Sei sulla pagina 1di 6

RIASSUNTO DI “Scrivere per il Web”

Il libro di Daniele Fortis, “Scrivere per il Web“, chiarisce sin dalle


prime pagine – a partire dall’introduzione – che ci sono alcune
regole di base per la scrittura che prescindono dal mezzo che si
utilizza. Che si scriva per la carta o per il web è importante, ad
esempio, avere ben chiaro il destinatario di riferimento e usare
quindi un lessico e un registro adatti, rispettare le regole
grammaticali, rispettare le convenzioni del genere testuale. Le
differenze tra carta e web emergono invece in relazione alla
fruizione: su Internet, ad esempio, la lettura è più frettolosa, tanto
che più che leggere la pagina la si scorre e si passa da un testo
all’altro, nello stesso sito o in siti differenti, grazie ai collegamenti
ipertestuali. Quali indicazioni si possono allora seguire per scrivere
per il web in maniera efficace?

L’autore ha cercato di dare risposta a questo quesito articolando il


libro in sette capitoli che rappresentano un percorso che parte
dalla comprensione del mezzo per poi analizzare gli strumenti che
mette a disposizione, le insidie da evitare e i punti di forza da
sfruttare.

È il primo capitolo ad essere focalizzato sulla spiegazione del mezzo


e su tutte le differenze con la carta stampata, a partire dalla
modalità di lettura cui si accennava sopra. Sul web gli utenti leggono
in modo differente, con una modalità detta scanning, ovvero una
lettura esplorativa che consiste nel fissare lo sguardo solo su
alcuni punti di ancoraggio, come titolo e parole in grassetto. Studi
basati sull’eyetracking e sull’usabilità dei siti web hanno inoltre
rivelato che nello scorrere una pagina con lo sguardo si segue una
forma ad F. Questa modalità di lettura è dettata dal fatto che in Rete
c’è un’enorme mole di testi e per il lettore è impossibile soffermarsi
nel dettaglio su tutti e si persegue più che altro la soluzione
accettabile e non quella ottimale. «I navigatori adottano, in genere,
una strategia decisionale nota come satisficing», precisa
l’autore, quella più soddisfacente appunto. Per attirare l’attenzione
del lettore bisogna allora studiare gli elementi di attacco, come
titolo, sottotitolo e prime frasi.

Nel secondo capitolo, infatti, Fortis dà alcuni consigli su come


strutturare il testo: tra questi, dare al testo la forma di piramide
rovesciata con tutte le informazioni principali in apertura e via
via le altre, in ordine gerarchico, per catturare l’attenzione
dell’utente nel momento in cui inizia la lettura seguendo la forma a
F. Anche i singoli paragrafi dovrebbero seguire la tecnica della
piramide rovesciata per esporre, così, sempre in modo chiaro i
concetti e non far calare mai l’attenzione dell’utente; sarebbe
meglio, inoltre, assegnare loro dei titoli.

Titoli e sottotitoli vanno però scelti con cura perché riassumono il


senso dell’articolo e dei paragrafi e aiutano molto nella fruizione del
testo, alleggerendolo. Favoriscono inoltre il posizionamento dei
risultati dei motori di ricerca e sono una agevolazione per i non
vedenti nel momento in cui usano gli screen-reader, che leggono ad
alta voce per loro e che spesso sono settati in modo da scandagliare
solo i titoli (che devono essere segnati quindi come

l’autore, dunque, consiglia di:

concisi che abbiano la parte importante dell’argomento all’inizio, puntando alla


precisione e all’essere espliciti senza cadere in titoli ad effetto che però hanno
poca comprensibilità;

seguire il “principio del parallelismo” e usare per tutti i sottotitoli


verbi allo stesso tempo e alla stessa forma;non trascurare gli aspetti
grafici per i sottotitoli, ad esempio evitare i caratteri maiuscoli o il
corsivo, che rallentano la lettura, e mantenere una coerenza per i
titoli di diverso livello, evitando di eccedere con i livelli stessi.

anche l’uso del grassetto agevola molto la lettura e deve essere usato per
evidenziare le parole chiave del testo. non ci sono regole precise su come
sceglierle, ma in linea di massima le si potrebbe pensare come delle parole
che lette in sequenza diano il senso generale dell’articolo, evitando di mettere
in grassetto intere frasi.

ruolo importante è svolto anche dalle liste verticali che vanno inserite solo
quando l’argomento lo consente. gli elenchi devono essere coesi e «leggendo
in sequenza la frase introduttiva e una qualunque delle voci che ne
costituiscono il completamento, si dovrebbe ottenere un’unica frase,
grammaticalmente corretta». una precisazione interessante l’autore la fa sui
simboli utilizzati per gli elenchi: ad esempio la scelta di elenchi numerati deve
essere ragionata e scelta laddove le voci seguano proprio una sequenza logica
o numerata oppure quando nel corso del discorso è necessario ricorrere a uno
dei punti elencati e quindi è più semplice farlo identificandolo con un numero.

in alcuni contesti possono essere utili anche le tabelle, come nel caso della
presentazione di una gamma di prodotti o servizi, per comparare le
caratteristiche dei vari oggetti.

altri consigli sono dati dall’autore nel sesto capitolo, dove di parla di ‘legibility‘,
ovvero di ‘leggibilità materiale’, che dipende dall’aspetto grafico,
dall’impaginazione del testo, e che si distingue dalla ‘readability‘, che indica
invece la ‘leggibilità linguistica’. la legibility è favorita, ad esempio,
dall’allineamento del testo a sinistra, da una scelta ponderata degli spazi nel
testo, da scelte grafiche coerenti in tutte le varie pagine di testo del sito –
come scelta dei font e colore attribuito a porzioni di testo con specifiche
funzioni, tipo quelli che rappresentano un collegamento ipertestuale e che
solitamente sono riportati in testo blu sottolineato –, dal colore di sfondo dei
testi, nonché dall’inserimento appropriato di immagini.

Un intero capitolo, il terzo, è poi dedicato alla struttura dei link, alle
convenzioni da usare graficamente, ma non solo. L’autore consiglia,
ad esempio, di far sì che i link già visitati dagli utenti cambino
colore, in modo da non dimenticare di aver già cliccato se non si
intende rifarlo, e specifica che non sempre la scelta migliore è far
aprire il link in nuove finestre, precisando che lo è soprattutto
quando si tratta di link a PDF o file di altro formato e non a pagine
web. In questi casi sarebbe meglio specificare in modo esplicito
all’utente che si tratta di link che rimandano a file in un determinato
formato, così da non infastidire gli utenti.

Le parole cliccabili, che rappresentano l’anchor text, devono essere


poche e chiare, per far capire subito il contenuto della pagina di
rimando, evitando di usare forme generiche come “clicca qui” o sigle
di non facile comprensibilità, come certi acronimi.

L’autore suggerisce inoltre di usare nell’anchor text un verbo che


esprime un’azione quando il link conduce a una pagina in cui la si
deve compiere, precisando che «alla luce di alcuni studi da cui è
emerso che gli utenti sono più propensi a fare click sui link che
iniziano con un verbo all’imperativo che su quelli formati solo da
nomi», motivo per cui sarebbe meglio usare la forma “iscriviti a”
invece di “modulo di iscrizione”.

Tutte le accortezze fin qui elencate ovviamente non possono


prescindere dalla valenza del contenuto del testo che deve risultare
chiaro all’utente: è questo l’argomento trattato nel quarto capitolo.

La chiarezza viene definita dall’autore come una “qualità


relazionale” e un “concetto probabilistico” in quanto non è un
testo ad essere più o meno chiaro, ma sono le persone a percepirlo
nell’uno o nell’altro modo in base a tutta una serie di motivazioni
che vanno dalla ‘enciclopedia’ e dalle abilità linguistiche e/o di
utilizzo di Internet per arrivare anche ad esigenze e aspettative.
Il modo migliore per cercare di far recepire il proprio testo
chiaramente è delineare bene il profilo del lettore, cosa più
semplice nel caso di testi destinati a una nicchia, a un pubblico
specifico. Più difficile è invece individuare il profilo di un utente tipo
quando si scrive per siti generalisti; in questo caso la scelta migliore
potrebbe essere scrivere immaginando di rivolgersi al lettore con più
basso livello culturale, così da essere sicuro di farsi capire da tutti.

In ogni caso, l’autore consiglia sempre di usare parole semplici


anziché termini più complessi o di uso meno comune, anche se ci
sono dei casi in cui non si possono non usare tecnicismi, quando
per esempio essi designano concetti che non hanno un sinonimo
perfettamente equivalente (in medicina ‘laparatomia’ indica un tipo
di intervento chirurgico; ‘ipofisi’ indica una ghiandola). Questi, però,
non vanno confusi con tecnicismi ‘apparenti’ o ‘pseudotecnicismi’
(un esempio sempre in ambito medico è ‘posologia’ di un farmaco
invece di ‘dosaggio di assunzione’). Proprio per l’eventualità di non
poter non usare tecnicismi l’autore fornisce alcuni consigli: tra
questi provare a sostituirli con un sinonimo più semplice quando
possibile (‘cuore’ invece di ‘microcardio’) oppure fornire una
spiegazione tra parentesi, accanto al termine stesso o comunque
all’interno della frase.

Consigli dall’autore anche su come usare le parole astratte, le parole


inglesi, le sigle e i sinonimi, su come formulare le frasi e sul
dedicare del tempo alla revisione.

Come essere concisi è poi al centro di un intero capitolo, il quinto,


poiché si tratta di un altro punto cardine da tenere in considerazione
anche nello scrivere per il web, per evitare l’overload
informativo. Per essere concisi bisogna innanzitutto selezionare le
cose importanti per l’utente, evitare spiegazioni di cose evidenti e
intuitive. A parità di significato, poi, sarebbero da scegliere le parole
brevi alle lunghe ed evitare parole ‘espanse’, ovvero quelle locuzioni
che si potrebbero esprimere con un solo termine (per fare alcuni
esempi: ‘modificare’ invece di ‘apportare una modifica’, ‘ora’ invece
di ‘al momento attuale’, ‘giuridicamente’ invece di ‘sotto il profilo
giuridico’) e andrebbero eliminati aggettivi, avverbi o articoli
superflui e coppie ridondanti.
SCRIVERE PER IL WEB VUOL DIRE
ANCHE SCRIVERE PER I MOTORI DI
RICERCA
Tutte le cose fin qui specificate non bastano però per chi intenda
scrivere per il web, poiché la scrittura online deve essere orientata
anche ai motori di ricerca. Daniele Fortis ne parla nel settimo
capitolo, dando gli input di base per comprendere il funzionamento
generale dell’indicizzazione.

Se alcune pratiche del posizionamento dipendono da


sponsorizzazioni, esistono anche quelle per favorire il
posizionamento naturale/organico, lavorando su sui fattori
interni/on-site che riguardano la struttura del sito e i contenuti. Solo
per citare una di queste pratiche, la scelta delle parole chiave del
testo. Scegliere la parola chiave o la keyphrase del testo non è
una scienza esatta, ma si può cercare la migliore facendo
brainstorming tra colleghi, consultando appositi strumenti di flusso
delle ricerche e cercando di pensare al modo naturale in cui gli
utenti cercano informazioni. La parola o la frase chiave va poi
inserita nel titolo generale della pagina, nel titolo interno
dell’articolo, nel sottotitolo e nel corpo del testo, prestando
attenzione anche a usarla nel nome di salvataggio delle immagini
inserite e nell’alt text (la breve descrizione dell’immagine), nonché
negli url .

Potrebbero piacerti anche