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Eraclito, Frammenti e testimonianze, a cura di C. Diano-G.

Serra,
Oscar Mondadori, Milano 1993

1. Non intendono gli uomini questo Discorso che è sempre né prima di udirlo né
quando una volta lo hanno udito, e per quanto le cose si producano tutte seguendo
questo Discorso, è come se non ne avessero alcuna esperienza, essi che di parole e
di opere fanno pure esperienza, identiche a quelle che io espongo distinguendo
secondo la sua natura ogni cosa e mostrando come è; ma agli uomini sfugge quello
che fanno da svegli, e di quanto fanno dormendo non hanno ricordo.

2. Dal Discorso col quale essi hanno di continuo e più che con altro consuetudine,
da esso discordano, e le cose nelle quali ogni giorno si imbattono a essi appaiono
estranee.

6. Non a me ma dando ascolto al Discorso, è saggio dire con esso che tutte le cose
sono una.

7. Perciò bisogna seguire ciò che è comune: il Discorso è comune, ma i più vivono
come avendo ciascuno una loro mente.

14. Il conflitto è padre di tutte le cose e di tutte è re: e gli uni fece dei, gli altri uomini;
gli uni servi, gli altri liberi.

15. Bisogna avere alla mente che il conflitto è comune ad ambo le parti e giustizia è
contesa, e tutto accade seguendo la legge della contesa e della necessità.

22. La stessa cosa sono il vivo e il morto, il desto e il dormiente, il giovane e il


vecchio: questi mutando trapassano in quelli e quelli ritornano a questi.

24. Ciò che contrasta concorre e da elementi che discordano si ha la più bella
armonia.

32. Il divino è giorno notte, inverno estate, guerra pace, sazietà fame: e si muta
come il fuoco quando unito agli aromi prende il nome del piacere che a ciascuno è
proprio.

41. Le cose fredde si scaldano e le calde si fanno fredde, le umide si fanno secche e
le aride molli.

51. I confini dell’anima vai e non li trovi, anche a percorrere tutte le strade: così
profondo è il Discorso che essa comporta.
52. Il fiume in cui entrano è lo stesso, ma sempre altre sono le acque che scorrono
verso di loro: e anche le anime sono evaporazioni delle acque.

82. Il sapere molte cose non insegna ad avere intelletto: lo avrebbe insegnato ad
Esiodo e a Pitagora, e così a Senofane e ad Ecateo.

83. Nella conoscenza delle cose che pure si vedono, gli uomini sono tratti in inganno
al modo stesso di Omero, che fu più sapiente di ogni altro fra gli Elleni: dei bambini
che uccidevano pidocchi lo ingannarono, dicendogli: Quello che vediamo e
prendiamo lo lasciamo, quello che non vediamo né prendiamo lo portiamo.

120. Il Signore di cui l’oracolo è in Delfi non dice e non nasconde: significa.

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