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LIDIA VIGNOLA

ARCHEOLOGIA E DISABILITÀ
MANUALE TEORICO E PRATICO
DI ARCHEOLOGIA MULTISENSORIALE

1
2
LIBERARCHEOLOGIA SAGGI

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4
LIDIA VIGNOLA

ARCHEOLOGIA
E DISABILITÀ.
MANUALE TEORICO E PRATICO
DI ARCHEOLOGIA MULTISENSORIALE

5
L. Vignola, Archeologia e disabilità. Manuale teorico e pratico di
archeologia multisensoriale, Napoli 2016

ISBN 978-88-905720-5-0

Edito da:
Liberarcheologia, Piazza S. Maria La Nova 12, 80134, Napoli.
e-mail: edizioni@liberarcheologia.it

© Proprietà letteraria riservata.

6
Per giungere a ciò che non sai,
devi passare per dove non sai.

Per giungere al possesso di ciò che non hai,


devi passare per dove ora niente hai.

Per giungere a ciò che non sei,


devi passare per dove ora non sei.

S. Giovanni della Croce

7
8
INTRODUZIONE

Ho avuto da sempre con l’archeologia un rapporto con-


flittuale, una specie di trasposizione dello odi et amo catul-
liano ad una disciplina scientifica.
Portata fin dall’infanzia alla comunicazione ed al contat-
to, mi scontravo con la mummificazione dei reperti, la chiu-
sura dei luoghi, con la filosofia del “si guarda, ma non si
tocca”, atteggiamento doveroso ai fini della conservazione,
ma che, se non accompagnato dall’apertura alla conoscenza
e da un po’ di buon senso, diventa polverosa concezione sta-
tica dell’archeologia: un ordine perentorio e ingiustificato
che tarpa le ali alla più innocente curiosità.
La mia esperienza di studio e di lavoro come archeologo
mi ha portato a stabilire, in seguito, un rapporto privilegiato
(scavo, studio, ricostruzione, etc.) ed uno stretto legame con
i monumenti, i reperti e con i luoghi di rinvenimento.
I musei cominciarono a rappresentare per me allo stesso
tempo l’opportunità di conoscere il passato attraverso le sue
tracce materiali ed una frustrazione, in quanto ostacolo al
piacere della manipolazione e del contatto, cioè ad uno degli

9
aspetti per me più piacevoli dell’essere archeologo: “Toccare
il passato”.
Mi sembrava che vetrine, cordoni, recinzioni e divieti, da
una parte, isolandoli, caricassero di importanza i manufatti
esposti, ma dall’altra li sottraessero ad una fruizione più
spontanea e naturale, ne allontanassero il significato, ne ren-
dessero difficile la comprensione, sia agli studiosi del setto-
re, quanto, tanto più, al pubblico.
Successivamente lo studio della museografia e della mu-
seologia ed il lavoro nei musei e nei parchi archeologici mi
hanno svelato alcuni aspetti del “dietro le quinte”, insegnan-
domi a cogliere ragioni e significati profondi nel percorso,
ad analizzare la storia del museo o del sito, per capirne la
lunga evoluzione.
Il mio entusiasmo era di nuovo acceso, la possibilità di
imparare e di saper decifrare nuove tecniche di linguaggio
mi spingevano sempre di più ad approfondire l’argomento.
L’essere archeologo, inoltre, aveva sempre comportato
per me l’idea di essere al servizio di un pubblico più ampio
di quello dei miei colleghi, ricercando nuove modalità di ap-
proccio alla materia.
Mi sentivo coinvolta nel processo di rinnovamento delle
tecniche di comunicazione delle soprintendenze archeologi-
che, come depositarie del nuovo compito di fornire ai visita-
tori gli strumenti per riuscire finalmente ad apprezzare quel-
la disciplina a me così cara.
Ha quindi suscitato in me un vivo interesse, dopo nume-
rose esperienze di didattica, l’opportunità di avviare per con-
to del Centro Studi di Herculaneum un progetto di approccio
multisensoriale al patrimonio archeologico degli scavi di
Herculaneum.

10
La fase di ricerca ha previsto una grande acquisizione di
dati ed esperienze sperimentali sulla fruizione del patrimonio
culturale di Herculaneum da parte dei disabili sensoriali, ne-
cessario punto di partenza per lo sviluppo e l’ideazione di
canali innovativi di comunicazione scientifica per un ap-
proccio più totalizzante e coinvolgente.
Tale progetto nasceva da esperienze precedenti: in parti-
colare dall’aver curato lo studio di fattibilità di un percorso
tattile al Museo di Antichità di Torino,1 nonché dall’aver po-
tuto esaminare e verificare su campo, testandone la reale ef-
ficacia comunicativa insieme a gruppi di disabili sensoriali,
alcune delle prime esperienze realizzate da altri musei e siti
archeologici, come la copia tattile dell’affresco di Ercole In-
fante della Casa dei Vettii negli scavi di Pompei, e i primi
tentativi di percorsi tattili nel Museo Archeologico Naziona-
le di Napoli.
Da tale bagaglio di conoscenze teoriche e sperimentali
nasce l’idea di questo manuale, rivolto in particolare ad ar-
cheologi, progettisti, operatori culturali e didattici e gestori

1
Il progetto di percorso tattile nel Museo di Antichità di Torino è stato
elaborato e sviluppato personalmente dalla scrivente come lavoro proget-
tuale dal titolo “Toccare il passato: la scoperta dell’archeologia da parte
dei disabili visivi” nell’ambito del Corso di Perfezionamento per Respon-
sabile di Progetti Culturali tenuto dalla Fondazione Fitzcarraldo di Torino
da novembre 2001 a giugno 2002, sottoposto successivamente ad uno stu-
dio di fattibilità da gennaio ad aprile 2003, presso il Museo di Antichità di
Torino collaborando ed elaborando percorsi museali sperimentali indiriz-
zati al pubblico con disabilità visive, fonouditive, motorie, psichiche. I
risultati dello studio e della sperimentazione sono stati presentati durante
il convegno “Specialmente museo. Incontro su progetti museali e disabili-
tà. Azioni educative e sperimentazioni a confronto”, organizzato dalla Re-
gione Piemonte e dalla Fondazione Fitzcarraldo in collaborazione con il
Museo di Antichità di Torino il 16 maggio 2003 presso il Centro Incontri
Regione Piemonte, Torino.

11
pubblici e privati di siti, monumenti e musei, che si propone
di avanzare proposte basate su un nuovo approccio multisen-
soriale al patrimonio culturale.
Grazie alle esperienze fatte in quest’ambito come archeo-
loga mi sono sentita finalmente realizzata in quello che ho
sempre sentito essere il vero carattere e la vera ragione di
esistere della mia professione: un’archeologia non per gli ar-
cheologi ma per la società, un’archeologia sensibile, un’ar-
cheologia sociale.2

2
Desidero ringraziare per la fiducia, la collaborazione ed il sostegno che
nel corso degli anni hanno dato alle mie ricerche su archeologia e disabili-
tà la Fondazione Fitzcarraldo, il Museo di Antichità di Torino, Arturo Fit-
tipaldi dell’Università “Federico II” di Napoli, Christian Biggi del Centro
Herculaneum, Sarah Court dell’Herculaneum Conservation Projetc, Maria
Paola Guidobaldi della Soprintendenza di Pompei, Mario Mirabile
dell’Unione Italiana Ciechi, l’Unione Nazionale Italiana Volontari pro
Ciechi, Amalia De Simone e gli amici di Radio Siani, il Comune di Erco-
lano, la British School at Rome, l’International Research Center for Envi-
ronment and Cultural Heritage, l’Associazione Nazionale Archeologi, la
Borsa Mediterranea per il Turismo Archeologico di Paestum, Umberto
Pappalardo del Centro Internazionale per gli Studi di Pompei, Gabriele
Gianfreda dell’Ente Nazionale Sordi, Aldo Grassini ed Annalisa Trasatti
del Museo Tattile Statale “Omero” di Ancona, Don Pietro Caggiano del
Pontificio Santuario di Pompei, Salvatore Fruguglietti del Science Centre
di Fondazione IDIS - Città della Scienza di Napoli ed i docenti della Ma-
ster Class 2014 dell’International Famelab-Talking Science, Cinza Dal
Maso e Francesco Ripanti di Archeostorie, Dario Scarpati della Commis-
sione Accessibilità Museale dell’ICOM - International Council of Mu-
seums, Rita Giorgi e Marcello Cevoli del CSC - Centro per gli Studi Cri-
minologici di Viterbo.

12
CAP. I:
IL QUADRO NORMATIVO

Par. I, 1: La legislazione italiana sulle barriere architet-


toniche e sensoriali

Prima di affrontare il tema della progettazione di vie al-


ternative per la fruizione del patrimonio culturale da parte
delle persone con disabilità, è qui utile ripercorrere rapida-
mente lo sviluppo della normativa italiana sulle barriere ar-
chitettoniche negli edifici e spazi pubblici.
La normativa inerente l’accessibilità degli edifici e spazi
pubblici3 trova una sua prima espressione nella legge 30
marzo 1971 n. 1184, la quale prevedeva che: l’accesso a luo-
ghi pubblici o aperti al pubblico non può essere vietato ai di-
sabili; gli edifici pubblici o aperti al pubblico, le istituzioni
scolastiche, prescolastiche o di interesse sociale di nuova
edificazione devono essere costruiti in conformità con quan-

3
Per un quadro sulla questione cfr.:
http://www.arpnet.it\cad\ali\newali\barriere\schede\edipub.htm
4
“Conversione in legge del decreto legge 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove
norme in favore dei mutilati ed invalidi civili” (L. 118/71, art. 27).

13
to disposto dalla Circolare su citata; i trasporti pubblici, in
particolare tram e metropolitane, devono essere accessibili
agli invalidi non deambulanti; in tutti i luoghi dove si svol-
gono manifestazioni pubbliche devono essere riservati spazi
per le carrozzine.
La legge sopra citata prevedeva la successiva emanazione
di un regolamento finalizzato a definire standard tecnici e
tipologia degli interventi in materia di eliminazione delle
barriere architettoniche negli edifici pubblici o aperti al pub-
blico. Nel 1978 venne approvato il Regolamento in questio-
ne5, poi successivamente sostituito nel 1996 da un nuovo
Regolamento6 contenente sostanziali modifiche rispetto al
testo precedente.
Il Regolamento del 1996 prevedeva che: “gli edifici e
spazi pubblici di nuova costruzione, anche se di carattere
temporaneo, e quelli esistenti qualora vengano sottoposti a
ristrutturazione o ad altro tipo di intervento edilizio o a
quelli soggetti a cambio di destinazione qualora questa sia
finalizzata all’uso pubblico debbano essere resi accessibili
alle persone con disabilità fisica e sensoriale”7 e che “gli
edifici, i mezzi di trasporto e le strutture costruite, modifica-
te o adeguate tenendo conto delle norme per l’eliminazione
delle barriere architettoniche, debbano esporre, ben visibile,
il simbolo di accessibilità”.8
La legge e il regolamento stabiliscono che gli enti gestori
di edifici pubblici, che non siano oggetto di ristrutturazione

5
D.P.R. 27 aprile 1978, n. 384.
6
D.P.R. 24 luglio 1996, n. 503 Regolamento recante norme per l’elimi-
nazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici.
7
D.P.R. 503/96, art. 1, comma 3.
8
D.P.R. 503/96, art. 2, comma 2.

14
o interventi edilizi, debbano comunque garantire l’accessi-
bilità apportando tutti gli accorgimenti che possono miglio-
rarne la fruibilità dell’edificio stesso, ma a questa disposi-
zione non viene dato, però, un termine di tempo entro il qua-
le effettuare la realizzazione di tali adeguamenti9.
Nell’attesa degli accorgimenti di cui sopra, le Ammini-
strazioni pubbliche che utilizzano un edificio non accessibile
debbano dotarsi di un sistema di chiamata, posto in un luogo
accessibile, per consentire al cittadino con ridotta capacità
motoria o sensoriale la fruizione del servizio erogato in
quell’edificio. Per questo adempimento è stato fissato il ter-
mine di 180 giorni dall’entrata in vigore del Decreto stesso.
Ciò significa che già dal mese di aprile 1997 presso tutti
gli edifici pubblici “non accessibili” dovevano essere attivati
sistemi di chiamata10. Il dispositivo di chiamata deve essere
segnalato con il simbolo di “accessibilità condizionata”11. La
segnalazione, con relativo contrassegno, deve essere apposta
anche in presenza, all’interno di un edificio, di apparecchia-
ture che consentano la comunicazione per i non udenti12.
Per le specifiche tecniche di progettazione a cui si devono
attenere gli enti proprietari di edifici e spazi pubblici, il Re-
golamento13 conferma l’applicazione delle norme già appro-
vate in materia di lavori pubblici14.

9
D.P.R. 503/96, art. 1, comma 4.
10
D.P.R. 503/96, art. 1, comma 5.
11
D.P.R. 503/96, art. 2, comma 3.
12
D.P.R. 503/96, art. 2, comma 3 e comma 4.
13
D.P.R. 503/96, art. 1, comma 6.
14
Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici n. 236 del 14 giugno 1989:
“Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità e la visitabilità
degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e
agevolata, ai fini del superamento delle barriere architettoniche”.

15
Nel 1986 la legge finanziaria15 conteneva una serie di
provvedimenti in materia di accessibilità: l’imposizione alle
Pubbliche Amministrazioni di predisporre “Piani di abbatti-
mento delle barriere architettoniche” per gli edifici di loro
proprietà16, prevedendo a tal fine degli incentivi economici;
il vincolo a non approvare né finanziare con fondi pubblici
progetti di costruzione e ristrutturazione di opere pubbliche
non conformi al D.P.R. 384/78, oggi D.P.R. 503/9617;
l’eventuale commissariamento ad acta delle Pubbliche Am-
ministrazioni inadempienti, affinché operassero più celer-
mente ed efficacemente la predisposizione di interventi fina-
lizzati all’eliminazione delle barriere architettoniche negli
edifici pubblici in applicazione delle norme già in vigore e
spesso disattese, che la legge richiama esplicitamente18.

Par. I, 2: La legge 104/1992.

Nel 1992 un nuovo intervento normativo19 a favore dei


disabili prevedeva specifiche disposizioni e vincoli in merito
agli edifici e spazi pubblici od aperti al pubblico, imponen-
do, in particolare, che il rilascio della concessione o autoriz-
zazione edilizia e del certificato di agibilità e di abitabilità,
per opere riguardanti edifici pubblici o aperti al pubblico, sia
condizionato all’accertamento da parte della Commissione

15
Legge n. 41 del 28 febbraio 1986: “Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato”.
16
L. 41/86, art. 32, comma 21.
17
L. 41/86, art. 32, comma 20.
18
In particolare il D.P.R. 384/78.
19
Legge n. 104 del 5 febbraio 1992: “Legge quadro per l’assistenza,
l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”.

16
competente del rispetto delle norme vigenti in tema di bar-
riere architettoniche20.
La legge stabilisce anche che tutte le opere realizzate ne-
gli edifici pubblici e privati aperti al pubblico in difformità
dalle disposizioni vigenti in materia di accessibilità e di eli-
minazione delle barriere architettoniche, nelle quali le dif-
formità siano tali da rendere impossibile l’utilizzazione
dell’opera da parte delle persone handicappate, siano dichia-
rate inagibili e inabitabili. Sono previste sanzioni per il pro-
gettista, il direttore dei lavori, il responsabile tecnico degli
accertamenti per l’agibilità e l’abitabilità ed il collaudatore,
qualora vengano accertate inadempienze delle disposizioni
vigenti in tema di eliminazione delle barriere architettoni-
che21.
Fissa, inoltre, che una quota dei fondi, di cui alla citata
legge 41/86, siano destinati dal Comitato per l’Edilizia Resi-
denziale all’eliminazione delle barriere architettoniche negli
insediamenti di edilizia residenziale pubblica realizzati pri-
ma dell’entrata in vigore della legge 104/9222. Stabilisce, in-
fine, che i Comuni adeguino i propri regolamenti edilizi alle
norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche entro
180 giorni dall’entrata in vigore della legge 104/92. Scaduto
tale termine, le norme dei regolamenti edilizi in contrasto
con quanto disposto dalla legge 104/92 perdono efficacia23.
Il D.P.R. 503/96 riguardo alle aree e agli edifici sottopo-
sti a vincoli storici e ambientali stabilisce che “per gli edifici
soggetti al vincolo di cui all’art. 1 della legge 29 giugno

20
L. 104/92, art. 24, comma 4.
21
L. 104/92, art. 24, comma 7.
22
L. 104/92, art. 24, comma 8.
23
L. 104/92, art. 24, comma 11.

17
1939, n.1497, e all’art. 2 della legge 1 giugno 1939, n.1089,
la deroga è consentita nel caso in cui le opere di adegua-
mento costituiscono pregiudizio per valori storici ed estetici
del bene tutelato; in tal caso il soddisfacimento del requisito
di accessibilità è realizzato attraverso opere provvisionali
ovvero, in subordine, con attrezzature d’ausilio e apparec-
chiature mobili non stabilmente ancorate alle strutture edili-
zie. La mancata applicazione delle presenti norme deve es-
sere motivata con la specificazione della natura e della se-
rietà del pregiudizio”.24 Di fatto, dunque, la norma obbliga
in ogni caso il progettista a risolvere il problema dell’acces-
sibilità attraverso opere provvisionali o, in caso contrario, lo
obbliga a fornire espressa motivazione del mancato realizzo
delle opere.

Par. I, 3: La Legge Stanca e l’accesso alle informazioni

La Legge Stanca25 ha sancito, poi, il diritto di accesso, ol-


tre che ai servizi di pubblica utilità, anche ai sistemi infor-
matici e telematici della pubblica amministrazione: un requi-
sito fondamentale di una “democrazia informatica”. Le pub-
bliche amministrazioni non possono più realizzare strumenti
o servizi informatici, ad esempio siti internet, non utilizzabili
anche da parte di persone con disabilità. Purtroppo la dispo-
sizione non riguarda anche le aziende private, cosa piuttosto
grave se si pensa, ad esempio, alla produzione su supporto
digitale delle grandi case editrici, sebbene un decreto del

24
D.P.R. 503/96, art. 19: “Deroghe e soluzioni alternative”, punto 3.
25
Legge 4 del 9 gennaio 2004.

18
2007 dell’allora Ministro per i Beni e le Attività Culturali,
Francesco Rutelli, si prefiggesse di agevolare l’accessibilità
all’editoria per i disabili visivi tramite la trasformazione in
testo digitale26.
Nella valutazione di un sito web occorre porre attenzione
alla logica della sua organizzazione al fine di verificarne
l’usabilità. Secondo la definizione della normativa ISO - In-
ternational Organization for Standardization 9241 del 1993,
che si riferisce ai prodotti informatici in genere, l’usabilità è
definita come “il grado in cui un prodotto può essere usato
da particolari utenti per raggiungere certi obiettivi con effi-
cacia, efficienza e soddisfazione in uno specifico contesto
d’uso”.
Il problema dell’usabilità è emerso quando anche i non
esperti dell’informatica sono diventati utenti-utilizzatori. Per
quanto riguarda l’accessibilità alle informazioni tramite la
rete internet tale questione è particolarmente complessa: la
maggior parte dei siti web è realizzata, infatti, dando per
scontato che tutti gli utenti abbiano una visione perfetta, una
piena padronanza dei movimenti e una completa conoscenza
di internet. Questi postulati sono per lo più errati: già nel ca-
so di utenti anziani, ad esempio, le funzioni fisiche mag-
giormente limitate dell’età sono la vista, la precisione dei
movimenti e la memoria. Inoltre molti anziani hanno lasciato
il mondo del lavoro senza aver mai usato o avendo usato po-
co il computer ed internet, perciò non ne hanno appreso o
interiorizzato abbastanza il funzionamento. Internet, in gene-
rale, per loro non è, dunque, facilmente utilizzabile.

26
Decreto del Ministro per i Beni e le Attività Culturali del 18 Dicembre
2007, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.82 del 7 aprile 2008.

19
Per rendere, invece, un sito più usabile basterebbe segui-
re le stesse regole che rendono accessibile un sito ai disabili,
come indicato dalle direttive WAI - Web Accessibility Intia-
tive del W3C, il consorzio internazionale che definisce gli
standard per il web.
Un esempio semplicissimo: mentre i non vedenti hanno
bisogno di supporti esterni, gli ipovedenti o gli anziani, per-
sone con ridotta capacità visiva, sarebbero facilitati nella let-
tura di un sito web da pochi e semplici accorgimenti, come
prevedere in alto a destra un comando per l’ingrandimento
dei caratteri o per attivare il forte contrasto dei colori per
evidenziare i testi.
La più recente enunciazione generale del diritto delle per-
sone con disabilità all’accessibilità è contenuta nella Con-
venzione sui diritti delle persone con disabilità, adottata
dall’Assemblea Generale dell’ONU nel 2006, ove si afferma
che “al fine di consentire alle persone con disabilità di vive-
re in maniera indipendente e di partecipare pienamente a
tutti gli ambiti della vita, gli Stati Parti devono prendere mi-
sure appropriate per assicurare alle persone con disabilità,
su base di eguaglianza con gli altri, l’accesso all’ambiente
fisico, ai trasporti, all’informazione e alla comunicazione,
compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comuni-
cazione, e ad altre attrezzature e servizi aperti o offerti al
pubblico, sia nelle aree urbane che nelle aree rurali. Queste
misure, che includono l’identificazione e l’eliminazione di
ostacoli e barriere all’accessibilità, si applicheranno, tra
l’altro a: (a) Edifici, strade, trasporti e altre attrezzature in-
terne ed esterne agli edifici, compresi scuole, alloggi, strut-
ture sanitarie e luoghi di lavoro; (b) Ai servizi di informa-

20
zione, comunicazione e altri, compresi i servizi elettronici e
quelli di emergenza”27.

Par. I, 4: I piani di abbattimento delle barriere architet-


toniche

Le Pubbliche Amministrazioni, in particolare i Comuni,


sono tenute alla predisposizione di appositi “Piani di abbat-
timento delle barriere architettoniche” negli edifici di pro-
prietà, sulla base di indicazioni fornite dalle Regioni che
hanno il compito di indicare agli Enti locali i criteri e le mo-
dalità per l’approvazione dei Piani28.
Tali piani devono riportare indicazioni rispetto all’acces-
sibilità degli spazi urbani, con particolare riferimento all'in-
dividuazione di percorsi accessibili, all’installazione di se-
mafori acustici per non vedenti, alla rimozione della segnale-
tica installata in modo tale da ostacolare la circolazione delle
persone handicappate29.
Occorre tuttavia ricordare, a questo punto, che non esiste
una sola forma di disabilità. Tra le varie forme di disabilità,
quelle sensoriali (visiva, uditiva) e quelle psichiche, non
immediatamente percettibili, spesso non sono tenute nella
dovuta considerazione: quanti Musei pubblici, quanti siti ar-
cheologici italiani hanno già provveduto ad elaborare i Piani
o ad aggiornare i loro siti Internet inserendo anche soluzioni

27
“Convenzione sui diritti delle persone con disabilità”, adottata
dall’Assemblea Generale dell’ONU il 13 dicembre 2006, art. 9.
28
L. 41/86, art. 32, comma 21.
29
L. 104/ 92, art. 24, comma 9.

21
diversificate a seconda delle varie forme di disabilità? Cer-
tamente pochi.
La situazione diviene ancora più grave se si considera che
alcuni Musei e siti archeologici sono anche sedi di uffici
pubblici: comuni, biblioteche, uffici regionali, turistici, so-
printendenze etc. In questi casi viene negata ai disabili
l’accessibilità non solo ad una struttura museale, ma anche a
degli uffici pubblici.
La realtà, più in generale, è che pochissime regioni italia-
ne hanno provveduto ad elaborare Piani per la mobilità delle
persone handicappate, previsti già dalla Legge 104/1992, an-
cora meno hanno provveduto ad attuarli e quasi nessuna ad
adottare anche soluzioni diversificate a seconda delle varie
forme di disabilità.

Par. I, 5: Le norme regionali, il caso Campania

L’obbligo di rendere luoghi e servizi accessibili alle per-


sone con disabilità è sancita in Italia anche in numerose
norme di livello regionale.
La Regione Campania, ad esempio, dichiara di promuo-
vere e sostenere la rete dei servizi, degli interventi e delle
opportunità per le persone con disabilità, con l’obiettivo di
garantirne il pieno diritto di cittadinanza attraverso la tutela
della dignità, la creazione di condizioni di pari opportunità e
di non discriminazione, lo sviluppo dell’autonomia e dell’
autodeterminazione, la difesa del diritto allo studio.30

30
Cfr. http://www.regione.campania.it (Giunta > Alfonsina De Felice >
Dettaglio Tematica Assessore > Dettaglio Atto)

22
In particolare la Legge Regionale n. 11 del 23 ottobre
2007 sancisce che la Regione Campania “promuove inter-
venti volti ad assicurare servizi destinati a persone con di-
sabilità, assegnando particolare priorità alle persone con
disabilità gravi, al fine di: a) rimuovere ogni forma di di-
scriminazione e mancanza di pari opportunità che limitano
o ostacolano il pieno godimento dei diritti e l’inclusione so-
ciale; b) sostenere il miglioramento della qualità della vita
attraverso progetti personalizzati rivolti alla formazione e
all’inserimento mirato nel mondo del lavoro e nei normali
circuiti di vita relazionale, all’accrescimento delle capacità
e delle abilità individuali e familiari, al conseguimento del
massimo livello di vita autonoma, autodeterminata, indipen-
dente ed interindipendente; c) sostenere le famiglie che han-
no al proprio interno persone con disabilità gravi nel compi-
to genitoriale e promuovere forme di auto-aiuto e misure al-
ternative al ricovero in istituti educativo-assistenziali; d)
realizzare una rete di servizi alla persona che rimuovono
ostacoli, barriere e condizioni di svantaggio sociale sulla
base di una personalizzazione dell’offerta rispondente ai bi-
sogni dei beneficiari”31
Per quanto riguarda l’eliminazione delle barriere architet-
toniche, con la Legge n. 11 del 1984, la Regione Campania
ha assegnato ai Comuni che ne facciano richiesta un apposi-
to fondo finalizzato al parziale rimborso delle spese per la

31
Regione Campania, Legge Regionale n. 11 del 23 ottobre 2007 “legge
per la dignità e la cittadinanza sociale. Attuazione della legge 8 novembre
2000, n. 328”, Bollettino Ufficiale della Regione Campania, n. 57 del 31
ottobre 2007, art. 32: “le politiche per le persone con disabilità”.

23
rimozione delle barriere architettoniche negli appartamenti o
edifici occupati da cittadini disabili32.
Le norme regionali, solo in parte attuate, riguardano bar-
riere architettoniche (attuazione progetti per l’abbattimento
delle stesse), servizi alle persone (istituzione di servizi di
aiuto alle persone, centri di accoglienza), trasporti (miglio-
ramento degli accessi ai mezzi di trasporto), turismo sociale
per garantire la piena accessibilità fisica alle strutture turisti-
che e di svago (fig. 7-8), formazione e informazione (apertu-
ra di sportelli informativi gestiti direttamente dai disabili).
Con una delibera approvata nel 2003 in occasione
dell’Anno Europeo delle persone con disabilità33, la Regione
Campania si è, inoltre, impegnata a prestare un’attenzione
particolare alle disabilità, proponendo alcune iniziative tra
cui:
1. apertura di sportelli di informazione e di orientamento
gestiti da disabili;
2. interventi per facilitare la partecipazione dei disabili allo
sport, riservando fino al 50% dei finanziamenti regionali
ad associazioni che organizzano specifiche manifestazio-
ni sportive e si impegnano ad adeguare le loro strutture
nel superamento delle barriere architettoniche;
3. promozione del turismo sociale, che, all’interno del rior-
dino delle azioni turistiche in favore delle categorie più

32
Regione Campania, Legge Regionale n. 11 del 15 marzo 1984, art. 18:
“Norme per la prevenzione, cura e riabilitazione degli handicaps e per l'in-
serimento nella vita sociale”.
33
Regione Campania, Giunta Regionale, Seduta del 4 aprile 2003, Delibe-
razione N. 1365, Area Generale di Coordinamento Gabinetto della Presi-
denza: “Anno Europeo delle persone con disabilità. Impegni programma-
tici della Regione Campania”, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della
Regione Campania (B.U.R.C.), n. 20 del 12 maggio 2003.

24
svantaggiate dei cittadini messe in atto dalla Regione
Campania, si propone la piena accessibilità fisica delle
strutture ricettive e di svago, unitariamente a programmi
di accompagnamento responsabile e di integrazione so-
ciosanitaria;
4. offerta di servizi mirati ai bisogni delle donne disabili;
5. informazione e sensibilizzazione degli operatori della
comunità locale sul tema della prevenzione della violenza
sulle donne disabili;
6. azioni di coinvolgimento delle associazioni di tutela dei
diritti, della cooperazione sociale e del volontariato;
7. valorizzazione di interventi in favore dei non vedenti, an-
che sulla base di un progetto della Regione Campania
con l’Università Federico II che si propone, attraverso la
formazione degli operatori, l’istituzione di Centri specia-
listici per la prevenzione della cecità, l’educazione e la
riabilitazione;
8. cofinanziamento alle imprese in esercizio per il trasporto
pubblico locale per l’acquisto di autobus che consentano
l’utilizzo da parte di persone con disabilità.
Dal novembre 1996 è, inoltre, attivo a Napoli uno spor-
tello che mette a disposizione delle persone disabili una gui-
da realizzata dalla Consulta Regionale degli Handicappati
contente informazioni sulle condizioni di accessibilità di ar-
chivi, biblioteche, chiese, cinema, teatri, giardini, impianti
sportivi, istituzioni, musei, stampa, terme e trasporti34. La
Regione Campania ha realizzato, inoltre, una Guida
all’Accessibilità volta ad illustrare le capacità che i siti arti-

34
La guida è disponibile presso la Consulta Regionale degli Handicappati,
via Don Bosco 4, 80141 Napoli. Tel. +39.081.751.56.92

25
stici e culturali, facenti parte del circuito “Campania Arte-
card”, hanno nell’accogliere le persone con disabilità, ma
anche altri tipi di persona con esigenze particolari, come an-
ziani e donne incinte.
Nel 2007 la Regione Campania ha stipulato un protocollo
d’intesa con la Biblioteca Italiana per i Ciechi “Regina Mar-
gherita” di Monza35, finalizzato a garantire l’assistenza tiflo-
didattica agli alunni con disabilità visiva della regione Cam-
pania, in particolare la trascrizione dei libri di testo in braille
o a caratteri ingranditi, nonché in alcuni casi la fornitura di
testi in formato elettronico. Il protocollo, rinnovato anche
per l’anno scolastico 2008-200936, consente ai genitori degli
alunni con disabilità visiva di rivolgersi alla Biblioteca, tra-
mite le scuole, per ottenere i testi.
Per quanto riguarda la sordità, è stata approvata una con-
venzione con l’Ente Nazionale Sordomuti (ENS) per il co-
siddetto “servizio ponte”, già attivo in altre regioni italiane,
che consente alle persone con disabilità uditiva di mettersi in
contatto con il mondo degli udenti attraverso una serie di
strumenti, come sms, DTS, e-mail, video-chat37.
Infine è stato avviato un programma sperimentale per la
fruizione del mare e della montagna da parte delle persone
con disabilità, che ha portato ad approvare circa 34 progetti

35
Regione Campania, delibera di Giunta Regionale n. 1779 del 5 ottobre
2007.
36
Regione Campania, Giunta Regionale. Seduta del 19 giugno 2008, De-
liberazione n. 1051 “Rinnovo per l’anno scolastico 2008-2009 del proto-
collo d’intesa con la Biblioteca Italiana per i Ciechi Regina Margherita -
servizio regionale per la fornitura di supporti ed assistenza didattica ai cit-
tadini con disabilità visiva della regione Campania”, Bollettino Ufficiale
della Regione Campania, n. 27 del 7 luglio 2008.
37
Le informazioni sui servizi e le modalità l’accesso agli stessi sono di-
sponibili sul sito: http://www.mondoens.it

26
presentati dal privato sociale, realizzati in gran parte nell’
estate del 2008 in vari punti del territorio regionale. Con tale
programma si è data una realizzazione operativa al principio
secondo cui, nella programmazione delle politiche sulla di-
sabilità, va tenuto conto anche di servizi che consentono la
fruizione dell’agio, affiancandoli ad altre attività più tradi-
zionalmente orientate alla riduzione del disagio.
Per quanto concerne la disabilità mentale, purtroppo an-
cora oggi spesso oggetto, anche inconsapevolmente, di pre-
concetti e timori, nell’attesa che un apposito Coordinamento
Tecnico svolga un ruolo ed una funzione di catalizzatore del-
le conoscenze e delle esperienze ed indichi un metodo da
proporre per sostenere complessi e delicati processi di presa
in carico integrata, l’Assessorato alle Politiche Sociali della
regione Campania ha avviato percorsi condivisi con
l’Assessorato alla Sanità con l’obiettivo di ricercare possibili
ipotesi di integrazione tra sociale e sanitario.

27
CAP. II:
FRUIZIONE ED ACCESSIBILITÀ AI BENI
ARCHEOLOGICI

Par. II, 1: La fruizione del patrimonio culturale come di-


ritto

“Il grado di civiltà e di democrazia di un Paese si misura


in base al trattamento riservato alle minoranze” scriveva
Gandhi. Nella nostra società la comunicazione ha assunto
ormai un ruolo centrale e con essa la questione dell’acces-
sibilità a tutti degli spazi e delle informazioni, questione che
non riguarda solo le persone disabilità, che già da sole rap-
presentano numericamente una parte rilevante della popola-
zione del nostro Paese (3 milioni di persone per l’ISTAT,
oltre 4 milioni per il CENSIS): la nostra società, infatti, deve
confrontarsi oggi con una commistione di culture, etnie,
classi e gruppi sociali differenti, che pongono per la prima
volta in termini così ampi la questione della diversità. Una
diversità che può complicare le interazioni e generare in-
comprensioni e di fraintendimenti, ma che al tempo stesso
costituisce una straordinaria risorsa.

28
“A man who knows two languages is worth two men” re-
cita un proverbio inglese: un uomo che conosce due lingue
vale due uomini. Per i musei e le istituzioni culturali che
hanno la “missione” di comunicare vale lo stesso principio,
che diventa, anzi, un obbligo: non più due, ma tanti modi di
comunicare sono dunque indispensabili per raggiungere tutte
le diverse fasce e tipologie di utenza, comprese le più lonta-
ne linguisticamente o culturalmente, quelle svantaggiate a
causa di disabilità fisiche o sensoriali e persino quelle im-
possibilitate a recarvisi fisicamente.
L’articolo 3 della Costituzione della Repubblica Italiana
sancisce che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e
sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di
razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condi-
zioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuo-
vere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitan-
do di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impedi-
scono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politi-
ca, economica e sociale del Paese”.
Sempre la Costituzione all’articolo 16 sancisce anche che
ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in
qualsiasi parte del territorio nazionale. La normativa statale e
regionale a partire dalla fine degli anni ‘70 ha cercato di ga-
rantire questo diritto anche alle persone disabili attraverso
due modalità di intervento: favorire l’uso dei mezzi di tra-
sporto ed eliminare le barriere architettoniche. Una impor-
tante strategia che complessivamente ha permesso ai disabili
di incontrare minori disagi nell’avvicinarsi alle condizioni di
vita degli altri cittadini normodotati. In particolare il legisla-
tore è intervenuto per garantire la libertà di movimento e

29
l’accesso al mondo della scuola e del lavoro, nella consape-
volezza che la formazione, l’educazione e l’occupazione
professionale sono alcune delle tappe fondamentali di ogni
persona per riconoscersi come individuo che cresce e che si
realizza e che viene dagli altri riconosciuto come soggetto
che partecipa con pari dignità alla vita sociale.
Ma garantire il diritto alla circolazione significa anche
garantire il diritto alle persone di comunicare. La qualità del-
la vita delle persone aumenta con la capacità e con l’oppor-
tunità di comunicare agli altri desideri, fantasie, di sperimen-
tare se stessi fuori dai circuiti ripetitivi della quotidianità.
Per la persona disabile, come per ogni altra persona, è indi-
spensabile conoscere il mondo e ciò significa entrare in rela-
zione con la cultura, i costumi, l’arte e la lingua di altre per-
sone, di altri popoli, di altre civiltà.
Il problema dell’accessibilità nelle aree archeologiche ai
disabili può, in questo senso, essere inserito nella più ampia
questione della comunicazione: essere in grado di trasmette-
re un messaggio a persone con handicap sensoriali comporta
lo studio e la ricerca di canali alternativi di rapporto con il
pubblico.

Par. II, 2: Accessibilità e mobilità dei disabili nelle aree


archeologiche e negli edifici monumentali

Generalmente per i disabili motori l’ostacolo alla mobili-


tà più grande da superare negli edifici monumentali è la pre-
senza di scalinate monumentali, di gradini dilazionati in an-
droni stretti o di porticati con poco spazio per disimpegnare
una rampa (fig. 9-10). Le altre esigenze primarie cui dare

30
una risposta sono la possibilità di circolare attraverso
l’edificio o il monumento, di uscire dallo stesso in caso di
emergenza e di poter utilizzare almeno un servizio igienico.
Le barriere fisiche richiedono interventi strutturali, per-
tanto devono essere prese in considerazione per prime quelle
misure che minimizzano le modifiche allo stretto indispen-
sabile e rendono le stesse reversibili (es. rampe in legno, cor-
rimano ancorati su strutture provvisionali e removibili).
In altri casi può risultare più opportuno un intervento di
grande qualità più esteso e permanente, con un linguaggio
architettonico contemporaneo. Deve essere il progettista, in-
dividuando la giusta misura dell’intervento, a riuscire a ri-
spondere al contempo alle esigenze di funzionalità per i di-
sabili e a quelle di tutela della duplice istanza estetica e sto-
rica del monumento.
Per venire incontro, invece, alle esigenze dei disabili vi-
sivi bisogna tenere ben presente come si muove autonoma-
mente un non vedente utilizzando i sensi vicarianti e quali
possono essere le barriere “percettive”. La principale neces-
sità del non vedente/ipovedente è quella di avere un ausilio
per orientarsi nello spazio mediante informazioni non visive
e, nel caso degli ipovedenti, mediante l’accentuazione e la
ridondanza di quelle visive. In questo tipo di disabilità le
barriere non sono costituite dai dislivelli o dalle scale, che
anzi consentono di misurare con maggiore precisione i mo-
vimenti e valutare il perpendicolo rispetto al ciglio, ma piut-
tosto da oggetti sporgenti non individuabili con il bastone
bianco, da spazi vasti nei quali mancano riferimenti di alcun
tipo ed indizi acustici e tattili, che possano favorire la com-
prensione dello spazio. Fondamentalmente il disabile visivo
si muove utilizzando le guide naturali, confidando anche in

31
una preventiva, se pure approssimativa, conoscenza dell’iti-
nerario da compiere38.
Ai disabili visivi si possono facilmente rendere visitabili
gli spazi interni degli edifici monumentali attraverso un’op-
portuna segnaletica, quali possono essere le “mappe tattili”,
che consentono la percezione preventiva della mappa del
luogo, oppure sistemi informativi elettronici. Un sufficiente
livello di illuminazione, il contrasto cromatico ed il contrasto
tra gli oggetti posti nello spazio, favorisce invece gli ipove-
denti, unito ad una segnaletica chiara e leggibile, con grandi
caratteri in large print con forte contrasto cromatico, utili
anche per meglio orientare gli anziani. Per i non udenti biso-
gna, invece, avere cura che i luoghi dove viene fornita una
informazione solo acustica (es. voci di altoparlanti in filodif-
fusione), si fornisca la stessa informazione anche con mezzi
visivi.

Par. II, 3: I musei

La rinnovata importanza attribuita al ruolo educativo dei


musei in Italia ha portato alla istituzione, presso il MBAC, di
un Centro per i Servizi Educativi del Museo e del Territorio,
che ha tra i suoi compiti quello di raccogliere, documentare e
monitorare l’attività didattica svolta dai Servizi Educativi
degli organi periferici del Ministero. Si è trattato di una in-
novazione estremamente importante, che sia pure tra mille

38
T. Empler, Accessibilità urbana per le persone ipovedenti, Paesaggio
Urbano, n. 3, 1995, pag. 118-125; M. Balzani, Piani di adeguamento dei
percorsi urbani utilizzabili da tutti, Paesaggio Urbano, n. 5, 1992, pag.
92-103.

32
difficoltà, non ha mancato di produrre risultati positivi, come
dimostrano la serie di iniziative attivate in occasione dell’
“Anno Europeo delle persone con Disabilità” (2003). Pregio
maggiore di queste attività è infatti il coinvolgimento di ope-
ratori ed esperti del settore per la prima volta a livello nazio-
nale, che sono stati coinvolti su temi cruciali come quello
della formazione degli operatori o della progettazione di vi-
site speciali.
Con l’iniziativa Musei aperti per tutti, realizzata dal
MiBAC in collaborazione con il Gruppo Angeli in occasione
della XXI Giornata Internazionale del Disabile (fig.1), che si
è svolta dal 30 Novembre al 3 Dicembre 2002, e dell’Anno
Europeo delle persone con disabilità (fig. 2), il Ministero ha
reso accessibili gratuitamente a tutti i disabili e ai loro ac-
compagnatori una buona parte (600 su 3500) dei musei stata-
li. L’iniziativa ha previsto anche il libero accesso ai musei
comunali, ai musei ecclesiastici e ai luoghi d’arte ebraici,
grazie alla collaborazione dell’ANCI (Associazione Nazio-
nale comuni di Italia), dell’AMEI (Associazione Musei Ec-
clesiastici italiani) e della Comunità Ebraica.
Tra gli interventi strutturali promossi direttamente dal
MBAC è da segnalare l’apertura del Museo tattile statale
Omero di Ancona (fig. 3-4),39 specificatamente dedicato ai
non vedenti. Sempre a questo tipo di handicap si rivolge
l’allestimento Museo Tattile di Pittura Antica e Moderna
“Anteros” di Bologna40, con sede presso l’Istituto dei Ciechi
Francesco Cavazza (fig. 5-6).

39
www.museoomero.it
40
www.cavazza.it/arte/index.shtml

33
Fondato nel 1999, quest’ultimo si pone l’obiettivo di ren-
dere accessibili ai disabili della vista, celebri dipinti di tutti i
tempi attraverso riproduzioni tridimensionali. A ogni rilievo
corrispondono tre tipi di schedature descrittive, tradotte in
codice Braille, corrispondenti a tre progressivi livelli di ap-
profondimento dell’immagine. La finalità di questo museo è
di poter essere un manuale tattile, funzionale alla conoscenza
del significato storico ed estetico della pittura e soprattutto
vuole essere un luogo di formazione ed educazione estetica.
Il percorso di conoscenza dell’opera esposta nel Museo
va dalla comprensione di tecniche di esplorazione tattile
all’acquisizione di autonomia nella comprensione dell’im-
magine fino al piacere estetico. Questa esperienza cognitiva
ed estetica si adatta al grado di disabilità visiva in quanto la
conoscenza e la lettura tattile avviene in modi diversificati e
appropriati alla situazione.
Il Museo Omero, nato nel 1993 e riconosciuto come Mu-
seo Statale del Comune di Ancona nel 1999, vuole essere
uno spazio culturale e didattico per tutti. Le sale ospitano
copie in gesso, quasi tutte riproducenti le dimensioni origi-
nali, di sculture di varia epoca, ai quali si affiancano modelli
architettonici di famose architetture (il Partenone, il Pan-
theon e la Basilica di S. Pietro) tutti in scala 1/100. Le statue
possono essere agevolmente esplorate affiancate da targhette
con scritte in Braille per la descrizione.
Un ulteriore passo verso una reale integrazione è la noti-
zia che il museo si sia inoltre recentemente arricchito di re-
perti archeologici originali, anch’essi manipolabili.
È attivo inoltre all’interno del Museo un servizio di edu-
cazione artistica ed estetica per studenti non vedenti o ipo-
vedenti con l’obiettivo di fornire attraverso un’esperienza

34
tattile e di laboratorio un manuale di storia dell’arte. Inoltre
viene data al non vedente la possibilità di adoperare un walk
assistant che guida il visitatore lungo il percorso insieme a
un bastone elettrico che trasmette dei segnali sonori quando
si avvicina all’oggetto esposto.
Questi due Musei cercano di creare un rapporto dinamico
e di interazione tra il fruitore e l’opera con un approccio
multi- e pluri-sensoriale. Non si trovano al loro interno al-
larmi che impediscano il momento esplorativo, che al con-
trario viene agevolato in tutte le sue manifestazioni.
La finalità di queste strutture educative, sempre più nu-
merose in Italia e all’estero, è cercare di stimolare le facoltà
immaginative e conoscitive della mente. Integrando due
forme di memoria visiva, ottica e tattile e lavorando sul loro
intreccio, si potranno raggiungere importanti recuperi cogni-
tivi.

Par. II, 4: Aree archeologiche

Nelle aree archeologiche, che talora si presentano come


vere e proprie città (Ercolano, Pompei, Ostia etc.), la frui-
zione del piano orizzontale può risultare particolarmente dif-
ficoltosa per i disabili motori, per la presenza di gradini non
raccordati, di salti di quota eccessivi, di pavimentazioni
sconnesse (costituite ad es. da basoli in pietra lavica, da mo-
saici con avvallamenti, da terreno sconnesso non battuto e
livellato etc.). Tali ostacoli sono dovuti a due ragioni fonda-
mentali: al fatto che chiaramente il concetto di accessibilità
ai disabili non apparteneva al passato e alle circostanze di
distruzione, conservazione e scoperta del sito archeologico,

35
che ne hanno quasi sempre ulteriormente compromesso
l’accessibilità ai disabili.
Per superare i dislivelli, al tempo stesso garantendo il ri-
spetto e la tutela delle strutture antiche, si possono utilizzare
strutture provvisorie e removibili in legno. Strutture del ge-
nere sono state utilizzate anche il 7 ottobre 2003 per la visita
a Pompei di Papa Giovanni Paolo II, per ovviare alle sue dif-
ficoltà di mobilità.
In generale nei siti archeologici, attraverso uno studio dei
luoghi, non è impossibile tracciare degli itinerari accessibili
a seconda dei diversi gradi e tipi di disabilità.
Ci sono, inoltre, molti interventi praticabili in un’area ar-
cheologica non volti solo ad abbattere le barriere fisiche, ma
anche a facilitare l’accesso alle informazioni: barriere invisi-
bili che, a differenza di quelle fisiche, non possono trovare
nessun pretesto di giustificazione nelle esigenze di tutela
delle strutture antiche.
Si pensi, ad esempio, a quanti interventi si possono rea-
lizzare senza per nulla compromettere le esigenze di tutela
dell’antico, per migliorare l’accessibilità ai disabili sensoria-
li: un sito internet accessibile ai non vedenti che fornisca in-
formazioni utili all’organizzazione di una visita, modelli tri-
dimensionali esplorabili tattilmente che riproducano gli edi-
fici presenti nell’area archeologica, itinerari di visita che
prevedano la possibilità di toccare muri, oggetti e superfici,
che abbiano rilevanza sotto il profilo tattile, e che compren-
dano luoghi, spazi ed edifici che, tramite le potenzialità di
comprensione dei luoghi con i sensi vicarianti, possano risul-

36
tare interessanti e significativi anche a chi non può vederli41.
Le tecnologie elettroniche ed informatiche possono, inoltre,
fornire soluzioni interessanti, come la possibilità di realizza-
re sistemi informativi interattivi, consultabili anche da per-
sone con disabilità sensoriali o difficoltà di orientamento,
che forniscano un ausilio durante tutto il percorso di visita.
È facilmente intuibile come la scultura sia, tra le arti visi-
ve, quella che maggiormente si presta ad un approccio di ti-
po tattile, insieme ad alcuni elementi dell’architettura. Ciò
che impedisce l’esplorazione tattile di un edificio sono, chia-
ramente, le sue grandi dimensioni42. La soluzione al proble-
ma è quella di ridurre la grandezza del monumento attraver-
so dei plastici o modellini che riproducono fedelmente
l’architettura originale, mentre l’esplorazione tattile sarà li-
mitata ad alcuni parti significative: toccare alcune parti im-
portanti dell’edificio può favorire, infatti, la comprensione
delle architetture antiche, attraverso il contatto diretto, in
particolare, con le sue componenti strutturali (colonne, muri,
porte etc.), con le differenti tecniche edilizie (opera laterizia,
reticolata, listata, vittata etc.) e i diversi materiali utilizzati
(tufo, terracotta, malta, intonaco, pietra lavica etc.).
Ci si può fare, inoltre, un’idea delle dimensioni e della
pianta dell’edificio percorrendolo all’interno in lungo e in

41
I. Argentin, M. Clemente, T. Empler, La Città Ideale, Paesaggio Urba-
no, n. 2, 1998, pp. 78-89.
42
Ricordiamo che difficilmente un non vedente riesce a stabilire esatta-
mente la grandezza di un oggetto e a esplorarlo correttamente e esausti-
vamente se supera la larghezza dell’apertura delle sue braccia. Chiaramen-
te è vero anche il contrario, cioè il troppo piccolo, per esempio particolari
in rilievo troppo minuti, sottili o fitti, non potrà essere percepiti. In en-
trambi casi molto, però, dipende dalla sensibilità personale o dalla educa-
zione alla tattilità ricevuta. Lo studio e la lettura del braille, per esempio,
acuiscono la sensibilità dei polpastrelli.

37
largo o lungo il suo perimetro interno, se ne può percepire la
spazialità attraverso l’udito, in particolare nel caso di edifici
o ambienti chiusi di cui si conserva la copertura (es. terme,
etc.). Con l’olfatto se ne possono cogliere gli odori: tutto
concorre ad una multisensoriale esperienza estetica. La
comprensione globale della struttura va, infine, agevolata da
una descrizione verbale da parte di una guida che non solo
abbia una conoscenza approfondita del monumento, anche
dal punto di vista strutturale e dei materiali (cognizioni che
non rientrano necessariamente nella preparazione standard di
una giuda turistica o di un operatore didattico), ma che sia
anche scientificamente e tecnicamente adeguatamente prepa-
rata a questa specifica tipologia di visita.

Par. II, 5: I modelli sinestetici

Il problema della percezione visiva può essere scomposto


in due aspetti: quello della forma e quello del colore.
Da parte dei non vedenti il mondo delle forme può essere
sensorialmente percepito attraverso il tatto. Per quanto ri-
guarda, dunque, la percezione della forma, ci si può avvalere
della percezione tattile: entro certi limiti di scala rivolta di-
rettamente all’oggetto in questione (nel caso ad es. di un
frammento architettonico, di un basolato, di una colonna, di
una statua o della base di una statua etc.), oltre tali limiti at-
traverso dei modellini in scala (un intero edificio, una colon-
na nella sua altezza, una statua colossale etc.). In questo se-
condo caso la migliore comprensione può venire da una per-
cezione combinata dei due elementi, quello reale a grandez-
za naturale e il modellino in scala, che insieme possono dare

38
un’idea più completa della forma e delle dimensioni
dell’oggetto o dell’edificio in questione.
Per quanto riguarda sempre la percezione delle forme, nel
caso di quadri o affreschi bisogna considerare che di solito si
tratta di proiezioni bidimensionali di scene tridimensionali:
quando si osservano le forme è il cervello che ricostruisce le
forme complete a partire dalla percezione parziale che la
proiezione bidimensionale genera. Per avere lo stesso effet-
to, per i non vedenti le l’immagine disegnata o dipinta, va
tradotta in immagine a rilievo.
La soluzione tattile non è ovviamente disponibile per il
colore, che è una caratteristica esclusivamente ottica. Per
rendere questo aspetto, si sfrutta la “sinestesia”: il ben noto
fenomeno per cui, in tutti gli individui, un tipo di stimolo
percettivo ne evoca spontaneamente un altro. È questo il mo-
tivo per cui, ad esempio, si dice che un colore è “caldo” o
“freddo”, associando una percezione tattile ad una visiva.
Una tipica associazione sinestetica è quella tra colori e suo-
ni. Per un cieco nato una sfumatura, sarà paragonabile
all’intensità di un suono o alla forza scemante o crescente di
un profumo. Per esempio, quando si cammina su di una
spiaggia, più si va verso il mare più l’odore del mare si sente
nitidamente, più la sabbia diventa umida sotto i piedi: si può
dire che tutto questo è un colore forte, poi allontanandosi dal
mare quel colore gradualmente si sfuma, la sabbia si fa via
via più farinosa, l’odore del mare più tenue e rarefatto, il
rumore delle onde è sostituito da quello di una strada o di
una ferrovia. Agire mediante sinestesie significa richiamare
sensazioni note per far baluginare sensazioni ignote o, nel
caso di chi ha perduto la vista, ridestare sensazioni dormien-
ti.

39
Interessante, a questo proposito, il caso del primo “mo-
dello tattile sinestetico” applicato all’archeologia: si tratta
del modello tattile sinestetico dell’affresco dell’Eracle infan-
te che strozza i serpenti della Casa dei Vettii a Pompei, rea-
lizzato nell’ambito del progetto di ricerca europeo HELP che
ha reso possibile il primo servizio della Soprintendenza Ar-
cheologica di Pompei rivolto alle persone non vedenti e in-
stallato nell’Auditorium degli scavi di Pompei.
Dell’affresco è stata realizzata una trasposizione a rilievo
su resina, accompagnata da un sofisticato sistema compute-
rizzato e dall’ausilio dei suoni e delle audio guide, che per-
mettono di utilizzare la percezione tattile e l’associazione tra
colori e suoni per cogliere le differenze cromatiche.
In primo luogo il dipinto è stato reso tattilmente percepi-
bile attraverso una trasposizione a rilievo operata su resina,
in modo tale, però, che si possa toccare solo una porzione
degli oggetti rappresentati e si debba perciò ricostruire il re-
sto mentalmente. Successivamente è stato fatto corrisponde-
re a ciascun possibile colore, un suono musicale in modo si-
stematico: in modo, cioè, che ad ogni variazione del colore
corrispondesse una identica (per direzione e intensità) varia-
zione del suono musicale. Questo risultato è stato ottenuto
mediante un algoritmo delle tre variabili che costituiscono
qualsiasi colore-tonalità, luminosità e saturazione, con le tre
variabili che costituiscono qualsiasi suono musicale- timbro,
altezza, intensità.
Affinché il non vedente percepisca insieme forma e colo-
re con questo sistema è necessario stabilire una corrispon-
denza tra il tatto e il suono musicale in modo che il suono
corrisponda a quello del colore del punto della forma tattile
che il soggetto sta toccando in quel momento.

40
Il procedimento è stato reso possibile attraverso un trac-
ciatore tridimensionale miniaturizzato che il soggetto non
vedente indossa sul dito che “esplora” tattilmente la forma.
Il tracciatore comunica istantaneamente la posizione del dito
nello spazio, e quindi sulla forma tridimensionalizzata del
quadro, a cui corrisponderà un certo colore. L’algoritmo
opera istantaneamente e produce il suono musicale corri-
spondente al colore toccato.
Il modello sinestetico sperimentato a Pompei è indub-
biamente un passo avanti nella accessibilità all’arte da parte
dei non vedenti, anche se richiede un certo allenamento ed
una spiccata sensibilità.

Par. II, 6: Sistemi informativi

I sistemi informativi possono essere tattili o di tipo elet-


tronico e fornire quindi informazioni percepibili con il tatto,
con l’udito o con la vista. I primi sono costituiti da mappe a
rilievo che rappresentano, in modo schematico e comprensi-
bile al tatto, una pianta dello spazio nel quale ci si muove,
con le didascalie scritte in braille e in caratteri alfa-numerici,
utilizzando particolari “font” ingranditi, ben contrastanti ri-
spetto allo sfondo e a rilievo, il modo da essere leggibili sia
dai non vedenti che dagli ipovedenti, i quali possono utiliz-
zare sia il tatto che, nel caso di questi ultimi, anche la perce-
zione visiva. Tali mappe risultano peraltro utili anche ai
normovedenti, come segnaletica tradizionale e wayfinding.
I sistemi informativi elettronici possono essere costituiti
da un trasmettitore e da un ricevitore in dotazione al disabile
visivo, con il quale quest’ultimo riceve messaggi vocali che

41
indicano il luogo in cui ci si trova o che forniscono informa-
zioni anche più dettagliate. Le informazioni vocali possono
anche provenire direttamente dal punto di interesse a mezzo
di altoparlante, attivabile mediante pressioni di un apposito
pulsante, in modo da essere fornite soltanto su richiesta
dell’interessato. In tal modo le informazioni sono disponibili
anche per chi non possiede il ricevitore.
I sistemi informativi, per la loro natura, vanno utilizzati
però ad integrazione e non in sostituzione dei sistemi di gui-
da tattile.

Par. II, 7: Le barriere per i disabili sensoriali nei musei e


nelle aree archeologiche

Le principali barriere per i disabili sensoriali riscontrabili


nei musei e nelle aree archeologiche sono:
1. mancanza di elementi che possano costituire guide natu-
rali e favorire l’orientamento;
2. mancanza di guide artificiali con pavimentazione diffe-
renziata (percorsi tattili);
3. i banconi biglietteria non sono progettati in modo ade-
guato alla comunicazione con gli utenti disabili: troppo
alti e le condizioni di luce non favoriscono la lettura del
labiale;
4. mancanza di avvisatori acustici per l’orientamento e per
la segnalazione di fonti di pericolo;
5. mancanza di mappe tattili di rappresentazione dei luoghi
con scritte in braille;
6. mancanza di riferimenti visivi che contrastino con
l’intorno (ipovedenti);

42
7. mancato utilizzo nei pannelli segnaletici dei caratteri a
rilievo (ipovedenti);
8. mancata segnalazione degli infissi mobili, gradini, arredi
collocati sul percorso;
9. presenza di elementi sporgenti che possono essere causa
di inciampo;
10. presenza di arredi e sagome con spigoli vivi tali da costi-
tuire pericolo;
11. insufficiente illuminazione di alcuni ambienti;
12. mancanza nelle postazioni multimediali di software ac-
cessibili anche ai disabili sensoriali.
I dispositivi tecnologici per essere accessibili ai disabili
motori e sensoriali devono avere essenzialmente: un’altezza
utile delle apparecchiature compresa tra 90 cm. (piano di ap-
poggio con tastiera) e 120 cm. ed una sezione tale da garan-
tire l’accostamento frontale della sedia a ruote; lettere della
tastiera anche in braille e kit con sintesi vocale interno al di-
spositivo che confermi ed indichi le operazioni da compiere.
Di tutti gli ambienti aperti al pubblico deve essere predi-
sposta una adeguata segnaletica che ne indichi funzione o
contenuto e i percorsi necessari per raggiungerli. Per i non
vedenti è opportuno predisporre apparecchi fonici per dette
indicazioni e tabelle integrative con scritte in braille. Per fa-
cilitarne l’orientamento è necessario prevedere punti di rife-
rimento ben riconoscibili in quantità sufficiente ed in posi-
zione adeguata. In generale, ogni situazione di pericolo deve
essere resa immediatamente avvertibile anche tramite accor-
gimenti e mezzi riferibili sia alle percezioni acustiche che a
quelle visive.
Per quanto riguarda l’accesso alle informazioni i proble-
mi più complessi da risolvere riguardano i disabili sensoriali

43
(non vedenti/ipovedenti, sordi/ipoudenti). Le informazioni
devono essere fornite attraverso diverse modalità, affinché
possano essere utilizzate anche da persone che presentano un
deficit sensoriale: in forma visiva, con caratteri, colore e
contrasto tali da consentire una lettura a distanza anche ad
anziani ed ipovedenti, in forma verbale, con messaggi acu-
stici utili ai disabili visivi ed in forma tattile, in caratteri
braille ed a rilievo, su targhe che consentono un’esplora-
zione aptica ed una lettura con i polpastrelli, ossia mappe tat-
tili43.
Per quanto riguarda i disabili mentali e psichici non vi
sono barriere architettoniche o sensoriali precise (a meno
che non vi sia associazione anche con handicap fisici), ma
barriere relazionali che comportano esclusione, emargina-
zione e discriminazione. Esse sono superabili tramite la sen-
sibilizzazione e l’adeguata formazione del personale musea-
le44. Molti disabili mentali si servono dei mezzi di trasporto
pubblici in modo del tutto autonomo e conoscono esattamen-
te il loro percorso. È importante comunicare con la persona
con handicap mentale semplificando le informazioni, ma
senza ricorrere ad infantilismi nel linguaggio, che invece do-
vrebbe essere particolarmente curato per rendere comprensi-

43
I. Argentin, M. Clemente, T. Empler, Costruire le pari opportunità:
quaderno tecnico per progettare e realizzare l'accessibilità, Roma 2000.
(cfr. http://www.comune.roma.it/accacomune/PariOpportunita).
44
Interessante al riguardo l’attività del dr. Dario Scarpati, direttore del
Museo Civico di Poggio Mirteto (RI) e Centro di Riabilitazione Tangram,
che ha avviato un laboratorio di archeologia sperimentale con finalità di
riabilitazione nei confronti di disabili psichici. Tra le attività realizzate ci
sono le visite guidate ai musei e monumenti e laboratori di archeologia. Ci
si è resi conto che l’archeologia è una scienza che rafforza le capacità co-
gnitive dei pazienti, ma è anche un lavoro che si fa sul campo e che im-
plementa la capacità manuale del soggetto.

44
bili informazioni ed indicazioni45. La semplicità del linguag-
gio sarà particolarmente apprezzata e pratica anche per i tu-
risti stranieri con poca conoscenza della lingua.
Anche per un audioleso dalla nascita la lingua madre è
praticamente straniera: il vocabolario del sordoparlante è in
molti casi limitato. La lingua vocale non è così facilmente
accessibile come si potrebbe pensare (la forma scritta
dell’italiano è l’unica forma accessibile in maniera intatta al
sordo). Spesso gli mancano le espressioni astratte ed incon-
tra difficoltà quando si trova di fronte a sottigliezze lingui-
stiche, come ad esempio “avvenente”, “attraente”, o “grazio-
so” invece di “bello”, trovando generalmente difficoltà di
fronte alla varietà lessicale e dei costrutti sintattici46.
Nella nostra società le informazioni nella maggior parte
dei casi vengono fatte circolare attraverso la lingua orale.
Nel caso di utenti audiolesi occorre tener conto della diffi-
coltà di trasmissione dell’informazione. Se viene a mancare
un servizio di trasferimento linguistico in lingua dei segni
per le persone sorde segnanti, ciò che viene minata è
l’integrazione della persona sorda nei diversi contesti.

45
Una lodevole iniziativa è Simbdea, in collaborazione con la Commis-
sione sull’accessibilità di Icom Italia, inaugurata nel 2007 e coordinata da
Dario Scarpati, che ha costituito un gruppo di lavoro per la diffusione di
“buone pratiche” sul tema dell’accessibilità e della fruizione anche da par-
te di persone con disabilità. L’idea è partita dalla constatazione che, sep-
pure le barriere architettoniche siano in alcuni casi state abbattute, tuttavia
la fruizione dei contenuti degli allestimenti non è ancora pensata per rag-
giungere realmente tutti i visitatori.
46
La rieducazione terapeutica per i sordi ha compiuto e compie ogni gior-
no passi da gigante, infatti molti disabili imparano ora anche le lingue
straniere.

45
L’interesse prestato alle diverse lingue dei segni utilizzate
dalle comunità dei sordi nel mondo è attivo ormai da diversi
anni ma è ancora insufficiente a garantire un’interfaccia
completa tra la comunità udente e quella sorda.
Per quanto riguarda l’Italia, i servizi a favore di persone
sorde ricoprono i “beni di prima necessità”; vale a dire che
viene offerto un servizio in Lingua dei Segni Italiana (LIS) o
di carattere visivo solo nei casi ritenuti fondamentali per la
mobilità, la comunicazione, la vita giuridica o la salute della
persona sorda. In conferenze, riunioni, lezioni universitarie,
dal medico o ancora dall’avvocato, cioè, l’interprete è sem-
pre presente a garantire il corretto passaggio delle notizie.
Quello che esula da ciò, come la sfera del tempo libero e
l’acculturazione personale dell’individuo è lasciata in dispar-
te a discrezione del singolo. L’arte, la storia, la visita turisti-
ca ad un luogo, per esempio, continuano a essere proposte in
italiano a esclusione di alcune sporadiche iniziative private
che agiscono in ambito locale.
Per evitare tale disagio è doveroso dare il giusto ricono-
scimento e approfondimento alla lingua dei segni investendo
in opere adeguate e utili alle persone sorde.
Utili si sono rivelati piccoli video scaricabili via web (au-
sili video segnati) e comodamente fruibili sui principali di-
spositivi mobili (smartphone, lettori mp4, tablet etc.) con in-
terprete LIS per spiegare il percorso ed il patrimonio archeo-
logico. Questa opportunità, già sfruttata da altre soprinten-
denze (vedi il caso dell’Umbria che ha realizzato ventidue
video-guide turistiche in LIS - Lingua Italiana dei Segni e
ASL - American Sign Language, scaricabili dal sito della
Regione), si inserirebbe inoltre in modo significativo nel di-
battito sempre aperto sull’evoluzione della lingua LIS con

46
l’introduzione di nuovi termini tecnici appartenenti al mondo
archeologico, che ora possono essere comunicati solo trami-
te la dattilologia47 che, in particolare, è usata per i nomi pro-
pri che non possiedono un segno specifico (cognomi, nomi
di città e luoghi geografici) e per l'inizializzazione, cioè l'uso
della prima lettera di una parola come configurazione del se-
gno corrispondente alla parola.

Par. II, 8: Accessibilità e circolazione disabili all’esterno


delle aree archeologiche

È bene accennare anche alle problematiche relative al


raggiungimento fisico dell’area archeologica in modo da evi-
tare situazioni paradossali come quella avvenuta recente-
mente a Paestum.
Il progetto, denominato “Cultura senza barriere”, ha per-
messo di compiere opere finalizzate all’accessibilità all’area
archeologica di Paestum, una tra le più importanti realtà ar-
cheologiche della Magna Grecia, per le persone con handi-
cap motorio, visivo o uditivo.
Gli interventi sono costati 335mila euro e sono stati pre-
sentati al pubblico nel luglio 2010. In particolare sono stati
realizzati: un percorso di visita privo di barriere per i disabili
motori all’interno dell’area archeologica (zona Sud); un altro
per i diversamente abili con handicap visivo, attrezzato con

47
Con il termine dattilologia (da “dattilos” dito e “logos” discorso, studio)
ci si riferisce all'alfabeto manuale a volte usato anche dagli udenti che non
hanno avuto alcun contatto con le persone sorde. Fondato su configura-
zioni statiche, è uno dei mezzi di comunicazione visivo-gestuali più sem-
plici: consiste nel formare con le dita e la mano le lettere dell’alfabeto.

47
tavole in rilievo e didascalie in Braille; l’adeguamento dei
marciapiedi e degli attraversamenti pedonali per i portatori
di disabilità nelle zone d’ingresso ed uscita dell’area archeo-
logica; la posa in opera di delimitatori di traffico per la chiu-
sura e l’apertura ai veicoli poste a sud e nord dell’area pedo-
nale; la costruzione di una rampa per il superamento del di-
slivello per l’accesso alla Basilica paleocristiana, a nord del-
la stessa; infine la creazione di servizi igienici per i visitato-
ri, adeguati anche ai diversamente abili.
Un’isola felice insomma? Certo, se non fosse per denun-
cia contro l’ente comunale da parte di un padre di un disabile
impossibilitato ad accedere all’area archeologica: all’ingres-
so dell’isola pedonale una barriera mobile elettronica, azio-
nata con chiave fornita ai soli residenti, ha impedito al ra-
gazzo, affetto da una patologia che lo costringe ad una
deambulazione assistita con bastoni canadesi, di avere ac-
cesso nell’area dei Templi. La società “Arcus”, promotrice
del progetto “Cultura senza barriere”, ha chiesto chiarimenti
al Comune di Capaccio - Paestum dopo che il padre ha espo-
sto denuncia ai Carabinieri, scrivendo anche al Comune, alla
Soprintendenza, alla società “Arcus”, all’Associazione “Cit-
tà e siti italiani patrimonio Unesco” e all’assessore provin-
ciale alle Politiche Sociali, Sebastiano Odierna.
L’iniziativa lodevole ed inseribile nelle best practice
dell’accessibilità ha avuto un risvolto imbarazzante, dunque,
per la mancanza nella progettazione di una visione a 360
gradi che si immedesimasse nei bisogni di tutte le utenze.
La legge, nella circolare del Min. LL.PP. n. 1030 del
1983, riguardante gli “Orientamenti relativi alle facilitazioni
per la circolazione e la sosta dei veicoli delle persone invali-
de”, impone che “almeno i principali percorsi pedonali ven-

48
gano previsti in modo da avere uno o più punti di contatto
con strade o spazi carrabili, ancorché a circolazione limita-
ta”.
Per garantire l’accesso a queste aree, occorre avere48:
1. posti auto riservati nei parcheggi in prossimità dell’in-
gresso principale o in punti alternativi di facile accesso al
giardino/parco;
2. ingresso accessibile, con dissuasori che inibiscano, però,
l’ingresso ai motocicli;
3. percorso pedonale che colleghi tutte le strutture di uso
pubblico ed i servizi, accessibile alle esigenze di chiun-
que per sviluppo, dimensioni e caratteristiche della pavi-
mentazione. Lo sviluppo dei percorsi, inoltre, deve essere
studiato in modo tale, da consentire la scelta tra diverse
opzioni, rispetto alla lunghezza del tragitto e deve dare la
possibilità di effettuare, in determinati punti, delle scor-
ciatoie;
4. aree di sosta, opportunamente dimensionate ed arredate,
collocate almeno ogni 200 metri lungo il percorso;
5. servizi igienici accessibili;
6. punti informativi utilizzabili anche dai non vedenti, che
diano indicazioni precise sui percorsi di visita, che ognu-
no possa scegliere in funzione delle proprie esigenze per-
sonali e/o energie residue, su ciò che si trova lungo il tra-
gitto e sulla collocazione dei servizi;
7. elementi di arredo fruibili da tutti.

48
M. Balzani, Ipotesi e proposte per l’applicazione concreta della legisla-
zione vigente per l’accessibilità e l'eliminazione delle barriere architetto-
niche, in F. Piro (a cura di), Atti del II Corso internazionale di formazione
e informazione sull’uso degli ausili per l’handicap e per gente con bisogni
particolari, Faenza 1992, pp. 361-365.

49
Par. II, 9: Parcheggi

I parcheggi delle aree archeologiche, frequentemente po-


sti anche distanze superiori ai 50 metri dall’ingresso, sono
spesso senza posti riservati ai disabili possessori di contras-
segno.
Per ottenere uno spazio sufficiente, accanto a quello di
ingombro della vettura, in modo da consentire alle persone
su sedia a rotelle di entrare ed uscire dal proprio autoveicolo
in modo autonomo, si dovrebbero rispettare due requisiti
dimensionali minimi.
I requisiti dimensionali basilari possono essere così rias-
sunti:
1. larghezza del posto auto, per parcheggi a spina di pesce o
perpendicolari al marciapiede non inferiore a 3,20 m.;
2. lunghezza di posti auto paralleli al senso di marcia non
inferiore a 6,0 m., considerando anche lo spazio necessa-
rio per il passaggio di una persona su sedia a ruote tra un
veicolo e l’altro.
L’assegnazione di una superficie riservata di parcheggio
in prossimità dell’edificio, può essere richiesta all’ufficio
della Circoscrizione competente.
I posti auto riservati devono essere evidenziati con oppor-
tuna segnaletica orizzontale e verticale, recante il simbolo di
cui alla figura II 79/a, art. 120 del D.P.R. 16.12.1992, n. 495
(Regolamento di esecuzione del Codice della Strada).

50
Par. II, 10: Attraversamenti pedonali e semaforici

Mancano in moltissimi casi punti di riferimento negli at-


traversamenti pedonali e dispositivi acustici per non vedenti
nel controllo semaforico (barriera percettiva).
Il D.P.R. 503/96 art. 4 sottolinea la necessità di rendere
accessibili i percorsi urbani “alle persone con impedita capa-
cità motoria e sensoriale”.
Per i disabili motori l’accessibilità del percorso è garanti-
ta dal dimensionamento degli spazi e dalle caratteristiche
morfologiche e materico-qualitative del piano orizzontale,
così come la fruibilità dei servizi da una progettazione che
consideri aspetti ergonomici di un’utenza ampliata49.
Nella normativa di riferimento per l’accessibilità di spazi
pubblici, DPR 503/1996, articolo 6, viene dato obbligo di
dotare di avvisatori acustici gli impianti semaforici in caso di
nuova installazione o di sostituzione. Tali dispositivi sono
soggetti ad omologazione da parte del Ministero dei lavori
pubblici, previo accertamento del grado di protezione e delle
caratteristiche geometriche, fotometriche, cromatiche e di
idoneità indicati dal regolamento e da specifiche normative.
Per dispositivo acustico per non vedenti si intende un di-
spositivo atto a segnalare, attraverso un segnalatore acustico,
alle persone non vedenti, il tempo di via libera di un attra-
versamento pedonale semaforizzato. Tali impianti possono
essere a funzionamento continuo o a chiamata mentre i codi-
ci informativi di tali dispositivi si distinguono in tre fasi che
corrispondono alla luce verde, gialla e rossa.

49
M. Balzani, La percezione del piano orizzontale: segno e disegno delle
pavimentazioni, Paesaggio Urbano n. 3-4, 1992, pp. 65-69.

51
Per evitare che il cicalino del semaforo rechi disturbo ai
residenti, il semaforo deve rispettare la norma 214.7 emanata
dal C.E.I. (Comitato Elettrotecnico Italiano), che prevede
l’installazione sulla palina semaforica di un apposito pulsan-
te per l’attivazione del segnale acustico, e di un dispositivo
che consenta la regolazione automatica del volume del cica-
lino in base al rumore ambientale.

Par. II, 11: Pavimentazioni all’esterno delle aree archeo-


logiche

Nei requisiti delle pavimentazioni sono comunque am-


messi dislivelli di altezza massima di 2,5 cm purché segnala-
ti con variazioni cromatiche. Anche dislivelli di 2,5 cm di
altezza, seppur considerati “ottimali” dalla normativa vigen-
te, rappresentano un vero ostacolo, non solo in relazione a
difficoltà motorie proprie di una sedia a ruote, ma anche in
relazione a difficoltà di percezione.
Eventuali dislivelli maggiori devono essere superati con
brevi rampe di raccordo con pendenza massima del 15%.
Se la parte terminale di un marciapiede viene ribassata
per facilitare il transito delle carrozzine, bisogna realizzare il
pavimento in modo tale da fornire al cieco un segnale di pe-
ricolo, onde evitare che lo stesso finisca, senza accorgersene,
in mezzo alla strada.
Negli edifici aperti al pubblico e nei percorsi pedonali, i
pavimenti devono essere antisdrucciolo ed i percorsi devono
essere facilmente individuabili, eventualmente con una diffe-
renziazione di materiale o colore della pavimentazione.

52
Nei calpestii devono essere previste griglie tali da non
ostacolare ruote, bastoni di sostegno, ecc.
In forza del decreto 503/96 un non vedente può richiedere
che durante il rifacimento della pavimentazione di una piaz-
za venga studiato un percorso a terra con pavimentazione
differenziata che agevoli l’attraversamento di grandi spazi
aperti privi di guide naturali.

Par. II, 12: Il trasporto

Il tentativo di capire quale fosse la situazione del servizio


di trasporto pubblico rivolto alle persone disabili, al di là di
quanto attivato - a titolo di volontariato - da alcune associa-
zioni ha rivelato un quadro non confortante, anche se gli
elementi positivi qua e là non mancano. Per i disabili motori
la soluzione più comune è l’utilizzo di autobus dotati di im-
pianto sollevatore e pianale ribassato.
Per i disabili della vista occorre fare una premessa. Non
potendo guidare l’automobile, i ciechi e gli ipovedenti fanno
grande uso degli autobus e degli altri trasporti pubblici. Le
maggiori difficoltà riguardano l’individuazione del numero e
della destinazione dell’autobus in arrivo e l’individuazione
della fermata desiderata. Nella concreta quotidianità spesso
il non vedente è costretto a superare queste due difficoltà,
rispettivamente la prima fermando tutti gli autobus e chie-
dendo al conducente, e la seconda sempre chiedendo al con-
ducente, che però non è tenuto a rispondere o può essere im-
possibilitato a farlo, come per esempio in un autobus sovraf-
follato, oppure agli altri passeggeri. In pratica molto dipende
dalla disponibilità e civiltà del conducente e dei passeggeri.

53
Questi problemi potrebbero, invece, essere risolti facil-
mente installando segnalatori acustici sia all’esterno degli
autobus, per segnalare il numero di linea e la direzione, sia
all’interno, per segnalare le fermate. Questi sistemi, abba-
stanza diffusi nelle grandi città europee, in Italia hanno tal-
volta trovato l’opposizione dei conducenti e dei comuni cit-
tadini, infastiditi dalle continue segnalazioni acustiche. Tut-
tavia la loro introduzione sarebbe un segno di civiltà e di ri-
spetto non solo nei confronti dei ciechi e degli ipovedenti,
ma anche degli anziani, degli stranieri e di tutti quelli che
hanno difficoltà nella lettura dei numeri e ad orientarsi in
una città sconosciuta.
In alcune città, come Bologna e Brescia, sono stati instal-
lati dei pannelli a messaggio variabile provvisti di sintesi vo-
cale, consentendo ai disabili visivi di sapere quando arriverà
il prossimo autobus e di leggere gli altri messaggi di servizio
forniti dai pannelli. Tuttavia si tratta di informazioni pura-
mente indicative, che non segnalano il momento preciso
dell’arrivo dell’autobus.
Il punto forse più dolente è quello che tenta di identifica-
re quali siano i possibili fruitori dei servizi, in quali fasce
orarie e a quali costi. Naturalmente questi aspetti sono stret-
tamente connessi alla disponibilità di mezzi, personale, strut-
ture e risorse economiche, disponibilità che sono general-
mente limitate. Se l’obiettivo è quello di garantire ai disabili
un servizio che offra le stesse garanzie previste per il resto
dell’utenza, si può affermare che la strada da compiere è an-
cora tanta: l’utente “non disabile”, infatti, può scegliere libe-
ramente orario di partenza e di arrivo, percorso e linea urba-
na, mentre tutto ciò non è possibile per il disabile.

54
CAP. III:
PROGETTARE PER LA FRUIZIONE MULTI-
SENSORIALE.

Par. III, 1: Abbattere le barriere sensoriali

Di ostacoli nella vita ne incontriamo tutti. E tutti i giorni


cerchiamo di evitarli. Eppure, senza neanche accorgercene,
nelle nostre città, nei nostri paesi, nelle nostre teste, proprio
noi abbiamo creato degli ostacoli enormi a chi è anche solo
minimamente diverso da noi: ci sono le barriere razziali,
sociali, culturali e, in questo caso, le barriere verso le
disabilità.
Si tratta di muri altissimi, delle barriere invisibili che non
riusciamo a vedere, ma che ci tolgono la vista e ci
nascondono alcune cose: l’inciviltà di un parcheggio su un
marciapiede o in un posto riservato o, come risulta da questa
analisi, l’assenza degli ausili indispensabili ai disabili, etc.
Sono tutte barriere che generiamo per la nostra incapacità di
confrontarci e di immedesimarci con l’altro e con i suoi
modi di percepire e concepire il mondo.

55
Questo, nei confronti dei disabili il mondo dei beni
culturali sinora sostanzialmente non lo ha fatto. In
conclusione si può, infatti, affermare che il diritto alla
fruizione ed all’ac-cessibilità dei beni archeologici è nel
nostro Paese largamente disatteso. La situazione diviene
ancora più grave se si considera che alcuni musei ed aree
archeologiche sono in prossimità di uffici pubblici: comuni,
biblioteche, uffici regionali, turistici, soprintendenze. Viene
quindi negata ai disabili anche la facile accessibilità ai
servizi pubblici.
La situazione non è incoraggiante, dunque, ma per
fortuna la capacità degli uomini di abbattere le barriere è
almeno pari a quella di innalzarle. Occorre, però, agire con
pazienza. Non è possibile pretendere di affrontare tutti i muri
assieme, perché sarebbero insormontabili. Non ci si può
lanciare contro con violenza perché ci si romperebbe la testa.
Si deve cominciare a tirar via un mattone alla volta, a
scardinarli una breccia alla volta e i muri, pian piano,
cadranno giù. E i primi muri da abbattere sono quelli che ci
portiamo dentro. Lo dobbiamo fare noi istituzioni e operatori
dei beni culturali cominciando nel nostro progettare
quotidiano ad immedesimarci nell’altro e nei suoi bisogni. È
doveroso da parte nostro e della società tutta, aiutare i
disabili ad essere quanto più autonomi possibile, nei limiti
delle loro possibilità.
E occorre altrettanta pazienza, insieme ad una buona dose
di caparbietà, anche da parte dei disabili. Come quando si
apprende una lingua straniera prima si capirà una parola, poi
due, poi una frase e alla fine un discorso, lo stesso sarà nel
caso dei disabili sensoriali nell’approccio al patrimonio
archeologico e culturale. E se alcune esperienze cognitive

56
resteranno necessariamente inaccessibili ai disabili
sensoriali, essi potranno, con l’utilizzo degli altri sensi, fare
altre esperienze altrettanto straordinarie.
L’archeologia è per sua natura sensoriale, cioè corporea
(sensazioni visive, acustiche, tattili, olfattive, percezione ed
organizzazione dello spazio) e coinvolge emozioni e proces-
si cognitivi, dando forma all'esperienza. I canali sensoriali
diventano le prime vie attraverso le quali stimolare l'appren-
dimento (funzioni cognitive).
Si sono create audio-guide che permettono di “vedere con
le parole”, ma le parole non bastano: occorre annusare,
toccare, scoprire con i polpastrelli le molteplici
caratteristiche dei materiali, la temperatura, le venature, la
rugosità o la levigatezza, superando persino l’inadeguatezza
del linguaggio, che possiede infinite sfumature per
descrivere le gradazioni cromatiche, ma non riesce a
esprimere a parole l’altrettanta infinita varietà di sensazioni
che il tatto, il gusto e l’olfatto sono capaci di cogliere.
La vista è il senso della conoscenza immediata, ma
superficiale, alla quale si può, invece, contrapporre la
conoscenza come scoperta profonda. Il tatto obbliga alla
fatica di esplorare, di dilatare, temporalmente e
spazialmente, la percezione, ma allo stesso tempo permette
di giungere ad una conoscenza sempre più profonda di una
scultura o di un’archi-tettura.
È per questo fondamentale dare al non vedente non solo
l’opportunità di esplorare apticamente un’opera, ma dargli
anche tutto il tempo di cui ha bisogno per scoprirne la
bellezza, di soddisfare con l’avidità dei polpastrelli la sua
sete di conoscenza. In questa sete di conoscenza risiede la
bellezza di essere uomini, una bellezza che nessuna

57
disabilità può offuscare, perché la bellezza parla non solo ai
vedenti, ma a tutti gli esseri umani in quanto tali.
La “via del tatto” unisce in un legame profondo,
incomprensibile ai normodotati, lo scultore e il non
vendente: la scultura, l’architettura, in sintesi l’opera
plasmata dall’artista con le sue mani, parla ad un altro uomo
che, migliaia di anni dopo, la esplora con le proprie mani.
Questa nuova via di conoscenza apre ad un superamento
dell’antico concetto filosofico greco “ho visto, dunque so”
(legato ai due significati, uno passato e l’altro presente, del
verbo oida), sostituito da un più universale “so perché ho
visto, ho toccato, ho sentito, ho percepito”: se i vedenti non
devono imporre agli altri la propria soggettiva percezione
dell’opera, la propria via della conoscenza, i non vedenti
devono imparare a non sottostimare le proprie sensazioni
non visive, le proprie vie alternative di conoscenza, che nel
campo artistico e archeologico possono rivelare loro aspetti
dell’opera “invisibili” e ignoti persino agli studiosi. Se
ciascuno recupera un orgoglio non esclusivo e escludente
delle proprie percezioni e sensazioni, ci si può arricchire
reciprocamente e si può collaborare per raggiungere una
conoscenza dell’antico superiore non solo quantitativamente,
ma anche qualitativamente.

Par. III, 2: L’approccio multisensoriale al patrimonio


archeologico, il caso di Ercolano

La constatazione della mancanza di infrastrutture adatte


alla fruizione da parte dei disabili nella maggior parte dei siti
archeologici e musei italiani sottolinea l’urgenza di facilitare

58
l’approccio alla cultura fornendo sistemi nuovi, interattivi e
multisensoriali di mediazione e diffusione.
Il progetto per un approccio multisensoriale al patrimonio
archeologico di Herculaneum è nato dal connubio fra la
ricerca teorica e l’esperienza concreta nel settore della
didattica, fruizione, museologia, in particolare nell’ambito
della disabilità ed il desiderio di comunicare e condividere
con le diverse tipologie di pubblico conoscenze ed emozioni
che riescano a far cogliere a tutti l’eccezionale importanza e
la straordinaria bellezza di questo patrimonio archeologico.
Il progetto era mirato all’ideazione di percorsi e sussidi
permanenti che qualifichino l’offerta culturale ed educativa
verso categorie di pubblico con disabilità. Si volevano creare
presupposti dell’accoglienza ai diversamente abili per
rendere concretamente accessibile e fruibile il Patrimonio da
parte di una tipologia di pubblico alla quale fino ad allora
non si era rivolta sufficiente considerazione.
La volontà di creare un sistema fruibile da tutti, che
includesse e valorizzasse le diversità, invece di penalizzarle,
ha portato a cercare elementi preesistenti che non
apparissero direttamente ed unicamente rivolti ad una
minoranza di visitatori. La ricerca ha aggiunto a tali elementi
che già presentavano un valore culturale ed estetico un
plusvalore funzionale e quindi innovatore. Tale studio si
apre a tutti i campi, dalla didattica alle guide nei percorsi
didattici.
Il percorso deve avvenire in modo adeguato alle esigenze
dell’utente con deficit visivo, ma senza escluderlo e
separarlo dalle altre fasce di pubblico. Perciò le tappe
devono essere realizzate con l’intento di essere stimolanti

59
per tutti, così da favorire una buona occasione di
collaborazione e confronto nell’apprendimento.
L’itinerario tattile non può essere considerato limitato ai
soli non vedenti e ipovedenti, ma deve essere di
arricchimento al sito archeologico e quindi rivolte a tutte le
fasce di pubblico. Il fatto di avere a disposizione delle copie
degli originali può essere un’esperienza tattile interessante
anche per i bambini e le scolaresche.
Ogni opera deve essere accompagnata da una dettagliata
ma non prolissa descrizione per i non vedenti. La
descrizione deve poter permettere all’utente di sentirsi
indipendente nell’esplorazione, quindi ogni terminologia
tecnica deve essere spiegata chiaramente.
La fase di ricerca ha previsto un’iniziale acquisizione di
dati ed esperienze sperimentali sulla fruizione del patrimonio
culturale di Herculaneum da parte dei disabili sensoriali,
necessario punto di partenza per lo sviluppo e l’ideazione di
canali innovativi di comunicazione scientifica per un
approccio al sito al tempo stesso il più possibile
soddisfacente per i disabili sensoriali, ma più totalizzante e
coinvolgente anche per tutti i visitatori. A tal fine sono state
attivamente coinvolte le specifiche categorie di utenza
speciale a cui il progetto si rivolgeva, prima in un confronto
teorico e metodologico sul progetto, e poi nella fase della
sperimentazione su campo delle soluzioni e delle strategie
via via adottate.
Il progetto ha portato anche alla realizzazione di una
guida multisensoriale degli scavi di Herculaneum,
disponibile e scaricabile gratuitamente dal web in formato
digitale, in lingua italiana e francese. Tale guida, dopo una
parte introduttiva, indica i punti degli scavi di Herculaneum

60
dove è possibile avere un approccio multisensoriale col
Patrimonio Culturale50.

Par. III, 3: Guida alla progettazione

Un’ipotesi di percorso di visita tattile in un sito


archeologico deve tenere conto contemporaneamente delle
specifiche necessità di fruizione da parte di disabili
sensoriali e di normodotati. Il target di riferimento di un tale
percorso di visita, infatti, è sempre costituito, insieme, da
utenze speciali e normodotate.
La novità consiste nell’individuare le possibilità di ap-
proccio tattile-olfattivo all’interno del normale itinerario di
visita di un sito archeologico, superando così di fatto la divi-
sione tra i percorsi per utenze speciali e i percorsi per turisti
normali, fattore che in molti siti e musei non fa che sottoli-
neare la diversità di persone il cui mondo è sempre stato
considerato ingiustamente “a parte”.
Gli obiettivi di una proposta di itinerario multisensoriale
sono: sperimentare, nell’ambito della didattica del
patrimonio culturale, strumenti e metodologie da applicare
con efficacia alle attività per il pubblico, con particolare
attenzione alle categorie socialmente svantaggiate; coltivare
relazioni e rapporti con associazioni di volontariato presenti
sul territorio e altri enti/istituzioni pubbliche e private
sensibili al ruolo educativo e sociale dell’insegnamento del

50
http://www.pompeiisites.org/allegati/Percorso-multisensoriale_
Ercolano_291110.pdf
http://www.pompeiisites.org/allegati/Parcours%20Multi%20Sensoriel_He
rculanum.pdf

61
patrimonio culturale e della sua corretta fruizione nella lotta
all’esclusione sociale; incentivare la cultura
dell’accoglienza, stimolare lo sviluppo delle relazioni e
dell’inclusione; sostenere azioni per trasformare
l’eccezionalità in normalità; migliorare la qualità della
fruizione del patrimonio culturale.
I principali risultati attesi da una proposta di visita tattile-
olfattiva sono: l’attivazione e l’ampliamento del ventaglio di
proposte e offerte culturali al pubblico; l’incremento di af-
fluenza di pubblico; la possibilità di acquisire competenze
specifiche da parte degli operatori culturali e la formazione
di nuove professionalità; l’inserimento nella rete delle offer-
te per il pubblico disabile.
É necessario in sede progettuale premettere alcune indi-
cazioni preliminari per fornire il miglior supporto agli utenti
per esplorare l’opera.
Innanzitutto la presenza di accompagnatori è sempre con-
sigliata. Tra l’altro ricordiamo che l’accesso ai siti archeolo-
gici pubblici prevede la gratuità sia per una persona disabile
sia per il suo accompagnatore. Se si sceglie di utilizzare le
audioguide per effettuare una visita occorre tener presente
che il loro utilizzo comporta l’uso di una mano per selezio-
nare i contenuti e per tenere l’apparecchio all’orecchio,
quindi si tratta di supporti di difficile utilizzo, per esempio,
da parte delle persone che camminano con l’ausilio di basto-
ni canadesi51.
Agli accompagnatori e alle guide si raccomanda di evita-
re troppe distrazioni o divagazioni che rischiano altrimenti di

51
È inoltre importante accertarsi che le strutture presso cui si noleggiano
le audio-guide siano accessibili anche alle persone in carrozzina.

62
confondere e affaticare il visitatore non vedenti, di accom-
pagnarlo sempre frontalmente rispetto all’elemento architet-
tonico o alla scultura da visitare, di calcolare il tempo neces-
sario affinché si sviluppi quella relazione di reciprocità pro-
pria del tatto, tra la mano e l’oggetto toccato. Per descrivere
la posizione di oggetti sarà utile dare riferimenti spaziali in
relazione alla posizione del visitatore. Occorre far iniziare
l’esplorazione sempre dall’alto: una mano del fruitore resterà
ferma in un punto, di riferimento, mentre l’altra procederà
nell’esplorazione. Bisognerà permettere al fruitore di scopri-
re autonomamente i particolari facilmente rilevabili.
Nelle descrizioni che seguono le notazioni sul colore so-
no state inserite a beneficio degli ipovedenti e dei non ve-
denti secondari.
Il bello dell’arte, soprattutto se grafica e pittorica, è certo
più difficile da percepire da parte di un non vedente, ma non
impossibile, perché, come ho già detto, la bellezza parla agli
uomini in quanto tali e non solo ai vedenti. Il non vedente, se
ben guidato, può percepire l’opera d’arte, farsene un’idea
propria ed apprezzarne l’estetica secondo il proprio gusto,
purché chi lo guidi sia neutro, cioè non esprima e tenda in-
volontariamente a imporre la propria percezione e i propri
conseguenti giudizi di valore sull’opera, ma lasci il non ve-
dente libero di farlo, dandogli solo gli strumenti e gli ele-
menti per sviluppare la propria percezione e il proprio giudi-
zio personale.
Un’altra precisazione dovuta è che il patrimonio archeo-
logico è una risorsa non eterna e non rinnovabile: è soprav-
vissuto per anni, secoli e, addirittura, nel caso dei siti archeo-
logici, millenni, ma ciò non significa che potrà sopravvivere
per sempre. Tutti gli oggetti si deteriorano ed il modo in cui

63
lo fanno dipende dal materiale di cui sono fatti, dalle condi-
zioni in cui sono conservati e dalle cure che ricevono52. È
dovere non solo di ogni archeologo e di ogni professionista e
operatore dei beni culturali, ma prim’ancora di ciascun esse-
re umano preoccuparsi della conservazione e della trasmis-
sione alle generazioni future di questo patrimonio.
Sarà, quindi, utile fornire all’interno del progetto di un
percorso di visita multisensoriale anche alcune regole gene-
rali da rispettare durante la visita per tutelare i beni archeo-
logici. Si tratta di regole talvolta anche riportate esplicita-
mente nei regolamenti di visita di alcuni siti archeologici e
musei italiani, ma di fatto, raramente posti in evidenza
all’entrata in modo da accertarsi della loro lettura da parte
dei visitatori prima della visita.
È bene, dunque, ribadire esplicitamente tali regole prima
di una visita, di chiunque, normodotato o disabile, si tratti. A
parte qualche raro e isolato malintenzionato, che si può ren-
dere consapevolmente artefice di atti di vandalismo, la stra-
grande maggioranza dei visitatori di musei e aree archeolo-
giche è, senza dubbio, costituito da persone corrette, che non
arrecherebbero volontariamente danni al patrimonio cultura-

52
Ad Ercolano un caso esemplare di conservazione è l’attività dei falco-
nieri. Il sito archeologico di Ercolano ospitava moltissimi piccioni ed i
loro nidi. I piccioni creano problemi molto seri per la conservazione:
l’acidità del loro guano danneggia, infatti, gravemente le superfici decora-
te antiche; i piccioni inoltre beccano architravi e infissi di legno carboniz-
zato, che costituiscono una delle caratteristiche più straordinarie di questo
sito archeologico ma che in tal modo rischiano a poco a poco di scompari-
re. Per affrontare il problema si è pensato di utilizzare dei falchi ammae-
strati per spaventare i piccioni affinché essi si allontanino e non ritornino
più nel sito archeologico. Contestualmente si è provveduto a ripulire le
zone in cui essi avevano nidificato e a chiudere con reti tutte le aperture
attraverso le quali potrebbero rientrare nelle abitazioni antiche.

64
le. C’è, tuttavia, nei gestori dei musei e delle aree archeolo-
giche l’idea sbagliata che per una corretta fruizione del pa-
trimonio culturale basti affidarsi al buon senso dei visitatori,
quasi che essi sappiano istintivamente quali comportamenti
possono danneggiare il patrimonio culturale. Niente di più
infondato, soprattutto in considerazione del fatto che la sem-
pre più massiccia globalizzazione e massificazione del turi-
smo porta a contatto con il patrimonio culturale delle fasce
di utenza che non sono abituate, per provenienza geografica
e socio-culturale, a relazionarsi con il patrimonio culturale
stesso e, dunque, che possono avere, del tutto inconsapevol-
mente, comportamenti dannosi per il patrimonio culturale
stesso.
Per quanto possa sembrare paradossale a chi è nato, vive
e magari lavora immerso tra beni culturali, non è affatto su-
perfluo esplicitare ai visitatori che in un sito archeologico o
in un museo è vietato toccare affreschi o epigrafi, oppure
staccare parte di mosaici, affreschi e strutture, oppure anche
solo appoggiarsi con lo zaino o con la schiena a superfici di-
pinte poiché tali gesti danneggiano gravemente ed irrimedia-
bilmente il patrimonio culturale. Nell’epoca del turismo glo-
bale di massa si tratta, infatti, di concetti tutt’altro che scon-
tati per la maggior parte dei visitatori, soprattutto da parte di
coloro che, sempre più numerosi, provengono da paesi con
un patrimonio culturale molto più esiguo e che, non viag-
giando per una finalità culturale, non si sono preventivamen-
te documentati e adeguatamente preparati alla visita.
Bisogna sempre ricordare, inoltre, che il diritto alla visita
non appartiene solo a noi, ma anche agli altri visitatori, at-
tuali e futuri, magari turisti venuti da molto lontano apposi-
tamente per godere in tranquillità della vista dei monumenti.

65
Occorre evitare, dunque, qualsiasi azione non solo dannosa
per i monumenti, ma anche “molesta” per gli altri visitatori
(come correre, parlare ad alta voce, avere il cellulare con la
suoneria ad alto volume, consumare i pasti nei siti archeolo-
gici, gettare a terra cartacce, lattine, cicche di sigaretta,
gomme da masticare o altro, ecc.
È dovere etico di ciascun visitatore comunicare subito ai
custodi e alle autorità competenti qualsiasi problema riscon-
trato all’interno del sito. Ogni segnalazione è importante per
la salvaguardia e la corretta fruizione dei beni culturali.
Infine ad ogni visitatore occorrerebbe ricordare che ogni
sito archeologico non è un’isola nel deserto, ma è inserito in
uno specifico territorio e contesto culturale, che vale la pena
conoscere, anche per comprendere meglio il sito. Visitare ed
informarsi anche sugli altri beni culturali nelle vicinanze
(chiese, monumenti, musei, mercati tipici, etc.), dunque,
completa e arricchisce qualitativamente la visita. Ciò vale
anche per gli aspetti di cultura immateriale, come le tradi-
zioni, la musica e l’enogastronomia del territorio: tutti aspet-
ti che costituiscono parte integrante della storia di un luogo.
Ciascun visitatore dopo la visita dovrebbe sentirsi un am-
basciatori del patrimonio culturale del luogo visitato: raccon-
tarlo e dare a parenti, amici, conoscenti informazioni sulle
opere e le architetture visitate, ma anche sulla cultura, le tra-
dizioni, le abitudini, gli aspetti storici, antropologici, naturali
ed enogastronomici del luogo in cui è inserito il sito.

66
CAP. IV:
CASE STUDY. IL PERCORSO MULTISENSORIALE
NEGLI SCAVI DI HERCULANEUM

Par. IV, 1: L’itinerario di visita.

Nel presente capitolo si riporta, come caso di studio e


possibile modello, il Percorso Multisensoriale negli scavi di
Herculaneum progettato dalla scrivente, con la descrizione
dettagliata delle tappe dell’itinerario di visita e degli elemen-
ti che ne fanno parte. Inoltre al fine di dare una ulteriore in-
dicazione progettuale, si fornisce la spiegazione storico-
tecnica della loro importanza culturale, indicando così il cri-
terio che ha presieduto alla loro scelta e collocazione nel
percorso.
Precisiamo che gli scavi di Ercolano sono totalmente ac-
cessibili agli utenti con disabilità sensoriale o con disabilità
motoria lieve. In particolare, grazie a rampe metalliche, il
sito è parzialmente accessibile anche a persone in carrozzel-
la. Ovviamente, purtroppo, alcuni punti non sono accessibili
a causa della presenza di barriere architettoniche non abbat-
tibili né facilmente bypassabili con strutture non eccessiva-

67
mente impattanti, come nel caso della galleria che scende
alla spiaggia o della terrazza di Marco Nonio Balbo.
La visita ad Herculaneum comprende le seguenti tappe: il
tunnel e la spiaggia; la terrazza di Marco Nonio Balbo, ove è
possibile leggere con le mani e comprendere la scrittura
latina delle epigrafi (es.: V al posto della U53); un tratto di
strada basolata, ove è possibile fare un’esperienza percepire i
basoli; i muri di tufo e i marciapiedi (materiali e modo di
costruzione); la fontana di Nettuno; il decumano inferiore
con le tracce del passaggio dei carri; l’ingresso della domus
del Gran Portale, con le semicolonne laterizie; la domus del
tramezzo di legno, con la mensa marmorea (materiale, piedi
leonini, etc.), per i non vedenti con visus non zero la
percezione della luce del compluvium; all’esterno delle
domus, le panche per i clientes; la casa a graticcio; la domus
dell’erma di bronzo dove l’erma di bronzo offre la
possibilità di spiegare la statuaria ed in particolare la
ritrattistica romana; un thermopolium, ove è possibile far
percepire i materiali costitutivi, tra cui il marmo (molti non
vedenti sono in grado di percepire la differenza fra le varie
tipologie di marmo del ripiano del bancone), ma anche i
dolia e le grappe di riparazione dei dolia; le terme romane; il
giardino di piante aromatiche, per un approccio olfattivo;
infine il bassorilievo recentemente emerso dagli scavi nella
Villa dei Papiri.

53
Contrariamente a quanto si crede oltre ai non vedenti secondari ed agli
ipovedenti, anche alcuni non vedenti primari, cioè ciechi dalla nascita,
conoscono, oltre l’alfabeto braille, l’alfabeto in nero utilizzato dai vedenti.

68
Par. IV, 2: Tunnel e spiaggia.

La visita all’area archeologica inizia alla fine del viale


che conduce dalla biglietteria all’entrata degli scavi. Sulla
sinistra si apre un tunnel che conduce all’antica spiaggia.
Percorrendolo in discesa si può virtualmente cominciare un
viaggio a ritroso nel tempo attraversando lo spessore del ma-
teriale vulcanico corrispondente alle eruzioni che hanno se-
polto l’antica città di Herculaneum.
Si partirà dall’attuale moderno piano di calpestio, costi-
tuito dal viale asfaltato, per giungere al livello dell’antica
spiaggia di Herculaneum, attraversando, quindi, in pochi
minuti quasi 2000 anni di storia. La visita parte da qui pro-
prio per avere la percezione dell’attraversamento dello strato
di materiale lavico e dello spessore che ricopre l’antica città
a partire dal piano di calpestio attuale, che non sarebbe al-
trimenti facilmente intuibile da un non vedente. La parte fi-
nale di questo percorso permette, inoltre, di capire che Her-
culaneum era costruita su una collina.
Il tunnel è abbastanza ampio e la discesa si effettua trami-
te una scalinata metallica con gli scalini dall’alzata bassa e
dalla pedata molto larga con corrimano su entrambi i lati. A
metà percorso dalle pareti trasuda un’umidità molto accen-
tuata: l’esperienza è particolarmente significativa, sia per i
disabili sensoriali che per i comuni turisti, perché introduce
anche psicologicamente alla visita con un elemento sugge-
stivo che rassomiglia alla discese compiute dai primi scava-
tori tramite i cunicoli borbonici e permette in modo imme-
diato di avere la percezione dello spessore dello strato di ma-

69
teriale vulcanico che ricopriva l’intera città antica, che non
sarebbe altrimenti facilmente intuibile da un non vedente.
Giunti alla fine del tunnel si percepirà un forte rumore di
pompe. La linea di costa attuale dista, infatti, tra i 250 e i
500 metri e il mare si trova 4-5 metri più in alto rispetto al
livello del 79 d.C. Per permettere alla zona di rimanere
all’asciutto è necessario, quindi, l’utilizzo costante di pompe
idrovore per allontanare l’acqua in eccesso.
Proviamo ad immaginare la spiaggia antica. Le onde
lambivano i piedi della collina su cui sorgeva Herculaneum
e sulla spiaggia si aprivano i portici (fornici) ricavati nei mu-
ri di sostegno (sostruzioni) che avevano reso edificabile il
dislivello fino al mare.
Per molto tempo si è pensato che la popolazione di Her-
culaneum si fosse salvata, perché negli scavi all’interno della
città si erano trovati pochissimi scheletri. Poi, nel 1980, i la-
vori diretti da Giuseppe Maggi misero casualmente in luce
un primo scheletro. I ritrovamenti di resti umani divennero
sempre più frequenti e alla fine si contarono più di 300 sche-
letri ammassati nei ricoveri delle barche. Gli archeologi si
resero conto che gli abitanti di Herculaneum non si era sal-
vata, come per anni si era creduto, ma erano, invece, fuggiti
verso il mare per scampare all’eruzione. Arrivati alla spiag-
gia ed impossibilitati a fuggire via mare, alcuni di essi, in un
tentativo estremo di salvarsi, si erano ammassati nei fornici
aperti verso il mare. Qui furono raggiunti e uccisi dalla nube
ardente.
Da Plinio sappiamo, infatti, che il mare era in tempesta: il
loro tentativo di mettersi in salvo si rivelò, quindi, inattuabi-
le. Plinio stesso, salpato da Miseno per soccorrere la popola-
zione, non riuscì, ad avvicinarsi alla costa e ad attraccare.

70
Sulla spiaggia di Herculaneum è stata persino trovata una
barca capovolta, larga circa 3 metri e lunga 9. Oggi, dopo un
complesso ed accurato restauro di circa due anni, può essere
ammirata da studiosi e turisti in un’apposita sala espositiva
situata tra la biglietteria e gli scavi, ove si accede a gruppetti
di 20 persone alla volta.
Molte delle vittime del vulcano sono state trovate ancora
nella posizione esatta in cui erano cadute: stretti gli uni agli
altri o con le mani sul volto. In alcuni ambienti vi era preva-
lenza di donne e bambini, spesso con lo scheletro femminile
sopra quello del piccolo, in un ultimo tentativo della madre
di proteggere il figlio. Molti scheletri hanno, inoltre, la boc-
ca spalancata, probabilmente per l’affanno provocato dalla
difficoltà di respirare mentre l’aria si faceva sempre più satu-
ra di cenere. La contrazione degli arti indica che le vittime
furono esposte a temperature elevatissime.
Gli scheletri ad Herculaneum sono perfettamente conser-
vati, ciò è dovuto al diverso modo di seppellimento rispetto a
Pompei. Le vittime pompeiane giacevano sopra uno strato di
pomici, coperte dalla cenere. L’acqua piovana poteva scorre-
re nelle pomici fino al terreno. La cenere, quindi, non am-
morbidita dall’umidità si indurì intorno al corpo prima che i
tessuti molli si decomponessero, formando la cavità che du-
rante gli scavi viene riempita di gesso o altro materiale pla-
stico per ricavare il calco del corpo.
Gli abitanti di Herculaneum, invece, caddero direttamen-
te sul suolo umido coperti da decine di metri di ceneri. Man-
cando il drenaggio delle pomici sottostanti, i corpi si sono
trovati avvolti da materiali che, trattenendo l’umidità e
l’acqua piovana, rimasero soffici e plastici a lungo. I tessuti
molli hanno così avuto modo di decomporsi e lo strato di ce-

71
neri, non completamente indurito, ha avvolto gradualmente e
preservato le ossa degli scheletri. Proprio grazie a queste ec-
cezionali circostanze di seppellimento, agli archeologi è per-
venuta una grande varietà di materiali organici del mondo
romano miracolosamente conservatisi: oltre agli scheletri,
sono stati trovati travi, telai, torchi e mobili in legno, stoffe,
cibi e molti altri oggetti.
Gli scheletri sono molto importanti perché, grazie all’an-
tropologia fisica, attraverso analisi sulle ossa e sui denti si
possono ricavare informazioni sull’età, sul sesso, sulle ma-
lattie e sull’alimentazione degli abitanti di Herculaneum. Gli
scheletri di Herculaneum sono molto importanti rispetto a
quelli che si trovano in una qualsiasi antica necropoli perché
il decesso improvviso, per cause non biologiche, permette
agli studiosi di avere un campione numericamente e statisti-
camente significativo di una popolazione sana, comprenden-
te individui adulti, anziani, ma anche giovani, donne incinte
e neonati.
Le persone ritrovate nei fornici erano di diverse estrazio-
ni sociali. C’erano scheletri tanto di donne adornate di raffi-
nati gioielli, come quella che è stata soprannominata dagli
archeologi “Ring Lady” (“signora degli anelli”, quanto di
uomini adulti il cui notevole sviluppo degli arti superiori, in-
sieme ad una particolare usura dei denti, ci rivelano essere
dei pescatori, con le braccia avvezze all’uso di remi e i denti
consumati dai fili per ricucire le reti.

Par. IV, 3: Terrazza di Marco Nonio Balbo.

72
Dalla spiaggia si sale verso la città attraverso delle scale
in legno, sopraelevate di qualche decina di centimetri rispet-
to alle scale antiche in pietra. Salire le scale permette di per-
cepire l’altezza sul livello del mare della collina su cui fu co-
struita l’antica Herculaneum.
La salita verso la città si apre a destra in una larga terraz-
za rettangolare che precede l’ingresso delle Terme Suburba-
ne, un edificio pubblico. Al centro della terrazza è collocata
la copia della statua del proconsole Marco Nonio Balbo.
Nato a Nuceria (l’attuale Nocera), ma residente ad Her-
culaneum, Marco Nonio Balbo fu un importante personaggio
di rango senatorio. Fu un attivo partigiano di Ottaviano e ri-
vestì la carica di pretore e proconsole della provincia di Cre-
ta e Cirene. Nel 32 a.C. fu tribuno della plebe. Morì sul vol-
gere del I sec. a.C. A Ercolano era onorato, tanto da essere
nominato patrono della città, per aver fatto restaurare molti
edifici della città, tra cui la basilica, le porte e le fortificazio-
ni. Sono note almeno dieci iscrizioni di statue erette in suo
onore54. Alla sua morte gli vennero tributati onori ecceziona-
li, riassunti nella lunga iscrizione scolpita sull’altare funera-
rio innalzato al centro della terrazza adiacente le Terme Su-
burbane.
La statua rappresenta un uomo adulto, in piedi. La gamba
portante è quella sinistra, mentre la destra è leggermente
piegata, il braccio destro è alzato in segno di saluto, il sini-
stro sorregge le pieghe del mantello. Il volto squadrato,
dall’espressione sobria ma non corrucciata, anzi con una
punta di serenità. L’ampia fronte stempiata è solcata da leg-

54
Più ridotto è invece il numero delle corrispondenti statue che ci sono
effettivamente pervenute, tutte conservate nel Museo Archeologico Na-
zionale di Napoli in quanto rinvenute nel periodo degli scavi borbonici.

73
gere rughe orizzontali e da una marcata ruga verticale al cen-
tro. L’arco sopracciliare ben delineato, il naso dal profilo
dritto, deciso, altre due rughe d’espressione che solcano il
volto dalle narici agli angoli della bocca, le labbra sottili, il
mento prominente: tutto concorre a dare l’idea di forza e au-
torevolezza del personaggio.
La statua indossa la lorica musculata, una corazza dal
pettorale in bronzo, composta da due parti, una per il davanti
ed una per la schiena, affibbiate tra loro sui lati, decorata con
la riproduzione anatomica della muscolatura del petto, fino
agli addominali. Un mantello, molto probabilmente di mate-
riale pregiato, è allacciato sulla spalla sinistra. Il cinturone è
riccamente ornato da borchie. Sotto il corsetto una specie di
“kilt” piegato in due, cioè un capo di abbigliamento simile
ad un gonnellino con chiusura a portafoglio o a doppia falda.
Strisce di cuoio, le pteruges, pendono giù dalle spalle e dalla
vita per coprire e proteggere la parte alta delle braccia e delle
gambe.
Il rinvenimento della statua di Marco Nonio Balbo av-
venne in due tempi: la statua, infatti, era stata spezzata in
due all’altezza delle caviglie dalla furia del sourge. Nel cor-
so degli scavi della Terrazza, condotti da Amedeo Maiuri nel
1942, furono scoperte la testa, che era stata lavorata a parte e
inserita nel tronco della statua, e la base, sulla quale erano
anche il piede sinistro e parte del pilastrino di sostegno.
Un grande frammento del corpo, che era stato a sua volta
spaccato in due (la metà del corpo ancora mancante deve es-
sere stata spinta al di là dell’attuale limite meridionale della
superficie scavata a cielo aperto) fu trasportata dal flusso a
15 m di distanza, fin davanti ai fornici sulla marina, dove fu

74
poi ritrovata nel 1981, durante l’esplorazione dell’antica
spiaggia.
La statua loricata di M. Nonio Balbo fu posta dal suo li-
berto M. Nonius Volusianus, come riporta l’iscrizione latina
sulla base, incorniciata da racemi vegetali

M[.] NONIO. M. F. BALBO/ PRAE. PRO. COS./ M. NO-


NIVS. BALBI/ VOLUSIAN55.

L’iscrizione fu rinvenuta anch’essa in due tempi: un pri-


mo frammento nel 1939, fuori la Porta del Cardo V, il se-
condo nel 1981, durante gli scavi della spiaggia. L’iscrizione
e parte della decorazione della cornice è presente in copia
alle spalle della statua in modo da poterla esplorare tattil-
mente.
Davanti alla statua e alla base di marmo con l’iscrizione
dedicatoria si ergeva l’altare-cenotafio di marmo di Marco
Nonio Balbo, innalzato nella prima età augustea proprio nel
punto dove era stato appiccato il rogo funerario, che porta
inciso il lungo elenco degli onori ricevuti dal senatore.
Sulla faccia dell’altare rivolta verso il mare era scolpita
una lunga iscrizione che attestava che “...là, dove sono state
raccolte le sue ceneri” («eo loco, ubi eius cineres collecti
sunt»), fu collocata un’ara di marmo con la dedica “A Marco
Nonio Balbo figlio di Marco”.
Per capire se questo luogo fosse davvero il sepolcro di
Nonio Balbo o solo un monumento commemorativo, nel

55
Si noti l’uso della V al posto della U molto più difficile da incidere sulla
pietra. Le parentesi quadre indicano l’integrazione di una lacuna dovuta
alla perdita di una parte della superficie iscritta. La barra diagonale indica
un cambiamento di linea.

75
1985 si decise di scavare all’interno dell’ara. Qui, sul fondo,
si rinvenne effettivamente un vaso contenente i resti della
pira di Marco. L’esame delle ceneri rivelò, tra di esse, la
presenza di una falange che non aveva subìto la cremazione.
Un ritrovamento che si spiega con la pratica dell’ “os re-
sectum”, un omaggio al vecchio rito dell’inumazione che si
compiva resecando ed inumando almeno una minima parte
del corpo, generalmente un dito.
L’iscrizione, incorniciata da una decorazione a racemi
vegetali e palmette, può essere così riassunta: “su proposta
del duo viro Marco Ofillius Celer (rigo 1) i decurioni sen-
tenziarono di erigere in suo onore una statua equestre (rigo
4) con denaro pubblico in un luogo di rilievo con
l’iscrizione “A Marco nonio Balbo, figlio di Marco, della
tribù Menenia, pretore, proconsole, patrono, il consiglio dei
cittadini di Herculaneum per i suoi meriti” (righi 5-6) e di
realizzare e collocare un altare marmoreo nel luogo in cui
le sue ceneri furono raccolte (righi 6-7) e di approvare a
nome della collettività l’iscrizione “A Marco Nonio Balbo,
figlio di Marco” e da quel luogo far partire la processione
per la festa dei Parentalia56; aggiungere un giorno in suo
onore ai giochi ginnici consueti (rigo 8) e quando nel teatro
si tengono rappresentazioni, porre un sedile in suo onore
(rigo 9)”.
Si riporta qui di seguito il testo latino originale57:

56
Cerimonie in commemorazione dei defunti che si celebravano ogni an-
no dal 13 al 21 febbraio.
57
AE (1976), no. 144. N.B.: Nel testo riportato si fa uso dei segni critici:
le parentesi tonde indicano lo scioglimento delle abbreviazioni, che tro-
viamo assai spesso nelle iscrizioni latine. Le parentesi quadre indicano
l’integrazione di una lacuna dovuta alla perdita di una parte della superfi-
cie iscritta. La barra diagonale indica un cambiamento di linea.

76
[QU]OD M(ARCUS) OFILLIVS CELER IIVIR ITER(UM)
V(ERBA) F(ECIT): PERTINERE AT (SIC) MVNICIPI /
DIGNITATEM MERITIS M(ARCI) NONI BALBI RE-
SPONDERE D(E) E(A) R(E) I(TA) C(ENSUERUNT) /
[CU]M M(ARCUS) NONIVS BALBUS QUO HAC VI-
XERIT PARENTIS ANIMVM CVM PLVRIMA LIBERA-
LITAT(E) / SINGVLIS VNIVERSISQUE PRAISTITERIT
PLACERE DECVRIONIBUS STATVAM EQVESTREM
EI PONI QVAM / CELEBERRIMO LOCO EX PECVNIA
PVBLICA INSCRIBIQUE "M(ARCO) NONIO M(ARCI)
F(ILIO) MEN(ENIA) BALBO PR(AETORI) PRO-
CO(N)S(ULI) PATRONO VNIVERSVS / ORDO POPVLI
HERCVLANIE(N) SIS OB MERITA EIVS" ITEM EO
LOCO QUO CINERES EIVS CONLECTI SVNT ARAM /
MARMOREAM FIERI ET CONSTITVI INSCRIBIQUE
PVBLICE "M(ARCO) NONIO M(ARCI) F(ILIO) BALBO"
EXQUE EO LOCO PARENTALIBV(S) / POMPAM DVCI
LVDISQUE GYMNICIS QUI SOLITI ERANT FIERI
DIEM EDICI VNVM IN HONOREM EIVS ET CVM IN
THEATRO / LVDI FIENT SELLAM EIVS PONI
C(ENSUERUNT) HERCVLANEUM.

Par. IV, 4: Quinto cardo.

Usciti nuovamente dal terrazzo, svoltando a destra, si


continua a salire la scalinata e poi, svoltando di nuovo a de-
stra, si percorre in salita una stretta rampa. Si entra nella città

77
passando attraverso un sottopassaggio con volta a botte58.
Da qui parte una delle strade della città.
La città, come accennato, era suddivisa in isolati rettan-
golari delimitati da strade lastricate, principali e secondarie,
che si intersecavano ortogonalmente, chiamate rispettiva-
mente decumani e cardines. Questo schema, secondo la tra-
dizione nato in Grecia ad opera dell’architetto Ippodamo di
Mileto, fu ripreso e modificato dai Romani.
Ad Herculaneum sono percorribili tre cardines paralleli
che intersecano ortogonalmente il Decumano Inferiore e, più
a monte, il Decumano Massimo, e che terminano con ripide
scale che scendono sulla spiaggia.
Qui ci troviamo sul quinto cardo. A sinistra parallela-
mente a questo ci sono nell’ordine il quarto ed il terzo cardo.
Il primo e il secondo cardo, invece, sono ancora sepolti.
La strada romana era costituita da più strati sovrapposti
di materiali. Lo strato superiore, che rappresenta il piano di
calpestìo su cui si camminava in età romana ed ancor oggi si
cammina, si chiamava summa crusta. Esso era formato di
solito da blocchi di forma poligonale, dello spessore di circa
35 centimetri, affondati in uno strato di circa 10 centimetri di
sabbia e ghiaia. Questi blocchi, di selce, di calcare o di roc-
cia vulcanica non erano disposti in piano, ma con la parte
centrale della strada più in alto rispetto ai due bordi, per fa-
vorire lo scolo delle acque. Proprio da questa tecnica costrut-
tiva “a strati”, deriva il nome usato dai Romani per indicare
la strada, ossia il latino “strata”, da cui derivano sia il mo-
derno termine italiano “strada”, che i corrispettivi in diverse

58
Ricordiamo che con la dicitura “volta a botte” si intende il prolunga-
mento ideale di qualsiasi arco, costituito da un soffitto a struttura semici-
lindrica.

78
lingue europee, come l’inglese “street”, il tedesco “straße” e
l’olandese “straat”.
Nel corso dei secoli lo strato di sabbia e ghiaia fra le pie-
tre si è consumato, lasciandoci l’immagine di una strada dis-
sestata, dalla superficie irregolare, su cui fosse molto sco-
modo viaggiare su un carro. In realtà originariamente la su-
perfice della strada era molto più regolare. In più era resi-
stente alla pioggia, al gelo e agli allagamenti, e non aveva
per nulla, o quasi, bisogno di riparazioni. Se, infatti, oggi si
conserva così bene, nonostante terremoti ed eruzioni, pos-
siamo immaginare come fosse perfetta duemila anni fa.
La strada, come si percepisce subito, è in leggera salita,
questo perché il pianoro su cui era costruita Herculaneum
presentava una pendenza verso la spiaggia, con un dislivello
di ben 9 metri fra la parte più alta e quella più bassa. Questo
evitava che l’acqua piovana ristagnasse, consentendole, in-
vece, di defluire naturalmente verso il mare. E per questa
stessa ragione qui a Ercolano non erano necessari i massi per
l’attraversamento pedonale, invece così frequenti a Pompei.
Toccando le pareti ai lati della strada si noterà l’utilizzo
del tufo. Il pianoro su cui sorge Herculaneum è, infatti, un
banco di tufo. Il tufo vulcanico si forma dalle ceneri, miste
ad altri prodotti vulcanici più grossolani, depositate sul ter-
reno dai flussi nel corso delle eruzioni esplosive. Con il pas-
sare del tempo la cenere si compatta, si cementa e forma un
materiale leggero e resistente, molto apprezzato come pietra
da costruzione sia dai Romani che nelle epoche successive.
Quando ancora non c’erano i macchinari moderni e il ce-
mento armato, il tufo ha permesso la costruzione di edifici a
molti piani, altrimenti impensabili con altri materiali.

79
Molti muri di Herculaneum, come quelli che costeggiano
questa strada, sono costruiti con la tecnica muraria chiamata
“opus reticulatum”, costituita nella parte interna da un nu-
cleo cementizio e nella parte esterna da un paramento in pic-
coli blocchi di tufo di forma tronco piramidale (chiamati cu-
bilia) con la base quadrata rivolta verso la facciata esterna e
il vertice verso l’interno. I cubilia, infissi nell’opera cemen-
tizia ancora fresca dal lato della cima tronca, erano disposti
in linee e ruotati di 45° in posizione diagonale, ottenendo co-
sì il caratteristico motivo “reticolato”. I muri potevano poi
essere intonacati e decorati da dipinti, stucchi o marmi.
I marciapiedi sono rivestiti con la tecnica in opus signi-
num, ossia con il rivestimento costituito da una malta di cal-
ce (nucleus) in cui sono disseminati grossi frammenti cera-
mici. Era un tipo di pavimento economico, continuo, imper-
meabile e durevole, che consentiva una buona pulizia e po-
teva essere abbellito semplicemente inserendo nello strato di
cocciopesto delle tessere di mosaico generalmente di colore
bianco disposte a formare disegni geometrici o spargendo
schegge irregolari di marmo o di pietre bianche (crustae) in-
globati nel nucleus.
Procedendo lungo il cardo si arriva all’incrocio con il
Decumano Inferiore. Qui è conservato un blocco a forma di
cono: è la parte inferiore di una macina granaria59, riutilizza-
ta come paracarro.

59
Le macine per ridurre in farina il grano erano formate da un blocco a forma di
cono, chiamato meta, assicurato a un basamento in muratura, sul quale girava il
catillus, un elemento a forma di clessidra: il grano veniva versato dentro alla
parte superiore del catillus e macinato dall’azione di sfregamento dei due bloc-
chi. Le macine erano in pietra lavica perché essendo un materiale molto duro
non c’era il pericolo che qualche frammento andasse a finire nella farina con
grave pericolo per i denti.

80
Par. IV, 5: Fontana di Nettuno.

Giunti all’incrocio con il Decumano inferiore si incontra


una fontana pubblica con vasca rettangolare di pietra ed una
pietra scolpita sormontante la vasca decorata con la raffigu-
razione della testa di Nettuno fra due delfini.
Le fontane pubbliche erano alimentate da una rete idrica
con tubi in piombo che correvano sotto i marciapiedi. Il
piombo, estratto nelle miniere della Sardegna, Spagna, Bre-
tagna e nel Massiccio Centrale, era utilizzato per la fabbrica-
zione delle tubature idriche nonostante i Romani già ne co-
noscessero i rischi che comporta alla salute.
Grazie alle notevoli doti ingegneristiche dei Romani
l’acqua arrivava dalle montagne dell’entroterra attraverso
l’acquedotto, costruito dall’imperatore Ottaviano Augusto,
che partiva dalla sorgente del Serino sui monti dell’Irpinia,
ossia dall’attuale provincia di Avellino, a 43 chilometri di
distanza in linea d’aria da Ercolano, per proseguire poi a
Napoli e oltre, fino a Miseno, dopo 96 chilometri di percor-
so, ove alimentava la Piscina mirabilis, la più grande cisterna
sotterranea del mondo romano.
Gli abitanti di Ercolano prelevavano l’acqua dalle fontane
pubbliche e la portavano a casa con vasi, anfore e secchi. So-
lo i più ricchi, infatti, potevano permettersi, infatti, il lusso di
farsi a proprie spese un allacciamento privato all’acquedotto
pubblico.

81
Par. IV, 6: Thermopolium.

Accanto alla fontana si affaccia un thermopolium. Il ne-


gozio è in un angolo dell’incrocio, l’angolo è sottolineato da
un pilastro e presenta due grandi ingressi sui lati prospicienti
i marciapiedi e le due strade. Su entrambe le soglie di in-
gresso si può notare una risega, un solco che serviva per far
scorrere le assi che costituivano la porta utilizzata per chiu-
dere il negozio. Per aprire il negozio si toglievano le assi e si
ottenevano due ampi ingressi.
All’interno c’è un caratteristico bancone in muratura che
occupa tre lati di un quadrilatero, dei quali cui uno attaccato
al muro. Il piano di lavoro conserva ancora il rivestimento
con pezzi di lastre di marmo di vari colori.
Sin dall’età tardo-repubblicana a Roma i marmi arrivava-
no esclusivamente per una selezionata clientela privata, so-
prattutto per sculture e sarcofagi. In età imperiale l’aumento
di interesse per questi materiali alimentò, invece, un grande
commercio di marmi policromi. Ogni zona dell’Impero for-
niva a Roma i suoi marmi: la Spagna, le Gallie, la Grecia,
l’Asia Minore, l’Egitto, la Tripolitania, la Numidia, la Mau-
ritania e, ovviamente, l’Italia. I marmi arrivavano per mare
sulle apposite naves lapidariae, in grado di portare ciascuna
da 100 a 300 tonnellate di marmo.
Una delle caratteristiche del thermopolium era la presen-
za di una sorta di scalette di marmo sul bancone, sul lato ap-
poggiato al muro, sulle quali venivano appoggiate stoviglie,
anfore e vasi contenenti alimenti e salse. I cibi venivano
conservati nei grossi vasi dall’imboccatura tonda (dolia), in-
cassati nel bancone. Sulla parte posteriore del bancone era
collocato un braciere per scaldare le vivande.

82
Il thermopolium era, insomma, una specie di tavola calda
o rosticceria dell’epoca, dove si consumavano pietanze sem-
plici: un bicchiere di vino miscelato con acqua bollente, sal-
sicce, pesce fritto, zuppe, piselli fritti o bolliti, pane, salsicce
all’aglio, pesce fritto, focacce, zuppe di verdure, frutta secca
con miele. Nei locali retrostanti era possibile accomodarsi e
gustarsi il pranzo. Alcune persone a casa non disponevano
neppure di una cucina, per cui compravano direttamente in
locali del genere cibi cotti da portare via. La plebe e gli
schiavi, inoltre, spesso solo qui avevano occasione di con-
sumare un pasto caldo, l’unico della giornata.
La carne era piuttosto rara nell’alimentazione, riservata ai
ricchi e a chi poteva e sapeva andare a caccia. La carne con-
sumata più di frequente era quella suina, mentre la carne di
pollo, non molto apprezzata, veniva consumata principal-
mente dai poveri. Si mangiava spesso pesce di mare, anche
conservato sotto sale.
Il vino era la bevanda preferita, quasi mai bevuto puro,
ma di solito, invece, allungato con acqua calda d’inverno e
fredda d’estate, e mescolato con miele e aromi.
I sapori non dovevano essere sempre particolarmente
gradevoli, non esistendo né, ovviamente, il frigorifero né al-
tri adeguati sistemi di conservazione dei cibi. Si ovviava con
l’utilizzo di diverse salse per coprire i sapori. Il condimento
di maggior successo era il garum, una salsa ricavata da inte-
riora di pesce lasciate a fermentare al sole ricoperte d’aceto.
Il nome della salsa deriva dal nome del pesce più utilizzato,
in greco garon. L’aspetto era quello di un liquido quasi dora-
to dal sapore forte ed acidulo. I Romani lo usavano su quasi
tutti i piatti, sia salati che dolci. Lo aggiungevano persino

83
all’acqua o al vino, soprattutto d’estate, per renderli più sa-
poriti e dissetanti.
Herculaneum, grazie al fatto di essere stata sigillata da
uno spesso strato di materiale vulcanico che non facendo
passare l’aria ha mantenuto intatti anche i materiali organici,
ha consentito eccezionali ritrovamenti di alimenti, come pa-
ne, frutta, carrube, fichi, noci, olive, formaggio e semi, per-
mettendoci di ottenere informazioni uniche sulle abitudini
alimentari dei suoi antichi abitanti.

Par. IV, 7: Domus del Gran Portale.

Svoltando a sinistra sul Decumano inferiore si incontra


subito a destra la Domus del Gran portale, così chiamata per
la presenza del portale a semicolonne e piattabanda laterizie
con capitelli in tufo ornati da statuette raffiguranti delle figu-
re femminili alate, ossia delle Vittorie. La soglia è costituita
da un blocco liscio.
La domus era la tipica casa signorile di città. La porta, la
ianua, di solito era a doppio battente, preceduta da uno sca-
lino e veniva chiusa dall’interno con catenacci, serrature e
sbarre. Sopra ad essa era situato un architrave di pietra o una
piattabanda60. Con il passare del tempo la porta divenne più
elegante e si arricchì di capitelli.
L’ostium era l’ingresso principale, attraverso il quale si
accedeva ad un corridoio, detto vestibulum, che nelle case

60
A differenza dell’architrave la piattabanda non è costituita da un blocco
monolitico, cioè un’unica pietra, ma da più conci o mattoni laterizi.

84
più ricche era molto vasto e ornato di colonne e statue, e che
conduceva alla stanza principale della casa, l’atrium.
Il portale e le semicolonne sono formate da laterizi, mat-
toni di argilla cotti al sole, nel caso dell’opus latericium, o in
fornace, nel caso dell’opus testaceum, anche se di solito con
l’espressione opus latericium si fa riferimento in generale ad
entrambe le tipologie.
Le semicolonne della casa del Gran Portale sono formate
da laterizi appositamente costruiti a forma semicircolare o a
quarto di cerchio. Le colonne in muratura potevano essere
successivamente intonacate o ricoperte con stucchi colorati
per imitare il ben più costoso marmo.

Par. IV, 8: Domus del Tramezzo di legno.

Proseguendo si incrocia il IV cardo e, scendendo sulla si-


nistra, si trova immediatamente sulla destra l’ingresso della
Domus del Tramezzo di legno, che fu così chiamata dagli
archeologi perché vi trovarono una porta scorrevole in legno
carbonizzato, perfettamente conservata, decorata da borchie
di bronzo. Come accennato, ad Herculaneum il legno si è
riuscito a conservare poiché l’eruzione ha sigillato la città
con uno strato di materiale vulcanico che non ha permesso il
passaggio dell’aria.
L’ingresso, di grandi dimensioni, era sovrastato da una
cornice decorata. Gli stipiti sono formati da riquadri di tufo.
Nell’atrium in asse con la porta d’ingresso è posto un tavoli-
no di marmo bianco, retto da due sostegni laterali decorati
alle estremità a zampa leonina.

85
La parte antistante della casa e in particolare l’atrio, in
quanto parte accessibile (pubblica) della casa, aveva una
precisa funzione architettonica e sociale: era lo spazio di
confine ed insieme il punto di incontro l’esterno e l’interno
della casa, tra lo spazio pubblico, dove anche i membri non
appartenenti alla famiglia potevano accedere e persino entra-
re senza essere invitati, e lo spazio più interno e propriamen-
te privato della dimora.
Significativa, quindi, è la collocazione, proprio di fronte
l’ingresso, di questo tavolo di marmo, con la specifica fun-
zione di focalizzare l’attenzione dell’ospite sul piano dove
era disposto il vasellame d’argento o di bronzo per il vino
perché l’atto connesso col bere era una sorta di rituale socia-
le che includeva anche l’estraneo alla comunità familiare.
Al centro del soffitto dell’atrium c’è un’apertura di forma
quadrangolare, il compluvium, che serviva a far uscire il fu-
mo, a far entrare la luce e a raccogliere l’acqua piovana nel
sottostante impluvium, una vasca di marmo al centro del pa-
vimento, da cui poi confluiva in una cisterna sotterranea, do-
po essere stata opportunamente filtrata attraverso vari strati
di sabbia grossa e fine. Affianco all’impluvium un’apertura
permetteva di prelevare l’acqua dalla cisterna. In seguito alla
costruzione dell’acquedotto l’impluvium perse la sua princi-
pale ragione d’essere, ossia la funzione di vasca per la rac-
colta dell’acqua piovana, così si arricchì di decorazioni, co-
me pilastrini e fontanine. L’impluvium di questa casa è rive-
stito di marmo, mentre la più antica pavimentazione era in
signino.
Proseguendo oltre l’atrio si incontra il tablinum, un am-
biente che fungeva da studio e stanza di ricevimento. A se-
parare, in caso di necessità, i due ambienti era il tramezzo di

86
legno che da, appunto, il nome alla casa: una sorta di separé,
straordinariamente conservatosi ed oggi protetto da una
struttura di vetro e metallo da cui fuoriescono solo le borchie
decorative e i sostegni a cui si appendevano le lampade ad
olio (lucernae). Le case romane, infatti, erano piuttosto buie
anche di giorno, a causa del ridotto numero e dimensioni
delle finestre, ed erano illuminate proprio con lampade ad
olio.
Nella parete di fondo del tablino una finestra in asse con
la porta e l’impluvium si affacciava sul giardino, al cui cen-
tro oggi c’è una palma. Attorno all’atrio c’erano le camere
da letto (cubicola), talvolta, come attestano le fonti letterarie,
chiuse non da porte ma da semplici tendaggi.
Nella stanza centrale sulla sinistra si è conservato un letto
di legno. Letti e divani erano costituiti, non molto dissimil-
mente da quelli moderni, da una struttura in legno ed un ma-
terasso riempito con piume o lana. Nei dipinti sono raffigu-
rate talvolta lenzuola, coperte, coprimaterasso e cuscini. Let-
ti, divani e lettini erano utilizzati non solo per dormire, ma
anche per mangiare, per ricevere persone, leggere e scrivere
durante tutto il giorno.

Par. IV, 9: Panche per i clientes.

Ai lati dell’ingresso della domus, sul marciapiede, sono


disposte delle panche in muratura. Qui il patronus accoglie-
va i suoi clientes che gli venivano a porgere il saluto mattu-
tino (salutatio matutina). I clientes erano tenuti al rispetto,
alla propaganda e al voto in occasione delle elezioni,
all’appoggio del loro protettore in caso di processo. La rac-

87
comandazione è un fenomeno sempre esistito. Nella società
romana antica molti uomini liberi, ma di modesta condizione
sociale, per sopravvivere si riducevano allo stato di clientes,
quotidianamente alla ricerca di uno o più generosi patroni. Il
patronus, se particolarmente ricco, aveva infatti uno stuolo
di clientes, i quali al mattino affollavano l’atrio della sua ca-
sa per il rituale saluto e per rendersi disponibili a svolgere
incarichi di vario tipo, dal disbrigo di pratiche burocratiche,
alla cura degli affari economici e patrimoniali, alla parteci-
pazione alla campagna elettorale in caso di candidatura del
patrono. In cambio i clientes ricevevano ricompense di vario
tipo: dalla protezione e assistenza in tribunale, a un invito a
pranzo o, ancora, una borsa con delle vivande (la sportula),
oppure piccole somme di denaro.

Par. IV, 10: Casa a graticcio.

Continuando si incontra la Casa a Graticcio. Il nome è


dovuto alla tecnica muraria con cui è costruita, l’opus crati-
cium: le pareti, al piano inferiore come a quello superiore,
sono realizzate con pilastri laterizi ed intelaiature lignee che
formano delle specie di telai riempiti di pietrisco, malta e ar-
gilla. Si tratta di un tipo di costruzione molto economico e di
rapida realizzazione, che doveva essere piuttosto diffuso tra
il ceto popolare.
Questo di Ercolano è tra gli esempi meglio conservati:
questo sistema di costruzione, come si può ben intuire, era
infatti molto pericoloso in caso di incendio, ma paradossal-
mente alcune case di questo tipo hanno resistito all’eruzione,

88
perché il passaggio del sourge fu così rapido da carbonizzare
i legni senza bruciarli completamente.
La disposizione degli ambienti lascia intuire che qui coa-
bitavano più famiglie. La casa, infatti, è suddivisa in cinque
piccoli appartamenti. La facciata della casa si presenta con
un piccolo portico di tre colonne in mattoni laterizi a sezione
circolare. Due scale, una dalla strada e una dal cortile, con-
ducevano al piano superiore che in parte sporge sul marcia-
piede sostenuto dal portico.
L’insula era il tipico esempio di casa popolare. Questi
edifici nascono per l’esigenza, già sentita all’epoca, di co-
struire tanto in poco spazio. Per rispondere a questa esigenza
le insulae, come i moderni condomini, sfruttavano lo spazio
in altezza, aggiungendo piani da abitare e permettendo quin-
di di ospitare molte famiglie. Al piano terra si trovavano di
solito i negozi, come “bar” (termopolia) o botteghe, chiamati
in generale tabernae. Dal primo piano in poi c’erano gli ap-
partamenti ad uso abitativo, di varie dimensioni.
Generalmente le famiglie più ricche abitavano ai piani
più bassi, mentre quelle più povere ai piani più alti: questo
perché i piani superiori non solo erano più scomodi da rag-
giungere e più lontani dalle uscite in caso di incendi, ma an-
che privi di un accesso diretto all’acqua delle cisterne e delle
fontane.
Sebbene la Casa a graticcio sia abbastanza modesta, il
Maiuri, durante gli scavi, vi trovò numerosi reperti che ci
danno un’idea del modo di vivere dei suoi abitanti: letti, di-
vani, larari di legno con statuette di bronzo, armadi a muro e
vasellame vario.

89
Par. IV, 11: Domus dell’Erma di bronzo.

Continuando sullo stesso marciapiede si incontra l’in-


gresso della Domus dell’Erma di bronzo, una delle case più
piccole di Herculaneum. La soglia in travertino e gli stipiti in
grossi blocchi di tufo grigio introducono nel breve corridoio
che conduce nell’atrium della casa, pavimentato in coccio-
pesto purtroppo abbastanza rovinato e con la vasca dell’im-
pluvium in tufo.
L’atrium era la stanza principale, la più grande e sontuo-
sa, delle grandi case più antiche, il centro della vita quoti-
diana all’interno della casa. Tutto era finalizzato a impres-
sionare gli ospiti e, di conseguenza, dimostrare la grandezza
del padrone di casa. Vi erano infatti ricchi arredi, muri erano
affrescati, le raffigurazioni in cera (immagines) degli antena-
ti, di cui i romani avevano un culto molto sentito e degli dèi
protettori della casa (lares), custoditi nell’apposito lararium,
davanti ai quali ogni giorno il padrone di casa pregava per il
bene della sua famiglia. Nelle famiglie aristocratiche non era
raro trovare anche un ritratto marmoreo o bronzeo del capo-
famiglia (paterfamilias). In questa casa le pareti dell’atrio,
alte circa sette metri, sono decorate con pitture, mentre il pa-
vimento è in opus signinum. In alto sulla parete destra sono
presenti due piccole finestre che danno luce e aria ai piani
superiori.
Dopo la vasca dell’impluvium sulla destra, su pilastro di
pietra, si incontra una copia di un’erma di bronzo. L’erma è
una scultura di origine greca dove di un personaggio è rap-
presentata la testa, da sola o con il busto, sopra un pilastrino
generalmente a sezione quadrata, su cui talvolta erano scol-
piti anche i genitali maschili.

90
L’erma di bronzo che da il nome alla casa, probabilmente
di fattura locale, è realizzata in uno stile vigoroso, anche se
un po’ rozzo. Si presume sia un ritratto a grandezza naturale
del proprietario della casa, ipotesi che ci da la singolare op-
portunità di esaminare le fattezze e il modo di acconciarsi di
un esponente dell’antica società ercolanese. Il tempo, di soli-
to, cancella e sottrae, ma ad Herculaneum, più che in altri
luoghi, esiste la possibilità di una scoperta di una città antica
e della sua storia in modo non distaccato, possibilità che qui
arriva addirittura a dare un volto e caratteristiche fisiche ad
uno dei personaggi cittadini.
I Romani vivevano in case dalle pareti decorate da elabo-
rati affreschi con scene di vita quotidiana o tratte dalla mito-
logia greca e romana, come attestato a Pompei e Hercula-
neum. La tecnica dell’affresco deriva il suo nome dal fatto
che il colore viene steso su intonaco fresco: in questo modo,
una volta asciugatosi l’intonaco, il colore viene completa-
mente inglobato e, grazie ad un procedimento chimico, la
carbonatazione, acquista particolare resistenza all’acqua e al
tempo.
Le pareti affrescate non devono essere toccate per tutela-
re la loro conservazione.
Nella parte posteriore dell’atrio, avendo di fronte l’erma,
immediatamente a destra incontriamo il tablino pavimentato
con intarsi marmorei (opus sectile). In questa e nelle altre
case dell’aristocrazia romana dell’ultima fase dell’Età re-
pubblicana, il marmo, impiegato appunto per i pavimenti
degli ambienti principali, era un modo di manifestarsi del
prestigio sociale dei proprietari.

91
Par. IV, 12: Decumano inferiore.

Ritornando sul Decumano inferiore e imboccandolo sulla


sinistra, si può notare come questa strada, che taglia circa a
metà i tre cardini, sia l’unica ad avere sulla sua superficie dei
solchi paralleli prodotti dall’usura provocata dal continuo
passaggio delle ruote dei carri, anche se non profonde come
quelle di Pompei. La maggiore frequenza e profondità di
queste tracce rispetto a Pompei si spiega, forse, anche con il
fatto che Ercolano era una città più tranquilla e meno affolla-
ta e commerciale, per cui il traffico dei carri era più raro. La
distanza tra i due solchi è utile per calcolare la larghezza dei
carri utilizzati.

Par. IV, 13: Terme.

Continuando a percorrere il decumano inferiore sul mar-


ciapiede di destra dopo pochi metri si apre un varco che
conduce alla palestra delle terme di Età augustea, poi rifatte
in epoca successiva.
La palestra è un grande spazio costituito da un cortile
porticato con colonne, utilizzato dai frequentatori delle ter-
me non solo per fare esercizi ginnici, ma anche come punto
di ritrovo.
Percorrendo il porticato si potrà ad un certo punto perce-
pire una struttura semicircolare sporgente dal corpo delle
mura, è l’abside di uno degli ambienti interni visitabili delle
terme, il calidarium.
Subito dopo si incontra sulla destra la porta d’ingresso
delle terme che introduce nel primo ambiente, lo spogliatoio

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(apodyterium): una stanza con volta a botte percorsa da ner-
vature parallele, stratagemma utilizzato sia per trattenere il
calore che, soprattutto, per evitare la condensa di vapore sul-
le superfici lisce e quindi che le gocce d’acqua cadessero
sulla testa dei clienti infastidendoli. Alle pareti su tre lati
erano addossate panche in muratura, sormontate da piccole
mensole suddivise in nicchie dove venivano deposti i vestiti.
Le mensole e le nicchie presentano ancora la decorazione
con colore ed al pari degli affreschi non devono essere toc-
cate perché si rischierebbe di comprometterne la conserva-
zione.
Incontriamo poi la tipica successione di stanze delle ter-
me: la sala per il bagno di acqua fredda, solitamente circola-
re e con una vasca di acqua al centro (frigidarium), poi quel-
la per il bagno con acqua tiepida (tepidarium) e, infine, quel-
la per il bagno con l’acqua calda (calidarium), generalmente
rivolta a sud per sfruttare il calore dei raggi del sole e riscal-
data da un sistema di forni.
Dei tre il primo, un ambiente circolare con pareti dipinte
di rosso e quattro nicchie dipinte di giallo, non è visitabile.
Nel tepidarium, a cui si accede attraverso una piccola porta
arcuata, incontriamo un pavimento decorato con un mosaico
in tessere bianche e nere raffigurante un tritone circondato
da quattro delfini. Qui possiamo comprendere il sistema di
riscaldamento delle terme utilizzato dai Romani. Esso era
ottenuto tramite la circolazione di aria calda sotto i pavimen-
ti e dietro le pareti, attraverso intercapedini, il cosiddetto si-
stema a “ipocausto” (letteralmente “caldo sotto”). Nelle
strutture più antiche, il calore era ottenuto con semplici bra-
cieri. Col tempo venne sempre più utilizzato dai Romani un
sistema di riscaldamento per mezzo di aria calda circolante

93
sotto il pavimento e attraverso le pareti, l’ipocausto (lette-
ralmente caldo sotto), la cui ideazione veniva attribuita a
Sergio Orata. Per l’invenzione si prese spunto dalle caratteri-
stiche esalazioni di vapore tanto diffuse nella regione fle-
grea. Si trattò di sostituire una fonte di calore artificiale a
quella naturale delle fumarole e di immettere quel calore, al
posto del vapore, sotto i pavimenti degli ambienti balneari.
Si creava un doppio pavimento, sotto il quale far circolare
l’aria calda prodotta in appositi forni sotterranei comunicanti
con l’intercapedine. Questo sistema offriva il vantaggio di
fornire quel calore uniformemente diffuso e avvolgente tanto
esaltato dai medici per i suoi benefici terapeutici.
Le intercapedini del pavimento erano ottenute tramite pi-
lastrini (suspensurae), posti a distanze regolari l’uno
dall’altro, sopra i quali poggiava uno strato di malta cemen-
tizia idraulica che costituiva il vero e proprio pavimento. Qui
il pavimento mosaicato superiore è collassato sotto il peso
del materiale eruttivo, ciò permette di poter esaminare nei
pressi dell’entrata dall’apodyterium la differenza di livello
tra i due pavimenti. Al centro della parete sulla sinistra in
basso è posizionato lì apertura attraverso cui arrivava in que-
sta intercapedine l’aria calda. Lo stesso sistema è utilizzato
per le pareti, che contengono delle intercapedini per far cir-
colare l’aria calda.
Passando nell’ambiente successivo attraverso una porti-
cina stretta, per evitare dispersione di calore, troviamo, infi-
ne, il calidarium, un ambiente absidato, con la volta a botte
crollata, rivolto a mezzogiorno per sfruttare al massimo il
calore dei raggi del sole. Qui è presente una grande vasca
per il bagno d’acqua calda e di fronte nell’abside un pilastro
su cui era poggiato originariamente un grande bacile (la-

94
brum), contenente acqua fredda per potersi rinfrescare di
tanto in tanto. Qui è possibile, attraverso parti delle pareti
crollate, toccare i tubi in laterizio (tubuli) utilizzati per far
comunicare le intercapedini delle pareti con i pavimenti e far
così circolare l’aria calda.
Alle terme era possibile anche farsi fare massaggi, trat-
tamenti per la pelle o tagliarsi i capelli. Esse si svilupparono
rapidamente, anche perché permettevano a tutti la possibilità
di farsi un bagno caldo, spesso addirittura gratis. All’epoca
non c’era il sapone e ci si lavava con oli profumati, poi tolti
con un apposito strumento, lo strigile. Le terme romane as-
sommavano, insomma, la funzione delle odierne piscine, pa-
lestre, saune, sale fitness. Ma erano anche un luogo d’incon-
tro, sia per svago che per affari. Talvolta a uomini e donne
era permesso anche fare il bagno insieme, ma tale usanza va-
riò molto da periodo a periodo e da zona a zona: ad Hercula-
neum, ad esempio, ciò non è attestato.
I cittadini romani terminavano il lavoro nelle prime ore
del pomeriggio e si recavano alle terme, che aprivano a mez-
zogiorno, prima del pasto principale. Il rito del bagno alla
fine si affermò nel mondo romano tanto da diventare uno dei
piaceri irrinunciabili della vita quotidiana di ogni cittadino
romano, come ricorda il proverbio “balnea vina Venus cor-
rumptum corpora nostra sed vita faciunt” (i bagni, i vini e
Venere corrompono i nostri corpi, ma sono la vita).

95
Par. IV, 14: I giardini.

Uscendo dalle terme, svoltando sulla destra, un corridoio


scoperto conduce sul III cardo, pavimentato in pietra lavica
grigia.
Girando sulla sinistra, si percorrerà tutto il cardo III, e si
uscirà dagli scavi attraverso un ponte metallico che, sovra-
stando in alto la zona dove era una volta la spiaggia, condur-
rà direttamente al piano di cammino moderno, cioè al viale
che si è percorso dalla biglietteria per iniziare la visita.
Prima di uscire vale, però, la pena di vistare i giardini
delle due domus che si aprono sul marciapiede di destra, do-
po l’incrocio con il decumano inferiore, per apprezzare an-
che un altro aspetto offerto dall’antica città, il reimpiego di
piante già adoperate dai romani che permettono un approc-
cio tattile-olfattivo alla vegetazione presente anticamente a
Herculaneum.
Nella prima casa, la Domus del Genio, è possibile esami-
nare l’utilizzo del cipresso (nome scientifico cupressus sem-
previrens). La chioma è generalmente stretta e a forma di co-
lonna, terminante a punta. La corteccia è grigio bruna, molto
fessurata. Le foglie, di colore verde scuro, sono piccole, si-
mili a squame triangolari e ricoprono interamente il rametto.
Il cipresso veniva utilizzato dagli antichi romani per i re-
cinti funerari ritenendo che richiamasse un concetto di vita
ultraterrena, ma anche per delimitare le proprietà ed il legno
che se ne ricavava veniva dato in dote alle figlie per le loro
nozze. Il tronco veniva utilizzato anche per scopi edili e na-
vali, è sicuramente stato utilizzato nella costruzione di Villa
dei Papiri, i frutti avevano proprietà medicinali.

96
La Domus di Argo presenta invece un giardino bordato
da una siepe di mirto. Il mirto (nome scientifico myrtus
communis) era tra le piante più amate, un arbusto sempre-
verde, aromatico, non spinoso, dalle foglie e i fiori profuma-
ti.
La struttura di questo giardino consisteva in un’area ret-
tangolare delimitata da muri, con ai lati un portico a colonne
usato per passeggiare.
Per i loro giardini, i romani fecero un grande uso delle
sempreverdi, soprattutto il bosso, il mirto, l'alloro e il cipres-
so, potandole in modo da creare figure artificiali: questa
forma di decorazione risponde al nome di topiaria (opus to-
piarium) Talvolta potavano le piante in modo da creare figu-
re artificiali, di forma geometrica, animale o umana.
In particolare il mirto, un arbusto dalle foglie coriacee, di
circa 4 cm di lunghezza, di forma ovate o ovate-lanceolate e
con margine intero, con piccoli fiori bianchi profumati in
estate e bacche nero-azzurre in autunno, può raggiungere an-
che i due metri di altezza, ma, avendo una ricrescita lenta,
può essere potato facilmente per formare delle siepi
Le foglie di mirto, se schiacciate o frantumate, emettono
una gradevole fragranza che rievoca il profumo dell’arancio
ed è dovuta alla presenza del mirtenolo, un olio dotato di
proprietà balsamiche.
Il mirto intrecciato coronava i generali che si erano di-
stinti in battaglia o i giovani sposi. I romani ne ricavavano
anche un olio profumato. Gli antichi, inoltre, usavano un telo
di lino imbevuto di olio di mirto per filtrare il vino ed esal-
tarne l’aroma.

97
Par. IV, 15: Il giardino di piante aromatiche.

Il percorso basato su un approccio tattile olfattivo può es-


sere approfondito visitando il giardino di piante aromatiche
posto di fronte alla biglietteria.
In questo giardino di nuova costruzione la scelta delle
piante - cisto, lavanda, rosmarino, mirto, corbezzolo, cipressi
ecc. - riprende le specie presenti 2000 anni fa e, nella partitu-
ra delle aiuole la geometria utilizzata è un richiamo allo
schema rigidamente ortogonale, di tipo ippodameo, dell’an-
tica città costiera della provincia romana del I sec d.C. ed
all’andamento dei campi coltivati.
La stessa fontana monumentale a sinistra dell’ingresso al
giardino è un richiamo col suo suono al torrente che scorreva
anticamente in questo luogo verso il mare e che delimitava il
confine orientale della antica città di Herculaneum.
Testimonianze sui giardini di Pompei ed Herculaneum ci
sono pervenute sia dai reperti archeologici che dalle tracce di
flora restituite dagli scavi. A partire da questi dati si sono
condotti diversi studi e ricerche61 per cercare di stabilire che
tipo di piante fossero presenti all’epoca dell’eruzione del 79
d.C. sia nella zona circostante la città che all’interno
dell’area urbana, nei giardini di ogni domus di Herculaneum.
Le indagini archeologiche e botaniche sono state condotte
dal Laboratorio di Ricerche Applicate della Soprintendenza

61
Per un quadro delle ricerche cfr: AA.VV. Parchi e giardini storici, par-
chi letterari: conoscenza, tutela e valorizzazione, Atti del III Convegno
"Paesaggi e giardini del Mediterraneo" (Pompei, 4-6 giugno 1993), Sa-
lerno 1993; W. F. Jashemski, The gardens of Pompei, New York 1993;
AA.VV., Homo faber. Natura, scienza e tecnica nell’antica Pompei, Mi-
lano 1999; A. Ciarallo, Verde pompeiano, Roma 2000.

98
di Napoli e Pompei, mettendo a confronto dati archeologici,
iconografici, letterari e di laboratorio.
Gli studi hanno permesso di riconoscere numerose piante,
arbusti e fiori. In particolare, grazie al fatto che il terreno di
Pompei e Herculaneum non ha subito sostanziali rivolgimen-
ti dall’epoca dell’eruzione, le moderne tecnologie hanno
consentito il recupero dei pollini dal terreno, attraverso i
quali si è risaliti alle piante e ai fiori presenti all’epoca
dell’eruzione, riconoscendo non solo il tipo di vegetazione,
ma anche la disposizione delle piante ornamentali all’interno
dei singoli giardini. È stato, quindi, possibile una vera e pro-
pria rinascita dei giardini all’interno delle case di Hercula-
neum, con le stesse piante e fiori che dovevano esservi
all’epoca dell’eruzione.
Nella domus romana il giardino era una parte della casa
particolarmente curata. Il giardino, oltre ad essere lo spazio
destinato a trascorrere momenti gradevoli, aveva significati
religiosi connessi con la natura e le divinità delle stagioni. I
giardini servivano a coltivare i fiori da offrire agli dei, pro-
ducevano piante per uso alimentare o medicinale, rendevano
più piacevole la vita con l’odore penetrante dei fiori.
Le pitture decorative rappresentanti giardini i cui vividi
colori ricoprivano le stanze interne delle case, dilatando gli
spazi chiusi e ricreando, così, l’amenità degli spazi aperti,
riproducono le varie piante con tale aderenza al vero che è
stato possibile identificare di ciascuna la specie e perfino la
varietà.
Al di là dell’intento decorativo, le piante nascondevano
tutta una serie di significati simbolici connessi con la reli-
gione, la vita e la morte, i valori fondamentali dell’esistenza.
Ogni pianta aveva il suo significato allegorico, e in base ad

99
esso era utilizzata nelle cerimonie religiose: l’alloro, sacro
ad Apollo, era sinonimo di sapienza e virtù eroica, e veniva
usato per incoronare i poeti, gli eroi, i vincitori; l’oleandro,
dai fiori bellissimi ma velenosi, era simbolo di morte; la
palma da dattero esaltava la vittoria e rappresentava
l’immortalità; le piante sempreverdi rappresentavano l’eter-
nità; la rosa era già allora il simbolo dell’amore; il platano
era metafora di robustezza e di resistenza alle traversie della
vita; all’edera, sacra a Dioniso, si attribuiva il potere di libe-
rare la mente dai fumi del vino; la viola, cara ad Afrodite,
era il fiore nuziale per eccellenza.
Le piante più utilizzate e facilmente riconoscibili all’in-
terno del giardino sono: il rosmarino, la lavanda, i cipressi,
l’olivo, il corbezzolo, il melograno, la ginestra ed il cisto.
Gli antichi romani ardevano rosmarino, arbusto sempre-
verde, dalle fogli aghiformi e resinose, nei templi quando
ancora non si usava l’incenso e continuarono ad adoperarlo
anche successivamente nelle feste di purificazione. Gli anti-
chi attribuivano a tutte le parti del rosmarino virtù terapeuti-
che, un sicuro rimedio contro le malattie, e consideravano
questa pianta simbolo di immortalità e talismano di fedeltà,
per questo motivo i suoi ramoscelli non mancavano mai nel-
le feste nuziali.
La lavanda (lavandula angustifolia), pianta perenne, con
fusti eretti, legnosi alla base, le foglie grigiastre lineari o a
forma di lancia, con i margini rivoltati, presenta da giugno a
settembre all’apice degli steli una specie di specie di spiga
allungata e sottile, formata da fiori violacei o azzurri. Veniva
utilizzata già allora come base per raffinati profumi e per
preparare decotti e infusi usati per la bellezza della pelle e

100
dei capelli. Gli antichi Romani ne mettevano anche mazzetti
nell'acqua dei bagni termali.
L’olivo (olea europea) è una pianta sempreverde, dai fio-
ri bianche, piccoli e privi di profumo, dalle robuste foglie di
forma lanceolata verdi e glabre sulla parte superiore e leg-
germente pelose e argentate su quella inferiore. Questi peli
preservano la foglia da un’eccessiva traspirazione durante
l’estate. Il tronco è contorto, la corteccia è grigia e liscia, ma
tende a sgretolarsi con l’età. Il frutto, l’oliva, è ovale, dalla
polpa carnosa e contiene il 25-30% di olio. Il seme è legno-
so, ovoidale, ruvido e di colore marrone. L’olio veniva usato
come base oleosa per profumi ed unguenti, i residui di fran-
toio alimentavano le lucerne, il legno era utilizzato in ebani-
steria.
Il corbezzolo (arbutus unedo) è un alberello della mac-
chia mediterranea. Secondo alcuni è dovuto agli antichi Ro-
mani: lo chiamavano “arbusto di cui si può mangiare un solo
frutto” (unum edo) in relazione al sapore aspro dei frutti non
ben maturi, e comunque piuttosto ricchi di tannino. Il cor-
bezzolo rimane molto spesso all’altezza di un arbusto, pre-
senta tronco e rami dalla scorza sottile con una corteccia che
si squama verticalmente in lunghe e strette placche di colore
bruno-rossastro. Le foglie sono robuste, con breve picciolo,
ovali a margine seghettato. I fiori, riuniti in racemi e forgiati
a orciolo pendulo con corolla lanceolata a 5 denti brevi, sono
presenti da ottobre a dicembre. Fiorendo in autunno-inverno
era molto apprezzata come pianta ornamentale. I frutti sono
delle bacche globose con superficie granulosa. Dapprima
verdi, assumono tutti i toni dal giallo sino al rosso acceso. Il
sapore è asprigno.

101
Il melograno (punica granatum) ha come frutto una bac-
ca carnosa, chiamata balausta, con buccia spessa. Quando è
maturo è giallo-verde con aree rossastre. Il frutto ha proprie-
tà astringenti e diuretiche. I romani lo utilizzavano acerbo
essiccato e polverizzato per le gengiviti. La scorza dei frutti
era adoperata per la concia delle pelli e la corteccia per colo-
rare i tessuti di arancione.
La ginestra (genista) è un arbusto talvolta spinoso che
può arrivare anche ai 3 m di altezza. Le foglie caduche o
semipersistenti, lanceolate, poco numerose, possono essere
opposte o alterne, semplici o trifogliate, di color verde vivo.
Di solito cadono al termine dello sviluppo che coincide con
la fioritura. I giovani rametti hanno sezione circolare e su-
perficie liscia. I fiori sono generalmente gialli e talvolta
bianchi, debolmente profumati. La fioritura comincia a mag-
gio e prosegue per tutta l’estate secondo la specie. Era molto
utilizzata nell’industria tessile per tingere i tessuti di aran-
cione.
Il cisto (cistus) è un piccolo arbusto sempreverde. In pas-
sato era sfruttato per la produzione di fascine di legna da ar-
dere, da utilizzare per l'avviamento dei focolari domestici. I
cespugli di cisto si sradicano facilmente con una trazione
manuale nel periodo invernale con terreno umido, perciò in
breve tempo si potevano realizzare cataste di fascine destina-
te all'autoconsumo o da vendere. I fiori del cisto bianchi e
rosei a cinque petali, fiori appariscenti ma fragilissimi, erano
il simbolo della caducità umana.

102
Par. IV, 16: Biglietteria, rilievo.

All’inizio del viale che conduce dalla biglietteria nuovo


parcheggio è stato posto il calco di un marmo da parete de-
corato a rilievo, trovato il 18 febbraio 2009 nel corso dei la-
vori per la manutenzione ordinaria di un suntuoso edificio
residenziale scavato solo parzialmente presso la cosiddetta
insula nord-occidentale.
La decorazione era inserita nel rivestimento d’intonaco
affrescato della parete orientale di un grande ambiente, a due
metri di altezza dal pavimento, incassata in una nicchia poco
profonda (circa 5 cm) appositamente scavata e fissata da
grappe di ferro. Il rilievo di forma rettangolare fu prodotto in
marmo greco attorno alla prima metà del I sec. d.C.
I lati lunghi, che presentano una cornice in rilievo, misu-
rano poco più di un metro, mentre i lati corti, lunghi 54 cen-
timetri, sono privi di cornice. All’interno della cornice, sulla
destra, una Menade, una seguace del dio Dioniso in estasi,
con i lunghi capelli ondulati, vestita con una lunga tunica
che lascia le braccia completamente scoperte, a piedi nudi,
danza reggendo dietro di se un velo tra le mani. Di fronte
sulla sinistra una divinità barbuta e dai folti capelli ricci, for-
se lo stesso Dioniso, volge il viso verso la danzatrice e solle-
va il braccio destro. Sulla sinistra, un pilastrino composto da
due cubi di misure differenti, uno sopra l’altro, sorregge una
statuetta del dio Dioniso con barba a punta e trecce raccolte
da una fascia che solleva il kantharos, la coppa a due manici,
nella mano destra. Davanti alla scultura sono due figure
femminili dai capelli corti a fitti riccioli, vestite con tunica a
maniche corte, stretta alla vita da una cintura e con mantello
allacciato con una spilla sotto la gola. La prima figura è gio-

103
vanile, avanza di profilo verso la statuetta con un oggetto
appuntito nella mano destra. L’altra figura è più adulta, ri-
volge il viso verso destra e poggia la mano destra sopra la
spalla sinistra della prima come per proteggerla. L’oggetto
che la figura giovanile tiene fra le mani risulta problematico:
una fiaccola oppure un arnese, probabilmente in rapporto a
qualche rito particolare.
L’usanza di inserire typoi (rilievi in marmo) nella decora-
zione da parete era particolarmente in voga nel mondo ro-
mano dal I secolo a.C. in poi, quando una ricca e istruita
committenza chiedeva al mercato antiquario opere d’arte
greca, originali o copie, da usare come prestigiose decora-
zioni nelle proprie abitazioni.

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(in basso): Francobollo commemorativo dell’Anno Europeo delle per-
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114
Fig.3 (in alto): l’esplorazione tattile di un’opera costituisce un’esperienza multi-
sensoriale avvincente non solo per ciechi ed ipovedenti, ma anche per i “norno-
dotati” (fonte foto: Museo Omero di Ancona). Fig. 4 (in basso): il tenore Andrea
Bocelli in visita al Museo Omero di Ancona (fonte foto: Museo Omero di An-
con.

115
Fig. 5 (in alto): Esempi di esplorazione tattile di riproduzioni tridimensio-
nali di opere pittoriche al Museo Tattile di Pittura Antica e Moderna “An-
teros” di Bologna, con sede presso l’Istituto dei Ciechi “Francesco Cavaz-
za” (fonte foto: Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza).

116
Fig. 7 (in alto): campagna di sensibilizzazione per un turismo acces-
sibile; fig. 8 (in basso): con l’hastag #vorreiprendereiltreno un disa-
bile motorio, Iacopo Melio, ha lanciato una campagna di sensibiliz-
zazione sull’accessibilità ai mezzi di trasporto, diventata subito vira-
le sui social network.

117
Fig. 9: scalinata monumentale nella Reggia di Caserta. I disabili motori
possono accedere agli appartamenti reali, situati al primo piano della reg-
gia, da un altro punto, utilizzando un ascensore.

118
Fig. 10: Una rampa utilizzata per rendere accessibile uno dei ponti di Ve-
nezia, ottimo esempio di sistemi a basso costo ed impatto, che riescono a
coniugare tutela dell’antico ed accessibilità.

119
Fig. 11 (in alto): Sempre a Venezia, un pessimo esempio è costituito dal
Ponte della Costituzione sul Canal Grande, progettato da Santiago Cala-
trava ed inaugurato nel 2008, che ha suscitato molte polemiche per la non
accessibilità, anche in violazione delle norme vigenti. Fig. 12 (in basso): il
“dispositivo traslante per il passaggio dei disabili”, la cosiddetta “Ovo-
via”, con cui si è tentato di risolvere il problema dell’accessibilità del Pon-
te della Costituzione, un sistema ad alto impatto e costo di realizzazione e
manutenzione, che, al di là dei problemi tecnici di funzionamento, costi-
tuisce concettualmente una soluzione sbagliata, in quanto non inclusiva,
ma emarginante.

120
Fig.13 (in alto): Scavi di Ercolano, il ponte che passa sul sito archeologi-
co, accessibile a tutti ed in modo gratuito, ha ricongiunto materialmente ed
ideologicamente gli scavi alla città. Fig.14 (in basso): il ponte che consen-
te l’ingresso agli scavi archeologici, utilizzato non solo da disabili motori,
ma da tutti i visitatori. Si tratta di due ottimi esempi di accessibilità ed in-
clusività.

121
Fig.15-16: Ercolano, due momenti della sperimentazione su campo insie-
me a ciechi ed ipovedenti del Percorso Multisensoriale di visita agli scavi.
Il loro coinvolgimento nella fase di progettazione e di sperimentazione del
percorso è stata fondamentale per partire dalle loro reali percezioni ed esi-
genze.

122
Fig.17: Ercolano, un altro momento della sperimentazione su campo del
Percorso Multisensoriale di visita agli scavi con ciechi ed ipovedenti.

123
Fig.18 (in alto): Pompei Frieldly, percorso accessibile agli scavi di Pom-
pei, che tuttavia presenta diverse criticità. Nel Grande Progetto Pompei
sono previste alcune ulteriori misure per migliorare l’accessibilità al sito.
Fig. 19 (in basso): Di accessibilità alla città di Pompei e al suo patrimonio
culturale religioso, si è parlato durante il convegno “Pompei per tutti”, che
si è svolto a Pompei il 26 marzo 2015, prezioso momento di riflessione e
confronto tra studiosi ed operatori del settore.

124
INDICE

INTRODUZIONE …………………………………. pag. 09

CAP. I: IL QUADRO NORMATIVO


I, 1: La legislazione italiana sulle
barriere architettoniche e sensoriali ……………..… pag. 13
I, 2: La legge 104/1992 …………………………..… pag. 16
I, 3: La Legge Stanca e l’accesso alle informazioni ...pag. 18
I, 4: I piani di abbattimento delle barriere
architettoniche ……………………………………… pag. 21
I, 5: Le norme regionali, il caso Campania ………… pag. 22

CAP. II: FRUIZIONE ED ACCESSIBILITÀ


AI BENI ARCHEOLOGICI
II, 1: La fruizione del patrimonio culturale
come diritto ……………………………………...… pag. 28
II, 2: Accessibilità e mobilità dei disabili nelle aree
archeologiche e negli edifici monumentali ………… pag. 30
II, 3: I musei ………………………………………... pag. 32
II, 4: Aree archeologiche …………………………... pag. 35
II, 5: I modelli sinestetici …………………………... pag. 38
II, 6: Sistemi informativi …………………………... pag. 41
II, 7: Le barriere per i disabili sensoriali nei musei
e nelle aree archeologiche ………………...………... pag. 42
II, 8: Accessibilità e circolazione disabili all’esterno
delle aree archeologiche …...……………...………... pag. 47
II, 9: Parcheggi …...……………...………………..... pag. 50
II, 10: Attraversamenti pedonali e semaforici …...... pag. 51
II, 11: Pavimentazioni all’esterno delle aree
archeologiche ….....……………...………………..... pag. 52

125
II, 12: Il trasporto …...……………...………………. pag. 53

CAP. III: PROGETTARE PER LA FRUIZIONE


MULTI-SENSORIALE.
III, 1: Abbattere le barriere sensoriali …...………..... pag. 55
III, 2: L’approccio multisensoriale al patrimonio
archeologico, il caso di Ercolano …...…………….... pag. 58
III, 3: Guida alla progettazione …...……………...... pag. 61

CAP. IV: CASE STUDY. IL PERCORSO MULTI-


SENSORIALE NEGLI SCAVI DI HERCULANEUM
IV, 1: L’itinerario di visita …...……………...……... pag. 67
IV, 2: Tunnel e spiaggia …...……………...………... pag. 69
IV, 3: Terrazza di Marco Nonio Balbo …...………... pag. 72
IV, 4: Quinto cardo …………………….....………... pag. 77
IV, 5: Fontana di Nettuno …...……….…...………... pag. 81
IV, 6: Thermopolium …...………...….…...………... pag. 82
IV, 7: Domus del Gran Portale ……….…...………... pag. 84
IV, 8: Domus del Tramezzo di legno ….…...………. pag. 85
IV, 9: Panche per i clientes ….…...……………….... pag. 87
IV, 10: Casa a graticcio ….…...…….………………. pag. 88
IV, 11: Domus dell’Erma di bronzo ….…...………... pag. 90
IV, 12: Decumano inferiore ….…...………………... pag. 92
IV, 13: Terme ….…...………………………………. pag. 92
IV, 14: I giardini ….…...……………………………. pag. 96
IV, 15: Il giardino di piante aromatiche ….…...…..... pag.98
IV, 16: Biglietteria, rilievo …....…………………. pag.103

BIBLIOGRAFIA ….…...…………………………. pag.105

TAVOLE ………….…...………………………….. pag. 114

126
127
Finito di stampare nel
mese di giugno 2016

128
129
Luoghi ed istituzioni culturali han-
no una missione ed un obbligo, sa-
per comunicare al pubblico, anzi ai
tanti possibili pubblici, ricercando
modalità e strumenti per raggiun-
gere tutte le diverse fasce e tipologie
di utenza, comprese le più lontane
linguisticamente o culturalmente,
quelle svantaggiate a causa di disa-
bilità fisiche o sensoriali e persino
quelle impossibilitate a recarvisi fi-
sicamente.
Essere archeologi significa essere al
servizio di un pubblico più ampio di
quello dei propri colleghi. Il vero
carattere e la vera natura di questa
disciplina è un’archeologia non per
gli archeologi, ma per la società,
un’archeologia sensibile, un’archeo-
logia sociale.
Questo manuale prova ad offrire
qualche spunto di riflessione su ar-
cheologia ed accessibilità e qualche
indicazione teorica e pratica in par-
ticolare sull’utilizzo di un approccio
multisensoriale.

ISBN 978-88-905720-5-0

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