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PRIMARIA
ERIKSON
2016
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 1
CAPITOLO 31 - PER UN USO STRATEGICO DELLE TECNOLOGIE DIGITALI NELLA
SCUOLA .............................................................................................................................. 161
CAPITOLO 32 IL PIANO NAZIONALE SCUOLA DIGITALE .............................................. 163
CAPITOLO 33 - TECNOLOGIE E DISCIPLINE NELLA SCUOLA PRIMARIA ...................... 168
CAPITOLO 34 - TECNOLOGIE DIDATTICHE PER LA GESTIONE DEI PROCESSI INCLUSIVI
IN CLASSE ........................................................................................................................... 171
CAPITOLO 35 - LA DIDATTICA IN CLASSE CON LA LIM................................................. 174
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CAPITOLO 1 - LA SCUOLA E L'EUROPA
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Ciascuna competenza è stata definita sul piano generale e specifico, utilizzando i concetti di:
CONOSCENZE: assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento, descritte
come teoriche/pratiche;
ABILITÀ: capacità di applicare le conoscenze per portare a termine compiti e risolvere
problemi. Sono descritte come cognitive (uso del pensiero logico, intuitivo, creativo) e
pratiche (implicano abilità manuali, uso di metodi e strumenti);
COMPETENZE: comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali
sociali/metodologiche, in situazioni di lavoro/studio, nello sviluppo
professionale/personale. Sono descritte in termini di responsabilità e autonomia.
(*)
PRIORITÀ AZIONI
- Favorire accesso ai finanziamenti per la ricerca;
Crescita - Youth on the move per migliorare l’efficacia dei sistemi d’insegnamento e
intelligente agevolare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro;
- Agenda europea del digitale per sfruttare al meglio il potenziale delle
tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Crescita - Ridurre al minimo la produzione di rifiuti;
sostenibile - Ottimizzare i processi di produzione industriale nell’era della
globalizzazione.
Crescita - Agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro per raggiungere entro
inclusiva il 2020 un tasso di occupazione del 75% per le persone tra 20 e 64 anni;
- Piattaforma europea contro la povertà per combattere l’esclusione sociale.
(È valido il principio di sussidiarietà: ciascun Paese dell’Unione mantiene le proprie
competenze con possibilità d’intervento dell’Unione solo quando l’azione dei singoli Stati si
mostra insufficiente. )
I programmi europei 2014-2020 riguardano vari ambiti, una particolare attenzione merita il
programma per l’ambito dell’istruzione ERASMUS+ che sostituisce, fondendoli, i Programmi
esistenti nei settori dell’istruzione, formazione e gioventù.
Alcuni degli elementi innovativi:
sistema di garanzie e prestiti per studenti di corsi di laurea magistrale;
partenariati
alleanze della conoscenza e di competenze settoriali
integrazione dei precedenti programmi
Nelle Raccomandazioni 2014 per l’Italia, riguardanti il settore istruzione, si
- criticano i limiti della professione dell’insegnamento, con una carriera priva di sviluppi
- richiede il rafforzamento e ampliamento della formazione pratica, professionale e
dell’apprendimento basato sul lavoro.
In questo ambito il nostro Paese ha avviato un processo di riforma sostenuto dal DPR
80/2013 e dalla Direttiva 2014 che hanno fissato le priorità d’intervento:
nel sistema di valutazione nel 2014/2015 tutte le scuole hanno deliberato
- il RAV (Rapporto di Autovalutazione) nel quale si individuano le criticità del servizio
- il piano di miglioramento entro l’a.s. 2017/2018, la Buona Scuola, da gennaio 2016, ha
introdotto la logica del Piano triennale dell’Offerta Formativa (PTOF)
stabilizzazione dei precari Legge 107/2015 prevede l’assunzione di docenti precari
nella scuola.
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CAPITOLO 2 - L’EREDITA’ DEL PASSATO
LA NASCITA DELLA SCUOLA ELEMENTARE: DALLA LEGGE CASATI AI GOVERNI DI
DESTRA E SINISTRA
La scuola elementare nacque con la LEGGE CASATI del 1859
Redatta su due leggi precedenti:
LEGGI PIEMONTESI DEL BONCOMPAGNI del 1848 e i PROGRAMMI DEL CIBRARIO del
1853.
Questa legge non riservò molta attenzione alla scuola elementare (solo 58 di 380 articoli)
nonostante l’80% delle persone fosse analfabeta;
L’istruzione elementare fu affidata ai Comuni che:
Nominava i maestri;
pagava gli stipendi.
In base al Regolamento del 1860 :
Fu articolata in due bienni : inferiore e superiore;
fu aperta ai bimbi dai 6 anni;
classi al max con 60-70 alunni;
i Comuni avevano l’obbligo di istituire il corso inferiore e, oltre i 4000 abitanti quello
superiore;
prevista la gratuità della frequenza degli alunni, ma senza prevedere la copertura dei
costi.
L’attuazione della legge Casati incontrò non poche problematicità per:
la difficoltà di raccogliere fondi;
l’insensibilità di alcune amministrazioni comunali;
l’assenza dei maestri;
l’eccessivo numero di alunni per classe (anche 100 per classe).
Nel 1867 il Ministro COPPINO emanò nuovi Programmi che:
resero obbligatoria l’istruzione elementare;
introdussero sanzioni per chi disattendeva l’obbligo (rinviando al codice penale, che però
non contemplava tale reato ).
Il numero delle scuole elementari aumentò sensibilmente tra il 1878 e il 1888 quando fu
realizzato il riordino dell’istruzione elementare con la riforma firmata da ARISTIDE GABELLI
che ispirò le teorie positiviste.
I Programmi furono corredati dalle Istruzioni generali, nelle quali si affermava che l’azione
dei maestri avrebbe dovuto essere finalizzata a “dar vigore al corpo, penetrazione
all’intelligenza e rettitudine all’animo…”.
Non fu stabilito un quadro orario delle attività;
Fu, però, sottolineata l’importanza dell’educazione intellettiva come capacità critica e la
necessità di un’incisiva educazione della volontà, paragonando, per disciplina e impegno,
la vita della scuola a quella della caserma.
I Programmi non incontrarono i favori degli insegnanti, perché non ci fu confronto con il
mondo della scuola.
Per fronteggiare a questa situazione furono redatti i Programmi BACCELLI nel 1894 che si
qualificarono per il loro carattere minimalista “Istruire il popolo quanto basta, educarlo più
che si può”.
Il ‘900 si aprì con importanti eventi per la scuola italiana; in 15 anni si susseguirono una
serie di interventi significativi.
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Nel 1904 la LEGGE ORLANDO innalzò l’obbligo scolastico al 12° anno di età.
La LEGGE DANEO-CREDARO nel 1911 diede il compito allo Stato di gestire le scuole
elementari e istituì i patronati scolastici.
Gli anni seguenti furono caratterizzati dagli eventi della Grande Guerra.
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Nel 1939, il Gran Consiglio del Fascismo approvò la “Carta della scuola” del BOTTAI che,
partita da una semplice riforma della scuola media, proponeva l’intero riordino del sistema
scolastico.
L’intento era quello di suddividere la scuola in tre ordini:
Quello primario;
Quello secondario;
Quello universitario.
La riforma, diversa da quella gentiliana, riconosceva grande importanza al lavoro nella
scuola; fu applicata in modo parziale dal 1940 al 1943. Rimase in vigore fino al 1944 e fu
definitivamente accantonata con la caduta del Fascismo.
1 Art. 9: per lo Stato di cultura, art. 33 per il pluralismo scolastico, art. 34 per il diritto all’educazione, art. 116-117
competenza delle Regioni in materia scolastica
2
Art. 2 per la garanzia d’interventi per condizioni di bisogno, art. 3 per il diritto dell’uguaglianza nello sviluppo della
personalità, art. 4 per il diritto al lavoro, art. 5 per le competenze delle Regioni, art. 6 per lea tutela dei gruppi
linguistici minoritari, art. 7 per i rapporti tra Stato e Chiesa.
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Il modello scuola previsto era articolato in tre cicli:
1. classi 1^ e 2^
2. classi 3^ 4^ e 5^
3. concepito un corso postelementare, mai realizzato e, poi soppresso con l’avvento della
scuola media unica nel 1962.
Il modello di scuola di questi programmi aveva come riferimento un mondo culturale che si
stava rapidamente trasformando.
Il 1° fu nel 1971 con la Legge n.820 che introdusse nella scuola elementare il tempo pieno
e l’inglese “full time”.
Il 2° fu con la Legge Delega n. 477 del 1973 e i DECRETI DELEGATI (promulgati nel 1974
i Decreti furono 5) :
Si introdussero gli organi collegiali;
si rividero le funzioni del docente;
- si ridefinirono i rapporti tra scuola e comunità di appartenenza;
- si introdusse il principio dell’innovazione scolastica.
- Infine ci fu il 3° la Legge 517 del 1977:
aprì all’inserimento nelle classi normali dei bambini con disabilità;
abolì gli esami di riparazione;
introdusse un nuovo sistema di valutazione formativa e orientativa;
l’abbandono delle pagelle e dei voti numerici;
l’istituzione di schede personali degli alunni con giudizi discorsivi;
la programmazione;
le classi aperte.
La struttura dei Programmi si articolava in: una Premessa e in una parte disciplinare; nella
Premessa erano indicate le finalità della scuola, con la proposta di tre grandi prospettive
formative e di due innovative concezioni della scuola:
La formazione dell’uomo e del cittadino;
L’educazione alla convivenza democratica;
La prima alfabetizzazione culturale, intesa come acquisizione di tutti i fondamentali tipi di
linguaggio;
La scuola come ambiente di apprendimento educativo;
La scuola come elemento fondante di un sistema formativo.
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Il testo era concluso da un’ampia proposta di discipline, 11 discipline divise tra quelle
tradizionali e nuove proposte come:
lo studio della seconda lingua;
l’educazione al suono e alla musica;
motoria;
immagine;
l’insegnamento della religione;
gli studi sociali.
I Programmi ebbero applicazione per gradi, a partire dall’ a.s. 1987/88 dalle prime classi a
seguire e, fu avviato un impegnativo piano di aggiornamento per i docenti affidato agli
IRSSAE3
Tutto ciò, però, mise in luce i limiti del modello tradizionale della scuola elementare e si
determinò l’idea di sperimentare un nuovo modello di scuola che si realizzò, in via
sperimentale nelle scuole su base volontaria alla fine degli anni ’80.
Gli incoraggianti risultati portarono alla legge di riforma n. 148 del 1990: la scuola
elementare abbandonava il modello tradizionale dell’insegnante unico per diventare la
SCUOLA DEI MODULI.
Tre i modelli:
quello del modulo organizzativo: con 27 h. per le classi del primo ciclo e sino a 30 h. per
quelle del secondo;
quello del tempo lungo, non superiore a 37 h. settimanali, mensa compresa;
quello del tempo pieno: 40 h. settimanali.
Una novità di rilievo fu quella degli ambiti: il compito di definire gli ambiti fu affidato ai Collegi
docenti, con l’indicazione di raggruppare discipline affini tra di loro.
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La terza nel 1993 la valutazione: furono introdotti nuovi strumenti di supporto ai processi
formativi e valutativi come l’agenda della programmazione e dell’organizzazione
didattica, il giornale dell’insegnante, la scheda di valutazione, il mai soppresso registro di
classe per i dati generali (la compilazione di tali documenti, si rivelò contorta, per cui
furono emanate due circolari per semplificarne le procedure).
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Le operazioni di dimensionamento e razionalizzazione hanno preparato il terreno per
l’avvento dell’autonomia scolastica, che è stata riconosciuta alle scuole con la legge n. 59
del 1977 (Legge Bassanini).
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La struttura del primo ciclo di istruzione fu confermato dai successivi ministri Fioroni e
Gelmini.
Nel 2006 fu ministro dell’istruzione Giuseppe Fioroni che non intervenì sugli assetti
strutturali, ma sulla raccolta delle Indicazioni per la scuola dell’infanzia, primaria e
secondaria di primo grado in un unico testo riguardante la visione unitaria per la scolarità
dai 3 ai 14 anni:
continuità tra i tre ordini di scuola;
riaffidano la definizione del curriculo alle singole istituzioni scolastiche;
al Piano dell’offerta formativa la definizione del loro curricolo di studi;
ciascuna disciplina si concludeva al termine della scuola primaria e secondaria di primo
grado con i traguardi delle competenze, seguendo un percorso continuo da 6 a 14 anni
che si configura come un vero e proprio curriculo verticale dell’intero ciclo di 8 anni.
Rispetto ai Piani di Studio Personalizzati del 2004 esse delineano un percorso continuo e
progressivo nel quale trova spazio anche l’educazione alla cittadinanza come forma di
mediazione didattica in tutti gli specifici linguaggi disciplinari.
Molta attenzione viene riservata alla didattica e alla scuola intesa come ambiente di
apprendimento nel quale occorreva:
valorizzare l’esperienza e le conoscenze degli alunni;
attuare interventi adeguati neri riguardi delle diversità;
favorire l’esplorazione e la ricerca;
incoraggiare l’apprendimento collaborativo;
promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere;
realizzare percorsi in forma laboratoriale.
Nel 2008 fu ministro dell’istruzione Maria Stella Gelmini.
Le sue scelte riguardo alla politica scolastica possono essere ricondotte, per tutte e tre i
gradi di istruzione, a tre dispositivi normativi:
Il DPR n. 81/2009
Il DPR n. 89/2009
L’Atto di indirizzo del settembre 2009.
Le novità per la scuola primaria furono definite nel DPR n. 81/2009 :
l’introduzione del maestro unico prevalente;
il definitivo superamento dell’assetto modulare;
Le classi 1^ per l’anno scolastico 2009/2010 avrebbero avuto 24,27,30 ore settimanali;
Le classi successive avrebbero continuato con le 27, 30 ore settimanali;
Nessuna modifica per il modello a 40 ore con il doppio organico e senza compresenze.
Anche l’Atto di indirizzo emanato in attuazione del DPR n. 89/2009 confermò tale scelta,
indicando come modello da privilegiare quello del docente unico.
Il resto è la storia di oggi e della Buona Scuola.
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CAPITOLO 3 - LA FUNZIONE DELLA SCUOLA NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA
Il quadro generale
Nel 35° Rapporto del Censis la scuola italiana otteneva un giudizio abbastanza positivo sulla
sua struttura istituzionale in sostanza adeguata alle esigenze della società complessa, ma
sottolineava in negativo che nella scuola permanevano tecnicismi e formalismi che erano
destinati a non incidere, se non superficialmente, sulla qualità effettiva dell’insegnamento.
L’avvento della scuola dell’autonomia rischiava di declinarsi in marginali modifiche, senza
incidere in profondità sul modo di essere scuola.
In 15 anni si sono susseguiti numerosi tentativi di riforma (Berlinguer - De Mauro, Moratti,
Gelmini, Renzi) che si sono rivolti più a soluzioni di tipo istituzionale che a reali forme
innovative.
A pagarne le spese maggiori gli operatori scolastici e in particolar modo i docenti!
Le riforme scolastiche, spesso controverse e non complete, hanno finito per creare un clima
di sfiducia, non solo tra i docenti meno propensi al cambiamento, ma anche tra quelli più
impegnati e aperti all’innovazione.
Nel primo quinquennio di autonomia il cambiamento è stato caratterizzato da un senso di
sfiducia e rassegnazione e ciò ha determinato uno scarso interesse per l’investimento
professionale.
La crisi della funzione docente va ricondotta non solo al mancato riconoscimento della
professione sul piano sociale, ma anche alle difficoltà che oggi contraddistinguono la scuola
di massa.
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La scuola deve rappresentare per lo Stato una priorità sia proponendo il modello tradizionale
di tipo statale sia puntando alla realizzazione di altre iniziative educative, anche non statali,
confessionali e laiche.
La scuola come ente formatore che concorre con la famiglia e la società più in generale a
orientare in senso positivo il cambiamento, proponendo valori universali condivisi.
LA LEGGE 107/2015
La legge 107 del 2015 è composta da un solo articolo suddiviso in 212 commi.
Più che porsi come un intervento di riforma del sistema, si pone l’obiettivo di migliorare gli
aspetti meno funzionali della nostra scuola:
Raccolta in un testo unico di tutte le norme relative all’istruzione e alla formazione iniziale
per l’accesso ai ruoli dei docenti della scuola secondaria;
Ridefinizione dei contenuti professionali per il personale di sostegno;
Revisione di percorsi di formazione e istruzione dei docenti;
Creazione di poli educativi nella fascia 0-6;
Revisione della valutazione e certificazione delle competenze degli studenti;
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Ridefinizione del sistema di svolgimento degli esami di Stato del 1° e 2° ciclo di istruzione;
Tutto ciò è ancora agli esordi. Seguiranno serie di decreti che andranno a regolamentare le
materie direttamente delegate al Governo.
LE INDICAZIONI PER IL PRIMO CICLO D’ISTRUZIONE
Le scuole devono far riferimento nella definizione dell’offerta formativa alle Indicazioni per
il curricolo al DM 245 del 2012. Superata la logica dei Programmi ministeriali definiti
dall’alto, le Indicazioni del 2012 nascono da una rivisitazione di quelle del 2007, ma
introducono molte novità.
Mantenendo la struttura complessiva precedente, sono stati apportati integrazioni e
aggiornamenti alla Premessa, nella parte delle finalità generali, in quella dell’organizzazione
del curricolo, con una nuova versione riguardo alla scuola dell’infanzia e del primo ciclo
d’istruzione.
Sono un testo aperto che la comunità professionale è tenuta ad accogliere e
contestualizzare elaborando specifiche scelte relative a contenuti, metodi, organizzazione
e valutazione con i traguardi formativi previsti dal documento nazionale.
Bisogna chiarire che con le ultime riforme costituzionali sono stati definiti i compiti del Miur
e quelli delle scuole autonome: il primo continua a dettare le norme generali su formazione,
reclutamento, definizione, e gestione delle risorse professionali; al secondo spetta tradurre
quanto detto a livello nazionale, con spazi di discrezionalità previsti dall’autonomia.
Il testo delle Indicazioni Nazionali si presenta nella seguente struttura generale:
Cultura, Scuola Persona;
Finalità generali;
L’organizzazione del curricolo;
La scuola dell’infanzia (campi di esperienza)
La scuola del primo ciclo (le discipline).
Nel 1° paragrafo La scuola nel nuovo scenario si prende atto della complessità culturale
nella quale essa vive e viene evidenziata la difficoltà di condivisione del progetto educativo
e quella di un effettivo coinvolgimento dei genitori e dell’extrascuola nelle dinamiche della
vita scolastica.
Ai dirigenti e ai docenti è affidato il compito di curare la formazione rispettando i differenti
stili di apprendimento senza dimenticare l’acquisizione dei saperi e delle competenze di
base.
Nel paragrafo Centralità della persona si conferma l’importanza della valorizzazione del
ruolo degli studenti: nell’azione educativa devono trovare centralità le varie dimensioni delle
loro personalità, confermando che una delle funzioni della scuola è quella di far acquisire la
capacità di apprendere ad apprendere nella visione di un formazione in grado di promuovere
creatività e capacità critiche.
Il terzo paragrafo Per una nuova cittadinanza si pone nella prospettiva di promuovere la
maturazione dell’identità personale e culturale per l’esercizio di una cittadinanza attiva e
consapevole. I docenti, oltre all’insegnare ad apprendere, devono misurarsi con la più
impegnativa sfida dell’insegnare ad essere.
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Molte attenzione è riservata all’educazione interculturale e di genere che si dovrà sempre
più concretizzare nella reciproca accettazione e condivisione di valori comuni per evitare
forme di sopraffazione, bullismo, violenza; ciò è confermato anche nell’art. 1, comma 6 della
legge4 107/2015.
Il paragrafo Per un nuovo umanesimo ribadisce i valori della persona in un mondo in cui
prevale la cultura tecnologica, che condiziona i rapporti interpersonali.
Le tecnologie rappresentano una ricchezza e un’opportunità, ma bisogna farne il giusto uso.
Occorre conoscere tali mezzi e i nuovi linguaggi, ma occorre che le nuove generazioni
possano acquisire una serie di capacità che vanno dal saper cogliere gli aspetti essenziali
di un problema, nel comprende gli inediti sviluppi delle scienze e delle tecnologie, valutare i
limiti e le possibilità delle conoscenze, imparare a muoversi e ad agire in un mondo in
continuo cambiamento.
4 Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado
l’educazione alla parità tra sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni.
5 Si fa riferimento al quadro delle competenze- chiave per l’apprendimento permanente definito dal Parlamento Europeo
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la consapevolezza e l’espressione culturale.
Il Profilo dello studente si completa con due richiami al rispetto delle regole e
all’intraprendenza inventiva che i ragazzi devono dimostrare al termine del percorso della
scuola di base.
COMPETENZE E COMPETENZE
Gli alunni dovranno acquisire delle competenza durante il percorso formativo.
In linea con quelle europee sono state indicate, per la formazione delle nuove generazioni,
otto competenze di cittadinanza anche se interpretate in un’ottica trasversale:
Imparare a imparare;
Progettare
Comunicare
Collaborare e partecipare
Agire in modo autonomo e responsabile
Risolvere problemi
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Individuare collegamenti e relazioni
Acquisire e interpretare l’informazione.
Per la certificazione delle competenze è stato definito e adottato con il DM n. 9/2010 uno
specifico modello nazionale di certificazione.
Il discorso delle competenze di apre anche in campo internazionale e il Wold Economic
Forum ha pubblicato un report con una lista di 16 competenze del 21° secolo: le prime sono
definite “abilità fondamentali”, dalla 7° alla 10°” competenze” le altre “qualità caratteriali”.
Al di là delle condivisione o meno di questo quadro le nuove generazioni dovranno
attrezzarsi ad acquisire competenze multiformi.
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CAPITOLO 4 - LA SCUOLA PRIMARIA: GLI ASPETTI ORDINAMENTALI
La L.107/2015 conferma i precedenti principi generali a cui si deve ispirare il sistema
educativo:
Valorizzare la crescita della persona
Rispettare le diversità e le identità
Rispettare le scelte educative della famiglia.
La finalità del primo ciclo di studio è l’acquisizione delle conoscenze e delle abilità
fondamentali per sviluppare le competenze culturali di base, nella prospettiva del pieno
sviluppo della persona. La scuola primaria è chiamata a promuovere modalità di
conoscenza e di indagine che consentiranno agli alunni di continuare ad apprendere
per tutta la vita. Ecco perché le conoscenze devono essere fortemente collegate alle
esperienze già realizzate dai bambini (no conoscenze astratte). Questo grado
scolastico si qualifica come ambiente di apprendimento in cui i bambini sviluppano le
proprie capacità di autonomia, riflessione critica, di relazione e di progettazione della
propria vita.
Promuovere il processo d’integrazione sociale.
Acquisizione di una cultura di cittadinanza attiva e consapevole.
Possibilità dell’anticipo scolastico per tutti i bambini che compiono i 6 anni entro il 30
aprile dell’anno scolastico di riferimento. La domanda è presentata dalla famiglia (previo
consulto degli insegnanti della scuola dell’infanzia) e deve essere accolta dalla scuola
primaria, subordinatamente alla disponibilità dei posti.
Le novità riportate dalla L. riguardano il suo funzionamento, che prevede:
L’organico dell’autonomia.
La possibilità per il dirigente scolastico di scegliere nell’ambito dei posti di
potenziamento, gli insegnanti sulla base delle esigenze della propria scuola.
Organizzazione di un Piano dell’Offerta Formativa Triennale (PTOF).
Accorpamento delle classi di concorso.
Stesura di un nuovo Testo Unico delle norme della scuola.
Unica novità di tipo strutturale istituzione di un sistema integrato di istruzione che
copra la fascia 0-6 anni. Obiettivo: garantire pari opportunità e superare disuguaglianze
territoriali, etniche e culturali.
Estende la possibilità dell’alternanza scuola-lavoro a tutti gli indirizzi di studio delle
istituzioni secondarie di 2° grado
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CAPITOLO 5 - SCUOLA E AUTONOMIA
La L. 59/97 sancisce l'autonomia delle istituzioni scolastiche, essa può essere considerata
l'elemento base irrinunciabile dell'ordinamento scolastico italiano.
I principi cardine sui quali si fonda la Legge sull'autonomia scolastica sono:
la partecipazione
la democrazia
Inizialmente si temeva che questa Legge rendesse la scuola italiana al pari di un'azienda,
in realtà il risultato finale è stato la realizzazione di una scuola capace di dialogare e
collaborare con il territorio di appartenenza.
Ad ogni istituzione scolastica viene affidata la possibilità di organizzarsi autonomamente per
la realizzazione di obiettivi propri, adattati secondo le esigenze degli utenti.
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Iter che ha condotto al riordino:
1. Dimensionamento e razionalizzazione delle istituzioni scolastiche, progressivamente
ridotte in istituti comprensivi
2. conferimento della personalità giuridica alle istituzioni scolastiche dimensionate
3. ampliamento autonomia amministrativa, didattica, organizzativa e finanziaria.
4. Conferimento di qualifica dirigenziale ai capi d’istituto in servizio delle scuole
dimensionate, dopo frequenza di un corso qualificante.
La scuola primaria conserva le proprie caratteristiche pedagogiche di conoscenza e
promozione culturale e la sua funzione pubblica, ma sul piano amministrativo acquisisce un
carattere più moderno, diventa personalità giuridica.
Si configura, dal punto di vista amministrativo, come ente ausiliario dello Stato che ne
detiene poteri di direttiva.
STATO REGIONI
determinazione livelli essenziali delle prestazioni sui diritti civili e sociali potestà legislativa
da garantire in tutto il territorio
diposizioni generali e comuni sull’istruzione
ordinamento scolastico
istruzione universitaria
programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica
disposizioni generali e comuni su istruzione e formazione professionale
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Continuità, sussidiarietà, alleanze territoriali
La scelta che il nostro Paese ha effettuato rispetto all’organizzazione delle scuole territorio
è quella della generalizzazione del modello dell’istituto comprensivo.
Certamente tale percorso non è stato del tutto completato e sono ancora molte le scuole
primarie e le scuole medie organizzate secondo il modello precedente. È stata la Legge
111/2011, all’art. 19, che ha previsto l’istituzione dei comprensivi nella fascia compresa tra
i 3 e i 14 anni fissando in 1000 il limite massimo di alunni per ciascun nuovo istituto. (In parte
modificata dalla Legge 183/2011, rideterminando la soglia minima in 400 alunni per le zone
di montagna e le piccole isole e in 600 allievi per le altre scuole).
La generalizzazione del modello degli istituti comprensivi può costituire una grande
opportunità sia per dar vita a una comunità professionale, sia di costruire un più stretto
legame con il territorio e con il contesto territoriale, sia, ancora, di realizzare percorsi
curricolari caratterizzati dalla continuità.
Tale modello può, infatti, porsi come elemento in grado di favorire il raccordo tra la scuola
del primo ciclo di istruzione e il biennio iniziale dell’istruzione di secondo grado.
Di continuità si era parlato a lungo nel corso degli anni Novanta, proponendola come valore
aggiunto per l’azione formativa della scuola. In realtà, era stata addirittura la Relazione
Fassino per il rinnovo dei programmi delle elementari nel 1982 a richiamare la continuità
come elemento istituzionale, tanto che nella legge di riforma delle elementari era stato
diffuso con CM n. 339/1992 per la sua realizzazione uno specifico decreto ministeriale.
Nel documento si distinguevano due tipi di continuità: quella verticale, che riguardava i
rapporti tra le scuole di diverso grado, richiamando la necessità di scambio di informazioni
sugli alunni, di conoscenza reciproca dei programmi, di costruzione di curricoli verticali, di
armonizzazione delle strategie educative, di attenzione agli anni di passaggio tra i vari gradi
scolastici; quella orizzontale, che riguardava i rapporti tra scuola, famiglia, enti, territorio.
(per dare risposte a tali problematiche era stato introdotto, anticipando per certi versi l’arrivo
del portfolio, anche il fascicolo personale dell’allievo che avrebbe dovuto accompagnarlo
per l’intera scolarizzazione e documentarne gli esiti formativi).
Sulla base di tali convinzioni si è sviluppata una diffusa cultura sulla continuità che è spesso
sfociata in grandi progetti. (In tutte le scuole hanno operato, infatti, gruppi di studio per la
continuità, così come a livello provinciale e regionale sono state insediate commissioni per
sostenere tale prospettiva, anche per il delicato settore dell’integrazione scolastica).
Oggi il valore della continuità come prospettiva pedagogica viene sostenuto anche dalla
Legge n. 107/2015 quando si pone la questione di realizzare un curricolo verticale efficace
e unitario e di assicurare la stabilità del personale sulla stessa sede di servizio per tempi più
lunghi. (Continuità didattica).
Anche se lo scenario sta cambiando, (soppressione delle Province, interventi che
riguarderanno le potestà e le attribuzioni su specifiche materie tra Stato e Regioni),
l’autonomia dovrà declinarsi comunque su questo territorio e la scuola dovrà essere intesa
come comunità attiva, aperta al territorio in grado di sviluppare e aumentare l’interazione
con le famiglie e con la comunità locale, comprese le organizzazioni del terzo settore e le
imprese. (Art. 1, comma 7, Legge n. 107/2015).
Occorre, allora, riprendere un altro principio che in questi anni ha guidato i rapporti con il
territorio, quello della sussidiarietà, che può diventare una strategia vincente per
promuovere la formazione dei giovani, priorità assoluta per tutti gli stakeholder della
comunità locale.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 22
In questo senso, l’azione svolta dalla scuola non può sottovalutare l’importanza del territorio
e delle sue risorse quali dati fondamentali per la costruzione della propria proposta
educativa.
La governance, in questa ottica, diventa la capacità dei decisori politici e delle istituzioni di
un determinato territorio di costruire dal basso una rete di servizi finalizzata a promuovere
un adeguato sviluppo della collettività.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 23
Al modello di governo verticale si è sostituito un modello orizzontale fondato sul presupposto
che i centri di decisione, individuati nelle amministrazioni pubbliche e nelle autonomie
funzionali, indicano obiettivi comuni, operano d’intesa tra loro, realizzano la collaborazione
delle risorse.
Nel nuovo quadro istituzionale che si andrà a creare, l’autonomia non dovrà essere
interpretata come un passaggio di consegne dallo Stato alle istituzioni scolastiche, né come
affermazione di un modello autoreferenziale delle singole istituzioni scolastiche concepite e
gestite come fossero piccole autarchie.
Si tratterà, invece, di assicurare una governance adeguata, nella quale, al di là di tutti i
provvedimenti normativi, si dovrà dar vita a una comunità di apprendimento che sappia
costruire e realizzare progetti educativi condivisi (ispirati a valori universali, e, soprattutto, in
grande armonia con quella che è la realtà culturale, sociale, lavorativa nella quale
l’istituzione scolastica opera).
La governance si qualifica dunque come capacità delle persone, dei gruppi sociali e delle
Istituzioni che vivono in una determinata comunità di costruire dal basso una rete di servizi
e di condivisioni finalizzata a promuovere un equilibrato sviluppo a livello territoriale (definita
anche “di cittadinanza societaria”, ricordando che tutte le società sono fatte di relazioni nelle
quali i protagonisti tendono a organizzarsi in un’ottica di sussidiarietà orizzontale, che
diventa il nucleo costitutivo di ogni autentica comunità che vuole costruire il bene comune).
Tutti gli organismi dovranno interpretare come una responsabilità diffusa e non solo della
scuola i temi dell’educazione.
La stessa scuola, se vuole essere moderna e realmente democratica, deve caratterizzarsi
come spazio di riconoscimento dell’intera comunità.
Il miglioramento degli esiti scolastici sarà più fattibile nelle realtà a elevato capitale sociale,
dove si registra una altrettanto elevata condivisione di tutti gli stakeholder (portatori di
interessi), non solo dei soggetti istituzionali ma anche e soprattutto del mondo economico,
dei gruppi civili, della società tutta.
D’altro canto, anche nella cultura scolastica è ormai condivisa l’idea della necessità di una
rendicontazione sociale del suo operato.
La scuola primaria di oggi vive un momento particolare: non vi è reale coinvolgimento delle
famiglie, né gli stessi responsabili degli enti territoriali sembrano riconoscere la giusta
rilevanza al mondo della scuola.
Anche gli organismi di partecipazione sembrano essere oggetto di cambiamento e
attualmente in fase di riordino; con tutta probabilità, gli organi collegiali attuali saranno
sostituiti da nuovi organismi, quali:
il consiglio dell’autonomia con compiti di indirizzo;
il consiglio dei docenti, articolato in consigli di classe, commissioni e dipartimenti;
Il nucleo di autovalutazione con funzioni prevalentemente tecniche.
A ciò si deve aggiungere qualche modifica apportata dalla Legge n. 107/2015, che ha già
riordinato alcuni ambiti di competenza degli attuali organi collegiali.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 24
Gli organi collegiali
Organo collegiale Composizione Funzioni
Consiglio di intersezione Tutti i docenti e un Formulare al collegio dei
(scuola dell’infanzia) rappresentante dei genitori docenti proposte per
per ciascuna delle sezioni l’azione educativa e
interessate; è presieduto didattica e per iniziative di
dal dirigente scolastico o da sperimentazione; agevolare
un docente, facente parte ed estendere i rapporti tra
del consiglio, da lui docenti, genitori e alunni.
delegato.
Consiglio di interclasse Tutti i docenti e un Formulare al collegio dei
(scuola primaria) rappresentante dei genitori docenti proposte per
per ciascuna delle classi l’azione educativa e
interessate; è presieduto didattica e per iniziative di
dal dirigente scolastico o da sperimentazione; agevolare
un docente, facente parte ed estendere i rapporti tra
del consiglio, da lui docenti, genitori e alunni.
delegato.
Consiglio di classe (scuola Tutti i docenti della classe e Formulare al collegio dei
secondaria di I grado) quattro rappresentanti dei docenti proposte per
genitori; è presieduto dal l’azione educativa e
dirigente scolastico o da un didattica e per iniziative di
docente che fa parte del sperimentazione; agevolare
consiglio, da lui delegato. ed estendere i rapporti tra
docenti, genitori e alunni;
assumere provvedimenti
disciplinari a carico degli
studenti.
Consiglio di circolo/di 14 componenti, di cui 6 Elabora e adotta gli indirizzi
istituto Nelle scuole fino a docenti, un ATA, 6 genitori generali e determina le
500 alunni: degli alunni, il dirigente forme di autofinanziamento
scolastico; nelle scuole con della scuola; delibera il
più di 500 alunni: 19 bilancio preventivo e il
componenti, di cui 8 conto consuntivo; adotta il
docenti, 2 ATA, 8 genitori regolamento; provvede
degli alunni, il dirigente all’acquisto, al rinnovo e
scolastico; presieduto da alla conservazione di tutti i
uno dei membri, eletto tra i beni; assume decisioni per
rappresentanti dei genitori la partecipazione ad attività
degli alunni composta da un culturali, sportive e
docente, un ATA, 2 genitori ricreative, allo svolgimento
e di diritto il dirigente di iniziative assistenziali;
scolastico, che la presiede, delibera su organizzazione
e il DSGA con funzioni di e programmazione della
segretario della giunta vita e dell’attività della
stessa. scuola, nei limiti delle
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 25
disponibilità di bilancio;
adotta il Piano dell’offerta
formativa elaborato dal
collegio dei docenti; indica i
criteri generali per la
formazione delle classi,
l’assegnazione dei docenti,
e al coordinamento
organizzativo dei consigli di
intersezione, di interclasse
o di classe; esprime parere
sull’andamento generale,
didattico ed amministrativo;
esercita le competenze in
materia di uso delle
attrezzature e degli edifici
scolastici.
Giunta esecutiva Prepara i lavori del
consiglio; cura l’esecuzione
delle relative delibere;
propone al Consiglio il
programma delle attività
finanziarie della istituzione
scolastica, accompagnato
da specifica relazione e dal
parere di regolarità
contabile del Collegio dei
revisori.
Collegio dei docenti Composto dal personale Delibera in materia di
docente di ruolo e non di funzionamento didattico;
ruolo in servizio; è cura la programmazione
presieduto dal dirigente dell’azione educativa;
scolastico. adegua i programmi di
insegnamento alle
specifiche esigenze
ambientali e favorisce il
coordinamento
interdisciplinare; rispetta la
libertà di insegnamento;
garantita a ciascun
docente; formula proposte
per la formazione, la
composizione delle classi e
l’assegnazione ad esse dei
docenti, per l’orario delle
lezioni e per lo svolgimento
delle altre attività
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 26
scolastiche; delibera, ai fini
della valutazione degli
alunni; valuta
periodicamente
l’andamento dell’azione
didattica per verificarne
l’efficacia in rapporto agli
orientamenti e agli obiettivi
programmati, proponendo
opportune misure per il
miglioramento dell’attività
scolastica;
Provvede all’adozione dei
libri di testo; adotta o
promuove iniziative di
sperimentazione; promuove
iniziative di aggiornamento;
elegge i docenti incaricati di
collaborare col dirigente
scolastico; elegge i suoi
rappresentanti nel consiglio
di circolo o di istituto;
elegge i docenti che fanno
parte del comitato per la
valutazione del servizio del
personale docente;
programma e attua le
iniziative per il sostegno
degli alunni con disabilità;
esamina, per ogni possibile
recupero, i casi di scarso
profitto o di irregolare
comportamento degli
alunni; esprime parere in
ordine alla sospensione dal
servizio e alla sospensione
cautelare del personale
docente quando ricorrano
ragioni di particolare
urgenza; esprime parere,
per gli aspetti didattici, per
le iniziative di educazione
della salute e prevenzione
delle tossicodipendenze.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 27
Comitato per la valutazione Composto, oltre che dal Valuta il servizio su
del servizio dei docenti dirigente scolastico, che ne richiesta dell’interessato
è il presidente, da 2 o 4 previa relazione del
docenti quali membri dirigente scolastico;
effettivi e da 1 o 2 docenti esercita le competenze
membri supplenti, a previste in materia di anno
seconda che la scuola o di formazione e di
l’istituto abbia sino a 50 riabilitazione del personale
oppure più di 50 docenti; i docente
membri del comitato sono
eletti dal collegio dei
docenti nel suo seno.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 28
CAPITOLO 6 - IL RUOLO DELL’INSEGNANTE
Il lungo percorso dell’affermazione dei maestri
La storia dell’istruzione ha conosciuto tre cambi di scenario. Nel primo il modello scolastico
è stato quello del maestro unico. Era il modello disegnato dalla Legge Casati del 1861 che
non prevedeva oneri per lo Stato e affidava l’istruzione elementare agli enti comunali. Uno
degli elementi che ne avrebbe ostacolato a lungo l’affermarsi è stato proprio l’assenza di
personale adeguatamente formato per svolgere un simile impegno. Infatti furono pochissime
le iniziative che si occuparono della formazione dei maestri di scuola primaria. Se per
l’istruzione maschile era possibile individuare alcuni segnali positivi, in quanto essa fu
comunque oggetto di iniziative, quella femminile fu del tutto inesistente e, in quelle rarissime
iniziative realizzate, le alunne, al termine del percorso di studi, avevano imparato poco più
delle arti femminili e del catechismo: si pensi che, a causa dell’assenza di persone
preparate, erano state assunte come maestre donne analfabete che conoscevano solo le
cosiddette “arti donnesche” .
Il secondo cambio di scenario è legato alla svolta importante del 1911, con la Legge Daneo
e Credaro, che avocava allo Stato anche l’istruzione primaria, sino a quel momento affidata
ancora ai Comuni. Qualche anno dopo, nel 1923, con la Riforma Gentile cambiava anche
la formazione iniziale con la creazione degli Istituti magistrali, che avrebbero rilasciato
diplomi a generazioni di maestre e maestri sino agli anni Novanta, quando anche per la
formazione iniziale dei maestri sarebbe stata prevista la laurea.
Il terzo cambio di scenario è avvenuto negli anni Ottanta. In quella fase sono stati pubblicati
i programmi del 1985, che hanno condotto nel 1990 alla riforma della stessa scuola con il
team dei docenti e l’insegnamento modulare. Si tratta di un modello che a partire dalla
Riforma Moratti e soprattutto con l’intervento dell’allora ministro Gelmini, è stato rimesso in
discussione: oggi, pur permanendo vari elementi dell’organizzazione modulare, si è tornati
all’insegnante prevalente-unico.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 29
Reali principi di autonomia e di flessibilità vennero introdotti dalla Circolare ministeriale n.
335 del 1998. La sua diffusione aveva lo scopo di adeguare l’organizzazione modulare al
nuovo quadro istituzionale delineatosi dopo la Legge n. 59/1997, con cui si è dato il via al
processo di riconoscimento dell’autonomia a tutte le istituzioni scolastiche. Il provvedimento
confermava che la pluralità dei docenti, definita come gruppo d’insegnamento, era una
scelta strategica in grado di garantire la realizzazione di un curricolo ricco e diversificato, la
qualità degli apprendimenti, lo sviluppo armonico ed equilibrato della personalità dei
bambini.
Il dibattito sul modello sul modello insegnante prevalente/insegnante paritario si è sviluppato
intensamente sino all’avvento della Riforma Moratti del 2003, quando è stato avviato un
processo di globale revisione del modello.
Quello che può risultare determinante per il successo formativo non è tanto il numero degli
insegnanti, quanto piuttosto la loro qualità diffusa, non dimenticando però, che anche alla
pluralità va posto un limite: un’eccessiva molteplicità di docenti, quelli curricolari, gli
specialisti del sostegno, quelli di lingua straniera, gli insegnanti di religione cattolica può
diventare un ostacolo per la costituzione di gruppi di insegnamento- apprendimento
realmente integrati ed efficaci.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 30
Perché l’azione di personalizzazione possa avere la massima efficacia, gli insegnanti
impegnati nei processi di formazione devono ricorrere all’utilizzo di due fondamentali
strumenti metodologici: l’attività di tutorato e l’adozione del Portfolio delle competenze
individuali. La personalizzazione dei percorsi di studio deve trovare la sua giusta
collocazione nel Piano triennale dell’offerta formativa della scuola. il PTOF, con la
realizzazione di contesti educativi efficaci, caratterizzati dalla flessibilità organizzativa: è
questo il presupposto fondamentale per realizzare le prospettive delineate nei documenti
sulla Buona Scuola. Oggi, con l’organico dell’autonomia introdotto dalla Legge n.170/2015,
sembra che tale tendenza di progressiva riduzione di risorse professionali sia stata invertita
le scuola potranno contare su organici più cospicui, anche con un incremento di ore di
lezione disponibili che, se al di fuori delle attività frontali, potrebbero essere destinate ad
attività di sviluppo e integrazione del curricolo.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 31
attività funzionali all’insegnamento, per gli impegni collegiali, di programmazione,
progettazione, ricerca, valutazione, documentazione, aggiornamento e formazione,
partecipazione alla riunioni
attività aggiuntive e ore eccedenti d’insegnamenti
La legge n. 107/2015 ha stabilito che l’ammissione in ruolo è condizionata la superamento
del periodo di formazione e di prova, della durata di almeno 180 giorni.
Le attività di formazione hanno la durata complessiva di 50 ore e sono articolate in quattro
fase:
incontri propedeutici e di restituzione finale
laboratori formativi
peer to peer e osservazione in classe
formazione online
Le innovazioni riguardano:
il bilancio di competenze: forma di autovalutazione. Sulla base del bilancio di competenze
si procede all’elaborazione di uno specifico patto per lo sviluppo professionale che sarà
redatto dall’interessato, dal dirigente scolastico e dl docente tutor.
La costituzione di laboratori formativi: adozione di metodologie laboratoriali. Ogni docente
segue obbligatoriamente laboratori formativi per le complessive 12 ore di attività
La formazione peer to peer: attività finalizzata a migliorare le pratiche didattiche nella
gestione della classe
Il portfolio professionale: strumento nel quale i docenti potranno documentare il proprio
curriculum, le fasi significative della progettazione e delle attività didattiche, la previsione
di un piano di sviluppo.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 32
Capitolo 7 - ALCUNI SIGNIFICATIVI ASPETTI DELLA RIFORMA, LEGGE N. 107/2015
PEI, POI, PTOF: non solo una questione terminologica
Con la legge 107/2015 si è passati dal POF (istituito con il regolamento per l’autonomia art.
3 DPR 275/1999) al PTOF (piano triennale dell’offerta formativa).
Il piano triennale si caratterizza quindi come lo sviluppo dell’idea di formulare un documento
che definisca l’identità di ciascuna istituzione scolastica.
Già nel 1992 (C.M. n.362 del 22/12) si era parlato di Piano educativo d’istituto (PEI) vera e
propria carta d’identità della scuola. Il PEI cambiava, in sostanza, il rapporto tra scuola e
contesto ambientale.
In seguito con l’avvento dell’autonomia (DPR 275/1999) il POF sostituì il PEI. Già era stata
compiuta un’evoluzione, proprio grazie all’autonomia e, dunque, a margini di operatività più
ampi. Con l’avvento del POF si è andati, inoltre, verso un abbandono di forme di
progettualità frammentate per recuperare il senso complessivo di una realtà scolastica
realmente formativa.
Oggi con la legge 107/2015 si parla di PTOF (piano triennale dell’offerta formativa). Esso,
oltre a confermare quanto già proposto attraverso il POF, rappresenta il documento
fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed
esplicita la progettazione curricolare, extracurriculare, educativa e organizzativa che le
singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 33
La seconda è quella della progettazione curricolare, extracurriculare, educativa e
organizzativa, nella quale dovrà trovare definizione l’organizzazione didattica
complessiva, con orari, plessi, sedi, tempo scuola, attività, servizi. In questa parte vanno
definiti obiettivi educativi e formativi, il curricolo verticale, le attività didattiche curricolari e
extracurriculari. Inoltre dovranno essere indicati gli obiettivi prioritari per il potenziamento
dell’offerta formativa.
La terza parte riguarda invece gli organici: il numero dei posti di personale, compreso
quello organico dell’autonomia e per le reti di scuole. Devono anche essere definite le
attività di formazione che nel triennio si intendono realizzare per il personale scolastico.
La quarta parte è relativa agli aspetti delle dotazioni materiali e al fabbisogno di
attrezzature, infrastrutture, sussidi.
La quinta parte deve riguardare il piano di miglioramento anche in ottica RAV (rapporto
di autovalutazione) con conseguente rendicontazione sociale e diffusione dei risultati
conseguiti.
È previsto che i dati del piano di miglioramento possano essere utilizzati anche ai fini della
valutazione dei Dirigenti scolastici.
L’organico dell’autonomia
Altra novità importante introdotta dalla legge 107/2015 è quella dell'organico
dell'autonomia.
L’organico funzionale serve ad affrontare il problema del sostegno e dell’integrazione,
assicurando continuità didattica e formazione specifica per le diverse disabilità. Esso si
traduce nella creazione di un gruppo qualificato, che, nell’ambito di una rete di scuole, operi
dalla formazione dei docenti all’integrazione degli alunni disabili e che non si traduca in un
mero aumento quantitativo delle ore di sostegno.
L’idea di un organico funzionale risale alla metà degli anni 90 ma poi era stata abbandonata
e solo ora ripresa con la legge 107/2015.
L’organico dell'autonomia sarà determinato con cadenza triennale e su base regionale; esso
comprenderà l’organico di diritto, i posti per il potenziamento e l’organico dei posti di
sostegno. L’organico dell’autonomia è finalizzato a diventare organico funzionale.
L’attenzione alla cultura digitale
Nella legge 107/2015 trova ampio spazio anche il mondo della cultura digitale. La legge si
pone come obiettivo quello di sviluppare e migliorare le competenze digitali degli studenti e
di rendere la tecnologia digitale uno strumento didattico di costruzione delle competenze.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 34
Tale scelta si pone in continuità con quanto aveva stabilito l'Unione Europea nella
raccomandazione del 18/12/2006 che nel definire le 8 competenze chiave per
l'apprendimento permanente, aveva inserito anche quella digitale.
La Buona Scuola ha previsto un Piano nazionale scuola digitale (PNSD) per dare un
assetto definitivo al digitale nella scuola e ha previsto l’introduzione della figura
dell’animatore digitale (esperto).
Questa figura dovrebbe realizzare:
Una formazione interna alla scuola negli ambiti del PNSD
Attuare il coinvolgimento della comunità scolastica nell’organizzazione di varie attività sui
temi del PNSD
Creare soluzioni innovative da diffondere all’interno degli ambienti della scuola.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 35
CAPITOLO 8 - LA SFIDA DELLE COMPETENZE
Che cosa si chiede alla scuola
L’approccio per competenze sta suscitando nei sistemi scolastici europei un crescente
interesse determinando anche ricadute significative sulla progettazione curricolare,
sebbene in Italia questo approccio alle competenze risulta ancora incerto e ambiguo. La
scuola italiana, infatti, per storia e tradizione, si riconosce in un sistema centrato
essenzialmente sui contenuti disciplinari.
Anche se i docenti di fronte a questo nuovo paradigma manifestano perplessità, in realtà il
legame tra conoscenza e competenza è strettissimo. Infatti, la conoscenza è il presupposto
della maturazione di competenze specifiche e trasversali.
Nel quadro delle qualifiche e dei titoli del 23 aprile 2008 si sottolinea che:
Le conoscenze indicano il risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso
l’apprendimento
Le abilità indicano le capacità di applicare conoscenze e di usare know-how per portare
a termine compiti e risolvere problemi
Le competenze indicando la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e
capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio
La competenza (come mostra Pellerey) costituisce il punto di incontro tra i saperi del
soggetto, le capacità/abilità nell’applicarli e nell’esercitarli e, infine, la valorizzazione delle
risorse interne (volontà, intraprendenza, interessi, ecc.).
Tutto ciò comporta un nuovo modo di intendere il rapporto tra insegnamento e
apprendimento. Proprio per questo motivo una didattica di tipo trasmissivo non è più
adeguata.
Le indicazioni 2012
Come abbiamo appena visto la competenza è strettamente legata alle conoscenze, ma
non può prescindere dal rapporto con il contesto. L’idea della competenza, rispetto alle
tradizionali forme di insegnamento, rafforza la propensione tesa a promuovere spazi
innovativi di apprendimento, peraltro più rispondenti alle caratteristiche dei ragazzi di oggi.
All’interno delle indicazioni si parla di traguardi per lo sviluppo di competenze. Il termine
traguardi indica un orientamento al raggiungimento di una meta, non di obiettivi standard di
apprendimento predefiniti e/o precostituiti.
La parola sviluppo rafforza ulteriormente il concetto di traguardo sottolineando l’importanza
delle qualità delle esperienze di apprendimento e della cura educativa che gli insegnanti
sanno promuovere.
Nella scuola di base è necessario incentivare partecipazione, motivazione, tensione verso
l’apprendimento permanente e non solo acquisire abilità.
Per far questo è necessario, come ci ricordano le indicazioni, promuovere un ambiente di
apprendimento finalizzato all’acquisizione di conoscenze e alla conquista di competenze.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 36
Mario Castoldi sintetizza le connotazioni di questo paradigma con un acronimo CSSC che
sta per: constructive, (costruttivo); self-regulated (autoregolato); situated (situato);
collaborative (collaborativo). Di qui l’importanza di un approccio costruttivista
all'apprendimento all’interno del quale lo studente assume un ruolo attivo.
I livelli di competenza
Il significato di competenza può essere riferito a tre livelli:
Soggettivo
Oggettivo
Intersoggettivo
Nella scuola ha molta importanza la componente soggettiva, cioè il valore che l’alunno
conferisce alle attività che compie in un determinato contesto.
Per gli insegnanti questo cambio di paradigma arricchisce i dispositivi metodologici e
didattici passando da una didattica trasmissiva ad una autentica.
Da strategie centrate sull'insegnamento (basso livello decisionale) a didattiche centrate
sull’apprendimento (alto trasmissiva decisionale).
Ovviamente questo nuovo tipo di didattica centrata sull’apprendimento richiede
un’organizzazione di classe in senso cooperativo, dove occorre governare dinamiche più
complesse e talvolta imprevedibili.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 37
La certificazione delle competenze
La valutazione autentica implica:
Un apprendimento costruttivo e significativo da parte dell’alunno
L’autenticità dei compiti richiesti
La partecipazione dello studente al processo valutativo
La valutazione autentica presuppone un riferimento a compiti reali, riscontrabili anche nella
vita extrascolastica.
Ma a cosa servono le rubriche?
Le rubriche:
Selezionano gli elementi più importanti per valutare la/e prestazione/i
Forniscono agli alunni i criteri di misurazione di tali elementi
Le indicazioni 2012 riprendendo l’art. 8 del DPR 122/2009, sottolineando che spetta
all’autonomia didattica delle singole istituzioni scolastiche progettare percorsi per la
promozione, la rilevazione e la valutazione delle competenze attraverso modelli che
verranno adottati a livello nazionale. Per la normativa scolastica (art. 8 DPR 122/2009)
questa certificazione delle competenze è prevista già al termine della scuola primaria.
Il modello nazionale della certificazione delle competenze (introdotto con il DM 9/2010)
presenta 3 livelli:
1. Di base
2. Intermedio
3. Avanzato
La CM 3/2015 introduce in via sperimentale un modello di certificazione per il primo ciclo
d’istruzione, che riprende il modello nazionale ma aggiunge un quarto livello: D – Iniziale
L’alunno/a, se opportunatamente guidato/a, svolge compiti semplici in situazioni note.
Inoltre la legge 107/2015 al comma 181, lettera i, prevede l’adeguamento, in raccordo con
la normativa vigente in materia di certificazione delle competenze, e la revisione della
modalità di valutazione e certificazione delle competenze al termine del primo ciclo e
secondo ciclo d’istruzione.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 38
CAPITOLO 9 - IL SISTEMA DI VALUTAZIONE E AUTOVALUTAZIONE D’ISTITUTO
L’avvio di un lungo processo
Già dagli inizi degli anni Novanta si diffuse l’idea di un organismo di valutazione da attuare
nella scuola statale. Nel 1990 durante le giornate degli “Studi generali della scuola italiana”
si sottolinea l’urgenza di tale autovalutazione. Qualche anno dopo in una circolare
ministeriale di educazione alla salute (n. 362 del 22 dicembre 1992) si parla, per la prima
volta, di PEI (Piano Educativo di Istituto) inteso come una dichiarazione di intenti formativi
di tutte le scuole.
Ci vorrà qualche altro anno per ritornare sulla questione e si inizierà a pensare di avviare
una valutazione anche dal punto di vista economico. Nel periodo tra il 1994 e il 1995, nel
più ampio contesto di riforma del pubblico impiego che ha portato alla sua
contrattualizzazione, i vari Ministri hanno emanato vari provvedimenti, in particolare il DPCM
del 7 Giugno 1195 che descrive lo schema della Carta dei servizi scolastici nel cui art. 10 si
riconosce la necessità di creare, anche nella scuola, un adeguato sistema di
autovalutazione.
I primi organismi
La Direttiva del 21 Maggio 1997, n. 307 istituisce il Servizio nazionale per la qualità
dell’istruzione (SNQI) affidando al CEDE (Centroeuropeo dell’Educazione con sede a
Frascati) la progettazione delle metodologie di rilevazione più affidabili. Si afferma il principio
della valutazione esterna per comprendere le condizioni del funzionamento del sistema
d’istruzione; nel 1999 il CEDE si trasforma in INVALSI (Istituto nazionale per la valutazione
del sistema dell’istruzione) dotato di personalità giuridica, autonomia amministrativa,
contabile, patrimoniale, regolamentare e finanziaria (D.lgs. 20 Luglio 1999, n. 258).
Nascono tre progetti pilota realizzati, dal 2001 al 2004, presso istituti resisi disponibili,
attraverso la somministrazione di prove standardizzate ad alunni di scuola primaria e
secondaria di primo grado in Italiano, Matematica e Scienze. Dalla legge Moratti all’INVALSI
viene affidato il compito di effettuare verifiche periodiche e sistematiche sull’abilità degli
alunni e sulla qualità dell’offerta formativa. Con il D.lgs del 19 novembre 2004 n. 286
l’INVALSI viene ridefinito Istituto Nazionale per la valutazione del sistema educativo di
istruzione formazione, restando sotto la vigilanza del MIUR.
Specificamente l’INVALSI deve:
1) realizzare verifiche periodiche degli apprendimenti;
2) predisporre, per gli esami di Stato delle prove nazionali;
3) svolgere attività di ricerca;
4) studiare le cause dell’insuccesso e della dispersione scolastica;
5) assicurare la partecipazione dell’Italia a progetti di ricerca europei;
6) realizzare attività di formazione al personale docente e dirigente della scuola.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 39
Nascono nel 2007 le Indicazioni Nazionali per il curriculo della scuola dell’infanzia e del
primo ciclo d’istruzione, nelle quali si ribadisce il ruolo dell’INVALSI. Con la Legge n. 176
ottobre 2007 si definiscono le classi in cui somministrare le prove: II e V primaria, I e III
secondaria; II e V istruzione superiore. Questa stessa legge introduce la prova nazionale di
Italiano, Matematica e Scienze che concorre alla determinazione del voto finale.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 40
Il procedimento di valutazione
Il concetto chiave del SNV è miglioramento, la cui promozione si gioca a vari livelli: tecnico,
per la gestione delle varie fasi di miglioramento, organizzativo, per predisporre condizioni
favorevoli all’evento valutativo, motivazionale, realizzare clima di fiducia tra docenti. Tra gli
aspetti più significativi introdotti dal Regolamento ricordiamo l’obbligatorietà
dell’autovalutazione d’istituto tramite un format digitale predisposto dall’invalsi e alla
valutazione esterna affidata a un nucleo composto da 1 dirigente e 2 esperti. E’ questo un
processo che prevede varie azioni, quindi risulteranno determinanti l’unità di
autovalutazione d’istituto, le figure di staff, i coordinatori di classe e i docenti con compiti
specifici. La scuola dovrà organizzare una struttura di servizio adeguata ad ogni momento
del procedimento di valutazione. Facendo sempre riferimento all’autovalutazione nella
Circolare n. 47, tutte le scuole, nel corso del primo semestre del 2015, elaboreranno il loro
RAV con sezione dedicata alle strategie di miglioramento.
Mentre prende il via la valutazione esterna, dall’ a.s. 2015/2016 le scuole avvieranno i piani
di miglioramento, mentre verrà sottoposto a valutazione esterna un ulteriore contingente di
scuole. Il triennio 2016/2017 sarà concluso con la rendicontazione sociale.
Il nucleo di valutazione
Anche nelle Indicazioni del 2012 riconoscono l’importanza dell’autovalutazione delle scuole;
ad ognuna di esse si suggerisce di creare un’unità di autovalutazione per individuare le
priorità strategiche e i piani di miglioramento. Tale nucleo ha il compito di individuare le
priorità di lavoro riconosciute dalla comunità.
La parte finale del RAV può essere definita come uno schema delle priorità, cioè degli
obiettivi che si prefigge. I traguardi di lungo periodo sono i risultati attesi, mentre gli obiettivi
di processo sono la definizione operativa delle attività su cui si intende intervenire.
In conclusione possiamo dire che la valutazione contribuisce a promuovere un approccio
inclusivo, anche se punti di forte criticità sono rappresentato dal rapporto tra valutazione
interna ed esterna: questi appaiono come inconciliabili, ma per i quali bisogna trovare una
condivisione in quanto complementari e interdipendenti
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 41
CAPITOLO 10 - RIFLESSIONI SUL PENSIERO PEDAGOGICO E DIDATTICO
La pedagogia in Frabboni
(Riflessione di Massimo Baldacci sul pensiero di Frabboni)
(Nota: i paragrafi che seguono sono la spiegazione, ed insieme il riassunto, dei paragrafi
del cap. 10 Sguardi profondi, Il guardaroba pedagogico, una quercia antica, una scienza tra
dubbio e progetto,)
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 42
Il «dispositivo investigativo», pur essendo pluralistico, per la ricerca pedagogica di base è il
modello della ricerca-azione che si caratterizza come una forma di ricerca sul campo, nella
quale è forte la connessione tra l’oggetto d’indagine e i problemi socioeducativi di un certo
contesto, e che privilegia uno stile partecipato nel gruppo degli operatori. Già nelli anni ’70,
molto prima che le teorie e le pratiche di ricerca-azione arrivassero in Italia, Frabboni aveva
messo a punto il modello di problematicismo come pedagogia in situazione.
“È dunque attraverso una ricerca partecipata e svolta su campo che il contributo
Interdisciplinare perviene ... alla versione – assai rara – della transdisciplinarità” (Frabboni,
1974)
Le intelligenze multiple
Secondo lo psicologo americano H.Gardner non esiste un solo tipo di intelligenza, ma una
molteplicità di forme, ovvero potenzialità biologiche presenti sin dalla nascita che in ogni
essere umano assumono una particolare combinazione di livelli di sviluppo, rendendo unico
il suo profilo intellettivo L’evolversi di ciascuna intelligenza e il raggiungimento di gradi più o
meno elevati, risulta in parte condizionato da fattori genetici, ma dipende anche dalle
opportunità di apprendimento offerte da una particolare contesto culturale.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 44
Non basta, dunque, individuare le inclinazioni personali, occorre esercitarle, in caso
contrario rimarranno nello stato embrionale. L’ intervento educativo auspicato da Gardner
non è quello di un’istruzione nozionistica, ma di una mediazione didattica che, di fronte all’
imprevedibilità delle esigenze dell’adulto del futuro, favorisca la comprensione di contenuti
basilari e soprattutto la padronanza degli strumenti di accesso ai vari ambiti culturali,
affinché il soggetto possa costruirsi il proprio sapere in autonomia anche attraverso la
possibilità di scelta di quei saperi maggiormente affini alla propria natura. Tenendo presente
quanto affermato dallo stesso Gardner, la teoria delle intelligenze multiple non ha carattere
di prescrittività nei confronti della pratica pedagogica; si potrà pertanto, mantenere fede al
suo principio basilare, attraverso una mediazione didattica che faciliti la mobilizzazione delle
diverse intelligenze, scegliendo in piena libertà gli obiettivi, i contenuti, le attività e le
strategie. Occorre altresì tenere presente che, in ambito scolastico scoprire le combinazioni
di intelligenze dominanti in un determinato soggetto ha il fondamentale scopo di
personalizzare la mediazione didattica, non deve quindi ridursi ad essere funzionale
all’orientamento, né tanto meno scadere in una precoce etichettatura dei bambini.
Didattica generale
La didattica è “la parte della teoria e dell’attività educativa che concerne i metodi
dell’insegnamento La didattica generale è una idea organizzativa che possiede la capacità
di modificarsi, pur mantenendo ben salde le strutture fondanti; si può dunque, a ragione
parlare di una didattica generale che si delinea come didattiche particolari per far fronte alle
incessanti sfide educative derivanti dalle conformazioni sociali e culturali. In riferimento ai
singoli compiti educativi dei molteplici enti, occorre elaborare una pedagogia particolare, in
modo da precisarli sempre meglio nelle loro caratteristiche e modalità di attuazione. In altri
termini, i corpi sociali intermedi sono richiamati ad operare pedagogicamente sui loro
associati. Ciascun ente o istituzione deve mirare ad assolvere il compito educativo che gli è
proprio, identificando specifici obiettivi, quindi, metodi e didattiche precise contro qualsiasi
generalizzazione. In generale possiamo allora definire la didattica come un ambito
conoscitivo che si occupa criticamente dell’allestimento, consolidamento e valutazione di
“ambienti di apprendimento”, cioè di specifici contesti risultanti da opportune integrazioni di
artefatti culturali, normativi, tecnologici e di specifiche azioni umane, ritenuti atti a favorire
processi acquisitivi. La didattica è una delle forme in cui si analizza, si progetta, si attua, la
vicenda dell’educazione. Essa si prospetta come concentrazione riassuntiva finale in
direzione operativa dell’intero processo, attraverso il quale l’intelligenza pedagogica affronta
le problematiche della formazione in senso lato, e dell’istruzione in senso stretto “Scienza e
arte dell’insegnamento”, come tale rientra a pieno titolo nella pedagogia come scienza e
arte dell’educazione, costituendone una sezione o branca specifica. La didattica, pertanto,
è questo: un dominio culturale che si propone di elaborare la trasmissione della cultura, del
pensare strutturato.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 46
Didattica disciplinare
Senza cercare una definizione generale, abbiamo posto attenzione agli aspetti concreti della
didattica disciplinare, che riguarda tutto quello che si insegna a scuola. La didattica
disciplinare cerca risposte alle seguenti domande: Che cosa? (Cose fondamentali, o nuclei
fondanti) Come? A chi? Perché? Si tratta, in particolare, di rendere insegnabile un sapere I
problemi della didattica disciplinare sono diversi per disciplina; è opportuno il coordinamento
già proposto tra indirizzi con lo stesso nome nelle diverse sedi, per scambi di informazioni,
materiali, bibliografie, etc. La didattica disciplinare comprende, fra l'altro, la rilettura della
disciplina, la definizione di obiettivi, una riflessione epistemologica, la progettazione
curricolare, l'analisi del materiale di lavoro. la didattica disciplinare si suddivide in quattro
obiettivi formativi: il primo traguardo , riguarda la morfologia delle materie scolastiche. il
secondo traguardo, ottimizzazione dei mediatori dell'istruzione: power point la lavagna , il
mastery learning. il terzo traguardo , approfondire le procedure individualizzate , attraverso
pratiche di autoapprendimento sia attraverso itinerari didattici a misura dell'alunno. il quarto
traguardo riguarda, degli accertamenti dei rendimenti degli allievi nelle singole discipline
attraverso prove di verifica sia aperte sia chiuse.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 47
Capitolo 11 - LO SVILUPPO DEL BAMBINO
Lo sviluppo sociale
Tra eredità e ambiente c’è un’interazione continua che incide sullo sviluppo e sull’ambiente
stesso.
1° gruppo sociale: la famiglia (luogo della socializzazione primaria) fornisce l’IMPRINTING
Prima relazione sociale: la madre
A 2 mesi riconosce la voce, a 3 il volto
A questo primo legame sociale si è dato il nome di ATTACCAMENTO
Lo sviluppo cognitivo
AUTORI
Piaget: Il modo di pensare del bambino ha caratteristiche proprie che cambiano lungo il
percorso evolutivo che si sostanzia in tappe o stadi.
Stadio senso motorio (0-2 anni) caratterizzato da riflessi, reazioni circolari primarie,
secondarie e terziarie, consapevolezza della permanenza dell’oggetto, necessità che gli
oggetti siano sempre presenti per essere percepiti e usati nella soluzione di un problema
Stadio del pensiero preoperatorio (2-7 anni) suddividibile in
- uno stadio preconcettuale con linguaggio a fini funzionali e forma di pensiero dal
particolare al particolare (se A è sempre associato a B, quando compare A deve
comparire anche B).
- uno stadio intuitivo caratterizzato da egocentrismo, vocalizzazione, irreversibilità
Stadio delle operazioni concrete (7-12 anni): le proprie ipotesi si basano sull’esperienza
passata. La natura delle ipotesi è assoluta. Diviene meno egocentrico e diventa capace
di decentramento. Acquisisce la conservazione di quantità, peso, volume (in tempi
differenti).
Stadio delle operazioni formali (12-oltre) caratterizzato dal ragionamento
ipotetico/deduttivo.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 48
Il bambino possiede processi cognitivi invarianti per tutta la vita:
Lev Vygotskij, è uno degli autori più sensibili all’influenza di cultura e ambiente sullo
sviluppo cognitivo. Le capacità cognitive vengono costruite in un processo interattivo le
opportunità di stimolo e con la guida fornita dall’ambiente. Gli adulti possono guidarli e
fornire impalcature di aiuto grazie alle quali possono agire come se fossero competenti o
sviluppare le strategie necessarie.
Lo sviluppo cognitivo dipende largamente dal linguaggio.
Lo sviluppo linguistico
4-6 mesi - comparsa lallazione: stadio prelinguistico in tutto il mondo (quindi non influenzato
dall’ambiente esterno).
In seguito i bambini diventano consapevoli che alcuni suoni trovano corrispondenza,
riscontro positivo in altri, ciò produce gratificazione, rinforzo.
Il bambino tende quindi a ripetere tali suoni e a eliminare gli altri.
Poi prova a ripetere tali nuovi suoni inserendoli nel proprio repertorio da suoni lallati a suoni
con parole.
NB. Allo stadio della lallazione i bambini possono cogliere qualsiasi linguaggio ed enunciarlo
perfettamente. Quando hanno eliminato i suoni lallati è però difficile recuperarli.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 49
Da qui l’importanza di intervenire precocemente con i bambini non udenti: prima si
interviene, minori saranno le distorsioni nella pronuncia dei suoni.
Dopo aver copiato le parole dei grandi e averle associate alle cose, iniziano a formare frasi
Incominciano a inventare (origine ipercorrettismi)
Chomsky: Gli individui umani sono geneticamente equipaggiati per acquisire il linguaggio.
Questa dotazione genetica è chiamata LAD ( Language Acquisition Device“.
Il bambino inizia a parlare se si verificano 2 condizioni:
1) Genetica: il LAD
2) Ambientale: effettiva esperienza di udire dei “parlanti”
- considerare quantità/qualità degli imput ( il bambino più sente parlare più parla, meglio
sente parlare, meglio parla)
- considerare la disponibilità a rispondere.
Fontana suddivide il vocabolario del bambino in attivo e passivo
passivo: parole comprese (+ vasto)
attivo: parole che riesce a usare a scopo comunicativo.
Le variazioni sono fisiologiche.
Scansioni temporali: sostantivi verbi pronomi (2 anni) avverbi /aggettivi/termini
comparativi
Bernstein: i bambini provenienti da ambienti poveri usano il linguaggio in modo diverso ma
ugualmente significativo. Da qui il ruolo della scuola che deve fornire incoraggiamento,
informazione supporto per le difficoltà linguistiche.
Ruolo dell’insegnante
Inserire una nuova struttura in strutture linguistiche già possedute dagli alunni;
Rispondere sempre alle domande sulla lingua e giocare con le parole
Fornire loro un feedback (anche gli errori possono essere sfruttati anziché demonizzati), ne
è un es. Grammatica della Fantasia di Gianni Rodari
Lo sviluppo dell’intelligenza
Test Binet Simon: trovare un modo di misurarla dall’abilità nelle risoluzioni dei test, una
volta stabilita la “prestazione media” si ricava una classificazione di più intelligenti ai più
ottusi. Questo portò al concetto di ETA’ MENTALE.
Lewis Terman sviluppò tale concetto e diede vita al Q.I. (quoziente intellettivo)
determinato prendendo il rapporto tra età mentale/età cronologica e moltiplicando per 100:
𝐸𝑀
Q.I. = X 100
𝐸𝐶
Se EM=EC, Q.I. = 100
Questo concetto possiede almeno 3 limiti:
- avrebbe potuto trasformarsi in uno strumento di selezione
- lo svantaggio rilevante dopo i 15 anni (l’EM non migliora)
- il Q.I. può essere migliorato da fattori ambientali
Importante è il ruolo della scuola: i bambini con Q.I. uguale sviluppano doti diverse e
migliorano le prestazioni se inseriti in ambienti stimolati.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 50
Lo sviluppo affettivo
Il termine affettivo si trova in genere in riferimento a tutti quegli elementi che vanno a
costituire la personalità
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 51
CAPITOLO 12 - INQUADRAMENTO TEORICO SULL’APPRENDIMENTO
Teorie dell’apprendimento
L’apprendimento è qualcosa di inscindibile dal nostro modo di pensare o agire. Esso ci
accompagna per tutto l’arco della vita; influenza e, allo stesso tempo, è influenzato non solo
dal versante cognitivo della persona ma anche da tutta la sfera affettivo-emotiva-
motivazionale.
Dal punto di vista scolastico esso coinvolge quindi pensieri, sentimenti, azioni dell’alunno e
del docente in uno scambio e negoziazione che può avere valenza positiva se ha come
risultato l’ampiamento delle conoscenze, negativa se fa emergere sentimenti di
inadeguatezza (Novak 2001).
Il comportamentismo di Watson
Rileva il primato dei fattori ambientali: noi siamo ciò che abbiamo appreso. Secondo W.,
infatti, l’essere umano nasce con alcune connessioni S-R (stimolo- risposta) dalle quali, in
seguito, se ne possono creare altre. La natura umana è quindi suscettibile di modificazioni
grazie alle influenze reciproche tra esperienze di apprendimento passate e attuali. Watson
non pone limiti a ciò che una persona, con un opportuno e adeguato condizionamento, sarà
in grado di fare.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 52
CASO DEL PICCOLO ALBERT = spiegazione della genesi di alcune reazioni, come la
paura, sulle basi della legge del condizionamento. Di qui importanti teorizzazioni per la
terapia delle fobie.
Il connessionismo di Thorndike
Thorndike analizzò le conseguenze premianti e punitive all’emissione di una risposta
(esperimento gatti rinchiusi nella gabbia – problema). L’apprendimento della risposta
corretta (azionare la cordicella ) non era dovuto ad una presa di coscienza intelligente ma
al progressivo consolidamento della connessione S-R (di qui il termine connessionismo).
Non è, quindi, importante la contemporaneità della comparsa stimolo-risposta, ma gli effetti
che seguivano quest’ultima (se piacevoli = rafforzamento risposta, se spiacevoli =
indebolimento)
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 53
Un’ulteriore distinzione va fatta tra rinforzi primari (= soddisfare bisogni biologici ) e rinforzi
secondari (= eventi che associati a rinforzi primari hanno potere rinforzato)- (Es. Denaro)
Interessante è anche la tecnica del modellaggio = rinforzo passo passo dei vari
comportamenti sino ad avvicinarsi al comportamento atteso.
Applicazioni educative: casi di disabilità, tecniche dell’Applied Behavior Analysis
Comportamentismo e processi di insegnamento apprendimento: Gagné, Bloom e il
mastery learning
Gagnè e la teoria dell’apprendimento cumulativo = lo sviluppo umano è un qualcosa di
progressivo; il bambino progredisce nello sviluppo perché impara un insieme ordinato di
capacità che si costruiscono l’una sull’altra progressivamente (=si cumulano)
G. distingue otto tipi di apprendimenti organizzati in una struttura gerarchica:
Apprendimento di segnali; Apprendimento stimolo – risposta, Concatenazione motoria,
Concatenazione o associazione verbale, Apprendimento di discriminazioni, Apprendimento
di concetti, Apprendimento di principi – regole, Soluzione di problemi.
L’analisi dei compiti di apprendimento è la chiave di volta dell’insegnamento (postula quindi
un legame teoria dell’apprendimento – teoria dell’insegnamento ).
In tale prospettiva G. propone nove eventi legati al processo di istruzione:
1. Stimolare l’attenzione per favorire la ricezione dello stimolo;
2. Informare gli studenti degli obiettivi stabiliti;
3. Stimolare le conoscenze pregresse;
4. Favorire la percezione selettiva;
5. Fornire una codifica semantica;
6. Promuovere la generazione di risposte;
7. Fornire feedback;
8. Valutare le prestazioni;
9. Far svolgere attività diversificate per promuovere il transfer.
Bloom è noto per la tassonomia degli obiettivi educativi (di cui, per esempio, abbiamo, nelle
categorie dell’area cognitiva: conoscenza, comprensione, applicazione, analisi, sintesi,
valutazione).
La pedagogia dei curriculi e il mastery learning pone l’accento sulla promozione dei
talenti attraverso l’acquisizione della mastery (padronanza), che avviene grazie a diversi
fattori:
motivazionali, attitudinali, ambientali (=qualità dell’istruzione e opportunità di
apprendimento offerto dal contesto scolastico).
Secondo l’approccio del mastery learning, la maggior parte degli strumenti può raggiungere
un alto livelli di capacità di apprendimento a patto che: si affronti l’insegnamento con
sensibilità e sistematicità, si aiutino gli studenti quando e dove presentano difficoltà di
apprendimento, si dia loro il tempo sufficiente per conseguire la padronanza, si stabilisca
un criterio chiaro per definire che cosa sia da considerare “padronanza”.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 54
Block, nell’ottica della mastery learning, propone i seguenti procedimenti per una
educazione individualizzata: Definizione operativa degli obiettivi, Frazionamento del
contenuto in unità significative, Elaborazione di prove di verifica, Predisposizione delle unità
didattiche, Strutturazione di attività integrative di recupero, Controllo.
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La conoscenza trasmessa, memorizzata, riprodotta viene contrapposta ad una conoscenza
costruita e compresa, nonché prodotta attivamente dal soggetto che apprende (importanza
del soggetto che apprende in contesti reali).
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Apprendimento e istruzione secondo Bruner
Bruner sostiene che solo attraverso una stretta collaborazione tra le teorie di Vygotskij e
Piaget è possibile avere una visione completa dell’apprendimento. Importante è il
riferimento alla cultura in cui la persona è inserita, e lo sviluppo cognitivo stesso sarebbe
rappresentato da cambiamenti del codice di rappresentazione del mondo circostante.
Bruner ne individua 3:
esecutivo=la conoscenza è assimilata attraverso l’azione
iconico= la conoscenza è conservata sotto forma di
immagine
simbolico= la conoscenza è mediata dal linguaggio.
L'apprendimento è una scoperta attiva che non produce abilità specifiche ma modalità e
stili di pensiero. Secondo Bruner la scuola ha il compito di affinare le modalità di
conoscenza, di insegnare a pensare. In tale prospettiva, una teoria dell’istruzione deve:
stabilire quali sono le esperienze migliori da proporre; guidare lo studente attraverso una
serie di elementi progressivi; chiarire in che modo i saperi vanno presentati per essere
compresi; l’allievo deve essere infine informato su finalità e obiettivi, nonché della natura
delle ricompense e punizioni.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 57
Novak
Interessanti sono, a tal proposito, le mappe concettuali di Novak, che si fondano sulla teoria
dell'apprendimento di Ausubel. Esse, come suggerisce il termine, sono rappresentazioni di
strutture concettuali. Un concetto generale è formato da altri concetti più specifici connessi
tra loro, e può essere rappresentato riportando con termini adatti in apposite caselle i
concetti specifici e collegando questi mediante un tratto, specificando i nessi logici che
pongono in relazione i concetti tra loro. Le mappe concettuali permettono di orientarsi nella
rete di informazioni riguardanti la struttura della conoscenza, aiutandoci nei processi di
organizzazione, interpretazione, rielaborazione e trasmissione delle conoscenze stesse. Le
mappe concettuali, costruite dal discente, aprono la strada all'apprendimento significativo
in quanto rappresentano la struttura concettuale entro la quale va a collocarsi in modo non
puramente sommativo il nuovo concetto e la consapevolezza di questo processo è una
forma di metaconoscenza e metapprendimento. Novak afferma che costruire ed arricchire
la mappa dei concetti e delle relazioni che li legano può risultare molto stimolante e favorire
la scoperta di nuovi concetti e nuove relazioni, si tratta, quindi, di “imparare ad imparare”.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 58
Principi fondamentali dell’apprendimento situato:
Si verifica in funzione dell’attività, del contesto e della cultura in cui è situato;
Richiede interazione sociale, collaborazione e attivazione di contesti autentici;
È facilitato quando sono disponibili opportunità di scaffolding.
Interessante anche l’istruzione ancorata (Bransford): essa rappresenta una tecnica per
“situare” l’istruzione in una serie di contesti di vita reale (spesso simulati) per facilitare la
riflessione, il transfer e la capacità di risolvere problemi. Si tratta di un approccio
all’apprendimento basato sulla tecnologia in cui viene sottolineata l’importanza di collocare
l’apprendimento all’interno di contesti significativi di soluzione di problemi. L’Istruzione
Ancorata usa i contesti come strumenti per apprendere. L’ancoraggio si riferisce
all’assemblaggio dei contenuti all’interno di contesti realistici ed autentici. Materiali presi da
motori di ricerca, banche dati, siti internet, file audio-video sono utilizzati come ancore o
macro-contesti e le attività didattiche sono “disegnate” attorno all’ancora, un materiale che
va esplorato da parte di chi apprende nella forma di un problema o di un caso da risolvere
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 59
Gardner, nel definire il suo modello di intelligenza, parte dall’idea dell’indipendenza di varie
facoltà intellettive, delle quali ogni persona può essere diversamente dotata.
Ciascuno di noi possiede tutte le intelligenze che però gestisce ed usa in modi differenti:
• l’intelligenza linguistica riguarda la sensibilità per il suono, l’organizzazione delle parole,
il significato, le diverse funzioni del linguaggio;
• l’intelligenza logico-matematica si riferisce alla capacità di accedere all’universo
simbolico dei numeri, stabilendo rapporti e formulando regole;
• l’intelligenza spaziale attiene alla capacità di percepire forme, di riconoscere elementi
visivi e saper organizzare lo spazio;
• l’intelligenza cinestesico-corporea si esplica nella capacità di gestire, organizzare,
utilizzare il proprio corpo per fini pratici o espressivi;
• l’intelligenza musicale rimanda alla capacità di distinguere e riprodurre una serie di suoni
organizzati aritmicamente;
• l’intelligenza intrapersonale evidenzia la capacità di entrare in rapporto con i propri
sentimenti, saperli vivere in modo soddisfacente e saperli esprimere;
• l’intelligenza interpersonale si esprime con la capacità di entrare in rapporto positivo
con gli altri, cogliendone la personalità, le intenzioni e costruendo un positivo rapporto
comunicativo.
La personalizzazione dell’apprendimento, in tale prospettiva, può essere perseguita in
diversi modi
• Approccio disciplinare=volto ad aiutare lo studente ad organizzare i materiali oggetti di
studio;
• Approccio modulare=organizzazione dei saperi in moduli disciplinari, flessibili ed
adattabili ;
• Approccio personalizzato-opzionale=offerta formativa aperta, diversificata e duttile;
• Approccio museale=organizzazione degli ambienti di apprendimento come musei in cui
sperimentare le varie capacità sensoriali-logiche-costruttive, narrative... (progetto
Spectrum di Gardner, 1993)
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CAPITOLO 13 - L’APPRENDIMENTO NELLA SCUOLA PRIMARIA: LINGUAGGIO, LETTO-
SCRITTURA, NUMERO E CALCOLO
LINGUAGGIO E LETTO-SCRITTURA
Il primo anno nella scuola primaria
Il primo anno di scuola primaria è per il bambino un anno di passaggio, in quanto egli si
trova a transitare dall’oralità alla scrittura. I bambini, infatti, fino ai 5 anni possiedono
un’oralità primaria priva di strutture riconducibili al linguaggio scritto. Il bambino, a partire da
quell’età, comincia a introdurre le strutture della lingua scritta nel proprio linguaggio, se gli
adulti gli leggeranno dei testi come ad esempio le fiabe, e avrà, in questo caso, minori
difficoltà nell’apprendere a leggere e a scrivere, quando andrà a scuola.
Il bambino dovrà imparare: a pronunciare correttamente tutti i suoni, senza invertirli
all’interno della parola, a distinguere i suoni analoghi ( d-t; b-p ) e quelli più difficili come sc,
gl, x, a essere in grado di attribuire il nome corretto alle cose alle persone e agli animali,
arricchire il proprio lessico. Per favorire la padronanza delle strutture della lingua scritta
l’insegnante dovrà prevedere degli spazi da dedicare alla lettura e non stancarsi di ripetere
sempre la stessa storia, se è richiesto dai bambini, in quanto ciò permette la
memorizzazione delle strutture della lingua scritta.
La competenza alfabetica
Per competenza alfabetica si intende la capacità di mettere in relazione i suoni con le lettere
e di tradurre i suoni in spazio. Al termine del primo anno il bambino dovrà diventare capace
di tradurre in scrittura i propri pensieri. Se da una parte la competenza alfabetica rende
possibile la completa corrispondenza tra pensiero e scrittura, dall’altra permette anche una
lettura strumentale, cioè una corretta lettura anche in assenza di comprensione. Ne
consegue che durante il primo anno i bambini dovranno imparare a far corrispondere i suoni
ai segni scritti. Le attività relative alla comprensione di ciò che è scritto saranno rese possibili
dopo che i processi di codifica e decodifica siano diventati automatici e pertanto nella prima
classe la valutazione dalla comprensione di un testo scritto non può essere oggetto di
valutazione specifica.
La lettura prosodica
La prosodia è la parte della linguistica che studia l’intonazione, il ritmo, la durata e l’accento
del linguaggio parlato. Essa serve a focalizzare l’attenzione verso determinate parti del
discorso. La lettura prosodica richiede pertanto un interpretazione del testo e per poter
essere acquisita richiede una serie di fasi caratterizzate da adeguate attività. In primo luogo
è importante rispettare la punteggiatura; in secondo luogo la lettura deve essere effettuata
rispettando una certa regolarità; bisogna alternare la lettura veloce con quella lenta, e infine
variare il volume della voce a seconda del significato di ciò che si legge.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 62
3. La specificità in quanto l’apprendimento scolastico richiede il possesso di capacità
mentali di ordine superiore.
4. La generatività: l’apprendimento scolastico è riconosciuto come il fondamento per il
lifelong learning , infatti, le conoscenze acquisite a scuola sono utili per produrre altre
conoscenze e capacità.
5. I processi deduttivi, sono quei processi attraverso i quali viene appresa la maggior parte
delle conoscenze.
6. Il ricorso indispensabile alla lingua scritta, che è uno strumento per realizzare ulteriori
apprendimenti e strumento dello sviluppo della logica.
7. L’atteggiamento corporeo che rende possibile la concentrazione, l’attenzione e la
memorizzazione. Questa complessità è richiesta in quanto gli allievi sono impegnati
nell’apprendimento non di materie, ma di discipline cioè modi peculiari di pensare e
rappresentare il mondo.
L’apprendimento disciplinare
In realtà a scuola non si apprendono le discipline, ma si impara a disciplinare la mente, a
utilizzare modi di pensare diversi, proprio perché esse non sono un insieme di informazioni
scollegate tra di loro. In una disciplina, infatti, i contenuti vengono presentati evidenziandone
i nessi reciproci e le problematiche di fondo.
Durante la prima fase dell’apprendimento disciplinare, il riferimento al mondo immediato e
concreto in cui li bambino vive deve costituire un ponte per introdurlo in mondi più lontani.
La prima fase dell’apprendimento disciplinare, quindi deve rispondere ai bisogni naturali di
conoscenza degli allievi per far si che essi possano affrontare il rigore dello studio con una
motivazione elevata, affinché da ciò scaturiscano capacità elevate di attenzione,
concentrazione e impegno nello studio.
A partire dal quarto anno della scuola primaria il bambino passerà in una seconda fase e
l’apprendimento disciplinare sarà caratterizzato dalle quattro tappe proposte da Gardner:
1. identificare i concetti rilevanti;
2. affrontare gli argomenti in profondità;
3. avvicinarsi all’argomento in modi diversi per esempio attraverso narrazioni, esposizioni
logiche, ecc;
4. prevedere dimostrazioni di comprensione della materia.
Il linguaggio disciplinare
Il linguaggio si sviluppa non solo con lo studio dell’italiano, ma anche grazie allo studio delle
altre discipline, come la storia, la geografia, le scienze. Quando si affronta un tema
disciplinare l’allievo deve essere messo in grado non solo di aumentare le proprie
conoscenze, ma anche il lessico, la morfologia e la sintassi. Quando si affronta un testo
disciplinare occorre richiamare l’attenzione degli alunni sul lessico e assicurarsi che ne
comprendano il significato e chiedere, ad esempio, agli allievi di costruire frasi contenenti il
nuovo termine.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 63
Si possono proporre anche attività di costruzione di proposizioni che scaturiscono dai
pensieri elaborati e che quindi rivelano se effettivamente la comprensione si sia realizzata.
Durante il quarto e il quinto anno della primaria la capacità di comprensione di un testo deve
essere oggetto specifico di attenzione da parte dell’insegnante. La comprensione, infatti, si
impara e non può essere data per scontata. La comprensione, però non è importante solo
per la ripetizione di un testo; molti allievi esprimono un problema che è quel lo di non essere
in grado di sapere se hanno capito o meno ciò che stanno studiando; di conseguenza non
possono apprendere a imparare autonomamente e, quindi, non possono apprendere la
metacognizione.
La metacognizione
Per metacognizione possiamo intendere la consapevolezza e il controllo dei propri processi
cognitivi. Nella scuola primaria apprendere la metacognizione vuol dire, soprattutto,
imparare a monitorare i propri processi mentali. Riguardo ai testi espositivi, la
metacognizione comporta la capacità di monitorare i propri processi di comprensione. Per
monitorare la propria capacità di comprensione l’allievo utilizza tre criteri: 1) il criterio
lessicale, 2) il criterio sintattico, 3) il criterio semantico. Per insegnare agli allievi a utilizzare
i tre criteri bisogna prevedere un adeguato scaffolding ossia un aiuto da parte
dell’insegnante (il termine scaffolding, vuol dire letteralmente, ponteggio, impalcatura).
La literacy
Essa può essere considerata una competenza, la cui acquisizione è un processo che dura
tutta la vita e si realizza non solo in contesti formali, come la scuola, ma anche
nell’interazione con il gruppo di pari, i colleghi, la comunità più ampia.
Si possono individuare tre tipi di literacy:
1. prose literacy, che comprende le conoscenze e le skill necessarie per capire e utilizzare
le informazioni contenute in testi quali romanzi, poemi, articoli di quotidiani e riviste.
2. document literacy, che comprende le conoscenze e le skill richieste per individuare e
utilizzare le informazioni contenute in modelli diversi come i moduli per richiedere un
lavoro, le fatture fiscali,, mappe, grafici, tabelle.
3. quantitative literacy, che comprende le conoscenze e le skill necessarie per applicare le
operazioni aritmetiche e utilizzare correttamente il libretto degli assegni, la compilazione
di un ordine, il calcolo degli interessi bancari. Queste tipologie di literacy non fanno
riferimento a settori disciplinari, ma a tre tipi di testi (continui, discontinui e quantitativi),
che richiedono il coinvolgimento di processi cognitivi diversi.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 64
Esse sono:
L’autovalutazione: l’allievo valuta la qualità dei progressi realizzati nell’attività.
L’organizzazione: l’allievo riorganizza il materiale per facilitare l’apprendimento.
La definizione degli obiettivi e la pianificazione: l’allievo definisce gli obiettivi del compito
e pianifica le sequenze di attività.
La ricerca di altre informazioni sull’argomento.
La registrazione di eventi e risultati: l’allievo prende appunti, fa elenchi di parole
sconosciute, ecc.
La strutturazione dell’ambiente: il setting materiale viene modificato per facilitare
l’apprendimento.
La definizione di autoricompense e punizioni.
La ripetizione e la memorizzazione.
La richiesta di aiuto ai pari, agli insegnanti, ecc.
la rilettura di testi, note, appunti.
NUMERI E CALCOLO
L’intelligenza numerica
Oggi la ricerca psicologica dimostra che nasciamo predisposti all'intelligenza numerica tanto
quanto all'intelligenza verbale. È quindi importante che la scuola accompagni fin dalla più
tenera età non solo lo sviluppo del linguaggio, ma anche la costruzione di questo altro tipo
di intelligenza.
A tal proposito i principali modelli di riferimento teorici, che hanno cercato di capire la
relazione che intercorre fra conoscenza numerica e competenze cognitive, sono:
1. Le teorie piagetiane
2. Le teorie neopiagetiane
1. TEORIE PIAGETIANE
Spetta a Piaget il merito di aver formulato le prime teorie cognitive sull’elaborazione di
concetto di NUMERO ipotizzando che c’è un rapporto inscindibile tra le STRUTTURE
DELL’INTELLIGENZA GENERALE E L’ EVOLUZIONE DI COMPETENZE NUMERICHE
nelle abilità di pensiero. Quindi l’evoluzione delle strutture della conoscenza numerica
implica lo sviluppo dell’intelligenza da pensiero preoperatorio (irreversibile) a pensiero
logico-concreto (reversibile).
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 65
Questo passaggio permette di giungere alla padronanza di:
- OPERAZIONI LOGICHE: utilizzare nozioni di classe, di serie e di numero
- OPERAZIONI SPAZIO-TEMPORALI: riconoscere come valori invarianti i rapporti spaziali
di ordine topologico e numerico (distanza, lunghezza, area, volume …), o certe quantità
fisiche (quantità, permanenza della sostanza, peso, durata …)
Piaget ritiene che se il bambino produce la sequenza dei numeri correttamente (contare
progressivamente a voce) NON significa che egli sappia “contare” utilizzando il concetto di
numero; il bambino infatti può servirsi dei numeri senza comprenderne il reale significato.
Per Piaget occorre dunque:
- Che il bambino acquisisca il concetto di CORRISPONDENZA BIUNIVOCA (ogni parola-
numero corrisponde a un oggetto)
- Che il bambino acquisisca il concetto di QUANTITA’ (corrispondenza tra la sequenza
numerica e la quantità dell’insieme considerato).
Affinché ciò avvenga, i bambini devono padroneggiare OPERAZIONI LOGICHE di
CLASSIFICAZIONE e SERIAZIONE.
2. STUDI NEOPIAGETIANI
R. CASE ha analizzato (dall’approfondimento del concetto di schemi concettuali primitivi di
Piaget) il passaggio dal CONTEGGIO alla COMPRENSIONE DELLE RELAZIONI tra tutti i
numeri del sistema numerico. Il SENSO DEL NUMERO dei bambini dipende dalla presenza
di “strutture concettuali centrali” = reti di concetti e relazioni che sottostanno alla maggior
parte dei compiti che i bambini devono padroneggiare.
Numeri e linguaggio
Come i suoni nel linguaggio, anche le quantità sono esprimibili attraverso “parole-numero”
che hanno un rapporto convenzionale con il significato che sottintendono (un insieme di
sette torte convenzionalmente definito con il numero “sette”).
In particolare i processi di quantificazione non si basano tanto su competenze che
dipendono da abilità di conteggio vero e proprio, ma presuppongono capacità specifiche,
quali il subitizing e la “stima” di grandezze, già presenti in neonati e alcune specie animali.
Queste capacità implicano una discriminazione e un riconoscimento non verbale della
quantità (subitizing: vedere 2, 3, 4 oggetti e capire immediatamente che sono
rispettivamente 2, 3 o 4, senza contarli verbalmente. Per insiemi più numerosi si attua un
processo parallelo di “stima di quantità”, meno preciso del subitizing).
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 66
Pertanto se ancor prima di “saper contare” la specie umana sa capire i fenomeni anche in
termini di quantità, ciò fa supporre che lo sviluppo della conoscenza numerica dipenda da
principi cognitivi innati e non necessariamente mediati da codici verbali.
Seguendo due linee di indagine, le ricerche hanno approfondito la conoscenza sul come
compaia e si sviluppi la capacità di utilizzare il sistema simbolico dei numeri arabici:
Una linea relativa allo sviluppo delle abilità di SCRITTURA del numero
Si possono distinguere tre tipi fondamentali di notazione numerica:
1. notazione con grado informativo nullo per un osservatore esterno ma portatore di
significato personale per il bambino;
2. notazione basata sulla corrispondenza biunivoca;
3. notazione convenzionale
Che si integrano a quattro categorie di rappresentazione numerica di Hughes:
1. idiosincratica (priva di notazioni comprensibili)
2. pittografica (riproduzione figurativa degli oggetti visti)
3. iconica (formata da segni grafici: aste, simboli … uno per oggetto)
4. simbolica (numeri arabici).
In alcuni studi recenti, Gardner sottolinea l’importanza dell’età prescolare per lo sviluppo
della competenza simbolica. La competenza simbolica notazionale viene raggiunta intorno
ai 5-7 anni, quando cioè il bambino diventa capace di manipolare i vincoli dei sistemi
simbolici, utilizzando le notazioni come strumenti comunicativo-referenziali.
Hierbert (1988) afferma che “l’elemento centrale della competenza in matematica scritta è
la padronanza del rapporto tra simbolo e numero”. Egli prevede lo sviluppo gerarchico di 5
processi cognitivi specifici per l’acquisizione della matematica scritta:
1. connettere i simboli ai referenti (collegare il numero alla quantità)
2. sviluppare procedure di manipolazione del simbolo (da materiale concreto a simbolico:
x es. dalla somma di oggetti a somma di numeri)
3. elaborare procedure per i simboli (le regole note per la manipolazione dei simboli
vengono elaborate sia riconoscendone la trasferibilità ad altre situazioni, sia
utilizzandole per sviluppare nuove procedure)
4. automatizzare le procedure di manipolazione dei simboli
5. costruire sistemi simbolici astratti.
Un’altra linea relativa allo sviluppo delle abilità di LETTURA del numero
Nella lettura di un numero, ciascuna cifra, a seconda della sua posizione, assume un “nome”
diverso: compito dei meccanismi lessicali è selezionare adeguatamente questi nomi per
riconoscere quello in esame.
I numeri primitivi appartengono a tre classi distinte, chiamate “classi”, “ordini di grandezza”
o “livelli”:
- le unità
- i “teens” (dall’11 al 19) c) le decine (20, 30, 40 …)
Ogni elemento è caratterizzato dalla classe e dalla posizione occupata nella classe stessa:
il numero 5 appartiene alla classe delle unità, quinta posizione.
I maggiori errori di lettura per i bambini sono:
- Errori a livello di lessico numerico (leggo e/o mi rappresento mentalmente un numero per
un altro)
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 67
- Errori di lettura a base sintattica (legati alla sintassi interna al numero stesso: 20057 leggo
“duecentocinquantasette”)
Lo sviluppo della comprensione simbolica dei numeri è stato studiato sistematicamente da
Byalistok (1992). Esso si articola in tre stadi:
1. Apprendimento delle notazioni orali dei numeri: i bambini sanno recitare la sequenza
appresa, ma non sanno distinguere uno a uno gli elementi sia nella scrittura che nel
semante corrispondente.
2. La rappresentazione formale: la capacità di riconoscere il nome verbale si integra con
la scrittura corrispondente del numero.
3. La rappresentazione simbolica: la rappresentazione formale è integrata al
riconoscimento della quantità corrispondente.
Dalle diverse ricerche emerge in sostanza l’importanza dell’evoluzione dei meccanismi di
riconoscimento delle quantità: solo quando tale evoluzione si è sviluppata e integrata con
gli apprendimenti relativi ai sistemi di conteggio, lettura e scrittura dei numeri elementari,
possono avere origine i meccanismi di calcolo e manipolazione del sistema numerico.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 68
Per Baroody durante l’apprendimento si passa da processi basati su lente procedure di
conteggio all’utilizzo di una serie di regole applicate in modo sempre più automatico.
Per Geary i bambini tendono inizialmente a contare con le dita utilizzando una procedura
“totale” in cui si contano entrambi gli addendi.
Ad esempio per eseguire l’operazione 4 + 3 i bambini più piccoli sollevano una alla volta e
contano le dita corrispondenti al primo addendo (1, 2, 3, 4), poi fanno lo stesso per il secondo
addendo (1, 2, 3), e infine ricominciano il conteggio a partire dall’unità iniziale del primo
addendo (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7).
Al termine della prima elementare i bambini utilizzano una strategia di calcolo più sofisticata,
quella del counting on: il bambino inizia a contare dall’addendo maggiore e aggiunge quello
minore, un’unità alla volta, fino a raggiungere il risultato.
Levine dalle sue ricerche sperimentali ha dedotto che già a 4 anni i bambini sono in grado
di eseguire correttamente operazioni di addizione e sottrazione non verbale (assenza
componente linguistica) con piccole numerosità di oggetti.
I compiti verbali risultano più difficili e, in particolare, i quesiti numbers facts vengono risolti
in modo corretto solo dopo i 5-6 anni. Huttenlocher, Jordan e Levine ha indicato che l’abilità
di calcolo nasce e si sviluppa a partire dai 2- 3 anni.
Già a questa età i bambini sanno discriminare le numerosità di piccoli insiemi: pur non
possedendo ancora il meccanismo di conteggio degli elementi, eseguono con successo
semplici addizioni e sottrazioni presentate visivamente tramite oggetti concreti.
Analizzando gli effetti della classe sociale sull’apprendimento, è stato poi rilevato che i
bambini di 5 anni appartenenti a classi sociali più deprivate, eseguono bene i calcoli di tipo
non verbale, ma non quelli verbali.
Le stimolazioni linguistiche sembrerebbero dunque incidere precocemente sulle abilità di
calcolo convenzionale, mentre non influenzerebbero le abilità logico-matematiche di tipo
non verbale.
Anche Ginsburg ha evidenziato come i processi mentali sottostanti alle abilità di calcolo non
differissero significativamente in soggetti diversi per cultura, razza e classe sociale. Il
contesto culturale e la scolarizzazione sono invece risultati decisamente rilevanti per
l’esecuzione delle operazioni standard di calcolo verbale.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 69
CAPITOLO 14 - IL PROCESSO DI INSEGNAMENTO - APPRENDIMENTO
L'apprendimento è un processo molto complesso, influenzato da molti fattori della sfera
cognitiva e anche affettivo-emotivo-motivazionale. Questa complessità ha origine dagli
elementi base della dinamica di insegnamento-apprendimento: lo stimolo, la risposta
e la conseguenza. Un insegnante attento deve poter scegliere le strategie e le tecniche più
adatte all'alunno, in base al tipo di compito, al contesto, alle difficoltà di ciascuno e alle
differenze individuali per poter lavorare al meglio su questi tre elementi del processo.
Il successo di un programma di apprendimento dipende, però, anche dalla relazione
empatica che si instaura tra l'alunno e l'insegnante e dalla fiducia che l'alunno ha nelle
proprie capacità grazie anche all'incoraggiamento dell'insegnante. Inoltre è condizionato da
difficoltà varie, da forme di disabilità e anche dai BES. (Insegnante deve individuare percorsi
più funzionali).
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 70
L'azione del soggetto che apprende è al centro dell’apprendimento, viene modificato
positivamente ed indirizzato verso gli obiettivi educativi-formativi. Bisogna riflettere sulla
vicinanza-lontananza dell'azione rispetto al compito finale, obiettivo dell'apprendimento. E'
più efficace proporre subito le azioni che saranno il prodotto finale o una serie di azioni-
processi lontani dal compito, ma che formano nell'alunno le funzioni cognitive e le operazioni
mentali generative che gli serviranno per apprendere qualsiasi prodotto-contenuto?
A livello superficiale, si propongono, come obiettivi di apprendimento, azioni che sono già
il prodotto finale.
Questo compito-azione va scomposto in varie combinazioni di microazioni e decisioni.
Nel secondo strato si propongono azioni che non sono parti del compito, ma sono abilità
componenti, cioè dei nuclei di conoscenza, abilità o competenza più generali rispetto al
compito, ma che rendono possibili azioni finali. Le abilità componenti sono azioni derivate
dal contenuto del compito, ma che se ne allontanano, mantenendo però un collegamento
con il compito stesso.
Nel terzo strato le proposte si rivolgono alle operazioni mentali più universali e
generalizzate come sperimentare, comprendere, ipotizzare, interpretare, comparare,
riflettere, creare. Esse si intrecciano e si possono applicare a molti contenuti e generare
altro apprendimento.
Una didattica per operazioni mentali rovescia il tradizionale approccio che parte dai
contenuti rigidamente separati e mette al centro dell'apprendimento dell'alunno, soprattutto
se con BES.
Nel quarto strato vi è una didattica per Funzioni cognitive - Prerequisiti funzionali
all'apprendimento. Riferimento teorico è Feuerstein ha fiducia nella profonda modificabilità
cognitiva. La mediazione didattica deve essere rivolta a funzioni di base, generalizzabili e
trasferibili, che non centrano con i compiti finali, ricchi di contenuto.
Egli individua funzioni cognitive essenziali all'esistenza delle operazioni mentali:
percezione e attenzione, orientamento spaziale e temporale, comportamento di
pianificazione, capacità di procedere per tentativi ed errori e trasposizione visiva.
Le azioni connesse alle funzioni cognitive si possono esercitare attraverso un programma
strutturato di strumenti creato da Feuerstein. Egli evita riferimenti al contenuto finale del
compito ma pone l'enfasi sul processo. Secondo lui bisogna sviluppare le funzioni cognitive
lontano da azioni ricche di contenuto perché se no i processi sarebbero troppo aderenti ai
contenuti.
Quindi una programmazione individualizzata sarà un mix di obiettivi nei vari livelli, che si
intrecciano.
Nel caso di ritardo mentale grave si proporranno azioni del primo livello con qualche
espansione al secondo livello. La distinzione tra i processi e i prodotti delle attività mentali
e di apprendimento è un aspetto fondamentale su cui riflettere nella programmazione per
obiettivi e competenze.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 72
La "Task analysis" (analisi del compito)
È un insieme di metodi che permette di scomporre in sotto-obiettivi più semplici un compito-
obiettivo inizialmente troppo complesso, in particolare per BES.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 73
Le tecniche di "shaping" (modellaggio) e "chaining" (concatenamento)
Lo shaping permette lo sviluppo di comportamenti complessi. Consiste nell'aiuto e il rinforzo
sistematico di approssimazioni sempre più vicine al comportamento finale.
Il chaining: stesso obiettivo dello shaping, ma metodo diverso: il comportamento finale viene
descritto con la task analysis e il docente inizia con il proporre l'ultimo anello della catena
(concatenamento retrogrado) perché ritenuto il più rinforzante.
Strategie di generalizzazione e mantenimento delle abilità acquisite.
-Presentazione di esempi diversi della situazione stimolo: alunno deve riconoscere in altri
contesti aspetti di stimolo simili a situazione precedente.
- La modificazione delle contingenze di rinforzamento: il rinforzo positivo non viene dato in
modo continuo, ma differito nel tempo dopo l'esecuzione della risposta (sempre meno
evidente).
-Trasferimento di abilità da un contesto all’altro.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 74
CAPITOLO 15 - STRATEGIE COOPERATIVE E DI TUTORING IN CLASSE
Ci sono varie strategie e tecniche per attivare e sviluppare la risorsa-altri nei processi di
integrazione e di inclusione.
Sono strategie di aiuto che devono coinvolgere tutti gli attori della rete ed essere funzionali
sia per lo sviluppo delle relazioni sia per l’apprendimento.
Cooperare vuol dire “lavorare insieme agli altri per raggiungere un obiettivo comune” per:
Elevare il livello di tutti gli studenti;
Costruire relazione positive per creare una comunità di apprend in cui la diversità sia
rispettata e apprezzata;
Alla base di tutto deve esserci un clima democratico e cooperativo, che al contrario di quello
individualistico e competitivo, stimola gli studenti alla collaborazione, al raggiungimento di
obiettivi didattici e sociali, e all’inclusione di tutti nel progetto.
I tempi utilizzati per i vari lavoro possono variare, da singole lezioni, con i “gruppi informali”,
a periodi di media durata come alcune settimane, con i “gruppi formali”, a più lunghi, un
anno, con i “gruppi di base”.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 75
Il ruolo dell’insegnante nell’apprendimento cooperativo è fondamentale in quanto deve
pianificare una serie di operazioni iniziali, lasciando poi ampio spazio decisionale e di azione
agli studenti, in particolare deve:
- Prendere decisioni preliminari
- Monitorare e intervenire
- Verificare e valutare.
Monitorare e intervenire
Durante lo svolgimento dell’attività l’insegnante deve:
Favorire l’interazione costruttiva diretta, accertandosi che gli alunni si stiano sostenendo
a vicenda, senza prevaricare uno sull’altro
Monitorare il comportamento degli studenti, girando tra i banchi, fornendo all’occorrenza
aiuti, registrando i dati significativi emersi durante l’osservazione.
Intervenendo per migliorare il lavoro di gruppo e sul compito, solo se necessario e non
condizionando le scelte e le decisioni prese.
Chiudendo la lezione, stimolando a dare una conclusione, ricapitolando i punti principali
e effettuando una riflessione su quanto appreso.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 76
Verificare e valutare
Deve tener conto sia degli aspetti legati all’apprendimento che il funzionamento dei gruppi.
La verifica è una raccolta di dati necessari a formulare in giudizio, mentre la valutazione è
un giudizio di valore formulato sulla base dei dati disponibili.
Il tutoring
= insegnamento reciproco tra compagni: può essere utilizzato in tutte le discipline
scolastiche e produce effetti positivi sia in chi svolge il lavoro di insegnante (tutor) sia nel
destinatario dell’insegnamento (tutee). Gli effetti non ricadono solo su aspetti didattici, ma
producono significativi progressi anche per i rapporti inter-personali, motivazione e
autostima. Deve essere un tutoring dinamico che preveda la circolarità dei ruoli, tenendo
conto delle abilità di ciascuno. Infatti la possibilità che un alunno non considerato
particolarmente bravo o con BES, possa ricoprire il ruolo di tutor fa crescere in lui
motivazione e autostima. Anche a livello sociale e del clima della classe permette di
raggiungere una consapevolezza che ciascuno è una risorsa utile ai propri compagni. Il
ruolo di tutor favorisce anche un ulteriore crescita delle abilità in chi è chiamato a svolgerlo.
La scelta di utilizzare frequentemente questa strategia operativa ha una ricaduta
molto positiva sulla classe, potenziando la collaborazione e la cooperazione tra gli
allievi favorendo l’interazione e la disponibilità di mettere a disposizione degli altri le
proprie risorse e competenze.
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CAPITOLO 16 - DIDATTICA EFFICACE IN CLASSE
PROGETTARE E GESTIRE AMBIENTI DI APPRENDIMENTO
Il concetto di ambiente di apprendimento è probabilmente l’elemento centrale della didattica
costruttivista.
Al suo interno, come disse Lebov, devono convivere degli elementi fondamentali quali:
Collaborazione,
Autonomia personale,
generatività,
riflessività,
coinvolgimento attivo,
rilevanza personale,
pluralismo.
Il termine ambiente deve essere inteso in senso lato sia come luogo fisico o virtuale ove
collocare delle persone, sia come luogo mentale definito in base alle caratteristiche del
compito proposto, alle azioni richieste e alle relazioni che si intendono sollecitare, al clima
emotivo e cognitivo, alle modalità di valutazione e al tipo di supporto (scaffolding) previsto
dall’insegnante.
La strutturazione dell’ambiente influenza le persone che devono fruirne, è in grado di dare
sensazioni di austerità o vitalità (scuole austere vs scuole variopinte).
È all’interno prende corpo la relazione tra insegnante e alunno, una relazione asimmetrica
tra chi sa e chi non sa ancora legittimata dalla conoscenza delle discipline che diventano
oggetto di investimento per entrambi e oggetto promotore della nascita di una dinamica
aperta.
È necessario, dunque, mantenere in equilibrio la relazione affettiva e di fiducia senza
perdere di vista il sapere da strutturare con attività progressive che favoriscano
l’integrazione cognitiva e la produzione di senso attraverso processi di scoperta, analisi,
rielaborazione, classificazione … in un lavoro di progressivo distanziamento dell’insegnante
dall’alunno affinché quest’ultimo possa far da sé. Per far ciò è necessaria una solida
strutturazione delle regole sociali – norme cooperative stabilite e ben precise,
responsabilizzazione sull’impiego dell’attrezzatura –
Bisogna, dunque, focalizzare l’attenzione non sul possesso di piani di azione prestabiliti ma
sulla capacità di rielaborazione in situazioni diverse facendo leva sulle interazioni sociali e
sugli strumenti offerti dall’ambiente, valorizzando così la flessibilità e l’aderenza al contesto.
In queste situazioni entra in gioco la decisione contestuale dell’insegnante, la sua capacità
di gestire gli sviluppi in situazione, lasciando al gruppo classe lo spazio e il tempo necessari
affinché emergano possibilità sempre diverse.
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Un ambiente di apprendimento ben strutturato tiene conto del parere e delle esigenze degli
studenti che partecipano attivamente alla gestione dello stesso.
Tutti concorrono a:
allestire e organizzare l’ambiente fisico (spazi dell’aula)
scandire i tempi
interazioni, relazioni e attori
clima relazionale e operativo
aspettative
regole di comportamento e gestione delle attività
compiti ed attività
strumenti.
Un ambiente costruttivista deve vere le seguenti caratteristiche:
concezione dell’apprendimento – abbandono del concetto di verità in favore di un
consenso raggiunti attraverso il dialogo ed il confronto.
Ruolo del discente – personalizzazione dell’apprendimento centrato sullo studente (ruolo
attivo e e partecipativo)
Dimensione sociale – apprendimento inserito all’interno di un’esperienza sociale (come
nella realtà)
Sistema articolato di risorse e supporti – predisposizione di ambienti ricchi che
consentano di promuovere operazioni di alto livello, interpretazioni multiple, utilizzo di più
media.
Il compito – compiti autentici, ampi e aperti e con informazioni ambigue.
Autoconsapevolezza del processo di costruzione della conoscenza – predisporre attività
che sviluppino motivazioni intrinseche e incoraggino la scoperta dell’errore e la
metariflessione.
Il ruolo del docente, in tale contesto, cambia notevolmente: non più colui che stabilisce la
sua autorità esponendo lezioni e interrogando, ma costruttore di un ambiente vivente, un
osservatore che partecipa in modo discreto con una funzione maieutica.
Il Progetto Didattico
Il termine progettare significa “gettare avanti”. Indica l’attività sistematica di anticipazione e
concretizzazione di un futuro specifico.
Secondo i Future studies il progettare è orientato su tre dimensioni:
Possibilità – il progettista verifica che effettivamente sia possibile mettere in atto il
progetto
Preferibilità – attraverso una scelta di alternative ipotizzabili
Probabilità – il progettista si impegna affinché gli obiettivi siano resi probabili.
La base di un progetto è data da tutte le scelte valoriali e dalle finalità di ampio respiro.
I primi studi sulla progettazione hanno avuto origine a partire dal 1900 soprattutto nel
periodo successivo alla grande depressione e delle due guerre mondiali; si è sentita
l’esigenza di migliorare la gestione delle risorse e dei processi attraverso interventi mirati –
chiamati oggi PROJECT MANAGMENT.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 79
Un’attività per essere definita progetto deve avere carattere di temporaneità – prevedere
tempi precisi – e soprattutto deve terminare con la realizzazione di un prodotto o comunque
un risultato unico.
Col tempo il ruolo dell’insegnante ha subito un notevole mutamento, è stato pian piano
acquisito il compito di programmazione al fine di mediare gli ordinamenti statali con le
esigenze locali.
La fine del secolo portò alla consapevolezza della complessità della società e si rese
necessario operare con maggiore flessibilità.
Con l’introduzione della L. 59/97 cosiddetta Legge Bassanini, “Riforma della Pubblica
amministrazione finalizzata alla semplificazione”, i docenti assumono un ruolo autorale e gli
Istituti scolastici personalità giuridica, diventano adesso portatori di interessi, diritti e doveri
che prima erano di esclusivo appannaggio dello Stato.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 80
La scuola dell’autonomia ha un doppio impatto sul docente in merito alla progettazione
didattica:
gli richiede competenze progettuali superiori che superano la mera capacità esecutiva.
Lo grava di maggiori responsabilità valutative richiedendogli una formale esplicitazione
della qualità. Il controllo formale e il rispetto delle procedure vengono sostituiti da un
controllo sul risultato (L. 59/97) e sottoposto al Sistema Nazionale di Valutazione (SNV).
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 81
La fase di valutazione si rivela importante già dopo la fase di analisi, prima di procedere
all’allestimento dei materiali, bisogna sempre verificare la congruenza interna di ogni parte.
Il docente può procedere attraverso autovalutazioni predefinite e documentate o può
decidere di chiedere il supporto di colleghi ed esperti condividendo il progetto
(eterovalutazione).
Durante la fase di Implemetazione si consiglia la redazione di un diario di bordo al fine di
registrare i cambiamenti degli studenti nel tempo, rianalizzare le attività e i risultati.
Vi sono, comunque, altri modelli di progettazione didattica più flessibili che consentono una
progressiva definizione degli obiettivi attraverso un processo di affinamento e adeguamento
ricorsivi.
Anni 80 modelli di ispirazione costruttivista – indicati in situazioni di lifelong learning per
studenti più esperti e con alta motivazione estrinseca perché fondato
sull’autoregolamentazione del contesto rilievo da parte degli stessi studenti e obiettivi, tempi
e strategie aperti.
In ambito scolastico è preferito l’approccio in cui il docente fornisce e fissa obiettivi e criteri
di valutazione, utilizza pratiche didattiche guidate e modella il lavoro in aula in piccolo gruppo
(direct instruction).
La prima cosa che deve fare un progettista è giustificare il progetto, vedere se la sua
realizzazione è frutto di un impulso creativo dettato dalla novità dei nuovi strumenti a
disposizione oppure se esso può apportare dei cambiamenti sull’utenza in relazione
all’ambiente.
Esistono diversi tipi di obiettivi didattici:
Per l’acquisizione di conoscenze e competenze specifiche
Realizzazione infrastrutture tecnologiche a supporto dell’insegnamento e
dell’apprendimento
Realizzazione di un prodotto
Ecc…
La seconda metà del 900 vide aprirsi una forte riflessione atta alla definizione degli obiettivi
didattici.
Bloom si occupò della redazione di una dettagliata tassonomia, inizialmente per gli obiettivi
cognitivi e successivamente anche per quelli dell’area affettiva e psicomotoria.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 82
(Immagini esplicative personali)
Oggi la tassonomia più utilizzata è quella di Anderson e Krathwohl, che h anno ideato una
matrice guida ove organizzare gli obiettivi di ogni progetto.
Nella testata relativa alla DIMENSIONE DEL PROCESSO COGNITIVO troviamo tutti quei
verbi che indirizzano il processo cognitivo
Nella testata relativa alla DIMENSIONE DELLA CONOSCENZA le tipologie di conoscenza
da acquisire (fatti, concetti, procedure, aspetti meta cognitivi…).
Il progettista riempie le celle vuote inserendo gli obiettivi scelti (es. Calcolare la soluzione di
un’operazione – si riempirà la casella incrocio tra l colonna Applicare e la riga Conoscenza
procedurale.
Possono essere riempite anche più caselle, in base alle richieste del progetto.
Comune denominatore di tutti gli obiettivi didattici è la necessità di operazionalizzazione,
deve essere possibili una condivisione della valutazione del suo raggiungimento anche se
può risultare difficile a causa del linguaggio sovente soggetto ad ambiguità interpretative
oppure per la difficoltà di misurarle (sviluppo di processi cognitivi, senso di autoefficacia,
motivazione, atteggiamenti…).
Come verificare, allora, la corretta scelta degli obiettivi?
Definirli associandoli uno ad uno alle rispettive prove di valutazione.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 83
Per consentire una valutazione realmente oggettiva, ogni obiettivo deve essere formato da:
attività che l’alunno deve saper fare,
condizioni di realizzazione
livello di sufficienza
vanno indicati:
strumenti di valutazione associati all’obiettivo (es. l’obiettivo 1 è valutabile attraverso
questionario, mappe, schede cloze…);
condizioni di applicazione (questionario con 30 items a random da un database di 300
domande ad ogni item corretto corrispondono punti…);
soglia minima da superare (90% classe deve rispondere correttamente al 80% delle
domande).
Si consiglia di:
di redigere un cronogramma di accompagnamento al progetto per scandire graficamente
la disposizione delle azioni nel tempo, segnalando i prerequisiti e le risorse,
verificare congruenza con Indicazioni Nazionali e PTOF (per obiettivi, tempi e risorse)
in caso di progetto complesso – accompagnare un piano economico dettagliato.
Impegno notevole per garantire la trasparenza della proposta progettuale e delle modalità
di valutazione.
Descrizione esaustiva, chiara e sintetica del progetto – attraverso la compilazione di una
scheda di progetto standardizzata di Istituto.
Deve rispondere ad un criterio di trasparenza
Dovrebbe essere condiviso tra le risorse educative dell’Istituto
Prevedere la ri-applicazione in contesti similari in tempi successivi- secondo un concetto
di Open Educational Resources (OER)
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Evidence-Based Education e strategie didattiche efficaci
Negli ultimi quindici anni, nella ricerca scientifica, si è sviluppato un orientamento
denominato Evidence-Based Education (EBE), nata intorno agli anni 90 con l’obiettivo di
produrre risultati affidbilie spendibili a livello operativo per migliorare il proprio
insegnamento. Si insedia in un periodo storico in cui la ricerca educativa fu aspramente
criticata e tacciata di esagerata autoreferenzialità e poca concretezza e attinenza ai
problemi della vita scolastica quotidiana. si è messa in moto un processo di crescita e
sviluppo delle conoscenze scientifiche per definire uno stato delle conoscenze didattiche
condivise nella ricerca.
Attraverso la meta analisi (una procedura statistica) sono stati combinati i dati provenienti
da più studi sperimentali in modo da combinare i dati su studi aventi il medesimo argomento
e metodologie comparabili. I dati vengono sintetizzati in un unico valore (Effect size –
ampiezza dell’effetto). Più alto è il valore maggiore è l’efficacia della strategia.
Le ricerche sottolineano quanto sia più efficace stabilire obiettivi chiari e condivisi con gli
alunni piuttosto che interventi didattici reputati più importanti dell’interazione.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 85
Prima di decidere gli obiettivi, l’insegnante deve:
sapere cosa conosce ogni alunno e cosa sa fare per progettare attività che accrescano il
livello di sviluppo di ogni allievo.
Stimolare le aspettative degli allievi sul proprio apprendimento
Esporre chiaramente gli obiettivi
Mettere in relazione le nuove conoscenze con le preconoscenze degli alunni.
Secondo Clark tra le architetture didattiche più efficaci ci sono quelle direttive e recettive,
esse puntano agli obiettivi, intervallano i momenti di pratica guidata all’interazione con la
classe attraverso feedback continui; invece approcci fondati su presunti stili di
apprendimento rischiano di ritardare l’apprendimento e disperdere le risorse.
I lavori di cooperative learning può comunque essere efficace se:
lavoro ben strutturato dall’insegnante
Gruppi piccoli (2-3 persone)
Compiti definiti per ogni alunno
Rumore e tempi tenuti sotto controllo
I lavori in cooperative learning sono molto difficili da condurre, c’è il rischio che non lavorino
tutti per mancanza di interesse o eccessive differenze di livello.
STRATEGIE EFFICACI
Direct instruction – istruzione diretta
Diversa dalla lezione tradizionale dalla cattedra, si basa sulla lezione frontale (alternanza
spiegazione – interrogazione).
L’insegnamento è esplicito e sistematico, poche informazioni per volta e continue consegne
di lavoro, interazione e feedback.
Elementi fondamentali:
rendere gli studenti consapevoli degli obiettivi da raggiungere
presentare i contenuti in modo chiaro ed organizzato con spiegazioni e dimostrazioni
brevi.
Contenuti scomposti in passi (chunking)
Guida attraverso feedback
Progressiva autonomia ed autoregolazione dello studente
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 86
Strategie metacognitive
L’alunno viene stimolato a costruire la propria consapevolezza sui propri processi cognitivi.
Permette l’autoregolazione
sulle prestazioni cognitive,
sulla valutazione della difficoltà del compito, delle proprie conoscenze e relative capacità
di risoluzione.
Reciprocal teaching
È una strategia nata negli anni 80, coniuga modalità dell’apprendimento cooperativo e
metacognizione per migliorare la comprensione del testo attraverso le seguenti azioni:
prevedere,
porre domande,
chiarire
riassumere.
L’insegnante mostra come svolgere le azioni e poi uno studente ne assume il ruolo e
conduce i passi per la comprensione del testo.
Peer tutoring
È una strategia efficace per sviluppare:
1. l’apprendimento in una classe inclusiva,
2. per applicare e rivedere conoscenze già comprese.
Gli studenti che assumono il ruolo di tutor e acquisiscono il controllo sul proprio
apprendimento e capacità autoregolative, i tutee hanno la possibilità di avere un supporto
alla comprensione e al ripasso.
Purtroppo attualmente queste nuove strategie, troppo spesso, non producono competenza,
in quanto gli studenti non sanno applicarle in altri contesti.
Si evidenzia, dunque, la necessità di spostare l’attenzione dai contenuti agli alunni e ai loro
processi cognitivi attivati. Si ribadisce la forte centralità dell’apprendente e consente di
personalizzare le proposte educativo-didattiche rendendole maggiormente fruibili ed
efficaci.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 87
A ciascuno viene garantito lo sviluppo completo delle proprie potenzialità e valorizzare i
propri punti di forza intervenendo su quelli critici.
Si sente l’esigenza di dare a ciascuno le stesse opportunità ma superando la logica del “tutto
uguale per tutti”.
Dal punto di vista formale, una valida spiegazione del concetto di competenza è facilmente
rintracciabile
a livello europeo – “Le otto competenze chiave” indicate dalla Commissione europea nel
2007
a livello nazionale – “Le indicazioni nazionali” (del 2007 e del 2012)
Le indicazioni fornite sono molto chiare ma la loro trasposizione didattica operativa spetta
alle scuole e ai suoi professionisti, da qui le difficoltà.
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Il laboratorio si pone come spazio multidimensionale:
è il luogo della motivazione, perché ci si impegna di più se lo scopo degli apprendimenti
risulta visibile, utile e concreto;
è il luogo della curiosità e della creatività, perché si problematizzano gli apprendimenti,
ponendo continuamente dei quesiti ai quali si risponde mettendo in gioco conoscenze e
intelligenze diverse;
è il luogo della partecipazione e della socializzazione, perché si impara a lavorare e
costruire conoscenza insieme, confrontandosi, argomentando e negoziando le proprie
personali prospettive.
è il luogo della personalizzazione, perché si offrono più percorsi e strumenti didattici,
rispondenti ai diversi bisogni apprenditivi ed esigenze di ciascuno;
è il luogo delle molteplici intelligenze (Gardner, 1987), perché in esso trovano spazio e
valore le originalità di ciascuno e delle quali ognuno diventa consapevole;
è il luogo della trasversalità tra diversi linguaggi, tra «mente» e «mani», tra emozioni e
riflessioni, perché si impara meglio facendo e attraverso un coinvolgimento olistico della
persona;
è il luogo della metacognizione e della responsabilità, perché si sollecita la pratica
riflessiva sul proprio operato, riconoscendo un ruolo fondamentale all’errore, che diventa
opportunità di miglioramento e crescita per tutti. Riflettere insieme, condividendo gli errori
commessi, permette di svelare e comprendere i percorsi mentali che li hanno prodotti,
assumendosi la responsabilità del proprio lavoro e l’impegno a migliorare.
VANTAGGI:
Facilmente esportabile in tutti gli ordini scolastici e in tutti gli ambiti disciplinari.
I saperi e i linguaggi di ogni disciplina diventano mezzi,
Attiva sostanziali modifiche e miglioramenti ai fini dei risultati di apprendimento degli
studenti e costituisce un’occasione significativa per ridisegnare stili di
insegnamento/apprendimento e ruoli, primo fra tutti quello dell’insegnante
Il docente progetta e realizza percorsi molteplici e diversificati, predispone il materiale e
organizza il lavoro: diventa il regista dell’azione educativo-didattica. È una risorsa, è
l’esperto che monitora e controlla il processo in atto, che sostiene e modifica quando si
rende necessario il suo intervento, che facilita l’interazione fra i diversi soggetti, che attiva
e favorisce i processi di negoziazione rendendosi garante di tutta l’azione educativa.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 89
La scheda completata può costituire un utile strumento per chiunque voglia progettare
attività di laboratorio, adattandole e contestualizzandole rispetto ai propri contesti scolastici
e alle proprie necessità educative.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 90
Verifiche e valutazioni: le prove di competenza
Il momento della valutazione in itinere e finale è fondamentale per verificare l’efficacia
dell’intervento educativo e i livelli di competenza acquisita.
Si attualizza dentro ogni processo di apprendimento attraverso continui feedback finalizzati
al miglioramento degli apprendimenti da parte degli alunni e consentire continui
miglioramenti alle proposte didattiche.
Si tratta di lavori autentici - affiancati a modalità standardizzate (carta e penna) - offrono agli
alunni la possibilità di mettere in atto la loro competenza in vari modi, attraverso la richiesta
di compiti di prestazione riconoscibili e coerenti con la vita reale. Attraverso queste prove lo
studente può dimostrare di essere diventato competente trasferendo ed utilizzando ciò che
sa fare nella risoluzione di un problema concreto ed in situazioni nuove e diversificate.
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CAPITOLO 17 - STRATEGIE DELLA PROGRAMMAZIONE DIDATTICA
La PROGRAMMAZIONE DIDATTICA è la concretizzazione di un sistematico lavoro di
equipe che definisce percorsi e traguardi che alunni e docenti dovranno compiere.
Tiene conto:
Delle esigenze del singolo soggetto
Dall’esigenza di garantire a tutti la padronanza delle competenze fondamentali
Questa proposta metodologica, elaborata da BLOOM alla fine degli anni60, tiene conto delle
caratteristiche cognitive e affettive in ingresso degli alunni; a tali caratteristiche associamo
una risposta formativa differenziata così da poter portare la maggior parte di loro a
conseguire risultati ottimali.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 92
FASI DI PROGRAMMAZIONE DEL MASTERY LEARNING
L'insegnante o meglio gli insegnanti:
- definiscono le padronanze che i bambini dovrebbero raggiungere;
- definiscono gli obiettivi specifici in una successione di sequenze capaci di promuovere
progressivamente le padronanze finali e pone livelli intermedi di raggiungimento;
- decidono quali valutazioni formative attuare per avere costante monitoraggio
dell'apprendimento e se necessario quali correttivi introdurre;
- preparano attività integrative o di recupero;
- realizzanno quindi un percorso formativo dove si distinguono sequenze progressive da
affrontare man mano,una alla volta dopo aver acquisito la precedente.
FEEDBACK(letteralmente riscontro)
Lo definiamo un elemento fondamentale all'interno del mastery learning in quanto ci
permette di inserire nel processo didattico momenti di VALUTAZIONE FORMATIVA cioè
valutazione non fine a sé ma l’opportunità per il docente per rendersi conto dello stato di
reale apprendimento dello studente che riceverà quindi informazioni migliorative riguardo
quest'ultimo.
Lo studente capirà grazie ai consigli del maestro come approcciarsi meglio al processo di
apprendimento, il maestro capirà se e dove utilizzare altre metodologie o strategie.
Il feedback era già stato promosso da Gagné come importante momento della lezione oltre
che da Bloom.
Gagné organizza l'azione didattica durante una lezione distinguendola in precisi momenti: il
maestro attira l'attenzione degli alunni, li informa dei risultati che si attende, stimola il ricordo
di capacità o conoscenze pertinenti alla nuova attività, funge da guida, e fornisce il
FEEDBACK e quindi valuta.
In sostanza possiamo definire il feedback come la possibilità per l'insegnante di fornire
un'informazione all'allievo sulla correttezza della prestazione al fine di poter migliorare
l'apprendimento stesso.
Parliamo ora, sempre nell'ottica della didattica individualizzata, di unità didattica vista come
strategia che punta al raggiungimento di obiettivi di base riferibili alle Indicazioni nazionali
in vista del raggiungimento delle competenze chiave.
Le qualità pedagogiche dell'unità didattica sono tre:
1. CHIAREZZA COGNITIVA fini e contenuti devono essere espliciti per l'allievo
2. AUTOSUFFICIENZA COGNITIVA ogni argomento o contenuto dell'U.D.deve costituire
un punto nevralgico della materia,in questo senso esporre completezza e autonomia.
3. INTERCONNESSIONE COGNITIVA tutti gli obiettivi devono essere legati tra loro da una
relazione disciplinare.
Progettando un unità didattica tengo conto:
- della diagnosi in ingresso(stile cognitivo, contesto familiare e socio-culturale, interesse,
motivazione, importanza che il bambino attribuisce al sapere e all'apprendimento)
- della formulazione degli obiettivi(devono essere chiari e trasparenti, verificabili, spiegati
agli alunni che cosi ne saranno consapevoli e ognuno sarà tappa fondamentale del
percorso che porta ai traguardi. Vanno espressi con verbi comportamentali cioè verbi che
l'alunno possa osservare come scrivere, recitare, costruire.
Utilizzare, al contrario, verbi come comprendere, capire, riflettere non rende realmente
verificabile il raggiungimento degli obiettivi)
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Grazie alle TASSONOMIE DEGLI OBIETTIVI possiamo classificare gli obiettivi facendo
corrispondere determinate prestazioni comportamentali(indicatori) a specifiche abilità. Le
tassonomie più conosciute sono quelle di Gagnè e Bloom, entrambe rivisitate e attualmente
utilizzate per formulare gli obietti didattici, venendo utilizzate come “bussole” orientative.
La tassonomia di Bloom individua e distingue sei livelli di obiettivi:
- conoscenza
- comprensione
- applicazione
- analisi
- sintesi
- valutazione
Grazie alle tassonomie è più semplice definire e collocare anche i livelli intermedi di
apprendimento.
Gagnè individua gli obiettivi da raggiungere in base al tipo di apprendimento:
1associazione verbale
2apprendimento di concetti
3apprendimento di principi
4risoluzione di problemi
Queste sono le tassonomie a cui oggi ancora ci riferiamo mentre meno in uso quella
elaborata da Guilford.
Ogni obiettivo sarà oggi formulato declinando i traguardi per lo sviluppo delle competenza.
Avrà particolari contenuti e richiederà specifiche abilità (che ritroviamo nelle tassonomie).
Esiste un grafico <TAVOLA DELLE SPECIFICAZIONI>che gli insegnanti possono utilizzare
per individuare e rappresentare graficamente le relazioni tra abilità cognitive da raggiungere
e contenuti in grado di promuoverle.
La formulazione degli obiettivi è una fase importantissima del percorso didattico,
l’insegnante deve porsi come mediatore tra una definizione di obiettivi a carattere individuale
per ogni alunno e il non rinunciare da parte di tutti all'acquisizione delle competenze
fondamentali.
Il docente deve poi scegliere strumenti, tecnologie, materiali, organizzazione di spazi, tempi
e fasi di lavoro.
Per scegliere i contenuti il docente si attiene alle indicazioni nazionali e agli assi culturali
che indicano gli ambiti disciplinari e i traguardi formativi definendo gli ambiti di saperi
irrinunciabili, ma tiene anche conto delle richieste, motivazioni e degli interessi degli alunni
e del loro contesto.
Abbiamo 4 criteri di scelta per i contenuti:
1. Validità(contenuti autentici, reali, concreti...)
2. Significatività(Secondo Ausubel era significativo ciò che poteva essere collegato a
contenuti già presenti nella nostra sfera di conoscenze. Scegliamo quindi contenuti che
consentono al bambino di avvicinarsi all'obiettivo da raggiungere.)
3. Interesse(fattore motivante
4. Possibilità di apprendimento (contenuti accessibili alle possibilità reali di apprendimento)
Ausubel e Novak sostengono l'idea di ancorare i nuovi saperi a schemi cognitivi già esistenti.
Rifacciamoci sempre a questa idea.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 94
STILI DI INSEGNAMENTO E METODOLOGIA
Grazie alla VALUTAZIONE DIAGNOSTICA iniziale l'insegnante conoscerà le caratteristiche
degli alunni e si comporterà di conseguenza.
Darà inoltre grande importanza al linguaggio (specifico ma consono al pubblico) e osserverà
gli stili attributivi dei bambini cioè i processi con cui essi interpretano le cause delle azioni
che si verificano. Quindi se per esempio l'insuccesso scolastico viene riconosciuto dal
bambino come fattore controllabile, ad esempio la mancanza di impegno o di studio, è
possibile intervenire. Se al contrario il bambino attribuisce il proprio insuccesso a fattori non
controllabili, come la dotazione innata di intelligenza, reagire risulterà più complicato.
Agiamo sempre in un'ottica di didattica trasmissiva, trasmettiamo costruiamo insieme il
sapere.
L'insegnante si deve sempre porre nella ZONA DI SVILUPPO PROSSIMALE e consentire
agli alunni di coglierne elaborare i significati proposti.
Un ottimo docente deve mantenere disciplina in un ambiente sereno, alternare metodologie
e stili di lavoro per abbracciare più stili di apprendimento possibili. Sarebbe utile che si
alternassero, in virtù di questo motivo, addirittura gli insegnanti stessi. Consideriamo quindi
molto producente ogni variazione e cambiamento riducendo ai minimi termini la monotonia
delle classiche lezioni ripetitive e povere di diversità metodologica, strumentale e strategica.
Il docente resta cmq guida per la classe, e, specialmente di fronte a determinati argomenti
nuovi, può ancora utilizzare la lezione frontale, uno però tra i molti metodi, non l'unico. Dovrà
cmq muoversi per rendere interessante e piacevole ogni lazione.
Strumenti utilizziamo classica lavagna, lim, tv, lettore, software tutto ciò che sappiamo
utilizzare al meglio
Spazio organizziamolo al meglio per facilitare raggruppamenti spostamenti e per permettere
la possibilità di controllo e interazione. Per legge ogni alunno deve possedere 1,80 m. quadri
di spazio nella classe.
Tempo stabiliamo tempi durante la programmazione consapevoli che dovranno essere
flessibili ed assecondare le esigenze della classe.
Diamo valore alla collegialità scambiandoci documenti didattici, discutendo e confrontandoci
e anche ,ove possibile, scambiandoci come insegnanti dentro le classi. La dimensione
gruppo quindi va vissuta in prima persona dagli insegnanti e fatta vivere agli alunni.
La progettazione di un P.D prevede un momento di valutazione conclusiva che valorizzi il
percorso di ogni alunno e sia spunto di riflessione condivisa tra alunni e insegnanti. Servirà
agli studenti per conoscere il grado di apprendimento e agli insegnanti per monitorare la
propria capacità di permettere la costruzione del sapere. Raccogliamo sempre i dati per
documentare la nostra esperienza e riflettere con i colleghi.
PER SFONDO INTEGRATORE basato sulla teoria della Gestalt secondo cui l'azione
dell'uomo acquista significato quando collegata a uno sfondo di conoscenze già acquisite.
Ovviamente basilare è osservazione del bambino e delle conoscenze e strutture cognitive
da lui possedute, la ricerca delle sue potenzialità, degli interessi e l'individuazione di nuclei
di conoscenza a cui ancorare nuovi saperi.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 96
CAPITOLO 18 - DIDATTICA PER COMPETENZE
La competenza nei documenti nazionali: il DM 139/ 2007 sull’innalzamento
dell’obbligo di istruzione
L’asse culturale dei linguaggi contempla tre competenze di padronanza della lingua italiana,
una competenza generale di padronanza delle lingue straniere, la competenza relativa al
patrimonio artistico e letterario, una competenza relativa ai linguaggi multimediali.
L’asse storico-sociale comprende tre competenze: la prima, relativa alla conoscenza, analisi
e comprensione di eventi e fenomeni e di trasformazioni nel tempo e nello spazio; la
seconda, relativa alla comprensione della relazione tra esperienza persona-spazio; la
seconda, relativa alla comprensione della relazione tra esperienza personale e sistemi di
regole e norme, nel quadro della costituzione; la terza, relativa alla conoscenza e
all’orientamento nel sistema socio-economico del proprio territorio. Le 16 competenze sono
articolate e descritte in abilità e conoscenze.
Dalla metà degli anni Novanta del Novecento, anche l’Unione Europea si è sempre più
interessata alle competenze, ritenendole centrali per l’istruzione, l’educazione, la
formazione permanente, il lavoro, nella prospettiva della valorizzazione del “capitale umano”
come fattore primario dello sviluppo.
Nelle Conclusioni ai lavori di Lisbona del Parlamento Europeo del 2000, si indicano già
alcune strade da percorrere; tra le altre:
definizione delle competenze chiave europee per l’esercizio della cittadinanza attiva;
obiettivi di innalzamento dei livelli di istruzione e di allargamento dell’educazione
permanente;
riconoscimento degli apprendimenti non formali e informali, nel quadro
dell’apprendimento formale.
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Le otto competenze chiave di cittadinanza
In tutti i documenti successivi al testo del 2000 questi concetti vengono ripresi e approfonditi.
Nella Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 maggio 2004 si
insiste ancora maggiormente sulla questione del riconoscimento degli apprendimenti non
formali e informali, affermando che essi contribuiscono a buon diritto, come quelli formali, a
costruire la competenza; nella Raccomandazione del 18 dicembre 2006, vengono enunciate
in maniera definitiva le otto competenze chiave per la cittadinanza europea.
Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo
sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione. Il quadro di
riferimento delinea otto competenze chiave:
I DPR 87, 88, 89 del 15 marzo 2010 sul riordino degli istituti professionali, istituti
tecnici e licei
I tre DPR di riordino della scuola secondaria di secondo grado descrivono la nuova
architettura dei tre ordini di scuola, prevedendo nuovi indirizzi e articolazioni dei percorsi di
studio.
Il DPR. 89/ 2010, regolamento di riordino dei licei, prevede una serie di competenze comuni
a tutti gli indirizzi, distribuite in cinque aree culturali, e competenze specifiche ai diversi
indirizzi.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 98
Al termine di tutti i percorsi di scuola secondaria di secondo grado, é prevista la
certificazione delle competenze sul modello EQF (Quadro Europeo delle Qualifiche).
Le linee guida per il curricolo degli istituti professionali e quelle per il curricolo degli istituti
tecnici riprendono le competenze dei Regolamenti, riferendole alle diverse discipline e
articolandole in abilità e conoscenze.
Le Indicazioni nazionali deli licei, invece, assumono una prospettiva nettamente disciplinare,
indicando obiettivi specifici di apprendimento, spesso formulati in termini narrativi, e
soprattutto i contenuti da affrontare nel corso del quinquennio.
Il compito delle istituzioni scolastiche è formulare curricoli nel rispetto delle Indicazioni
Nazionali, mettendo al centro del processo di apprendimento gli allievi, le loro esigenze e le
loro peculiarità, in collaborazione e sinergia con le famiglie e il territorio, in un’ottica di
apprendimento permanente lungo tutto l’arco della vita.
In questo senso, è necessario superare la logica della programmazione disciplinare a favore
di una progettazione organica e integrata che si struttura a più livelli, con la collaborazione
e l’interazione di diversi attori, di ambienti e risorse dentro e fuori l’istituzione scolastica.
Prima di definire i processi e i risultati dell’insegnamento, si tratta di formulare quelli
dell’apprendimento, dando spazio alle motivazioni degli allievi e aiutandoli a costruire
consapevolezza di sé, dei propri mezzi, dei propri punti di forza e di debolezza.
Il curricolo, in qualità di progetto fondamentale della scuola, pianifica l’offerta formativa,
rende evidenti scelte organizzative, educative e didattiche, esplicita le attività di didattica
quotidiana messa a punto dalla comunità professionale per conseguire i traguardi previsti
dalle Indicazioni Nazionali 2012.
Ogni scuola predispone il curricolo all’interno del piano dell’offerta formativa con riferimento
al profilo dello studente al termine del primo ciclo di istruzione, ai traguardi per lo sviluppo
delle competenze, agli obiettivi di apprendimento specifici per ogni disciplina.
A partire dal curricolo d’istituto, i docenti individuano le esperienze di apprendimento più
efficaci, le scelte didattiche più significative, le strategie più idonee, con attenzione
all’integrazione fra le discipline e alla loro possibile aggregazione in aree.
Poiché le Indicazioni Nazionali assumono come orizzonte di riferimento le competenze-
chiave esistono traguardi per lo sviluppo delle competenze prescrittivi e ineludibili, é
opportuno che il curricolo sia organizzato per perseguire e sviluppare le competenze degli
alunni.
I traguardi per lo sviluppo delle competenze sono l’unica prescrittività esplicita delle
indicazioni nazionali.
La prescrittività dei traguardi impegna alle istituzioni scolastiche a mettere in atto tutte le
strategie, le tecniche e le organizzazioni che sono nella loro disponibilità, ma anche libertà,
perché possibilmente tutti gli alunni possono conseguirli, al termine dei diversi segmenti del
percorso di istruzione, almeno a livello essenziale.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 99
Poiché i traguardi rappresentano dei punti di arrivo, sarebbe opportuno che i curricoli
prevedessero dei livelli di complessità crescente che descrivessero l’evoluzione nella
padronanza della competenza nel tempo e servissero come guida per la valutazione.
I traguardi rappresentano dei criteri per la valutazione delle competenze; in effetti essi
descrivono dei comportamenti che rivelano l’agire competente.
Le Indicazioni non riportano le abilità in cui si articolano i traguardi di competenza, ma gli
obiettivi.
Gli obiettivi riportano al centro della scena il docente, poiché essi appartengono a chi
insegna, tuttavia, poiché gli obiettivi sono quasi sempre formulati con buoni verbi operativi,
come azioni che devono essere intraprese, li assumeremo come obiettivi di apprendimento
e come abilità degli allievi.
Le conoscenze necessarie a sostenere le abilità e le competenze sono inferibili dagli
obiettivi per i traguardi, ma è necessario che le comunità professionali, nella pianificazione
del curricolo, scelgano accuratamente i contenuti davvero irrinunciabili, che devono
diventare le conoscenze indispensabili per supportare abilità e competenze.
È indispensabile insistere su strategie e metodi per apprendere e indagare e fornire agli
allievi situazioni dove agire, scoprire e, nel contempo, costruire nuove conoscenze e abilità.
Le Indicazioni 2012 sottolineano la portata trasversale delle competenze comunicative nella
lingua italiana, come strumento veicolare per tutti i saperi.
La comunicazione nella madrelingua, ma anche la matematica, assumono la valenza di
metacompetenze, poiché è con questi due sistemi di simboli -lingua e matematica- che noi
ci relazioniamo con il mondo e con i fenomeni.
È opportuno anche riflettere sulla differenza tra materia e disciplina.
Insegnare una materia significa trasmettere un corredo di contenuti e abilità relativi a un
campo del sapere. Occuparsi di una disciplina significa orientarsi in un campo del sapere
costituito da conoscenze, abilità, metodi di indagine, teorie e concetti in costante evoluzione,
relazioni interne tra concetti e relazioni esterne, con altre discipline.
Una materia si trasmette, una disciplina si indaga.
Le Indicazioni Nazionali, tuttavia, sono il nostro principale riferimento e, come abbiamo
detto, possiamo risalire, attraverso i traguardi e gli obiettivi, alle competenze, abilità e
conoscenze che gli allievi dovrebbero conseguire. Inoltre, le Indicazioni, nella loro
emanazione del 2012, richiamano gli insegnanti a ricercare i nessi tra discipline e a costruire
percorsi didattici interdisciplinari, anche se poi viene mantenuta al loro interno una rigorosa
suddivisione di traguardi e obiettivi.
In questo percorso di identificazione delle competenze da perseguire, ci possono aiutare
alcuni importanti documenti:
• Il DM 139/2007 sull’innalzamento dell’obbligo di istruzione che fornisce le indicazioni
per il curricolo del biennio obbligatorio della scuola secondaria di secondo grado. Il
documento esplicita le competenze essenziali che gli alunni dovrebbero conseguire nei
quattro assi culturali (asse dei linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico, storico-
sociale), dentro i quali vengono raggruppate le competenze;
• Linee guida per i piani di studio provinciali del primo ciclo della provincia autonoma
di Trento, del 2010.
• Gli allegati 1 e 2 all’ordinanza ministeriale 236 del 1993.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 100
Le competenze culturali di base vengono articolate in abilità e conoscenze. Le competenze
culturali di base vengono iscritte nelle competenze-chiave di riferimento, delle quali
divengono specificazioni.
Il DM 139/2007 individua anche otto competenze di cittadinanza che i giovani dovrebbero
possedere al termine dell’obbligo:
1.Imparare a imparare
2.Progettare
3.Comunicare
4.Collaborare e partecipare
5.Agire in modo autonomo e responsabile
6.Risolvere problemi
7.Individuare collegamenti e relazioni
8.Acquisire e interpretare l’informazione Di queste, il documento dà le definizioni, fornisce
abilità di massima, ma non ne fa oggetto di una declinazione puntuale in abilità e
conoscenze, come per le competenze che si riferiscono alle discipline.
In verità queste otto competenze, che vengono chiamate “competenze chiave di
cittadinanza”, sono delle specificazioni di alcune delle otto competenze chiave europee.
“Imparare a imparare” è una competenza europea e a essa sono riconducibili anche
“Individuare collegamenti e relazioni” e “Acquisire e interpretare l’informazione”;
“Comunicare” è presente in due competenze chiave europee, “Comunicazione nella
madrelingua” e “Comunicazione nelle lingue straniere”; “Agire in modo autonomo e
responsabile”, che è l’essenza stessa della competenza, e “Collaborare e partecipare” sono
entrambe “Competenze sociali e civiche”; “Progettare” e “Risolvere problemi” possono
essere ricondotte allo “Spirito di iniziativa e imprenditorialità”, anche se ovviamente, come
del resto tutte le competenze, sono trasversali.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 101
La laboratorialità è uno dei processi migliori per perseguire competenze. Per laboratorialità
si intende impostare la didattica come laboratorio, attraverso l’individuazione di problemi, la
formulazione di ipotesi, la sperimentazione e la ricerca. I percorsi didattici privilegiano
l’integrazione dei saperi, che insieme concorrono a costruire competenze attraverso
l’esperienza e la riflessione nei compiti significativi e nelle unità di apprendimento.
Nell’organizzazione dei percorsi e dell’ambiente di apprendimento, va posta particolare
attenzione agli aspetti metodologici e strategici, legati all’imparare a imparare e allo spirito
di iniziativa e imprenditorialità.
La didattica per competenze privilegia l’aspetto sociale e cooperativo dell’apprendimento.
Insieme si può apprendere meglio, si possono condividere informazioni, procedure e
strategie, si può acquistare e ottenere aiuto. Le tecniche di apprendimento cooperativo, di
tutoraggio tra pari, la discussione, sono congeniali alla promozione di competenze.
L’mpulsività dell’approccio per competenze si manifesta al massimo grado nelle modalità
cooperative e di peer-tutoring, nelle quali gli allievi meglio attrezzati possono prendersi cura
dei compagni più in difficoltà e dove la dimensione del piccolo gruppo favorisce gli scambi
comunicativi e l’interdipendenza positiva. Poiché il fine ultimo dell’educazione è
l’acquisizione di autonomia e responsabilità, nella didattica per competenze e si riserva
ampio spazio alle situazioni in cui gli alunni affrontano compiti autentici, assumendosi la
responsabilità di portare a termine il lavoro nei tempi e nei modi stabiliti, lavorando in
autonomia, affrontando, da soli o in gruppo, situazioni inusuali e risolvendo i problemi che
si presentano. I compiti che si propongono agli allievi debbono sempre essere un po’ più
difficili, rispetto alle risorse che essi già posseggono. La situazione appena più complessa
stimola il problem-solving e la necessità di reperire informazioni e strategie che ancora non
si posseggono. È così che la competenza si autoalimenta: essa si manifesta nella capacità
di affrontare le situazioni utilizzando risorse che si hanno e che non si hanno. L’agire
competente si rivela proprio nella capacità di reperire strumenti e risorse nuovi, partendo da
quelli già posseduti. La lezione frontale non viene abbandonata; essa è uno strumento tra
altri, chi viene utilizzato al bisogno. Può servire per introdurre un argomento; per dare
velocemente informazioni necessarie all’avvio di un compito; per puntualizzare concetti
durante il lavoro; alla fine del compito per sistematizzare, assumere, portare a teoria e
modernizzare, ciò che si affrontato con l’esperienza.
Le Indicazioni nazionali, nel capitolo relativo al curricolo del primo ciclo di istruzione, al
paragrafo L’ambiente di apprendimento, suggeriscono le stesse modalità di organizzazione
delle condizioni che favoriscono la costruzione di competenze.
Per favorire un’ottima organizzazione del contesto di apprendimento è necessario tenere
conto di alcune condizioni:
• valorizzare l’esperienza e le conoscenze degli alunni, per ancorarvi nuovi contenuti;
• attuare interventi nei riguardi delle diversità, per fare in modo che non diventino
disuguaglianze;
• favorire l’esplorazione e la scoperta, al fine di promuovere il gusto per la ricerca di
nuove conoscenze;
• incoraggiare l’apprendimento collaborativo;
• promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere, al fine di imparare
ad apprendere;
• realizzare attività didattiche in forma di laboratorio, per favorire l’operatività e allo
stesso tempo il dialogo e la riflessione su quello che si fa..
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 102
Strumenti della didattica per competenze. Compiti significativi e unità di
apprendimento
Costruire le rubriche di descrizione dei risultati di apprendimento in termini di competenze,
abilità, conoscenze, individuare le evidenze, strutturare i livelli di padronanza, sono i primi
passi per progettare il curriculo a scuola.
La didattica trasmissiva ed esercitativa non basta più: essa ci permette al massimo di
conseguire conoscenze e abilità, ma non competenze; inoltre, genera sempre più
estraniazione e rifiuto negli alunni, che troppo spesso non riescono a rintracciare il senso e
il significato delle proposte e richieste della scuola.
Per far loro conseguire competenze, dobbiamo offrire agli allievi occasioni di assolvere in
autonomia i “compiti significativi”, cioè compiti realizzati in contesto vero o verosimile e in
situazioni di esperienza, che implichino la mobilitazione di saperi provenienti da campi
disciplinari differenti, la capacità di generalizzare, organizzare il pensiero, fare ipotesi,
collaborare, realizzare un prodotto materiale o immateriale. Il compito affidato non deve
essere banale, ma legato a situazioni di esperienza concreta e un po’ più complesso rispetto
alle conoscenze e abilità che l’alunno già possiede, per poter attivare il problem solving.
Attraverso i compiti significativi non soltanto si mobilita ciò che si sa, ma si acquisiscono
nuove conoscenze, abilità e consapevolezza di sé e delle proprie possibilità.
Il compito significativo è un lavoro relativamente breve e circoscritto, che può essere affidato
anche dal singolo insegnante nell’ambito della propria disciplina, in cui si chiede all’allievo
di portare a termine un lavoro autonomo e originale, contestualizzato nell’esperienza, o che
attiva esperienze concrete.
Uno degli strumenti più completi per realizzare la didattica per competenze è la cosiddetta
unità di apprendimento (UDA).
Essa rappresenta un segmento, più o meno ampio e complesso, del curricolo, che si
propone di far conseguire agli allievi aspetti di competenza, attraverso l’azione e
l’esperienza.
La struttura può ricordare quella dell’unità didattica: entrambe, infatti, sono moduli di
apprendimento che si propongono di coprire fasi del curricolo. I due strumenti, però, si
differenziano in modo sostanziale (vedi tabella qui sotto).
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 103
UNITA’ DIDATTICA UNITA’ DI APPRENDIMENTO
E’ centrata sugli obiettivi del docente e sulla È centrata sulle competenze degli allievi.
disciplina.
E’ centrata sull’azione del docente. È centrata sull’azione autonoma degli
allievi.
Parte da obiettivi disciplinari e, attraverso Parte dalle competenze e, attraverso la
mediatori diversi, si propone di conseguire realizzazione di un prodotto, si propone di
conoscenze e abilità. conseguire nuove conoscenze, abilità e
competenze.
Contiene un apparato di verifica e Contiene l’apparato di verifica e
valutazione delle conoscenze e delle abilità. valutazione delle competenze, abilità e
conoscenze, attraverso l’analisi del
processo, del prodotto e la riflessione-
ricostruzione da parte dell’allievo.
È costituita prevalentemente di attività È costituita essenzialmente da un’attività di
individuali o collettive dirette gruppo autonomamente condotta dagli
dall’insegnante. studenti con il supporto e la mediazione
dell’insegnante.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 104
L’ultimo elemento di valutazione è costituito dalla relazione finale.
Mentre il prodotto è collettivo, la relazione finale è sempre individuale, perché persegue due
funzioni:
• la prima è quella di permettere all’allievo la ricostruzione-riflessione-valutazione sul
proprio lavoro;
• la seconda è quella di permettere all’insegnante di avere informazioni su come il
singolo allievo ha interiorizzato ed elaborato il lavoro condotto collettivamente e cosa ne
ha personalmente tratto.
Una unità di apprendimento non esaurisce le competenze; servono osservazioni ripetute in
contesti differenti. Le competenze, del resto, possono essere perseguite anche attraverso
la didattica quotidiana, a patto che il docente abbia egli stesso la consapevolezza del
significato e del senso di ciò che insegna e della valenza che ogni sapere riveste per
l’esercizio della cittadinanza attiva.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 105
CAPITOLO 19 - VERIFICA E VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI
VALUTAZIONE COME PROCESSO
Nella Premessa delle Indicazioni nazionali 2012 la valutazione e la di certificazione delle
competenze sono così descritte:
Valutazione: agli insegnanti competono la responsabilità della valutazione e la cura della
documentazione, nonché la scelta dei relativi strumenti, nel quadro dei criteri deliberati dagli
organi collegiali.
Le verifiche intermedie e le valutazioni periodiche e finali devono essere coerenti con gli
obiettivi e i traguardi previsti dalle Indicazioni e declinati nel curricolo.
La valutazione precede, accompagna e segue i percorsi curricolari.
Attiva le azioni da intraprendere, regola quelle avviate, promuove il bilancio critico su quelle
condotte a termine.
Assume una preminente funzione formativa, di accompagnamento dei processi di
apprendimento e di stimolo al miglioramento continuo.
Occorre assicurare agli studenti e alle famiglie un’informazione tempestiva e trasparente sui
criteri e sui risultati delle valutazioni effettuate nei diversi momenti del percorso scolastico,
promuovendone con costanza la partecipazione e la corresponsabilità educativa, nella
distinzione di ruoli e funzioni.
Alle singole istituzioni scolastiche spetta, inoltre, la responsabilità dell’autovalutazione, che
ha la funzione di introdurre modalità riflessive sull’intera organizzazione dell’offerta
educativa e didattica della scuola, per svilupparne l’efficacia, anche attraverso dati di
rendicontazione sociale o emergenti da valutazioni esterne.
Pertanto la valutazione non riguarda solo l’ambito scolastico ma la vita intera di un essere
umano, in quanto precede, accompagna e segue i percorsi curriculari.
Inoltre essa è pervasiva perché occupa tutti i momenti di un individuo sia in classe che al di
fuori, proprio per questo il curricolo deve favorire tutti i processi di acquisizione della
competenza del valutare la realtà, le proprie azioni, i propri prodotti.
E’ sia componente dell’insegnamento sia parte stessa delle unità didattiche che
rappresentano.
A seconda del modo in cui sia usano le informazioni ottenute la valutazione può essere
classificata in:
1. DIAGNOSTICA, identifica la qualità delle prestazioni degli allievi in un determinato
momento
2. FORMATIVA, facilita l’apprendimento.
3. SOMMATIVA, offre un bilancio riassuntivo degli apprendimenti, fornisce informazioni sul
rendimento di un allievo in corso di trasferimento presso un altro istituto o ne certifica i
risultati finali.
4. AI FINI DI RENDICONTAZIONE, valuta le prestazioni degli insegnanti e l’efficacia
formativa delle istituzioni scolastiche.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 106
La valutazione fornisce soltanto una visione parziale dell’allievo valutato e quando si dà un
giudizio bisogna essere consapevoli del fatto che esso è provvisorio e suscettibile di
modifica alla luce di dati ulteriori: tutti i momenti sono utili al miglioramento
dell’insegnamento e alla promozione e valorizzazione delle potenzialità degli allievi, non a
classificarli e sanzionarli.
I rischi legati alla motivazione negli alunni con BES e basso rendimento scolastico
L’insegnante non dovrebbe assolutamente classificare l’allievo in base alle abilità fin dalla
primissima età poiché la capacità non è un’entità innata e fissa: motivazione e risultato sono
legati al contesto e per questo possono cambiare.
È importante non dare per scontato che un singolo allievo “manchi di abilità”, ma considerare
quanto gli allievi possano essere aiutati a raggiungere una condizione in cui si sentano più
sicuri di riuscire.
Lo stile motivazionale di uno studente può essere modificato in vari modi, attraverso la
definizione degli obiettivi, la valutazione e il feedback.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 107
Valutazione e verifica
Valutazione e verifica sono due entità differenti: la verifica è un aspetto della valutazione ma
non coincide con essa.
La verifica consiste nell’osservazione e nella misurazione, condotte in tempi diversi e con
strumenti diversi, dell’andamento degli apprendimenti degli e nel momento in cui si verifica,
si assumono informazioni e dati sospendendo, così, il giudizio.
Gli strumenti con cui vengono condotte le verifiche possono essere prove pratiche, colloqui,
prove scritte, osservazioni.
Le prove sono
- strutturate quando sono costituite da quesiti a risposta chiusa o aperta, o prove pratiche
con esito dato;
- semi-strutturate quando accanto agli item chiusi o a risposta aperta univoca si affiancano
item a risposta aperta vera e propria (questionari aperti, saggi brevi, espressioni di
opinione, valutazione, giudizio, ecc.) o prove pratiche con margine di soggettività, anche
se connotate da parametri da seguire;
- non strutturate, come componimenti, testi di diversa tipologia, prove pratiche di tipo
creativo, saggi brevi, ecc.
Meno le prove sono strutturate, tanto più è necessario disporre di precisi criteri per la loro
lettura e interpretazione, al fine di contenere la discrezionalità e soggettività di giudizio.
Le prove strutturate sono chiamate anche prove oggettive e la loro maggiore oggettività
risiede nel fatto che è possibile interpretare l’esito di tutti gli allievi con lo stesso metro, dato
dall’univocità delle risposte le quali non lasciano margine alla discrezionalità dei correttori.
Con le prove semi-strutturate e non strutturate bisogna ricercare la maggiore oggettivazione
possibile, per garantire l’utilizzo dello stesso margine di soggettività per tutti gli allievi.
Ciò è possibile formulando griglie con precisi criteri di lettura delle risposte, permettendo ad
un gruppo docente di costruire le prove attraverso un dipartimento e la condivisione dei
criteri in modo da renderli intersoggettivi.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 108
I fratelli Johnson e Holubec propongono una distinzione tra valutazione e verifica, secondo
la quale la verifica è la raccolta dei dati necessari a formulare un giudizio, mentre la
valutazione è un giudizio di valore formulato sulla base dei dati disponibili.
Si può verificare senza valutare, ma non si può valutare senza aver prima verificato.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 109
Verifica dopo la lezione: l’uso di procedure cooperative
Al termine della lezione si verifica l’apprendimento degli studenti con test scritti,
interrogazioni orali, esercizi, compiti per casa e dimostrazioni in contesti reali o simulati e
sulla base delle informazioni così raccolte, l’insegnante assegna i giudizi e gli studenti
definiscono degli obiettivi di miglioramento e si congratulano a vicenda per il lavoro svolto e
per i progressi compiuti.
Test
Il test serve sia a valutare la conoscenza di ogni singolo alunno che a stabilire cosa debba
ancora imparare:
1. Gli studenti si preparano per il test nei gruppi.
2. Ogni studente sostiene il test individualmente, facendo due copie delle sue risposte:
una la consegna all’insegnante e l’altra la conserva per la discussione di gruppo.
3. Gli studenti ripetono il test, questa volta nei loro gruppi di apprendimento.
Prepararsi al test nei gruppi cooperativi: gli studenti formano i loro gruppi cooperativi e
l’insegnante dà loro le domande e il tempo necessario a prepararsi per il test in classe. Il
compito degli studenti consiste nel discutere ogni domanda e nel raggiungere un consenso
sulla risposta. L’obiettivo cooperativo consiste nell’assicurarsi che tutti i membri del gruppo
capiscano come rispondere correttamente alla domanda. Se nascono divergenze tra i
membri del gruppo su alcuni aspetti del compito, gli studenti devono trovare nel libro di testo
il numero di pagina e il paragrafo che spiega le procedure o le informazioni rilevanti.
Trascorso il tempo a disposizione, gli studenti si incoraggiano a fare un buon lavoro nel test.
Il test individuale: ogni studente sostiene il test individualmente, facendo due copie delle
sue risposte. Il compito (e l’obiettivo individuale) consiste nel rispondere correttamente a
tutte le domande. Gli studenti consegnano una copia delle risposte all’insegnante, il quale
valuta la prestazione dello studente in base ai criteri prestabiliti e dà un giudizio.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 110
Gli studenti conservano una copia per la discussione di gruppo. Dopo che tutti i membri del
gruppo hanno finito il test, il gruppo si riunisce per sostenere il test un’altra volta.
Il test nei gruppi cooperativi: gli studenti si riuniscono nei loro gruppi per ripetere il test. Essi
devono rispondere correttamente a tutte le domande.
L’obiettivo cooperativo consiste nell’assicurarsi che tutti i membri del gruppo capiscano le
informazioni e le procedure richieste dal test, (a) raggiungendo un consenso su quali siano
le risposte corrette e perché e (b) assicurandosi che tutti i membri siano in grado di spiegarle
e motivarle. La procedura da seguire consiste in questi passaggi:
1. confrontare le risposte alla prima domanda;
2. se le risposte corrispondono, uno studente deve spiegare le motivazioni su cui si basano
o la procedura seguita per arrivare a quella conclusione; quindi, si passa alla seconda
domanda;
3. se ci sono divergenze, gli studenti cercano nel libro di testo la pagina e il paragrafo che
spiegano le informazioni o le procedure. Il gruppo deve assicurarsi che tutti i membri
capiscano gli errori commessi al test. Se necessario, i membri del gruppo possono
decidere di fare dei compiti a casa per ripassare. Quando tutti sono d’accordo sulla
risposta e hanno compreso il materiale, si passa alla seconda domanda;
4. ripetere la procedura per tutte le domande del test;
5. congratularsi per il lavoro svolto e per i risultati ottenuti al test.
Nella sua presentazione lo studente dovrà avvalersi di aiuti visivi e/o coinvolgere
attivamente la classe. L’obiettivo cooperativo richiede a tutti i membri del gruppo di imparare
il materiale raccolto e sviluppato per la ricerca e di presentare una buona relazione.
Naturalmente, gli studenti dovranno disporre del tempo e delle risorse (ad esempio, la
biblioteca) necessari alla ricerca.
Prima di esporla davanti a tutta la classe, gli studenti dovrebbero fare almeno una prova
all’interno dei loro gruppi e ricevere un feedback critico.
Esporre la ricerca: si divide la classe in quattro gruppi, che si disporranno negli angoli
dell’aula.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 111
A turno, nei gruppi, ogni studente — la cui responsabilità individuale è di imparare il
materiale raccolto e organizzato nella relazione — presenta la sua ricerca, dimostrando la
padronanza dell’argomento.
Gli altri membri del gruppo ascoltano e valutano se la presentazione è:
1. ben fatta e istruttiva
2. interessante, concisa, organica
3. coinvolgente (la classe è attiva, non passiva)
4. appassionante (la classe desidera saperne di più).
Per ogni presentazione gli studenti devono compilare un modulo di verifica (si veda la figura
19.1) in due copie: una da dare all’autore della ricerca (che la riporta al suo gruppo
cooperativo) e l’altra all’insegnante. L’insegnante ascolta dei frammenti di ogni
presentazione e ne valuta la qualità.
Valutare l’efficacia delle presentazioni: gli studenti ritornano nei loro gruppi di
apprendimento cooperativo e consegnano ai compagni i loro fogli di verifica. Il gruppo
fornisce una serie di suggerimenti per migliorare le abilità di presentazione e può decidere
di esercitarsi ulteriormente a casa con dei compiti. Infine, i gruppi di apprendimento
cooperativo si congratulano per il lavoro e il successo dei loro membri.
L’adattamento delle verifiche nel PDP per alunni con DSA e altre tipologie di BES
Secondo le indicazioni fornite dalle Linee guida ministeriali, le modalità di valutazione degli
alunni con DSA vanno esplicitate nel Piano Didattico Personalizzato (PDP) entro tre mesi
dall’inizio dell’anno scolastico, coinvolgendo tutti gli insegnanti di classe di ogni ordine di
scuola a partire dalla scuola primaria, in base alla diagnosi consegnata dalla famiglia
all’istituzione scolastica di riferimento. Nel PDP è necessario, infatti, indicare non solo il
percorso che si sceglie di attivare per l’alunno DSA, le attività di recupero individualizzate,
le modalità didattiche personalizzate, gli strumenti compensativi e le misure dispensative,
ma anche le modalità di verifica e di valutazione che s’intendono adottare, nel rispetto delle
regole inerenti alla valutazione e alle modalità di applicazione sia in corso d’anno, che in
sede di scrutini e di esami.
Tutti gli insegnanti sono corresponsabili nella stesura del PDP, che non deve essere visto
come un obbligo, ma come uno strumento utile a favorire l’attivazione e la realizzazione
d’interventi efficaci mirati e calibrati, funzionali ad agevolare l’alunno con DSA. La Legge
170/2010 prevede infatti «l’adozione di forme di verifica e di valutazione adeguate alle
necessità formative degli studenti» (Legge 170 del 10 ottobre 2010, Art. 2, Comma 1, d) e
stabilisce che «agli studenti con DSA sono garantite, durante il percorso di istruzione e di
formazione scolastica e universitaria, adeguate forme di verifica e di valutazione, anche per
quanto concerne gli esami di Stato e di ammissione all’università nonché gli esami
universitari». Di seguito proponiamo i principali adattamenti delle forme di verifica.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 112
Se le difficoltà persistessero, l’insegnante dovrebbe valutare più i progressi in itinere che le
carenze, evitando di sottolineare i punti deboli e considerando maggiormente quanto il
soggetto sa fare.
Adattamento dei tempi nelle prove scritte e predisposizione di verifiche scritte più
brevi
Riduzione quantitativa delle richieste della prova e tempo aggiuntivo di circa 30% in più
rispetto al tempo stabilito per il gruppo dei pari sono metodi per facilitare agli alunni
l’espletamento delle verifiche. L’allungamento dei tempi, come pure la corrispondente
riduzione delle prove, va calibrato sulle reali difficoltà dell’alunno emerse nel corso dell’anno
scolastico, anche in relazione alla tipologia della prova somministrata e agli eventuali
strumenti compensativi adottati. Gli enunciati sono graduati in base alle difficoltà incontrate
dall’alunno nello svolgimento dei compiti richiesti e nel caso di ritardo della consegna o di
esecuzione parziale, sempre con riferimento alla gravità del disturbo.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 114
Per alcuni alunni può essere di utilità e di agevolazione la lettura del testo con l’ausilio di
software che utilizzano la sintesi vocale; per altri invece è preferibile l’ascolto delle prove
registrate in formato MP3 con le cuffie o con l’auricolare. È necessario che le prove siano
fornite dagli insegnanti in formato digitale accessibile e compatibile con gli strumenti
utilizzati, in modo da non inficiarne l’uso.
Personalizzare i criteri di valutazione e gli obiettivi minimi per gli alunni con BES, non
DSA
Gli adattamenti delle forme di verifica sopra indicati, rivolti inizialmente solo ad alunni con
DSA, in molte situazioni possono essere estesi anche agli alunni con BES individuati
autonomamente dalla scuola. Anche per loro rimangono aperte le problematiche relative ai
livelli minimi attesi, in particolare in occasione dell’esame di Stato e nel secondo ciclo di
istruzione dove, come è noto, si attestano anche competenze professionali.
Riguardo agli alunni con BES, non disabili e non DSA, la CM n. 8/2013 afferma in modo
esplicito che tra gli scopi del PDP c’è anche quello di definire, monitorare e documentare i
criteri di valutazione degli apprendimenti, quindi di sicuro possiamo dare per scontato che
almeno i criteri possano essere adattati e personalizzati.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 115
Cosa significa personalizzare i criteri? L’obiettivo è quello di poter dimostrare il livello di
apprendimento raggiunto senza essere penalizzati da procedure che non considerano le
difficoltà specifiche, separando quindi le competenze da valutare dalle difficoltà di accesso
o di gestione legate al disturbo.
Sia la CM 3587/2014 per il primo ciclo che l’OM 37/2014 per il secondo ciclo autorizzano
l’estensione delle misure compensative agli alunni con BES, non DSA, per i quali è stato
redatto un PDP, nel corso degli esami di Stato.
Gli strumenti compensativi sono strumenti didattici e tecnologici che sostituiscono o
facilitano la prestazione richiesta nell’abilità deficitaria» (MIUR, Linee guida DSA, 2011).
L’abilità deficitaria in caso di BES può essere molto diversa e ogni strumento che sostiene
l’alunno in quell’ambito va considerato come strumento compensativo e il suo uso dovrà
essere ammesso in sede di esame, purché previsto espressamente dal PDP e purché
soddisfi l’altra condizione indicata nelle linee guida per i DSA: «sollevano l’alunno o lo
studente con DSA da una prestazione resa difficoltosa dal disturbo, senza peraltro facilitargli
il compito dal punto di vista cognitivo» (MIUR, Linee guida DSA, 2011). È ovviamente
implicito che almeno tali misure possano essere adottate anche nel corso delle verifiche e
valutazioni intermedie, in corso d’anno, dove la scuola ha di sicuro la possibilità di adattare
con maggiore flessibilità le procedure di valutazione.
Nel PDP questi principi generali andranno quindi declinati in concrete modalità di
personalizzazione delle verifiche, specificando di volta in volta la necessità di aumentare i
tempi, di ridurre quantitativamente le consegne, di strutturare le prove, di programmare gli
impegni o altro, in modo simile a quanto si mette abitualmente in atto con i DSA.
Il problema piuttosto è che solo in alcuni casi per gli alunni individuati come BES possono
essere sufficienti accorgimenti di questo tipo, che agiscono quasi esclusivamente sulle
modalità di somministrazione delle prove ma non sui contenuti della valutazione, ed è quindi
molto importante il riferimento della CM n. 8 6/3/2013 ai livelli minimi attesi:
Il Piano Didattico Personalizzato non può più essere inteso come mera esplicitazione di
strumenti compensativi e dispensativi per gli alunni con DSA; esso è bensì lo strumento in
cui si potranno, ad esempio, includere progettazioni didattico-educative calibrate sui livelli
minimi attesi per le competenze in uscita (di
cui moltissimi alunni con BES, privi di qualsivoglia certificazione diagnostica, abbisognano),
strumenti programmatici utili in maggior misura rispetto a compensazioni o dispense, a
carattere squisitamente didattico-strumentale. (CM n.8, 6/3/2013)
Definire questi livelli minimi spetta agli insegnanti (Consiglio di classe o team docenti della
primaria): nessuna disposizione ministeriale indica una soglia minima di competenze al di
sotto della quale il percorso scolastico non può proseguire mentre è più volte ribadito
l’obiettivo generale del successo formativo per tutti e il ruolo anche formativo della
valutazione.
Per gli alunni con DSA e altri BES non è prevista nei fatti la programmazione differenziata
(benché in teoria questa possibilità molto penalizzante sia possibile per gli alunni con DSA
interamente esonerati dallo studio della lingua straniera) e, per un elementare principio di
equità, per loro vanno quindi definiti almeno gli obiettivi minimi corrispondenti a quelli che
abitualmente la scuola fissa per gli alunni con disabilità che conseguono il diploma.
Occorre però considerare che la modalità di valutazione cambia notevolmente con l’esame
di Stato che conclude i due cicli di istruzione e questo necessariamente incide anche nelle
valutazioni intermedie, man mano che la scadenza si avvicina, considerando che l’alunno
non può di certo essere sottoposto bruscamente alle nuove procedure e che all’esame non
sono previste misure dispensative di nessun tipo.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 116
Personalizzazione ed esami di Stato per alunni con DSA e altre tipologie di BES: cosa dice
la Normativa:
Rispetto agli alunni con DSA, le procedure di personalizzazione dei criteri di valutazione
anche agli esami di Stato sono formalizzate e normate dalla Legge in maniera chiara nel
DM 5669/2011 e dalla CM 48/2012 sugli esami conclusivi del primo ciclo di istruzione.
Inoltre, la recente nota 3587/2014 del MIUR richiama la tutela della valutazione a favore
degli alunni con DSA, ribadendo il diritto a utilizzare gli strumenti compensativi previsti nel
PDP anche in sede di esame.
In particolare, per gli alunni con DSA la nota 3587/2014 prevede che la Commissione
d’esame «predisporrà adeguate modalità di svolgimento delle prove scritte e orali,
prevedendo alcune particolari attenzioni finalizzate a rendere sereno il clima durante
l’esame. Nello svolgimento delle prove scritte, ivi compresa la prova scritta a carattere
nazionale (INVALSI), i candidati potranno utilizzare gli strumenti compensativi previsti dal
Piano Didattico Personalizzato o da altra documentazione, redatta ai sensi dell’articolo 5 del
decreto ministeriale 12 luglio 2011».
Inoltre la stessa nota indica più nello specifico le misure adottabili per gli alunni con DSA e
in particolare prevede che:
– i candidati possano usufruire di dispositivi per l’ascolto dei testi della prova registrati in
formato Mp3;
– la Commissione possa individuare un proprio componente che possa leggere i testi delle
prove scritte al candidato;
– al candidato che utilizzi la sintesi vocale la Commissione possa trascrivere il testo su
supporto informatico;
– al candidato venga concesso l’uso di apparecchiature e strumenti informatici utilizzati nel
corso delle verifiche in corso d’anno o che siano ritenuti funzionali allo svolgimento
dell’esame, senza che questo pregiudichi la validità delle prove. In generale, inoltre, si
ribadisce che a tutti gli alunni con DSA vengano concessi tempi più lunghi per lo
svolgimento delle prove scritte (in particolare nell’accertamento delle lingue straniere) e
che venga posta particolare attenzione valutativa al contenuto piuttosto che alla forma.
Per quanto riguarda le misure dispensative, la norma ribadisce che l’unica misura
dispensativa possibile in sede d’esame è quella della sola lingua straniera scritta, sostituita
da una prova orale.
La nota inoltre sottolinea che solo gli alunni con DSA che hanno seguito un percorso di
studio differenziato (ai sensi dell’art. 6 comma 6 del DM 5669/2011) e sono stati esonerati
dall’insegnamento della lingua straniera — per i quali di conseguenza il percorso di studio
porta solo a un’attestazione di frequenza e non a un titolo con valore legale — possono
svolgere prove di esame differenziate rispetto ai compagni. Ricordiamo tuttavia che questa
misura, possibile in teoria, è assolutamente inadatta ad alunni con DSA che presentano
livelli cognitivi nella norma e che non devono essere privati della possibilità di ottenere un
titolo di studio valido, così come un percorso scolastico soddisfacente.
Per quanto riguarda gli alunni con altre tipologie di BES, non DSA o disabilità normata dalla
legge 104/92, la nota ministeriale 5669/2014 va a colmare una lacuna normativa
precedente, prevedendo che i PDP redatti dal Consiglio di classe vengano trasmessi alle
Commissioni d’esame per far sì che anche in questa seda vengano garantiti i diritti di
personalizzazione già goduti nel corso della normale attività didattica.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 117
La nota 3587/2014 infatti chiarisce che per gli alunni con BES per i quali il Consiglio di classe
ha redatto un PDP (e solo per quelli) la Commissione terrà in debita considerazione:
le modalità didattiche e le forme di valutazione individuate nell’ambito dei percorsi didattici
individualizzati e personalizzati. A tal fine i Consigli di classe trasmetteranno alla
Commissione d’esame i Piani Didattici Personalizzati. In ogni caso, per siffatte tipologie,
non è prevista alcuna misura dispensativa in sede di esame, sia scritto che orale, mentre è
possibile concedere strumenti compensativi, in analogia a quanto previsto per gli alunni con
DSA.
Quindi anche per gli alunni con altre forme di BES è possibile utilizzare nel corso delle prove
d’esame le forme di personalizzazione delle modalità didattiche di svolgimento della prova
e l’uso degli strumenti compensativi previsti nel PDP, mentre non è prevista alcuna forma
possibile di misura dispensativa (neanche per la lingua straniera scritta).
Autovalutazione
La dimensione dell’autovalutazione dei processi di apprendimento da parte degli alunni e
l’importanza del feedback costante e di supporto nel corso delle attività di apprendimento.
L’autovalutazione viene descritta come un processo di revisione che induce lo studente a:
– riflettere sull’esperienza passata;
– cercare di ricordare e comprendere ciò che è accaduto;
– tentare di giungere a un’idea più chiara di ciò che ha appreso o dei traguardi che ha
raggiunto.
Il principio che dà maggior forza all’autovalutazione è il fatto che gli allievi siano più
responsabili e coinvolti nel loro stesso apprendimento.
Con gli anni, nelle persone cresce la consapevolezza di sé e diventa più facile esprimerla,
ma molti insegnanti hanno scoperto che proponendo l’idea dell’autovalutazione a bambini
molto piccoli si possono alimentare
e sviluppare queste abilità.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 118
Riflessione e analisi servono a migliorare il lavoro di gruppo e i risultati, e a responsabilizzare
di più il singolo studente, di cui vengono valutati l’impegno e le abilità. Si tratta di momenti
importanti per l’attività del gruppo, ai quali va riservato uno spazio sufficiente.
La discussione può svolgersi nel piccolo gruppo o coinvolgere l’intera classe, e si compone
di quattro aspetti:
1. feedback: ogni studente e ogni gruppo deve ricevere e dare feedback sull’efficacia del
lavoro cooperativo e sul compito;
2. riflessione: gli studenti riflettono sul feedback ricevuto;
3. obiettivi di miglioramento: l’insegnante aiuta i singoli studenti e i gruppi a definire degli
obiettivi per migliorare la qualità del loro lavoro;
4. lodi: l’insegnante incoraggia gli studenti a congratularsi a vicenda per il lavoro svolto e i
risultati ottenuti.
Per iniziare la discussione gli studenti possono:
1. elencare tre cose che il gruppo ha fatto bene insieme e una cosa che potrebbe fare
meglio;
2. pensare a un contributo particolare che ogni membro ha dato per aiutare il gruppo a
lavorare con efficienza e poi dirglielo;
3. complimentarsi con gli altri membri del gruppo per il lavoro svolto;
4. misurare la propria capacità di applicare una certa abilità cooperativa (come
incoraggiare la partecipazione o controllare la comprensione) assegnandosi un
punteggio da 1 a 10; comunicare il punteggio al gruppo e spiegarne le ragioni. Fare un
programma per aumentare la frequenza con cui i membri del gruppo fanno uso di
quell’abilità. Perché il feedback individuale sia efficace e non controproducente, deve
essere trasmesso in modo non minaccioso.
A questo scopo è opportuno tenere presenti alcuni principi:
1. focalizzare il feedback sul comportamento (e non sulle caratteristiche personali dello
studente);
2. essere descrittivi (e non critici);
3. essere specifici e concreti (e non generici e astratti);
4. fornire feedback immediato (e non in ritardo);
5. evidenziare soprattutto le azioni positive (e non quelle negative o i deficit di
comportamento).
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 119
La cultura della valutazione ha come obiettivo quello di un cambiamento di prospettiva
della professionalità dell’insegnante, della qualità della didattica, della scuola, dell’intero
sistema d’istruzione. In quest’ottica gli aspetti da considerare sono:
Esplicitare le funzioni della valutazione, ovvero considerarla come una questione di
valore che ci permette di esprimere un giudizio sulla base di un criterio o di un modello.
Accettare la dimensione collegiale e intersoggettiva nelle pratiche valutative, nel senso
che la dimensione collegiale attiva quei processi di discussione, confronto e negoziazione
in merito alle diverse visioni che riflettono l’esperienza di ciascun docente. Questa
opportunità consente una valutazione a livello d’istituto e conduce all’idea di identità di
scuola dove ciascun docente può riconoscersi. Il confronto sulle condotte di valutazione
è un’occasione di scambio e disponibilità a mettere in discussione i propri stili didattici.
Pensare in modo sistematico al tema della valutazione consente di costruire una
documentazione da condividere tra gruppi di insegnanti al fine di allargare e promuovere
una continuità progettuale.
Promuovere il rigore e la sistematicità nelle procedure di verifica e valutazione, ovvero
utilizzare una metodologia rigorosa che definisca con chiarezza che cosa e come valutare
con tre fasi fondamentali: 1) la definizione dell’oggetto della valutazione; 2) rilevare dati
quantitativi inerenti all’oggetto; 3) la valutazione ovvero l’espressione dei giudizi. E’
necessario scegliere degli INDICATORI che costituiscono un elemento segnalatore di un
fenomeno. Definire in modo chiaro l’oggetto da valutare è condizione imprescindibile per
iniziare una procedura valutativa ottimale. Dopo aver stabilito l’oggetto della valutazione
i due successivi momenti sono la misurazione, ovvero attribuire un numero alla cosa
misurata e la valutazione che consiste in un giudizio sui risultati della misurazione. Si
tratta di agire dapprima per una raccolta di dati, il più possibile validi, e di procedere nella
loro interpretazione al fine di attribuire giudizi di valore. In Italia si è delineato un modello
di educational evaluation denominato “modello di valutazione formativa” o dei contesti
educativi. Questo modello, quello formative evaluation, si concentra sul processo di un
progetto o programma educativo e mira a valutarlo nel suo svolgersi, mentre la
summative evaluation ha come oggetto l’efficacia del progetto stesso. Per questo modello
di valutazione sono stati messi appunto strumenti osservativi:
Attenzione ai contesti educativi in senso ecologico ( soggetto e ambiente si adattano
reciprocamente e si sviluppano)
Utilizzo di strumenti specifici
Restituzione da parte del ricercatore dei dati raccolti del contesto valutato
Partecipazione e coinvolgimento di tutti gli attore del contesto al momento della
restituzione
Tali strumenti mirano ad armonizzare una valutazione che sia scientifica, grazie all’uso di
strumenti validi, che autentica di autovalutazione. Quando si parla di valutazione della
qualità scolastica è sempre necessario far riferimento all’intero sistema dell’istruzione: micro
(aula) – meso (istituto) – macro (territorio). Il sistema è qualcosa di complesso ed occorre
parlare degli indicatori della qualità che permettono di focalizzare lo sguardo del valutatore
su elementi significativi del programma o di situazioni da valutare. Una struttura organizzata
degli indicatori dell’istruzione è il CIPP evaluation model che identifica gli elementi costitutivi
in: valutazione in ingresso, valutazione di processo, valutazione in uscita, valutazione di
contesto. Nella scuola dell’autonomia valutazione e controllo sono intesi principalmente
come cura e responsabilità, al livello centrale, della qualità di ciascun istituto, avendo chiaro
che qualità significa tensione verso una sistema scolastico più equo e democratico.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 120
CAPITOLO 20 - BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI E INCLUSIONE
Il concetto di BISOGNO EDUCATIVO SPECIALE è una macrocategoria che comprende
dentro di sé tutte le possibili difficoltà educative e apprenditive degli alunni, dalle necessità
educative normali a quelle speciali che richiedono degli accorgimenti didattici specifici per
realizzare la piena inclusione di tutti gli alunni con lo scopo svilupparne il massimo grado
possibile di apprendimento rispetto alle potenzialità di ciascun bambino e alla
partecipazione alla vita sociale e comunitaria. Già Norwich, studioso delle pratiche e
politiche inclusive, aveva evidenziato che nella scuola coesistono tre tipi fondamentali di
bisogni educativi:
bisogni comuni (che fanno riferimento a caratteristiche possedute da tutti)
bisogni specifici ( che riguardano aspetti condivisi da alcuni alunni)
bisogni individuali ( riconducibili ad alcuni alunni)
Infatti il concetto di BES appare nei documenti ufficiali dell’Unesco nel 1997 come a
considerare quei soggetti che, in età evolutiva, manifestano difficoltà di apprendimento e di
comportamento diverse dalla disabilità. In Italia IANES ha proposto una nuova accezione
del concetto BES ovvero considerarlo come la possibilità aperta, dinamica e transitoria di
comprendere le situazioni di funzionamento problematico per la persona che da tale
problematicità viene ostacolata nell’ottenere risposte ai propri bisogni e il cui funzionamento
va compreso attraverso un’antropologia bio-psico-sociale nell’ottica del modello ICF.
Il concetto di BES non è clinico in quanto non occorre una diagnosi clinica, ma per
comprendere una situazione BES è necessaria una buona osservazione e valutazione delle
reali interazioni tra i vari fattori che ci fanno capire se quello specifico funzionamento è
davvero problematico per il quale, in pratica, sono previsti interventi speciali di
individualizzazione e personalizzazione.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 121
La costruzione del PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO deve riguardare tutti gli
insegnanti perché l’integrazione deve riguardare ogni ambito della vita scolastica. Le
componenti fondamentali del PEI sono:
Diagnosi funzionale educativa, (1° FASE) che deve essere redatta secondo i criteri del
modello ICF poiché risponde appieno all’esigenza di avere una modalità conoscitiva della
realtà globale dell’alunno. Essa rappresenta una base indispensabile e un lavoro
interdisciplinare e ha come obiettivo la conoscenza più estesa e la comprensione più
approfondita dell’alunno in difficoltà. Tali informazioni sono necessarie e utili a realizzare
una quotidiana attività didattica appropriata e significativa attraverso una progettazione
individualizzata.
Profilo dinamico funzionale PDF, (2° FASE)
raccoglie gli obiettivi a medio e breve termine che si potranno concretamente integrare e
inserire in una reale programmazione di classe. Infatti per gli obiettivi a breve termine si
dovrà agire utilizzando metodologie di adattamento, di analisi del compito e di tecniche
di facilitazione al fine di aumentare gradualmente le difficoltà.
funge da strumento di raccordo tra la conoscenza dell’alunno, prodotta dalla diagnosi
funzionale educativa, e la definizione di attività, tecniche, mezzi e materiali per la
quotidiana prassi didattica.
Le attività, i materiali e i metodi di lavoro (3° FASE) è il momento in cui si elaborano
soluzioni operative, si identificano gli spazi, i tempi, le persone e le altre risorse materiali,
organizzative e metodologiche che serviranno per realizzare attività didattiche educative
e di stimolazione. Tali tecniche specifiche sono quelle che fanno riferimento all’approccio
cognitivo-comportamentale ( analisi del compito, uso degli aiuti, facilitazioni e rinforzi,
modelli competenti, strategie di generalizzazione e mantenimento) ma anche tutte quelle
metodologie innovative come il cooperative learning e il tutoring.
Le verifiche e le valutazione (4°FASE) deve essere una prassi costante sulla base degli
esiti oggettivi delle attività di insegnamento realizzate.
La costruzione del PDP va redatto annualmente ed è un documento di programmazione
che esplicita un percorso di personalizzazione individuato per ciascun alunno.
Deve essere usato per gli alunni DSA (previsto dalla legge 170/2010 e DM 5669 e Linee
guida) e altri BES. La scuola, che rappresenta la sola competenza a redigerlo e a definirlo,
deve predisporre tale documento prima della fine del primo trimestre scolastico il quale,
deve contenere: i dati anagrafici dell’alunno; la tipologia di disturbo; le attività didattiche
individualizzate; le attività didattiche personalizzate; strumenti compensativi utilizzati;
misure dispensative adottate; forme di verifica e valutazione personalizzate, e, inoltre, può
chiedere la collaborazione di specialisti esterni.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 122
A tal proposito la DIDATTICA INCLUSIVA diviene una prospettiva che organizza i processi
di insegnamento e di apprendimento a partire dalle differenze presenti nel gruppo classe.
In quest’ottica le differenze vengono stimolate, valorizzate per lavorare insieme e crescere
come gruppo. Infatti la dimensione di gruppo, collaborativa e cooperativa, è imprescindibile
nella didattica inclusiva. Si tratta di rendere la didattica ancora più equa, di fornire cioè gli
aiuti necessari, quelli realmente efficaci, per far partecipare in maniera significativa al
contesto sociale un bambino in difficoltà.
Pur essendo già da tempo iniziato un percorso di integrazione nella scuola italiana, lo stesso
non si può dire per il processo di INCLUSIONE che ha un significato differente in quanto si
tratta di riconoscere e rispondere efficacemente ai diritti di individualizzazione di tutti gli
alunni che hanno in qualche modo una difficoltà di funzionamento. A livello di legislazione a
parlare di inclusione sono la Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 e la Circolare del 6
marzo 2013.
A causa di tutte queste situazioni gli insegnanti posso trovare difficoltà educative e didattiche
dovute sia a causa di situazioni di disagio nell’ambito familiare (abusi, maltrattamento) sia a
difficoltà economica e sociale (povertà, deprivazione culturale). Affinché l’inclusione possa
avvenire la scuola deve ribadire nell0offerta formativa alcune decisioni strategiche e
operative quali: occuparti in maniera efficace di tutti gli alunni che presentano qualsiasi
difficoltà; accorgersi in tempo delle difficoltà; accorgersi di tutte le difficoltà; comprendere le
complesse interconnessioni dei fattori che costituiscono tali difficoltà; rispondere in modo
inclusivo alle difficoltà.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 123
Il funzionamento educativo è dunque intrecciato tra biologia, esperienze di ambienti e
relazioni e attività e iniziative del soggetto. Per questo il modello ICF può dare una lettura
globale dei bisogni educativi speciali in quanto è progettato in un’ottica di salute e di
funzionamento dell’interconnessione dei sette fattori rappresentanti: condizioni fisiche e
fattori contestuali agli estremi; la dotazione biologica e l’ambiente ai lati.
Fra queste enormi classi di forze, biologiche e contestuali, si trova il corpo del bambino che
agisce nel mondo sviluppando capacità e attività personali.
Se questi fattori interagiscono in modo positivo il bambino crescerà e funzionerà bene
diversamente presenterà qualche difficoltà dal punto di vista educativo-apprenditivo.
Si può affermare che nell’ICF vanno considerati sia i fattori ambientali che quelli personali
ma anche le dimensioni psicoaffettive come stili di attribuzione, autoefficacia, autostima,
emotività, motivazione, comportamenti problema.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 124
CAPITOLO 21 - DSA E ADHD
Negli ultimi anni in Italia si è assistito ad un forte incremento dell’interesse verso i disturbi
specifici dell’apprendimento grazie anche all’approvazione della legge 170/2010. In linea
generale questa legge definisce dei principi al fine di garantire un corretto approccio a questi
disturbi in ambito scolastico e sanitario.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 125
INDIVIDUAZIONE PRECOCE DEL RISCHIO DSA
La legge 170/2010 individua apposite iniziative di identificazione precoce dei DSA, tuttavia
queste iniziative identificano una condizione di rischio ma non costituiscono l’emissione di
una diagnosi di DSA. Nel decreto interministeriale emanato nell’aprile 2013 vengono definite
le linee guida di identificazione dei casi sospetti di DSA.
Ma è possibile un’identificazione precoce del rischio DSA nella scuola primaria?
Nell’identificazione del rischio DSA la tempestività è una variabile importantissima per un
intervento di recupero.
È vero che l’identificazione del rischio non costituisce una diagnosi, tuttavia un errore di
identificazione del rischio può causare conseguenze negative (generare ansie immotivate).
È possibile anticipare l’individuazione del rischio DSA?
Anche se il disturbo DSA non può manifestarsi prima del completamento del processo di
apprendimento del codice scritto, e la diagnosi in genere non viene fatta prima del secondo
anno di scolarizzazione, tuttavia per la dislessia è importante sottolineare già alla fine del
primo anno di scuola primaria devono essere segnalati ai genitori i bambini che presentano
una o più di queste caratteristiche:
Difficoltà nell’associazione grafema-fonema
Mancato raggiungimento del controllo sillabico in lettura e scrittura
Eccessiva lentezza nella lettura e scrittura
Incapacità a produrre le lettere in stampato maiuscolo in modo riconoscibile
La scuola renderebbe un utile servizio ai bambini e alle loro famiglie se venisse messa in
grado di identificare precocemente le difficoltà scolastiche ed intervenisse con adeguati
supporti didattici, poiché un intervento precoce potrà influenzare in modo favorevole e
positivo la prognosi del disturbo. Con l’emanazione del decreto dell’aprile 2013 è stato
individuato un modello operativo per l’organizzazione delle attività di identificazione
precoce. In questo modello vengono individuate 3 fasi:
Individuazione degli alunni che presentano difficoltà significative di lettura, scrittura e
calcolo
Attivazione di percorsi didattici mirati al recupero di tali difficoltà
Segnalazione alla famiglia dei soggetti resistenti all’intervento didattico per le successive
procedure di approfondimento diagnostico
Complessivamente, il decreto attuativo assegna un ruolo preminente nell’identificazione
precoce alle competenze osservative degli insegnanti, la scuola primaria può avvalersi di
prove standardizzate in attività organizzate che assumono la forma di “screening” nelle quali
grande importanza è attribuita alla formazione del personale insegnante in raccordo con
quello sanitario.
Va comunque sottolineato che se da un lato gli screening rappresentano degli importanti
mezzi di prevenzione, con un certo grado di affidabilità, è altrettanto vero che sono strumenti
molto delicati che dovrebbero essere maneggiati con cura da persone esperte.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 126
Tuttavia la procedura d’indagine diagnostica si basa anche su una valutazione clinica che
deve tener conto della storia evolutiva e scolastica del soggetto e dei possibili fattori di
rischio. In Italia la legge 170/2010 ha previsto che la diagnosi di DSA rientri tra le prestazioni
del Servizio Sanitario Nazionale o da strutture accreditate e specialisti. Sintetizzando si è
arrivati alla conclusione che per tutte le regioni risultano valide le diagnosi emesse dal SSN,
mentre la validità, per le scuole, delle diagnosi formulate da strutture private varia da regione
a regione. La maggior parte delle regioni ha deciso di accreditare strutture private per la
certificazione dei DSA valida ai fini scolastici per far fronte alle carenze del SSN nel
rispondere tempestivamente alle richieste dell’utenza.
DIDATTICA INDIVIDUALIZZATA
La didattica individualizzata consiste nelle attività di recupero individuale che può svolgere
l’alunno per potenziare determinate abilità o per acquisire specifiche competenze. Tali
attività possono essere realizzate nelle fasi di lavoro individuale in classe o in momenti ad
esse dedicati.
DIDATTICA PERSONALIZZATA
La didattica personalizzata è l’impiego di una varietà di metodologie e strategie didattiche
tali da promuovere le potenzialità e il successo formativo in ogni alunno, l’uso di mediatori
didattici (schemi, mappe concettuali), l’attenzione allo stile di apprendimento, per
promuovere un apprendimento significativo.
Gli strumenti tecnologici compensativi sono molto efficaci poiché eseguono quei compiti
automatici (decodifica di lettura, calcoli) che nei bambini con DSA si sviluppano lentamente.
Tali strumenti compensativi sollevano l’alunno con DSA dal compiere una prestazione resa
difficoltosa dal disturbo senza però rendergli facile il compito dal punto di vista cognitivo. Fra
i più noti strumenti compensativi ricordiamo:
La sintesi vocale che trasforma il compito di lettura in un compito di ascolto
Il registratore che consente all’alunno di non scrivere gli appunti
I programmi di videoscrittura con correttore ortografico
La calcolatrice
Tabelle, mappe concettuali ecc.
Gli stessi libri digitali associati ad una sintesi vocale consentono il raggiungimento di una
maggiore autonomia scolastica.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 127
Le misure dispensative invece sono degli interventi che consentono all’alunno di non
svolgere alcune prestazioni, che a causa del disturbo risultano particolarmente difficoltose
e che non migliorano l’apprendimento. Ad esempio non è utile far leggere ad un alunno con
dislessia un lungo brano, in quanto l’esercizio non migliora la sua prestazione nella lettura.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 128
ADHD, UN BISOGNO EDUCATIVO SPECIALE
Con la direttiva del dicembre 2012 si estende la responsabilità della scuola a tutti i bisogni
educativi speciali, non solo agli alunni con certificazione di disabilità ma andando a
comprendere anche quelli con svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di
apprendimento, difficoltà linguistiche provenienti da culture diverse. I BES quindi non vanno
intesi come un’ulteriore categoria ma come una macrocategoria che contiene:
1. Gli alunni con disabilità specificata
2. Gli alunni con DSA
3. Gli alunni con svantaggio socioeconomico e socioculturale
Il bambino BES non richiede necessariamente un docente di sostegno per la classe, vi è
quindi una corresponsabilità degli insegnanti curricolari e di sostegno.
Il DM del 27 dicembre 2012 chiarisce che per tutti gli alunni con BES è possibile avvalersi
di misure dispensative e strumenti compensativi in base a quanto disposto dalla legge
170/2010. Secondo la circolare ministeriale del 6 marzo 2013 invece si ribadisce il ruolo
forte e la responsabilità dei consigli di classe e dei team docenti nel valutare i casi che hanno
bisogno di una didattica personalizzata per avere opportunità eque di apprendimento.
LA SCUOLA
Alcune indicazioni operative del MIUR per la gestione dei bambini ADHD a scuola
sottolineano la necessità di predisporre l’ambiente nel quale viene inserito l’alunno con
ADHD. Quando gli obiettivi da raggiungere sono molti allora è importante lavorare per micro-
obiettivi:
Gestire un obiettivo per volta dopo aver dato chiare istruzioni su come fare e fornendo
degli esempi positivi
Scegliere obiettivi raggiungibili per il bambino (per esempio un obiettivo semplice
potrebbe essere tenere il banco in ordine)
Concordare l’obiettivo con l’alunno
Elogiare il bambino per ogni traguardo raggiunto
Aggiungere un nuovo obiettivo solo quando il precedente è stato raggiunto
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 129
LA FAMIGLIA
I bambini ADHD sono imprevedibili e difficili da gestire e il risultato con i genitori è a volte
un’educazione autoritaria con tendenza ad imporre regole. In realtà con la cosiddetta “linea
dura” il bambino può diventare oppositivo e capriccioso. Cio’ porta ad un circolo vizioso che
vede il proprio figlio come privo di pregi e di percepire se stessi come un fallimento dal punto
di vista genitoriale. I motivi per cui si arriva a credere ciò è spesso perché non sempre ai
genitori vengono fornite info chiare sulla natura dell’ADHD. La cosa importante da capire è
che non sono i genitori in quanto tali a causare il disturbo ma lo stile educativo e
comunicativo può contribuire a rinforzare determinati comportamenti problematici. Quando
le relazioni dei genitori con il loro figlio diventano difficili da gestire si necessita di un aiuto
di un esperto che dia una visione distaccata del problema e aiuti a stilare un piano di lavoro
adatto alla situazione. Tra gli interventi rivolti ai genitori, rientrano i “parent training”, cioè
programmi di formazione con lo scopo di favorire acquisizione di competenze educative e
relazionali.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 130
Ad esempio per un alunno che ha difficoltà nel rispettare l’ordine posizione delle cifre di un
numero si potrebbero prevedere delle griglie e dei numeri con colori diversi in base alla
posizione delle cifre, oppure la sintesi o il riconoscimento vocale per leggere il numero scritto
e per far scrivere il numero al computer sotto dettatura. Nel caso in cui si fallisca anche con
gli strumenti compensativi si può optare la possibilità di dispensare l’alunno, questa scelta
però dovrebbe essere fatta solo in casi estremi, poiché dispensare un alunno significa
proteggerlo da ulteriori frustrazioni e insuccessi ma nella consapevolezza che ciò non lo
porterà ad un’autonomia. Nel caso di alunni BES con svantaggio dell’area socioeconomica,
culturale e linguistica, secondo la direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012, gli strumenti
compensativi e le misure dispensative devono essere messe in atto per il tempo
strettamente necessario, sarebbe meglio utilizzare una didattica personalizzata piuttosto
che strumenti compensativi e misure dispensative. Questo perché un conto è dispensare
dalla lettura ad alta voce un alunno DSA un altro è dispensare un alunno straniero che potrà
con il tempo acquisire questa competenza.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 131
CAPITOLO 22 - ORIENTAMENTO E PREVENZIONE DELL’INSUCCESSO SCOLASTICO
L’orientamento può essere inteso come un processo attraverso il quale ogni bambino o
adolescente interpreta la realtà e costruire la propria identità.
L’orientamento è quindi un processo personale, che si sviluppa spontaneamente in tutti i
contesti sociali e, tra questi, la scuola può essere considerata l’ambiente privilegiato, poiché
conduce gradualmente il bambino ad affrontare processi di scelta e di ridefinizione dei propri
modelli mentali e schemi interpretativi.
La scuola deve:
favorire il pieno sviluppo della persona e consentirne l’inserimento nel contesto sociale;
porre al centro dell’intervento orientativo l’autodeterminazione dell’individuo, aiutandolo
a conoscere sé stesso e a fare delle scelte, fornendogli strumenti di comprensione della
realtà esterna;
porre il soggetto in una posizione attiva, considerando i suoi bisogni, interessi, attitudini
personali.
Ogni alunno tende a filtrare e a interpretare inconsciamente le informazioni ricevute
dall’esterno, ma spesso ha una scarsa efficacia nel modificare idee e prospettive in qualche
modo già radicate. Prendere delle decisioni è un processo complesso, dove devono
combinarsi aspettative e bisogni.
Alla base delle scelte personali c’è quindi un intreccio di fattori che si influenzano
reciprocamente.
Una scelta, in generale, dovrebbe essere una sintesi equilibrata e ponderata di cosa il
soggetto vuole, cosa gli serve e cosa può fare, e poi emozioni e razionalità dovrebbero
fondersi armonicamente.
Però non è sempre così, spesso bambini e ragazzi scelgono attraverso scorciatoie cognitive
che li portano a decisioni viziate dalla pigrizia, dal conformismo e tendono a non prendere
neanche in considerazione informazioni che potrebbero modificare una decisione presa.
Gli interventi di orientamento devono tener conto della dimensione cognitivo-razionale e di
quella affettivo-emotiva.
Quoziente intellettivo e quoziente emozionale sono le due dimensioni necessarie per il
successo scolastico e quello sociale.
Il quoziente emozionale consiste nella capacità di comunicare con gli altri, valutare le
situazioni sociali ed emozionali, controllare le proprie emozioni, inibire la propria
aggressività, ecc. e che determinano la riuscita sociale di una persona.
Tra le nove varietà di intelligenza individuate, Gardner cita l’intelligenza intrapersonale
(intesa come la capacità di conoscere sé stessi e i propri sentimenti per poter guidare il
proprio comportamento) e quella interpersonale (la capacità di comprendere gli altri per
interagire con essi in modo collaborativo.)
Gli insegnanti hanno il compito di stimolare e favorire la socializzazione nei ragazzi e metterli
nella condizione di poter sperimentare le loro abilità sociali.
Ogni situazione di apprendimento produce effetti orientativi.
Ogni docente orienta con i suoi atteggiamenti, stili relazionali e modalità didattiche; a lui
sono richieste e nuove capacità di ascolto, tutoring e counseling.
Il tema dell’orientamento richiama il fenomeno della dispersione scolastica, ancora molto
diffuso nel nostro Paese.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 132
Tale fenomeno può essere ricondotto a due cause principali: la prima al sistema delle
bocciature, delle ripetenze e delle frequenze irregolari; la seconda all’inefficacia educativa
della scuola. In tal senso sono necessari sia un efficace curricolo d’istituto, sia le azioni
orientative dei docenti.
La scuola non deve essere orientativa solo per i contenuti ma anche per come li fa
apprendere.
Come sostiene Bruner, occorre considerare le discipline come “amplificatori culturali”,
cioè come strumenti di conoscenza che amplificano le capacità di conoscere e di agire degli
studenti e, conseguentemente, spostare l’attenzione dal prodotto al processo,
dall’acquisizione delle nozioni disciplinari al modo in cui tale acquisizione viene organizzata.
Le recenti teorie costruttiviste ci aiutano a individuare prospettive didattiche che vanno in
questa direzione.
Una didattica costruttivista non pone al centro i contenuti in quanto tali, ma i processi
attraverso i quali essi vengono elaborati e costruiti. Significa che il docente assume il ruolo
di “costruttore di ambienti di apprendimento”, progettati per consentire percorsi attivi e
consapevoli in cui l’alunno sia orientato a costruire nuovi apprendimenti, individuando quali
informazioni servono, come si trovano e si consultano le fonti di informazione, come stabilire
confronti e relazioni tra i dati, come selezionarli, interpretarli e rielaborarli.
Gli alunni devono lavorare cooperando e aiutandosi reciprocamente in attività di
apprendimento e di problem solving. Le attività scolastiche devono essere ben strutturate.
Ogni progetto didattico deve prevedere un’impalcatura (scaffolding) costituita da un
insieme di regole comportamentali e sociali, ma allo stesso tempo dare spazio allo studente
affinché possa esplorare e riflettere sulle diverse possibilità di interpretazione della realtà
interna ed esterna.
Gli strumenti offerti dalle nuove tecnologie diventano risorse potenti che possono, se usati
consapevolmente, facilitare ed enfatizzare queste dinamiche.
L’aula, perciò, può essere organizzata come laboratorio, inteso come:
1. luogo fisico dove gli alunni progettano, sperimentano, confrontano e discutono,
affiancati da un docente mediatore e guida;
2. strumento della didattica orientativa, dove si coniugano insieme sapere, saper fare e
saper agire.
La didattica orientativa prevede l’utilizzo delle seguenti competenze: capacità relazionali,
organizzative, decisionali e metacognitive (lo studente deve saper comprendere le
informazioni, trovare soluzioni a problematiche complesse e saper padroneggiare le
strategie necessarie per organizzare lo studio e il lavoro).
Le linee guida nazionali per l’orientamento permanente del 2014 precisano che per
orientamento si intende il processo volto a facilitare la conoscenza di sé, del contesto
formativo, sociale, culturale ed economico di riferimento, delle strategie messe in atto per
relazionarsi e interagire con tali realtà, al fine di favorire la maturazione e lo sviluppo delle
competenze necessarie per poter definire gli obiettivi personali ed elaborare un progetto di
vita.
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CAPITOLO 23 - LA PROMOZIONE DEL BENESSERE
PRIMA PARTE – I BISOGNI FORMATIVI PRIMARI E IL RUOLO DEL DOCENTE
I bambini devono vivere in un ambiente positivo nel rispetto di regole e ruoli. Devono essere
formati alla capacità di valutarsi e orientarsi. L’ambiente positivo, lo star bene dipende dalla
qualità della vita.
• La qualità dell’ambiente deve esprimere rispetto, deve essere curato, pulito e
personalizzato. Anche il bambino deve essere responsabilizzato al mantenimento della
qualità
• La qualità delle relazioni interpersonali vanno insegnate sia quelle tra pari che quelle con
status diverse. Bisogna imparare a riconoscere, accettare ruoli, limiti, vincoli e regole.
• La qualità dell’organizzazione finalizzata alla rassicurazione, alla serietà.
• La qualità delle relazioni con il sapere vanno viste come sfide formative, capaci di
soddisfare il bisogno innato del sapere dell’uomo. Il disagio nasce dal non saper
soddisfare i propri bisogni.
I bambini vanno educati alla cittadinanza attiva che mira al bene comune sovra individuale
capace di rinunciare a qualcosa per il bene di tutti.
Il soddisfacimento dei bisogni primari attiva un processo identitario che porta a sentirsi unici
ma parte di un gruppo, originali ma con caratteristiche simili e riconosciute.
I bambini hanno comportamenti diversi a seconda del contesto, sicuramente ne hanno uno
dentro casa e uno fuori casa, uno davanti ai genitori e uno in loro assenza. Questa
differenziazione si apprende dalle relazioni tra pari dove le discussioni favoriscono il
ragionamento e la soluzione dei problemi.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 134
Dimensione sociale
Conoscere le varie dinamiche di gruppo, le relazioni sociali simmetriche e complementari
permette di differenziare i processi di apprendimento soddisfando le peculiarità degli alunni.
È opportuno organizzare la classe con ruoli e incarichi per il benessere di uno e di tutti.
Dimensione relazionale empatica
L’empatia permette di entrare in relazione stretta con ogni alunno, che non è un sacco vuoto
da riempire e al quale dispensare saperi. Il docente è chiamato ad essere un facilitatore
dell’apprendimento, deve essere disposto al confronto, rispettoso delle diverse culture e dei
valori fondamentali della convivenza civile.
Dimensione disciplinare
Conoscere bene l’oggetto del proprio insegnamento, le metodologie didattiche e i
collegamenti con gli altri saperi. Sostenere l’autostima degli alunni è fondamentale.
Dimensione metacognitiva
Permette al docente di riflettere sulle proprie azioni e su quelle degli alunni, che vanno
documentate. Così ci si può avvalere dell’aiuto di esperti, consulenti esterni in un rapporto
collegiale. Il docente diventa un osservatore attento e un grande conoscitore delle relazioni
dell’apprendimento. Il curricolo e la programmazione diventano materia di riflessione
collettiva e di condivisione sociale.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 135
Educazione alle emozioni e stili educativi
I bambini esprimono le emozioni come hanno appreso in famiglia, il docente interviene
modellando adeguatamente le competenze emozionali e affettive. Mai perdere di vista il
valore di quello che si dice e si fa in classe poiché i bambini imitano e si identificano.
L’educatore non si deve mai sostituire all’alunno, non deve criticarlo o svalutarlo, mai
impedirgli di fare la propria esperienza emotiva. Il docente, sempre a fianco degli alunni,
creerà l’ambiente giusto selezionando il materiale didattico e ludico.
Si assicura che i bambini riconoscono la emozioni e che le vivano in modo adeguato, non
censore ma che se ne cura, non li sottovaluta e non li sopravaluta. Solo così gli alunni
impareranno a fidarsi dei propri sentimenti, a gestire le emozioni sviluppando autostima e
autonomia.
L’educazione affettiva a scuola
La legge 53 del 2000 nel riformare la scuola, include l’educazione affettiva. Infatti
storicamente la formazione culturale e cognitiva veniva affidata alla scuola mentre quella
affettiva alla famiglia. Ogni intervento della scuola sembrava una invasione. Oggi non è più
così. Gli insegnanti devono far filtrare delle indicazioni utili ai genitori.
Stile educativo e tipo di attaccamento
Se il bambino ha le spalle coperte, se ha un luogo dove tornare quando è stanco o
spaventato soddisfa il suo bisogno di attaccamento fondamentale. Da ciò dipenderà il suo
modo di esplorare, la sua personalità, il suo benessere psichico e la sua capacità di
apprendimento.
Vedi tabella pag. 537-538
Bullismo e cyber bullismo
Il MIUR ha diffuso nel 2015 le linee di orientamento per azioni di contrasto al bullismo e al
cyber bullismo. Il bullismo è un fenomeno complesso che spesso riguarda il gruppo.
Queste linee seguono alla direttiva ministeriale 2007 di Fioroni e definiscono il bullismo.
Nella forma diretta si manifesta in prepotenze fisiche e/o mentali, nella forma indiretta in
prevaricazione con dicerie sulla vittima, con esclusione dal gruppo.
Il cyber bullismo è bullismo elettronico.
Si focalizza l’attenzione sulla prevenzione oltre che al contrasto del fenomeno.
Le linee guida sono divise in 6 capitoli: riflessioni sui fenomeni del bullismo e del
cyberbullismo, sicurezza in rete, intervento del Miur, organizzazione territoriale, le azioni
delle scuole e la formazione degli insegnanti.
La governante del territorio passa dagli Osservatori regionali ai Centri Territoriali di Supporto
(CTS) poiché si ha bisogno prima di un recupero sociale e poi educativo. La scuola diventa
il luogo privilegiato per il recupero e per il contrasto del fenomeno ma anche dei punti di
riferimento per le famiglie.
Si raccomanda il coinvolgimento di agenzie esperte, figure altamente professionali. Si
suggerisce la costituzione di un “Nucleo operativo” costituito da 1 o 2 dirigenti tecnici e due
o tre docenti referenti formati sulle problematiche relative alle nuove forme di devianza
giovanile come bullismo cyber bullismo, stalking e cyberstalking, in possesso delle
competenze necessarie per sostenere concretamente le scuole in rete e i docenti con
consulenze e formazione mirata assicurando una buona raccolta di buone pratiche. Questo
nucleo operativo dovrebbe collaborare con figure professionali specifiche quali
psicoterapeuti, rappresentanti del tribunale dei minori, neuropsichiatrici, ufficio nazionali e
antidiscriminazioni razziali (UNAR).
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 136
CAPITOLO 24 - ABILITA’ COMUNICATIVE
Stili di comunicazione educativa
K. Lewin e i suoi colleghi, lavorarono ad un esperimento intitolato La ricerca sugli stili di
leadership e atmosfera sociale (1939).
A tale progetto parteciparono gruppi di alunni che avevano deciso di collaborare liberamente
ed erano accomunati dal fatto di avere profitto scolastico, grado di intelligenza, status
sociale e indice di socievolezza simili.
Ad ogni gruppo fu affidato un docente diverso: uno autoritario, uno permissivo e un altro
democratico.
Il docente che adottò lo stile autoritario comunicava attraverso ordini, criticava gli alunni,
era distaccato e freddo, decideva le attività da svolgere senza esplicitarne gli obiettivi. I
processi che si svilupparono furono man mano di rifiuto verso la figura del docente, di
scarso profitto nelle diverse attività, di mancanza di cooperazione fra gli alunni.
Lo stile permissivo del docente traduce un comportamento passivo dello stesso. Gli
alunni sceglievano liberamente le attività da svolgere e potevano muoversi altrettanto
liberamente all’interno degli spazi, scegliendo autonomamente i materiali ritenuti
opportuni. Il docente non esprimeva alcun giudizio critico o valutazione. Il risultato finale
fu la realizzazione di poche e scadenti attività che portò a una crescente insoddisfazione
fra gli alunni, sul piano delle relazioni all’interno del gruppo.
Dove fu adottato uno stile democratico, il docente fu impegnato ad agevolare la
partecipazione di tutti i membri del gruppo. Le attività venivano svolte dopo la spiegazione
dell’insegnante circa i contenuti e gli obiettivi del lavoro; il docente distribuiva le varie
mansioni in modo che ognuno potesse vivere con responsabilità il compito assegnato.
Le lodi e le critiche venivano date in modo equo. Ne scaturì un’atmosfera gaia e
amichevole, un senso di stima e di fiducia nei confronti del docente, e un senso di
responsabilità costante fra i vari membri del gruppo .
Non sempre è possibile adottare uno stile democratico, in quanto ciò dipende dalla classe
in cui ci si trova, basti pensare ad una classe “difficile” dove il comportamento autoritario
diventa quasi indispensabile per riportare l’ordine in classe.
E’ bene distinguere lo stile autoritario da quello autorevole. Per far ciò, questi stili sono
stati analizzati su diverse dimensioni: organizzativa, operativa, del controllo ed emozionale.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 137
Come si può ben notare, lo stile autoritario gira attorno alla figura del docente, non favorisce
così la socializzazione e il clima in classe è rigido di assoluto controllo.
Ciò non favorisce l’interazione. L’alunno non intravede opportunità concrete per inserirsi
nella relazione scolastica come soggetto protagonista: dinanzi ha solo un insegnante che
pretende il riconoscimento della propria superiorità e il suo rispetto incondizionato.
L’atmosfera in classe è più serena e stimolante se si adotta uno stile educativo autorevole
dove il docente diventa l’anello di congiunzione tra i bisogni degli alunni e la loro
soddisfazione.
Dalle ricerche pedagogiche e psicologiche sviluppatesi negli ultimi anni, si è rilevato che gli
alunni vivono la propria dimensione socio-affettiva in una visione positiva se si relazionano
a docenti valorizzanti e questo ha ricadute favorevoli sull'apprendimento.
Per una comunicazione solida ed efficace, è necessario accostarsi all'alunno avendone una
panoramica globale della persona, ovvero relativa alle sue dimensioni di personalità, fisico
corporea, cognitivo- intellettiva, affettivo- emotiva, socio-interpersonale.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 138
ASCOLTO ATTIVO
È una delle funzioni più complesse della comunicazione, strumento necessario per costruire
una buona relazione scolastica. È importante che l'insegnante sia consapevole delle proprie
abilità di ascolto e ne verifichi costantemente la qualità. L'ascolto attivo aiuta gli studenti a
fronteggiare le emozioni forti e a capire di non temerle, fa assumere loro la responsabilità di
analizzare e risolvere i propri problemi e, con la consapevolezza di essere ascoltati e
compresi, riescono a recepire più facilmente idee, punti di vista e opinioni degli altri.
L'empatia: è la capacità di cogliere il vissuto dell'altro ponendosi nei suoi panni e avendo
chiaro il suo quadro di riferimento. È necessario che l'insegnante sia in grado di discriminare
il proprio vissuto emotivo da quello dell'alunno, distinguendo in modo chiaro i vari aspetti
presenti nello scambio comunicativo.
L'aiuto verbale
È il supporto verbale offerto dall'insegnante all'alunno nell'esposizione chiara del suo
messaggio; può assumere queste forme.
Chiarificazione: utilizzata quando la comprensione del messaggio dell'alunno non è chiara
e può avere diverse interpretazioni; si offre all’alunno la possibilità di approfondire, chiarire.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 139
Parafrasi: l'insegnante riformula il contenuto del messaggio con parole proprie, offrendo
all'alunno la possibilità di verificare la ricezione del messaggio, oltre di aggiungere altre
informazioni
Verbalizzazione: consiste nello spiegare le emozioni provate dal bambino, mediante un
atteggiamento empatico
Confrontazione: consiste nello stimolare l'interlocutore a comprendere eventuali distorsioni
nel suo modo di interpretare e di comunicare l'esperienza, concause del suo disagio, mentre
fornisce all'altro gli elementi per far leva sulle risorse e agire in modo costruttivo; bambini e
adulti, a volte, generalizzano le situazioni facendo assumere loro un carattere di assolutezza
che in realtà esiste nel loro modo di vedere, offuscato dal dolore provato.
Messaggi in prima persona o messaggi di assunzione di responsabilità
Generalmente, i messaggi vengono espressi in seconda persona (“Smetti di
chiacchierare!”): in questi, si concentra l'attenzione sullo studente. Invece, nei messaggi in
prima persona (“Sono infastidito da questo brusio”) viene rivelato lo stato d'animo
dell'emittente e chiarita la causa del disagio, facendo prendere consapevolezza al ricevente
del fatto che quello stato d'animo è causato dal suo comportamento. Questi messaggi sono
utili per un confronto positivo, poiché sollecitano il cambiamento, riducono al minimo la
valutazione negativa dello studente e non pregiudicano il rapporto.
Nelle attività di cooperative learning si scopre come gli alunni possono imparare a praticare
l'ascolto attivo anche in classe con i propri compagni, grazie al passaggio delle relative
competenze, sviluppatesi inizialmente nell'insegnante e poi innescate, come un circolo
virtuoso, negli alunni.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 140
– Offrire soluzioni: l’insegnante fornisce all’alunno una soluzione a suo avviso idonea ed
efficace. Conseguenza: non c’è comprensione e si rischia di prescrivere, svalutare la
situazione, sminuire il vissuto e le capacità del ragazzo.
Franta e Colasanti individuano alcune cattive abitudini dell’insegnante che possono
danneggiare la comunicazione tra insegnante e alunno: non lasciare all’alunno il tempo per
esprimersi; terminare le sue frasi; dare l’impressione di non ascoltarlo; non sorridergli
mentre parla; non guardalo; interrompere con domande e commenti; anticipare il suo
pensiero; respingere i suoi suggerimenti; fingere di non capire; ironizzare; guardare con aria
critica; ribattere; guardare l’orologio.
Questi atteggiamenti si ripercuotono anche nella relazione tra gli alunni, perché essi
prendono a modello la figura dell’insegnante.
L’insegnante può mettere in atto (e farle poi apprendere agli alunni) alcune accortezze per
favorire un dialogo più disteso e autentico:
- guardare spesso negli occhi gli studenti mentre parlano;
- mostrare posture che manifestano apertura, come inclinare il busto verso di loro durante
l’interazione;
- sorridere;
- tenere il capo orientato verso chi parla;
- fare cenni di assenso di tanto in tanto;
- interagire con gli studenti muovendosi tra di loro e coinvolgendoli nel discorso;
- sottolineare il discorso con gesti;
- modificare il tono di voce;
- utilizzare segnali che suggeriscono attenzione o l’intenzione di prendere la parola, come
tenere sollevato il braccio.
STILI COMUNUCATIVI
Esistono dei modi particolari di comunicare con gli altri, degli stili comunicativi che sono
enucleabili in generale, e non solo nelle situazioni specifiche.
Immaginiamo la comunicazione verbale come un iceberg: ciò che viene effettivamente detto
è solo una minima parte. C’è una componente sommersa costituita dai segnali non verbali
che danno forma all’interazione comunicativa, che suggeriscono i modi per recepire,
interpretare e filtrare il messaggio esplicito e per anticipare quanto deve ancora essere
detto. In questo senso sono identificabili degli stili comunicativi, che sono una sorta di
messaggio (non verbale) sul messaggio, dei metamessaggi.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 141
Robert Norton (1983), propose dieci tipologie di stili comunicativi (stile dominante,
drammatico, polemico, rilassato, animato, attento, amichevole, aperto, d’impatto e preciso).
E’ bene precisare che non si possono trarre conclusioni assolute su quali siano gli stili più
adatti all’insegnamento. Molto dipende dalle caratteristiche dei soggetti che entrano in
interazione.
SUPERARE LE BARRIERE
A volte si pensa che se il docente non comunica in modo direttivo con gli alunni non sta
svolgendo bene il suo ruolo. Questo modo di pensare è sbagliato perché il compito del
docente deve essere quello di supporto, non deve risolvere i problemi degli alunni
direttamente ma deve creare le condizioni favorevoli per far sì che gli alunni ci arrivino da
soli. Il docente può riuscire in questo compito se non si creano le barriere comunicative. Il
che non vuole certo dire che si dà sempre ragione agli alunni. Si può e spesso si deve
dissentire, senza mai venire meno alla valorizzazione di ciò che l’altro dice, mostrando
comunque interesse. Senza dimenticarsi che a volte sbagliano anche loro (i docenti) e dalla
presa coscienza dei loro errori possono migliorarsi sempre di più.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 142
CAPITOLO 25 - BUONE PRASSI
Documentare a scuola: le buone prassi
Le buone prassi rappresentano un patrimonio dal quale è possibile trarre suggerimenti e
spunti per migliorare la qualità delle azioni e dei progetti educativi messi in atto; essendo
formative, è necessario trovare modalità per incentivarne la produzione, che nasce dal
desiderio di condividere con altri ciò che si è realizzato. È importante individuare alcuni criteri
che aiutino nella scelta di cosa “raccontare” e garantiscano una certa uniformità.
Non devono essere prese in considerazione solo buone prassi che hanno raggiunto
pienamente gli obiettivi prefissati, ma è utile e costruttivo inserire esperienze che, sul piano
metodologico, non hanno raggiunto completamente i risultati sperati. Risulta utile, in questo
senso, l’introduzione di una scheda identificativa che riassuma le caratteristiche generali
della buona prassi, in modo da agevolarne la consultazione. Nella scheda, sarà necessario
inserire informazioni chiave come il tipo di scuola, l’età deli alunni, il tipo di disabilità, la
durata: in questo modo, chi consulta può capire subito se ciò che sta leggendo è pertinente
o no rispetto ai suoi obiettivi.
Per facilitare la stesura della scheda identificativa e la selezione delle buone prassi, risulta
funzionale offrire una mini-scheda che ne guidi la stesura; in questo modo, si possono
raccogliere le buone prassi in un format comune.
Scheda identificativa
La scheda identificativa è una modalità per catalogare le buone prassi raccolte.
Sul piano metodologico andranno privilegiate categorie che raccolgono “dati oggettivi”,
offrendo una descrizione che sia scevra di elementi interpretativi; è possibile ipotizzare
l’inserimento di una sezione finale nella quale si potrà, eventualmente, esporre le ragioni di
una scelta piuttosto che di un’altra.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 143
La scheda risulta composta da queste voci:
Titolo dell’esperienza.
Scuola.
Insegnanti/disciplina di riferimento.
Tipologia di disabilità.
Durata dell’esperienza.
Ricordiamo che la buona prassi è qualcosa che altri hanno fatto e che, nel loro
contesto, ha funzionato. È su queste caratteristiche che il lettore deve curiosare, indagare
e criticare, mettendo il tutto in relazione alla propria situazione. Una bona prassi costituisce
una forte base operativa alla quale potersi affidare.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 144
Tra le buone prassi, vi sono alcune costanti significative che funzionano:
Forte collaborazione tra gli insegnanti con relativa condivisione di scelte.
Un’idea forte, unificante, che caratterizza la prassi. Dalla collaborazione si elabora un
progetto con una sua identità marcata.
Un’apertura all’esterno e un utilizzo delle risorse del territorio. Queste prassi non si
devono mai chiudere all’interno della scuola. Le prassi si fondano sul PEI per il singolo
alunno disabile, ma non si esauriscono su di esso: il PEI è la base sulla quale costruire
un progetto di vita più ampio.
Gli alunni sono i soggetti attivi della costruzione della conoscenza. Gli alunni, nella
costruzione delle buone prassi, non sono mai passivi ma collaborano attivamente.
Si rompono le barriere tra ordini di scuola e tra classi. Ci sono varie attività che superano
le distinzioni di classe, sezione, scuola primaria.
Le relazioni inclusive e solidali tra compagni di scuola sono la trama indispensabile per
tessere l’integrazione: occorre creare una forte rete di relazioni solidali per poter
sviluppare iniziative di integrazione. La prima risorsa per l’integrazione sono i compagni
e questa “dipendenza” non sempre è facile da accettare, ma è un passaggio
imprescindibile per il benessere scolastico.
Apprendimento cooperativo in piccoli gruppi eterogenei.
Laboratorio teatrale, espressivo, narrativo. La rappresentazione e i linguaggi che
quest’arte utilizza, colpiscono ogni alunno che si sente motivato e gratificato.
La crescita psicologica di tutti gli alunni: c’è sempre un’attenzione costante a tutti i
bambini. Una crescita che tenta di coinvolgere l’autostima, l’immagine di sé,
l’autoconsapevolezza ma anche una maggiore consapevolezza dei deficit e delle
disabilità che l’alunno presenta, per poter fare qualcosa di concreto tale da ridurre, o
almeno provarci, i deficit e combattere la disabilità.
Il PEI si raccorda con la programmazione di classe. È necessario sì un PEI tagliato sui
bisogni educativo speciali del bambino disabile, ma questo PEI deve integrarsi con la
programmazione di classe; altrimenti, il rischio è un’ulteriore segregazione dell’alunno.
La programmazione personalizzata deve trovare l’ambito di realizzazione nelle attività di
tutti.
Il coinvolgimento della famiglia. Questa è da sempre una grande sfida per le scuole:
l’educazione familiare non deve essere ignorata.
La replicabilità. Gli insegnanti che hanno realizzato le buone prassi, hanno raccontato
cose fattibili, presentando il loro lavoro, con pregi, difetti e dubbi, anche se, magari,
leggermente edulcorato. Si percepisce però chiaramente che le persone che scrivono
sono reali e che raccontano cose reali vissute da bambini reali.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 145
CAPITOLO 26 - EDUCAZIONE INTERCULTURALE
UNA SCUOLA INCLUSIVA?
In questi anni si è spesso discusso, a volte confondendole, di integrazione e di
educazione/relazione interculturale. Due aspetti tanto distinti quanto complementari. Infatti,
la dimensione interculturale investe tutta la scuola nei suoi compiti di creazione di uguali
possibilità di apprendimento, giustizia e equità. Il rispetto e la valorizzazione delle differenze
divengono parte di un progetto più ampio della scuola, rivolto a tutti. Con Integrazione si
indica invece l’apertura della scuola attraverso misure specifiche dirette all’accoglienza degli
alunni di cittadinanza non italiana. In questo ambito rientrano l’insegnamento dell’italiano
della L2, le strategie volte all’adattamento dell’alunno straniero, e così via. Va precisato che
molti di questi bambini sono nati in Italia, si tratta dunque delle seconde generazioni che per
lingua e storia personale non differiscono dai coetanei ma, per la legge italiana, ispirata allo
ius sanguinis (ossia la trasmissione per nascita da padre o madre italiani), risultano ancora
stranieri.
Nel nostro Paese si è cominciato a parlare di educazione interculturale già a partire dagli
anni Novanta e, successivamente, nelle circolari e nelle indicazioni ministeriali. Con questa
espressione s’intende un approccio trasversale volto non solo a includere gli alunni
immigrati, ma anche a sviluppare metodi e didattiche adeguate ad affrontare il pluralismo
culturale.
Si può dunque parlare di approccio interculturale all’educazione e all’insegnamento quando
si comunicano rispetto e valorizzazione della diversità, tolleranza e apertura, insieme a uno
spirito critico e alla ricerca di valori comuni, superando un atteggiamento relativistico che
impedisce il dialogo. La visione di cultura adottata è soggettiva, poiché riguarda la singola
persona, e non oggettiva, cioè attribuita dall’esterno a un gruppo, spesso sulla base di
pregiudizi. Parlare di cultura soggettiva a scuola significa considerare ogni alunno nelle sue
specificità senza attribuirgli in modo stereotipato l’idea che si ha, talvolta superficiale e
erronea della sua cultura.
La scuola interculturale è la scuola in cui una visione nuova delle relazioni tra le culture
modifica e trasforma la struttura stessa dell’organizzazione, i metodi di insegnamento e di
formazione, le relazioni tra insegnanti, alunni e famiglie, la prospettiva con cui guardare ai
saperi e alle discipline. Le misure specifiche di accoglienza agli alunni immigrati entrano a
far parte di un quadro complessivo di attenzione alle differenze personali e di gruppo, ma
non costituiscono un obiettivo in sé. Infine, Intercultura è la scuola che non rinuncia a
coniugare obiettivi di apertura e valorizzazione delle differenze con la possibilità per tutti di
apprendere competenze approfondite nella L2, maturare un senso di appartenenza al
Paese, conseguire buoni rendimenti. L’educazione interculturale di seconda generazione si
colloca, dunque, in una società dove il pluralismo è la norma e affronta le problematiche
legate a un’immigrazione non transitoria, ma stabile, costruendo un futuro per la convivenza.
Nel documento stilato dal Ministero della Pubblica Istruzione e in particolare in La via italiana
per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni immigrati del 2007, elaborato
dall’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione
interculturale (2007) composto da docenti ed esperti, emerge con chiarezza che la
questione interculturale nella scuola italiana è strettamente legata alle problematiche
dell’integrazione sociale e al progetto che uno Stato elabora per far fronte al pluralismo. Ciò
significa che la scuola fa parte di un processo più globale che passa attraverso il successo
scolastico dei figli degli immigrati, l’inserimento lavorativo e sociale delle famiglie, nonché il
posto dato alla differenza culturale della nostra società.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 146
I due aspetti più significativi per individuare quali siano le linee della scuola interculturale in
Italia sono, la distribuzione degli alunni di cittadinanza non italiana negli istituti e il problema
del loro rendimento scolastico.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 147
Un programma di formazione sulla e alla competenza interculturale degli insegnanti si
poggerà su alcuni punti.
- Il concetto di cultura è dinamico e soggettivo (sono le persone a entrare in contatto e non
i sistemi culturali). Pertanto la competenza poggia sull’interpretazione antropologica della
realtà piuttosto che sulla conoscenza di nozioni predeterminate.
- Gli aspetti di personalità e riflessività sono centrali, ponendo l’affettività come base per
una relazione efficace. In questo senso il lavoro formativo deve agire sulla personalità di
operatori e insegnanti che devono a loro volta mediare o facilitare la comprensione tra
persone di diverse culture.
- I diversi elementi sono in un rapporto d’influenza reciproca. L’interesse e il rispetto, ad
esempio, condizionano le capacità di comunicare, che una volta apprese, possono creare
empatia. Cosi come la rivisitazione dei propri stereotipi crea apertura che a sua volta è
una condizione per l’autoriflessività.
- la formazione non si limita a promuovere capacità di tolleranza e mera accettazione, ma
occorre costruire uno spazio terzo di fiducia e reciproca trasformazione in cui ognuno
possa essere disponibile al mutuo adattamento.
- La competenza interculturale contiene una dimensione etico-politica, in quanto promuove
un’idea di cittadinanza non nazionalistica, globale e basata sull’interdipendenza e la
comprensione pacifica tra i popoli.
I contenuti
L’educazione interculturale è un approccio trasversale e interdisciplinare e a livello didattico
l’uso dei contenuti è efficace solo se evita la reificazione delle culture, il folklore, l’esotismo
e irreali decontestualizzazioni.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 148
E’ opportuno affrontare quei saperi che contribuiscono a delineare l’Homo migrans e a
ridurre una visione di uomo stanziale in tutti i suoi aspetti. Pertanto la storia o la geografia
possono essere strumenti validi per ampliare il proprio orizzonte culturale favorendo
l’assunzione di molteplici punti di vista contestualizzati e non assunti in maniera rigida o
assoluta. Si possono citare le migrazioni, i diritti umani, il concetto di cultura, di identità, di
cittadinanza, di alterità, di conflitto, ecc. Inoltre possono essere contenuti relativi agli
stereotipi e ai pregiudizi, così come l’insegnamento dell’italiano come L2 e, al tempo stesso,
il mantenimento della lingua materna.
Le competenze da promuovere
Il processo di insegnamento/apprendimento è finalizzato alla promozione di competenze
spendibili nell’arco della vita; le principali sono strutturabili su quattro aree:
1. competenze cognitive di base;
2. competenze relative allo sviluppo della propria identità (del sé);
3. competenze sociorelazionali;
4. competenze trasversali (gestione dei problemi, problem solving, risoluzione di conflitti,
cooperazione, ecc.).
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 149
Competenze sociorelazionali
Sono tutti quei comportamenti indispensabili per l’incontro dell’io con il tu. La didattica
dell’incontro si fonda sul riconoscimento dell’altro e promuove le capacità atte a vivere
l’eterogeneità, il confronto e le differenze non solo come situazioni di rischio ma soprattutto
come opportunità di crescita personale e collettiva. Un’educazione interculturale affronta i
conflitti e li gestisce attraverso un percorso didattico che metta in luce i limiti
dell’individualismo e della competizione fondandosi sui valori della cooperazione. Abilità
indispensabili per vivere da protagonisti le relazioni.
Competenze trasversali
Sono quelle forme di comportamento che utilizzando i saperi e le abilità appresi permettono,
insieme allo sviluppo di altre competenze, di vivere in modo efficace e costruttivo la vita
nella società sempre più multiculturali, e sono: le competenze di problem solving, di lavoro
di gruppo, di comunicazione interculturale, di competenza civica, di responsabilità
individuale e condivisa e tutte quelle capacità che contribuiscono a evitare il rischio di
fossilizzazioni cognitive ed emotive. Come ad esempio un’educazione alla mente capace di
ricercare lo stupore, la curiosità, la meraviglia, l’esplorazione, la ricerca e l’invenzione che
fra l’altro rappresentano una propensione alla dimensione interculturale.
Le seconde generazioni
Come viene sottolineato dalle linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni
stranieri del febbraio 2014, la presenza degli alunni stranieri è un dato strutturale e riguarda
tutti i livelli del sistema scolastico. La trasformazione più significativa riguarda il forte
aumento degli alunni con cittadinanza non italiana nati in Italia.
La seconda generazione di stranieri (2g) comprende i bambini nati in Italia da genitori
entrambi stranieri (native borns). In questo costrutto possono essere inclusi anche i figli
giunti in Italia dopo la nascita (newcomers), la cosidetta generazione 1,5. Le seconde
generazioni devono mediare tra la propria famiglia, la società ospitante, la scuola, il contesto
amicale ecc. . Nell’anno scolastico 2012-2013 gli alunni stranieri frequentanti la scuola
statale erano complessivamente 786.630, ossia l’8,8% del totale.
Le indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione
del novembre 2012 confermano la scelta dell’educazione interculturale che permette a tutti
i bambini il riconoscimento reciproco della propria identità.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 150
L’accoglienza
Nelle linee guida del 2014 con il termine di accoglienza si fa riferimento all’insieme degli
adempimenti e dei provvedimenti attraverso i quali viene formalizzato il rapporto dell’alunno
e della sua famiglia con la realtà scolastica. In ambito scolastico l’accoglienza riguarda sia
gli aspetti amministrativi che quelli organizzativi ed educativi senza tralasciare il
coinvolgimento delle famiglie.
L’accoglienza prevede due dimensioni fondamentali che sono: l’accoglienza negli
atteggiamenti, ossia la cura educativa rivolto ai bisogni del bambino straniero e l’accoglienza
nel tempo che va dalle prime forme di integrazione sino all’apprendimento della conoscenza
dell’italiano elle eventuali difficoltà di studio dei nuovi apprendimenti.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 151
BOX 26.1
L’inglese nella scuola primaria e il problema del bilinguismo
Nelle Indicazioni nazionali per il curricolo del 2012, nella scuola primaria si prevede
unicamente l’insegnamento dell’inglese. Attualmente l’orario settimanale prevede: nella
classe prima un’ora settimanale (33 annue); nella classe seconda due ore (66 annue); nella
terza, quarta e quinta tre ore settimanali (99annue). L’insegnamento della lingua inglese è
affidato ad insegnanti di classe della scuola primaria specializzati.
BOX 26.2
L’italiano come L2 e il sistema dell’interlingua
Il problema dell’apprendimento dell’italiano come seconda lingua richiede agli insegnanti
preparazione, attenzione e formazione continua. Infatti, per un alunno straniero, l’italiano
non è né lingua materna né lingua straniera. Si tratta di un’acquisizione indispensabile per
vivere e inserirsi nel gruppo dei pari e studiare le diverse discipline. Contestualmente è la
lingua della strada, dei mass media, dei social media, dei compagni. Viene appresa a
scuola, con gli amici, utilizzando le tecnologie digitali, guardando le insegne pubblicitarie.
L’acquisizione da parte dei ragazzi non italofoni è un processo graduale e la competenza
linguistica si sviluppa in tappe successive, in cui le regole emergono lentamente.
L’interlingua, invece, può essere considerata un sistema linguistico che risulta dai tentativi
dell’apprendente di ricostruire le strutture della lingua d’arrivo.
BOX 26.3
Insegnamento della L2
Analisi delle abilità di ingresso
All’arrivo è necessario avere un quadro delle sue abilità per poter programmare le attività di
apprendimento. La scheda di rilevazione del comportamento linguistico e relazionale del
bambino straniero (Della Puppa e Luise, 2001) risulta uno dei validi strumenti di approccio.
Valuta fin dai primi giorni di frequenza e poi nel corso del primo periodo scolastico, le
capacità di ascolto e di comprensione, di produzione linguistica e le strategie di
comunicazione impiegate, i gradi dell’abilità di lettura e di scrittura, i problemi linguistici
riscontrati, le competenze trasversali, le modalità di relazione e comportamento e le tipologie
di approccio allo studio.
I tempi di apprendimento della L2
Sono strettamente legati all’età, alla scolarizzazione pregressa, alla lingua materna (fonetica
diversa), alla lingua scritta (alfabeto diverso), all’attitudine all’area linguistica, alla situazione
sociofamiliare, alla motivazione e alla possibilità di insegnamento intensivo della L2 e della
letto scrittura. In ogni caso saranno necessari mesi o anche anni. Analogamente, le stesse
variabili determinano i tempi di apprendimento della lingua di studio.
La programmazione dell’insegnamento della L2
Durante l’intervento specifico di apprendimento intensivo della l2 il bambino impara il lessici
e le strutture che gli servono per richiamare l’attenzione, per chiedere, denominare oggetti
o azioni, rispondere a richiesta o a comandi. La lingua è presentata come legata al contesto,
ai campi di attività comunicativa del quotidiano.
Valutazione dell’apprendimento
All’alunno straniero verrà fornita la valutazione secondo la programmazione individualizzata
di apprendimento della L2.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 152
CAPITOLO 27 - FINALITA’ DEL PROCESSO EDUCATIVO
Educazione, socializzazione e scuola
L’educazione può essere intesa come influenza formativa esercitata dal mondo adulto nel
suo complesso sia direttamente attraverso i mezzi di comunicazione di massa, sia
indirettamente attraverso l’influenza esercitata dall’ambiente.
In questa accezione il termine educazione è sinonimo di SOCIALIZZAZIONE.
L’educazione assicura la sopravvivenza della società fornendole nuovi membri adeguati al
modello sociale condiviso. Il processo EDUCAZIONE-SOCIALIZZAZIONE è biunivoco,
poiché anche noi cambiamo il processo di socializzazione e non solo viceversa.
Letteralmente educare vuol dire “TIRARE FUORI” (le doti positive che sono insite nella
nostra natura), la natura del processo educativo, tuttavia, non ha un valore perenne ma
muta col mutare dei tempi. Anche la scuola è così: cambiano gli ideali, le finalità, i
programmi.
La scuola costituisce l’aspetto formale, istituzionale dell’educazione, essa è il luogo del
“curricolo esplicito”, il quale è il percorso che una determinata società sceglie.
Secondo BRUNER il compito dell’educazione è duplice: da un lato essa trasmette
all’individuo una parte del sapere e ei valori che costituiscono la cultura di un popolo,
formando così una coscienza e uno stile di vita propri; dall’altro contribuisce allo sviluppo
dei intellettivi di modo che l’individuo sia capace di andare oltre quelle forme culturali a cui
appartiene, riuscendo a crearsi una cultura personale.
In merito, DURKHEIM precisa che le finalità generali dell’educazione sono strettamente
connesse al sistema sociale che le produce. Tale teoria è avallata anche da WEBER.
In un mondo caratterizzato dalla divisione del lavoro e articolato in modo complesso, quale
è il mondo attuale, non si può prescindere da un tipo di educazione che prepari a vivere in
una società democratica, che preveda una formazione generale per tutti completata da una
preparazione specifica, idonea ad un inserimento lavorativo.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 153
CAPITOLO 28 RAPPORTO TRA SCUOLA ED EXTRASCUOLA
Scuola e territorio: l’ambiente extrascolastico
La realtà di oggi offre al bambino spazi chiusi e poco stimolanti dal punto di vista fisico e
concreto con la conseguenza di consentire sperimentazioni in ambito simbolico e, non
concreto, vivendo cioè esperienze pre-confezionate.
E’ importante che il bambino viva esperienze concrete che coinvolgano i sensi, la fantasia
e il bisogno di avventura in modo che si ristabilisca l’equilibrio sensoriale-affettivo –cognitivo
della costruzione della sua conoscenza. La scuola ha il compito di selezionare e offrire
occasioni di sperimentazione concreta. Il bambino sviluppa la sua “personalità culturale”
nella scuola e, la scoperta che consegue dal processo di esplorazione (Bruner) arricchisce
di spirito critico e creatività tale personalità (Tassi 1995).
Le esperienze spazio-temporali dirette favoriscono inoltre lo sviluppo della creatività,
memoria, senso di sicurezza e di autonomia, spirito di iniziativa e sensibilità ecologica (Niero
2000).
Acquisisce inoltre importanza il “contesto”6 dove il bambino costruisce la sua conoscenza.
E’ importante realizzare un rapporto di continuità con l’ambiente, ciò in quanto permette al
bambino di:
“sviluppare un sensibilità ecologica” : il bambino comprende di far parte dell’ambiente, e
la continuità fa in modo che lo conosca, lo ami e lo rispetti
“Trasmettere La cura dell’altro”: le relazioni di cura sono infatti situazioni di tipo cognitivo-
affettivo costruite nel continuum temporale
“Stabilire clima piacevole nel rapporto con l’ambiente”: creerà nel il bambino un senso di
vicinanza e tutela.
“conoscenza diversità culturali”: la diversità naturali riflettono le diversità delle pratiche
culturali.
Il “contatto diretto” dà modo al bambino di vivere una reale condivisione di esperienze e
saperi anche con la famiglia. Rendere partecipe la famiglia con e su il territorio,
considerate nell’ottica della continuità pertanto non come esperienze occasionali ma
come modalità usuale di lavoro, dicendo al bambino di portare in classe i materiali raccolti
durante una gita familiare e costruendo sui di essi dei percorsi conoscitivi (in questo modi
si utilizzano tali materiali come oggetti di osservazione, classificandoli e condividendone
le esperienze).
Ogni ambiente extra-scolastico può divenire oggetto di sperimentazione e di azione
diretta. (Si pensi agli orti, ai parchi naturali, alle fattorie e a contesti naturali privati )
ampliando l’orizzonte, la conoscenza del territorio e del proprio passato può essere
acquisita considerando luoghi della storia e della cultura (castelli, muri delle città vecchie
e musei); anche il mezzo di trasporto (autobus, tram e treno) può essere un utile
strumento indurre la curiosità sulla conoscenza del mezzo e del suo funzionamento.
Partecipazione attiva nel territorio attraverso sagre e manifestazioni locali mantiene
l’interesse attivo sul territorio creando possibili percorsi di apprendimento su tali temi.
6
Per contesto si intende: tutti i luoghi in cui insegnanti, bambini, genitori e personale ausiliario si trovano ad interagire
con oggetti naturali o artefatti, persone e animali in osservazione, esplorazione e scoperta di una varietà di fenomeni
e avvenimenti.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 154
E’ compito dell’insegnante:
farsi interprete delle linee guida della programmazione e, in base alle sue competenze
professionali adattarle al contesto ambientale sociale e multiculturale alla realtà della
famiglie al vissuto di ogni singolo bambino;
attivarsi per innescare rapporti collaborativi con istituti ed attività extra scolastiche
cercando di creare questa “continuità” scuola-extrascuola (territorio) inserendo elementi7
del contesto ambientale in percorsi di apprendimento nella programmazione educativa di
scuola;
OTTICA DELL’INCLUSIONE: in virtu’ della multiculturalità, la scuola deve tenere conto dei
contesti della tradizione ma anche di bambini appartenenti a culture diverse perché è
importante
“valorizzare queste radici” sia per i bambini stranieri che per tutti gli altri , realizzare situazioni
di apprendimento che portano alla conoscenza e condivisione di tradizioni di culture diverse
evita la formazione dello stereotipo e concorre al rispetto delle diversità (coinvolgendo la
famiglia, attraverso la partecipazione di persone di altre culture con letture di storie o ascolto
di musiche , o realizzazione di piatti della tradizione; in tale ottica, si è visto che le esperienze
a diretto contatto con i luoghi extra scolastici offrono un ricco ventaglio di occasioni
formative: il bambino è soggetto attivo: osserva, manipola e progetta, prende coscienza
delle proprie capacità organizzative si motiva e impegna nella ricerca di soluzioni a i
problemi che scaturiscono dall’interazione con l’ambiente.
7
Elementi intesi come esperienze che sottostanno ad obiettivi e contenuti ben precisi.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 155
CAPITOLO 29 - IL RAPPORTO TRA SCUOLA E FAMIGLIA E IL COLLOQUIO DIDATTICO
Cambiamenti di ruolo della famiglia nella società contemporanea
Data la velocità dei cambiamenti che avvengono nella nostra società, le famiglie si trovano
in un contesto formato da tante opportunità, ma che impone una vita frenetica.
Riguardo al ruolo della famiglia in ambito educativo-sociale, i mass media impongono un
modello di irreale perfezione con il quale confrontarsi.
Si perdono di vista i reali bisogni per far spazio ad una “buona apparenza”.
C’è una difficoltà da parte della famiglia ad affrontare i proprio compiti e le proprie
responsabilità, c’è un forte bisogno di ritrovare nuovi riferimenti validi: la scuola assolve
spesso funzione di sostegno per le famiglie, in quanto è in grado di trasferire i propri saperi
grazie a modalità di partecipazione e condivisione.
Il bambino si trova a svilupparsi in ambienti sociali e familiari plurimi, e la scuola deve quindi
avere grandi competenze comunicative e grande maturità nel gestire i rapporti umani.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 156
CARATTERISTICHE DEL COLLOQUIO
Asimmetria della relazione: caratteristica essenziale per costruire un’alleanza didattica
(per non ridurre il colloquio in una semplice chiacchierata). L’insegnante deve avere i
seguenti requisiti:
- Disponibilità all’incontro
- Rispetto per l’altro
- Neutralità
Interazione verbale tra i due interlocutori: colloquio come strumento di comunicazione
Soggetto della comunicazione: rappresentato da un terzo soggetto, l’allievo
Obiettivo: lo scopo è produrre una stima rivolta sia alle difficoltà presentate dall’allievo ad
affrontare problemi, sia l’indisponibilità ad apprendere specifiche discipline
Clima relazionale: deve essere il più possibile rasserenante
Il ruolo dell’insegnante
Il colloquio ha obiettivi propri che si focalizzano sulla raccolta e trasmissione delle
informazioni, sullo sviluppo di una reciproca conoscenza e sulla creazione di un rapporto
con l’altro. Tali obiettivi sono collocati dall’insegnante, all’interno di quelli più generali della
scuola.
A scuola ha obiettivi istituzionali:
Istruzione
Apprendimento
Formazione
Gli obiettivi del colloquio devono essere finalizzati a quelli della riuscita scolastica, per
trasformare il colloquio in un valido strumento per il raggiungimento di una valutazione
soddisfacente dell’allievo, riguardo lo sviluppo cognitivo, emozionale e sociale.
Il primo incontro è già predisposto dalle informazioni dedotte dalla conoscenza dell’allievo.
È importante che il docente tenga separato lo studente come allievo, dallo studente come
persona. Anche il genitori deve riconoscere il ruolo del proprio figlio come allievo.
L’insegnante deve rendere il colloquio piacevole, e l’obiettivo deve essere quello del
sostegno per motivare l’allievo o facilitarne i processi di apprendimento.
Il docente dovrebbe avere sempre un atteggiamento che non sia né giudicante, né
compiacente.
È importante comprendere, nel senso di essere capaci di farsi carico dell’altro.
L’insegnate deve in conclusione avere, oltre alla padronanza delle tecniche del colloquio, la
sensibilità nell’avvicinare agli obiettivi della scuola.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 157
CAPITOLO 30 - LE COMPETENZE DIGITALI
1. Competenza digitale e altre literacy: origini del concetto e attuali convergenze
La Literacy, tradizionalmente identificata con le conoscenze e abilità di base (saper leggere,
scrivere e far di conto), si sta allargando per includere oggi nuove literacy, tra le quali la
Digital Literacy (Competenza digitale). Di questa fanno parte diverse literacy (vedi schema
riassuntivo)
Competenza digitale: varietà di conoscenze e abilità che riguardano sia le capacità
tecnico-informatiche che aspetti cognitivi, metacognitivi ed etico-sociali.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 158
3. Introduzione delle nuove tecnologie nella scuola e sviluppo di competenza digitale
Negli ultimi venticinque anni le ICT sono penetrate nella scuola per lo più all’insegna di un
assunto prevalente secondo cui impiegare tecnologia, in qualunque modo, sarebbe
comunque utile, un segno di modernità, un essere «al passo con i tempi». Questa
indeterminatezza nell'uso delle ICT ha però portato a risultati non entusiasmanti.
Le ICT a scuola possono essere impiegate con tre accezioni diverse:
innovation with technology: le tecnologie possono favorire un cambiamento nelle pratiche
di insegnamento e di studio o nel setting scolastico nel suo insieme. Si tratta di valutare se
e come la tecnologia riesca a cambiare il setting didattico (ad esempio favorire nuovi
formati per l’apprendimento collaborativo o individualizzato o avallare una diversa idea
dell’attività didattica)
learning with technology: la possibilità che il loro uso potenzi gli apprendimenti specifici
(disciplinari o trasversali). Ciò significa mettere l'accento sui vantaggi per l’apprendimento
rispetto ai mezzi tradizionali. Per esempio se esempio gli alunni apprendano in modo più
efficace o efficiente o con maggiore motivazione le singole discipline, oppure ancora se
l’uso delle tecnologie consenta di attivare processi cognitivi o metacognitivi più rilevanti.
(indagini sperimentali da mettere in atto)
learning about technology: l’importanza che esse stesse possono assumere in quanto
tema culturale, oggetto di per sé di apprendimento. La tecnologia è l'obiettivo stesso
dell'apprendimento e va intesta come dominio culturale.
8
Papert è l'ideatore di LOGO, software didattico orientato alla geometria, ed uno dei principali pensatori del filone del
costruzionismo, corrente del costruttivismo (Ausubel).
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 159
5. I nativi digitali: una nuova mitologia?
Opinione diffusa è quella che la competenza digitale si possa identificare con la pura
familiarità tecnologica, cioè con l’acquisizione di quelle skills tecniche e operative che sono
acquisibili da frequentazione spontanea. Per i nativi digitali 9 queste sarebbero acquisite in
modo naturale e completo all'interno di contesti extrascolari. Per alcuni autori non si
tratterebbe semplicemente di fluency tecnologica, ma sarebbero coinvolte nel processo tratti
cognitivi e di personalità positivi10. Coinvolgendo anche un corredo di tratti cognitivi e di
personalità in genere positivi.
Il gap tecnologico che vivono a contatto con la didattica è causa, secondo alcuni, di
disinteresse, frustrazione e delusione. Indagini sperimentali, tuttavia, non hanno portato a
simili conclusioni meramente teoriche (e d'opinione, aggiungo).
Le competenze tecnologiche non possono essere trasversali a un intera generazione,
poiché le competenze stesse, in qualsiasi ambito che sia o meno scolastico, sono
fortemente influenzate da fattori socioculturali.
9
la generazione nata “con le tecnologie a disposizione” - nati negli USA dopo il 1985...per l'Italia dovremo parlare, a
rigore, della metà degli anni '90
10 ottimismo, orientamento al team, capacità di apprendere dall’espe- rienza e dal problem solving, pensiero multitasking, velocità nello stabilire
connes- sioni, capacità di prendere decisioni da una varietà di fonti
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 160
CAPITOLO 31 - PER UN USO STRATEGICO DELLE TECNOLOGIE DIGITALI NELLA
SCUOLA
Il rapporto tra scuola e uso delle tecnologie educative, è di lungo corso ormai . Sono diverse
decine di anni che nelle scuole sono entrate le tecnologie, sono entrate in molte forme
diverse, dai primi computer fino alle lavagne interattive multimediali e i tablet più
recentemente.
Possiamo fare una serie di considerazione sull’uso strategico di questi strumenti all’interno
di contesti educativi.
Innanzitutto è necessario sfatare alcuni semplificazioni nel rapporto tra scuola, didattica e
tecnologia.
E’ gia esistita, ed esiste ancora, una certa retorica abbinata all’uso tecnologico, che fa sì
che si pensi che basta inserire all’interno delle scuole delle tecnologie, e questo porti dei
vantaggi automatici all’apprendimento degli alunni, piuttosto che all’innovazione della
didattica.
Da qui purtroppo i dati che abbiamo a disposizione non sono confortanti. Anche la ricerca
evidence-based ci dimostra che, l’introduzione di nuove tecnologie e di strumenti innovativi,
non comportano dei vantaggi sulla didattica, ma spesso vengono utilizzati per replicare degli
schemi tradizionali di didattica molto centrati sul docente, sulle lezioni frontali, e non
riportano neanche dei vantaggi sull’apprendimento degli alunni. Gli alunni non hanno dei
risultati migliori, per il semplice fatto di utilizzare degli strumenti piuttosto che delle tecnologie
differenti.
Ciò che fa la differenza è il contesto didattico d’uso, quindi la modalità con cui l’insegnante
propone l’uso di queste tecnologie; le metodologie didattiche che sottostanno all’uso di
questi strumenti; la capacità di influire su un contesto reale di didattica in cui gli alunni
cambino, diventino maggiormente parte attiva nel processo di apprendimento, l’insegnante
cambi il proprio ruolo, non è solo dispensatore della conoscenza, gestore dell’attività
didattica, ma anche mediatore nell’attività didattica per i bambini.
Si possono individuare (Calvani, 2007) sei situazioni paradigmatiche, tre sfavorevoli e tre
propizie all’apprendimento:
SFAVOREVOLI
1. limitato coinvolgimento cognitivo: La maggior parte delle interazioni che gli alunni
intrattengono con le ICT ha scarso coinvolgimento cognitivo significativo. Usare ad
esempio le tecnologie per intrattenimento o per puri scopi comunicativi può essere
sicuramente un’attività piacevole ma nella maggior parte dei casi futile, con un impegno
cognitivo basso e/o di scarsa rilevanza formativa;
2. sovraccarico tecnologico: in questi casi l’attenzione dell’allievo è attratta dal computer
stesso. Ciò impedisce di attivare il «carico cognitivo volto verso il problema da risolvere
o la conoscenza da acquisire;
3. disabilitazione cognitiva (deskilling): in questi casi la mente, delegando lo strumento
tecnologico (ad esempio la calcolatrice per effettuare operazioni aritmetiche), può
disabilitare un’attività cognitiva rilevante che ai fini dell’apprendimento sarebbe più utile
la mente gestisse al proprio interno;
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 161
FAVOREVOLI
4. internalizzazione: in queste situazioni si attua un trasferimento cognitivo dal mezzo al
soggetto, che acquisisce funzioni proprie del mezzo stesso ; è il caso dell’abaco per il
potenziamento delle abilità di calcolo;
5. consolidamento: si tratta di situazioni in cui abilità esistenti trovano modo di essere
esercitate, perfezionate e ampliate attraverso le tecnologie (quali esercizi
opportunamente variati in modo da favorire il transfert degli apprendimenti);
6. sinergia (guidata dal mezzo/dalla mente): riguarda le situazioni in cui mente e medium
danno luogo a un significativo sistema condiviso. Ad esempio nella revisione-
ristrutturazione di un testo da parte di un autore esperto, chi scrive non avverte più la
presenza dello strumento, non si rende conto di dove finisce la mente e inizia il mezzo:
lo spazio di scrittura è condiviso (Bolter, 1993); il processo, tuttavia, è guidato dalla mente
che cerca di risolvere il problema, elaborando una struttura testuale coerente.
Tenendo presenti i rischi e le potenzialità esistenti nell’utilizzo delle nuove tecnologie nella
didattica, possiamo individuare tre diverse modalità, tipologie di relazione tra scuola e
tecnologia.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 162
CAPITOLO 32 IL PIANO NAZIONALE SCUOLA DIGITALE
Nuovi scenari per una scuola digitale
Nel settembre 2013 la Commissione Europea ha lanciato il piano d’azione Opening up
Education, con lo scopo di incentivare l’innovazione e le competenze digitali nelle scuole e
nelle università. Le tre aree fondamentali di interesse sono:
– la creazione di opportunità di innovazione per le organizzazioni, i docenti e i discenti;
– lo sviluppo di risorse educative aperte
– il miglioramento delle infrastrutture e la connettività nelle scuole.
Nel Report Students, computers and learning: Making the connection, pubblicato nel
settembre 2015 dall’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico,
si mette in evidenza come gli studenti italiani, anche se ottengono punteggi vicini alla media
OCSE nella lettura digitale, tendono a «perdersi» nel web quando utilizzano il computer a
scuola e non sono in grado di valutare correttamente l’attendibilità delle fonti.
Lo stesso Report conferma che l’integrazione delle tecnologie nelle attività didattiche,
dipende dall’accesso ai dispositivi in aule dedicate o direttamente in classe e dalle
competenze didattiche degli insegnanti in ambienti digitali.
Nuove competenze, infatti, vengono richieste oggi a un docente: saper condividere, saper
collaborare, saper interagire, saper utilizzare risorse in rete. L’ambiente di apprendimento
non è più limitato allo spazio fisico dell’aula, ma si estende con una nuova concezione di
tempo/spazio, diventando una sorta di «open space» della conoscenza, infatti l’accesso alle
informazioni, che prima avveniva esclusivamente attraverso libri cartacei, ora è disponibile
a tutti.
Così facendo il discente è al centro e rappresenta l’attore principale del suo personale
processo di apprendimento, e il docente, non più unico depositario di conoscenza, deve
essere in grado di «fornire agli studenti opportunità di apprendimento supportate dalla
tecnologia» e possedere quelle competenze didattiche in ambienti digitali.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 163
L’azione Cl@ssi 2.0, il progetto avviato dal Ministero durante l’anno scolastico 2009/10, si
proponeva, invece, di modificare gli ambienti di apprendimento attraverso un utilizzo
costante e diffuso delle tecnologie a supporto della didattica quotidiana. Nell’anno scolastico
2010-1011 fu prevista l’estensione dell’azione Cl@ssi 2.0 alle scuole primarie.
Strumenti
L’accesso e la connettività
«Il Diritto a Internet parte a scuola, ed è a scuola che, prima di ogni altro luogo, deve essere
garantito» L’obiettivo fondamentale è, pertanto, portare connessione e accesso alla rete in
tutte le scuole.
Le infrastrutture sono fondamentali se vogliamo integrare le tecnologie nella didattica
quotidiana, ma sappiamo bene come ogni forma di innovazione, se non supportata
adeguatamente da strutture robuste, possa diventare impraticabile.
Identità digitale
Con un sistema di riconoscimento di un login unico (credenziali sempre uguali) e seguendo,
pertanto, la strategia nazionale dell’identità digitale, sarà possibile per docenti e studenti
accedere facilmente al proprio profilo personale. Attualmente gli insegnanti utilizzano questi
sistemi solo per pratiche burocratiche, come la domanda di trasferimento o partecipazione
a concorsi tramite il sistema di «Istanzeonline».
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 164
Al profilo del docente, invece, potranno essere associate tutte le attività che egli svolge,
come il lavoro in classe e a scuola tradotto in portfolio professionale dall’anno di prova e
sviluppato in tutto l’arco della sua carriera insieme a tutti i percorsi formativi svolti offerti da
MIUR, ma anche in modo indipendente realizzati con la Carta del Docente.
Amministrazione digitale
La digitalizzazione viene promossa in ogni settore, anche quello amministrativo.
Il registro elettronico è uno strumento che semplifica e velocizza profondamente i
processi interni alla scuola. È strumento di comunicazione immediata per le famiglie,
grazie alla messa a disposizione di tutte le informazioni utili per raggiungere la piena
consapevolezza della vita scolastica dei propri figli.
Pur essendo un obbligo (DL 95/2012), il processo non si è avviato in modo omogeneo in
tutta la penisola. Ogni realtà e ogni contesto sono diversi, ma la ragione fondamentale è
sempre la mancanza di infrastrutture solide. L’azione è, pertanto, quella di dotare tutte le
classi della scuola primaria di strumenti basilari che possano garantire l’accesso al registro
elettronico.
Competenze
Partendo dalle Indicazioni nazionali, la didattica per competenze è sicuramente il paradigma
su cui lavorare con i nostri studenti. Progettazione, problem solving condivisione, riflessione,
autovalutazione devono essere gli elementi fondanti dei percorsi da intraprendere. In questa
tematica le tecnologie si inseriscono sia come elemento trasversale e sfondo integratore,
sia come principio verticale per l’acquisizione di competenze di cittadinanza, come
sottolineato dalla Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio d’Europa.
L’insegnamento non è una trasposizione di saperi, di informazioni e di dati. Il docente non
è più il depositario indiscusso di un sapere universale de-contestualizzato, ma la
conoscenza è il prodotto di una costruzione dello studente che interagisce e collabora con
gli altri in un determinato contesto. L’insegnante si è ormai trasformato negli anni in
«facilitatore», ovvero in colui che stimola il dialogo educativo, favorisce la circolazione di
idee e, soprattutto, la riflessione sulle stesse, nell’ottica di un superamento di una didattica
rigida, sequenziale e lineare a favore di un’esplorazione attiva.
Visto che non è approfondito il tema delle competenze digitali, è necessario creare un
modello che possa esplicitare le competenze richieste in modo tale da supportare e facilitare
l’educazione ai media all’interno delle scuole. Un esempio è il Framework DIGCOMP che
definisce una lista di 21 competenze declinate in conoscenze, abilità e atteggiamenti inclusi
in 5 aree: Informazione, Comunicazione, Creazione di contenuti, Sicurezza, Problem
Solving.
L’educazione ai media, ai social, la qualità delle informazioni come l’attendibilità delle fonti
e, soprattutto, un’educazione alla legalità saranno i temi su cui tutti gli studenti italiani
dovranno essere preparati.
Il macrocosmo dell’umanità e il microcosmo personale devono integrarsi in una concezione
olistica della persona, al centro delle azioni educative. La scuola e tutta la Comunità
educante, devono essere in grado di operare in una società interconnessa e in continuo
divenire. I nostri ragazzi vivono la Rete immersi quotidianamente in ambienti on line, diventa
quindi un’urgenza educativa quella del sollecitarli a un’attenta riflessione sul «saper vivere»
responsabilmente.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 165
La condizione necessaria per il vivere civile è l’adesione consapevole a valori condivisi,
infatti, l’esercizio di cittadinanza attiva sarà proprio quello di incoraggiare azioni collaborative
valorizzando le differenze nel rispetto reciproco anche in ambienti virtuali, rispettando il
proprio turno e il punto di vista altrui.
In questa visione, due sono gli obiettivi:
– acquisire fin da piccoli la consapevolezza nell’utilizzo corretto delle tecnologie;
– acquisire da subito le competenze utili nell’inserimento della società complessa.
Con l’iniziativa congiunta MIUR-CINI, Programma il Futuro, per l’introduzione del pensiero
computazionale nella scuola, viene permesso a ogni studente della scuola primaria di
svolgere un pacchetto di 10 ore annuali riguardanti la logica e il pensiero computazionale, il
cosiddetto coding.
Il coding non viene considerato come la produzione di semplici algoritmi meccanici, ma
diventa la chiave per capire il mondo, il linguaggio delle cose e per risolvere problemi con
soluzioni creative e con diversi punti di vista. Secondo i dati forniti dagli organizzatori il 44%
degli eventi ha coinvolto proprio gli alunni di scuole primarie con attività ludiche finalizzate
all’apprendimento della programmazione di base.
Contenuti
Il libro di testo è sempre visto come strumento di riferimento, ma rileviamo come il digitale
possa permettere l’affiancamento di risorse di tipologia diversa migliorando così
l’apprendimento.
L’utilizzo del libro digitale non è ancora così diffuso nelle scuole italiane, anche se al libro di
testo cartaceo vengono affiancati dall’editore contenuti digitali. Un docente deve essere in
grado di utilizzare le risorse reperibili in rete riconoscendo e tutelando, prima di tutto, la
proprietà intellettuale. Educazione alla legalità, pertanto, significa anche conoscere le
differenze che intercorrono tra licenze Creative Commons e copyright, per far sì che i nostri
studenti non lavorino in modo improprio con audio, immagini, testi.
Particolare rilevanza viene assegnata alle biblioteche scolastiche, che si trasformano in
centri di promozione di lettura sia nel cartaceo che nel digitale. Viene riconosciuto un ruolo
importante alla comprensione di contenuti informativi complessi che permettono di integrare
codici e canali comunicativi diversi.
Formazione
L’ultimo Studio OCSE a proposito del rapporto tra competenze digitali e apprendimenti degli
studenti (2015) evidenzia l’importanza della consapevolezza dei docenti nell’uso delle ICT
a scuola, soprattutto in un’ottica di innovazione nella pratica didattica.
Nel mese di gennaio 2016 il MIUR ha pubblicato le indicazioni e gli orientamenti per la
definizione del Piano triennale di formazione del personale della scuola.
Social networking, laboratori, comunità di pratiche sono le parole che compaiono per la
prima volta in un documento istituzionale che segna una svolta decisiva nel panorama
scolastico.
I percorsi che si svolgeranno in presenza e on line e dovranno favorire attività pratiche e
laboratoriali.
La formazione sarà obbligatoria per i docenti neoassunti. Le ore di formazione saranno
divise in quattro fasi: incontri iniziali e finali, laboratori formativi scelti in base a un bilancio
di competenze iniziali dei docenti, attività peer to peer tra tutor e docenti attraverso
l’osservazione reciproca e progettazione didattica condivisa e progettazione on line.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 166
Nel Piano Scuola Digitale, a proposito dell’identità digitale da assegnare a ciascun docente,
si cita l’e-portfolio professionale come strumento di documentazione dei percorsi formativi.
Un’identità digitale, intesa, quindi, non solo per accedere ai servizi amministrativi e
burocratici del MIUR, ma come profilo personale a cui verrà associato l’intero bagaglio
formativo dello stesso docente.
Conclusioni
La scuola avrà, finalmente, l’occasione di tornare luogo privilegiato di sviluppo culturale con
la promozione sul territorio di progetti per le biblioteche scolastiche, abbandonate da troppi
anni e per buon uso del digitale attraverso l’allestimento di laboratori e atelier al fine di
sviluppare competenze creative, incoraggiando la condivisione e l’autoproduzione di
contenuti e risorse diverse per l’apprendimento.
Insegnare domani PRIMARIA 2016 Riassunti elaborati dal gruppo fb Erickson Primaria 167
CAPITOLO 33 - TECNOLOGIE E DISCIPLINE NELLA SCUOLA PRIMARIA
Il rapporto tra nuove tecnologie e saperi disciplinari va affrontato su un duplice fronte: quello
dei docenti, rispetto agli stili di insegnamento e quello degli alunni, rispetto agli stili di
apprendimento.
Va detto che le nuove generazioni (screen generations) sono multitasking, nel senso che
riescono a gestire ed agire su più livelli contemporaneamente. Questo sul piano didattico
comporta PRO E VS: i vantaggi riguardano l’apprendimento, poiché quello multimediale è
più immersivo/partecipe e quindi ne beneficiano l’autostima, la motivazione, la curiosità ed
il desiderio di conoscenza; dall’altro, però, ne conseguono superficialità nello svolgere un
compito, bassi livelli di attenzione e forte contrazione dei codici linguistici (verbali e scritti).
Rispetto alla scuola tradizionale che si rifugiava nei saperi consolidati per insegnare “a
leggere, scrivere e far di conto”, la scuola di oggi si propone di formare “teste ben fatte”
(Morin, 2000), che sappiano conoscere e gestire, attivamente e consapevolmente, i propri
processi di apprendimento ed agganciare le nuove conoscenze alla loro rete concettuale,
per dare un senso alle loro esperienze. Per realizzare tutto ciò, è indispensabile sia un
lavoro interdisciplinare tra i docenti, ma anche e soprattutto il supporto prezioso delle
nuove tecnologie, grazie alle quali le varie discipline si contaminano in un sapere unicum.
STORIA E GEOGRAFIA
Per quanto riguarda la storia, si è passati dalla vecchia e statica linearità di eventi, stratificati
nei secoli, tipica della tradizionale letto-scrittura (vedi la diacronia della linea del tempo --> )
ad una visione reticolare grazie alle nuove tecnologie: l’utilizzo simultaneo di info testuali,
immagini, mappe concettuali, animazioni video e simulazioni virtuali, rende possibile infatti
una visione d’insieme del mondo passato, che fa emergere tutti i nodi problematici e le inter-
connessioni tra un evento e l’altro. Basti pensare a programmi interattivi, dove l’alunno può
incontrare virtualmente i grandi personaggi della storia e dialogare con loro o alle mappe
concettuali che si possono costruire per i vari percorsi di civiltà, con le quali l’alunno si può
destreggiare più agilmente.
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Anche la geografia, vista quasi sempre come materia ostica, ingessata in immagini statiche
da atlante, è un bene irrinunciabile poiché ci fa capire come l’uomo abbia organizzato nel
tempo il suo spazio vitale. Grazie alle nuove tecnologie, infatti, l’alunno può avere un valido
supporto cognitivo per orientarsi spazialmente e leggere ed interpretare la realtà del
territorio. Google Earth, per esempio, gli dà la possibilità di effettuare un vero viaggio
virtuale: può interagire con le varie mappature (da quella più vicina e conosciuta della sua
abitazione a quelle più lontane), visionare foto satellitari, leggere grafici e diagrammi e
valutare direzioni e distanze tra le varie località presenti sulla crosta terrestre.
MATEMATICA
Con l’introduzione dei calcolatori, la matematica del XX secolo ha subìto un profondo
sconvolgimento nelle modalità di insegnamento/apprendimento, compromettendo alcune
competenze, prime tra tutti la velocità nel calcolo mentale. Come i muscoli, il cervello ha
bisogno di allenamento, altrimenti le sue funzioni si atrofizzano! La calcolatrice, quindi, non
va “demonizzata”; resta ovviamente uno strumento compensativo nei casi di difficoltà di
apprendimento, ma come tutti gli strumenti va usata “con buon senso”. In quest’ottica, le
nuove tecnologie possono costituire un valido supporto, solo se consentono un ruolo attivo
nel processo di apprendimento dello studente. Un esempio calzante possono essere
software videoludici che, attraverso la simulazione di analisi e risoluzione di problemi o
visualizzazioni geometriche, fanno percepire la matematica/geometria come una materia
non molto distante dalla nostra quotidianità! (Vedi conteggio dei costi, preventivi e stime per
l’acquisto di merci e servizi o la visualizzazione di costruzioni geometriche in 3D).
SCIENZE
Le Indicazioni Nazionali del 2012 più volte fanno riferimento ad una pedagogia attiva, in cui
il bambino dei traguardi delle competenze sia un bambino curioso, che ponga domande,
discuta, si confronti ed avanzi ipotesi sul mondo. Anche per le SCIENZE, come per la
matematica, infatti, c’è da sempre il forte rischio che tale materia resti priva di basi concrete
ed avulsa dalla pratica quotidiana. Va da sé quanto l’insegnamento delle scienze venga
spesso percepito come noioso e poco interessante. Le motivazioni sono da ricercarsi nella
mancanza di formazione ed aggiornamento della classe docente! In questo senso le nuove
tecnologie rappresentano un’opportunità per la costruzione attiva delle conoscenze, che
non va sprecata. Esistono, infatti, diversi programmi di Scienze che mettono a disposizione
un laboratorio virtuale di simulazione, dove è possibile osservare e sperimentare
fenomeni, che sarebbe molto difficile praticare nel vissuto quotidiano
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TECNOLOGIA
La semplice immissione delle infrastrutture tecnologiche nella scuola e la conseguente
alfabetizzazione informatica degli insegnanti (attraverso la formazione) non hanno prodotto
un sostanziale miglioramento della qualità degli apprendimenti.
Il problema non è tecnico, ma metodologico-didattico e riguarda la modifica degli stili di
insegnamento, che purtroppo risultano ancora fortemente ancorati alla didattica
tradizionale! Ad oggi il fatto di aver incorporato le TIC in una specifica disciplina non ha
risolto, quindi, il problema e forse solo la futura ricerca pedagogica lo saprà confermare o
sfatare.
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CAPITOLO 34 - TECNOLOGIE DIDATTICHE PER LA GESTIONE DEI PROCESSI INCLUSIVI
IN CLASSE
Premessa: si può facilmente notare come, all’interno di una classe, siano oggi presenti una
gran quantità di apparecchi tecnologici quali tablet, calcolatrici, e-book reader dotati di
modalità differenti di interazione che, spesso e volentieri, rimangono inutilizzati a causa della
scarsa dimestichezza degli insegnanti con gli stessi; infatti, la scelta su come affrontare
questo complesso panorama è del singolo insegnante: esso può decidere se mettere tutto
da parte, bollando questi ausili come “distrazioni” o considerandoli come troppo complessi
da gestire, oppure vedere in questi strumenti una sfida al cambiamento e provare ad
utilizzare le tecnologie a disposizione per rendere la didattica più diversificata, più
multidimensionale, più inclusiva. Si può infatti pensare di cambiare il modo di stare in classe,
di comunicare, di accedere ed elaborare i contenuti, di fare ricerca cercando di comprendere
le possibilità, i vantaggi, i limiti e i rischi che le tecnologie ci mettono oggi a disposizione, le
quali, se utilizzate in maniera mirata, possono apportare tre grandi vantaggi alle pratiche
inclusive:
Valorizzazione di risorse latenti negli alunni, che spesso non riescono ad emergere
nelle pratiche didattiche tradizionali.
Apprendimento significativo, che metta al centro l’alunno come protagonista attivo
nella scoperta e nell’esplorazione della realtà e delle discipline.
Gestione delle pratiche didattiche innovative, attraverso il superamento dei canoni
tradizionali del fare scuola, dando all’insegnante dei vantaggi nella gestione di processi
inclusivi dentro e fuori dalla classe, valorizzando la collaborazione e la cooperazione tra
alunni.
Molto spesso, però, parlando di tecnologie didattiche, si confonde il mezzo con il fine, ossia
si fa risalire l’innovazione al mezzo, allo strumento, all’ultima tecnologia disponibile, piuttosto
che al paradigma didattico di riferimento; in questo modo, il termine “innovazione” riferito
alla scuola, viene a tradursi con la semplice dotazione di strumenti, senza una necessaria
riflessione didattica sul loro uso, limitandosi a fornire materialmente uno strumento che
spesso rimane inutilizzato e inserito in un contesto didattico ancora una volta tradizionale.
E’ dunque necessario far discendere l’uso degli strumenti specifici dalla progettazione e
dalla visione didattica che guida l’azione educativa degli insegnanti; sappiamo infatti che le
tecnologie sono efficaci se diventano strumenti quotidiani a disposizione degli alunni, e non
se rimangono relegati a strumenti di supporto per l’insegnamento. Per questo motivo è
necessario che il ruolo delle tecnologie didattiche digitali venga problematizzato in ottica
pedagogica, approfondendo le implicazioni pedagogiche che il loro uso comporta per ogni
singolo alunno. Nei prossimi paragrafi verranno meglio delineati i tre possibili vantaggi
derivanti dall’uso delle tecnologie didattiche per la gestione dell’eterogeneità.
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Tecnologie didattiche e intelligenze multiple: in generale, qualsiasi tipo di intelligenza
può trarre vantaggio dall’uso di tecnologie didattiche, esse infatti consentono di valorizzare
stili di apprendimento e forme di intelligenza comunemente non valorizzate nella didattica
tradizionale, offrendo numerosi vantaggi a tutte le diverse forme di elaborazione delle
conoscenze: visive, logico-matematiche, naturalistiche. Rispetto all’attivazione e all’uso di
strategie logico-visive, l’uso delle tecnologie consente di utilizzare strumenti e fonti che
permettono realmente all’alunno di costruire i propri percorsi di apprendimento utilizzando
la componente visiva e visuo-spaziale, ad es. per quanto riguarda l’uso delle mappe
cognitive e nella progettazione di prodotti multimediali.
Costruendo, revisionando e condividendo nel gruppo il lavoro, la logica visiva è sempre più
stimolata ed è sempre più elemento centrale dell’azione educativa, contribuendo alla
facilitazione e alla strutturazione di un metodo di studio efficace per tutti, in particolare per
quegli alunni che trovano nel testo scritto una barriera a un apprendimento efficace.
Da questo punto di vista risulta di fondamentale importanza una didattica per competenze
e per progetti, dove competenze diverse sono chiamate in causa contemporaneamente al
fine di arrivare a un risultato finale che è la somma sì di competenze specifiche ma anche
di capacità di pianificazione, progettazione e condivisione del lavoro reciproco.
L’idea di fondo della progettazione didattica per competenze e per problemi reali è quella di
valorizzare tutte le diverse forme di espressione della creatività e della logica personale.
Nei box operativi presenti in questo capitolo vengono presentate tre diverse azioni didattiche
e relativi strumenti, utili per realizzare in classe didattiche per competenze e per problemi
reali.
Apprendimento significativo e tecnologie per la didattica: il principio che sta alla base
della prospettiva pedagogica e didattica dell’apprendimento significativo è quello di elevare
il ruolo dell’alunno a protagonista attivo di ogni fase didattica, oggi anche attraverso l’ausilio
delle tecnologie sia in classe, sia a distanza (e-learning).
Nell’apprendimento significativo la conoscenza è vista come prodotto di una costruzione
attiva da parte del soggetto, strettamente legata alla situazione concreta in cui avviene
l’apprendimento, e le proposte didattiche devono dunque mettere lo studente di fronte ad
una serie di problemi reali da risolvere di natura differente.
La motivazione ad apprendere è legata quindi proprio alla risoluzione di problemi reali, non
alla valutazione.
La gestione delle differenze individuali in una prospettiva di apprendimento significativo è
spontanea, proprio perché nella costruzione del progetto gli alunni vivono un’esperienza di
apprendimento reale che li metterà in gioco con le loro attitudini, i loro limiti e le loro capacità.
Gestire pratiche didattiche innovative anche con le tecnologie in classe: spesso esiste
il timore, da parte della scuola, di gestire la complessità di strumenti tecnologici molto
avanzati che la spingono ad imporre limitazioni, divieti e contesti specifici per l’uso degli
stessi. In realtà è proprio questa complessità che deve essere affrontata per rendere l’uso
di questi strumenti realmente efficace per potenziare percorsi inclusivi stabilendo insieme,
alunni e insegnanti, le regole di partecipazione e di uso di questi ausili; soltanto un uso
ragionato e condiviso delle tecnologie didattiche può infatti renderle strumento di studio, e
non più un elemento di novità che rimane accattivante per poco tempo e poi viene
dimenticato per sempre.
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Per quanto riguarda i problemi legati all’uso dei supporti tecnologici gli insegnanti
lamentano, generalmente, il problema della sicurezza dell’uso della rete in contesti didattici
e il problema della gestione dei file digitali prodotti nei lavori a scuola e in classe dai ragazzi.
Rispetto al primo problema, ogni scuola dovrebbe attrezzarsi con delle politiche e prassi di
messa in sicurezza della propria rete, in modo che questa possa essere utilizzata
efficacemente in prima persona dai ragazzi, mentre il secondo problema è strettamente
legato ai tempi; sono pochi infatti gli insegnanti che trasferiscono i file digitali creati a scuola
direttamente agli studente e, quando lo fanno, utilizzano chiavette USB o mail, perdendo
molto tempo e generando un rapido calo nell’uso degli strumenti digitali.
L’utilizzo di una classe virtuale è perfettamente efficace nella gestione di queste dinamiche
e consente di utilizzare un enorme patrimonio di servizi web pensati per la gestione
cooperativa e condivisa del lavoro.
Abituare i ragazzi a condividere il lavoro in uno spazio virtuale e sicuro è certamente
un’azione educativa significativa e un processo di apprendimento utile per il futuro; solo se
il sistema scolastico si attrezza a garantire un’efficace gestione di base degli ambienti di
lavoro digitale, infatti, si può incentivare l’uso delle tecnologie e, attraverso di esse,
dell’innovazione delle didattiche cooperative.
Competenza digitale, alunni con Bisogni Educativi Speciali e prospettive di vita: l’Italia
è in forte ritardo, rispetto agli altri Stati europei, per la diffusione di competenze d’uso degli
strumenti digitali; in generale, l’utilizzo di questi è visto prevalentemente come ludico e come
un qualcosa che raramente sfocia in una reale competenza a supporto dei processi di studio
e di apprendimento. Le indagini annuali dell’Istat mostrano che un ragazzo su cinque non
sta sviluppando quelle competenze digitali che il mondo del lavoro dà ormai come scontate
e che la scuola europea pone tra i suoi obiettivi primari; il motivo per cui le famiglie non
utilizzano la rete è principalmente di natura culturale, dal momento che il 55,1% dichiara di
non essere capace di usarlo e oltre il 24% di ritenerlo uno strumento inutile.
Ma è pur vero che le famiglie sono disposte ad investire in tecnologia e connessione nel
momento in cui la scuola le fa realmente usare, ossia quando sul piano culturale la scuola
dimostra di dare alle stesse un valore aggiunto nella proposta didattica significativa per gli
alunni, ed è per questo che la scuola deve creare una cultura tecnologica rispettando i
canoni di una didattica aperta, attiva cooperativa, attrezzando innanzitutto se stessa per
garantire un uso efficace degli ambienti digitali e web, e forzando le famiglie e gli alunni a
dotarsi delle tecnologie necessarie perché realmente utili per lo studio e la vita futura dei
propri figli. Anche per quanto riguarda gli alunni con DSA le tecnologie costituiscono spesso
la chiave di svolta per raggiungere l’autonomia di studio prima e di lavoro poi; i dati pubblicati
nel 2014 dalla Digital Agenda for Europe ci dicono che il 75% delle presone con disabilità in
Italia dichiara di non possedere competenze digitali, rispetto al 68% a livello europeo, dato
che dovrebbe finalmente convincere gli insegnanti che la competenza digitale è un obiettivo
ineludibile per tutti, oltre che un concreto aiuto per la popolazione a non rimanere soltanto
semplice fruitrice di prodotti e contenuti ma a diventare protagonista, in prima persona, del
cambiamento che le tecnologie impongono alla nostra società.
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CAPITOLO 35 - LA DIDATTICA IN CLASSE CON LA LIM
La LIM, nonostante tutto?
A distanza di quasi dieci anni dalle prime comparse della Lavagna Interattiva Multimediale
(LIM) nelle classi delle scuole italiane il panorama non è roseo, a causa dell’utilizzo limitato
che se ne fa (prevalentemente per mostrare agli studenti contenuti audiovisivi) e dei costi di
manutenzione che molto spesso le scuole non avevano messo in conto di affrontare. In
realtà, la LIM se sfruttata appieno nelle potenzialità che può offrire, diventa uno strumento
di vera innovazione didattica. E’ dunque necessaria una riflessione sull’uso delle lavagne
multimediali e sul sistema globale di innovazione digitale da proporre nelle scuole, che già
si è trasformato nel recente Piano Nazionale Scuola Digitale, il quale, molto più che sugli
strumenti tecnologici, punta sulla dotazione della rete Internet nelle scuole e quindi
sull’infrastruttura telematica di cui ogni tipo di apparecchio tecnologico può avvalersi.
5. La LIM è una scelta d’uso che ogni insegnante decide di fare, in un modo individualizzato
Nessuno costringe un insegnante a usare la LIM. Non esiste un unico modo positivo di
utilizzarla, ma, come tutte le risorse, è necessario trovare la propria modalità per renderne
efficace l’uso in classe.
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Ciascuno di noi ha una propria storia, un proprio bagaglio di esperienze professionali e di
competenze, ma anche un proprio modo di stare in classe, di interloquire con gli studenti e
con i contenuti disciplinari. Non bisogna pensare che la LIM sia estranea a tutto questo.
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Consigli all’insegnante per la preparazione dei materiali da utilizzare in classe con la
LIM
1. Preparare dei semi-lavorati che servano da punto di partenza per l’attività in classe
Programmare bene l’attività e porsi degli obiettivi didattici precisi, ma non preparare un
prodotto finito. Far sì che il proprio materiale contenga degli interrogativi aperti a cui
rispondere. Con la LIM la cosa migliore, più divertente e istruttiva è propria la ricerca di
soluzioni, trasformando i materiali, cercando e ipotizzando.
2. Non pensare solo ai più bravi, prevedere livelli di facilitazione utili per i diversi livelli
presenti in classe
Se c’è, cercare la collaborazione dell’insegnante di sostegno per l’adattamento del materiale
per chi ha Bisogni Educativi Speciali. Il digitale offre infinite possibilità di adattamento dei
testi e dei materiali didattici e spesso ciò che è utile per gli alunni con maggiori difficoltà può
essere condiviso anche con tutta la classe.
Non includere venti righe di testo nella presentazione di un argomento didattico, a meno
che non si stia lavorando sull’analisi del testo.
Se si vuole proporre un lungo testo scritto agli studenti, una fotocopia di un documento è
ancora la tecnologia più efficace.
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Società democratica e scuola democratica
Dalla duplice funzione della scuola (preparare alla società persone capaci di conformarvisi
e preparare persone provviste di libertà d’azione necessaria a sviluppare la propria
individualità) scaturiscono 2 importanti conseguenze:
la scuola deve stare attenta a ciò che la società esige dai suoi membri (ad es. il rispetto
delle leggi, delle minoranze, ecc…)
la scuola deve formare una mentalità critica negli allievi, quindi deve fornire un’educazione
differenziata per le possibilità di ciascuno.
Alla democrazia della società deve corrispondere un’organizzazione interna alla scuola,
cioè strutturale, in cui l’accento dovrebbe essere spostato dall’educatore all’alunno,
dall’insegnamento all’apprendimento. Tale spostamenti trovano un riscontro parallelo nei
mutamenti democratici.
Un modello di scuola democratico dovrà essere necessariamente aperto, pertanto è
indispensabile una collaborazione scuola-famiglia e con altre istituzioni.
Già i DECRETI DELEGATI del 1974 definivano la scuola una comunità che interagisce con
la più vasta comunità sociale e civica.
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