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NUMERO 2 - OTTOBRE -NOVEMBRE 2011

Direttore: DENIS UGOLINI

Molta mediocrit
Se il berlusconismo al capolineadovremo pur chiederci perch il governo prosegua nella sua non attivit. Non credo sia dovuto solo al facile acquisto di voti, quanto piuttosto al naufragio della sinistra, incapace di proporre una qualsiasi prospettiva che non pu essere solo quella stancamente ripetuta,< Berlusconi se ne deve andare>. Nessuno sa cosa la sinistra in primis il Partito Democratico proponga relativamente ai problemi pi urgenti oggi sul tappeto. Non come affrontare la crisi finanziaria, non come impostare una lotta contro levasione fiscale; si parla di patrimoniale ma non si dice come la si voglia applicare. Nessuna proposta per avviare a soluzione i problemi della crescita e dello sviluppo.sulla legge elettorale, la divisione sul referendum dimostrazione di mancanza di idee e di coraggio. Non evochiamo i problemi dal testamento biologico ai finanziamenti delle scuole private, ai benefici fiscali per i beni ecclesiastici a fini di lucro. Sarebbe poi retorico chiedere al PD se si sente partito laico, dati i consensi che cerca in Curia. In questo panorama, nel deserto di idee, non primeggia solo la latitanza del governo di fronte ai problemi reali del Paese: fa da contrappeso lassenza di un programma politico della sinistra Questa lanalisi, parecchio esatta, di Tullio Gregory sul Corriere della sera. Come venire a capo dello scontro in atto da tempo fra le bande partigiane contrapposte che se ne fanno e dicono di tutti i colori? Uno sbocco quello di arrivare alla guerra guerreggiata fino a che ne rimane solo uno sul campo. Ma penso che tutti vogliamo scongiurare una simile evenienza. Sarebbe disastrosa. Ma continuiamo a camminare verso il baratro. Oltre allo scontro per bande siamo anche alla divisione allinterno delle bande stesse. Andare alle elezioni anticipate? Bisognerebbe che non ci fosse una maggioranza in Parlamento, o ci vorrebbe anche qui un accordo. Che non c. Pu succedere che le divisioni interne alla maggioranza arrivino a determinare questo sbocco. Ma se andiamo alle elezioni, magari per evitare il referendum sulla legge elettorale (sempre che la Corte Costituzionale si forzi ad ammetterlo) baster per venire a capo di questa situazione politica? Intanto bene ricordare che si andrebbe a votare con questo attuale sistema elettorale (il porcellum) con il suo premio di maggioranza e con le liste bloccate che piacciono ai vertici sia delluna parte sia dellaltra, perch cos decidono loro chi fare eleggere. E nel premiare i servizievoli ( al posto di lasciar scegliere agli elettori magari i pi meritevoli) ne verr fuori ancora una volta, e magari pi estesa, la mediocrit della classe politica. Berlusconi si ritirer? Non si ricandider? Tanto per sgombrare il campo da quellavvitamento continuo e duraturo pro o contro Berlusconi? Non detto. E comunque le contrapposizioni fra le parti saranno condizionate ancora dalla situazione attuale e dal berlusconismo che, seppur declinante, non eliminato e non escludibile facilmente. Sulla base dellanalisi di Gregory sarebbe anche bene non trascurare leventualit di ritrovarsi con la medesima condizione politica e di confronto fra maggioranza e minoranza, con annesse divisioni fra loro e al loro interno. E quindi ancora pi governicchio che governo. Se Berlusconi non si candidasse certo dovrebbe stemperarsi lo scontro frontale. Chiss forse si attenuerebbero anche certi accanimenti a lui avversi e non solo sul fronte politico. Legittimo e doveroso dubitare. Allora c unaltra strada: quella della responsabilit che farebbe mettere un poco in moratoria almeno gli spigoli pi appuntiti dello scontro per arrivare ad una intesa su poche riforme essenziali. Certo una riforma del sistema elettorale. Purch seria, non un nuovo pasticcio. E quindi non questo porcellum, ma neppure il semplice ritorno al mattarellum. Una volta che ci si mette le mani sarebbe bene non limitarsi a passare da una porcata a una semplice porcatina. Non solo: si potrebbe anche ridurre il numero dei parlamentari. Se ne parla spesso. Bene. Loccasione a quel punto ingorda per spingersi fino alla definizione della nuova forma di governo. Che parte della riforma costituzionale che bisogna fare. Alla quale ha senso abbinare un coerente sistema elettorale che eviti, come successo fino ad oggi, di essere tale da confliggere con una architettura istituzionale che non lo presuppone. La responsabilit vorrebbe questo. La buona cultura politica anche. Ma questa classe politica sprigiona poca responsabilit. E sprigiona ed esprime molta mediocrit. Ci sono risvegli che lasciano sperare? Obbiettivamente non mancano anche se non paiono tanto forti. Ne facciamo accenni anche nelle pagine che seguono. A destra, a sinistra, nella borghesia, nella societ civile. Vanno incalzati, sostenuti, partecipati. un modo per dare un attivo contributo.

Pag. 2 - Nuove regole istituzionali. Una nuova sinistra Davide Giacalone Pag. 3 - Paese alla deriva. Una classe politica al tramonto Sandro Gozi Pag. 4-5 - Riformare la Costituzione Pag. 6 - Alla ricerca delle lites perdute Luigi Tivelli Pag. 7 - Crisi di credibilit. Dannosa per le imprese Flavio Pasotti Pag. 8 - Il calabrone Italia Luca Ferrini Pag. 9 - E' finito lo spirito laico? Dal libro "Risorgimento laico" di Massimo Teodori Pag. 10-11 - Occorre un sistema Romagna. Un modello nuovo di welfare Incontro con Paolo Lucchi Pag. 12-13 - Sostenere l'imprenditorialit diffusa Massimo Balzani Pag. 13 - Come sostituire S.A.PRO? Giovanni Torri Pag. 14 - Al Sindaco interessano le idee? Luigi Di Placido Pag. 15 - Volare alto sul centro storico. S al parcheggio, ma serve altro Stefano Bernacci Pag. 16-17 - Cesena a met mandato. Deludente Franco Pedrelli Pag. 17 - Portare fino in fondo la battaglia per il centro storico Valeria Burin Pag. 18 - C' anche esposizione mediatica Paolo Morelli Pag. 19 - Schematismi da superare Davide Buratti Pag. 20 - Quale crescita per la nostra citt? Maicol Mercuriali Pag. 21 - Bisogno di classe dirigente. Borghesia muoviti Pag. 22-23 - Una societ che cambia Giuliano Zignani Pag. 24 - Area Vasta: ente intermedio. Non nuova provincia Pag. 25 - Per una nuova governance della sanit in Romagna Denis Ugolini Pag. 26 - La crisi dei repubblicani Piero Pasini Pag. 27 - Anche questa societ (civile?)

Nuove regole istituzionali. Una nuova sinistra


di Davide Giacalone*
I governi europei intendono salvare le banche, ma chi salver i governi? La crisi che viviamo ha tarlato la credibilit dei debiti sovrani, quindi degli stati come affidabili pagatori. S accanita contro i paesi delleuro proprio perch questi hanno disattivato le convenzionali uscite di sicurezza, convinti che dentro il club della loro moneta unica nulla sarebbe mai potuto accadere di male. Abbiamo buttato via quattrini per provare a placare le fiamme degli spread, ritrovandocele sempre pi alte. Non soddisfatti li si butta per salvare le banche, a loro volta zeppe di titoli ufficialmente sicurissimi e sostanzialmente erosi. Ne buttiamo a vagonate per non volere e dovere ammettere che nellarea di una sola moneta non possono esistere n debiti n banche nazionali. Vedo in giro il riverbero di una cultura marxiana, ma adattata a poveri di spirito e ignari di Treviri. Si dice che i governi sono troppo piccoli e troppo deboli per potersi, da soli, opporre ai mercati e, quindi, si cercano gli strumenti con cui assecondarli e convincerli a non cancellare lesistenza stessa dei governi. Ma questi ultimi sono debolissimi perch hanno dimenticato la ragione della loro esistenza, n hanno il coraggio di dire che i mercati sono divenuti una bestia ingestibile perch la finanza stata lasciata per troppo tempo e per troppo spazio priva di regole e controlli: prima ha supposto di potere cancellare il rischio, affievolendone la percezione, ora il mostro si volta e diffonde il terrore, affievolendo la percezione della realt reale. Non c una via duscita tecnico-finanziaria. Per riuscire a svegliarsi e interrompere lincubo si deve far ricorso alla forza che merita dessere pi forte: la politica. In Europa significa riunire i capi di Stato e di governo e fissare regole e tappe dellintegrazione fiscale e istituzionale, oppure, allopposto, dirsi addio. Ma restare sulluscio, nel mentre quello batte sugli attributi, demenziale. Puoi comprare titoli del debito pubblico e ricapitalizzare la banche quanto vuoi, finch resti nello stipite sarai massacrato. E siccome le nostre sono democrazie, questo vuol dire che cadranno governi inetti e prenderanno il loro posto le inette opposizioni, fino a quando non si avr la forza di dire: basta, siamo i pi ricchi al mondo, ma anche i pi pazzi, abbiamo creato un euro che non regge e cincaponiamo a difenderlo com anzich rafforzare istituzionalmente lEuropa. Al G20 significa porsi il problema di una finanza seguendo la quale sembra che il globo sia venti volte pi grande di quel che , per giunta con la pretesa di commerciare terre inesistenti e mettendo a tacere chi ne mette in dubbio la ragionevolezza con un alzata di spalle: il mercato, e se non lo capisci sei un troglodita. Invece no, non il mercato: il frutto di una superstizione, secondo la quale le sue regole e i suoi protagonisti sono migliori di quelli della politica. Sono solo pi ricchi. Il mondo paga lillusione che esista mercato senza Stato. Molte pagine devono essere girate e la politica deve tornare al posto che le compete. Certo, per farlo occorrono politici allaltezza, selezionati per idee, coerenza e coraggio. Non cercateli fra i presenti, sono figli di unaltra storia. Le forze di governo hanno dato la prova che si vede, ma in miglior salute lopposizione? Il partito democratico finito, ammesso che sia mai nato. Non uninvettiva partigiana, perch a tenere assieme il partitone della sinistra era il berlusconismo, e nel momento in cui il perno della seconda Repubblica cigola pericolosamente, il pd schiatta. C chi legge la vicenda di Penati con la soddisfazione derivante dal mal comune mezzo gaudio. Della serie: il pi pulito ha la rogna. Capisco, ma non apprezzo. Mi pare pi interessante un altro punto di vista: colpendo i canali di finanziamento, quei soldi culturalmente affini alle scalate Telecom e Bnl, quel tessuto di potere fatto da cooperative, imprenditori paganti e amministrazioni pubbliche compiacenti, si strangola quel che resta della vecchia struttura comunista. E si asfissia il pd. Perch le altre componenti, da sole, non contano e stare assieme ha un senso solo finch si tratta di combattere Berlusconi. Poi si prende a combattersi in casa. Quindi, finita. Che ne sar, della sinistra? Una volta esploso il falso partito unico a sinistra rester una sinistra-sinistra: antiamericana (bevendo coca cola, vestendo i jeans e chiamando gay gli omosessuali), antisraeliana, quando non direttamente antisemita, antagonista e anticapitalista. Una congrega di relitti, la cui et non veneranda dimostra lintramontabilit dellebete estremismo. La componente cattolica potr ricongiungersi ai suoi simili. Togliete dal conto Berlusconi e poi spiegatemi come si fa a vedere la differenza fra Alfano e Casini, togliete di mezzo il pd e provate a vedere quella fra Casini e Fioroni. Non sforzatevi, fanno confusione anche le loro mamme. Certo, c la Bindi. Vero, ma mi pare di avere gi descritto la sua casa: la sinistrasinistra. Cos imparano. Gli intramontabili apparatnik del pci, interpreti di quella scuola che si vergognano a nominare e si offendono a sentirsela ricordare (veltronianamente procedendo: comunista io? badi come parla), dopo averla trasformata in unaccademia della lobby, potrebbero pure accomodarsi alla maison. Peccato per la troppo ricca pensione, giacch non sarebbe male, prima del trapasso, provare lebrezza di fare i lavoratori. Dopo tanto averne parlato. Il punto : come si fa ad evitare che in quello spazio elettorale sinsedino i protagonisti della destra reazionaria e qualunquista, che i sinistri odierni hanno allevato come alleati, vale a dire i giustizialisti, i manettari, i falsi e i moralisti senza etica alcuna? Ecco la sfida: far esistere, anche in Italia, una sinistra seria, di governo, occidentale, riformista. Una sinistra che capisca la scempiaggine dopporsi al capitalismo, ma i pericoli della sua versione finanziaria (non un caso che i comunisti se ne siano innamorati). Una sinistra che non consideri la spesa pubblica la divinit e lo stato sociale la sua incarnazione. Ci fu e c, questa sinistra. Solo che stata minoritaria. La sinistra pi forte considerava fin troppo evoluto il pensiero socialdemocratico, la sinistra occidentale sa che anche quello appartiene al passato. LItalia cresciuta, s laicizzata e se oggi dal suo intestino non sorge solo il rumore sordo della rabbia cieca, che spera di allontanare da s il mondo lanciando su altri, su nemici immaginari o miserabili, lanatema, allora pu prendere forza quel che nel dopoguerra mancato: una seria alternativa di governo, a sinistra. Alcuni li vedo. Quel Matteo Renzi non male, se non provvedono i suoi compagni a sopprimerlo. Sono persone con cui si possono riscrivere le regole istituzionali. Raddrizzare lItalia. Perch rappresentano interessi e convinzioni, non blocchi sociali e ideologie. *Editorialista per Libero, Il Tempo, RTL 102,5

Paese alla deriva. Una classe politica al tramonto


di Sandro Gozi*
Un paese alla deriva che naviga a vista, un presidente del consiglio impresentabile e unintera classe politica al tramonto. Desolante e preoccupante lo scenario politico italiano. Ancora pi preoccupante che il microcosmo politico e mediatico romano sia totalmente concentrato su tatticismi e retroscena, quando non si occupa della porno-politica di Palazzo Grazioli. I Palazzi romani sprofondati nellimmobilismo, con un parlamento bloccato da una maggioranza aritmetica a cui non corrisponde nessuna azione politica ed ormai nessun rispetto dei veri umori dellelettorato nel Paese. Fuori dai palazzi, invece, troviamo forti segnali di risveglio civile e nuovi spazi diniziativa politica anche per forzare il Parlamento ad uscire dalla sua inerzia. Se ammesso dalla Corte, il referendum abrogativo del famigerato porcellum e di ritorno al mattarellum pu diventare la miccia per nuovi sviluppi politici. Sviluppi di vario tipo. Innanzitutto, attorno al movimento referendario nel centrosinistra possiamo ritrovare le ragioni e gli obiettivi di un vero e grande Partito Democratico. La scelta bipolare e maggioritaria potrebbe spingere ad una nuova fase costituente del PD. Un partito ormai troppo vecchio per essere considerato ancora unipotesi ma abbastanza giovane per tentare nuovi esperimenti politici riformandosi in vista della Terza Repubblica. Attorno alla scelta referendaria, possibile costruire il vero PD: un grande partito di centrosinistra aperto alle forze laiche, liberaldemocratiche, ambientaliste e radicali. Allo stesso tempo, a destra, prevedibile che il dopo - Berlusconi sar occupato dalla costruzione di una sorta di sezione italiana del Partito Popolare Europeo. Facile capire in quale schieramento si collocher Casini e anche quale sar la fine del Terzo Polo che in realt non ancora realmente nato. Gi, dopo- Berlusconi, si diceva. Ma quel momento non ancora arrivato. Occorre fare i conti con il Cavaliere sotto assedio, occorre capire quale sia lalternativa politica possibile. E soprattutto lUDC non potr continuare a tenersi aperte due alternative opposte ancora per lungo tempo. Non potr farlo proprio grazie al referendum, che pu avere tre effetti tutti importanti. Il primo quello di tornare ad un sistema elettorale maggioritario al 75%, con i vecchi collegi uninominali. Un ritorno che renderebbe pi difficile di altri fattori la conferma di unalleanza PDL e Lega, che spingerebbe PDL, SEL e IDV ad accelerare la costruzione di un nuovo Ulivo e renderebbe probabilmente meno decisiva la scelta dellUDC. Proprio per tutti questi, ed altri, motivi possibile che a destra e al centro si cercher in tutti i modi di evitare il ritorno al referendum. Le vie sono due: riformare la legge elettorale in Parlamento, provocare le elezioni anticipate per rimandare il referendum allanno successivo. Ed ecco che ci avviciniamo al contingente. Posto che oggi a Roma nessuno in grado di prevedere quali saranno gli sviluppi politici nei prossimi mesi, dobbiamo chiederci come uscire da unimpasse politica che sta preoccupando tutti i nostri partner europei e internazionali, da Washington a Nuova Dehli. E purtroppo, lunica condizione necessaria anche se non sufficiente - cio le dimissioni di Berlusconi, non sembra ancora allordine del giorno. Intendiamoci bene: non certo Berlusconi la sola causa della crisi economica, sociale e politica in cui ci troviamo. Ma altrettanto evidente a tutti lincapacit dello stesso Berlusconi di compiere azioni serie e concrete per affrontare questa triplice crisi. Cos come evidente a tutti, con la solita eccezione di Putin, il totale isolamento in cui lItalia oggi si trova nel mondo a causa delle vicende personali e della irrilevanza politica dello stesso Berlusconi. La vicenda libica, il tripudio con cui sono stati accolti a Tripoli Sarkozy e Cameron solo lultima prova pi evidente a tutti dellirrilevanza dellItalietta berlusconiana. Torniamo alla principale allora, torniamo allunico fattore di cambiamento possibile: il referendum. Un cambiamento che potrebbe diventare sistemico e che segnerebbe, assieme alluscita di scena di Berlusconi, anche il definitivo fallimento di una classe dirigente che, a destra come a sinistra, si sta aggrappando alla giostra della Seconda Repubblica ormai in stato di decomposizione avanzata per fare lultimo giro. E che potrebbe veramente portare ad una scomposizione e ricomposizione bipolare del sistema politico, di cui dovrebbe essere protagonista una nuova classe dirigente, proveniente dalla politica e dalla societ civile, a cui spetterebbe il compito di realizzare le riforme di cui si parla inutilmente da venti anni e di ridare allItalia un ruolo politico internazionale. Riforme che, solo per fare alcuni esempi, dovrebbero riguardare le forze pi vive ed escluse della societ italiana: donne, giovani e immigrati. Ci significa superare lattuale discriminazione tra garantiti e non garantiti nel mercato del lavoro, rivedere le pensioni allinsegna della flessibilit e della libera scelta dellet pensionabile, in un range tra i 62 e i 69/70 anni, favorire il lavoro regolare degli immigrati e riconoscere agli stessi i diritti di cittadinanza. Riforme dello Stato, da riorganizzare interamente su base regionale, superando lattuale assetto provinciale, abolendo le province e valorizzando al massimo le autonomie e le associazioni comunali (risparmio di 14 miliardi di euro). Riforme che prendano atto dellinsostenibile lentezza e inefficacia del sistema parlamentare, abolendo il Senato e introducendo un sistema monocamerale, con unAssemblea di 600 parlamentari (circa 1 parlamentare ogni 100.000 abitanti) e una rappresentanza dei Consigli regionali per discutere delle materie di interesse regionale. Riforme che impongano la democrazia interna di partiti e che riducano gli attuali finanziamenti ai partiti limitandoli veramente ai soli rimborsi elettorali (vera riduzione dei veri costi della politica). UnItalia riformata, che ritrovi cos un suo ruolo e una sua credibilit in Europa, nel Mediterraneo e in nuovi assetti globali in cui avremo voce in capitolo solo come europei. Tempo fa, riferendosi alle difficili riforme da varare nei vari Paesi europei, il Primo Ministro lussemburghese Jean Claude Juncker disse: tutti sappiamo cosa bisogna fare, ma nessuno di noi sa come farsi rieleggere dopo averlo fatto. Io temo che per lItalia lo scenario sia ancora pi cupo, che la crisi sia destinata ad aggravarsi. E che dovremo ricostruire sulle macerie di questo ventennio. Anche tanti di noi entrati da pochissimo nella politica e nei partiti, sappiamo benissimo quali sono le riforme da fare. Il problema riuscire a farsi eleggere, o rieleggere, per farle davvero. Riuscire dove ha fallito lattuale classe dirigente. Riuscire a rilanciare un Paese che merita molto di pi e molto meglio di quello che la politica ha dato fino ad oggi. E il vero, forse lunico, senso del rinnovamento della politica. *Deputato PD

Riformare la Costituzione
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Pi di un milione e duecentomila cittadini hanno firmato per il referendum che chiede labrogazione dellattuale legge elettorale (il porcellum). Ne bastavano cinquecentomila. una delle espressioni del malcontento, acuto e diffuso, che cresce sempre pi nel popolo italiano. Chiss se la Corte Costituzionale lo ammetter. Leffetto migliore che questo ingente numero di firme pu determinare che il Parlamento comprenda che occorre mettere mano ad una nuova legge elettorale e non passare semplicemente dalla attuale a quella precedente (il mattarellum), come , invece, nelle intenzioni dei promotori del referendum. vero che questa legge una porcata dato il premio di maggioranza che prevede e le liste bloccate che impone. Ma il mattarellum da solo (esperienza che si gi fatta) non risolve i problemi veri nei quali da troppi anni ci si dibatte che non solo quello di riappropriarci come elettori di una qualche possibilit (o solo dellimpressione?) di scegliere i propri candidati. Per usare un termine molto in voga anni fa, nelle prima repubblica, lingerenza partitocratica delle segreterie di partito - oggi possiamo parlare esplicitamente di capi e capetti - continua ad esprimersi al massimo livello. Con il porcellum decidevano loro come comporre le liste e in che ordine elencare i candidati cos decidevano loro gli eletti. Costringendo questi a rendicontare a chi li ha nominati non certo agli elettori che non li hanno potuti scegliere. Non tanto dissimile per il mattarellum. I candidati nei collegi uninominali (il 75% degli eletti) venivano decisi in egual maniera (catapultati) dai capi partito. Anche questa non zuppa, solo pan bagnato. Quindi anche per ripristinare un effettivo buon rapporto fra eletti ed elettori occorrerebbe andare oltre sia al porcellum, sia al mattarellum. Una nuova legge elettorale. Il moto popolare che si espresse agli inizi degli anni novanta (del secolo scorso) che voleva indurre al passaggio dal sistema elettorale proporzionale a quello maggioritario si proponeva quali massimi obiettivi quello di dare stabilit ai governi e quello di semplificare il sistema politico dei partiti. A giudicare dai risultati il fallimento delle aspettative se non totale sicuramente notevole. Non ci sono stati tanti gruppi politici e partiti e partitini come sotto il sistema maggioritario uninominale denominato mattarellum. Non solo. In quanto a stabilit basterebbe ricordare il ribaltone che sbaragli, dopo pochi mesi, il primo

governo Berlusconi che pure aveva ampiamente trionfato nelle elezioni del 94; le elezioni anticipate del 96; i governi di centrosinistra Prodi e DAlema che si succedettero. Poi ancora Berlusconi e poi ancora Prodi e ancora Berlusconi. E sempre con maggioranze che avevano divisioni al loro interno fino a rendere pressoch impossibile il governo. Le rotture nel centrodestra (Berlusconi e Fini da una parte, Casini dallaltra); quelle nel centrosinistra ( Bertinotti avverso a Prodi e poi contro Prodi una apoteosi di differenze fra le varie forze della sinistra e le varie correnti interne ai Ds e oggi al PD). Con il porcellum si votato per questa legislatura ancora in corso. Il PDL ha ottenuto (grazie al premio) una grossa maggioranza. Poi si diviso lo stesso: Fini da una parte e Berlusconi dallaltra che ha dovuto rimpinguare la maggioranza con la campagna acquisti dei vari cosiddetti responsabili che hanno costituito un nuovo gruppo parlamentare. E poi siamo alla condizione di oggi con le difficolt a governare e a mettere in fila provvedimenti seri per fronteggiare una crisi gravissima finanziaria, economica e sociale. Il panorama degli schieramenti? Labito di Arlecchino sembra quasi una tinta unita. Divisioni e tensioni a destra come a sinistra. Se il problema fosse solo quello della legge elettorale, ben ovvio che non basta cincischiarsi fra porcellum e mattarellum. Occorre roba nuova. Ed qui, ed anche a questo proposito, che non si vedono le soluzioni di cui il Paese avrebbe invece assoluto bisogno. Occorrerebbe un ingrediente che in questo momento non pare essere neppure al mercato nero: molta responsabilit nazionale, istituzionale e politica. Berlusconi sta difendendo con i denti la propria maggioranza e la sopravvivenza del suo governo. A suon di voti di fiducia di tutti i tipi. Lopposizione e la sinistra sembrano un caravanserraglio. Incapaci di offrire la sostanza e la facciata di una alternativa. Leit motiv: Berlusconi se ne deve andare. E gi perfino a chiedere che il Presidente della Repubblica intervenga a fare quel che non pu, pur non mancando anche di eccedere oltre il proprio seminato costituzionale. Come venirne fuori? Basta una nuova legge elettorale? Quale? Come? Tralasciamo di discorrere delle vicende giudiziarie che sono in piedi da tutte le parti e che riguardano tutte le parti. Senza perderle di vista perch esse

Riformare la Costituzione
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sono tuttaltro che ininfluenti ai fini della possibilit di individuare una qualche via duscita alla situazione incartata in cui si trova la politica ed il Parlamento. Sappiamo ci che ci vorrebbe e non soltanto un richiamo generico a seriet e responsabilit. Ci vorrebbe una classe politica decisamente nuova e rinnovata, consapevole (pur prescindendo dalle legittime e doverose differenze politiche) che occorre superare il tab della intangibilit della Costituzione. Occorre una riforma costituzionale che definisca una nuova forma di governo, una nuova architettura istituzionale. Una qualsiasi riforma elettorale da sola non basta, se non coerente con larchitettura istituzionale alla quale deve fare riferimento. I sistemi elettorali maggioritari provati fino ad oggi hanno contrastato e conflitto con il sistema parlamentare costituzionale attuale con il quale era e sarebbe coerente il sistema proporzionale che cera. Se si vuole eleggere direttamente la maggioranza che deve governare, il premier che la deve guidare; se si vuole impedire il riproporsi dei vari ribaltoni possibili; se si vuole stabilit e speditezza delle decisioni di governo, occorre ridefinire la forma-governo, i compiti e i poteri del premier, quelli del Capo dello Stato, i regolamenti parlamentari. Ci sta dentro e ci si deve mettere

dentro la riforma del bicameralismo e la riduzione dei parlamentari. Questi dovrebbero essere gli obiettivi di una riforma costituzionale e quelli di un sistema elettorale coerente che a questo punto non si pu non mutuare dagli esempi o francese o tedesco. Se il sistema fosse anche fondato sui collegi uninominali a doppio turno occorrerebbe comunque una legge dello Stato che renda possibile ed obbligatorie delle serie e preventive primarie per lindividuazione e la scelta dei candidati. Nellaltro caso una quota di sbarramento sotto la quale non vi la possibilit di accedere ai seggi parlamentari. Occorre una simile consapevolezza unita al senso di responsabilit che richiede la definizione e condivisione delle regole fondamentali del gioco. Non le partigianerie politiche contrapposte. Non stiamo assistendo nel nostro paese ad una seppur accentuata dialettica politica fra avversari, ma assistiamo ad una lotta fra bande nemiche. il segno del profondo degrado della cultura politica. Una responsabilit diffusa, non solo dei politici, in quanto quella classe politica altro non che lo specchio esatto del popolo e del paese che peraltro lha eletta. Speranze non mancano. Non si fa di ogni erba un fascio. Nella politica non tutti sono uguali; cos pure nella societ, i cittadini. Ci sono anche energie e c cultura come si deve. Purtroppo pi in ruoli ed ambiti marginali che nel centro dellagone. Purtroppo minoritari invece che maggioritari. Certo che se lindignazione non colpisse nel mucchio ma sapesse discernere e premiare chi e quanti lo meritano, sicuramente pi di altri, gi sarebbe gran cosa. Peraltro un rinnovato specchio. Un vantaggio a tutto tondo. Dove sono queste energie? Dove possono risiedere queste speranze? Dove a farla da padrone non sono gli elettoralismi pi infingardi e beceri, dove non solo brama di potere da gestire. Dove c coraggio di idee, dove c senso dellinteresse generale, dove si premiano i meriti e non lo sruffianamento dellappartenenza. E potremmo dilungarci. Abbiamo presentato un libro, alcuni mesi fa: Terza Repubblica, di Davide Giacalone. Abbiamo letto con attenzione il libro Fuori di Matteo Renzi. Il primo scrive su Libero e proviene da cultura laica, liberaldemocratica, repubblicana. Il secondo Sindaco di Firenze e proviene da cultura cattolica. Due riferimenti tanto per fare un esempio che ci piace. Per gran parte i due libri sono sovrapponibili. Affermano cose, proposte comuni. Anche da queste cose abbiamo motivo di ritenere che si pu sperare nei mutamenti di cui il paese ha bisogno. Abbiamo motivo di ritenere che con quelle idee ed anche con quelle persone, ed altre che sicuramente vi sono, si pu anche impegnarsi. Dando alla speranza, ognuno, il proprio contributo.
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Alla ricerca delle lites perdute


di Luigi Tivelli*
La questione delle classi dirigenti tocca indubbiamente un nodo gordiano del Paese. Anche un grande sociologo nasometrico come Giuseppe de Rita, gi nel 2009, nellintroduzione al Rapporto CENSIS aveva scritto che non c pi una vera lite. Essere lite significa in primo luogo dare il buon esempio, assumere decisioni coerenti con i veri problemi del Paese, progettare il futuro. A casa nostra invece sembra che essere lite significhi sparare opinioni a getto continuo, legate solo al presente, se non allistante, e senza alcun pensiero o azione proiettati verso il medio, e tanto meno verso il lungo periodo. Ma proviamo a scomporre la questione delle classi dirigenti. Ci sono due mali che le caratterizzano, in qualunque settore operino: la gerontocrazia e la grave carenza di etica pubblica. Secondo lindagine pi accreditata in materia, condotta da Carlo Carboni, il 24,4 per cento degli appartenenti alle lite ultrasettantenne e il 34,4 per cento ultrasessantenne. Un dato che si commenta da solo, tanto pi che gli ultrasettantenni non sono tutti del livello di Giorgio Napolitano o di Carlo Azeglio Ciampi o di Rita Levi Montalcini.. Quanto alletica pubblica, non c solo una sorta di vuoto etico che caratterizza la nostra politica, ma limpazzare della corruzione piccola e grande, pi volte denunciato dalla stessa Corte dei Conti, evidenzia che se ci sono i corrotti nelle classi politiche e burocratiche, anche perch ci sono i corruttori nelle classi economiche e imprenditoriali. Viene alla mente il paradosso di Oscar Wilde, secondo cui se le classi inferiori non ci danno il buon esempio, cosa ci sono a fare?. Purtroppo sembra che molti appartenenti alle classi dirigenti labbiano fatto proprio. Ma veniamo ai singoli blocchi delle classi dirigenti. Pochi hanno colto il degrado negli ultimi dieci anni, di qualit oltre che di etica, delle classi burocratiche. Per esse la mazzata principale arrivata agli inizi del decennio con lintroduzione del sistema delle spoglie anche nelle Amministrazioni centrali. Quale professionalit, quale senso dello Stato possono avere, al di l di singoli casi positivi, dirigenti pubblici di prima e addirittura di seconda fascia, direttamente nominati, in assenza di seri requisiti predefiniti, dai vertici politici dei Ministeri nonostante che larticolo 68 della Costituzione sancisca che i dipendenti pubblici sono al servizio esclusivo della Nazione? Eppure anche i politici pi accorti, forse in attesa di nominare i loro dirigenti, quando anchessi saranno al governo, si guardano bene dal porre la questione. Quanto alle classi dirigenti economiche e imprenditoriali, pur in presenza di lodevoli eccezioni e di forme di rinnovamento della governance societaria in alcuni settori, in seno ad esse c anche un circo fatto di acrobati che di volta in volta leva o mette le tende, accampandosi in una serie infinita di consigli di amministrazione, e, ovviamente, nominandosi vicendevolmente lun laltro. Il focus su altri spezzoni delle lites potrebbe continuare, guardando ad esempio al caso di quelle universitarie, che sono tra le pi vecchie e tra le pi autoreferenziali e incontrollate del mondo. Come lamentarsi poi se quelle decine di migliaia di giovani talenti (che dovrebbero essere il necessario ricambio delle classi dirigenti), nonostante tutto sbocciati negli ultimi anni, che trovano un tappo gerontocratico a tutti i livelli, sono fuggiti, o si accingono a fuggire, allestero? Questa sin qui la diagnosi. Per un ricambio delle classi dirigenti: il caso francese Molto pi raro invece trovare i rimedi, le terapie idonee ad offrire al Paese quelle classi dirigenti adeguate che da ormai quarantanni circa non dato ritrovare. Ci che distingue il caso italiano da quello di altri paesi, come, ad esempio, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti o la Francia (che per altri aspetti il Paese pi simile al nostro) che in essi esistono circuiti e vivai adeguati per la formazione delle lites, sostanzialmente inesistenti nel Paese dello Stivale, perch non basta certo una Bocconi o una LUISS per fare primavera. Il caso francese potrebbe fungere da pesce pilota. Oltralpe pi che mai vivo il sistema di formazione post laurea delle Grandes Ecoles, come lEcole Polytecnique e soprattutto lEcole national dAdministration (ENA). Litinerario classico degli enarchi quello di fare, ad esempio, il Vicedirettore generale di un Ministero, nella prima fase della carriera, poi il Consigliere di Stato o della Corte dei conti, poi lalto dirigente di una banca o di una grande impresa, privata o pubblica, e in vari casi dopo il Ministro o il Primo Ministro, o anche il Presidente della Repubblica. Tali lites francesi operano indifferentemente nel settore pubblico o nel settore privato, in diverse fasi della loro carriera professionale. Ma il punto che gli enarchi (vuoi che votino a destra o a sinistra) sono accomunati da una sorta di idem sentire de repubblica, da unetica pubblica condivisa, da un comune senso dello Stato. E, soprattutto, arrivano gi a trentacinque o quarantanni in posizioni di elevata responsabilit, in un Paese in cui il ricambio generazionale delle lites funziona. Sarebbe poi cos difficile (anche se in queste settimane la Francia non molto amata..) mutuare il modello delle Grandes Ecoles, a cominciare dallENA, nel nostro Paese? Forse sin qui gli ostacoli sono stati la scarsa lungimiranza delle classi politiche, un certo egoismo dei gerontocrati, e certa preferenza verso dirigenti pubblici (ma in vari casi anche privati) fedeli, anche se di scarsa professionalit, piuttosto che verso veri dirigenti leali. Mutuare il modello francese consentirebbe poi, finalmente, di creare armonia ed osmosi fra la sfera pubblica e la sfera privata, in un paese in cui invece i singoli spezzoni delle lites sono rinchiusi nella loro capsula. E qui viene il secondo punto della nostra proposta: avviare uno svecchiamento e un serio ricambio ai vertici delle Amministrazioni e degli Enti pubblici, creando incentivi adeguati per attrarre nel settore pubblico alte professionalit provenienti dal management privato. Ma deve trattarsi anche di incentivi idonei a riportare nel cuore pulsante dello Stato professionisti di alta qualit e cervelli fuggiti allestero, diffondendo nuovi talenti nel nostro dormiente corpaccione burocratico. Questo creerebbe anche gli spazi per lemersione in posizioni elevate di quei tanti talenti nascosti (un numero per che, grazie alla lottizzazione partitica, si sta riducendo man mano) che stanno nelle seconde, terze e quarte file delle nostre amministrazioni. In tal modo, per un verso si ricostruirebbe unetica pubblica condivisa, per altro verso si avvierebbe finalmente un vero ricambio delle classi dirigenti.
*Consigliere parlamentare e politologo

Crisi di credibilit. Dannosa per le imprese


di Flavio Pasotti*
Limprenditore un animale strano perch mentre lopinione pubblica tende a categorializzarlo secondo le logiche di classe nella realt per definizione limprenditore un single in mezzo agli eventi. Nella vita abituato a convivere con i successi e i rischi e mai contempla il fallimento: anche nelle situazioni di maggior difficolt immagina il colpo di reni, la scelta contro corrente, la decisione che lo porta fuori dai guai. Non perfetto ma per andare sulla luna luomo giusto: quando tutti si fermano per mancanza di dati o perch il rischio pare troppo elevato allora entra in gioco limprenditore. E cos tutti i giorni, non solo nei momenti di crisi perch se si dovessero analizzare attentamente le condizioni nelle quali si dispiega lattivit imprenditoriale nel nostro paese da ormai molti anni ci sarebbe veramente da chiedersi perch far coincidere in un unico progetto esistenziale la propria vita e la propria impresa. Eppure accade, con sconcertante normalit, da molti anni e con tutti i loro difetti gli imprenditori rappresentano ancora oggi la parte pi moderna e pi avanzata della nostra economia: quella in grado di offrire buona e stabile occupazione, quella di cui andare fieri quando si va allestero, quella che produce e ridistribuisce una parte rilevante della ricchezza nazionale.Ci che accaduto in questi tre anni e ancora in questi giorni per assolutamente anomalo e frustrante: siamo abituati a gestire successi e crisi dipendenti dalle nostre alterne fortune ma non siamo in grado nedi controllare ne di influenzare ci che accade fuori dalle nostre aziende. Normalmente lesperienza ci insegna che la crisi dellazienda in primo luogo una crisi di mercato, di competitivit del prodotto che si trasferisce in un pericoloso avvitamento sui bilanci innescando una crisi finanziaria. E un processo veloce perch a far quattrini si fa fatica e a bruciarli ci si mette un attimo ma non istantaneo. Inoltre nella maggioranza dei casi la crisi ricade nella responsabilit dellimprenditore che come tutti a questo mondo pu sbagliare; anzi, la vita dellim-prenditore se la leggi con il libro di economia in mano una successione di errori dove vince chi ne commette meno degli altri. Al contrario nel settembre 2008 si scaten una crisi a fattori invertiti: prima finanziaria, poi in trenta giorni si trasfer sul mercato dimezzando, nel migliore dei casi, gli ordinativi delle aziende. Non ce stato tempo e soprattutto essendo un evento del tutto fuori dal controllo degli imprenditori non era possibile marcare un qualsiasi rimedio con altrettanta rapidit. Sono stati tre anni tra il difficile e il terribile, con una visibilit del futuro che raramente passava i 30 giorni. Anni in cui si dovuto reinventare il punto di equilibrio dei bilanci e in cui si sono pompate nelle svuotate casse delle aziende le riserve personali di tanti imprenditori. A tre anni esatti si poteva dire di non essere per nulla fuori dalla crisi ma di aver parato il colpo meglio di quanto molti fuori dalle imprese si aspettassero. Certo, con costi elevatissimi se pensiamo al numero di fallimenti e di posti di lavoro in fumo, di ricchezze bruciate e di occasioni perse ma ancora combat ready in grado cio di dire qualcosa sui mercati internazionali. Le tanto vituperate banche, nelle quali da tempo avevamo individuato le pecche, i ritardi e lassoluta incapacit nel comprendere la realt, con i loro titoli tossici avevano rischiato di farci andare tutti a gambe allaria (loro invece no, come si diceva? Too big to fail); ma nonostante tutto stavamo gestendo con maestria le conseguenze sulle nostre aziende dei loro misfatti. Poi, dimprovviso, il luglio delle manovre, lagosto dello spread coi bund e a settembre la durissima sorpresa di una nuova crisi sistemica, anche questa senza alcuna responsabilit dellimprenditore. Stavolta dopo le banche era lo Stato a crollare oppresso dal suo debito pubblico. Quel debito pubblico che ci avevano detto cos diverso dal nostro privato perch il nostro va sempre ripagato e quello invece avrebbe dovuto rimanere l impagato, chiss in base a quale sconosciuta legge della fisica: improvvisamente, come un ghiacciaio in una estate rovente, si scioglie e la valanga di acqua e fango invade nuovamente i capannoni: tassi dinteresse in crescita spaziale e richiamo dei fidi con relativi rientri; mutui non erogati; finanziamenti i cui tassi mutano in modo ricattatorio dal giorno della delibera a quello della stipula davanti al notaio. Direttori di banca che messi a sedere per ragionare su una nuova pressa ti dicono: ma signor mio, le sembra il momento di fare investimenti?E quando se no, asino di un bancario. E ancora: signor mio, non ci sono pi i bei denari freschi di una volta come nelledilizia; adesso girano sempre quelli. Eccerto, perch il bancario bravo solo in mezzo alle bolle speculative? Perch la cosa insopportabile e frustrante di questa crisi che colpisce Limprenditore da manuale: quello che stava innovando, che stava investendo, che stava espandendo la propria attivit in attesa di ricevere un frutto futuro. Chi si stava comportando bene si trovato maggiormente vulnerabile perch finanziariamente pi esposto. E come se non bastasse chi aveva spinto sulla crescita allestero si trovato a dover fronteggiare una crisi di credibilit reale, non quella dei giornali. Concreta, perch ogni volta che ti siedi con un cliente estero questo ha due pensieri per la testa: la credibilit e la qualit del sistema paese che incorporata nel tuo prodotto e la nostra fama di cicale dEuropa, un po con le pezze al sedere tra mafia e corruzione. Non una polemica ma un duro dato di realt laffermare che nella gara con i nostri concorrenti ogni volta e in modo particolare in questo periodo partiamo con un grave handicap perch prima dobbiamo riguadagnare la credibilit persa non da noi e poi rincorrere chi nella gara gi in fuga. Tu al contrario sai con quanto impegno e con che qualit fatto il tuo prodotto, quanto ci hai investito insieme a quelli che lavorano con te. Quanto ingegno, quanta immaginazione e quanta speranza e quanta intelligenza, insomma quanta vita immateriale ci hai infilato dentro e proprio non ti va di vederlo svilito da una notte bollente con un paio di finte soubrette finita sui giornali del mondo. Perch qui sta lorigine della frustrazione degli imprenditori. Il nostro un mestiere difficile in un paese nel quale in troppi corrono a mettersi al riparo del mercato e della concorrenza. Al contrario noi viviamo la concorrenza come un dato di fatto con cui confrontarci individualmente ogni giorno. Non abbiamo reti di sicurezza, possiamo solo sperare di non sbagliare ad agganciare il trapezio e sappiamo che dipende da noi. Troppe cose sulle quali non abbiamo possibilit di intervenire complicano orribilmente il nostro lavoro. Troppe crisi nate per colpe non nostre peggiorano la nostra capacit di sopravvivenza. In una parola troppi errori altrui gravano sui nostri destini individuali. E allora non ce da meravigliarsi se con i nostri pregi e i nostri difetti mostriamo anche rumorosamente la frustrazione, la insoddisfazione e qualche volta il disgusto che ci colpisce quando la mattina entriamo in azienda. Combat ready ma molto, molto arrabbiati. *Imprenditore

Il calabrone Italia
di Luca Ferrini*
Gira, il mondo gira, recitava la celebre canzone. Gira tutto intorno a noi, cambia tutto, tutto si trasforma: tranne la politica italiana. Da ventanni e non interessa nemmeno pi di chi sia la colpa - si parla di riforme, intravvediamo rivoluzioni, si progettano revisioni costituzionali ma, di fatto, siamo fermi, immobili, pietrificati. Siamo seduti su uno sbilenco sgabello ad assistere ad un patetico tiro alla fune, con le due squadre che pretendono di vincere senza concedere un centimetro allavversario. Un gioco spossante ed inutile. E ci, perch - proprio come in una vera tenzone alla corda - i belligeranti non sono minimamente interessati alle fatiche ed alle sofferenze di chi li osserva. Per loro, lunico scopo vincere. Poco importa se per vincere occorre massacrarsi a vicenda. Di fronte ad un popolo che, se al principio della battaglia si mostrava interessato alle sorti dei paladini, oggi stanco, annoiato, disinteressato alla partita e a chi la vince. Quello che interessa che il match finisca presto, e che chi verr dopo preferisca lo strumento del dialogo allo scontro tra boxeur. Senza rinunciare alle reciproche differenze, ci mancherebbe, ma cercando un appianamento sul ring, non un k.o.. Viviamo in un Paese che, nonostante tutto, ancora tenta un cammino malfermo verso il sol dellavvenire. Cresciamo di percentuali sotto lunit, ma non siamo del tutto incagliati. Alcuni economisti stranieri ci guardano con occhio incredulo. Sono arrivati a paragonarci ad un calabrone. Animaletto curioso, troppo pesante rispetto alla propria apertura alare, ma che, ciononostante, riesce a volare, sfidando la gravitazione universale. LItalia un calabrone: vola, o meglio, svolazza, ma nessuno capisce perch. Il perch, tuttavia, c, eccome se c. E dato dalla vastit, sottovalutata da tutti i commentatori (forse per involontaria carit di Patria), del sommerso, dellodiato quanto miracoloso nero. Imprenditori (piccoli, soprattutto), artigiani, commercianti, ristoratori, barbieri, avvocati, professionisti in genere, insegnanti di ripetizione, colf, badanti, locatori, baristi, fruttivendoli, panettieri, costruttori edili, e chi pi ne ha pi ne metta: tutti (o quasi) sopravvivono grazie al non dichiarato. Ma non giusto. Anzi, da paese sottosviluppato. Ogni volta che non chiediamo o non emettiamo la fattura, dovremmo sentire un piccolo scricchiolio, un crack, come se la Penisola si staccasse un pezzettino di pi dal resto dEuropa. Ecco perch serve, pi urgente di tutte le altre, una seria riforma del sistema fiscale, basata non sulla mannaia dellaccertamento tributario (o, meglio, non solo), ma sulla sensibilizzazione al problema attraverso la strategia del conflitto di interesse: il cittadino, ora, non ha interesse ad insistere per lo scontrino. Facciamo in modo che ce labbia, consentendogli sgravi fiscali, anche di poco conto. Avremo un inaspettato abbattimento dellevasione, a tutto vantaggio della legalit. Poi, la riforma istituzionale. Non solo elettorale, proprio istituzionale. Da oltre tre lustri, sistema elettorale (nonostante la cosmesi) e architettura costituzionale viaggiano su binari separati. Non possiamo mantenere un esecutivo imperniato sulla fiducia parlamentare e, nel contempo, guardare con invidia al bipartitismo americano. Che ce ne facciamo delle consultazioni e dei poteri del Presidente della Repubblica se il nome del premier lo troviamo gi scritto sulla scheda elettorale? Ancora. Ragionare in termini maggioritari significa essere disposti a sacrificare un pezzetto di democrazia (lasciando in disparte le minoranze pi piccole) sullaltare di una pi rapida e sicura governabilit. Ma, allora, di due Camere che fanno (e disfano) le stesse cose, cosa ce ne facciamo? Un bel nulla. Con ci, non intendiamo esprimerci sul mito della splendida governabilit del sistema maggioritario. Per carit. Ci limitiamo solo a segnalare che, attualmente, il Belgio privo di un Governo legittimato da una maggioranza parlamentare da oltre 450 giorni. I dati lo confermano: il piccolo regno non mai cresciuto economicamente in maniera cos rapida come negli ultimi due anni. Sono state approvate riforme (anche impopolari) che languivano da decenni in Parlamento. Lassenza di un Governo forte nessuno se laspettava - ha creato le condizioni per un confronto costruttivo allinterno dellorgano legislativo. Come mai? Si dir: ma i Belgi non sono gli Italiani. Noi siamo un popolo da deus ex machina, vogliamo linterprete della Provvidenza, un uomo solo al comando. Sar, ma mi vengono in mente due immagini. La foto pi famosa del ciclismo: che non quella di un eroe trionfante al traguardo ma quella di Coppi che passa la borraccia a Bartali (o viceversa, non s mai saputo). E un dato obiettivo: lItalia, dal dopoguerra a met degli anni settanta, ha raggiunto le prime cinque potenze mondiali. Ed erano gli anni della guerra fredda, del pentapartito e dei governi balneari. Si dir ancora: ma la classe politica postbellica era unaltra cosa. Vero. Ma non era diversa solo nella cultura e nel calibro morale, era diversa anche nellatteggiamento verso lavversario politico. Cera una preclusione a sinistra, ma con la sinistra si dialogava. Il rispetto reciproco, almeno ai vertici della politica, non mancava mai. Non si guardava dal buco della serratura nellalcova delluno o dellaltro, si badava a migliorare le condizioni di lavoro, di vita, di produzione. Il PIL cresceva e la gente stava meglio. I padri intravvedevano un futuro pi roseo per i propri figli. E ancora cos? Oggi, i figli spendono i soldi dei padri. Alcuni addirittura quelli dei nonni. Ma il pozzo non senza fondo. Eppure abbiamo un sistema maggioritario e governi quasi stabili da oltre quindici anni. Come mai? Semplice. Il meccanismo di elezione dei Governi non ha agevolato il confronto politico. Tuttal contrario, ha trasformato ogni potenziale accordo tra le forze in campo in un osteggiato inciucio (ricordiamo la Bicamerale?), ha dato al dialogo una connotazione negativa, trasformando lavversario da competitore rispettabile in hostis publicum: un nemico da abbattere. Assistiamo da un ventennio ad un braccio di ferro continuo e svenevole. Guai a votare o a collaborare ad una proposta altrui. E tutto fermo. Occorre scardinare lattuale sistema tendenzialmente bipartitico, che solo guai e povert, morale e materiale, ha portato al nostro Paese. *Consigliere comunale

Per il 150 dell'Unit d'Italia. Dal libro Risorgimento laico di Massimo Teodori

E' finito lo spirito laico?


A centocinquantanni dall'unit d'Italia, cosa rimane dello spirito laico, colonna portante del Risorgimento? Molto poco- a me pare -, per non dire nulla. Il discorso del presidente Giorgio Napoletano alle Camere del 17 marzo 2011 ha rammentato agli italiani quanto sia ricco il patrimonio di libert, democrazia e laicit della nostra Italia che si andata sviluppando dal 1861 a oggi. Ma raramente, nelle aule parlamentari di Montecitorio e Palazzo Madama, si sono ascoltati nelle ultime stagioni interventi ispirati da altrettanta passione morale e consapevolezza storica. L'incidenza dello spirito laico, essenza della democrazia liberale, nelle istituzioni del nostro paese praticamente ridotta a zero. Mai nella storia unitaria, n nell'Italia liberale, n in quella repubblicana e perfino nel regime fascista, si avuta una legislazione sui diritti individuali (nascita, morte, sesso, ecc.) cos conformista e controriformista. Ne portano la maggiore responsabilit le forze del centrodestra berlusconiano che non hanno mai nascosto la loro opportunistica sudditanza alle gerarchie ecclesiastiche; ma ne sono altrettanto responsabili, anche se in misura minore, le forze di centro-sinistra che non hanno mai considerato i temi laici meritevoli di interesse. Un dibattito culturale fine a se stesso, senza traduzione in istituti normativi validi per l'intera comunit nazionale, rischia di divenire sterile compiacimento di idee. Certo oggi, in Italia, non mancano importanti sedi accademiche, giornalistiche, festivaliere - in cui si discutono i problemi riguardanti la laicit, vale a dire le regole etiche della nostra vita personale e sociale. Ma non appena volgiamo lo sguardo, oltre la parola e la pagina scritta, verso le sedi in cui si decidono i percorsi della nostra vita, ci troviamo nel deserto. Man mano che ripercorriamo la storia della Repubblica, ci rendiamo conto del progressivo consumo dello spirito laico in ogni sua autentica declinazione. Le forze laiche, sulle cui gambe in passato le idee sono divenute leggi, si sono andate esaurendo sotto gli assalti degli avversari e i limiti dei propri sostenitori. Ai radicali di Marco Pannella va il merito di avere risollevato le bandiere laiche portandole negli anni Settanta al successo di importanti diritti civili; salvo poi isterilirsi in un settarismo narcisistico senza alcuna funzione politica. Con la crisi del 1992-93, sono scomparse le forze laiche e socialiste che, pur se moderatamente, avevano ostacolato il dilagare dell'influenza clericale. I due grandi partiti della cosiddetta posticcia seconda Repubblica - i postdemocristiani a destra e i postcomunisti a sinistra pur proclamandosi a parole liberali hanno nei fatti seguito una politica illiberale e anti-laica: in maniera spudoratamente clericale i berlusconiani, e in maniera ipocritamente compromissoria i democratici di sinistra. La legislazione codina dell'ultimo ventennio ne fa abbondantemente fede. Dobbiamo, dunque, ritenere che lo spirito laico risorgimentale, in mancanza di significativi interpreti politici, e definitivamente scomparso? Se cosi fosse, la nostra civilt entrerebbe nel tunnel oscuro del fondamentalismo.

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Incontro con Paolo Lucchi, Sindaco di Cesena

Occorre un sistema Romagna. Un modello nuovo di welfare


Dovremo fronteggiare non solo oggi, ma per molto tempo la situazione pessima della nostra finanza pubblica. I Comuni ne risentiranno alquanto. Non baster protestare contro i tagli anche se non si deve accettare pedissequamente nulla. Occorrer mettere mano dentro il merito dei bilanci e delle scelte. Cultura politica vuole che di innovazioni nelle nostre amministrazioni ve ne bisogno da tempo. Loccasione di quelle che rende di necessit virt. Se non si messa in campo in altri tempi adesso una necessit non procrastinabile. Veniamo allora a Cesena. Quali le linee strategiche innovative per fronteggiare il presente e soprattutto per pararsi verso il futuro? Le considerazioni del tuo collega forlivese sullaccorpamento dei comuni minori, sulla necessit di un nuovo ente intermedio di governo del territorio per le questioni che sono dirimenti solo in un ambito di area vasta, come sono da te viste ed affrontate? Confesso che non riesco ad appassionarmi alle discussioni di ingegneria istituzionale. E un limite, lo so bene, soprattutto poich tanti Roberto Balzani, ma non solo lui - in questo momento paiono dedicarsi quotidianamente alle ipotesi di soppressione delle Province, alla Provincia unica romagnola, alla Regione Romagna....... A me, invece, in questa fase cos difficile per la nostra economia, che definire di emergenza non certo eccessivo, pare pi utile per le donne e gli uomini dei nostri territori concentrarsi sulla costruzione di prospettive reali per il nostro tessuto sociale e produttivo, sulla nostra rete di servizi, che dedicarsi a schemi creati a tavolino. Ma non mi sottraggo naturalmente al tema e, entrando nel merito della proposta di dar vita a ununica provincia romagnola, ne comprendo anche la logica. Che per non mi persuade. Non mi sembra, infatti, che con la stessa si metta in campo un risparmio significativo da un punto di vista gestionale ed organizzativo (sicuramente rimarrebbero invariati, ad esempio, i costi del personale, prevalenti per ogni emanazione periferica dello Stato) mentre temo che le complicazioni sarebbero maggiori dei problemi che si vorrebbe risolvere in questo modo. Questo non toglie che sia utile anzi, indispensabile! un maggior coordinamento territoriale a livello romagnolo, in particolare su temi strategici come quelli della sanit, dei trasporti e della logistica, delle fiere e della cultura, spingendo in modo ancora pi deciso sulle politiche di area vasta che abbiamo gi avviato, ma che possono e devono essere ulteriormente sviluppate. Il tema allora diventa quello di un coordinamento vero, certo, codificato, tra i Comuni. Proviamo a ragionare di questo, a costi invariati (e cio senza nuove strutture formali) ed a Province superate, come ormai mi pare essere stato acquisito da tutte le forze politiche. difficile prescindere da questo quadro ed ambito se si vuole affrontare questioni come logistica, infrastrutture, viabilit ed altro ancora. Oltre al tema di dibattito riformista il punto anche come si deve fare adesso. Che ne pensi? La Romagna deve agire come un sistema unico. Ed in fretta. Su un tema di fondo, per bene essere chiari: su questa premessa, in teoria, siamo tutti daccordo, pronti per a cambiar idea quando il dominus non siamo noi stessi o il nostro territorio. Molti dei confronti di questi mesi (ultimi quelli su Aeroporti e Fiere) lo dimostrano concretamente. E un errore gravissimo e dimostra una miopia congenita di una parte della politica ma anche del mondo associativo. Personalmente non misurer mai la valenza di un progetto strategico di unione delle forze in ambito romagnolo, sulla base della prevalenza di Cesena rispetto a Ravenna, Rimini, Forl. Per esempio, se saremo abbastanza bravi come spero - da pensare in fretta ad unAzienda sanitaria unica della Romagna, utile a garantire la tenuta del nostro sistema dei servizi per i cittadini, riducendo i costi amministrativi gi contenuti delle attuali quattro aziende, non esprimer il mio parere pensando alla sede principale della struttura. E lo stesso far se riusciremo a gestire insieme settori importanti come quello fieristico, culturale, sportivo, dei trasporti, della logistica, solo per limitarmi a temi che stiamo concretamente affrontando da qualche mese. In questo momento cos difficile per il Paese, nel quale siamo chiamati non solo a sacrifici ma anche a riarticolare il ruolo delle Istituzioni, i rapporti tra i territori, a guardare avanti, a me piace pensare che la politica possa ridiventare finalmente coraggiosa e, utilizzando lo stesso spirito che anim uomini di qualit come Giorgio Zanniboni per Romagna acque, debba riprendere a sognare anche le cose non facili. Tra queste vi sono senza dubbio le scelte che dovranno rapidamente, senza indugi portarci a concretizzare un sistema Romagna che abbia come priorit i servizi per i cittadini e le imprese e non invece la semplice difesa dei campanili. La situazione tale che richiede sforzi comuni o il pi possibile condivisi e partecipati. Non certo la miglior palestra per gli scontri delle tifoserie politiche contrapposte. E neppure a Roma come ovunque, per stare chiusi in qualche sorta di autoreferenzialit che non strumento per fronteggiare i tempi che ci sono davanti. A Cesena c un dibattito aperto. C anche spirito di collaborazione. Che seguito darete a questo dibattito? Sono possibili innovazioni anche politiche come effetto di collaborazioni programmatiche e sul piano di governo locale? Su quali temi si possono verificare possibili innovazioni e quali invece permangono separati e tali da non consentire mutamenti nella situazione politica locale? La situazione difficilissima, chiunque abbia buonsenso non pu negarlo. Io credo che la strada da percorrere sia prima di tutto quella del federalismo, per restituire a Comuni e Regioni sobri e virtuosi un maggior quantitativo delle risorse prodotte dai loro territori, riconsegnando cos ai cittadini, in termini di opere pubbliche e servizi, parte delle tasse che hanno pagato allo Stato. Oltre a ci va chiarito il quadro rispetto alle tariffe dei servizi a domanda individuale che, per esempio, a Cesena coprono il 57,39% dei costi sostenuti dallente locale. Come fare, quindi, - in attesa di un Federalismo piu volte annunciato ma, nei fatti, negato da tutte le scelte compiute dal Governo in questi mesi estivi - per non tagliare servizi indispensabili ed ai quali ci siamo, giustamente, abituati ma che comunque andranno fatti pagare di pi rispetto al passato? Noi da un anno abbiamo scelto di rimodulare la partecipazione degli utenti ai costi dei servizi chiedendo a chi ha di pi di contribuire di pi, sulla base di un principio di equit. E nato cos, dopo un ampio confronto con le forze sociali, il quoziente Cesena che, attraverso il

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Incontro con Paolo Lucchi, Sindaco di Cesena

Occorre un sistema Romagna. Un modello nuovo di welfare


ricorso allIsee, tiene conto non solo dei redditi, ma anche del patrimonio e della composizione dei nuclei familiari. Su questi due temi va aperto un confronto vero, fatto di numeri certi, esame dei bilanci, attenzione ai bisogni reali dei cittadini. Questo confronto, su basi serie e concrete, noi labbiamo gi avviato con i primi incontri con le organizzazioni sindacali e le associazioni imprenditoriali e contiamo di andare avanti su questa strada, nellauspicio di poter contare sullapporto costruttivo di tutte le forze presenti in Consiglio comunale. Penso, in particolare, ad una "competizione di idee" capace di dividere la nostra rete partitica, associativa, della rappresentanza, non sulla base dei vecchi schemi paraideologici attuali, ma tra chi ha voglia di costruire una passerella verso il nuovo mondo al quale, inevitabilmente siamo destinati e chi, invece, ha paura di questa prospettiva. Le donne e gli uomini, i Partiti, che non avranno paura di percorrere quella passerella, saranno parte della Cesena che cambia, nellambito di una inevitabile scomposizione di una parte degli schemi attualmente consolidati. Gli altri, di quella che guarder semplicemente con nostalgia al passato. Piano strutturale; riforma del welfare; burocrazia e tempi amministrativi; parcheggi e soluzioni per il centro storico; un rapporto delle istituzioni con i cittadini pi aperto meno partiticizzato (perch cos molti lo sentono in verit) sono temi che possono fare la differenza fra oggi e domani, fra questa situazione e una nuova situazione pi appropriata a fronteggiare tempi onerosi e cambiati. La storia recente della nostra parte d'Italia - di Cesena cos come dell'intera Emilia-Romagna - costruita sulla capacit di difendere e tutelare gli interessi dei cittadini, ma nell'ambito di un progetto di sviluppo complessivamente condiviso, senza infingimenti, dagli amministratori pro tempore della cosa pubblica e con loro dalle forze politiche, dalle rappresentanza sociali e da quelle imprenditoriali. A me pare prioritario il confronto su un modello nuovo di welfare, capace per di partire sempre dalla difesa ad oltranza di quei servizi che giusto definire "'identitari', perch costituiscono una parte rilevantissima della nostra qualit della vita: quelli in campo scolastico, sociale e sanitario. E, allo stesso tempo, avere ben chiaro che riuscirvi garantir giuste aspettative di vita a coloro che stanno pi subendo le conseguenze di questa durissima crisi economica, che noi stiamo combattendo anche con una sempre maggior attenzione ad una doverosa lotta all'evasione fiscale, ormai entrata nel DNA motivazionale dell'amministrazione comunale di Cesena. Ma poich la considerazione contenuta nella domanda giusta e condivisibile, naturalmente non ci dovremo occupare solo di questo. Nel frattempo, sar bene ragionare anche del modello di sviluppo della nostra citt e del suo volto da qui ai prossimi 20 anni. Mi permetto, per, di suggerire una chiave di lettura di carattere pi generale: bene che decidiamo cosa fare in merito ai temi riguardanti il centro storico, il traffico ed i parcheggi (ricordo che negli ultimi due anni con le iniziative partecipate Al centro dellultimo chilometro abbiamo esploso le scelte contenute nel Piano di mandato dellAmministrazione ma anche ascoltato ed accettato oltre l80% delle proposte giunte in proposito dai cittadini) o la burocrazia (il 2010 stato lanno che ci ha visti assumere ben sette dipendenti giovani e di alto livello professionale nellambito del settore delledilizia e questo ci ha portati, in questo primo anno di piena operativit di una struttura controllata da un Assessore capace e preparato come Orazio Moretti, a passare da Comune indicato come esempio di lentezza ad essere, con dati numerici inconfutabili, a Comune che le stesse Associazioni dimpresa, ultima la Confartigianato, invitano a diffondere ad altri il proprio modello organizzativo), ma decidendo prima tutti i passaggi che ci consentiranno di passare da una partecipazione dei cittadini codificata solo attraverso le strutture di rappresentanza tradizionali (Partiti ed Associazioni) ad una fase capace di costruire anche strumenti di approccio diretto. Penso alla delibera approvata il 30 agosto dalla Giunta e proposta al voto del Consiglio comunale, che avvia un nuovo metodo di confronto sulle Societ partecipate (Hera, Atr, Romagna acque, tra le altre) e che avvia la costituzione di un Comitato utenti citt di Cesena il cui scopo sar di monitorare in modo ampio e diffuso landamento dei servizi ed il livello di soddisfazione dei cittadini. Una piccola rivoluzione! Posso permettermi una sintesi? Ragioniamo dei grandi temi e decidiamo la Cesena del futuro, ma facciamolo attraverso una partecipazione pi ampia, aggiornando il nostro modo dessere attuale ed utilizzando al meglio le tecnologie che ci hanno cambiato la vita! C grande fermento nella politica, a destra come a sinistra, segnali cospiqui adesso e da tempo, anche con le ultime elezioni parziali. Domani difficilmente sar tutto come oggi. Come pensi di affrontarlo, quale sbocco ne vorresti favorire, in quale direzione ritieni di muoverti? In parte dicevo gi sopra come questo fermento che naso quotidianamente nel rapporto con i cittadini, grazie alle oltre 4.000 mail che mi giungono annualmente e fermandomi per strada con chiunque lo chieda declini per tutti un nuovo approccio con la partecipazione. Qualcuno lo sta subendo e certo la crisi didentit innegabile che attraversa i Partiti del centrodestra (il Pdl a me pare vivere gi anche a Cesena la fase post berlusconiana e certo la Lega nord l a chiedersi come superare un modo dessere da partito di lotta e di governo che gli italiani stanno guardando con sempre pi malessere) non pu essere consolante per i Partiti del centrosinistra che hanno bisogno di uscire da un approccio fatto di forzature (le Primarie come mezzo ma anche come fine, leccessiva personalizzazione degli approcci, la divisione forzata tra generazioni) che rendono meno percepibile la capacit di alternativa reale. Forse a Cesena possiamo fare meglio di quel che sta accadendo nel resto dItalia. Possiamo provare a parlare dei problemi della gente, uscendo dagli schemi e dando spazio ad un modo antico ma non vecchio di far politica che a me, avendolo vissuto per ragioni anagrafiche, piace ancora molto. Per antica intendo una politica che non si fa dettare i tempi dai giornali e dai comunicati stampa, che studia e si prepara, che prevede elaborazioni progettuali da parte dei Partiti ma coinvolgendo professionisti, associazionismo, societ civile, che una volta deciso un approccio ad un tema investe sullo stesso misurandosi e, magari, raggiungendo a partire dallo stesso, anche accordi politici duraturi. Spero, mi auguro, che i Partiti del centrosinistra cesenate, ma che il Pri, lUdc, quella parte di Pdl che sta provando ad elaborare il lutto per il post berlusconismo, siano pronti a questa sfida. Io personalmente, operer in questa direzione, sapendo bene che la stessa anche indispensabile per garantire pi spazio a quel ricambio generazionale che a Cesena, in politica, pu avvenire senza traumi, poich gi oggi molti dei nostri Partiti possono contare sullapporto di ragazze e ragazzi preparati, appassionati, non frutto solo di una logica di cooptazione che oggi bene spazzare via con molte delle abitudini del passato. Denis Ugolini

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Sostenere l'imprenditorialit diffusa


di Massimo Balzani*
La crisi generale non sembra certo superata ed i timidi segnali di ripresa non trovano quel minimo consolidamento che uno dei fattori indispensabili per lo sviluppo. In questo contesto il territorio della provincia di Forl-Cesena presenta segnali di solidit e capacit di reazione imprenditoriale in grado di sostenere meglio di altri il confronto della concorrenza, anche di quella mondiale. Anche qui non ci sono realmente settori fuori dalla crisi e neppure imprese che abbiano recuperato in modo stabile gli ordini ed il fatturato raggiunti nel 2008, eppure sono presenti segnali che incoraggiano a ritenere che la laboriosit ed il livello professionale raggiunto da alcune imprese, quelle meglio strutturate e, di solito, internazionalizzate, faccia ben sperare in questo territorio anche per il futuro. Si spiegano con questo gli indicatori in controtendenza che ha presentato la Camera di Commercio di Forl-Cesena nellindagine congiunturale manifatturiera riferita al II trimestre 2011, dalla quale emerge la tendenza al miglioramento della produzione e del fatturato, in lieve recupero a Forl-Cesena da ormai quasi un anno, mentre il dato nazionale negativo. Siamo per, come gi ricordato, ancora lontani dal raggiungere i migliori livelli del 2008. C da notare inoltre che i dati della CCIAA confermano che in Provincia di FC il recupero di ordini sostenuto pi dalla domanda interna che da quella estera, a dimostrazione del fatto che molte imprese di questo territorio sono state in grado di battere la stessa concorrenza italiana; purtroppo sacrificando i propri margini di profitto. Le nostre imprese sono state spinte dalla volont di resistere e sopravvivere, pi che dalle possibilit di concorrere e fare utili tramite innovazione ed aumento della produttivit. Si spiega cos anche il fatto che in tutti i settori ci siano aziende costrette a fare ricorso agli ammortizzatori sociali (Contratti di solidariet e Cassa Integrazione guadagni ordinaria, straordinaria ed in deroga, con indici in calo rispetto allo scorso anno, ma ancora molto pesanti) e, purtroppo, imprese che riducono il personale ed altre che chiudono (in numero decisamente inferiore al dato nazionale, ma comunque tali da suscitare molta preoccupazione). evidente che in questo contesto il sistema bancario e creditizio locali siano sottoposti ad una forte richiesta di interventi, spesso difficili e, purtroppo, di norma senza che le banche abbiano a disposizione indicatori che permettano loro di distinguere le iniziative disperate da quelle effettivamente volte a superare problematicit puramente contingenti. Ne consegue purtroppo una difficolt di accesso al credito per molte delle imprese locali, penalizzate dal rating imposto da Basilea 2 e 3 e dai tassi di interesse resi insostenibili dalla debolezza della economia italiana rispetto agli stessi partner europei. Inoltre il crollo della domanda globale e linesistenza di politiche governative di sostegno ai consumi interni e a favore dei redditi medio-bassi, continuano a provocare un abbassamento dei consumi delle famiglie italiane (intaccandone pesantemente la capacit di risparmio) e a colpire, di conseguenza, duramente lindustria, anche locale. Liniziativa degli imprenditori pi volenterosi e intraprendenti, che anche di recente la stessa presidente di Confindustria Emma Marcegaglia sintetizzava con la frase costretti a fare da soli, non destinata ad avere successo se non sar invece suffragata dallintervento di tutte le componenti: governance, Pubblica Amministrazione, Istituti di credito e da un aumento dei consumi. La crisi economica mondiale che stiamo attraversando chiede a tutti, e in particolare a chi governa e alle Pubbliche Amministrazioni, di mettere in campo nuove ed efficaci strategie per far fronte alle difficolt del momento con una progettualit che guardi al futuro, superando abitudini consolidate e riducendo il peso della burocrazia, semplificando ovunque sia possibile per lasciare spazio alla migliore intraprendenza. Intensificando, semmai, ogni tipo di controllo che non richieda ulteriori adempimenti alle imprese a questo solo fine. Anche nel senso della semplificazione delle procedure burocratiche la Provincia di Forl-Cesena vede diversamente impegnati i Comuni del territorio, con iniziative positive e con risultati eccellenti al confronto con gli altri Comuni italiani e anche della stessa Emilia-Romagna. Questi successi, come quelli sullinformatizzazione delle pratiche nel Comune di Cesena, solo per citare un buon esempio, sono rivolti nella giusta direzione, ma ancora molto lontani dal rendere possibile alle imprese la tranquillit nella programmazione, come accadrebbe invece se fossero certi i divieti (e i controlli) e quel che non vietato fosse consentito. Pi in generale, per modificare rapidamente il contesto negativo che vede lItalia da molti anni in costante rallentamento rispetto alle altre economie europee, non si tratta di fare semplici aggiustamenti, anzi, questa crisi potrebbe e dovrebbe costituire un acceleratore di cambiamenti strutturali. La recente manovra approvata dal Governo italiano tutta indirizzata al raggiungimento di indici di bilancio sostenibili nel contesto internazionale, indispensabili a consentire allItalia la permanenza tra le grandi potenze industriali, mantenendo altres il proprio importante ruolo propositivo in Europa, che in passato fu trainante. Manca invece, come gi da molte parti segnalato, un concreto intervento per la crescita economica, occorre in particolare alimentare i c.d. motori dello sviluppo che sono le imprese e i giovani. Per le imprese occorre intervenire riducendo il deficit dello Stato, tagliando la spesa pubblica improduttiva e le spese inutili di rappresentanza (scegliendo di far sopravvivere e finanziare quelle che possono promuovere il Paese), investendo per sostenere nuove infrastrutture cantierabili e per sostenere il settore edile, oggi in grave crisi, liberalizzando il lavoro e riducendo la presenza pubblica nei settori non strategici e, non ultimo, riducendo il gravame sul costo del lavoro che lo rende alto per limpresa a fronte di una retribuzione netta troppo bassa per i lavoratori. In cambio di questi interventi Confindustria ha gi dichiarato

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Come sostituire S.A.PRO.?


di Giovanni Torri*
S.A.PRO., Societ per lo sviluppo delle Attivit produttive sul territorio della Provincia di Forl-Cesena fallita in dicembre 2010. notizia di pubblico dominio, lesistenza di un procedimento penale da parte della Procura della Repubblica di Forl sui fatti accaduti in passato, procedimento di cui attendiamo lesito. Mi propongo di intervenire, invece, per stimolare alcune considerazioni sul futuro delle iniziative economiche sul territorio provinciale dopo che S.A.PRO. non pi operativa. Il fallimento di S.A.PRO., infatti, sembra avere fatto naufragare anche gli obiettivi che questa societ avrebbe dovuto perseguire, mentre sono convinto che lesperienza avesse intenti che erano apprezzabili allora e che lo sarebbero tuttora. Soci di S.A.PRO. erano esclusivamente Pubbliche Amministrazioni, che si erano date lo scopo di favorire lo sviluppo economico ed imprenditoriale della Provincia di Forl-Cesena affrontando la problematica delle infrastrutture necessarie agli insediamenti produttivi attraverso la creazione di una apposita Societ, capace di fornire alla P.A. ed ai privati un interlocutore preparato, certo e unico. In questo modo si forniva, a chi intendeva proporre un nuovo insediamento, la sicurezza di poter unire il proprio interesse ad ottimizzare linvestimento produttivo con la programmazione pubblica territoriale, agevolando la raccolta
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delle informazioni utili alla nuova programmazione e, quindi, utile a disporre di strumenti di Pianificazione Pubblica migliori. Queste esigenze sussistono ancora e la Programmazione delle aree artigianali e industriali resta difficile per tutte le P.A., tanto pi se dovr svolgersi attraverso le iniziative ed il personale della Provincia e dei singoli Comuni di volta in volta interessati, anche in concorrenza tra loro. Certo la stessa cosa accade anche in quasi tutte le altre Province italiane, ma S.A.PRO. rappresentava una possibilit di risolvere in modo migliore questo tipo di problemi. Purtroppo, oggi, alla luce di ci che successo dobbiamo pensare a qualche cosa di diverso perch non possiamo permetterci di lasciare alla sola speculazione immobiliare questo importante settore a discapito dello sviluppo produttivo della nostra Provincia. Gli industriali di Forl-Cesena sono disponibili a fare la propria parte nel ricercare una soluzione al problema consapevoli della difficolt del momento. S.A.PRO S.p.A. una Societ per azioni con capitale sociale pari a 4.540.800i.v. diviso in 880.000 azioni nominative ed ordinarie da 5,16 cadauna. I soci di S.A.PRO sono: Comune di Forl 33% Comune di Cesena 33% Comune di Bertinoro 6% Comune di Forlimpopoli 6% Camera di Commercio di Forl-Cesena 5,9997% Provincia di Forl-Cesena 16% Comune di Galeata 0,0001% Comune di S.Sofia 0,0002%.
*Presidente Confindustria Forl-Cesena

Sostenere l'imprenditorialit diffusa


la disponibilit degli imprenditori a sostenere anche nuove imposizioni fiscali. Per i giovani va detto che questo territorio sembra proporre qualcosa di pi che in passato. Voglio rammentare la recente iniziativa svoltasi a Forl nelle scorse settimane sulla Innovazione Responsabile, che ha mostrato lesistenza di imprese fatte da giovani e giovanissimi imprenditori locali, con proposte e progetti inaspettatamente numerosi ed interessanti, che hanno potuto confrontarsi tra loro e con professori ed esperti di fama mondiale. Voglio altres ribadire limportanza per il territorio dellinsediamento Universitario, che rappresenta ormai una realt acquisita, sia con riferimento ai giovani, sia rispetto alle attivit pubbliche ed economiche, sebbene lateneo soffra, anche qui, di una difficolt di intesa col mondo produttivo. Infatti, lapporto culturale degli studi universitari indispensabile per le industrie, che potrebbero trovare nella ricerca universitaria soluzioni tali da consentire un indubbio vantaggio competitivo, mentre lUniversit dovrebbe riconoscere lesigenza di innovazione proveniente dalle imprese manifatturiere. Esigenza di innovazione di prodotto e di processo, che trova spesso una risposta teorica e solenne dallUniversit, mentre ci si aspettano soluzioni rapide e concretamente realizzabili e, soprattutto, compatibili con le risorse economiche disponibili in loco (anche a questo proposito, per sottolineare che anche questo un problema risolvibile, vogliamo rammentare lesperienza molto positiva rappresentata a Forl da Romagna Innovazione). Agli industriali locali assegnato il compito di continuare a credere nella propria attivit, superando le attuali difficolt e mantenendo alto il valore del lavoro, riqualificando il prodotto, se necessario e proponendosi anche allestero. La realt economica esistente fino al 2008, probabilmente non torner pi, il futuro sar diverso e non necessariamente peggiore. Questi imprenditori e le loro imprese non hanno nessuna garanzia di potercela fare, ma sono abituati a rischiare e a vincere le proprie sfide. Questo territorio ha sempre trovato, specie nei momenti pi difficili, la propria capacit di reazione fondandola sulla laboriosit di tutti e su individualismi con caratteristiche di ostinazione ed irriverenza che potrebbero, anche in questo caso, rivelarsi condizioni culturali vincenti, se indirizzati verso un recupero di competitivit e, magari, in proposte per nuovi mercati. Occorre trovare ragioni di aggregazione, superando i limiti della piccola dimensione delle nostre imprese, mantenendo la grande ricchezza che deriva dalla imprenditorialit diffusa e dalla cultura di reciproco scambio di informazioni che, in questi periodi, sono caratteristiche invidiabili.
*Direttore Confindustria Forl-Cesena

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Al Sindaco interessano le idee?


di Luigi Di Placido*

La situazione politica nazionale, dalla quale tanti spunti di riflessione si possono trarre, indica con chiarezza un dato: gli schieramenti non esistono pi. Essi sono mantenuti forzatamente in vita per interesse e per incapacit, ma di fatto non esistono pi: prova ne sia la disgregazione conclamata dei due grandi schieramenti presenti in parlamento, cosa che dovrebbe far riflettere criticamente sui risultati che il maggioritario italiano in salsa amatriciana ha prodotto in questi ultimi 20 anni. Se questo , e ne sono convinto, ne discende che, anche a livello locale, sia necessario parlare sempre meno di schieramenti e sempre pi di idee, di programmi, di contenuti. Provenendo dalla tradizione politica che ha sempre messo i contenuti al centro del proprio agire, su questo aspetto che ritengo si debba sviluppare e raffinare il confronto nella nostra citt. Per questo motivo mi permetto di chiedere al Sindaco Lucchi: ti interessano le idee? O intendi continuare a ragionare solo in base agli schieramenti, magari quelli praticamente imposti da Bologna? Sulle idee ci si pu confrontare, sugli schieramenti molto pi difficile, visto lo scarso appeal e l'arretratezza che riconosco all'argomento. Sfrutto la preziosa occasione che Energie Nuove mi concede per ribadire al Sindaco la domanda di cui sopra, che gli gi stata posta ma che non ha ancora ricevuto degna ed esaustiva risposta. Noi Repubblicani abbiamo una grande fortuna: nella nostra delicata situazione nazionale e quindi locale non abbiamo equilibri o interessi personali di cui tenere conto, e questo ci lascia totalmente liberi di affrontare i problemi per quello che sono, e non per quello che ci conviene di pi. Ecco perch ribadisco al Sindaco la disponibilit dei Repubblicani a sedersi attorno ad un tavolo ed approfondire alcune grandi questioni del nostro territorio, chiarendo tuttavia che questa disponibilit non dura all'infinito, perch non l'infinito l'orizzonte entro il quale affrontarle. Pochi temi chiari, con soluzioni chiare. Ci fosse condivisione sulle soluzioni, ci potrebbe essere la necessaria e conseguente assunzione di responsabilit da parte nostra, cos non fosse sapremmo qual' il lavoro da fare nei prossimi anni. Cito dal documento finale dell'ultimo Congresso dei Repubblicani cesenati: "Provarci, dunque, ragionando degli aspetti che per i prossimi 10 anni possono mutare il volto e la vita della nostra citt, suscitando l'ascolto, l'attenzione ed anche il coinvolgimento delle parti pi attente ed interessate al futuro della citt. In questa nostra realt la migliore cultura amministrativa non riuscita a manifestarsi prescindendo dal coinvolgimento della tradizione repubblicana: un rapporto complesso, talvolta difficile, ma foriero di politiche lungimiranti. Per questo motivo, i repubblicani cesenati devono avere la

capacit ed il coraggio di proporsi all'attuale quadro politico locale, anche all'attuale Sindaco, con un atteggiamento estraneo allo schematismo degli schieramenti contrapposti e della obsoleta divisione destra-sinistra, basato su pochi e importanti contenuti: una politica amministrativa volta alla trasparenza e al superamento della burocrazia imperante, capace di forte tensione programmatoria; il concreto approfondimento della potenzialit del polo logistico; un complesso di importanti modifiche al sistema del welfare, capaci di razionalizzarne la struttura; il rilancio della vita commerciale e imprenditoriale della citt e del suo centro storico, con lobiettivo di creare nuova ricchezza; un rinnovato protagonismo culturale, con laccentuazione della vocazione turistica del territorio." Sviluppo, innovazione, integrazione: con questi tre sostantivi si potrebbe sintetizzare la nostra visione degli anni a venire, sulla quale siamo disponibili a metterci in gioco. Non amiamo la presunzione e neppure la tuttologia, per questo ci limitiamo ad alcuni fondamentali argomenti, convinti che essi siano il discrimine tra la crescita auspicabile e l'immobilismo che rischia di attanagliare il futuro delle nostre realt. Politiche sanitarie e di assistenza, burocrazia, sviluppo economico declinato nei suoi aspetti chiave (snellimento, logistica, centro storico, cultura e turismo): da questi argomenti non si pu prescindere, e su di essi occorre concentrarsi. Le sfide che ci attendono sono di portata epocale: l'idea di Area Vasta, inizialmente riferita solo alla sanit diventer sempre pi il principio con il quale affrontare tutti i grandi temi legati al nostro territorio. Questo, ovviamente, comporta uno sforzo politico e progettuale oltre la norma, in quanto le scelte vanno pensate in un'ottica di integrazione non pi procrastinabile e che obbliga a scelte lungimiranti e coraggiose, pena il ritrovarsi ai margini dello sviluppo. Proprio dalle colonne di questa rivista partita la prima seria ed argomentata analisi sulla ineludibile necessit di fare sistema, partendo da un'unica ASL romagnola e dalla conseguente ridefinizione della sanit, anche cesenate: quale migliore dimostrazione della capacit di un certo mondo (che non si identifica solo con le sigle di partito e preferisce guardare alle cose) di farsi carico di posizioni e provocazioni coraggiose? Se il Sindaco crede che questi siano gli argomenti e queste siano le modalit di confronto ci dia un riscontro, sapendo che non ci saranno altre sollecitazioni, in quanto pensiamo di aver gi fatto abbondantemente la nostra parte. Questo quello che abbiamo da offrire: idee, tenacia, lealt, non per tornaconto personale o fregole di incarichi ma perch ci interessa il futuro di Cesena, che non ha nulla a che vedere con gli schematismi destra-sinistra. Idee, tenacia e lealt sanno essere pericolose, perch presuppongono il rifiuto del piccolo cabotaggio e degli accordi al ribasso. Esattamente quello che serve alla nostra citt.
*Consigliere comunale

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Volare alto sul centro storico. S al parcheggio, ma serve altro


di Stefano Bernacci*
Ogni citt ha luoghi che pi di altri evidenziano l'identit storica, tradizionale e culturale del territorio e rappresentano spazi di attrazione in cui il sentirsi parte e fare comunit sono facilitati. I centri storici pi di altri presentano queste caratteristiche e costituiscono una componente preziosa ed irrinunciabile del capitale sociale della comunit che va preservato e sviluppato. Il dibattito che si sta articolando ormai da molti mesi sul futuro del centro storico di Cesena non quindi appassionante solo per quel che concerne le dotazioni infrastrutturali (parcheggi, viabilit e arredo urbano) o per le dinamiche economiche che riguardano la rete commerciale e dei servizi. Essi rappresentano sicuramente elementi importanti presi a se stanti, ma diventano ancor pi fondamentali se inquadrati nel contesto del modello sociale che si vuole perseguire. Fino ad oggi i centri storici sono stati luoghi di aggregazione e di attrazione, un vero magnete per la cittadinanza dispersa sul territorio che nell'offerta di servizi presente si ritrovava e percepiva il senso dello stare assieme e sentirsi parte della comunit. Lo spopolamento dei centri storici (di abitanti e servizi) pu rappresentare un problema economico per chi ha investito in questa parte della citt ma pu avere riflessi importanti anche sulla dinamica sociale. Ritengo che questa premessa di carattere sociologico possa aiutarci a meglio comprendere la posta in gioco ed inquadrare le questioni sul tappeto in un'ottica pi complessiva e di pi ampio respiro. Per essere attraente un centro storico non deve essere soltanto bello (e quello di Cesena sicuramente lo ) ma offrire un mix di opportunit equilibrato valorizzando tutti i fattori che incidono sul prodotto. E' indubbio che la crisi dei consumi mette in seria difficolt una rete commerciale e dei servizi che necessita di ammodernamento nelle sue logiche e modalit di presenza. E' altrettanto vero che in tutte le citt pi evolute la ricerca della qualit ambientale porta ad un ridimensionamento del traffico privato ed ad un potenziamento di modalit di accesso meno impattanti ecologicamente. Centri storici pedonalizzati e aree verdi a disposizione delle famiglie aumentano la qualit delle citt e le rendono pi vivibili e attraenti. Tuttavia questo modello varia in considerazione di diversi fattori e non pu esservi una citt ideale, da costruire a prescindere dalle diversit che pure esistono, liquidando le differenti posizioni ed opinioni come sintomatiche di arretratezza culturale. Trattandosi di ecosistemi delicati necessario garantire un giusto mix di strumenti ed interventi ed adottare tempistiche e modalit adeguate alla realt in cui ci si trova ad operare. Ci detto, va aggiunto che abbiamo avuto l'impressione in questi mesi che la contrapposizione in campo fosse pi di carattere ideologico e che si sia scelta la strada del braccio di ferro anzich quella di ricercare con il buon senso necessario un percorso condiviso nell'interesse di tutti. Anche le iniziative che sono rientrate nel contenitore Ultimo Km se da una parte hanno avuto il merito di coinvolgere una parte non trascurabile di cittadini dall'altra sono sembrate finalizzate a costruire un consenso attorno a linee precostituite in contrapposizione con le rivendicazioni e le preoccupazione di un'altra parte di citt. Crediamo che un ritorno alla politica che si misura con i problemi reali, con le possibilit e con le difficolt oggettive con uno spirito aperto e dialogante rappresenta una necessit che va nella direzione di salvaguardare l'interesse di tutti. E' indubbio che Cesena sia diversa da tante altre citt: lo perch ha un centro storico piccolo, per la sua viabilit obbligata ma anche perch a differenza di altri ha scelto di allargare di fatto l'offerta commerciale e di servizio del centro storico prevedendo a ridosso dell'area una molteplicit di centri commerciali di media dimensione con una dotazione infrastrutturale (parcheggi) attraente. Questa scelta che non mi sembra sia stata ancora valutata con la necessaria oggettivit ha spostato le dinamiche di aggregazione e di acquisto creando un effetto importante sulla rete economica del centro storico. Immaginare nei parcheggi scambiatori situati prevalentemente in prossimit di questi centri commerciali un'opportunit di servizio per l'accesso alla rete commerciale del centro storico appare agli occhi degli imprenditori una forzatura ed aumenta il senso di squilibrio fra le opportunit delle diverse aree. Al tempo stesso elencare le diverse centinaia di parcheggi sparsi che pure sono presenti ad una distanza tutto sommato limitata dal centro storico non risolve la questione dell'accesso perch lascia inalterata la percezione nei cittadini e negli operatori economici di una inadeguatezza di una sosta facile e conveniente. Chiudere come si vuol fare in Piazza della Libert i parcheggi esistenti - che costituiscono per l'utenza luoghi precisi di riferimento - per introdurre nuove modalit di approccio alla sosta che appaiono complesse e incerte non contribuisce a creare un effetto attrazione verso il centro storico. Per questo motivo abbiamo espresso la convinzione che un parcheggio di riferimento a servizio del centro storico sia necessario e con spirito di responsabilit, tenendo conto delle difficolt della finanza pubblica, abbiamo proposto di verificare la strada del project financing coinvolgendo imprenditori privati nell'operazione. Un parcheggio a ridosso delle mura potrebbe essere un preciso punto di riferimento e di servizio per coloro che vivono la movida notturna di Cesena e che pi semplicemente vogliono godersi l'offerta complessiva che la citt presenta nel suo principale nucleo di aggregazione commerciale e culturale. Siamo convinti che a determinate condizioni possano sussistere le motivazioni per un intervento privato, ma se cos non dovesse essere chiaro che il Comune dovrebbe contribuire in parte o in toto alla realizzazione dell'opera. Sarebbe un errore politico grave se qualcuno avesse colto in un'azione responsabile l'opportunit per disimpegnarsi dalla questione pensando di aver esorcizzato un problema sentito da una parte rilevante della citt trasferendone la responsabilit e l'onere all'esterno delle proprie competenze. Senza una soluzione condivisa il problema si ripresenterebbe con la stessa intensit e partecipazione dei mesi scorsi e continuerebbe ad occupare l'agenda politica creando ulteriori tensioni, divisioni e polemiche. Diverse iniziative interessanti sono state avviate nel centro storico (wi-fi, gestione locali sfitti, politiche di promozione ecc) ed altre verranno avviate a breve (a partire dal restyling del Foro annonario) Tutto questo va nella direzione giusta ma occorre fare degli sforzi ulteriori perch non stiamo parlando solo di un'area importante del nostro territorio, ma di quella in cui essere cittadini di Cesena trova maggiori elementi di identit, coesione ed appartenenza. *Segretario Confartigianato Cesena

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Cesena a met mandato. Deludente


di Franco Pedrelli
Lattivismo di palazzo Albornoz sempre encomiabile, dati e informazioni in grande quantit rilasciati ogni giorno, rendiconti sulle attivit svolte documentati da centinaia e centinaia di pagine, indici sulla qualit dei servizi e sullo stato del Comune perfetti, stilati dai qualificati professori universitari. Di fronte a tanto materiale umanamente difficile non soccombere, se non si vuol farlo occorre accettarne la pi comoda sintesi che viene prodotta al riguardo dagli organi ufficiali e ritrasmessi dai media. In fin dei conti la lotta impari, da un lato lintera macchina amministrativa comunale, la Giunta, la maggioranza del Consiglio Comunale, pi gli esperti e consulenti; dallaltro qualche pi attivo consigliere comunale di opposizione, pi alcuni sparuti cittadini con un maggiore impegno civico della norma. Lobiettivo non dichiarato la preparazione del prossimo rendiconto del programma di mandato 2009-2014, un altro momento di celebrazione secondo copioni a cui siamo oramai abituati, in cui lazione del marketing sociale ha preso il posto al pragmatismo del passato. Per comprendere cosa accadr basta rifarsi al documento del programma di mandato, intitolato Gli anni nuovi di Cesena, dove sono elencati tutti gli obiettivi che puntigliosamente il Sindaco persegue e perseguir con cipiglio rigoroso e ragionieristico, e non me ne abbia a male la categoria. Per chi volesse riprendere nel dettaglio il programma di mandato lo pu trovare nel sito Cesena Dialoga (http://www.cesenadialoga.it/), definito quale Portale per la comunicazione del Comune di Cesena, un nuovo strumento comunicativo creato appositamente per il Sindaco Lucchi prima ancora che per il Comune stesso, al quale il sito istituzionale poteva, e va ancora, bene. Tant, oggi il potere della comunicazione tutto, per cui tanto vale investirci, ancora meglio se la collettivit a farlo. Se poi si scorrono i punti del programma di mandato si potranno fare le solite osservazioni. Alcuni sono realizzati, i pi in corso di realizzazione, altri ancora da mettere in campo. Alcuni punti sono facilmente tangibili, quali pu essere unopera pubblica, altri sono dichiarazioni di intenti di massima, di difficile valutazione, perch non si ha base di partenza oggettiva e relativo metro di confronto sui risultati. Certo, le condizioni economiche attuali, e in previsione quelle future, non sono certe buone, tuttavia stiamo sicuri che il Sindaco continuer nel mantenere limpegno su tutti i punti di mandato, sia tangibili che no, non per una questione donore, ma perch sicuramente in grado di poter raggiungere tutti gli obiettivi dichiarati. Costi quel che costiappunto! I cittadini cesenati dovrebbero essere contenti di avere un tale Sindaco e lo sono sicuramente, almeno sino quando non scopriranno, a loro spese, del taglieggiamento, pi o meno occulto, dei servizi da un lato, dallaltro dei maggiori contributi necessari alle casse comunali. Del resto, basta rifarsi al caso nazionale per avere il migliore esempio del comportamento da tenere in questo caso. Ciascuno di voi tuttavia in grado di prendersi un quarto dora di rilassamento, leggersi il programma di mandato, per ogni punto socchiudere gli occhi e trarne il proprio individuale bilancio, dettato dai fatti concreti che le azioni di governo cittadino legate ai punti di programma hanno prodotto sul vostro vivere sociale. il modo migliore di non accettare le sintesi prodotte da altri, ma di essere nuovamente cittadini partecipi e attivi. Se vero che le cose positive son quelle che rendono pi felici, cercate allora in questa facile analisi le positivit che vi trasmettono. In tal modo sar pi facile per voi isolare le altre, le cose meno belle, quelle che procurano fastidio, insoddisfazione, non accettazione. Esempi? Tra i tanti, il bello pu essere il poter fare una gradevole passeggiata sul Lungosavio, senza auto attorno e con la natura attorno. Il meno bello invece il trovarsi rispondere dalla ASL che il primo posto libero per lesame specialistico tra 6 mesi, oppure il doversi godere in famiglia pi del dovuto un figlio disoccupato, o ancor peggio trovarsi capofamiglia disoccupato. Svolto il compito che vi ho richiesto, ritengo saranno pochi coloro i quali continueranno ad osservare la realt che ci circonda quale la realt di Cesena, magari del suo limitato seppur importante centro storico. Ci si accorger allora che viviamo in una realt che, numero pi numero meno, conta quasi 100.000 abitanti nel comune, 200.000 nel comprensorio cesenate e i poco pi di 1.000.000 nel territorio che si chiama Romagna, o come si usa definire oggi Area Vasta Romagna, per non dover usare il termine Romagna, molto efficace nel simbolismo politico, non so quanto per la reale efficacia di governo del territorio in termini di costi e benefici. Che senso ha difatti parlare di una nuova circonvallazione se non inserirla entro ad un pi complessivo piano di viabilit di area? Oppure di logistica, se il governo di quei milioni di cittadini non decide allunisono lo sviluppo dellunico grande territorio che li comprende? Per non parlare di Universit, dove non pi sufficiente citare i costituendi Tecnopoli per sfamare quella fame di innovazione sbandierata in ogni dove; oppure, restando nel tema, affidarsi alle stampelle fornite da realt come Centuria-RIT o Rinnova, che sono strumenti al pi per offrire innovazione di processo alle societ che gi esistono. Occorre al riguardo osare di pi, prendere ad esempio le eccellenze, che anche in Italia ci sono, come Torino e il suo Politecnico, dove linnovazione viene declinata nella creazione di start up generate dagli stessi studenti. Torino non Cesena? Certamente, ma lintera Romagna potrebbe avere un suo rispettabile ruolo, basterebbe fare sistemaconcretamente! Si continua con il sistema aeroportuale, quello turistico, fieristico, museale, per non dimenticare il grande patrimonio storico del nostro territorio, costituito sia da quellagricoltura che tanto d oggi e che nel futuro potr ancora dare di pi nelle specializzazioni, nonch dal diffuso e vivo sistema imprenditoriale. Su tutto aleggia sempre la solita domanda: cosa si vuole fare di questo ampio territorio traguardando lorizzonte di

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Portare fino in fondo la battaglia per il centro storico


di Valeria Burin* Fra gli stati danimo che si possono provare nella vita di tutti i giorni, la rassegnazione sicuramente fra i pi detestabili. Rassegnazione. La si coglie sempre pi di frequente nelle parole delle persone abituate ad affrontare i problemi delle vita quotidiana, da sole, senza sentire al proprio fianco il sostegno delle istituzioni, sia nazionali che locali. La si coglie nelle parole degli operatori economici (di tutti i settori) che non riescono a far valere le proprie ragioni neppure alle persone che dovrebbero rappresentarle. La si coglie quando si parla del futuro di Cesena e del suo centro storico. Siamo ormai prossimi alla fine dellannosa vicenda relativa al parcheggio di Piazza della Libert che non si far. Si tanto discusso a tutti i livelli su quali soluzioni adottare, sono state spese parole, sono stati presentati progetti ma sempre in unottica di contrapposizione fra i favorevoli ed i contrari, con il Comune nella parte di arbitro. Arbitro di parte giacch si spesso avvertita una forte resistenza (di principio?) alla realizzazione del parcheggio. Il centro storico di Cesena si sta svuotando di tutta la vitalit che lo ha caratterizzato in passato. E un dato di fatto che non si pu ignorare. Gli uffici in centro non sono pi interessanti perch difficili da raggiungere, i luoghi di ritrovo dei giovani sono ormai altri, al di fuori del centro storico, con parcheggi accessibili gratuitamente e con negozi/bar/spazi a completa disposizione in orari continuativi.
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I negozi in centro lavorano sempre meno per i ben noti problemi economici, affitti troppo alti ma soprattutto per la concorrenza di strutture commerciali con orari continuativi, con idonei parcheggi gratuiti e facilmente accessibili. I tempi, gli stili, il modo di affrontare la vita cambiano continuamente (spesso in modo repentino) e non ci si dovrebbe mai arroccare in posizioni rigide o di principio. Ne da parte dellamministrazione comunale ne da parte dei commercianti. Dei problemi dei commercianti del centro e della Cesena by night se ne parla da anni ormai. E gli anni sono veramente tanti Limpressione e che, da una parte ci sia lincapacit di fare passare correttamente il messaggio (forze politiche di opposizione, commercianti, parte di residenti e non , professionisti ed associazioni di settore) e dallaltra il volere imporre a tutti i costi il proprio pensiero, senza essere realmente consapevoli delle conseguenze. Le scelte che si intendono fare e che cambieranno radicalmente laspetto e lassetto di una citt, non si possono basare su risultati di sondaggi che restano sempre discutibili (vedi attivit di ultimo km), dove solo una piccola parte dellintera cittadinanza ha partecipato. Ma questo purtroppo e quello che accadr non essendoci stata una concreta contrapposizione, se non a parole. Le battaglie, quelle in cui si crede veramente, bisogna portarle avanti fino in fondo e vincerle, altrimenti sono crociate perse in partenza. Senza indugi e senza timori. Mai rassegnarsi al pensiero che le nostre idee non possano essere ascoltate e comunque non possano interagire sulle decisioni da prendere per il futuro. Soprattutto quelle in cui ci sentiamo coinvolti in prima persona.
*Consigliere di Quartiere

Cesena a met mandato. Deludente


20-30 anni? Continuare a galleggiare, in attesa di qualche maggiore finanziamento, che stante lo stato delleconomia sar sempre pi ridotto e sporadico? Aumentare il numero delle societ comunali, magari quale risposta alla disoccupazione giovanile? Tagliare inesorabilmente il welfare, quando la popolazione anziana in costante crescita? Se sembrano domande retoriche, allora occorre accertarsi che altrettanto non lo siano le azioni del governo locale, nel momento in cui si perseguono obiettivi di breve periodo e campanilistici, anzich costruire il Sogno del Futuro. Sogno che i Primi Cittadini della Romagna dovrebbero vivere da comprimari, se vogliono che lorizzonte temporale sia lungo e che abbracci il pi ampio territorio possibile. Se nelloggi le competizioni sono tra sistemi-mercati continentali, fare massa critica diventa una necessit per tutti quanti, ad iniziare dai Comuni, che da soli sono nulla, ancora meno se poi rappresentano realt di poche migliaia di cittadini. Ecco quindi che senza attendere lefficacia delle azioni sugli accorpamenti degli enti locali e la loro razionalizzazione, da parte di un governo centrale sempre pi in affanno, deve scattare lurgenza per gli enti locali di superare il proprio ristretto raggio dazione amministrativo burocratico, per affrontare la visione strategica della Romagna futura da costruirsisubito, senza attendere il doveroso verbo dalla Regione EmiliaRomagna, col rischio che quando arriva sia tardivo e magari non corrispondente alle necessit reali del territorio. Una Romagna dove il benessere potr essere mantenuto solo e solamente se il futuro sar impostato sui giovani, per i giovani e con i giovani. Dove le risorse andranno reperite laddove c disponibilit di capitali di investimento, sempre meno dallo Stato, sempre pi dal privato, creando allo scopo chiarezza di obiettivi di lungo periodo e relegando allente pubblico il ruolo di indirizzo e controllo, non pi di gestore. Sar in grado il nostro Sindaco Lucchi di interpretare questo ruolo di comprimario tra i suoi omologhi romagnoli? Li sapr motivare per fare emergere quel sogno comune su un futuro della Romagna in gran parte ancora da scrivere? Questo il nostro auspicio, anche se nel concreto, alla pari dei tanti obbiettivi del programma di mandato, il Sindaco Lucchi dovr aggiungerne uno nuovo, quello del modello della futura Romagna. Siamo sicuri che anche per questo nuovo obiettivo saremo subissati da dati, informazioni efatti!

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C' anche esposizione mediatica


di Paolo Morelli* Son gi passati pi di due anni da quando Paolo Lucchi, sceso dal comodo e ben pagato scranno di consigliere regionale, s' seduto sulla poltrona, probabilmente pi prestigiosa, ma sicuramente meno comoda e soprattutto assai meno retribuita, di sindaco di Cesena. Le vere motivazioni che stanno dietro a questa scelta probabilmente nessuno lo sa, forse nemmeno lui, ma evidente che la visibilit che pu avere come sindaco di Cesena potrebbe essere un trampolino per raggiungere livelli regionali o nazionali pi prestigiosi di un posto nell'Assemblea legislativa della Regione EmiliaRomagna, dove spesso il lavoro pi importante essere in aula e alzare il braccio al momento del voto. Sono stati due anni intensi, dal punto di vista dell'Amministrazione comunale, contrassegnati dalla crisi finanziaria ed economica del mondo occidentale, particolarmente sentita in Italia a causa del pesantissimo fardello del debito pubblico creato dai governi democristiani e rimpinguato da tutti quelli che sono venuti dopo. Un debito che graver anche sulle spalle dei nostri figli e probabilmente anche dei nostri nipoti. In questi due anni Lucchi di cose ne ha fatte, ma soprattutto ha comunicato ogni passo quotidiano, mettendo alla frusta (leggere: stimolando) l'efficiente staff dell'ufficio stampa e delle altre strutture di comunicazione del Comune, ma anche agendo in prima persona, a cominciare dagli sms che spesso invia di primissima mattina, quando la maggior parte dei suoi amministrati ancora dorme. Anche tra i suoi estimatori non sono pochi quelli che gli rimproverano, magari senza dirglielo apertamente, un'eccessiva esposizione mediatica che sta gi andando di traverso a qualche potenziale elettore. Un altro rimprovero che qualcuno gli fa di essersi circondato di quasi tutti assessori di basso profilo per evitare di avere concorrenti in casa. In questo periodo non facile fare il sindaco di Cesena e di qualsiasi altra citt. Il malessere diffuso, si respira nell'aria, e si scarica contro chi ha in mano il bastone del comando, che si chiami Berlusconi, Errani, Bulbi o Lucchi poco importa. Il clima di incertezza palpabile, anche se l'economia cesenate non ha subito pesanti colpi come in altre citt, grazie al fatto che quasi tutte le aziende di dimensioni medio-grandi continuano a lavorare bene e a pagare regolarmente dipendenti e fornitori. Ma le risorse degli enti pubblici si riducono sempre pi, e il trend non cambier a breve termine. La strategia di Paolo Lucchi per cercare di mantenere alto il livello del consenso evidente: stringe i denti per portare avanti i progetti annunciati, come la Grande Malatestiana, il Foro Annonario e la Gronda, e intanto cerca di distrarre i cittadini con manifestazioni pi o meno popolari, spettacoli, sagre, biciclettate, manifestazioni enogastronomiche con un cappello che vuol essere culturale, ma con la base fatta da distese di bancarelle che pagano affitti salati per qualche metro quadrato e quindi alzano i prezzi dei listini. Distrarre i cittadini un imperativo perch ognuno di loro, quando viene a contatto con la pubblica amministrazione, ha un travaso di bile e un salasso al portafogli. La burocrazia continua a dominare nonostante i proclami di senso opposto, i favoritismi per gli 'amici' ci sono ancora, e i servizi costano sempre di pi: non ce n' uno che sia rimasto ai livelli di qualche anno fa, dall'abbonamento allo scuolabus alle tariffe dei parcheggi, dai permessi per chi vive o lavora in centro ai passi carrai, dalle rette per le scuole e le mense alle spese per la notifica delle contravvenzioni, e l'elenco potrebbe continuare per intere pagine. Paolo Lucchi punta tutto sul secondo mandato, cerca un forte consenso popolare per essere sicuro che nel 2014 nessuno gli metta i bastoni fra i raggi delle ruote; ma pi che dall'altra parte della barricata (a meno che non scenda in campo un 'pezzo da 90' capace di attirare consensi da ogni schieramento) dovr guardarsi attorno e alle spalle. Molti esponenti di spicco del suo partito, soprattutto quelli di una certa et e anzianit politica, non capiscono perch tenda a non valorizzare l'esperienza e il legame col territorio. Non si rendono conto che, anche nella politica, a un certo punto bisogna lasciare andare avanti chi ha pi energie. Il problema del passo indietro non solo di Berlusconi.
*Giornalista del Resto del Carlino

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Schematismi da superare
di Davide Buratti*
Mai come in questo periodo la politica circondata da interrogativi. Dietro l'angolo c' la fine del berlusconismo che potrebbe portare con se una scomposizione del quadro politico. E' chiaro che le decisioni romane avranno delle forti ripercussioni a livello locale. La prima cosa da capire e se ci saranno due o tre poli. In questo momento gli interrogativi si concentrano su tre forze politiche: Pdl, Pri e Udc. Chi rischia la scomposizione il partito di Berlusconi. A livello locale il partito della libert sta vivendo un momento di immobilismo. Nella comunicazione il pi attivo Casali, un consigliere di quartiere. E questa gi una dimostrazione delle difficolt. E' chiaro che le strategie sono legate alle vicende nazionali e le difficolt romane e del governo si ripercuotono a livello locale. Per, al momento, non si riesce a capire neppure quali potranno essere le strategie future a livello di uomini. Dopo due candidati esterni (Ugolini e Macori) dovrebbe essere arrivato il momento di valorizzare le forze cresciute nel partito. Al momento il pi bravo Cappelli che alle indiscusse capacit unisce un elemento che pu solo far bene alla politica: l'assenza di prevenzione determinata dalle ideologie. Certi schematismi ormai sono fuori luogo in ogni senso, ma soprattutto a livello locale. In questo aveva ragione Denis Ugolini quando (pi di dieci anni fa) proponeva di andare oltre la destra e la sinistra e suggeriva di concentrarsi sui problemi locali. <<Un parcheggio - diceva - non ne di destra e neppure di sinistra>>. Fra due anni e mezzo ci sar una tornata elettore molto importante. Il centro sinistra rischia. Non tanto a Cesena dove Paolo Lucchi sembra possa godere (almeno stando ai sondaggi) di una situazione tranquilla. Il rischio per lo corre in Comuni importanti. Primo fra tutti Savignano, dove il centro destra avrebbe vinto anche l'ultima volta se si fosse presentato unito. Mercato Saraceno potrebbe essere un altro dei comuni a rischio. Per il centro sinistra si potrebbe riproporre il pericolo Gatteo: nonostante un consistente vantaggio la vittoria stata buttata alle ortiche a causa delle divisioni. A Mercato c' una situazione simile, anzi forse ancor pi incancrenita. San Mauro Pascoli un altro Comune dove il centro sinistra non pu sbagliare niente, a partire dalla scelta del candidato. Tutto questo ammesso (e non concesso) che dall'altra parte ci sia una coalizione coesa. Chi non pare correre rischi invece Paolo Lucchi. Questo non vuol dire che non ci sar un tentativo di allargare la coalizione. In questo caso, chiaro, gli interlocutori naturali sarebbero il Pri e l'Udc. In questo momento, per il PD, pi facile immaginare un dialogo con i repubblicani in quanto i centristi sono molto vincolati alle scelte nazionali e, obiettivamente (nonostante le spinte dalemiane), non facile immaginare un accordo fra Casini e il centro sinistra. Inoltre anche a livello locale i rapporti non sono idilliaci. Nonostante alcuni recenti ammiccamenti,quello fra Pri e Lucchi non sarebbe comunque un accordo facile. Tutte e due le componenti dovrebbero mettersi la mano sulla coscienza e rinunciare a qualcosa. Pur essendo in una posizione di forza, anche il Pd dovrebbe fare qualche passo indietro. Non sarebbe facile, ma il Pd potrebbe prendere in considerazione questa ipotesi se l'accordo fosse a livello comprensoriale. Per il centro sinistra allearsi con l'Edera significherebbe ridurre in maniera considerevole i pericoli nei Comuni a rischio. Quindi il fine giustificherebbe i mezzi. Insomma, dovrebbe essere fatto quello che non fu fatto a Cesenatico dove il Pd ha fatto di tutto per perdere. Sapeva (i sondaggi erano chiari) che aveva un candidato debole (per problemi caratteriali) e quindi aveva un gran bisogno di allargare la coalizione. Per tanto tempo ha trattato con Pri e Udc. Alla fine non ha chiuso con nessuno probabilmente anche perch Panzavolta & c pensavano che nascesse il terzo polo. Invece tutti si sono accasati con Buda, inoltre il centro sinistra ha dovuto fare i conti con la perdita di consensi provocata dal successo dei grillini. Insomma, una catastrofe che ha portato il centro destra a conquistare il Comune. Tornando ai discorsi sul futuro, per quanto riguarda il comprensorio Cesenate l'impressione che un eventuale accordo debba essere compreso in un pacchetto unico. E' difficile che il Pd possa accettare una situazione a macchia di leopardo. Ma cosa far il Pri? I repubblicani non hanno un'unica opzione. In sostanza ce ne sono altre due: allearsi col centro destra (come sar?) sperando di ottenere il candidato a sindaco (soluzione che appare comunque molto difficile) o tentare la strada del terzo polo, ipotesi che periodicamente torna alla ribalta. Quest'ultima, anche alla luce delle possibili scomposizioni del Pdl e alle difficolt della Lega (nell'ultima tornata elettorale ha pescato nel serbatoio di voti del Pri), elettoralmente potrebbe essere la soluzione migliore. Per darebbe un risultato elettorale difficilmente capitalizzabile per una serie di motivi. Il pi importante che cos facendo l'Edera (rappresentanza politica che per dna forza di governo) rischierebbe seriamente di restare, per la terza volta consecutiva, fuori dalla guida della citt. *Caporedazione di Cesena del Corriere Romagna

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Quale crescita per la nostra citt?


di Maicol Mercuriali* Ma siamo sicuri che a Cesena la modernit, il futuro, stia in alto, nel costruire palazzoni e grattacieli? Magari non sarebbe male, almeno qualche volta, guardare un po' pi in gi, in basso e magari scavare dalle parti di piazza della Libert o del Serraglio per fare quel benedetto parcheggio sotterraneo per il centro storico. Ma a parte questo inciso, dopo aver partecipato al convegno organizzato dalla Fondazione Radici della Sinistra, quello sulla qualit urbana, sulla sostenibilit e sullo sviluppo di Cesena, qualche interrogativo sul futuro della citt quantomai legittimo. S, perch se il think tank del principale partito di governo della citt parla di consumo di territorio e della necessit di aumentare la densit abitativa di Cesena, e lo fa seriamente e non per riempire un pomeriggio di settembre con i due ex sindaci e architetti Preger e Conti che intervistano i professori Gabrielli e Sangiorgi, non certo un aspetto da sottovalutare. In primis bisognerebbe capire che crescita si vuole per la nostra citt: qual l'obiettivo di chi amministra? Arrivare a centomila abitanti? Centocinquantamila? Entro quando? E che target di popolazione vogliamo attrarre nel nostro territorio, ma soprattutto quali imprese, che tipo di lavoro? E rispondendo a queste domande che si pu gi dare un volto alla Cesena del futuro. Preoccuparsi del consumo del territorio a Cesena pu sembrare un tantino esagerato. Non siamo una metropoli, nemmeno una grande citt. Il centro urbano facilmente percorribile in bici. Sarebbe meglio discutere del come, e non del quanto, si consuma il territorio. Mi spiego meglio. Le nuove soluzioni abitative che si sono adottate, soprattutto nelle frazioni in periferia, somigliano molto a delle piccionaie. Perch perdere la tradizione di case singole? Ovvio che non tutti possono permettersi una villa, ma perch un trilocale non pu essere una piccola casina invece di un pezzetto di condominio? Parlando di ambiente e sostenibilit, personalmente mi vengono in mente quartieri ordinati, piccoli lotti uno a fianco all'altro con singole abitazioni, nuove, fatte con i criteri della bioedilizia, e tutto attorno strade sicure, pista ciclabile, marciapiedi larghi, verde, tanto verde. In campagna capita ancora di vedere quelle piccole case un tempo abitate dai braccianti. Ecco, quella tipologia abitativa, inserita in un nuovo contesto urbano, potrebbe essere recuperata. Perch se ho bisogno di tre stanze devo per forza andare a vivere in un condominio? Perch non posso avere la mia casina, magari col posto auto e un piccolo giardino. Pensare a quartieri fatti in questo modo scandaloso? Perch costringere i cesenati in condomini da sviluppare sempre di pi in altezza e non dar loro la possibilit di avere una casa di propriet, magari con una formula che lontano dagli standard della villa renda il tutto economicamente fattibile per la classe media? Non abbiamo una storia fatta di grandi condomini e palazzi di trenta piani. E questo, probabilmente, una fortuna. Non ha senso imboccare adesso questo modo di costruire, di essere. Non fa parte del dna di Cesena e non vedo perch omologare la nostra citt a tante altre.Dopo aver ascoltato gli interventi al convegno della Fondazione Radici della Sinistra, mi venuto in mente quel film di Renato Pozzetto, Il ragazzo di campagna, in cui lui andava a Milano, affittava un monolocale fatto di un solo corridoio, con tutti gli elementi (cucina, camera da letto, bagno...) a scomparsa nel muro. Non sar mica quello l'obiettivo da raggiungere? Speriamo proprio di no. Perch Cesena pu regalare un'edilizia di qualit e soluzioni abitative umane. Su queste - e qui ha ragione la Fondazione Radici della Sinistra - introdurre misure di sostenibilit ambientale. Ma non ci si deve concentrare solo sul fotovoltaico, come sta facendo il Comune. Siamo sicuri che Energie per la citt stia facendo il massimo con le consistenti risorse con cui stata foraggiata dal Comune? Abbiamo mai pensato a quanto pesano i consumi dell'ente pubblico su quelli dell'intera citt? L'uno per cento, il due, il tre? Ebbene, diciamo pure che il Comune deve dare il buon esempio, ma quei sette otto milioni di euro che vuole investire attraverso questa nuova societ pubblica serviranno a diminuire del 10% le emissioni degli edifici comunali che valgono il 2% di quelle cittadine. Avete capito la proporzione? Una goccia nel mare. Forse sarebbe stato meglio usare quei soldi per incentivare i privati e con un piano energetico fatto come si deve si vede qual il settore pi energivoro presente nel nostro comune a investire sulla riqualificazione energetica e nuovi impianti, fotovoltaici e non. Se si vuole il bene dell'ambiente cesenate, e non una soluzione parziale e di facciata, questa poteva essere una pista decisamente migliore.
*Giornalista La Voce di Romagna

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Bisogno di classe dirigente. Borghesia muoviti!


* ** sguardo in sequenza rapida alla classe politica ed istituzionale La voce dei principali soggetti della nostra economia (le fondazioni locale nel corso degli anni per rendersi conto delle differenze. E bancarie, i banchieri di mercato e di sistema, i grandi gruppi per trarre esplicito riscontro del declinare, negli ultimi lustri, a industriali, le associazioni) e perfino della societ civile rimasta questo riguardo. vero che sarebbe bastevole fare riferimento troppo a lungo prigioniera di un assordante silenzio. Occorre alla qualit del dibattito politico locale nel corso di questi anni Prendere atto della chiusura di un intero ciclo storico, che ha per averne riprova. Infatti, fatta la tara a rarissime cose, restano riguardato tanto il centrodestra quanto il centrosinistra. Serve in mostra una apoteosi di presenzialismi, di comunicati stampa, unopera di ricostruzione nazionale che coinvolga le forze migliori di narcisistiche affermazioni di semplice presenza, di mera visibilit; della nazione. Loperazione verit sullo stato della nazione innumerevoli, ripetuti annunci; riproposizione degli stessi dopo dovr finalmente tradursi in una nuova classe dirigente italiana, qualche periodo; una sorta di ricerca spasmodica di scoop per con uno sforzo enorme della borghesia italiana. Sono alcuni catturare lattenzione di un giorno, al massimo due. Dare passi delleditoriale di apertura (lo firmano insieme Carlo Calenda limpressione che si fa tanto anche non facendo. Anche la e Andrea Romano) di Italia-Futura, lassociazione presieduta da riparazione di una strada, per dire, che gioco forza sia fatta anche Luca Cordero di Montezemolo. Il Corriere della Sera riferisce se non ci fosse una Amministrazione ad occuparsene, occasione larticolo con il titolo: Finito un ciclo, la borghesia dia contributi. per fotografie, inaugurazioni, convocazione di stampa e Tv (anche Che dire? Alla buonora! Finalmente! Ma ci si sta svegliando a pagamento). Questioni importanti, di politiche territoriali, sociali, davvero? O solo una delle tante dichiarazioni in libera uscita? economiche, produttive, le trasciniamo, invece, per anni, decenni. Impossibile non chiederselo anche dal momento che il Montezemolo Molte di quelle - che tutti asseriscono avere peraltro un valore in questione stato anche presidente nazionale di Confindustria strategico sono in campo, nel confronto politico da pi anni. e mai estraneo alla scena anche pi ampia e politica del Paese. Da oltre tre lustri, quasi due decenni, in verit avvenuto lo Ben venga questa consapevolezza e la spinta a che la borghesia sconquasso politico che ha segnato il passaggio dalla prima alla italiana finalmente esca da certa pavidit e si ponga ( con la cultura, cosiddetta seconda repubblica. le capacit, lesperienza e la maestria che non le mancano al suo Sono cambiati e di molto i soggetti politici. Si sono anche impoveriti interno) nellottica e nellimpegno di partecipare attivamente alla alquanto. scomparsa quella forte, dinamica, dialettica politica vita politica ed istituzionale della nazione. Da quellambito non che era anche scontro, ma soprattutto era confronto di idee, di manca neppure adesso chi (fenomeni assai episodici) un poco si proposte. Era polemica, ma era anche costruzione, collaborazione, impegna, ma non siamo di certo al livello di una partecipazione visione dei problemi, impegno, realizzazioni. diffusa. Della politica si conoscono i limiti, ad essa si rivolgono Dialettica e cultura politica di livello. Passioni politiche. appelli, con essa ci si rapporta perch perfino inevitabile, ad essa Partecipazione diffusa, interclassista, notevole di apporti, di si chiedono favori, spesso la si cavalca in funzione di ottenere contributi di impegni concreti con facce mostrate e coscienti ed soddisfazioni per finalit particolari. Ma non la si partecipa, non espliciti impegno e senso civile e istituzionale. Nessuna nostalgia, la si rinnova, non ci si impegna adeguatamente per esserne parte sia chiaro, anche perch sono fautore del cambiamento che attiva. Vale sul piano generale e vale sul piano locale, dove peraltro ammoderna. da tempo lamentiamo questa assenza della borghesia, degli Non nostalgia, una esigenza invece, che possa tornare e imprenditori, nella vita politica ed istituzionale del nostro territorio. affermarsi una dinamica e forte dialettica politica, un qualificato Non era cos in passato, specie in una realt come la nostra, per dibattito e confronto politici. Ma non quello che su piazza storia e tradizione, parecchio politicizzata e politicamente oggi, purtroppo, che pare renderlo possibile. E di questo stato e partecipata. Da ormai pi di tre lustri, invece, le cose sono cambiate. di questa condizione la borghesia refrattaria grandemente Una intera classe dirigente, avveduta, moderna, capace, se ne sta responsabile. Del resto vi vasta letteratura sulla refrattariet e rintanata nelle proprie aziende, nelle proprie professioni, nei propri pavidit della borghesia che ne connette ampi concorsi di affari, nella propria vita familiare, mondana, nelle socializzazioni responsabilit sulle varie vicende di storia patria. Anche sul piano di gruppi circoscritti. Non vi dubbio che ci sono coloro che locale, il rilancio di una qualit della politica e dellazione partecipano alla vita di associazioni, di sindacati di categoria. Poi istituzionale che sia allaltezza della qualit e della dinamica sono tuttal pi le espressioni di queste ultime che parlano, dicono, economica, sociale, del lavoro ed imprenditoriale del nostro rivendicano. Ma non questa la partecipazione che permea la vita territorio, dipende in gran parte da quella partecipazione attiva da politica, innervandone sollecitazioni culturali, confronti e dibattiti cui non deve, non pu pi estraniarsi la nostra borghesia. Nella che ne arricchiscono la cultura, la qualit, la concretezza. Si assenza che si determinata della dialettica politica e quindi delle ritrovano segmenti di un certo impegno e di attenzione, ad esempio, sponde di quella dialettica cresciuta limpressione (fino a non allinterno della Fondazione Cassa di Risparmio. E lo si visto essere pi soltanto unimpressione) che il rapporto del cittadino quando stata in discussione la vendita o meno dellIstituto con le istituzioni sia ridotto allunicum del raffronto con il potere bancario locale. Ripeto, si riscontrano in quei rari e circoscritti e con chi lo detiene (impressione ancor pi forte in una situazione ( per numero e per interesse) consessi qualit di classe dirigente, come la nostra in cui il sistema politico da troppi anni bloccato). apporti significativi che mutuano da esperienza e da cultura di E il potere, che gi di per se stesso (c vasta la letteratura anche valore. La politica? Se ne parla nelle cene, in certe occasioni. a questo riguardo) ha in s aspetti demoniaci, senza la mitigazione Episodicamente. Le istituzioni? Si lascia che siano ad occuparsene della dialettica politica, appare e/o addirittura diventa arcigno, i partiti. Delle istituzioni, delle amministrazioni locali se ne apprezza suscettibile, arrogante, insofferente: un guidatore che non vuole o se ne critica loperato, ma dallesterno. Come dei guardoni. (e non sopporta) essere disturbato. E allora molti ne hanno timore; Molti hanno timore di impegnarsi in politica e perfino di esprimere ne temono la ritorsione. Preferiscono quindi stravi lontano; opinioni politiche. Temono ritorsioni. S, vero, c anche chi ingraziarselo alla bisogna; assecondarne le richieste; sruffianarsene teme ritorsioni sulla propria attivit, sulle proprie imprese. Si teme i detentori. In certa pavidit ci stanno anche questi sentimenti. la caciara e il chiacchiericcio della politica sbragata, partigiana e Essa sicuramente qualcosa di congenito in particolare in certa contrapposta, cos come viene fatta da chi la fa oggi. Si teme il borghesia. Noi contiamo che lanalisi e la sveglia che provengono potere che annesso alla politica. In passato, nella nostra realt, dalla borghesia verso la borghesia, come quelli di Calenda e non era cos. O, almeno, molte di queste paure non cerano. I Romano di Italia-Futura, siano recepiti, accolti e cha da essi si partiti, tutti i partiti, si avvalevano di una partecipazione ampia e dispieghi un interesse, un impegno, una partecipazione che la borghesia non era estranea ad essa anzi ne era partecipe, attiva, promuovano e favoriscano il rinnovamento e la qualificazione influente. E la qualit della politica ne risentiva positivamente. Lo della classe dirigente di cui vi bisogno. Anche a livello locale. stesso personale politico ed amministrativo proveniva da quella Nei partiti, nelle istituzioni. e in quella (vita politica) si forgiava e si formava. Basterebbe uno

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Una societ che cambia


di Giuliano Zignani* Il mondo cambiato!. Ricordo questa frase sulle labbra di mia madre che la usava per descrivere i giovani che non erano pi come una volta e la societ che diveniva, a causa del progresso, a lei del tutto incomprensibile e sconosciuta. Ricordare questa frase, sulle labbra di mia madre, mi induce alla nostalgia. Il mondo cambiato. Stessa frase ma contenuti diversi. Questa frase oggi evoca infatti tristi presagi. La nostra societ oggi realmente cambiata, e il mondo non pi lo stesso. Le cause non vanno imputate solo a una globalizzazione che di fatto si trasformata in darwinismo sociale, e non solo a causa di una crisi dai confini ancora incerti e della ricadute drammatiche. Anche la nostra societ, intesa come comunit locale cambiata. E lo a causa delle ripercussioni dei cambiamenti mondiali. Il nostro mondo preda di mutamenti che ci impongono di rivedere tutti i nostri modelli di vita acquisiti nel passato e tutto lassetto istituzionale. Dobbiamo farlo per mantenere viva la nostra societ e i rapporti (le istituzioni) che ci legano gli uni con gli altri. Il cambiamento, si soliti dire, una cosa positiva. Purtroppo, a mio avviso questa frase di circostanza non si adatta al cambiamento che stiamo vivendo noi oggi. Ma come sempre, si pu cogliere lattimo (carpe diem) e cominciare a intraprendere quel percorso di riordino e di riavvicinamento di quel sistema di welfare e istituzionale che, causa il progresso, ha finito per diventare un Leviatano distante dal cittadino; ha finito cio per diventare la negazione della vocazione che avrebbe dovuto avere. La nostra societ, anche a causa della crisi, non pi in grado di rimanere quella di qualche anno fa, con istituzioni titaniche e macchine burocratiche lente, non al passo con i tempi e soprattutto costosissime. Le nostre istituzioni, il nostro welfare, debbono essere ripensate. Debbono tornare ad essere leggere nella costituzione, forti e stabili nellerogazione di servizi. Alla politica spetta questo gravoso e indispensabile compito. Certo, per essere al passo con i tempi e riprendere quanto ho accennato sopra pi che di cambiamento parlerei di evoluzione, adattamento. Come UIL di Cesena abbiamo gi da tempo lanciato un monito: o il nostro territorio e con esso le Istituzioni si evolvono, si adeguano ai tempi che cambiano, o il destino per il governo del territorio e per i servizi ai cittadini segnato. Il nostro obiettivo deve essere il cittadino. Le istituzioni devono comprendere che non in gioco la loro autoreferenziale esistenza ma la sopravvivenza del vivere comune, del vivere insieme. Le istituzioni cio devono capire che la sostenibilit non va finalizzata al mantenimento di una sovrastruttura ma diretta al mantenimento di servizi di qualit e di effettiva necessit per i cittadini. Ed proprio con questo spirito che la UIL ha pi volte anticipato i tempi e in settori diversi ha proposto riorganizzazioni che vadano in questa direzione, ovvero meno struttura pi servizi. Dalla Sanit al Trasporto Pubblico, dalle Provincie, alle Fiere, dalla Viabilit allAgricoltura, abbiamo da sempre proposto un inversione di tendenza, anche in periodi non sospetti (ovvero pre-crisi) chiedendo alla politica uno sforzo: quello di liberare risorse destinate e spese per la Governance di macchine non pi al passo con i tempi. Con questo spirito la UIL di Cesena, gi da dicembre ha lanciato una proposta: passare da 4 AUSL (Cesena, Ravenna, Forl e Rimini) ad un'unica AUSL della Romagna ( o di Area Vasta che dir si voglia) che mantenga qualit e quantit di servizi, che garantisca prossimit ed eccellenza al cittadino, e che vada a tagliare (o come direbbero alcuni nostri interlocutori razionalizzare) i costi di Governance, cio quei costi politici che garantiscono una spesa, che non portano servizi al cittadino/utente e che, se ridotti, creerebbero risparmi da poter destinare per potenziare la qualit e lefficacia del servizio reso alla comunit. Come spesso accade, per si sta andando in una direzione opposta: anzich cercare di qualificare e far funzionare lArea Vasta Sanit, usandola come traghetto per la creazione di un'unica AUSL della Romagna, unica possibilit che ci resta per mantenere una Sanit di eccellenza dopo le drammatiche crisi economichesia nazionali che locali che hanno colpito le nostre AUSL Romagnole, la nostra politica, i nostri Amministratori vanno della direzione opposta: razionalizzano (tagliano) servizi integrandoli, laddove

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Una societ che cambia


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possibile, su piccola scala cio fra le AUSL di Forl e Cesena, dimostrando una visione miopistica che ha quale unico obbiettivo il risparmio immediato e il pareggio di bilancio. Risparmio che, naturalmente, non prevede una razionalizzazione (taglio) delle spese politiche (Direttori Generali, Dirigenti, Consulenti) ma una razionalizzazione (taglio) dei servizi ai cittadini. La nostra Sanit, se non si cambier rotta, rischier seriamente di trasformarsi in un contenitore vuoto, una bellissima confezione di un prodotto che allinterno non c. Il ragionamento fatto sulla Sanit naturalmente adattabile ad altri settori, come ad esempio il trasporto pubblico, dove sempre come UIL abbiamo creduto, e fortemente voluto un'unica Azienda per il trasporto Pubblico Locale. O come quando, sempre come UIL, abbiamo lanciato la proposta, diversi anni fa, di un Polo fieristico della Romagna. Le prospettive e il progetto da noi pensato era per ben diverso da quello discusso oggi e che vedr sicuramente la perdita del Macfrut a Cesena: il nostro obiettivo, allora, era quello di creare il quarto polo fieristico emiliano romagnolo, che comprendesse appunto Cesena, Forl e Faenza, e che si affiancasse a quelli gi esistenti di Rimini, Bologna e Parma. Questa operazione, se andata in porto, avrebbe garantito dapprima di riequilibrare le offerte fieristiche regionali aumentando le potenzialit della nostra fiera e allo stesso tempo di mantenere a livello locale quegli eventi espressione della vocazione delleconomia del territorio: Forl con il settore avicolo, Faenza con la ceramica e Cesena con il settore agricolo. Grazie a questa operazione si sarebbe potuto garantire, anche per il futuro, il mantenimento di un evento di portata nazionale come il Macfrut a Cesena. Naturalmente non sono sufficienti questi piccoli interventi per salvare un Territorio, quello che deve nascere una consapevolezza Nazionale dellesigenza di un cambiamento di organizzazione delle Istituzioni che le rendano pi agibili, meno costose e pi efficaci. Proprio a questo proposito vorrei accennare alla discussione sulla abolizione delle Provincie. Ebbene una scelta di questo mi troverebbe del tutto favorevole. Certo va valutato un fatto non secondario: questa possibilit essendo legata ad un percorso costituzionale avrebbe tempi estremamente lunghi

e tenuto conto anche del difficile momento per la tenuta politica di Governo, ma anche dellopposizione, trovo questa via del tutto impraticabile. Oggi sono necessarie risposte immediate e la tesi della abolizione delle Provincie sembra avere, a livello centrale pi di un nemico, peraltro molto influente per la tenuta del Governo. In sostanza, al di l degli Spot da campagna elettorale quello che rischiamo che per aspettare un qualcosa che la politica non intende affrontare tutto rimanga invariato, a discapito della diminuzione dei costi della politica della qualificazione della spesa pubblica che tutti gli schieramenti politici, sempre a parole, dicono di voler affrontare. Personalmente invece valuto positivamente ogni proposta che, nei fatti, sia pi facilmente attuabile e vada nella direzione auspicata: snellimento degli apparati burocratici e abbattimento dei costi della politica. Credo infatti che i tempi siano maturi per cominciare a ragionare in termini di programmazione interprovinciale; anche pensando alla costituzione di una unica Provincia in Romagna. Questo non solo perch un'unica Provincia pu nei fatti diminuire sensibilmente tutti i costi indiretti che pesano sui cittadini ma anche perch ormai in tantissimi settori si ragiona in termini di bacini di utenza ampi come ad esempio, riprendendo quanto sopra detto, nei trasporti pubblici o in sanit. E del tutto evidente, stando cos le cose, che un unico livello istituzionale pi snello e maggiormente in grado di affrontare con tempi europei le sfide che il prossimo futuro ci riserva, ci garantir risposte pi efficaci. Questo quanto il mondo del lavoro (lavoratori, pensionati, giovani e imprenditori) ci chiedono. Dobbiamo comprendere che il nostro vivere sociale ci lega gli uni agli altri a doppio filo e che le scelte fatte dalla politica in questo periodo di molte ombre e poche luci saranno fondamentali. Solo se veramente, cos come anche la UIL Nazionale ha proposto, i costi della Politica verranno abbattuti, solo se le Istituzioni saranno capaci di tornare a rappresentare la gente e stare tra la gente, allora e solo allora potremo forse pensare che sia cambiato il vento, e che il mondo sia quello di una volta. Un mondo cio dove anche persone con visioni contrapposte, anche persone che non credevano negli stessi ideali, sono in grado di unirsi in un obiettivo comune per un domani migliore. *Segretario Generale UIL Cesena

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Romagna

Area Vasta: ente intermedio. Non nuova provincia


Provincia unica, facciamola subito la proposta ribadita sul Carlino di marted 6 settembre da Giancarlo Mazzuca (deputato PDL) e da Roberto Balzani (del Pd e Sindaco di Forl) , nei suoi contenuti di fondo, condivisibile. La difficile situazione che stiamo attraversando rende necessari interventi strutturali. Come fanno notare Mazzuca e Balzani altri paesi gi si muovono in questa direzione. Il nostro paese ne ha un bisogno ancora maggiore. Anche perch da tempo, pur non essendo mancato chi ne ha posto lesigenza, nulla si fatto per ammodernare lo Stato, e le sue Amministrazioni. Per dare efficienza e non spreco alla spesa pubblica. Non voglio nemmeno fare il conto da quando si cominci a parlare di Grande Riforma, o ancora prima, da quando si propose, dopo lavvento delle Regioni, di abolire le Provincie. Oggi si deve fare di necessit, virt. C da contenere e da riordinare con il bisturi la finanza pubblica, gravata da un enorme debito. Hanno ragione Balzani e Mazzuca:il taglio alle risorse degli enti locali metter in ginocchio le amministrazioni. E difficilmente sar evitato. N baster gridare contro. Fra le diverse cose da fare, non ultima il riordino dello Stato mettendo mano - e sto sulla proposizione di Balzani e Mazzuca - alla abolizione delle Provincie e allaccorpamento dei Comuni. Questa riforma strutturale non una semplice operazione di sottrazioni. un impegno che implica una adeguata cultura politica e non solo forbici e pallottolieri. Balzani e Mazzuca lo sanno. E lo dimostra il fatto che pongono un problema vero esistente da tempo e che non generato dalla crisi attuale; essa, semmai, ne pone lurgenza. Al di l del termine Provincia unica che non mi piace, Mazzuca e Balzani giustamente sostengono, a proposito della nostra realt territoriale romagnola, che un livello intermedio efficiente, leggero e poco costoso, in grado di raccordare i comuni sui temi di area vasta( dalla sanit ai trasporti, dai servizi a rete alla grande viabilit, dalla logistica alle fiere) sar comunque necessario. Il problema posto serio; lanalisi e lesigenza sono condivisibili. La soluzione deve essere dentro il riordino istituzionale che occorre. Non pu essere un qualcosa che si aggiunge allesistente. Si peggiorerebbe invece di migliorare. La questione cos posta oggi incontra molte critiche anche strumentali. Chi vuole la Regione Romagna annovera le considerazioni di Balzani e Mazzuca in supporto ad essa. Che non certo la loro intenzione. Chi vuole labolizione delle provincie non comprende perch se ne debba semplicemente fare una pi grande. In realt, e opportunamente, quel livello intermedio di governo del territorio di area vasta di cui parlano Mazzuca e Balzani non ha nulla a che vedere con le prerogative amministrative delle odierne Provincie; e non vuole neppure essere una nuova Regione. la Regione Emilia-Romagna che deve determinare questo suo braccio meglio operativo sulle esigenze di governo del territorio e favorire la coordinazione dei comuni. Si chiede una cosa a questo punto che contenuto di una riforma istituzionale. Deve avere un nome che ne espliciti il senso, il significato, la sostanza. Altrimenti non si capisce cosa si vuole e si rischia di ingenerare confusione, giacch sono tanti che cercano proprio questo per fare in modo che nulla cambi. Parliamo di Ente Intermedio di area vasta. Non di una nuova provincia, visto che se non si procede nellabolizione delle provincie sar fatica fare riforme che possano sortire un nuovo ente intermedio del tipo di cui parlano Balzani e Mazzuca. Non di una nuova Regione che non mi pare sia proprio lobiettivo dei nostri due. Adesso c da lavorare molto. Posta la questione occorre andare ben oltre la semplice richiesta. Bisogna metterla in un quadro organico e compatibile. Assetto, livelli, funzioni delle istituzioni. Certo si farebbero dei passi avanti se, intanto, la Regione si ponesse in questa lunghezza donda. Non mi pare lo stia facendo. Mi auguro che il dibattito avviato da Balzani e Mazzuca fori il muro del disinteresse e della conservazione. Mazzuca e Balzani, per, hanno anche la possibilit di una spinta maggiore in questa direzione: quella di chiedere subito che la sanit abbia un governo di Area Vasta. Una sola Ausl di Area Vasta; questa s, unica. E facciamola subito. evidente il vantaggio: risparmio, spesa pi efficace; riordino e qualificazione ulteriore dei servizi resi agli ammalati. Denis Ugolini

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Lettera aperta a istituzioni, forze economiche e sociali

Per una nuova governance della sanit in Romagna


di Denis Ugolini
E se provassimo ad andare oltre il chiacchericcio che finisce sempre nellaria fritta? Ci parliamo addossso su un sacco di cose. Ma spesso non veniamo a capo di nulla. I problemi rimangono l irrisolti. Per continuiamo a discuterne. Se affermiamo che quella questione importante, c sempre qualcuno che dice che ce ne sono altre pi importanti. Si finisce anche per dividersi sulle cose da mettere a fuoco, non fossaltro per vedere se si riescono ad affrontare insieme, e perch no? a risolvere. Proviamo a vedere almeno se siamo daccordo che c una problematica che sta a cuore a tutti (a molti, almeno). La sanit, per esempio. Penso che tutti, comunque, annettano ad essa rilevanza e importanza. Potremmo concentrare la nostra attenzione su alcune cose inerenti la politica sanitaria della nostra Regione Emilia-Romagna? E magari assumere una iniziativa comune? La sanit nella nostra regione sappiamo tutti che ha un buon livello di servizi e una qualit di sicuro invidiata da altre realt regionali. Questo non significa che insieme alle eccellenze non vi siano anche criticit e problemi. Troppo spesso succede, per, che quando discutiamo di queste cose si finisce nella lettura politichese delle varie posizioni. Finisce che si pensa che certe valutazioni siano a uso e consumo per fare polemica e criticare la parte politica che governa la Regione e le strutture sanitarie. Oppure si finisce con il trovare chi si limita ad enfatizzare che tutto va bene. E se andassimo oltre questo terreno? Di sanit si parla anche a proposito della attuale tremenda situazione della nostra finanza pubblica. Tutti, nessuno escluso, sanno che per intervenire in modo strutturale sul contenimento e sulla riduzione del debito pubblico e sulla ristrutturazione della spesa bisogna mettere mano, soprattutto, in tre fondamentali ambiti: pubblica amministrazione; previdenza; sanit. Da tempo nella nostra regione ed in particolare nella realt sub regionale romagnola si affronta la questione di Area Vasta, che coordina le quattro Ausl di Rimini, Cesena, Forl, Ravenna. Ci sono state discussioni accese sugli sbilanci finanziari di alcune Ausl. Ci sono specializzazioni che sono gi delle eccellenze riconosciute. Ce ne possono essere altre per le quali vi sono tutte le potenzialit. Sono possibilit che si hanno se si pensano e realizzano in ambito di area vasta, valevoli per tutta la realt romagnola. Esse, infatti, si possono realizzare se poggiano su un bacino di utenza che abbia la vastit adeguata per consentirle e per reggerle. La Romagna questo bacino. Non certo possibile pensare che tutto si possa moltiplicare per quattro, quante sono le Ausl romagnole. Un forte sistema ospedaliero fortemente integrato tuttaltro che irrealizzabile. Anzi! Possibilissimo e auspicabile. Integrazione e migliore organizzazione. Non solo si migliora e si qualifica ulteriormente il servizio sanitario. Si rende anche pi produttiva la spesa stessa del settore sanitario, che molto consistente. Si pu contenere, razionalizzare e qualificare. Di sicuro questi erano gi obiettivi che stavano dentro la stessa intuizione di Area Vasta. Ma qui, come per altro, non sufficiente avere desideri. Quegli obiettivi devono diventare perseguibili. Molte e tutte abbastanza ovvie le ragioni che inducono a ritenere che gi abbondantemente tempo che si passi dalla semplice coordinazione di Area Vasta ad una vera e propria governance della stessa: una sola Asl di Area Vasta. Una governance che integra fortemente il nostro sistema sanitario; che massimizza la produttivit della spesa; che consente di risparmiare sul fronte amministrativo. E che risparmio! Una sola direzione generale e amministrativa; un solo centro di spesa. Invece di quattro. Tenendo conto di tutto questo; della purtoppo difficile e prolungata ristrettezza della finanza pubblica e di quella di Regioni ed enti locali; tenendo conto che la sanit implica la stragrande maggioranza (oltre il 70%) del bilancio regionale; che le necessit di ristrutturazione finanziaria e di riorganizzazione dei centri si spesa si compiono meglio e con pi efficacia se si innestano in un processo concreto di riforma pi ampio e coerente in cui gli aspetti istituzionali e di governance sono rilevantissimi e dirimenti; tenedo conto di questo, che ne direste di rivolgere insieme una pressante, forte richiesta alla Regione perch affronti da subito la questione di Area Vasta romagna per quanto riguarda la sanit? Non sto chiedendo di concordare nel merito di certe soluzioni che semmai potremmo verificare nellambito di un confronto che ancora non si sviluppato e che non propongo in questa sede. Sto solo chiedendo se siete daccordo di formulare insieme la richiesta a che la Regione affronti questo problema; che scadenzi entro un periodo definito, che essa decider e dir, lapprodo degli atti di riforma che vorr adottare, le soluzioni che ritterr di approvare. Interessa che sia fissato questo tema, che sia dato una scadenza-obiettivo. Sulle proposte che la Regione far non mancheranno certo gli apporti costruttivi e di merito di un ampio dibattito. Liniziativa comune solo questa richiesta. Che se fatta insieme ha la forza necessariaalmeno per ricevere una risposta dalla Regione: se intende o no affrontare questa problematica ed entro quali tempi, eventualmente, scadenzarne la soluzione.

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Stavolta toccato a Giorgio La Malfa essere cacciato

La crisi dei repubblicani


di Piero Pasini Come le galassie nello spazio siderale vengono inghiottite dai buchi neri, cos anche il Pri, con le dovute differenze se non altro quantitative, sta scivolando nel suo buco nero politico. L'ultimo tassello stato dato dalla definitiva estromissione dal partito di Giorgio La Malfa, ex segretario e figlio non trota del mai dimenticato Ugo La Malfa. La sua cacciata ha fatto volare gli stracci in seno alla piccola famiglia repubblicana, infatti Giorgio La Malfa ha definito la sua espulsione un sollievo, ormai il partito ridotto ad un porcaio. Bella frase!! Molto signorile, se non altro perfettamente in linea con il linguaggio aulico e manzoniano tenuto dai politici italiani attuali, che pu essere detta da chi sbattendo la porta se ne va, ma non cos infatti il Giorgio era stato espulso a maggio del 2011, contro l'espulsione aveva fatto ricorso ai probiviri i quali nei giorni scorsi hanno confermato l'espulsione. Appare evidente che non lui che ha sbattuto la porta, ma sono gli altri che gliel'hanno sbattuta in faccia pertanto l'epiteto porcaio lanciato con violenza e cattiveria suona come il ringhio del cane pidocchioso che viene messo alla porta dalla padrona di casa. Naturalmente l'effetto della sua cacciata dal Pri nel panorama politico italiano non ha sortito nessun effetto se non qualche trafiletto qua e l nei giornali. Calma piatta quindi, se Giorgio sperava in un sommovimento popolare ha sbagliato di grosso. Il suo peso politico rasenta lo zero assoluto. Potrebbe assurgere per a stella di prima grandezza dimettendosi da parlamentare del Pri lasciando il seggio che scalda da ormai 37 anni e che nelle ultime legislature ha avuto grazie a Silvio Berlusconi e non per merito delle legioni di repubblicani votanti per lui. Fantapolitica, in Italia nessuno si dimette e Giorgio si terr ben stretto il suo scranno che gli garantisce stipendio e lauta pensione. Tuttavia se il Pri vive la sua agonia a Cesena ancora una forza viva, per questo abbiamo chiesto ad alcuni noti esponenti dell'edera come Luca Ferrini, Denis Ugolini, Luigi di Placido alcune considerazioni personali su quanto avvenuto anche in merito ai futuri sviluppi del partito. L'affermazione che il Pri sia un porcaio molto forte, immeritata e prodotta dall'arroganza di chi ha sempre voluto fare di testa sua commenta Luca Ferrini ex vicesegretario dell'edera, membro del consiglio nazionale in quota Francesco Nucara e consigliere comunale del Pri a Cesena quanto al futuro del partito le idee e i principi che animano i repubblicani sono nella cultura che portiamo avanti, non in un singolo uomo. Ugo La Malfa soleva dire che il partito repubblicano un'orchestrina che canta, peccato che in questo caso il figlio Giorgio sia stonato. Ho seguito la vicenda dell'espulsione e posso dire che stato fatto di tutto per ricondurlo alla ragione e alle norme statutarie. Ma lui non ha voluto mai intendere. Non pu agire come se il partito fosse cosa propria e mettersi al di sopra di ogni regola. Lo stesso segretario Francesco Nucara gli ha sempre detto che sarebbe bastata anche solo una cartolina di scuse per essere riammesso. L'arroganza per ha avuto il sopravvento sulla ragione. Pi pacato ma allo stesso tempo deciso il commento di Denis Ugolini da alcuni anni rientrato in seno al partito repubblicano e da sempre di fede laica e mazziniana. Quello che ha detto Giorgio La Malfa commenta Denis Ugolini un'espressione forte che non mi sarei mai aspettato dall'uomo e dal politico. Che il Pri viva una sua crisi evidente ma da l a dire che tutto un porcaio ce ne corre. L'espulsione poteva essere evitata attraverso un dialogo interno serrato ed aperto a nuove prospettive. La cacciata di Giorgio mi rattrista, ma ormai non pi questione di schieramenti su cui posizionare il partito, bens quello di trovare un nuovo modo di far politica che superi i vecchi steccati. Luigi Di Placido, consigliere comunale del Pri a Cesena che non sempre ha avuto, come sua ammissione, rapporti idilliaci con Giorgio La Malfa spezza per una lancia a favore. Non mi aspettavo questa espressione cos forte dice Luigi Di Placido chiaro che in ogni partito ci deve essere una disciplina interna, ma anche vero che c' una dignit personale come quella di Giorgio La Malfa che considera finita l'alleanza con il centrodestra berlusconiano. Vorrei che chi si dato tanto da fare per espellerlo si impegnasse anche nel dare al partito una direzione politica adeguata e certa. E' ormai da anni che i nostri deputati come Francesco Nucara, Luciana Sbarbati, Antonio Del Pennino fanno vita politica a s senza articolare una politica partitica nazionale nella quale ci si possa riconoscere. Comunque sono assai dispiaciuto per la perdita di Giorgio che in tutti i casi rappresenta una testa pensante anche perch la sua espulsione va inserita in una gestione spregiudicata e letta come una volont di normalizzazione del dibattito politico interno su un'unica direttiva. Ed ora, cosa sar del Pri? Il Pri senza un La Malfa avr un futuro? Inutile nascondersi dietro un dito, il Pri morto, morto definitivamente, ma non solo nel cimitero gli fanno buona compagnia tutti gli altri partiti che hanno amministrato l'Italia dal dopoguerra fino alla fine dello scorso secolo. Oggi c' un nuovo modo di far politica, dove non tanto l'uomo quanto l'idea o la cultura storico-politica-economica che si afferma nel dibattito e muove il meccanismo della cosa pubblica. Le recenti elezioni in Germania hanno rappresentato un grande successo del partito dei Pirati, cos si definiscono i navigatori di internet in Germania, non dobbiamo nascondere che pure il Movimento cinque stelle omologo italiano rappresentato dal capocomico Beppe Grillo ha avuto nelle ultime elezioni amministrative un grosso successo che nulla impedisce di pensare che possa essere ripetuto nelle prossime elezioni politiche creando non pochi problemi in particolare alle sinistre. Trascurare questi segnali sarebbe cieco e disonesto nei confronti dell'elettore. Ormai nuovi sistemi di comunicazione e di dialogo si vanno affermando, da facebook alle chat, alla posta elettronica oppure alla grande facilit di pubblicare in casa una rivista o un giornale. Sulle ali di internet un nuovo mondo si va aprendo, un mondo dove ciascuno veramente libero di esprimere la propria opinione e soprattutto un mondo dove non c' un leader ma l'opinione che la fa da padrona.

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Anche questa societ (civile?)


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Delude molto la politica sbragata del nostro paese. La condizione difficile economica e sociale nella quale molti soffrono un disagio drammatico, rende ancora pi deludente quello sbragato chiacchericcio inconcludente rispetto alle molte gravi questioni reali nelle quali ci troviamo immersi. Cresce una disaffezione nei riguardi della politica che proprio quello che non ci vorrebbe. Disaffezione, indifferenza, ma anche ribellismo, viscerale anti politica condita ovviamente da innumerevoli buone ragioni, ma anche da abbondanza di demagogia e di considerazioni un tanto al chilo. Di fronte ad una politica del genere ci vorrebbe una opinione pubblica reattiva, capace di concorrere a sostituirla con qualcosa di migliore. Proponendo e sostenendo soluzioni, proposte migliori e personale politico, pi serio e migliore. Nei partiti, tranne poche eccezioni, dilaga un personale preminentemente dedito al carrierismo. Dove si conquistano galloni pi per servilismo anzich per capacit, meriti e competenze. Nella societ civile c molta indignazione, si urla. Si va in piazza e spesso sono solo piazzate. Si mugugna e si sta da parte. Non fosse mai che ci si urta e ci si rimette qualche benevolenza cui attingere al bisogno. Insomma qualche volta dovremmo pure farci un esame anche come societ. Come cittadini. Che spesso ci riteniamo tali anche con non celata prosopopea. Ma altrettanto spesso in realt siamo pi rasenti allo status di sudditi che di cittadini. O perch non ce ne rendiamo conto; perch ci conviene; perch non facciamo nulla per esaminarci e capire; o perch non riusciamo a capire e men che meno ad esaminarci. Ciechi per orgoglio, per presunzione. Una apoteosi delle nostre molte mediocrit. Che non che non esistono solo perch non vogliamo e non intendiamo riconoscercele. Tanto per capirci su alcune cose. Facciamo mente locale alle varie occasioni in cui ci si trova fra amici, conoscenti, e capita di parlare delle cose che succedono e anche di politica. Ne vengono fuori certi spaccati che meriterebbero di essere riflettuti con impegno. Spesso il giudizio sulla politica un giudizio morale. Berlusconi il pi gettonato. Poi arrivano gli altri, Papa, Milanese e tanti altri nomi difficili anche da ricordare ed elencare tutti. Le cricche, le P tre, quattro e avanti cos. E l trovi coloro che il centrodestra lo fanno un assembramento di ladri, truffatori, porci e schifosi. E il giudizio inappellabile. Gioco forza la risultante: da quella parte il marcio della politica e della societ che quella sostiene (la maggioranza alle ultime elezioni). Per costoro laltra parte la parte buona, quella seria, onesta, incontaminata ed incontaminabile. Allora scattano coloro che non sopportano questo schema rigido e soprattutto non sopportano di essere annoverati in quel tipo di assembramento. E vanno allattacco. Contro la supposta superiorit morale della sinitra che la stessa di coloro che hanno test spaccato il mondo in due: la destra che fa schifo e la sinistra che la parte buona. Criticare la sinistra che suppone una propria superiorit morale doveroso a prescindere. Solo gli stupidi possono spaccare il mondo in due parti: in una solo i buoni, nellaltra solo i

cattivi. Ma questo a parte. Torniamo alla reazione cui facevamo riferimento. Che si arricchisce a sua volta di giudizi morali trancianti e gi nomi: il caso Penati, Oldrini, Sesto San Giovanni, la sanit pugliese, lassessore alla sanit che poi si manda in parlamento per dargli la giusta tutela (o anche il giusto premio?), e avanti cos un altro lungo elenco. La discussione in certi consessi va avanti cos. Fate schifo, no fate schifo voi. In uno stadio le curve che si mandano affanculo sono un esempio che sa di eufemistico. E nessuno disposto a fare un passo indietro rispetto alla propria opinione ed ingiuria. Berlusconi lo deve fare da capo del governo. Questi manco lo fanno da una semplice opinione, peraltro, ovviamente sbagliata. Tant! Anche questa societ. disarmante assistere a discussioni nelle quali non riesci a fissare un punto semplice. Del tipo: il marcio se c lo trovi ovunque; stupido dividere il mondo in buoni e cattivi, nessuno in grado di scagliare la prima pietra; la politica non migliore quando una parte prevale sullaltra in base ad un giudizio morale inattendibile ed immotivato. pi meritevole di un giudizio critico di tipo morale quello che si autosuppone moralmente il migliore che viceversa. E dire che dalle discussioni dovrebbero poter emergere le cose che non vanno per quel che sono. Non fa differenza se avvengono in un ambito invece che in un altro. Il punto che non vanno e basta. E quelle andrebbero corrette. Ma se per correggerle non si sa fare altro che intendere che bisogna andare nella parte diversa allora non si viene a capo di nulla. Il miglioramento della politica non se stai da una parte o dallaltra. Avviene se ne correggi le storture in tutte le parti in cui esse si manifestano. E nessuna esclusa. Avviene se ti impegni affinch ci sia una politica seria fatta di cose serie e di concrete soluzioni ai concreti problemi. Se i comportamenti sono i pi corretti. Se a fare la politica concorri a mettere chi la fa seriamentee con le capacit che necessitano. Non il moralismo un tanto al chilo quello che serve. Anzi, questo fa solo danni. Se ci si fissa sulle cose che si devono correggere e cambiare - e ci si pu intendere soprattutto in una conversazione fra persone che si conoscono e che si parlano liberamente allora ci si comincia a confrontare seriamente. E sicuramente ci si comprende. Non necessariamente ci si convince. Se poi ognuno anzich urlare, e giudicare in modo sbragato, si impegnasse su quelle cose a cambiare e a migliorare la parte che egli ritiene comunque la migliore, gi sarebbe molto. Perch la vera questione non che si migliora se si va da una parte o dallaltra, ma se si fa migliore ogni parte. Le differenze di opinione, di posizione e politiche giusto che vi siano. E vanno tutelate. Limpegno a farle buone e valide anche se diverse. Allora dopo bello scegliere se in un dato momento ci si rispecchia di pi in una forza anzich nellaltra. Ma questa la democrazia. Lo schematismo che vuole il bene solo da una parte ed il male solo dallaltra invece lanticamera del buio antidemocratico. E' lespressione pi nitida ed eloquente della nostra stupidit.

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Bimestrale - Direttore: Denis Ugolini - Direttore Responsabile: Ubaldo Marra
Redazione: Emanuela Venturi, Piero Pasini, Franco Pedrelli, Giampiero Teodorani, Natali Randolfo, Maurizio Ravegnani Registrazione n. 4/09 - Tribunale di Forl del 24/02/09 N. iscrizione ROC 18261 Poste Italiane spa-Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 - CN7FO

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