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NUMERO 1 - FEBBRAIO - MARZO 2012

Direttore: DENIS UGOLINI

Cambiare la politica
Appena prima di andare in stampa. La lettura di alcuni autorevoli interventi sui maggiori giornali nazionali ci conferma lavvedutezza di molte nostre argomentazioni sulle quali insistiamo da tempo. C una politica molto povera. La credibilit dei partiti ai minimi termini. La classe politica risalta per pochezza. Non si pu essere contenti. Questo stato comporta lindebolimento della nostra democrazia, non il suo rafforzamento. Per il quale, invece, fondamentale che vi sia un vero rilancio della capacit politica di riacquistare fiducia e credibilit. Ma occorre un profondo rinnovamento. Culturale e di classe dirigente. Siamo nel bel mezzo di una fase eccezionale, per difficolt, ma anche per opportunit. Questa seconda repubblica va condotta al suo epilogo. Purtroppo dobbiamo attendere lavvio del rinnovamento da parte di coloro che portano la responsabilit dello stato attuale. Ma la situazione tale che anche essi devono essere indotti a darsi una mossa. Dopo il governo Monti impensabile - e sarebbe colpevole - il semplice ritorno alle situazioni politiche precedenti. Il bipolarismo incentrato sul berlusconismo e sullantiberlusconismo va condotto al suo definitivo capolinea. Al nostro paese necessita la riforma costituzionale ed il riassetto funzionale delle istituzioni. Un pi adeguato e democratico sistema elettorale. Non possiamo affrontare il tempo presente e quelli prossimi, cos complessi e difficili, avendo una politica che capace solo di scontrarsi e di non offrire appropriate soluzioni. Il sistema politico non pu restare lo stesso di questi anni. I partiti sono vuoti a perdere. I partiti sanno solo fare danni. Il Pdl si mangiato la leadership. Il Pd terreno di scorrerie. LUdc farnetica. Un recente articolo di Giuliano Ferrara. E la sopravviven-za di partiti morti che rende vivace la protesta e legittima linsopportazione della politica come oggi appare. Viva i partiti - dice Giuliano Ferrara - se i partiti sono cose che costano poco, invadono poco lo spazio pubblico, e agiscono come collettori di altre forze vive (della societ) a favore di una leadership e di un programma, di idee modeste ma credibili. Per Ferrara fallirono i tentativi di tornare a una nuova mappa partitica, dai governi DAlema alla Bicamerale. Sono fallite le due ipotesi di riforma dei partiti: Berlusconi doveva strutturare un cartello elettorale, un partito leggerissimo; Veltroni aveva promesso una vocazione maggioritaria del Pd. Nella contrapposizione questi due partiti si tenevano in vita insieme. Quando il paese ha bisogno daltro essi non possono pi autoalimentarsi vicendevolmente. Oltre al fatto come scrive Angelo Panebianco che Partito democratico e Popolo della libert non hanno raggiunto, e forse mai raggiungeranno, la fase del consolidamento, quella chearriva a condividere una identit e si impegna con determinazione a difenderla. Essi al loro interno non hanno una comune identit. Il Pdl messo male. Raramente i partiti carismatici sopravvivono al declino plitico dei loro fondatori. Il Pd pure messo male. Quel partito nacque da una quasi fusione fra partiti preesistenti. Che non fu una fusione vera e propria (come anche dimostra la vicenda del tesoriere della Margherita). Ds e Margherita furono ben attenti a non mettere in comune le cose importanti. Ne derivata una struttura fragile e solcata da mille divisioni e diffidenze, frutto di differenti storie e differenti identit che non sono mai riuscite ad amalgamarsi per davvero. In Italia un rinnovamento politico richiede anche che si superi la regola che invece continua imperterrita e che nel Pd trova maggiore conferma: si cambiano le sigle, si scompongono e ricompongono i cartelli elettorali, al fine di assicurare ai dirigenti (sempre i soliti) la permanenza. Che per il bene del paese e per sperare in un rilancio della politica occorra andare oltre queste maggiori formazioni politiche cos come sono adesso, lo si deriva dal guardare i tentativi assurdi che fanno per tirare la giacchetta al governo Monti. Il Pdl che vuole farlo apparire come continuatore del suo programma. Il Pd che, come vorebbe Veltroni, ritiene che Monti stia realizzandoil riformismo del primo governo Prodi. Farebbero bene, a destra come a sinistra, a riflettere che Monti il risultato del fallimento del centrodestra di affrontare la crisi e della incapacit del Pd di proporre una alternativa credibile. Il Pdl sta perdendo pezzi al suo interno. Sta sfarinandosi fra tesseramenti falsi e pre-parativi di fuga. A sinistra, nel Pd come dice Massimo Salvadori: il Pd sta offrendo scarsa prova di essere in condizione di presentare una leadership incisiva per quel che concerne vuoi il programma vuoi le caratteristiche del suo gruppo dirigente, diviso nelle varie correnti. Il Pd recentemente cresciuto pi per i vizi e i difetti del berlusconismo che per virt propria. Quasi ogni volta che il Pd deve pronunciare dei s in tema di alleanze di governo, candidatura alla premiership, politiche economiche e sociali, diritti civili, questioni etiche, laicit,ecco emergere le difficolt legate alla sua origine. Lessere nato da un amalgama di componenti che provoca contrasti non risolti, veti e controveti, la mancanza di strategie condivise, alimenta minacce di nuovi scollamenti. Sarebbe bene porsi in modo attivo dentro questa fase della vicenda politica italiana. Per non restare a guardare se per caso ne deriver qualche rinnovamento. Ma per cercare di essere in qualche modo partecipi del tentativo e per concorrere ad indirizzarlo. Sarebbe bene che la cultura laica, liberale e democratica non restasse ai margini del dibattito attuale. Mancherebbe unessenziale risorsa per imprimere rinnovamento alla cultura politica.

Pag. 2- Cosa occorre fare Davide Giacalone Pag. 3 - Il Governo Monti: un esempio per le lites e i cittadini Luigi Tivelli Pag. 4- Troppi costi dello Stato. Troppa pressione fiscale Flavio Pasotti Pag. 5 - No alla conservazione che vince contro i nostri figli Guido Piraccini Pag. 6 - Cambiare il sistema elettorale Sandro Gozi Pag. 7 - Riformare la Costituzione Pag. 8 - Emergenza. Governo Monti. Il vuoto politico Denis Ugolini Pag. 9 - Le province come l'araba fenice Giampiero Teodorani Pag. 10 - Sanit. Per Area Vasta un nuovo assetto di governance Pag. 11 - Sanit. La Regione non ha una politica Denis Ugolini Pag. 12 - Sanit. La sanit romagnola e il paradosso di Buridano Giuliano Zignani Pag. 13 - Sanit. L'armonia di una sola AUSL Romagna Giancarlo Biasini Pag. 14-15 - Sanit. Inappropriata l'autoreferenzialit di sistema Giuseppe Zuccatelli Pag. 16-17 - Sanit: Area Vasta. Dimensione ottimale Incontro con Claudio Vicini Pag. 18 - Sanit. Un'azienda sanitaria unica romagnola: per migliorare Damiano Zoffoli Pag. 19 - Sanit. Un'azienda sanitaria unica romagnola: l'ora dei fatti Thomas Casadei Pag. 20 - Sanit. Infrastrutture "leggere" per la modernit Stefano Mancini Pag. 21 - Sanit. Evitare inutili duplicazioni Stefano Montalti Pag. 22 - Unindustria Forl- Cesena. Unire le ASL romagnole Giovanni Torri Pag. 23 - Banche in chiaroscuro, fra crisi economica e finanziaria Paolo Morelli Pag. 24-25 - Cesena. Molta burocrazia e molte parole Luigi Di Placido Pag. 26 - Cesena. Investire per la sicurezza Corrado Augusto Patrignani Pag. 27 - Cesena. Scelta sbagliata per il centro. E' ora di cambiare Valeria Burin Pag. 28-29 - Cesena. Molta facciata. Scarsa sostanza Franco Pedrelli Pag. 30 - Cesena. Non c' progettazione. Non c' confronto Davide Buratti Pag. 31 - Cesena. Mettere in moto un confronto pi alto Maicol Mercuriali Pag. 32 - Tracce del Risorgimento a Cesena Rita Ricci Pag. 33 - Bisogno di politica. Bisogno della Sinistra Elena Baredi Pag. 34 - Quanto ancora deve durare un siffatto PD? Pag. 35 - Partiti, go home! Luca Ferrini Pag. 36 - Il grande nevone

2 Governo. Partiti

Cosa occorre fare


di Davide Giacalone*
Sia che leuro sopravviva alla pochezza della classe politica europea, sia che salti mettendo tutti sulla scia dei greci, noi italiani avremo da fare i conti, subito e sul serio, con il debito e la spesa pubblica. Entrambe da abbattere. Se ci apprestassimo a farlo con le tasse non solo non ci riusciremo, ma faremmo stramazzare i contribuenti, il sistema produttivo e lItalia tutta. Se pensassimo di farlo con i tagli ne usciremmo sfregiati e dissanguati, tanto pi che a tagliare sarebbe chi dovrebbe essere tagliato. Ci sono due vie alternative, da imboccare subito. Sul fronte del debito dobbiamo dargli un colpo secco, portandolo sotto la totalit del prodotto interno lordo, quindi allineandolo a quello degli altri grandi europei (dove cresce). Possiamo riuscirci senza allungare le mani sul patrimonio dei privati, quindi senza porre irrisolvibili problemi di equit e tenuta politica. Possiamo riuscirci lavorando sul patrimonio pubblico. Ci sono diversi possibili approcci, discussi in circoli chiusi, mentre sarebbe bene ne parlasse la politica tutta, ove abbia ancora voglia d'esistere: si prende il patrimonio alienabile, composto da mattoni e partecipazioni, si aggiungono concessioni e crediti, li si mettono in un veicolo finanziario, sincarica chi lo diriger di venderlo al meglio (non certo in una botta, perch equivarrebbe a svenderlo e regalarlo, che di regali se ne sono gi fatti troppi), intanto si quota la societ e, se necessario, si chiede agli italiani con maggiore liquidit di acquisire una parte delle quote. Non sarebbe una patrimoniale, perch i soldi non verrebbero buttati via nel servizio ad un debito (con questi tassi e con questa recessione) insostenibile, ma impiegati in un fondo che restituir i soldi a chi ce li ha messi. Un valore stimabile fra i 400 e i 600 miliardi (a seconda delle formule), che farebbero scendere di trenta punti il debito, portandolo al 90% sul pil. La regola del fondo : si vende a fette programmate e il ricavato va in gran parte allabbattimento del debito e per la parte rimanente a investimenti in reti e infrastrutture. Cos il mercato si riprende. Sul fronte della spesa inutile far finta di credere che ci sia un qualche governo in grado di abbassarla quanto serve. Arrivati alla soglia della spesa corrente, composta da stipendi e gestione, lincapacit politica non sapr mai conciliare la riduzione dei servizi con il necessario consenso (siamo una democrazia, anche se si tende a dimenticarlo). Usiamo un sistema diverso: lo Stato ceda attivit al mercato. Vale anche per la scuola, la sanit, la pubblica amministrazione. Chiedendo a chi gestir di garantire almeno la stessa qualit (non ci vuole poi molto), ma percependo somme progressivamente minori, fino ad una riduzione del 20% in cinque anni. Per i privati sarebbe un affare, perch una gestione passabilmente razionale, non imbrigliata dalla cogestione politica e sindacale, consente sinergie oggi sconosciute. Anche solo lavorando sullorganizzazione e la digitalizzazione la scuola costa meno, offre un servizio migliore ed un luogo di lavoro pi attraente per chi voglia fare linsegnante e non limpiegato in attesa di pensione. Se lo Stato si sottopone ad una drastica cura dimagrante, divenendo pi leggero, evita che a stecchetto siano tenuti i cittadini. N vale lo spauracchio del taglio dei banchi, dei posti letto in corsia, o dei servizi essenziali, perch questo, semmai, quel che accadr continuando landazzo attuale. Con provvedimenti di questo tipo i tassi scendono senza che ci sia bisogno di strusciarsi alla signora Merkel, anzi, rappresentando un esempio di quel che dovr fare lEuropa tutta, ove non voglia affondare nelle proprie paure. In un Paese cos rivoluzionato le liberalizzazioni, che ci vogliono, ma devono essere vere e non vendicative, partendo da quel che invischia il mercato, sarebbero un formidabile volano di sviluppo. Ma s, datemi pure del matto, per credo che con un po di sana politica, una buona dose dorgoglio nazionale e tanta libert (anche dal giogo fiscale) per i produttori, imprenditori e lavoratori, possiamo ben puntare ad un nuovo salto in avanti. Oltre tutto si chiude con il passato della miseria politica e dellaccattonaggio a spese della collettivit. Non mancano le forze, mancano il coraggio e le idee. Qualcuno ha notizie dal pianeta dei due grossi partiti politici? Esistono ancora, a parte il ripetere che saranno leali con il governo, vale a dire confermare che preferiscono essere commissariati, piuttosto che governanti? La prassi costituzionale non conosceva le consultazioni quirinalizie, volte ad accertare la loro capacit di votare leggi e riforme, giacch la Costituzione, per chi ancora ne conservi una copia, non prevede alcun ruolo del Colle nel processo legislativo, se non alla sua conclusione e al momento dellemanazione. Eppure Napolitano li ha chiamati e ricevuti a turno. Probabilmente per accertarsi della loro perdurante esistenza. Sar il caso dosservare, per, che il commissario chiamato a far fronte alla crisi del debito ha avviato attivit plurime, destinate ad avere scarso impatto immediato e vaste ripercussioni nel futuro. Fa politica, come giustamente compete al governo, anche rimodellando il patto sociale su cui si regge il sistema, sia dal punto di vista fiscale che della legislazione regolante il mercato. Se i partiti contano di tornare sulla scena a cose fatte commettono un errore di calcolo, perch a cose fatte la scena non li contempler. Prendersela con Monti per le liberalizzazioni cosa alquanto bislacca, visto che si sarebbero gi dovute fare e che tale lavoro sarebbe spettato proprio a quei partiti, dimostratisi incapaci. Ma il fatto che le liberalizzazioni sono, per la gran parte, dei titoli vuoti, delle bandiere senza stemma, il cui solo significato consiste nel dare lillusione che cambiare si pu solo abrogando la politica. Lo hanno capito? Quei partiti saranno considerati colpevoli dellinsuccesso, anche quando non avranno fatto altro che chinare la testa. Faccio solo due esempi: benzinai e notai. Le misure proposte dal governo servono a meglio sostentare una rete disfunzionale, che dovrebbe essere sfoltita: i benzinai sono troppi e poco automatizzati, il doppio della Francia e il triplo dellInghilterra, sicch (i conti tornano) ciascuno eroga, mediamente, la met dei colleghi francesi e un terzo di quelli

3 Governo. Partiti

Il Governo Monti: un esempio per le lites e i cittadini


di Luigi Tivelli* Mi sembra che sin qui gli osservatori politici non abbiano colto una significativa opportunit, tra le altre, che il Governo Monti pu rappresentare per il Paese. E ormai noto a tutti che pesa sullItalia non solo la questione della qualit e delle performances della classe politica, ma anche un problema di qualit, anche in termini di etica pubblica, delle classi dirigenti in genere, come ha colto, tra gli altri, Giuseppe De Rita, con la sua peculiare capacit di percepire in profondit i fenomeni sociali (Leclisse della borghesia; GLF, Editori Laterza). I mali delle classi dirigenti si chiamano, in sintesi, gerontocrazia, autorefenzialit, assenza di meritocrazia, familismo, scarso senso dello Stato. Ebbene, il processo di costituzione del Governo Monti ha comportato lascesa negli scranni di Ministro, Viceministro o Sottosegretario di autorevoli appartenenti a diversi spezzoni delle lites, aduse, sin qui, a tenersi distanti dalla politica, salvo una certa tendenza a denigrarla. La composizione dellEsecutivo Monti, non a caso, fatta di professori universitari, professionisti di rango, top manager, banchieri e civil servant. E cos esponenti di questi che sono i filoni principali delle nostre lites sono entrati nel melting pot dellIstituzione-guida della democrazia. Fra laltro, sembra che vari di essi abbiano rinunciato a ricchi emolumenti, pagando in termini di sacrificio economico il loro ingresso nellEsecutivo. Si tratta di un modo significativo
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di dare lesempio agli altri appartenenti alle stesse lites, tanto pi rilevante in quanto la prima funzione delle classi dirigenti dovrebbe essere proprio quella di dare lesempio. Questo comporta un primo segnale di risveglio di un certo senso delletica pubblica e di un chiaro senso dello Stato. Un messaggio che si spera possa raggiungere e coinvolgere tanti altri appartenenti alle lites. Daltronde, lo stesso Senatore Monti aveva mostrato gi in sede di esposizione al Senato di avere ben presente tale funzione esemplare del suo Governo di impegno nazionale, che rilevava Monti in quelloccasione significa assumere su di s il compito di rinsaldare le istituzioni civili e istituzionali, fondandole sul senso dello Stato. Ed aveva anche dimostrato in modo plastico e penetrante di avere ben chiaro il nodo istituzionale e civico che, grazie anche alle carenze etiche e di vision delle lites, pesa sul Paese. In un passaggio sostanzialmente bucato dalla stampa aveva infatti rilevato: il senso dello Stato, la forza delle Istituzioni, che evitano la degenerazione del senso di famiglia in familismo, dellappartenenza alla comunit di origine in localismo, del senso del partito in settarismo. Se solo il Governo Monti riuscisse a contribuire a trasformare tali patologie, di cui portano la responsabilit le intere classi dirigenti (e che purtroppo coinvolgono anche milioni di cittadini), in una fisiologia civica e istituzionale, sarebbe con grande dono civile per tutto il Paese, idoneo a riconciliare maggiormente i cittadini e le Istituzioni, i cittadini alla politica, come ha chiosato il Presidenteeconomista, che mostra per anche una certa cultura istituzionale, politica e sociale.
* Editorialista e scrittore

Cosa occorre fare


inglesi. Se liberalizzare significa allargare i prodotti non oil, quindi altre merci, ci servir a conservare lesistente, non a cambiarlo. Sul fronte dei notai il problema non quello di aumentare il loro numero (per giunta a cura della stessa categoria), ma diminuire gli atti per cui i cittadini sono costretti a ricorrervi. Un tempo molti passaggi, nella vita delle societ a responsabilit limitata (srl), si facevano sul libro soci, ora dal notaio, con il risultato che molte di queste societ spendono per i notai pi di quanto abbiano come capitale sociale. Liberalizzare dovrebbe servire ad alleggerire, non il contrario. Ma i grossi partiti sembrano ipnotizzati. Timorosi di dire lovvio, per non prendersi la responsabilit di avere osato obiettare. Da seguace delle liberalizzazioni, invece, mi prendo la libert di sostenere che farne di apparenti, con interminabili tira e molla, che non daranno risultati apprezzabili, nel mentre saffronta un biennio di recessione, sembra la ricetta sicura per far credere che le liberalizzazioni portano male. Come porta male farle a cura non di chi ne risponde agli elettori, ma di chi popola la categoria meno esposta alla competizione e al mercato: i mandarini della burocrazia statale, giudiziaria, amministrativa e professorale. Cosa aspettano, i grossi partiti, che al Quirinale obiettino sulla disomogeneit del decreto, negando la firma? Illusi, quello un trattamento riservato ai governi politici (meglio se antipatici al Colle), mica a questo. Napolitano non il conte Ugolino, ma un genitore premuroso. Quando lattuale esecutivo nacque non mi scagliai contro, perch la situazione era drammatica. Ancora oggi un punto forte del governo Monti il ricordo lasciato dai predecessori. Ma avvertimmo del pericolo: se nel tempo di questo governo i due grossi partiti non provvedono ad un accordo per cambiare la legge elettorale e lo schema costituzionale, se non sono in grado di giungere a un compromesso che copra il tempo di questa e della prossima legislatura, sono finiti. N il caso di festeggiare, come pure si sarebbe tentati, perch cos si apre la via ad una legislatura, la prossima, dominata da caos e antagonisti. Il tempo trascorso. La loro capacit di reazione stata nulla. Se Alfano e Bersani non saffrettano, a nome dei due mondi spappolati, ad annunciare il cambio di passo saranno gli elettori a stabilire chi, fra i due schieramenti, scompare per primo. Il secondo segue a ruota. *Editorialista per Libero, Il Tempo e RTL.102,5

Troppi costi dello Stato.Troppa pressione fiscale


di Flavio Pasotti* C un gran discutere sul peso della crisi, su quali cittadini stiano sopportando i maggiori sacrifici per salvare il paese. La convinzione diffusa che il governo per essere credibile debba scontentare tutti: debba colpire la constituency elettorale del centrodestra con i suoi professionisti e le partite iva e che poi per contrappasso possa mettere mano al mercato del lavoro e al totem dellarticolo 18 come se la politica fosse un bilancino dei sacrifici. Nasce in molti il dubbio che, eccetto lintervento fiscale della terza manovra del 2011, il resto delle iniziative del Governo siano di portata piuttosto contenuta e che titoli di importanti riforme si declinino in azioni timide. La situazione molto peggiore di quanto si immagini. La celebre economia reale stenta a trovare un solido piano dal quale spiccare il balzo della ripresa. La domanda privata interna compressa dal calo del potere di acquisto; la domanda pubblica per beni e servizi bloccata dai vincoli del debito e nella sua residua parte non certamente una domanda di beni innovativi e di qualit; la domanda internazionale ancora vigorosa pur se meno effervescente dello scorso anno ma i nostri beni scontano costi indiretti elevati. La pressione fiscale sui settori pi moderni e strutturati, cio quelli che non possono eludere, spaventosa e impedisce il normale processo di accumulazione di capitale rendendo impossibile lautofinanziamento degli investimenti. Lapprovvigionamento sul mercato del credito costoso e si riflette in una relativa disponibilit per le attivit ordinarie e in una assoluta indisponibilit per gli investimenti. La situazione finanziaria delle aziende pericolosamente tirata nonostante le iniezioni di risorse che gli imprenditori hanno fatto in questi tre anni (e per la prima volta tutti, banche per prime, pur silenziosamente lo riconoscono). Il bollettino di guerra potrebbe proseguire ma sarebbe inutile: i fondamentali riguardano sempre la domanda e le risorse, cio il mercato dei beni e della moneta. E siamo letteralmente agli sgoccioli. Solo la straordinaria solidit del nostro sistema manifatturiero ci ha permesso di reggere non solo la crisi finanziaria internazionale ma pure lo sfascio fallimentare del bilancio dello Stato, alla faccia delle polemiche sciocche sulla dimensione di impresa. La pars construens purtroppo non consolante. Il Governo della Repubblica sul lato dello stimolo si sta impegnando in un encomiabile per quanto ancora abbozzato sforzo a costo zero: riforme necessarie che costruiranno un paese pi moderno. Sono da fare ma non bastano: non bastano assolutamente per sopravvivere. Abbiamo accettato laccordo europeo sul Fiscal Compact seguendo le indicazioni della Germania. E molto oneroso non oggi ma dai prossimi bilanci e quindi o sblocchiamo la crescita o la situazione, se possibile, peggiorer: la ulteriore riduzione del 3% annuo del debito pubblico sar una mazzata durissima, ripetuta, insopportabile. Per far ripartire leconomia senza sperare nel solo traino internazionale c una e una sola speranza che sembra contraddire tutto quanto sin qui esposto: una significativa, da subito, e solo poi graduale nel tempo riduzione della pressione fiscale e uno spostamento della stessa dalla ricchezza generata dal lavoro ad altre basi impositive. Avere accumulato un ingente capitale privato e non avere di che vivere tutti i giorni una sindrome che colp nel passato le classi dominanti progressivamente condannate ad essere poveri rentiers. Se vogliamo salvarci e salvare il paese dobbiamo concentrarci sul conto economico delle aziende e delle famiglie, rassegnandoci ad una vigorosa e per certi versi dolorosa ritirata della mano pubblica che ancora oggi, come ognuno di noi vede in mille episodi della nostra vita quotidiana, ancora un coacervo di sprechi disgustosi, di insopportabili disuguaglianze e di tutele per i meno meritevoli, per tutti coloro che collusamente con la politica si mettono al riparo dalla concorrenza. Presidente Monti, va bene la discussione sullarticolo 18 ma ci tolga alla svelta i costi dello Stato, quelli della politica in senso stretto al confronto sono risibili. Faccia politica, non usi il bilancino dei cerchiobottisti. Colpisca duro i mantenuti, le associazioni, gli enti e le macchine burocratiche nutrite e protette dalla pi scadente delle classi dirigenti mai vista nella nostra storia. Non venda i gioielli di famiglia, paradossalmente sarebbe troppo facile e non sarebbe il momento. Faccia fuori pezzi interi di bilanci della pubblica amministrazione e riduca le tasse: usi la falce, prima che arrivino i forconi. Come si direbbe nei fumetti: questo un consiglio che non pu rifiutare.
* Imprenditore

5 Riforma del mercato del lavoro

No alla conservazione che vince contro i nostri figli


di Guido Piraccini Le pi recenti stime effettuate dal Ministero dello Sviluppo parlano di oltre 300 mila posti di lavoro in pericolo nel 2012. Nessuna fonte ha contestato tale stima pertanto dobbiamo ritenerla credibile. Del resto, anche nei tre anni di crisi che abbiamo appena passato lordine delle cifre stato quello. Con una differenza per. Che finora la grande maggioranza dei posti di lavoro perduti stata costituita da posti con contratti a termine, lavori a progetto, collaborazioni molte volte fasulle con partita IVA e simili. Ora, invece, incominciano a chiudersi periodi di Cassa Integrazione a zero ore attivati per rinviaredei licenziamenti di lavoratori stabili, quelli protetti dallarticolo 18 della Legge 300 del 20 Maggio 1970 (Statuto dei lavoratori) e quindi sono licenziamenti pi pesanti in termini sindacali. Inoltre questanno, dopo la manovra finanziaria, prevista una pericolosa recessione nel contesto di un tasso di disoccupazione giovanile pauroso che sfiora il 30%. Di fronte ad una tale paurosa situazione come sta reagendo il Paese, il Governo, le forze sociali; in maniera altrettanto drammatica; ci stiamo adattando alla non crescita aumentando tasse e balzelli sul reddito e sulla ricchezza, piuttosto che affrontare i veri problemi che ci assillano. LItalia, insieme a tante cose, ha assolutamente bisogno di nuovi posti lavoro subito, non fra qualche anno. Quindi ha bisogno di risorse finanziarie che siano di stimolo ai consumi e agli investimenti. Aumentare la domanda di lavoro nel nostro paese significa anche aprirlo agli investimenti stranieri. E bene sapere che per questo aspetto, oggi lItalia penultima in Europa: peggio di noi fa soltanto la Grecia. Se riuscissimo ad allinearci a un paese europeo che occupa una posizione mediana nella graduatoria, come lOlanda, questo porterebbe un aumento del flusso annuo di investimenti in entrata di decine e decine di miliardi di euro che vogliono dire centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro ogni anno. Onestamente dobbiamo dirci che per rendere lItalia pi attrattiva per piani industriali esteri, per liberare risorse per consumi e investimenti non bastano un po di liberalizzazioni di cui gli eventuali benefici saranno a medio/lungo termine. Occorre da subito ridurre la spesa pubblica; i costi della politica; servono infrastrutture pi efficienti, un costo dellenergia pi basso. Come importante una legislazione del lavoro pi semplice e allineata agli standard internazionali. Che significa anche scardinare lidea che lunica forma possibile di protezione contro la precariet sia costituita dallart.18: senza quello, tutti diventano licenziabili e dunque tutti diventano precari, tutti sono privati della libert e della dignit nel luogo di lavoro; se fosse cos si dovrebbe concludere che lEuropa un continente interamente popolato da precari che lavorano in condizioni non dignitose e di insicurezza, esclusi soltanto i nove milioni di lavoratori dipendenti italiani che godono della protezione dellart.18. Sappiamo che non cos, anzi, tuttaltro. In merito utile precisare che nessun progetto di riforma del mercato del lavoro in discussione prevede che vengano toccati i rapporti di lavoro stabili regolari gi esistenti. Chi parla di precarizzazione dei garantiti lo fa soltanto per spaventare lopinione pubblica, per alimentare la paura dellondata di licenziamenti. E la tecnica del fuoco di sbarramento; negare la realt. Ho abbastanza anni per ricordare che Luciano Lama non disse soltanto che il salario non era una variabile indipendente, ma afferm anche: Non voglio vincere contro mia figlia. Noi, purtroppo, in un certo senso abbiamo vinto contro i nostri figli. Qualche anno fa, un dirigente sindacale, ebbe ad affermare: senza fabbriche non ci sono diritti. Non in fondo questo il motivo pi profondo per il quale abbiamo bisogno di una riforma del mercato del lavoro? La nostra cultura industriale e del lavoro arretrata e rattrappita. Non ci rendiamo conto del fatto che la migliore difesa della libert e sicurezza economica e professionale del lavoratore costituita dalla possibilit che gli si d di cambiare azienda quando le cose non vanno bene. Ultimamente ho avuto occasione di incontrare diversi giovani di 25-30 anni impegnati in lavori precari e/o disoccupati; nelle loro considerazioni, di frequente, venuto fuori la domanda che implicitamente voleva essere anche una risposta a cosa servono oggi i sindacati in Italia. Francamente io credo che questa domanda/risposta, fra i giovani, sia molto diffusa per non dire quasi unanime e che tale esperienza sia vissuta sicuramente ogni giorno, pi volte al giorno, anche dai dirigenti del sindacato del nostro territorio e/o comunque nazionale. E allora, perch nellera della globalizzazione il sindacato non prova ad essere lintelligenza collettiva dei lavoratori che consenta loro di attirare limprenditoria europea e mondiale cercando di ingaggiare limprenditore capace di valorizzare meglio di tutti gli altri il loro lavoro. Per questo occorre un sindacato in grado almeno di conoscere lEuropa, i progetti pi appetibili alle migliori aziende, valutare i piani industriali, da qualsiasi parte provengono, comprenderne lattendibilit economica, tecnica ed etica; e se la valutazione positiva, il mestiere di quel sindacato consiste nel guidare i lavoratori nella negoziazione e stipulazione della scommessa comune con limprenditore sul piano industriale; controllare lattuazione del piano; infine controllare la spartizione dei frutti, quando la scommessa sia stata vinta. Se si riuscisse ad assumere un tale visione/ruolo sono sicuro che sarebbe molto pi facile affrontare le questioni insite nella riforma del mercato del lavoro e quindi anche quelle specificamente inerenti allart.18. Perch pur vero che la rimozione dellart. 18 non deve essere considerata la panacea di tutti i mali. Ce ne sono ben altri. Ma sarebbe anche un gravissimo errore rinchiudersi in una difesa tutta ideologica senza prospettiva e senza futuro.

6 L'impegno dei partiti

Cambiare il sistema elettorale


di Sandro Gozi* Il giudizio della Corte costituzionale sul referendum che mirava a cancellare un sistema di voto insensato deve comunque spingere il parlamento a riformare la legge elettorale. I limiti della legge Calderoli, meglio conosciuta come Porcellum, sono principalmente tre. Innanzitutto rende impossibile garantire la governabilit del paese a causa dellinefficienza del meccanismo dei premi di maggioranza regionali per lelezione del Senato. Il sistema non infatti capace di assicurare alla coalizione pi votata la maggioranza assoluta dei seggi al Senato della Repubblica, per effetto della possibile neutralizzazione reciproca dei premi di maggioranza regionali. La legge elettorale attuale inoltre lede il principio di rappresentativit: non essendo prevista una soglia di consenso minima per l'assegnazione del premio di maggioranza, pu determinarsi un forte squilibrio nel rapporto tra voti conseguiti e seggi ottenuti fino a consentire a liste minoritarie nel paese di beneficiare almeno alla Camera dei deputati in maniera del tutto sproporzionata grazie al premio di maggioranza. Ha infine aumentato il peso delle segreterie dei partiti indebolendo il rapporto tra eletti ed elettori a causa dell'effetto congiunto del meccanismo delle liste bloccate, della sostituzione dei collegi uninominali con circoscrizioni elettorali di grandi dimensioni e della possibilit di candidature plurime. In particolare, l'ampiezza delle circoscrizioni e la conseguente estensione delle liste bloccate hanno compresso significativamente la riconoscibilit dei candidati da parte dell'elettore, facendo aumentare la distanza tra la base elettorale e la sua rappresentanza parlamentare e i meccanismi di dialogo e di responsabilit politica. Purtroppo nonostante le varie critiche che questa legge ha ricevuto negli anni, dal mondo accademico come da quello politico. Le forze politiche non hanno ancora affrontato con determinazione tale questione. Cos una legge elettorale che scontenta tutti e che a parole stata rinnegata anche dai partiti politici che sostennero il governo Berlusconi nel quinquennio 2001-2006, non ancora stata abolita. I referendari, nella scorsa estate compirono il miracolo di raccogliere un milione e duecentodiecimila firme, in soli due mesi. Questa partecipazione massiccia, in un periodo che non agevola la mobilitazione sociale, segno di una forte esigenza da parte della cittadinanza, di essere partecipe delle scelte della politica e della classe politica. Il comitato referendario ha sempre dichiarato che il raggiungimento delle firme necessarie per la presentabilit del referendum era solo lobiettivo formale, e che lambizione fosse quella di raggiungere pi firme possibili, proprio per rafforzare il messaggio di riformare questa legge elettorale. Lenergia che si propugnata in occasione della battaglia referendaria, non oscurata dallesito sfavorevole e prevedibile dellammissibilit del referendum. I giudici costituzionali hanno rilevato che uno stato democratico non pu permettersi un vuoto di carattere normativo in materia elettorale. Daltra parte, in molte occasioni, il Presidente della Repubblica, ha dichiarato lopportunit da parte del Parlamento, di adoperarsi per dare al Paese una sistema elettorale capace di rispecchiare a pieno la partecipazione popolare. "Il Parlamento pu impegnarsi celermente sulle riforme e la legge elettorale, anche per corrispondere alle attese dell'opinione pubblica", inoltre ha aggiunto Comune l'auspicio che si concretizzi un largo e convergente impegno per giungere a soluzioni capaci di concorrere al rafforzamento del sistema politico-istituzionale". Ora, con la prospettiva di un anno e mezzo di governo Monti, per lennesima volta, la classe politica ha loccasione di dimostrare la sua coerenza e la sua capacit di fare riforme fortemente attese dai cittadini. A tal proposito noi democratici dobbiamo confrontarci con forze politiche, come Terzo Polo e FLI che mirano a superare anzich migliorare il bipolarismo italiano. La proposta del PD, un sistema con il 70% con collegi uninominali con doppio turno e il 28% con sistema proporzionale, mira a riavviare concretamente i lavori parlamentari e il dibattito politico. Vogliamo in particolare mantenere a salvi alcuni principi assicurare il diritto dei cittadini di scegliere chi votare sulla base di collegi uninominali, evitare il pericolo della frammentazione politica. La riforma elettorale deve poi andare di pari passo con leliminazione del bicameralismo, la conseguente riduzione del numero dei parlamentari e la riforma dei regolamenti parlamentari. Personalmente, sono convinto che si debba puntare ad un sistema maggioritario con collegi uninominali e che vada superato il bicameralismo puntando ad un Senato federale e ad una Assemblea legislativa. Per le forze politiche e il Parlamento un'opportunit e una sfida. Possono ritornare ad essere i protagonisti del cambiamento della politica, oppure saranno costretti a subirlo con perdita irreversibile di qualsiasi credibilit agli occhi dellopinione pubblica. I partiti sono chiamati a rinnovarsi, e dopo questa parentesi tecnica e la fine dellantagonismo pro e anti berlusconiano, un cambiamento dello scenario politico pi che probabile. Uno stravolgimento dei partiti si gi verificato tra i primi e la met degli anni 90. Un sistema di partiti delegittimato si contamin di un nuovo personalismo. Lattuale legge elettorale il lascito di una seconda repubblica dove a contare era solo il leader e i parlamentari un sopporto formale, relegati a ratificare le decisioni prese dal leader e dai suoi fedelissimi. I cittadini oggi esigono nuove forme di partecipazione politica e manifestano una crescente sfiducia verso una classe politica che continua a dimostrarsi incapace di fare riforme. Ecco perch la riforma della legge elettorale cruciale per segnare un cambiamento, questa volta in senso positivo della politica italiana.
*Responsabile politiche europee del PD

7 L'impegno dei partiti

Riformare la Costituzione
*** La Corte costituzionale, come avevamo previsto, non ha istituzionali. ammesso il referendum per abrogare la legge elettorale, il Ambedue sono regimi elettorali che mal si conciliano con porcellum. Non si abroga unintera legge, perch cos limpalcatura costituzionale improntata a parlamentarismo rimane solo un vuoto legislativo. La legge attuale va cambiata e con la quale era coerente il sistema elettorale proporzionale perch una porcata, lesiva di ampi spazi di democrazia. valso fin dallesordio della Repubblica. Negli anni sono Questa consapevolezza diffusa. Anche fra i cittadini come cambiate molte cose. I cittadini vogliono un pi diretto dimostra il milione e passa di firme raccolte che ne protagonismo decisionale su chi e come deve governare e chiedevano labolizione. Al cambiamento devono provvedere rappresentarli in Parlamento. Ci vogliono maggioranze pi il Parlamento e le forze politiche. Visto il livello della attuale coese e stabili. Una forte possibilit di alternanza. Maggiore classe politica italiana comprensibile un certo scetticismo. governabilit. Maggiore e pi rapido funzionamento dei Per alcune ragioni: il porcellum non stato imposto da processi decisionali. E anche possibilit reale di scegliere una parte contro laltra, ma stato voluto da ambedue le i propri rappresentanti. maggiori parti politiche di entrambi gli schieramenti. Ognuna Guardando a questi obiettivi, in primo luogo, si dovrebbe gradiva poter avere il premio di maggioranza per essere al mettere mano alla Costituzione. Rinnovando forma di governo. governo, sistema parlaAlle oligarchie di ognuna, mentare, rapporti istitui capataz, piaceva dezionali. E dare forma ad una cidere chi dovevano esselegge elettorale coerente e re - in quanto da loro nonon confliggente con minati nelle liste bloccate limpalcatura costituzio- gli eletti delle proprie nale. file. Sapendo di potere Una classe politica che vocontare su una vasta lesse essere capace e cerpopolazione irrigimentata casse di sollevarsi dalla crisi a gregge che li avrebbe di credibilit che la circonda seguiti nel dar corso alla dovrebbe cimentarsi intorno mirabile porcata. I fautori a questi obiettivi. Anche della porcata, adesso, sono guardandosi intorno, alle coloro che dovrebbero esperienze di altri paesi deprovvedere a una nuova mocratici e non meno svilegge elettorale. La nuova luppati del nostro, e facendo legge per la quale cimenbagaglio delle esperienze tarsi - per loro - non deve deludenti fin qui fatte, in essere la pi democratica, casa nostra, sia per quanto ma la pi congeniale ai riguarda le riforme istituloro interessi elettorali di zionali sia per quanto riparte. Non un caso che guarda le leggi elettorali. il massimo che abbiano E invece siamo ancora al proposto, fino a poco fa, chiacchericcio inconcluper sostituire la porcata sia dente. stato il ritorno al mattaSono due i riferimenti a cui rellum: una porcatina. Questultimo, gi provato in vorremmo si guardasse: quello francese di semiprecedenti elezioni, aveva sortito poca difformit sostanziale presidenzialismo con uninominale di doppio turno; quello rispetto al porcellum. tedesco di cancellierato, con proporzionale e soglia minima per poter entrare in parlamento. Ambedue sono sistemi Ecco perch riscuote ancora molto gradimento presso le bipolari assai pi funzionanti del nostro reso bastardo e mal oligarchie partitiche. Infatti nei collegi uninominali previsti funzionante sia con il matta-rellum sia con il porcellum. dal mattarellum (il 75% degli eletti) sono designati, Quello tedesco, alla luce di questi anni e di quanto in essi catapultati (quasi una nomina in molti casi), dei candidati avvenuto, pensiamo possa essere ancor pi indicato per il che devono essere graditi e decisi dallalto. Non sarebbe nostro paese. Possibile che i maggiori partiti non debbano male un sistema fondato su collegi uninominali se fosse muovere in questa direzione? supportato da una legge dello Stato (non da arbitrarie In questa fase drammatica della condizione del paese nella regolamentazioni volontaristiche di qualche partito) che quale non c solo la crisi economica e finanziaria da cui regola e prevede le primarie per determinare le scelte dei sollevarsi, ma c anche la profonda crisi della politica dalla candidati nei vari collegi. E ad ogni modo sia il porcellum quale riscattarsi. da un lato, sia il mattarellum dallaltro, hanno dato prova Speriamo non sia lennesimo appello al senso di di non avere improntato un buon bipolarismo e solide e responsabilit e per risultati seri e validi che rimane ancora coerenti maggioranze e opposizioni. Oltre ad avere luno inascoltato ed inevaso. e laltro consentito che si ingenerasse di fatto una anacronistica situazione prossima anche a rischi di conflitti *

Emergenza. Governo Monti. Il vuoto politico


di Denis Ugolini
Il governo Monti il risultato della debolezza e della pochezza della politica italiana di questi anni. Ridotta, quasi esclusivamente, al contrasto fra partigianerie nemiche. Il bipolarismo del sistema politico non stato il confronto fra una maggioranza solida e compatta di governo ed una opposizione altrettanto solida e compatta di proposizione alternativa. stato contrapposizione. E non solo: la maggioranza, uscita dalle elezioni, si frantumata fino alla impossibilit di esprimere una minima azione di governo; lopposizione stata sbrindellata e divisa quasi su tutto, tranne lantiberlusconismo. Da tempo impazza la crisi finanziaria ed economica. a rischio, non solo il nostro paese, ma leuro e la stessa Unione europea. Occorre un fronteggiamento unitario del debito sovrano degli Stati, un governo politico e fiscale dellUnione europea. LItalia deve fare la sua parte onerosa, dato lammontare del debito, e le molte incongruenze del sistema paese. Il governo Monti nato per fronteggiare lemergenza di una situazione prossima al baratro, nel quale sta gi rotolando la Grecia. I mercati finanziari, la speculazione internazionale, i verdetti delle agenzie di raiting, le oscillazioni dello spread, sono un incubo quotidiano. Quasi ci governano dato che rincorriamo e muoviamo in conseguenza. Sotto commissariamento di potestas esterne. Il vuoto della politica, ampio e profondo, una denuncia universale. I provvedimenti assunti dal governo hanno aumentato ed inasprito la pressione fiscale. Lequit scarseggia. Siamo in piena recessione. E durer. Disagi sociali crescenti. Protesta e ribellismo si stanno gi provando. Lincisivit delle manovre montiane si manifester (?), ce lo auguriamo. Staremo a vedere. Si parla molto dei provvedimenti di rilancio e per la crescita. Ma allo stato attuale pi che cose son state fatte cosette. Nella condizione miserrima della nostra politica, la formazione di questo governo promossa dal Presidente Napolitano e sostenuta dallobbligato consenso delle maggiori forze parlamentari (PDL, PD, Terzo Polo), era lunica soluzione in campo. auspicio che operi, possibilmente meglio di quanto sta facendo, fino alla fine della legislatura nel 2013. La nostra attesa era che Monti fosse meno politicante e pi tecnicamente deciso. Che le cose scritte negli editoriali domenicali del Corriere della Sera fossero obiettivi precisi del suo programma di governo. Deve fronteggiare unemergenza: lo faccia. Liberalizzazioni ne occorrono. Assai di pi ed in altri ambiti, soprattutto. Ad esempio per i servizi locali (gas, acqua, nettezza urbana). Metta mano con decisione allo scempio e allo spreco di queste partecipazioni comunali che vivono in regime di monopolio e che sono anche volano di pazzeschi costi della politica. Su questo fronte avvii davvero un processo concreto di liberalizzazioni e di privatizzazioni. Abbia il coraggio di forzare quei sistemi di potere locale e regionale che con queste strumentazioni si fanno sempre pi dispendiosi, pi forti e ingerenti nella vita economica e sociale. Affronti con fermezza i necessari tagli agli sprechi e al dispendio improduttivo di spesa pubblica. Assuma provvedimenti che non solo devono servire a fare cassa, ma devono anche indurre un riordino profondo del funzionamento della pubblica amministrazione ed un riordino dellassetto e del funzionamento delle istituzioni a livello centrale e periferico. Che inducano a riordinare la spesa ed il sistema sanitari; a rivedere il nostro sistema di welfare; a modificare profondamente linvadente, sprecona, inefficiente burocrazia, al centro come in periferia. Induca al processo veloce e preciso di abolizione delle provincie e di riassetto dello Stato. Provvedimenti che sono in capo alle possibilit dellazione di governo. E che obblighino a riforme che sappiamo competono al Parlamento e alle Regioni. Provvedimenti necessari perch il paese possa riprendersi e riavviarsi. Tali da costringere la politica a darsi almeno una mossa. Che non sia solo quella di preparasi alle prossime scadenze elettorali avendo evitato di fare anche solo un minimo della parte onerosa che i tempi richiedono allItalia e a tutti. Verso il governo Monti si muovono critiche da parte dei privilegi che non vogliono essere toccati e da parte dei conservatorismi che allignano abbondanti nella nostra societ, vedi certo sindacalismo e certe realt categoriali. Altri si appagano di constatare che piuttosto che niente almeno qualcosa il governo fa. Certo: meglio piuttosto che niente. Anche piuttosto, per, troppo poco e troppo sproporzionato rispetto a ci che occorre. Da un governo che nasce in questo modo e che si motiva per le ragioni di urgenza ed emergenza che oramai subissano continuamente la nostra quotidiana attenzione, ci attendiamo di pi e meglio di quello che avrebbe fatto (meglio non fatto) il governo precedente o un qualsiasi altro governo espresso dallattuale classe politica di destra e di sinistra. La politica dovrebbe (dovrebbe esservi costretta) prendere a mano lesigenza di riformare la Costituzione per uniformare la Costituzione scritta con quella materiale che ha preso il sopravvento: forma e prerogative del governo; compiti, ruolo e funzioni del Presidente della Repubblica; messa in ordine di un sistema istituzionale che diversamente palesa conflitti che possono anche acuirsi. Modificare le Camere, diminuire il numero dei parlamentari. Rendere coerente un nuovo sistema elettorale che non sia solo pensato per conservare la preminenza di poche oligarchie che nominano sudditi, ma abbia capacit di dare senso e contenuto alla rappresentanza democratica e di dare vita ad un sistema politico capace di promuovere maggioranze e opposizioni con un discreto grado di omogeneit al loro interno, capaci di proporre e di reggere proposizioni ed azioni coerenti. Se non ora, quando? A quale ulteriore infimo livello dobbiamo scendere prima che si prenda coscienza dellimpegno e della seriet e responsabilit che sono richiesti ad ognuno? Alla politica ed ai politici, in primo luogo, ma anche ai cittadini, alle parti pi attente e responsabili della societ e delleconomia. Cio quegli stessi che dopo avere assecondato e sostenuto la politica che c, la disprezzano come se ne fossero totalmente estranei e succubi loro malgrado. Decisi a volerne un rinnovo di cui si spera non continueranno a lamentarsi, per averlo magari cercato secondo gli stessi identici schemi e criteri desueti e fortemente inappropriati con i quali si sono sempre, in gran parte, regolati (rigide appartenenze e schematismi ideologici, favoritismi, clientelismi ecc.). Una smossa, assai profonda e radicale sono in parecchi a doversela dare. Non sappiamo perch ci viene da pensare che in questo paese sempre stata e continua ad esserlo ancor oggi, purtroppo, straordinariamente minoritaria la cultura liberale, laica e democratica.

Le province come laraba fenice


di Giampiero Teodorani

La questione dell'abolizione delle province antica e crea sofferenza in chi, come noi, ha sempre creduto nella bont della impostazione che Ugo La Malfa diede al tema fin dal 1970, in occasione della istituzione delle regioni. La Malfa stato luomo politico del secondo dopoguerra il cui pensiero conserva attualit e sicuramente impressionante lungimiranza. Temi come lesigenza di attuare una politica dei redditi, la necessit della programmazione come metodo di governo, sono oggi una drammatica necessit senza che ne sia stata compresa limportanza. Anche leliminazione delle province ci viene proposta, oggi, in un quadro politico asfittico e senza cultura di governo. Non si pu ridurre largomento a un problema di (eliminazione?) o di contenimento dei costi, che peraltro riguarda tutti gli enti locali e territoriali del Paese. Abolirne qualcuna, si solo le piccole magari solo quelle non governate dalla Lega. I grandi e veri costi li sosteniamo da quarantanni, per non avere colto la novit della istituzione delle regioni e creato loccasione per una semplificazione dello Stato, unico in Europa, ad avere quattro livelli di governo. Se allora fossero state soppresse le province certamente oggi avremmo delle regioni e dei comuni diversi. Non averlo fatto, anzi averle caricate di deleghe e di competenze regionali, spesso senza strumenti o affidando loro il ruolo di semplici passacarte verso altri, ha bloccato e inibito il processo di unione dei comuni e fatto naufragare qualsiasi ambito di governo delle aree metropolitane. Questa incertezza del quadro istituzionale, determinata dalla miopia con cui le forze politiche hanno affrontato largomento, sia a livello nazionale e anche a quello

locale, fa si che dobbiamo ancora assistere al dibattito sulla provincia unica, bipolare o tripolare (romagnola?); meglio il comune unico e grande, anzi grandissimo. Altri, meglio larea vasta (vasta quanto?) come la Romagna! Allora facciamo la Regione (direbbe un bambino). Un dibattito tutto in libera uscitasenza punti di riferimento, culturale e amministrativo, con un unico obiettivo: salvare lattuale sistema di potere, grande o piccolo che sia. In questo uniti PD, PDL, Lega. Casini, prudente e terza forza! Non si sa mai. E se poi rimangono? La provincia sempre stata uno degli snodi del potere locale, una posta compensativa per laccordo nei comuni capoluogo. Non a caso negli anni 70 e 80 quasi tutti i presidenti erano socialisti; risultato di accordi ora con la DC ora con il PCI. Sono molti gli affezionati alle province; se si esclude un breve periodo della segreteria Berlinguer, in cui parve che anche il PCI imboccasse la strada della abolizione, il ritorno allordine ha sempre caratterizzato, vanificandoli, gli sforzi di chi voleva superarle. la contraddittoriet con cui la Regione Emilia Romagna affront, allinizio degli anni 80, il tema dellente intermedio e che fu proprio Pierluigi Bersani a decretare labolizione dei comprensori e il rilancio delle province. La cosa buffa e tragica, in questo momento, costituita dal fatto che lo stesso parlamento che dovrebbe procedere al varo della riforma costituzionale per determinare laboli-zione delle province, lo stesso che negli ultimi anni ne ha create delle nuove, che si chiamano dellOgliastra o (sic) Medio Campitano. La provincia come il gatto: ha sette vite. Speriamo che non sia anche come il mitico uccello, simbolo della morte e della resurrezione, dalle cui ceneri ai raggi del sole rinasceva. Credo comunque che un bel giorno lAraba Fenice sia morta, perch non s pi vista in giro.

10 Sanit. Emilia-Romagna

Per Area Vasta Romagna un nuovo assetto di governance


(Energie Nuove ottobre-novembre 2009)
Da alcuni anni quando si affrontano i problemi della nostra sanit regionale e locale si parla di Area Vasta Romagna. lambito subregionale, romagnolo, sul quale insistono le attivit delle Aziende USL di Ravenna, Forl, Cesena e Rimini. Quattro aziende sanitarie per un bacino di popolazione di circa un milione di abitanti. Un ambito di coordinazione volto sempre pi ad assumere un preciso ruolo e specifiche funzioni nella programmazione e gestione della nostra sanit locale. Di sicuro un ambito meglio dimensionato per valorizzare e realizzare determinate superspecializzazioni che non avrebbero possibilit alcuna di motivarsi se parametrate a bacini di utenza troppo esigui. LArea Vasta rappresenta una buona intuizione della politica che presiede al governo della sanit nella nostra Regione, che stata sollecitata indubbiamente anche dal fare di necessit virt come si dice. Il progresso scientifico e tecnologico ha fatto passi da gigante spostando assai avanti la frontiera della medicina e delle opportunit di cura e di prevenzione delle malattie. Conoscenze, esperienze, nuove e sofisticate strumentazioni per la diagnostica e per la terapia. Un generale cospicuo arricchimento. Che pone continuamente enormi questioni anche di ordine finanziario ed organizzativo. Necessitano risorse finanziarie enormi e crescenti che stanno strette allinterno delle generali compatibilit finanziarie con le quali comunque si devono fare i conti. Lorganizzazione della sanit pertanto deve modularsi in modo tale da essere la pi qualificata ed efficace possibile massimizzando le proprie opportunit dentro condizioni di agibilit che non sono infinite. E, aggiungiamo, che nemmeno dovrebbero essere sprecate. Anche solo il doveroso riordino ospedaliero proceduto con difficolt, non senza resistenze che lo hanno rallentato e talvolta ne hanno offuscato la chiarezza degli obiettivi. Basta riandare con la memoria agli innumerevoli comitati sorti in ogni dove in difesa della permanenza dei piccoli ospedali. Secondo una visione che trascurava lesigenza di alcuni criteri minimi indispensabili perch il servizio reso sia comunque di qualit. Non certo pensabile che possano esserci cinque chirurgie in un territorio come quello cesenate. Eppure, tanto per rendere lidea, chi resisteva al riordino degli ospedali, in quegli anni, questo ed ancora di pi aveva in mente. Oggi ci sono super specializzazioni, come ad esempio la neurochirurgia che non possono neppure minimamente essere pensate per ogni singolo territorio di azienda Usl. E come questa ve ne sono altre che devono essere riflettute in identica maniera. Qualificate a dovere e rispondenti con efficacia su un bacino di utenza che ne giustifichi limpiego. Area Vasta una buona dimensione della programmazione sanitaria sul nostro territorio. Ha avviato processi organizzativi importanti. Ad esempio la realizzazione del Laboratorio Analisi a Pieve Sestina di Cesena. Ha riorganizzato non senza ostacoli il servizio di soccorso del 118. Si sono avviate specializzazioni di eccellenza. Vi ancora tanto da fare ed il percorso complicato e difficile. Oggi possibile affermare che in Area Vasta pu e deve trovare realizzazione la programmazione sanitaria che coordina al meglio le strutture ospedaliere esistenti, potenziandone la qualit delle prestazioni e dei servizi di fondo, e valorizzando per ognuna le vocazioni maggiori e di eccellenza per le quali gi evidenziano le potenzialit ed hanno i maggiori requisiti. E anche per questa frontiera valgono considerazioni simili a quelle che si sono fatte per il riordino ospedaliero. Per dire: non certo possibile in un territorio come quello romagnolo giustificare e reggere la presenza ripetitiva delle stesse super specializzazioni. Non oso immaginare quante siano le visioni corte, gli interessi particolari, i conservatorismi e i nuovi campanilismi di struttura con i quali potr impattare la programmazione di area vasta se vorr meglio definirsi e concretizzarsi, andando oltre il gi fatto e il solo livello di coordinazione oggi praticato. Ecco il problema politico, dalle grandi implicazioni istituzionali ed organizzative, che la regione Emilia-Romagna deve affrontare e risolvere. La Regione, ma anche gli Enti locali, la societ e la politica della romagna. Il prossimo anno si svolgeranno le elezioni regionali. Quali impegni si assumeranno per Area Vasta? Quale assetto di nuova governance si proporr al riguardo? Le prossime elezioni regionali varranno circa il governo della Regione dei successivi cinque anni. La sanit costituisce il grosso degli impegni di bilancio della regione. Quando, se non in questa preparazione delle elezioni, si deve conoscere quali sono le proposte per il futuro di Area Vasta? Come mera coordinazione delle quattro Asl romagnole andata bene per avviarsi. Ma se vuole camminare spedita come le esigenze della sanit richiedono Area Vasta non pu restare a lungo solo un ambito che esercita coordinazione. Occorre che questa si implementi in un assetto rinnovato di governo attivo della sanit in Romagna. Occorre come minimo che quote rilevanti delle prerogative e delle funzioni e delle decisioni delle singole Asl siano trasferite, con tutti i crismi della formalit istituzionale, in capo allorganismo Area Vasta. Un preciso organo di governo che decide e, nel quadro della pi ampia programmazione regionale, applica direttamente le sue decisioni. Non pi solo coordinazione, ma governo attivo. Al quale devono conseguire i coerenti e coordinati compiti delle Asl per quanto riguarda le restanti competenze rimaste in carico ad esse. Non deve trattarsi di un quinto organismo aggiuntivo alle attuali quattro strutture senza che nulla intervenga di assai profondo in termini di riordino e di riassetto. Italicamente pi facile aggiungere che riordinare. Ma sarebbe un ennesimo errore ed un ennesimo spreco. Semmai la nuova governance deve procedere allincontrario. Anche accorpando e razionalizzando in un uno, quello che oggi diviso per quattro. Vi sono, eccome!, ambiti di sicuro risparmio e di contemporanea maggiore efficienza. Dubito che si possa riscontrare uno sviluppo di Area Vasta come sarebbe nelle cose che fosse, se non si proceder ad un assetto nuovo di governance per il quale questi indirizzi possono essere, almeno, qualche indicazione seppur minimale. Ma gi sarebbe tanto, lo stesso. Personalmente credo che sarebbe assai meglio e pi efficace una riforma ancor pi radicale: una Asl di Area Vasta con sue prospicenze organizzative sulle strutture territoriali per quanto di essenziale esigenza operativa delle stesse. Non credo sia una boutade. Sarebbe anzi una soluzione assai pi adeguata. Ma non sfuggono certe consapevolezze, purtroppo. Gli sfoltimenti di ceto politico, funzionariale e burocratico non sono facili. Il conservatorismo impera e certo sindacalismo lo conduce. Come anche certe logiche di carriera, o quelle tipiche di certe baronie. Ma anche la politica, quella dei comuni e delle province, avrebbe il suo da dire e da volere conservare. Gi, un problema di cultura politica! E di posizione dellasticella di livello di quella cultura. La sua attuale altezza tale che non necessita certo di una Sara Simeoni per essere saltata. Noi sappiamo quanto sia la rilevanza e quanto grandi siano le implicanze di questa improcrastinabile esigenza di riforma e di riassetto della governance di Area Vasta. Anche qui si dovr fare di necessit virt. Si sar indotti comunque a dovere provvedere. Si cominci allora a discuterne. Con la responsabilit e limpegno che sono doverosi. Non roba da stanze chiuse e prerogativa di pochi.

11 Sanit. Emilia-Romagna

La Regione non ha una politica


di Denis Ugolini
Con larticolo che ripubblichiamo di lato (Energie Nuove ottobrenovembre 2009) abbiamo avviato il dibattito su un nuovo assetto di governance per Area Vasta Romagna. Alla vigilia delle elezioni regionali. Dalla campagna elettorale attendevamo di conoscere cosa volevano fare le forze politiche a proposito di sanit. Essa riguarda oltre l80% del bilancio regionale. La sanit, la salute dei cittadini, non furono, invece, minimamente una questione centrale del confronto preelettorale. Dopo le elezioni, nella nuova Giunta regionale stato nominato un nuovo Assessore alla Sanit. L attesa di una qualche innovazione su questo fronte rimasta inevasa. Nulla. Abbiamo continuato ad insistere sul tema da noi posto. Perch richiede decisioni non procrastinabili. Adesso il dibattito pare muoversi. Troppo limitato, ancora. Noi continuiamo ad incalzarlo. Ci sono stati i buchi spaventosi di bilancio dellAusl di Forl e di quella di Cesena. Sulle responsabilit si venuto a capo di nulla o poco. cambiato il Direttore generale dellAusl di Forl. Si cambiato il coordinatore di AVR. Era il DG di Ravenna, diventato quello di Cesena. Si cominciato a parlare di integrazione fra le Ausl di Forl e Cesena; di ununica Ausl provinciale. Insomma di fronte a tutto questo (e purtroppo non solo) la constatazione, obbligata e disarmante, solo una: non c governo della nostra sanit regionale; non c governo di Area vasta. La Regione non ha una politica. Insieme al sindacato UIL abbiamo sollecitato le Istituzioni locali, le forze economiche e sociali affinch assumano precisa coscienza: la sanit deve essere al centro dellinteresse e dellazione della Regione. Dobbiamo tutti chiedere con forza alla Regione di affrontare la questione del nuovo assetto di governance di Area Vasta Romagna. Oggi in declino e pi debole la sua stessa funzione di coordinamento. La Regione deve indicare una scadenza entro la quale dare soluzione al problema. irresponsabile non far nulla. Per la Regione e per il PD la sanit solo un grande potere da gestire e controllare? Siamo in una condizione tremendamente difficile, economica e sociale. In piena crisi finanziaria. Cosa si attende per fare di necessit virt? Si deve fare i conti con risorse finanziarie scarse. Il governo tecnico di Monti dovr intervenire anche sulla sanit a contenere. ora di mettere in campo riforme vere; una politica capace di ristrutturare e riorganizzare. LEmilia-Romagna ha una maggioranza ed un governo politici stabili. Cosa le manca per agire come necessita? Alla giunta regionale manca la capacit? Manca la volont? carente di entrambe? Mostri almeno un impulso di volont. Ponga il problema come le abbiamo suggerito di fare. Apra un confronto dal quale pu trarre idee che possono aiutarla a sopperire alla scarsa cultura di governo e alla scarsa capacit di cui sta dando, purtroppo, prova. Smetta quella mediocre autoreferenzialit che la cifra del suo non governo attuale. Si deve mettere mano allesistente per qualificare la spesa. Per eliminarne gli sprechi (molti). Non basta appagarsi del buon livello, nel suo complesso, della nostra sanit regionale. Perch insieme ad eccellenze non mancano neppure qui da noi diverse criticit e un deficit di organizzazione e di governance che sono del tutto evidenti. E le soluzioni non sono certi pannicelli, nemmeno caldi ma addirittura freddi, come i propositi di unificazione fra le Ausl di Cesena e Forl. Nella seconda met degli anni ottanta, in pieno dibattito sul riordino ospedaliero, aveva senso e sarebbe stata grande innovazione foriera di apprezzabili qualificazioni e risultati. Non manc la proposta, come, per, non mancarono le resistenze e il ritardo culturale dei pi che la vanificarono. Oggi la situazione profondamente cambiata. Nella sanit, nella finanza. Nelle esigenze organizzative. Nelle condizioni complesse, strumentali, professionali, di rapporto con i cittadini e con il territorio. Ci che poteva essere innovazione allora posizione di retroguardia oggi. Oggi i ragionamenti vanno fatti su Vasta area, su un bacino dimensionale ricettivo di autentica possibilit per sviluppare specializzazioni ed eccellenze di cui non mancano potenzialit. Certo occorre integrare ed anche concentrare e ci va fatto nel quadro e nel contesto ottimale di area vasta. E la Romagna questo contesto. Anche per migliorare gli altri servizi spalmati sul territorio e rafforzare il servizio e le strutture di emergenzaurgenza. Si deve uscire dalla logica del moltiplicare per quattro, quante sono le Ausl attuali, e non ha senso passare alla moltiplicazione per tre. Una unica Ausl di Area Vasta, una unica amministrazione. Una forte riduzione di costi che sono anche sprechi immotivati. Anche nellaccezione dei cosidetti costi della politica. Necessita subito la riforma sul piano istituzionale per determinare un solo governo di area vasta, al quale annettere una chiara strategia, anche nei tempi e nei processi, per addivenire a progressivi, coerenti, risultati di riorganizzazione e ristrutturazione funzionali. Sappiamo bene che non con la scure si governano i processi di ammodernamento di strutture cos complesse come quelle inerenti il sistema sanitario. Nella pochezza disarmante dellattuale politica sul piano nazionale si arrivati ad incaricare dei tecnici per far cose diversamente impossibili. E quel governo tecnico, ahi noi!, sta facendo non molto di pi di cosette seppur dalleffetto drammatico. Nella Regione Emilia-Romagna, senza neppure lo straccio di una delle difficolt politiche che caratterizzano il quadro nazionale, nella Giunta, lassessore alla sanit, fin dalle ultime elezioni, un tecnico. Non un tecnico esterno chiamato a sopperire a supposte impossibilit della politica. Proviene, invece, proprio dallinterno della struttura sanitaria regionale, dal pi emblematico sindacalismo interno alla struttura. Un dipendente del sistema in aspettativa, immagino, per ragioni politiche. E deve governare il sistema di cui parte nel quale ha rappresentato, immagino proficuamente sotto diversi punti di vista, i settorialismi di buona parte della classe medica, avendo il problema di stringere intorno alla sua azione sindacale il massimo del consenso possibile e il minor numero di scontenti fra i propri colleghi. Sarebbe come mettere ministro del lavoro la Camusso e chiederle una riforma profonda del mercato del lavoro, incluso il problema dellarticolo 18. Paradosso. Dacchito mi vien da pensare, quindi, che se si voleva una stringente gestione interna del sistema, del suo variegato organico di dipendenti ed in particolare del settore medico; una gestione molto attenta al controllo del consenso, delle carriere, delle assunzioni e quantaltro su sto piano; mi vien da pensare dicevo - che scelta pi oculata, attenta e funzionale non poteva farsi. Ma la nostra sanit ha bisogno di controllo politico o di governo vero che ne migliori qualit, efficienza e spesa? Non mi esprimo nel merito della persona che oggi lAssessore alla sanit, che sicuramente uomo di vaglia e di capacit intrinseche. Valuto la scelta politica, che mi porta inevitabilmente alle considerazioni fatte sopra. Sicuramente si dir che sono in errore. Lo spero e me lo auguro. Ma dobbiamo poterlo verificare. E il banco di prova il terreno di riorganizzazione che abbiamo indicato. Per il momento in questa direzione anche lorizzonte sgombro. Non ci sono segnali.

12 Sanit. Emilia-Romagna

La sanit romagnola e il paradosso di Buridano


di Giuliano Zignani*
Riflettevo tra me e me proprio in questi giorni sul paradosso della nostra Sanit, o meglio, sui destini che gli attori politici si prospettano per essa. E riflettendo mi venuto a mente il famoso paradosso di Buridano: Un asino affamato e assetato accovacciato esattamente tra due mucchi di fieno con, vicino a ognuno, un secchio d'acqua, ma non c' niente che lo determini ad andare da una parte piuttosto che dall'altra. Perci, resta fermo e muore. Ecco quanto letto nelle settimane scorse nei quotidiani locali mi ricorda proprio questo famoso paradosso: Da una parte la Conferenza Territoriale Sanitaria Forlivese che delibera il via libera alla fusione delle due AUSL Provinciali, dall'altra la Conferenza Territoriale Sanitaria Cesenate che delibera il via libera al consolidamento dell'Area Vasta e successivamente alla costituzione di un unica AUSL della Romagna. Premetto che come UIL di Forl e Cesena da oltre un anno abbiamo sostenuto che la via maestra per salvare i servizi erogati dalle nostre AUSL solo e solamente la costituzione di un unica AUSL della Romagna, ma la cosa che mi preoccupa che organismi programmatici come le due Conferenze Territoriali in cui siedono le stesse persone che hanno appoggiato l'Area Vasta, oggi la pensino in modo diametralmente opposto proprio su un tema, quello della sanit, comune. La cosa che poi mi fa riflettere non tanto la posizione assunta dalla Conferenza Territoriale Sanitaria Cesenate, che peraltro condivido, ma l'idea di quella forlivese, che non ha alcun motivo di esistere sia per questioni meramente tecniche sia per opportunit: da un punto di vista tecnico infatti non comprendo come due AUSL con forti problemi economici potrebbero risollevare i loro destini fondendosi e creando una grande AUSL che oltre ad essere tale avrebbe anche un grande deficit di bilancio, dato dalla somma dei due deficit singoli. Questo a meno che, la politica forlivese non vedesse in prospettiva la fusione ovvero non pensasse di ammortizzare il suo deficit andando ad impegnare il capitale cesenate, scaricando su di esso il lato malato della sanit e tenendosi il lato buono derivante dai maggiori investimenti che sino ad oggi la AUSL di Forl ha fatto a scapito della sua tenuta economica. Il problema dell'opportunit di una fusione fra Cesena e Forl invece gi del tutto superata dal 2003, ovvero da quando si iniziato a parlare di Area Vasta. Che senso avrebbe infatti, integrare due AUSL quando si gi proceduto a costruire servizi integrati in ambiti pi vasti, in ambiti, appunto romagnoli. Non solo, le stesse organizzazioni Sindacali a mio avviso dovrebbero gettare il cuore oltre l'ostacolo e cominciare a ragionare non di interessi di piccolo cabotaggio, di bottega, ma a ragionare con un unico obbiettivo, la tutela del cittadino. A tal proposito se comprendo, ma non condivido, la posizione della CGIL di Forl intenta a tutelare il proprio territorio sembrando di curarsi poco dell'interesse dei cittadini cesenati, dall'altro proprio non comprendo la posizione della CGIL Cesenate, intenta a sostenere che tutto deve restare com'. Detta diversamente, l'Area Vasta deve restare un ibrido fermo nel guado, e la nostra AUSl deve continuare imperterrita a tagliare risorse umane per rientrare da un deficit che sembra contenuto nei circa 8 milioni di euro, ma del quale, in realt, non sembra non conoscersi la fine. Quello che invece ha in mente la UIL un progetto ben diverso che prende il via da tre direttive ben definite: 1.tutelare la qualit dei servizi al cittadino 2.garantire la stabilit e la sicurezza dei lavoratori 3.non gettare alle ortiche il progetto dell'AREA VASTA ROMAGNA 1.La qualit della nostra sanit non in discussione. La preoccupazione che ho invece quella che, se si dovesse andare verso un unica Azienda Provinciale, si rischierebbe di incappare nella supremazia di un Territorio rispetto ad un altro, e su questo punto temo che Cesena ne uscirebbe sconfitta, con grave danno per i cittadini cesenati. 2.Come Sindacato non possiamo non considerare come, lavoratori motivati e soddisfatti siano la premessa per servizi di qualit. Quello che temo che una fusione (a freddo) tra le AUSL di Cesena e Forl costringerebbe all'esodo forzato lavoratori che, sarebbero giocoforza costretti a spostarsi come sede operativa da Cesena a Forl e viceversa. 3.L'Area Vasta Romagna partita. Questo un dato di fatto. Come si legittima dunque una fusione tar due AUSL quando si gi riusciti a creare una Centrale Unica del 118 (Romagna Soccorso) e un unico Laboratorio Analisi. La via maestra rimane quindi quella di andare ad integrare questi progetti, alleggerendo sempre di pi il peso delle direzioni generali delle quattro aziende della Romagna a tutto vantaggio di un soggetto UNICO che progressivamente le sostituisca (razionalizzazione dei costi di Governace). Quello che mi auguro quindi che la nostra Sanit non faccia la fine di un somaro, che per altro aveva tutti gli strumenti per poter vivere, anche molto a lungo. *Segretario Generale UIL Cesena

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L' "armonia" di una sola AUSL Romagna


di Giancarlo Biasini
Denis Ugolini mi chiede una opinione sul futuro della sanit in Romagna richiamandosi al dibattito, in realt modesto, che in corso. Mi pare che le scelte di cui si discute siano due: fusione delle ASL Cesena e Forl o istituzione di una ASL unica nella Romagna come evoluzione dellattuale AVR. Questa ultima soluzione ha un solido fondamento territoriale. Una dimensione di popolazione (1.117.000 abitanti) ideale per una programmazione sanitaria perch pu contenere nel suo seno tutti i presidi per la popolazione servita. Non ideale, ma sufficiente, per utilizzare il sistema pubblico di finanziamento della ricerca indipendente in sanit in unepoca di risorse limitate. Capace di dare alle associazioni dei pazienti una visione pi completa e armonica delle loro funzioni di appoggio allo sviluppo della assistenza e della ricerca. Il territorio sostanzialmente omogeneo per memorie collettive, sistemi di valori e identit distintive come diceva Spallicci alla Costituente. Questa scelta consente un ragionamento di intelligenza collettiva che pu comportare una visione non solo sanitaria del territorio romagnolo come un insieme di funzioni, di obiettivi, di percorsi costruttivi. Chi ha parlato di provincia romagnola, e personalmente sono con lui, dovrebbe riconoscersi in questo schema che completa il ragionamento sulla sanit. Un vecchio (1999) Piano Sanitario Regionale, molto innovativo, quello degli Hub and Spoke per intenderci, voleva garantire la distribuzione territoriale dei servizi da interpretare come soluzione unica a esigenze apparentemente inconciliabili. Mi pare molto ben detto e mi pare che la Romagna ci stia dentro. Questa per, si badi bene, scelta assai complicata che richiede una volont politica di alto impegno alleata a una grande fantasia tecnica. Una ASL unica significherebbe iniziare una lotta contro la settorializzazione degli interventi, un richiamo alla armonia dellinsieme che sola pu dare senso agli interventi e alle scelte particolari. Con lobiettivo, tipico della sanit, non solo di raggiungere, ma anche di rendere comprensibile ai cittadini quella omogeneit che ora manca nellofferta sanitaria e nei comportamenti assistenziali ospedalieri e territoriali e che alla base della fiducia della popolazione nei servizi sanitari che toccano tutti e ogni giorno. Il prof Alessandro Liberati, scomparso il 1 gennaio a 57 anni, studioso dei sistemi sanitari continuava a suggerire di chiedersi ma questo davvero quello che serve ai pazienti?. Sembra del tutto impossibile applicare il principio dellarmonia a un territorio con la presenza di 4 ASL dotate di ampia autonomia programmatica e gestionale che, in questi anni, anche dopo la creazione dellAVR, hanno talora collocato presidi con funzioni sovrapponibili ai loro confini, hanno spesso portato a termine concorsi per dirigenti non tenendo conto delle competenze gi esistenti in ASL vicine e di quelle mancanti e da coprire. Anche se va detto, a discarico, che assai difficile applicare criteri programmatori per la sanit se li si rinchiudono dentro assetti provinciali addirittura pi ristretti di una provincia pensata al tempo del Regno. Questi limiti nellAVR hanno continuato ad esserci nonostante ci siano da tempo tavoli di confronto sia programmatici che tecnico gestionali fra direzioni generali, conferenze sanitarie territoriali, sindacati e chi pi ne ha pi ne metta. Si deve quindi prendere atto che forse lAVR ha gi dato quel che di buono poteva dare cio lIRST e il laboratorio di Pievesestina. Dando a Cesare quel che di Cesare, e ai tecnici quel che dei tecnici, lattuale AVR nasce dieci anni fa come una avveduta scelta tecnica delle direzioni generali. Per mandare avanti oggi quella meritevole scelta tecnica occorre sovrapporvi una scelta politica. A meno che anche qui la politica (regionale e locale) non preferisca affidare ai tecnici le scelte che dovrebbero essere sue. Anche questa sarebbe comunque una scelta. Si dovrebbe insomma tornare a parlare di territori, strategie territoriali, sistemi territoriali reali. Qualcuno, fra chi scrive su questo giornale, ricorda le discussioni sullottica comprensoriale di cui si discusse nei tardi anni sessanta. Certo la dimensione di cui si parla oggi ben diversa da quella di allora, ma gli elementi del discorso sotteso non sono molto diversi. Allora si fall. Ci si vuole ripetere? Anche perch ci si pu chiedere in quale altra sede, se non in Romagna, pu essere possibile un nesso organico fra le azioni economiche, quelle culturali, quelle sociali e quelle sanitarie. Laltra scelta in discussione prevede la fusione fra Cesena e Forl. E la evoluzione del pensiero che prevedeva la integrazione (parola dentro la quale compreso il tutto e il nulla) fra le due ASL . Questa integrazione gi in atto, incorporata nel Piano Attuativo Locale cesenate e non pare abbia portato a risultati. E una scelta istituzionale che si adegua, tardivamente, al precetto Una ASL - Una provincia alla quale, a suo tempo, si opposero sostanzialmente i cesenati. Si tratta di una scelta burocratica, buona forse quando la provincia di Forl contava, come Modena, pi di 700.000 abitanti (vedete le conseguenze della istituzione delle microprovince?). Niente di innovativo oggi, solo qualche correzione e qualche risparmio fra i dirigenti per una soluzione oltretutto tardiva. Direi di pi: se la soluzione definitiva ancorch lontana - come mi sembra che, in fondo, i pi credano - deve essere lASL di area vasta, la fusione fra Cesena Forl pu avere un effetto ritardante. Certo pi semplice, molto prudente, poco disturbante per i manager e mi ricorda la prudenza spagnol-manzoniana: Ox! ox! guardaos: non si facciano male, signori. Pedro, adelante con juicio.

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Inappropriata l'autoreferenzialit di sistema


di Giuseppe Zuccatelli*
La sanit, prima ancora di essere un settore nel quale le persone possono ritrovarsi a lavorare, una passione. E non soltanto per la sua natura intrinseca, cio contribuire, in una qualche misura, a preservare un bene essenziale per ogni individuo, ma anche per il fatto che la sanit , in un certo senso, il condensato di una societ, delle sue tensioni, delle sue dinamiche, delle sue capacit e, soprattutto dei valori che la caratterizzano. Quello della sanit un mondo che coinvolge e rispetto al quale non possibile restare indifferenti e non esserne catturati, ed esimersi dal dare il proprio contributo, grande o piccolo che sia, alla costruzione di qualcosa di fondamentale per il singolo individuo e di significativo per lidentit e il consenso sociale. Premesso che qualunque tentativo di valutazione critica dellevoluzione del Servizio Sanitario Nazionale non pu non tenere conto della indomabile e anzi crescente disomogeneit tra le varie aree del paese. Innanzitutto dobbiamo evidenziare che la qualit del SSN intimamente legata agli equilibri esistenti tra le tre componenti fondamentali del nostro sistema: i professionisti, la politica e la gestione. Seppure ognuna delle tre componenti abbia sperimentato dinamiche interne, connesse a caratteristiche intrinseche, ma queste si sono progressivamente tra di loro intrecciate influenzandosi le une con le altre. Infatti pur trattandosi evidentemente di tre sfere diverse, con responsabilit e ruoli differenziati, ma la storia delle aziende sanitarie pubbliche ha dimostrato come gli equilibri basati sulla separazione prima, e contrapposizione poi, tra i differenti ambiti, siano sempre meno adeguati ad affrontare e risolvere i problemi delle aziende sanitarie. Alla luce dellevoluzione del sistema sanitario, relativamente facile vedere come laffacciarsi di nuovi bisogni e la correlata complessit della domanda da un lato, lo sviluppo costante delle potenzialit offerte dai progressi scientifici e tecnologici dallaltro, in un quadro permanente di tensione sulle risorse derivante anche da dinamiche sociali e politiche, che rendono sempre pi complicati i processi di redistribuzione tra chi, nel breve periodo, sopporta i costi dellassistenza e chi ne riceve i benefici siano fenomeni che non possano essere affrontati senza una solida alleanza tra tali diverse componenti. Si tratta cio di realizzare e rafforzare le condizioni perch gli sforzi siano coordinati tra chi ha, rispettivamente, la responsabilit di: assicurare operativamente la risposta al bisogno sanitario e socio-sanitario, utilizzando le migliori conoscenze disponibili e confrontandosi direttamente con i portatori di bisogno (sfera professionale); contemperare i diversi interessi con i valori che la collettivit esprime rispetto alla sanit, promuovendo al tempo stesso il consenso indispensabile per lazione al funzionamento e alle scelte delle aziende sanitarie pubbliche (sfera politica); guidare le aziende verso il conseguimento dei fini per i quali sono state istituite, assicurandone una adeguata e duratura funzionalit (sfera manageriale). Quando vi sono forti momenti di crisi come nella realt attuale diventano possibili scelte sempre rimandate. Questo lo spirito con cui affrontare questa fase della storia del Servizio Sanitario Nazionale dentro la storia pi generale politica ed economica del nostro Paese. Questa fase quella in cui molte delle scelte evocate nei punti che seguono smettono di essere un miraggio per diventare una ipotesi di lavoro. In Italia vi una produzione (e quindi un consumo) in eccesso di tutto: dai ricoveri, alle prestazioni di specialistica ambulatoriale, ai farmaci. Semplici analisi comparative tra le Regioni e dentro le Regioni (ma anche tra i medici di medicina generale ed i reparti di uno stesso ospedale) evidenziano con chiarezza grandi disomogeneit tra virtuosi e inappropriati. In tale ambito ricadono molte delle risorse che mancano. Ci troviamo ad operare in un sistema in cui prevale lautoreferenzialit. Il modo classico di esprimersi dei professionisti si sintetizza in: ho sempre fatto cos e nella mia esperienza ha funzionato; sono frasi spesso portate a giustificazione di comportamenti inappropriati. Vanno promosse invece la revisione tra pari e la verifica esterna per togliere peso allautoreferenzialit e stimolare lanalisi ed il confronto critici quali momenti di crescita professionale. Gli sprechi pubblici, recentemente presentati quali risultati di una ricerca condotta dallAIOP nazionale, sono pi che controbilanciati dai documentati comportamenti inappropriati, spesso opportunistici, di molte strutture private. Gli esempi di alcune case di cura milanesi ed abruzzesi vanno considerati non una anomalia, ma la punta emergente di un fenomeno diffuso e non certamente isolato. La differenza tra il buon erogatore virtuoso ed il cattivo erogatore non corretto, non tra il buon privato e il cattivo pubblico (o viceversa). In Italia abbiamo un medico ogni 175 abitanti, quando ad esempio in Germania sono presenti un medico ogni 305 abitanti. Leccessivo numero di medici in rapporto alla popolazione servita ha determinato pi o meno direttamente alcune conseguenze da considerare negative: il frazionamento delle figure professionali cliniche con proprio contratto e proprio ruolo: medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, medici ospedalieri, specialisti a convenzione, medici della continuit assistenziale, medici dellemergenza territoriale e medici universitari (ordine casuale per non suggerire livelli gerarchici di alcun genere); modelli organizzativi ridondanti: in un ospedale di piccolemedie dimensioni con appoggiate alcune funzioni territoriali, la notte possono esserci anche pi di sette medici in stand-by (pronto soccorso, postazione dellemergenza territoriale, servizio di continuit assistenziale, guardia interdivisionale medica, guardia interdivisionale chirurgica, cardiologo, anestesista, radiologo, laboratorista, internista); conservazione di competenze meglio gestibili da altre figure professionali (infermiere, fisioterapista, tecnico di laboratorio e tecnico di radiologia per fare alcuni esempi);la parcellizzazione disciplinare e professionale delle competenze: in ospedale molti medici sanno fare molto bene poche cose con un rischio di frazionamento/allungamento dei percorsi assistenziali e di entrare in crisi non appena va in pensione (oggi poco) o si trasferisce chi sapeva fare quella cosa (lelettromiografia, o laritmologia, o la nutrizione clinica o la gestione delle feriti difficili etc.). Pertanto ridurre il numero di figure mediche con proprio specifico inquadramento contrattuale e ruolo professionale, promuovere una maggiore competenza

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Proposte per un rapido e razionale cambiamento


*** professionale trasversale di base in tutti i medici e favorire bassa complessit. A tali accordi - in vigore da anni tra Marche lautonomia e la responsabilizzazione dei nuovi professionisti ed Emilia-Romagna ad esempio - le regioni con una forte (a partire dagli infermieri) sono tutti obiettivi oggi urgenti, offerta, specie privata, vanno obbligate da atti nazionali, che doverosi e possibili. diano operativit al Patto per la Salute 2010-2012 che questi Il ruolo delle regioni nel governo del sistema sanitario ha una accordi li prevedeva. fortissima dimensione tecnica oltre che politica. Il reclutamento La struttura dellofferta delle aziende, come labbiamo costruita di dirigenti tecnici in grado di assolvere a questo ruolo almeno nellultimo decennio, non pi sostenibile; anche il difficile. Una scelta sbagliata del Direttore regionale o un concetto di autosufficienza territoriale deve essere rivisto. Le investimento inadeguato sullapparato tecnico che lo supporta vere criticit che hanno bisogno di una offerta capillare a vengono pagati da tutto il sistema. Diceva Brecht che il sonno livello territoriale sono lemergenza e la cronicit. Le attivit della ragione genera i mostri. Beh! il sonno di alcune Regioni programmate il cittadino pu scegliere dove effettuarle. Ma pure non scherza! lemergenza e la cronicit debbono trovare risposte locali. Inoltre dobbiamo osservare come si debba registrare una diffusa Battersi per il mantenimento di una rete di piccoli ospedali in problematicit nella qualit delle direzioni aziendali. Il problema condizioni di limitrofia territoriale irragionevole. Battersi anche qui nella base e nei criteri di reclutamento. Lidea che per una rete dellemergenza territoriale tempestiva ed efficace un semplice trasferimento di competenze manageriali essenziale. Come pure battersi per una rete diffusa di servizi prelevate dal privato possa aumentare lefficienza del sistema per i soggetti pi fragili (disabili ed anziani in primo luogo) si rivelata errata. Il passaggio ad un sistema direzionale giusto, anzi doveroso. Unaltra grande criticit rappresentata costruito sullaffinit politica non potrebbe migliorare la dalla guardia medica notturna, festiva e prefestiva. Si tratta di situazione. La debolezza dei livelli regionali certo poi non uno strano livello operativo che va riqualificato in modo aiuta la crescita del management aziendale, cos come lassenza che non sia solo una copertura dei turni scoperti della di una specifica formazione post-universitaria. medicina generale, ma uno dei modi con cui si garantisce Non cogliere le opportunit di questa fase di crisi e non prendere lintegrazione ospedale-territorio, specie laddove si riconvertono decisioni o - peggio - prenderle sbagliate vuol dire tornare i piccoli ospedali che assorbono inutili risorse professionali indietro sulla universalit del nostro sistema sanitario, per per le guardie notturne e festive di pazienti non critici. tornare ad una sanit differenziata per livello sociale e capacit Altro aspetto molto problematico rappresentato dalla libera di spesa. Questo rischio deve mobilitare il sistema nella direprofessione esercitata dai medici ospedalieri anche nella forma zione del rapido e razionale cambiamento. cosiddetta allargata. Occorre far rientrare in ospedale i medici Come gi premesso le disuguaglianze nei livelli di salute ospedalieri evitando situazioni ambigue. O dentro o fuori. sociali e geografiche sono per molto forti. Lospedale deve favorire la libera professione intra moenia La regionalizzazione si confermata buona come principio, nei modi leciti ed etici che le normative consentono. molto meno buona come pratica programmatoria e gestionale. Un altro problema che deve essere risolto il rapporto tra erNella seconda met degli anni 70 stato giusto superare il rore medico e diritto penale. Un atteggiamento irragionevole sistema mutualistico per alcune modalit operative andrebbero sulla responsabilit professionale rischia di generare ripristinate. Andrebbe ripreso, ad esempio, il modello ex INAM comportamenti professionali e modelli organizzativi tecnidi controllo sulla prescrizione da gestirsi ovviamente con camente insensati ed economicamente incompatibili. Per tale modalit aggiornate che tengano conto dei requisiti di ragione assistiamo tutti i giorni al proliferare della cosiddetta appropriatezza. Ma il controllo va portato sul singolo medico medicina difensiva. In medicina si impara dagli errori e si e sui suoi comportamenti in modo da usare anche questo sempre imparato dagli errori. Un errore deve vedere in campo strumento per il miglioramento della appropriatezza delle la responsabilit civile e non quella penale come oggi, purtroppo, prescrizioni e delle prestazioni. avviene in modo generalizzato. Un altro tema che deve essere affrontato lorario di lavoro La colpa grave deve essere rivisitata, dal legislatore, alla luce dei professionisti medici. Un bravo medico, e ce ne sono tanti, delle esperienze fino ad oggi fatte in molte realt aziendali. non lavora meno di 50 ore alla settimana. Lorario conIn una realt come quella romagnola ed in particolare con trattualmente ridotto, per gli ospedalieri, a 38 ore (34+4). riferimento alla provincia di Forl-Cesena non possiamo pi Troppo poco. Nessun medico impegnato e appassionato lo rinviare il tema della unificazione aziendale. La scelta a sua rispetta. Sistematicamente lo supera e non di poco. Ci deve tempo fatta dalla regione Emilia-Romagna di costruire due far riflettere sul contratto e sul modo in cui evoluto (o meglio: aziende nella provincia di Forl-Cesena ha fatto il suo tempo. involuto) latteggiamento dei medici verso la propria professione Tutte le problematiche sviluppate precedentemente trovano e verso il proprio ruolo sociale. una loro specificit nella provincia di Forl-Cesena. Con la Un altro tema fondamentale che fa aumentare i costi senza crisi economica di oggi non possibile continuare ad avere modificare la qualit dellassistenza la mobilit sanitaria. La un eccesso di offerta per il nostro territorio perch, non solo mobilit sanitaria un diritto dei cittadini che possono rivolgersi produce costi eccessivi, ma soprattutto produce inapa qualsiasi struttura, senza vincoli territoriali, per cercare una propriatezza. Inoltre, non vi sono pi le risorse sufficienti a risposta ai propri bisogni. Allo stesso tempo costituisce un giustificare la duplicazione delle sedi decisionali e delle forte rischio per la tendenza delle strutture private a considerare operativit amministrative, economico-finanziarie e tecnicoextra-budget (e quindi senza tetti) la produzione per i residenti economali. La concentrazione delle competenze ospedaliere nelle regioni confinanti. e la capillarizzazione della risposta allemergenza ed alla Questo fenomeno va controllato attraverso accordi di confine cronicit sono la risoluzione ai problemi di oggi e la prevenzione che lascino via libera per le prestazioni di alta complessit di quelli di domani. * Direttore generale INRCA Ancona e limitino fortemente gli scambi per le prestazioni di media-

16 Sanit. Emilia-Romagna. Incontro con Claudio Vicini. Ospedale Morgagni Pierantoni Forl

Area Vasta. Dimensione ottimale


Il dibattito ed il confronto sulla sanit ed in particolare sullArea Vasta Romagna, continua a coinvolgere politici, amministratori esponenti di forze economiche e sociali. Questo incontro consente di conoscere anche il parere di un clinico. Ci auguriamo ne seguano altri, ma intanto devo un particolare ringraziamento al Prof Claudio Vicini per questa nostra conversazione. Il Prof Vicini Direttore dellU.O. Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-Facciale dellOspedale Morgagni-Pierantoni di Forl. inoltre Direttore del Dipartimento Chirurgie Specialistiche. Cesenate, da sedici anni in forza a Forl. Il suo curriculum da solo emblematico dellautorevolezza e del prestigio professionale che gli sono riconosciuti a livello nazionale ed internazionale. Nei quindici anni lU.O. Orl di Forl ha avuto uno sviluppo notevole. Lo raccontano i dati significativi del passaggio da circa 600/700 interventi allanno agli attuali 1800 interventi in anestesia generale, ai circa 200 in emergenza, ai pi di 950 in anestesia locale. In tempi nei quali si fa un gran discorrere di meritocrazia che andrebbe valorizzata, tutelata e valutata, senza per che il passaggio dalle buone intenzioni ai fatti sia particolarmente spedito e diffuso, sottolineo la mia opinione: in sanit, in ambito clinico soprattutto, vi sono indicatori difficilmente controvertibili che consentono valutazioni ed apprezzamenti di merito, anche in assenza eventualmente di adeguati strumenti predisposti a precisa valutazione. Difficilmente, un medico, un chirurgo, uno specialista, per le sue caratteristiche e per la sua professionalit, assurge ad una certa notoriet perch - chess - tirato dal gossip spettacolare di qualche rotocalco. Il riconoscimento della sua validit segue semmai ben altri percorsi, non ultimo, anzi secondo me il pi rilevante ed incisivo, lapprezzamento che si espande attraverso coloro che di quella professionalit hanno potuto beneficiare e si sono potuti avvalere. Alle domande sul funzionamento dellU.O e del Dipartimento che dirige gli chiedo anche se c una lista di attesa di pazienti che intendono sottoporsi alle sue cure. Sono 1920 coloro che sono in lista dattesa. Indicativamente i pazienti chirurgici provengono per il 20% dal territorio forlivese; il 30% da fuori regione e il 50% dal territorio regionale e di area vasta romagna. Anche i dati su immigrazione ed emigrazione sono rilevanti ai fini delle valutazioni in campo sanitario. LAusl di Forl ha avuto un forte sbilancio finanziario negli anni scorsi. Se ne parlato molto. In seguito stato sostituito il precedente Direttore Generale con uno nuovo. Quanto ha influito questa condizione sullandamento generale dellAusl e dellOspedale? Il ripianamento del deficit di bilancio non ha modificato in maniera sostanziale la nostra operativit se non in maniera minima. Le misure che sono state adottate per il contenimento della spesa sono state apportate in modo intelligente per cui il calo della produzione stato decisamente molto modesto, quindi non si pu sostenere che la riduzione del deficit abbia influito sul calo dellattivit. Le restrizioni avvenute sono state soprattutto sullaggiornamento tecnologico e sullavvicendamento del personale. Pur con la cinghia stretta non ne ha risentito la sostanza della produzione. C stata una scelta pi oculata sugli aggiornamenti, gli acquisti sono stati fatti in maniera pi rallentata. Il lavoro ospedaliero nel complesso non ne ha risentito sostanzialmente. Vicini ci tiene a rimarcare una fondamentale gratitudine: Grazie alla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forl siamo riusciti a mantenerci aggiornati sulle tecnologie. Nel futuro della spesa sanitaria penso che le Fondazioni dovranno inevitabilmente assumere un ruolo pi sistematico e ovviamente che questo un tema importante che dovr con attenzione essere messo a fuoco anche su un piano culturale. Anche il Prof Vicini mi pare su questa lunghezza donda e intanto sottolinea il ruolo che esse gi svolgono. Siamo stati supportati - continua infatti Claudio Vicini - da una Fondazione che oltre ad avere disponibilit finanziarie si dimostrata molto aperta allinnovazione in sanit ed ha dato riscontro tangibile ad alcuni suoi precisi compiti fra i quali rientra lattiva attenzione allimportante ruolo sociale della sanit. Ma entriamo nel vivo del dibattito sulla sanit dellarea romagnola. LArea vasta, dice Vicini, comprende quattro aziende ognuna delle quali ha una sua propria struttura otorinolaringoiatrica.Ogni azienda ospedaliera ha dei presidi diversificati, ma ovunque sul territorio c una risposta capillare. Lotorino ha delle prestazioni di base che devono essere sul territorio vicino perch laccessibilit una caratteristica importante. Questo peculiare di una disciplina che non per solo tonsille e setto. Noi come otoiatri facciamo anche oncologia avanzata, chirurgia integrata con chirurghi toracici, vascolari, generali, endocrini, stomatologi. Sui diversi punti di forza peculiari delle quattro sedi c una spontanea ripartizione sul campo cos che ci sono vocazioni diverse fra Forl, Cesena, Rimini, Ravenna. Si sono venute a spalmare delle competenze che sono differenziate perch storicamente gli specialisti dei quattro territori hanno coltivato interessi differenti e certo complementari. Penso sarebbe necessario un forte coordinamento, lo incalzo di proposito: non mi pare ci sia, per. La sua risposta: Non c coordinamento perch la percezione che non ci sia una reale volont di

17 Sanit. Emilia-Romagna. Incontro con Claudio Vicini. Ospedale Morgagni Pierantoni Forl

Area Vasta. Dimensione ottimale


coordinamento. Quando cera Delfo Casolino a Ravenna, primo e unico coordinatore designato, stato fatto un lavoro preliminare del tutto spontaneistico, che poi si fermato del tutto. Lesigenza di coordinamento c, ed difficile dire che cosa lo frena. Ci vogliono delle strategie ci vuole coordinazione. Azzardo io nel supporre che possano essere ostacoli anche certe concorrenzialit sotto cenere che trovano riscontro in ambito politico e che non producono decisioni per non incorrere nella difficolt che possono comportare certe scelte seppur doverose. Del resto mi consta che certi coordinamenti si sono messi in essere. Che sia un problema che poggia pi sul gradimento politico che su altro? Pu essere, ma non ne sono convinto. Molto dipende dalle persone, dai rapporti personali. Talvolta sono i personalismi che hanno molta influenza. Chi coordina lintero palinsesto pu considerare certi coordinamenti in base al vantaggio che recano. Di fatto dovrebbe essere una progettualit asettica, tranquilla che lo delinea e lo definisce. Non si tratta di un fatto o di uno strumento di potere, ma di uno strumento atto a migliorare efficacia ed operativit tra le differenti sedi. Il livello di coordinamento deve tener conto di differenziazioni oggettive di contenuti. Ci sono delle situazioni in medicina che sono rarissime che richiederebbero un coordinamento di Area vasta o anche regionale o addirittura sovraregionale, altre che sono di tale frequenza che sarebbe un grave errore non avere un coordinamento periferico o zonale. Dobbiamo cominciare a leggere il problema a seconda delle esigenze, dei vari percorsi, delle singole patologie. Se c un investimento da fare su una patologia frequente lo puoi capillarizzare in maniera semplice a costi limitati, ma se c una patologia molto rara che richiedono in pochi occorre centralizzare in sedi dove fare confluire i rari casi incontrati. La distribuzione di livelli di eccellenza non deve essere quindi vista come se fosse una peste. Una politica ed una strategia ap-propriate per la nostra sanit rimette al centro lArea vasta e ci che deve essere? In una dimensione come la nostra, la dimensione ottimale sarebbe quella corrispondente allarea vasta. In un concetto di medicina moderna rapportata alla dimensione geografica, secondo me - continua Vicini - ha molto pi senso ragionare in termini di Area Vasta Romagna, ottimale in unottica di integrazione, piuttosto che dar corso ad altre ipotesi di cui si discute (leggi integrazione Forl-Cesena). Se si mette al centro il problema di una integrazione aziendale fra due vicine Ausl, come questione centrale, si gi minato il concetto stesso di area vasta, hai creato una azienda un poco pi grande da contrapporre alle altre e non da integrare con quelle. Ci sono due atteggiamenti frequenti in area vasta e rispetto ad essa che devono essere evitati: o non ci pensi per niente, e non ne parli, oppure bisticci senza propositivit. Lo provoco: quale considerazione circa il nuovo assessore regionale alla sanit che proviene dalla struttura e da un ruolo primario di carattere sindacale interno. Pu muovere da l un processo di riorganizzazione e ristrutturazione che occorre? Tecnicamente dovrebbe essere un perfetto conoscitore dei meccanismi, perch estremamente competente: medico, dirigente, sindacalista, quindi ha una visione completa. Veniamo da unesperienza con Bissoni assesssore che stata positiva, assai positiva, e non era un tecnico ma un politico. La dimensione tecnica prima o poi si confronta, oppure si scontra ed infrange su quella politica. In medicina siamo abituati a ragionare sui risultati. Fino adesso non si sono viste molte note di cambiamento, ma c da rammentare che abbiamo avuto un periodo storico economico globale con difficolt straordinarie. Quindi aspettiamo. Quindi prof Vicini questo dibattito su Area Vasta Romagna e una sola governance invece di quattro non mi lascia finire. Secondo me quando un progetto si trascina cos a lungo nel tempo senza approdare a qualcosa di realmente costruttivo e concreto, ragionevolmente si deve arrivare a pensare che dietro ci sia semplicemente che molti amino parlarne ma realmente non vogliano realizzarlo. Come la Bella di Torriglia, tutti la vogliono, nessuno la piglia. Il problema che ci vorrebbe molta pi onest intellettuale e molta pi chiarezza a tutti i livelli.. Ringrazio il Prof Vicini per questa conversazione. Per parte mia vorrei confidare che la Regione riuscisse a darsi finalmente una politica e ci rendesse pi ottimisti sia per la soluzione a proposito di Area vasta Romagna, sia per la nostra sanit.
Denis Ugolini

18 Sanit. Emilia-Romagna

UnAzienda sanitaria unica romagnola: per migliorare


di Damiano Zoffoli*

Si riaperto, nei giorni scorsi, il confronto relativo ad una nuova organizzazione della sanit in Romagna. Oggi ci ritroviamo a met del guado: larea vasta romagnola della sanit , nei fatti, poco pi di una collaborazione, una sorta di coordinamento, con risultati ancora insoddisfacenti. Le AUSL di Forl, Cesena, Ravenna e Rimini, quelle che definiscono la cosiddetta area vasta, sono organizzate in 14 presidi ospedalieri dislocati sul territorio romagnolo e producono attivit per un valore di circa 2,2 miliardi di euro, impiegando quasi 15.000 dipendenti. necessario mettere in campo maggiore coraggio e responsabilit; fare scelte pi forti, chiare e nette. Unazienda sanitaria unica per la Romagna? Perch no! Basti considerare che in Emilia-Romagna, nel prossimo triennio, sulla sanit, che rappresenta oltre il 70% del bilancio regionale, verranno a mancare circa 1,5 miliardi di euro. Bisogna spostare ed elevare il livello del confronto: razionalizzare necessario, ma non basta. Come in un campo di calcio, se continuiamo solo ad erigere barriere, come i giocatori in difesa al limite della propria area, non riusciremo mai a vincere la partita, che quella di una nuova fase di sviluppo per il nostro territorio. Serve un nuovo schema di gioco: dobbiamo giocare in attacco e rilanciare, e non chiuderci dentro ai nostri, sempre meno adeguati, confini amministrativi. Anche alla luce della soppressione delle Province diventa ineludibile ripensare l'affidamento di funzioni e la gestione di servizi su area vasta. Questo schema di gioco, in Emilia-Romagna, lo abbiamo tradotto nel Patto regionale per la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva siglato lo scorso 30 novembre tra la Regione, lUpi, lAnci, lUncem e la Lega Autonomie, lUnioncamere, le associazioni imprenditoriali, le

organizzazioni sindacali, lAbi e i rappresentanti del Terzo settore. Al di l dei contenuti, questa ampia condivisione, ha valore in s: rappresenta un segno di speranza, una prospettiva e unidea comune di futuro. Dopo un ventennio, nel nostro Paese, della cultura imperante del fai da te e usa e getta e contro il rischio del si salvi chi pu, la societ emiliano-romagnola, tutta insieme, ha condiviso le scelte strategiche generali, per ricreare fiducia e un ambiente favorevole alla ripresa. Il progetto quello di un nuovo modello sviluppo pi umano, con al centro la crescita; senza questa, infatti, non si paga il debito e non c alcun risanamento possibile, n giustizia sociale ed equit. Gli assi fondamentali individuati, per riscrivere il patto intergenerazionale, sono la difesa e la promozione della legalit per sostenere leconomia sana; nuove e proficue relazioni sindacali e industriali per esaltare la centralit del valore del lavoro; investimenti nel sapere e nelle competenze, con incentivi e azioni mirate per aumentare l'occupazione femminile e dei giovani, e favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Anche in Emilia-Romagna, quindi, necessario cambiare, sapendo che la crisi impone a tutti un radicale mutamento degli stili di vita. Non sar infatti possibile, e non nemmeno giusto e auspicabile, visti i risultati, ritornare al modus vivendi precedente. La riforma del welfare, la sanit e il settore dei servizi alla persona, rappresentano, da questo punto di vista, il principale banco di prova. Per tutti questi motivi, credo che sia necessario dare, al pi presto, concretezza al percorso di creazione dellAzienda sanitaria unica romagnola, per migliorare lefficacia, lefficienza e lappropriatezza delle risposte ai bisogni di salute di tutti i cittadini. Come? Attraverso la concentrazione delle funzioni logistiche, amministrative e direzionali, nonch dei sevizi ospedalieri di eccellenza (che richiedono elevate specializzazioni e tecnologie) e, al contempo, la diffusione sul territorio della medicina di base e della rete integrata dei servizi socio-sanitari.
*Consigliere regionale PD

19 Sanit. Emilia-Romagna

UnAzienda sanitaria unica romagnola: l'ora dei fatti


di Thomas Casadei* riorganizzazione va avviato e la politica, quella che intende Nel dibattito avviatosi di recente costruire futuro, non pu avere tentennamenti. sul tema del rapporto tra le Servono coraggio e responsabilit, specie in una fase in cui Aziende sanitarie presenti sul la qualit dei servizi rischia di essere messa in discussione territorio romagnolo, con pardalla tenuta complessiva del sistema. ticolare riguardo alla possibile La complessit di questo progetto di AUSL unica romagnola integrazione tra quelle di Forl non riduce i notevoli vantaggi in termini di efficienza ed e Cesena, credo sia opportuno efficacia che esso certamente creerebbe: riduzione dei costi partire da alcune considerazioni di produzione per maggiori economie di scala; ottimizzazione frutto di unanalisi oggettiva e, valorizzazione delle professioni sanitarie e mediche e delle soprattutto, che guardi al futuro. strumentazioni altamente specializzate che garantiscono anche Le AUSL di Forl, Cesena, Rail miglioramento della appropriatezza delle cure, principio venna e Rimini quelle che ordinatore delle politiche in materia sanitaria. definiscono la cosiddetta Area Sotto questo profilo, unAzienda Unica Romagnola, se da un vasta producono attivit per un valore di circa 2,2 miliardi lato, deve quindi prevedere aggregazioni e unificazioni di di euro impiegando quasi 15.000 dipendenti. servizi ospedalieri organizzati per intensit di cura e diffusi I presidi ospedalieri presenti sul territorio romagnolo sono a rete sui territori, dallaltro, deve anche prevedere uno sviluppo attualmente 14, di cui naturalmente quelli di Forl, Cesena, della medicina territoriale. Ravenna e Rimini costituiscono i principali. Come Il principio dovrebbe essere quello della concentrazione dei riconosciuto da statistiche e appositi sistemi di valutazione, la servizi ospedalieri di eccellenza, che richiedono alte specialit qualit dei servizi delle quattro Aziende molto buona. e tecnologie, nonch delle funzioni logistiche, amministrative A tal proposito, nei mesi scorsi, lOsservatorio della Federazione e direzionali, e al contempo la diffusione sul territorio della Italiana delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere ha inserito nel medicina di base e dei servizi sanitari di maggior utilizzo Libro Bianco della buona sanit ben 8 progetti delle AUSL da parte della popolazione romagnole, due dei quali sempre pi integrati con riguardano il Laboratorio quelli socio-sanitari e sociali, Unico di Area Vasta di ad esempio attraverso il conPievesestina, riconoscensolidamento dei Nuclei delle doli come esperienze da cure primarie, delle Case per esportare in tutta Italia. la salute e ladozione di nuovi Per mantenere, e anzi approcci per la promozione migliorare ancora, questi della salute ispirati ai principi servizi, valorizzare lapdella medicina di iniziativa porto dei professionisti e come il Cronic Care Model sfruttare al meglio teper la cura delle malattie crocnologie e investimenti niche, la cui sperimentazione divenuta una scelta non nella Regione Toscana sta pi rinviabile ridurre i avendo esiti positivi come centri di costo attraverso evidenziato recentemente al azioni di scala, e raf6 Forum Risk Management forzare le gestioni in rete in Sanit. per patologie e prestaIn questo modo nellAzienda zioni legate a specifici unica romagnola determibisogni, azioni che divernante sarebbe il ruolo dei se regioni e territori in Italia hanno gi intraDistretti, che rappresentepreso. Le quattro AUSL rebbero le articolazioni delromagnole prese sinlAzienda sanitaria su dimengolarmente risultano di dimensioni modeste in termini di sioni territoriali ottimali in cui ricercare lequilibrata diffusione bacino di utenza, condizione questa che spesso compromette dei servizi sanitari e socio-sanitari in base ai bisogni reali delle la possibilit di implementare con efficacia ed efficienza popolazioni attraverso unattenta funzione di governo e un peculiari specializzazioni sanitarie che richiedono elevata rinnovato ruolo di controllo delle amministrazioni locali. professionalizzazione e innovazione tecnologica, se non Non tempo di temporeggiare: questa una frontiera che va ricorrendo ad una considerevole mobilit di pazienti da altre attraversata se si hanno a cuore la salute dei cittadini romagnoli, Aziende. la qualit dei servizi sanitari e socio-sanitari e lequilibrio E per queste ragioni che occorre, da subito, avviare un processo economico-finanziario del Sistema Sanitario italiano, ad oggi di unificazione su scala romagnola, passando dallArea vasta uno dei migliori al mondo. ad un vero e proprio sistema romagnolo. Vorremmo lo restasse anche nei prossimi decenni, per questo Certo su un bene fondamentale come la salute dei cittadini serve uno sguardo lungo e azioni concrete, a partire da ora. non ci si possono permettere disfunzioni, ma tale percorso di *Consigliere regionale PD

20 Sanit. Emilia-Romagna

Infrastrutture leggere per la modernit


di Stefano Mancini*
E peculiarit dei paesi emergenti quella di doversi focalizzare sulla realizzazione di infrastrutture pesanti (le grandi reti di comunicazione, strade, porti ecc; obiettivo: favorirne lo sviluppo economico). I paesi e le economie avanzate, come la nostra, invece dovranno concentrare i loro sforzi e le loro risorse sulla realizzazione e lo sviluppo di infrastrutture leggere (sostanzialmente i servizi, le reti e la diffusione della conoscenza e della tecnica; obiettivo: migliorarne la qualit della vita). Dobbiamo quindi aspettarci pi servizi, idee nuove ed aggiornamento di quelle pi antiche ma ancora solide. Ci verr sempre pi richiesto di governare i processi, la produzione e la distribuzione della ricchezza puntando lattenzione sugli elementi intangibili o meno tangibili della catena del valore. Lerogazione dei servizi sanitari alla persona entra a pieno titolo nella cornice appena esposta, oltre a rappresentare un dovere in grado di misurare la civilt di un popolo. E sar anche uno dei pilastri dello sviluppo economico, civile e sociale del paese negli anni a venire. Lottimizzazione delle risorse in epoca di austerit e di contrazione delle disponibilit costituisce un imperativo etico oltre che economico. Il difficile ma indispensabile equilibrio tra un incremento della domanda di salute e di servizi alla persona e la sostenibilit economica del sistema di welfare, cos come lo conosciamo, richiede una competente governance multilivello, molto efficace, molto laica e molto svincolata dalle logiche di appartenenza politica cui spesso invece devono la loro progressione in carriera i principali attori, a vario titolo coinvolti nei processi decisionali. Si fa spesso riferimento alla necessit di migliorare la qualit dei servizi e di contenerne i costi attraverso un aumento della efficacia e della appropriatezza delle prescrizioni e degli atti medici. Si tratta certamente di intento encomiabile, di analisi giusta ma forse un poco strabica quella che identifica nel comportamento del medico e nel rapporto medico-paziente una delle fonti principali di possibile contenimento della spesa. Non pare tenere nella dovuta considerazione il fatto che i medici devono fronteggiare ed assecondare le sempre maggiori richieste dei cittadini in termini di servizi, per esempio accertamenti diagnostici sofisticati e costosi, terapie innovative ed altro ancora. Ed alluopo non vengono dotati degli strumenti per realizzare con successo questa epocale impresa che di natura culturale, pedagogica ed economica, finalizzata al contenimento delle spesa sanitaria. Mi riferisco a dotazioni tecnico-organizzative; come per esempio la realizzazione dellintegrazione fra ospedale e territorio con la costituzione di strutture sanitarie intermedie adeguatamente attrezzate e lasciate libere di lavorare, contigue sia ai medici che agli utenti. Ma soprattutto faccio riferimento a strumentazioni e dotazioni di natura normativa, legislativa che consentano un contenimento dei costi derivanti dal sempre pi diffuso e necessario ricorso alla medicina difensiva dato il vertiginoso, ingiustificato e defatigante aumento del contenzioso medico-legale fra pazienti e professioni mediche. In questo senso auspicabile anche come fonte di sicuro risparmio, una norma che preveda la depenalizzazione dellatto medico, facendo in modo che leventuale errore del medico non venga considerato fatto di rilevanza penale prima ancora che ne sia stata accertata leventuale colpa o addirittura il dolo. La buona politica e la buona amministrazione devono farsi interamente carico di questo snodo cruciale per il corretto funzionamento, a costi sostenibili, del nostro servizio sanitario. Non dobbiamo dimenticare inoltre che il PIL globale nazionale (e quindi le risorse disponibili per il mantenimento e lo sviluppo dello stato sociale variamente articolato) il risultato della sommatoria dei tanti PIL locali, aziendali e che i fattori che frenano la crescita del nostro paese e delle nostre aziende sono essenzialmente tre: troppe tasse e adempimenti trasferiti dimperio sui produttori, pochi investimenti in capitale umano, una giustizia civile al collasso che si cerca di bypassare facendo ricorso a quella penale. E tutti questi fattori, singolarmente e insieme, gravano come macigni sulle imprese sanitarie private che, allinterno del SSN, si occupano dellerogazione di servizi alle persone. Ora pi che mai si sente lesigenza di un approccio laico, deideologizzato per la costruzione di un welfare parzialmente da reinventare pena il default del sistema nel suo complesso, con la conseguenza di avvicinarlo sempre pi a quello delle economie emergenti, vale a dire bassi salari e servizi scadenti per i pi, servizi invece eccellenti per i pochi in grado di poterseli acquistare. Il sistema sanitario pubblico e quello privato hanno lobbligo di continuare nello sforzo di integrazione condividendo il fine senza sovrapporsi creando inutili e costosi doppioni. Alcuni servizi li pu e li deve erogare il privato accreditato, altri li pu e li deve erogare solo il servizio pubblico. Anche il ruolo degli ospedali probabilmente va rivisitato avendo chiaro in mente di farne centri di vera e propria eccellenza con dotazioni strumentali aggiornate e allavanguardia cos da poter affrontare con successo le situazioni cliniche pi gravi e complesse. Per far ci potrebbe essere utile affrancare i medici ospedalieri e la struttura stessa dagli impegni derivanti dalla gestione della attivit di base (clinica, radiologica, ecografica, chirurgica ambulatoriale ed altro ancora) affidando, in maniera coordinata, questultima allesterno, senza il timore di violare una malinterpretata pax sindacale. La visione di insieme derivante dalladozione dellArea Vasta Romagnola se correttamente interpretata, consentir risparmi significativi e servizi migliori se si avr il coraggio di scelte un poco impopolari ma da statisti illuminati, alieni al piccolo cabotaggio e facendo di necessit (contrazione delle risorse), virt. Doppioni di reparti ospedalieri che, a distanza di 20 km erogano servizi di chirurgia per lo pi ambulatoriale o di diagnostica non complessa, non hanno ragione di esistere, non ce li possiamo pi permettere e quindi andrebbero ripensati. E auspicabile che emergenza e routine siano prontamente disponibili e nelle vicinanze, mentre per le situazioni pi gravi accettabile e moralmente sostenibile doversi talora un poco spostare a fronte di migliori servizi e migliori garanzie. Sono egualmente da contrastare sia la autoreferenzialit di chi gestisce per delega la quota pubblica del SSN col denaro della fiscalit collettiva sia la sudditanza e/o la scaltrezza di chi gestisce per scelta imprenditoriale la quota privata dello stesso SSN. Atteggiamenti mentali di siffatta portata hanno condotto nel tempo al fenomeno della erosione psicologica delle alleanze con linsorgenza di reciproca diffidenza. Larmamentario culturale di riferimento cui attingere non pu fare a meno dellempirismo contro ideologismi di varia natura, di una buona dose di etica e di capacit di comune sentire; nonch da logiche di mercato temperate dalla consapevolezza di costi standardizzati, o per meglio dire, di costi ragionevoli, sopra i quali sarebbe antieconomico andare, ma sotto i quali potrebbe essere delittuoso scendere. E per tutti gli attori a vario titolo coinvolti deve valere la consapevolezza di trattare una materia altamente sensibile, delicata, complessa, cio la salute, bene prezioso e risorsa primaria delluomo.
*Medico oculista - Presidente Poliambulatorio Columbus

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Evitare inutili duplicazioni


di Stefano Montalti*

Energie Nuove torna con continuit sul tema della organizzazione della sanit in Romagna e il dibattito che ne scaturisce rende la discussione a Cesena interessante e non scontata. Sono state diverse le personalit politiche, sindacali ed istituzionali intervenute sul tema di un'Azienda unica. Lapproccio pi convincente non mi pare quello di ripartire dai PAL (Piano Attuativo Locale) vigenti nelle singole Aziende, pensati in unottica che non va oltre il coordinamento delle AUSL attuali, ma mi sembra necessario un cambio di visione. Il Sindaco di Cesena proponendo di costruire un Atlante dei servizi socio-sanitari delle tre province romagnole, sembra lo delinei. In primo luogo vi il tema di chi discute e sulla base di cosa. Le assemblee elettive, gli amministratori da un lato, gli operatori, le aziende sanitarie, i comitati e la complessa trama dellassociazionismo dallaltro, con le funzioni e i ruoli dei quali sono titolari, non esauriscono in se stessi il tema della partecipazione. politiche potrebbero, uscendo da una dinamica puramente dichiarativa tentare di costruire dei luoghi di partecipazione politica reale sul tema della salute. I cambiamenti fondamentali nella sanit sono avvenuti nel vivo di discussioni pubbliche, di campagne informative e di movimenti dopinione, politici e sindacali, i cambiamenti che si prospettano per la sanit in Romagna non richiederanno una vivacit minore. La qualit della sanit locale, provinciale e regionale alta e negli anni stata concretamente riscontrata dagli utenti. Questo dato di fatto non esime dal visualizzare le aree di criticit, le inutili duplicazioni, le ridondanze

direzionali e le prospettive conseguenti alle scelte nazionali. Il finanziamento nazionale del servizio sanitario, abbastanza cervellotico. Storicamente il fondo sanitario sottostimato del 5-6% ogni anno che, lungi da indurre risparmi di spesa, determina solo incertezze e la necessit di successivi rifinanziamenti. Il governo Berlusconi nelle sue ultime, concitate, manovre ha introdotto ticket, tagli dal lato del finanziamento, confermati dallattuale governo, che stanno producendo divaricazioni nel diritto dei cittadini ad avere pari opportunit di accesso alle prestazioni. Io penso che per evitare di cadere in una spirale che connetta i tagli nazionali allinceppamento del servizio sanitario, tagli quindi suscettibili di incidere sulle condizioni di salute dei cittadini, si debba mettere in discussione sia lassetto dei servizi che la loro gestione e la loro organizzazione. Luna cosa connessa allaltra, non sar sufficiente fronteggiare il definanziamento del servizio sanitario pensando solo ad una mappa appropriata di ci che serve, indipendentemente dalla gestione. Il servizio sanitario un bene comune fondamentale al quale non vogliamo rinunciare e per il quale prima di pensare a coperture inferiori si disponibili a pensare cambiamenti profondi. Occorrer garantire la vicinanza ai cittadini dei servizi di base e comunque ricomprendere nel territorio romagnolo quelli che richiedono una pi elevata intensit tecnologica e di specializzazione del personale sanitario. Ripropongo qui un passo avanti concreto da realizzare attraverso una spending rewiew (revisione della spesa) della sanit in Romagna, che unita a quellAtlante dei servizi del quale ha parlato il Sindaco Lucchi, potr sviluppare listituzione prevista dalla Regione dellArea Vasta Romagna, anche indipendentemente dall'evoluzione delle altre Aree Vaste, con una specifica organizzazione sanitaria romagnola.
*Segretario Sinistra Ecologica e Libert. Cesena

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Unindustria Forl-Cesena: Unire le ASL romagnole


di Giovanni Torri*
Lo scorso 31 dicembre 2011, c' stata la fusione tra le locali rappresentanze di Confindustria FC e di Confapi FC, entrambe confluite in Unindustria ForlCesena. Si finalmente soddisfatta la volont di unire due strutture rappresentative degli interessi del mondo produttivo che hanno saputo riconoscere l'importanza di semplificare il quadro locale di riferimento, per proporre insieme energie e valori capaci di dare una spinta maggiore a favore di tutte le industrie. Anche in considerazione della durezza dellattuale quadro economico complessivo, sono emersi, quali obiettivi primari, sia quello di ampliare la gamma dei servizi offerti agli Associati, sia quello di indirizzare, da subito, i servizi offerti dalla neocostituita Unindustria Forl-Cesena, verso unarea territoriale pi ampia della sola Provincia di Forl-Cesena, valutando che le risorse ed i funzionari siano impegnati (o, piuttosto, possano essere impegnati nel prossimo futuro) in un ambito pi vasto di quello provinciale. Ovviamente, si dovr partire dal garantire maggiori occasioni di conoscenza e nuove opportunit di investimenti produttivi da parte delle industrie di questa provincia, soddisfacendo nel contempo la richiesta di qualificate professionalit che possano essere rese disponibili dal Sistema Confindustriale, al quale si deciso di continuare ad aderire, sfruttando anche il rapporto diretto con i Colleghi delle Associazioni pi vicine. Inoltre, si rammenta che, coerentemente con questottica, Confindustria Forl-Cesena e Confindustria Ravenna, collaborano gi da oltre cinque anni su entrambi i territori, sia nelle attivit di ricerca e selezione di personale (Unimpiego), sia nelle attivit di formazione (Il Sestante) e sia nelle attivit di elaborazione paghe e gestione del personale" (Assoservizi Romagna). A queste iniziative, oggi, sar possibile aggiungere l'esperienza e la qualificata proposta di servizi resi dal personale che gi faceva parte della locale Associazione delle Piccole Imprese (Confapi Forl-Cesena), moltiplicando le opportunit per tutte le iniziative imprenditoriali di grande, piccola e media dimensione. Da tempo le Associazioni di rappresentanza delle imprese private, infatti, hanno convenuto che, agendo in unottica di territorio pi vasto di quello provinciale, progettando e programmando i propri interventi al fine di ottimizzare le forze, garantendo servizi pi qualificati, anche quando fossero privilegiate le specializzazioni presenti nelle localit vicine, si favoriscono, in primo luogo, gli imprenditori pi dinamici e la sostenibilit delle loro produzioni nel confronto con i concorrenti in un mercato sempre pi globale, dove inarrestabile levoluzione continua delle tecnologie. Non possiamo per tralasciare limportanza del contesto territoriale nel quale le imprese operano. La competitivit di un'impresa sempre stata condizionata dalle dinamiche che caratterizzano il settore industriale di appartenenza, ma anche dal contesto territoriale nel quale limpresa inserita. Lefficienza della pubblica amministrazione, la semplificazione burocratica, la sicurezza, il sistema dei trasporti, le reti energetiche e delle telecomunicazioni, leccellenza e la prossimit dei servizi sanitari, lofferta formativa universitaria della scuola in generale e per la qualificazione professionale e cos via, sono elementi che qualificano il territorio e, quindi, la competitivit di base delle imprese che vi sono insediate. In caso di crisi generale, la spinta derivante dai maggiori e pi qualificati servizi che Unindustria pu offrire, non pu costituire, da sola, una leva sufficiente ad innescare processi rapidi di sviluppo economico e occupazionale. Occorre altres la consapevolezza di tutti: istituzioni pubbliche, universit, banche, sindacati, imprese, ecc., che luscita dalla crisi si differenzia per entit e tempi in funzione delle generali condizioni di benessere e di welfare locale. Allo scopo di rendere evidente il nostro punto di vista, possiamo sinteticamente intervenire nel dibattito tuttora in corso sulla eventualit che si realizzi lunificazione delle AUSL della Romagna. , a nostro giudizio, importante che le Ausl di Forl, Cesena, Ravenna e Rimini decidano di unificarsi, integrando i loro uffici direzionali, amministrativi e di segreteria, evitando le duplicazioni e riducendo i costi di gestione che sempre pi assorbono ricchezza, per dedicare invece tutte le risorse disponibili ai servizi sanitari. Risorse che, altrimenti, vengono sottratte al welfare locale cui sono legate le esigenze di sostenibilit e di miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e che invece possono essere unulteriore risorsa per limprenditore per fare, poi, scelte strategiche. Il confronto sui mercati ha assunto connotati tali che occorre il contributo di tutti i diversi attori presenti in provincia, chiamati ad essere soggetti attivi nella soluzione dei problemi e nelle politiche di sviluppo economico e sociale. Dunque, occorre abbandonare definitivamente gli storici campanilismi comunali che finiscono per costituire oggi, nell'attuale contesto di informazione e confronto dell'offerta su scala planetaria, un forte rallentamento alla crescita, se non proprio un pericolo per la stessa sostenibilit. Il pericolo concreto che si corre quello di vedere ridotte le condizioni di benessere esistenti. Dunque, per concludere, riconosciamo che ci sono diverse difficolt a condividere le risorse, a ridurre le poltrone, a riorganizzare gli incarichi ed a disporsi al cambiamento, anche quando questo reso necessario da ragioni di forza maggiore; mentre nel caso di Confindustria e Confapi della Provincia di Forl - Cesena la spinta allaggregazione nata a fronte della condivisione delle logiche di servizio, per favorire la crescita del tessuto imprenditoriale. Unindustria Forl-Cesena pu proporsi oggi tra i principali attori locali ai quali affidata limportante responsabilit di dare concretezza agli obiettivi della migliore imprenditoria, adattandoli al contesto locale soprattutto con iniziative innovative di collaborazione e stimolo, che dovranno trovare adeguato supporto. In tale logica, per il prossimo futuro si impone la scelta degli interventi a pi grande valore aggiunto, limitando le risorse disponibili alle proposte prioritarie, attraverso una metodologia di progettazione dello sviluppo, compatibile con le vocazioni degli imprenditori presenti. Convinti di aver fatto una scelta giusta e responsabile per il bene e il futuro del mondo industriale del nostro territorio, auspichiamo che la nostra scelta stimoli anche chi ci amministra nel percorrere la strada che porta a meno poltrone e pi servizi per tutti. *Presidente Unindustria Forl-Cesena

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Banche in chiaroscuro, fra crisi economica e finanziaria


di Paolo Morelli*
In ritardo rispetto alla maggior parte delle zone italiane, anche a Cesena e in Romagna arrivata la crisi del credito. Non una novit che la Romagna, ma soprattutto Cesena, seguano con qualche mese di ritardo i saliscendo dei cicli economici, per cui non c' da stupirsi pi di tanto. Anzi, bisognerebbe di questo ritardo ciclico, perch ormai possiamo fare gli indovini anche senza avere la palla di vetro, ma nessuno approfitta dell'occasione. La crisi del credito strettamente legata alla crisi del settore immobiliare: molti operatori che si erano abituati a lavorare con i soldi delle banche vendendo gli appartamenti ancor prima di costruirli, ora si trovano col culo per terra e la testa un po' frastornata. Cos alcuni progetti, per esempio il Comparto Europa, tra la ferrovia e la via Emilia, si sono fermati o hanno allungato di molto i tempi. E le banche, che ti danno l'ombrello quando c' il sole per togliertelo quando piove, fanno la figura degli orchi rovina imprese. "In realt - dice Adriano Gentili, direttore generale del Gruppo Cassa di Risparmio di Cesena (oltre alla Carisp comprende anche la Banca di Romagna) - le banche continuano a fare il loro mestiere: raccolgono i risparmi delle famiglie e delle imprese, poi li impiegano prestandoli a chi ne ha bisogno, cercando di fare in modo che tornino in cassa per poterli restituire ai risparmiatori o impiegarli nuovamente. Il rallentamento dell'economia, che per fortuna non riguarda in ugual misura tutti i settori, abbinato a una stretta imposta dalla Banca d'Italia per adeguarci a standard europei, hanno fatto venire il fiatone a molti istituti di credito". I tempi dell'espansione continua sono finiti, e probabilmente non torneranno pi. E chi ha fatto il passo pi lungo della gamba ne ha pagato o ne sta pagando le conseguenze: la Cassa di Risparmio di Rimini, per esempio, che nel giro di pochi anni aveva raddoppiato gli sportelli e messo un piede a San Marino rilevando una banca, stata commissariata e gli amministratori e dirigenti hanno pagato multe comminate dalla Banca d'Italia per oltre 800mila euro complessivi; la Banca Romagna Cooperativa, frutto di fusioni a tappe forzate, arrivata a un passo dal commissariamento e sta faticosamente riprendendosi grazie al supporto del sistema delle Bcc, il cui fondo di garanzia intervenuto con una trentina di milioni di euro dopo un rinnovamento condito da multe della Banca d'Italia. E gli esempi potrebbero continuare perch negli ultimi tre anni a Cesena hanno chiuso una decina di sportelli bancari (l'ultimo, se non ci sbagliamo, quello della Carim che era in viale Matteotti). Adesso gli sportelli sono 101, ma probabile che la tripla cifra duri ancora per poco tempo. L'universo pi affollato quello del credito cooperativo: a Cesena si contano 25 sportelli delle Bcc, molti dei quali a poche decine di metri uno dall'altro. "Servirebbe una ristrutturazione sia della rete che delle stesse banche - dice Giancarlo Petrini, direttore generale della Banca di Cesena -, ma ogni volta che se ne parla c' sempre qualcosa che va di traverso. Cos si rimanda, e i buoni propositi tornano nel cassetto. Ma credo che ormai di margine da rosicchiare ce ne sia rimasto poco, quel che non si riuscir a fare con la buona volont lo far il mercato". "Quel che si dice in giro, che le banche hanno chiuso i rubinetti, non vero -afferma Adriano Gentili -. Le banche continuano a erogare credito, ma sono di fronte a uno scenario mutato rispetto a qualche tempo fa: molti imprenditori chiedono soldi non per fare investimenti produttivi, ma per pagare altri debiti, il che fortemente negativo per loro e per noi. La Carisp ha fatto un'operazione da 30 milioni di euro per anticipare i crediti che le aziende vantano nei confronti degli enti locali, pessimi pagatori a causa del patto di stabilit. E poi interveniamo dove ce n' la possibilit: con un'azione da 50mila euro abbiamo rimesso in piedi una piccola ma storica azienda che stava per chiudere, speriamo sia sufficiente". Insomma, le banche hanno l'acqua e sono pronte a versarla nell'abbeveratoio, ma il cavallo non ha sete, vorrebbero bere solo i cavalli febbricitanti, mentre quelli sani rimandano. L'orizzonte delle banche, piccole o grandi che siano, comunque piuttosto nuvoloso: l'abbassamento del rating dell'Italia non riguarda solo il debito pubblico, per cui le banche italiane sono ormai tagliate fuori dal mercato obbligazionario europeo: nessuno vuole pi le obbligazioni delle banche italiane, per cui c' stato un momento in cui stato a rischio il rimborso delle obbligazioni in scadenza nei prossimi mesi. Fortunatamente la Banca Centrale Europea ha messo a disposizione delle banche italiane un ingente quantitativo di denaro liquido a un tasso d'interesse contenuto (complessivamente 1,75%), cos tutti gli istituti, chi pi, chi meno, si sono approvvigionati e possono guardare ai prossimi tre anni con maggiore serenit.
*Giornalista del Resto del Carlino

24 Cesena. Comune

Molta burocrazia e molte parole


di Luigi Di Placido*
Il refrain il solito: esiste la burocrazia buona e quella cattiva, non bisogna confondere quella buona, che indispensabile, con quella cattiva, che frutto di contorsioni organizzative e difesa di prerogative tese a giustificare la necessit di una posizione e/o di una mansione. Il nostro paese abbonda di burocrazia cattiva e scarseggia di quella buona, con buona pace dei vari Brunetta che si sono succeduti nel corso degli anni armati del pio desiderio di affrontare di petto la questione. Come da italico costume, la colpa sempre di qualcun altro: del livello amministrativo superiore, dell'altro ente, dell'altro ufficio. Risultato: la settima potenza industriale al mondo ha una organizzazione burocratica da terzo mondo. Secondo qualcuno la situazione generale di arretratezza del nostro paese pu svolgere un ruolo consolatorio di fronte alle eventuali arretratezze locali, in base al principio del "siamo tutti sulla stessa barca": non questo lo spirito che ci anima, n ci infonde serenit. Partiamo da una certezza: soprattutto in periodi difficili come quello che stiamo attraversando, la riduzione dell'impatto burocratico sulla vita di cittadini, tecnici e imprese vitale, perch corrisponde a maggiori opportunit di crescita e minori perdite di tempo e denaro. E Cesena come si muove nella giungla burocratica? Bisogna dire che il Sindaco Lucchi e la sua amministrazione hanno fatto, sin dall'insediamento, della lotta alla burocrazia un cavallo da battaglia del proprio programma di mandato. Ed era difficile fare diversamente: la citt veniva da un periodo nel quale gli uffici dovevano stare chiusi al pubblico per recuperare lo spaventoso arretrato accumulato, fioccavano le denunce e le indagini della magistratura, veniva vantato il triste primato di maglia nera locale per tempi di rilascio di permessi e concessioni. Alla fine del 2009, pochi mesi dopo il suo insediamento, il Sindaco Lucchi intervenne ad un convegno organizzato da Energie Nuove sulla burocrazia insieme all'Assessore Moretti, convegno che oggi rivela la sua profonda lungimiranza e l'assoluta fondatezza di molti dei timori che vi vennero espressi. Alcuni passi di quel convegno sono molto emblematici, perch evidenziano la distanza tra intenzioni di cambiamento e realt dei fatti. La prima scelta anti-burocrazia del neo Sindaco nel 2009 fu l'accorpamento delle deleghe all'Urbanistica e allo Sviluppo Economico. Cos un passo del suo intervento al convegno di cui sopra: "....lassessore allurbanistica anche lassessore alle attivit economiche, e in questo caso forse c un passaggio di carattere metodologico, vale per Cesena, forse varrebbe per molte realt, nella consapevolezza che i due temi, urbanistica, non urbanistica, rapida e con risposte certe, un settore delle attivit economiche completamente collegato a un metodo di lettura di ci che succede nella nostra citt, dico io utile, poi se ci siamo sbagliati, ce lo direte fra qualche anno, ma in questa fase, mi pare che ci sia un elemento che mette assieme la consapevolezza anche esplicitata di unione tra i temi dellurbanistica e la possibilit di sviluppare le imprese." Intenzione lodevole, se non fosse che dopo neanche due anni ha subito un brusco dietro-front, con lo spacchettamento delle deleghe, la creazione di un nuovo assessorato, un nuovo assetto di molti uffici che, al momento, ha solo praticamente annientato un modello organizzativo e di lavoro che stava faticosamente nascendo proprio in virt dell'accorpamento. Troppo lavoro per un unico Assessore, si detto. Pu essere, ma era cos difficile prevederlo, ed evitare spiacevoli passi del gambero? Altro problema che era necessario affrontare era quello della eccessiva discrezionalit nei tempi e nei modi di gestione delle pratiche, al punto che il neo-Sindaco si sent di affermare: " un metodo rispetto al funzionamento dei nostri uffici nei tempi di risposta, perch di nuovo abbiamo bisogno di garantire un metodo che sia pi o meno uguale per tutti, pi o meno esplicito, pi o meno trasparente, una cosa che dia una qualche garanzia." Se si sent il bisogno, a fine 2009, di marcare una differenza rispetto al passato, ci significa che il passato era figlio di errori, arroganza e corsie preferenziali. Evidentemente, chi parlava di cesenati alla stregua di sudditi e non di cittadini e della necessit di chiedere per favore anche quello che dovuto, qualche ragione ce l'aveva. Da allora ad oggi Cesena ha acquisito un nuovo triste primato: quello di comune con il maggior numero di denunce a carico di professionisti, che fa il paio con diverse indagini della magistratura ancora aperte. Oltre a ci, viene universalmente evidenziata una rigidit dell'apparato burocratico che non ha permesso snellimenti sensibili, a questo aggiungendo un rapporto con le professioni e il mondo del lavoro che proprio oggi tocca minimi storici di dialogo e reciproca comprensione, al punto che c' chi afferma che in determinati frangenti la burocrazia sia addirittura

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Molta burocrazia e molte parole


*** maticamente. aumentata e i tempi non si siano affatto ridotti. Un fiore all'occhiello dell'Amministrazione certamente lo Un altro passo: " ....abbiamo sottoscritto un protocollo che si Sportello del cittadino, il Punto Accoglienza, la nuova chiama Misura anticrisi adottata dal Comune di Cesena a collocazione di URP e rotocollo. sostegno del sistema imprenditoriale ... la seconda parte del E' questa la vera grande innovazione, per la quale vale la pena documento, quella pi corposa, si chiama semplificazione spendere 1.400.000 Euro nel 2012, oltre a quello che gi amministrativa, un percorso, lo dicevo, che abbiamo stato speso? sottoscritto con le associazioni di categoria e con gli ordini Vale la pena ricordare che lo Sportello Unico del Comune di professionali, non lo dico per coprirci, labbiamo fatto con Cesena fu inaugurato in pompa magna nel 1999 come uno dei loro quindi va bene a prescindere, ma perch con il metodo primi esperimenti in Italia: oggi cambia leggermente nome del quale dicevo poco fa, un metodo per metterci in fila con ma dopo 13 anni deve ancora veramente decollare. loro. E' certamente utile per il cittadino avere un punto di riferimento, Che cosa prevede il metodo e che cosa prevede il percorso? sempre che esso non si limiti a ricevere e smistare, perch in Prevede che avviamo lo Sportello, il 2 di ottobre abbiamo quel caso sarebbe solo il restyling del terzo millennio della promesso che avremo avviato lo Sportello delledilizia, dir ormai abbandonata figura del donzello; ma cos deprecabile fra un attimo come, sulla base delle cose che abbiamo detto per il cittadino salire le qui, labbiamo avviato il 2 di scale, entrare negli uffici e novembre, che con un parlare con chi pagato metodo assolutamente simile proprio per assisterlo e avremo avviato anche lo dargli risposte? Forse il Sportello PUA, che avremo vero problema sta nell'avere garantito tempi di invio celeri indicazioni pre-cise, non delle pratiche, ci siamo solo di piano o di stanza, impegnati di farlo in 7 giorni ma sulle domande e/o dal ricevimento agli enti richieste che vengono esterni, abbiamo garantito la poste, perch su questi sottoscrizione di un protoaspetti che il cittadino collo con gli enti ....". indifeso e vittima della Questo quello che sta sucburocrazia, ovvero quando cedendo oggi nel Comune di non sa chi e come. Le ultiCesena? A noi non risulta, me 8 pagine (su 48 totali) con regolamenti ancora della brochure-testamento lunghissimi e spesso poco di met legislatura, diffusa comprensibili, che non diin citt qualche tempo fa, ventano pi chiari solo perch sono dedicate al tema "La vengono eventualmente Pubblica Amministrazione accorpati. E' lodevole la si rinnova". volont di sensibilizzare gli Tralasciando per carit di patria il rafforzamento dei quartieri enti esterni ad una maggiore collaborazione, ma perch il (un miracolo, non avendo questi ultimi pi capacit di spesa), neonato Sportello Unico per le Attivit Produttive sconta il metodo di concertazione basato sul confronto assiduo, la problemi legati soprattutto alla mancanza di coordinamento creazione del comitato utenti per vigilare sulle societ tra gli uffici interni all'Amministrazione, quasi che ancora non partecipate (ne avr di lavoro, a cominciare dalle probabili si sia individuato un metodo corretto di lavoro? minusvalenze di Valore Citt), le altre azioni messe in campo, E cosa dire della tecnologia? bench meritevoli, non sono quelle in grado di cambiare la Che pu certamente dare una bella mano nell'affrontare le faccia al nostro Comune. Forse per pudore nella brochure non lungaggini burocratiche, permettendo pratiche e contatti a vengono citati gli argomenti sui quali a pi riprese negli ultimi distanza. tempi ci siamo trovati dinnanzi nelle sedi istituzionali: il piano Nel 2009 ne era convinto anche il Sindaco, al punto che delle performances e il rating del Comune, quasi che affermava: " Entro marzo (marzo 2010, n.d.r.), dico una data, l'altisonanza dei nomi coincidesse con la risoluzione dei qualcuno mi consiglia di stare attento con le date ma io ci problemi. Certamente parlare di nucleo di valutazione meno provo, sono anche pronto a chiedere scusa, non dovesse coinvolgente. accadere, dovremo avere disponibile un software utilizzabile Sar per quello che nel nostro Comune non si praticamente su Internet che dia la possibilit di seguire liter di ognuna mai avuto un giudizio obiettivo sull'operato di funzionari e delle pratiche - Stiamo lavorando perch nei mesi successivi, dirigenti, affidando spesso il tutto a discutibili criteri politici. mi auguro che siano mesi, anche attraverso Internet sia possibile Molta burocrazia e molte parole, quindi, a Cesena. consegnare le pratiche, e i progetti...". Un filo rosso lega l'una alle altre, un filo che, come la tela di Questo quello che sta succedendo oggi nel Comune di Penelope, rischia di non arrivare mai a rassicuranti conclusioni Cesena? A noi non risulta, quello che si pu fare al momento e forme ben definite. prendere appuntamento con i tecnici, il che di solito molto *Consigliere Comunale difficile proprio perch l'unica cosa che si pu fare tele-

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Investire per la sicurezza


di Corrado Augusto Patrignani *

Nella nostra citt, dal centro storico alla periferia, si sta riproponendo un serio problema legato alla sicurezza dei cittadini, dei negozianti e degli imprenditori. La questione ovviamente generale perch quando si affronta la questione della criminalit, dei furti, delle spaccate e delle rapine, a essere attaccata l'intera comunit e con lei la percezione del senso di sicurezza e inviolabilit fondamentali per la qualit della vita e per la coesione sociale del territorio. Come presidente di Confcommercio cesenate, un'organizzazione radicata ormai da 70 anni in questa citt, vorrei proporre una riflessione partendo dall'ottica di negozianti e imprenditori che, nel contesto di una situazione difficilissima determinata dalla recrudescenza della crisi economica e dal credito congelato, si trovano a dover affrontare anche queste nuove ondate di criminalit. Adopero volutamente il termine criminalit, in luogo della parola fuorviante microcriminalit che a lungo ha dominato in certi stantii dibattiti: quel prefisso micro, infatti, significando piccola o addirittura minuscola sembra far apparire non particolarmente grave, bens quasi fisiologica e quindi gestibile - quasi fosse una sorta di costo sociale per intenderci - la criminalit di una citt tutto sommato tranquilla come Cesena. Ricordo anche certe malintese osservazioni di chi ha a lungo sostenuto che il nostro territorio era e resta un'isola felice, rapportato ad altri luoghi d'Italia dove l s che imperano il crimine e la malavita organizzata. Non un modo di ragionare che ci piace questo, perch spinge alla minimizzazione e all'immobilismo. Noi dobbiamo guardare a casa nostra e la percezione che le cose vadano peggio di qualche tempo fa, riguardo alla sicurezza: basta pensare al fatto che si sono moltiplicati furti, spaccate e rapine, anche contro attivit commerciali, in centro come in periferia. Ad esempio, solo per citare gli ultimi casi nel quartiere Ravennate e Cervese. Ma, aggiungo, un po' in tutti i quartieri, come monitorano i nostri presidenti Confcommercio, con danni a serrande, vetrine, interni provocati dalle effrazioni oltrech danni economici laddove siano state asportate somme di danaro. Ma non solo: certe strade buie dei nostri quartieri sono diventate veramente disdicevoli e pericolose, e persino in centro storico si possono sempre pi fare brutti incontri. Non sintomatico che nel cuore della citt, una nota libreria sia stata indotta ad affiggere in vetrina un sarcastico invito ai ladri a non incunearsi dentro il negozio per la sesta volta (dopo cinque azioni criminose in due mesi), visto che tanto in cassa non vengono neppure tenuti gli spiccioli?

Cittadini e negozianti molto preoccupati. Per certi versi angosciati. Dal centro alla periferia. Questa la situazione e prima di correre ai ripari occorre avere la onest intellettuale di riconoscerla senza minimizzarla. Detto questo, servono interventi tempestivi e mirati. Certo: la dotazione di organici pi aderenti alle necessit delle forze dell'ordine un imperativo categorico, cos come una collaborazione fattiva, gi peraltro in essere, fra i vari corpi. La Confcommercio la richiede da pi lustri, essendo questa una carenza annosa. Va detto che le nostre forze dell'ordine impiegate sul campo sono esemplari ed efficienti, anche se potrebbero fare di pi se le risorse fossero maggiori. Spetta anche alla politica, in tutti i suoi livelli partendo dai nostri parlamentari locali, muoversi su questo binario per ottenere pi sostanziosi organici, facendo valere le ragioni del nostro territorio. Anche l'amministrazione comunale pu e deve fare di pi. Riconoscendo che il problema esiste e inserendolo tra le sue priorit di intervento. Come? Ad esempio investendo danaro invece che per Sirio (il sistema di televigilanza per scovare eventuali auto che accedono in centro senza il permesso: costo di 370 mila euro!) per un pi logico, realistico e soprattutto necessario sistema di telecamere da installare nel centro storico che fungano da deterrente contro furti, spaccate e rapine. Piuttosto che disincentivare l'accesso in centro, pensiamo a rendere pi sicura la vita di chi vi abita, lavora e va a fare shopping. Da parte sua la Confcommercio continua fare opera di sensibilizzazione sulle imprese invitandole a dotarsi dei sistemi di antifurto, ma occorre anche che arrivi una risposta perentoria da parte degli amministratori, i quali debbono sforzarsi di assicurare condizioni di maggiore sicurezza. Il discorso vale anche per i quartieri, dove i nostri presidenti intendono pungolare i consigli circoscrizionali affinch tra gli interventi richiesti all'amministrazione figurino prioritariamente azioni e dispositivi per contrastare la criminalit che sta crescendo. In tempi di crisi economica e malessere sociale, d'altronde, ci purtroppo quasi inevitabile, ma quando ci si verifica, chi amministra ha il dovere di proteggere di pi e meglio la comunit con azioni mirate e incisive. Fra queste ci spiace si sia abbassata la guardia sulla vecchia, ma non per questo sorpassata esigenza di istituire il poliziotto di quartiere, una sorta di bobby all'inglese, che cura il presidio del territorio e anche con la sua semplice presenza fisica funge da elemento di rassicurazione per la comunit e di deterrente per i criminali. L'esperienza dei vigili di quartiere, promossa solo in certe realt, ci sembra d'altro canto che sia piuttosto svaporata.
*Presidente Confcommercio Cesena

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Scelta sbagliata per il centro. E' ora di cambiare


di Valeria Burin* Grandi quinte alberate, fontane, panchine. E questo il nuovo progetto di Piazza della Libert. Niente di nuovo. Un mix dei precedenti progetti. A prima vista richiama molto la Via Cesare Battisti ed automaticamente viene da pensare che far la stessa desolante fine. Qualche fila di alberi in pi, giusto per soddisfare il desiderio della gente che, in occasione di Ultimo Km al Palazzo del Ridotto nella primavera 2011, si era forse sentita un po partecipe della scelta e quindi si era divertita ad aggiungere al progetto esposto qualche fontanella e qualche alberello qua e l. Mi domando se sono queste le reali priorit di Cesena. Viene presentato un progetto per Piazza della Libert avendo a riferimento una visione della piazza come luogo di incontro e di svago per famiglie, bambini, anziani. Ma questa visione del centro storico non si gi forse materializzata nella realizzazione dei giardini pubblici poco distanti o dei giardini Savelli? Ed eventualmente, non potrebbe trovare una sua pi naturale materializzazione in altre zone del centro urbano, con una pi marcata vocazione allo scopo, ad esempio i giardini Serravalle, che risultano invece poco curati e, di conseguenza, poco frequentati? Come si pu pensare di continuare a progettare luoghi con questa destinazione quando le famiglie avrebbero la necessit di vedere ben altri bisogni soddisfatti? Il progetto di arredo di piazza della Libert prevede un investimento di 3,1 milioni di euro. In altre parole si destinano 3,1 milioni di euro (senza naturalmente dimenticare di aggiungere unaltra spesa riguardante il centro storico, altrettanto esagerata e priva di reale necessit, ossia linstallazione di Sirio), per piantare alberi, collocare panchine e fontane, quando ci sono famiglie che fanno fatica a sostenere gli aumenti delle mense e dei trasporti scolastici, dei parcheggi e di tutto ci che riguarda la vita quotidiana. Siamo tutti cos ricchi a Cesena da permetterci questi costi sacrificando la vitalit del centro storico, con le sue attivit commerciali ed i suoi uffici? C chi crede veramente che con qualche panchina in pi si possa realmente migliorare la qualit della vita dei cittadini? Ci sono numerosi esempi in giro per lItalia di Comuni, in alcuni casi governati dalle stesse forze politiche che sostengono la Giunta di Cesena, che progettano parcheggi a servizio del centro. Progetti accessibili in termini economici e per nulla penalizzanti dellarchitettura urbana. In questi comuni viene data assoluta priorit al fatto che le attivit commerciali e professionali del centro storico debbano essere facilmente raggiungibili, come pure gli uffici e tutti i servizi destinati al cittadino. Alcuni Comuni offrono addirittura in locazione i posti auto dei parcheggi interrati ai residenti del centro storico a cifre interessanti, decisamente pi convenienti dei permessi di parcheggio che si pagano a Cesena, senza avere, tra laltro, la certezza di riuscire a parcheggiare, non dico sotto casa, ma almeno nelle immediate vicinanze. I sostenitori della chiusura della piazza, ritengono che una sessantina di posti auto non saranno la condanna a morte del centro storico. Ma a tal proposito, si pensato a quante persone continueranno a rivolgersi allUfficio Postale di Piazza della Libert quando non ci sar alcuna possibilit di parcheggio? Si forse pensato a quante persone eviteranno le serate del Teatro Bonci per i disagi derivanti dalla mancanza di parcheggi in prossimit dello stesso? Si forse pensato che alcuni residenti in zona verranno oltremodo penalizzati dal fatto di non avere pi parcheggi disponibili? Le alternative ci sarebbero, ma non c n la volont n linteresse di tenerle in considerazione essendo chiaramente altri gli obiettivi. Gli anni nuovi di Cesena cos si present lattuale Sindaco in campagna elettorale. Il parcheggio non si far perch cos scritto nel suo programma elettorale ed il mandato va rispettato. Poco conta se le esigenze di una citt cambiano e con lei quelle dei suoi abitanti. Poco conta se, nello stesso programma, altri progetti ed altre promesse non sono state realizzate e mai forse si realizzeranno. Il Sindaco Lucchi, ha affermato, in occasione della serata di presentazione del progetto qualche settimana fa, che la gente non parla pi del parcheggio di Piazza della Libert perch lo ritiene un problema superato. Io non credo sia proprio cos. Molti non sanno nemmeno che il parcheggio sparir ... Altri non ne parlano in quanto rassegnati al loro ruolo di sudditi e non cittadini. Sarebbe veramente ora di cambiare.
* Consigliere di Quartiere

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Molta facciata. Scarsa sostanza


di Franco Pedrelli Tempo di bilanci preventivi, lAmministrazione cesenate ha messo in moto la sua collaudata macchina, volantinaggio a go-go, contatti diretti con la gente che si reca o ritorna dal lavoro, che entra o esce dai centri commerciali, maggiori. A guardarli, Sindaco e Assessori, fanno un po tenerezza, ricorda tanto gli anni del 68 e susseguenti, dove il ciclostile macinava giorno e notte, il megafono spesso compagno di strada. Ma allora avevamo ancora le connotazioni di societ classista in senso classico, oggi le cose sono, per fortuna ma non si sa ancora per quanto, profondamente cambiate. Constatiamo dei precisi punti fermi, quali la recessione in atto, la difficolt nel reperire sul mercato internazionale nuovi capitali a basso costo con cui finanziare il nostro benessere, una pressione fiscale molto elevata che contribuisce a rendere appetibile levasione, vasti settori geografici ed economici in mano alla criminalit organizzata, leccessiva spesa improduttiva generata dalla burocrazia, la necessit di incidere strutturalmente sul debito, la creazione di circuiti virtuosi per innescare il cambiamento culturale del paese e quindi la ripresa. Non c che dire, c solo limbarazzo della scelta per dove iniziare. Purtroppo le azioni sono tutte correlate, si dovranno fare insieme, pur con intensit diverse. Il governo Monti ha iniziato con le liberalizzazioni, con lobiettivo di creare quella sana concorrenza indispensabile per migliorare lofferta di prodotti e servizi secondo regole trasparenti, i cui benefici potranno essere goduti da tutti quanti, a vantaggio dellintero Paese, che a sua volta pu trarne beneficio nel gioco della concorrenza europea ed internazionale. Questo si esprime nelleliminazione delle posizioni dominanti, dove la presenza pubblica ben annidata, specialmente a livello locale. Tradotto in termini essenziali, la redistribuzione statale viene drasticamente ridimensionata, lasciando alle collettivit locali la scelta di approvvigionarsi di quanto necessario per il loro bilancio, oppure di adeguare questultimo alle proprie possibilit economiche. Quindi tassare, ma se nel parlare di Stato c chi ipotizza vi siano sempre infinite schiere, non ben individuate, di possessori di ricchezza da tassare per lappunto, nel caso di un Comune le cose si dovrebbero semplificare notevolmente, rendendo pi immediata la comprensione di come e dove la stessa tassazione possa essere modulata. Cosa sta accadendo a Cesena con il bilancio preventivo 2012? Per prima cosa si deve ringraziare la nascita di un nuovo santo, SantImu, lImposta Municipale Unica, la cui anticipata introduzione compensa la drastica riduzione dei trasferimenti statali. quindi grazie alle entrate tributarie, ovvero la tassazione, che si costituisce lossatura del bilancio previsionale: dei suoi 79 milioni di euro ben oltre 51 milioni di euro provengono da tassazione. Poco male se le tasse comunali si chiamino Imu, addizionale Irpef, imposta comunale sul consumo dellenergia elettrica o imposta comunale servizio pubbliche affissioni, fatto sta che dal 2012 il loro insieme passa dai 27.582 milioni del 2011 ai 51.608 milioni di euro del 2012, facendo compiere un bel balzo in avanti di fatto al federalismo fiscale. Altra voce di entrata di bilancio quella relativa ai trasferimenti, da Stato e da Regione, ma questi, come dichiarato dallAmministrazione, sono in picchiata, riducendosi dagli oltre 27 milioni di euro del 2011 a poco pi di 5 milioni nel 2012. Se per i trasferimenti dallo Stato era da attenderselo, vista la compensazione ottenuta dalla nuova tassa Imu, significativa la riduzione dei trasferimenti regionali, che passano da 2.570 milioni del 2011 a 1.084 milioni nel 2012. Il segnale che si coglie immediato: lo Stato invita gli enti locali a gestirsi secondo le loro possibilit, in futuro ancor pi, vista la recessione in atto; la Regione, subendo unanaloga politica redistributiva, deve far fronte principalmente a bilanci dove oltre l85% della spesa assorbita dalla voce sanitaria, riducendo i trasferimenti agli enti locali, nel prossimo futuro sempre pi risicati, con bilanci le cui entrate dovranno basarsi essenzialmente sulla tassazione, a meno di utilizzare la terza voce di entrata, quella extratributaria. Per il 2012 sono previste entrate extratributarie per ben 22.416 milioni di euro, in aumento di 309 mila euro rispetto al 2011, anche dovuto ad unentrata straordinaria di 1.5 milioni di euro da Cesena Fiera. Sono una voce consistente, pari ad oltre il 28% del totale di bilancio. Analizzando le singole voci per valore di importanza, prendendole dal bilancio 2011, abbiamo proventi e rimborsi per attivit istituzionali (tra cui contravvenzioni), per pubblica istruzione (tra cui proventi gestione scuole materne, concorso famiglie spesa mensa scuola materne statali, concorso famiglie scuole

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Molta facciata. Scarsa sostanza


*** elementari a tempo pieno e scuole medie), per servizi sociali, dividendi. Costituiscono in massima parte quelle voci che definiscono il welfare, la cui copertura verr a diminuire, perch i suoi servizi saranno posti sempre pi a pagamento, parallelamente ai minori trasferimenti che abbiamo visto sopra, a meno di aumentare le tasse. Ma qui rientriamo nel circolo vizioso a meno di riconsiderare la spesa. La spesa, quale grande ultima voce di bilancio, che distribuisce le precedenti voci di entrata, spesa che nel 2012 riesce tuttavia a salire dello 0,75% rispetto al 2011. Questo nonostante i tagli e taglietti, che complessivamente portano ad una riduzione delle somme destinate ai vari settori per 651 mila euro. Certo, vi stata listituzione ex-novo del fondo per limprenditoria giovanile (+200 mila euro), laumento dei contributi alle cooperative di garanzia (+ 58 mila euro), la creazione di un fondo per la promozione del centro storico e delle sue attivit economiche (100 mila euro), oltre ai 100 mila euro destinati alle politiche per linfanzia. Ma vi sono anche spese quali per esempio la ricapitalizzazione della Societ per la citt (500 mila euro), ladeguamento del palazzo comunale per lo Sportello del cittadino (1.4 milioni di euro), il rifacimento di Piazza della Libert (3.1 milioni di euro), la permuta dellimmobile ex Conad a Ponte Abbadesse (742 mila euro), tanto per citarne alcune. Si poteva fare diversamente ? Forse s, ma il tema sar oggetto di dibattiti di qui alla fine di febbraio, termine per la chiu-sura del bilancio, anche se poi lultima parola spetta alla Giunta e alla sua maggioranza a deci-derlo, come giusto che sia. Ma non la singola voce di spesa che ci interessa, anche se come gi detto se ne pu discutere, interessa il bilancio nel suo complesso e la tendenza che abbiamo davanti a noi. Oggi lAmministrazione di Cesena sceglie di operare piccoli aggiustamenti su tassazione e spesa, in modo da non stravolgere il sistema di welfare e continuare a perseguire gli obiettivi di programma, ma domani? Aumentare le entrate tributarie senza aumentarne la pressione fiscale significa aumentare il reddito prodotto nel territorio. Si ritiene si possa far leva sui cantieri dei nuovi quartieri Novello e Europa, con 3.500 appartamenti sfitti a Cesena? Costruirne altri 1.000 significherebbe mettere in moto un meccanismo di produzione di beni che difficilmente avrebbe compratori, col rischio di generare nuove situazioni di crisi economica per le imprese coinvolte. Diversamente, tra i comparti del territorio il pi dinamico e in crescita il terziario, a conferma che il territorio cesenate pienamente nellalveo delleconomia avanzata, quella che denota la tendenza nello sviluppo maggiore del settore servizi. Se questa la realt allora occorre essere consequenziali, agire concretamente per obiettivi, evitando il solo annuncio di nuovi programmi, occorre creare linfrastruttura e le relazioni affinch il territorio sia agevolato e incentivato nello sviluppo. Come? Non certo attendendo i finanziamenti da Stato o Regione, ma coinvolgendo i privati, i quali vanno coinvolti affinch possano far loro linteresse nel perseguire gli obiettivi, secondo la logica del giusto profitto, logica che permette di ottenere efficacia ed efficienza, ovvero la maggiore competitivit da giocarsi sul mercato, non solo nazionale. Un esempio, prendiamo linsieme dei beni museali, le attivit culturali, il bel Teatro Bonci e facciamo un bando di concorso, s, un bel bando pubblico come quello per Piazza della Libert per esempio, e vediamo quali sono le proposte che giungono per la valorizzazione dellinsieme. La maggioranza che esprime la Giunta Comunale deve rendersi conto di avere in mano una pistola puntata verso se stessa, la pistola del federalismo obbligato, per scaricarla occorre che agisca sulla riduzione, anche qui come nel caso statale, strutturale dei costi. Occorre che abbandoni lo statalismo, rimettere quanto pi possibile al mercato, lasciando allente comunale gli indirizzi di regolamentazione, indirizzo e controllo, aspetti questi che debbono privilegiare lo sviluppo delle attivit socioeconomiche e non essere loccasione per giustificare, con la propria presenza ed ingerenza, lente pubblico medesimo. Tradotto in fatti concreti, il Comune di Cesena deve disfarsi delle sue societ municipali, lasciarle al privato, incentivando lo sviluppo del libero mercato, i cui benefici attesi di maggiore base imponibile si riverseranno quale maggiore entrata con cui finanziare il welfare gestito dellente. Affermare che Cesena ha tutti gli indici di eccellenza, che un comune sano, per giustificare il suo statalismo, non significa forse crogiolarsi nellessere un orbo in mezzo a tanti ciechi? Dobbiamo per forza attendere, dopo SantImu nel 2012, larrivo di un altro santo non meno oneroso? Non mi sento particolarmente religioso, in questi casi ancora meno. La strada del cambiamento non semplice, limportante iniziare a percorrerla, sicuramente se lo si vorr fare in modo chiaro e trasparente, senza rinnegare nulla del passato se non che per lappunto passato, allora ritengo che laiuto potr venire inaspettatamente anche da chi maggioranza non .

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Non c' progettazione. Non c' confronto


di Davide Buratti* C' infine una crisi tutta italiana, figlia dei guai dell'Occidente, dei guai europei e di una lista infinita di guai propri. Il nostro povero Paese stato smembrato in mille fazioni, ciascuna coi propri privilegi, coi propri malvezzi. Tutti contro tutti a difesa dei mille particolari. Questo alimenta il vento sempre pi forte dell'antipolitica mentre, paradossalmente, ci vorrebbero i cari vecchi partiti di una volta per cercare di tenere un po' assieme la situazione, mediare, aiutare a ragionare, compensare. Lo scriveva mercoled 25 gennaio Lorenzo Spignoli, sindaco di Bagno di Romagna, sul Corriere di Romagna (edizione Forl Cesena). Il primo cittadino bagnese esprimeva malessere nei confronti del Parlamento negli ultimi ventanni - scriveva - ha sbagliato su scelte importanti, dalle riforme riguardanti gli enti locali alle leggi elettorali. Tutte posizioni che possono essere condivise e soprattutto analizzate. Una profonda analisi, a nostro avviso, dovrebbe partire dai problemi della politica. Spignoli ritiene si debba tornare ai cari, vecchi partiti. Non sappiamo se sarebbe quella la panacea di tutti i mali. Rileviamo, per, che il livello di incomunicabilit fra partiti ha toccato il punto massimo. Questo non vuol dire che si debba, per forza, tornare ai caminetti di una volta. Il problema non il luogo, ma il metodo. Manca la comunicazione perch non c' progettazione. Adesso non c' confronto, c' scontro. Il dialogo non passa attraverso il confronto su una diversa visione programmatica della citt o della cosa pubblica. Adesso c' lo scontro. L'opposizione deve dimostrare che la maggioranza sbaglia e viceversa. Il tutto per partendo da un presupposto: quello che fa l'avversario politico sbagliato. Non pu essere cos. E' chiaro che le differenze sono il succo della politica, ma le diversit possono essere valorizzate solo se si supera l'attuale clima di muro contro muro. Non serve il consociativismo. Chi vince deve governare e chi perde stare all'opposizione. E' necessario pi dialogo che, necessariamente, debba partire dalla programmazione politica. Ci si deve confrontare sui progetti. Altrimenti, ha ragione Spignoli, si alimenta il vento sempre pi forte dell'antipolitica. Un movimento del quale non crediamo ci sia bisogno. L'esempio viene da Grillo. Ha creato un movimento che intercetta il malcontento degli elettori. Ma che, al di l del populismo, non ha quelle capacit programmatiche che sono l'essenza di una forza politica. La dimostrazione arriva dalle esperienze (pochezze di proposte) nei consigli comunali di Cesena e Cesenatico. In momenti difficili come quello attuale finire nella deriva populistica sempre pi facile. Soprattutto se i partiti non hanno pi la capacit di intercettare il malessere. Del resto logico: se la politica cerca solo ed esclusivamente lo scontro, l'elettore portato a scegliere chi della protesta e dello scontro fa la sua unica bandiera politica. Per riconquistare credibilit i partiti devono tornare in strada, ma con uno spirito diverso: raccogliere il malessere per poi trasformarlo in proposta politica programmatica. Quindi nelle sedi istituzionali, non (o non solo) davanti a un caminetto, confrontare i diversi progetti. Quando l'opposizione non condivide una soluzione elaborata dall'amministrazione comunale dovrebbe aver la capacit di percorrere una doppia strada. Da una parte contestare con forza la proposta dell'amministrazione comunale. Nello stesso tempo, per, devono avere la capacit progettuale di proporre soluzioni che possano migliorare il nuovo progetto. Entrare in questo ordine di idee non significherebbe approvare la decisione che stata presa, ma prendere atto che le cose sono cambiate e cercare di contribuire a migliorare il nuovo progetto. Ognuno, poi, con la propria parte se la venderebbe come vuole. Sarebbe fondamentale non trovarsi di fronte un muro di gomma. Continue e ostinate chiusure sono demotivanti. Quindi l'elasticit mentale sarebbe indispensabile da parte di tutti. Anzi dovrebbe essere l'elemento principale per una nuova stagione politica che, per certi versi, potrebbe assomigliare moltissimo a quella passata.
*Caporedazione di Cesena del Corriere Romagna

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Mettere in moto un confronto pi alto


di Maicol Mercuriali* Avete presente l'imitazione che Maurizio Crozza fa di Mario Monti? Quella voce monotona, robotica, senza sussulti su cui fa perno il siparietto del comico suggerisce un messaggio: parlare delle iniziative urgenti che servono al Paese una roba noiosa. Parecchio noiosa. E cos tutti criticano la distanza che l'esecutivo dei professoroni ha dalla vita reale e quotidiana della gente. Ma lasciamo stare la politica nazionale e guardiamo in casa nostra. Da noi non c' il Monti della situazione e, prodigio di un'equazione politica, il dibattito politico-amministrativo non tocca i temi importanti per il futuro di Cesena e della Romagna. Ovvio che pi divertente - e anche decisamente pi semplice - parlare di come riqualificare una piazza, se farci un parcheggio sotto, di fianco oppure sopra, piuttosto che concentrarsi su temi amministrativi, ingarbugliati per natura, che sugli elettori (e anche sugli organi di informazione) hanno poco appeal. Per un politico deve saper stilare una lista di priorit e mettere in cima all'agenda ci che veramente e obiettivamente utile. Basterebbe aver bene in mente tre o quattro punti. Butto l i primi che mi vengono in mente: misure contro la crisi, sviluppo economico e sicurezza. Banali? Probabilmente s, ma quello che sta pi a cuore alla gente, il resto, almeno in questo momento, pu passare in secondo piano. Eppure difficile trovare un amministratore o un politico pronto ad addentrarsi in questi campi. E anche le associazioni di categoria e i sindacati - pi toccati da questi fattori affrontano la questione con superficialit e le solite frasi fatte, senza studiare un modo con cui mettere spalle al muro le istituzioni. Come dire: come fate voi non ci va bene, ma un'altra idea percorribile non l'abbiamo. E' o no sventolare bandiera bianca? Ma un territorio come il nostro non pu fare spallucce davanti a problemi che giorno dopo giorno diventano sempre pi grandi: una classe dirigente degna di questo nome deve iniziare a prendere il toro per le corna. Una piazza, un senso unico, uno spettacolo teatrale che tira in ballo Ges, sono in grado di surriscaldare i nostri politici. Che, per, si eclissano di fronte alla criminalit che sta penetrando nel nostro territorio, che sta mettendo radici nella nostra economia. E non mi riferisco solo ai sempre pi fastidiosi furti, ma alla criminalit organizzata, alla mafia. Una parola che solo a scriverla mi fa venire i brividi. C' stato uno sciopero degli autotrasportatori dai contorni quanto meno nebulosi che ha toccato Cesena e - a parte il coraggioso e lucido intervento del presidente della Provincia Bulbi tutti zitti. C' una crisi che sta bruciando posti di lavoro e sta cancellando piccole imprese: si sollevato un gran polverone per una ventina di lavoratori lasciati a casa dall'Astercoop - per esempio alcuni politici hanno proposto di devolvere in loro favore il gettone di presenza del consiglio provinciale - ma non si speso una parola per le centinaia di lavoratori licenziati da altre aziende. insistere che la citt sicura e che il nostro territorio un'isola felice possiamo stare freschi: da Roma i rinforzi necessari al Commissariato e alle altre forze dell'ordine non arriveranno mai. Se i nostri amministratori continuano a minimizzare ogni qual volta si parla di escalation di reati e violenze, non si avranno mai le forze necessarie a reprimere i segnali preoccupanti che arrivano dal fronte sicurezza. E se non c' sicurezza, rispetto delle leggi, delle regole, viene a meno anche quella sana spinta imprenditoriale che ci ha portato ad essere uno dei territori pi ricchi e dinamici d'Italia. Ma anche una di quelle zone dove la coesione sociale e il senso civico esistono per davvero. E' quindi auspicabile che il laboratorio politico cesenate si rimetta in moto, imboccando una strada pi difficile, un livello di confronto pi alto, seguendo i veloci cambiamenti in atto e non restando abbarbicato su posizioni, progetti e idee vecchie di trent'anni.
*Giornalista de La Voce di Romagna

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Tracce del Risorgimento a Cesena


di Rita Ricci*

La mostra Arte e Storia, allestita alla galleria comunale Ex Pescheria dal 17 dicembre 2011 al 15 gennaio 2012, ha segnato la fine a Cesena delle celebrazioni per il 150 anniversario dellUnit dItalia. Si concluso cos un anno intenso, ricco di manifestazioni e iniziative promosse dal Comitato appositamente costituito e sempre seguite con grande partecipazione della cittadinanza, a conferma di quanto siano vivi e condivisi i valori sui quali si fondato il percorso di costruzione dellItalia unita. Dopo tanti momenti di riflessione e di approfondimento, la mostra Arte e Storia ci ha guidato in un itinerario alla scoperta (o riscoperta) delle testimonianze del Risorgimento che ancora oggi sono presenti a Cesena, e non solo. Lesposizione, infatti, ha preso le mosse dalle indagini condotte dallIstituto regionale per i beni culturali e dedicate in particolare alla scultura monumentale e le memorie lapidee del periodo risorgimentale presenti in Emilia Romagna. Cos, una delle due sezioni in cui si articolata la mostra, ha offerto ai visitatori cesenati primi in Regione la possibilit di vedere i 44 pannelli, curati dallIstituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali, contenenti testi e immagini riguardanti le eccellenze monumentali risorgimentali nelle citt e paesi dellEmilia Romagna. Tutta Cesenate, invece, laltra sezione, curata da Orlando Piraccini, Giampiero Teodorani, Marco Fiumana e Paolo Zanfini. Pensata con lintento di far conoscere al grande pubblico il patrimonio artistico cesenate legato alle vicende storiche risorgimentali e postunitarie, la mostra ha gettato lo sguardo non solo

sulle testimonianze custodite nei luoghi pubblici (dalla Biblioteca Malatestiana a Casa Serra, dalla Pinacoteca Comunale allAbbazia del Monte), ma anche su quelle provenienti da collezioni di privati cittadini, che hanno contribuito ad impreziosire il racconto della Cesena risorgimentale. E stata cos raccolta, per loccasione, una interessante selezione di dipinti, sculture, stampe dedicati a padri della patria e a patrioti locali. Al contempo, stato proposto al visitatore un vero e proprio percorso artistico risorgimentale cesenate, che parte dal loggiato del Palazzo Comunale, oltremodo ricco di importanti me-morie storiche, per allargarsi al prezioso patrimonio diffuso presente ad esempio nel Cimitero monumentale e in molti altri luoghi della citt, con particolare riferimento alle testimonianze figurative ed epigrafiche. Ne emersa una panoramica di indubbio interesse artistico e documentario, tale da incuriosire e coinvolgere una vasta platea non solo di addetti ai lavori.Ma, negli intenti dei promotori, il momento espositivo ha voluto rappresentare un invito a recuperare il significato di quelle lapidi, di quelle sculture, quei documenti dedicati ai patrioti di 150 anni fa, e a stabilire una continuit tra ci che la loro memoria evoca e il futuro che ci attende. Il Risorgimento appena celebrato non ha esaurito la spinta propulsiva risvegliando il sentimento dellUnit nazionale, che tanto ha contribuito a contrassegnare i mutamenti del quadro politico nazionale gli ultimi mesi dellanno passato. La riscoperta dellorgoglio nazionale, di quei sentimenti e valori di libert e di partecipazione che animarono gli uomini e le donne del Risorgimento verso la costruzione di uno Stato unitario in un Paese frammentato e soggetto alla dominazione straniera, sono ancora oggi linfa vitale per la nostra democrazia, in un passaggio tanto difficile e delicato della nostra storia.
*Presidente Consiglio Comunale. Cesena

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Bisogno di politica. Bisogno della sinistra


di Elena Baredi*
Accade sempre pi frequentemente che io mi confronti, con le persone che mi dato di incontrare, ma anche con quelle che pi regolarmente frequento, su una domanda; se cio non abbia questo Paese vissuto ancora un periodo come quello attuale. La risposta che no, che mai forse abbiamo vissuto un periodo cos complicato e complesso, con una crisi economica che attanaglia il nostro quotidiano, culturalmente oscuro, pericolosamente capace di separare le persone, di renderle fluide nella loro appartenenza, incapaci di articolare collettivamente una domanda, di porre il tema dei diritti come risposta urgente. La storia che mai si riposa ci racconta oggi un mondo dolorante, e dopo la fine del novecento il rischio pi evidente quello di un drammatico ritorno a tempi passati. C un dolore incontenibile nelle forme antiche e nuove della questione sociale, nella geografia dei lavori frammentati e orfani di tutela, nelle stratificazioni del non lavoro, nello smottamento dei ceti medi verso le sabbie mobili dellincertezza e dellimpoverimento. E non c forse strazio se si guarda, questa volta s, liberi da ogni ideologia, questa moderna economia ignorante, che ha proceduto ignorando le conseguenze del proprio processo, le conseguenze locali e planetarie, umane e ambientali, che stata miope e presbite insieme? Una economia che per inseguire il soldo immediato - immediato e sostanzialmente di pochi - non ha visto i disastri vicini e lontani che andata compiendo e che ha dissipato irreparabilmente vita e civilt. Io sento e penso che qui, in tutto questo, c per intero il senso e il bisogno della sinistra. Che occupi lo spazio, in questo passaggio storico che un po un momento della verit per le pulsioni illiberali del liberismo, per un pensiero politicoprogrammatico alternativo a quello dominante. Un pensiero critico che non cede alle lusinghe dei populismi e dei primitivismi ma che non rinuncia a dare un giudizio di valore su questo capitalismo finanziario che si nutre divorando il proprio medesimo corpo mentre soffoca e manipola domande di uguaglianza e libert. Ma non c dubbio che oggi lopposizione di pensiero sia in difficolt a raccogliere il disagio, ad articolarlo e dipanarlo ma anche a costituirlo in movimento, a organizzarlo, a farlo diventare struttura consapevole che dura, che agisce, capace di fare sintesi. La sinistra italiana, negli ultimi quindici anni almeno non ha avuto addirittura, a volte, neppure la forza di pronunciar parole per paura della sua ombra. Non ha detto, per paura che qualcuno la tacciasse di vetero comunismo (Sigh!!) che questo Paese ha bisogno di una politica di lotta che non significa violenza ma passione; di radicalit che non significa eversione ma coraggio e chiarezza; di utopia che non sogno o fantascienza o mancanza di pragmatismo ma spazio fertile del pensiero che si traduce in azione quindi in politica; di rappresentanza delle classi (classi?) pi deboli che non evangelica testimonianza ma scelta di campo. Sento, da militante di Sinistra Ecologia e Libert, che c una girandola di domande che ruota attorno alla politica, oggi forse ancor pi di ieri, ma la politica discetta dei vizi e delle virt dellanimo umano, parla e si occupa di altro. Ma attorno a queste domande, per queste domande, che faccio politica, e vivo come insopportabile il tentativo violento di rimuoverle, di abolirle. Di abolirle in nome di una emergenza che consente, magari, alla tecnocrazia di temperare il calore della democrazia con una gelata di diritti sociali e con unafasia collettiva. Una tecnocrazia che impedisce lurlo della rabbia e del disagio, che rende difficile da praticare la difesa dalla palude della spoliticizzazione obbligatoria che rende facile laccrescersi del potere e del sapere specialistico della finanza che pare avere come obiettivo la naturalizzazione di una diseguaglianza cresciuta in modo esponenziale. In sintesi, pu la politica ricominciare a porsi le domande che per troppo tempo ha dimenticato di farsi e che sono invece le sole che determinano, non solo la sua natura dorigine, ma la stessa possibilit del suo futuro? O vogliamo abolirla, la politica, per governare solo tecnicamente (?) la stagione della recessione? Questa la strettoia che soprattutto la sinistra ha davanti. Il mio partito ha scelto, giustamente, di non trasformare i giudizi divergenti rispetto al Governo Monti, in rottura a sinistra. Altre volte la divisione a sinistra, nellanalisi e nella strategia, ha aperto la strada alla destra. LItalia attende, tuttavia, non dimentichiamolo neppure per un minuto, un processo di deberlusconizzazione della societ e della politica. Berlusconi e unidea di gerarchia sociale, di precarizzazione del lavoro, di dequalificazione della formazione, di commercializzazione della cultura, di mercificazione della natura, di privatizzazione del patrimonio pubblico. Sinistra Ecologia e Libert offre su questi piani, e non su altri, la sua disponibilit e la sua lealt al Pd; perch ci interessa una sinistra che vinca, una alternativa di governo in questo Paese. Sinistra una parola plurale, e anche per questo non abbiamo mai escluso un patto con le forze moderate; ma che il patto debba iniziare da sinistra non v dubbio per noi. Perch sinistra non parola che vive nel limbo del politichese, non addizione di biografie intellettuali, cumulo di torti e ragioni che ciascuno si porta addosso. Sinistra un possibilit, uno sguardo sulle cose, prospettiva di medio e lungo termine, ricostruire principi, delineare orizzonti, cercare un varco nuovo, una nuova frontiera. Sinistra , a stringere ancora, uguaglianza. E uguaglianza o non . Nulla a che vedere con una lotta romantica alla disuguaglianza, ma proposta vera, efficace, di politica. Uguaglianza significa pari dignit, pari diritto, pari accesso alla conoscenza. E urgenza per il futuro dellumanit, non nostalgia di percorsi gi sperimentati. A partire da qui, a partire da ora. Il centro sinistra governa Cesena anche per tutto questo. Noi siamo al governo della citt soprattutto per questo. Perch governare ha significato pedagogico. Perch un Sindaco e una maggioranza devono prima di tutto occuparsi della ricostruzione di un abbecedario civile e culturale comune. Un dizionario collettivo, condiviso. Un abbecedario civile che rompa i luoghi comuni, che interrompa lo schema per il quale lindividualismo anteposto al senso e al bene comune, lIO sempre preferito al NOI. Il MIO anteposto al NOSTRO. Mi pare di poter dire che alcuni di questi tratti sono leggibili tra le pieghe di un bilancio difficile che in fase di approvazione nella nostra citt. Perch questo bilancio, politicamente caratterizzato da scelte importanti, racconta di come la sinistra in grado non gi di essere paracadutata in un pragmatismo della convenienza, di ci che possibile solo nellimmediato, ma di proiettarsi in una idea di citt e di qualit della vita di una comunit che sa guardare pi avanti. *Assessore alla Pubblica Istruzione e Cultura. Comune di Cesena

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Quanto ancora deve durare un siffatto PD?


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Penso che il PD richiami una storia dimezzata (Togliatti cancellato, Nenni dimenticato, Berlinguer ricordato solo per la questione morale, Craxi disprezzato, i laici accantonati, i soli da ricordare sono DeGasperi e Moro). Penso anche che il PD non abbia una base politico-culturale comune: tutte le componenti stanno insieme perch ritengono che solo cos possono costituire una forza politica in grado di competere con la destra. Ed per questo che anchio penso che lavorare e operare per disgregare il PD, quando a sinistra c solo SEL (Di Pietro di destra e Rifondazione Comunista giustamente niente), una follia. Emanuele Macaluso lapidario anche in questo giudizio intervenendo sulla querelle aperta da Scalfari contro quelli che nel partito vogliono proporre di trasformare il PD in un partito socialdemocratico sullo schema del partito socialista europeo. La proposta e la querelle non sono nuovi nel PD. Che continuino significa che nel PD non hanno, a distanza di anni, risolto minimamente il problema tuttaltro che irrilevante di avere una base politico-culturale comune. Il che spiega la preminente non politica del PD, che lo annovera a pieno titolo fra quanti sono espressione e soggetti attivi del declino della politica e dellimpoverimento della classe dirigente politica che si registra nel nostro paese. A noi interessa moltissimo la vicenda ed il dibattito che si svolgono a sinistra perch annettiamo una importanza straordinaria per lo sviluppo democratico del paese che vi sia una sinistra democratica, occidentale e moderna. Obiettivo lungi ancora dallessere raggiunto e nemmeno tanto perseguito con limpegno che avrebbe richiesto soprattutto da parte di coloro che provengono dal vecchio PCI. Sono le ragioni per le quali dedichiamo da tempo spazio al dibattito sulla sinistra anche in queste nostre pagine. Per monitorare le idee ed il confronto che si muovono allinterno della sinistra e per cercare di scorgere qualche buon segnale ed indirizzo che volgano laddove sarebbe auspicabile approdasse una evoluzione della sinistra italiana che invece procede a rilento ed in mezzo a notevoli convulsioni. Le divisioni profonde dentro la sinistra e dentro il PD hanno strapazzato i governi di Romano Prodi. Dire che, a sinistra, sono portatori di un comune programma di governo un azzardo. Sulle diverse questioni, da quelle economiche a quelle istituzionali a quelle relative ai diritti civili, per citare alcuni ambiti problematici, non hanno una posizione comune che sia una. Ci si manifestato a iosa, su vari fronti ed in modo eclatante. Non ultimo con le primarie. Che quando non sono truccate e teleguidate come avvenuto in molte delle nostre realt locali (sicura eccezione Forl) hanno sortito sorprese molto significative, vedi le primarie che ci sono state in Puglia, a Milano, molto prima a Firenze, a Napoli, a Cagliari ed in ultimo proprio in questi giorni a Genova. Dove una donna, Sindaco uscente della citt, unaltra donna parlamentare anchella del PD e un esponente di Sinistra e libert si sono misurati in primarie vinte da questultimo. Fa anche specie notare, lo diciamo di sfuggita, che abbiano perso le due signore, pur essendo in auge il tema caro delle quote rosa e della supposta qualificazione che ipso facto ne deriverebbe alla politica, e altrove, da una maggiore presenza femminile. Sulle quali cose indubbiamente conveniamo, anche se consideriamo che la pochezza della politica non si indaga precipuamente su questo crinale e su quello astratto delle quote, ma sulla mancanza di capacit, di competenza e di merito che trascendono le appartenenze di genere, ma riguardano nella loro generalit gli individui. Insomma anche Genova prova la confusione del e nel PD. Che peraltro i sondaggi dicono che se si andasse a votare adesso potrebbe anche vincere le elezioni. Lunica certezza che continueremmo a non essere governati neanche in futuro. Il dramma che la stessa certezza si ha anche se tornasse al governo lo stesso centrodestra di oggi. Non un caso che si sia arrivati al governo Monti di fronte a simil politica nazionale. Eppure i partiti sono necessari per la vita democratica. Ma se forti di comunanza culturale al loro interno, se portatori di visioni di societ e di sviluppo che non siano un semplice collage arlecchinesco di boutades e di tatticismi. Una sinistra democratica forte il partito che ci vorrebbe e che ci piacerebbe ci fosse. Frutto di quella positiva contaminazione culturale tanto richiamata ma non avvenuta e neppure perseguita a modo fra le culture che allo scopo presentavano e presentano maggiore contiguit. Ma secondo noi c qualcosa che stride, che continua a stridere, sulla quale ci interroghiamo da tempo senza purtroppo ricevere e trovare risposte serie con un certo nesso, ben oltre a quellinfarcitura di slogans triti e ritriti che non danno il senso di niente. Di certo sotto il profilo della cultura politica. Altrove invece ne danno e chiaro e dopo diremo. Non si tratta di banalizzare, ma vogliamo semplificare: cosa hanno in comune gli ex Pci, evolutisi in PDS e poi in DS, con gli ex democristiani, proprio quelli con i quali pi erano alternativi e che quando si incontravano su qualcosa era solo perch interpretavano i ladri di Pisa tanto per rubare insieme la notte? Fosse a dire che lo tsunami politico intervenuto negli ultimi venti anni stato tale da avere fatto emergere, con nuove realt ed esigenze, anche nuovi gruppi dirigenti dei partiti: una condizione che avrebbe aiutato e reso possibile, forse, quella contaminazione che si diceva. Ma non andata cos. Anzi! Guarda caso nel PD - quella fusione fredda fra ex comunisti (DS) ed ex democristiani (Margherita) - i gruppi dirigenti sono ancora gli stessi, i medesimi che erano dirigenti di partiti non solo antagonisti fra loro, ma proprio fra loro alternativi. qualcosa che ci ha sempre sconcertato e della quale con fatica potremmo venirne a capo. Ci disorienta. Ci passano alla mente non solo i nomi dei dirigenti nazionali da DAlema a Bersani a Franceschini, alla Bindi; ci passano davanti agli occhi i nomi dei dirigenti locali del PD (che conosciamo benissimo): stanno nello stesso partito quelli, fra i quali, non cera soluzione di accordo alcuno neppure su questioni amministrative pur estranee a condizionamenti di tipo ideologico; che fra loro se ne sono dette e fatte di tutti i colori. E oggi sono nel medesimo vertice del medesimo partito. Qui c pi imponderabilit delle stesse vie del Signore, che pure sono infinite. chiaro che se un gran senso non c, come dicevamo, sul piano culturale e politico, un senso di sicuro c su un altro piano. E a quello adesso facciamo menzione. Il cemento di unit di quei gruppi dirigenti, quello maggiormente sbandierato sul piano politico di facciata stato lantiberlusconismo. ancora cemento di unit. Vestito di rimasuglio ideologico quando si dice destra ( tenendo per sempre associato il berlusconismo cos da aggettivare il termine e cos da non incorrere nella generalizzazione troppo rigida ancora insita nei peones sinistresi - che dopo non capirebbero pi certe cose. Ad esempio che la destra prima erano proprio quelli con i quali adesso ci si trova nel medesimo partito; o pi recentemente per consentire di avere anche approcci con Fini che prima era il pi destrorso pensabile e adesso non pi. Il berlusconismo aiuta a fare anche questi distinguo). Ma al di l di questo il senso ed il nesso di maggiore sostanza a noi sembrerebbe un altro. Il centrodestra berlusconiano, vincendo molte elezioni nazionali ed anche regionali e locali, ha messo a rischio o potrebbe mettere a rischio il sistema di potere di quei vecchi partiti. Perch di sistema di potere si pu e si deve parlare, aggregato e associato sia agli ex comunisti, sia agli ex democristiani. Ecco un solido cemento di unit: difendere i propri sistemi di potere dalla possibile incursione del nuovismo della seconda repubblica. Altro che contaminazione culturale! Un solido compromesso di interessi. Su questo gli ex si stringono e si aiutano reciprocamente. Possono litigare ma ne vengono sempre in qualche modo a capo. Ed questo il loro preminente interesse di fondo. Che li tiene uniti veramente. La politica sovrastruttura. superfetazione. Molto tatticismo per darsi un ruolo, magari per vincere insieme le elezioni. Fondamentale per il sistema di potere da difendere ed incrementare. Il consociativismo della prima repubblica fra democristiani e comunisti non disperso, cos, nella seconda repubblica del maggioritario e del bipolarismo bastardo. Tutto a scapito della politica, del governo (diciamo infatti governo, non mera gestione); della comune base politico-culturale. E si vede appunto nel merito delle politiche di governo per leconomia, per il rinnovamento sociale. Nel merito delle questioni della vita civile, dei diritti che non trovano adeguate soluzioni legislative. Su tutto questo il PD, la sinistra, marcano divisioni, contrasti. Non c una comune

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Partiti, go home!
di Luca Ferrini*
I partiti politici esistono ancora? Il quesito sembra quasi ridicolo: certo che esistono. Pervadono tuttora i gangli vitali della vita politica. Scelgono i rappresentanti in Parlamento, visto che lelettore non pu pi esprimere direttamente preferenze. Percepiscono (e si fanno sfilare di soppiatto da malfidati tesorieri) milioni di euro lanno di rimborsi elettorali. Posseggono giornali, controllano lobby, indicano esponenti in consigli di amministrazione di potenti societ in mano pubblica. Nominano commissioni di controllo nellinformazione televisiva. Insomma, i partiti, intesi in quanto struttura-partito, esistono e, se vogliamo, ancora imperano fin troppo, da Roma alla periferia, dalle Camere ai Consigli comunali. Tuttavia, diversamente da un tempo (nemmeno tanto remoto), oggi essi mancano di un radicamento profondo nella societ. Hanno perduto i loro solidi riferimenti culturali. Non sposano pi teorie economiche per cui battersi. Non hanno pi una visione del futuro della societ da fissare a traguardo della loro attivit politica. In altre parole, non sono pi un riferimento per la gente. Vivono, anzi sopravvivono grazie ad una tremebonda paura di sparizione che li porta, giorno dopo giorno, a scavarsi la fossa da soli, virando verso lautoreferenzialit ed allontanandosi, nel contempo, dal sentire popolare. Il partito politico, ieri, era la seconda casa del cittadino. Casa materialmente rappresentata sul territorio dalla sezione, dal circolo, dalla sede. I giovani neofiti prendevano la tessera e andavano alla scuola di partito come andavano a dottrina dal prete (e, a volte, le due sedi coincidevano). Le case erano laboriose fucine di idee. Oggi si sono trasformate soltanto in centri (obsoleti) di interessi. Una volta, i partiti, preparavano la classe dirigente del futuro. Oggi sono diventati piazzisti per gente che sceglie la politica non per passione ma per mestiere. Un tempo educavano, oggi sistemano. Un tempo elaboravano progetti di progresso, oggi mantengono le redini dellesistente. Vanno perci ripensati, da cima a fondo. Nella loro struttura come nel loro compito democratico. La politica delle patrie partitiche non torner pi. Lelettorato, crollate le ideologie, si far sempre pi volubile, incline al cambiamento. I soggetti dellarena politica dovranno imparare a riallacciare i rapporti con le persone, modificando il loro linguaggio e la loro capacit di attrazione. Non pi catalizzatori di appartenenza a vita, ma promotori di idee e di progetti che saranno condivisi caso per caso, momento per momento, elezione per elezione. I partiti del futuro (sempre che ci sia un futuro per i partiti), in ragione dello sfarinamento culturale della nostra societ, assomiglieranno sempre di pi a comitati elettorali, presenti e determinanti in prossimit del confronto delle urne, ma obliati dai pi nelle fasi di esecuzione dellazione di governo. Non si torna pi indietro su questo punto. La casa politica continuer ad esistere per uno zoccolo duro di irriducibili affezionati e per la classe dirigente del partito: la restante, maggioritaria, parte del corpo elettorale sar sempre pi pronta e disposta a modificare il voto in considerazione delle proposte politiche e non di unappartenenza ombelicale. Il che, inevitabilmente, imporr una maggiore concentrazione, oltre che sul linguaggio di approccio e di marketing politico (parola orrenda che non possiamo evitare), sugli aspetti di trasparenza, di onest e di disinteresse dei pubblici amministratori, dal Sindaco del pi piccolo paesino di provincia al Presidente del Consiglio. Lelettore, non pi condizionato come un tempo dal legame ancestrale con il partito, sar guidato nella scelta unicamente dalla credibilit di una forza politica. Credibilit fatta, appunto, di correttezza, pulizia e passione degli uomini che la rappresentano. La stessa struttura interna, con le sue regole, non potr non risentire di queste moderne esigenze. Nuove regole significano nuova democrazia interna, guidata da un potenziato valore decisionale della base nelle grandi scelte. Di qui, il mio vaticinio: il primo che intuir limportanza della sensazione di freschezza che lelettore italiano avverte nellosservare la campagna per le presidenziali americane, fatta di primarie vere e di vero confronto democratico allinterno di un partito, avr in mano il futuro della politica italiana. Perch l che anche lelettore patrio vuole arrivare: vuole arrivare ad essere parte attiva e davvero determinante di un meccanismo selettivo trasparente. Meccanismo che, con la scusa delle primarie, permette a tutto un popolo di conoscere approfonditamente le idee, il carattere ed i progetti di un candidato ed, allo stesso tempo, permette al medesimo popolo di dibattere e perfezionare, con metodo dialettico, i programmi di riforma della societ. E finita, insomma, lavventura del partito politico nellaccezione classica sperimentata per oltre un sessantennio in Italia. Purtroppo, gli attuali protagonisti della scena politica non se ne accorgono e continuano imperterriti in una squallida (quanto suicida) recita di un copione che annoia ogni platea. Ed ho limpressione che anche un insuccesso al botteghino non sia in grado di persuaderli, a breve, ad abbandonare il palcoscenico. E ci, malauguratamente, con grave danno per la politica vera, che altro non , continuando nella metafora teatrale, che arte del buon governo.

*Consigliere comunale

* continua da pag 34

Quanto ancora deve durare un siffatto PD?


proposta e una comune politica. Bersani risponde a Scalfari e dice che il PD ormai ha una sua identit e non in cerca di Dna. Del tipo che non si impedisce a nessuno di aprire bocca e di spararle come vuole. Che fosse questa la ricerca che a Genova scatenava una contro laltra le due candidate del PD che si accusavano di rappresentare lestablishment e di stare con i poteri forti? I fatti ci dicono ancora Emanuele Macaluso ad affermarlo che il confronto fra i candidati del PD non mai svolto su linee politiche che riflettono orientamenti diversiin tutte le primarie comunali e regionali, lo scontro non si verificato sulle scelte amministrative, ma sulla politica generale, sulle qualit dei candidati, da squalificare per presunti legami con i poteri forti e meno forti, inquinati o no. Quanto deve durare questo PD fatto di compromessi di interessi e di nessuna vera contaminazione culturale fra culture politiche le pi prossime tra loro? Quanto deve durare che anche questa situazione continui a rendere la politica sempre pi debole invece che rilanciarla? Bisogna dare forza ai partiti se si vuole fare migliore e pi sviluppata la nostra democrazia. Ma occorrono partiti veri. Nulla pi come prima. I tempi sono cambiati. Non si torna ai partiti di prima, ma comunque occorrono partiti forti per i nuovi tempi. Per evolvere in questa direzione si deve agire sul terreno della cultura politica, delle rinnovate classi dirigenti. Occorrono solide visioni, forti comunanze culturali; occorre la contaminazione di rinnovate omogeneit culturali. A noi pare che il PD sia distante da questi obiettivi e da questo processo. Altrove non meglio, ma questo fronte che pi ci interessa convinti come siamo di quanto sarebbe benefica una sinistra democratica, occidentale e moderna, per il nostro paese. A questo proposito nutriamo da tempo immemorabile oramai attese troppo spesso andate deluse. Quanto deve durare ancora un siffatto PD e quindi una siffatta sinistra? Prima o poi il dibattito a sinistra dovr pure prendere di petto queste questioni, questi interrogativi, questi chiarimenti. Diversamente non si rilancer la politica, ma si trasciner la pochezza. Ci permettiamo di incunearci cos nella discussione a sinistra, perch riteniamo che i dibattiti veri sono quelli che prendono di petto le questioni vere. Altrimenti c uno svolazzare, interessante sicuramente, ma intorno. Ai margini.

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Il grande "nevone"
Tanta neve cos non si era mai vista. A sentire i pi anziani ha superato anche quella del29 immortalata nellAmarcord di Fellini. Disagi a non finire. Bloccati in casa. Strade impraticabili. Auto sommerse sotto oltre un metro e mezzo di neve. Case da cui sfollare. Famiglie isolate letteralmente da dovere salvare. Un caos infernale. Un nevone durato oltre una settimana. Attivit frenate. Scuole chiuse dieci giorni. Servizi impossibili o precarissimi. Danni economici. Intervento della protezione civile, dei vigili del fuoco, di ogni ordine di organi dello stato. Straordinario arrangiarsi dei cittadini. Alla televisione le immagini di Roma in panne per qualche centimetro di neve, con corollario di polemiche e litigi. Il raffronto con Cesena non pu non entusiasmare i cesenati. La gente, che anche quando si lamenta e di tante cose, e ne ha buona ragione, tuttavia si da da fare e non si lascia prendere dal panico, opera, agisce e si risolve tutti i problemi che pu. In una situazione del genere quasi impossibile mettere in fila anche le critiche allAmministrazione comunale. Che non mancano mai e che spesso ci stanno. Si pu ritenere che i comunali si siano dati da fare e che nellemergenza abbiano fatto il possibile. Va detto. Concesso. Si pu anche sostenere a ragione che le emergenze vanno affrontate per quel che sono e con limpegno che esse richiedono. Mantenersi nella routine e non predisporsi subito in modo adeguato di fronte allimprevedibile manifesta questioni organizzative e di efficienza che vanno comunque sottolineate. Non riscontrare il gap in tal senso mostratosi non corretto dal punto di vista dellanalisi oggettiva. Nessun giudizio di valore. Sarebbe assurdo. Constatazioni che servono per far bagaglio di esperienze che possono e devono aiutare alleventuale nuovo bisogno. Nulla sarebbe pi sbagliato del volere a tutti i costi criticare il Comune per le difficolt che si sono evidenziate. Altrettanto sbagliato ritenere che difficolt non si siano manifestate e che il Comune non sia e non debba essere oggetto di critiche. Questo lerrore nel quale si pu incappare di pi, giacch malvezzo consolidato nelle nostre amministrazioni che ci sia chi ritiene che tutto va sempre bene e che la critica sia immotivata. Non solo certuni si arrabbiano, ma anche

dan seguito al loro riscentimento aggiungendo allo sbaglio un ulteriore errore. Pacatezza. Se si gira per Cesena si vede che ci sta sia lapprezzamento, sia la critica. Onore allarrangiarsi dei cesenati: il punto di forza che ci consente di raffrontarsi con orgoglio con quello che abbiamo visto succedere a Roma negli stessi giorni. Avanti quindi e fare ci che occorre con ladeguatezza che i disagi, molti, richiedono. Diremo in seguito, in proposito e dei tempi occorsi per metterla in moto appropriatamente.

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Bimestrale - Direttore: Denis Ugolini - Direttore Responsabile: Ubaldo Marra
Redazione: Emanuela Venturi, Piero Pasini, Franco Pedrelli, Giampiero Teodorani, Natali Randolfo, Maurizio Ravegnani Registrazione n. 4/09 - Tribunale di Forl del 24/02/09 N. iscrizione ROC 18261 Poste Italiane spa-Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 - CN7FO

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