla impossibilità a cambiare la forma del
legame, ci possono essere alcune proposte di intervento sia di tipo ad attivo che di lavoro clinico. Si tratta di
interventi avviati quando si è ancora nel contesto giudiziario che può rappresentare un contenitore
necessario per avviare un percorso trasformativo.

LA VALUTAZIONE DELLA VIOLENZA 8.8


Bisogna distinguere tipi di violenza:

1. relazioni di violenza abusante e controllante: sono comportamenti che implicano l’uso di minaccia,
abuso emotivo per dominare l’altro e indurre paura.
2. Violenza istigata dal conflitto
3. Resistenza violenta quando un partner utilizza la violenza per difendersi dall’abuso dell’altro partner
4. violenza istigata dalla separazione che si tratta di atti di violenza dovuti alla fatica emotiva della
separazione.
Per la valutazione del consulente tecnico è fondamentale individuare quale tipo di violenza si colloca la
coppia. In questo modo è possibile articolare una prima diagnosi differenziale per graduare le misure di
tutela nei confronti dei figli e individuare il migliore intervento. Sia le accuse poco fondate che le violenze
documentate sono elementi fondamentali per la comprensione delle dinamiche familiari.

Il consulente dunque procede su due binari paralleli: quello del procedimento civile giudiziale davanti al
giudice della separazione, in cui si situa l’incarico per la consulenza tecnica. Il contesto di un procedimento
aperto in ambito penale. A volte le due strade non sono le uniche che vengono percorse. Ad esempio si
possono considerare i possibili interventi da parte dei servizi territoriali psicologici e sociali che il consulente
può incontrare nel corso della c.t.

ESEMPLIFICAZIONI CLINICHE 8.9


Caso di Elena e Marco. Caso famiglia Belfanti.

VIOLENZA DI COPPIA E DECISIONI PER L’AFFIDAMENTO DEI FIGLI 8.10


Le condizioni di affidamento individuabili in ambito civile sono un elemento che può portare ad un
miglioramento della relazione familiare e della protezione dei figli. Un rischio per il consulente tecnico è
quello di attuare delle valutazioni estreme: o una lettura temporanea e situazionale che porta a rischio di
non mettere in sicurezza i figli rispetto alle violenze dei genitori, oppure una lettura monodirezionale e di
genere che individua un perpetrato ore della violenza e una vittima. Per descrivere le tipologie di violenza
bisogna considerare tre fattori base:

 il livello di potenza che è la prima dimensione che va rivela rilevata. In alcuni casi è possibile che la
violenza esploda senza una storia di abuso ma con altri segnali di pericolo evidenti. Bisogna
considerare la tipologia e la dinamica degli atti violenti, la frequenza e intensificazione di questi per
valutare il grado di pericolosità della violenza.
 il modello di controllo e di dominio in cui viene agita la violenza. Individuando uno specifico
modello, è possibile individuare misure protettive e riabilitative da assumere. Bisogna inoltre
riconoscere che questi atti espliciti sono punte di un iceberg di un pattern e radicato di controllo
coercitivo
 l’individuazione del perpetrato ore primario della violenza, per limitarne l’accesso al figlio. Inoltre la
spinta a nascondere o ammettere la violenza cambia relativamente visione che ha l’aggressore delle

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

conseguenze che questo potrebbe avere. Dunque è utile un resoconto dettagliato dell’incidente
violento.
In generale viene proposto un modello di screen che possa permettere ai professionisti di attuare ipotesi di
lavoro specifiche per i differenti tipi di violenza. La valutazione di una situazione familiare deve essere intesa
come un percorso per veder vederne le possibili evoluzioni e le risorse che si possono attivare. Infine, dopo
aver realizzato l’assessment iniziale sul tipo di violenza, è importante differenziare i parenting Plans nei casi
di violenza domestica: si passa da un massimo di collaborazione (co genitorialità), alla genitorialità parallela
(che minimizza il contatto tra i genitori), Allo scambio supervisionato, (passaggio del bambino da un
genitore all’altro sotto la supervisione di una terza parte), alle visite supervisionate, sino al contatto sospeso
a breve o lungo termine. Solitamente quest’ultimo caso è basato sul rifiuto del bambino di vedere il
genitore.

LA CONSULENZA TECNICA IN SITUAZIONI DI INTERESSE PSICHATRICO – 9

LA QUESTIONE DELLA DIAGNOS PSICHIATRICA E LE IMPLICAZIONI


NELL’AFFIDAMENTO DEI FIGLI 9.1
Tutti coloro che si sono occupati di nosografia in Psichiatria, hanno denunciato la impossibilità di giungere
ad una classificazione esaustiva di tutte le variabili che entrano in gioco nella diagnosi psichiatrica. La lettura
che segue la teoria dei legami, considera lo psichismo dentro un legame che lega gli individui
sincronicamente attraverso le generazioni.

Il tema del legame C confronta con la questione che la patologia del legame non prevede necessariamente
la patologia psichica dei singoli. È importante tenere a mente come, in situazioni di separazione o divorzio, i
danni ai figli possono derivare anche da chi è considerato psichicamente sano. La terapia familiare di
matrice relazionale, infatti a messo in evidenzia il ruolo attivo del coniuge sano nella co costruzione dei
sintomi del coniuge malato. Al giorno d’oggi alla diagnosi psichiatrica è riconosciuto il compito di svolgere
un processo complesso, che comprende valutazioni e anamnesi anamnestiche, colloqui, test Psicopatologici.
Tuttavia il giudizio clinico finale non può prescindere dalla importanza che riveste il rapporto interpersonale
all’interno della diagnosi, anche nelle situazioni in cui non è prevista una cura. In questi casi è proprio la
capacità modulati Iva dei pensieri della persona che potrà fornire allo psichiatra delle informazioni molto
importanti sia a livello diagnostico, sia sulle eventuali risorse per il superamento del disturbo psichico. Nei
processi di diagnosi è necessario mettere in evidenza la questione dell’attendibilità. L’attendibilità è il punto
di forza su cui si basa la diagnosi manualistica di riferimento. Di conseguenza si può affermare che la
diagnosi che leggiamo all’interno delle relazioni peritali deve distanziarsi da una relazione sommaria e
frettolosa.

SITUAZIONI DI INTERESSSE PSICHIATRICO GIA’ NOTE AI SERVIZI 9.2

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

Tra le situazioni per le quali viene richiesta una valutazione psichiatrica, solitamente l’iter sanitario ha
iniziato già molto prima della separazione. Il giudice spesso chiede una diagnosi per prendere delle decisioni
o restrizioni riferite al genitore malato.

Tuttavia è necessario che, nelle situazioni particolarmente gravi, la valutazione non sia solamente
specialistica ma che tenga conto anche del contesto di riferimento. Solo in situazioni di grave
maltrattamento i figli possono essere distaccati dal genitore malato. Nelle situazioni meno compromesse
invece, si cercherà di attivare o indicare contesti sufficientemente tutelati come spazi protetti. È necessario
soprattutto affiancare l’intervento a un programma riabilitativo.

A partire dalla letteratura scientifica è possibile affermare che non esiste una correlazione diretta tra
psicopatologia del genitore e maltrattamento e abuso. Anche altre variabili come la giovane età dei genitori
o il loro basso livello di istruzione, Hanno un impatto pari. Nelle situazioni in cui la problematica psichiatrica
esordisce nella fase post partum, nella gravidanza o nel parto, è necessaria un’attenta valutazione poiché
bisogna, non solo tutelare il neonato ma anche cercare di evitare un aggravamento della salute mentale del
genitore. Quando uno dei due ex coniugi presenta un disturbo psichiatrico, le famiglie di origine sono molto
importanti per la gestione dei nipoti.

In queste situazioni particolari bisogna tenere ben presenti alcuni aspetti:

 capire come la malattia mentale si inserisce nella storia familiare e personale,


 individuare le risorse che hanno portato l’altro genitore a sopravvivere fino alla crisi della coppia,
 capire quali funzioni siano transitate sui figli, verificare gli aspetti del legame genitori e figli tra cui
valutare l’affettività percepita dai figli,
 cogliere l’entità del danno della patologia psichica,
 valutare quanto la ridefinizione dei confini familiari in seguito alla separazione possa portare a
nuove difficoltà, nuove risorse, e quali aspetti di cura dei legami rimangono preservati,
 vedere se ci sono delle dinamiche familiari che aumentano il disagio psichico, valutare la qualità dei
rapporti più significativi, valutare quanto la consulenza possa diventare una risorsa per la famiglia.
In alcune occasioni la consulenza potrebbe essere l’unico luogo in cui i coniugi e le famiglie d’origine
possono trovare un contenimento per le loro angosce e una risposta più coesa. La C.T.U. ha il
compito di fornire una restituzione dei bisogni inevasi della famiglia e dei singoli ai servizi
territoriali. Tale restituzione è un obiettivo primario da perseguire ma è anche un elemento debole
e mancante nella maggior parte delle situazioni. Sarebbe opportuno andare verso una maggiore
integrazione tra un’attenta valutazione dei fattori di rischio e protettivi, includendo la persona con il
proprio contesto relazionale più significativo e i possibili progetti dei servizi.

DISTURBI PSICHICI CHE VENGONO ALL’ATTENZIONE DURANTE LA CONSULENZA 9.3


Spesso la C.T.U. si può trovare di fronte a una patologia psichiatrica che viene presentata come un problema
comportamentale o un tratto del carattere. Solitamente il problema inizia molto prima di giungere alla
consulenza e proprio il fatto che si sia preservato nel tempo a richiesta una lunga collusione generale che gli
ha impedito di diventarne consapevole. Un altro grande problema che il consulente deve affrontare è legato
alla volontarietà delle cure mediche.al C.T.U. viene chiesto inoltre di valutare la possibilità o le modalità per
permettere un’adeguata presa in carico della situazione da parte di uno specialista e dei servizi competenti.

LA SEPARAZIONE COME FATTORE SCATENANTE DI UN DISTURBO PSICHICO 9.4

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

Le risposte delle persone alla separazione possono assumere le caratteristiche di un disturbo psichico. Tra gli
elementi che incidono nella gravità dell’evento stressante sono gli aspetti sociali, legali, economici e
psicologici.

Si possono evidenziare due prospettive di pensiero:

1. Robert Emery sostiene che il divorzio produce una perdita di sicurezza, di fiducia e controllo sulla
propria vita.
2. René Kaes pone invece l’accento sul concetto di patto denegativo, che consiste nell’accordo
inconscio secondo il quale alcuni aspetti del legame rimangono negati, rimossi nello spazio mentale
dei soggetti. Il patto denegativo a funzione organizzatrice e difensiva del legame.
Secondo Castles, mantenere un legame che implica sofferenza può essere vissuto come meno minaccioso
rispetto a quando si assiste all’irruzione nella coppia di quanto era rimasto silente fino a quel momento. È
un’opinione condivisa il fatto che l’evento debba agire su una struttura vulnerabile dell’individuo per
produrre effetti dei strutturanti; in questo contesto anche le famiglie di origine e il contesto in cui si svolge la
relazione di coppia, influenzano l’esito della separazione e del divorzio. I disturbi che si osservano più
frequentemente sono la depressione, disturbi d’ansia, disturbi relativi alla condotta.

ACCUSE STRUMENTALI DI MALATTIA PSICHICA 9.5

Spesso la stigmatizzazione della pazzia dell’altro e la parte e prodotto del fatto che è impossibile elaborare
la separazione stessa. In alcuni casi la persona è convinta della reale perdita di integrità psichica del partner,
in altri casi è strettamente strumentale o espressione del rancore per la perdita subita. Solitamente alla
consulente alla consulenza viene fatta una richiesta di chiarimento che può comportare l’ascolto degli
operatori dei servizi o di persone significative Rischiando di non affiancare l’operato del giudice. Per ridurre
tali rischi si possono seguire due linee guida: interconnettere tutti i dati osservative emersi nella consulenza
come un ulteriore supporto per una corretta lettura della diagnosi a cui il C.T.U. è giunto.

Rendere attuale lo spirito del legislatore che ha ritenuto il consulente una figura tecnica in grado di
collaborar e con il giudice.

ESEMPLIFICAZIONE CLINICA 9.6


LA CONSULENZA TECNICA IN SITUAZIONI FAMILIARI COMPLESSE-10
LE FAMIGLIE RICOMPOSTE: DELINEARE LO SCENARIO 10. 1
La famiglia ricomposta è una situazione familiare in cui i minori vivono con il proprio genitore e il partner, il
quale non ha nessun legame con il minore, né un riconoscimento legale. Nel caso di una separazione e
divorzio di una famiglia ricomposta, la separazione coinvolge più livelli (economico, educativo) e influisce sui
figli dell’uno o dell’altro partner.

Spesso i nuovi compagni conviventi non hanno un riconoscimento né sostanziale né legale. La invisibilità di
quest’ultimi è, psicologicamente assai problematica perché porta a una lettura insufficiente della situazione
relazionale familiare. Essi infatti hanno un impatto nella storia familiare nella separazione, nella vita
quotidiana dei figli.

In questi casi il consulente ha il problema di definire i confini del familiare: spesso la famiglia ricomposta
pone il criterio della coabitazione come un elemento costitutivo del familiare. Partendo dal presupposto che
la famiglia del minore è, dal punto di vista giuridico, definita dalle sue relazioni biologico e legali, e

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

necessario preservarle e mantenerle nel tempo. In questa prospettiva inoltre sarà importante definire
anche il sistema familiare di dei genitori. La famiglia ricomposta dunque si struttura come un insieme di più
famiglie, in cui i rapporti tra le persone sono vissuti secondo il criterio di valore che le famiglie definiscono.
A definire quali siano i confini della famiglia, aiutano le finalità della consulenza tecnica e la tipologia di
rappresentazione delle relazioni familiari. Dal punto di vista giuridico l’obiettivo è quello di dare continuità
alla famiglia del minore. Tuttavia con le famiglie ricomposte spesso il consulente tecnico deve ristabilire un
valore nella rete di relazioni presenti nella famiglia ricomposta.

Un altro aspetto importante che il consulente deve tenere a mente, e la posizione del nuovo compagno
all’interno della famiglia ricomposta. Cigoli infatti parla di triangolarità del legame e sottolinea l’importanza
di lavorare per triangoli, intesi come categorie di senso che aiutano a comprendere la relazione familiare.
Bisogna poi inserire anche le famiglie di origine e dunque l’osservazione triangolare di un membro della
famiglia si pensa che possa permetterci di definire più adeguatamente il ruolo e il posto della famiglia
all’interno della trama relazionale familiare. Inoltre definire la posizione dei minori nei confronti dei vari
personaggi della famiglia ricomposta permette di comprenderne i sintomi e le sofferenze. La famiglia
ricomposta dovrebbe costituire uno spazio e tempo di sviluppo per il minore e dunque si pone come sfida
paradossale quella di continuare e consolidare relazioni familiari originarie.

I bisogni principali del minore sono: la possibilità di mantenere la fiducia nelle proprie relazioni familiari
originarie e la possibilità di continuare a sperimentare l’appartenenza al proprio mondo familiare
nonostante la separazione coniugale.

Un importante tema che viene spesso trattato è relativo alla nuova relazione di coppia. Il fatto di
comprendere quale patto di coppia abbia dato origine al nuovo legame ci permette di capire quali significati
vengono trasmessi nella famiglia. Nei casi più problematici la nuova relazione è una risposta a temi a cui la
precedente relazione non ha saputo rispondere. Generalmente le nuove relazioni di coppia si strutturano a
partire da fragilità che bisogna considerare attentamente. La nuova relazione nasce da una perdita E
dunque entrare in una nuova relazione senza aver elaborato le perdite precedenti è un grande rischio. Un
altro aspetto che sperimenta la coppia ricomposta con i figli e la mancanza di spazio e tempo per
consolidare la relazione coniugale e capire ciò che attiene alla coppia e ciò che invece viene riconosciuto alla
famiglia. un ulteriore area di indagine è rappresentata dall'ambiguità tra adulti della famiglia ricomposta che
spesso si esprimono in modalità conflittuali più o meno espliciti. Da considerare è anche la necessità di
ridefinizione delle relazioni in quanto la posizione e il significato del genitore a acquisito è molto ambiguo:
spesso, nei figli, convive un desiderio di maggiore vicinanza ai genitori acquisiti con il desiderio di distanza.
Un altro aspetto da mettere a fuoco è il tema del potere relazionale che gli adulti sentono dentro la famiglia
ricomposta. Gli adulti a volte vengono sminuiti e vanificati rispetto ai propri figli oppure sono
eccessivamente presenti nel caso dei figli dei compagni. Spesso nelle famiglie ricomposte si osserva un
minore confuso e adultizzato.il livello di cui coinvolgimento dei figli all’interno della famiglia ricomposta è
cruciale per individuare le risorse e le possibilità di sviluppo del minore.

LE FAMIGLIE IMMIGRATE: CERCARE L’INVISIBILE 10.2


Anche le famiglie immigrate, come quelle ricomposte, sono sempre più presenti nella nostra società. Nel
caso delle famiglie immigrati è fondamentale definire che cosa è e chi è la famiglia. Celia Falicov parla di
famiglie transnazionali e fa riferimento ai nuclei familiari che mantengono legami a distanza attraverso
mezzi di comunicazione online. Con le famiglie immigrate, la separazione e il divorzio assumono diversi
significati a seconda delle culture.

In Pakistan, nonostante il divorzio sia consentito, l’influì l’influenza della cultura induista porta a osteggiare
questo evento.

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

Nelle Filippine oggi viene riconosciuta solamente la separazione legale mentre il divorzio non è
contemplato.

Oltre ai diversi significati che la famiglia emigrata attribuisce al divorzio e alla separazione, un ulteriore
tematica con cui fare i conti e il significato che queste famiglie attribuiscono alla legge e alla giustizia del
paese di accoglienza. Spesso le separazioni coniugali vengono gestite in modo autonomo aderendo ai
modelli culturali dei paesi di origine.

METODOLOGIA DELL’INTERVENTO PERITALE CON LE FAMIGLIE IMMIGRATE 10.3


Innanzitutto bisogna affrontare il problema della lingua.

La conoscenza della lingua italiana è infatti sufficiente per trasmettere i significati dell'esperienza familiare
delle famiglie immigrate. È fondamentale la figura del mediatore culturale che, affidandosi ad una
procedura Multi metodologica, utilizza una pluralità di strumenti per rilevare le informazioni necessarie.
Nella consulenza tecnica di ufficio è d’obbligo verificare le informazioni acquisite.

È importante considerare tre questioni di fondo:

 il rapporto con i legami lasciati nella terra di origine,


 il senso del matrimonio e quindi del divorzio,
 la genitorialità e dunque il legame genitori figli.

Per quanto riguarda la prima questione, è necessario affrontare come è stato vissuto il viaggio migratorio,
quale progetto distanziamento familiare ci sia. Il matrimonio, nelle famiglie migranti, rimanda alle
generazioni precedenti: l’unione coniugale infatti è spesso l’esito dell’esercizio di una genitorialità
competente. Si possono tuttavia incontrare anche coppie che si sono conosciute nella terra di immigrazione
e hanno fatto una scelta libera. In questo frangente è importante analizzare bene anche il concetto di
divorzio: ci possono essere divorzi per mandati familiari impossibili in un contesto di accoglienza che non è
riuscito a sostenerli, divorzi voluti dalle famiglie di origine, divorzi causati dalla mancanza di protezione
familiare.

Per quanto riguarda l’esercizio della genitorialità, è fondamentale considerarlo nei casi di separazione e
divorzio. Anche la genitorialità bisogna inserirla nel rapporto con le generazioni precedenti e bisogna
sottolineare che, molto frequentemente, la stirpe di riferimento in alcune culture è una sola, stabilita in
maniera univoca dall’organizzazione dei significati del familiare del contesto originario. Importante è tenere
in considerazione anche le culture educative: a volte il minore non è soggetto portatore di diritti, se non
connessi a quelle dei genitori. In questo contesto si contrappongono due visioni distinte: il diritto del minore
e il dovere del genitore della prospettiva occidentale e, il dovere del minore e il diritto del genitore nella
cultura straniera. È dunque evidente come, per poter comprendere le azioni delle famiglie, bisogna cercare
di dare senso alle azioni dei genitori nell’ottica dei significati della famiglia del minore.

TECNICHE DI INTERVENTO NELLA CONSULENZA CON FAMIGLIE IMMIGRATE E


RICOMPOSTE 10. 4
La complessità che caratterizza queste famiglie porta alla necessità di utilizzo di vari strumenti di intervento.
Solamente attraverso la triangolazione dei metodi informativi è possibile far fronte a baia linguistici e la
molteplicità dei mandati familiari. Alcuni tra gli strumenti utilizzati sono il disegno simbolico, il commento
dialogico, gli strumenti di rappresentazione anale. In questo contesto sappiamo che il campo di indagine è
da definire volta per volta.

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

Per poter fare un lavoro di valutazione pertinente è importante anche considerare altri soggetti oltre i
componenti del nucleo familiare: i personaggi nascosti (i nuovi partner), o la famiglia estesa rimasta nel
paese di origine. Nelle famiglie ricomposte è importante lavorare per sotto insiemi di persone e infatti vi
sono molteplici tecniche di intervento: gli strumenti grafico simbolici che lavorano sui confini familiari
(doppia luna) E le tecniche di confrontazione dialogica su temi specifici che misurano la qualità della
relazione. Per quanto riguarda la famiglia immigrata è importante definire i significati concernenti il
familiare ma è assolutamente necessario indagare anche i racconti fondativi del familiare con la stessa
famiglia. Nella famiglia immigrata l’utilizzo dei test deve essere molto prudente e dunque è necessario
verificare la standardizzazione dei test per la popolazione in questione.

INTERVENTI CLINICI SUCCESSIVI ALLA CONSULENZA TECNICA DI UFFICIO


LE INDICAZIONI DEL GIUDICE: ATTUABILITÀ NEL CONTESTO DEL POST SEPARAZIONE
11. 1
Spesso le controversie relative all’affidamento dei figli dopo la separazione, risultano difficili da risolvere.
Nei casi in cui vi sia un fallimento della via giudiziale, risultano efficaci i programmi educativi E la mediazione
familiare. Chi ha seguito questi percorsi a una maggiore consapevolezza dei bisogni dei figli e una migliore
comunicazione. L’approccio seguito è quello Psico educativo, con l’obiettivo di individuare ciò che può
meglio aiutare la famiglia in quello specifico contesto. Anche nel contesto italiano si vede come i giudici
cerchino in ogni modo di far collaborar e i genitori nell’interesse dei figli. Rimane privilegiata infatti
l’indicazione dell’affido condiviso. Nel post separazione è dunque indispensabile per genitori e figli contare
su aiuti che attivino forme di sostegno valide. Quando questo non avviene spesso viene richiesto dal giudice
una consulenza tecnica.

DATI DI RICERCA 11. 2


SCHEMA PAGINA 266

L’INTERVENTO CLINICO 11. 3


Tra gli interventi prescitti dal giudice vi sono sia quelli tesi al controllo della situazione (spazio neutro) sia
quelli di cura psicoterapeutica. È necessario la collaborazione tra figure professionali affinché i due coniugi si
assumano in maniera condivisa le responsabilità genitoriali. Gli interventi è necessario che mirino a ridare
speranza nel presente e nel futuro attraverso l’accettazione del limite dell’altro e il rilancio della fiducia
nell’altro come genitori. Nelle situazioni di separazione è fondamentale per la coppia genitoriale recuperare
la capacità di cura dei figli e inoltre è importante operare una ristrutturazione e una riconciliazione tra i
partner. Il passaggio alla riconciliazione è definito dal superamento del desiderio di vendetta e di giustizia
per una ingiustizia subita. Questa fase comporta il recupero della fiducia nel partner. Ulteriore elemento
importante per recuperare la relazione e la possibilità per i genitori di mettersi in ascolto del dolore del
figlio senza ergere massicce difese.

Le riflessioni che provengono dai dati di ricerca sottolineano che per superare questi ostacoli è necessario
un lavoro continuativo su di sé da parte dei genitori separati.

ESPERIENZE NELLA PANORAMICA INTERNAZIONALE: IL PARENTAL COORDINATOR E


IL KID’S TURN PROGRAM 11.4

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

Il parenting coordinator è una figura promossa negli Stati Uniti a cui venne raccomandata la formazione di
professionisti atti a gestire situazioni di conflitto genitoriale cronico centrate sui figli. Davanti all’incapacità di
gestione di alcune situazioni altamente conflittuali, nel 2005 si è mostrata la necessità di istituire nei
tribunali una parenting coordinator task force e introdurre la figura del parent Inghe coordinator. La pratica
di quest’ultimo è centrata sul bambino, allo scopo di minimizzare l’impatto sui figli dei litigi tra i genitori. Il
professionista interviene in maniera tempestiva, affiancando i genitori nella definizione di un piano di
risoluzione dei conflitti. Il percorso ha come obiettivo quello di educare i genitori rispetto alla capacità di
rispondere ai bisogni dei bambini e ad accompagnarli a prendere decisioni che si collochino all’interno dei
confini stabiliti dalle regole per le condizioni di affidamento.

Per quanto riguarda invece le forme di sostegno Psico educativo di gruppo rivolte ai figli e ai genitori, il Kid’s
turn ha come obiettivo quello di proporre un accompagnamento a tutti i componenti della famiglia. E
prevede un percorso di sei incontri di gruppo e offre a tutti i membri della famiglia la possibilità di affrontare
l’ultima parte della separazione. All’inizio del percorso, i componenti dei gruppi familiari vengono suddivisi e
inseriti in gruppi con altre persone, gli viene chiesto di ragionare, attraverso degli stimoli, sulla fase di vita
che stanno vivendo. L’obiettivo è quello di favorire nei figli e nei genitori l’acquisizione di competenze per
una migliore comunicazione.

LA PRESENZA DEI SERVIZI TERRITORIALI 11. 5


Simili al parenting control, vi sono i servizi territoriali a cui giungono gran parte di quelle situazioni che
necessitano di un intervento clinico ad alta intensità nella fase di post separazione.

Spesso i servizi vengo vengono interpellati dai familiari ancora prima che le cause di separazione o divorzio
arrivino al giudice. Durante la consulenza tecnica, il consulente si deve chiedere quanto potrebbero essere
utili per la vita familiare i servizi già in conto incontrati dai genitori. L’incarico ai servizi territoriali, oltre a
erogare diverse prestazioni di cura e di tutela, attiva un ruolo di regia degli interventi.

LA TERAPIA FAMILIARE 11.6


Nelle situazioni in cui si ritiene necessaria una terapia familiare, bisogna prestare particolare attenzione alla
costruzione di una sufficiente motivazione della famiglia a intraprendere il percorso, e anche una
predisposizione di un setting che possa durare nel tempo. È importante affrontare un percorso di terapia
familiare Durante una separazione per favorire la riconciliazione e per aiutare gli ex coniugi a cooperare in
quanto genitori. In questa ottica si pone il modello di intervento basato sul perdono che tende ad
individuare i passaggi necessari in un percorso che porti gli ex coniugi verso il co parenting. Per completare il
processo del perdono, l’individuo deve sviluppare una consapevolezza realistica delle ragioni della fine del
matrimonio. Si tratta dunque di una rappresentazione interiore del significato dei fatti da raggiungere. È
necessario costruire un’alleanza multipla con tutti i partecipanti alle sedute e è importante utilizzare un
setting flessibile. Il focus di attenzione è la soluzione del problema, identificando obiettivi allo scopo di
ridurre gli aspetti più dannosi nelle controversie sull’affidamento. Uno degli aspetti fondamentali nel
percorso è il riferimento al rispetto delle regole concordate all’inizio. In ogni caso il setting principale di
lavoro rimane quello della coppia e i componenti della famiglia estesa vengono coinvolti direttamente solo
se rivestono un ruolo importante nella contesa sull’affidamento..

OSSERVAZIONI CONCLUSIVE 11. 7


Nel complesso possiamo evidenziare due approcci differenti:

- uno informativo educativo che si focalizza sugli aspetti relazionali;

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

- uno maggiormente legato anche alle elaborazioni personali, di coppia e di famiglia rispetto al
significato della separazione coniugale.

I diversi approcci tengono conto della Grande portata del cambiamento che richiede la separazione:
riorganizzazione delle relazioni familiari e di elaborazione della perdita della famiglia precedente da parte di
ciascun componente. A volte la problematicità connesse alla gestione dei bambini viene affrontata in una
dimensione gruppale con diversi obiettivi educativi. Gli aspetti comuni che emergono dalle diverse proposte
di intervento sono: la precisione nel negoziare con la famiglia il contratto di lavoro clinico, la definizione di
regole del percorso, la necessità di raggiungere una buona comprensione dei motivi della fine del
matrimonio affinché si stabilizzino le rinnovate capacità genitoriali. A seguito di una C.T.U., in particolare, è
cruciale orientare il percorso ancorandolo ulteriormente a un contesto giudiziario oppure coinvolgendo i
servizi territoriali oppure indirizzare la famiglia verso forme di aiuto come una terapia familiare o
individuale. L'obiettivo della C.T.U. è quello di mettere a fuoco i bisogni specifici della famiglia e dunque il
compito del consulente è quello di pensare al sostegno dei legami familiari realizzabili dopo il suo intervento
come una garanzia di una crescita delle future generazioni.

APPENDICE: TECNICHE E STRUMENTI

Geno gramma
È uno strumento grafico proiettivo utile per esplorare le rappresentazioni dell’organizzazione strutturale e
dinamica della famiglia. Può essere somministrato individualmente e congiuntamente alla coppia
genitoriale.
Tra i vantaggi c’ è quello che sollecita non solo l’aspetto rappresentazionale ma anche quello interattivo
fornendo così informazioni importanti circa la sussistenza di uno spazio mentale comune.
I parametri per la valutazione del geno gramma sono:
 forma globale della rappresentazione;
 modalità di occupazione dello spazio
 congruenza con la realtà;
 stratificazione generazionale;
 co-genitorialità.

Intervista clinica generazionale

È un'intervista strutturata per indagare la generatività familiare. È articolata su tre assi e a un sistema di
codifica di classificazione tassonomica e tipologica che identifica il profilo dell'organizzazione familiare.
È composta da 22 item e da due stimoli simbolico immaginativi.
I tre assi sono:
 la relazione con le origini familiari,
 la relazione di coppia,
 il passaggio generazionale.

Può essere somministrata in due varianti: la prima riguarda la suddivisione della somministrazione
dell’intervista in tre parti. La dilatazione del tempo di somministrazione risponde alla necessità di farsi che la

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

relazione di lavoro possa istituirsi. La seconda variazione riguarda la diversa articolazione del compito di
scelta e commento delle immagini di coppia. Viene richiesto infatti di scegliere tra immagini al posto di 1.
la sequenza delle immagini rende più agevole la ricostruzione complessiva del senso che essa assume per
ciascuna persona. L’articolazione del lavoro con le immagini aiuta anche le persone stesse a rileggere in
termini meno rigidi la realtà della coppia e della sua crisi. Infine l’osservazione delle modalità interattive
della coppia nella affrontare il compito proposto, è un’importante fonte di informazioni per il clinico.

La doppia luna
È uno strumento grafico simbolico e al soggetto viene chiesto di posizionare sé stesso all’interno di un foglio
bianco e poi di disegnare tutte le persone significative e di tracciare un cerchio che racchiude gli elementi
che fanno parte della stessa famiglia.
Solitamente viene somministrato ai figli di età compresa tra i cinque e i 12 anni per far emergere il modo in
cui si pongono di fronte alla separazione dei genitori e alla conseguente ridefinizione dell’assetto familiare. I
criteri di analisi sono:
 identificazione dei familiari rappresentati e di quelli assenti,
 posizione distanza tra le figure rappresentate,
 differenziazione dei nuclei familiari dei genitori,
 appartenenza congiunta e disgiunta del figlio ai nuclei familiari dei genitori,
 trasformabilità dell’assetto familiare (attraverso l’uso della bacchetta magica).

Disegno congiunto della famiglia

l'obiettivo dello strumento è quello di cogliere la famiglia nel suo proprium.


il compito grafico simbolico consente di incontrare la famiglia come un gruppo che condivide compiti, valori
e significati che ne costituiscono la sua unicità. Particolare attenzione viene data all’elemento interattivo che
rende visibile la modalità relazionale latente. Ogni familiare a un pennarello di colore diverso e viene data
una consegna volutamente generica perché invita ad una decisione condivisa dell’oggetto da raffigurare. Le
informazioni prodotte si raggruppano in due dimensioni:
- gli elementi relativi al prodotto grafico simbolico
- gli elementi relativi al processo interattivo.

Family life space


È uno strumento grafico simbolico finalizzato a indagare le relazioni familiari. Il cerchio viene assunto come
metafora della famiglia, mentre lo spazio che lo circonda simbolizza ciò che è esterno alla famiglia. I
partecipanti si devono posizionare in rapporto al cerchio. Il confine del cerchio, invece differenzia la famiglia
dal suo ambiente sociale di vita e ripropone il concetto di unicità della famiglia, il luogo della generatività, i
suoi valori e le sue convinzioni.
Per la sua semplicità il FL S può essere utilizzato anche come strumento di ricerca perché impegni familiari
in un processo di auto osservazione e comunicazione reciproca che può incidere sulle dinamiche familiari
stesse. Una innovazione procedurale consiste nell’utilizzo di acronico dello strumento. Ciò può avvenire
tramite la proposta di una duplice somministrazione: una relativa al presente e l’altra a un momento preciso
del futuro o del passato.
La consegna richiede la collocazione di simboli che rappresentano sé stessi o altre persone significative nello
spazio. Successivamente prevede la rappresentazione di eventi particolarmente importanti dal punto di

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)


lOMoARcPSD|36049104

vista emotivo che si possono distinguere in varie categorie tra cui eventi intra famiglia familiari connessi a
situazioni stressanti. Dopo aver adempito alla prima consegna, il ricercatore chiede ai familiari di segnare la
qualità dei rapporti tra gli elementi raffigurati. È importante che il foglio sia posto su una lavagna a fogli
mobili così da permettere ai familiari di condividere il punto di vista della produzione grafica.
L’attribuzione del significato psicologico può avvenire in modo qualitativo in cui la lettura delle informazioni
si realizza attraverso un processo interpretativo che prescinde dalla quantificazione della raffigurazione,
basandosi sulla valutazione percettiva. Ci può essere anche una attribuzione quantitativa mediante l’utilizzo
del sistema di analisi metrica, attraverso l’utilizzo di indicatori matematici e geometriche.

Efficacia genitoriale
Si tratta di una scala Self report che misura la percezione che ciascun genitore ha della propria efficacia
genitoriale e dell’efficacia genitoriale attribuita all’altro genitore.
Fiducia interpersonale
Si tratta di una scala Self report che misura la fiducia che ciascun genitore prova nei confronti dell’altro
genitore. Sono 20 item misurati su una scala likert a sette passi.

I bisogni dei genitori


Si tratta di una scala Self report che esplora la rappresentazione dei bisogni di ciascun genitore in relazione
alla trasformazione dell'assetto personale e familiare connesso alla separazione. Sono 12 item misurati su
una scala likert a quattro passi.

La genitorialità
Sono quattro domande aperte utilizzate per strutturare il confronto tra i genitori sulle rappresentazioni dei
figli e sulla percezione di come ciascun genitore può sostenerli nella spedizione.
I bisogni e i comportamenti dei figli
Si tratta di due scale Self report che esplorano la percezione delle strategie comportamentali e la
rappresentazione dei bisogni dei figli da parte di ciascun genitore.

Scaricato da C?t?lin Cibea (uncatalin@yahoo.com)

Potrebbero piacerti anche