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VOLUME

PRIMARIA
ERIKSON
2016

INSEGNARE DOMANI PRIMARIA, ERICKSON, 2016


Riassunti elaborati dal gruppo fb: “Erickson Primaria”
Con questa dispensa
ringrazio tutto il gruppo
“Erickson Primaria”
per l’impegno profuso
nel progetto,
con la speranza
che questo possa essere d’aiuto
al superamento del
Concorso Scuola 2016.

Ringrazio in particolare Sil Neb e Silvia Ragazzi per la parte grafica.

Buono studio a tutti,


l’ “amministratrice” Emanuela Cremona
INDICE
CAPITOLO 1 - LA SCUOLA E L'EUROPA .............................................................................. 3
CAPITOLO 2 - L’EREDITA’ DEL PASSATO ............................................................................. 5
CAPITOLO 3 - LA FUNZIONE DELLA SCUOLA NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA ... 13
CAPITOLO 4 - LA SCUOLA PRIMARIA: GLI ASPETTI ORDINAMENTALI ........................... 19
CAPITOLO 5 - SCUOLA E AUTONOMIA ............................................................................ 20
CAPITOLO 6 - IL RUOLO DELL’INSEGNANTE ..................................................................... 29
Capitolo 7 - ALCUNI SIGNIFICATIVI ASPETTI DELLA RIFORMA, LEGGE N. 107/2015 .... 33
CAPITOLO 8 - LA SFIDA DELLE COMPETENZE ................................................................... 36
CAPITOLO 9 - IL SISTEMA DI VALUTAZIONE E AUTOVALUTAZIONE D’ISTITUTO ............. 39
CAPITOLO 10 - RIFLESSIONI SUL PENSIERO PEDAGOGICO E DIDATTICO .................... 42
Capitolo 11 - LO SVILUPPO DEL BAMBINO ...................................................................... 48
CAPITOLO 12 - INQUADRAMENTO TEORICO SULL’APPRENDIMENTO .......................... 52
CAPITOLO 13 - L’APPRENDIMENTO NELLA SCUOLA PRIMARIA: LINGUAGGIO, LETTO-
SCRITTURA, NUMERO E CALCOLO .................................................................................... 61
CAPITOLO 14 - IL PROCESSO DI INSEGNAMENTO - APPRENDIMENTO......................... 70
CAPITOLO 15 - STRATEGIE COOPERATIVE E DI TUTORING IN CLASSE .......................... 75
CAPITOLO 16 - DIDATTICA EFFICACE IN CLASSE ............................................................ 78
CAPITOLO 17 - STRATEGIE DELLA PROGRAMMAZIONE DIDATTICA ............................. 92
CAPITOLO 18 - DIDATTICA PER COMPETENZE ................................................................. 97
CAPITOLO 19 - VERIFICA E VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI ............................. 106
CAPITOLO 20 - BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI E INCLUSIONE ...................................... 121
CAPITOLO 21 - DSA E ADHD ............................................................................................ 125
CAPITOLO 22 - ORIENTAMENTO E PREVENZIONE DELL’INSUCCESSO SCOLASTICO 132
CAPITOLO 23 - LA PROMOZIONE DEL BENESSERE......................................................... 134
CAPITOLO 24 - ABILITA’ COMUNICATIVE ....................................................................... 137
CAPITOLO 25 - BUONE PRASSI ......................................................................................... 143
CAPITOLO 26 - EDUCAZIONE INTERCULTURALE ............................................................ 146
CAPITOLO 27 - FINALITA’ DEL PROCESSO EDUCATIVO ................................................ 153
CAPITOLO 28 RAPPORTO TRA SCUOLA ED EXTRASCUOLA ......................................... 154
CAPITOLO 29 - IL RAPPORTO TRA SCUOLA E FAMIGLIA E IL COLLOQUIO DIDATTICO
............................................................................................................................................. 156
CAPITOLO 30 - LE COMPETENZE DIGITALI ...................................................................... 158

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 1
CAPITOLO 31 - PER UN USO STRATEGICO DELLE TECNOLOGIE DIGITALI NELLA
SCUOLA .............................................................................................................................. 161
CAPITOLO 32 IL PIANO NAZIONALE SCUOLA DIGITALE .............................................. 163
CAPITOLO 33 - TECNOLOGIE E DISCIPLINE NELLA SCUOLA PRIMARIA ...................... 168
CAPITOLO 34 - TECNOLOGIE DIDATTICHE PER LA GESTIONE DEI PROCESSI INCLUSIVI
IN CLASSE ........................................................................................................................... 171
CAPITOLO 35 - LA DIDATTICA IN CLASSE CON LA LIM................................................. 174

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 2
CAPITOLO 1 - LA SCUOLA E L'EUROPA

MEMORANDUM DI LISBONA 2000 La commissione dell’Unione ha diffuso


Nasce dalla necessità di investire nella formazione nel 2010 una comunicazione: “Europa
delle nuove generazioni. 2020” nella quale sono state indicate 3
priorità per dare maggiore impulso al
Indica le condizioni che gli Stati membri devono processo di integrazione europea:
rispettare per perseguire tale finalità:
1) CRESCITA INTELLIGENTE:
Assicurare accesso permanente alla
sviluppare un’economia basata su
formazione (LIFELONG LEARNING)
conoscenza e innovazione;
Investimenti nella formazione tecnologica dei
2) CRESCITA SOSTENIBILE: più
giovani
efficiente sotto il profilo delle risorse;
Metodi efficaci di insegnamento permanente
3) CRESCITA INCLUSIVA:
per tutti/in tutti i settori
promuovere un’economia con un
Promozione della qualità della formazione
alto tasso di occupazione che
(riconoscimento e certificazione delle
favorisce la coesione sociale e
competenze e dei titoli acquisiti)
territoriale.
Politiche per l’orientamento scolastico e Rispetto a queste priorità sono state
formativo più efficaci territoriale. avviate una serie di azioni che
Valorizzare il lavoro dei docenti dovrebbero garantire i risultati. (*)

Per realizzare gli obiettivi stabiliti il Consiglio Europeo ha


pubblicato le Raccomandazioni 2006, cioè documenti LA SCUOLA E
programmatici non vincolanti, con cui si invitano i Paesi europei L’EUROPA
ad adottare determinati comportamenti.

La prospettiva dell’apprendimento permanente (lifelong learning) è arricchita dal concetto di


orizzontalità dell’apprendimento: life wide learning
(negli ambienti formali e informali di costruzione del sapere)
Sono state definite le 8 COMPETENZE CHIAVE per l’apprendimento permanente aventi come
criterio unitario quello di “sapere, saper fare, sentire”.
Tali competenze riguardano:
1) Comunicazione nella madrelingua
2) Comunicazione nelle lingue straniere
3) Competenza matematica e competenze di base nella scienza e nella tecnologia
4) Competenza digitale
5) Competenze sociali e civiche
6) Consapevolezza ed espressione culturale
7) Spirito d’iniziativa e imprenditorialità
8) Imparare a imparare
Le ultime tre (in grigio) sono trasversali, le altre sono riferite a specifici ambiti disciplinari.

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Ciascuna competenza è stata definita sul piano generale e specifico, utilizzando i concetti di:
CONOSCENZE: assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento, descritte
come teoriche/pratiche;
ABILITÀ: capacità di applicare le conoscenze per portare a termine compiti e risolvere
problemi. Sono descritte come cognitive (uso del pensiero logico, intuitivo, creativo) e
pratiche (implicano abilità manuali, uso di metodi e strumenti);
COMPETENZE: comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali
sociali/metodologiche, in situazioni di lavoro/studio, nello sviluppo
professionale/personale. Sono descritte in termini di responsabilità e autonomia.
(*)
PRIORITÀ AZIONI
- Favorire accesso ai finanziamenti per la ricerca;
Crescita - Youth on the move per migliorare l’efficacia dei sistemi d’insegnamento e
intelligente agevolare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro;
- Agenda europea del digitale per sfruttare al meglio il potenziale delle
tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Crescita - Ridurre al minimo la produzione di rifiuti;
sostenibile - Ottimizzare i processi di produzione industriale nell’era della
globalizzazione.
Crescita - Agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro per raggiungere entro
inclusiva il 2020 un tasso di occupazione del 75% per le persone tra 20 e 64 anni;
- Piattaforma europea contro la povertà per combattere l’esclusione sociale.
(È valido il principio di sussidiarietà: ciascun Paese dell’Unione mantiene le proprie
competenze con possibilità d’intervento dell’Unione solo quando l’azione dei singoli Stati si
mostra insufficiente. )
I programmi europei 2014-2020 riguardano vari ambiti, una particolare attenzione merita il
programma per l’ambito dell’istruzione ERASMUS+ che sostituisce, fondendoli, i Programmi
esistenti nei settori dell’istruzione, formazione e gioventù.
Alcuni degli elementi innovativi:
sistema di garanzie e prestiti per studenti di corsi di laurea magistrale;
partenariati
alleanze della conoscenza e di competenze settoriali
integrazione dei precedenti programmi
Nelle Raccomandazioni 2014 per l’Italia, riguardanti il settore istruzione, si
- criticano i limiti della professione dell’insegnamento, con una carriera priva di sviluppi
- richiede il rafforzamento e ampliamento della formazione pratica, professionale e
dell’apprendimento basato sul lavoro.
In questo ambito il nostro Paese ha avviato un processo di riforma sostenuto dal DPR
80/2013 e dalla Direttiva 2014 che hanno fissato le priorità d’intervento:
nel sistema di valutazione nel 2014/2015 tutte le scuole hanno deliberato
- il RAV (Rapporto di Autovalutazione) nel quale si individuano le criticità del servizio
- il piano di miglioramento entro l’a.s. 2017/2018, la Buona Scuola, da gennaio 2016, ha
introdotto la logica del Piano triennale dell’Offerta Formativa (PTOF)
stabilizzazione dei precari Legge 107/2015 prevede l’assunzione di docenti precari
nella scuola.

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CAPITOLO 2 - L’EREDITA’ DEL PASSATO
LA NASCITA DELLA SCUOLA ELEMENTARE: DALLA LEGGE CASATI AI GOVERNI DI
DESTRA E SINISTRA
La scuola elementare nacque con la LEGGE CASATI del 1859
Redatta su due leggi precedenti:
LEGGI PIEMONTESI DEL BONCOMPAGNI del 1848 e i PROGRAMMI DEL CIBRARIO del
1853.
Questa legge non riservò molta attenzione alla scuola elementare (solo 58 di 380 articoli)
nonostante l’80% delle persone fosse analfabeta;
L’istruzione elementare fu affidata ai Comuni che:
Nominava i maestri;
pagava gli stipendi.
In base al Regolamento del 1860 :
Fu articolata in due bienni : inferiore e superiore;
fu aperta ai bimbi dai 6 anni;
classi al max con 60-70 alunni;
i Comuni avevano l’obbligo di istituire il corso inferiore e, oltre i 4000 abitanti quello
superiore;
prevista la gratuità della frequenza degli alunni, ma senza prevedere la copertura dei
costi.
L’attuazione della legge Casati incontrò non poche problematicità per:
la difficoltà di raccogliere fondi;
l’insensibilità di alcune amministrazioni comunali;
l’assenza dei maestri;
l’eccessivo numero di alunni per classe (anche 100 per classe).
Nel 1867 il Ministro COPPINO emanò nuovi Programmi che:
resero obbligatoria l’istruzione elementare;
introdussero sanzioni per chi disattendeva l’obbligo (rinviando al codice penale, che però
non contemplava tale reato ).
Il numero delle scuole elementari aumentò sensibilmente tra il 1878 e il 1888 quando fu
realizzato il riordino dell’istruzione elementare con la riforma firmata da ARISTIDE GABELLI
che ispirò le teorie positiviste.
I Programmi furono corredati dalle Istruzioni generali, nelle quali si affermava che l’azione
dei maestri avrebbe dovuto essere finalizzata a “dar vigore al corpo, penetrazione
all’intelligenza e rettitudine all’animo…”.
Non fu stabilito un quadro orario delle attività;
Fu, però, sottolineata l’importanza dell’educazione intellettiva come capacità critica e la
necessità di un’incisiva educazione della volontà, paragonando, per disciplina e impegno,
la vita della scuola a quella della caserma.
I Programmi non incontrarono i favori degli insegnanti, perché non ci fu confronto con il
mondo della scuola.
Per fronteggiare a questa situazione furono redatti i Programmi BACCELLI nel 1894 che si
qualificarono per il loro carattere minimalista “Istruire il popolo quanto basta, educarlo più
che si può”.
Il ‘900 si aprì con importanti eventi per la scuola italiana; in 15 anni si susseguirono una
serie di interventi significativi.

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Nel 1904 la LEGGE ORLANDO innalzò l’obbligo scolastico al 12° anno di età.
La LEGGE DANEO-CREDARO nel 1911 diede il compito allo Stato di gestire le scuole
elementari e istituì i patronati scolastici.
Gli anni seguenti furono caratterizzati dagli eventi della Grande Guerra.

GENTILE E LA SCUOLA ELEMENTARE FASCISTA


Con la RIFORMA GENTILE Regio Decreto 1923:
L’istruzione elementare viene divisa in 3 gradi:
quello PREPARATORIO: attuale scuola materna, triennale (mai realizzato);
quello INFERIORE: triennale, con le prime 3 classi della scuola elementare;
quello SUPERIORE: biennale 4^ e 5^.
In seguito la scuola elementare sarebbe stata suddivida in varie categorie:
statali
rurali
a sgravio (parificate)
sussidiate
private
La stabilizzazione di tutte le scuole sarebbe stata completata nel 1934.
Fu riservata massima attenzione:
alla tradizione cattolica;
alla creatività degli alunni;
alle loro capacità espressive e artistiche;
alla loro spontaneità.
Per ciò che riguarda i contenuti:
Prevedeva un quadro orario delle attività;
Riferimento alle fonti popolari e alle tradizione;
Rivalutata la cultura delle regioni;
Rivalutata la figura dei docenti: la loro professionalità, la loro creatività educativa, la piena
libertà di insegnamento e libertà nelle scelte metodologiche.
Il riordino dell’intero sistema d’istruzione fu completato nel 1928 con la pubblicazione del
Testo Unico, il Regolamento generale che, oltre alle precedenti disposizioni, includeva:
L’innalzamento dell’obbligo scolastico al 14° anno di età;
la religione come fondamento e coronamento dell’educazione.
Con l’affermarsi del regime fascista le pressioni nella scuola aumentarono.
Il Fascismo scelse di occupare gli spazi educativi, compresi quello scolastici; ciò riguardò
vari aspetti:
I contenuti formativi dei percorsi di studio (ispirati all’ideologia del regime);
Le modalità di erogazione dei servizi;
Le politiche del personale della scuola.
Furono anche sottratti spazi all’istruzione scolastica con la creazione di nuovi organismi
quali l’ONB (Opera Nazionale Balilla) istituita nel 1926 che si occupò di problemi educativi
ma, nel 1937, fu sostituita dalla GIL (Gioventù Italiana Del Littorio).
Dopo la stipula del Patti Lateranensi nel 1929, anche la scuola elementare fu investita da
nuove disposizioni che riguardarono le leggi razziali emanate nel 1938.

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Nel 1939, il Gran Consiglio del Fascismo approvò la “Carta della scuola” del BOTTAI che,
partita da una semplice riforma della scuola media, proponeva l’intero riordino del sistema
scolastico.
L’intento era quello di suddividere la scuola in tre ordini:
Quello primario;
Quello secondario;
Quello universitario.
La riforma, diversa da quella gentiliana, riconosceva grande importanza al lavoro nella
scuola; fu applicata in modo parziale dal 1940 al 1943. Rimase in vigore fino al 1944 e fu
definitivamente accantonata con la caduta del Fascismo.

DAL DOPOGUERRA AGLI ANNI SETTANTA


Al termine della guerra ci fu un periodo di normalizzazione che riguardò anche la scuola.
Nel 1945 furono pubblicati dal ministro DE RUGGERO i Nuovi Programmi per la scuola
elementare, ispirati ai principi demagogici di Dewey: finilità fondamentale era la formazione
dell’uomo e del cittadino, con la valorizzazione delle capacità dell’autonomia e di libera
iniziativa, pur nel rispetto della spontaneità infantile.
La vera svolta vi fu nel 1948 con l’entrata in vigore della COSTITUZIONE, documento che
anche oggi è alla base della nostra convivenza civile.
Alla scuola fu riconosciuta una valenza fondamentale nella costruzione della nuova società.
La scuola fu inserita nella Costituzione in maniera diretta con gli articoli 9, 33, 34, 116-1171
e in maniera indiretta con gli articoli 2-3-5-6-72
Allo Stato fu riconosciuto il compito di:
definire le norme generali sull’istruzione;
di istituire scuole statali dei vari gradi scolastici;
di garantire la gratuità e l’obbligatorietà dell’istruzione.
Con i PROGRAMMI del ministro ERMINI del 1955 vennero definiti i caratteri e i fini della
scuola elementare; il compito fondamentale di quest’ordine scolastico era di contribuire allo
sviluppo dell’intelligenza e del carattere dei bambini in una prospettiva che riconosceva la
religione come fondamento e coronamento del processo educativo.
Sul piano pedagogico, il testo accoglieva grandi temi di pedagogia mondiale quali:
l’attivismo;
il globalismo;
l’importanza in educazione dell’ambiente;
il rispetto dei ritmi psicologici della crescita del bambino.
Sul piano didattico furono proposte interessanti indicazioni:
l’apprendimento partendo dal mondo concreto del bambino;
lavoro individualizzato di tipo globale nel 1° ciclo, analitico nel 2° e sistematico nel 3°;
la salvaguardia del principio di libertà d’insegnamento;
il compito per i maestri di redigere un piano personale di lavoro.

1 Art. 9: per lo Stato di cultura, art. 33 per il pluralismo scolastico, art. 34 per il diritto all’educazione, art. 116-117
competenza delle Regioni in materia scolastica
2
Art. 2 per la garanzia d’interventi per condizioni di bisogno, art. 3 per il diritto dell’uguaglianza nello sviluppo della
personalità, art. 4 per il diritto al lavoro, art. 5 per le competenze delle Regioni, art. 6 per lea tutela dei gruppi
linguistici minoritari, art. 7 per i rapporti tra Stato e Chiesa.

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Il modello scuola previsto era articolato in tre cicli:
1. classi 1^ e 2^
2. classi 3^ 4^ e 5^
3. concepito un corso postelementare, mai realizzato e, poi soppresso con l’avvento della
scuola media unica nel 1962.

Il modello di scuola di questi programmi aveva come riferimento un mondo culturale che si
stava rapidamente trasformando.

Si avviò, successivamente, un processo di rinnovamento delle tematiche della scuola,


producendo significativi interventi di riforma.

Il 1° fu nel 1971 con la Legge n.820 che introdusse nella scuola elementare il tempo pieno
e l’inglese “full time”.
Il 2° fu con la Legge Delega n. 477 del 1973 e i DECRETI DELEGATI (promulgati nel 1974
i Decreti furono 5) :
Si introdussero gli organi collegiali;
si rividero le funzioni del docente;
- si ridefinirono i rapporti tra scuola e comunità di appartenenza;
- si introdusse il principio dell’innovazione scolastica.
- Infine ci fu il 3° la Legge 517 del 1977:
aprì all’inserimento nelle classi normali dei bambini con disabilità;
abolì gli esami di riparazione;
introdusse un nuovo sistema di valutazione formativa e orientativa;
l’abbandono delle pagelle e dei voti numerici;
l’istituzione di schede personali degli alunni con giudizi discorsivi;
la programmazione;
le classi aperte.

I PROGRAMMI DEL 1985 E LA RIFORMA DEL 1990


Il complesso di riforme susseguitesi in quegli anni aveva mutato il volto della scuola e reso
quasi inapplicabili i programmi Ermini.
La necessità di trovare adeguate soluzioni al problema spinse alla revisione dei programmi
della scuola elementare e poi, alla vera riforma del modello scolastico.
Un nuovo testo fu promulgato da GIOVANNI GALLONI con il DPR n. 104 del 1985

La struttura dei Programmi si articolava in: una Premessa e in una parte disciplinare; nella
Premessa erano indicate le finalità della scuola, con la proposta di tre grandi prospettive
formative e di due innovative concezioni della scuola:
La formazione dell’uomo e del cittadino;
L’educazione alla convivenza democratica;
La prima alfabetizzazione culturale, intesa come acquisizione di tutti i fondamentali tipi di
linguaggio;
La scuola come ambiente di apprendimento educativo;
La scuola come elemento fondante di un sistema formativo.

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Il testo era concluso da un’ampia proposta di discipline, 11 discipline divise tra quelle
tradizionali e nuove proposte come:
lo studio della seconda lingua;
l’educazione al suono e alla musica;
motoria;
immagine;
l’insegnamento della religione;
gli studi sociali.
I Programmi ebbero applicazione per gradi, a partire dall’ a.s. 1987/88 dalle prime classi a
seguire e, fu avviato un impegnativo piano di aggiornamento per i docenti affidato agli
IRSSAE3
Tutto ciò, però, mise in luce i limiti del modello tradizionale della scuola elementare e si
determinò l’idea di sperimentare un nuovo modello di scuola che si realizzò, in via
sperimentale nelle scuole su base volontaria alla fine degli anni ’80.
Gli incoraggianti risultati portarono alla legge di riforma n. 148 del 1990: la scuola
elementare abbandonava il modello tradizionale dell’insegnante unico per diventare la
SCUOLA DEI MODULI.
Tre i modelli:
quello del modulo organizzativo: con 27 h. per le classi del primo ciclo e sino a 30 h. per
quelle del secondo;
quello del tempo lungo, non superiore a 37 h. settimanali, mensa compresa;
quello del tempo pieno: 40 h. settimanali.
Una novità di rilievo fu quella degli ambiti: il compito di definire gli ambiti fu affidato ai Collegi
docenti, con l’indicazione di raggruppare discipline affini tra di loro.

Si consolidarono gli ambiti:


linguistico;
logico-matematico
della ricerca.
Novità assoluta fu la possibilità per gli insegnanti di sviluppare la progettualità scolastica, in
quanto il modulo consentiva di avere alcune ore di contemporaneità-compresenza;
all’interno del modulo gli insegnanti erano contitolari e corresponsabili.
Fu prevista, infine, un’attività di non insegnamento di due ore, definite di coordinamento, per
consentire al team di docenti di confrontarsi e realizzare l’unitarietà dell’insegnamento.
Dopo l’attuazione della riforma emersero alcune problematiche lasciate indefinite che furono
affrontate dalla normativa secondaria:
la prima nel 1991 riguardò la composizione standard degli ambiti e i tempi delle singole
discipline;

la seconda nel 1992 riguardava la continuità: fu sottolineata l’importanza della continuità


verticale tra le scuole, per garantire adeguati processi di formazione;

3 Istituti Regionali per la Ricerca, la Sperimentazione e l’Aggiornamento Educativi

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 9
La terza nel 1993 la valutazione: furono introdotti nuovi strumenti di supporto ai processi
formativi e valutativi come l’agenda della programmazione e dell’organizzazione
didattica, il giornale dell’insegnante, la scheda di valutazione, il mai soppresso registro di
classe per i dati generali (la compilazione di tali documenti, si rivelò contorta, per cui
furono emanate due circolari per semplificarne le procedure).

L’ultima questione riguardò l’insegnamento della seconda lingua (1991); le lingue


furono inglese, francese, tedesco e spagnolo poi nel tempo prevalse la prima.
La Circolare Ministeriale del 1992 aveva regolato inizialmente tale insegnamento
collegandolo alla progettualità delle scuole, nel 1993 fu prevista l’abilitazione previo
superamento di una prova ai concorsi magistrali.
Nel 1998 furono assegnati nell’organico funzionale di circolo posti per l’insegnamento della
lingua straniera.
La realizzazione della riforma continuò per tutto il decennio degli anni ’90.
Intanto, la scuola elementare venne coinvolta in varie innovazioni:
Progetto ragazzi 2000;
Il Progetto ORME, Orientamento Materna Elementare, con il quale, in base alla Direttiva
n. 487 del 1997, l’orientamento scolastico, divenne attività istituzionale delle scuole di
ogni ordine e grado.

GLI ALTRI INTERVENTI DEGLI ANNI NOVANTA


La Conferenza nazionale della scuola svoltasi a Roma nel 1990, pose la questione di una
riforma globale del nostro sistema di istruzione.
Altro passaggio fondamentale fu nel 1996 con il protocollo d’intesa Accordo per il lavoro tra
Governo e parti sociali, con l’impegno da parte del Governo di sostenere la partecipazione
delle nuove generazioni al processo di istruzione e formazione, elevando l’obbligo scolastico
a dieci anni, assicurando il diritto alla formazione sino ai 18 anni.
Furono date indicazioni anche dall’autonomia delle scuole alla riforma dell’intero sistema, al
riordino dei canali formativi.
La prospettiva appariva sempre più quella dell’autonomia delle istituzioni scolastiche; ciò
comportava che le istituzioni scolastiche dovessero avere un adeguato dimensionamento,
che avrebbe comportato interventi significativi sulla rete scolastica.
Il dimensionamento si configurò come una vera e propria strategia per migliorare l’offerta
formativa sul territorio e dare una certa stabilità alle scuole autonome.
A decidere in modo significativo sulla scuola furono 4 decreti interistituzionali emanati nel
1997 che:
Riordinarono la complessiva struttura della rete sul territorio;
Definirono nuovi criteri e parametri per la formazione delle classi per determinare gli
organici del personale docente e Ata;
Intervennero sulla ripartizione delle dotazioni organiche dei docenti tra le varie classi di
concorso.
Legate alle operazioni di dimensionamento fu l’introduzione dell’organico funzionale di
circolo riguardo alla riforma della scuola elementare.
La legge finanziaria n. 622 del 1996 introdusse l’organico funzionale, che sarebbe stato
applicato anche ad altri ordini scolastici.

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Le operazioni di dimensionamento e razionalizzazione hanno preparato il terreno per
l’avvento dell’autonomia scolastica, che è stata riconosciuta alle scuole con la legge n. 59
del 1977 (Legge Bassanini).

IL QUINDICENNIO DELLE RIFORME


Gli interventi effettuati nell’ultimo decenni del ‘900 ha posto la questione di un riordino del
nostro sistema di istruzione; in modo particolare con:
il ridimensionamento degli istituti;
l’istituzione degli istituti comprensivi;
l’avvento dell’autonomia;
il riconoscimento della personalità giuridica delle scuole;
il ruolo dirigenziale dei capi d’istituto
Tutto ciò avevo reso obsolete molte norme che avevano a lungo regolato la scuola.
Manchevole si rivelò il Testo Unico del 1994 che tentò di riordinare tutte le norme della
scuola; la struttura del nostro sistema scolastico era fermo al modello gentiliano con una
netta separazione tra istituzione e formazione professionale.
Il ministro Berlinguer voleva cambiare radicalmente l’intero sistema scolastico italiano.
La legge n. 30 del 2000 delineò un’ipotesi abbastanza innovativa, che, oltre alla scuola
dell’infanzia, prevedeva la creazione della scuola di base, che avrebbe dovuto assorbire la
scuola elementare e quella media in un percorso di 7 anni.
L’impianto della legge del 2000 fu rafforzato dal passaggio di testimone tra Berlinguer e
Tullio De Mauro.
Nel 2001 fu diffuso il Regolamento per i curriculi della scuola di base con allegati gli
Indirizzi per l’attuazione del curriculo stesso.
Il sistema prevedeva: scuola dell’infanzia di 3 anni a ciclo unico, suddivisa in un biennio
iniziale (6-7 anni), un triennio successivo e un biennio conclusivo (simile alla scuola media).
Quindi scuola elementare e media in un ciclo unico di sette anni. Le criticità di questa riforma
erano molte.
Tra il 2001 e il 2005 il Dicastero dell’istruzione su retto da Letizia Moratti che sospese la
legge n.30 del 2000 e gli Indirizzi di Tullio De Mauro e promosse una fase di
riorganizzazione del sistema di istruzione terminata con la Legge delega n. 53 del 2003
e nel provvedimento attuativo il d.lgs n. 54 del 2004:
scuola dell’infanzia triennale;
un primo ciclo di istruzione con un anno iniziale di scuola primaria;
tre bienni successivi;
un monoennio che concludeva gli 8 anni del ciclo;
la scuola primaria veniva articolata: in un monoennio iniziale e due bienni successivi;
la scuola elementare cambia nome e diventa Primaria.
Per completare il progetto furono diffuse anche le Indicazioni nazionali per i piani di
sviluppo personalizzati con impianto simile per l’infanzia, la primaria e la secondaria di
primo grado:
obiettivi generali del processo formativo;
obiettivi specifici di apprendimento;
obiettivi formativi;
unità di apprendimento
piani di studio personalizzati (PECUP)
portfolio delle competenze individuali

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 11
La struttura del primo ciclo di istruzione fu confermato dai successivi ministri Fioroni e
Gelmini.
Nel 2006 fu ministro dell’istruzione Giuseppe Fioroni che non intervenì sugli assetti
strutturali, ma sulla raccolta delle Indicazioni per la scuola dell’infanzia, primaria e
secondaria di primo grado in un unico testo riguardante la visione unitaria per la scolarità
dai 3 ai 14 anni:
continuità tra i tre ordini di scuola;
riaffidano la definizione del curriculo alle singole istituzioni scolastiche;
al Piano dell’offerta formativa la definizione del loro curricolo di studi;
ciascuna disciplina si concludeva al termine della scuola primaria e secondaria di primo
grado con i traguardi delle competenze, seguendo un percorso continuo da 6 a 14 anni
che si configura come un vero e proprio curriculo verticale dell’intero ciclo di 8 anni.
Rispetto ai Piani di Studio Personalizzati del 2004 esse delineano un percorso continuo e
progressivo nel quale trova spazio anche l’educazione alla cittadinanza come forma di
mediazione didattica in tutti gli specifici linguaggi disciplinari.
Molta attenzione viene riservata alla didattica e alla scuola intesa come ambiente di
apprendimento nel quale occorreva:
valorizzare l’esperienza e le conoscenze degli alunni;
attuare interventi adeguati neri riguardi delle diversità;
favorire l’esplorazione e la ricerca;
incoraggiare l’apprendimento collaborativo;
promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere;
realizzare percorsi in forma laboratoriale.
Nel 2008 fu ministro dell’istruzione Maria Stella Gelmini.
Le sue scelte riguardo alla politica scolastica possono essere ricondotte, per tutte e tre i
gradi di istruzione, a tre dispositivi normativi:
Il DPR n. 81/2009
Il DPR n. 89/2009
L’Atto di indirizzo del settembre 2009.
Le novità per la scuola primaria furono definite nel DPR n. 81/2009 :
l’introduzione del maestro unico prevalente;
il definitivo superamento dell’assetto modulare;
Le classi 1^ per l’anno scolastico 2009/2010 avrebbero avuto 24,27,30 ore settimanali;
Le classi successive avrebbero continuato con le 27, 30 ore settimanali;
Nessuna modifica per il modello a 40 ore con il doppio organico e senza compresenze.
Anche l’Atto di indirizzo emanato in attuazione del DPR n. 89/2009 confermò tale scelta,
indicando come modello da privilegiare quello del docente unico.
Il resto è la storia di oggi e della Buona Scuola.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 12
CAPITOLO 3 - LA FUNZIONE DELLA SCUOLA NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA
Il quadro generale
Nel 35° Rapporto del Censis la scuola italiana otteneva un giudizio abbastanza positivo sulla
sua struttura istituzionale in sostanza adeguata alle esigenze della società complessa, ma
sottolineava in negativo che nella scuola permanevano tecnicismi e formalismi che erano
destinati a non incidere, se non superficialmente, sulla qualità effettiva dell’insegnamento.
L’avvento della scuola dell’autonomia rischiava di declinarsi in marginali modifiche, senza
incidere in profondità sul modo di essere scuola.
In 15 anni si sono susseguiti numerosi tentativi di riforma (Berlinguer - De Mauro, Moratti,
Gelmini, Renzi) che si sono rivolti più a soluzioni di tipo istituzionale che a reali forme
innovative.
A pagarne le spese maggiori gli operatori scolastici e in particolar modo i docenti!
Le riforme scolastiche, spesso controverse e non complete, hanno finito per creare un clima
di sfiducia, non solo tra i docenti meno propensi al cambiamento, ma anche tra quelli più
impegnati e aperti all’innovazione.
Nel primo quinquennio di autonomia il cambiamento è stato caratterizzato da un senso di
sfiducia e rassegnazione e ciò ha determinato uno scarso interesse per l’investimento
professionale.
La crisi della funzione docente va ricondotta non solo al mancato riconoscimento della
professione sul piano sociale, ma anche alle difficoltà che oggi contraddistinguono la scuola
di massa.

QUALI SCENARI FUTURI


Il problema della formazione è una delle questioni prioritarie. La società della conoscenza
impone la promozione di diffuse dinamiche di formazione per le nuove generazioni con una
molteplicità di soggetti formatori.
Ciò sembra richiamare quello che negli anni ’70 venne definito “processo di
descolarizzazione”: Ivan Illich aveva auspicato la morte della scuola e l’abbandono di
modelli educativi istituzionalizzati, non capaci di garantire una formazione adeguata alle
nuove generazioni.
La descolarizzazione è sostenuta dalla grande proliferazione di soggetti, organismi e
agenzie che offrono servizi alternativi a quelli proposti dalle tradizionali forme di educazione.
In tutto ciò si è va via via consolidandosi l’idea di una school-home affermando il diritto
principale dei genitori di scegliere il percorso formativo per i propri figli in base alle diverse
opportunità offerte dal territorio.
Molti documenti ministeriali sembrano condividere questa prospettiva: la questione diventa
delicata in quanto il ruolo della scuola viene rimesso in gioco e si trova ad affrontare
dinamiche di tipo concorrenziale per la presenza di altri soggetti che offrono formazione
utilizzando strategie più accattivanti.
Ciò richiede alle istituzione scolastiche, soprattutto agli operatori del settore, un
cambiamento di mentalità.
Va privilegiata la prospettiva della riscolarizzazione intesa come riscoperta del valore
formativo di un’istruzione istituzionalizzata: la scuola di tutti e per tutti che consenta alle
nuove generazioni di realizzare la propria identità culturale.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 13
La scuola deve rappresentare per lo Stato una priorità sia proponendo il modello tradizionale
di tipo statale sia puntando alla realizzazione di altre iniziative educative, anche non statali,
confessionali e laiche.
La scuola come ente formatore che concorre con la famiglia e la società più in generale a
orientare in senso positivo il cambiamento, proponendo valori universali condivisi.

IL SISTEMA SCOLASTICO ITALIANO DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE


Riguardo il nostro Paese, si può considerare completo il processo di rinnovamento
dell’istruzione che ha condotto ad un ampliamento della base sociale che può accedere ai
servizi educativi istituzionalizzati; occorre ora che l’ampliamento di tipo quantitativo segua
quello qualitativo dell’offerta scolastica, che garantisca il successo scolastico e formativo di
tutti e di ciascun alunno.
Questa è l’ottica in cui si sono mosse le riforme del sistema scolastico negli ultimi 15 anni;
quelle riforme, insieme a elementi di opposizione e inattività, hanno di sicuro prodotto
significativi processi di innovazione e miglioramento del servizio offerto dalle istituzioni
scolastiche.
Oggi la nostra scuola si qualifica come sistema di istruzione e formazione pubblico paritario
di cui fanno parte le istituzioni pubbliche autonome, statali e paritarie: tutte concorrono alla
realizzazione dell’offerta formativa sul territorio garantendo l’efficienza e l’efficacia della loro
azione giuridica.
Per concretizzare tutto ciò, le singole istituzioni devono ispirarsi ad alcuni principi di carattere
culturale di grande rilevanza:
Sul piano pedagogico: educazione più che pura istruzione;
Sul piano disciplinare: centralità dell’apprendimento rispetto all’insegnamento,
adeguando modalità di aiuto e tutorato nello studio per gli alunni;
Sul piano didattico: i docenti sono tenuti a rinnovare i dispositivi metodologici e
organizzativi;
Sul piano organizzativo: nella scuola deve affermarsi una leadership formativa ampia e
competente, un’organizzazione efficace ed efficiente con un’adeguata distribuzione dei
compiti tra i suoi operatori.
A ciò si può ricondurre la Buona Scuola concretizzata con la legge 107/2015 riforma
complessiva del nostro sistema di istruzione e formazione:
Rilancio dell’autonomia scolastica consentendo una governance più efficace;
Rilancio dell’immagine professionale del docente attraverso la formazione;
Modernizzazione dell’intero sistema, puntando anche verso processi di informatizzazione
e digitalizzazione.

LA LEGGE 107/2015
La legge 107 del 2015 è composta da un solo articolo suddiviso in 212 commi.
Più che porsi come un intervento di riforma del sistema, si pone l’obiettivo di migliorare gli
aspetti meno funzionali della nostra scuola:
Raccolta in un testo unico di tutte le norme relative all’istruzione e alla formazione iniziale
per l’accesso ai ruoli dei docenti della scuola secondaria;
Ridefinizione dei contenuti professionali per il personale di sostegno;
Revisione di percorsi di formazione e istruzione dei docenti;
Creazione di poli educativi nella fascia 0-6;
Revisione della valutazione e certificazione delle competenze degli studenti;

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 14
Ridefinizione del sistema di svolgimento degli esami di Stato del 1° e 2° ciclo di istruzione;
Tutto ciò è ancora agli esordi. Seguiranno serie di decreti che andranno a regolamentare le
materie direttamente delegate al Governo.
LE INDICAZIONI PER IL PRIMO CICLO D’ISTRUZIONE
Le scuole devono far riferimento nella definizione dell’offerta formativa alle Indicazioni per
il curricolo al DM 245 del 2012. Superata la logica dei Programmi ministeriali definiti
dall’alto, le Indicazioni del 2012 nascono da una rivisitazione di quelle del 2007, ma
introducono molte novità.
Mantenendo la struttura complessiva precedente, sono stati apportati integrazioni e
aggiornamenti alla Premessa, nella parte delle finalità generali, in quella dell’organizzazione
del curricolo, con una nuova versione riguardo alla scuola dell’infanzia e del primo ciclo
d’istruzione.
Sono un testo aperto che la comunità professionale è tenuta ad accogliere e
contestualizzare elaborando specifiche scelte relative a contenuti, metodi, organizzazione
e valutazione con i traguardi formativi previsti dal documento nazionale.
Bisogna chiarire che con le ultime riforme costituzionali sono stati definiti i compiti del Miur
e quelli delle scuole autonome: il primo continua a dettare le norme generali su formazione,
reclutamento, definizione, e gestione delle risorse professionali; al secondo spetta tradurre
quanto detto a livello nazionale, con spazi di discrezionalità previsti dall’autonomia.
Il testo delle Indicazioni Nazionali si presenta nella seguente struttura generale:
Cultura, Scuola Persona;
Finalità generali;
L’organizzazione del curricolo;
La scuola dell’infanzia (campi di esperienza)
La scuola del primo ciclo (le discipline).

CULTURA SCUOLA PERSONA


Le Indicazioni si aprono con una premessa intitolata Cultura Scuola Persona.

Nel 1° paragrafo La scuola nel nuovo scenario si prende atto della complessità culturale
nella quale essa vive e viene evidenziata la difficoltà di condivisione del progetto educativo
e quella di un effettivo coinvolgimento dei genitori e dell’extrascuola nelle dinamiche della
vita scolastica.
Ai dirigenti e ai docenti è affidato il compito di curare la formazione rispettando i differenti
stili di apprendimento senza dimenticare l’acquisizione dei saperi e delle competenze di
base.

Nel paragrafo Centralità della persona si conferma l’importanza della valorizzazione del
ruolo degli studenti: nell’azione educativa devono trovare centralità le varie dimensioni delle
loro personalità, confermando che una delle funzioni della scuola è quella di far acquisire la
capacità di apprendere ad apprendere nella visione di un formazione in grado di promuovere
creatività e capacità critiche.

Il terzo paragrafo Per una nuova cittadinanza si pone nella prospettiva di promuovere la
maturazione dell’identità personale e culturale per l’esercizio di una cittadinanza attiva e
consapevole. I docenti, oltre all’insegnare ad apprendere, devono misurarsi con la più
impegnativa sfida dell’insegnare ad essere.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 15
Molte attenzione è riservata all’educazione interculturale e di genere che si dovrà sempre
più concretizzare nella reciproca accettazione e condivisione di valori comuni per evitare
forme di sopraffazione, bullismo, violenza; ciò è confermato anche nell’art. 1, comma 6 della
legge4 107/2015.

Il paragrafo Per un nuovo umanesimo ribadisce i valori della persona in un mondo in cui
prevale la cultura tecnologica, che condiziona i rapporti interpersonali.
Le tecnologie rappresentano una ricchezza e un’opportunità, ma bisogna farne il giusto uso.
Occorre conoscere tali mezzi e i nuovi linguaggi, ma occorre che le nuove generazioni
possano acquisire una serie di capacità che vanno dal saper cogliere gli aspetti essenziali
di un problema, nel comprende gli inediti sviluppi delle scienze e delle tecnologie, valutare i
limiti e le possibilità delle conoscenze, imparare a muoversi e ad agire in un mondo in
continuo cambiamento.

LE FINALITA’ GENERALI: IL PROFILO DELLO STUDENTE


La costruzione del curricolo va ricondotto al Profilo dello studente in uscita al primo ciclo
di istruzione; quest’ultimo di richiama al PECUP ((Profilo educativo culturale e
professionale) già formulato nelle Indicazioni 2004 del ministro Moratti, anche se la struttura
presenta elementi di diversità.
Il documento del 2012 vuole evidenziare ciò che il ragazzo di 14 anni dovrà sapere e saper
fare per saper essere5 l’uomo e il cittadino in un momento cruciale della sua crescita.
Al termine del primo ciclo lo studente dimostra:
una padronanza delle lingua italiana;
la conoscenza a livello elementare di due lingue europee;
le sue conoscenze matematiche e scientifico- tecnologiche;
di utilizzare le tecnologia della comunicazione.
Gli insegnanti individueranno l’equilibrio tra le componenti affettive e l’irrinunciabilità delle
competenze e nelle competenze chiave per l’apprendimento queste due dimensioni sono
strettamente legate.
Sono descritte, infatti, sia competenze di natura disciplinare:
Comunicazione della lingua madre;
comunicazione nella lingua straniera;
competenza matematica;
competenza digitale;
sia di natura trasversali:
L’imparare ad imparare;
le competenze sociali e civiche;
il senso dell’iniziatica e dell’imprenditorialità;

4 Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado
l’educazione alla parità tra sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni.

5 Si fa riferimento al quadro delle competenze- chiave per l’apprendimento permanente definito dal Parlamento Europeo

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 16
la consapevolezza e l’espressione culturale.
Il Profilo dello studente si completa con due richiami al rispetto delle regole e
all’intraprendenza inventiva che i ragazzi devono dimostrare al termine del percorso della
scuola di base.

L’ORGANIZZAZIONE DEL CURRICOLO


Per promuovere e sostenere la formazione degli alunni, le istituzioni scolastiche progettano
percorsi formativi e curricoli d’istituto; i due passaggi – chiave nelle Indicazioni in questo
senso sono:
l’unitarietà del percorso 3-14 anni;
i traguardi per lo sviluppo delle competenze.
Riguardo il primo punto l’itinerario scolastico dai tre ai quattordici anni, nonostante abbracci
tre ordini di scuola, è progressivo e continuo (progettazione di un unico curricolo verticale
negli istituti comprensivi).
Riguardo le attività didattiche, per la scuola dell’infanzia è costituito dai campi di esperienza,
per la scuola del primo ciclo è chiamata a valorizzare le esperienze dei ragazzi orientati al
passaggio predisciplinare alle discipline e ai collegamenti tra i diversi linguaggi e saperi.
Per cogliere l’unitarietà del percorso si possono prendere 3 elementi- chiave che sono alla
base della costruzione del curricolo: i soggetti (bambini, genitori, docenti), i saperi
(l’alfabetizzazione culturale di base, cittadinanza e costituzione il senso dell’esperienza
educativa), il contesto (L’ambiente di apprendimento).
Riguardo i soggetti, l’azione educativa svolta dagli insegnanti va esercitata nei confronti
degli alunni considerati nelle loro dimensioni affettiva, cognitiva, sociale e organizzativa.
I saperi riguardano i contenuti di insegnamento, il contesto di apprendimento è dove i
docenti declinano le loro didattica e i loro stili di lavoro.
Il secondo punto riguarda i traguardi per lo sviluppo delle competenze sia relativi ai campi
di esperienza sia alle discipline.
La scuola deve finalizzare il curricolo in funzione delle competenze indicate nel profilo dello
studente al termine del 1° ciclo di studi che saranno oggetto di certificazione e di
orientamento per gli alunni nella scelta delle scuole secondarie di 2° grado.
Essendo irrinunciabili i traguardi di sviluppo delle competenze i docenti devono inserirli
come riferimenti formativi nella loro azione formativa. Nella dimensione culturale, invece, si
riferiscono alle conoscenze ritenute irrinunciabili per la conquista di competenze significative
e per la maturazione di una cittadinanza attiva e consapevole, cosi come si afferma nella
legge 107/2015. (Commi 5-26)

COMPETENZE E COMPETENZE
Gli alunni dovranno acquisire delle competenza durante il percorso formativo.
In linea con quelle europee sono state indicate, per la formazione delle nuove generazioni,
otto competenze di cittadinanza anche se interpretate in un’ottica trasversale:
Imparare a imparare;
Progettare
Comunicare
Collaborare e partecipare
Agire in modo autonomo e responsabile
Risolvere problemi

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 17
Individuare collegamenti e relazioni
Acquisire e interpretare l’informazione.
Per la certificazione delle competenze è stato definito e adottato con il DM n. 9/2010 uno
specifico modello nazionale di certificazione.
Il discorso delle competenze di apre anche in campo internazionale e il Wold Economic
Forum ha pubblicato un report con una lista di 16 competenze del 21° secolo: le prime sono
definite “abilità fondamentali”, dalla 7° alla 10°” competenze” le altre “qualità caratteriali”.
Al di là delle condivisione o meno di questo quadro le nuove generazioni dovranno
attrezzarsi ad acquisire competenze multiformi.

L’EDUCAZIONE AMBIENTALE E ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE


La questione del riequilibrio del nostro pianeta in termini di rispetto per l’ambiente è al centro
di molte scelte politiche, soprattutto nei paesi di forte industrializzazione. La strada per lo
sviluppo socio ecosostenibile impone una serie di restrizioni che le economie emergenti
sono poco disposte ad accettare.
La sostenibilità richiama varie problematiche della nostra società, dalla questione energetica
a quella dei rifiuti. L’ambiente è un grande scenario naturale sul quale si declina la vita
dell’uomo e che non è riconducibile solo a fenomeni fisici e naturali: l’educazione
all’ambiente si caratterizza sempre più come educazione al futuro consapevole.
L’Educazione Ambientale (EA) è oggi considerata un elemento fondamentale che rende
consapevoli i cittadini e richiamandoli a una maggiore responsabilità nelle questioni che
riguardano le scelte ambientali. Nel nostro Paese sin dal 1987 i Ministeri dell’Ambiente e
della Pubblica Istruzione hanno promosso la realizzazione di intese, protocolli, circolari nel
campo dell’educazione ambientale.
La stessa scuola italiana ha fatto della formazione al rispetto dell’ambiente uno degli ambiti
di studio. Sono state elaborate nel 2014 e confermate nel 2015 le Linee guida Educazione
ambientale per lo sviluppo sostenibile: lo sviluppo sostenibile viene definito come obiettivo
strategico per il presente e il futuro del nostro paese. Nel documento sono inserite una serie
di priorità che vanno dalla biodiversità, al contrasto dell’inquinamento delle risorse
ambientali, al cambiamento climatico, dalla gestione dei rifiuti all’utilizzo di fonti energetiche
rinnovabili, dalla lotta ai crimini ambientali e alle ecomafie.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 18
CAPITOLO 4 - LA SCUOLA PRIMARIA: GLI ASPETTI ORDINAMENTALI
La L.107/2015 conferma i precedenti principi generali a cui si deve ispirare il sistema
educativo:
Valorizzare la crescita della persona
Rispettare le diversità e le identità
Rispettare le scelte educative della famiglia.
La finalità del primo ciclo di studio è l’acquisizione delle conoscenze e delle abilità
fondamentali per sviluppare le competenze culturali di base, nella prospettiva del pieno
sviluppo della persona. La scuola primaria è chiamata a promuovere modalità di
conoscenza e di indagine che consentiranno agli alunni di continuare ad apprendere
per tutta la vita. Ecco perché le conoscenze devono essere fortemente collegate alle
esperienze già realizzate dai bambini (no conoscenze astratte). Questo grado
scolastico si qualifica come ambiente di apprendimento in cui i bambini sviluppano le
proprie capacità di autonomia, riflessione critica, di relazione e di progettazione della
propria vita.
Promuovere il processo d’integrazione sociale.
Acquisizione di una cultura di cittadinanza attiva e consapevole.
Possibilità dell’anticipo scolastico per tutti i bambini che compiono i 6 anni entro il 30
aprile dell’anno scolastico di riferimento. La domanda è presentata dalla famiglia (previo
consulto degli insegnanti della scuola dell’infanzia) e deve essere accolta dalla scuola
primaria, subordinatamente alla disponibilità dei posti.
Le novità riportate dalla L. riguardano il suo funzionamento, che prevede:
L’organico dell’autonomia.
La possibilità per il dirigente scolastico di scegliere nell’ambito dei posti di
potenziamento, gli insegnanti sulla base delle esigenze della propria scuola.
Organizzazione di un Piano dell’Offerta Formativa Triennale (PTOF).
Accorpamento delle classi di concorso.
Stesura di un nuovo Testo Unico delle norme della scuola.
Unica novità di tipo strutturale istituzione di un sistema integrato di istruzione che
copra la fascia 0-6 anni. Obiettivo: garantire pari opportunità e superare disuguaglianze
territoriali, etniche e culturali.
Estende la possibilità dell’alternanza scuola-lavoro a tutti gli indirizzi di studio delle
istituzioni secondarie di 2° grado

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 19
CAPITOLO 5 - SCUOLA E AUTONOMIA
La L. 59/97 sancisce l'autonomia delle istituzioni scolastiche, essa può essere considerata
l'elemento base irrinunciabile dell'ordinamento scolastico italiano.
I principi cardine sui quali si fonda la Legge sull'autonomia scolastica sono:
la partecipazione
la democrazia

Inizialmente si temeva che questa Legge rendesse la scuola italiana al pari di un'azienda,
in realtà il risultato finale è stato la realizzazione di una scuola capace di dialogare e
collaborare con il territorio di appartenenza.
Ad ogni istituzione scolastica viene affidata la possibilità di organizzarsi autonomamente per
la realizzazione di obiettivi propri, adattati secondo le esigenze degli utenti.

I provvedimenti più importanti attuati in virtù della L. 59/97 sono stati:


DPR 275/99 Regolamento Recante Norme In Materia Di Autonomia Delle Istituzioni
Scolastiche.- conferma la l'unitarietà del sistema scolastico nazionale attraverso la
regolazione della vita pedagogica della scuola autonoma.
D.L.44/2001 Regolamento Recante Istruzioni Generali Sulla Gestione
Amministrativo-Contabile Delle Istituzioni Scolastiche - detta le regole finanziarie
della scuola autonoma.
La scuola autonoma ha libertà organizzativa.
L’art. 1 co. 2 definisce le finalità dell’autonomia, ossia garantire:
La libertà di insegnamento
Il pluralismo culturale
Sostanziate nella progettazione e realizzazione di interventi formativi, educativi e di
istruzione con lo scopo di sviluppare la persona umana in base alle sue peculiarità, al
contesto dove è inserito e alle richieste della famiglia.
Obiettivo principale: garantire il successo formativo.
Forme di autonomia:
Didattica – indica obiettivi nazionali per la realizzazione del diritto allo studio.
Organizzativa – funzionalità del sistema, utilizzo delle risorse umane, articolazione attività
nel tempo scolastico.
Di ricerca, sperimentazione e sviluppo – promozione e sostegno dell’innovazione.
La riforma della Buona Scuola interviene sulla scuola autonoma su vari livelli (L. 107/15 art.
1 co.1).
Affermazione del ruolo centrale della scuola nella società della conoscenza
Innalzamento dei livelli di istruzione e competenze nel rispetto di tempi, e stili di
apprendimento.
Lotta alla disuguaglianza, all’abbandono scolastico e alla dispersione scolastica.
Scuola aperta come laboratorio di ricerca, sperimentazione, innovazione didattica.
Educazione alla cittadinanza attiva per il diritto allo studio.
Pari opportunità di successo ed istruzione permanente.
La riforma della scuola è solo uno degli aspetti di un più vasto cambiamento delle funzioni
e delle competenze all’interno dell’ordinamento generale della Repubblica.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 20
Iter che ha condotto al riordino:
1. Dimensionamento e razionalizzazione delle istituzioni scolastiche, progressivamente
ridotte in istituti comprensivi
2. conferimento della personalità giuridica alle istituzioni scolastiche dimensionate
3. ampliamento autonomia amministrativa, didattica, organizzativa e finanziaria.
4. Conferimento di qualifica dirigenziale ai capi d’istituto in servizio delle scuole
dimensionate, dopo frequenza di un corso qualificante.
La scuola primaria conserva le proprie caratteristiche pedagogiche di conoscenza e
promozione culturale e la sua funzione pubblica, ma sul piano amministrativo acquisisce un
carattere più moderno, diventa personalità giuridica.
Si configura, dal punto di vista amministrativo, come ente ausiliario dello Stato che ne
detiene poteri di direttiva.

Il 18 Ottobre 2001 con la L. costituzionale n. 3 viene riformato il Titolo V della


Costituzione. Gli Enti Locali ottengono l’attribuzione in materia di politica scolastica.
Si procedette anche con la modifica dell’art. 114 – Comuni, Province e città metropolitane
divengono meno subalterni rispetto allo Stato e messe sullo stesso piano delle Regioni,
hanno statuti, funzioni e poteri propri secondo i principi fissati dalla Costituzione.
Art 117 – interviene direttamente sulla scuola e modifica l distribuzione tradizionale delle
funzioni normative:
Stato: ente con funzioni normative enumerate (elencate nel co. 2).
Regioni: riconoscimento competenza normativa generale.
Per la scuola primaria:
Lo Stato conferma il potere legislativo esclusivo in materia di norme generali sull’istruzione.
Le Regioni: potere legislativo su istruzione e formazione professionale e di ogni materia
espressamente non riservata allo Stato.
Viene, dunque, introdotto nella nostra organizzazione scolastica, il principio federalista con
un ampliamento dei poteri della Regione in un quadro, comunque, di federalismo solidale.
Obiettivo: trasferire alcuni poteri alle regioni per migliorare l’organizzazione dei servizi per i
cittadini per esaudire i bisogni della società mondializzata.
OGGI TALE LINEA VIENE ACCANTONATA.
Oggi il Parlamento ha predisposto un’ulteriore modifica dell’art. 114 che prevede la
soppressione delle Province (art. 29). Nel nostro ordinamento statuale permangono:
Comuni, Regioni e Città metropolitane.
Modifica art. 117 della Costituzione – Stato e Regioni esercitano potestà legislativa nel
rispetto della Costituzione e dei vincoli dell’ordinamento dell’UE e degli obblighi
internazionali.

STATO REGIONI
determinazione livelli essenziali delle prestazioni sui diritti civili e sociali potestà legislativa
da garantire in tutto il territorio
diposizioni generali e comuni sull’istruzione
ordinamento scolastico
istruzione universitaria
programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica
disposizioni generali e comuni su istruzione e formazione professionale

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 21
Continuità, sussidiarietà, alleanze territoriali
La scelta che il nostro Paese ha effettuato rispetto all’organizzazione delle scuole territorio
è quella della generalizzazione del modello dell’istituto comprensivo.
Certamente tale percorso non è stato del tutto completato e sono ancora molte le scuole
primarie e le scuole medie organizzate secondo il modello precedente. È stata la Legge
111/2011, all’art. 19, che ha previsto l’istituzione dei comprensivi nella fascia compresa tra
i 3 e i 14 anni fissando in 1000 il limite massimo di alunni per ciascun nuovo istituto. (In parte
modificata dalla Legge 183/2011, rideterminando la soglia minima in 400 alunni per le zone
di montagna e le piccole isole e in 600 allievi per le altre scuole).
La generalizzazione del modello degli istituti comprensivi può costituire una grande
opportunità sia per dar vita a una comunità professionale, sia di costruire un più stretto
legame con il territorio e con il contesto territoriale, sia, ancora, di realizzare percorsi
curricolari caratterizzati dalla continuità.
Tale modello può, infatti, porsi come elemento in grado di favorire il raccordo tra la scuola
del primo ciclo di istruzione e il biennio iniziale dell’istruzione di secondo grado.
Di continuità si era parlato a lungo nel corso degli anni Novanta, proponendola come valore
aggiunto per l’azione formativa della scuola. In realtà, era stata addirittura la Relazione
Fassino per il rinnovo dei programmi delle elementari nel 1982 a richiamare la continuità
come elemento istituzionale, tanto che nella legge di riforma delle elementari era stato
diffuso con CM n. 339/1992 per la sua realizzazione uno specifico decreto ministeriale.
Nel documento si distinguevano due tipi di continuità: quella verticale, che riguardava i
rapporti tra le scuole di diverso grado, richiamando la necessità di scambio di informazioni
sugli alunni, di conoscenza reciproca dei programmi, di costruzione di curricoli verticali, di
armonizzazione delle strategie educative, di attenzione agli anni di passaggio tra i vari gradi
scolastici; quella orizzontale, che riguardava i rapporti tra scuola, famiglia, enti, territorio.
(per dare risposte a tali problematiche era stato introdotto, anticipando per certi versi l’arrivo
del portfolio, anche il fascicolo personale dell’allievo che avrebbe dovuto accompagnarlo
per l’intera scolarizzazione e documentarne gli esiti formativi).
Sulla base di tali convinzioni si è sviluppata una diffusa cultura sulla continuità che è spesso
sfociata in grandi progetti. (In tutte le scuole hanno operato, infatti, gruppi di studio per la
continuità, così come a livello provinciale e regionale sono state insediate commissioni per
sostenere tale prospettiva, anche per il delicato settore dell’integrazione scolastica).
Oggi il valore della continuità come prospettiva pedagogica viene sostenuto anche dalla
Legge n. 107/2015 quando si pone la questione di realizzare un curricolo verticale efficace
e unitario e di assicurare la stabilità del personale sulla stessa sede di servizio per tempi più
lunghi. (Continuità didattica).
Anche se lo scenario sta cambiando, (soppressione delle Province, interventi che
riguarderanno le potestà e le attribuzioni su specifiche materie tra Stato e Regioni),
l’autonomia dovrà declinarsi comunque su questo territorio e la scuola dovrà essere intesa
come comunità attiva, aperta al territorio in grado di sviluppare e aumentare l’interazione
con le famiglie e con la comunità locale, comprese le organizzazioni del terzo settore e le
imprese. (Art. 1, comma 7, Legge n. 107/2015).
Occorre, allora, riprendere un altro principio che in questi anni ha guidato i rapporti con il
territorio, quello della sussidiarietà, che può diventare una strategia vincente per
promuovere la formazione dei giovani, priorità assoluta per tutti gli stakeholder della
comunità locale.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 22
In questo senso, l’azione svolta dalla scuola non può sottovalutare l’importanza del territorio
e delle sue risorse quali dati fondamentali per la costruzione della propria proposta
educativa.

La governance, in questa ottica, diventa la capacità dei decisori politici e delle istituzioni di
un determinato territorio di costruire dal basso una rete di servizi finalizzata a promuovere
un adeguato sviluppo della collettività.

Anche le Indicazioni nazionali per il curricolo 2012 sottolineano l’importanza dell’apertura


della scuola al territorio con il pieno coinvolgimento delle realtà locali.
La scuola perseguirà costantemente l’obiettivo di costruire un’alleanza educativa con i
genitori; [...] essa si apre alle famiglie e al territorio circostante facendo perno sugli strumenti
forniti dall’autonomia scolastica, che prima di essere un insieme di norme è un modo di
concepire il rapporto delle scuole con le comunità di appartenenza, locali e nazionali.
Lo stesso discorso vale anche per le altre istituzioni scolastiche presenti su un territorio.
Lo sviluppo di reti tra istituzioni scolastiche è sottolineato anche dalla Legge
107/2015, commi 70, 71, 72, 73, che ha previsto l’impegno da parte degli Uffici
Scolastici Regionali nel promuovere la costituzione di reti tra istituzioni scolastiche del
medesimo ambito territoriale.
Nell’ambito di tali accordi, la Legge 107/2015 ha previsto la possibilità di utilizzare insegnanti
nell’organizzazione delle reti, per:
l’assistenza e l’integrazione sociale delle persone con disabilità;
gli insegnamenti opzionali e specialistici;
il coordinamento nella progettazione funzionale di piani triennali dell’offerta
formativa; PTOF
i piani di formazione del personale scolastico;
le risorse da destinare alla rete per il perseguimento delle proprie finalità.

Per una nuova governance territoriale


Questo importante percorso storico che ha consentito agli stessi istituti scolastici, in virtù
dell’autonomia, di diventare protagonisti della promozione culturale del territorio, non può
essere cancellato.
Le nuove scelte sono destinate a rimettere in discussione tutte le regole finora dettate dalla
Legge costituzionale n.3 per i rapporti Stato-Regioni-istituzioni scolastiche.
Al di là delle modifiche normative che si verificheranno, ciò che non deve andare perduto è
il patrimonio di esperienze che sono state fatte in questa prima fase di autonomia, e che
hanno condotto al cambio radicale del sistema delle relazioni tra amministrazioni e territorio.
Lo stesso esercizio delle funzioni amministrative è passato dal centro alla periferia,
affidando i controlli di legittimità e la scelta dei modelli organizzativi alle iniziative dei diversi
enti territoriali.
Si è profondamente trasformato il sistema politico e di governo in una prospettiva che ha
consentito lo sviluppo delle capacità di scelta e di azione delle entità locali in conseguenza
dell’assunzione di un più vasto repertorio di responsabilità e di competenze.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 23
Al modello di governo verticale si è sostituito un modello orizzontale fondato sul presupposto
che i centri di decisione, individuati nelle amministrazioni pubbliche e nelle autonomie
funzionali, indicano obiettivi comuni, operano d’intesa tra loro, realizzano la collaborazione
delle risorse.
Nel nuovo quadro istituzionale che si andrà a creare, l’autonomia non dovrà essere
interpretata come un passaggio di consegne dallo Stato alle istituzioni scolastiche, né come
affermazione di un modello autoreferenziale delle singole istituzioni scolastiche concepite e
gestite come fossero piccole autarchie.
Si tratterà, invece, di assicurare una governance adeguata, nella quale, al di là di tutti i
provvedimenti normativi, si dovrà dar vita a una comunità di apprendimento che sappia
costruire e realizzare progetti educativi condivisi (ispirati a valori universali, e, soprattutto, in
grande armonia con quella che è la realtà culturale, sociale, lavorativa nella quale
l’istituzione scolastica opera).
La governance si qualifica dunque come capacità delle persone, dei gruppi sociali e delle
Istituzioni che vivono in una determinata comunità di costruire dal basso una rete di servizi
e di condivisioni finalizzata a promuovere un equilibrato sviluppo a livello territoriale (definita
anche “di cittadinanza societaria”, ricordando che tutte le società sono fatte di relazioni nelle
quali i protagonisti tendono a organizzarsi in un’ottica di sussidiarietà orizzontale, che
diventa il nucleo costitutivo di ogni autentica comunità che vuole costruire il bene comune).
Tutti gli organismi dovranno interpretare come una responsabilità diffusa e non solo della
scuola i temi dell’educazione.
La stessa scuola, se vuole essere moderna e realmente democratica, deve caratterizzarsi
come spazio di riconoscimento dell’intera comunità.
Il miglioramento degli esiti scolastici sarà più fattibile nelle realtà a elevato capitale sociale,
dove si registra una altrettanto elevata condivisione di tutti gli stakeholder (portatori di
interessi), non solo dei soggetti istituzionali ma anche e soprattutto del mondo economico,
dei gruppi civili, della società tutta.
D’altro canto, anche nella cultura scolastica è ormai condivisa l’idea della necessità di una
rendicontazione sociale del suo operato.
La scuola primaria di oggi vive un momento particolare: non vi è reale coinvolgimento delle
famiglie, né gli stessi responsabili degli enti territoriali sembrano riconoscere la giusta
rilevanza al mondo della scuola.
Anche gli organismi di partecipazione sembrano essere oggetto di cambiamento e
attualmente in fase di riordino; con tutta probabilità, gli organi collegiali attuali saranno
sostituiti da nuovi organismi, quali:
il consiglio dell’autonomia con compiti di indirizzo;
il consiglio dei docenti, articolato in consigli di classe, commissioni e dipartimenti;
Il nucleo di autovalutazione con funzioni prevalentemente tecniche.
A ciò si deve aggiungere qualche modifica apportata dalla Legge n. 107/2015, che ha già
riordinato alcuni ambiti di competenza degli attuali organi collegiali.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 24
Gli organi collegiali
Organo collegiale Composizione Funzioni
Consiglio di intersezione Tutti i docenti e un Formulare al collegio dei
(scuola dell’infanzia) rappresentante dei genitori docenti proposte per
per ciascuna delle sezioni l’azione educativa e
interessate; è presieduto didattica e per iniziative di
dal dirigente scolastico o da sperimentazione; agevolare
un docente, facente parte ed estendere i rapporti tra
del consiglio, da lui docenti, genitori e alunni.
delegato.
Consiglio di interclasse Tutti i docenti e un Formulare al collegio dei
(scuola primaria) rappresentante dei genitori docenti proposte per
per ciascuna delle classi l’azione educativa e
interessate; è presieduto didattica e per iniziative di
dal dirigente scolastico o da sperimentazione; agevolare
un docente, facente parte ed estendere i rapporti tra
del consiglio, da lui docenti, genitori e alunni.
delegato.
Consiglio di classe (scuola Tutti i docenti della classe e Formulare al collegio dei
secondaria di I grado) quattro rappresentanti dei docenti proposte per
genitori; è presieduto dal l’azione educativa e
dirigente scolastico o da un didattica e per iniziative di
docente che fa parte del sperimentazione; agevolare
consiglio, da lui delegato. ed estendere i rapporti tra
docenti, genitori e alunni;
assumere provvedimenti
disciplinari a carico degli
studenti.
Consiglio di circolo/di 14 componenti, di cui 6 Elabora e adotta gli indirizzi
istituto Nelle scuole fino a docenti, un ATA, 6 genitori generali e determina le
500 alunni: degli alunni, il dirigente forme di autofinanziamento
scolastico; nelle scuole con della scuola; delibera il
più di 500 alunni: 19 bilancio preventivo e il
componenti, di cui 8 conto consuntivo; adotta il
docenti, 2 ATA, 8 genitori regolamento; provvede
degli alunni, il dirigente all’acquisto, al rinnovo e
scolastico; presieduto da alla conservazione di tutti i
uno dei membri, eletto tra i beni; assume decisioni per
rappresentanti dei genitori la partecipazione ad attività
degli alunni composta da un culturali, sportive e
docente, un ATA, 2 genitori ricreative, allo svolgimento
e di diritto il dirigente di iniziative assistenziali;
scolastico, che la presiede, delibera su organizzazione
e il DSGA con funzioni di e programmazione della
segretario della giunta vita e dell’attività della
stessa. scuola, nei limiti delle

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 25
disponibilità di bilancio;
adotta il Piano dell’offerta
formativa elaborato dal
collegio dei docenti; indica i
criteri generali per la
formazione delle classi,
l’assegnazione dei docenti,
e al coordinamento
organizzativo dei consigli di
intersezione, di interclasse
o di classe; esprime parere
sull’andamento generale,
didattico ed amministrativo;
esercita le competenze in
materia di uso delle
attrezzature e degli edifici
scolastici.
Giunta esecutiva Prepara i lavori del
consiglio; cura l’esecuzione
delle relative delibere;
propone al Consiglio il
programma delle attività
finanziarie della istituzione
scolastica, accompagnato
da specifica relazione e dal
parere di regolarità
contabile del Collegio dei
revisori.
Collegio dei docenti Composto dal personale Delibera in materia di
docente di ruolo e non di funzionamento didattico;
ruolo in servizio; è cura la programmazione
presieduto dal dirigente dell’azione educativa;
scolastico. adegua i programmi di
insegnamento alle
specifiche esigenze
ambientali e favorisce il
coordinamento
interdisciplinare; rispetta la
libertà di insegnamento;
garantita a ciascun
docente; formula proposte
per la formazione, la
composizione delle classi e
l’assegnazione ad esse dei
docenti, per l’orario delle
lezioni e per lo svolgimento
delle altre attività

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 26
scolastiche; delibera, ai fini
della valutazione degli
alunni; valuta
periodicamente
l’andamento dell’azione
didattica per verificarne
l’efficacia in rapporto agli
orientamenti e agli obiettivi
programmati, proponendo
opportune misure per il
miglioramento dell’attività
scolastica;
Provvede all’adozione dei
libri di testo; adotta o
promuove iniziative di
sperimentazione; promuove
iniziative di aggiornamento;
elegge i docenti incaricati di
collaborare col dirigente
scolastico; elegge i suoi
rappresentanti nel consiglio
di circolo o di istituto;
elegge i docenti che fanno
parte del comitato per la
valutazione del servizio del
personale docente;
programma e attua le
iniziative per il sostegno
degli alunni con disabilità;
esamina, per ogni possibile
recupero, i casi di scarso
profitto o di irregolare
comportamento degli
alunni; esprime parere in
ordine alla sospensione dal
servizio e alla sospensione
cautelare del personale
docente quando ricorrano
ragioni di particolare
urgenza; esprime parere,
per gli aspetti didattici, per
le iniziative di educazione
della salute e prevenzione
delle tossicodipendenze.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 27
Comitato per la valutazione Composto, oltre che dal Valuta il servizio su
del servizio dei docenti dirigente scolastico, che ne richiesta dell’interessato
è il presidente, da 2 o 4 previa relazione del
docenti quali membri dirigente scolastico;
effettivi e da 1 o 2 docenti esercita le competenze
membri supplenti, a previste in materia di anno
seconda che la scuola o di formazione e di
l’istituto abbia sino a 50 riabilitazione del personale
oppure più di 50 docenti; i docente
membri del comitato sono
eletti dal collegio dei
docenti nel suo seno.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 28
CAPITOLO 6 - IL RUOLO DELL’INSEGNANTE
Il lungo percorso dell’affermazione dei maestri
La storia dell’istruzione ha conosciuto tre cambi di scenario. Nel primo il modello scolastico
è stato quello del maestro unico. Era il modello disegnato dalla Legge Casati del 1861 che
non prevedeva oneri per lo Stato e affidava l’istruzione elementare agli enti comunali. Uno
degli elementi che ne avrebbe ostacolato a lungo l’affermarsi è stato proprio l’assenza di
personale adeguatamente formato per svolgere un simile impegno. Infatti furono pochissime
le iniziative che si occuparono della formazione dei maestri di scuola primaria. Se per
l’istruzione maschile era possibile individuare alcuni segnali positivi, in quanto essa fu
comunque oggetto di iniziative, quella femminile fu del tutto inesistente e, in quelle rarissime
iniziative realizzate, le alunne, al termine del percorso di studi, avevano imparato poco più
delle arti femminili e del catechismo: si pensi che, a causa dell’assenza di persone
preparate, erano state assunte come maestre donne analfabete che conoscevano solo le
cosiddette “arti donnesche” .
Il secondo cambio di scenario è legato alla svolta importante del 1911, con la Legge Daneo
e Credaro, che avocava allo Stato anche l’istruzione primaria, sino a quel momento affidata
ancora ai Comuni. Qualche anno dopo, nel 1923, con la Riforma Gentile cambiava anche
la formazione iniziale con la creazione degli Istituti magistrali, che avrebbero rilasciato
diplomi a generazioni di maestre e maestri sino agli anni Novanta, quando anche per la
formazione iniziale dei maestri sarebbe stata prevista la laurea.
Il terzo cambio di scenario è avvenuto negli anni Ottanta. In quella fase sono stati pubblicati
i programmi del 1985, che hanno condotto nel 1990 alla riforma della stessa scuola con il
team dei docenti e l’insegnamento modulare. Si tratta di un modello che a partire dalla
Riforma Moratti e soprattutto con l’intervento dell’allora ministro Gelmini, è stato rimesso in
discussione: oggi, pur permanendo vari elementi dell’organizzazione modulare, si è tornati
all’insegnante prevalente-unico.

Le riforme del 1985 e del 1990


Nel 1971 viene introdotto il tempo pieno e il doppio organico. Anche nei programmi didattici
del 1985 era stata ipotizzata la prospettiva del team, prevedendo la sostituzione
dell’insegnante unico con un pluralità di docenti. Questa esigenza nasceva dal bisogno di
assicurare anche nella scuola elementare maggiore attenzione e pari dignità a tutti i
linguaggi delle discipline, che difficilmente il docente unico avrebbe potuto padroneggiare in
modo adeguato. Vennero costituti tre ambiti disciplinari: quello deli linguaggi, quello
matematico e scientifico e quello delle “dinamiche della vita umana”.
Elio Damiani aggrega le discipline in tre ambiti:
quello del soggetto (linguaggi verbali, iconici e musicali)
quello dell’oggetto (saperi ambientali, storici, geografici e scientifici)
quello dell’azione costruttiva (matematica, educazione motoria, logica, tecnologia e informatica).

La legge di riforma n.148/1990


Nella Circolare ministeriale n. 271/1991 si riaffermava il principio dell’utilizzazione dei
docenti nel numero organizzativo, tre o quattro insegnanti, rispettivamente su due o tre
classi. L’applicazione della CM n. 271/1991 non incontrò pieno favore a causa della sua
impostazione rigida; fu seguita dalla CM n. 116 del 1996, con cui si tentava di introdurre
criteri di maggiore flessibilità per la definizione degli ambiti e dell’organizzazione modulare.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 29
Reali principi di autonomia e di flessibilità vennero introdotti dalla Circolare ministeriale n.
335 del 1998. La sua diffusione aveva lo scopo di adeguare l’organizzazione modulare al
nuovo quadro istituzionale delineatosi dopo la Legge n. 59/1997, con cui si è dato il via al
processo di riconoscimento dell’autonomia a tutte le istituzioni scolastiche. Il provvedimento
confermava che la pluralità dei docenti, definita come gruppo d’insegnamento, era una
scelta strategica in grado di garantire la realizzazione di un curricolo ricco e diversificato, la
qualità degli apprendimenti, lo sviluppo armonico ed equilibrato della personalità dei
bambini.
Il dibattito sul modello sul modello insegnante prevalente/insegnante paritario si è sviluppato
intensamente sino all’avvento della Riforma Moratti del 2003, quando è stato avviato un
processo di globale revisione del modello.

I docenti: unitarietà e unicità


La generalizzazione del modello della pluralità dei docenti ha rilanciato la prospettiva
dell’unitarietà dell’azione educativa e didattica degli insegnanti, definita nei Programmi del
1985 e nella legge di Riforma come la caratteristica educativa-didattica peculiare della
scuola elementare. Nelle Indicazioni nazionali si afferma che il compito della scuola è quello
di promuovere il passaggio dal sapere comune al sapere scientifico. Il concetto di disciplina
rinvia a un rapporto costante tra la dimensione esistenziale del soggetto e la intrinseca
logica di sviluppo della scienza, tra il soggetto e l’oggetto scientifico. L’unitarietà
dell’insegnamento non si identifica neppure con l’unicità dell’insegnante: essa deve trovare
la sua base in una visione della cultura e del bambino condivisa dai docenti della scuola.
L’insegnante unico potrebbe interpretare in maniera sbagliata il suo ruolo, limitando il
proprio compito alla semplice trasmissione di contenuti formalizzati.

Quello che può risultare determinante per il successo formativo non è tanto il numero degli
insegnanti, quanto piuttosto la loro qualità diffusa, non dimenticando però, che anche alla
pluralità va posto un limite: un’eccessiva molteplicità di docenti, quelli curricolari, gli
specialisti del sostegno, quelli di lingua straniera, gli insegnanti di religione cattolica può
diventare un ostacolo per la costituzione di gruppi di insegnamento- apprendimento
realmente integrati ed efficaci.

Personalizzazione e insegnante prevalente-unico


Le Indicazioni nazionali del 2012 riconoscono una grande rilevanza al concetto della
personalizzazione dell’insegnamento-apprendimento. Si individua nella personalizzazione
una possibile strategia vincente, cercando di realizzare una scuola più a misura degli alunni,
in grado di creare tutte le condizioni per favorire il loro apprendimento personale: fattori per
la realizzazione del principio della personalizzazione dell’insegnamento sono la
valorizzazione della progettualità della scuola, la coesione professionale dei docenti, la
differenziazione didattica.
La differenziazione didattica va declinata attraverso:
il lavoro per gruppi di alunni della stessa classe
il lavoro per gruppi di alunni per interclasse
le attività di aiuto individuale
i laboratori creati all’interno della classe e organizzati per gruppi di livelli
le attività di apprendimento in rete

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 30
Perché l’azione di personalizzazione possa avere la massima efficacia, gli insegnanti
impegnati nei processi di formazione devono ricorrere all’utilizzo di due fondamentali
strumenti metodologici: l’attività di tutorato e l’adozione del Portfolio delle competenze
individuali. La personalizzazione dei percorsi di studio deve trovare la sua giusta
collocazione nel Piano triennale dell’offerta formativa della scuola. il PTOF, con la
realizzazione di contesti educativi efficaci, caratterizzati dalla flessibilità organizzativa: è
questo il presupposto fondamentale per realizzare le prospettive delineate nei documenti
sulla Buona Scuola. Oggi, con l’organico dell’autonomia introdotto dalla Legge n.170/2015,
sembra che tale tendenza di progressiva riduzione di risorse professionali sia stata invertita
le scuola potranno contare su organici più cospicui, anche con un incremento di ore di
lezione disponibili che, se al di fuori delle attività frontali, potrebbero essere destinate ad
attività di sviluppo e integrazione del curricolo.

Collegialità, corresponsabilità, partecipazione


Il concetto di collegialità si è arricchito di nuovi valori: il confronto con i colleghi e con le altre
persone coinvolte nel processo educativo è oggi indispensabile se si vuole davvero
realizzare una prospettiva di unitarietà intesa come coerenza di fondo della progettualità e
dell’azione formativa della scuola. La collegialità si concretizza nella capacità di confrontarsi
sulle varie questioni e di individuare le possibili soluzioni, al fine di perseguire il bene
comune. Strettamente connessa alla collegialità e la corresponsabilità: non si possono
condividere decisioni educative e poi non assumersi le responsabilità conseguenti. Infine la
partecipazione vuol dire coinvolgimento dei genitori all’interno della vita della scuola,
conoscenza degli aspetti della vita scolastica, consultazione, negoziazione e condivisione
delle scelte finali.

Stato giuridico, periodo di formazione e di prova


Il profilo professionale dei docenti, a lungo definito nel TU n. 297/1994, ha subito negli ultimi
anni profonde modifiche sul piano giuridico. Nel 2011 è definitivamente entrato in vigore il
decreto che ha riordinato i corsi di laurea per il reclutamento dei docenti di ogni ordine e
grado, in base alla Legge 6 agosto 2008, n. 133 (art.64) e per quelli della scuola dell’infanzia
e primaria è stato previsto un corso di laurea magistrale quinquennale a ciclo unico,
comprensivo di tirocinio.
È l’art.6 a definire la funzione coente:
la funzione docente realizza il processo di insegnamento/apprendimento volto a
promuovere lo sviluppo umano, culturale, civile e professionale degli alunni, sulla base
delle finalità e degli obiettivi previsti dagli ordinamenti scolastici definiti per i vari ordini e
gradi dell’istruzione
la funzione docente si fonda sull’autonomia culturale e professionale dei docenti; essa si
esplica nelle attività individuali e collegiali e nella partecipazione alle attività di
aggiornamento e formazione in servizio.
Il Contratto suddivide il lavoro professionale in:
attività di insegnamento 22 ore settimanali nella scuola primaria, completate da due ore
per il coordinamento didattico. Nelle attività di insegnamento, la quota eccedente quella
frontale e di attività alla mensa è destinata ad attività di ampliamento dell’offerta formativa
e di recupero individualizzato

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 31
attività funzionali all’insegnamento, per gli impegni collegiali, di programmazione,
progettazione, ricerca, valutazione, documentazione, aggiornamento e formazione,
partecipazione alla riunioni
attività aggiuntive e ore eccedenti d’insegnamenti
La legge n. 107/2015 ha stabilito che l’ammissione in ruolo è condizionata la superamento
del periodo di formazione e di prova, della durata di almeno 180 giorni.
Le attività di formazione hanno la durata complessiva di 50 ore e sono articolate in quattro
fase:
incontri propedeutici e di restituzione finale
laboratori formativi
peer to peer e osservazione in classe
formazione online
Le innovazioni riguardano:
il bilancio di competenze: forma di autovalutazione. Sulla base del bilancio di competenze
si procede all’elaborazione di uno specifico patto per lo sviluppo professionale che sarà
redatto dall’interessato, dal dirigente scolastico e dl docente tutor.
La costituzione di laboratori formativi: adozione di metodologie laboratoriali. Ogni docente
segue obbligatoriamente laboratori formativi per le complessive 12 ore di attività
La formazione peer to peer: attività finalizzata a migliorare le pratiche didattiche nella
gestione della classe
Il portfolio professionale: strumento nel quale i docenti potranno documentare il proprio
curriculum, le fasi significative della progettazione e delle attività didattiche, la previsione
di un piano di sviluppo.

La Buona Scuola e i docenti


La Legge 107/2015 dedica ampio spazio ai docenti, considerati nel testo risorsa
determinante per la garanzia della qualità del servizio offerto dalle scuole.
Novità contenuta nella Legge 107/2015 è la carta elettronica per l’aggiornamento e la
formazione del docente di ruolo: budget di 500 € per ciascun anno scolastico.
Tale budget potrà essere utilizzato per acquistare libri, testi, riviste, hardware, software,
corsi di aggiornamento, visite a musei ed eventi e a tutto ciò che sia coerente con la
formazione professionale.
Le scuole hanno l’obbligo di definire nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa le iniziative
formative che si intendono realizzare, collegandole nello specifico al piano di miglioramento
indicato nel Rapporto di Autovalutazione (RAV) del singolo istituto.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 32
Capitolo 7 - ALCUNI SIGNIFICATIVI ASPETTI DELLA RIFORMA, LEGGE N. 107/2015
PEI, POI, PTOF: non solo una questione terminologica
Con la legge 107/2015 si è passati dal POF (istituito con il regolamento per l’autonomia art.
3 DPR 275/1999) al PTOF (piano triennale dell’offerta formativa).
Il piano triennale si caratterizza quindi come lo sviluppo dell’idea di formulare un documento
che definisca l’identità di ciascuna istituzione scolastica.
Già nel 1992 (C.M. n.362 del 22/12) si era parlato di Piano educativo d’istituto (PEI) vera e
propria carta d’identità della scuola. Il PEI cambiava, in sostanza, il rapporto tra scuola e
contesto ambientale.
In seguito con l’avvento dell’autonomia (DPR 275/1999) il POF sostituì il PEI. Già era stata
compiuta un’evoluzione, proprio grazie all’autonomia e, dunque, a margini di operatività più
ampi. Con l’avvento del POF si è andati, inoltre, verso un abbandono di forme di
progettualità frammentate per recuperare il senso complessivo di una realtà scolastica
realmente formativa.

Oggi con la legge 107/2015 si parla di PTOF (piano triennale dell’offerta formativa). Esso,
oltre a confermare quanto già proposto attraverso il POF, rappresenta il documento
fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed
esplicita la progettazione curricolare, extracurriculare, educativa e organizzativa che le
singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia.

PEI (1992) POF (1999) PTOF (2015)

PTOF e progettualità scolastica


La legge della Buona scuola prevede la possibilità di sviluppare la propria progettualità in
un arco di tempo più ampio (triennio). All’interno del PTOF vi deve essere un quadro
complessivo degli insegnamenti, delle attività curricolari, ed extracurriculari, quelle
educative e organizzative, compreso il fabbisogno di strutture e di attrezzature e le attività
di formazione per il personale della scuola e le risorse per la realizzazione dell’offerta
formativa.
Il PTOF dovrebbe essere realizzato entro il mese di ottobre precedente al triennio di
riferimento (questo anno è stata fissata come data finale gennaio essendo stato il primo
anno) e può essere rivisto e aggiornato annualmente entro l’ottobre di ciascun anno. Il PTOF
viene elaborato dal DS e approvato dal consiglio di istituto. Si devono rispettare i criteri di
trasparenza e quindi il PTOF deve essere reso pubblico così che sia accessibile alle
famiglie (di solito viene reso pubblico attraverso il sito internet della scuola come previsto
dall’art. 1 comma 136 legge 107/2015).

I contenuti caratterizzanti il PTOF


Il PTOF dovrebbe rappresentare il punto di partenza per l’elaborazione del piano delle
attività formative.
Il PTOF può articolarsi in 5 parti:
La prima è quella che delinea le priorità strategiche per ciascuna scuola indicando a quali
aspetti verrà riservata maggior attenzione, pur senza che si perdano di vista le finalità
generali.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 33
La seconda è quella della progettazione curricolare, extracurriculare, educativa e
organizzativa, nella quale dovrà trovare definizione l’organizzazione didattica
complessiva, con orari, plessi, sedi, tempo scuola, attività, servizi. In questa parte vanno
definiti obiettivi educativi e formativi, il curricolo verticale, le attività didattiche curricolari e
extracurriculari. Inoltre dovranno essere indicati gli obiettivi prioritari per il potenziamento
dell’offerta formativa.
La terza parte riguarda invece gli organici: il numero dei posti di personale, compreso
quello organico dell’autonomia e per le reti di scuole. Devono anche essere definite le
attività di formazione che nel triennio si intendono realizzare per il personale scolastico.
La quarta parte è relativa agli aspetti delle dotazioni materiali e al fabbisogno di
attrezzature, infrastrutture, sussidi.
La quinta parte deve riguardare il piano di miglioramento anche in ottica RAV (rapporto
di autovalutazione) con conseguente rendicontazione sociale e diffusione dei risultati
conseguiti.
È previsto che i dati del piano di miglioramento possano essere utilizzati anche ai fini della
valutazione dei Dirigenti scolastici.

L’autovalutazione delle istituzioni scolastiche


Molto importante in questa ottica di autovalutazione è il Regolamento sul sistema nazionale
di valutazione in materia d'istruzione e formazione (DPR 28 marzo 2013 n.80). Questo
regolamento individua 4 priorità:
Autovalutazione delle istituzioni scolastiche
Valutazione esterna
Azioni di miglioramento
Rendicontazione sociale con la pubblicazione dei risultati raggiunti
Dobbiamo ricordarci che il RAV è uno strumento importantissimo per l’autovalutazione.

L’organico dell’autonomia
Altra novità importante introdotta dalla legge 107/2015 è quella dell'organico
dell'autonomia.
L’organico funzionale serve ad affrontare il problema del sostegno e dell’integrazione,
assicurando continuità didattica e formazione specifica per le diverse disabilità. Esso si
traduce nella creazione di un gruppo qualificato, che, nell’ambito di una rete di scuole, operi
dalla formazione dei docenti all’integrazione degli alunni disabili e che non si traduca in un
mero aumento quantitativo delle ore di sostegno.
L’idea di un organico funzionale risale alla metà degli anni 90 ma poi era stata abbandonata
e solo ora ripresa con la legge 107/2015.
L’organico dell'autonomia sarà determinato con cadenza triennale e su base regionale; esso
comprenderà l’organico di diritto, i posti per il potenziamento e l’organico dei posti di
sostegno. L’organico dell’autonomia è finalizzato a diventare organico funzionale.
L’attenzione alla cultura digitale
Nella legge 107/2015 trova ampio spazio anche il mondo della cultura digitale. La legge si
pone come obiettivo quello di sviluppare e migliorare le competenze digitali degli studenti e
di rendere la tecnologia digitale uno strumento didattico di costruzione delle competenze.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 34
Tale scelta si pone in continuità con quanto aveva stabilito l'Unione Europea nella
raccomandazione del 18/12/2006 che nel definire le 8 competenze chiave per
l'apprendimento permanente, aveva inserito anche quella digitale.
La Buona Scuola ha previsto un Piano nazionale scuola digitale (PNSD) per dare un
assetto definitivo al digitale nella scuola e ha previsto l’introduzione della figura
dell’animatore digitale (esperto).
Questa figura dovrebbe realizzare:
Una formazione interna alla scuola negli ambiti del PNSD
Attuare il coinvolgimento della comunità scolastica nell’organizzazione di varie attività sui
temi del PNSD
Creare soluzioni innovative da diffondere all’interno degli ambienti della scuola.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 35
CAPITOLO 8 - LA SFIDA DELLE COMPETENZE
Che cosa si chiede alla scuola
L’approccio per competenze sta suscitando nei sistemi scolastici europei un crescente
interesse determinando anche ricadute significative sulla progettazione curricolare,
sebbene in Italia questo approccio alle competenze risulta ancora incerto e ambiguo. La
scuola italiana, infatti, per storia e tradizione, si riconosce in un sistema centrato
essenzialmente sui contenuti disciplinari.
Anche se i docenti di fronte a questo nuovo paradigma manifestano perplessità, in realtà il
legame tra conoscenza e competenza è strettissimo. Infatti, la conoscenza è il presupposto
della maturazione di competenze specifiche e trasversali.
Nel quadro delle qualifiche e dei titoli del 23 aprile 2008 si sottolinea che:
Le conoscenze indicano il risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso
l’apprendimento
Le abilità indicano le capacità di applicare conoscenze e di usare know-how per portare
a termine compiti e risolvere problemi
Le competenze indicando la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e
capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio
La competenza (come mostra Pellerey) costituisce il punto di incontro tra i saperi del
soggetto, le capacità/abilità nell’applicarli e nell’esercitarli e, infine, la valorizzazione delle
risorse interne (volontà, intraprendenza, interessi, ecc.).
Tutto ciò comporta un nuovo modo di intendere il rapporto tra insegnamento e
apprendimento. Proprio per questo motivo una didattica di tipo trasmissivo non è più
adeguata.

Le indicazioni 2012
Come abbiamo appena visto la competenza è strettamente legata alle conoscenze, ma
non può prescindere dal rapporto con il contesto. L’idea della competenza, rispetto alle
tradizionali forme di insegnamento, rafforza la propensione tesa a promuovere spazi
innovativi di apprendimento, peraltro più rispondenti alle caratteristiche dei ragazzi di oggi.
All’interno delle indicazioni si parla di traguardi per lo sviluppo di competenze. Il termine
traguardi indica un orientamento al raggiungimento di una meta, non di obiettivi standard di
apprendimento predefiniti e/o precostituiti.
La parola sviluppo rafforza ulteriormente il concetto di traguardo sottolineando l’importanza
delle qualità delle esperienze di apprendimento e della cura educativa che gli insegnanti
sanno promuovere.
Nella scuola di base è necessario incentivare partecipazione, motivazione, tensione verso
l’apprendimento permanente e non solo acquisire abilità.
Per far questo è necessario, come ci ricordano le indicazioni, promuovere un ambiente di
apprendimento finalizzato all’acquisizione di conoscenze e alla conquista di competenze.

Partire con il piede giusto


Per realizzare quanto detto sopra è opportuno che il tema delle competenze sia centrale
nell’organizzazione della formazione dei docenti.
Utilizzando la metafora della casa (vedi fig. 8.3 pag. 132), quando si affronta Il problema
delle competenze, occorre darsi la pazienza di costruire solide fondamenta.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 36
Mario Castoldi sintetizza le connotazioni di questo paradigma con un acronimo CSSC che
sta per: constructive, (costruttivo); self-regulated (autoregolato); situated (situato);
collaborative (collaborativo). Di qui l’importanza di un approccio costruttivista
all'apprendimento all’interno del quale lo studente assume un ruolo attivo.

I livelli di competenza
Il significato di competenza può essere riferito a tre livelli:
Soggettivo
Oggettivo
Intersoggettivo
Nella scuola ha molta importanza la componente soggettiva, cioè il valore che l’alunno
conferisce alle attività che compie in un determinato contesto.
Per gli insegnanti questo cambio di paradigma arricchisce i dispositivi metodologici e
didattici passando da una didattica trasmissiva ad una autentica.
Da strategie centrate sull'insegnamento (basso livello decisionale) a didattiche centrate
sull’apprendimento (alto trasmissiva decisionale).
Ovviamente questo nuovo tipo di didattica centrata sull’apprendimento richiede
un’organizzazione di classe in senso cooperativo, dove occorre governare dinamiche più
complesse e talvolta imprevedibili.

Verso una nuova didattica per problemi e progetti


L’approccio più coerente per valorizzare pienamente le potenzialità del bambino e, quindi
rendere più significativo il tutto, è la didattica per problemi e progetti. Questo
orientamento, infatti, permette di avvicinare i bambini alla complessità di un pensiero critico
e creativo.
Il compito degli insegnanti, quindi, è quello di rendere attraenti le esperienze che si
intendono proporre e realizzare.
Molto importante e significativo, in accordo con le indicazioni nazionali, è il legame con le
competenze di cittadinanza che devono essere agite all’interno di strategie didattiche
innovative e contesti di apprendimento cooperativi, in un’ottica di sviluppo di compiti
autentici (compiti di realtà).

Didattica e valutazione autentica


Affrontare il tema delle competenze in ambito scolastico significa affermare una concezione
dell’apprendimento diversa da quella dei paradigmi tradizionali. Occorre abbracciare una
didattica costruttivista dove lo studente ha un ruolo attivo nel gestire il processo di
elaborazione della conoscenza.
La didattica per problemi e progetti rafforza:
L’autonomia di lavoro degli alunni
I punti di forza di ciascuno studente
La costruzione negoziata dei significati
La cooperazione/distribuzione dei ruoli
Le strategie metacognitive
L’apprendimento reciproco
Le competenze dovranno poi essere valutate attraverso la somministrazione di prove
autentiche con strumenti come le rubriche (vedi fig. 8.7 pagina 137).

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 37
La certificazione delle competenze
La valutazione autentica implica:
Un apprendimento costruttivo e significativo da parte dell’alunno
L’autenticità dei compiti richiesti
La partecipazione dello studente al processo valutativo
La valutazione autentica presuppone un riferimento a compiti reali, riscontrabili anche nella
vita extrascolastica.
Ma a cosa servono le rubriche?
Le rubriche:
Selezionano gli elementi più importanti per valutare la/e prestazione/i
Forniscono agli alunni i criteri di misurazione di tali elementi
Le indicazioni 2012 riprendendo l’art. 8 del DPR 122/2009, sottolineando che spetta
all’autonomia didattica delle singole istituzioni scolastiche progettare percorsi per la
promozione, la rilevazione e la valutazione delle competenze attraverso modelli che
verranno adottati a livello nazionale. Per la normativa scolastica (art. 8 DPR 122/2009)
questa certificazione delle competenze è prevista già al termine della scuola primaria.
Il modello nazionale della certificazione delle competenze (introdotto con il DM 9/2010)
presenta 3 livelli:
1. Di base
2. Intermedio
3. Avanzato
La CM 3/2015 introduce in via sperimentale un modello di certificazione per il primo ciclo
d’istruzione, che riprende il modello nazionale ma aggiunge un quarto livello: D – Iniziale
L’alunno/a, se opportunatamente guidato/a, svolge compiti semplici in situazioni note.
Inoltre la legge 107/2015 al comma 181, lettera i, prevede l’adeguamento, in raccordo con
la normativa vigente in materia di certificazione delle competenze, e la revisione della
modalità di valutazione e certificazione delle competenze al termine del primo ciclo e
secondo ciclo d’istruzione.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 38
CAPITOLO 9 - IL SISTEMA DI VALUTAZIONE E AUTOVALUTAZIONE D’ISTITUTO
L’avvio di un lungo processo
Già dagli inizi degli anni Novanta si diffuse l’idea di un organismo di valutazione da attuare
nella scuola statale. Nel 1990 durante le giornate degli “Studi generali della scuola italiana”
si sottolinea l’urgenza di tale autovalutazione. Qualche anno dopo in una circolare
ministeriale di educazione alla salute (n. 362 del 22 dicembre 1992) si parla, per la prima
volta, di PEI (Piano Educativo di Istituto) inteso come una dichiarazione di intenti formativi
di tutte le scuole.
Ci vorrà qualche altro anno per ritornare sulla questione e si inizierà a pensare di avviare
una valutazione anche dal punto di vista economico. Nel periodo tra il 1994 e il 1995, nel
più ampio contesto di riforma del pubblico impiego che ha portato alla sua
contrattualizzazione, i vari Ministri hanno emanato vari provvedimenti, in particolare il DPCM
del 7 Giugno 1195 che descrive lo schema della Carta dei servizi scolastici nel cui art. 10 si
riconosce la necessità di creare, anche nella scuola, un adeguato sistema di
autovalutazione.

I primi organismi
La Direttiva del 21 Maggio 1997, n. 307 istituisce il Servizio nazionale per la qualità
dell’istruzione (SNQI) affidando al CEDE (Centroeuropeo dell’Educazione con sede a
Frascati) la progettazione delle metodologie di rilevazione più affidabili. Si afferma il principio
della valutazione esterna per comprendere le condizioni del funzionamento del sistema
d’istruzione; nel 1999 il CEDE si trasforma in INVALSI (Istituto nazionale per la valutazione
del sistema dell’istruzione) dotato di personalità giuridica, autonomia amministrativa,
contabile, patrimoniale, regolamentare e finanziaria (D.lgs. 20 Luglio 1999, n. 258).

All’INVALSI vengono riconosciuti vari compiti:


Valutare l’efficienza e l’efficacia del sistema d’istruzione nel suo complesso e analiticamente
per la singola istituzione scolastica, inquadrando la valutazione nazionale nel contesto
internazionale; studiare le cause dell’insuccesso e della dispersione scolastica; valutare il
grado di soddisfazione dell’utenza.

Nascono tre progetti pilota realizzati, dal 2001 al 2004, presso istituti resisi disponibili,
attraverso la somministrazione di prove standardizzate ad alunni di scuola primaria e
secondaria di primo grado in Italiano, Matematica e Scienze. Dalla legge Moratti all’INVALSI
viene affidato il compito di effettuare verifiche periodiche e sistematiche sull’abilità degli
alunni e sulla qualità dell’offerta formativa. Con il D.lgs del 19 novembre 2004 n. 286
l’INVALSI viene ridefinito Istituto Nazionale per la valutazione del sistema educativo di
istruzione formazione, restando sotto la vigilanza del MIUR.
Specificamente l’INVALSI deve:
1) realizzare verifiche periodiche degli apprendimenti;
2) predisporre, per gli esami di Stato delle prove nazionali;
3) svolgere attività di ricerca;
4) studiare le cause dell’insuccesso e della dispersione scolastica;
5) assicurare la partecipazione dell’Italia a progetti di ricerca europei;
6) realizzare attività di formazione al personale docente e dirigente della scuola.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 39
Nascono nel 2007 le Indicazioni Nazionali per il curriculo della scuola dell’infanzia e del
primo ciclo d’istruzione, nelle quali si ribadisce il ruolo dell’INVALSI. Con la Legge n. 176
ottobre 2007 si definiscono le classi in cui somministrare le prove: II e V primaria, I e III
secondaria; II e V istruzione superiore. Questa stessa legge introduce la prova nazionale di
Italiano, Matematica e Scienze che concorre alla determinazione del voto finale.

Dal Servizio al Sistema nazionale di valutazione


La Direttiva triennale del MIUR n.74 (15 Settembre 2008) orienta la propria attività presso
la valutazione esterna, occupandosi di fissare gli obiettivi relativamente a 4 aree:
valutazione di sistema, valutazione delle istituzioni scolastiche, rilevazione degli
apprendimenti e degli insegnanti e del personale amministrativo. Dal 2010/2011 si iniziano
a prevedere i primi progetti di valutazione anche sugli insegnanti attraverso il progetto VSQ
(Valutazione Sviluppo qualità) per premiare i docenti migliori sulla base del criterio
reputazionale. Il VALeS perfeziona poi l’esperienza del VSQ, avvalendosi anche di valutatori
esterni coordinati da ispettori.

L’autovalutazione delle istituzioni scolastiche


La Legge 107/2015 prevede una serie di decreti, tra i quali uno che ridefinirà la normativa
in materia di valutazione e certificazione delle competenze degli allievi e modificherà i
processi di autovalutazione e anche il RAV, che è stato introdotto con il DPR 28 MARZO
2013, N. 80. La partenza dei processi valutativi nel sistema scolastico è un passo
determinante nel completamento del sistema di autonomia. Proprio quest’ultima, con la
valutazione e il miglioramento, rappresentano processi strettamente connessi tra loro. Con
la valutazione, sia interna che esterna, le scuole possono determinare le loro criticità ed i
loro punti di forza, per agire poi di conseguenza. Avviare il Sistema Nazionale di Valutazione
(SNV) vuol dire migliorare l’autonomia delle istituzioni scolastiche mediante la messa a
disposizione di procedure, strumenti e dati utili. Del SNV fanno parte: l’INVALSI, l’Indire e il
contingente degli ispettori tecnici.
Al primo spetta il compito di elaborare protocolli di valutazione esterna, definire indicatori di
efficienza ed efficacia delle scuole che ne hanno bisogni individuate dal SNV; seguire la
selezione, a formazione e l’inserimento in un apposito elenco dei numeri per la valutazione
esterna.
L’Indire sostiene le scuole nella definizione e attuazione dei piani di miglioramento
dell’offerta formativa; segui i processi sulla diffusione e sull’utilizzo delle nuove tecnologie;
Il contingente ispettivo realizza gli obiettivi del SNV prendendo parte ai nuclei di valutazione
e valorizzando il ruolo delle scuole nel processo d’autovalutazione d’istituto.
Le 4 priorità che caratterizzano il processo sono: L’autovalutazione delle istituzioni
scolastiche; la valutazione esterna; le azioni di miglioramento e la rendicontazione
sociale che prevede la pubblicazione dei risultati. E’ questo, un approccio organico alla
valutazione: i primi tre sono piani di azione che confluiscono nella rendicontazione sociale.
La finalità del RAV è di promuovere la formazione degli alunni e realizzare notevoli
cambiamenti negli esiti formativi e educativi degli alunni per ogni scuola. Il modello si articola
in 5 sezioni (vedi schema pag.149): contesto, esiti, processi, processo di autovalutazione e
individuazione delle priorità, tutto per consentire alle scuole di passare dal check-up
all’individuazione delle priorità sulle quali elaborare il progetto di miglioramento. In realtà nel
Rav sono anticipati vari principi presenti nella Legge 107/2015.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 40
Il procedimento di valutazione
Il concetto chiave del SNV è miglioramento, la cui promozione si gioca a vari livelli: tecnico,
per la gestione delle varie fasi di miglioramento, organizzativo, per predisporre condizioni
favorevoli all’evento valutativo, motivazionale, realizzare clima di fiducia tra docenti. Tra gli
aspetti più significativi introdotti dal Regolamento ricordiamo l’obbligatorietà
dell’autovalutazione d’istituto tramite un format digitale predisposto dall’invalsi e alla
valutazione esterna affidata a un nucleo composto da 1 dirigente e 2 esperti. E’ questo un
processo che prevede varie azioni, quindi risulteranno determinanti l’unità di
autovalutazione d’istituto, le figure di staff, i coordinatori di classe e i docenti con compiti
specifici. La scuola dovrà organizzare una struttura di servizio adeguata ad ogni momento
del procedimento di valutazione. Facendo sempre riferimento all’autovalutazione nella
Circolare n. 47, tutte le scuole, nel corso del primo semestre del 2015, elaboreranno il loro
RAV con sezione dedicata alle strategie di miglioramento.
Mentre prende il via la valutazione esterna, dall’ a.s. 2015/2016 le scuole avvieranno i piani
di miglioramento, mentre verrà sottoposto a valutazione esterna un ulteriore contingente di
scuole. Il triennio 2016/2017 sarà concluso con la rendicontazione sociale.

Fondamentalmente l’insieme degli interventi che caratterizzeranno i triennio saranno:


1) la riduzione della dispersione e dell’intervento formativo;
2) le differenze tra scuole e aree geografiche nei livelli di apprendimento;
3) rafforzamento delle competenze di base rispetto alla condizione di partenza;
4) la valorizzazione degli esiti degli studenti in riferimento all’Università;

Il nucleo di valutazione
Anche nelle Indicazioni del 2012 riconoscono l’importanza dell’autovalutazione delle scuole;
ad ognuna di esse si suggerisce di creare un’unità di autovalutazione per individuare le
priorità strategiche e i piani di miglioramento. Tale nucleo ha il compito di individuare le
priorità di lavoro riconosciute dalla comunità.
La parte finale del RAV può essere definita come uno schema delle priorità, cioè degli
obiettivi che si prefigge. I traguardi di lungo periodo sono i risultati attesi, mentre gli obiettivi
di processo sono la definizione operativa delle attività su cui si intende intervenire.
In conclusione possiamo dire che la valutazione contribuisce a promuovere un approccio
inclusivo, anche se punti di forte criticità sono rappresentato dal rapporto tra valutazione
interna ed esterna: questi appaiono come inconciliabili, ma per i quali bisogna trovare una
condivisione in quanto complementari e interdipendenti

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 41
CAPITOLO 10 - RIFLESSIONI SUL PENSIERO PEDAGOGICO E DIDATTICO
La pedagogia in Frabboni
(Riflessione di Massimo Baldacci sul pensiero di Frabboni)
(Nota: i paragrafi che seguono sono la spiegazione, ed insieme il riassunto, dei paragrafi
del cap. 10 Sguardi profondi, Il guardaroba pedagogico, una quercia antica, una scienza tra
dubbio e progetto,)

Il sistema formativo integrato


La questione del sistema formativo integrato prende le mosse dalla critica dell’ipotesi della
«descolarizzazione» (Ilich). I descolarizzatori denunciavano la contraddizione storica tra le
esigenze di una formazione democratica e la sopravvivenza di una scuola conservatrice che
perseguiva la mera riproduzione sociale, generando un contrasto tra la viva cultura
territoriale e un sapere scolastico astratto. Questa critica però è vista, da Frabboni, in forma
antinomica, attraverso l’opposizione tra due direzioni formative: una scuolacentrica (quella
tradizionale) e una ambientecentrica (quella dei descolarizzatori).
Il superamento della dialettica antinomica trova espressione trascendentale nell’idea di
sistema formativo integrato, che simboleggia l’esigenza d’integrazione razionale tra la
modalità scuolacentrica e quella ambientecentrica, superando soluzioni unilaterali senza
sopprimere la tensione antinomica in una sintesi astratta.

La fenomenologia delle forme di rapporto tra scuola e ambiente


dalla integrazione unitaria tra i tempi formativi scolastici e quelli extrascolastici, all’apertura
della scuola sull’ambiente (uso didattico delle risorse formali e informali del territorio),
all’apertura della scuola all’ambiente (l’ingresso nella scuola di esperti, di genitori ecc.).
Nella metodologia problematicista di Frabboni troviamo, dunque, la confluenza tra una
sensibilità «materialista» verso la dimensione storico-sociale dei problemi educativi e una
strategia critico-razionalista di elaborazione pedagogica di questi problemi.
La consapevolezza critica della realtà è cruciale nel suo modo di fare pedagogia e, infatti,
si è sempre adoperato per una pedagogia che parta dagli uomini concreti e dai loro reali
problemi.

La pedagogia come scienza autonoma


Questa istanza prende corpo nel quadro dell’applicazione del problematicismo alle questioni
empiriche della formazione, rispetto alle quali esso permette di elaborare scelte che
rappresentano ipotesi per la pratica formativa.
Si tratta quindi di un paradigma razionalista-deduttivo -> la teoria pedagogica non si deriva
dall’esperienza educativa, bensì muove dalle teorie e si rivolge ai fatti educativi per
controllarle, criticarle e rettificarle.
La condizione sine qua non, perché la pedagogia possa considerarsi una scienza, è che si
mostri in grado di soddisfare i requisiti a cui ogni disciplina deve rispondere per poter essere
definita come «scienza». Tali requisiti sono individuati in sei categorie formali concernenti:
l’oggetto, il linguaggio, la logica ermeneutica, il dispositivo investigativo, il principio euristico,
il paradigma di legittimazione. La pedagogia soddisfa questi requisiti e possiede un proprio
«alfabeto teorico» che la rendono scienza autonoma.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 42
Il «dispositivo investigativo», pur essendo pluralistico, per la ricerca pedagogica di base è il
modello della ricerca-azione che si caratterizza come una forma di ricerca sul campo, nella
quale è forte la connessione tra l’oggetto d’indagine e i problemi socioeducativi di un certo
contesto, e che privilegia uno stile partecipato nel gruppo degli operatori. Già nelli anni ’70,
molto prima che le teorie e le pratiche di ricerca-azione arrivassero in Italia, Frabboni aveva
messo a punto il modello di problematicismo come pedagogia in situazione.
“È dunque attraverso una ricerca partecipata e svolta su campo che il contributo
Interdisciplinare perviene ... alla versione – assai rara – della transdisciplinarità” (Frabboni,
1974)

Una teoria critico-razionalista della ricerca-azione


Si tratta però di preparare l’azione educativa attraverso un sistema d’ipotesi:
1. ricerca-azione in senso ipotetico-deduttivo -> secondo una concezione razionalista
della ri- cerca pedagogica
2. ricerca-azione in una forma coerente con la logica della pedagogia, secondo
l’articolazione dialettica teoria-prassi-teoria

Il principio euristico della pedagogia


Per «euristica» si intende l’arte della ricerca, cioè quel complesso di principi che guidano la
genesi delle ipotesi, senza che tali principi possano venire codificati in modo meccanico,
cosicché essi rappresentano «massime» piuttosto che «algoritmi»
Per Frabboni, la pedagogia pone il principio euristico al centro dei propri processi di
problematizzazione, formalizzazione e riformulazione delle antinomie strutturali del di-
scorso educativo. In particolare il suo “clic” euristico fa tutt’uno con l’apertura al
trascendentale, al possibile, all’utopia.
Il che significa che la dimensione teoretica «pura» della pedagogia interagisce con la sua
dimensione scientifica, assolvendo il compito di fornire alla ricerca empirica idee regolative
(espresse in forma di antinomie) in grado di fungere da principi-guida per l’ideazione e la
formulazione di un sistema di ipotesi preliminare all’azione empirica e che prepara
quest’ultima, fornendole senso e direzione, secondo la curvatura razionalista assegnata al
dispositivo investigativo della pedagogia.
Il problematicismo assume il valore di cornice paradigmatica generale per la pedagogia
come scienza, qualificandola come un sapere complesso, critico e problematico. La filosofia
dell’educazione e la pedagogia non sono più distinte poiché il problematicismo le
ricomprende entrambe. Da un lato si parlerà di problematicismo come pedagogia
razionalista e dall’altro come pedagogia in situazione.
Il problematicismo come pedagogia razionalista, esibisce un orizzonte antidogmatico siglato
dall’idea trascendentale (che fa valere la funzione regolativa delle antinomie educative) e
dall’idea del possibile (che dà una prospettiva plurilaterale alla modellistica educativa) e una
funzione prevalentemente teoretica (ma, in ultima analisi, teorico-pratica): quella della
comprensione della problematica educativa (ma in modo tale che rappresenta già una
trasformazione di questa). Il secondo, il problematicismo come pedagogia in situazione,
esibisce un orizzonte operativo siglato dalla scelta educativa e dall’impegno ad agire nella
storia per realizzarla e una funzione prevalentemente pragmatica (ma, in ultima analisi,
teorico-pratica): quella della trasformazione della situazione educativa (ma in modo tale che
rappresenta anche una comprensione di questa).
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 43
Entrambi i momenti sono però momenti interni alla pedagogia ed entrambi hanno carattere
teorico-pratico, anche se con gradi di teoreticità e di pragmaticità diversi.

Modernità e post modernità


Ci troviamo in un periodo di transizione che ha si lasciato le sponde della modernità, ma
che non ha ancora attraccato nei porti della post modernità. in questi anni stiamo avvertendo
un continuo parlare dell'informazione di massa attorno alla parola educazione. L’educazione
è lo sviluppo di tutti gli aspetti della personalità umana, fisici, intellettuali, affettivi e del
carattere. L'istruzione e la formazione sono risorse umane da non disperdere, ( convinzione
già dettata da Dewey e Montessori),perché lascerebbe il via libera a un' umanità priva di
libertà intellettuale e di pensiero plurale. Ciascun essere umano ha potenzialmente
l’intelligenza che lo conduce alla conoscenza graduale del mondo circostante e all’impiego
di certi mezzi per impadronirsene e affermare se stesso. Ha già delle energie affettive da
esprimere e delle naturali attitudini. Dipenderà in gran parte dall’educazione, dagli stimoli
ambientali che quelle energie potenziali trovino il modo più compiuto e più equilibrato di
realizzarsi. Il concetto d’educazione è più ampio di quello di istruzione (che si riferisce alla
sola educazione intellettuale). L’educazione ha due aspetti, uno interno ed uno esterno.
L’aspetto più appariscente è quello esteriore, cioè quell’insieme di azioni, atteggiamenti,
parole accorgimenti che una persona mette in opera per educarne un'altra. Si chiama etero-
educazione tutto quel complesso di atti e di circostanze ambientali esterne che costituiscono
il contributo indispensabile alla nostra formazione. Nel processo educativo vi è la possibilità
di assorbire tutti gli elementi culturali che millenni di civiltà hanno accumulato. La cultura è
tutto ciò che l’uomo ha ideato e costruito trasformando la natura a suo vantaggio.

La didattica come scienza della formazione


Secondo Giovanni Maria Bertin, per dare una maggiore qualità formativa al nostro sistema
d'istruzione ha elencato sei punti ( perle) che ad oggi assicurano nobiltà alla scuola lungo il
cammino sempre più impervio del XXI secolo.
Prima perla: sostituire all'unità scolastica della classe la pluralità dei gruppi di studio
seconda perla: sostituire all'uniformità dei programmi distinti per classi , la diversità dei
piani di studio corrispondente ciascuno alle esigenze interiori di coerenza e di organicità.
terza perla sostituire alla disciplina quale centro dell'insegnamento il campo di ricerca
per sottolineare la convergenza tra aspetti del sapere e apprendimento
quarta perla sostituire metodologie ripetitive con metodologie e problematiche orientate
a stimolare la creatività
quinta perla sostituire la valutazione corrente, con procedimenti di verifica delle
competenze conseguite dall'allievo.
Sesta perla superamento dell'attuale isolamento della scuola dal mondo civile che rende
impossibile il contributo alla formazione sociale.

Le intelligenze multiple
Secondo lo psicologo americano H.Gardner non esiste un solo tipo di intelligenza, ma una
molteplicità di forme, ovvero potenzialità biologiche presenti sin dalla nascita che in ogni
essere umano assumono una particolare combinazione di livelli di sviluppo, rendendo unico
il suo profilo intellettivo L’evolversi di ciascuna intelligenza e il raggiungimento di gradi più o
meno elevati, risulta in parte condizionato da fattori genetici, ma dipende anche dalle
opportunità di apprendimento offerte da una particolare contesto culturale.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 44
Non basta, dunque, individuare le inclinazioni personali, occorre esercitarle, in caso
contrario rimarranno nello stato embrionale. L’ intervento educativo auspicato da Gardner
non è quello di un’istruzione nozionistica, ma di una mediazione didattica che, di fronte all’
imprevedibilità delle esigenze dell’adulto del futuro, favorisca la comprensione di contenuti
basilari e soprattutto la padronanza degli strumenti di accesso ai vari ambiti culturali,
affinché il soggetto possa costruirsi il proprio sapere in autonomia anche attraverso la
possibilità di scelta di quei saperi maggiormente affini alla propria natura. Tenendo presente
quanto affermato dallo stesso Gardner, la teoria delle intelligenze multiple non ha carattere
di prescrittività nei confronti della pratica pedagogica; si potrà pertanto, mantenere fede al
suo principio basilare, attraverso una mediazione didattica che faciliti la mobilizzazione delle
diverse intelligenze, scegliendo in piena libertà gli obiettivi, i contenuti, le attività e le
strategie. Occorre altresì tenere presente che, in ambito scolastico scoprire le combinazioni
di intelligenze dominanti in un determinato soggetto ha il fondamentale scopo di
personalizzare la mediazione didattica, non deve quindi ridursi ad essere funzionale
all’orientamento, né tanto meno scadere in una precoce etichettatura dei bambini.

Un trenino, tre stazioni (La ricerca in pedagogia)


La ricerca sperimentale
Si tratta di materiali investigativi dai rigorosi vincoli descrittivi per l’osservazione-
interpretazione-verifica dei saperi curricolari: il tutto tramite l’uso di strumenti di indagine
altamente formalizzati. Dotati di affidabili strumenti di rilevazione empirica, nonché di prove
oggettive di misurazione dei rendimenti cognitivi e delle dinamiche relazionali dei soggetti
in Formazione.
La ricerca clinica
Il suo compito è verificare le complesse dinamiche interpersonali che si generano nella vita
di classe. Questo ambito di Ricerca si propone di trasferire in campo scolastico le
metodologie tipiche del setting nutrite di psicologia clinica, di psicoanalisi e di antropologia
culturale (biografia, autobiografia).
La ricerca sul campo
Questa, gode di un apparato congetturale ed empirico che interagisce dialetticamente con
gli altri convogli della Ricerca in didattica (sperimentale e clinica), proponendosi da crocevia
di confluenza e di sintesi dei trenini citati.
Si tratta della ricerca azione (vedi primi paragrafi) che è in sinergia e stretta connessione
con il Problematicismo Didattico (Pd) del Frabboni.
Caratteristiche della Ra che si possono ascrivere al Pd
1. La stretta interconnessione esistente nella Ra tra oggetto di Ricerca e problemi
socioculturali. La produzione delle conoscenze non viene mai separata dal momento
dell’azione.
2. La Ra considera i risultati dell’indagine né oggettivi, né definitivi. Questo perché
riflettono un processo, e non un prodotto
3. La Ra coinvolge esistenzialmente il ricercatore al punto che sono oggetto di analisi (di
riflessione pedagogica) gli stessi «vissuti» del gruppo che fa ricerca;
4. La metodologia investigativa della Ra non è mai scelta a-priori, perché è conseguente
alla natura dell’oggetto di indagine.
5. La Ra valorizza la pratica della valutazione formativa, in itinere.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 45
La didattica in didattica
Il Problematicismo didattico (Pd) è nelle condizioni di rispondere esaustivamente sia alle
aspettative (bisogni, motivazioni, interessi) del soggetto in formazione sia alle domande
(culturali, sociali, valoriali) degli oggetti della formazione. Il Pd assicura alle giovani
generazioni un 'alfabetizzazione compiuta. A tal fine il Pd disegna una sorte di terza via. Alla
didattica passiva che interpreta l'istruzione come padronanza di uniformi e omogenei
standard cognitivi e alla didattica attiva che interpreta l'istruzione come percorso cognitivo
spontaneo il Pd propone una terza via problematica e critica. Alla didattica preformalizzata,
che enfatizza un istruzione erogata dall’insegnante, dal libro di testo, dalla lavagna
elettronica e dal power point , e alla didattica puerocentrica o spontanea che enfatizza le
conoscenze casuali, asistematiche, emotive, il Pd consiglia un modello terzo di
insegnamento e di apprendimento. la sua alternativa è quella di un integrazione di incontro
della formazione che va dalla scuola dell'infanzia alla scuola primaria fino alla secondaria.
Il Pd funge da orientamento lungo i percorsi dell'istruzione sia come guida culturale, sia
come proposta curriculare, sia come opzione metodologica. il Pd ha il compito di praticare
sistemi di ipotesi ( obiettivi formativi, traguardi, strategie dell'apprendimento ) da controllare
attraverso il fare / Scuola quotidiano. di conseguenza , se le lenti teorie non sono idonee a
risaltare le pratiche empiriche dell'istruzione allora devono essere allontanate. se invece si
focalizza l'attenzione sui processi di apprendimento insegnamento , queste dovranno
essere esposte al Pd mantenendo sempre un carattere ipotetico e congetturale.

Didattica generale
La didattica è “la parte della teoria e dell’attività educativa che concerne i metodi
dell’insegnamento La didattica generale è una idea organizzativa che possiede la capacità
di modificarsi, pur mantenendo ben salde le strutture fondanti; si può dunque, a ragione
parlare di una didattica generale che si delinea come didattiche particolari per far fronte alle
incessanti sfide educative derivanti dalle conformazioni sociali e culturali. In riferimento ai
singoli compiti educativi dei molteplici enti, occorre elaborare una pedagogia particolare, in
modo da precisarli sempre meglio nelle loro caratteristiche e modalità di attuazione. In altri
termini, i corpi sociali intermedi sono richiamati ad operare pedagogicamente sui loro
associati. Ciascun ente o istituzione deve mirare ad assolvere il compito educativo che gli è
proprio, identificando specifici obiettivi, quindi, metodi e didattiche precise contro qualsiasi
generalizzazione. In generale possiamo allora definire la didattica come un ambito
conoscitivo che si occupa criticamente dell’allestimento, consolidamento e valutazione di
“ambienti di apprendimento”, cioè di specifici contesti risultanti da opportune integrazioni di
artefatti culturali, normativi, tecnologici e di specifiche azioni umane, ritenuti atti a favorire
processi acquisitivi. La didattica è una delle forme in cui si analizza, si progetta, si attua, la
vicenda dell’educazione. Essa si prospetta come concentrazione riassuntiva finale in
direzione operativa dell’intero processo, attraverso il quale l’intelligenza pedagogica affronta
le problematiche della formazione in senso lato, e dell’istruzione in senso stretto “Scienza e
arte dell’insegnamento”, come tale rientra a pieno titolo nella pedagogia come scienza e
arte dell’educazione, costituendone una sezione o branca specifica. La didattica, pertanto,
è questo: un dominio culturale che si propone di elaborare la trasmissione della cultura, del
pensare strutturato.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 46
Didattica disciplinare
Senza cercare una definizione generale, abbiamo posto attenzione agli aspetti concreti della
didattica disciplinare, che riguarda tutto quello che si insegna a scuola. La didattica
disciplinare cerca risposte alle seguenti domande: Che cosa? (Cose fondamentali, o nuclei
fondanti) Come? A chi? Perché? Si tratta, in particolare, di rendere insegnabile un sapere I
problemi della didattica disciplinare sono diversi per disciplina; è opportuno il coordinamento
già proposto tra indirizzi con lo stesso nome nelle diverse sedi, per scambi di informazioni,
materiali, bibliografie, etc. La didattica disciplinare comprende, fra l'altro, la rilettura della
disciplina, la definizione di obiettivi, una riflessione epistemologica, la progettazione
curricolare, l'analisi del materiale di lavoro. la didattica disciplinare si suddivide in quattro
obiettivi formativi: il primo traguardo , riguarda la morfologia delle materie scolastiche. il
secondo traguardo, ottimizzazione dei mediatori dell'istruzione: power point la lavagna , il
mastery learning. il terzo traguardo , approfondire le procedure individualizzate , attraverso
pratiche di autoapprendimento sia attraverso itinerari didattici a misura dell'alunno. il quarto
traguardo riguarda, degli accertamenti dei rendimenti degli allievi nelle singole discipline
attraverso prove di verifica sia aperte sia chiuse.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 47
Capitolo 11 - LO SVILUPPO DEL BAMBINO
Lo sviluppo sociale

Tra eredità e ambiente c’è un’interazione continua che incide sullo sviluppo e sull’ambiente
stesso.
1° gruppo sociale: la famiglia (luogo della socializzazione primaria) fornisce l’IMPRINTING
Prima relazione sociale: la madre
A 2 mesi riconosce la voce, a 3 il volto
A questo primo legame sociale si è dato il nome di ATTACCAMENTO

Primo passo verso il processo di apprendimento, non sempre da considerarsi positivo.


Modelli di stili genitoriali: autoritario/autorevole/permissivo
Permissivo dipendenza
Autoritario aggressività/devianza

Anche il linguaggio usato ha influenza sociale


- Linguaggio pubblico (delle famiglie deprivate culturalmente) povertà lessicale
- Linguaggio formale quello privilegiato a scuola.

Lo sviluppo cognitivo

Riguarda la capacità di pensare, le modalità e le strategie di risoluzione dei problemi, le


tappe e gli stili del pensiero del bambino.

AUTORI
Piaget: Il modo di pensare del bambino ha caratteristiche proprie che cambiano lungo il
percorso evolutivo che si sostanzia in tappe o stadi.
Stadio senso motorio (0-2 anni) caratterizzato da riflessi, reazioni circolari primarie,
secondarie e terziarie, consapevolezza della permanenza dell’oggetto, necessità che gli
oggetti siano sempre presenti per essere percepiti e usati nella soluzione di un problema
Stadio del pensiero preoperatorio (2-7 anni) suddividibile in
- uno stadio preconcettuale con linguaggio a fini funzionali e forma di pensiero dal
particolare al particolare (se A è sempre associato a B, quando compare A deve
comparire anche B).
- uno stadio intuitivo caratterizzato da egocentrismo, vocalizzazione, irreversibilità
Stadio delle operazioni concrete (7-12 anni): le proprie ipotesi si basano sull’esperienza
passata. La natura delle ipotesi è assoluta. Diviene meno egocentrico e diventa capace
di decentramento. Acquisisce la conservazione di quantità, peso, volume (in tempi
differenti).
Stadio delle operazioni formali (12-oltre) caratterizzato dal ragionamento
ipotetico/deduttivo.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 48
Il bambino possiede processi cognitivi invarianti per tutta la vita:

ADATTAMENTO: ASSIMILAZIONE: ACCOMODAMENTO:


i vari schemi si oggetti nuovi vengono creare, modificare,
evolvono per incorporati,subordinati aggiungere, togliere,
migliorare a strutture cognitive risistemare schemi
efficacia/efficienza già esistenti, senza per formare sequenze
cognitiva modificarle di schemi

Bruner individua 3 stadi di pensiero:


1. Attivo (pensiero basato sul fare)
2. Iconico (il pensiero è immaginazione)
3. Simbolico (si usa il linguaggio)
Tutte le modalità di pensiero persistono nel tempo.

HIP (Human information Processing= elaborazione umana dell’informazione) è un


approccio che esamina come i bambini riconoscono, codificano, immagazzinano,
recuperano le informazioni per risolvere problemi cognitivi.
Il bambino fallisce in un compito se non riceve aiuto adeguato in uno o più di questi 4
processi, ciascuno dei quali coinvolge sottoprocessi.
Questo approccio sottolinea che dobbiamo tenere conto del tipo di cultura in cui un bambino
viene cresciuto.

Lev Vygotskij, è uno degli autori più sensibili all’influenza di cultura e ambiente sullo
sviluppo cognitivo. Le capacità cognitive vengono costruite in un processo interattivo le
opportunità di stimolo e con la guida fornita dall’ambiente. Gli adulti possono guidarli e
fornire impalcature di aiuto grazie alle quali possono agire come se fossero competenti o
sviluppare le strategie necessarie.
Lo sviluppo cognitivo dipende largamente dal linguaggio.

Lo sviluppo linguistico
4-6 mesi - comparsa lallazione: stadio prelinguistico in tutto il mondo (quindi non influenzato
dall’ambiente esterno).
In seguito i bambini diventano consapevoli che alcuni suoni trovano corrispondenza,
riscontro positivo in altri, ciò produce gratificazione, rinforzo.
Il bambino tende quindi a ripetere tali suoni e a eliminare gli altri.
Poi prova a ripetere tali nuovi suoni inserendoli nel proprio repertorio da suoni lallati a suoni
con parole.

NB. Allo stadio della lallazione i bambini possono cogliere qualsiasi linguaggio ed enunciarlo
perfettamente. Quando hanno eliminato i suoni lallati è però difficile recuperarli.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 49
Da qui l’importanza di intervenire precocemente con i bambini non udenti: prima si
interviene, minori saranno le distorsioni nella pronuncia dei suoni.

Dopo aver copiato le parole dei grandi e averle associate alle cose, iniziano a formare frasi
Incominciano a inventare (origine ipercorrettismi)
Chomsky: Gli individui umani sono geneticamente equipaggiati per acquisire il linguaggio.
Questa dotazione genetica è chiamata LAD ( Language Acquisition Device“.
Il bambino inizia a parlare se si verificano 2 condizioni:
1) Genetica: il LAD
2) Ambientale: effettiva esperienza di udire dei “parlanti”
- considerare quantità/qualità degli imput ( il bambino più sente parlare più parla, meglio
sente parlare, meglio parla)
- considerare la disponibilità a rispondere.
Fontana suddivide il vocabolario del bambino in attivo e passivo
passivo: parole comprese (+ vasto)
attivo: parole che riesce a usare a scopo comunicativo.
Le variazioni sono fisiologiche.
Scansioni temporali: sostantivi verbi pronomi (2 anni) avverbi /aggettivi/termini
comparativi
Bernstein: i bambini provenienti da ambienti poveri usano il linguaggio in modo diverso ma
ugualmente significativo. Da qui il ruolo della scuola che deve fornire incoraggiamento,
informazione supporto per le difficoltà linguistiche.

Ruolo dell’insegnante
Inserire una nuova struttura in strutture linguistiche già possedute dagli alunni;
Rispondere sempre alle domande sulla lingua e giocare con le parole
Fornire loro un feedback (anche gli errori possono essere sfruttati anziché demonizzati), ne
è un es. Grammatica della Fantasia di Gianni Rodari

Lo sviluppo dell’intelligenza
Test Binet Simon: trovare un modo di misurarla dall’abilità nelle risoluzioni dei test, una
volta stabilita la “prestazione media” si ricava una classificazione di più intelligenti ai più
ottusi. Questo portò al concetto di ETA’ MENTALE.
Lewis Terman sviluppò tale concetto e diede vita al Q.I. (quoziente intellettivo)
determinato prendendo il rapporto tra età mentale/età cronologica e moltiplicando per 100:

𝐸𝑀
Q.I. = X 100
𝐸𝐶
Se EM=EC, Q.I. = 100
Questo concetto possiede almeno 3 limiti:
- avrebbe potuto trasformarsi in uno strumento di selezione
- lo svantaggio rilevante dopo i 15 anni (l’EM non migliora)
- il Q.I. può essere migliorato da fattori ambientali

Importante è il ruolo della scuola: i bambini con Q.I. uguale sviluppano doti diverse e
migliorano le prestazioni se inseriti in ambienti stimolati.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 50
Lo sviluppo affettivo

Il termine affettivo si trova in genere in riferimento a tutti quegli elementi che vanno a
costituire la personalità

Personalità: comprende atteggiamenti/comportamenti abituali, sistemi di valori e


convinzioni, emozioni, sentimenti, autostima e percezione del proprio Sé.

Si nasce con un temperamento, si cresce con una personalità.


Il temperamento fa i conti con l’ambiente, le esperienze, le condizioni di vita, le cure … Tutto
ciò forgia la personalità. Si distinguono:

Tratti di personalità sono stabili e vengono equiparati al temperamento


Stati di personalità sono transitori e possono essere equiparati a stati d’animo e al modo
in cui si fa esperienza di se stessi e degli altri.

Entrambi influenzano l’apprendimento.

L’individualizzazione dell’insegnamento è necessaria non solo in rapporto a fattori cognitivi,


ma anche affettivi (stati/tratti di personalità).

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 51
CAPITOLO 12 - INQUADRAMENTO TEORICO SULL’APPRENDIMENTO
Teorie dell’apprendimento
L’apprendimento è qualcosa di inscindibile dal nostro modo di pensare o agire. Esso ci
accompagna per tutto l’arco della vita; influenza e, allo stesso tempo, è influenzato non solo
dal versante cognitivo della persona ma anche da tutta la sfera affettivo-emotiva-
motivazionale.

Dal punto di vista scolastico esso coinvolge quindi pensieri, sentimenti, azioni dell’alunno e
del docente in uno scambio e negoziazione che può avere valenza positiva se ha come
risultato l’ampiamento delle conoscenze, negativa se fa emergere sentimenti di
inadeguatezza (Novak 2001).

Definizione: Il termine “apprendimento” indica un cambiamento relativamente permanente


del comportamento, ed è risultato di esperienze di interazione tra il soggetto e l’ambiente
che conducono allo stabilirsi di nuove configurazioni di risposta agli stimoli esterni. Questa
definizione è legata all’origine più arcaica (quella di tipo associativo e meccanico), mentre
l’accento sul cambiamento pone l’attenzione ai processi sottesi, alle funzioni cognitive
superiori e, quindi, alla complessità del processo di apprendimento.

Il comportamentismo: dagli albori dell’apprendimento ai risvolti applicativi più attuali


Secondo questo approccio ciò che può essere studiato è solo il comportamento
osservabile, non i processi mentali o affettivi o sociali (visione contrapposta a quella dei
cognitivisti, che vedremo in seguito). Esisterebbero delle leggi universali alla base di ogni
apprendimento.

Il condizionamento classico di Pavlov


È basato su un apprendimento di tipo associativo (stimolo-risposta): uno stimolo
incondizionato (carne) dà origine a una risposta incondizionata, riflessa, innata
(salivazione). Associando uno stimolo neutro e presentandolo prima dello stimolo
incondizionato- carne (esempio: suono del campanello) e ripetendo più volte tale
associazione, la sola presentazione del suono provoca la salivazione (il suono = stimolo
condizionato, salivazione = risposta condizionata).

APPLICAZIONI IN AMBITO EDUCATIVO: attraverso l’associazione stimolo – risposta è


possibile creare catene di condizionamenti (disabilità gravi, sviluppo delle autonomie
personali e sociali). Importanti applicazioni inoltre si ritrovano nella generalizzazione dello
stimolo, nei fenomeni della desensibilizzazione e dell’estinzione, nella discriminazione e nel
condizionamento di “ordine superiore”.

Il comportamentismo di Watson
Rileva il primato dei fattori ambientali: noi siamo ciò che abbiamo appreso. Secondo W.,
infatti, l’essere umano nasce con alcune connessioni S-R (stimolo- risposta) dalle quali, in
seguito, se ne possono creare altre. La natura umana è quindi suscettibile di modificazioni
grazie alle influenze reciproche tra esperienze di apprendimento passate e attuali. Watson
non pone limiti a ciò che una persona, con un opportuno e adeguato condizionamento, sarà
in grado di fare.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 52
CASO DEL PICCOLO ALBERT = spiegazione della genesi di alcune reazioni, come la
paura, sulle basi della legge del condizionamento. Di qui importanti teorizzazioni per la
terapia delle fobie.

Il connessionismo di Thorndike
Thorndike analizzò le conseguenze premianti e punitive all’emissione di una risposta
(esperimento gatti rinchiusi nella gabbia – problema). L’apprendimento della risposta
corretta (azionare la cordicella ) non era dovuto ad una presa di coscienza intelligente ma
al progressivo consolidamento della connessione S-R (di qui il termine connessionismo).
Non è, quindi, importante la contemporaneità della comparsa stimolo-risposta, ma gli effetti
che seguivano quest’ultima (se piacevoli = rafforzamento risposta, se spiacevoli =
indebolimento)

La teoria della contiguità di Guthrie


Secondo G. è sufficiente che S-R compaiano insieme perché si abbia apprendimento (un
apprendimento meccanico, associativo, in cui assume rilevanza la vicinanza nel tempo e
l’esercizio = legge dell’associazione per contiguità).
Applicazioni pratiche: metodi per modificare le “cattive abitudini”:
- Metodo della soglia (presentare stimoli in forma attenuata = la risposta indesiderata non
si verifica)
- Metodo dell’affaticamento (“stancare la persona e scoraggiare la risposta”)
- Metodo degli stimoli incompatibili (unire stimoli associati alla risposta indesiderata
ad altri stimoli incompatibili)

La teoria dell’apprendimento di Hull


Teoria complessa e articolata che introduce interessanti elementi innovativi. Caratteristica
è l’inserimento di un complesso sistema di variabili:
- Variabili indipendenti: quelle che si possono manipolare direttamente (stimoli,
avvenimenti, esperienze…)
- Variabili intermedie o intervenienti: fanno riferimento a stati ipotetici dell’organismo e
possono essere influenzate dalle V. indipendenti (forza dell’abitudine, pulsione,
motivazione da incentivo; tutte e tre generano il potenziale di reazione o eccitazione.
- Variabili dipendenti: aspetto del comportamento osservabili e misurabili (ampiezza,
entità e velocità della risposta, resistenza all’estinzione).

Le teorizzazioni di H. furono approfondite dalla scuola di Yale.


Il condizionamento operante di Skinner
Evidenzia due tipi principali di comportamento:
- Comportamento rispondente (quello individuato dal condizionamento classico)
- Comportamento operante: è volontario ed è influenzato dagli stimoli che lo seguono
(concetti di rinforzo e punizione)

I rinforzi ricoprono un ruolo centrale in queste teorizzazioni. Distinguiamo:


- Rinforzi positivi = rafforzano la probabilità di emissione di un comportamento
- Rinforzi negativi = la cui scomparsa provoca uno stato di sollievo.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 53
Un’ulteriore distinzione va fatta tra rinforzi primari (= soddisfare bisogni biologici ) e rinforzi
secondari (= eventi che associati a rinforzi primari hanno potere rinforzato)- (Es. Denaro)
Interessante è anche la tecnica del modellaggio = rinforzo passo passo dei vari
comportamenti sino ad avvicinarsi al comportamento atteso.
Applicazioni educative: casi di disabilità, tecniche dell’Applied Behavior Analysis
Comportamentismo e processi di insegnamento apprendimento: Gagné, Bloom e il
mastery learning
Gagnè e la teoria dell’apprendimento cumulativo = lo sviluppo umano è un qualcosa di
progressivo; il bambino progredisce nello sviluppo perché impara un insieme ordinato di
capacità che si costruiscono l’una sull’altra progressivamente (=si cumulano)
G. distingue otto tipi di apprendimenti organizzati in una struttura gerarchica:
Apprendimento di segnali; Apprendimento stimolo – risposta, Concatenazione motoria,
Concatenazione o associazione verbale, Apprendimento di discriminazioni, Apprendimento
di concetti, Apprendimento di principi – regole, Soluzione di problemi.
L’analisi dei compiti di apprendimento è la chiave di volta dell’insegnamento (postula quindi
un legame teoria dell’apprendimento – teoria dell’insegnamento ).
In tale prospettiva G. propone nove eventi legati al processo di istruzione:
1. Stimolare l’attenzione per favorire la ricezione dello stimolo;
2. Informare gli studenti degli obiettivi stabiliti;
3. Stimolare le conoscenze pregresse;
4. Favorire la percezione selettiva;
5. Fornire una codifica semantica;
6. Promuovere la generazione di risposte;
7. Fornire feedback;
8. Valutare le prestazioni;
9. Far svolgere attività diversificate per promuovere il transfer.

Bloom è noto per la tassonomia degli obiettivi educativi (di cui, per esempio, abbiamo, nelle
categorie dell’area cognitiva: conoscenza, comprensione, applicazione, analisi, sintesi,
valutazione).
La pedagogia dei curriculi e il mastery learning pone l’accento sulla promozione dei
talenti attraverso l’acquisizione della mastery (padronanza), che avviene grazie a diversi
fattori:
motivazionali, attitudinali, ambientali (=qualità dell’istruzione e opportunità di
apprendimento offerto dal contesto scolastico).
Secondo l’approccio del mastery learning, la maggior parte degli strumenti può raggiungere
un alto livelli di capacità di apprendimento a patto che: si affronti l’insegnamento con
sensibilità e sistematicità, si aiutino gli studenti quando e dove presentano difficoltà di
apprendimento, si dia loro il tempo sufficiente per conseguire la padronanza, si stabilisca
un criterio chiaro per definire che cosa sia da considerare “padronanza”.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 54
Block, nell’ottica della mastery learning, propone i seguenti procedimenti per una
educazione individualizzata: Definizione operativa degli obiettivi, Frazionamento del
contenuto in unità significative, Elaborazione di prove di verifica, Predisposizione delle unità
didattiche, Strutturazione di attività integrative di recupero, Controllo.

Gli inizi della “rivoluzione cognitiva”


Ben presto gli studiosi si resero conto che molti processi di apprendimento non potevano
essere spiegati semplicemente attraverso l’associazione stimolo-risposta ma occorreva
analizzare anche la struttura cognitiva di chi apprende.

Il comportamentismo “intenzionale-finalistico” di Tolman


T. include il concetto di intenzione : il comportamento è sempre diretto ad uno scopo ed è
suscettibile di continue modificazioni proprio a partire dai processi di apprendimento
(comportamentismo “molare”); il soggetto, inoltre, è in grado anche di valutare le relazioni
esistenti tra stimoli, azioni e conseguenze (tramite una rappresentazione mentale della
meta). Tra stimoli e risposta vi si inseriscono le variabili contestuali: il soggetto elabora gli
stimoli secondo una “mappa cognitiva”. I lavori di T possono considerarsi anticipatori dei
lavori dei cognitivisti.

La teoria dell’apprendimento sociale di Bandura


Nella teoria dell'apprendimento sociale di Albert Bandura l’autore evidenziò come
l'apprendimento avvenisse anche attraverso esperienze indirette, cioè sviluppate attraverso
l'osservazione di altre persone (apprendimento di tipo osservativo). Bandura ha adoperato
il termine modellamento (modeling) per identificare un processo di apprendimento che si
attiva quando il comportamento di un individuo che osserva si modifica in funzione del
comportamento di un altro individuo che ha la funzione di modello. I fattori che determinano
il modeling sono: l’attrazione per il modello, ragioni affettive, successo e popolarità del
modello, conseguenze vicarie(osservare le conseguenze delle azioni del modello) e rinforzi.
Ma il fattore sociale non basta a spiegare l’apprendimento: il passaggio dalla teoria
dell'apprendimento sociale alla teoria sociale cognitiva avviene attraverso lo sviluppo di un
nuovo costrutto di analisi della condotta: l'autoefficacia percepita, concetto legato ai
processi cognitivi e allo studio dell'adattamento dell'individuo nell'ambiente, che viene
alimentato dal senso di padronanza sperimentato dal soggetto, esperienze vicarie su
descritte, persuasione verbale e informazioni di tipo somatico.

L’apprendimento negli approcci cognitivisti e costruttivisti


Come vedremo, in tali approcci il soggetto assume decisamente un ruolo più attivo
nell’elaborare la realtà circostante; le vecchie conoscenze, infatti, possono anche andare a
modificare quelle preesistenti (TOP-DOWN), viceversa, anche le nuove conoscenze
modificano schemi preesistenti (BOTTOM-UP). Grande importanza assumono i fattori
interni, (i processi mentali del soggetto), nel selezionare, analizzare, formulare scopi,
pianificare, ipotizzare gli esiti e monitorare il proprio comportamento, il tutto in maniera attiva
(importante, a tal proposito, la nozione di schema di Bartlett, di script-copione: struttura
stereotipica di conoscenza che la persona acquisisce relativamente a eventi/situazioni
abituali).

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 55
La conoscenza trasmessa, memorizzata, riprodotta viene contrapposta ad una conoscenza
costruita e compresa, nonché prodotta attivamente dal soggetto che apprende (importanza
del soggetto che apprende in contesti reali).

L’apprendimento per intuizione: la teoria della Gestalt


La Gestalt si è occupata di pensiero e percezione. Il motto dei Gestalisti, in aperta
opposizione al comportamentismo, è “l'insieme è più della somma delle sue parti" .Quello
che noi siamo e sentiamo, il nostro stesso comportamento, sono il risultato di una
complessa organizzazione che guida anche i nostri processi di pensiero. La capacità di
percepire un oggetto quindi deve essere rintracciata in una organizzazione presieduta dal
sistema nervoso. Kohler parla di teoria dell’apprendimento per insight (intuizione
improvvisa) nella quale la soluzione si presenta improvvisamente, come una
riorganizzazione del campo in termini qualitativi.

L’apprendimento in Piaget e negli approcci neopiagetiani


Secondo Piaget, l’organismo è attivo e si modifica attraverso gli scambi con l’ambiente;
quindi, i bambini costruiscono attivamente nuovi modi di comprensione del mondo basati
sulla loro esperienza. I suoi studi evidenziano la specificità del pensiero infantile rispetto a
quello dell’adulto. Il bambino passa da modelli di pensiero infantile a quelli propri dell’adulto
attraverso una sequenza precisa e ordinata di stadi e la rapidità di passaggio da uno stadio
all’altro, benché sia influenzata dalle esperienze vissute, è essenzialmente governata da
processi di maturazione biologica.
Per quanto riguarda le implicazioni educative, P. pone l’accento sulla specificità della natura
infantile, per cui non avrebbe molto senso insegnare al bambino cose che esulano dallo
stadio di sviluppo cognitivo in cui si trova.

La “zona di sviluppo prossimale” di Vygotskji


Secondo Vygotskji, il soggetto nel momento in cui interagisce socialmente con gli altri,
mediante il linguaggio, si appropria di nuovi strumenti cognitivi (apprendimento come
interiorizzazione) .
Interessante il concetto di Zona di sviluppo prossimale, col quale identifica quella zona
cognitiva entro la quale uno studente riesce a svolgere compiti che non sarebbe in grado di
svolgere da solo, con il sostegno (scaffolding) di un adulto o in collaborazione con un pari
più capace, attraverso la mediazione degli scambi comunicativi. In tal modo la prestazione
migliora: il b. può risolvere ad una certa età dei problemi che avrebbe risolto ad un’età
successiva (prossima), se viene inserito in un contesto sociale e culturale più ricco, dotato
di strumenti cognitivi maggiori, con l’aiuto e il supporto di un individuo più competente. E’
per questo che l’area compresa tra la prestazione spontanea e la prestazione mediata dai
fattori sociali e culturali viene chiamata area di sviluppo prossimale, che attiene alla distanza
tra il livello di sviluppo effettivo ed il livello di sviluppo potenziale.
All’interno di essa può accadere, quindi, che il processo di apprendimento preceda quello
evolutivo.
Applicazioni educative di tali teorizzazioni: apprendistato cognitivo e apprendimento per
scoperta guidata.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 56
Apprendimento e istruzione secondo Bruner
Bruner sostiene che solo attraverso una stretta collaborazione tra le teorie di Vygotskij e
Piaget è possibile avere una visione completa dell’apprendimento. Importante è il
riferimento alla cultura in cui la persona è inserita, e lo sviluppo cognitivo stesso sarebbe
rappresentato da cambiamenti del codice di rappresentazione del mondo circostante.
Bruner ne individua 3:
esecutivo=la conoscenza è assimilata attraverso l’azione
iconico= la conoscenza è conservata sotto forma di
immagine
simbolico= la conoscenza è mediata dal linguaggio.
L'apprendimento è una scoperta attiva che non produce abilità specifiche ma modalità e
stili di pensiero. Secondo Bruner la scuola ha il compito di affinare le modalità di
conoscenza, di insegnare a pensare. In tale prospettiva, una teoria dell’istruzione deve:
stabilire quali sono le esperienze migliori da proporre; guidare lo studente attraverso una
serie di elementi progressivi; chiarire in che modo i saperi vanno presentati per essere
compresi; l’allievo deve essere infine informato su finalità e obiettivi, nonché della natura
delle ricompense e punizioni.

L’elaborazione umana dell’informazione (Human Information Processing - HIP-)


Questa teoria punta l’interesse sulla relazione input/output.
L’elaborazione dell’informazione avviene per stadi:
Input ambientale viene trasformato in stimolo sensoriale
Stimolo viene mantenuto il tempo necessario per stabilire se l’informazione deve essere
ignorata (decadimento) o ritenuta per mezzo del confronto con conoscenze della
memoria a lungo termine (MLT);
L’info ritenuta viene inviata a stadi di elaborazione successiva come MBT;
Nella MBT vengono mantenute per il tempo necessario a svolgere il compito cognitivo;
L’informazione passa in MLT che ha capacità illimitata. Qui viene conservata e, se
necessario, recuperata attraverso un processo di ricerca.

L’apprendimento significativo: da Ausubel a Novak


Ausubel
Ausubel afferma che l'apprendimento può avvenire in due modi: per ricezione e per
scoperta; nel primo caso l'informazione perviene al discente direttamente dal docente o
mediante un qualche tipo di istruzione programmata, per cui l'atteggiamento del discente è
passivo, nel secondo caso l'atteggiamento del discente è più attivo: egli da solo o sotto la
guida del docente giunge a scoprire i concetti in questione. Ausubel afferma che le
informazioni, acquisite nell'uno o nell'altro modo, possono essere mentalmente incorporate
secondo due differenti modalità: meccanicamente (cioè per pura memorizzazione) o in
modo significativo (cioè mettendole in relazione con le conoscenze preesistenti,
inglobandole quindi in una rete concettuale). Il materiale da apprendere va presentato in
modo che possa essere facilmente assimilato: utili, a tal proposito, gli organizzatori
anticipati.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 57
Novak
Interessanti sono, a tal proposito, le mappe concettuali di Novak, che si fondano sulla teoria
dell'apprendimento di Ausubel. Esse, come suggerisce il termine, sono rappresentazioni di
strutture concettuali. Un concetto generale è formato da altri concetti più specifici connessi
tra loro, e può essere rappresentato riportando con termini adatti in apposite caselle i
concetti specifici e collegando questi mediante un tratto, specificando i nessi logici che
pongono in relazione i concetti tra loro. Le mappe concettuali permettono di orientarsi nella
rete di informazioni riguardanti la struttura della conoscenza, aiutandoci nei processi di
organizzazione, interpretazione, rielaborazione e trasmissione delle conoscenze stesse. Le
mappe concettuali, costruite dal discente, aprono la strada all'apprendimento significativo
in quanto rappresentano la struttura concettuale entro la quale va a collocarsi in modo non
puramente sommativo il nuovo concetto e la consapevolezza di questo processo è una
forma di metaconoscenza e metapprendimento. Novak afferma che costruire ed arricchire
la mappa dei concetti e delle relazioni che li legano può risultare molto stimolante e favorire
la scoperta di nuovi concetti e nuove relazioni, si tratta, quindi, di “imparare ad imparare”.

Orientamenti attuali e prospettive future


Feuerstein e la teoria dell’Esperienza di Apprendimento Mediato (EAM)
Il concetto di Modificabilità Cognitiva Strutturale costituisce le fondamenta dell’opera di
Reuven Feuerstein. Con esso lo studioso indica la propensione di ciascun individuo ad
essere cambiato dall’esperienza. L’Esperienza di Apprendimento Mediato avviene quando
gli stimoli di cui l'apprendente fa esperienza sono trasformati da un agente mediatore,
un'altra persona che si interpone tra l'ambiente e l'apprendente. Questo agente mediatore
seleziona, organizza e arricchisce gli stimoli che vengono presentati all'allievo, con
l'intenzione di modificare, rendendo efficace, il funzionamento cognitivo dell'allievo stesso.
Il mediatore si pone come filtro: non espone l'apprendente a degli stimoli indiscriminati, ma
seleziona quelli utili allo scopo di incrementare la sua adattabilità, li trasforma relazionandoli
con altri, con l'obiettivo di dare loro un significato agli occhi di chi apprende. Inoltre il
mediatore si pone come guida, presentando modelli comportamentali. I tre elementi
essenziali di una EAM sono: intenzionalità-reciprocità, trascendenza, mediazione di
significato. L'Esperienza di Apprendimento Mediato cambia la qualità dell'esperienza, che
diventa molto più ampia avari livelli: cambiano gli stimoli, che vengono modificati attraverso
l’interazione col mediatore; cambia il rapporto tra apprendente e ambiente, in modo tale che
chi apprende inizi a pensare gli oggetti e gli eventi, cambia il mediatore stesso.

L’apprendimento situato, le comunità di pratica e l’istruzione ancorata


Il concetto di apprendimento situato (Lave, Wenger) fa riferimento a quel tipo
d'apprendimento che avviene tramite il coinvolgimento dell'attività svolta, nel contesto e
nella cultura in cui è, appunto, situato. Ciò contrasta con quanto si fa nelle classi tradizionali,
dove la conoscenza è solitamente presentata in forma astratta e slegata dal contesto.
L'interazione sociale ha una grande importanza: gli studenti vengono compresi in una
comunità di pratica che impersona determinate convinzioni e comportamenti da acquisire.
Quando i principianti o i nuovi arrivati si spostano dalla “periferia” al “centro” di questa
comunità diventano più attivi e assumono il ruolo di esperti.
Lo studente quindi apprende i contenuti attraverso delle attività piuttosto che tramite
l'acquisizione di informazioni in pacchetti discreti organizzati dall'insegnante.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 58
Principi fondamentali dell’apprendimento situato:
Si verifica in funzione dell’attività, del contesto e della cultura in cui è situato;
Richiede interazione sociale, collaborazione e attivazione di contesti autentici;
È facilitato quando sono disponibili opportunità di scaffolding.

Interessante anche l’istruzione ancorata (Bransford): essa rappresenta una tecnica per
“situare” l’istruzione in una serie di contesti di vita reale (spesso simulati) per facilitare la
riflessione, il transfer e la capacità di risolvere problemi. Si tratta di un approccio
all’apprendimento basato sulla tecnologia in cui viene sottolineata l’importanza di collocare
l’apprendimento all’interno di contesti significativi di soluzione di problemi. L’Istruzione
Ancorata usa i contesti come strumenti per apprendere. L’ancoraggio si riferisce
all’assemblaggio dei contenuti all’interno di contesti realistici ed autentici. Materiali presi da
motori di ricerca, banche dati, siti internet, file audio-video sono utilizzati come ancore o
macro-contesti e le attività didattiche sono “disegnate” attorno all’ancora, un materiale che
va esplorato da parte di chi apprende nella forma di un problema o di un caso da risolvere

Caratteristiche di personalità, stili cognitivi di apprendimento e intelligenze multiple


L’importanza degli stili cognitivi e delle caratteristiche di personalità viene oggi evidenziata
dall’idea di apprendimento individualizzato. Tuttavia, nonostante i buoni propositi, di fatto
applicare questo tipo di insegnamento non è facile.
A livello teorico, a partire dagli studi sulle caratteristiche di personalità dei discenti di
Eysenck (1959), incentrate sulle dimensioni estroversione-introversione e nevroticismo–
stabilità, è utile far riferimento anche alle recenti teorizzazioni di Tuffanelli :
• Stabilità-instabilità emotiva e resilienza (termine, quest’ultimo, che indica l’energia
positiva per migliorare se stessi anche in situazioni avverse)
• Reattività agli stimoli (bassa o alta) e risposta alle novità (diffidenza o fiducia)
• Socievolezza, timidezza o riservatezza.
Sono propensioni che possono essere assecondate o meno dal processo di insegnamento-
apprendimento e possono, a seconda del contesto, agevolare o contrastare l’individuo che
apprende.
Altri lavori (Keogh) hanno poi posto l’accento sul come il temperamento di studenti e
insegnanti influenzi il processo di insegnamento-apprendimento, con riferimento anche agli
alunni con DSA, DDAI e ritardi cognitivi.
Cornoldi, De Beni e Gruppo MT (2001) hanno, poi, definito alcuni stili cognitivi, di polarità
opposta:
• sistematico (alunno che procede a piccoli passi) intuitivo (formula ipotesi di cui ricerca
velocemente una conferma)
• globale (visione generale) analitico (dettagli)
• impulsivo (fornisce risposte senza elaborazione sufficiente)riflessivo(valutazione attenta
in ogni aspetto)
• verbale (preferenza attività codice linguistico)visuale(uso figure, schemi, immagini
mentali)
• autonomo-creativo (modalità divergenti di pensiero) dipendente dal campo (più
condizionabile dal contesto)

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 59
Gardner, nel definire il suo modello di intelligenza, parte dall’idea dell’indipendenza di varie
facoltà intellettive, delle quali ogni persona può essere diversamente dotata.
Ciascuno di noi possiede tutte le intelligenze che però gestisce ed usa in modi differenti:
• l’intelligenza linguistica riguarda la sensibilità per il suono, l’organizzazione delle parole,
il significato, le diverse funzioni del linguaggio;
• l’intelligenza logico-matematica si riferisce alla capacità di accedere all’universo
simbolico dei numeri, stabilendo rapporti e formulando regole;
• l’intelligenza spaziale attiene alla capacità di percepire forme, di riconoscere elementi
visivi e saper organizzare lo spazio;
• l’intelligenza cinestesico-corporea si esplica nella capacità di gestire, organizzare,
utilizzare il proprio corpo per fini pratici o espressivi;
• l’intelligenza musicale rimanda alla capacità di distinguere e riprodurre una serie di suoni
organizzati aritmicamente;
• l’intelligenza intrapersonale evidenzia la capacità di entrare in rapporto con i propri
sentimenti, saperli vivere in modo soddisfacente e saperli esprimere;
• l’intelligenza interpersonale si esprime con la capacità di entrare in rapporto positivo
con gli altri, cogliendone la personalità, le intenzioni e costruendo un positivo rapporto
comunicativo.
La personalizzazione dell’apprendimento, in tale prospettiva, può essere perseguita in
diversi modi
• Approccio disciplinare=volto ad aiutare lo studente ad organizzare i materiali oggetti di
studio;
• Approccio modulare=organizzazione dei saperi in moduli disciplinari, flessibili ed
adattabili ;
• Approccio personalizzato-opzionale=offerta formativa aperta, diversificata e duttile;
• Approccio museale=organizzazione degli ambienti di apprendimento come musei in cui
sperimentare le varie capacità sensoriali-logiche-costruttive, narrative... (progetto
Spectrum di Gardner, 1993)

La triarchia di Robert Sternberg


L’approccio di Sternberg propone una teoria triarchica del pensiero, dove l’elaborazione
dell’informazione è di tre generi fondamentali: analitica, pratica e creativa.
Il pensiero analitico riguarda la capacità di analizzare, prendere in esame, valutare,
giudicare, mettere in rapporto, confrontare.
Il pensiero pratico comprende la capacità di usare strumenti, sperimentare direttamente,
applicare ed attuare piani .
Il pensiero creativo esprime la capacità di creare, scoprire, produrre, immaginare e
supporre.
Sternberg li ha sistematizzati dimostrando che la correlazione tra i tre tipi di intelligenza è
bassa, e ciò depone a favore del fatto che una delle tre intelligenze può risultare,
generalmente, prevalente. Ciò ha pesanti ripercussioni anche a scuola, dove, nonostante i
tentativi di porre attenzione all’individualità, viene tuttora premiata ed anche “coltivata”
soprattutto l’intelligenza di tipo analitico.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 60
CAPITOLO 13 - L’APPRENDIMENTO NELLA SCUOLA PRIMARIA: LINGUAGGIO, LETTO-
SCRITTURA, NUMERO E CALCOLO
LINGUAGGIO E LETTO-SCRITTURA
Il primo anno nella scuola primaria
Il primo anno di scuola primaria è per il bambino un anno di passaggio, in quanto egli si
trova a transitare dall’oralità alla scrittura. I bambini, infatti, fino ai 5 anni possiedono
un’oralità primaria priva di strutture riconducibili al linguaggio scritto. Il bambino, a partire da
quell’età, comincia a introdurre le strutture della lingua scritta nel proprio linguaggio, se gli
adulti gli leggeranno dei testi come ad esempio le fiabe, e avrà, in questo caso, minori
difficoltà nell’apprendere a leggere e a scrivere, quando andrà a scuola.
Il bambino dovrà imparare: a pronunciare correttamente tutti i suoni, senza invertirli
all’interno della parola, a distinguere i suoni analoghi ( d-t; b-p ) e quelli più difficili come sc,
gl, x, a essere in grado di attribuire il nome corretto alle cose alle persone e agli animali,
arricchire il proprio lessico. Per favorire la padronanza delle strutture della lingua scritta
l’insegnante dovrà prevedere degli spazi da dedicare alla lettura e non stancarsi di ripetere
sempre la stessa storia, se è richiesto dai bambini, in quanto ciò permette la
memorizzazione delle strutture della lingua scritta.

La competenza alfabetica
Per competenza alfabetica si intende la capacità di mettere in relazione i suoni con le lettere
e di tradurre i suoni in spazio. Al termine del primo anno il bambino dovrà diventare capace
di tradurre in scrittura i propri pensieri. Se da una parte la competenza alfabetica rende
possibile la completa corrispondenza tra pensiero e scrittura, dall’altra permette anche una
lettura strumentale, cioè una corretta lettura anche in assenza di comprensione. Ne
consegue che durante il primo anno i bambini dovranno imparare a far corrispondere i suoni
ai segni scritti. Le attività relative alla comprensione di ciò che è scritto saranno rese possibili
dopo che i processi di codifica e decodifica siano diventati automatici e pertanto nella prima
classe la valutazione dalla comprensione di un testo scritto non può essere oggetto di
valutazione specifica.

Il modello di Uta Frith


Frith ha identificato quattro fasi nell’acquisizione della competenza alfabetica:
Fase logografica →lettura globale della parola, fondata sulla forma grafica
Fase alfabetica→ si applicano le regole di trasformazione da grafema a fonema
Fase ortografica →lettura di sillabe, suffissi, morfemi
Fase lessicale→ riconoscimento diretto della parola senza attivare i processi di
trasformazione grafema-fonema
Queste fasi, in Italia si completano durante i primi due anni della scuola italiana, ma per
molti bambini si esauriscono già nel primo anno.

Il secondo anno nella scuola primaria


Durante il secondo anno si devono rafforzare le skill (abilità acquisite) della lettura e della
scrittura; pertanto la lettura da lenta dovrà diventare spedita e priva di errori e la scrittura
che richiedeva un certo sforzo nella coordinazione dei movimenti deve diventare fluente.
Nel secondo anno gli obiettivi da raggiungere sono l’accuratezza, la velocità e la fluenza sia
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 61
nella lettura che nella scrittura, l’accuratezza richiede che il bambino realizzi senza errori i
processi di codifica e decodifica. L’accuratezza e la velocità si accertano utilizzando testi
che il bambino deve leggere ad alta voce. I testi non devono essere già conosciuti dal
bambino e devono corrispondere ai brani che un bambino è tenuto ad affrontare a quell’età.
La fluenza si basa sull’accuratezza e la velocità; nel caso della lettura il bambino deve
leggere senza pause eccessive, senza interruzioni, senza ritorni indietro. Nel caso della
scrittura, invece, la fluenza è resa possibile dalla coordinazione dei movimenti e dalla loro
economicità e si esprimere con il sollevare il meno possibile la mano dal foglio. Per verificare
la fluenza si possono utilizzare sia il dettato che la scrittura spontanea.

La lettura prosodica
La prosodia è la parte della linguistica che studia l’intonazione, il ritmo, la durata e l’accento
del linguaggio parlato. Essa serve a focalizzare l’attenzione verso determinate parti del
discorso. La lettura prosodica richiede pertanto un interpretazione del testo e per poter
essere acquisita richiede una serie di fasi caratterizzate da adeguate attività. In primo luogo
è importante rispettare la punteggiatura; in secondo luogo la lettura deve essere effettuata
rispettando una certa regolarità; bisogna alternare la lettura veloce con quella lenta, e infine
variare il volume della voce a seconda del significato di ciò che si legge.

Il terzo anno della scuola primaria


Come il primo, anche il terzo è un anno di transizione, in quanto l’allievo dopo aver imparato
a leggere, adesso deve saper leggere per poter imparare le diverse discipline. Questa fase
è denominata da Chall come terza fase della costruzione dalla competenza di lettura; essa
comprende le ultime tre annualità della scuola primaria e i tre anni della scuola secondaria
di primo grado. L’allievo che non ha conseguito durante i primi due anni di scuola primaria
un adeguato apprendimento strumentale della lingua scritta, non può affrontare quello
funzionale e ciò potrà comportare non solo un arresto, ma anche la perdita di parte delle
capacità già acquisite, in quanto da questo momento in poi la lingua scritta influenza in modo
profondo lo sviluppo cognitivo.

Print exposure e reading volume


Print exposure è l’esposizione alla lingua scritta cioè la quantità di letture realizzate dal
bambino che a partire dalla terza classe diventa importante. Come il numero di ripetizioni di
movimenti influenza la tonicità, la forza e l’elasticità di un muscolo, allo stesso modo la
ripetizione delle letture potenzia i processi cognitivi coinvolti. Occorre considerare anche il
reading volume che è la quantità di materiali che l’allievo legge e che devono essere
diversificati e riferiti ad argomenti diversi.

Caratteri dell’apprendimento scolastico


A partire dal terzo anno della primaria si può parlare di apprendimento scolastico in senso
proprio, poiché esso assume caratteristiche diverse da quello realizzato in età prescolare e
in parte anche nei primi due anni della scuola primaria. La diversità riguarda:
1. I contenuti, in quanto ciò che si impara a scuola si riferisce a tempi e a luoghi che quasi
sempre sono lontani dall’esperienza diretta del bambino.
2. I processi cognitivi, perché vengono attivate strutture cognitive profonde; inoltre,
l’apprendimento scolastico richiede una attenzione volontaria.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 62
3. La specificità in quanto l’apprendimento scolastico richiede il possesso di capacità
mentali di ordine superiore.
4. La generatività: l’apprendimento scolastico è riconosciuto come il fondamento per il
lifelong learning , infatti, le conoscenze acquisite a scuola sono utili per produrre altre
conoscenze e capacità.
5. I processi deduttivi, sono quei processi attraverso i quali viene appresa la maggior parte
delle conoscenze.
6. Il ricorso indispensabile alla lingua scritta, che è uno strumento per realizzare ulteriori
apprendimenti e strumento dello sviluppo della logica.
7. L’atteggiamento corporeo che rende possibile la concentrazione, l’attenzione e la
memorizzazione. Questa complessità è richiesta in quanto gli allievi sono impegnati
nell’apprendimento non di materie, ma di discipline cioè modi peculiari di pensare e
rappresentare il mondo.

Il quarto e il quinto anno della scuola primaria


Il quarto è l’anno in cui gli allievi si confrontano con l’apprendimento disciplinare vero e
proprio, in quanto il terzo rappresenta un’introduzione allo studio delle discipline.

L’apprendimento disciplinare
In realtà a scuola non si apprendono le discipline, ma si impara a disciplinare la mente, a
utilizzare modi di pensare diversi, proprio perché esse non sono un insieme di informazioni
scollegate tra di loro. In una disciplina, infatti, i contenuti vengono presentati evidenziandone
i nessi reciproci e le problematiche di fondo.
Durante la prima fase dell’apprendimento disciplinare, il riferimento al mondo immediato e
concreto in cui li bambino vive deve costituire un ponte per introdurlo in mondi più lontani.
La prima fase dell’apprendimento disciplinare, quindi deve rispondere ai bisogni naturali di
conoscenza degli allievi per far si che essi possano affrontare il rigore dello studio con una
motivazione elevata, affinché da ciò scaturiscano capacità elevate di attenzione,
concentrazione e impegno nello studio.
A partire dal quarto anno della scuola primaria il bambino passerà in una seconda fase e
l’apprendimento disciplinare sarà caratterizzato dalle quattro tappe proposte da Gardner:
1. identificare i concetti rilevanti;
2. affrontare gli argomenti in profondità;
3. avvicinarsi all’argomento in modi diversi per esempio attraverso narrazioni, esposizioni
logiche, ecc;
4. prevedere dimostrazioni di comprensione della materia.

Il linguaggio disciplinare
Il linguaggio si sviluppa non solo con lo studio dell’italiano, ma anche grazie allo studio delle
altre discipline, come la storia, la geografia, le scienze. Quando si affronta un tema
disciplinare l’allievo deve essere messo in grado non solo di aumentare le proprie
conoscenze, ma anche il lessico, la morfologia e la sintassi. Quando si affronta un testo
disciplinare occorre richiamare l’attenzione degli alunni sul lessico e assicurarsi che ne
comprendano il significato e chiedere, ad esempio, agli allievi di costruire frasi contenenti il
nuovo termine.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 63
Si possono proporre anche attività di costruzione di proposizioni che scaturiscono dai
pensieri elaborati e che quindi rivelano se effettivamente la comprensione si sia realizzata.
Durante il quarto e il quinto anno della primaria la capacità di comprensione di un testo deve
essere oggetto specifico di attenzione da parte dell’insegnante. La comprensione, infatti, si
impara e non può essere data per scontata. La comprensione, però non è importante solo
per la ripetizione di un testo; molti allievi esprimono un problema che è quel lo di non essere
in grado di sapere se hanno capito o meno ciò che stanno studiando; di conseguenza non
possono apprendere a imparare autonomamente e, quindi, non possono apprendere la
metacognizione.

La metacognizione
Per metacognizione possiamo intendere la consapevolezza e il controllo dei propri processi
cognitivi. Nella scuola primaria apprendere la metacognizione vuol dire, soprattutto,
imparare a monitorare i propri processi mentali. Riguardo ai testi espositivi, la
metacognizione comporta la capacità di monitorare i propri processi di comprensione. Per
monitorare la propria capacità di comprensione l’allievo utilizza tre criteri: 1) il criterio
lessicale, 2) il criterio sintattico, 3) il criterio semantico. Per insegnare agli allievi a utilizzare
i tre criteri bisogna prevedere un adeguato scaffolding ossia un aiuto da parte
dell’insegnante (il termine scaffolding, vuol dire letteralmente, ponteggio, impalcatura).

La literacy
Essa può essere considerata una competenza, la cui acquisizione è un processo che dura
tutta la vita e si realizza non solo in contesti formali, come la scuola, ma anche
nell’interazione con il gruppo di pari, i colleghi, la comunità più ampia.
Si possono individuare tre tipi di literacy:
1. prose literacy, che comprende le conoscenze e le skill necessarie per capire e utilizzare
le informazioni contenute in testi quali romanzi, poemi, articoli di quotidiani e riviste.
2. document literacy, che comprende le conoscenze e le skill richieste per individuare e
utilizzare le informazioni contenute in modelli diversi come i moduli per richiedere un
lavoro, le fatture fiscali,, mappe, grafici, tabelle.
3. quantitative literacy, che comprende le conoscenze e le skill necessarie per applicare le
operazioni aritmetiche e utilizzare correttamente il libretto degli assegni, la compilazione
di un ordine, il calcolo degli interessi bancari. Queste tipologie di literacy non fanno
riferimento a settori disciplinari, ma a tre tipi di testi (continui, discontinui e quantitativi),
che richiedono il coinvolgimento di processi cognitivi diversi.

L’apprendimento disciplinare come processo autoregolato


A partire dal terzo anno l’apprendimento deve diventare in misura sempre maggiore un
processo autoregolato, influenzato, cioè, dalle decisioni e dall’iniziativa dell’allievo e non
può essere indotto, semplicemente, dall’esterno.
A partire dal terzo anno, l’allievo per poter apprendere deve decidere di apprendere, ma se,
nei precedenti due anni ha sperimentato il fallimento, questa decisione non interviene.
L’apprendimento autoregolato è possibile, se l’allievo possiede le strategie per affrontare i
compiti scolastici.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 64
Esse sono:
L’autovalutazione: l’allievo valuta la qualità dei progressi realizzati nell’attività.
L’organizzazione: l’allievo riorganizza il materiale per facilitare l’apprendimento.
La definizione degli obiettivi e la pianificazione: l’allievo definisce gli obiettivi del compito
e pianifica le sequenze di attività.
La ricerca di altre informazioni sull’argomento.
La registrazione di eventi e risultati: l’allievo prende appunti, fa elenchi di parole
sconosciute, ecc.
La strutturazione dell’ambiente: il setting materiale viene modificato per facilitare
l’apprendimento.
La definizione di autoricompense e punizioni.
La ripetizione e la memorizzazione.
La richiesta di aiuto ai pari, agli insegnanti, ecc.
la rilettura di testi, note, appunti.

Interventi learner-centered e learning- centered


La finalità principale della scuola è quella di permettere che tutti gli allievi possano
raggiungere risultati positivi. Affinché ciò possa realizzarsi, le scelte operate dall’insegnante
devono essere learner-centered, cioè centrate sull’allievo e learning-centered cioè centrate
sull’apprendimento. Gli interventi educativi devono essere, quindi, da una parte rispettosi
delle caratteristiche personali dell’allievo, dall’altra, devono permettere un apprendimento
efficace basato su un processo intenzionale, consapevole e sistematico. Nel 1993 sono stati
definiti dall’APA (American Psycological Associaton), per la prima volta, i principi guida per
realizzare una scuola learner e learning centered e sono esposti nella tabella 13.1 del libro.

NUMERI E CALCOLO
L’intelligenza numerica
Oggi la ricerca psicologica dimostra che nasciamo predisposti all'intelligenza numerica tanto
quanto all'intelligenza verbale. È quindi importante che la scuola accompagni fin dalla più
tenera età non solo lo sviluppo del linguaggio, ma anche la costruzione di questo altro tipo
di intelligenza.
A tal proposito i principali modelli di riferimento teorici, che hanno cercato di capire la
relazione che intercorre fra conoscenza numerica e competenze cognitive, sono:
1. Le teorie piagetiane
2. Le teorie neopiagetiane

1. TEORIE PIAGETIANE
Spetta a Piaget il merito di aver formulato le prime teorie cognitive sull’elaborazione di
concetto di NUMERO ipotizzando che c’è un rapporto inscindibile tra le STRUTTURE
DELL’INTELLIGENZA GENERALE E L’ EVOLUZIONE DI COMPETENZE NUMERICHE
nelle abilità di pensiero. Quindi l’evoluzione delle strutture della conoscenza numerica
implica lo sviluppo dell’intelligenza da pensiero preoperatorio (irreversibile) a pensiero
logico-concreto (reversibile).

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 65
Questo passaggio permette di giungere alla padronanza di:
- OPERAZIONI LOGICHE: utilizzare nozioni di classe, di serie e di numero
- OPERAZIONI SPAZIO-TEMPORALI: riconoscere come valori invarianti i rapporti spaziali
di ordine topologico e numerico (distanza, lunghezza, area, volume …), o certe quantità
fisiche (quantità, permanenza della sostanza, peso, durata …)
Piaget ritiene che se il bambino produce la sequenza dei numeri correttamente (contare
progressivamente a voce) NON significa che egli sappia “contare” utilizzando il concetto di
numero; il bambino infatti può servirsi dei numeri senza comprenderne il reale significato.
Per Piaget occorre dunque:
- Che il bambino acquisisca il concetto di CORRISPONDENZA BIUNIVOCA (ogni parola-
numero corrisponde a un oggetto)
- Che il bambino acquisisca il concetto di QUANTITA’ (corrispondenza tra la sequenza
numerica e la quantità dell’insieme considerato).
Affinché ciò avvenga, i bambini devono padroneggiare OPERAZIONI LOGICHE di
CLASSIFICAZIONE e SERIAZIONE.

2. STUDI NEOPIAGETIANI
R. CASE ha analizzato (dall’approfondimento del concetto di schemi concettuali primitivi di
Piaget) il passaggio dal CONTEGGIO alla COMPRENSIONE DELLE RELAZIONI tra tutti i
numeri del sistema numerico. Il SENSO DEL NUMERO dei bambini dipende dalla presenza
di “strutture concettuali centrali” = reti di concetti e relazioni che sottostanno alla maggior
parte dei compiti che i bambini devono padroneggiare.

Il SENSO DEL NUMERO si sviluppa nei seguenti momenti:


- Consolidamento di due schemi primitivi: uno verbale,digitale e sequenziale (necessario
per le prime operazioni di conteggio verbale) e l’altro sequenziale-analogico (permette di
individuare situazioni di numerosità relativa: sono di più o sono di meno; e di operatività
concreta: aggiungere/togliere).
- L’interconnessione dei due schemi precedenti ne forma uno nuovo (si forma una linea
mentale del conteggio: il + = andare avanti; il - = andare indietro).
- La differenzazione di nuovi elementi è possibile grazie alla rappresentazione delle
proprietà numeriche (il bambino differenzia la da dall’u e dalla h, distingue il numero
oggetto dal numero operatore).

Numeri e linguaggio
Come i suoni nel linguaggio, anche le quantità sono esprimibili attraverso “parole-numero”
che hanno un rapporto convenzionale con il significato che sottintendono (un insieme di
sette torte convenzionalmente definito con il numero “sette”).
In particolare i processi di quantificazione non si basano tanto su competenze che
dipendono da abilità di conteggio vero e proprio, ma presuppongono capacità specifiche,
quali il subitizing e la “stima” di grandezze, già presenti in neonati e alcune specie animali.
Queste capacità implicano una discriminazione e un riconoscimento non verbale della
quantità (subitizing: vedere 2, 3, 4 oggetti e capire immediatamente che sono
rispettivamente 2, 3 o 4, senza contarli verbalmente. Per insiemi più numerosi si attua un
processo parallelo di “stima di quantità”, meno preciso del subitizing).

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 66
Pertanto se ancor prima di “saper contare” la specie umana sa capire i fenomeni anche in
termini di quantità, ciò fa supporre che lo sviluppo della conoscenza numerica dipenda da
principi cognitivi innati e non necessariamente mediati da codici verbali.
Seguendo due linee di indagine, le ricerche hanno approfondito la conoscenza sul come
compaia e si sviluppi la capacità di utilizzare il sistema simbolico dei numeri arabici:
Una linea relativa allo sviluppo delle abilità di SCRITTURA del numero
Si possono distinguere tre tipi fondamentali di notazione numerica:
1. notazione con grado informativo nullo per un osservatore esterno ma portatore di
significato personale per il bambino;
2. notazione basata sulla corrispondenza biunivoca;
3. notazione convenzionale
Che si integrano a quattro categorie di rappresentazione numerica di Hughes:
1. idiosincratica (priva di notazioni comprensibili)
2. pittografica (riproduzione figurativa degli oggetti visti)
3. iconica (formata da segni grafici: aste, simboli … uno per oggetto)
4. simbolica (numeri arabici).
In alcuni studi recenti, Gardner sottolinea l’importanza dell’età prescolare per lo sviluppo
della competenza simbolica. La competenza simbolica notazionale viene raggiunta intorno
ai 5-7 anni, quando cioè il bambino diventa capace di manipolare i vincoli dei sistemi
simbolici, utilizzando le notazioni come strumenti comunicativo-referenziali.
Hierbert (1988) afferma che “l’elemento centrale della competenza in matematica scritta è
la padronanza del rapporto tra simbolo e numero”. Egli prevede lo sviluppo gerarchico di 5
processi cognitivi specifici per l’acquisizione della matematica scritta:
1. connettere i simboli ai referenti (collegare il numero alla quantità)
2. sviluppare procedure di manipolazione del simbolo (da materiale concreto a simbolico:
x es. dalla somma di oggetti a somma di numeri)
3. elaborare procedure per i simboli (le regole note per la manipolazione dei simboli
vengono elaborate sia riconoscendone la trasferibilità ad altre situazioni, sia
utilizzandole per sviluppare nuove procedure)
4. automatizzare le procedure di manipolazione dei simboli
5. costruire sistemi simbolici astratti.
Un’altra linea relativa allo sviluppo delle abilità di LETTURA del numero
Nella lettura di un numero, ciascuna cifra, a seconda della sua posizione, assume un “nome”
diverso: compito dei meccanismi lessicali è selezionare adeguatamente questi nomi per
riconoscere quello in esame.
I numeri primitivi appartengono a tre classi distinte, chiamate “classi”, “ordini di grandezza”
o “livelli”:
- le unità
- i “teens” (dall’11 al 19) c) le decine (20, 30, 40 …)
Ogni elemento è caratterizzato dalla classe e dalla posizione occupata nella classe stessa:
il numero 5 appartiene alla classe delle unità, quinta posizione.
I maggiori errori di lettura per i bambini sono:
- Errori a livello di lessico numerico (leggo e/o mi rappresento mentalmente un numero per
un altro)

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 67
- Errori di lettura a base sintattica (legati alla sintassi interna al numero stesso: 20057 leggo
“duecentocinquantasette”)
Lo sviluppo della comprensione simbolica dei numeri è stato studiato sistematicamente da
Byalistok (1992). Esso si articola in tre stadi:
1. Apprendimento delle notazioni orali dei numeri: i bambini sanno recitare la sequenza
appresa, ma non sanno distinguere uno a uno gli elementi sia nella scrittura che nel
semante corrispondente.
2. La rappresentazione formale: la capacità di riconoscere il nome verbale si integra con
la scrittura corrispondente del numero.
3. La rappresentazione simbolica: la rappresentazione formale è integrata al
riconoscimento della quantità corrispondente.
Dalle diverse ricerche emerge in sostanza l’importanza dell’evoluzione dei meccanismi di
riconoscimento delle quantità: solo quando tale evoluzione si è sviluppata e integrata con
gli apprendimenti relativi ai sistemi di conteggio, lettura e scrittura dei numeri elementari,
possono avere origine i meccanismi di calcolo e manipolazione del sistema numerico.

Le strategie di calcolo mentale nelle prime fasi dell’apprendimento scolastico


Nei primi anni di scuola elementare è fondamentale l’uso di strategie di conteggio. Strategie
che vengono successivamente abbandonate a favore di altre basate sul recupero
mnemonico dei risultati dei calcoli e delle procedure tipiche dell’operazione. I bambini della
scuola materna, secondo Siegler e Mitheller (1982), già utilizzano almeno quattro differenti
tipi di strategie per eseguire semplici addizioni mentali:
- Il conteggio con le dita esplicito
- La strategia delle dita senza evidente conteggio
- Il conteggio verbale ad alta voce senza il supporto delle dita o altri espliciti riferimenti
- La mancanza di strategia chiaramente desumile dal comportamento
In questa età i bambini mancano di consapevolezza metacognitiva nel calcolo (addizionale),
per cui si tratta di un processo automatico basato sul criterio interno “livello di fiducia” inteso
come la soglia al di sotto del quale il soggetto non avverte la sicurezza di dare la risposta
corretta al quesito aritmetico. Inizialmente viene fissato il livello di fiducia nella strategia del
recupero, se la sicurezza nella risposta supera questa prima soglia, il bambino tenta di
recuperare la risposta in memoria, altrimenti si rappresenta gli addendi in modo visibile
(solleva le dita) o attraverso un’immagine mentale. Se anche questa rappresentazione è
insufficiente, il bambino conta gli oggetti rappresentati (strategia di conteggio) e stabilisce
l’ultimo numero come risposta. La strategia più evoluta sarebbe quindi quella del recupero,
le altre verrebbero adottate di riserva solo in caso di insuccesso della prima.
Dopo il 1984, Siegler sviluppa ulteriormente il proprio modello introducendo il concetto di
“forza di attivazione”: la strategia di recupero non precede più ogni altro procedimento, ma
viene selezionata solo se la sua forza supera quelle delle altre strategie associate
all’operazione da seguire. Nel corso dello sviluppo, con l’esercizio, la forza di attivazione del
processo di recupero aumenta e questa strategia diventa quella predominante.
Per Ashcraft i bambini, nei primi anni di scuola elementare, attivano contemporaneamente
regole dichiarative (processo di recupero) e procedurali (processi di conteggio e regole
conosciute), utilizzando per la risposta la strategia più veloce. Con l’aumentare dell’età, il
b.no farà sempre più riferimento a conoscenze di tipo dichiarativo.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 68
Per Baroody durante l’apprendimento si passa da processi basati su lente procedure di
conteggio all’utilizzo di una serie di regole applicate in modo sempre più automatico.
Per Geary i bambini tendono inizialmente a contare con le dita utilizzando una procedura
“totale” in cui si contano entrambi gli addendi.
Ad esempio per eseguire l’operazione 4 + 3 i bambini più piccoli sollevano una alla volta e
contano le dita corrispondenti al primo addendo (1, 2, 3, 4), poi fanno lo stesso per il secondo
addendo (1, 2, 3), e infine ricominciano il conteggio a partire dall’unità iniziale del primo
addendo (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7).
Al termine della prima elementare i bambini utilizzano una strategia di calcolo più sofisticata,
quella del counting on: il bambino inizia a contare dall’addendo maggiore e aggiunge quello
minore, un’unità alla volta, fino a raggiungere il risultato.
Levine dalle sue ricerche sperimentali ha dedotto che già a 4 anni i bambini sono in grado
di eseguire correttamente operazioni di addizione e sottrazione non verbale (assenza
componente linguistica) con piccole numerosità di oggetti.
I compiti verbali risultano più difficili e, in particolare, i quesiti numbers facts vengono risolti
in modo corretto solo dopo i 5-6 anni. Huttenlocher, Jordan e Levine ha indicato che l’abilità
di calcolo nasce e si sviluppa a partire dai 2- 3 anni.
Già a questa età i bambini sanno discriminare le numerosità di piccoli insiemi: pur non
possedendo ancora il meccanismo di conteggio degli elementi, eseguono con successo
semplici addizioni e sottrazioni presentate visivamente tramite oggetti concreti.
Analizzando gli effetti della classe sociale sull’apprendimento, è stato poi rilevato che i
bambini di 5 anni appartenenti a classi sociali più deprivate, eseguono bene i calcoli di tipo
non verbale, ma non quelli verbali.
Le stimolazioni linguistiche sembrerebbero dunque incidere precocemente sulle abilità di
calcolo convenzionale, mentre non influenzerebbero le abilità logico-matematiche di tipo
non verbale.
Anche Ginsburg ha evidenziato come i processi mentali sottostanti alle abilità di calcolo non
differissero significativamente in soggetti diversi per cultura, razza e classe sociale. Il
contesto culturale e la scolarizzazione sono invece risultati decisamente rilevanti per
l’esecuzione delle operazioni standard di calcolo verbale.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 69
CAPITOLO 14 - IL PROCESSO DI INSEGNAMENTO - APPRENDIMENTO
L'apprendimento è un processo molto complesso, influenzato da molti fattori della sfera
cognitiva e anche affettivo-emotivo-motivazionale. Questa complessità ha origine dagli
elementi base della dinamica di insegnamento-apprendimento: lo stimolo, la risposta
e la conseguenza. Un insegnante attento deve poter scegliere le strategie e le tecniche più
adatte all'alunno, in base al tipo di compito, al contesto, alle difficoltà di ciascuno e alle
differenze individuali per poter lavorare al meglio su questi tre elementi del processo.
Il successo di un programma di apprendimento dipende, però, anche dalla relazione
empatica che si instaura tra l'alunno e l'insegnante e dalla fiducia che l'alunno ha nelle
proprie capacità grazie anche all'incoraggiamento dell'insegnante. Inoltre è condizionato da
difficoltà varie, da forme di disabilità e anche dai BES. (Insegnante deve individuare percorsi
più funzionali).

La gestione dei processi di mediazione nella microdinamica di insegnamento-


apprendimento
Laddove il rapporto tra insegnante e alunno è improntato alla collaborazione si può assistere
ad un flusso continuo di scambio di informazioni tra i due e di conseguenza ad un
accrescimento qualitativo e quantitativo delle capacità e delle competenze dell'alunno. Il
processo di insegnamento-apprendimento è un processo circolare dove l'insegnante, nella
sua azione di mediazione didattica, produce input e risultati, che si trasformeranno in nuovi
input nella successiva azione. Se gli input incidono sull'azione dell'alunno che apprende,
l'azione si modifica positivamente e riesce a produrre risultati che diventano nuovi input. Se
questi tre elementi sono continuamente in movimento allora si avrà l'apprendimento. Il
movimento continuo necessita anche di energia fornita dalle motivazioni intrinseche
nell'alunno e dagli input esterni forniti dall'insegnante. L'opera di mediazione
dell'insegnante, ad un primo livello, è di input e risultato.
Ma affinché non si arresti il movimento continuo di questo processo si devono verificare
alcune condizioni:
- l'obiettivo richiesto deve essere nell'ambito della zona di sviluppo prossimale, deve
chiedere azioni compatibili con il livello competenze raggiunte, se no si blocca;
- l'alunno deve attivare dei processi di interpretazione-rappresentazione mentale positivi e
non frenanti;
- l'alunno non deve presentare ostacoli significativi per la sua azione (comportam problema
o reazioni emotive eccessive).

Le tre componenti dell'azione dell'alunno


L'azione dell'alunno si suddivide in tre parti, che si possono sovrapporre. INPUT-
ELABORAZIONE-OUTPUT.
Alunno esposto a input, attiva delle strategie attentive e percettive, lo rendono consapevole
affinché comprenda. Durante questa fase di Comprensione dell'input l’alunno aggancia
l’azione che compie in modo significativo al suo livello di competenze.
Nella fase di Elaborazione attiva il problem solving, la comparazione, il ragionamento logico,
il transfer e la pianificazione dell'azione (output) da produrre. Rimpasto tra i significati
dell'input e le conoscenze-competenze già possedute dal soggetto.
Nella fase di Generazione di output pianifica e svolge l’azione con accuratezza.
In queste fasi si possono fornire gli input di aiuto o rinforzo in situazione di difficoltà.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 70
L'azione del soggetto che apprende è al centro dell’apprendimento, viene modificato
positivamente ed indirizzato verso gli obiettivi educativi-formativi. Bisogna riflettere sulla
vicinanza-lontananza dell'azione rispetto al compito finale, obiettivo dell'apprendimento. E'
più efficace proporre subito le azioni che saranno il prodotto finale o una serie di azioni-
processi lontani dal compito, ma che formano nell'alunno le funzioni cognitive e le operazioni
mentali generative che gli serviranno per apprendere qualsiasi prodotto-contenuto?

A livello superficiale, si propongono, come obiettivi di apprendimento, azioni che sono già
il prodotto finale.
Questo compito-azione va scomposto in varie combinazioni di microazioni e decisioni.

Nel secondo strato si propongono azioni che non sono parti del compito, ma sono abilità
componenti, cioè dei nuclei di conoscenza, abilità o competenza più generali rispetto al
compito, ma che rendono possibili azioni finali. Le abilità componenti sono azioni derivate
dal contenuto del compito, ma che se ne allontanano, mantenendo però un collegamento
con il compito stesso.

Nel terzo strato le proposte si rivolgono alle operazioni mentali più universali e
generalizzate come sperimentare, comprendere, ipotizzare, interpretare, comparare,
riflettere, creare. Esse si intrecciano e si possono applicare a molti contenuti e generare
altro apprendimento.
Una didattica per operazioni mentali rovescia il tradizionale approccio che parte dai
contenuti rigidamente separati e mette al centro dell'apprendimento dell'alunno, soprattutto
se con BES.

Nel quarto strato vi è una didattica per Funzioni cognitive - Prerequisiti funzionali
all'apprendimento. Riferimento teorico è Feuerstein ha fiducia nella profonda modificabilità
cognitiva. La mediazione didattica deve essere rivolta a funzioni di base, generalizzabili e
trasferibili, che non centrano con i compiti finali, ricchi di contenuto.
Egli individua funzioni cognitive essenziali all'esistenza delle operazioni mentali:
percezione e attenzione, orientamento spaziale e temporale, comportamento di
pianificazione, capacità di procedere per tentativi ed errori e trasposizione visiva.
Le azioni connesse alle funzioni cognitive si possono esercitare attraverso un programma
strutturato di strumenti creato da Feuerstein. Egli evita riferimenti al contenuto finale del
compito ma pone l'enfasi sul processo. Secondo lui bisogna sviluppare le funzioni cognitive
lontano da azioni ricche di contenuto perché se no i processi sarebbero troppo aderenti ai
contenuti.
Quindi una programmazione individualizzata sarà un mix di obiettivi nei vari livelli, che si
intrecciano.
Nel caso di ritardo mentale grave si proporranno azioni del primo livello con qualche
espansione al secondo livello. La distinzione tra i processi e i prodotti delle attività mentali
e di apprendimento è un aspetto fondamentale su cui riflettere nella programmazione per
obiettivi e competenze.

Esistono azioni di migliore qualità?


Un'azione si può considerare di migliore qualità se è autoconsapevole e autodiretta; frutto
di mediazione, dialogo, cooperazione; ricca di espressione libera, di emozioni.
Tener conto di questo quando si scelgono obiettivi e metodologie.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 71
Inoltre bisogna considerare i seguenti aspetti:
L'input deve tener conto anche ai vissuti emotivi e motivazionali che esso riveste.
La condizione necessaria a livello di competenze già possedute dall'alunno: alunno
risponderà solo se possiede prerequisiti sufficienti per iniziare un percorso verso le azioni
finali. Collocare le azioni nella Zona di sviluppo prossimale dell’alunno.
La condizione necessaria a livello di processi di interpretazione-rappresentazione
cognitivo-emotivo-motivazionale: quando apprende l'alunno attiva vari processi di
rappresentazione mentale.
Ecco i più frequenti:
1. La rappresentazione dell'input rispetto al proprio background di competenze L'alunno
mentre apprende cerca di agganciare l'input in modo significativo con conoscenze che
già possiede. L'esito positivo di questa fase incide nella motivazione.
2. La rappresentazione dell'input rispetto alle caratteristiche qualitative e individuali
percepite L'alunno mette in relazione l'input che riceve con il suo stile. Produrrà agio o
disagio.
3. La rappresentazione delle proprie capacità rispetto a quell'azione (autoefficacia)
L'alunno giudica se stesso anche rispetto alle proprie capacità percepite, richieste
dall'input/azione. Se il giudizio di autoefficacia è negativo produce un rallentamento
nell'apprendimento.
4. La rappresentazione del valore del risultato (motivazione di risultato)
L'alunno ipotizza il grado di attrazione del risultato che l’azione produrrà. Spesso si ricorre
a delle motivazioni estrinseche (gratificazioni, premi) per attirare al risultato. Sebbene
valida come strategia, bisogna successivamente spostare il focus motivazionale alla
motivazione intrinseca.
5. La rappresentazione dell'efficacia dell'azione rispetto al risultato (attribuzioni)
L'alunno attribuisce dei nessi causali tra l'azione e il risultato. Se pensa che il risultato
ottenuto non dipenda dalla sua azione, ma da altri fattori che non può controllare, questa
attribuzione non sarà per lui una grande spinta motivazionale.

Strategie base di insegnamento-apprendimento


Le strategie "di base" nell'ambito dell'analisi del comportamento (Applied Behavior Analysis
- ABA) si basano sulla ricerca empirica e si rivolgono al comportamento osservabile e ai
fattori controllabili che contribuiscono al suo mantenimento e alla sua evoluzione.

ABA è un approccio comportamentale ampio, che include varie tecniche e diverse


metodologie.

Oggetto dell'intervento di questo approccio è il comportamento attuale dell'alunno.


Il ruolo dell'insegnante è di far acquisire comportamenti più adattivi (facilitarli con stimoli
adatti) e di organizzare l'ambiente in modo che sia rinforzante per i comportamenti appresi,
perché questi siano mantenuti più a lungo.
Di seguito le tecniche educative principali per l’insegnamento di abilità fondamentali per
questo approccio.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 72
La "Task analysis" (analisi del compito)
È un insieme di metodi che permette di scomporre in sotto-obiettivi più semplici un compito-
obiettivo inizialmente troppo complesso, in particolare per BES.

Due tipi di task analysis:


- la "descrizione del compito" = l'identificazione e la descrizione di tutti i movimenti e le
risposte che compongono le sequenze ottimali dell'esecuzione efficace del compito.
- la scomposizione di un compito complesso nelle sue abilità componenti e prerequisite al
compito.
In tutte e due le metodologie l'insegnante definisce sotto-obiettivi sequenziali per facilitare
l'apprendimento.

Uso degli aiuti, tecniche di "prompting" e "fading"


I "prompts" sono "gli eventi stimolo" che facilitano il soggetto nel dare la risposta desiderata.
Questi aiuti (istruzioni, esempi, modelli, gesti) sono considerati prompts se sono efficaci e
progressivamente ridotti fino a sparire. La procedura di "fading" (attenuazione) degli stimoli
di aiuto indica cinque modi diversi per attenuare gradualmente l'aiuto. (es. scomparsa
progressiva dei colori, guida fisica diventa solo verbale).

Le tecniche per l'apprendimento "senza errori" di abilità di discriminazione


Stimulus fading: consiste nell'esagerazione di alcune caratteristiche dello stimolo che
guida alla risposta. Con questi alti livelli di aiuto è quasi impossibile che commetta un
errore.
Stimulus shaping: lo stimolo è una figura che viene poi trasformata nello stimolo da
imparare.
Prompt delay: all'inizio lo stimolo di aiuto viene fornito contemporaneamente a quello
ancora da apprendere e in un secondo momento viene presentato dopo (così riuscirà ad
anticiparlo).

L'uso di modelli competenti (modeling)


Si basa sull'apprendimento osservativo, che avviene quando il soggetto osserva un'altra
persona (il modello) che esegue il comportamento in questione. In questo caso si potrà
parlare di apprendimento vero e proprio e non di performance se l'alunno modificherà in
modo stabile e duraturo i suoi comportamenti.

Rinforzamento positivo e motivazione estrinseca "di risultato"


La tecnica più nota dell'analisi del comportamento è il rinforzamento positivo sistematico
(Skinner), che si basa sul principio del rinforzamento operante, secondo cui, un
comportamento si rafforzerà, se sarà seguito da un rinforzatore positivo. I rinforzi sono premi
e incentivi di vario tipo: alimentari, tangibili, simbolici, dinamici, sociali, ecc. Nonostante
l'apparente semplicità, usarlo bene non è facile, deve essere sistematico e costante. I
rinforzatori estrinseci dovrebbero poi essere progressivamente ridotti e gradualmente
sostituiti da rinforzatori sociali e intrinseci alle competenze raggiunte.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 73
Le tecniche di "shaping" (modellaggio) e "chaining" (concatenamento)
Lo shaping permette lo sviluppo di comportamenti complessi. Consiste nell'aiuto e il rinforzo
sistematico di approssimazioni sempre più vicine al comportamento finale.
Il chaining: stesso obiettivo dello shaping, ma metodo diverso: il comportamento finale viene
descritto con la task analysis e il docente inizia con il proporre l'ultimo anello della catena
(concatenamento retrogrado) perché ritenuto il più rinforzante.
Strategie di generalizzazione e mantenimento delle abilità acquisite.
-Presentazione di esempi diversi della situazione stimolo: alunno deve riconoscere in altri
contesti aspetti di stimolo simili a situazione precedente.
- La modificazione delle contingenze di rinforzamento: il rinforzo positivo non viene dato in
modo continuo, ma differito nel tempo dopo l'esecuzione della risposta (sempre meno
evidente).
-Trasferimento di abilità da un contesto all’altro.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 74
CAPITOLO 15 - STRATEGIE COOPERATIVE E DI TUTORING IN CLASSE
Ci sono varie strategie e tecniche per attivare e sviluppare la risorsa-altri nei processi di
integrazione e di inclusione.
Sono strategie di aiuto che devono coinvolgere tutti gli attori della rete ed essere funzionali
sia per lo sviluppo delle relazioni sia per l’apprendimento.

Tra queste vi sono l’apprendimento per gruppi cooperativi e il tutoring.

L’apprendimento per gruppi cooperativi


Permette di utilizzare al meglio e in modo continuativo la risorsa-altri.

Cooperare vuol dire “lavorare insieme agli altri per raggiungere un obiettivo comune” per:
Elevare il livello di tutti gli studenti;
Costruire relazione positive per creare una comunità di apprend in cui la diversità sia
rispettata e apprezzata;

Alla base di tutto deve esserci un clima democratico e cooperativo, che al contrario di quello
individualistico e competitivo, stimola gli studenti alla collaborazione, al raggiungimento di
obiettivi didattici e sociali, e all’inclusione di tutti nel progetto.

I tempi utilizzati per i vari lavoro possono variare, da singole lezioni, con i “gruppi informali”,
a periodi di media durata come alcune settimane, con i “gruppi formali”, a più lunghi, un
anno, con i “gruppi di base”.

I cinque elementi dell’approccio collaborativo sono:


Interdipendenza positiva: gli sforzi del singolo vanno a suffragio di tutti gli altri
componenti.
Responsabilità individuale e di gruppo: ciascuno è responsabile del proprio
apprendimento, ma anche del lavoro svolto dall’intero gruppo, per cui ognuno deve
contribuire.
Interazione costruttiva: è necessaria una continua interazione delle risorse presenti,
devono sostenersi, per mettere tutti nella condizione di poter raggiungere gli obiettivi.
Insegnamento delle abilità necessarie nei rapporti interpersonali: gli studenti devono
apprendere tutte abilità che consentono di “funzionare” bene all’interno del gruppo,
perché gli obiettivi sociali e disciplinari hanno pari importanza.
Valutazione del gruppo: i membri del gruppo valutano il proprio lavoro, sia per il
raggiungimento obiettivi cognitivi e didattici sia sociali, indicando azioni giudicate positive
o negative, da correggere o da mantenere.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 75
Il ruolo dell’insegnante nell’apprendimento cooperativo è fondamentale in quanto deve
pianificare una serie di operazioni iniziali, lasciando poi ampio spazio decisionale e di azione
agli studenti, in particolare deve:
- Prendere decisioni preliminari
- Monitorare e intervenire
- Verificare e valutare.

Prendere decisioni preliminari


- definire gli obiettivi del lavoro, devono essere riferiti sia alle abilità scolastiche che a quelle
sociali, ed è importante che partecipino anche gli alunni in questa fase (stimolati con
domande).
- stabilire le dimensioni dei gruppi in base all’attività svolta e all’esperienza degli alunni,
comunque è bene che i gruppi non siano troppo numerosi e che non superino le quattro
unità, perché difficile da gestire.
- formazione dei gruppi: devono essere eterogenei favorendo una maggiore circolazione
delle risorse e interazione costruttiva, di aiuto.
- assegnazione dei ruoli: è importante che ogni alunno capisca la sua importanza nel
gruppo qualunque sia il suo compito; l’insegnante deve saper assegnare bene i ruoli in
base alle abilità e agli interessi degli studenti e deve prevedere una gradualità di difficoltà
dei compiti, pianificando momenti di scambio di ruoli.
- sistemare l’aula in modo funzionale: lasciando spazio tra i gruppi per permettere il
passaggio, sistemando per lavorare a stretto contatto con i compagni potendosi guardare
negli occhi e parlare senza alzare la voce.
- assegnazione del materiale, che va consegnato e organizzato in modo da attivare il più
possibile l’interdipendenza positiva, quindi è bene consegnare una sola copia per gruppo
oppure una sola parte a ciascun componente, così come prevede anche il metodo
“Jigsaw” , che prevede la formazione di coppie di studio composte da studenti di gruppi
diversi che condividono tra loro la parte da studiare e poi preparano insieme il modo per
insegnarlo ai componenti del proprio gruppo. (lavoro a incastro)

Monitorare e intervenire
Durante lo svolgimento dell’attività l’insegnante deve:
Favorire l’interazione costruttiva diretta, accertandosi che gli alunni si stiano sostenendo
a vicenda, senza prevaricare uno sull’altro
Monitorare il comportamento degli studenti, girando tra i banchi, fornendo all’occorrenza
aiuti, registrando i dati significativi emersi durante l’osservazione.
Intervenendo per migliorare il lavoro di gruppo e sul compito, solo se necessario e non
condizionando le scelte e le decisioni prese.
Chiudendo la lezione, stimolando a dare una conclusione, ricapitolando i punti principali
e effettuando una riflessione su quanto appreso.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 76
Verificare e valutare
Deve tener conto sia degli aspetti legati all’apprendimento che il funzionamento dei gruppi.
La verifica è una raccolta di dati necessari a formulare in giudizio, mentre la valutazione è
un giudizio di valore formulato sulla base dei dati disponibili.

Le cinque regole che permettono di rendere la verifica e la valutazione un momento


significativo sono:
1. verifica e valutazione vanno sempre svolte nel contesto dei gruppi.
2. verifiche vanno effettuate sistematicamente e frequentemente.
3. tutti sono coinvolti direttamente nella verifica del loro livello di apprendimento e di quello
dei compagni.
4. È necessario utilizzare metodi oggettivi, evitando confronti tra le prestazioni e le abilità
degli studenti.
5. È bene diversificare i metodi di verifica in modo da accertare sia i miglioramenti a livello
di rapporti nel gruppo sia le conoscenze e le competenze acquisite (capacità di usar
l’abilità appresa in contesto reale).
Per verificare i docenti possono avvalersi di test, schede, colloqui, tutto ciò che risulti
coerente con le cinque regole presentate.
Fondamentali sono poi strumenti di autovalutazione: individuare aspetti positivi e negativi,
obiettivi raggiunti e non, e punti critici sui quali lavorare in futuro.
Questo approccio riesce meglio ad attivar la risorsa altri per costruir clima positivo in vista
dell’inclusione.

Il tutoring
= insegnamento reciproco tra compagni: può essere utilizzato in tutte le discipline
scolastiche e produce effetti positivi sia in chi svolge il lavoro di insegnante (tutor) sia nel
destinatario dell’insegnamento (tutee). Gli effetti non ricadono solo su aspetti didattici, ma
producono significativi progressi anche per i rapporti inter-personali, motivazione e
autostima. Deve essere un tutoring dinamico che preveda la circolarità dei ruoli, tenendo
conto delle abilità di ciascuno. Infatti la possibilità che un alunno non considerato
particolarmente bravo o con BES, possa ricoprire il ruolo di tutor fa crescere in lui
motivazione e autostima. Anche a livello sociale e del clima della classe permette di
raggiungere una consapevolezza che ciascuno è una risorsa utile ai propri compagni. Il
ruolo di tutor favorisce anche un ulteriore crescita delle abilità in chi è chiamato a svolgerlo.
La scelta di utilizzare frequentemente questa strategia operativa ha una ricaduta
molto positiva sulla classe, potenziando la collaborazione e la cooperazione tra gli
allievi favorendo l’interazione e la disponibilità di mettere a disposizione degli altri le
proprie risorse e competenze.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 77
CAPITOLO 16 - DIDATTICA EFFICACE IN CLASSE
PROGETTARE E GESTIRE AMBIENTI DI APPRENDIMENTO
Il concetto di ambiente di apprendimento è probabilmente l’elemento centrale della didattica
costruttivista.
Al suo interno, come disse Lebov, devono convivere degli elementi fondamentali quali:
Collaborazione,
Autonomia personale,
generatività,
riflessività,
coinvolgimento attivo,
rilevanza personale,
pluralismo.
Il termine ambiente deve essere inteso in senso lato sia come luogo fisico o virtuale ove
collocare delle persone, sia come luogo mentale definito in base alle caratteristiche del
compito proposto, alle azioni richieste e alle relazioni che si intendono sollecitare, al clima
emotivo e cognitivo, alle modalità di valutazione e al tipo di supporto (scaffolding) previsto
dall’insegnante.
La strutturazione dell’ambiente influenza le persone che devono fruirne, è in grado di dare
sensazioni di austerità o vitalità (scuole austere vs scuole variopinte).
È all’interno prende corpo la relazione tra insegnante e alunno, una relazione asimmetrica
tra chi sa e chi non sa ancora legittimata dalla conoscenza delle discipline che diventano
oggetto di investimento per entrambi e oggetto promotore della nascita di una dinamica
aperta.
È necessario, dunque, mantenere in equilibrio la relazione affettiva e di fiducia senza
perdere di vista il sapere da strutturare con attività progressive che favoriscano
l’integrazione cognitiva e la produzione di senso attraverso processi di scoperta, analisi,
rielaborazione, classificazione … in un lavoro di progressivo distanziamento dell’insegnante
dall’alunno affinché quest’ultimo possa far da sé. Per far ciò è necessaria una solida
strutturazione delle regole sociali – norme cooperative stabilite e ben precise,
responsabilizzazione sull’impiego dell’attrezzatura –

L’accento posto alla didattica costruttivista si accorda con il concetto di pianificazione di


Rogoff e coll. Che vedono la cognizione non come immagazzinamento di nozioni ma come
processo dinamico e sociale di individui che si impegnano in sforzi reali.

Bisogna, dunque, focalizzare l’attenzione non sul possesso di piani di azione prestabiliti ma
sulla capacità di rielaborazione in situazioni diverse facendo leva sulle interazioni sociali e
sugli strumenti offerti dall’ambiente, valorizzando così la flessibilità e l’aderenza al contesto.
In queste situazioni entra in gioco la decisione contestuale dell’insegnante, la sua capacità
di gestire gli sviluppi in situazione, lasciando al gruppo classe lo spazio e il tempo necessari
affinché emergano possibilità sempre diverse.

Un ambiente così strutturato consente lo sviluppo di una COMUNITÀ DI APPRENDIMENTO


– all’interno della quale si acquisiscono conoscenze, abilità e competenze – trasformabile
successivamente in COMUNITÀ DI PRATICA – che scambia informazioni sulla base delle
esperienze acquisite (vedi apprendimento legato zone di sviluppo prossimale).

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 78
Un ambiente di apprendimento ben strutturato tiene conto del parere e delle esigenze degli
studenti che partecipano attivamente alla gestione dello stesso.

Tutti concorrono a:
allestire e organizzare l’ambiente fisico (spazi dell’aula)
scandire i tempi
interazioni, relazioni e attori
clima relazionale e operativo
aspettative
regole di comportamento e gestione delle attività
compiti ed attività
strumenti.
Un ambiente costruttivista deve vere le seguenti caratteristiche:
concezione dell’apprendimento – abbandono del concetto di verità in favore di un
consenso raggiunti attraverso il dialogo ed il confronto.
Ruolo del discente – personalizzazione dell’apprendimento centrato sullo studente (ruolo
attivo e e partecipativo)
Dimensione sociale – apprendimento inserito all’interno di un’esperienza sociale (come
nella realtà)
Sistema articolato di risorse e supporti – predisposizione di ambienti ricchi che
consentano di promuovere operazioni di alto livello, interpretazioni multiple, utilizzo di più
media.
Il compito – compiti autentici, ampi e aperti e con informazioni ambigue.
Autoconsapevolezza del processo di costruzione della conoscenza – predisporre attività
che sviluppino motivazioni intrinseche e incoraggino la scoperta dell’errore e la
metariflessione.
Il ruolo del docente, in tale contesto, cambia notevolmente: non più colui che stabilisce la
sua autorità esponendo lezioni e interrogando, ma costruttore di un ambiente vivente, un
osservatore che partecipa in modo discreto con una funzione maieutica.

Il Progetto Didattico
Il termine progettare significa “gettare avanti”. Indica l’attività sistematica di anticipazione e
concretizzazione di un futuro specifico.
Secondo i Future studies il progettare è orientato su tre dimensioni:
Possibilità – il progettista verifica che effettivamente sia possibile mettere in atto il
progetto
Preferibilità – attraverso una scelta di alternative ipotizzabili
Probabilità – il progettista si impegna affinché gli obiettivi siano resi probabili.
La base di un progetto è data da tutte le scelte valoriali e dalle finalità di ampio respiro.
I primi studi sulla progettazione hanno avuto origine a partire dal 1900 soprattutto nel
periodo successivo alla grande depressione e delle due guerre mondiali; si è sentita
l’esigenza di migliorare la gestione delle risorse e dei processi attraverso interventi mirati –
chiamati oggi PROJECT MANAGMENT.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 79
Un’attività per essere definita progetto deve avere carattere di temporaneità – prevedere
tempi precisi – e soprattutto deve terminare con la realizzazione di un prodotto o comunque
un risultato unico.

In quali termini la progettazione riguarda il contesto scolastico italiano?


Fino al 2003 la scuola italiana era normata dai Programmi ministeriali (1955 e 1985), essi
avevano in carattere puramente prescrittivo ed indicavano tutti gli obiettivi che i singoli alunni
dovevano raggiungere per ogni singola disciplina. Il compito dell’insegnante era attenersi
scrupolosamente a quelle prescrizioni.

Col tempo il ruolo dell’insegnante ha subito un notevole mutamento, è stato pian piano
acquisito il compito di programmazione al fine di mediare gli ordinamenti statali con le
esigenze locali.
La fine del secolo portò alla consapevolezza della complessità della società e si rese
necessario operare con maggiore flessibilità.

Con le Raccomandazioni del 18/12/2006 – 2006/962/CE – redatte dal Parlamento Europeo


del Consiglio, si iniziarono a richiedere sempre maggiori competenze progettuali, non solo
agli insegnanti ma anche agli studenti e a tutta la scuola. Agli studenti era richiesto di
mettere in pratica le proprie idee dando vita a prodotti innovativi assumendosi la
responsabilità dei rischi per il conseguimento degli obiettivi prefissati.

Con l’introduzione della L. 59/97 cosiddetta Legge Bassanini, “Riforma della Pubblica
amministrazione finalizzata alla semplificazione”, i docenti assumono un ruolo autorale e gli
Istituti scolastici personalità giuridica, diventano adesso portatori di interessi, diritti e doveri
che prima erano di esclusivo appannaggio dello Stato.

Le scuole detengono adesso l’autonomia finanziaria, gestiscono autonomamente le risorse


elargite da Stato, EELL e privati. Le scuole devono garantire, dunque, flessibilità, efficienza
ed efficacia del servizio attraverso l’ottimizzazione di tutte le risorse a disposizione
(finanziarie, tecnologiche e strutturali e la scelta libera e programmata di metodologie,
strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento.

Il Ministero, nella scuola autonoma, ha un compito di indirizzo generale fornisce delle


Indicazioni Nazionali e delle Linee guida stabilendo traguardi omogenei per tutto il Paese e
gestendo il Sistema di Valutazione di questi ultimi.

Ogni comunità educante redige:


un Piano dell’offerta formativa (diventato Triennale con l L. 107/2015) documento
che estrinseca la capacità progettuale della singola scuola che si occupa di elaborare un
curriculum dell’intera organizzazione del percorso formativo fino al raggiungimento dei
traguardi di competenza previsti per gli alunni.

un Rapporto di Autovalutazione (RAV), quest’ultimo a superamento di quanto previsto


dalla L. 241/90 – Legge sulla trasparenza - e del DPCM del 7/06/95 - Carta dei servizi
scolastici per i diritti soggettivi dell’utenza.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 80
La scuola dell’autonomia ha un doppio impatto sul docente in merito alla progettazione
didattica:
gli richiede competenze progettuali superiori che superano la mera capacità esecutiva.
Lo grava di maggiori responsabilità valutative richiedendogli una formale esplicitazione
della qualità. Il controllo formale e il rispetto delle procedure vengono sostituiti da un
controllo sul risultato (L. 59/97) e sottoposto al Sistema Nazionale di Valutazione (SNV).

Quale modello di progettazione adottare?


A partire dagli anni ’70 si è affermato il modello ADDIE (Analysis, Design, Development,
Implementation, Evaluation - sono i nomi delle sue fasi in un processo lineare). Consente
una ottimale identificazione delle fasi principali.

Analisi Progettazio Allestimento Attuazione Valutazione


analysis ne Development Implementati Evaluation
Design on
fase più influenzata il progetto completa la fase difase finale.
critica – dall’analisi viene a questo struttura della fase applicazione
può tener conto di
analisi di di partenza punto descritto di progettazione. delle attività
più fattori:
partenza, in un fase in cui si all’interno di
Verifica
prerequisiti, documento allestiscono i uno scenario
apprendimenti
vincoli, riassuntivo materiali didatticoSoddisfazione
risorse a controllato
studenti
disposizione, per una Capacità di
contesto. In migliore messa in
questa fase gestione di
pratica degli
vengono eventualiapprendimenti
indicate le revisioni e
Impatto a
prove di migliorament
distanza di
valutazione i tempo
per gli sull’ambiente
studenti, le ove operano.
strategie Sostenibilità del
didattiche, i processo di
tempi, le insegnamento
risorse rispetto alle
risorse o ai
materiali.
Trasferibilità dei
risultati in altri
ambiti.
Rendimento
economico.
Il modello ADDIE è stato rivisto nel corso degli anni 80 con una distribuzione della
valutazione al termine che all’interno di ogni fase al punto da consentire anche una
retrazione alle fasi precedenti.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 81
La fase di valutazione si rivela importante già dopo la fase di analisi, prima di procedere
all’allestimento dei materiali, bisogna sempre verificare la congruenza interna di ogni parte.
Il docente può procedere attraverso autovalutazioni predefinite e documentate o può
decidere di chiedere il supporto di colleghi ed esperti condividendo il progetto
(eterovalutazione).
Durante la fase di Implemetazione si consiglia la redazione di un diario di bordo al fine di
registrare i cambiamenti degli studenti nel tempo, rianalizzare le attività e i risultati.
Vi sono, comunque, altri modelli di progettazione didattica più flessibili che consentono una
progressiva definizione degli obiettivi attraverso un processo di affinamento e adeguamento
ricorsivi.
Anni 80 modelli di ispirazione costruttivista – indicati in situazioni di lifelong learning per
studenti più esperti e con alta motivazione estrinseca perché fondato
sull’autoregolamentazione del contesto rilievo da parte degli stessi studenti e obiettivi, tempi
e strategie aperti.
In ambito scolastico è preferito l’approccio in cui il docente fornisce e fissa obiettivi e criteri
di valutazione, utilizza pratiche didattiche guidate e modella il lavoro in aula in piccolo gruppo
(direct instruction).

Come determinare gli obiettivi?


Vi sono due tipologie di obiettivi da distinguere;
Obiettivi formativi (finalità) - implicano un cambiamento significativo del discente,
rimandano ad un processo mentale non osservabile direttamente
Obiettivi didattici - di breve e medio termine conseguibili nell’arco del progetto –
contemplano azioni evidenti ed osservabili.
Vengono espressi entrambi attraverso l’uso di verbi

La prima cosa che deve fare un progettista è giustificare il progetto, vedere se la sua
realizzazione è frutto di un impulso creativo dettato dalla novità dei nuovi strumenti a
disposizione oppure se esso può apportare dei cambiamenti sull’utenza in relazione
all’ambiente.
Esistono diversi tipi di obiettivi didattici:
Per l’acquisizione di conoscenze e competenze specifiche
Realizzazione infrastrutture tecnologiche a supporto dell’insegnamento e
dell’apprendimento
Realizzazione di un prodotto
Ecc…
La seconda metà del 900 vide aprirsi una forte riflessione atta alla definizione degli obiettivi
didattici.
Bloom si occupò della redazione di una dettagliata tassonomia, inizialmente per gli obiettivi
cognitivi e successivamente anche per quelli dell’area affettiva e psicomotoria.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 82
(Immagini esplicative personali)

Oggi la tassonomia più utilizzata è quella di Anderson e Krathwohl, che h anno ideato una
matrice guida ove organizzare gli obiettivi di ogni progetto.
Nella testata relativa alla DIMENSIONE DEL PROCESSO COGNITIVO troviamo tutti quei
verbi che indirizzano il processo cognitivo
Nella testata relativa alla DIMENSIONE DELLA CONOSCENZA le tipologie di conoscenza
da acquisire (fatti, concetti, procedure, aspetti meta cognitivi…).

Il progettista riempie le celle vuote inserendo gli obiettivi scelti (es. Calcolare la soluzione di
un’operazione – si riempirà la casella incrocio tra l colonna Applicare e la riga Conoscenza
procedurale.
Possono essere riempite anche più caselle, in base alle richieste del progetto.
Comune denominatore di tutti gli obiettivi didattici è la necessità di operazionalizzazione,
deve essere possibili una condivisione della valutazione del suo raggiungimento anche se
può risultare difficile a causa del linguaggio sovente soggetto ad ambiguità interpretative
oppure per la difficoltà di misurarle (sviluppo di processi cognitivi, senso di autoefficacia,
motivazione, atteggiamenti…).
Come verificare, allora, la corretta scelta degli obiettivi?
Definirli associandoli uno ad uno alle rispettive prove di valutazione.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 83
Per consentire una valutazione realmente oggettiva, ogni obiettivo deve essere formato da:
attività che l’alunno deve saper fare,
condizioni di realizzazione
livello di sufficienza
vanno indicati:
strumenti di valutazione associati all’obiettivo (es. l’obiettivo 1 è valutabile attraverso
questionario, mappe, schede cloze…);
condizioni di applicazione (questionario con 30 items a random da un database di 300
domande ad ogni item corretto corrispondono punti…);
soglia minima da superare (90% classe deve rispondere correttamente al 80% delle
domande).

Quali altre criticità possono presentarsi nella progettazione didattica?


Oltre alla definizione di obiettivi e strumenti di valutazione, altro problema rilevante è la
congruenza interna del progetto.

Risoluzione: utilizzare un organizzatore grafico che evidenzi la corrispondenza si tra


obiettivo e modi valutativi, sia (soprattutto) tra obiettivi, strategie ed azioni didattiche da
attuare.

Scheda di corrispondenza tra obiettivi, strumenti di valutazione e attività

Si consiglia di:
di redigere un cronogramma di accompagnamento al progetto per scandire graficamente
la disposizione delle azioni nel tempo, segnalando i prerequisiti e le risorse,
verificare congruenza con Indicazioni Nazionali e PTOF (per obiettivi, tempi e risorse)
in caso di progetto complesso – accompagnare un piano economico dettagliato.
Impegno notevole per garantire la trasparenza della proposta progettuale e delle modalità
di valutazione.
Descrizione esaustiva, chiara e sintetica del progetto – attraverso la compilazione di una
scheda di progetto standardizzata di Istituto.
Deve rispondere ad un criterio di trasparenza
Dovrebbe essere condiviso tra le risorse educative dell’Istituto
Prevedere la ri-applicazione in contesti similari in tempi successivi- secondo un concetto
di Open Educational Resources (OER)

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 84
Evidence-Based Education e strategie didattiche efficaci
Negli ultimi quindici anni, nella ricerca scientifica, si è sviluppato un orientamento
denominato Evidence-Based Education (EBE), nata intorno agli anni 90 con l’obiettivo di
produrre risultati affidbilie spendibili a livello operativo per migliorare il proprio
insegnamento. Si insedia in un periodo storico in cui la ricerca educativa fu aspramente
criticata e tacciata di esagerata autoreferenzialità e poca concretezza e attinenza ai
problemi della vita scolastica quotidiana. si è messa in moto un processo di crescita e
sviluppo delle conoscenze scientifiche per definire uno stato delle conoscenze didattiche
condivise nella ricerca.

L’EBE si propone di evidenziare i risultati sperimentali al fine di compiere scelte didattiche


non solo dettate dal buon senso o dall’esperienza, ma basate su informazioni condivise ed
affidabili a livello scientifico.
Grazie all’orientamento EBE è stato possibile individuare un nucleo basilare di modelli,
strategie ed azioni didattiche efficaci e adattabili in più contesti.

Metodi e strategie efficaci

Le prime quattro architetture sono state proposte dalla Clark,


Calvani ha poi integrato il modello con altre tre categorie.

Attraverso la meta analisi (una procedura statistica) sono stati combinati i dati provenienti
da più studi sperimentali in modo da combinare i dati su studi aventi il medesimo argomento
e metodologie comparabili. I dati vengono sintetizzati in un unico valore (Effect size –
ampiezza dell’effetto). Più alto è il valore maggiore è l’efficacia della strategia.
Le ricerche sottolineano quanto sia più efficace stabilire obiettivi chiari e condivisi con gli
alunni piuttosto che interventi didattici reputati più importanti dell’interazione.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 85
Prima di decidere gli obiettivi, l’insegnante deve:
sapere cosa conosce ogni alunno e cosa sa fare per progettare attività che accrescano il
livello di sviluppo di ogni allievo.
Stimolare le aspettative degli allievi sul proprio apprendimento
Esporre chiaramente gli obiettivi
Mettere in relazione le nuove conoscenze con le preconoscenze degli alunni.

Secondo Clark tra le architetture didattiche più efficaci ci sono quelle direttive e recettive,
esse puntano agli obiettivi, intervallano i momenti di pratica guidata all’interazione con la
classe attraverso feedback continui; invece approcci fondati su presunti stili di
apprendimento rischiano di ritardare l’apprendimento e disperdere le risorse.
I lavori di cooperative learning può comunque essere efficace se:
lavoro ben strutturato dall’insegnante
Gruppi piccoli (2-3 persone)
Compiti definiti per ogni alunno
Rumore e tempi tenuti sotto controllo
I lavori in cooperative learning sono molto difficili da condurre, c’è il rischio che non lavorino
tutti per mancanza di interesse o eccessive differenze di livello.

STRATEGIE EFFICACI
Direct instruction – istruzione diretta
Diversa dalla lezione tradizionale dalla cattedra, si basa sulla lezione frontale (alternanza
spiegazione – interrogazione).
L’insegnamento è esplicito e sistematico, poche informazioni per volta e continue consegne
di lavoro, interazione e feedback.

Elementi fondamentali:
rendere gli studenti consapevoli degli obiettivi da raggiungere
presentare i contenuti in modo chiaro ed organizzato con spiegazioni e dimostrazioni
brevi.
Contenuti scomposti in passi (chunking)
Guida attraverso feedback
Progressiva autonomia ed autoregolazione dello studente

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 86
Strategie metacognitive
L’alunno viene stimolato a costruire la propria consapevolezza sui propri processi cognitivi.
Permette l’autoregolazione
sulle prestazioni cognitive,
sulla valutazione della difficoltà del compito, delle proprie conoscenze e relative capacità
di risoluzione.

Feedback e valutazione formativa


Permette diverse direzioni del feedback.
1. dallo studente all’insegnante
2. dall’insegnante allo studente – la risposta data dall’allievo fa comprendere il livello di
raggiungimento dell’obiettivo e passi successivi da compiere.

Il feedback evita il giudizio sul comportamento e indica come procedere attraverso


indicazioni semplici e chiare subito dopo lo svolgimento del lavoro.

Reciprocal teaching
È una strategia nata negli anni 80, coniuga modalità dell’apprendimento cooperativo e
metacognizione per migliorare la comprensione del testo attraverso le seguenti azioni:
prevedere,
porre domande,
chiarire
riassumere.
L’insegnante mostra come svolgere le azioni e poi uno studente ne assume il ruolo e
conduce i passi per la comprensione del testo.

Peer tutoring
È una strategia efficace per sviluppare:
1. l’apprendimento in una classe inclusiva,
2. per applicare e rivedere conoscenze già comprese.

Gli studenti che assumono il ruolo di tutor e acquisiscono il controllo sul proprio
apprendimento e capacità autoregolative, i tutee hanno la possibilità di avere un supporto
alla comprensione e al ripasso.

Didattica per competenze e laboratoriale


Attualmente la scuola sente l’esigenza di abbracciare strategie più vicine ad una moltitudine
di allievi e ritmi di lavoro, per questo prevedano un’organizzazione scolastica più flessibile
e consapevole.

Purtroppo attualmente queste nuove strategie, troppo spesso, non producono competenza,
in quanto gli studenti non sanno applicarle in altri contesti.

Si evidenzia, dunque, la necessità di spostare l’attenzione dai contenuti agli alunni e ai loro
processi cognitivi attivati. Si ribadisce la forte centralità dell’apprendente e consente di
personalizzare le proposte educativo-didattiche rendendole maggiormente fruibili ed
efficaci.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 87
A ciascuno viene garantito lo sviluppo completo delle proprie potenzialità e valorizzare i
propri punti di forza intervenendo su quelli critici.

Si sente l’esigenza di dare a ciascuno le stesse opportunità ma superando la logica del “tutto
uguale per tutti”.

Oggi in ambito scolastico ci si riferisce costantemente al termine competenza anche se in


realtà tra gli insegnanti vi è ancora poca chiarezza e consapevolezza su come favorirla e
svilupparla.

Dal punto di vista formale, una valida spiegazione del concetto di competenza è facilmente
rintracciabile
a livello europeo – “Le otto competenze chiave” indicate dalla Commissione europea nel
2007
a livello nazionale – “Le indicazioni nazionali” (del 2007 e del 2012)

Le indicazioni fornite sono molto chiare ma la loro trasposizione didattica operativa spetta
alle scuole e ai suoi professionisti, da qui le difficoltà.

L’individuo competente è colui che nella risoluzione di un problema in contesti reali sa


mettere in gioco e utilizzare
tutte le sue conoscenze – sia dichiarative che procedurali
le sue disposizioni mentali
le sue caratteristiche personali

La scuola deve formare allievi competenti creando le condizioni e le opportunità per


osservare, ricercare, fare ipotesi, progettare, sperimentare, discutere, argomentare le
proprie scelte, negoziare con gli altri e costruire nuovi significati, per risolvere
autonomamente e con responsabilità problemi reali.

Il laboratorio: ideazione, progettazione, realizzazione


L’approccio metodologico prediletto è, dunque, quello di tipo laboratoriale in quanto
riconosce e valorizza il ruolo attivo dell’allievo, impegnato in processi di problem solving e
di attivazione di un proprio pensiero critico e riflessivo.
Il laboratorio non è inteso come spazio o momento separato dalla classe ma un modus
operandi, un principio trasversale di tutta la proposta didattica.
L’insegnante ha il compito, dunque, di sollecitare i propri alunni ideando percorsi di studio
che potenzino le attività cognitive e sviluppino competenze.

«Laboratorio» diventa, in questa proposta, qualsiasi esperienza o attività nella quale


l’alunno combinando le proprie risorse e difficoltà, riflette ed elabora insieme agli altri,
utilizzando molteplici modalità di apprendimento, per la soluzione di una situazione
problematica reale, l’assolvimento di un incarico o la realizzazione di un progetto.

La competenza da acquisire diventa, quindi, il risultato di una pratica, di una riflessione e di


una interiorizzazione del processo di apprendimento sperimentato.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 88
Il laboratorio si pone come spazio multidimensionale:
è il luogo della motivazione, perché ci si impegna di più se lo scopo degli apprendimenti
risulta visibile, utile e concreto;
è il luogo della curiosità e della creatività, perché si problematizzano gli apprendimenti,
ponendo continuamente dei quesiti ai quali si risponde mettendo in gioco conoscenze e
intelligenze diverse;
è il luogo della partecipazione e della socializzazione, perché si impara a lavorare e
costruire conoscenza insieme, confrontandosi, argomentando e negoziando le proprie
personali prospettive.
è il luogo della personalizzazione, perché si offrono più percorsi e strumenti didattici,
rispondenti ai diversi bisogni apprenditivi ed esigenze di ciascuno;
è il luogo delle molteplici intelligenze (Gardner, 1987), perché in esso trovano spazio e
valore le originalità di ciascuno e delle quali ognuno diventa consapevole;
è il luogo della trasversalità tra diversi linguaggi, tra «mente» e «mani», tra emozioni e
riflessioni, perché si impara meglio facendo e attraverso un coinvolgimento olistico della
persona;
è il luogo della metacognizione e della responsabilità, perché si sollecita la pratica
riflessiva sul proprio operato, riconoscendo un ruolo fondamentale all’errore, che diventa
opportunità di miglioramento e crescita per tutti. Riflettere insieme, condividendo gli errori
commessi, permette di svelare e comprendere i percorsi mentali che li hanno prodotti,
assumendosi la responsabilità del proprio lavoro e l’impegno a migliorare.

VANTAGGI:
Facilmente esportabile in tutti gli ordini scolastici e in tutti gli ambiti disciplinari.
I saperi e i linguaggi di ogni disciplina diventano mezzi,
Attiva sostanziali modifiche e miglioramenti ai fini dei risultati di apprendimento degli
studenti e costituisce un’occasione significativa per ridisegnare stili di
insegnamento/apprendimento e ruoli, primo fra tutti quello dell’insegnante
Il docente progetta e realizza percorsi molteplici e diversificati, predispone il materiale e
organizza il lavoro: diventa il regista dell’azione educativo-didattica. È una risorsa, è
l’esperto che monitora e controlla il processo in atto, che sostiene e modifica quando si
rende necessario il suo intervento, che facilita l’interazione fra i diversi soggetti, che attiva
e favorisce i processi di negoziazione rendendosi garante di tutta l’azione educativa.

Per favorire una facile ed efficace compilazione, analizziamo e descriviamo singolarmente


ogni sezione.
Titolo del laboratorio:
Nucleo tematico disciplinare:
Competenza di riferimento:
Compito unitario di apprendimento:
Obiettivi specifici di apprendimento
Organizzazione della classe (formazione gruppi)
Organizzazione degli spazi
Materiali
Osservazioni
Osservazioni a conclusione del percorso

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 89
La scheda completata può costituire un utile strumento per chiunque voglia progettare
attività di laboratorio, adattandole e contestualizzandole rispetto ai propri contesti scolastici
e alle proprie necessità educative.

Titolo del laboratorio.


Deve essere sintetico ed accattivante per attivare l’interesse e la curiosità degli studenti
Nucleo tematico disciplinare
In esso viene concettualizzata la disciplina Punto di riferimento: le Indicazioni nazionali per
il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione.
Competenza di riferimento
Di numero variabile ed espresse con verbi di azione indicanti lo sviluppo di un
comportamento preciso, completano il nucleo tematico ed è il risultato della pratica e di
una interiorizzazione del processo di apprendimento laboratoriale.
Ogni competenza viene declinata in obiettivi specifici di apprendimento.
Compito unitario di apprendimento.
Preferibilmente autentico, ossia basato su riflessioni e rielaborazioni personali.
Percorsi aperti a varie interpretazioni e soluzioni spendibili nella realtà e che coinvolgono
diverse dimensioni dell’apprendimento: conoscenze, processi, abilità e disposizioni ad
agire; si tratta del risultato finale di tutte le attività realizzate nel laboratorio e possono
essere proposti agli studenti anche in seguito con le prove di competenza, come momento
di verifica e mezzo per dimostrare il livello di padronanza di quanto appreso.
Obiettivi specifici di apprendimento.
Descrivono le abilità che gli alunni esercitano e sviluppano nell’ elaborazione dei contenuti
e gli argomenti inseriti nelle attività proposte. Anche qui il punto di riferimento sono le
Indicazioni Nazionali per il curricolo ma contestualizzando tali obiettivi alle esigenze della
classe e alla propria realtà.
Organizzazione della classe.
Al fine di gestire efficacemente le attività laboratoriali è importante scandire i vari momenti
della lezione definendo ruoli, momenti, tempi e attività ed esplicitando se si tratta di lavori
individuali o in piccolo gruppo.
Organizzazione degli spazi.
In questa sezione sono indicati gli spazi (interni ed esterni) strutturati e non, presenti nella
scuola, nei quali si intende far svolgere le varie attività del laboratorio agli alunni. Devono
garantire il massimo della sicurezza e della fruibilità delle opportunità apprenditive. In
questa sezione vanno anche indicate le eventuali uscite didattiche.
Materiali.
Viene indicato tutto l’occorrente per lo svolgimento efficace dell’attività al fine di evitare
perdite di tempo.
Osservazioni.
Monitoraggio costante degli insegnanti, atto a rilevare l’insorgenza di problematiche
o difficoltà e ripristinare l’equilibrio del percorso.
Osservazioni a conclusione del percorso.
Sezione dedicata alle riflessioni finali, una sorta di “diario di bordo” dove inserire le
descrizioni delle singole esperienze evidenziando punti forti e criticità. Importante per
revisionare e valutare l’intero lavoro.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 90
Verifiche e valutazioni: le prove di competenza
Il momento della valutazione in itinere e finale è fondamentale per verificare l’efficacia
dell’intervento educativo e i livelli di competenza acquisita.
Si attualizza dentro ogni processo di apprendimento attraverso continui feedback finalizzati
al miglioramento degli apprendimenti da parte degli alunni e consentire continui
miglioramenti alle proposte didattiche.
Si tratta di lavori autentici - affiancati a modalità standardizzate (carta e penna) - offrono agli
alunni la possibilità di mettere in atto la loro competenza in vari modi, attraverso la richiesta
di compiti di prestazione riconoscibili e coerenti con la vita reale. Attraverso queste prove lo
studente può dimostrare di essere diventato competente trasferendo ed utilizzando ciò che
sa fare nella risoluzione di un problema concreto ed in situazioni nuove e diversificate.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 91
CAPITOLO 17 - STRATEGIE DELLA PROGRAMMAZIONE DIDATTICA
La PROGRAMMAZIONE DIDATTICA è la concretizzazione di un sistematico lavoro di
equipe che definisce percorsi e traguardi che alunni e docenti dovranno compiere.

Tiene conto:
Delle esigenze del singolo soggetto
Dall’esigenza di garantire a tutti la padronanza delle competenze fondamentali

Il fine della programmazione è permettere a TUTTI di acquisire e consolidare le competenze


di base indispensabili per la vita; i docenti hanno la responsabilità di offrire alla classe
metodologie, strumenti e contesti capaci di permettere questo.

In pedagogia e didattica parliamo di


- INDIVIDUALIZZAZIONE (direzione didattica che offre metodologie differenziate a
seconda dei bisogni del singolo alunno)
- PERSONALIZZAZIONE(direzione didattica volta al raggiungimento di obiettivi
differenziati per ciascun alunno, che presta attenzione e promuove i talenti di ognuno)

L'approccio dell'individualizzazione sposta sulla scuola la principale responsabilità del


successo dello studente. L’organizzazione scolastica deve essere flessibile, modificabile e
dinamica così da permettere a tutti il raggiungimento delle competenze irrinunciabili con i
propri tempi e le metodologie più adatte ad ognuno.
Per garantire IL DIRITTO ALL'UGUAGLIANZA è fondamentale riconoscere il DIRITTO
ALLA DIVERSITA.
Gli insegnanti per poter lavorare in questa nuova realtà devono possedere buone
competenze per analizzare i singoli allievi, definire obiettivi specifici, pianificare modalità,
tempi di lavoro, metodologie e strategie e muoversi in un'ottica di dinamismo e adattamento
dei lavori programmati alle esigenze della classe.

Importanza notevole va data anche al momento di valutazione e verifica che va


programmato periodicamente ed effettuato in ottica formativa tenendo conto dello standard
di apprendimento definito in ambito nazionale.

ELEMENTI STRATEGICI DELL' INDIVIDUALIZZAZIONE


MASTERY LEARNING (o apprendimento per padronanza) è una metodologia fondata
sull'ipotesi che tutti gli alunni possono raggiungere la padronanza cognitiva delle
competenze di base se ci avviciniamo a loro con metodologie e strategie a loro consone.

Questa proposta metodologica, elaborata da BLOOM alla fine degli anni60, tiene conto delle
caratteristiche cognitive e affettive in ingresso degli alunni; a tali caratteristiche associamo
una risposta formativa differenziata così da poter portare la maggior parte di loro a
conseguire risultati ottimali.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 92
FASI DI PROGRAMMAZIONE DEL MASTERY LEARNING
L'insegnante o meglio gli insegnanti:
- definiscono le padronanze che i bambini dovrebbero raggiungere;
- definiscono gli obiettivi specifici in una successione di sequenze capaci di promuovere
progressivamente le padronanze finali e pone livelli intermedi di raggiungimento;
- decidono quali valutazioni formative attuare per avere costante monitoraggio
dell'apprendimento e se necessario quali correttivi introdurre;
- preparano attività integrative o di recupero;
- realizzanno quindi un percorso formativo dove si distinguono sequenze progressive da
affrontare man mano,una alla volta dopo aver acquisito la precedente.

FEEDBACK(letteralmente riscontro)
Lo definiamo un elemento fondamentale all'interno del mastery learning in quanto ci
permette di inserire nel processo didattico momenti di VALUTAZIONE FORMATIVA cioè
valutazione non fine a sé ma l’opportunità per il docente per rendersi conto dello stato di
reale apprendimento dello studente che riceverà quindi informazioni migliorative riguardo
quest'ultimo.
Lo studente capirà grazie ai consigli del maestro come approcciarsi meglio al processo di
apprendimento, il maestro capirà se e dove utilizzare altre metodologie o strategie.
Il feedback era già stato promosso da Gagné come importante momento della lezione oltre
che da Bloom.
Gagné organizza l'azione didattica durante una lezione distinguendola in precisi momenti: il
maestro attira l'attenzione degli alunni, li informa dei risultati che si attende, stimola il ricordo
di capacità o conoscenze pertinenti alla nuova attività, funge da guida, e fornisce il
FEEDBACK e quindi valuta.
In sostanza possiamo definire il feedback come la possibilità per l'insegnante di fornire
un'informazione all'allievo sulla correttezza della prestazione al fine di poter migliorare
l'apprendimento stesso.
Parliamo ora, sempre nell'ottica della didattica individualizzata, di unità didattica vista come
strategia che punta al raggiungimento di obiettivi di base riferibili alle Indicazioni nazionali
in vista del raggiungimento delle competenze chiave.
Le qualità pedagogiche dell'unità didattica sono tre:
1. CHIAREZZA COGNITIVA fini e contenuti devono essere espliciti per l'allievo
2. AUTOSUFFICIENZA COGNITIVA ogni argomento o contenuto dell'U.D.deve costituire
un punto nevralgico della materia,in questo senso esporre completezza e autonomia.
3. INTERCONNESSIONE COGNITIVA tutti gli obiettivi devono essere legati tra loro da una
relazione disciplinare.
Progettando un unità didattica tengo conto:
- della diagnosi in ingresso(stile cognitivo, contesto familiare e socio-culturale, interesse,
motivazione, importanza che il bambino attribuisce al sapere e all'apprendimento)
- della formulazione degli obiettivi(devono essere chiari e trasparenti, verificabili, spiegati
agli alunni che cosi ne saranno consapevoli e ognuno sarà tappa fondamentale del
percorso che porta ai traguardi. Vanno espressi con verbi comportamentali cioè verbi che
l'alunno possa osservare come scrivere, recitare, costruire.
Utilizzare, al contrario, verbi come comprendere, capire, riflettere non rende realmente
verificabile il raggiungimento degli obiettivi)

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 93
Grazie alle TASSONOMIE DEGLI OBIETTIVI possiamo classificare gli obiettivi facendo
corrispondere determinate prestazioni comportamentali(indicatori) a specifiche abilità. Le
tassonomie più conosciute sono quelle di Gagnè e Bloom, entrambe rivisitate e attualmente
utilizzate per formulare gli obietti didattici, venendo utilizzate come “bussole” orientative.
La tassonomia di Bloom individua e distingue sei livelli di obiettivi:
- conoscenza
- comprensione
- applicazione
- analisi
- sintesi
- valutazione
Grazie alle tassonomie è più semplice definire e collocare anche i livelli intermedi di
apprendimento.
Gagnè individua gli obiettivi da raggiungere in base al tipo di apprendimento:
1associazione verbale
2apprendimento di concetti
3apprendimento di principi
4risoluzione di problemi
Queste sono le tassonomie a cui oggi ancora ci riferiamo mentre meno in uso quella
elaborata da Guilford.
Ogni obiettivo sarà oggi formulato declinando i traguardi per lo sviluppo delle competenza.
Avrà particolari contenuti e richiederà specifiche abilità (che ritroviamo nelle tassonomie).
Esiste un grafico <TAVOLA DELLE SPECIFICAZIONI>che gli insegnanti possono utilizzare
per individuare e rappresentare graficamente le relazioni tra abilità cognitive da raggiungere
e contenuti in grado di promuoverle.
La formulazione degli obiettivi è una fase importantissima del percorso didattico,
l’insegnante deve porsi come mediatore tra una definizione di obiettivi a carattere individuale
per ogni alunno e il non rinunciare da parte di tutti all'acquisizione delle competenze
fondamentali.
Il docente deve poi scegliere strumenti, tecnologie, materiali, organizzazione di spazi, tempi
e fasi di lavoro.
Per scegliere i contenuti il docente si attiene alle indicazioni nazionali e agli assi culturali
che indicano gli ambiti disciplinari e i traguardi formativi definendo gli ambiti di saperi
irrinunciabili, ma tiene anche conto delle richieste, motivazioni e degli interessi degli alunni
e del loro contesto.
Abbiamo 4 criteri di scelta per i contenuti:
1. Validità(contenuti autentici, reali, concreti...)
2. Significatività(Secondo Ausubel era significativo ciò che poteva essere collegato a
contenuti già presenti nella nostra sfera di conoscenze. Scegliamo quindi contenuti che
consentono al bambino di avvicinarsi all'obiettivo da raggiungere.)
3. Interesse(fattore motivante
4. Possibilità di apprendimento (contenuti accessibili alle possibilità reali di apprendimento)
Ausubel e Novak sostengono l'idea di ancorare i nuovi saperi a schemi cognitivi già esistenti.
Rifacciamoci sempre a questa idea.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 94
STILI DI INSEGNAMENTO E METODOLOGIA
Grazie alla VALUTAZIONE DIAGNOSTICA iniziale l'insegnante conoscerà le caratteristiche
degli alunni e si comporterà di conseguenza.
Darà inoltre grande importanza al linguaggio (specifico ma consono al pubblico) e osserverà
gli stili attributivi dei bambini cioè i processi con cui essi interpretano le cause delle azioni
che si verificano. Quindi se per esempio l'insuccesso scolastico viene riconosciuto dal
bambino come fattore controllabile, ad esempio la mancanza di impegno o di studio, è
possibile intervenire. Se al contrario il bambino attribuisce il proprio insuccesso a fattori non
controllabili, come la dotazione innata di intelligenza, reagire risulterà più complicato.
Agiamo sempre in un'ottica di didattica trasmissiva, trasmettiamo costruiamo insieme il
sapere.
L'insegnante si deve sempre porre nella ZONA DI SVILUPPO PROSSIMALE e consentire
agli alunni di coglierne elaborare i significati proposti.
Un ottimo docente deve mantenere disciplina in un ambiente sereno, alternare metodologie
e stili di lavoro per abbracciare più stili di apprendimento possibili. Sarebbe utile che si
alternassero, in virtù di questo motivo, addirittura gli insegnanti stessi. Consideriamo quindi
molto producente ogni variazione e cambiamento riducendo ai minimi termini la monotonia
delle classiche lezioni ripetitive e povere di diversità metodologica, strumentale e strategica.
Il docente resta cmq guida per la classe, e, specialmente di fronte a determinati argomenti
nuovi, può ancora utilizzare la lezione frontale, uno però tra i molti metodi, non l'unico. Dovrà
cmq muoversi per rendere interessante e piacevole ogni lazione.
Strumenti utilizziamo classica lavagna, lim, tv, lettore, software tutto ciò che sappiamo
utilizzare al meglio
Spazio organizziamolo al meglio per facilitare raggruppamenti spostamenti e per permettere
la possibilità di controllo e interazione. Per legge ogni alunno deve possedere 1,80 m. quadri
di spazio nella classe.
Tempo stabiliamo tempi durante la programmazione consapevoli che dovranno essere
flessibili ed assecondare le esigenze della classe.
Diamo valore alla collegialità scambiandoci documenti didattici, discutendo e confrontandoci
e anche ,ove possibile, scambiandoci come insegnanti dentro le classi. La dimensione
gruppo quindi va vissuta in prima persona dagli insegnanti e fatta vivere agli alunni.
La progettazione di un P.D prevede un momento di valutazione conclusiva che valorizzi il
percorso di ogni alunno e sia spunto di riflessione condivisa tra alunni e insegnanti. Servirà
agli studenti per conoscere il grado di apprendimento e agli insegnanti per monitorare la
propria capacità di permettere la costruzione del sapere. Raccogliamo sempre i dati per
documentare la nostra esperienza e riflettere con i colleghi.

STRATEGIE DEL PROGETTO DIDATTICO PER UNA DIDATTICA PERSONALIZZATA


Ricordiamo che ogni bambini ha dei punti di forza, il nostro compito è sviluppare le attitudini
in cui eccelle senza smarrire la dimensione gruppo.
Teniamo sempre presente l'importanza della continuità orizzontale(TERRITORIO).
Cerchiamo ambienti e spazi motivanti e funzionali.
Ricordiamo in ogni momento che il piano didattico è dinamico e parte e si modifica
sull'osservazione dell'alunno.
Tenendo presente tutto quanto detto gli insegnanti possono programmare varie tipologie di
piano didattico: per obiettivi, per concetti, per situazioni ,per progetti, per sfondo integratore.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 95
PER OBIETTIVI analizzando situazione iniziale, definendo gli obiettivi, organizzando i
contenuti e scegliendo metodologie e strategie per poi in ultima fase valutare e verificare

PER CONCETTI costruita attorno agli elementi conoscenza-azione-didattica: la conoscenza


è intesa come strutturazione e organizzazione dei concetti, l'azione didattica riguarda le
dinamiche del processo formativo e la relazione tra sapere da apprendere, soggetto che
apprende e insegnante, e, infine, la didattica della scuola che si muove per garantire
all'alunno la possibilità di apprendere in base alla propria età, naturalmente.

La didattica per concetti si divide in FASE DI PIANIFICAZIONE dove avviene elaborazione


mappa concettuale, conversazione clinica con alunni e confronto tra le due fasi precedenti
e la

FASE DELL'ESECUZIONE E DELL'ESPERIENZA, dove operativamente si sviluppano


serie di attività finalizzate al raggiungimento degli obiettivi definiti

PER SITUAZIONE un modello che si divide in tre fasi


- osservazione -per la raccolta di info riguardanti le caratteristiche cognitive e relazionali
dell'alunno
- offerta e sviluppo della situazione - riguarda creazioni di contesti comunicativi con
situazioni stimolo
- fase valutativa

PER PROGETTI privilegia la didattica laboratoriale ponendo le sue origini nel


costruzionismo di Bruner.
Il compito dell'insegnante parte dall'osservazione degli alunni che con spontaneità
familiarizzano con l'ambiente e saranno poi da lui guidati nell’organizzare le loro azioni
spontanee.
Seguirà una strutturazione della spontaneità e l'attività laboratoriale sarà guidata
dall’insegnante ma gli allievi sapranno gestirsi e raccogliere dati.
La fase di sintesi permette all'alunno di costruire con la guida dell'insegnante un linguaggio
condiviso e adeguato a descrivere la realtà.

PER SFONDO INTEGRATORE basato sulla teoria della Gestalt secondo cui l'azione
dell'uomo acquista significato quando collegata a uno sfondo di conoscenze già acquisite.
Ovviamente basilare è osservazione del bambino e delle conoscenze e strutture cognitive
da lui possedute, la ricerca delle sue potenzialità, degli interessi e l'individuazione di nuclei
di conoscenza a cui ancorare nuovi saperi.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 96
CAPITOLO 18 - DIDATTICA PER COMPETENZE
La competenza nei documenti nazionali: il DM 139/ 2007 sull’innalzamento
dell’obbligo di istruzione

Il DM 139/2007 sull’innalzamento dell’obbligo di istruzione fornisce le indicazioni per il


curricolo del biennio obbligatorio della scuola secondaria di secondo grado. Il documento
esplicita le competenze essenziali che gli alunni dovrebbero conseguire nei quattro assi
culturali (asse dei linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico, storico-sociale), dentro i
quali vengono raggruppate le competenze.

L’asse culturale dei linguaggi contempla tre competenze di padronanza della lingua italiana,
una competenza generale di padronanza delle lingue straniere, la competenza relativa al
patrimonio artistico e letterario, una competenza relativa ai linguaggi multimediali.

L’asse culturale matematico contempla quattro competenze: la prima relativa al calcolo, la


seconda sulla soluzione di problemi, la terza sulla geometria e la misura, la quarta
sull’analisi, interpretazione, rappresentazione dei dati anche con l’ausilio di mezzi
informatici.

L’asse scientifico-tecnologico comprende tre competenze: la prima rivolta all’osservazione,


descrizione, analisi dei fenomeni, in una prospettiva sistematica e di complessità; la
seconda rivolta al concetto di energia e alle sue trasformazioni; la terza relativa alla
comprensione delle potenzialità e dei limiti della scienza e della tecnologia.

L’asse storico-sociale comprende tre competenze: la prima, relativa alla conoscenza, analisi
e comprensione di eventi e fenomeni e di trasformazioni nel tempo e nello spazio; la
seconda, relativa alla comprensione della relazione tra esperienza persona-spazio; la
seconda, relativa alla comprensione della relazione tra esperienza personale e sistemi di
regole e norme, nel quadro della costituzione; la terza, relativa alla conoscenza e
all’orientamento nel sistema socio-economico del proprio territorio. Le 16 competenze sono
articolate e descritte in abilità e conoscenze.

Dalla metà degli anni Novanta del Novecento, anche l’Unione Europea si è sempre più
interessata alle competenze, ritenendole centrali per l’istruzione, l’educazione, la
formazione permanente, il lavoro, nella prospettiva della valorizzazione del “capitale umano”
come fattore primario dello sviluppo.

Nelle Conclusioni ai lavori di Lisbona del Parlamento Europeo del 2000, si indicano già
alcune strade da percorrere; tra le altre:

definizione delle competenze chiave europee per l’esercizio della cittadinanza attiva;
obiettivi di innalzamento dei livelli di istruzione e di allargamento dell’educazione
permanente;
riconoscimento degli apprendimenti non formali e informali, nel quadro
dell’apprendimento formale.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 97
Le otto competenze chiave di cittadinanza

In tutti i documenti successivi al testo del 2000 questi concetti vengono ripresi e approfonditi.
Nella Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 maggio 2004 si
insiste ancora maggiormente sulla questione del riconoscimento degli apprendimenti non
formali e informali, affermando che essi contribuiscono a buon diritto, come quelli formali, a
costruire la competenza; nella Raccomandazione del 18 dicembre 2006, vengono enunciate
in maniera definitiva le otto competenze chiave per la cittadinanza europea.

Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo
sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione. Il quadro di
riferimento delinea otto competenze chiave:

1. comunicazione nella madrelingua;


2. comunicazione nelle lingue straniere;
3. competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia;
4. competenza digitale;
5. imparare a imparare;
6. competenze sociali e civiche;
7. spirito di iniziativa e imprenditorialità;
8. consapevolezza ed espressione culturale.

Le competenze chiave sono considerate ugualmente importanti, poiché ciascuna di esse


può contribuire a una vita positiva nella società della conoscenza. Molte delle competenze
si sovrappongono e sono correlate tra loro: aspetti essenziali a un ambito favoriscono la
competenza in un altro. La competenza nelle abilità fondamentali del linguaggio, della
lettura, della scrittura e del calcolo e nelle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione (TIC) è una pietra angolare per l’apprendimento, e il fatto di imparare a
imparare è utile per tutte le attività di apprendimento. Vi sono diverse tematiche che si
applicano nel quadro di riferimento: pensiero critico, creatività, iniziativa, capacità di
risolvere i problemi, valutazione del rischio, assunzione di decisioni e capacità di gestione
costruttiva dei sentimenti svolgono un ruolo importante per tutte e otto le competenze
chiave.

I DPR 87, 88, 89 del 15 marzo 2010 sul riordino degli istituti professionali, istituti
tecnici e licei
I tre DPR di riordino della scuola secondaria di secondo grado descrivono la nuova
architettura dei tre ordini di scuola, prevedendo nuovi indirizzi e articolazioni dei percorsi di
studio.

Il DPR. 89/ 2010, regolamento di riordino dei licei, prevede una serie di competenze comuni
a tutti gli indirizzi, distribuite in cinque aree culturali, e competenze specifiche ai diversi
indirizzi.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 98
Al termine di tutti i percorsi di scuola secondaria di secondo grado, é prevista la
certificazione delle competenze sul modello EQF (Quadro Europeo delle Qualifiche).

Le linee guida per il curricolo degli istituti professionali e quelle per il curricolo degli istituti
tecnici riprendono le competenze dei Regolamenti, riferendole alle diverse discipline e
articolandole in abilità e conoscenze.
Le Indicazioni nazionali deli licei, invece, assumono una prospettiva nettamente disciplinare,
indicando obiettivi specifici di apprendimento, spesso formulati in termini narrativi, e
soprattutto i contenuti da affrontare nel corso del quinquennio.

Costruire un curricolo per competenze alla luce delle indicazioni nazionali. La


relazione tra competenze-chiave, competenze culturali, abilità, conoscenze
discipline; la descrizione dei risultati di apprendimento

Il compito delle istituzioni scolastiche è formulare curricoli nel rispetto delle Indicazioni
Nazionali, mettendo al centro del processo di apprendimento gli allievi, le loro esigenze e le
loro peculiarità, in collaborazione e sinergia con le famiglie e il territorio, in un’ottica di
apprendimento permanente lungo tutto l’arco della vita.
In questo senso, è necessario superare la logica della programmazione disciplinare a favore
di una progettazione organica e integrata che si struttura a più livelli, con la collaborazione
e l’interazione di diversi attori, di ambienti e risorse dentro e fuori l’istituzione scolastica.
Prima di definire i processi e i risultati dell’insegnamento, si tratta di formulare quelli
dell’apprendimento, dando spazio alle motivazioni degli allievi e aiutandoli a costruire
consapevolezza di sé, dei propri mezzi, dei propri punti di forza e di debolezza.
Il curricolo, in qualità di progetto fondamentale della scuola, pianifica l’offerta formativa,
rende evidenti scelte organizzative, educative e didattiche, esplicita le attività di didattica
quotidiana messa a punto dalla comunità professionale per conseguire i traguardi previsti
dalle Indicazioni Nazionali 2012.
Ogni scuola predispone il curricolo all’interno del piano dell’offerta formativa con riferimento
al profilo dello studente al termine del primo ciclo di istruzione, ai traguardi per lo sviluppo
delle competenze, agli obiettivi di apprendimento specifici per ogni disciplina.
A partire dal curricolo d’istituto, i docenti individuano le esperienze di apprendimento più
efficaci, le scelte didattiche più significative, le strategie più idonee, con attenzione
all’integrazione fra le discipline e alla loro possibile aggregazione in aree.
Poiché le Indicazioni Nazionali assumono come orizzonte di riferimento le competenze-
chiave esistono traguardi per lo sviluppo delle competenze prescrittivi e ineludibili, é
opportuno che il curricolo sia organizzato per perseguire e sviluppare le competenze degli
alunni.
I traguardi per lo sviluppo delle competenze sono l’unica prescrittività esplicita delle
indicazioni nazionali.
La prescrittività dei traguardi impegna alle istituzioni scolastiche a mettere in atto tutte le
strategie, le tecniche e le organizzazioni che sono nella loro disponibilità, ma anche libertà,
perché possibilmente tutti gli alunni possono conseguirli, al termine dei diversi segmenti del
percorso di istruzione, almeno a livello essenziale.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 99
Poiché i traguardi rappresentano dei punti di arrivo, sarebbe opportuno che i curricoli
prevedessero dei livelli di complessità crescente che descrivessero l’evoluzione nella
padronanza della competenza nel tempo e servissero come guida per la valutazione.
I traguardi rappresentano dei criteri per la valutazione delle competenze; in effetti essi
descrivono dei comportamenti che rivelano l’agire competente.
Le Indicazioni non riportano le abilità in cui si articolano i traguardi di competenza, ma gli
obiettivi.
Gli obiettivi riportano al centro della scena il docente, poiché essi appartengono a chi
insegna, tuttavia, poiché gli obiettivi sono quasi sempre formulati con buoni verbi operativi,
come azioni che devono essere intraprese, li assumeremo come obiettivi di apprendimento
e come abilità degli allievi.
Le conoscenze necessarie a sostenere le abilità e le competenze sono inferibili dagli
obiettivi per i traguardi, ma è necessario che le comunità professionali, nella pianificazione
del curricolo, scelgano accuratamente i contenuti davvero irrinunciabili, che devono
diventare le conoscenze indispensabili per supportare abilità e competenze.
È indispensabile insistere su strategie e metodi per apprendere e indagare e fornire agli
allievi situazioni dove agire, scoprire e, nel contempo, costruire nuove conoscenze e abilità.
Le Indicazioni 2012 sottolineano la portata trasversale delle competenze comunicative nella
lingua italiana, come strumento veicolare per tutti i saperi.
La comunicazione nella madrelingua, ma anche la matematica, assumono la valenza di
metacompetenze, poiché è con questi due sistemi di simboli -lingua e matematica- che noi
ci relazioniamo con il mondo e con i fenomeni.
È opportuno anche riflettere sulla differenza tra materia e disciplina.
Insegnare una materia significa trasmettere un corredo di contenuti e abilità relativi a un
campo del sapere. Occuparsi di una disciplina significa orientarsi in un campo del sapere
costituito da conoscenze, abilità, metodi di indagine, teorie e concetti in costante evoluzione,
relazioni interne tra concetti e relazioni esterne, con altre discipline.
Una materia si trasmette, una disciplina si indaga.
Le Indicazioni Nazionali, tuttavia, sono il nostro principale riferimento e, come abbiamo
detto, possiamo risalire, attraverso i traguardi e gli obiettivi, alle competenze, abilità e
conoscenze che gli allievi dovrebbero conseguire. Inoltre, le Indicazioni, nella loro
emanazione del 2012, richiamano gli insegnanti a ricercare i nessi tra discipline e a costruire
percorsi didattici interdisciplinari, anche se poi viene mantenuta al loro interno una rigorosa
suddivisione di traguardi e obiettivi.
In questo percorso di identificazione delle competenze da perseguire, ci possono aiutare
alcuni importanti documenti:
• Il DM 139/2007 sull’innalzamento dell’obbligo di istruzione che fornisce le indicazioni
per il curricolo del biennio obbligatorio della scuola secondaria di secondo grado. Il
documento esplicita le competenze essenziali che gli alunni dovrebbero conseguire nei
quattro assi culturali (asse dei linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico, storico-
sociale), dentro i quali vengono raggruppate le competenze;
• Linee guida per i piani di studio provinciali del primo ciclo della provincia autonoma
di Trento, del 2010.
• Gli allegati 1 e 2 all’ordinanza ministeriale 236 del 1993.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 100
Le competenze culturali di base vengono articolate in abilità e conoscenze. Le competenze
culturali di base vengono iscritte nelle competenze-chiave di riferimento, delle quali
divengono specificazioni.
Il DM 139/2007 individua anche otto competenze di cittadinanza che i giovani dovrebbero
possedere al termine dell’obbligo:
1.Imparare a imparare
2.Progettare
3.Comunicare
4.Collaborare e partecipare
5.Agire in modo autonomo e responsabile
6.Risolvere problemi
7.Individuare collegamenti e relazioni
8.Acquisire e interpretare l’informazione Di queste, il documento dà le definizioni, fornisce
abilità di massima, ma non ne fa oggetto di una declinazione puntuale in abilità e
conoscenze, come per le competenze che si riferiscono alle discipline.
In verità queste otto competenze, che vengono chiamate “competenze chiave di
cittadinanza”, sono delle specificazioni di alcune delle otto competenze chiave europee.
“Imparare a imparare” è una competenza europea e a essa sono riconducibili anche
“Individuare collegamenti e relazioni” e “Acquisire e interpretare l’informazione”;
“Comunicare” è presente in due competenze chiave europee, “Comunicazione nella
madrelingua” e “Comunicazione nelle lingue straniere”; “Agire in modo autonomo e
responsabile”, che è l’essenza stessa della competenza, e “Collaborare e partecipare” sono
entrambe “Competenze sociali e civiche”; “Progettare” e “Risolvere problemi” possono
essere ricondotte allo “Spirito di iniziativa e imprenditorialità”, anche se ovviamente, come
del resto tutte le competenze, sono trasversali.

Caratteristiche della didattica per la promozione delle competenze


Un primo aspetto rilevante dell’approccio per competenze, è la centralità del discente e del
processo di apprendimento, rispetto al docente e all’insegnamento. Il docente assume più
spesso il ruolo di mediatore e facilitatore, quando mette a disposizione strumenti e pianifica
situazioni che permettono all’allievo di costruire il proprio apprendimento. Il docente assume
la responsabilità educativa, poiché all’insegnamento persegue la finalità della formazione
della persona e del cittadino autonomo e responsabile e non resta confinato nell’ambito
della dimensione culturale.
La didattica per competenze è l’unica che può divenire realmente inclusiva, perché si
propone di strutturare percorsi in cui tutti gli alunni possano trovare un posto e una possibilità
di esprimere le proprie potenzialità.
Viene valorizzata l’esperienza attiva, concreta, in contesti veri o verosimili, attraverso la
proposizione di compiti autentici, che possono legare gli oggetti di apprendimento alla realtà
nella quale possono essere impiegati. L’apprendimento segue prevalentemente modalità
induttive. Si procede dall’esperienza attiva e concreta, alla sua rappresentazione simbolica,
attraverso la formulazione di ipotesi, la narrazione e ricostruzione delle procedure di lavoro,
la generalizzazione e la modernizzazione.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 101
La laboratorialità è uno dei processi migliori per perseguire competenze. Per laboratorialità
si intende impostare la didattica come laboratorio, attraverso l’individuazione di problemi, la
formulazione di ipotesi, la sperimentazione e la ricerca. I percorsi didattici privilegiano
l’integrazione dei saperi, che insieme concorrono a costruire competenze attraverso
l’esperienza e la riflessione nei compiti significativi e nelle unità di apprendimento.
Nell’organizzazione dei percorsi e dell’ambiente di apprendimento, va posta particolare
attenzione agli aspetti metodologici e strategici, legati all’imparare a imparare e allo spirito
di iniziativa e imprenditorialità.
La didattica per competenze privilegia l’aspetto sociale e cooperativo dell’apprendimento.
Insieme si può apprendere meglio, si possono condividere informazioni, procedure e
strategie, si può acquistare e ottenere aiuto. Le tecniche di apprendimento cooperativo, di
tutoraggio tra pari, la discussione, sono congeniali alla promozione di competenze.
L’mpulsività dell’approccio per competenze si manifesta al massimo grado nelle modalità
cooperative e di peer-tutoring, nelle quali gli allievi meglio attrezzati possono prendersi cura
dei compagni più in difficoltà e dove la dimensione del piccolo gruppo favorisce gli scambi
comunicativi e l’interdipendenza positiva. Poiché il fine ultimo dell’educazione è
l’acquisizione di autonomia e responsabilità, nella didattica per competenze e si riserva
ampio spazio alle situazioni in cui gli alunni affrontano compiti autentici, assumendosi la
responsabilità di portare a termine il lavoro nei tempi e nei modi stabiliti, lavorando in
autonomia, affrontando, da soli o in gruppo, situazioni inusuali e risolvendo i problemi che
si presentano. I compiti che si propongono agli allievi debbono sempre essere un po’ più
difficili, rispetto alle risorse che essi già posseggono. La situazione appena più complessa
stimola il problem-solving e la necessità di reperire informazioni e strategie che ancora non
si posseggono. È così che la competenza si autoalimenta: essa si manifesta nella capacità
di affrontare le situazioni utilizzando risorse che si hanno e che non si hanno. L’agire
competente si rivela proprio nella capacità di reperire strumenti e risorse nuovi, partendo da
quelli già posseduti. La lezione frontale non viene abbandonata; essa è uno strumento tra
altri, chi viene utilizzato al bisogno. Può servire per introdurre un argomento; per dare
velocemente informazioni necessarie all’avvio di un compito; per puntualizzare concetti
durante il lavoro; alla fine del compito per sistematizzare, assumere, portare a teoria e
modernizzare, ciò che si affrontato con l’esperienza.
Le Indicazioni nazionali, nel capitolo relativo al curricolo del primo ciclo di istruzione, al
paragrafo L’ambiente di apprendimento, suggeriscono le stesse modalità di organizzazione
delle condizioni che favoriscono la costruzione di competenze.
Per favorire un’ottima organizzazione del contesto di apprendimento è necessario tenere
conto di alcune condizioni:
• valorizzare l’esperienza e le conoscenze degli alunni, per ancorarvi nuovi contenuti;
• attuare interventi nei riguardi delle diversità, per fare in modo che non diventino
disuguaglianze;
• favorire l’esplorazione e la scoperta, al fine di promuovere il gusto per la ricerca di
nuove conoscenze;
• incoraggiare l’apprendimento collaborativo;
• promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere, al fine di imparare
ad apprendere;
• realizzare attività didattiche in forma di laboratorio, per favorire l’operatività e allo
stesso tempo il dialogo e la riflessione su quello che si fa..

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 102
Strumenti della didattica per competenze. Compiti significativi e unità di
apprendimento
Costruire le rubriche di descrizione dei risultati di apprendimento in termini di competenze,
abilità, conoscenze, individuare le evidenze, strutturare i livelli di padronanza, sono i primi
passi per progettare il curriculo a scuola.
La didattica trasmissiva ed esercitativa non basta più: essa ci permette al massimo di
conseguire conoscenze e abilità, ma non competenze; inoltre, genera sempre più
estraniazione e rifiuto negli alunni, che troppo spesso non riescono a rintracciare il senso e
il significato delle proposte e richieste della scuola.

Per far loro conseguire competenze, dobbiamo offrire agli allievi occasioni di assolvere in
autonomia i “compiti significativi”, cioè compiti realizzati in contesto vero o verosimile e in
situazioni di esperienza, che implichino la mobilitazione di saperi provenienti da campi
disciplinari differenti, la capacità di generalizzare, organizzare il pensiero, fare ipotesi,
collaborare, realizzare un prodotto materiale o immateriale. Il compito affidato non deve
essere banale, ma legato a situazioni di esperienza concreta e un po’ più complesso rispetto
alle conoscenze e abilità che l’alunno già possiede, per poter attivare il problem solving.
Attraverso i compiti significativi non soltanto si mobilita ciò che si sa, ma si acquisiscono
nuove conoscenze, abilità e consapevolezza di sé e delle proprie possibilità.
Il compito significativo è un lavoro relativamente breve e circoscritto, che può essere affidato
anche dal singolo insegnante nell’ambito della propria disciplina, in cui si chiede all’allievo
di portare a termine un lavoro autonomo e originale, contestualizzato nell’esperienza, o che
attiva esperienze concrete.

Uno degli strumenti più completi per realizzare la didattica per competenze è la cosiddetta
unità di apprendimento (UDA).

Essa rappresenta un segmento, più o meno ampio e complesso, del curricolo, che si
propone di far conseguire agli allievi aspetti di competenza, attraverso l’azione e
l’esperienza.

Gli allievi sono chiamati a realizzare un prodotto materiale o immateriale, individualmente o


in gruppo, mettendo a frutto conoscenze e abilità già possedute e acquisendone di nuove
attraverso il lavoro.

La struttura può ricordare quella dell’unità didattica: entrambe, infatti, sono moduli di
apprendimento che si propongono di coprire fasi del curricolo. I due strumenti, però, si
differenziano in modo sostanziale (vedi tabella qui sotto).

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 103
UNITA’ DIDATTICA UNITA’ DI APPRENDIMENTO
E’ centrata sugli obiettivi del docente e sulla È centrata sulle competenze degli allievi.
disciplina.
E’ centrata sull’azione del docente. È centrata sull’azione autonoma degli
allievi.
Parte da obiettivi disciplinari e, attraverso Parte dalle competenze e, attraverso la
mediatori diversi, si propone di conseguire realizzazione di un prodotto, si propone di
conoscenze e abilità. conseguire nuove conoscenze, abilità e
competenze.
Contiene un apparato di verifica e Contiene l’apparato di verifica e
valutazione delle conoscenze e delle abilità. valutazione delle competenze, abilità e
conoscenze, attraverso l’analisi del
processo, del prodotto e la riflessione-
ricostruzione da parte dell’allievo.
È costituita prevalentemente di attività È costituita essenzialmente da un’attività di
individuali o collettive dirette gruppo autonomamente condotta dagli
dall’insegnante. studenti con il supporto e la mediazione
dell’insegnante.

La valutazione dell’unità viene effettuata tramite osservazioni di processo (impegno,


costanza, motivazione; capacità di individuare problemi e di proporre ipotesi di soluzione,
concretezza; collaborazione; capacità di fronteggiare le crisi, di collegare informazioni ecc.);
analisi del prodotto (coerenza con la consegna, completezza, precisione, efficacia ecc.) e
una relazione individuale scritta e orale che renda conto del lavoro svolto, del percorso e
delle scelte effettuate, delle esperienze condotte.
La relazione ha un grande valore di riflessione metacognitiva (ovvero aiuta a dare senso al
proprio sapere) e ha anche il compito insostituibile di “dare parola” all’esperienza, ciò che
consente all’allievo di rappresentarla a livello astratto e concettuale.
La capacità di rappresentare e di riflettere sull’esperienza attraverso il linguaggio è alla base
dei processi di astrazione e di simbolizzazione che portano a poter fare a meno
dell’esperienza “qui e ora” e che sono indispensabili al conseguimento delle capacità
progettuali, ideative e creative.
Ogni fase di lavoro in cui si articola l’unità di apprendimento costituisce un compito
significativo, in cui gli allievi realizzano un prodotto intermedio, mettono in atto evidenze che
si prestano a essere verificate e valutate.
La parte relativa allo sviluppo delle fasi di lavoro è molto importante e costituisce il cuore
dell’attività.
L’unità di apprendimento serve a sviluppare competenze, a incrementare abilità e
conoscenze e a conseguirne di nuove.
Le conoscenze e le abilità conseguite attraverso l’unità di apprendimento si verificano con
gli strumenti usuali: colloqui, questionari, saggi brevi, ecc.
I prodotti intermedi delle singole fasi e il prodotto finale costituiscono altri elementi di
valutazione, che dipendono dalla natura del prodotto stesso.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 104
L’ultimo elemento di valutazione è costituito dalla relazione finale.
Mentre il prodotto è collettivo, la relazione finale è sempre individuale, perché persegue due
funzioni:
• la prima è quella di permettere all’allievo la ricostruzione-riflessione-valutazione sul
proprio lavoro;
• la seconda è quella di permettere all’insegnante di avere informazioni su come il
singolo allievo ha interiorizzato ed elaborato il lavoro condotto collettivamente e cosa ne
ha personalmente tratto.
Una unità di apprendimento non esaurisce le competenze; servono osservazioni ripetute in
contesti differenti. Le competenze, del resto, possono essere perseguite anche attraverso
la didattica quotidiana, a patto che il docente abbia egli stesso la consapevolezza del
significato e del senso di ciò che insegna e della valenza che ogni sapere riveste per
l’esercizio della cittadinanza attiva.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 105
CAPITOLO 19 - VERIFICA E VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI
VALUTAZIONE COME PROCESSO
Nella Premessa delle Indicazioni nazionali 2012 la valutazione e la di certificazione delle
competenze sono così descritte:
Valutazione: agli insegnanti competono la responsabilità della valutazione e la cura della
documentazione, nonché la scelta dei relativi strumenti, nel quadro dei criteri deliberati dagli
organi collegiali.
Le verifiche intermedie e le valutazioni periodiche e finali devono essere coerenti con gli
obiettivi e i traguardi previsti dalle Indicazioni e declinati nel curricolo.
La valutazione precede, accompagna e segue i percorsi curricolari.
Attiva le azioni da intraprendere, regola quelle avviate, promuove il bilancio critico su quelle
condotte a termine.
Assume una preminente funzione formativa, di accompagnamento dei processi di
apprendimento e di stimolo al miglioramento continuo.
Occorre assicurare agli studenti e alle famiglie un’informazione tempestiva e trasparente sui
criteri e sui risultati delle valutazioni effettuate nei diversi momenti del percorso scolastico,
promuovendone con costanza la partecipazione e la corresponsabilità educativa, nella
distinzione di ruoli e funzioni.
Alle singole istituzioni scolastiche spetta, inoltre, la responsabilità dell’autovalutazione, che
ha la funzione di introdurre modalità riflessive sull’intera organizzazione dell’offerta
educativa e didattica della scuola, per svilupparne l’efficacia, anche attraverso dati di
rendicontazione sociale o emergenti da valutazioni esterne.
Pertanto la valutazione non riguarda solo l’ambito scolastico ma la vita intera di un essere
umano, in quanto precede, accompagna e segue i percorsi curriculari.
Inoltre essa è pervasiva perché occupa tutti i momenti di un individuo sia in classe che al di
fuori, proprio per questo il curricolo deve favorire tutti i processi di acquisizione della
competenza del valutare la realtà, le proprie azioni, i propri prodotti.

Il valutare è un elemento fondamentale dell’attività didattica ordinaria, una forma di


approssimazione continua alla realtà e come tale rappresenta uno strumento oggettivo.

E’ sia componente dell’insegnamento sia parte stessa delle unità didattiche che
rappresentano.

A seconda del modo in cui sia usano le informazioni ottenute la valutazione può essere
classificata in:
1. DIAGNOSTICA, identifica la qualità delle prestazioni degli allievi in un determinato
momento
2. FORMATIVA, facilita l’apprendimento.
3. SOMMATIVA, offre un bilancio riassuntivo degli apprendimenti, fornisce informazioni sul
rendimento di un allievo in corso di trasferimento presso un altro istituto o ne certifica i
risultati finali.
4. AI FINI DI RENDICONTAZIONE, valuta le prestazioni degli insegnanti e l’efficacia
formativa delle istituzioni scolastiche.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 106
La valutazione fornisce soltanto una visione parziale dell’allievo valutato e quando si dà un
giudizio bisogna essere consapevoli del fatto che esso è provvisorio e suscettibile di
modifica alla luce di dati ulteriori: tutti i momenti sono utili al miglioramento
dell’insegnamento e alla promozione e valorizzazione delle potenzialità degli allievi, non a
classificarli e sanzionarli.

Un insegnamento efficace ha bisogno di un’analisi accurata della situazione iniziale degli


allievi in base alla quale saranno state assunte scelte conseguenti, così come una verifica
sistematica e accurata sugli andamenti degli apprendimenti consentirà di regolare
tempestivamente le proposte e quindi di prevenire e contenere gli insuccessi, consentendo
risultati finali più lusinghieri.
La valutazione dovrebbe portare anche a una riflessione sulle migliori strategie di
insegnamento, sull’organizzazione dei tempi, degli spazi, degli ambienti di apprendimento,
sulle relazioni che intercorrono tra adulti, tra adulti e allievi, tra gli allievi.

In pratica, la verifica dell’andamento degli apprendimenti degli allievi deve contribuire


all’autovalutazione del lavoro del docente e di istituto.
Un’altra strategia che l’insegnante può utilizzare per rendere efficace l’insegnamento è
quella di comunicare la propria valutazione agli studenti in modo da contribuire alla
formazione dei processi di attribuzione causale dell’alunno e alla formazione della sua
immagine personale, della motivazione, della previsione di successo e delle strategie di
scelta future.
È preferibile attribuire un insuccesso alla causa dello scarso impegno, poiché si tratta di una
causa interna, instabile e controllabile, mentre il successo può essere riferito alla capacità
che è causa interna e stabile, in quanto è soprattutto la percezione della stabilità della causa
a determinare nello studente un atteggiamento attivo o di resa.

L’attribuzione causale operata dall’insegnante si comunica attraverso le frasi interpretative


che accompagnano il giudizio di valutazione, infatti un’attribuzione a cause esterne
indipendenti dal soggetto può generare un atteggiamento passivo e vittimistico in
conseguenza al fatto che il proprio destino è percepito come determinato da fattori
incontrollabili, rendendo inutile ogni sforzo di apprendimento e di miglioramento.

I rischi legati alla motivazione negli alunni con BES e basso rendimento scolastico
L’insegnante non dovrebbe assolutamente classificare l’allievo in base alle abilità fin dalla
primissima età poiché la capacità non è un’entità innata e fissa: motivazione e risultato sono
legati al contesto e per questo possono cambiare.

È importante non dare per scontato che un singolo allievo “manchi di abilità”, ma considerare
quanto gli allievi possano essere aiutati a raggiungere una condizione in cui si sentano più
sicuri di riuscire.

Lo stile motivazionale di uno studente può essere modificato in vari modi, attraverso la
definizione degli obiettivi, la valutazione e il feedback.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 107
Valutazione e verifica
Valutazione e verifica sono due entità differenti: la verifica è un aspetto della valutazione ma
non coincide con essa.
La verifica consiste nell’osservazione e nella misurazione, condotte in tempi diversi e con
strumenti diversi, dell’andamento degli apprendimenti degli e nel momento in cui si verifica,
si assumono informazioni e dati sospendendo, così, il giudizio.

Gli strumenti con cui vengono condotte le verifiche possono essere prove pratiche, colloqui,
prove scritte, osservazioni.
Le prove sono
- strutturate quando sono costituite da quesiti a risposta chiusa o aperta, o prove pratiche
con esito dato;
- semi-strutturate quando accanto agli item chiusi o a risposta aperta univoca si affiancano
item a risposta aperta vera e propria (questionari aperti, saggi brevi, espressioni di
opinione, valutazione, giudizio, ecc.) o prove pratiche con margine di soggettività, anche
se connotate da parametri da seguire;
- non strutturate, come componimenti, testi di diversa tipologia, prove pratiche di tipo
creativo, saggi brevi, ecc.
Meno le prove sono strutturate, tanto più è necessario disporre di precisi criteri per la loro
lettura e interpretazione, al fine di contenere la discrezionalità e soggettività di giudizio.

Le prove strutturate sono chiamate anche prove oggettive e la loro maggiore oggettività
risiede nel fatto che è possibile interpretare l’esito di tutti gli allievi con lo stesso metro, dato
dall’univocità delle risposte le quali non lasciano margine alla discrezionalità dei correttori.
Con le prove semi-strutturate e non strutturate bisogna ricercare la maggiore oggettivazione
possibile, per garantire l’utilizzo dello stesso margine di soggettività per tutti gli allievi.

Ciò è possibile formulando griglie con precisi criteri di lettura delle risposte, permettendo ad
un gruppo docente di costruire le prove attraverso un dipartimento e la condivisione dei
criteri in modo da renderli intersoggettivi.

Perché la media aritmetica non è una valutazione efficace


La media aritmetica è negazione della valutazione poiché lascia ai numeri le scelte del
docente che dovrebbero tenere conto di condizioni di partenza, dei progressi, di modalità
operative, di traguardi conseguiti alla fine del percorso da ogni singolo allievo.
La valutazione deve rispondere a criteri come la chiarezza, equità, trasparenza; deve essere
personale e non comparativa, ciò significa che deve essere valida, condotta con criteri
chiari, ragionevoli, rispondenti a caratteristiche di oggettivazione condivisi da allievi e
famiglie.
Ogni alunno deve essere valutato in rapporto alla programmazione e ai traguardi fissati per
lui e per la classe e non rispetto a quanto avranno fatto gli altri.

Valutazione e verifica nell’approccio cooperativo


L’approccio cooperativo è uno dei principali cardini su cui impostare l’azione inclusiva per
incentivare l’apprendimento e la partecipazione di tutti gli alunni.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 108
I fratelli Johnson e Holubec propongono una distinzione tra valutazione e verifica, secondo
la quale la verifica è la raccolta dei dati necessari a formulare un giudizio, mentre la
valutazione è un giudizio di valore formulato sulla base dei dati disponibili.
Si può verificare senza valutare, ma non si può valutare senza aver prima verificato.

Ci sono cinque regole per verificare e valutare.


1. Il processo di verifica e di valutazione deve svolgersi nel contesto dei gruppi di
apprendimento per essere più efficace.
2. Verificare con costanza e sistematicità, poiché gli studenti hanno bisogno di un feedback
continuo e individuale
3. Gli studenti devono essere coinvolti direttamente nella verifica del livello di
apprendimento proprio e dei compagni in modo da promuovere il massimo
apprendimento da parte di tutti.
4. Per la verifica e la valutazione è opportuno usare un sistema basato su criteri oggettivi.È
opportuno evitare di fare confronti tra gli studenti perché potrebbe rivelarsi
controproducente e andare a scapito della motivazione e dell’apprendimento.
5. Usare metodi di verifica diversi. Nell’apprendimento cooperativo si possono utilizzare
contemporaneamente metodi di «qualità totale» (miglioramento costante delle dinamiche
di aiuto reciproco all’interno del gruppo), oppure basati sulla prestazione (gli studenti
devono dimostrare le loro conoscenze attraverso l’uso di una procedura o un’abilità), o di
verifica «autentica» (che richiede agli studenti di utilizzare la procedura o l’abilità
desiderata in un contesto reale).

La verifica cooperativa durante la lezione


Durante la lezione l’insegnante verifica l’apprendimento degli studenti osservandoli e
interrogandoli.

Da questo punto di vista i gruppi di apprendimento cooperativo possono essere di grande


aiuto per l’insegnante, al quale sarà sufficiente:
• formare piccoli gruppi,
• assegnare un compito,
• incaricare uno studente di controllare la comprensione e
• passare di gruppo in gruppo raccogliendo dati sulla qualità delle spiegazioni e degli
scambi di informazioni tra i membri.

I dati di osservazione si raccolgono usando schede di osservazione formale o checklist e


annotando le proprie impressioni. Per le osservazioni ci si può anche avvalere della
collaborazione degli studenti; mentre il metodo tradizionale per determinare il livello di
ragionamento, di problem solving e di pensiero metacognitivo degli studenti è
l’interrogazione orale.
Si seleziona a caso uno studente e lo si interroga: quando ha finito di rispondere gli altri
membri del gruppo possono completare la risposta.
Poi si passa a un altro studente, che dovrà rispondere a una domanda diversa; la procedura
va ripetuta con tutte le domande. Se il gruppo non riesce a dare risposte adeguate, deve
ritornare sul compito, ripassare ed esercitarsi finché non è pronto.
L’insegnante aiuta e guida gli studenti identificando nelle risposte le loro competenze e le
loro difficoltà.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 109
Verifica dopo la lezione: l’uso di procedure cooperative
Al termine della lezione si verifica l’apprendimento degli studenti con test scritti,
interrogazioni orali, esercizi, compiti per casa e dimostrazioni in contesti reali o simulati e
sulla base delle informazioni così raccolte, l’insegnante assegna i giudizi e gli studenti
definiscono degli obiettivi di miglioramento e si congratulano a vicenda per il lavoro svolto e
per i progressi compiuti.

Correzione dei compiti a casa


1. Gli studenti entrano in classe e formano i loro gruppi che, in termini di livello di
preparazione, dovrebbero essere eterogenei. Uno studente va alla cattedra, prende la
cartella con i compiti del gruppo, li distribuisce ai compagni e registra quanta parte del
compito ognuno abbia svolto.
2. A turno due studenti vengono incaricati di spiegare passo per passo le modalità di
svolgimento del compito, di controllare l’accuratezza della spiegazione e di fornire aiuto
e, se necessario, incoraggiamento.
3. Il gruppo discute il compito e passa in rassegna le risposte, cercando di raggiungere un
consenso su ciascuna e di comprendere le informazioni o le procedure necessarie allo
svolgimento. Il gruppo deve concentrarsi sulle parti del compito che i suoi componenti
non hanno capito. In caso di divergenze, farà riferimento al libro di testo o all’insegnante.
4. L’insegnante passa di gruppo in gruppo ascoltando le spiegazioni e fornendo i
chiarimenti richiesti. Per assicurarsi della responsabilità individuale, l’insegnante può
chiedere ad alcuni studenti, scelti a caso, di spiegare come si dovrebbe svolgere quel
compito.
5. Terminato il ripasso, gli studenti rimettono i compiti nella cartella comune e la
restituiscono all’insegnante. Possono anche darsi a vicenda altri compiti a casa, per
assicurarsi che tutti i membri del gruppo abbiano compreso il materiale e le procedure
appena studiate.

Test
Il test serve sia a valutare la conoscenza di ogni singolo alunno che a stabilire cosa debba
ancora imparare:
1. Gli studenti si preparano per il test nei gruppi.
2. Ogni studente sostiene il test individualmente, facendo due copie delle sue risposte:
una la consegna all’insegnante e l’altra la conserva per la discussione di gruppo.
3. Gli studenti ripetono il test, questa volta nei loro gruppi di apprendimento.
Prepararsi al test nei gruppi cooperativi: gli studenti formano i loro gruppi cooperativi e
l’insegnante dà loro le domande e il tempo necessario a prepararsi per il test in classe. Il
compito degli studenti consiste nel discutere ogni domanda e nel raggiungere un consenso
sulla risposta. L’obiettivo cooperativo consiste nell’assicurarsi che tutti i membri del gruppo
capiscano come rispondere correttamente alla domanda. Se nascono divergenze tra i
membri del gruppo su alcuni aspetti del compito, gli studenti devono trovare nel libro di testo
il numero di pagina e il paragrafo che spiega le procedure o le informazioni rilevanti.
Trascorso il tempo a disposizione, gli studenti si incoraggiano a fare un buon lavoro nel test.
Il test individuale: ogni studente sostiene il test individualmente, facendo due copie delle
sue risposte. Il compito (e l’obiettivo individuale) consiste nel rispondere correttamente a
tutte le domande. Gli studenti consegnano una copia delle risposte all’insegnante, il quale
valuta la prestazione dello studente in base ai criteri prestabiliti e dà un giudizio.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 110
Gli studenti conservano una copia per la discussione di gruppo. Dopo che tutti i membri del
gruppo hanno finito il test, il gruppo si riunisce per sostenere il test un’altra volta.
Il test nei gruppi cooperativi: gli studenti si riuniscono nei loro gruppi per ripetere il test. Essi
devono rispondere correttamente a tutte le domande.

L’obiettivo cooperativo consiste nell’assicurarsi che tutti i membri del gruppo capiscano le
informazioni e le procedure richieste dal test, (a) raggiungendo un consenso su quali siano
le risposte corrette e perché e (b) assicurandosi che tutti i membri siano in grado di spiegarle
e motivarle. La procedura da seguire consiste in questi passaggi:
1. confrontare le risposte alla prima domanda;
2. se le risposte corrispondono, uno studente deve spiegare le motivazioni su cui si basano
o la procedura seguita per arrivare a quella conclusione; quindi, si passa alla seconda
domanda;
3. se ci sono divergenze, gli studenti cercano nel libro di testo la pagina e il paragrafo che
spiegano le informazioni o le procedure. Il gruppo deve assicurarsi che tutti i membri
capiscano gli errori commessi al test. Se necessario, i membri del gruppo possono
decidere di fare dei compiti a casa per ripassare. Quando tutti sono d’accordo sulla
risposta e hanno compreso il materiale, si passa alla seconda domanda;
4. ripetere la procedura per tutte le domande del test;
5. congratularsi per il lavoro svolto e per i risultati ottenuti al test.

Ricerche e relazioni orali


La ricerca da esporre oralmente è uno dei metodi tradizionali di verifica della preparazione
di uno studente. In questi casi, i gruppi di apprendimento cooperativo possono intervenire
prima della presentazione della ricerca, aiutando i compagni a prepararsi, e dopo, per
rivederla e discuterla insieme.
Quindi:
1. gli studenti preparano le loro ricerche nei gruppi di apprendimento cooperativo;
2. ogni studente fa la sua presentazione;
3. gli studenti valutano l’efficacia delle loro presentazioni all’interno dei gruppi.
Preparare la ricerca: si formano dei gruppi di apprendimento cooperativo di quattro persone
e si dà loro un argomento da studiare; in alternativa, si può lasciare a loro la scelta. I compiti
degli studenti consistono in:
• preparare una ricerca,
• esporla in classe e
• verificarne l’efficacia.

Nella sua presentazione lo studente dovrà avvalersi di aiuti visivi e/o coinvolgere
attivamente la classe. L’obiettivo cooperativo richiede a tutti i membri del gruppo di imparare
il materiale raccolto e sviluppato per la ricerca e di presentare una buona relazione.
Naturalmente, gli studenti dovranno disporre del tempo e delle risorse (ad esempio, la
biblioteca) necessari alla ricerca.
Prima di esporla davanti a tutta la classe, gli studenti dovrebbero fare almeno una prova
all’interno dei loro gruppi e ricevere un feedback critico.
Esporre la ricerca: si divide la classe in quattro gruppi, che si disporranno negli angoli
dell’aula.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 111
A turno, nei gruppi, ogni studente — la cui responsabilità individuale è di imparare il
materiale raccolto e organizzato nella relazione — presenta la sua ricerca, dimostrando la
padronanza dell’argomento.
Gli altri membri del gruppo ascoltano e valutano se la presentazione è:
1. ben fatta e istruttiva
2. interessante, concisa, organica
3. coinvolgente (la classe è attiva, non passiva)
4. appassionante (la classe desidera saperne di più).
Per ogni presentazione gli studenti devono compilare un modulo di verifica (si veda la figura
19.1) in due copie: una da dare all’autore della ricerca (che la riporta al suo gruppo
cooperativo) e l’altra all’insegnante. L’insegnante ascolta dei frammenti di ogni
presentazione e ne valuta la qualità.
Valutare l’efficacia delle presentazioni: gli studenti ritornano nei loro gruppi di
apprendimento cooperativo e consegnano ai compagni i loro fogli di verifica. Il gruppo
fornisce una serie di suggerimenti per migliorare le abilità di presentazione e può decidere
di esercitarsi ulteriormente a casa con dei compiti. Infine, i gruppi di apprendimento
cooperativo si congratulano per il lavoro e il successo dei loro membri.

L’adattamento delle verifiche nel PDP per alunni con DSA e altre tipologie di BES
Secondo le indicazioni fornite dalle Linee guida ministeriali, le modalità di valutazione degli
alunni con DSA vanno esplicitate nel Piano Didattico Personalizzato (PDP) entro tre mesi
dall’inizio dell’anno scolastico, coinvolgendo tutti gli insegnanti di classe di ogni ordine di
scuola a partire dalla scuola primaria, in base alla diagnosi consegnata dalla famiglia
all’istituzione scolastica di riferimento. Nel PDP è necessario, infatti, indicare non solo il
percorso che si sceglie di attivare per l’alunno DSA, le attività di recupero individualizzate,
le modalità didattiche personalizzate, gli strumenti compensativi e le misure dispensative,
ma anche le modalità di verifica e di valutazione che s’intendono adottare, nel rispetto delle
regole inerenti alla valutazione e alle modalità di applicazione sia in corso d’anno, che in
sede di scrutini e di esami.
Tutti gli insegnanti sono corresponsabili nella stesura del PDP, che non deve essere visto
come un obbligo, ma come uno strumento utile a favorire l’attivazione e la realizzazione
d’interventi efficaci mirati e calibrati, funzionali ad agevolare l’alunno con DSA. La Legge
170/2010 prevede infatti «l’adozione di forme di verifica e di valutazione adeguate alle
necessità formative degli studenti» (Legge 170 del 10 ottobre 2010, Art. 2, Comma 1, d) e
stabilisce che «agli studenti con DSA sono garantite, durante il percorso di istruzione e di
formazione scolastica e universitaria, adeguate forme di verifica e di valutazione, anche per
quanto concerne gli esami di Stato e di ammissione all’università nonché gli esami
universitari». Di seguito proponiamo i principali adattamenti delle forme di verifica.

Valorizzazione del processo di apprendimento dell’alunno


In alcuni casi l’alunno con DSA può manifestare scarsi motivazione e interesse nei confronti
delle attività scolastiche, evidenziando difficoltà a tollerare la frustrazione e l’errore. Diventa
pertanto importante nella fase di valutazione valorizzare l’alunno, considerando i suoi punti
di forza, i miglioramenti e i progressi compiuti, incoraggiandolo e incitandolo a proseguire
con forza di volontà e tenacia.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 112
Se le difficoltà persistessero, l’insegnante dovrebbe valutare più i progressi in itinere che le
carenze, evitando di sottolineare i punti deboli e considerando maggiormente quanto il
soggetto sa fare.

Adattamento dei tempi nelle prove scritte e predisposizione di verifiche scritte più
brevi
Riduzione quantitativa delle richieste della prova e tempo aggiuntivo di circa 30% in più
rispetto al tempo stabilito per il gruppo dei pari sono metodi per facilitare agli alunni
l’espletamento delle verifiche. L’allungamento dei tempi, come pure la corrispondente
riduzione delle prove, va calibrato sulle reali difficoltà dell’alunno emerse nel corso dell’anno
scolastico, anche in relazione alla tipologia della prova somministrata e agli eventuali
strumenti compensativi adottati. Gli enunciati sono graduati in base alle difficoltà incontrate
dall’alunno nello svolgimento dei compiti richiesti e nel caso di ritardo della consegna o di
esecuzione parziale, sempre con riferimento alla gravità del disturbo.

Facilitazione della decodifica


In caso di difficoltà di lettura e sempre in base al grado d’incidenza del disturbo sulle
capacità di decodifica delle prove proposte in sede di valutazione, si può prevedere la lettura
delle consegne dei compiti da svolgere, dei questionari, delle domande o dei vari item da
parte di un insegnante o di un compagno, senza riferimenti espliciti ai contenuti. In base alla
gravità del disturbo e nel caso in cui sussistano le condizioni necessarie all’utilizzo, è
possibile avvalersi di prove in formato digitale lette da un software con sintesi vocale, con
l’ausilio dell’auricolare o in un ambiente diverso dal contesto di classe.

Predisposizione di verifiche scritte strutturate


L’alunno con DSA può manifestare l’esigenza di eseguire il compito richiesto avvalendosi di
prove di verifica strutturate che prevedano la presenza di quesiti a risposta multipla, la
possibilità di scegliere fra varie affermazioni, rispondendo Vero/Falso, il completamento di
risposte, la scrittura di risposte aperte. La scelta dei vari enunciati va adattata al singolo
soggetto con DSA, in base alle difficoltà evidenziate nel profilo e cercando comunque di
stimolare l’alunno a rispondere in modo possibilmente più autonomo.

Predisposizione di verifiche scritte scalari


È auspicabile che questo tipo di proposta sia applicato a tutta la classe e non solo al
soggetto con DSA. Fondamentali sono i parametri di coerenza, di sequenzialità e di
chiarezza delle argomentazioni, evidenziando le parole chiave che dovrebbero fungere da
riferimento per la comprensione di quanto richiesto e per la produzione di risposte adeguate
ed efficaci. Nelle verifiche è auspicabile sia indicata la soglia della sufficienza come
parametro di riferimento per la valutazione degli elaborati.

Predisposizione di verifiche scritte accessibili


La predisposizione di verifiche graficamente chiare con accorgimenti grafici facilitanti può
essere proposta a tutta la classe, in quanto di utilità per tutti gli alunni. In base al profilo, e
specie in caso di presenza di disgrafia, fornire schede scritte con spazi adeguati fra una
parola e l’altra, fra ogni frase e ogni paragrafo, può agevolare il soggetto nel compito. La
scelta del tipo e della dimensione del font da utilizzare, dell’interlinea e dell’ordine in cui
sono presentati i contenuti delle verifiche favorisce la leggibilità del testo, evitando all’alunno
di disperdere energia per la decodifica del testo.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 113
Valutazione più del contenuto che della forma
Secondo le indicazioni fornite dalle Linee Guida, in caso di disgrafia e di disortografia è
necessario evitare di valutare l’abilità coinvolta dal disturbo evidenziato nella diagnosi e in
base al profilo dell’alunno; in presenza di discalculia non si deve tenere conto di errori di
calcolo.
Gli indici di valutazione vanno calibrati in base al grado di difficoltà, differenziando il
contenuto dalle abilità strumentali e tenendo conto delle peculiarità del soggetto, del grado
di tolleranza alla frustrazione e all’errore, delle componenti emotive e motivazionali. Si può
partire da una valutazione esclusiva del contenuto, arrivando a una valutazione più attenta
del contenuto rispetto alla forma scritta.

Compensazione dello scritto con l’orale


Le Linee Guida stabiliscono l’opportunità d’integrare le prove scritte con corrispondenti
prove orali, in modo da consentire all’alunno con DSA di conseguire gli obiettivi previsti. La
graduazione degli enunciati prevede la predisposizione di prove orali che accompagnino o
integrino le prove scritte, arrivando all’offerta di possibilità di recupero orale nel caso
d’insuccesso nell’esecuzione di una prova scritta.

Pianificazione delle verifiche


A volte l’alunno con DSA può manifestare difficoltà di organizzazione del materiale di studio
e dei tempi. In riferimento al PDP e al profilo, allo scopo di favorire l’acquisizione di un
metodo di studio efficace, è possibile organizzare interrogazioni programmate calibrate sulle
capacità dell’alunno. La scelta può interessare alcune discipline rispetto ad altre, in base
alle difficoltà evidenziate.

Utilizzo di mediatori didattici


In fase di valutazione, se previsto nel PDP, è consentito l’utilizzo di mediatori didattici come
strumenti compensativi per lo studio a livello individuale e in base al profilo dell’alunno:
questo è auspicabile in presenza di difficoltà di memorizzazione, di recupero e di
organizzazione delle conoscenze. Si potrà prevedere il loro utilizzo in tutte le prove scritte e
orali o la possibilità di usufruirne in base alle specifiche esigenze.

Valorizzazione del contenuto nell’esposizione orale piuttosto che la forma


Gestione dei tempi nelle verifiche orali
Il DPR n. 122 del 2009 stabilisce che «per gli alunni con difficoltà specifiche di
apprendimento (DSA) adeguatamente certificate, la valutazione e la verifica degli
apprendimenti, comprese quelle effettuate in sede di esame conclusivo dei cicli, devono
tenere conto delle specifiche situazioni soggettive di tali alunni» (DPR n. 122 del 22/06/2009,
art. 10). Fondamentale è favorire l’esposizione creando un clima sereno.

Uso di strumenti compensativi tecnologici e informatici


Strumenti compensativi tecnologici e informatici previsti nel PDP e utilizzati in corso d’anno,
seguendo le indicazioni fornite dal Consiglio di classe. In relazione alla gravità del disturbo,
alle sue necessità e preferenze, soprattutto se il soggetto si è avvalso degli stessi strumenti
nel contesto scolastico e/o extrascolastico, previo un allenamento all’uso consapevole e
competente degli strumenti a disposizione.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 114
Per alcuni alunni può essere di utilità e di agevolazione la lettura del testo con l’ausilio di
software che utilizzano la sintesi vocale; per altri invece è preferibile l’ascolto delle prove
registrate in formato MP3 con le cuffie o con l’auricolare. È necessario che le prove siano
fornite dagli insegnanti in formato digitale accessibile e compatibile con gli strumenti
utilizzati, in modo da non inficiarne l’uso.

Favorire un clima d’aula tranquillo


Aiuta a ridurre eventuali stati d’ansia e agevola l’alunno nell’esecuzione delle verifiche
richieste; mentre una predisposizione dei banchi attenta alle esigenze dell’alunno con DSA,
così come la richiesta di rispettare il silenzio, favorisce i soggetti più emotivi e insicuri in
modo da permettergli di concentrarsi sul compito senza distrarsi.

Valutazione delle lingue straniere


Le Linee Guida precisano che solo in caso di disturbo grave si può dispensare totalmente
l’alunno con DSA dalla valutazione delle prove scritte (Linee Guida MIUR, 2011, p. 20).
In ogni caso è possibile tenere conto in vari modi delle difficoltà che l’alunno con DSA
incontra nelle lingue straniere, in particolare attraverso i criteri di valutazione, in modo da
considerare più l’orale che lo scritto e offrendo eventualmente l’opportunità d’integrare gli
scritti con l’interrogazione orale. È importante che, anche in caso di dispensa dalle prove
scritte, l’attività d’insegnamento della lingua straniera preveda una parte di lavoro sul testo,
considerando che in relazione alle forme di valutazione, per quanto concerne la
comprensione (orale e scritta), sarà valorizzata la capacità di cogliere il senso generale del
messaggio; in fase di produzione sarà dato più rilievo all’efficacia comunicativa, ossia alla
capacità di farsi comprendere in modo chiaro, anche se non del tutto corretto
grammaticalmente (Linee Guida MIUR, 2011, p. 20).
La possibilità di un esonero totale dalla lingua straniera, pur previsto dal DM, non è da
considerarsi fattibile, perché la conseguente perdita della validità del titolo di studio
(conseguimento dell’attestato, anziché del diploma, derivante dalla differenziazione del
percorso di studi) è improponibile per alunni con DSA che hanno capacità cognitive nella
norma e tutto il diritto di perseguire un pieno successo formativo.

Personalizzare i criteri di valutazione e gli obiettivi minimi per gli alunni con BES, non
DSA
Gli adattamenti delle forme di verifica sopra indicati, rivolti inizialmente solo ad alunni con
DSA, in molte situazioni possono essere estesi anche agli alunni con BES individuati
autonomamente dalla scuola. Anche per loro rimangono aperte le problematiche relative ai
livelli minimi attesi, in particolare in occasione dell’esame di Stato e nel secondo ciclo di
istruzione dove, come è noto, si attestano anche competenze professionali.

La valutazione concorre con la sua finalità anche formativa e attraverso l’individuazione


delle potenzialità e delle carenze di ciascun alunno, ai processi di autovalutazione degli
alunni medesimi, al miglioramento dei livelli di conoscenza e al successo formativo».

Riguardo agli alunni con BES, non disabili e non DSA, la CM n. 8/2013 afferma in modo
esplicito che tra gli scopi del PDP c’è anche quello di definire, monitorare e documentare i
criteri di valutazione degli apprendimenti, quindi di sicuro possiamo dare per scontato che
almeno i criteri possano essere adattati e personalizzati.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 115
Cosa significa personalizzare i criteri? L’obiettivo è quello di poter dimostrare il livello di
apprendimento raggiunto senza essere penalizzati da procedure che non considerano le
difficoltà specifiche, separando quindi le competenze da valutare dalle difficoltà di accesso
o di gestione legate al disturbo.
Sia la CM 3587/2014 per il primo ciclo che l’OM 37/2014 per il secondo ciclo autorizzano
l’estensione delle misure compensative agli alunni con BES, non DSA, per i quali è stato
redatto un PDP, nel corso degli esami di Stato.
Gli strumenti compensativi sono strumenti didattici e tecnologici che sostituiscono o
facilitano la prestazione richiesta nell’abilità deficitaria» (MIUR, Linee guida DSA, 2011).
L’abilità deficitaria in caso di BES può essere molto diversa e ogni strumento che sostiene
l’alunno in quell’ambito va considerato come strumento compensativo e il suo uso dovrà
essere ammesso in sede di esame, purché previsto espressamente dal PDP e purché
soddisfi l’altra condizione indicata nelle linee guida per i DSA: «sollevano l’alunno o lo
studente con DSA da una prestazione resa difficoltosa dal disturbo, senza peraltro facilitargli
il compito dal punto di vista cognitivo» (MIUR, Linee guida DSA, 2011). È ovviamente
implicito che almeno tali misure possano essere adottate anche nel corso delle verifiche e
valutazioni intermedie, in corso d’anno, dove la scuola ha di sicuro la possibilità di adattare
con maggiore flessibilità le procedure di valutazione.
Nel PDP questi principi generali andranno quindi declinati in concrete modalità di
personalizzazione delle verifiche, specificando di volta in volta la necessità di aumentare i
tempi, di ridurre quantitativamente le consegne, di strutturare le prove, di programmare gli
impegni o altro, in modo simile a quanto si mette abitualmente in atto con i DSA.
Il problema piuttosto è che solo in alcuni casi per gli alunni individuati come BES possono
essere sufficienti accorgimenti di questo tipo, che agiscono quasi esclusivamente sulle
modalità di somministrazione delle prove ma non sui contenuti della valutazione, ed è quindi
molto importante il riferimento della CM n. 8 6/3/2013 ai livelli minimi attesi:
Il Piano Didattico Personalizzato non può più essere inteso come mera esplicitazione di
strumenti compensativi e dispensativi per gli alunni con DSA; esso è bensì lo strumento in
cui si potranno, ad esempio, includere progettazioni didattico-educative calibrate sui livelli
minimi attesi per le competenze in uscita (di
cui moltissimi alunni con BES, privi di qualsivoglia certificazione diagnostica, abbisognano),
strumenti programmatici utili in maggior misura rispetto a compensazioni o dispense, a
carattere squisitamente didattico-strumentale. (CM n.8, 6/3/2013)
Definire questi livelli minimi spetta agli insegnanti (Consiglio di classe o team docenti della
primaria): nessuna disposizione ministeriale indica una soglia minima di competenze al di
sotto della quale il percorso scolastico non può proseguire mentre è più volte ribadito
l’obiettivo generale del successo formativo per tutti e il ruolo anche formativo della
valutazione.
Per gli alunni con DSA e altri BES non è prevista nei fatti la programmazione differenziata
(benché in teoria questa possibilità molto penalizzante sia possibile per gli alunni con DSA
interamente esonerati dallo studio della lingua straniera) e, per un elementare principio di
equità, per loro vanno quindi definiti almeno gli obiettivi minimi corrispondenti a quelli che
abitualmente la scuola fissa per gli alunni con disabilità che conseguono il diploma.
Occorre però considerare che la modalità di valutazione cambia notevolmente con l’esame
di Stato che conclude i due cicli di istruzione e questo necessariamente incide anche nelle
valutazioni intermedie, man mano che la scadenza si avvicina, considerando che l’alunno
non può di certo essere sottoposto bruscamente alle nuove procedure e che all’esame non
sono previste misure dispensative di nessun tipo.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 116
Personalizzazione ed esami di Stato per alunni con DSA e altre tipologie di BES: cosa dice
la Normativa:
Rispetto agli alunni con DSA, le procedure di personalizzazione dei criteri di valutazione
anche agli esami di Stato sono formalizzate e normate dalla Legge in maniera chiara nel
DM 5669/2011 e dalla CM 48/2012 sugli esami conclusivi del primo ciclo di istruzione.
Inoltre, la recente nota 3587/2014 del MIUR richiama la tutela della valutazione a favore
degli alunni con DSA, ribadendo il diritto a utilizzare gli strumenti compensativi previsti nel
PDP anche in sede di esame.
In particolare, per gli alunni con DSA la nota 3587/2014 prevede che la Commissione
d’esame «predisporrà adeguate modalità di svolgimento delle prove scritte e orali,
prevedendo alcune particolari attenzioni finalizzate a rendere sereno il clima durante
l’esame. Nello svolgimento delle prove scritte, ivi compresa la prova scritta a carattere
nazionale (INVALSI), i candidati potranno utilizzare gli strumenti compensativi previsti dal
Piano Didattico Personalizzato o da altra documentazione, redatta ai sensi dell’articolo 5 del
decreto ministeriale 12 luglio 2011».
Inoltre la stessa nota indica più nello specifico le misure adottabili per gli alunni con DSA e
in particolare prevede che:
– i candidati possano usufruire di dispositivi per l’ascolto dei testi della prova registrati in
formato Mp3;
– la Commissione possa individuare un proprio componente che possa leggere i testi delle
prove scritte al candidato;
– al candidato che utilizzi la sintesi vocale la Commissione possa trascrivere il testo su
supporto informatico;
– al candidato venga concesso l’uso di apparecchiature e strumenti informatici utilizzati nel
corso delle verifiche in corso d’anno o che siano ritenuti funzionali allo svolgimento
dell’esame, senza che questo pregiudichi la validità delle prove. In generale, inoltre, si
ribadisce che a tutti gli alunni con DSA vengano concessi tempi più lunghi per lo
svolgimento delle prove scritte (in particolare nell’accertamento delle lingue straniere) e
che venga posta particolare attenzione valutativa al contenuto piuttosto che alla forma.
Per quanto riguarda le misure dispensative, la norma ribadisce che l’unica misura
dispensativa possibile in sede d’esame è quella della sola lingua straniera scritta, sostituita
da una prova orale.
La nota inoltre sottolinea che solo gli alunni con DSA che hanno seguito un percorso di
studio differenziato (ai sensi dell’art. 6 comma 6 del DM 5669/2011) e sono stati esonerati
dall’insegnamento della lingua straniera — per i quali di conseguenza il percorso di studio
porta solo a un’attestazione di frequenza e non a un titolo con valore legale — possono
svolgere prove di esame differenziate rispetto ai compagni. Ricordiamo tuttavia che questa
misura, possibile in teoria, è assolutamente inadatta ad alunni con DSA che presentano
livelli cognitivi nella norma e che non devono essere privati della possibilità di ottenere un
titolo di studio valido, così come un percorso scolastico soddisfacente.

Per quanto riguarda gli alunni con altre tipologie di BES, non DSA o disabilità normata dalla
legge 104/92, la nota ministeriale 5669/2014 va a colmare una lacuna normativa
precedente, prevedendo che i PDP redatti dal Consiglio di classe vengano trasmessi alle
Commissioni d’esame per far sì che anche in questa seda vengano garantiti i diritti di
personalizzazione già goduti nel corso della normale attività didattica.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 117
La nota 3587/2014 infatti chiarisce che per gli alunni con BES per i quali il Consiglio di classe
ha redatto un PDP (e solo per quelli) la Commissione terrà in debita considerazione:
le modalità didattiche e le forme di valutazione individuate nell’ambito dei percorsi didattici
individualizzati e personalizzati. A tal fine i Consigli di classe trasmetteranno alla
Commissione d’esame i Piani Didattici Personalizzati. In ogni caso, per siffatte tipologie,
non è prevista alcuna misura dispensativa in sede di esame, sia scritto che orale, mentre è
possibile concedere strumenti compensativi, in analogia a quanto previsto per gli alunni con
DSA.
Quindi anche per gli alunni con altre forme di BES è possibile utilizzare nel corso delle prove
d’esame le forme di personalizzazione delle modalità didattiche di svolgimento della prova
e l’uso degli strumenti compensativi previsti nel PDP, mentre non è prevista alcuna forma
possibile di misura dispensativa (neanche per la lingua straniera scritta).

Autovalutazione
La dimensione dell’autovalutazione dei processi di apprendimento da parte degli alunni e
l’importanza del feedback costante e di supporto nel corso delle attività di apprendimento.
L’autovalutazione viene descritta come un processo di revisione che induce lo studente a:
– riflettere sull’esperienza passata;
– cercare di ricordare e comprendere ciò che è accaduto;
– tentare di giungere a un’idea più chiara di ciò che ha appreso o dei traguardi che ha
raggiunto.
Il principio che dà maggior forza all’autovalutazione è il fatto che gli allievi siano più
responsabili e coinvolti nel loro stesso apprendimento.

Perché l’autovalutazione è importante nel processo di apprendimento?


Il ruolo della valutazione come supporto all’apprendimento è, essenzialmente, quello di
individuare il divario fra il rendimento attuale e quello desiderato, e di fornire sostegno
all’allievo nel colmare tale divario. Tutti gli allievi sembrano trarre vantaggio dall’apprendere
strategie di autovalutazione.
Gli insegnanti possono essere d’aiuto lavorando con gli allievi per sviluppare le abilità
richieste. Uno dei modi per farlo consiste nell’accrescere le capacità metacognitive
dell’allievo.
La metacognizione implica la comprensione e la consapevolezza del proprio
apprendimento: fare un passo al di qua del processo di apprendimento per osservarlo da
fuori e rifletterci sopra. Essa costituisce una dimensione importante del profilo dell’allievo
efficace, e può essere sviluppata rispondendo a domande come «Che cosa ho appreso? »,
«Fino a che punto ho raggiunto i mie obiettivi?», «Come posso fare meglio in futuro?».

Con gli anni, nelle persone cresce la consapevolezza di sé e diventa più facile esprimerla,
ma molti insegnanti hanno scoperto che proponendo l’idea dell’autovalutazione a bambini
molto piccoli si possono alimentare
e sviluppare queste abilità.

L’autovalutazione di gruppo nell’orientamento cooperativo


Nell’approccio cooperativo, al termine della lezione gli studenti devono riflettere sul lavoro
svolto nel gruppo e analizzarne i vari aspetti, al fine di identificare i comportamenti positivi e
negativi dei singoli membri e decidere quali comportamenti mantenere o eliminare.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 118
Riflessione e analisi servono a migliorare il lavoro di gruppo e i risultati, e a responsabilizzare
di più il singolo studente, di cui vengono valutati l’impegno e le abilità. Si tratta di momenti
importanti per l’attività del gruppo, ai quali va riservato uno spazio sufficiente.

La discussione può svolgersi nel piccolo gruppo o coinvolgere l’intera classe, e si compone
di quattro aspetti:
1. feedback: ogni studente e ogni gruppo deve ricevere e dare feedback sull’efficacia del
lavoro cooperativo e sul compito;
2. riflessione: gli studenti riflettono sul feedback ricevuto;
3. obiettivi di miglioramento: l’insegnante aiuta i singoli studenti e i gruppi a definire degli
obiettivi per migliorare la qualità del loro lavoro;
4. lodi: l’insegnante incoraggia gli studenti a congratularsi a vicenda per il lavoro svolto e i
risultati ottenuti.
Per iniziare la discussione gli studenti possono:
1. elencare tre cose che il gruppo ha fatto bene insieme e una cosa che potrebbe fare
meglio;
2. pensare a un contributo particolare che ogni membro ha dato per aiutare il gruppo a
lavorare con efficienza e poi dirglielo;
3. complimentarsi con gli altri membri del gruppo per il lavoro svolto;
4. misurare la propria capacità di applicare una certa abilità cooperativa (come
incoraggiare la partecipazione o controllare la comprensione) assegnandosi un
punteggio da 1 a 10; comunicare il punteggio al gruppo e spiegarne le ragioni. Fare un
programma per aumentare la frequenza con cui i membri del gruppo fanno uso di
quell’abilità. Perché il feedback individuale sia efficace e non controproducente, deve
essere trasmesso in modo non minaccioso.
A questo scopo è opportuno tenere presenti alcuni principi:
1. focalizzare il feedback sul comportamento (e non sulle caratteristiche personali dello
studente);
2. essere descrittivi (e non critici);
3. essere specifici e concreti (e non generici e astratti);
4. fornire feedback immediato (e non in ritardo);
5. evidenziare soprattutto le azioni positive (e non quelle negative o i deficit di
comportamento).

Le indicazioni nazionali su curricolo e valutazione


Nel capitolo delle indicazioni dedicato all’organizzazione del curricolo si sottolinea
l’importanza del ruolo della valutazione e si evidenziano le responsabilità degli insegnanti,
delle scuole autonome, dell’INVALSI. Gli ambiti della valutazione sono 3:
Valutazione dei risultati di apprendimento degli allievi, al fine di monitorare i processi
didattici.
Valutazione come autovalutazione interna a ogni singolo istituto per analizzare e riflettere
sui risultati e sui processi educativi e didattici.
Valutazione di sistema cioè il controllo esterno sulla qualità della scuola.
Sin dagli anni ’60 la valutazione degli apprendimenti degli allievi è considerata uno
specifico ambito di studio.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 119
La cultura della valutazione ha come obiettivo quello di un cambiamento di prospettiva
della professionalità dell’insegnante, della qualità della didattica, della scuola, dell’intero
sistema d’istruzione. In quest’ottica gli aspetti da considerare sono:
Esplicitare le funzioni della valutazione, ovvero considerarla come una questione di
valore che ci permette di esprimere un giudizio sulla base di un criterio o di un modello.
Accettare la dimensione collegiale e intersoggettiva nelle pratiche valutative, nel senso
che la dimensione collegiale attiva quei processi di discussione, confronto e negoziazione
in merito alle diverse visioni che riflettono l’esperienza di ciascun docente. Questa
opportunità consente una valutazione a livello d’istituto e conduce all’idea di identità di
scuola dove ciascun docente può riconoscersi. Il confronto sulle condotte di valutazione
è un’occasione di scambio e disponibilità a mettere in discussione i propri stili didattici.
Pensare in modo sistematico al tema della valutazione consente di costruire una
documentazione da condividere tra gruppi di insegnanti al fine di allargare e promuovere
una continuità progettuale.
Promuovere il rigore e la sistematicità nelle procedure di verifica e valutazione, ovvero
utilizzare una metodologia rigorosa che definisca con chiarezza che cosa e come valutare
con tre fasi fondamentali: 1) la definizione dell’oggetto della valutazione; 2) rilevare dati
quantitativi inerenti all’oggetto; 3) la valutazione ovvero l’espressione dei giudizi. E’
necessario scegliere degli INDICATORI che costituiscono un elemento segnalatore di un
fenomeno. Definire in modo chiaro l’oggetto da valutare è condizione imprescindibile per
iniziare una procedura valutativa ottimale. Dopo aver stabilito l’oggetto della valutazione
i due successivi momenti sono la misurazione, ovvero attribuire un numero alla cosa
misurata e la valutazione che consiste in un giudizio sui risultati della misurazione. Si
tratta di agire dapprima per una raccolta di dati, il più possibile validi, e di procedere nella
loro interpretazione al fine di attribuire giudizi di valore. In Italia si è delineato un modello
di educational evaluation denominato “modello di valutazione formativa” o dei contesti
educativi. Questo modello, quello formative evaluation, si concentra sul processo di un
progetto o programma educativo e mira a valutarlo nel suo svolgersi, mentre la
summative evaluation ha come oggetto l’efficacia del progetto stesso. Per questo modello
di valutazione sono stati messi appunto strumenti osservativi:
Attenzione ai contesti educativi in senso ecologico ( soggetto e ambiente si adattano
reciprocamente e si sviluppano)
Utilizzo di strumenti specifici
Restituzione da parte del ricercatore dei dati raccolti del contesto valutato
Partecipazione e coinvolgimento di tutti gli attore del contesto al momento della
restituzione
Tali strumenti mirano ad armonizzare una valutazione che sia scientifica, grazie all’uso di
strumenti validi, che autentica di autovalutazione. Quando si parla di valutazione della
qualità scolastica è sempre necessario far riferimento all’intero sistema dell’istruzione: micro
(aula) – meso (istituto) – macro (territorio). Il sistema è qualcosa di complesso ed occorre
parlare degli indicatori della qualità che permettono di focalizzare lo sguardo del valutatore
su elementi significativi del programma o di situazioni da valutare. Una struttura organizzata
degli indicatori dell’istruzione è il CIPP evaluation model che identifica gli elementi costitutivi
in: valutazione in ingresso, valutazione di processo, valutazione in uscita, valutazione di
contesto. Nella scuola dell’autonomia valutazione e controllo sono intesi principalmente
come cura e responsabilità, al livello centrale, della qualità di ciascun istituto, avendo chiaro
che qualità significa tensione verso una sistema scolastico più equo e democratico.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 120
CAPITOLO 20 - BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI E INCLUSIONE
Il concetto di BISOGNO EDUCATIVO SPECIALE è una macrocategoria che comprende
dentro di sé tutte le possibili difficoltà educative e apprenditive degli alunni, dalle necessità
educative normali a quelle speciali che richiedono degli accorgimenti didattici specifici per
realizzare la piena inclusione di tutti gli alunni con lo scopo svilupparne il massimo grado
possibile di apprendimento rispetto alle potenzialità di ciascun bambino e alla
partecipazione alla vita sociale e comunitaria. Già Norwich, studioso delle pratiche e
politiche inclusive, aveva evidenziato che nella scuola coesistono tre tipi fondamentali di
bisogni educativi:
bisogni comuni (che fanno riferimento a caratteristiche possedute da tutti)
bisogni specifici ( che riguardano aspetti condivisi da alcuni alunni)
bisogni individuali ( riconducibili ad alcuni alunni)

Infatti il concetto di BES appare nei documenti ufficiali dell’Unesco nel 1997 come a
considerare quei soggetti che, in età evolutiva, manifestano difficoltà di apprendimento e di
comportamento diverse dalla disabilità. In Italia IANES ha proposto una nuova accezione
del concetto BES ovvero considerarlo come la possibilità aperta, dinamica e transitoria di
comprendere le situazioni di funzionamento problematico per la persona che da tale
problematicità viene ostacolata nell’ottenere risposte ai propri bisogni e il cui funzionamento
va compreso attraverso un’antropologia bio-psico-sociale nell’ottica del modello ICF.

In questo modello il funzionamento umano è il risultante dell’interazione complessa e


sistemica tra fattori biologici, funzioni e struttura del corpo, competenze personali e
partecipazione sociale, fattori di contesto ambientale e personale che mediano il
funzionamento, facilitandolo o ostacolandolo.

Di fatto esso ci obbliga a considerare la globalità e la complessità dei funzionamenti delle


persone. Grazie all’ Intesa Stato-Regioni, siglata il 20 marzo 2008, l’uso del modello ICF
viene previsto per legge affinché si possa basare la diagnosi funzionale.

Il concetto di BES non è clinico in quanto non occorre una diagnosi clinica, ma per
comprendere una situazione BES è necessaria una buona osservazione e valutazione delle
reali interazioni tra i vari fattori che ci fanno capire se quello specifico funzionamento è
davvero problematico per il quale, in pratica, sono previsti interventi speciali di
individualizzazione e personalizzazione.

La certificazione e la tutela di alcune situazioni di disabilità come i DSA, disturbo da deficit


di attenzione/iperattività e di altre condizioni di problematicità psicologica comportamentale,
relazionale e apprenditiva di origine socioculturale e linguistica sono disciplinate dalla
LEGGE 104/92, mentre i bisogni degli alunni di cittadinanza non italiana di recente
immigrazione sono tutelati e disciplinati dal CM n. 24, 2006 e LINEE GUIDA CM n. 2 2010.
Di fronte ad alunni che evidenziano questo tipo di difficoltà è fondamentale pensare ad una
didattica individualizzata e personalizzata creata su misura per la singola e specifica
peculiarità di quell’alunno, ponendo particolare attenzione ai PUNTI DI FORZA sui quali si
dovrà impostare il lavoro.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 121
La costruzione del PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO deve riguardare tutti gli
insegnanti perché l’integrazione deve riguardare ogni ambito della vita scolastica. Le
componenti fondamentali del PEI sono:
Diagnosi funzionale educativa, (1° FASE) che deve essere redatta secondo i criteri del
modello ICF poiché risponde appieno all’esigenza di avere una modalità conoscitiva della
realtà globale dell’alunno. Essa rappresenta una base indispensabile e un lavoro
interdisciplinare e ha come obiettivo la conoscenza più estesa e la comprensione più
approfondita dell’alunno in difficoltà. Tali informazioni sono necessarie e utili a realizzare
una quotidiana attività didattica appropriata e significativa attraverso una progettazione
individualizzata.
Profilo dinamico funzionale PDF, (2° FASE)
raccoglie gli obiettivi a medio e breve termine che si potranno concretamente integrare e
inserire in una reale programmazione di classe. Infatti per gli obiettivi a breve termine si
dovrà agire utilizzando metodologie di adattamento, di analisi del compito e di tecniche
di facilitazione al fine di aumentare gradualmente le difficoltà.
funge da strumento di raccordo tra la conoscenza dell’alunno, prodotta dalla diagnosi
funzionale educativa, e la definizione di attività, tecniche, mezzi e materiali per la
quotidiana prassi didattica.
Le attività, i materiali e i metodi di lavoro (3° FASE) è il momento in cui si elaborano
soluzioni operative, si identificano gli spazi, i tempi, le persone e le altre risorse materiali,
organizzative e metodologiche che serviranno per realizzare attività didattiche educative
e di stimolazione. Tali tecniche specifiche sono quelle che fanno riferimento all’approccio
cognitivo-comportamentale ( analisi del compito, uso degli aiuti, facilitazioni e rinforzi,
modelli competenti, strategie di generalizzazione e mantenimento) ma anche tutte quelle
metodologie innovative come il cooperative learning e il tutoring.
Le verifiche e le valutazione (4°FASE) deve essere una prassi costante sulla base degli
esiti oggettivi delle attività di insegnamento realizzate.
La costruzione del PDP va redatto annualmente ed è un documento di programmazione
che esplicita un percorso di personalizzazione individuato per ciascun alunno.
Deve essere usato per gli alunni DSA (previsto dalla legge 170/2010 e DM 5669 e Linee
guida) e altri BES. La scuola, che rappresenta la sola competenza a redigerlo e a definirlo,
deve predisporre tale documento prima della fine del primo trimestre scolastico il quale,
deve contenere: i dati anagrafici dell’alunno; la tipologia di disturbo; le attività didattiche
individualizzate; le attività didattiche personalizzate; strumenti compensativi utilizzati;
misure dispensative adottate; forme di verifica e valutazione personalizzate, e, inoltre, può
chiedere la collaborazione di specialisti esterni.

Lo scopo del PDP è quello di definire, monitorare e documentare, secondo un’elaborazione


collegiale, corresponsabile e partecipata, le strategie di intervento più idonee e i criteri di
valutazione degli apprendimenti come un vero strumento di pianificazione. Deve funzionare
a raggiungere gli obiettivi prefissati e per essere efficace deve contenere indicazioni
significative, ovvero selezionare le attività d’insegnamento in grado di determinare
effettivamente un cambiamento, realistiche nel senso che vanno considerate le risorse
disponibili e i limiti del contesto in cui si deve operare, coerenti vale a dire evitare
contraddizioni tra i vari insegnanti, concrete e verificabili ovvero riconoscere che ciò che èra
previsto nel PDP sia stato effettivamente messo in pratica.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 122
A tal proposito la DIDATTICA INCLUSIVA diviene una prospettiva che organizza i processi
di insegnamento e di apprendimento a partire dalle differenze presenti nel gruppo classe.
In quest’ottica le differenze vengono stimolate, valorizzate per lavorare insieme e crescere
come gruppo. Infatti la dimensione di gruppo, collaborativa e cooperativa, è imprescindibile
nella didattica inclusiva. Si tratta di rendere la didattica ancora più equa, di fornire cioè gli
aiuti necessari, quelli realmente efficaci, per far partecipare in maniera significativa al
contesto sociale un bambino in difficoltà.
Pur essendo già da tempo iniziato un percorso di integrazione nella scuola italiana, lo stesso
non si può dire per il processo di INCLUSIONE che ha un significato differente in quanto si
tratta di riconoscere e rispondere efficacemente ai diritti di individualizzazione di tutti gli
alunni che hanno in qualche modo una difficoltà di funzionamento. A livello di legislazione a
parlare di inclusione sono la Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 e la Circolare del 6
marzo 2013.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità la salute è benessere bio-psico-sociale


ovvero piena realizzazione del proprio potenziale e della propria capability. Tra le varie
difficoltà troviamo: disturbi specifici dell’apprendimento; disturbo da deficit attentivo con o
senza iperattività; disturbi nella comprensione del testo; difficoltà visuo-spaziali; difficoltà
motorie; ritardo cognitivo e ritardo nello sviluppo. Hanno una difficoltà di apprendimento e
di sviluppo anche gli alunni con difficoltà di linguaggio o disturbi specifici nell’eloquio e nella
fonazione. Ci sono poi quelli dello spettro autistico, dall’autismo più chiuso con disabilità
intellettiva alla sindrome di Asperger o all’autismo ad alto funzionamento.
Altri con un apprendimento difficile con scarso rendimento scolastico.
Ci sono anche soggetti con difficoltà emozionali come timidezza, collera, ansia, inibizione,
depressione, e quelli con disturbi della personalità, psicosi e disturbi dell’attaccamento.
Più frequenti sono le difficoltà comportamentali e nelle relazioni come ad esempio il
comportamento aggressivo, il bullismo, disturbi del comportamento alimentare, disturbi della
condotta, oppositività.

A causa di tutte queste situazioni gli insegnanti posso trovare difficoltà educative e didattiche
dovute sia a causa di situazioni di disagio nell’ambito familiare (abusi, maltrattamento) sia a
difficoltà economica e sociale (povertà, deprivazione culturale). Affinché l’inclusione possa
avvenire la scuola deve ribadire nell0offerta formativa alcune decisioni strategiche e
operative quali: occuparti in maniera efficace di tutti gli alunni che presentano qualsiasi
difficoltà; accorgersi in tempo delle difficoltà; accorgersi di tutte le difficoltà; comprendere le
complesse interconnessioni dei fattori che costituiscono tali difficoltà; rispondere in modo
inclusivo alle difficoltà.

Il bisogno educativo speciale (concetto transitorio) è qualsiasi difficoltà evolutiva, in ambito


educativo e/o apprenditivo che consiste in un funzionamento (globale del soggetto)
problematico anche per il soggetto in termini di danno, ostacolo o stigma sociale e che
necessita di educazione speciale individualizzata. Deve possedere una concettualizzazione
che abbia come caratteristiche la sensibilità cioè cogliere in tempo il maggior numero di
difficoltà dei bambini, la reversibilità e temporaneità nel senso che la definizione provvisoria
facilita un percorso di conoscenza e affidamento della famiglia dell’alunno per un successivo
intervento di individualizzazione ed educazione speciale.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 123
Il funzionamento educativo è dunque intrecciato tra biologia, esperienze di ambienti e
relazioni e attività e iniziative del soggetto. Per questo il modello ICF può dare una lettura
globale dei bisogni educativi speciali in quanto è progettato in un’ottica di salute e di
funzionamento dell’interconnessione dei sette fattori rappresentanti: condizioni fisiche e
fattori contestuali agli estremi; la dotazione biologica e l’ambiente ai lati.

Fra queste enormi classi di forze, biologiche e contestuali, si trova il corpo del bambino che
agisce nel mondo sviluppando capacità e attività personali.
Se questi fattori interagiscono in modo positivo il bambino crescerà e funzionerà bene
diversamente presenterà qualche difficoltà dal punto di vista educativo-apprenditivo.

Le difficoltà di funzionamento possono originarsi da condizioni fisiche che minacciano


comunque il funzionamento globale, ma anche da deficit funzionali (quelli delle funzioni
celebrali sia globali che specifiche) come deficit visivi, motori, afasie, deficit dell’attenzione,
della memoria. Il bambino può avere deficit delle capacità in cui agisce in modo puro, e
deficit delle performance in cui agisce attraverso l’effetto facilitante dei fattori contestuali.

Si può affermare che nell’ICF vanno considerati sia i fattori ambientali che quelli personali
ma anche le dimensioni psicoaffettive come stili di attribuzione, autoefficacia, autostima,
emotività, motivazione, comportamenti problema.

Ci accorgiamo delle difficoltà di un bambino quando si manifesta un disagio educativo ed


occorre una precoce valutazione oggettiva dello suo stato di funzionamento. Il primo criterio
da valutare è il danno, ovvero se la situazione di funzionamento problematica è vissuta
dall’alunno e prodotta su altri (disturbi del comportamento gravi, autolesionismo); poi
l’ostacolo nel senso che il funzionamento problematico è tale da ostacolarlo nello sviluppo
ponendolo in situazione di svantaggio (difficoltà di linguaggio, disturbi dell’apprendimento
lievi); e infine lo stigma sociale ovvero porsi la domanda se il bambino, a causa del sul
scarso funzionamento, stia peggiorando la sua immagine sociale e quindi stia entrando nella
categoria dei deboli.

Come adulti e insegnanti abbiamo il dovere etico di tutelare e di migliorare, se possibile,


l’immagine dei nostri alunni e dei nostri figli.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 124
CAPITOLO 21 - DSA E ADHD
Negli ultimi anni in Italia si è assistito ad un forte incremento dell’interesse verso i disturbi
specifici dell’apprendimento grazie anche all’approvazione della legge 170/2010. In linea
generale questa legge definisce dei principi al fine di garantire un corretto approccio a questi
disturbi in ambito scolastico e sanitario.

COSA SONO I DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO


I DSA sono disabilità che compromettono l’acquisizione delle abilità strumentali di lettura,
scrittura, numeri e calcolo che si manifestano in assenza di patologie neurologiche (i
soggetti sono indenni dal punto di vista intellettivo-cognitivo) ma possono costituire una
limitazione della vita quotidiana. La classificazione adottata dalla legge 170/2010 distingue
4 quadri clinici:
DISLESSIA: è un disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà nell’imparare a
leggere, in particolare nella decifrazione dei segni linguistici.
DISORTOGRAFIA: è un disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nei
processi di transcodifica
DISGRAFIA: è un disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nella
realizzazione grafica.
DISCALCULIA: è un disturbo specifico che si manifesta con difficoltà nel calcolo e
nell’elaborazione dei numeri.
I DSA possono sussistere separatamente o simultaneamente

BASE NEUROBIOLOGICA E IPOTESI CAUSALI


Grazie all’impiego di alcune metodologie è stato possibile rilevare un disfunzionamento di
alcune aree della corteccia del cervello delle persone con dislessia, tuttavia non si esclude
il possibile ruolo che possono avere i fattori ambientali nel corso degli anni.

MANIFESTAZIONE CLINICA DEI DSA E COMORBILITA’


I DSA hanno un carattere evolutivo e si manifestano già dalle prime fasi di apprendimento,
quando si viene a contatto con la scrittura. Solitamente il bambino compie errori nella lettura
e scrittura: sostituzione di lettere (m/n, v/f, b/d), oppure l’inversione di lettere e numeri
(12/21), fatica ad imparare le tabelline, giorni della settimana, mesi, fa confusione nei
rapporti spaziali temporali (destra/sinistra, ieri/oggi).
In alcuni casi sono presenti difficoltà motorie, nel calcolo e problemi di concentrazione. In
genere la dislessia tende ad essere associata ad altri disturbi: disortografia, disgrafia,
discalculia. Inoltre il disturbo della lettura può essere associato anche a disfunzioni sia di
tipo neuropsicologico sia di carattere psicopatologico.

PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO ASSOCIATI AI DSA


Per fattore di rischio si intende uno specifico fattore associato ad una condizione clinica e si
ritiene possa favorirne lo sviluppo.
La ricerca internazionale ha documentato un legame solido tra il disturbo specifico del
linguaggio e il disturbo specifico dell’apprendimento: vi sono probabilità elevate che un dsl
che persiste oltre i 4 anni possa evolvere in un dsa.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 125
INDIVIDUAZIONE PRECOCE DEL RISCHIO DSA
La legge 170/2010 individua apposite iniziative di identificazione precoce dei DSA, tuttavia
queste iniziative identificano una condizione di rischio ma non costituiscono l’emissione di
una diagnosi di DSA. Nel decreto interministeriale emanato nell’aprile 2013 vengono definite
le linee guida di identificazione dei casi sospetti di DSA.
Ma è possibile un’identificazione precoce del rischio DSA nella scuola primaria?
Nell’identificazione del rischio DSA la tempestività è una variabile importantissima per un
intervento di recupero.
È vero che l’identificazione del rischio non costituisce una diagnosi, tuttavia un errore di
identificazione del rischio può causare conseguenze negative (generare ansie immotivate).
È possibile anticipare l’individuazione del rischio DSA?
Anche se il disturbo DSA non può manifestarsi prima del completamento del processo di
apprendimento del codice scritto, e la diagnosi in genere non viene fatta prima del secondo
anno di scolarizzazione, tuttavia per la dislessia è importante sottolineare già alla fine del
primo anno di scuola primaria devono essere segnalati ai genitori i bambini che presentano
una o più di queste caratteristiche:
Difficoltà nell’associazione grafema-fonema
Mancato raggiungimento del controllo sillabico in lettura e scrittura
Eccessiva lentezza nella lettura e scrittura
Incapacità a produrre le lettere in stampato maiuscolo in modo riconoscibile
La scuola renderebbe un utile servizio ai bambini e alle loro famiglie se venisse messa in
grado di identificare precocemente le difficoltà scolastiche ed intervenisse con adeguati
supporti didattici, poiché un intervento precoce potrà influenzare in modo favorevole e
positivo la prognosi del disturbo. Con l’emanazione del decreto dell’aprile 2013 è stato
individuato un modello operativo per l’organizzazione delle attività di identificazione
precoce. In questo modello vengono individuate 3 fasi:
Individuazione degli alunni che presentano difficoltà significative di lettura, scrittura e
calcolo
Attivazione di percorsi didattici mirati al recupero di tali difficoltà
Segnalazione alla famiglia dei soggetti resistenti all’intervento didattico per le successive
procedure di approfondimento diagnostico
Complessivamente, il decreto attuativo assegna un ruolo preminente nell’identificazione
precoce alle competenze osservative degli insegnanti, la scuola primaria può avvalersi di
prove standardizzate in attività organizzate che assumono la forma di “screening” nelle quali
grande importanza è attribuita alla formazione del personale insegnante in raccordo con
quello sanitario.
Va comunque sottolineato che se da un lato gli screening rappresentano degli importanti
mezzi di prevenzione, con un certo grado di affidabilità, è altrettanto vero che sono strumenti
molto delicati che dovrebbero essere maneggiati con cura da persone esperte.

LA DIAGNOSI CLINICA DEI DSA


Ad oggi la diagnosi di DSA si basa essenzialmente sulla somministrazione di prove
comportamentali standardizzate che consentendo il confronto della prestazione individuale
con quella di un gruppo normativo di riferimento valutano direttamente le abilità di lettura,
scrittura e calcolo.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 126
Tuttavia la procedura d’indagine diagnostica si basa anche su una valutazione clinica che
deve tener conto della storia evolutiva e scolastica del soggetto e dei possibili fattori di
rischio. In Italia la legge 170/2010 ha previsto che la diagnosi di DSA rientri tra le prestazioni
del Servizio Sanitario Nazionale o da strutture accreditate e specialisti. Sintetizzando si è
arrivati alla conclusione che per tutte le regioni risultano valide le diagnosi emesse dal SSN,
mentre la validità, per le scuole, delle diagnosi formulate da strutture private varia da regione
a regione. La maggior parte delle regioni ha deciso di accreditare strutture private per la
certificazione dei DSA valida ai fini scolastici per far fronte alle carenze del SSN nel
rispondere tempestivamente alle richieste dell’utenza.

COSA DEVE/PUO’ FARE LA SCUOLA PRIMARIA


Le iniziative di identificazione precoce del rischio DSA consentono di avviare delle attività di
potenziamento in base a degli indicatori utilizzati nella fase di rilevazione del rischio e di
attuarle in piccolo gruppo o sull’intero gruppo di alunni. Nella progettazione di queste attività
bisogna tener conto delle abilità fonologiche dell’alunno in modo da potergli proporre stimoli
adatti alle sue capacità. Il lavoro di potenziamento può essere svolto sia dagli insegnanti sia
dai familiari per garantire una maggior frequenza degli stimoli. La Scuola ha inoltre l’obbligo
di garantire in sinergia con la famiglia e i servizi sanitari, per gli alunni DSA diagnosticati
l’attuazione di una didattica personalizzata ed individualizzata attraverso la stesura di un
PDP (piano didattico personalizzato), l’impiego di strumenti compensativi e misure
dispensative.

DIDATTICA INDIVIDUALIZZATA
La didattica individualizzata consiste nelle attività di recupero individuale che può svolgere
l’alunno per potenziare determinate abilità o per acquisire specifiche competenze. Tali
attività possono essere realizzate nelle fasi di lavoro individuale in classe o in momenti ad
esse dedicati.

DIDATTICA PERSONALIZZATA
La didattica personalizzata è l’impiego di una varietà di metodologie e strategie didattiche
tali da promuovere le potenzialità e il successo formativo in ogni alunno, l’uso di mediatori
didattici (schemi, mappe concettuali), l’attenzione allo stile di apprendimento, per
promuovere un apprendimento significativo.
Gli strumenti tecnologici compensativi sono molto efficaci poiché eseguono quei compiti
automatici (decodifica di lettura, calcoli) che nei bambini con DSA si sviluppano lentamente.
Tali strumenti compensativi sollevano l’alunno con DSA dal compiere una prestazione resa
difficoltosa dal disturbo senza però rendergli facile il compito dal punto di vista cognitivo. Fra
i più noti strumenti compensativi ricordiamo:
La sintesi vocale che trasforma il compito di lettura in un compito di ascolto
Il registratore che consente all’alunno di non scrivere gli appunti
I programmi di videoscrittura con correttore ortografico
La calcolatrice
Tabelle, mappe concettuali ecc.
Gli stessi libri digitali associati ad una sintesi vocale consentono il raggiungimento di una
maggiore autonomia scolastica.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 127
Le misure dispensative invece sono degli interventi che consentono all’alunno di non
svolgere alcune prestazioni, che a causa del disturbo risultano particolarmente difficoltose
e che non migliorano l’apprendimento. Ad esempio non è utile far leggere ad un alunno con
dislessia un lungo brano, in quanto l’esercizio non migliora la sua prestazione nella lettura.

ADHD: QUADRO CLINICO, EZIOLOGIA, CARATTERISTICHE COMPORTAMENTALI


L’ADHD si riferisce al disturbo da deficit di attenzione/iperattività che si caratterizza per la
presenza di sintomi di disattenzione, impulsività, iperattività, riconducibili a difficoltà
nell’autocontrollo ma non attribuibili ad un deficit d’intelligenza. Per quanto riguarda le
origini, alcuni sostengono che esso derivi da conseguenze ambientali particolarmente
svantaggiate, altri ritengono che le cause derivino da anomalie neurobiologiche. In realtà è
verosimile che la causa dell’ADHD sia multifattoriale (fattori neurobiologici, psicosociali). I
bambini con ADHD presentano difficoltà a :
Selezionare le info necessarie per eseguire un compito, mantenere l’attenzione per il
tempo utile a completare la consegna
Resistere ad elementi distraenti presenti nell’ambiente
Seguire le istruzioni e rispettare le regole
Regolare il proprio comportamento (difficoltà a rimanere seduti e rapido passaggio da
un’attività all’altra)
Controllare un determinato comportamento che risulta inappropriato
Il basso rendimento scolastico dipende dalle difficoltà a mantenere l’attenzione e a
memorizzare le informazioni. Inoltre l’iperattività e l’impulsività si ripercuote in modo
negativo sulle relazioni sociali e sull’autostima.

ALCUNI CENNI SULLA DIAGNOSI


La diagnosi dell’ADHD è di competenza del neuropsichiatra infantile, non esistono test
diagnostici specifici per questo disturbo dal momento che la diagnosi si basa
sull’osservazione clinica e le info provenienti da insegnanti e genitori. Per la raccolta delle
informazioni vengono utilizzate interviste semistrutturate o questionari. Inoltre è opportuno
effettuare un esame psicologico con il bambino per valutare:
1. Le capacità cognitive
2. Lo stato degli apprendimenti scolastici
3. L’eventuale presenza di disturbi del linguaggio
4. Le capacità di pianificazione e autocontrollo

La diagnosi di ADHD si basa su 2 sistemi di classificazione principali:


l’ICD-10 dell’OMS e il DSM-5 redatto dalla American Psychiatric Association che ha
sostituito la precedente versione DSM-IV. Nel DSM-5 ci sono stati dei cambiamenti per la
diagnosi di ADHD: i sintomi possono presentarsi prima dei 12, i sintomi devono essere
presenti in più di un contesto, i sintomi possono cambiare in età avanzata. I 18 sintomi
descritti nel DSM-5 sono gli stessi presenti nell’ICD-10. Per l’ICD si ha una diagnosi se si
presentano contemporaneamente sintomi di disattenzione, iperattività e almeno un sintomo
di impulsività. L’ICD non ammette comorbilità, mentre secondo il DSM per esempio è
possibile effettuare una diagnosi di ADHD in comorbilità con il disturbo dello spettro
autistico. (Vedi tabella pag 484-485).

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 128
ADHD, UN BISOGNO EDUCATIVO SPECIALE
Con la direttiva del dicembre 2012 si estende la responsabilità della scuola a tutti i bisogni
educativi speciali, non solo agli alunni con certificazione di disabilità ma andando a
comprendere anche quelli con svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di
apprendimento, difficoltà linguistiche provenienti da culture diverse. I BES quindi non vanno
intesi come un’ulteriore categoria ma come una macrocategoria che contiene:
1. Gli alunni con disabilità specificata
2. Gli alunni con DSA
3. Gli alunni con svantaggio socioeconomico e socioculturale
Il bambino BES non richiede necessariamente un docente di sostegno per la classe, vi è
quindi una corresponsabilità degli insegnanti curricolari e di sostegno.
Il DM del 27 dicembre 2012 chiarisce che per tutti gli alunni con BES è possibile avvalersi
di misure dispensative e strumenti compensativi in base a quanto disposto dalla legge
170/2010. Secondo la circolare ministeriale del 6 marzo 2013 invece si ribadisce il ruolo
forte e la responsabilità dei consigli di classe e dei team docenti nel valutare i casi che hanno
bisogno di una didattica personalizzata per avere opportunità eque di apprendimento.

COMPITI SCOLASTICI E COMPITI COMPLESSI


Uno dei principali problemi dei bambini con ADHD è quello di mantenere l’interesse verso
un’attività scolastica per il tempo necessario del suo svolgimento. Preferiscono invece
orientare l’interesse verso attività gratificanti che non necessitano di un lavoro impegnativo.
Tuttavia questi bambini se seguiti individualmente riescono a mantenere l’attenzione
necessaria per portare a termine un compito. Quindi non c’è incapacità di prestare
attenzione ma difficoltà ad autocontrollarla. Le prestazioni scadenti a livello scolastico si
rilevano soprattutto:
1. Nello svolgimento di compiti lunghi, nella capacità di ignorare eventuali stimoli distraenti,
nella capacità di organizzare e pianificare un compito.
2. Nelle prove di comprensione di un testo scritto
3. Nelle produzioni scritte a causa della difficoltà ad organizzare le info
4. Nello studio di materie da esporre oralmente a causa di una scarsa competenza
metacognitiva
5. Nella risoluzione di problemi matematici
Gli interventi psicoeducativi utilizzati per il trattamento dell’ADHD di maggior efficacia sono
quelli impostati secondo un approccio cognitivo-comportamentale, cioè tecniche per
sviluppare comportamenti desiderabili e ridurre quelli problematici.

LA SCUOLA
Alcune indicazioni operative del MIUR per la gestione dei bambini ADHD a scuola
sottolineano la necessità di predisporre l’ambiente nel quale viene inserito l’alunno con
ADHD. Quando gli obiettivi da raggiungere sono molti allora è importante lavorare per micro-
obiettivi:
Gestire un obiettivo per volta dopo aver dato chiare istruzioni su come fare e fornendo
degli esempi positivi
Scegliere obiettivi raggiungibili per il bambino (per esempio un obiettivo semplice
potrebbe essere tenere il banco in ordine)
Concordare l’obiettivo con l’alunno
Elogiare il bambino per ogni traguardo raggiunto
Aggiungere un nuovo obiettivo solo quando il precedente è stato raggiunto
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 129
LA FAMIGLIA
I bambini ADHD sono imprevedibili e difficili da gestire e il risultato con i genitori è a volte
un’educazione autoritaria con tendenza ad imporre regole. In realtà con la cosiddetta “linea
dura” il bambino può diventare oppositivo e capriccioso. Cio’ porta ad un circolo vizioso che
vede il proprio figlio come privo di pregi e di percepire se stessi come un fallimento dal punto
di vista genitoriale. I motivi per cui si arriva a credere ciò è spesso perché non sempre ai
genitori vengono fornite info chiare sulla natura dell’ADHD. La cosa importante da capire è
che non sono i genitori in quanto tali a causare il disturbo ma lo stile educativo e
comunicativo può contribuire a rinforzare determinati comportamenti problematici. Quando
le relazioni dei genitori con il loro figlio diventano difficili da gestire si necessita di un aiuto
di un esperto che dia una visione distaccata del problema e aiuti a stilare un piano di lavoro
adatto alla situazione. Tra gli interventi rivolti ai genitori, rientrano i “parent training”, cioè
programmi di formazione con lo scopo di favorire acquisizione di competenze educative e
relazionali.

STRUMENTI COMPENSATIVI E MISURE DISPENSATIVE


STRATEGIE E COMPETENZE COMPENSATIVE
Nel modello della Tomlinson (2006), sulla scia di quello di Maslow, lo studente cerca
occasioni di affermarsi, di contribuire, acquisire potere, avere scopi, vivere sfide.
L’insegnante dovrebbe rispondere a questi bisogni dando fiducia, creando opportunità,
dando ascolto e osservando anche attraverso gli occhi dello studente per trovare insieme
percorsi di miglioramento.
Modificare l’ambiente in base ai bisogni, adattandolo all’unicità del cervello umano, produce
una maggiore capacità di adattamento del soggetto partendo dal presupposto che il cervello
non può non apprendere poiché si modifica strutturalmente.
Per fare ciò non è sufficiente arricchire di stimoli l’ambiente di apprendimento, ma è
necessario che il curricolo sia coinvolgente, sapientemente strutturato, focalizzato e
impegnativo.

ABILITARE, COMPENSARE, DISPENSARE


Saper leggere i bisogni dei bambini con BES significa saperli interpretare e sapervi far
fronte. In questo caso, l’insegnante rappresenta il primo strumento compensativo, il primo
facilitatore. Se gli insegnanti sospettano una situazione di rischio di disturbo si
adopereranno per un potenziamento delle abilità carenti per promuoverne l’acquisizione e
il normale sviluppo. Nella distanza tra lo sviluppo attuale in un dominio specifico e lo sviluppo
potenziale (quanto l’alunno riuscirebbe a fare con l’aiuto di un adulto o di un pari più
competente) c’è l’idea di “zona di sviluppo prossimale” di Vygotskij.
Sulla base di ciò i compiti proposti non dovranno essere né al di sopra né al di sotto della
zona di sviluppo prossimale.
Nel primo caso infatti non ci sarebbe apprendimento (l’alunno è già capace di eseguire quei
compiti), nel secondo caso si rischierebbe di non produrre apprendimento ma addirittura di
creare frustrazione per l’inaccessibilità del compito. Infine per essere efficace l’intervento
dovrà essere, sistematico e frequente, condotto in tempi brevi, motivante. Se non si rilevano
miglioramenti, sarà necessario proporre una didattica di tipo compensativo in cui si
propongono delle alternative e delle facilitazioni.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 130
Ad esempio per un alunno che ha difficoltà nel rispettare l’ordine posizione delle cifre di un
numero si potrebbero prevedere delle griglie e dei numeri con colori diversi in base alla
posizione delle cifre, oppure la sintesi o il riconoscimento vocale per leggere il numero scritto
e per far scrivere il numero al computer sotto dettatura. Nel caso in cui si fallisca anche con
gli strumenti compensativi si può optare la possibilità di dispensare l’alunno, questa scelta
però dovrebbe essere fatta solo in casi estremi, poiché dispensare un alunno significa
proteggerlo da ulteriori frustrazioni e insuccessi ma nella consapevolezza che ciò non lo
porterà ad un’autonomia. Nel caso di alunni BES con svantaggio dell’area socioeconomica,
culturale e linguistica, secondo la direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012, gli strumenti
compensativi e le misure dispensative devono essere messe in atto per il tempo
strettamente necessario, sarebbe meglio utilizzare una didattica personalizzata piuttosto
che strumenti compensativi e misure dispensative. Questo perché un conto è dispensare
dalla lettura ad alta voce un alunno DSA un altro è dispensare un alunno straniero che potrà
con il tempo acquisire questa competenza.

DAGLI STRUMENTI COMPENSATIVI ALLE STRATEGIE COMPENSATIVE


Tra le tecnologie compensative, di uso soprattutto nella scuola secondaria troviamo:
Sintesi vocale e software vari: permettono la lettura di testi digitali come libri scolastici e
le produzioni personali scritte con i tradizionali editor.
Libri digitali e ebook: i primi sono in formato pdf e ne permettono la lettura attraverso la
sintesi vocale, gli altri sono sempre digitali e richiedono dei dispositivi appositi per la
lettura.
Audiolibri e libri parlati
Registratore e video-fotocamera
Programmi di videoscrittura con correttore ortografico
Fogli elettronici per il calcolo e calcolatrice
Dizionari digitali, software per la creazione di mappe e schemi
Nella scelta di uno strumento compensativo bisogna considerare diverse cose: i prerequisiti
richiesti dall’utilizzo di un computer, la disponibilità della famiglia, la motivazione dell’alunno,
il rischio di stigma dall’usare strumenti diversi dai compagni. Un accorgimento riguarda l’uso
della sintesi vocale, il quale anche essendo uno strumento utilissimo potrebbe non essere
in grado di aiutare tutti gli alunni (poiché lo strumento legge senza intonazione, a volte salta
le pause se non sono indicate), per cui non può essere usato dai bimbi che hanno difficoltà
di comprensione dell’ascolto. Inoltre l’uso del libro digitale deve essere integrato alla sintesi
vocale per avere una lettura integrata e non limitata solo all’ascolto. Infine prima di
consigliare l’uso della calcolatrice bisogna appurare le reali difficoltà dell’alunno (se sono di
calcolo oppure di procedura). Altre strategie compensative riguardano la verifica e la
valutazione:
Rendere chiare le consegne scritte
Programmare le verifiche in modo da non sovrapporle in un'unica giornata
Riduzione e facile reperibilità dei contenuti da studiare
Concessione di tempo aggiuntivo per svolgere le verifiche
Inserimento di pause (per alunni con deficit di attenzione)
Scelta di domande che richiedano risposte brevi (le domande a risposta multipla non
sono adatte a chi ha una lettura lenta poiché deve rileggere tutte le opzioni)
L’opportunità di integrare le prove scritte con quelle orali, in modo da venire in aiuto
all’alunno con difficoltà

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 131
CAPITOLO 22 - ORIENTAMENTO E PREVENZIONE DELL’INSUCCESSO SCOLASTICO
L’orientamento può essere inteso come un processo attraverso il quale ogni bambino o
adolescente interpreta la realtà e costruire la propria identità.
L’orientamento è quindi un processo personale, che si sviluppa spontaneamente in tutti i
contesti sociali e, tra questi, la scuola può essere considerata l’ambiente privilegiato, poiché
conduce gradualmente il bambino ad affrontare processi di scelta e di ridefinizione dei propri
modelli mentali e schemi interpretativi.
La scuola deve:
favorire il pieno sviluppo della persona e consentirne l’inserimento nel contesto sociale;
porre al centro dell’intervento orientativo l’autodeterminazione dell’individuo, aiutandolo
a conoscere sé stesso e a fare delle scelte, fornendogli strumenti di comprensione della
realtà esterna;
porre il soggetto in una posizione attiva, considerando i suoi bisogni, interessi, attitudini
personali.
Ogni alunno tende a filtrare e a interpretare inconsciamente le informazioni ricevute
dall’esterno, ma spesso ha una scarsa efficacia nel modificare idee e prospettive in qualche
modo già radicate. Prendere delle decisioni è un processo complesso, dove devono
combinarsi aspettative e bisogni.
Alla base delle scelte personali c’è quindi un intreccio di fattori che si influenzano
reciprocamente.
Una scelta, in generale, dovrebbe essere una sintesi equilibrata e ponderata di cosa il
soggetto vuole, cosa gli serve e cosa può fare, e poi emozioni e razionalità dovrebbero
fondersi armonicamente.
Però non è sempre così, spesso bambini e ragazzi scelgono attraverso scorciatoie cognitive
che li portano a decisioni viziate dalla pigrizia, dal conformismo e tendono a non prendere
neanche in considerazione informazioni che potrebbero modificare una decisione presa.
Gli interventi di orientamento devono tener conto della dimensione cognitivo-razionale e di
quella affettivo-emotiva.
Quoziente intellettivo e quoziente emozionale sono le due dimensioni necessarie per il
successo scolastico e quello sociale.
Il quoziente emozionale consiste nella capacità di comunicare con gli altri, valutare le
situazioni sociali ed emozionali, controllare le proprie emozioni, inibire la propria
aggressività, ecc. e che determinano la riuscita sociale di una persona.
Tra le nove varietà di intelligenza individuate, Gardner cita l’intelligenza intrapersonale
(intesa come la capacità di conoscere sé stessi e i propri sentimenti per poter guidare il
proprio comportamento) e quella interpersonale (la capacità di comprendere gli altri per
interagire con essi in modo collaborativo.)
Gli insegnanti hanno il compito di stimolare e favorire la socializzazione nei ragazzi e metterli
nella condizione di poter sperimentare le loro abilità sociali.
Ogni situazione di apprendimento produce effetti orientativi.
Ogni docente orienta con i suoi atteggiamenti, stili relazionali e modalità didattiche; a lui
sono richieste e nuove capacità di ascolto, tutoring e counseling.
Il tema dell’orientamento richiama il fenomeno della dispersione scolastica, ancora molto
diffuso nel nostro Paese.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 132
Tale fenomeno può essere ricondotto a due cause principali: la prima al sistema delle
bocciature, delle ripetenze e delle frequenze irregolari; la seconda all’inefficacia educativa
della scuola. In tal senso sono necessari sia un efficace curricolo d’istituto, sia le azioni
orientative dei docenti.
La scuola non deve essere orientativa solo per i contenuti ma anche per come li fa
apprendere.
Come sostiene Bruner, occorre considerare le discipline come “amplificatori culturali”,
cioè come strumenti di conoscenza che amplificano le capacità di conoscere e di agire degli
studenti e, conseguentemente, spostare l’attenzione dal prodotto al processo,
dall’acquisizione delle nozioni disciplinari al modo in cui tale acquisizione viene organizzata.
Le recenti teorie costruttiviste ci aiutano a individuare prospettive didattiche che vanno in
questa direzione.
Una didattica costruttivista non pone al centro i contenuti in quanto tali, ma i processi
attraverso i quali essi vengono elaborati e costruiti. Significa che il docente assume il ruolo
di “costruttore di ambienti di apprendimento”, progettati per consentire percorsi attivi e
consapevoli in cui l’alunno sia orientato a costruire nuovi apprendimenti, individuando quali
informazioni servono, come si trovano e si consultano le fonti di informazione, come stabilire
confronti e relazioni tra i dati, come selezionarli, interpretarli e rielaborarli.
Gli alunni devono lavorare cooperando e aiutandosi reciprocamente in attività di
apprendimento e di problem solving. Le attività scolastiche devono essere ben strutturate.
Ogni progetto didattico deve prevedere un’impalcatura (scaffolding) costituita da un
insieme di regole comportamentali e sociali, ma allo stesso tempo dare spazio allo studente
affinché possa esplorare e riflettere sulle diverse possibilità di interpretazione della realtà
interna ed esterna.
Gli strumenti offerti dalle nuove tecnologie diventano risorse potenti che possono, se usati
consapevolmente, facilitare ed enfatizzare queste dinamiche.
L’aula, perciò, può essere organizzata come laboratorio, inteso come:
1. luogo fisico dove gli alunni progettano, sperimentano, confrontano e discutono,
affiancati da un docente mediatore e guida;
2. strumento della didattica orientativa, dove si coniugano insieme sapere, saper fare e
saper agire.
La didattica orientativa prevede l’utilizzo delle seguenti competenze: capacità relazionali,
organizzative, decisionali e metacognitive (lo studente deve saper comprendere le
informazioni, trovare soluzioni a problematiche complesse e saper padroneggiare le
strategie necessarie per organizzare lo studio e il lavoro).

Le linee guida nazionali per l’orientamento permanente del 2014 precisano che per
orientamento si intende il processo volto a facilitare la conoscenza di sé, del contesto
formativo, sociale, culturale ed economico di riferimento, delle strategie messe in atto per
relazionarsi e interagire con tali realtà, al fine di favorire la maturazione e lo sviluppo delle
competenze necessarie per poter definire gli obiettivi personali ed elaborare un progetto di
vita.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 133
CAPITOLO 23 - LA PROMOZIONE DEL BENESSERE
PRIMA PARTE – I BISOGNI FORMATIVI PRIMARI E IL RUOLO DEL DOCENTE
I bambini devono vivere in un ambiente positivo nel rispetto di regole e ruoli. Devono essere
formati alla capacità di valutarsi e orientarsi. L’ambiente positivo, lo star bene dipende dalla
qualità della vita.
• La qualità dell’ambiente deve esprimere rispetto, deve essere curato, pulito e
personalizzato. Anche il bambino deve essere responsabilizzato al mantenimento della
qualità
• La qualità delle relazioni interpersonali vanno insegnate sia quelle tra pari che quelle con
status diverse. Bisogna imparare a riconoscere, accettare ruoli, limiti, vincoli e regole.
• La qualità dell’organizzazione finalizzata alla rassicurazione, alla serietà.
• La qualità delle relazioni con il sapere vanno viste come sfide formative, capaci di
soddisfare il bisogno innato del sapere dell’uomo. Il disagio nasce dal non saper
soddisfare i propri bisogni.

I bambini vanno educati alla cittadinanza attiva che mira al bene comune sovra individuale
capace di rinunciare a qualcosa per il bene di tutti.

La teoria dei quattro bisogni formativi primari


L’identità va costruita anche in una comunità classe apprenditiva come luogo protetto che
sperimenta e prepara alla vita.
• Il bisogno di socializzazione: riguarda la necessità di sentirsi parte di un gruppo, inclusi,
con gli stessi diritti e doveri.
• Il bisogno di personalizzazione: parte di un gruppo ma valorizzati e diversi, con peculiarità
che differenziano, che rendono unici con pregi e difetti.
• Il bisogno di sperimentare relazioni simmetriche: sentirsi noi e non un io e un tu.
• Il bisogno di sperimentare relazioni complementari: interagire con gli altri su piani diversi,
responsabilmente, autonomamente, di essere aiutati e di aiutare.

Il soddisfacimento dei bisogni primari attiva un processo identitario che porta a sentirsi unici
ma parte di un gruppo, originali ma con caratteristiche simili e riconosciute.
I bambini hanno comportamenti diversi a seconda del contesto, sicuramente ne hanno uno
dentro casa e uno fuori casa, uno davanti ai genitori e uno in loro assenza. Questa
differenziazione si apprende dalle relazioni tra pari dove le discussioni favoriscono il
ragionamento e la soluzione dei problemi.

Il ruolo dei docenti


I docenti sono chiamati a privilegiare la socializzazione e la personalizzazione dei percorsi
educativi attraverso la riflessione meta cognitiva svolta collettivamente il classe, da soli o in
piccoli gruppi. La collettività è intesa tra insegnanti, studenti e famiglie.
Per questo il docente deve essere capace di mettersi nei panni degli altri (empatia),
scambiando reciprocamente arricchendosi. L’errore diventa motivo di ricerca per nuovi
percorsi, di riflessione, di autoregolazione. Il docente oggi deve essere preparato almeno
su sei dimensioni.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 134
Dimensione sociale
Conoscere le varie dinamiche di gruppo, le relazioni sociali simmetriche e complementari
permette di differenziare i processi di apprendimento soddisfando le peculiarità degli alunni.
È opportuno organizzare la classe con ruoli e incarichi per il benessere di uno e di tutti.
Dimensione relazionale empatica
L’empatia permette di entrare in relazione stretta con ogni alunno, che non è un sacco vuoto
da riempire e al quale dispensare saperi. Il docente è chiamato ad essere un facilitatore
dell’apprendimento, deve essere disposto al confronto, rispettoso delle diverse culture e dei
valori fondamentali della convivenza civile.

Dimensione della ricerca e della crescita professionale


Il docente formula ipotesi, trova le migliori soluzioni per aiutare l’alunno. Grazie
all’autonomia scolastica, oggi i docenti possono ricercare, sviluppare e sperimentare
migliorando e verificando a propria azione educativa. L’atteggiamento è quello di un
impegno iniziale in aggiornamento perenne, per tutto l’arco della vita professionale.

Dimensione disciplinare
Conoscere bene l’oggetto del proprio insegnamento, le metodologie didattiche e i
collegamenti con gli altri saperi. Sostenere l’autostima degli alunni è fondamentale.

Dimensione pedagogico – disciplinare


Conoscere come insegnare, soprattutto a quelli con bisogni speciali facendoli scoprire e
apprezzare i loro talenti e valori. Programmare interventi didattici personalizzati che diano
giusta attenzione e valorizzazione a ogni alunno.

Dimensione metacognitiva
Permette al docente di riflettere sulle proprie azioni e su quelle degli alunni, che vanno
documentate. Così ci si può avvalere dell’aiuto di esperti, consulenti esterni in un rapporto
collegiale. Il docente diventa un osservatore attento e un grande conoscitore delle relazioni
dell’apprendimento. Il curricolo e la programmazione diventano materia di riflessione
collettiva e di condivisione sociale.

SECONDA PARTE – LA PROMOZIONE DEL BENESSERE NELLA SCUOLA PRIMARIA


Ci si aspetta che i bambini apprendano, le prestazioni chieste sono sempre più complesse
e se queste non arrivano ci si chiede il perché. Spesso i genitori negano comportamenti
atipici sottovalutandone la portata patologica o disadattava.

I bambini dai 6 agli 11 anni


Arco di tempo chiamato latente, definito da Piaget come lo stadio operatorio concreto dello
sviluppo cognitivo. Sono legati al concreto ma capaci di connessioni logiche complesse e
contraddittorie. A quest’età cominciano a guidare l’azione dall’intenzionalità. I bambini sicuri
si dimostrano generalmente brillanti. Al contrario, i bambini insicuri vivono la scuola con
ansia e inibizione. Gli alunni difficili da gestire sono quelli che provengono da relazioni
ambivalenti o disorganizzate. Manifestano un temperamento focoso, bassa tolleranza alle
frustrazioni, scarsa socievolezza, poca soddisfazione nelle attività didattiche, gravi problemi
di apprendimento. Ciò che condiziona è l’ambiente familiare creando problemi cronici se
non si interviene tempestivamente, individualmente e costantemente.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 135
Educazione alle emozioni e stili educativi
I bambini esprimono le emozioni come hanno appreso in famiglia, il docente interviene
modellando adeguatamente le competenze emozionali e affettive. Mai perdere di vista il
valore di quello che si dice e si fa in classe poiché i bambini imitano e si identificano.
L’educatore non si deve mai sostituire all’alunno, non deve criticarlo o svalutarlo, mai
impedirgli di fare la propria esperienza emotiva. Il docente, sempre a fianco degli alunni,
creerà l’ambiente giusto selezionando il materiale didattico e ludico.
Si assicura che i bambini riconoscono la emozioni e che le vivano in modo adeguato, non
censore ma che se ne cura, non li sottovaluta e non li sopravaluta. Solo così gli alunni
impareranno a fidarsi dei propri sentimenti, a gestire le emozioni sviluppando autostima e
autonomia.
L’educazione affettiva a scuola
La legge 53 del 2000 nel riformare la scuola, include l’educazione affettiva. Infatti
storicamente la formazione culturale e cognitiva veniva affidata alla scuola mentre quella
affettiva alla famiglia. Ogni intervento della scuola sembrava una invasione. Oggi non è più
così. Gli insegnanti devono far filtrare delle indicazioni utili ai genitori.
Stile educativo e tipo di attaccamento
Se il bambino ha le spalle coperte, se ha un luogo dove tornare quando è stanco o
spaventato soddisfa il suo bisogno di attaccamento fondamentale. Da ciò dipenderà il suo
modo di esplorare, la sua personalità, il suo benessere psichico e la sua capacità di
apprendimento.
Vedi tabella pag. 537-538
Bullismo e cyber bullismo
Il MIUR ha diffuso nel 2015 le linee di orientamento per azioni di contrasto al bullismo e al
cyber bullismo. Il bullismo è un fenomeno complesso che spesso riguarda il gruppo.
Queste linee seguono alla direttiva ministeriale 2007 di Fioroni e definiscono il bullismo.
Nella forma diretta si manifesta in prepotenze fisiche e/o mentali, nella forma indiretta in
prevaricazione con dicerie sulla vittima, con esclusione dal gruppo.
Il cyber bullismo è bullismo elettronico.
Si focalizza l’attenzione sulla prevenzione oltre che al contrasto del fenomeno.
Le linee guida sono divise in 6 capitoli: riflessioni sui fenomeni del bullismo e del
cyberbullismo, sicurezza in rete, intervento del Miur, organizzazione territoriale, le azioni
delle scuole e la formazione degli insegnanti.
La governante del territorio passa dagli Osservatori regionali ai Centri Territoriali di Supporto
(CTS) poiché si ha bisogno prima di un recupero sociale e poi educativo. La scuola diventa
il luogo privilegiato per il recupero e per il contrasto del fenomeno ma anche dei punti di
riferimento per le famiglie.
Si raccomanda il coinvolgimento di agenzie esperte, figure altamente professionali. Si
suggerisce la costituzione di un “Nucleo operativo” costituito da 1 o 2 dirigenti tecnici e due
o tre docenti referenti formati sulle problematiche relative alle nuove forme di devianza
giovanile come bullismo cyber bullismo, stalking e cyberstalking, in possesso delle
competenze necessarie per sostenere concretamente le scuole in rete e i docenti con
consulenze e formazione mirata assicurando una buona raccolta di buone pratiche. Questo
nucleo operativo dovrebbe collaborare con figure professionali specifiche quali
psicoterapeuti, rappresentanti del tribunale dei minori, neuropsichiatrici, ufficio nazionali e
antidiscriminazioni razziali (UNAR).

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 136
CAPITOLO 24 - ABILITA’ COMUNICATIVE
Stili di comunicazione educativa
K. Lewin e i suoi colleghi, lavorarono ad un esperimento intitolato La ricerca sugli stili di
leadership e atmosfera sociale (1939).
A tale progetto parteciparono gruppi di alunni che avevano deciso di collaborare liberamente
ed erano accomunati dal fatto di avere profitto scolastico, grado di intelligenza, status
sociale e indice di socievolezza simili.

Ad ogni gruppo fu affidato un docente diverso: uno autoritario, uno permissivo e un altro
democratico.

Il docente che adottò lo stile autoritario comunicava attraverso ordini, criticava gli alunni,
era distaccato e freddo, decideva le attività da svolgere senza esplicitarne gli obiettivi. I
processi che si svilupparono furono man mano di rifiuto verso la figura del docente, di
scarso profitto nelle diverse attività, di mancanza di cooperazione fra gli alunni.
Lo stile permissivo del docente traduce un comportamento passivo dello stesso. Gli
alunni sceglievano liberamente le attività da svolgere e potevano muoversi altrettanto
liberamente all’interno degli spazi, scegliendo autonomamente i materiali ritenuti
opportuni. Il docente non esprimeva alcun giudizio critico o valutazione. Il risultato finale
fu la realizzazione di poche e scadenti attività che portò a una crescente insoddisfazione
fra gli alunni, sul piano delle relazioni all’interno del gruppo.
Dove fu adottato uno stile democratico, il docente fu impegnato ad agevolare la
partecipazione di tutti i membri del gruppo. Le attività venivano svolte dopo la spiegazione
dell’insegnante circa i contenuti e gli obiettivi del lavoro; il docente distribuiva le varie
mansioni in modo che ognuno potesse vivere con responsabilità il compito assegnato.
Le lodi e le critiche venivano date in modo equo. Ne scaturì un’atmosfera gaia e
amichevole, un senso di stima e di fiducia nei confronti del docente, e un senso di
responsabilità costante fra i vari membri del gruppo .
Non sempre è possibile adottare uno stile democratico, in quanto ciò dipende dalla classe
in cui ci si trova, basti pensare ad una classe “difficile” dove il comportamento autoritario
diventa quasi indispensabile per riportare l’ordine in classe.
E’ bene distinguere lo stile autoritario da quello autorevole. Per far ciò, questi stili sono
stati analizzati su diverse dimensioni: organizzativa, operativa, del controllo ed emozionale.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 137
Come si può ben notare, lo stile autoritario gira attorno alla figura del docente, non favorisce
così la socializzazione e il clima in classe è rigido di assoluto controllo.

Ciò non favorisce l’interazione. L’alunno non intravede opportunità concrete per inserirsi
nella relazione scolastica come soggetto protagonista: dinanzi ha solo un insegnante che
pretende il riconoscimento della propria superiorità e il suo rispetto incondizionato.

L’atmosfera in classe è più serena e stimolante se si adotta uno stile educativo autorevole
dove il docente diventa l’anello di congiunzione tra i bisogni degli alunni e la loro
soddisfazione.
Dalle ricerche pedagogiche e psicologiche sviluppatesi negli ultimi anni, si è rilevato che gli
alunni vivono la propria dimensione socio-affettiva in una visione positiva se si relazionano
a docenti valorizzanti e questo ha ricadute favorevoli sull'apprendimento.

Per una comunicazione solida ed efficace, è necessario accostarsi all'alunno avendone una
panoramica globale della persona, ovvero relativa alle sue dimensioni di personalità, fisico
corporea, cognitivo- intellettiva, affettivo- emotiva, socio-interpersonale.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 138
ASCOLTO ATTIVO
È una delle funzioni più complesse della comunicazione, strumento necessario per costruire
una buona relazione scolastica. È importante che l'insegnante sia consapevole delle proprie
abilità di ascolto e ne verifichi costantemente la qualità. L'ascolto attivo aiuta gli studenti a
fronteggiare le emozioni forti e a capire di non temerle, fa assumere loro la responsabilità di
analizzare e risolvere i propri problemi e, con la consapevolezza di essere ascoltati e
compresi, riescono a recepire più facilmente idee, punti di vista e opinioni degli altri.

Elementi essenziali dell’ascolto:


La disponibilità all'accoglienza, ovvero la costante apertura dell'insegnante verso
l'alunno. Lo scambio è possibile se vi è la presenza simultanea di un emittente e di un
ricevente. L’insegnante e l’alunno giocano un ruolo attivo in questa dinamica e insieme
dispongono di una serie di strumenti perché la comunicazione abbia un senso per entrambi.
Ma tutto ciò può essere ostacolato da: i sentimenti di simpatia e di antipatia che comportano
la selezione dei dati e delle informazioni durante lo scambio comunicativo; le emozioni
negative dell’insegnante che possono compromettere l'equilibrio personale e la relazione
con gli alunni.
L'insegnante deve, quindi, essere in grado di riconoscere queste emozioni, controllarle e
rielaborare le esperienze pregresse.

L'empatia: è la capacità di cogliere il vissuto dell'altro ponendosi nei suoi panni e avendo
chiaro il suo quadro di riferimento. È necessario che l'insegnante sia in grado di discriminare
il proprio vissuto emotivo da quello dell'alunno, distinguendo in modo chiaro i vari aspetti
presenti nello scambio comunicativo.

Cogliere autenticamente il messaggio: per recepire e codificare correttamente il


messaggio, è necessaria una costante attenzione dell'insegnante verso tutti i suoi
componenti. Consideriamo il modello di Schultz Von Thun che presenta 4 elementi:
1. contenuto: notizie, idee, opinioni. «Di che cosa sta parlando?»
2. autopresentazione: la modalità con la quale l'alunno si pone all’insegnante.«Come si
presenta l’alunno mentre comunica?»
3. appello: la richiesta reale che l'alunno fa all'insegnante. «Che cosa sta chiedendo? Qual
è il suo bisogno?».
4. relazione: l'aspetto relazionale che sta dietro a ogni comunicazione che definisce come
il rapporto con l'insegnante viene colto dall'alunno. «Come percepisce me e il nostro
rapporto?».
E’ necessaria la costante attenzione da parte dell’insegnante verso tutti gli elementi presenti
nel messaggio, senza escluderne alcuno, in quanto ogni aspetto è complementare agli altri.
Inoltre, occorre affinare una specifica sensibilità per cogliere particolari non manifestati
direttamente.

L'aiuto verbale
È il supporto verbale offerto dall'insegnante all'alunno nell'esposizione chiara del suo
messaggio; può assumere queste forme.
Chiarificazione: utilizzata quando la comprensione del messaggio dell'alunno non è chiara
e può avere diverse interpretazioni; si offre all’alunno la possibilità di approfondire, chiarire.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 139
Parafrasi: l'insegnante riformula il contenuto del messaggio con parole proprie, offrendo
all'alunno la possibilità di verificare la ricezione del messaggio, oltre di aggiungere altre
informazioni
Verbalizzazione: consiste nello spiegare le emozioni provate dal bambino, mediante un
atteggiamento empatico
Confrontazione: consiste nello stimolare l'interlocutore a comprendere eventuali distorsioni
nel suo modo di interpretare e di comunicare l'esperienza, concause del suo disagio, mentre
fornisce all'altro gli elementi per far leva sulle risorse e agire in modo costruttivo; bambini e
adulti, a volte, generalizzano le situazioni facendo assumere loro un carattere di assolutezza
che in realtà esiste nel loro modo di vedere, offuscato dal dolore provato.
Messaggi in prima persona o messaggi di assunzione di responsabilità
Generalmente, i messaggi vengono espressi in seconda persona (“Smetti di
chiacchierare!”): in questi, si concentra l'attenzione sullo studente. Invece, nei messaggi in
prima persona (“Sono infastidito da questo brusio”) viene rivelato lo stato d'animo
dell'emittente e chiarita la causa del disagio, facendo prendere consapevolezza al ricevente
del fatto che quello stato d'animo è causato dal suo comportamento. Questi messaggi sono
utili per un confronto positivo, poiché sollecitano il cambiamento, riducono al minimo la
valutazione negativa dello studente e non pregiudicano il rapporto.
Nelle attività di cooperative learning si scopre come gli alunni possono imparare a praticare
l'ascolto attivo anche in classe con i propri compagni, grazie al passaggio delle relative
competenze, sviluppatesi inizialmente nell'insegnante e poi innescate, come un circolo
virtuoso, negli alunni.

COMPORTAMENTI CHE BLOCCANO LA COMUNICAZIONE


– Moralizzare: esprimere un giudizio in funzione del proprio sistema di valori, come se
questi fossero gli unici validi (“Deve essere soltanto in questo modo”). Conseguenza:
all’alunno non viene offerta alcuna possibilità di comprendere la ragione dei giudizi
dell’insegnante
– Dogmatizzare: offrire risposte o considerazioni di inevitabilità e ineluttabilità delle
esperienze della realtà (“La vita è così”). Conseguenza: toglie all’alunno l’esperienza
della ricerca dei “perché”
– Diagnosticare: atteggiamento freddo e distaccato di una persona che si erge a giudice
supremo e dà la propria sentenza (“La tua situazione è questa”). Conseguenza: dare
etichette che spingono gli alunni in categorie predefinite, in cui non ci sono soluzioni, ma
si rimane nell’immobilità
– Interpretare: cercare di dare delle spiegazioni a un’esperienza descritta e vissuta da un
alunno (“Quello che dici è così perché…”). Conseguenza: si rischia di togliere all’alunno
la possibilità di non essere riconosciuto nel suo fedele contatto con le proprie emozioni
– Generalizzare: spiegare le ragioni dell’altro, tranquillizzando l’alunno che l’esperienza da
lui vissuta è comune a tanti altri (“Questo accade a molti”). Conseguenza: minimizzare le
sue emozioni, non riconoscere nell’alunno la sua specifica necessità e originalità; non si
aiuta l’altro
– Identificare: simile alla generalizzazione, ma qui si conducono a se stessi le esperienze
vissute da chi è di fronte a noi (“Questo è successo anche a me”) Conseguenza: vd.
Generalizzazione

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 140
– Offrire soluzioni: l’insegnante fornisce all’alunno una soluzione a suo avviso idonea ed
efficace. Conseguenza: non c’è comprensione e si rischia di prescrivere, svalutare la
situazione, sminuire il vissuto e le capacità del ragazzo.
Franta e Colasanti individuano alcune cattive abitudini dell’insegnante che possono
danneggiare la comunicazione tra insegnante e alunno: non lasciare all’alunno il tempo per
esprimersi; terminare le sue frasi; dare l’impressione di non ascoltarlo; non sorridergli
mentre parla; non guardalo; interrompere con domande e commenti; anticipare il suo
pensiero; respingere i suoi suggerimenti; fingere di non capire; ironizzare; guardare con aria
critica; ribattere; guardare l’orologio.
Questi atteggiamenti si ripercuotono anche nella relazione tra gli alunni, perché essi
prendono a modello la figura dell’insegnante.

LA COMUNICAZIONE NON VERBALE


È l’evento comunicativo dove non c’è la parola scritta o parlata.
Sono forme di comunicazione non verbale quelle in cui si parla con:
- il corpo: gesti, espressioni facciali, movimento degli occhi, postura;
- il tono della voce, i ritmi del discorso, le pause di silenzio (dimensione paralinguistica);
- la distanza nella conversazione, le posizioni assunte, l’uso dello spazio personale, i modi
di muoversi in relazione alla disposizione degli oggetti come tavoli o sedie (dimensione
prossemica);
- l’ambiente: ordine, disordine, scarsezza di luce, tappezzeria;
- il tempo: gestione del tempo, ritardi, anticipi, puntualità.

L’insegnante può mettere in atto (e farle poi apprendere agli alunni) alcune accortezze per
favorire un dialogo più disteso e autentico:
- guardare spesso negli occhi gli studenti mentre parlano;
- mostrare posture che manifestano apertura, come inclinare il busto verso di loro durante
l’interazione;
- sorridere;
- tenere il capo orientato verso chi parla;
- fare cenni di assenso di tanto in tanto;
- interagire con gli studenti muovendosi tra di loro e coinvolgendoli nel discorso;
- sottolineare il discorso con gesti;
- modificare il tono di voce;
- utilizzare segnali che suggeriscono attenzione o l’intenzione di prendere la parola, come
tenere sollevato il braccio.

STILI COMUNUCATIVI
Esistono dei modi particolari di comunicare con gli altri, degli stili comunicativi che sono
enucleabili in generale, e non solo nelle situazioni specifiche.
Immaginiamo la comunicazione verbale come un iceberg: ciò che viene effettivamente detto
è solo una minima parte. C’è una componente sommersa costituita dai segnali non verbali
che danno forma all’interazione comunicativa, che suggeriscono i modi per recepire,
interpretare e filtrare il messaggio esplicito e per anticipare quanto deve ancora essere
detto. In questo senso sono identificabili degli stili comunicativi, che sono una sorta di
messaggio (non verbale) sul messaggio, dei metamessaggi.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 141
Robert Norton (1983), propose dieci tipologie di stili comunicativi (stile dominante,
drammatico, polemico, rilassato, animato, attento, amichevole, aperto, d’impatto e preciso).
E’ bene precisare che non si possono trarre conclusioni assolute su quali siano gli stili più
adatti all’insegnamento. Molto dipende dalle caratteristiche dei soggetti che entrano in
interazione.

ASCOLTARE NON è UNA TECNICA


Non basta stare attenti a ciò che dicono gli alunni per essere definito un buon ascoltatore.
Vi sono 2 tipi di ascolto: attivo e passivo. L’ascoltatore passivo è come uno specchio
intelligente: non fornisce consigli o suggerimenti ma uno spazio per riflettere. Con lo
sguardo, la postura, i cenni di assenso, i segnali che si è compartecipi, che si capisce.
Con l’ascolto attivo non si cerca solo di capire il senso delle parole e le emozioni di chi parla,
ma si danno dei feedback di verifica cercando di verbalizzare i sentimenti («Vedo che questo
ti fa arrabbiare molto») e tradurre in altre parole il contenuto verbale. Siccome l’ascoltatore
si astiene dal formulare giudizi, chi parla trova nell’ascoltatore un argine alle sue emozioni
negative.

SUPERARE LE BARRIERE
A volte si pensa che se il docente non comunica in modo direttivo con gli alunni non sta
svolgendo bene il suo ruolo. Questo modo di pensare è sbagliato perché il compito del
docente deve essere quello di supporto, non deve risolvere i problemi degli alunni
direttamente ma deve creare le condizioni favorevoli per far sì che gli alunni ci arrivino da
soli. Il docente può riuscire in questo compito se non si creano le barriere comunicative. Il
che non vuole certo dire che si dà sempre ragione agli alunni. Si può e spesso si deve
dissentire, senza mai venire meno alla valorizzazione di ciò che l’altro dice, mostrando
comunque interesse. Senza dimenticarsi che a volte sbagliano anche loro (i docenti) e dalla
presa coscienza dei loro errori possono migliorarsi sempre di più.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 142
CAPITOLO 25 - BUONE PRASSI
Documentare a scuola: le buone prassi
Le buone prassi rappresentano un patrimonio dal quale è possibile trarre suggerimenti e
spunti per migliorare la qualità delle azioni e dei progetti educativi messi in atto; essendo
formative, è necessario trovare modalità per incentivarne la produzione, che nasce dal
desiderio di condividere con altri ciò che si è realizzato. È importante individuare alcuni criteri
che aiutino nella scelta di cosa “raccontare” e garantiscano una certa uniformità.

Non devono essere prese in considerazione solo buone prassi che hanno raggiunto
pienamente gli obiettivi prefissati, ma è utile e costruttivo inserire esperienze che, sul piano
metodologico, non hanno raggiunto completamente i risultati sperati. Risulta utile, in questo
senso, l’introduzione di una scheda identificativa che riassuma le caratteristiche generali
della buona prassi, in modo da agevolarne la consultazione. Nella scheda, sarà necessario
inserire informazioni chiave come il tipo di scuola, l’età deli alunni, il tipo di disabilità, la
durata: in questo modo, chi consulta può capire subito se ciò che sta leggendo è pertinente
o no rispetto ai suoi obiettivi.

Per facilitare la stesura della scheda identificativa e la selezione delle buone prassi, risulta
funzionale offrire una mini-scheda che ne guidi la stesura; in questo modo, si possono
raccogliere le buone prassi in un format comune.

Due sono i criteri alla base della stesura delle prassi:


Metodologico-descrittivo: vengono indicati obiettivi, metodologie, struttura valutativa,
persone coinvolte e loro ruoli.
Interpretativo-riflessivo: il soggetto è invitato a tracciare un bilancio dell’esperienza sia in
senso positivo che negativo.

Alcuni criteri che rendono “buona” una prassi


Coinvolgimento dell’intera classe con benefici per tutti gli alunni.
Vicinanza alla didattica quotidiana.
Aspetti innovativi sul piano metodologico/didattico.
Coinvolgimento di varie figure professionali all’interno della scuola.
Potenziamento della relazione scuola-famiglia.
Collegamento con la realtà territoriale.
Chiara impostazione metodologica e di documentazione.
Presenza di momenti di verifica e monitoraggio.
Ricadute sul futuro.
Generalizzabilità ad altri contesti e situazioni.
Flessibilità.
Considerazione del punto di vista dei soggetti coinvolti nell’esperienza.

Scheda identificativa
La scheda identificativa è una modalità per catalogare le buone prassi raccolte.
Sul piano metodologico andranno privilegiate categorie che raccolgono “dati oggettivi”,
offrendo una descrizione che sia scevra di elementi interpretativi; è possibile ipotizzare
l’inserimento di una sezione finale nella quale si potrà, eventualmente, esporre le ragioni di
una scelta piuttosto che di un’altra.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 143
La scheda risulta composta da queste voci:
Titolo dell’esperienza.
Scuola.
Insegnanti/disciplina di riferimento.
Tipologia di disabilità.
Durata dell’esperienza.

Traccia per la stesura della buona prassi


Per agevolare il lavoro di catalogazione, risulta utile elaborare una traccia per la stesura
articolata in due sezioni distinte: una descrizione metodologica e una riflessione a posteriori
sull’esperienza svolta, funzionale poiché permette di ottenere un bilancio di quanto ottenuto.
Nella prima sezione occorre inserire:
Titolo dell’esperienza.
Definizione delle problematiche.
Breve descrizione del progetto.
Obiettivi.
Persone coinvolte e loro ruoli.
Metodologie impiegate e tempistica.
Strumenti per il monitoraggio/valutazione.
Risultati raggiunti.

Nella seconda sezione sarà opportuno evidenziare:


Punti di forza del progetto.
Punti di debolezza.
Eventuali ostacoli incontrati.
Eventuali idee per il futuro.
Giudizio sulla trasferibilità dell’esperienza.

Le buone prassi: costruire insieme e documentare la qualità


Nelle scuole “vere” del nostro paese, anche gli alunni con gravi disabilità si sentono parte di
un qualcosa insieme ai loro compagni.
Nelle scuole vere si fa l’integrazione, con fatica e sconfitte ma anche con successi; si sono
realizzate un gran numero di esperienze positive, progetti che hanno funzionato e modalità
di lavoro concreto grazie alle quali l’integrazione ha fatto enormi passi avanti. Tuttavia,
queste conoscenze non sempre vengono documentate ma si affidano alla memoria dei
protagonisti, memoria che fatica a diventare un corpus consultabile di esperienze
consolidate.
Si usa poco, purtroppo, l’intelligenza collettiva e reticolare che si ottiene con uno scambio
orizzontale con altri; si tende ad affidarsi ad un’intelligenza superiore, il classico “esperto”.
Anche le istituzioni scolastiche fanno poco per favorire la documentazione, vista, dagli
insegnanti, come un inutile adempimento democratico.

Ricordiamo che la buona prassi è qualcosa che altri hanno fatto e che, nel loro
contesto, ha funzionato. È su queste caratteristiche che il lettore deve curiosare, indagare
e criticare, mettendo il tutto in relazione alla propria situazione. Una bona prassi costituisce
una forte base operativa alla quale potersi affidare.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 144
Tra le buone prassi, vi sono alcune costanti significative che funzionano:
Forte collaborazione tra gli insegnanti con relativa condivisione di scelte.
Un’idea forte, unificante, che caratterizza la prassi. Dalla collaborazione si elabora un
progetto con una sua identità marcata.
Un’apertura all’esterno e un utilizzo delle risorse del territorio. Queste prassi non si
devono mai chiudere all’interno della scuola. Le prassi si fondano sul PEI per il singolo
alunno disabile, ma non si esauriscono su di esso: il PEI è la base sulla quale costruire
un progetto di vita più ampio.
Gli alunni sono i soggetti attivi della costruzione della conoscenza. Gli alunni, nella
costruzione delle buone prassi, non sono mai passivi ma collaborano attivamente.
Si rompono le barriere tra ordini di scuola e tra classi. Ci sono varie attività che superano
le distinzioni di classe, sezione, scuola primaria.
Le relazioni inclusive e solidali tra compagni di scuola sono la trama indispensabile per
tessere l’integrazione: occorre creare una forte rete di relazioni solidali per poter
sviluppare iniziative di integrazione. La prima risorsa per l’integrazione sono i compagni
e questa “dipendenza” non sempre è facile da accettare, ma è un passaggio
imprescindibile per il benessere scolastico.
Apprendimento cooperativo in piccoli gruppi eterogenei.
Laboratorio teatrale, espressivo, narrativo. La rappresentazione e i linguaggi che
quest’arte utilizza, colpiscono ogni alunno che si sente motivato e gratificato.
La crescita psicologica di tutti gli alunni: c’è sempre un’attenzione costante a tutti i
bambini. Una crescita che tenta di coinvolgere l’autostima, l’immagine di sé,
l’autoconsapevolezza ma anche una maggiore consapevolezza dei deficit e delle
disabilità che l’alunno presenta, per poter fare qualcosa di concreto tale da ridurre, o
almeno provarci, i deficit e combattere la disabilità.
Il PEI si raccorda con la programmazione di classe. È necessario sì un PEI tagliato sui
bisogni educativo speciali del bambino disabile, ma questo PEI deve integrarsi con la
programmazione di classe; altrimenti, il rischio è un’ulteriore segregazione dell’alunno.
La programmazione personalizzata deve trovare l’ambito di realizzazione nelle attività di
tutti.
Il coinvolgimento della famiglia. Questa è da sempre una grande sfida per le scuole:
l’educazione familiare non deve essere ignorata.
La replicabilità. Gli insegnanti che hanno realizzato le buone prassi, hanno raccontato
cose fattibili, presentando il loro lavoro, con pregi, difetti e dubbi, anche se, magari,
leggermente edulcorato. Si percepisce però chiaramente che le persone che scrivono
sono reali e che raccontano cose reali vissute da bambini reali.

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CAPITOLO 26 - EDUCAZIONE INTERCULTURALE
UNA SCUOLA INCLUSIVA?
In questi anni si è spesso discusso, a volte confondendole, di integrazione e di
educazione/relazione interculturale. Due aspetti tanto distinti quanto complementari. Infatti,
la dimensione interculturale investe tutta la scuola nei suoi compiti di creazione di uguali
possibilità di apprendimento, giustizia e equità. Il rispetto e la valorizzazione delle differenze
divengono parte di un progetto più ampio della scuola, rivolto a tutti. Con Integrazione si
indica invece l’apertura della scuola attraverso misure specifiche dirette all’accoglienza degli
alunni di cittadinanza non italiana. In questo ambito rientrano l’insegnamento dell’italiano
della L2, le strategie volte all’adattamento dell’alunno straniero, e così via. Va precisato che
molti di questi bambini sono nati in Italia, si tratta dunque delle seconde generazioni che per
lingua e storia personale non differiscono dai coetanei ma, per la legge italiana, ispirata allo
ius sanguinis (ossia la trasmissione per nascita da padre o madre italiani), risultano ancora
stranieri.
Nel nostro Paese si è cominciato a parlare di educazione interculturale già a partire dagli
anni Novanta e, successivamente, nelle circolari e nelle indicazioni ministeriali. Con questa
espressione s’intende un approccio trasversale volto non solo a includere gli alunni
immigrati, ma anche a sviluppare metodi e didattiche adeguate ad affrontare il pluralismo
culturale.
Si può dunque parlare di approccio interculturale all’educazione e all’insegnamento quando
si comunicano rispetto e valorizzazione della diversità, tolleranza e apertura, insieme a uno
spirito critico e alla ricerca di valori comuni, superando un atteggiamento relativistico che
impedisce il dialogo. La visione di cultura adottata è soggettiva, poiché riguarda la singola
persona, e non oggettiva, cioè attribuita dall’esterno a un gruppo, spesso sulla base di
pregiudizi. Parlare di cultura soggettiva a scuola significa considerare ogni alunno nelle sue
specificità senza attribuirgli in modo stereotipato l’idea che si ha, talvolta superficiale e
erronea della sua cultura.
La scuola interculturale è la scuola in cui una visione nuova delle relazioni tra le culture
modifica e trasforma la struttura stessa dell’organizzazione, i metodi di insegnamento e di
formazione, le relazioni tra insegnanti, alunni e famiglie, la prospettiva con cui guardare ai
saperi e alle discipline. Le misure specifiche di accoglienza agli alunni immigrati entrano a
far parte di un quadro complessivo di attenzione alle differenze personali e di gruppo, ma
non costituiscono un obiettivo in sé. Infine, Intercultura è la scuola che non rinuncia a
coniugare obiettivi di apertura e valorizzazione delle differenze con la possibilità per tutti di
apprendere competenze approfondite nella L2, maturare un senso di appartenenza al
Paese, conseguire buoni rendimenti. L’educazione interculturale di seconda generazione si
colloca, dunque, in una società dove il pluralismo è la norma e affronta le problematiche
legate a un’immigrazione non transitoria, ma stabile, costruendo un futuro per la convivenza.
Nel documento stilato dal Ministero della Pubblica Istruzione e in particolare in La via italiana
per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni immigrati del 2007, elaborato
dall’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione
interculturale (2007) composto da docenti ed esperti, emerge con chiarezza che la
questione interculturale nella scuola italiana è strettamente legata alle problematiche
dell’integrazione sociale e al progetto che uno Stato elabora per far fronte al pluralismo. Ciò
significa che la scuola fa parte di un processo più globale che passa attraverso il successo
scolastico dei figli degli immigrati, l’inserimento lavorativo e sociale delle famiglie, nonché il
posto dato alla differenza culturale della nostra società.

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I due aspetti più significativi per individuare quali siano le linee della scuola interculturale in
Italia sono, la distribuzione degli alunni di cittadinanza non italiana negli istituti e il problema
del loro rendimento scolastico.

La distribuzione nelle scuole


La distribuzione degli alunni di cittadinanza non italiana è, a oggi, molto disomogenea.
Nonostante i diversi provvedimenti presi in passato fossero precisi nel dare indicazioni a
riguardo, come ad esempio quello del 1989 che stabiliva che, in caso di immigrati dello
stesso Paese in una classe, non si doveva superare le 4-5 unità e ancora, il TU (testo unico)
per l’immigrazione (DPR 394/99, art. 45) prevedeva che la ripartizione venisse effettuata
evitando la costituzione di classi in cui risulti predominante la presenza di alunni stranieri.
Inoltre le Linee guida del Ministero (CM 1 marzo 2006, n. 24) ribadiscono l’esigenza di
un’equilibrata distribuzione delle iscrizioni attraverso un’intesa tra scuola e reti di scuole e
una mirata collaborazione con gli enti locali, ( in riferimento al DPR 8 marzo 1999, n. 275).
E ancora, la CM 8 gennaio 2010, n.2, prevede di iniziare a programmare il flusso delle
iscrizioni e orientare la presenza di alunni di cittadinanza non italiana nella scuola. La
circolare richiede di fissare non più del 30% gli alunni di cittadinanza straniera nelle classi.
O meglio, richiede di fissare limiti massimi di presenza nelle singole classi di studenti
stranieri con ridotta conoscenza della lingua italiana. Ciò significa che il criterio di eventuale
diversificazione degli interventi è specificatamente legato all’apprendimento e non certo alla
provenienza nazionale. In altre parole, alunni di cittadinanza non italiana nati qui o cresciuti
da tempo nel nostro Paese dovranno essere considerati a tutti gli effetti come italiani, a
differenza dei neo-arrivati per i quali si possono e devono pensare misure di sostegno
alternativo o complementari al tempo-classe. Risulta pertanto cruciale l’aspetto
dell’alfabetizzazione linguistica che può essere impartita nell’ambito dell’autonomia delle
scuole attraverso misure e interventi flessibili, personalizzati e di diverso livello. Gruppi di
docenti individueranno i criteri per l’accoglienza nelle classi anche attraverso una verifica
delle competenze linguistiche in ingresso. Tutti questi interventi e attività sono già previsti
dalla normativa vigente e attuati in molte scuole. Occorre quindi pensare alla scuola
interculturale non tanto e non solo sotto il profilo di chi arriva, quanto dal punto di vista di chi
resta nel nostro Paese, quando cioè la presenza di alunni nati in Italia da genitori immigrati
diverrà la norma nella maggioranza delle scuole. Oltre al compito di trasmettere ai ragazzi
strumenti linguistici di sopravvivenza, cioè un italiano di base che serve per interagire nel
quotidiano, compito della scuola sarà quello di fornire a tutti, italiani e non, un italiano per lo
studio, ossia competenze linguistiche approfondite e comprendere un testo, esprimersi in
modo appropriato e scrivere con ricchezza lessicale.

Una nuova formazione degli insegnanti


La formazione alla competenza interculturale degli insegnanti deve essere ripensata su tre
assi: l’ampliamento delle conoscenze nelle scienze umane per comprendere le implicazioni
storiche, politiche e sociali delle migrazioni; la costruzione di strumenti didattici e
metodologici per inserire nelle discipline la prospettiva interculturale; lo sviluppo personale
per modificare il quale l’insegnante lavora sui propri stereotipi e pregiudizi.

Questo modello si fonda sull’integrazione tra le tre dimensioni fondamentali della


formazione: sapere, saper fare e saper essere. La novità dell’approccio risiede nella sua
rilettura in chiave interculturale e nella n ricerca di un equilibrio tra le tre dimensioni.

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Un programma di formazione sulla e alla competenza interculturale degli insegnanti si
poggerà su alcuni punti.
- Il concetto di cultura è dinamico e soggettivo (sono le persone a entrare in contatto e non
i sistemi culturali). Pertanto la competenza poggia sull’interpretazione antropologica della
realtà piuttosto che sulla conoscenza di nozioni predeterminate.
- Gli aspetti di personalità e riflessività sono centrali, ponendo l’affettività come base per
una relazione efficace. In questo senso il lavoro formativo deve agire sulla personalità di
operatori e insegnanti che devono a loro volta mediare o facilitare la comprensione tra
persone di diverse culture.
- I diversi elementi sono in un rapporto d’influenza reciproca. L’interesse e il rispetto, ad
esempio, condizionano le capacità di comunicare, che una volta apprese, possono creare
empatia. Cosi come la rivisitazione dei propri stereotipi crea apertura che a sua volta è
una condizione per l’autoriflessività.
- la formazione non si limita a promuovere capacità di tolleranza e mera accettazione, ma
occorre costruire uno spazio terzo di fiducia e reciproca trasformazione in cui ognuno
possa essere disponibile al mutuo adattamento.
- La competenza interculturale contiene una dimensione etico-politica, in quanto promuove
un’idea di cittadinanza non nazionalistica, globale e basata sull’interdipendenza e la
comprensione pacifica tra i popoli.

UNA DIDATTICA INTERCULTURALE


La didattica interculturale coinvolge ogni studente al di là della sua identità, etnia o
appartenenza culturale. Una didattica interculturale si caratterizza per:
- i metodi più opportuni; i contenuti; le competenze da promuovere; le caratteristiche dei
contesti in cui si agisce.

I metodi più opportuni


I metodi o gli approcci che dovrebbero favorire l’educazione interculturale, sicuramente
quelli di tipo cooperativo, quali ad esempio il cooperative learning, fondati sul valore
democratico del processo di insegnamento/apprendimento, sono efficaci per educare le
giovani generazioni ai valori dell’equità, della responsabilità individuale e condivisa, della
costruzione sociale, dell’interdipendenza e della coesione.
A questo proposito sono interessanti gli approcci che aiutano l’individuo a divenire persona.
I riferimenti si trovano nel personalismo pedagogico, che assegna valore a un’azione
educativa mirata, progettata, finalizzata a evitare il rischio che l’educando rimanga in balia
ei propri istinti. Didatticamente, metodi autobiografici e narrativi possono essere inseriti nella
cornice della valorizzazione dell’io.
I percorsi di educazione interculturale si fondano didatticamente sul riconoscimento del sé
per promuovere consapevolezza della propria identità come risultante mutabile di sinergie
multiple.

I contenuti
L’educazione interculturale è un approccio trasversale e interdisciplinare e a livello didattico
l’uso dei contenuti è efficace solo se evita la reificazione delle culture, il folklore, l’esotismo
e irreali decontestualizzazioni.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 148
E’ opportuno affrontare quei saperi che contribuiscono a delineare l’Homo migrans e a
ridurre una visione di uomo stanziale in tutti i suoi aspetti. Pertanto la storia o la geografia
possono essere strumenti validi per ampliare il proprio orizzonte culturale favorendo
l’assunzione di molteplici punti di vista contestualizzati e non assunti in maniera rigida o
assoluta. Si possono citare le migrazioni, i diritti umani, il concetto di cultura, di identità, di
cittadinanza, di alterità, di conflitto, ecc. Inoltre possono essere contenuti relativi agli
stereotipi e ai pregiudizi, così come l’insegnamento dell’italiano come L2 e, al tempo stesso,
il mantenimento della lingua materna.

Le competenze da promuovere
Il processo di insegnamento/apprendimento è finalizzato alla promozione di competenze
spendibili nell’arco della vita; le principali sono strutturabili su quattro aree:
1. competenze cognitive di base;
2. competenze relative allo sviluppo della propria identità (del sé);
3. competenze sociorelazionali;
4. competenze trasversali (gestione dei problemi, problem solving, risoluzione di conflitti,
cooperazione, ecc.).

Competenze cognitive di base


Tra le competenze cognitive di base rientrano tutti quei processi e comportamenti che
rendono l’io capace di conoscere, comprendere, confrontare, comunicare, esprimersi in
modo originale, personale e rispettoso. In tale ottica si inseriscono l’educazione e lo sviluppo
del pensiero critico, intesi come capacità di decentramento, di apertura, di assunzione, di
differenti punti di vista. Rivestono un ruolo importante quelle competenze relative alla
comunicazione efficace interculturale. Educare alla volontà di incontrare l’altro, di
comprenderlo, stimolando quel desiderio che, rappresenta un’insostituibile dimensione per
la convivenza sociale, è il primo passo per insegnare a dialogare, ossia a decentrarsi
cognitivamente ed emotivamente in un rapporto empatico. Infatti, la piena realizzazione e
comprensione dell’io e del tu avviene attraverso l’ascolto, il confronto e talvolta anche lo
scontro. Sono questi i comportamenti comunicativi di base che gli insegnanti dovrebbero
promuovere. Dunque, a livello didattico sono da pianificare e realizzare attività che,
favorendo la comprensione e l’azione cooperativa, valorizzino i diversi stili comunicativi, le
diverse forme di pensiero, le espressioni verbali, i linguaggi del corpo come codici naturali,
cosi da risultare efficaci per la comunicazione tra persone e gruppi quando non necessitano
di traduzione.
Competenze relative allo sviluppo della propria identità (del sé)
L’acquisizione dell’identità è un processo che accompagna ogni persona dalla nascita al
termine della propria vita. Pertanto le competenze specifiche che un processo formativo
deve mirare per lo sviluppo dell’identità personale e culturale riguardano in particolare la
capacità di percepirsi come essere unico e irripetibile, portatore di valori in quanto persona
e in quanto parte di una cultura. D’altronde, alla base di ogni incontro interculturale vi è la
formazione di persone capaci riconoscersi uniche, di identificare e apprezzare le differenze,
di rispettare gli altri in quanto persone e in quanto esseri culturalmente diversi. Pertanto tra
le competenze significative per la crescita del sé , vi sono quelle che concernono lo sviluppo
dell’intelligenza emotiva che può aiutare a gestire le emozioni come rabbia, desiderio,
illusione, fondamentali per raggiungere uno stato di serena felicità e presupposto essenziale
per la qualità delle relazioni interpersonali.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 149
Competenze sociorelazionali
Sono tutti quei comportamenti indispensabili per l’incontro dell’io con il tu. La didattica
dell’incontro si fonda sul riconoscimento dell’altro e promuove le capacità atte a vivere
l’eterogeneità, il confronto e le differenze non solo come situazioni di rischio ma soprattutto
come opportunità di crescita personale e collettiva. Un’educazione interculturale affronta i
conflitti e li gestisce attraverso un percorso didattico che metta in luce i limiti
dell’individualismo e della competizione fondandosi sui valori della cooperazione. Abilità
indispensabili per vivere da protagonisti le relazioni.

Competenze trasversali
Sono quelle forme di comportamento che utilizzando i saperi e le abilità appresi permettono,
insieme allo sviluppo di altre competenze, di vivere in modo efficace e costruttivo la vita
nella società sempre più multiculturali, e sono: le competenze di problem solving, di lavoro
di gruppo, di comunicazione interculturale, di competenza civica, di responsabilità
individuale e condivisa e tutte quelle capacità che contribuiscono a evitare il rischio di
fossilizzazioni cognitive ed emotive. Come ad esempio un’educazione alla mente capace di
ricercare lo stupore, la curiosità, la meraviglia, l’esplorazione, la ricerca e l’invenzione che
fra l’altro rappresentano una propensione alla dimensione interculturale.

Le caratteristiche dei contesti in cui si agisce


Il primo obiettivo da porsi per facilitare l’accoglienza e garantire l’integrazione anche di
alunni stranieri è realizzare all’interno dell’ambiente scolastico un clima sociorelazionale
positivo, ossia, comunicativo, cooperativo, equo, capace di rispondere ai bisogni di
integrazione degli studenti e, in quanto scuola, divenga agenzia educativa-ponte anche nei
confronti delle famiglie.
L’educazione interculturale ha dunque come obiettivo i promuovere la vita insieme pur nella
distanza axiologica, religiosa e culturale che, inevitabilmente, caratterizza e attraversa le
persone e i gruppi, non rifugge i conflitti ma didatticamente li utilizza per insegnare come
gestirli.

Le seconde generazioni
Come viene sottolineato dalle linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni
stranieri del febbraio 2014, la presenza degli alunni stranieri è un dato strutturale e riguarda
tutti i livelli del sistema scolastico. La trasformazione più significativa riguarda il forte
aumento degli alunni con cittadinanza non italiana nati in Italia.
La seconda generazione di stranieri (2g) comprende i bambini nati in Italia da genitori
entrambi stranieri (native borns). In questo costrutto possono essere inclusi anche i figli
giunti in Italia dopo la nascita (newcomers), la cosidetta generazione 1,5. Le seconde
generazioni devono mediare tra la propria famiglia, la società ospitante, la scuola, il contesto
amicale ecc. . Nell’anno scolastico 2012-2013 gli alunni stranieri frequentanti la scuola
statale erano complessivamente 786.630, ossia l’8,8% del totale.
Le indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione
del novembre 2012 confermano la scelta dell’educazione interculturale che permette a tutti
i bambini il riconoscimento reciproco della propria identità.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 150
L’accoglienza
Nelle linee guida del 2014 con il termine di accoglienza si fa riferimento all’insieme degli
adempimenti e dei provvedimenti attraverso i quali viene formalizzato il rapporto dell’alunno
e della sua famiglia con la realtà scolastica. In ambito scolastico l’accoglienza riguarda sia
gli aspetti amministrativi che quelli organizzativi ed educativi senza tralasciare il
coinvolgimento delle famiglie.
L’accoglienza prevede due dimensioni fondamentali che sono: l’accoglienza negli
atteggiamenti, ossia la cura educativa rivolto ai bisogni del bambino straniero e l’accoglienza
nel tempo che va dalle prime forme di integrazione sino all’apprendimento della conoscenza
dell’italiano elle eventuali difficoltà di studio dei nuovi apprendimenti.

Il diritto all’apprendimento e la valutazione dei risultati


L’art. 45 del DPR 394/1999 (Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero) prevede che:
I minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno diritto indipendentemente dalla
regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno, nelle forme e nei modi previsti per i
cittadini italiani.
L’iscrizione degli alunni stranieri avviene con le stesse modalità di tutti gli altri allievi. Nell’art.
45 si afferma che i minori stranieri soggetti all’obbligo scolastico vengono iscritti alla classe
corrispondente all’età anagrafica, salvo che il collegio dei docenti deliberi l’iscrizione in una
classe diversa. La documentazione richiesta ai genitori prevede: il permesso di soggiorno, i
documenti anagrafici, i documenti sanitari e quelli scolastici. L’assenza del permesso di
soggiorno non obbliga gli operatori scolastici a denunciare il soggiorno irregolare.
Riguardo alla valutazione degli apprendimenti, da un lato nel Regolamento sulla valutazione
scolastica (DPR n. 122/2009) si sottolinea che la valutazione degli alunni stranieri avviene
come per tutti gli altri, dall’altro però nella Direttiva del 27 dicembre del 2012 sugli alunni
con bisogni educativi speciali (BES) si ipotizzano forme di valutazione personalizzate.
Mentre, nelle Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri del febbraio
2014, si afferma che gli alunni CNI (cittadini non italiani) necessitano di interventi didattici di
natura transitoria relativi all’apprendimento dell’italiano e che solo in casi eccezionali si può
ricorrere alla predisposizione di un Piano Didattico personalizzato (PDP). Inoltre per l’esame
al termine del primo ciclo, nel caso di difficoltà comunicative, è prevista la presenza di
docenti o mediatori linguistici per facilitare la comprensione.

Scuola multiculturale o scuola internazionale?


Dalla scuola multiculturale stiamo passando alla scuola internazionale, grazie agli stimoli
che la presenza degli immigrati ci sta offrendo. L’opportunità di inserire nel curricolo d’istituto
lingue nuove (cinese, russo, arabo ecc.) è un volano di crescita per l’intera comunità
scolastica e per la comunità sociale. Infatti l’educazione interculturale rifiuta sia la logica
dell’assimilazione sia la logica della convivenza tra comunità etniche chiuse ed è orientata
a favorire il confronto, l’arricchimento delle persone, il reciproco riconoscimento, nel rispetto
delle diverse identità e appartenenze.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 151
BOX 26.1
L’inglese nella scuola primaria e il problema del bilinguismo
Nelle Indicazioni nazionali per il curricolo del 2012, nella scuola primaria si prevede
unicamente l’insegnamento dell’inglese. Attualmente l’orario settimanale prevede: nella
classe prima un’ora settimanale (33 annue); nella classe seconda due ore (66 annue); nella
terza, quarta e quinta tre ore settimanali (99annue). L’insegnamento della lingua inglese è
affidato ad insegnanti di classe della scuola primaria specializzati.
BOX 26.2
L’italiano come L2 e il sistema dell’interlingua
Il problema dell’apprendimento dell’italiano come seconda lingua richiede agli insegnanti
preparazione, attenzione e formazione continua. Infatti, per un alunno straniero, l’italiano
non è né lingua materna né lingua straniera. Si tratta di un’acquisizione indispensabile per
vivere e inserirsi nel gruppo dei pari e studiare le diverse discipline. Contestualmente è la
lingua della strada, dei mass media, dei social media, dei compagni. Viene appresa a
scuola, con gli amici, utilizzando le tecnologie digitali, guardando le insegne pubblicitarie.
L’acquisizione da parte dei ragazzi non italofoni è un processo graduale e la competenza
linguistica si sviluppa in tappe successive, in cui le regole emergono lentamente.
L’interlingua, invece, può essere considerata un sistema linguistico che risulta dai tentativi
dell’apprendente di ricostruire le strutture della lingua d’arrivo.
BOX 26.3
Insegnamento della L2
Analisi delle abilità di ingresso
All’arrivo è necessario avere un quadro delle sue abilità per poter programmare le attività di
apprendimento. La scheda di rilevazione del comportamento linguistico e relazionale del
bambino straniero (Della Puppa e Luise, 2001) risulta uno dei validi strumenti di approccio.
Valuta fin dai primi giorni di frequenza e poi nel corso del primo periodo scolastico, le
capacità di ascolto e di comprensione, di produzione linguistica e le strategie di
comunicazione impiegate, i gradi dell’abilità di lettura e di scrittura, i problemi linguistici
riscontrati, le competenze trasversali, le modalità di relazione e comportamento e le tipologie
di approccio allo studio.
I tempi di apprendimento della L2
Sono strettamente legati all’età, alla scolarizzazione pregressa, alla lingua materna (fonetica
diversa), alla lingua scritta (alfabeto diverso), all’attitudine all’area linguistica, alla situazione
sociofamiliare, alla motivazione e alla possibilità di insegnamento intensivo della L2 e della
letto scrittura. In ogni caso saranno necessari mesi o anche anni. Analogamente, le stesse
variabili determinano i tempi di apprendimento della lingua di studio.
La programmazione dell’insegnamento della L2
Durante l’intervento specifico di apprendimento intensivo della l2 il bambino impara il lessici
e le strutture che gli servono per richiamare l’attenzione, per chiedere, denominare oggetti
o azioni, rispondere a richiesta o a comandi. La lingua è presentata come legata al contesto,
ai campi di attività comunicativa del quotidiano.
Valutazione dell’apprendimento
All’alunno straniero verrà fornita la valutazione secondo la programmazione individualizzata
di apprendimento della L2.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 152
CAPITOLO 27 - FINALITA’ DEL PROCESSO EDUCATIVO
Educazione, socializzazione e scuola
L’educazione può essere intesa come influenza formativa esercitata dal mondo adulto nel
suo complesso sia direttamente attraverso i mezzi di comunicazione di massa, sia
indirettamente attraverso l’influenza esercitata dall’ambiente.
In questa accezione il termine educazione è sinonimo di SOCIALIZZAZIONE.
L’educazione assicura la sopravvivenza della società fornendole nuovi membri adeguati al
modello sociale condiviso. Il processo EDUCAZIONE-SOCIALIZZAZIONE è biunivoco,
poiché anche noi cambiamo il processo di socializzazione e non solo viceversa.
Letteralmente educare vuol dire “TIRARE FUORI” (le doti positive che sono insite nella
nostra natura), la natura del processo educativo, tuttavia, non ha un valore perenne ma
muta col mutare dei tempi. Anche la scuola è così: cambiano gli ideali, le finalità, i
programmi.
La scuola costituisce l’aspetto formale, istituzionale dell’educazione, essa è il luogo del
“curricolo esplicito”, il quale è il percorso che una determinata società sceglie.
Secondo BRUNER il compito dell’educazione è duplice: da un lato essa trasmette
all’individuo una parte del sapere e ei valori che costituiscono la cultura di un popolo,
formando così una coscienza e uno stile di vita propri; dall’altro contribuisce allo sviluppo
dei intellettivi di modo che l’individuo sia capace di andare oltre quelle forme culturali a cui
appartiene, riuscendo a crearsi una cultura personale.
In merito, DURKHEIM precisa che le finalità generali dell’educazione sono strettamente
connesse al sistema sociale che le produce. Tale teoria è avallata anche da WEBER.
In un mondo caratterizzato dalla divisione del lavoro e articolato in modo complesso, quale
è il mondo attuale, non si può prescindere da un tipo di educazione che prepari a vivere in
una società democratica, che preveda una formazione generale per tutti completata da una
preparazione specifica, idonea ad un inserimento lavorativo.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 153
CAPITOLO 28 RAPPORTO TRA SCUOLA ED EXTRASCUOLA
Scuola e territorio: l’ambiente extrascolastico
La realtà di oggi offre al bambino spazi chiusi e poco stimolanti dal punto di vista fisico e
concreto con la conseguenza di consentire sperimentazioni in ambito simbolico e, non
concreto, vivendo cioè esperienze pre-confezionate.
E’ importante che il bambino viva esperienze concrete che coinvolgano i sensi, la fantasia
e il bisogno di avventura in modo che si ristabilisca l’equilibrio sensoriale-affettivo –cognitivo
della costruzione della sua conoscenza. La scuola ha il compito di selezionare e offrire
occasioni di sperimentazione concreta. Il bambino sviluppa la sua “personalità culturale”
nella scuola e, la scoperta che consegue dal processo di esplorazione (Bruner) arricchisce
di spirito critico e creatività tale personalità (Tassi 1995).
Le esperienze spazio-temporali dirette favoriscono inoltre lo sviluppo della creatività,
memoria, senso di sicurezza e di autonomia, spirito di iniziativa e sensibilità ecologica (Niero
2000).
Acquisisce inoltre importanza il “contesto”6 dove il bambino costruisce la sua conoscenza.
E’ importante realizzare un rapporto di continuità con l’ambiente, ciò in quanto permette al
bambino di:
“sviluppare un sensibilità ecologica” : il bambino comprende di far parte dell’ambiente, e
la continuità fa in modo che lo conosca, lo ami e lo rispetti
“Trasmettere La cura dell’altro”: le relazioni di cura sono infatti situazioni di tipo cognitivo-
affettivo costruite nel continuum temporale
“Stabilire clima piacevole nel rapporto con l’ambiente”: creerà nel il bambino un senso di
vicinanza e tutela.
“conoscenza diversità culturali”: la diversità naturali riflettono le diversità delle pratiche
culturali.
Il “contatto diretto” dà modo al bambino di vivere una reale condivisione di esperienze e
saperi anche con la famiglia. Rendere partecipe la famiglia con e su il territorio,
considerate nell’ottica della continuità pertanto non come esperienze occasionali ma
come modalità usuale di lavoro, dicendo al bambino di portare in classe i materiali raccolti
durante una gita familiare e costruendo sui di essi dei percorsi conoscitivi (in questo modi
si utilizzano tali materiali come oggetti di osservazione, classificandoli e condividendone
le esperienze).
Ogni ambiente extra-scolastico può divenire oggetto di sperimentazione e di azione
diretta. (Si pensi agli orti, ai parchi naturali, alle fattorie e a contesti naturali privati )
ampliando l’orizzonte, la conoscenza del territorio e del proprio passato può essere
acquisita considerando luoghi della storia e della cultura (castelli, muri delle città vecchie
e musei); anche il mezzo di trasporto (autobus, tram e treno) può essere un utile
strumento indurre la curiosità sulla conoscenza del mezzo e del suo funzionamento.
Partecipazione attiva nel territorio attraverso sagre e manifestazioni locali mantiene
l’interesse attivo sul territorio creando possibili percorsi di apprendimento su tali temi.

6
Per contesto si intende: tutti i luoghi in cui insegnanti, bambini, genitori e personale ausiliario si trovano ad interagire
con oggetti naturali o artefatti, persone e animali in osservazione, esplorazione e scoperta di una varietà di fenomeni
e avvenimenti.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 154
E’ compito dell’insegnante:
farsi interprete delle linee guida della programmazione e, in base alle sue competenze
professionali adattarle al contesto ambientale sociale e multiculturale alla realtà della
famiglie al vissuto di ogni singolo bambino;
attivarsi per innescare rapporti collaborativi con istituti ed attività extra scolastiche
cercando di creare questa “continuità” scuola-extrascuola (territorio) inserendo elementi7
del contesto ambientale in percorsi di apprendimento nella programmazione educativa di
scuola;

OTTICA DELL’INCLUSIONE: in virtu’ della multiculturalità, la scuola deve tenere conto dei
contesti della tradizione ma anche di bambini appartenenti a culture diverse perché è
importante
“valorizzare queste radici” sia per i bambini stranieri che per tutti gli altri , realizzare situazioni
di apprendimento che portano alla conoscenza e condivisione di tradizioni di culture diverse
evita la formazione dello stereotipo e concorre al rispetto delle diversità (coinvolgendo la
famiglia, attraverso la partecipazione di persone di altre culture con letture di storie o ascolto
di musiche , o realizzazione di piatti della tradizione; in tale ottica, si è visto che le esperienze
a diretto contatto con i luoghi extra scolastici offrono un ricco ventaglio di occasioni
formative: il bambino è soggetto attivo: osserva, manipola e progetta, prende coscienza
delle proprie capacità organizzative si motiva e impegna nella ricerca di soluzioni a i
problemi che scaturiscono dall’interazione con l’ambiente.

AMBIENTE INTERNO e la sua trasformazione: educa il bambino al cambiamento;


AMBIENTE ESTERNO: potenzia l’esperienza sensoriale ed estetica, stabilendo un
contatto tra le “cose delle natura” ed i “prodotti della cultura”.
Un ruolo di tutta importanza è dato alla PROGETTAZIONE EDUCATIVA DELLA SCUOLA:
potenziali risorsa per l’integrazione dell’esperienza scolastica con quella extrascolastica.
Nota: le finalità educative vengono raggiunte quando le esperienze vissute si estendono e
impiegano nei diversi ambienti formativi in un legame di continuità.

7
Elementi intesi come esperienze che sottostanno ad obiettivi e contenuti ben precisi.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 155
CAPITOLO 29 - IL RAPPORTO TRA SCUOLA E FAMIGLIA E IL COLLOQUIO DIDATTICO
Cambiamenti di ruolo della famiglia nella società contemporanea
Data la velocità dei cambiamenti che avvengono nella nostra società, le famiglie si trovano
in un contesto formato da tante opportunità, ma che impone una vita frenetica.
Riguardo al ruolo della famiglia in ambito educativo-sociale, i mass media impongono un
modello di irreale perfezione con il quale confrontarsi.
Si perdono di vista i reali bisogni per far spazio ad una “buona apparenza”.
C’è una difficoltà da parte della famiglia ad affrontare i proprio compiti e le proprie
responsabilità, c’è un forte bisogno di ritrovare nuovi riferimenti validi: la scuola assolve
spesso funzione di sostegno per le famiglie, in quanto è in grado di trasferire i propri saperi
grazie a modalità di partecipazione e condivisione.
Il bambino si trova a svilupparsi in ambienti sociali e familiari plurimi, e la scuola deve quindi
avere grandi competenze comunicative e grande maturità nel gestire i rapporti umani.

La costruzione di alleanze educative tra scuola e famiglia


La buona collaborazione tra famiglia e scuola, è un importante fattore che influenza il
successo scolastico del bambino. La comunicazione tra insegnati e famiglia deve essere
interattiva e partecipativa.
Nelle indicazioni per il Curricolo del 2012, si ricorda come l’impegno professionale del
docente e la capacità di collaborare con le famiglie, possano decretare se le potenzialità del
bambino saranno sviluppate o inibite.
La scuola ha una funzione nella creazione di una rete solida di scambi e responsabilità
comuni. L’idea di base è quella di costruire un clima di scambio e reciprocità.

La relazione educativa con la famiglia con figli con disabilità


L’insegnante deve sostenere i genitori di bambini disabili, attraverso l’ascolto e l’attenzione.
Accogliere i bambini disabili richiede grande professionalità, in quanto si lavora su confini
relazionali fragili.

Le caratteristiche del colloquio didattico


Il colloquio didattico è un tipo di colloquio che avviene tra insegnante e genitore.
Vi è il coinvolgimento di una terza persona, l’Allievo, che costituisce l’argomento centrale
dello scambio delle informazioni.
Fino a che ci si limita ad informare sul profitto dell’allievo, non si può parlare di Colloquio. Si
parla di Colloquio quando si parla insieme in vista di qualcosa. Il colloquio prevede
l’assunzione di un impegno per prima cosa di collaborazione.
L’insegnante ha bisogno di costituire un’alleanza didattica con le famiglie,
L’obiettivo primario del colloquio didattico è di inserire i genitori nei processi di cambiamento
degli allievi a scuola, e creare un’intesa tra scuola e famiglia.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 156
CARATTERISTICHE DEL COLLOQUIO
Asimmetria della relazione: caratteristica essenziale per costruire un’alleanza didattica
(per non ridurre il colloquio in una semplice chiacchierata). L’insegnante deve avere i
seguenti requisiti:
- Disponibilità all’incontro
- Rispetto per l’altro
- Neutralità
Interazione verbale tra i due interlocutori: colloquio come strumento di comunicazione
Soggetto della comunicazione: rappresentato da un terzo soggetto, l’allievo
Obiettivo: lo scopo è produrre una stima rivolta sia alle difficoltà presentate dall’allievo ad
affrontare problemi, sia l’indisponibilità ad apprendere specifiche discipline
Clima relazionale: deve essere il più possibile rasserenante

Il ruolo dell’insegnante
Il colloquio ha obiettivi propri che si focalizzano sulla raccolta e trasmissione delle
informazioni, sullo sviluppo di una reciproca conoscenza e sulla creazione di un rapporto
con l’altro. Tali obiettivi sono collocati dall’insegnante, all’interno di quelli più generali della
scuola.
A scuola ha obiettivi istituzionali:
Istruzione
Apprendimento
Formazione
Gli obiettivi del colloquio devono essere finalizzati a quelli della riuscita scolastica, per
trasformare il colloquio in un valido strumento per il raggiungimento di una valutazione
soddisfacente dell’allievo, riguardo lo sviluppo cognitivo, emozionale e sociale.
Il primo incontro è già predisposto dalle informazioni dedotte dalla conoscenza dell’allievo.
È importante che il docente tenga separato lo studente come allievo, dallo studente come
persona. Anche il genitori deve riconoscere il ruolo del proprio figlio come allievo.
L’insegnante deve rendere il colloquio piacevole, e l’obiettivo deve essere quello del
sostegno per motivare l’allievo o facilitarne i processi di apprendimento.
Il docente dovrebbe avere sempre un atteggiamento che non sia né giudicante, né
compiacente.
È importante comprendere, nel senso di essere capaci di farsi carico dell’altro.
L’insegnate deve in conclusione avere, oltre alla padronanza delle tecniche del colloquio, la
sensibilità nell’avvicinare agli obiettivi della scuola.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 157
CAPITOLO 30 - LE COMPETENZE DIGITALI
1. Competenza digitale e altre literacy: origini del concetto e attuali convergenze
La Literacy, tradizionalmente identificata con le conoscenze e abilità di base (saper leggere,
scrivere e far di conto), si sta allargando per includere oggi nuove literacy, tra le quali la
Digital Literacy (Competenza digitale). Di questa fanno parte diverse literacy (vedi schema
riassuntivo)
Competenza digitale: varietà di conoscenze e abilità che riguardano sia le capacità
tecnico-informatiche che aspetti cognitivi, metacognitivi ed etico-sociali.

IT Literacy = Computer Literacy (apprendimento meccanico relativo al funzionamento


dell’hardware e di specifici software)
La Media Literacy e Visual Literacy possono rientrare nella Media Education.
La competenza digitale è una delle 8 competenze chiave dell'UE (Raccomandazione del
Parlamento UE 2006) ed è qui intesa come la capacità di utilizzare senza incertezze e in
modo critico le ICT nel lavoro, nel tempo libero e nella comunicazione.

2. La competenza digitale: un modello di riferimento per la scuola


Il cambiamento profondo apportato dalle nuove tecnologie dell’informazione e della
comunicazione induce a ridefinire il problema delle competenze alfabetiche di base (literacy)
ed è intorno a queste che la scuola ha trovato storicamente la sua identità̀ dal momento che
insegnare le competenze alfabetiche è parte della sua missione canonica.
Il concetto di competenza, di cui si trovano tracce fin dagli anni '90 nei testi ufficiali Unesco
e OECD, viene a porsi come fondamentale anche per la scuola italiana, poiché inserito nelle
Indicazioni Nazionali per il 1° Ciclo di istruzione (DM 254/2012) (Traguardi per le
competenze). Nel senso delle indicazioni i programmi disciplinari dovrebbero quindi essere
orientati all'utilizzo di contesti reali, e i saperi e le conoscenze, dovrebbero essere punto di
partenza e non solo punto di arrivo. Al di là delle mere critiche alla scuola attuale, la visione
tradizionale accentrava la sua attenzione sul fatto che la conoscenza posseduta fosse
giusta o sbagliata. Oggi invece si dovrebbe interrogarsi (docenti e discenti) su quanto uno
schema o modello adottato sia adatto e applicabile al contesto e in che modo riformularlo
per adattarlo. (Per approfondimenti si veda “Didattica per competenze”)

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 158
3. Introduzione delle nuove tecnologie nella scuola e sviluppo di competenza digitale
Negli ultimi venticinque anni le ICT sono penetrate nella scuola per lo più all’insegna di un
assunto prevalente secondo cui impiegare tecnologia, in qualunque modo, sarebbe
comunque utile, un segno di modernità, un essere «al passo con i tempi». Questa
indeterminatezza nell'uso delle ICT ha però portato a risultati non entusiasmanti.
Le ICT a scuola possono essere impiegate con tre accezioni diverse:
innovation with technology: le tecnologie possono favorire un cambiamento nelle pratiche
di insegnamento e di studio o nel setting scolastico nel suo insieme. Si tratta di valutare se
e come la tecnologia riesca a cambiare il setting didattico (ad esempio favorire nuovi
formati per l’apprendimento collaborativo o individualizzato o avallare una diversa idea
dell’attività didattica)
learning with technology: la possibilità che il loro uso potenzi gli apprendimenti specifici
(disciplinari o trasversali). Ciò significa mettere l'accento sui vantaggi per l’apprendimento
rispetto ai mezzi tradizionali. Per esempio se esempio gli alunni apprendano in modo più
efficace o efficiente o con maggiore motivazione le singole discipline, oppure ancora se
l’uso delle tecnologie consenta di attivare processi cognitivi o metacognitivi più rilevanti.
(indagini sperimentali da mettere in atto)
learning about technology: l’importanza che esse stesse possono assumere in quanto
tema culturale, oggetto di per sé di apprendimento. La tecnologia è l'obiettivo stesso
dell'apprendimento e va intesta come dominio culturale.

4. La dimensione delle tecnologie cognitive (o area dei mindtool)


Per mindtool si intendono le tecnologie cognitive studiate da una tradizione di ricerca attiva
negli USA a partire dagli anni '80. Ne sono i promotori, tra tutti, Papert8 e Jonassen.
Sono software general purpose come ad esempio ambienti di scrittura, database, fogli di
calcolo, software per il modellamento di sistemi, authoring ipermediale, micromondi, che
offrono agli allievi l’opportunità di rappresentare le proprie conoscenze e conseguentemente
anche di riflettere su queste rappresentazioni. Si ipotizza allora che l’uso di queste
tecnologie sia capace di orientare gli alunni a un impiego più consapevole e critico del
proprio pensiero, inducendoli a esplicitarne i modelli e, in certi casi, anche a «testarli» e
revisionarli.
(Manca nel capitolo, ma visti i recenti sviluppi e l'implementazione, tramite la 107, della
figura dell'animatore digitale della scuola, vale la pena di fare un breve escursus sul
CODING che permette, tramite applicativi anche open source, di accrescere e promuovere
la capacità computazione di alunni e docenti.
Esistono siti web, gratuiti, che sono vere e proprie aule virtuali nelle quali i discenti possono
imparare, step by step, codici di programmazione. Si tenga conto che nelle scuole USA il
coding è considerato una lingua e come tale viene insegnato.)

8
Papert è l'ideatore di LOGO, software didattico orientato alla geometria, ed uno dei principali pensatori del filone del
costruzionismo, corrente del costruttivismo (Ausubel).

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 159
5. I nativi digitali: una nuova mitologia?
Opinione diffusa è quella che la competenza digitale si possa identificare con la pura
familiarità tecnologica, cioè con l’acquisizione di quelle skills tecniche e operative che sono
acquisibili da frequentazione spontanea. Per i nativi digitali 9 queste sarebbero acquisite in
modo naturale e completo all'interno di contesti extrascolari. Per alcuni autori non si
tratterebbe semplicemente di fluency tecnologica, ma sarebbero coinvolte nel processo tratti
cognitivi e di personalità positivi10. Coinvolgendo anche un corredo di tratti cognitivi e di
personalità in genere positivi.
Il gap tecnologico che vivono a contatto con la didattica è causa, secondo alcuni, di
disinteresse, frustrazione e delusione. Indagini sperimentali, tuttavia, non hanno portato a
simili conclusioni meramente teoriche (e d'opinione, aggiungo).
Le competenze tecnologiche non possono essere trasversali a un intera generazione,
poiché le competenze stesse, in qualsiasi ambito che sia o meno scolastico, sono
fortemente influenzate da fattori socioculturali.

6. Competenza digitale: quale funzione della scuola


Il proposito della scuola dovrebbe quindi essere quello di orientare, favorire costruzioni
cognitive e mediazioni culturali più alte secondo una visione pedagogicamente fondata,
interrogandosi sul modello di competenza digitale che essa intende promuovere. Le
competenze digitali dovrebbero essere parte delle competenze (già annoverate tra le 8
competenze chiave) che valorizzano la capacità critica, la metacognizione e la riflessività.
Allo stesso modo in cui si impara a parlare in modo naturale, ma si apprende poi a scrivere
correttamente (e ancor più a conoscere la grammatica) attraverso un intervento educativo
necessariamente finalizzato, così la familiarità con le tecnologie fino a un certo punto è un
necessario substrato «naturale» su cui però devono inserirsi azioni cognitive più
approfondite e sistematiche in grado di portare a conoscere regole e principi sottesi agli
strumenti impiegati.

7. Quando insegnare la competenza digitale?


tre fasi principali (Calvani, 1999):
– dai 3 ai 9 anni: approccio ludico-esplorativo → learning with, finalizzata a valorizzare
dimensioni generali della personalità: creatività, autostima, motivazione, piacere
espressivo, ecc.;
– dai 9 ai 12 anni: approccio sistematico → tecnologia come oggetto di apprendimento;
learning about. Software e un linguaggio di programmazione
– dai 12 anni in avanti: approccio «disciplinare» (o funzionale) per apprendere meglio
specifici contenuti, per risolvere particolari problemi o per il perfezionamento specialistico
di conoscenze tecniche.

9
la generazione nata “con le tecnologie a disposizione” - nati negli USA dopo il 1985...per l'Italia dovremo parlare, a
rigore, della metà degli anni '90

10 ottimismo, orientamento al team, capacità di apprendere dall’espe- rienza e dal problem solving, pensiero multitasking, velocità nello stabilire
connes- sioni, capacità di prendere decisioni da una varietà di fonti

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 160
CAPITOLO 31 - PER UN USO STRATEGICO DELLE TECNOLOGIE DIGITALI NELLA
SCUOLA
Il rapporto tra scuola e uso delle tecnologie educative, è di lungo corso ormai . Sono diverse
decine di anni che nelle scuole sono entrate le tecnologie, sono entrate in molte forme
diverse, dai primi computer fino alle lavagne interattive multimediali e i tablet più
recentemente.
Possiamo fare una serie di considerazione sull’uso strategico di questi strumenti all’interno
di contesti educativi.
Innanzitutto è necessario sfatare alcuni semplificazioni nel rapporto tra scuola, didattica e
tecnologia.
E’ gia esistita, ed esiste ancora, una certa retorica abbinata all’uso tecnologico, che fa sì
che si pensi che basta inserire all’interno delle scuole delle tecnologie, e questo porti dei
vantaggi automatici all’apprendimento degli alunni, piuttosto che all’innovazione della
didattica.
Da qui purtroppo i dati che abbiamo a disposizione non sono confortanti. Anche la ricerca
evidence-based ci dimostra che, l’introduzione di nuove tecnologie e di strumenti innovativi,
non comportano dei vantaggi sulla didattica, ma spesso vengono utilizzati per replicare degli
schemi tradizionali di didattica molto centrati sul docente, sulle lezioni frontali, e non
riportano neanche dei vantaggi sull’apprendimento degli alunni. Gli alunni non hanno dei
risultati migliori, per il semplice fatto di utilizzare degli strumenti piuttosto che delle tecnologie
differenti.
Ciò che fa la differenza è il contesto didattico d’uso, quindi la modalità con cui l’insegnante
propone l’uso di queste tecnologie; le metodologie didattiche che sottostanno all’uso di
questi strumenti; la capacità di influire su un contesto reale di didattica in cui gli alunni
cambino, diventino maggiormente parte attiva nel processo di apprendimento, l’insegnante
cambi il proprio ruolo, non è solo dispensatore della conoscenza, gestore dell’attività
didattica, ma anche mediatore nell’attività didattica per i bambini.
Si possono individuare (Calvani, 2007) sei situazioni paradigmatiche, tre sfavorevoli e tre
propizie all’apprendimento:

SFAVOREVOLI
1. limitato coinvolgimento cognitivo: La maggior parte delle interazioni che gli alunni
intrattengono con le ICT ha scarso coinvolgimento cognitivo significativo. Usare ad
esempio le tecnologie per intrattenimento o per puri scopi comunicativi può essere
sicuramente un’attività piacevole ma nella maggior parte dei casi futile, con un impegno
cognitivo basso e/o di scarsa rilevanza formativa;
2. sovraccarico tecnologico: in questi casi l’attenzione dell’allievo è attratta dal computer
stesso. Ciò impedisce di attivare il «carico cognitivo volto verso il problema da risolvere
o la conoscenza da acquisire;
3. disabilitazione cognitiva (deskilling): in questi casi la mente, delegando lo strumento
tecnologico (ad esempio la calcolatrice per effettuare operazioni aritmetiche), può
disabilitare un’attività cognitiva rilevante che ai fini dell’apprendimento sarebbe più utile
la mente gestisse al proprio interno;

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 161
FAVOREVOLI
4. internalizzazione: in queste situazioni si attua un trasferimento cognitivo dal mezzo al
soggetto, che acquisisce funzioni proprie del mezzo stesso ; è il caso dell’abaco per il
potenziamento delle abilità di calcolo;
5. consolidamento: si tratta di situazioni in cui abilità esistenti trovano modo di essere
esercitate, perfezionate e ampliate attraverso le tecnologie (quali esercizi
opportunamente variati in modo da favorire il transfert degli apprendimenti);
6. sinergia (guidata dal mezzo/dalla mente): riguarda le situazioni in cui mente e medium
danno luogo a un significativo sistema condiviso. Ad esempio nella revisione-
ristrutturazione di un testo da parte di un autore esperto, chi scrive non avverte più la
presenza dello strumento, non si rende conto di dove finisce la mente e inizia il mezzo:
lo spazio di scrittura è condiviso (Bolter, 1993); il processo, tuttavia, è guidato dalla mente
che cerca di risolvere il problema, elaborando una struttura testuale coerente.

Tenendo presenti i rischi e le potenzialità esistenti nell’utilizzo delle nuove tecnologie nella
didattica, possiamo individuare tre diverse modalità, tipologie di relazione tra scuola e
tecnologia.

Apprendere con le tecnologie


Un uso delle tecnologie che proponga un risultato più efficace nell’apprendimento. Questo
rapporto non è scontato, quindi va posta grande attenzione rispetto alle metodologie
didattiche d’uso che devono essere maggiormente partecipative da un lato e dall’altro canto
mirate alla riflessione, alla parte metacognitiva che ogni singola persona deve sviluppare
rispetto all’uso delle tecnologie e rispetto ai contenuti disciplinari che tramite ad esse
vengono affrontati.

Cambiare il contesto con le tecnologie


Un secondo aspetto è quello dell’innovazione tramite le tecnologie, cioè l’idea che le
tecnologie possano innovare i contesti di apprendimento. Anche qui non è un risultato
scontato Ma è evidente che le tecnologie ci mettono a disposizione alcune risorse che alcuni
anni fa non avevamo. Soprattutto grazie alla capacità del web, come tutte le capacità di
condivisione dei materiali, di rielaborazione dei materiali, di gestione di classi virtuali, di
piattaforme di apprendimento estese su larghi territori che facilitano da un lato la
comunicazione tra docente e alunni, tra alunni e alunni e anche con le famiglie; dall’altro
conto anche la possibilità di formazione di autoformazione e di maggior lavoro in rete sul
territorio scolastico e all’interno della singola classe.

Tecnologie come oggetto di apprendimento


L’ultima tipologia di relazione tra scuola e strumenti digitali è quello che vede le tecnologie
stesse oggetto di apprendimento: cioè come gli strumenti tecnologici possono essere
l’oggetto stesso dell’apprendimento. Perché hanno una tale importanza culturale all’interno
della nostra quotidianità che è bene che i bambini imparino a riflettere su questi strumenti,
ad utilizzarli con una capacità critica, con una competenza d’uso che vada oltre la semplice
capacità meccanica di uso di uno strumento, ma con un bagaglio culturale che faccia sì
che loro interpretino l’uso di questi strumenti in una corretta dimensione universale di
strumenti che incidono sulla loro quotidianità e anche sulle costruzioni del loro sapere.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 162
CAPITOLO 32 IL PIANO NAZIONALE SCUOLA DIGITALE
Nuovi scenari per una scuola digitale
Nel settembre 2013 la Commissione Europea ha lanciato il piano d’azione Opening up
Education, con lo scopo di incentivare l’innovazione e le competenze digitali nelle scuole e
nelle università. Le tre aree fondamentali di interesse sono:
– la creazione di opportunità di innovazione per le organizzazioni, i docenti e i discenti;
– lo sviluppo di risorse educative aperte
– il miglioramento delle infrastrutture e la connettività nelle scuole.
Nel Report Students, computers and learning: Making the connection, pubblicato nel
settembre 2015 dall’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico,
si mette in evidenza come gli studenti italiani, anche se ottengono punteggi vicini alla media
OCSE nella lettura digitale, tendono a «perdersi» nel web quando utilizzano il computer a
scuola e non sono in grado di valutare correttamente l’attendibilità delle fonti.
Lo stesso Report conferma che l’integrazione delle tecnologie nelle attività didattiche,
dipende dall’accesso ai dispositivi in aule dedicate o direttamente in classe e dalle
competenze didattiche degli insegnanti in ambienti digitali.
Nuove competenze, infatti, vengono richieste oggi a un docente: saper condividere, saper
collaborare, saper interagire, saper utilizzare risorse in rete. L’ambiente di apprendimento
non è più limitato allo spazio fisico dell’aula, ma si estende con una nuova concezione di
tempo/spazio, diventando una sorta di «open space» della conoscenza, infatti l’accesso alle
informazioni, che prima avveniva esclusivamente attraverso libri cartacei, ora è disponibile
a tutti.
Così facendo il discente è al centro e rappresenta l’attore principale del suo personale
processo di apprendimento, e il docente, non più unico depositario di conoscenza, deve
essere in grado di «fornire agli studenti opportunità di apprendimento supportate dalla
tecnologia» e possedere quelle competenze didattiche in ambienti digitali.

Uno sguardo al passato


Si può far risalire al 1997 il primo Progetto per lo sviluppo delle tecnologie didattiche. Con
ingenti investimenti ogni scuola venne dotata di un Laboratorio informatico e,
successivamente, con il Piano For TIC del 2002, 180.000 docenti vennero formati all’utilizzo
delle TIC. Il Piano prevedeva 3 tipologie di percorsi formativi:
- un percorso formativo di base (percorso A), rivolto ai docenti completamente sprovvisti
di competenze informatiche di base;
- un percorso formativo (percorso B) per la nascita di una figura di docente «consulente»
esperto nelle metodologie e nelle risorse didattiche digitali;
- un percorso formativo (percorso C) per la nascita di una figura referente delle
infrastrutture tecnologiche della scuola.
Tutti i percorsi erano erogati in modalità blended, in presenza e a distanza con il supporto
della Piattaforma on line di Indire. Ma è con il Piano LIM, progettato nel 2007 e prorogato
fino al 2012 che le scuole aderenti si impegnano a installare una LIM in classe e a segnalare
tre docenti del relativo consiglio di classe per la formazione. Non più, quindi, la classe che
si sposta nel laboratorio, spazio indipendente e «speciale», ma lo stesso laboratorio che si
trasforma in metodo e strategia. Diventa, quindi, necessario ripartire dalla didattica,
dall’epistemologia di ogni singola disciplina, da un obiettivo, e trovare nel loro contesto un
ruolo per le tecnologie.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 163
L’azione Cl@ssi 2.0, il progetto avviato dal Ministero durante l’anno scolastico 2009/10, si
proponeva, invece, di modificare gli ambienti di apprendimento attraverso un utilizzo
costante e diffuso delle tecnologie a supporto della didattica quotidiana. Nell’anno scolastico
2010-1011 fu prevista l’estensione dell’azione Cl@ssi 2.0 alle scuole primarie.

Il nuovo Piano Nazionale Scuola Digitale, oggi.


Con il Decreto n. 851 del 27 ottobre 2015 è stato approvato il nuovo Piano Nazionale Scuola
Digitale (PNSD), che prevede circa un miliardo di euro di investimenti con la finalità di
muovere l’intero mondo scolastico verso l’innovazione digitale. Esso si presenta come una
svolta importante dal punto di vista culturale: non più una distribuzione di hardware a «isole
felici», ma tecnologie che diventano «abilitanti e pervasive». Competenze e tecnologia si
integrano trasformandosi in un’azione che procede verso l’innovazione e il cambiamento. Il
Piano si sviluppa in quattro ambiti fondamentali:
1. Strumenti
2. Competenze e contenuti
3. Formazione
4. Accompagnamento della scuola verso l’innovazione.

Strumenti
L’accesso e la connettività
«Il Diritto a Internet parte a scuola, ed è a scuola che, prima di ogni altro luogo, deve essere
garantito» L’obiettivo fondamentale è, pertanto, portare connessione e accesso alla rete in
tutte le scuole.
Le infrastrutture sono fondamentali se vogliamo integrare le tecnologie nella didattica
quotidiana, ma sappiamo bene come ogni forma di innovazione, se non supportata
adeguatamente da strutture robuste, possa diventare impraticabile.

Spazi e ambienti per l’apprendimento


Il laboratorio, elemento fondamentale indicato anche nelle Indicazioni nazionali, non è più
uno spazio separato ma diventa strategia di lavoro in cui si concilia il «sapere con il saper
fare», promuovendo la partecipazione attiva dell’alunno, posto al centro delle attività di
apprendimento. I laboratori sono pensati come spazio e pratica di innovazione creativa.
L’allestimento di aule «aumentate», in cui tutti possano fruire singolarmente o in modo
collettivo, laboratori mobili in cui box o carrelli trasformano ogni singola aula in classe digitale
e spazi alternativi aperti a tutti (gruppi, classi aperte…) diventano i modelli che ogni istituto
può adottare grazie al finanziamento dei bandi PON, i Fondi Strutturali Europei, con cui
possono essere valorizzate anche le progettualità delle stesse scuole.
Il BYOD (Bring Your Own Device, «Porta il tuo dispositivo», si riferisce alla pratica di
utilizzare a scuola il proprio pc, notebook, tablet o smartphone); favorisce la creazione di
una «classe digitale leggera».

Identità digitale
Con un sistema di riconoscimento di un login unico (credenziali sempre uguali) e seguendo,
pertanto, la strategia nazionale dell’identità digitale, sarà possibile per docenti e studenti
accedere facilmente al proprio profilo personale. Attualmente gli insegnanti utilizzano questi
sistemi solo per pratiche burocratiche, come la domanda di trasferimento o partecipazione
a concorsi tramite il sistema di «Istanzeonline».

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 164
Al profilo del docente, invece, potranno essere associate tutte le attività che egli svolge,
come il lavoro in classe e a scuola tradotto in portfolio professionale dall’anno di prova e
sviluppato in tutto l’arco della sua carriera insieme a tutti i percorsi formativi svolti offerti da
MIUR, ma anche in modo indipendente realizzati con la Carta del Docente.

Amministrazione digitale
La digitalizzazione viene promossa in ogni settore, anche quello amministrativo.
Il registro elettronico è uno strumento che semplifica e velocizza profondamente i
processi interni alla scuola. È strumento di comunicazione immediata per le famiglie,
grazie alla messa a disposizione di tutte le informazioni utili per raggiungere la piena
consapevolezza della vita scolastica dei propri figli.
Pur essendo un obbligo (DL 95/2012), il processo non si è avviato in modo omogeneo in
tutta la penisola. Ogni realtà e ogni contesto sono diversi, ma la ragione fondamentale è
sempre la mancanza di infrastrutture solide. L’azione è, pertanto, quella di dotare tutte le
classi della scuola primaria di strumenti basilari che possano garantire l’accesso al registro
elettronico.

Competenze
Partendo dalle Indicazioni nazionali, la didattica per competenze è sicuramente il paradigma
su cui lavorare con i nostri studenti. Progettazione, problem solving condivisione, riflessione,
autovalutazione devono essere gli elementi fondanti dei percorsi da intraprendere. In questa
tematica le tecnologie si inseriscono sia come elemento trasversale e sfondo integratore,
sia come principio verticale per l’acquisizione di competenze di cittadinanza, come
sottolineato dalla Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio d’Europa.
L’insegnamento non è una trasposizione di saperi, di informazioni e di dati. Il docente non
è più il depositario indiscusso di un sapere universale de-contestualizzato, ma la
conoscenza è il prodotto di una costruzione dello studente che interagisce e collabora con
gli altri in un determinato contesto. L’insegnante si è ormai trasformato negli anni in
«facilitatore», ovvero in colui che stimola il dialogo educativo, favorisce la circolazione di
idee e, soprattutto, la riflessione sulle stesse, nell’ottica di un superamento di una didattica
rigida, sequenziale e lineare a favore di un’esplorazione attiva.
Visto che non è approfondito il tema delle competenze digitali, è necessario creare un
modello che possa esplicitare le competenze richieste in modo tale da supportare e facilitare
l’educazione ai media all’interno delle scuole. Un esempio è il Framework DIGCOMP che
definisce una lista di 21 competenze declinate in conoscenze, abilità e atteggiamenti inclusi
in 5 aree: Informazione, Comunicazione, Creazione di contenuti, Sicurezza, Problem
Solving.
L’educazione ai media, ai social, la qualità delle informazioni come l’attendibilità delle fonti
e, soprattutto, un’educazione alla legalità saranno i temi su cui tutti gli studenti italiani
dovranno essere preparati.
Il macrocosmo dell’umanità e il microcosmo personale devono integrarsi in una concezione
olistica della persona, al centro delle azioni educative. La scuola e tutta la Comunità
educante, devono essere in grado di operare in una società interconnessa e in continuo
divenire. I nostri ragazzi vivono la Rete immersi quotidianamente in ambienti on line, diventa
quindi un’urgenza educativa quella del sollecitarli a un’attenta riflessione sul «saper vivere»
responsabilmente.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 165
La condizione necessaria per il vivere civile è l’adesione consapevole a valori condivisi,
infatti, l’esercizio di cittadinanza attiva sarà proprio quello di incoraggiare azioni collaborative
valorizzando le differenze nel rispetto reciproco anche in ambienti virtuali, rispettando il
proprio turno e il punto di vista altrui.
In questa visione, due sono gli obiettivi:
– acquisire fin da piccoli la consapevolezza nell’utilizzo corretto delle tecnologie;
– acquisire da subito le competenze utili nell’inserimento della società complessa.
Con l’iniziativa congiunta MIUR-CINI, Programma il Futuro, per l’introduzione del pensiero
computazionale nella scuola, viene permesso a ogni studente della scuola primaria di
svolgere un pacchetto di 10 ore annuali riguardanti la logica e il pensiero computazionale, il
cosiddetto coding.
Il coding non viene considerato come la produzione di semplici algoritmi meccanici, ma
diventa la chiave per capire il mondo, il linguaggio delle cose e per risolvere problemi con
soluzioni creative e con diversi punti di vista. Secondo i dati forniti dagli organizzatori il 44%
degli eventi ha coinvolto proprio gli alunni di scuole primarie con attività ludiche finalizzate
all’apprendimento della programmazione di base.

Contenuti
Il libro di testo è sempre visto come strumento di riferimento, ma rileviamo come il digitale
possa permettere l’affiancamento di risorse di tipologia diversa migliorando così
l’apprendimento.
L’utilizzo del libro digitale non è ancora così diffuso nelle scuole italiane, anche se al libro di
testo cartaceo vengono affiancati dall’editore contenuti digitali. Un docente deve essere in
grado di utilizzare le risorse reperibili in rete riconoscendo e tutelando, prima di tutto, la
proprietà intellettuale. Educazione alla legalità, pertanto, significa anche conoscere le
differenze che intercorrono tra licenze Creative Commons e copyright, per far sì che i nostri
studenti non lavorino in modo improprio con audio, immagini, testi.
Particolare rilevanza viene assegnata alle biblioteche scolastiche, che si trasformano in
centri di promozione di lettura sia nel cartaceo che nel digitale. Viene riconosciuto un ruolo
importante alla comprensione di contenuti informativi complessi che permettono di integrare
codici e canali comunicativi diversi.

Formazione
L’ultimo Studio OCSE a proposito del rapporto tra competenze digitali e apprendimenti degli
studenti (2015) evidenzia l’importanza della consapevolezza dei docenti nell’uso delle ICT
a scuola, soprattutto in un’ottica di innovazione nella pratica didattica.
Nel mese di gennaio 2016 il MIUR ha pubblicato le indicazioni e gli orientamenti per la
definizione del Piano triennale di formazione del personale della scuola.
Social networking, laboratori, comunità di pratiche sono le parole che compaiono per la
prima volta in un documento istituzionale che segna una svolta decisiva nel panorama
scolastico.
I percorsi che si svolgeranno in presenza e on line e dovranno favorire attività pratiche e
laboratoriali.
La formazione sarà obbligatoria per i docenti neoassunti. Le ore di formazione saranno
divise in quattro fasi: incontri iniziali e finali, laboratori formativi scelti in base a un bilancio
di competenze iniziali dei docenti, attività peer to peer tra tutor e docenti attraverso
l’osservazione reciproca e progettazione didattica condivisa e progettazione on line.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 166
Nel Piano Scuola Digitale, a proposito dell’identità digitale da assegnare a ciascun docente,
si cita l’e-portfolio professionale come strumento di documentazione dei percorsi formativi.
Un’identità digitale, intesa, quindi, non solo per accedere ai servizi amministrativi e
burocratici del MIUR, ma come profilo personale a cui verrà associato l’intero bagaglio
formativo dello stesso docente.

Una nuova figura: l’animatore digitale


Per promuovere le azioni a livello di microsistema, è stata istituita una nuova figura,
l’Animatore digitale, che rappresenta il referente delle azioni digitali a scuola. L’animatore
digitale è un docente di ruolo individuato dal Dirigente e deve assicurare la sua presenza
per un triennio.
I suoi compiti e le azioni di intervento sono:
1. Formazione interna: stimolare la formazione interna attraverso l’organizzazione di
laboratori formativi
2. Coinvolgimento della comunità scolastica: favorire la partecipazione degli studenti
nell’organizzazione di workshop e altre attività attraverso momenti formativi aperti alle
famiglie e ad altri attori del territorio, per la realizzazione di una cultura digitale condivisa.
3. Creazione di soluzioni innovative: individuare soluzioni metodologiche e tecnologiche
sostenibili da diffondere all’interno degli ambienti della scuola.
Il suo progetto sarà inserito nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF) e sarà
oggetto di monitoraggio.

Conclusioni
La scuola avrà, finalmente, l’occasione di tornare luogo privilegiato di sviluppo culturale con
la promozione sul territorio di progetti per le biblioteche scolastiche, abbandonate da troppi
anni e per buon uso del digitale attraverso l’allestimento di laboratori e atelier al fine di
sviluppare competenze creative, incoraggiando la condivisione e l’autoproduzione di
contenuti e risorse diverse per l’apprendimento.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 167
CAPITOLO 33 - TECNOLOGIE E DISCIPLINE NELLA SCUOLA PRIMARIA
Il rapporto tra nuove tecnologie e saperi disciplinari va affrontato su un duplice fronte: quello
dei docenti, rispetto agli stili di insegnamento e quello degli alunni, rispetto agli stili di
apprendimento.
Va detto che le nuove generazioni (screen generations) sono multitasking, nel senso che
riescono a gestire ed agire su più livelli contemporaneamente. Questo sul piano didattico
comporta PRO E VS: i vantaggi riguardano l’apprendimento, poiché quello multimediale è
più immersivo/partecipe e quindi ne beneficiano l’autostima, la motivazione, la curiosità ed
il desiderio di conoscenza; dall’altro, però, ne conseguono superficialità nello svolgere un
compito, bassi livelli di attenzione e forte contrazione dei codici linguistici (verbali e scritti).
Rispetto alla scuola tradizionale che si rifugiava nei saperi consolidati per insegnare “a
leggere, scrivere e far di conto”, la scuola di oggi si propone di formare “teste ben fatte”
(Morin, 2000), che sappiano conoscere e gestire, attivamente e consapevolmente, i propri
processi di apprendimento ed agganciare le nuove conoscenze alla loro rete concettuale,
per dare un senso alle loro esperienze. Per realizzare tutto ciò, è indispensabile sia un
lavoro interdisciplinare tra i docenti, ma anche e soprattutto il supporto prezioso delle
nuove tecnologie, grazie alle quali le varie discipline si contaminano in un sapere unicum.

ITALIANO, LINGUE, ARTE E IMMAGINE, MUSICA. ED. FISICA


Il Valore aggiunto dell’interdisciplinarietà è sostenuto dal fatto che nella vita di tutti i giorni le
varie forme linguistico-comunicative si integrano e si contaminano per raggiungere una
comunicazione efficace (vedi cinema, Tv, teatro, pubblicità, musica etc …). In quest’ottica
le nuove tecnologie possono essere per gli alunni un valido supporto allo studio, per
raccogliere e rielaborare dati provenienti da altre fonti informative ed uno strumento
prezioso per elaborare ipertesti attraverso appositi editor di videoscrittura: rispetto al
tradizionale modo di esprimersi con “carta e penna”, infatti, lo studente ha la possibilità di
redigere un suo elaborato, rivederlo con aggiunte, modifiche e link multimediali, condividerlo
con i compagni, salvarlo e riutilizzarlo a distanza di tempo. Con l’aiuto di correttori ortografici,
può individuare egli stesso, in tempo reale, eventuali errori ed in quest’ottica il docente
permane un punto di riferimento, poiché quest’ultimo supervisiona da “regista” il processo
di elaborazione e revisione personale dell’alunno, verificando la coerenza e la coesione del
testo. Senza pensare poi che in dinamiche di lavoro a coppia o piccolo gruppo, viene
coltivata anche la relazione tra pari poiché davanti al monitor i compagni si confrontano, si
scambiano opinioni e cooperano. In caso di DSA, la videoscrittura diventa per giunta uno
strumento compensativo per migliorare e potenziare le abilità di lettura e comprensione.

STORIA E GEOGRAFIA
Per quanto riguarda la storia, si è passati dalla vecchia e statica linearità di eventi, stratificati
nei secoli, tipica della tradizionale letto-scrittura (vedi la diacronia della linea del tempo --> )
ad una visione reticolare grazie alle nuove tecnologie: l’utilizzo simultaneo di info testuali,
immagini, mappe concettuali, animazioni video e simulazioni virtuali, rende possibile infatti
una visione d’insieme del mondo passato, che fa emergere tutti i nodi problematici e le inter-
connessioni tra un evento e l’altro. Basti pensare a programmi interattivi, dove l’alunno può
incontrare virtualmente i grandi personaggi della storia e dialogare con loro o alle mappe
concettuali che si possono costruire per i vari percorsi di civiltà, con le quali l’alunno si può
destreggiare più agilmente.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 168
Anche la geografia, vista quasi sempre come materia ostica, ingessata in immagini statiche
da atlante, è un bene irrinunciabile poiché ci fa capire come l’uomo abbia organizzato nel
tempo il suo spazio vitale. Grazie alle nuove tecnologie, infatti, l’alunno può avere un valido
supporto cognitivo per orientarsi spazialmente e leggere ed interpretare la realtà del
territorio. Google Earth, per esempio, gli dà la possibilità di effettuare un vero viaggio
virtuale: può interagire con le varie mappature (da quella più vicina e conosciuta della sua
abitazione a quelle più lontane), visionare foto satellitari, leggere grafici e diagrammi e
valutare direzioni e distanze tra le varie località presenti sulla crosta terrestre.

MATEMATICA, SCIENZE E TECNOLOGIA


Nell’area scientifico-matematica negli ultimi anni si è andati sempre più verso una didattica
laboratoriale, per la quale lo spazio-laboratorio (anche la semplice aula) diventa il setting
privilegiato in cui il sapere si coniuga col saper fare e l’ambiente funzionale per lavorare
attivamente, progettare, fare ipotesi, risolvere problemi, interagire e cooperare. I numerosi
vantaggi che ne conseguono a livello di apprendimento: miglioramento motivazionale,
transfer di conoscenze a livello interdisciplinare, atteggiamento positivo nei confronti del
problema, acquisizione di abilità sociali/cooperative learning.

MATEMATICA
Con l’introduzione dei calcolatori, la matematica del XX secolo ha subìto un profondo
sconvolgimento nelle modalità di insegnamento/apprendimento, compromettendo alcune
competenze, prime tra tutti la velocità nel calcolo mentale. Come i muscoli, il cervello ha
bisogno di allenamento, altrimenti le sue funzioni si atrofizzano! La calcolatrice, quindi, non
va “demonizzata”; resta ovviamente uno strumento compensativo nei casi di difficoltà di
apprendimento, ma come tutti gli strumenti va usata “con buon senso”. In quest’ottica, le
nuove tecnologie possono costituire un valido supporto, solo se consentono un ruolo attivo
nel processo di apprendimento dello studente. Un esempio calzante possono essere
software videoludici che, attraverso la simulazione di analisi e risoluzione di problemi o
visualizzazioni geometriche, fanno percepire la matematica/geometria come una materia
non molto distante dalla nostra quotidianità! (Vedi conteggio dei costi, preventivi e stime per
l’acquisto di merci e servizi o la visualizzazione di costruzioni geometriche in 3D).

SCIENZE
Le Indicazioni Nazionali del 2012 più volte fanno riferimento ad una pedagogia attiva, in cui
il bambino dei traguardi delle competenze sia un bambino curioso, che ponga domande,
discuta, si confronti ed avanzi ipotesi sul mondo. Anche per le SCIENZE, come per la
matematica, infatti, c’è da sempre il forte rischio che tale materia resti priva di basi concrete
ed avulsa dalla pratica quotidiana. Va da sé quanto l’insegnamento delle scienze venga
spesso percepito come noioso e poco interessante. Le motivazioni sono da ricercarsi nella
mancanza di formazione ed aggiornamento della classe docente! In questo senso le nuove
tecnologie rappresentano un’opportunità per la costruzione attiva delle conoscenze, che
non va sprecata. Esistono, infatti, diversi programmi di Scienze che mettono a disposizione
un laboratorio virtuale di simulazione, dove è possibile osservare e sperimentare
fenomeni, che sarebbe molto difficile praticare nel vissuto quotidiano

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 169
TECNOLOGIA
La semplice immissione delle infrastrutture tecnologiche nella scuola e la conseguente
alfabetizzazione informatica degli insegnanti (attraverso la formazione) non hanno prodotto
un sostanziale miglioramento della qualità degli apprendimenti.
Il problema non è tecnico, ma metodologico-didattico e riguarda la modifica degli stili di
insegnamento, che purtroppo risultano ancora fortemente ancorati alla didattica
tradizionale! Ad oggi il fatto di aver incorporato le TIC in una specifica disciplina non ha
risolto, quindi, il problema e forse solo la futura ricerca pedagogica lo saprà confermare o
sfatare.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 170
CAPITOLO 34 - TECNOLOGIE DIDATTICHE PER LA GESTIONE DEI PROCESSI INCLUSIVI
IN CLASSE
Premessa: si può facilmente notare come, all’interno di una classe, siano oggi presenti una
gran quantità di apparecchi tecnologici quali tablet, calcolatrici, e-book reader dotati di
modalità differenti di interazione che, spesso e volentieri, rimangono inutilizzati a causa della
scarsa dimestichezza degli insegnanti con gli stessi; infatti, la scelta su come affrontare
questo complesso panorama è del singolo insegnante: esso può decidere se mettere tutto
da parte, bollando questi ausili come “distrazioni” o considerandoli come troppo complessi
da gestire, oppure vedere in questi strumenti una sfida al cambiamento e provare ad
utilizzare le tecnologie a disposizione per rendere la didattica più diversificata, più
multidimensionale, più inclusiva. Si può infatti pensare di cambiare il modo di stare in classe,
di comunicare, di accedere ed elaborare i contenuti, di fare ricerca cercando di comprendere
le possibilità, i vantaggi, i limiti e i rischi che le tecnologie ci mettono oggi a disposizione, le
quali, se utilizzate in maniera mirata, possono apportare tre grandi vantaggi alle pratiche
inclusive:
Valorizzazione di risorse latenti negli alunni, che spesso non riescono ad emergere
nelle pratiche didattiche tradizionali.
Apprendimento significativo, che metta al centro l’alunno come protagonista attivo
nella scoperta e nell’esplorazione della realtà e delle discipline.
Gestione delle pratiche didattiche innovative, attraverso il superamento dei canoni
tradizionali del fare scuola, dando all’insegnante dei vantaggi nella gestione di processi
inclusivi dentro e fuori dalla classe, valorizzando la collaborazione e la cooperazione tra
alunni.
Molto spesso, però, parlando di tecnologie didattiche, si confonde il mezzo con il fine, ossia
si fa risalire l’innovazione al mezzo, allo strumento, all’ultima tecnologia disponibile, piuttosto
che al paradigma didattico di riferimento; in questo modo, il termine “innovazione” riferito
alla scuola, viene a tradursi con la semplice dotazione di strumenti, senza una necessaria
riflessione didattica sul loro uso, limitandosi a fornire materialmente uno strumento che
spesso rimane inutilizzato e inserito in un contesto didattico ancora una volta tradizionale.
E’ dunque necessario far discendere l’uso degli strumenti specifici dalla progettazione e
dalla visione didattica che guida l’azione educativa degli insegnanti; sappiamo infatti che le
tecnologie sono efficaci se diventano strumenti quotidiani a disposizione degli alunni, e non
se rimangono relegati a strumenti di supporto per l’insegnamento. Per questo motivo è
necessario che il ruolo delle tecnologie didattiche digitali venga problematizzato in ottica
pedagogica, approfondendo le implicazioni pedagogiche che il loro uso comporta per ogni
singolo alunno. Nei prossimi paragrafi verranno meglio delineati i tre possibili vantaggi
derivanti dall’uso delle tecnologie didattiche per la gestione dell’eterogeneità.

Valorizzare le differenze anche con le tecnologie in classe: il principale vantaggio legato


all’uso di tecnologie didattiche, nell’ambito di una progettazione didattica inclusiva, è la
possibilità di utilizzare una pluralità di codici comunicativi che attivino differenti modalità di
elaborazione della conoscenza da parte degli alunni, attraverso l’utilizzo di strumenti
tecnologici che incidano significativamente sui percorsi di studio individualizzati e
personalizzati. Ciò che nei seguenti paragrafi si vuol maggiormente mettere in evidenza è
la dimensione relativa all’uso delle tecnologie diffuse nel gruppo classe, composto da molte
differenze, alcune più evidenti e altre più nascoste.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 171
Tecnologie didattiche e intelligenze multiple: in generale, qualsiasi tipo di intelligenza
può trarre vantaggio dall’uso di tecnologie didattiche, esse infatti consentono di valorizzare
stili di apprendimento e forme di intelligenza comunemente non valorizzate nella didattica
tradizionale, offrendo numerosi vantaggi a tutte le diverse forme di elaborazione delle
conoscenze: visive, logico-matematiche, naturalistiche. Rispetto all’attivazione e all’uso di
strategie logico-visive, l’uso delle tecnologie consente di utilizzare strumenti e fonti che
permettono realmente all’alunno di costruire i propri percorsi di apprendimento utilizzando
la componente visiva e visuo-spaziale, ad es. per quanto riguarda l’uso delle mappe
cognitive e nella progettazione di prodotti multimediali.
Costruendo, revisionando e condividendo nel gruppo il lavoro, la logica visiva è sempre più
stimolata ed è sempre più elemento centrale dell’azione educativa, contribuendo alla
facilitazione e alla strutturazione di un metodo di studio efficace per tutti, in particolare per
quegli alunni che trovano nel testo scritto una barriera a un apprendimento efficace.
Da questo punto di vista risulta di fondamentale importanza una didattica per competenze
e per progetti, dove competenze diverse sono chiamate in causa contemporaneamente al
fine di arrivare a un risultato finale che è la somma sì di competenze specifiche ma anche
di capacità di pianificazione, progettazione e condivisione del lavoro reciproco.
L’idea di fondo della progettazione didattica per competenze e per problemi reali è quella di
valorizzare tutte le diverse forme di espressione della creatività e della logica personale.
Nei box operativi presenti in questo capitolo vengono presentate tre diverse azioni didattiche
e relativi strumenti, utili per realizzare in classe didattiche per competenze e per problemi
reali.

Apprendimento significativo e tecnologie per la didattica: il principio che sta alla base
della prospettiva pedagogica e didattica dell’apprendimento significativo è quello di elevare
il ruolo dell’alunno a protagonista attivo di ogni fase didattica, oggi anche attraverso l’ausilio
delle tecnologie sia in classe, sia a distanza (e-learning).
Nell’apprendimento significativo la conoscenza è vista come prodotto di una costruzione
attiva da parte del soggetto, strettamente legata alla situazione concreta in cui avviene
l’apprendimento, e le proposte didattiche devono dunque mettere lo studente di fronte ad
una serie di problemi reali da risolvere di natura differente.
La motivazione ad apprendere è legata quindi proprio alla risoluzione di problemi reali, non
alla valutazione.
La gestione delle differenze individuali in una prospettiva di apprendimento significativo è
spontanea, proprio perché nella costruzione del progetto gli alunni vivono un’esperienza di
apprendimento reale che li metterà in gioco con le loro attitudini, i loro limiti e le loro capacità.

Gestire pratiche didattiche innovative anche con le tecnologie in classe: spesso esiste
il timore, da parte della scuola, di gestire la complessità di strumenti tecnologici molto
avanzati che la spingono ad imporre limitazioni, divieti e contesti specifici per l’uso degli
stessi. In realtà è proprio questa complessità che deve essere affrontata per rendere l’uso
di questi strumenti realmente efficace per potenziare percorsi inclusivi stabilendo insieme,
alunni e insegnanti, le regole di partecipazione e di uso di questi ausili; soltanto un uso
ragionato e condiviso delle tecnologie didattiche può infatti renderle strumento di studio, e
non più un elemento di novità che rimane accattivante per poco tempo e poi viene
dimenticato per sempre.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 172
Per quanto riguarda i problemi legati all’uso dei supporti tecnologici gli insegnanti
lamentano, generalmente, il problema della sicurezza dell’uso della rete in contesti didattici
e il problema della gestione dei file digitali prodotti nei lavori a scuola e in classe dai ragazzi.
Rispetto al primo problema, ogni scuola dovrebbe attrezzarsi con delle politiche e prassi di
messa in sicurezza della propria rete, in modo che questa possa essere utilizzata
efficacemente in prima persona dai ragazzi, mentre il secondo problema è strettamente
legato ai tempi; sono pochi infatti gli insegnanti che trasferiscono i file digitali creati a scuola
direttamente agli studente e, quando lo fanno, utilizzano chiavette USB o mail, perdendo
molto tempo e generando un rapido calo nell’uso degli strumenti digitali.
L’utilizzo di una classe virtuale è perfettamente efficace nella gestione di queste dinamiche
e consente di utilizzare un enorme patrimonio di servizi web pensati per la gestione
cooperativa e condivisa del lavoro.
Abituare i ragazzi a condividere il lavoro in uno spazio virtuale e sicuro è certamente
un’azione educativa significativa e un processo di apprendimento utile per il futuro; solo se
il sistema scolastico si attrezza a garantire un’efficace gestione di base degli ambienti di
lavoro digitale, infatti, si può incentivare l’uso delle tecnologie e, attraverso di esse,
dell’innovazione delle didattiche cooperative.

Competenza digitale, alunni con Bisogni Educativi Speciali e prospettive di vita: l’Italia
è in forte ritardo, rispetto agli altri Stati europei, per la diffusione di competenze d’uso degli
strumenti digitali; in generale, l’utilizzo di questi è visto prevalentemente come ludico e come
un qualcosa che raramente sfocia in una reale competenza a supporto dei processi di studio
e di apprendimento. Le indagini annuali dell’Istat mostrano che un ragazzo su cinque non
sta sviluppando quelle competenze digitali che il mondo del lavoro dà ormai come scontate
e che la scuola europea pone tra i suoi obiettivi primari; il motivo per cui le famiglie non
utilizzano la rete è principalmente di natura culturale, dal momento che il 55,1% dichiara di
non essere capace di usarlo e oltre il 24% di ritenerlo uno strumento inutile.
Ma è pur vero che le famiglie sono disposte ad investire in tecnologia e connessione nel
momento in cui la scuola le fa realmente usare, ossia quando sul piano culturale la scuola
dimostra di dare alle stesse un valore aggiunto nella proposta didattica significativa per gli
alunni, ed è per questo che la scuola deve creare una cultura tecnologica rispettando i
canoni di una didattica aperta, attiva cooperativa, attrezzando innanzitutto se stessa per
garantire un uso efficace degli ambienti digitali e web, e forzando le famiglie e gli alunni a
dotarsi delle tecnologie necessarie perché realmente utili per lo studio e la vita futura dei
propri figli. Anche per quanto riguarda gli alunni con DSA le tecnologie costituiscono spesso
la chiave di svolta per raggiungere l’autonomia di studio prima e di lavoro poi; i dati pubblicati
nel 2014 dalla Digital Agenda for Europe ci dicono che il 75% delle presone con disabilità in
Italia dichiara di non possedere competenze digitali, rispetto al 68% a livello europeo, dato
che dovrebbe finalmente convincere gli insegnanti che la competenza digitale è un obiettivo
ineludibile per tutti, oltre che un concreto aiuto per la popolazione a non rimanere soltanto
semplice fruitrice di prodotti e contenuti ma a diventare protagonista, in prima persona, del
cambiamento che le tecnologie impongono alla nostra società.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 173
CAPITOLO 35 - LA DIDATTICA IN CLASSE CON LA LIM
La LIM, nonostante tutto?
A distanza di quasi dieci anni dalle prime comparse della Lavagna Interattiva Multimediale
(LIM) nelle classi delle scuole italiane il panorama non è roseo, a causa dell’utilizzo limitato
che se ne fa (prevalentemente per mostrare agli studenti contenuti audiovisivi) e dei costi di
manutenzione che molto spesso le scuole non avevano messo in conto di affrontare. In
realtà, la LIM se sfruttata appieno nelle potenzialità che può offrire, diventa uno strumento
di vera innovazione didattica. E’ dunque necessaria una riflessione sull’uso delle lavagne
multimediali e sul sistema globale di innovazione digitale da proporre nelle scuole, che già
si è trasformato nel recente Piano Nazionale Scuola Digitale, il quale, molto più che sugli
strumenti tecnologici, punta sulla dotazione della rete Internet nelle scuole e quindi
sull’infrastruttura telematica di cui ogni tipo di apparecchio tecnologico può avvalersi.

Indicazioni didattiche per un uso consapevole della LIM


Di seguito proponiamo un elenco di punti didattici chiave mirati a un uso consapevole della
LIM per la didattica, utili per non continuare a sottoutilizzare tali risorse o, ancor peggio, per
non continuare a proporre modelli didattici poco innovativi e poco partecipativi.

1. La LIM è una risorsa nelle mani degli studenti


Alla LIM ci si va individualmente, in piccolo o in grande gruppo, non si va più solo per
l’interrogazione: ci si va per mettere in gioco le proprie abilità e le proprie conoscenze, anche
informatiche, per condividerle con i compagni e con i docenti, per aiutare e per raggiungere
gli obiettivi prefissati. Se gli studenti diventano il pubblico, gli spettatori di quanto accade
sulla LIM, avremo sprecato ancora una volta la possibilità di innovare la didattica.

2. La LIM è un ambiente di apprendimento


È uno spazio dinamico che si apre verso il Web, ma che, allo stesso tempo, si amplia verso
la classe, i banchi e le pareti. Uno spazio in cui ci si muove, si ragiona e si fa scuola, si
insegna e si apprende insieme. La LIM non cancella tutte le altre tecnologie e risorse, anche
le più tradizionali, ma le integra in uno spazio comune di lavoro a disposizione della classe.

3. La LIM deve stare in classe


Più è disponibile e accessibile agli studenti, più sarà utile ed efficace. La LIM non deve
essere rinchiusa nell’ambiente asettico delle aule di informatica, ma deve essere inclusa nel
normale ambiente, creativamente caotico, delle aule scolastiche.

4. La LIM è sempre un potenziale problema tecnico


Man mano che le tecnologie didattiche aumentano nelle scuole e che queste diventano più
sofisticate, innovative e utilizzate, è necessario che ogni scuola si doti di un serio protocollo
per la soluzione dei problemi tecnici che sorgeranno nel corso dell’anno scolastico.

5. La LIM è una scelta d’uso che ogni insegnante decide di fare, in un modo individualizzato
Nessuno costringe un insegnante a usare la LIM. Non esiste un unico modo positivo di
utilizzarla, ma, come tutte le risorse, è necessario trovare la propria modalità per renderne
efficace l’uso in classe.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 174
Ciascuno di noi ha una propria storia, un proprio bagaglio di esperienze professionali e di
competenze, ma anche un proprio modo di stare in classe, di interloquire con gli studenti e
con i contenuti disciplinari. Non bisogna pensare che la LIM sia estranea a tutto questo.

6. La LIM è una potente risorsa per incentivare strategie didattiche individualizzate e


pratiche didattiche di integrazione e inclusione
Multimedialità, interattività e facilità d’uso della lavagna concorrono a incentivare stili di
insegnamento che rispondano ai Bisogni Educativi Speciali, ai differenti stili di
apprendimento e ai diversi livelli di competenza presenti in ogni classe. Con la LIM ogni
classe deve diventare una Classe Digitale Inclusiva, in cui si integrino risorse normali e
risorse speciali per l’educazione, necessarie per garantire la migliore qualità formativa, la
partecipazione e l’apprendimento, per tutti gli studenti.

7. La LIM è l’ideale per la didattica cooperativa


Se si vogliono sfruttare sul serio le potenzialità della LIM, è necessario fare uno sforzo e
iniziare a proporre lavori in piccolo gruppo. Assegnare a ciascun gruppo un compito, oppure
dare a tutti la stessa consegna. Una delle principali funzioni della LIM è proprio la gestione
del lavoro in gruppo e la possibilità di lavorare a vari livelli, con vari materiali e con vari canali
comunicativi. Quando si lavora in gruppi si deve far nominare a ciascuno di essi un
portavoce che riporti sulla LIM le diverse fasi del lavoro e organizzare prima gli spazi sulle
pagine alla lavagna, in modo che ci sia ordine e che sia immediatamente percepibile quale
gruppo ha fatto che cosa.

8. La LIM è l’ideale per la didattica metacognitiva


La LIM permette di sfruttare e attivare i processi di riflessione e di metacognizione degli
alunni. Già la sola possibilità di avere sempre a disposizione lo storico delle fasi di lavoro è
un grande incentivo alla riflessione man mano che il lavoro procede, così come lo è anche
la possibilità di registrare l’avanzamento del lavoro.
Con la LIM è più facile il recupero delle informazioni già possedute e affrontate nel corso
delle lezioni precedenti, per poter avanzare nel lavoro, ma anche per riflettere su quanto
fatto. La LIM, inoltre, incentiva l’uso di ogni tipo di organizzatore anticipato, di
schematizzazione e di mappa cognitiva, rendendola condivisa tra tutti gli alunni e in continuo
divenire nelle diverse fasi del lavoro.
Non più solamente analisi del testo e costruzione di mappe mentali ma anche analisi delle
immagini e dei video e costruzione di mappe visive, ampliate anche da collegamenti
ipertestuali.

9. La LIM non è un videoproiettore


Troppo spesso la LIM viene utilizzata solamente per mostrare agli studenti delle risorse, dei
video, delle animazioni o per confezionare in maniera più appetibile e ordinata gli stessi
materiali che fino a ieri utilizzavamo con la lavagna di ardesia. In questo modo non stiamo
facendo innovazione, stiamo riproponendo uno stile trasmissivo e nozionistico di
insegnamento e di apprendimento.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 175
Consigli all’insegnante per la preparazione dei materiali da utilizzare in classe con la
LIM
1. Preparare dei semi-lavorati che servano da punto di partenza per l’attività in classe
Programmare bene l’attività e porsi degli obiettivi didattici precisi, ma non preparare un
prodotto finito. Far sì che il proprio materiale contenga degli interrogativi aperti a cui
rispondere. Con la LIM la cosa migliore, più divertente e istruttiva è propria la ricerca di
soluzioni, trasformando i materiali, cercando e ipotizzando.

2. Non pensare solo ai più bravi, prevedere livelli di facilitazione utili per i diversi livelli
presenti in classe
Se c’è, cercare la collaborazione dell’insegnante di sostegno per l’adattamento del materiale
per chi ha Bisogni Educativi Speciali. Il digitale offre infinite possibilità di adattamento dei
testi e dei materiali didattici e spesso ciò che è utile per gli alunni con maggiori difficoltà può
essere condiviso anche con tutta la classe.

3. Valorizzare le differenze anche con i propri materiali


Osservare i propri studenti, cercare di capire in che modo si approcciano a un compito ed
elaborano le informazioni, proporre molti tipi diversi di materiali e di modalità di lavoro. La
LIM è un’ottima opportunità per mettere in campo metodologie e strategie didattiche che
incentivino anche gli stili di apprendimento meno valorizzati dalla didattica tradizionale,
incentrata sempre sullo stile verbale e sul testo scritto.

4. Il troppo distrae (e alla lunga annoia), il vuoto spaventa


Multimediale e interattivo non significano tutto insieme in una pagina: mille immagini,
animazioni, video, suoni e pulsanti da cliccare.
L’insegnante può divertirsi a crearli, ma gli studenti si annoiano mortalmente a vederli e il
carico cognitivo risulterà troppo elevato per essere retto e trasformarsi in apprendimento.
Troppa multimedialità distrae e rende inefficace il contenuto; non mettere più di due fonti
diverse di comunicazione in una pagina (immagini, testo, audio, video).

Non includere venti righe di testo nella presentazione di un argomento didattico, a meno
che non si stia lavorando sull’analisi del testo.

Se si vuole proporre un lungo testo scritto agli studenti, una fotocopia di un documento è
ancora la tecnologia più efficace.

Finalità delle istituzioni educative


Fine generale di ogni ordine di scuola è la formazione dell’uomo e del cittadino e per la
scuola primaria, nello specifico, la promozione della prima alfabetizzazione culturale.

Dialettica tra scuola e società


Il rapporto scuola-società si pone in termini dialettici, la scuola svolge una duplice funzione:
di conservazione e di sviluppo sociale.
Essa deve educare al cambiamento inteso come progresso sociale; essa stessa si pone
come momento di riflessione e ripensamento sulle proprie responsabilità educative.

Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 176
Società democratica e scuola democratica
Dalla duplice funzione della scuola (preparare alla società persone capaci di conformarvisi
e preparare persone provviste di libertà d’azione necessaria a sviluppare la propria
individualità) scaturiscono 2 importanti conseguenze:
la scuola deve stare attenta a ciò che la società esige dai suoi membri (ad es. il rispetto
delle leggi, delle minoranze, ecc…)
la scuola deve formare una mentalità critica negli allievi, quindi deve fornire un’educazione
differenziata per le possibilità di ciascuno.

Alla democrazia della società deve corrispondere un’organizzazione interna alla scuola,
cioè strutturale, in cui l’accento dovrebbe essere spostato dall’educatore all’alunno,
dall’insegnamento all’apprendimento. Tale spostamenti trovano un riscontro parallelo nei
mutamenti democratici.
Un modello di scuola democratico dovrà essere necessariamente aperto, pertanto è
indispensabile una collaborazione scuola-famiglia e con altre istituzioni.
Già i DECRETI DELEGATI del 1974 definivano la scuola una comunità che interagisce con
la più vasta comunità sociale e civica.

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