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In Messico, la morte è considerate parte del ciclo della vita e viene celebrata sin
dal periodo pre-Colombiano. Nella mitologia Azteca, i defunti iniziavano un lungo
viaggio prima di giungere a Mictlán, la regione della morte. La cultura messicana
vede quindi nella morte una tappa nel ciclo della vita ed i defunti vengono
comunque considerati parte della comunità poiché “tenuti in vita” grazie alla
memoria e capaci di tornare sulla terra durante il Dia de los Muertos. In Europa
invece, Il Giorno dei Morti ebbe origine durante il IX secolo e venne introdotto
in America Latina dai Conquistadores Spagnoli, andando a fondersi con la
concezione azteca della morte e del ritorno alla vita. Esistono delle similitudini
con questa visione della vita e della morte nella celebrazione del 2 Novembre a
Palermo. Secondo la tradizione palermitana, infatti, durante la notte che precede
il “giorno dei morti”, il mondo dei defunti si avvicina a quello dei vivi ma con
qualche differenza rispetto alla tradizione messicana: stavolta sono infatti i defunti
a portare i doni. L’usanza prevede che la mattina del 2 Novembre i bambini
cerchino i regali che nella notte sono stati nascosti dai morti all’interno della casa.
L’origine della tradizione della festa dei morti a Palermo si intreccia inoltre
al banchetto funebre durante il quale veniva ricordato il defunto e i vicini di
casa offrivano un banchetto ai parenti del defunto: è usanza infatti preparare
il cosiddetto “cannistru” per accogliere i defunti con dolci tipici della cucina
palermitana. Così come nella cultura messicana, quindi, il cibo acquisisce un
valore peculiare nella celebrazione di una festa così delicata ma anche così
radicata all’interno di entrambe le culture. Il fulcro della celebrazione messicana,
infatti, è un altare (o ofrenda) che viene allestito non solo nelle case private e
nei cimiteri, ma anche nelle piazze. Essi rappresentano la porta tra la vita e la
morte e hanno lo scopo di accogliere gli spiriti nel regno dei vivi; sono sempre
carichi di offerte per i defunti, come acqua, cibo, foto di famiglia e una candela
per ogni parente morto. Nell’ottica del “sottile” velo che separa il mondo dei
morti da quello dei vivi durante il dia de los muertos, il progetto intende
proporre un percorso che possa essere interpretabile da entrambe le dimensioni.
L’allestimento si sviluppa in più ambienti cercando di simboleggiare il viaggio
delle anime ma ha una duplice chiave di lettura: da una parte il percorso di chi
affronta un lutto e quindi le cinque fasi del lutto, dall’altra parte invece il viaggio
tra la vita e la morte, passando per i tre “paradisi” della cultura messicana. Quindi
i due livelli di interpretazione sono due diverse prospettive di un unico viaggio:
da una parte di chi se ne va - proseguendo il proprio cammino nell’Aldilà -
attraverso i tre paradisi - e dall’altra parte invece chi “rimane”.
La struttura è delimitata da pannelli che, creando un’architettura effimera,
trasmettono con la loro opacità, la caducità della vita. La sede del progetto sarà
il Palazzo della Civiltà, per la semplicità e la luminosità degli ambienti.
Il percorso sarà quindi composto da dei pannelli che delimitano i diversi ambienti
dell’installazione, all’interno della quale sarà possibile percorrere un viaggio quasi
labirintico in cui il dualismo tra la vita e la morte si gioca tutto tra luce ed ombra.