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L ESSICO I NTELLETTUALE E UROPEO

ANIMA-CORPO
ALLA LUCE DELL’ETICA
ANTICHI E MODERNI
a cura di
EUGENIO CANONE

LEO S. OLSCHKI EDITORE


2015
INDICE

EUGENIO CANONE, Introduzione . . . . . . . . . . . Pag. IX

I. ANTICHI
FRANCESCO FRONTEROTTA, Conoscenza ed ethos fra anima e corpo
nella Repubblica (e nel Timeo) di Platone . . . . . . » 3
BRUNO CENTRONE, La componente corporea delle affezioni del-
l’anima in Aristotele . . . . . . . . . . . . . » 19
DIANA QUARANTOTTO, Diventare immortali: etica e cosmologia
in Aristotele . . . . . . . . . . . . . . . . » 35
FRANCESCO VERDE, Monismo psicologico e dottrina dell’anima in
Epicuro e Lucrezio . . . . . . . . . . . . . . » 49
PAOLO TOGNI, Anime smidollate: la metafora dei muscoli psichici
in Crisippo e Platone . . . . . . . . . . . . . » 65
FRANCESCA CALABI, Intelletto e sensazione tra filosofia ed esegesi
in Filone di Alessandria . . . . . . . . . . . . » 83
EMIDIO SPINELLI, La traccia dell’anima: spunti critici di psico-
logia pirroniana . . . . . . . . . . . . . . . » 97
RICCARDO CHIARADONNA, Dualismo metafisico e teoria dell’azio-
ne in Plotino . . . . . . . . . . . . . . . . » 117
GAETANO LETTIERI, Apocatastasi logica o apocalisse della carne?
Origene e Agostino paradigmi divergenti d’identificazione sto-
rico -sociale cristiana . . . . . . . . . . . . . . » 133

II. MODERNI
RICARDO DE MAMBRO SANTOS, Pratiche dell’onestà: una metafo-
rica dicotomia tra ‘corpo’ e ‘anima’ nel De pictura di Leon
Battista Alberti . . . . . . . . . . . . . . . » 149
CLAUDIO MORESCHINI, Etica, satira, pedagogia nello Zodiacus vi-
tae di Marcello Palingenio Stellato . . . . . . . . . » 173
VIII Indice

ARMANDO MAGGI, Il rapporto tra ‘anima’ e ‘corpo’: le connota-


zioni etiche nell’Impresa rinascimentale . . . . . . . Pag. 191
RENZO RAGGHIANTI, «Et au plus élévé trône du monde, si ne som-
mes assis que sur notre cul»: l’antiplatonismo radicale del di-
scorso sul corpo in Montaigne . . . . . . . . . . » 211
GUIDO GIGLIONI, Tra Platone e Telesio: il giovane Campanella
e la questione dei rapporti tra il fisico e il morale . . . . » 227
JEAN-PAUL DE LUCCA, Corpo, spirito e anima-mente: l’antropolo-
gia della libertà in Campanella . . . . . . . . . . » 247
GIULIANO GASPARRI, Generosità post-cartesiana: reimpieghi di
un’idea morale di Descartes in alcuni suoi successori . . . » 265
GIANNI PAGANINI, Hobbes e Gassendi tra neo-epicureismo e mo-
delli meccanici della mente . . . . . . . . . . . » 281
ANGELA TARABORRELLI, Anima-corpo nella filosofia morale di
Henry More . . . . . . . . . . . . . . . . » 295

Abstracts . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 313

INDICI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 321
Indice dei termini e dei concetti . . . . . . . . . . . » 323
Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . » 331
GAETANO LETTIERI

APOCATASTASI LOGICA O APOCALISSE DELLA CARNE?


ORIGENE E AGOSTINO PARADIGMI DIVERGENTI
D’IDENTIFICAZIONE STORICO-SOCIALE CRISTIANA

Germinato in terra giudaica, ma precocemente nutritosi di elementi el-


lenistici, il vangelo protocristiano si diffonde a costo di rapide e profonde
trasformazioni, chiamate a riconfigurare un’elettiva fede escatologica, mes-
sianica, carismatica, profondamente segnata da categorie apocalittiche, in
una religione ontologicamente verificata e universalmente proiettata, incen-
trata sull’innalzamento della natura di Gesù Cristo dal piano storico-econo-
mico a quello pienamente divino, ontologico-creativo (in tal senso, Vangelo
di Giovanni, deuteropaolina Epistola ai Colossesi ed Epistola agli Ebrei risul-
tano radicalmente innovativi rispetto a Paolo e ai vangeli sinottici). La teo-
logia cristiana è quindi marcata da quest’epocale reduplicazione/slittamento
dall’ambito storico-eventuale, escatologico-carismatico (configurato a parti-
re da categorie propriamente giudaiche) a quello archeologico-sapienziale,
quindi ontologico-metafisico (profondamente influenzato da categorie elleni-
stiche). Anche a livello antropologico, tra l’inizio del II e la prima metà del
III secolo, essa registra il passaggio dalla neotestamentaria predominanza del
binomio esistenziale corpo/carne (ancora dominante nello stesso EvGv) alla
predominanza, prima gnostica, quindi protocattolica del binomio ontologi-
co-teoretico anima/mente. Nel Nuovo Testamento, l’uomo nella sua integra-
lità è corpo mortale, carne (sarx/caro dice tutto l’uomo e non la sua com-
ponente inferiore) fragile e peccatrice, che si crede gratuitamente redenta
e presto immortalizzata dallo Spirito donato da Cristo risorto, che inaugu-
ra la liberante irruzione nella storia del regno escatologico di Dio. Invece,
nella tradizione protocattolica, più timidamente lungo il II secolo, con netta
accelerazione all’inizio del III, sempre più l’uomo viene ripensato, nella sua
realtà più profonda, come anima/mente immortale per natura, creata come
immagine intellegibile di Dio da Cristo-Logos, il creatore-redentore, disce-
so per richiamare – con il suo misericordioso insegnamento etico, religioso,
essenzialmente logico – le proprie creature alla riscoperta libera della pro-
134 Gaetano Lettieri

pria interiorità ‘divina’, protologicamente donata, storicamente perduta ed


escatologicamente recuperata. Grazie all’insegnamento spirituale e alla me-
diazione carismatica del Figlio di Dio incarnato, le anime sono richiamate
a riattingere la loro profonda (e ontologicamente indelebile) identità teo-
morfa, la loro immateriale connaturalità con l’Immateriale, passando dalle
apparenze transeunti dei corpi alla conoscenza e fruizione della Verità tra-
scendente ed eterna. Il corpo, in questa nuova prospettiva, diviene da tutto,
da uomo integrale nella sua mortalità e peccaminosità, soltanto parte (quan-
to essenziale e persistente?) del composto umano, all’interno del quale l’ani-
ma/mente si è identificata con il ‘divino’ nucleo egemonico.1

1. ORIGENE E AGOSTINO: PLATONISMO CRISTIANO E NEOPAOLINISMO APOCALITTICO

Seppure avviato dagli gnostici eretici, proprio contro il loro dualismo


(in gran parte dovuto all’insistervi di radicali dispositivi apocalittici) si ri-
torce pertanto il processo di platonizzante mentalizzazione e decarnalizza-
zione dell’antropologia protocristiana, culminante nella gnosi antidualistica
dei cattolici alessandrini Clemente e Origene. L’origenismo è infatti capace,
a partire dalla metà del III secolo, di divenire progressivamente egemone in
ambito orientale (si pensi ai Cappadoci), come di influenzare, nella seconda
metà del IV secolo, l’alta riflessione teologica latina, da Ilario e Mario Vit-
torino, ad Ambrogio, Girolamo, il primo Agostino. In Origene, potente è
la restituzione del mistero della redenzione in processualità logica, che pre-
suppone – in analogia con lo gnosticismo valentiniano – l’introduzione del
soggetto umano nella stessa intimità teogonica del Dio trinitario: le menti
preesistono alla stessa creazione del mondo materiale, in quanto atti intel-
lettuali accesi nell’eterno divenire Sapienza del Figlio creatore, sprofondato
nella contemplazione del Padre, eppure Logos aperto alla creazione dei lo-
goi/noes, che chiama all’essere come divina rifrazione creata del suo essere
Immagine ipostatica del Primo Dio. Tutte le creature sono chiamate all’es-
sere dal Logos e rese ab initio partecipi della sua intimità teoretico-mistica,
che specifica l’ipostasi stessa del Figlio come atto contemplativo amoroso
del Padre buono, semplice e assolutamente trascendente. Come presto af-
fermerà il neoplatonismo, essere significa conoscere, contemplare: è la vi-

1
Cfr. G. LETTIERI, La mente immagine: Paolo, gli gnostici, Origene, Agostino, in Per una sto-
ria del concetto di mente, a cura di E. Canone, vol. I, Firenze, 2005, pp. 63-122; ID., L’ultimo nel
primo. L’uomo ad immagine e somiglianza nella tradizione cristiana primitiva e patristica, in In the
Image of God. Foundations and Objections within the Discourse on Human Dignity. Proceedings of
the Colloquium at Bologna and Rossena (July 2009) in Honour of Pier Cesare Bori, ed. by A. Mel-
loni, R. Saccenti, Berlin, 2010, pp. 127-215.
Apocatastasi logica o apocalisse della carne? 135

sione del principio a consentire l’identificazione ontologica dell’atto intel-


lettuale. Al contrario, il peccaminoso appropriarsi di sé di gran parte dei
logoi creati (soltanto il nous preesistente dell’uomo Gesù non si distacca dal
Logos, ma si sprofonda in lui con perfetta fusione d’amore mistico e teo-
retico), il loro distrarsi dalla comunitaria contemplazione estatica del Padre
nel Figlio comporta il loro decadere e materializzarsi, alienandosi dal Lo-
gos divino nel quale e per il quale sussistono, separati dalle differenze de-
gradanti di amore e di potenza contemplativa generate dai loro atti liberi.
La divinizzante visione mistico-teoretica di Dio è, infatti, indivisa, unitaria
e unificante; le libertà scelgono però di dividerla, alterarla, disperderla, dif-
ferirla (comunque ad essa dovranno alla fine tornare), determinando l’ot-
tenebrarsi dell’intelletto, dividendo la comunità univoca degli dèi teoretici
in diversi ordini di logoi, sino al loro decadere nelle differenze storiche se-
gnate dalla materia avventizia. Il peccato dei noes origina una seconda crea-
zione, interpretata come caduta (katabolhv), irruzione nell’essere dell’irrealtà
materiale, solidificarsi del peccato in accidentale natura degradata. La ca-
duta è comunque ordinata dalla misericordia del Logos in transitorio co-
smo inferiore, finalizzato all’espiazione e all’educazione del desiderio delle
intelligenze decadute.
Fine della creazione è infatti, per Origene, la reintegrazione nel prin-
cipio, grazie alla conversione e al progresso della mente, chiamata a riap-
propriarsi della sua identità immateriale. Il processo redentivo, operato dal
Logos che si fa tutto in tutto per seguire e riscattare ogni creatura, culmina
nella fruizione universale del Padre nell’apocatasi, nella restituzione di tut-
te le creature (diavolo compreso) nel Figlio, nel riunificarsi di ogni diver-
so nell’unitaria comunità teoretica degli dèi in Dio. Alla fine, nell’univer-
sale, perfetta partecipazione allo Spirito Santo, ogni differenza scomparirà
e persino l’opposizione apocalittica tra regno di Dio e regno (degli ange-
li) delle tenebre sarà riassorbita. L’apocatastasi teoretica non può tollerare
l’irriducibile differenza apocalittica (luce/tenebra, angeli/demonî, elezione/
reiezione): deve allegorizzarla, toglierla nella processualità del ritorno logi-
co della mente nel principio, interpretando l’alienazione/opposizione a Dio
come stadio provvisorio, intervallo divisivo di una comunità teoretica ab ae-
terno universalmente garantita nella sua connaturalità con il divino. Appun-
to, l’apocatastasi logica è antiapocalittica; la differenza di elezione, qualità,
destino tra soggetti può resistere soltanto in un ambito ontologicamente se-
condario, inferiore, provvisorio: quello della carne, che il logos, creato e re-
dento dal Logos, ha la potenza divina di togliere in sé, malgrado dal logos
stesso la differenza della carne fosse stata generata come libero e provviso-
rio adombramento della sua assolutezza.
Questo significa che la potenza teomorfa del logos è irresistibilmente
136 Gaetano Lettieri

simmetrizzante: la fine è identica all’inizio, le differenze di stato e di ordi-


ne tra le creature sono soltanto derivate e provvisorie, l’universale natura
logica sarà quindi ridentificata nell’originaria fruizione comune del Logos,
ove la redenzione gratuita rivelata da Cristo e universalizzata da Paolo fi-
nisce per culminare nel platonico atto teoretico dell’intellegibile riunifica-
to nella Verità. Nell’Immateriale ontologico cristiano-platonico, sono – in
principio e in fine – tolte tutte le differenze storiche: la connaturalità tra
divino e umano è capace di riassorbire le differenze del corpo e della car-
ne, qualsiasi dualismo apocalittico tra luce e tenebra, grazia e mondo im-
prigionato nel male, elezione e reiezione. Anche il diavolo, essendo natura
logica, parteciperà nell’apocatastasi universale delle beatitudine logica del
Logos che contempla il Padre, con il corpo redento di tutte le sue creatu-
re in lui riunificate.2
Se il cristianesimo logico origeniano, seppure censurato, banalizzato,
normalizzato, comunque rappresenterà il supremo modello teologico e spi-
rituale della chiesa protocattolica universale (tra la fine del III e la fine del
IV secolo), lo straordinario interesse di Agostino consiste nella sua radicale
conversione teologica, che separa in due fasi nettamente distinte l’evoluzio-
ne del suo pensiero, assestatosi come retractatio del persistente platonismo
cristiano ad opera di un neopaolinismo apocalittico. La svolta di Agostino
matura, infatti, nel 397 tramite la ‘catastrofe’ della sua prima, origenizzante
teologia della grazia, patita con la stesura della II quaestio dell’Ad Simplicia-
num, dedicata all’esegesi dei primi versetti di Romani 9, quindi alla ‘inven-
zione’ di una neopaolina teologia della giustificazione, di fatto in controten-
denza rispetto a quella protocattolica fino ad allora dominante.3 Il secondo
Agostino – già a partire dalle Confessiones, avviate subito dopo la folgora-
zione di AdSimpl I,2 – ripensa la dottrina della giustificazione (incentrata
sul libero arbitrio del soggetto logico) e l’antropologia platonico-origenia-
na a partire dalla riscoperta della dimensione del tutto indebita della gra-
zia e della dimensione radicalmente corrotta e carnale del soggetto biblico,
che egli applica alla stessa platonizzata mens imago. La luminosa, ottimisti-

2
Cfr. J. DANIÉLOU, Origène, Paris, 1948; tr. it. Origene. Il genio del cristianesimo, Roma, 1991;
M. SIMONETTI, Introduzione, in ORIGENE, I princìpi, Torino, 1968, pp. 9-109; G. LETTIERI, Il nou=ò
mistico. Il superamento origeniano dello gnosticismo nel «Commento a Giovanni», in Il Commen-
to a Giovanni di Origene: il testo e i suoi contesti, a cura di E. Prinzivalli, Villa Verucchio (Rimi-
ni), 2005, pp. 177-275; ID., Reductio ad unum. Dialettica cristologica e retractatio dello gnostici-
smo valentiniano nel Commento a Matteo di Origene, in Il Commento a Matteo di Origene. Atti
del X Convegno di Studi del Gruppo Italiano di Ricerca su Origene e la Tradizione Alessandri-
na, a cura di T. Piscitelli, Brescia, 2011, pp. 237-287.
3
Cfr. G. LETTIERI, L’altro Agostino. Ermeneutica e retorica della grazia dalla crisi alla meta-
morfosi del De doctrina christiana, Brescia, 2001.
Apocatastasi logica o apocalisse della carne? 137

ca ontologia dell’ordine metafisico universalmente incentrato nel Dio tra-


scendente, che si rivela irradiando in ogni sua immagine logica, si oscura,
facendo posto a una tragica teologia dell’onnipotenza divina, esaltata tra-
mite la stessa scissione della creazione in un’universale massa di peccato e
in una ristretta, eletta societas di creature indebitamente elette dal Dono di
grazia, dallo Spirito rivelato a tutti da Cristo, ma operante soltanto nei pre-
destinati. Agostino, insomma, diviene un originalissimo, anomalo platonico
neoapocalittico, ove ontologia, antropologia, charislogia logiche di tradizio-
ne origeniana vengono ritrattate e subordinate a una teologia dell’onnipo-
tenza incondizionata di Dio, a una charislogia dell’indebito e alla riattivazio-
ne di dispositivi apocalittici, dualistici (la creazione è scissa dall’opposizione
tra tenebra e luce, peccato e grazia elettiva, civitas demoniaca e civitas elet-
ta da Dio), che potremmo definire ricarnalizzanti: l’uomo rimane platonica
mens immateriale, ma decaduta in seguito a un peccato primordiale disa-
stroso, divenuta pertanto intimamente carnale. L’uomo ha ormai sovvertito
la naturale gerarchia tra anima e corpo, è imprigionato nel peccato e nel-
la morte; soprattutto, il suo pur persistente nucleo logico non ha il potere
di sottrarlo dall’alienazione da Dio: la mente è come catturata e riplasmata
in una struttura sociale idolatrica, antidivina, di disseminazione, potenzia-
mento, sistematizzazione culturale e sociale del peccato. Apocalitticamente,
la singola creatura logica è carnalmente aggregata in una perversa e social-
mente corruttrice massa damnationis; ogni civiltà umana, ispirata dalla ma-
lignità demoniaca, perverte la positività ontologica della natura intelligen-
te creata da Dio come sua immagine nell’edificazione di grandiose imprese
storiche di autoesaltazione idolatrica.
Ne deriva l’(apparente) ambiguità della struttura teologica matura di
Agostino: se la persistente prospettiva ontologica platonica restituisce la real-
tà come creazione ordinata, come metafora continua dell’Unum/Verum/Bo-
num trascendente e intellegibile, esaltato nelle stesse deformazioni idolatriche
delle sue creature/immagini, d’altra parte la dominante prospettiva apoca-
littica accende uno sguardo ‘patologico’ sulla realtà, riconosciuta come mi-
nata dal male, dalla violenza, dalla sopraffazione. La rivelazione salvifica/
catastrofica di Dio è dualistica, si scinde in a) messianica donazione di sal-
vezza/estraneità al mondo, concessa alle vittime, agli scarti della storia, ai
deboli assoggettati, eletti da Dio come testimoni paradossali della sua on-
nipotenza ricreatrice; e b) imminente minaccia di giudizio/distruzione del
mondo malvagio e delle sue potenze (demoniache e umane) trionfanti. La
prospettiva apocalittica è anarchica, atopica, catastrofica: interpreta la rive-
lazione salvifica di Dio come denuncia dell’irrealtà dell’ordine mondano,
vi legge l’avverarsi imminente del sogno di rovesciare la realtà ingiusta e le
sue gerarchie, vive del terrore della punizione divina e del desiderio della
138 Gaetano Lettieri

manifestazione del riscatto delle vittime, inseparabile da un’ansia di vendet-


ta nei confronti del male trionfante. Interpretare a fondo Agostino signifi-
ca riconoscere questa visione tremenda della rivelazione elettiva/reiettiva di
Dio operante all’interno della struttura ontologica e anagogica della crea-
zione platonico-cristiana.
Se già Paolo aveva convertito il dualismo apocalittico nell’onnipotenza
sì catastrofica (in quanto operante il rovesciamento elettivo dell’ignobile/im-
potente e lo svuotamento/abbattimento del nobile/potente), eppure univer-
salmente misericordiosa di Dio, Origene aveva invece logicizzato la dissemi-
nazione universale della misericordia redentiva paolina, protologizzandola:
la vera e propria esplosione di grazia, l’universale diffondersi dello Spirito
di Cristo morto-risorto viene anticipata in principio, tradotta in universale
partecipazione dei logoi creati alla natura spirituale del divino Logos crea-
tore. Agostino, piuttosto, proprio a partire da Paolo e dal suo annuncio di
una grazia onnipotente e indebita, torna a riattivare, soprattutto a partire
dalla tradizione giovannea, la dimensione dualistica della grazia elettiva di
Cristo, seppure all’interno di un’antropologia platonizzata e origenizzata.
Proprio perché ‘giovannizzato’, irrigidito dualisticamente tramite l’adozione
di categorie apocalittiche che contraggono l’(almeno tendenziale) universale
elezione paolina in opposizione tra apocalisse di salvezza (elezione) e apo-
calisse di condanna (reiezione), il suo può essere definito ‘neopaolinismo’.
Se quindi Origene rappresenta il punto culminante nel processo di logiciz-
zazione, platonizzazione, riconfigurazione ‘classica’ del soggetto protocatto-
lico, ove la comunità spirituale è pensata soprattutto a partire dal modello
della scuola filosofica, all’interno della quale è l’insegnamento a promuo-
vere il perfezionamento etico, quindi la reidentificazione libera con il pro-
prio inalienabile sostrato logico; Agostino rappresenta il punto di inversio-
ne e ricarnalizzazione apocalittica della mens, che si articola in una vera e
propria liquidazione del soggetto classico: il suo nucleo consistente è lique-
fatto in un flusso di pulsioni carnali ingovernabili, motori della sua stessa
intelligenza immateriale. Lo stesso soggetto redento è liquidato: si scioglie
in lacrime, in invocazioni, in confessio di impotenza, visitato, operato, al-
terato dallo Spirito, potenza ricreatrice della sua carne mortale e peccatri-
ce. E come il ‘nuovo’ soggetto apocalittico si scopre carne logica che muo-
re in sé, per rinascere grazie al Dono dell’Altro, così la comunità spirituale
apocalittica è in sé irriducibilmente asimmetrica, estatica, caratterizzata da
relazioni di espropriazione, dipendenza, donativa subordinazione reciproca
tra i suoi membri ‘carnali’.
Ricorrendo ad alcune formule: quanto più monismo platonico-cristia-
no, tanto meno dualismo apocalittico; quanto più logos divinizzante, tanto
meno differenza della carne; ovvero, quanto più elettiva teologia del Dono,
Apocatastasi logica o apocalisse della carne? 139

tanto meno teologia universale mistico-speculativa; quanto più confessione


della carne impotente e mortale, tanto meno potere libero di ridentificar-
si nel principio divino; quanto più differenza della storia, delle singolarità,
dei corpi materiali, tanto meno apocatastasi logica come compimento della
propria identità metatemporale.

2. L’ETICA DELL’AUTONOMIA: APOCATASTASI LOGICA E SIMMETRIA ESCATOLOGICA


IN ORIGENE

La teologia di Origene è indelebilmente caratterizzata dalla sua ispira-


zione antidualistica, in particolare antignostica, malgrado egli condivida con
gli eretici una restituzione sapienziale della rivelazione, espressa tramite la
comune adozione di presupposti platonici. Negli gnostici il platonismo co-
munque veniva subordinato all’espressione di un nucleo apocalittico-salvi-
fico, sostanzialmente dualistico (opposizione tra regno di Dio e mondo ma-
teriale antidivino; Cristo e Satana; Legge e vangelo di grazia, eletti e reietti;
pneumatici e ilici, talvolta con il Demiurgo gli psichici come classe interme-
dia), traducendo in differenza di natura (irriducibilità ontologica tra pneu-
matico, psichico, ilico) lo scarto rivelativo che il Nuovo Testamento intro-
duceva rispetto alle tradizione religiose e culturali precedenti. In Origene,
invece, il platonismo è chiamato a esprimere concettualmente la liberante
fede paolina nell’universale uguaglianza tra gli uomini, chiamati alla conver-
sione dalla misericordia di Dio rivelata in Cristo.
Si diceva come Origene attribuisse al Logos-Dio creatore la spiritualiz-
zazione universale della natura umana, creata a sua immagine nella dimen-
sione primordiale di puri intelletti costituiti nella stessa Sapienza del Figlio
Unigenito.4 Ne deriva il rifiuto della nozione gnostica di un’elezione élitaria;
le differenze ontologiche tra mondo intellettuale e mondo materiale, come
quelle storico-esistenziali tra soggetti logici, psichici o ilici sono interpreta-
te come differenze soltanto provvisorie, originate da una scelta protologi-
ca libera e defettiva,5 ma poi progressivamente tolte, all’interno di un pro-
cesso universale di progresso spirituale, culminante nel riattingimento della

4
Cfr. ORIGENE, Commentario al vangelo di Giovanni I,289-292.
5
«Voluntarios enim et liberos motus a se conditis mentibus creator indulsit, quo scilicet bo-
num in eis proprium fieret, cum id voluntate propria servaretur; sed desidia et laboris taedium in
servando bono et aversio ac neglegentia meliorum initium dedit recedendi a bono. Recedere au-
tem a bono non aliud est quam effici in malo. Certum namque est malum esse bono carere […]
Ex quo videtur semina quaedam et causas varietatis ac diversitatis ille omnium conditor accepis-
se, ut pro diversitate mentium, id est rationabilium creaturarum (quam diversitatem ex ea causa
quam superius diximus putandae sunt concepisse), varium ac diversum mundum crearet» (ORI-
GENE, De principiis II,9,2).
140 Gaetano Lettieri

propria comune identità logica. Ne consegue la certezza nell’inarrestabile


diffusione della macchina anagogica cristiana, capace di sollevare le menti
dalle differenze storiche e carnali, accidentali e transeunti, alla libera frui-
zione dell’universale natura logica teomorfa, inscritta in ogni creatura del
Logos, sicché tutto ciò che è storia, singola tradizione culturale e religiosa,
corpo/carne singolare è inarrestabilmente – seppure attraverso il progredire
dell’umanità attraverso una lunga serie di secoli – trasceso e riassorbito nel
movimento di inarrestabile apocatastasi logica rivelato da Cristo come culto
di Dio «in Spirito e Verità».6 Ne consegue un ottimismo razionale sul desti-
no di liberazione universale dell’umanità, realizzato attraverso il diffondersi
dell’etica religiosa cristiana, interpretata come potenza superiore di cultura
logica (di straordinaria, seppure metamorfica fortuna storica: da Eriugena e
Cusano, passando per i platonici di Cambridge e Leibniz, fino a Lessing e
allo stesso Kant), che educa alla dignità inalienabile e alla responsabilità as-
soluta di ogni soggetto, che nella sua intimità è imago Dei, quindi all’iden-
tificazione di una fratellanza spirituale tra tutti gli uomini, creature dell’uni-
co Logos redentore. Il modello greco dell’identità sovrana di se stessa, della
cura sui e della responsabilità logica ed etica dell’individuo, viene così as-
sunto e riconciliato con la concezione cristiana del Dio personale, sogget-
to elettivo, che però ha inscritto originariamente nella stessa natura la pie-
nezza del suo dono, dotandola di assoluta positività ontologica, quindi di
potere libero di piena autonomia, naturalmente realizzata nella comunitaria
condivisione universale della verità logica.
L’etica origeniana è, insomma, un’etica dell’autonomia, profondamen-
te influenzata dai modelli classici: l’uomo è chiamato a tornare in se stesso,
a governare se stesso, ad attingere il nucleo divino della propria identità,
scegliendo la sua stessa libertà, «ciò che sta in lui», distaccandosi da tutto
ciò che non dipende da lui. Propriamente, proprio l’interiorizzazione come
atto autonomo del soggetto autarchico è la garanzia di relazione comunita-
ria, come prova la legge naturale che Dio ha scritto nel cuore di ogni uomo
(cfr. Rm 2,15), ovvero nell’egemonico del proprio intelletto.7 La profondi-

6
«Interim tamen tam in his quae videntur et temporalibus saeculis quam in illis quae non
videntur et aeterna sunt omnes isti pro ordine, pro ratione, pro modo et meritorum dignitatibus
dispensantur: ut in primis alii, alii in secundis, nonnulli etiam in ultimis temporibus et per maio-
ra ac graviora supplicia nec non et diuturna ac multis, ut ita dicam, saeculis tolerata asperioribus
emendationibus reparati et restituti eruditionibus primo angelicis tum deinde etiam superiorum
graduum virtutibus, ut sic per singula ad superiora provecti usque ad ea quae sunt invisibilia et
aeterna perveniant, singulis videlicet quibusque caelestium virtutum officiis quadam eruditionum
specie peragratis» (De Princ I,6,3). Sull’interpretazione del culto logico di Dio come religione «in
Spirito e Verità», cfr. ORIGENE, Commentario al vangelo di Giovanni XIII,86-113.
7
Cfr. ORIGENE, ComRm V,6, ove la «lex naturae» da Dio «in principale cordis ascripta est
[…] ut opportuno tempore […] diffundi incipiat per interna conscientiae et replere rationibus
Apocatastasi logica o apocalisse della carne? 141

tà del soggetto è logica, quindi universale, oggettiva, astratta dalle passioni


contingenti e dai perversi desideri soggettivi; riconosciutosi logos, il cristia-
no si scopre come immagine del Logos, quindi capace di amore universa-
le e di distacco da qualsiasi concupiscente differenza egostica, da qualsiasi
alienazione nella materia.8
Rivelativa è la radicalità dell’escatologia origeniana: l’identificazione del-
la creatura con l’atto logico immateriale, che la rende congenere a Dio e in
particolare al Logos creatore, culmina nel riunificarsi universale nell’unico
atto logico del Figlio, misticamente sprofondato nella contemplazione del
Padre. La civitas Dei origeniana è una comunità di uguali, capaci di riattin-
gere liberamente «alla fine» la pienezza di grazia «del principio» della prima
creazione puramente intellettuale.9 La fine escatologica, pertanto, si compirà
nell’universale attingimento di un unico, immateriale Atto logico, il mistico
fondersi delle menti nell’unitaria contemplazione del Figlio, nell’abbando-
no di ogni differenza storica, carnale, materiale.10 L’apocatastasi, la reden-
zione universale delle creature (diavolo compreso), è quindi la riappropria-
zione di sé, la reidentificazione del sé nel Sé logico, universalmente fruito
del Principio/Sophia di Dio, il tornare ad essere logos nel Logos, atto teo-
retico nell’ipostasi teoretica del Figlio.11

sensus». La legge naturale «comanda ciò che si deve fare e proibisce ciò che non si deve fare […]
secondo le nozioni comuni (kataV taVò koinaVò e[nnoiaò)» (ORIGENE, Contra Celsum I,4; cfr. I,5).
8
Cfr. CommGv XX,134: «Quelli che sono nati da Dio si distaccano dalla meretrice, cioè
dalla materia, per unirsi al Signore e formare una cosa sola con il Logos che è nel principio pres-
so Dio e con la sua Sapienza […], sì da formare con lei uno spirito solo (i{na gevnwtai proVò aujthVn
e}n pneu=ma)»; cfr. XX,331-333.
9
Cfr. CommGv XIX,143-150, ove il Figlio è interpretato come «Sapienza multiforme», mon-
do intellegibile ove hanno cittadinanza tutti i liberi soggetti logici; al mondo logico della Sapienza
viene contrapposto il mondo sensibile, definito come «caduta» (katabolhv).
10
«In unum sane finem putamus quod bonitas dei per Christum suum universam revocet
creaturam, subactis ac subditis etiam inimicis […] Quae ergo est subiectio, qua Christo “omnia
debent esse subiecta”? […] Ego arbitror quia haec ipsa, qua nos quoque optamus ei esse subiecti,
qua subiecti ei sunt et apostoli et omnes sancti, qui secuti sunt Christum […] Subiectionis enim
nomen, qua Christo subicimur, salutem quae a Christo est indicat subiectorum […] Semper enim
similis est finis initiis; et ideo sicut unus omnium finis, ita unum omnium intellegi debet initium;
et sicut multorum unus finis, ita ab uno initio multae differentiae ac varietates, quae rursum per
bonitatem dei, per subiectionem Christi atque unitatem Spiritus Sancti in unum finem, qui sit ini-
tio similis, revocantur omnes» (De princ I,6,1-2).
11
«Quelli che sono giunti a Dio per il tramite del Logos che è presso di lui, avranno un’at-
tività unica (miva): conoscere a fondo Dio, in modo da diventare, conformati in tal modo nella co-
noscenza di Dio, tutti quanti esattamente un solo Figlio (pavnteò ajkribw= ò uiJovò), nel modo in cui
ora soltanto il Figlio conosce il Padre […] [Conosceranno il Padre] soltanto quando diventeran-
no una cosa sola (e{n), come il Figlio e il Padre sono una cosa sola (e{n)» (CommGv I,92-93). Cfr.
Gv 17,20-26.
142 Gaetano Lettieri

3. L’ETICA TOLTA NEL DONO: APOCALISSE DELLA CARNE E DIFFERIRE ESCATOLOGI-


CO-CARISMATICO IN AGOSTINO

Per chiarire la peculiarità agostiniana della reinterpretazione apocalit-


tica e carnale dell’antropologia protocattolica platonico-cristiana, quindi la
sua irriducibilità all’etica classica e la costituzione di un nuovo orizzonte co-
munitario eteronomo, mi limito a segnalare un unico contesto, richiamando
alcuni passi del X libro delle Confessiones,12 dedicato a un’ermeneutica del
soggetto graziato, a partire dall’analisi della memoria, immateriale sostrato
intelligente, potenza metafisica di presentificazione nella coscienza all’inter-
no della quale solo è possibile trovare e piuttosto cercare la presenza di Dio.
Significativamente, l’analisi della memoria, che sbigottisce per il suo potere
spirituale di immane contenimento di verità immateriali, nozioni acquisite,
ricordi di realtà vissute e ormai svanite, culmina in una confessio di oblio di
sé, di eccedenza di sé rispetto a sé, di struttura ‘mortifera’ di traccia dell’as-
sente; sicché la memoria, il sostegno ontologico della coscienza platonico-
origeniana, la profondità dell’anima, si rivela carnale «venter»,13 profondità
occulta e niente affatto trasparente, labirinto pulsionale nel quale l’atto lo-
gico si sprofonda e si perde, inghiottito nell’eccedenza nascosta e «horren-
da» del sé.14 Concentrandosi nella ricerca di Dio, la sua stessa ‘scoperta’ da
parte di Agostino è significativamente restituita tramite la dottrina dei cin-
que sensi spirituali, che pure di derivazione origeniana, non è più finalizza-
ta a essere mera allegoria sensibile dell’eccedenza immateriale, ma a resti-
tuire il rapporto dell’eletto con Dio nei termini della passività estatica, del
ritardo colpevole e incolmabile, della dimensione irriducibilmente carnale,
impotente e peccaminosa del proprio essere soggetto al cospetto di Dio: 15

12
Per un’analisi più puntuale del X libro delle Confessiones, cfr. G. LETTIERI, Il differire del-
la metafora I. Discordare della memoria e transfert del Dono in Agostino, «Filosofia e Teologia»,
2013, 3, pp. 483-526.
13
AGOSTINO, Confessiones X,14,21.
14
«Ego certe, Domine, laboro hic et laboro in me ipso: factus sum mihi terra difficultatis et
sudoris nimii. Neque enim nunc scrutamur plagas caeli aut siderum intervalla dimetimur vel ter-
rae libramenta quaerimus; ego sum, qui memini, ego animus. Non ita mirum, si a me longe est
quidquid ego non sum; quid autem propinquius me ipso mihi? Et ecce memoriae meae vis non
comprehenditur a me, cum ipsum me non dicam praeter illam […] Magna vis est memoriae, ne-
scio quid horrendum, Deus meus, profunda et infinita multiplicitas; et hoc animus est et hoc ego
ipse sum. Quid ergo sum, Deus meus? Quae natura sum? Varia, multimoda vita et immensa ve-
hementer» (Conf X,16,25-17,26; cfr. X,8,15).
15
«Sero te amavi, pulchritudo tam antiqua et tam nova, sero te amavi! Et ecce intus eras
et ego foris et ibi te quaerebam et in ista formosa, quae fecisti, deformis irruebam. Mecum eras,
et tecum non eram. Ea me tenebant longe a te, quae si in te non essent, non essent. Vocasti et
clamasti et rupisti surditatem meam, coruscasti, splenduisti et fugasti caecitatem meam; fragrasti,
Apocatastasi logica o apocalisse della carne? 143

questi avviene come apocalittica violenza redentiva, incondizionata potenza


di donazione nella memoria/intelligenza/amore di Agostino, sostrato di un
evento escatologico – sempre a-venire, ulteriore, indisponibile – e carisma-
tico – il dono ricrea la creatura, irrompe a costituirla come soggetto con-
fessivo, responsivo, strutturalmente oblato, tolto nella grazia che lo restitui-
sce a sé. Strutturalmente estatico, il soggetto agostiniano è irriducibilmente
eteronomo, non può più attingere né autentica conoscenza, né dominio di
sé. Il nuovo soggetto ‘carnale’ è capace di comprendersi soltanto a partire
dall’incondizionato, umanamente del tutto indisponibile, anarchico conti-
nuare a venire della misericordia di Dio.16
Una formula mirabile restituisce il definitivo congedo dall’autonomia
classica, l’asimmetria irriducibile tra sé (cosciente) e sé (profondo), la natu-
ra retractata e carnale, passiva/colpevole della soggettività assoggettata all’Al-
tro: «Ego sum quicumque sum»,17 Io-sono-chiunque-sia, io sono quel sempre
nuovo e indisponibile soggetto carnale (ignoto a sé, alienato da sé, peccato-
re, eppure sensibile, perché toccato da Dio) che l’Altro fa essere, conoscere,
amare, convertendomi a Sé: all’Unico che è l’assoluto, seppure relazionale,
«Ego sum qui sum» (Ex 3,14). Il soggetto è il luogo misterioso del diffe-
rire di sé rispetto a sé, sia nell’indominabile sottrarsi della propria identità
pulsionale e memoriale, sia nel suo dipendere dall’eccedenza indisponibi-
le del Dono che avviene, differendo, sottraendosi a qualsiasi possibilità di
assicurazione, garanzia, presa. In sé, l’animus immateriale si scopre disten-
sus in «sparsa»,18 scomposto in «fluxa» concupiscenti incontenibili, sogget-
to soltanto a partire dalla misericordia di Dio che lo conosce, lo giudica,
lo raccoglie, costituendolo come parola/lode responsiva, oblativa, ‘sensibi-
le’ al tocco di Dio. La continentia, etica e metafisica, il distaccarsi dalla di-
spersione nel mondo e il concentrarsi in sé al cospetto di Dio, può avveni-
re soltanto come dono dell’Altro; qualsiasi progresso etico e religioso, pure
doveroso e comandato da Dio, è attinto unicamente come concessione della

et duxi spiritum et anhelo tibi, gustavi, et esurio et sitio, tetigisti me, et exarsi in pacem tuam»
(Conf X,27,38).
16
«Percussisti cor meum verbo tuo, et amavi te […] Altius autem tu misereberis, cui mi-
sertus eris, et misericordiam praestabis, cui misericors fueris» (Conf X,6,8). «Nunc tamen quid
adhuc sim in hoc genere mali mei, dixi bono Domino meo exsultans cum tremore in eo, quod
donasti mihi, et lugens in eo, quod inconsummatus sum, sperans perfecturum te in me misericor-
dias tuas usque ad pacem plenariam, quam tecum habebunt interiora et exteriora mea, cum ab-
sorpta fuerit mors in victoriam» (X,30,42).
17
Conf X,3,4.
18
Cfr. Conf X,11,18; X,34,52; X,40,65: «Neque in his omnibus, quae percurro consulens te,
invenio tutum locum animae meae nisi in te, quo colligantur sparsa mea nec a te quidquam re-
cedat ex me».
144 Gaetano Lettieri

grazia, che nell’eletto premia i propri stessi doni.19 Al contrario, come Ago-
stino affermerà sistematicamente nella polemica antipelagiana (che in real-
tà è anche polemica antiorigeniana e antifilosofica), l’affermazione del pote-
re della libertà di identificarsi e convertirsi verso la verità è perverso amor
sui, delirio patologico di pretesa onnipotenza. L’etica classica, come quella
origeniano-pelagiana che ne continua a dipendere, è apocalitticamente pec-
caminosa e illusoria: esaltando il potere dell’uomo su di sé, la libertà del-
la sua ragione divina, l’universale capacità di fondare relazioni sociali giu-
ste, essa ubbidisce a una dannatrice libido dominandi intenta ad affermare
il proprio potere su di sé, sull’altro, su Dio stesso.
La struttura eteronoma ed estatica della soggettività carnale e graziata
non può, pertanto, che dare origine a una comunità donativa, eucaristica,
reciprocamente sacrificale, operata dalla Caritas divina, che avviene espro-
priando i soggetti dal loro sé autonomo, per aprirli estatici alla relazione cre-
dente e orante con il prossimo.20 Se il centro del sé è inattingibile, del tutto
traslato nello Spiritus di Dio, la comunità carismatica si costituisce come or-
dine dell’espropriazione reciproca, luogo della confessione del comune de-
bito e ritardo, corpo carnale riflesso di quell’elezione predestinata nella Ca-
ritas, apocalissi del Dono che sola è capace di strappare la creatura al male
universalmente dilagante.
Come il De civitate Dei approfondirà, soltanto la grazia predestinata è
l’atto capace di strappare la terra degli eletti al mare/male universale della
massa damnata,21 sicché la civitas Dei verrà interpretata come vero e proprio
resto estatico, sottratto a un’universale condanna, miracolo della misericor-
dia divina che disdice qualsiasi pretesa identitaria (le molte manifestazioni
storiche della mistica civitas terrena, storicamente inaugurata dal fratricida
Caino), di senso e valore autonomi dell’uomo, apocalitticamente condanna-
ti come sempre perversi, violenti, totalitari e omicidi. Un’etica dell’autono-
mia, persino se spirituale o cristiana (si pensi appunto a Origene e al pela-

19
«Et tota spes mea non nisi in magna valde misericordia tua. Da quod iubes et iube quod
vis. Imperas nobis continentiam. Et cum scirem, ait quidam, quia nemo potest esse continens, nisi
Deus det, et hoc ipsum erat sapientiae, scire cuius esset hoc donum. Per continentiam quippe col-
ligimur et redigimur in unum, a quo in multa defluximus. Minus enim te amat qui tecum aliquid
amat, quod non propter te amat. O amor, qui semper ardes et numquam exstingueris, caritas, Deus
meus, accende me! Continentiam iubes: da quod iubes et iube quod vis» (Conf X,29,40).
20
«Credunt mihi quorum mihi aures Caritas aperit […] Credituri tamen volunt, numquid
cognituri? Dicit enim eis Caritas, qua boni sunt, non mentiri de me confitentem et ipsa in eis cre-
dit mihi» (Conf X,3,3-4). «Obsecro te, Deus meus, et me ipsum mihi indica, ut confitear oratu-
ris pro me fratribus meis, quod in me saucium conperero» (X,37,62). «Cogito pretium meum et
manduco et bibo et erogo et pauper cupio saturari ex eo inter illos, qui edunt et saturantur; et
laudabunt Dominum qui requirunt eum» (X,43,70).
21
Cfr. Conf XIII,20,28-24,35.
Apocatastasi logica o apocalisse della carne? 145

gianesimo), è perversione idolatrica, capace di costituire comunità soltanto


per simulare il potere assoluto di Dio, deformato in demoniaco assogget-
tamento, sfruttamento, strumentalizzazione narcisistica, originando comun-
que la perdizione dell’uomo. Se quindi la civitas terrena è interpretabile
come comunità della carne autonoma, mortale, peccatrice e perversa nella
sua stessa pretesa etica e politica di dominio di sé e dell’altro, la civitas Dei
è interpretabile come comunità della carne eteronoma, passivamente visi-
tata dall’avvento indisponibile dell’Altro, alterata estaticamente dalla Cari-
tas, che la costituisce come sacrificale e oblativa, come in stato d’inconte-
nibile fuoriuscita donativa verso il prossimo. D’altra parte, come conferma
il XXII libro del De civitate Dei nei suoi ultimi capitoli dedicati al destino
escatologico della due civitates,22 la comunità eletta dalla Caritas, ove gli uo-
mini comunque vedranno eternamente il Dio invisibile non solo con la pu-
rezza delle loro (platoniche) menti immateriali, ma anche con gli occhi dei
loro corpi risorti ed eternizzati, sarà chiamata a ‘contemplare’ eternamente
il supplizio senza fine della civitas terrena, l’ombra carnale reietta, che pure
restituirà alla civitas Dei la natura del tutto vuota e nichilistica del suo me-
rito: comprendendo l’assoluta vanità della natura abbandonata a se stessa,
quindi la carne irredenta rinchiusa nel suo destino di male e di morte, la
civitas predestinata potrà così ‘ricordare’ come l’unica consistenza della sua
salvezza sia nella grazia indebita di Dio, nel Dono, tragicamente non uni-
versale, dell’Altro. L’eschaton agostiniano è l’eternizzazione dell’asimmetria
infinita tra grazia e carne, come dello scarto interno tra carne redenta e car-
ne abbandonata: l’onnipotenza di Dio non vuole la reintegrazione nell’uno
dell’identico, non vuole l’universale compiersi etico del logico nella Verità,
ma l’apocalittico differire tra natura e grazia, carne e Dono, autonomia nel
male ed eteronomia nella misericordia.

CONCLUSIONE

Origene e Agostino rappresentano le due polarità estreme attravero le


quali si dispiega la teologia protocattolica: a una teologia/antropologia del
logos è opposta una teologia/antropologia della carne visitata dal Dono, a
una teologia greca, platonizzante, della Verità universale corrisponde una
teologia neoapocalittica, ebraico-latina dell’Onnipotenza elettiva di Dio. Il
soggetto origeniano è puro logos, semplice e immateriale atto intelligente,
trascendente la contingenza storico-mondana nella sua sovratemporale, pro-
fonda identità intellettuale, libertà creata come autonoma imago Dei. Esso

22
Cfr. De civitate Dei XXII,29,1-30,5, in part. 30,3-4.
146 Gaetano Lettieri

presuppone una teologia della giustificazione apocatastastica, che afferma


l’universale misericordia di Dio e la progressiva, universale, libera reden-
zione dell’intera umanità, in ultimo chiamata ad abbandonare qualsiasi dif-
ferenza storica e materiale, accidente transeunte. Il soggetto agostiniano è,
al contrario, pensato come carne corrotta, in particolare come logos tem-
poralizzato, storicamente incarnato, incapace di conoscersi, determinarsi,
contenersi nella propria identità; esso presuppone una teologia della giusti-
ficazione apocalittica, divisiva, elettiva, che rivela la non universalità della
misericordia di Dio, la gratuità assoluta del suo Dono, la volontà di mani-
festare eternamente il differire della carne redenta dalla carne abbandonata
alla sua vanità. Le scissioni della storia finiscono, così, per segnare la stessa
eterna Verità divina, che le rivela fissate nel suo stesso eterno decreto. Alla
simmetria universale del corpo logico di Cristo-Logos, all’apocatastasi mi-
stica dell’universale intelligenza teomorfa corrisponde, per contrasto, l’asim-
metria eterna dell’umanità carnale, l’apocalisse dell’onnipotenza di Dio che
oppone Dono e giudizio, misericordia e condanna. Se Origene trasfigura e
insieme ‘tradisce’ la storia, interpretandola come stadio provvisorio di un
progresso metatemporale, quindi come traccia transeunte della sovrastori-
ca identità apocatastatica, Agostino la restituisce nella sua urgente decisi-
vità: qui e ora si decide il destino eterno dell’uomo, che non ha a disposi-
zione prove di appello, vite o scelte ulteriori, per vivere l’esperienza della
grazia o scontarne il tremendo latitare. Fedele alla singolarità irripetibile e
sempre differente dell’esistenza, Agostino non la toglie in un’eccedenza on-
tologica: al contrario, egli radica nell’eterno decreto di Dio l’apocalisse del-
la tragedia della storia: il suo rivelarsi scissa in insensata, vana violenza e
miracolosa carità.
Il sogno ‘illuminista’ di una razionalità universale simmetrizzante, inar-
restabilmente progressiva, si scontra con lo sguardo apocalittico che scor-
ge il dolore, il male, la violenza irredenta nella storia, la passione scandalo-
sa della singolarità, sforzandosi di darne ragione al cospetto di Dio. Contro
l’ottimismo storicamente astratto e simmetrizzante del logos protesta il pes-
simismo storicamente patito della carne, lo stupore per l’avvento di un dono
indebito, che tocca gratis, senza ragione, merito, previsione o assicurazione
l’esistenza eletta. La pura, sovratemporale armonia mentale è contraddetta
e sporcata dall’impura storia dei soggetti carnali, delle loro differenti pas-
sioni, delle pulsioni, della violenza, dell’orrore, persino, attraverso i quali le
menti/corpi cercano di attingere un senso e un valore condiviso (Babilonia
o Roma, la filosofia, il diritto, l’etica del dominio di sé): carne sofferente,
morente, delirante, che soltanto un miracolo divino – del tutto singolare e
misteriosamente non universale – può avvenire, forse, a redimere.

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