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Volume : 2 Numero: 46 Data: Ottobre 2011 Sede: Gruppo Alternativa Liguria Di: Asta Paolo, Martini Claudio

Alternativa news
In collaborazione con: Megachip

IN QUESTO NUMERO
1 Ad Atene peggiorano i conti mentre esplode la piazza Di: Fabrizio Goria [ pag. 1/2 ] 2 Si pu ridurre il debito con la crescita? Di: Aldo Giannuli [ pag. 2/3 ] 3 La dignit e il lavoro Di: Alternativa [ pag. 3 ] 4 Libia. Vietato parlare al conducente Di: Amedeo Ricucci [ pag. 3 ] 5 Come guidare il default italiano Di: Guido Viale [ pag. 4/5 ] 6 Eppure sono notizia da prima pagina Di: Corrado Belli [ pag. 5/6 ] 7 Cosa sappiamo fare di utile? Di: Debora Billi [ pag. 6 ] 8 Sviluppo sostenibile, bene il parlamento UE ma intendiamoci su cosa vogliamo che cresca Di: Gianfranco Bologna [ pag. 7/8 ] 9 Da cosa dipende il cambiamento climatico Di: lettera a Giulietto Chiesa [ pag. 8 ]

Ad Atene peggiorano i conti mentre esplode la piazza


Di: Fabrizio Goria informare per resistere

Lufficio statistico greco smentisce il ministro delle finanze Venizelos: La recessione sar
pi dura del previsto e i conti pubblici saranno forse peggiori delle previsioni. Sebbene il ministro abbia garantito che Atene non ha esigenze di cassa fino a met novembre, la situazione sta peggiorando velocemente e nella capitale greca i dimostranti si sono scontrati con la polizia con alcuni feriti. Ma la troika avverte la Grecia che la sesta tranche di aiuti arriver non prima di novembre. 5 ottobre 2011 La recessione sar pi dura del previsto e i conti pubblici saranno forse peggiori delle previsioni. Lufficio statistico greco smentisce ancora il ministro delle Finanze Evangelos Venizelos, che ieri aveva ribadito che la Grecia su una buona strada. In unAtene sconvolta dagli scontri di piazza per lo sciopero di svariate categorie di cittadini, a tenere banco ancora il rapporto della troika composta dai funzionari di Fondo monetario internazionale (Fmi), Banca centrale europea (Bce) e Commissione Ue. Il cancelliere tedesco Angela Merkel ha infatti sottolineato che prima di parlare della prossima tranche di aiuti per la Grecia, bisogner attendere il rapporto della troika. E non scontato che vengano erogati i soldi del pacchetto di aiuti da 110 miliardi di euro approvato oltre un anno fa. Dopo gli scontri di piazza, dopo gli scioperi, dopo le dichiarazioni ai limiti della farsa del ministro Venizelos sulla salute del settore bancario, per la Grecia arriva il momento di dimostrare cosa ha saputo fare per risanare i propri conti pubblici. Gli emissari di Fmi, Bce e Commissione Ue stanno ultimando il proprio rapporto sulla finanza pubblica ellenica in vista dello sblocco della sesta parte degli aiuti varati nel maggio 2010. Sebbene il ministro Venizelos abbia garantito che Atene non ha esigenze di cassa fino a met novembre, la situazione sta peggiorando velocemente. La troika continua il suo percorso, nonostante la piazza, contraria alle misure di austerity previste dal piano di consolidamento fiscale. La situazione buona, ma non ci aspettiamo che la prossima tranche di aiuti arrivi entro novembre, ha comunicato un funzionario del Fmi. A preoccupare sono i nuovi dati dellagenzia statistica greca Elstat, che ha rivisto al rialzo il rapporto deficit/Pil 2009, portandolo dal 12,7% al 15,7 per cento. Un simile avvenimento era gi successo nellaprile 2010, quando Eurostat aveva riscontrato diversi squilibri nel bilancio pubblico ellenico e aveva portato il deficit 2009 a quota 13,6 per cento. Ora anche peggio. Come era stato per le volte precedenti, il braccio di ferro fra il Governo di George Papandreou e la troika avanza. Ma in questa occasione sta aumentando la convinzione negli operatori finanziari che sar lultima volta. Il G20 di Cannes, in novembre, sar cruciale per capire in che modo sar pilotato il fallimento di Atene. Oggi il capo europeo del Fmi, Antonio Borges, ha lanciato lamo nei confronti dellEuropa, dichiarando che non un mistero che Fmi ed Europa stiano lavorando ormai da settimane a un piano per le banche. La frase ha creato diversi imbarazzi a Bruxelles e a Berlino, a tal punto che Borges ha dovuto parzialmente ritrattare. Non un caso per che si continui a parlare di un imminente piano di ricapitalizzazione degli istituti di credito europei. Il governo tedesco pronto a realizzare questo tipo di azioni nei confronti delle banche, in caso di necessit, ha detto oggi il cancelliere Angela Merkel. Ma non solo. La signora Merkel ha anche sottolineato che gli Stati o il fondo Efsf (European financial stability facility) devono

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ricapitalizzare le banche e i governi devono poter utilizzare lEfsf se non riescono ad aiutare il proprio sistema bancario. Il timore, come hanno specificato anche i vertici di Deutsche Bank e Commerzbank, che lintervento del settore privato nellambito del secondo piano di salvataggio di Atene possa essere aumentato. Per ora, sui 109 miliardi di euro che costituiscono lammontare del secondo bailout, i creditori privati contribuiscono per 37 miliardi. Il tutto attraverso un rollover, cio un concambio peggiorativo, del debito ellenico, comprendente una svalutazione del 21% del valore nominale dei bond detenuti in portafoglio. Tuttavia, come riportato da Linkiesta, sono in corso le trattative per un aumento di questa quota. Probabilmente si arriver a un haircut del 75%, come spiegatoci da un alto funzionario della Bce la scorsa settimana. Del resto, tutti gli indizi portano a questa soluzione. Il numero uno dellEurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha dichiarato che una discussione stata in agenda nella riunione di luned. E ieri lInternational Swaps and Derivatives Association (Isda), lassociazione degli operatori del mercato dei derivati, ha sottolineato che anche un maggiore haircut sul debito ellenico non costituirebbe un elemento capace di impattare sulla valutazione formale di default greco. A rendere pi agevole la ristrutturazione del debito sovrano della Grecia, ci ha pensato anche il cancelliere Merkel che oggi ha reso noto che non ci sono problemi di liquidit per le banche tedesche, ma nel caso ve ne fossero, la Germania pronta. Le esigenze di funding degli istituti bancari europei sono stati il leit motiv anche delle dichiarazioni del ministro francese delle Finanze, Franois Baroin, che ha ricordato come le banche di Francia non hanno alcun problema, n di liquidit n di solvibilit. Per i politici europei limportante, per ora, cercare di tranquillizzare gli investitori, in vista di un fallimento sovrano di una Grecia sempre pi nellabisso.

Si pu ridurre il debito con la crescita?


di Aldo Giannuli. una sorta di mantra per il quale il modo vincente per risolvere il nodo del debito pubblico solo quello di puntare sulla crescita del Pil: se io ho un debito di 160 ed un Pil di 100 vuol dire che il mio debito il 160% del Pil, ma se il mio Pil diventa di 200 vuol dire che il debito, pur restando fermo, diventato l80% del Pil e se arrivo a 400 si abbassato al 40%. Man mano, il gettito fiscale dovrebbe crescere in cifra assoluta cos da permettere la graduale riduzione del debito e dei relativi interessi, per cui, gi dopo i primi anni (sempre che non ci sia un ulteriore disavanzo statale da finanziare con nuovo debito) il capitale inizierebbe ad essere gradualmente rimborsato e, via via, ridotto. Semplice, logico, lineare. In effetti, la crescita uno degli elementi necessari in una strategia di azzeramento tendenziale del debito. Per questo pone due problemi distinti ma connessi: a- quali sono i limiti della crescita del Pil b- in quanto tempo possibile ridurre significativamente il debito. Infatti, evidente che non si pu pensare in astratto ad una crescita illimitata, ma relativa ad una serie di fattori interdipendenti ed, in particolare, alla base di partenza ed alla popolazione. Infatti, se abbiamo un paese come la Cina degli anni Novanta, con un Pil intorno ai 3.000 miliardi di dollari ed una popolazione di circa 1 miliardo e 200 milioni di persone, un incremento del 10% nellanno successivo significa, in cifra assoluta, un incremento di 300 miliardi di dollari, vale a dire un incremento di 250 dollari pro capite. Nellanno successivo, un ulteriore incremento del 10% significa 330 milioni di dollari che, considerando in incremento demografico del 1,5% circa, significa un incremento pro capite, sullanno precedente, di poco superiore. Ma se consideriamo un paese come gli Usa attuali, con un Pil di circa 10.000 miliardi (per fare cifra tonda), una popolazione di 308 milioni di persone con un incremento demografico inferiore all1,5%, significa che un incremento del 10%, sullanno precedente, implica una crescita in cifra assoluta di 1.000 miliardi di dollari, con un incremento di 3.246 dollari pro capite. Lasciamo da parte la questione del se il Pil sia un indicatore affidabile e sino a che punto. Qui ci limitiamo a segnalare che le ragioni di una sua possibile crescita sono molteplici: investimenti, andamento demografico, sviluppo tecnologico, ecc,. E ragionevole supporre che ad ogni aumento del Pil corrisponda un incremento, pi o meno variabile, di consumi, di materie prime impiegate ed, in particolare di risorse energetiche ecc. Nel caso degli Stati Uniti, abbiamo un paese che ha gi un consumo energetico annuo di 2.170 milioni di tep, leggermente inferiore a quello di 2.252 tep della Cina, ma con una popolazione di circa un quarto

di quella cinese, Dunque un consumo di energia pro capite quasi quadruplo. Pur non pensando ad una aumento di consumi energetici direttamente proporzionale allincremento del Pil va da s che il raddoppio del Pil americano (da 10.000 a 20.000 miliardi di dollari) implicherebbe un sensibile aumento di energia, per quanto si possa ricorrere a misure di contenimento (prodotti e processi a basso contenuto energetico, limitazione dei consumi individuali ecc), con conseguenti riflessi sul costo del petrolio ecc. E dunque, non appare credibile che il tasso di crescita degli Usa possa superare di molto il quasi 2% attuale. Ma ipotizziamo che esso possa raggiungere il 4%, questo significa che per raddoppiare il Pil occorrerebbero 17 anni e mezzo, che gi un tempo molto lungo: pensare ad una serie ininterrotta di incrementi al 4% per 17 anni di seguito non cosa facile, sia perch normale che possano esserci fluttuazioni sfavorevoli, sia perch ragionevole attendersi, in un periodo cos lungo, qualche evento particolare che crei complicazioni negative. Inoltre, occorre tenere conto del saldo demografico tendenzialmente negativo per le societ avanzate (anche se questo pi vero per Europa e Giappone che per gli Usa) e, sul lungo periodo questo non facilita le cose, introducendo un ulteriore fattore sfavorevole. Nel caso degli Usa, inoltre, c da considerare un altro fattore negativo: laltissimo tasso di debito aggregato che supera il 450% del Pil (il debito pro capite degli Usa ammonta a 160.000 dollari). Questo significa che anche le famiglie e le imprese debbono recuperare denaro per alleggerire la loro esposizione debitoria ed i relativi interessi e, dunque, la pressione fiscale non pu salire oltre una certa soglia senza compromettere la stessa crescita. Ma il punto pi dolente un altro: con un debito pubblico complessivo al 160% del Pil (includendo amministrazioni locali ed enti pensionistici di cui lo Stato si fatto garante), considerando gli interessi medi annui sul debito esistente, questo significa che il 22,5% dellaumento del Pil assorbito dagli interessi, e circa un terzo di essi va ad investitori esteri, il che significa che sottratto alla crescita interna. Dunque, il rimborso del debito dovr attendere un bel po prima di essere effettuato. Per ora restiamo alla previsione lineare di un incremento annuo costante del 4% senza considerare alcun rimborso del debito. Questo significa che per portare il debito al 40% del Pil (un livello di accettabile sostenibilit) occorrono circa 30 anni, un tempo infinito nel quale non ha senso fare previsioni economiche. Il Giappone ha margini di debito pubblico molto pi pesanti (oltre il 220% del Pil) per pu giocare su tre fattori a suo favore: il possesso di 850 miliardi di dollari di debito Usa, il minore debito aggregato, il possesso della maggior parte del suo debito da parte dei suoi cittadini, ma ha indici demografici molto pi negativi in prospettiva. LItalia ha un debito al 120%, ha crediti molto pi modesti di quelli giapponesi, ma ha una situazione decisamente pi favorevole dal

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punto di vista del debito privato, mentre gli indicatori demografici sono ugualmente cattivi. In entrambi i casi, gli interessi sul debito si mangiano una bella fetta del bilancio statale e sottraggono risorse agli investimenti. Dunque anche in questi due casi, lipotesi di una crescita in grado di azzerare il debito o anche solo ridurlo a proporzioni intorno al 60% pensabile solo in tempi lunghi. Probabilmente inferiori a quelli degli Usa, ma pur sempre troppo lunghi per poter essere considerati significativi sul piano economico. Nel caso italiano, il problema maggiore viene dal tasso di crescita ormai inesistente e dalla difficolt di immaginare un piano di sviluppo che possa credibilmente portare la crescita a tassi del 3 o del 4% anno del Pil. Dunque, per una ragione o per laltra, lipotesi di sconfiggere il debito solo con la crescita non appare credibile in nessuno di questi tre casi. Di Spagna, Grecia, Portogallo e Irlanda non diciamo, ma dubbi molto forti si possono esprimere anche per Francia, Inghilterra e persino per la virtuosa Germania che denuncia un debito del 73% sul Pil ma che, in realt, ha una situazione ben pi sfavorevole (ma ne parleremo pi diffusamente in unaltra occasione). Ovviamente, la crescita necessaria ed auspicabile che essa sia la componente pi importante di una strategia anti-debito, ma, in ogni caso, non appare realistico pensare di farcela solo in questo modo. Peraltro, occorrerebbe poi entrare nel merito di cosa significa crescita , ma di questo parleremo in un altro momento. Per ora ci limitiamo a segnalare quanto sia ideologico e propagandistico il mantra della crescita che sconfigge il debito da cui siamo partiti. La crescita necessaria, ma, nei casi di Usa, Giappone ed Italia, non basta.

Libia: vietato parlare al conducente


di Amedeo Ricucci - amedeoricucci.it.

Una volta sugli autobus italiani cera un cartello che vietava al


pubblico di parlare al conducente, per non distrarlo dalla guida. E quanto succede oggi con la guerra della Nato in Libia. Nessuno ne parla pi, da pi di un mese, e nessuno pone pi domande su come procede, sulle vittime civili che fa e sugli scenari che si prospettano. Eppure, di questioni sul tappeto ce ne sarebbero diverse e tutte di un certo peso. E passato ad esempio inosservato un articolo di Gianandrea Gaiani apparso sul Sole 24 Ore di tre giorni fa, in cui per la prima volta si fa un bilancio delle operazioni militari che sono direttamente ascrivibili allItalia. Sono dati importanti, inediti, eppure sia la stampa che la politica nostrana hanno preferito ignorarli. Secondo Gaiani, che un analista strategico con ottime entrature negli ambienti militari, lItalia ha avuto ed ha un ruolo di primo piano nella macchina bellica della Nato in Libia. Con 2000 missioni compiute fino alla scorsa settimana terza, infatti, dopo Francia (4500) e Inghilterra (2400), negli attacchi al suolo dal marzo scorso. Gli aerei italiani avrebbero attaccato inoltre 500 obiettivi, sganciando circa 850 bombe la guida laser e satellitare, per un costo complessivo che si aggira sui 60 milioni di euro, solo a livello di munizionamento. I raid italiani sono stati infine coronati da un 97% di successo, senza fare ma lo dice una fonte vicina alla Nato vittime civili. Il quadro insomma molto diverso da come i nostri ministri della Difesa e degli Esteri ce lhanno sempre presentato, secondo il solito canovaccio degli italiani brava gente, che la guerra la farebbero con il sorriso sulle labbra ed i garofani nelle bocche dei cannoni. Balle. In Libia facciamo n pi n meno di quello che fanno gli altri. E sarebbe corretto dirselo, anche perch il Parlamento sar presto chiamato a votare il rifinanziamento della missione. Per sapere poi qual la situazione sul terreno tocca leggersi i giornali stranieri, perch quelli italiani hanno altro a cui pensare. Leggendo Le Figaro scopro ad esempio che a Sirte la resistenza contro le truppe ribelli del CNT non viene solo dai militari rimasti fedeli a Gheddafi ma soprattutto dalla popolazione civile, che non ha alcuna fiducia nei nuovi padroni del Paese. E leggendo lHuffington Post.com trovo lennesima conferma delle divisioni che regnano fra i ribelli di Misurata e quelli di Bengasi, sempre pi ai ferri corti e allo sbando. N mi rassicura lintervista concessa da Anders Fogh Rasmussen al Sole 24 Ore del 5 ottobre. Il segretario generale della Nato dice che in Libia si arrivati alla fase finale, ma due righe sopra si era arrampicato sugli specchi, dicendo che i sei mesi gi trascorsi dallinizio della missione se li guardiamo in una prospettiva storica sono molto pochi. E dire che si parlava, allinizio, di qualche settimana

LA DIGNIT E IL LAVORO
Alternativa.
tragedia avvenuta a Barletta, il crollo della palazzina e la conseguente morte di Giovanna Sardaro, Tina Ceci, Antonella Zaza, Matilde Doronzo e Maria Cinquepalmi, operaie del maglificio sotto la palazzina, squarciano il velo di ipocrisia che in questi anni ha coperto come spessa nebbia le condizioni di lavoro nel nostro Paese e, in particolare, del lavoro femminile. Quando si toglie dignit al lavoro, si sottomette tutto all'idea della sopravvivenza nel mercato, alla crescita economica continua, si finisce inevitabilmente per cancellare i diritti e la sicurezza. E con essi le persone stesse e le loro vite. Senza abusare delle parole, vogliamo dire che la terribile tragedia di queste quattro donne, e di una ragazza, poco pi che bambina, deve costringere a una riflessione ad ampio raggio: come porre rimedio ai disastri che stanno accadendo e che accadranno nelle famiglie del nostro Paese. Un rovesciamento di prospettiva che riporti al centro le persone e la loro dignit. Tutti i cittadini hanno pari dignit sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libert e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Qualcuno si ricorda dove scritto?

La

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Come

guidare

il

default

italiano - di Guido Viale - il manifesto.


fallimento di uno Stato (il cosiddetto default) non un evento puntuale ma un processo. L'evento puntuale la dichiarazione con cui lo Stato comunica che non intende pi o non pi in grado di pagare alcuni dei suoi debiti: cio di rimborsare alla loro scadenza i titoli (bond) che ha emesso. L'evento pu assumere varie forme: se la cosa avviene "inaspettatamente" pu gettare nel caos il paese debitore, ma anche alcuni dei paesi creditori (quelli le cui banche o i cui risparmiatori hanno accumulato quei bond) e, poi, il resto del mondo; o quasi. ggi la cosa sembra impensabile; ma abbiamo di fronte anni di turbolenza finanziaria che renderanno sempre pi difficile prepararsi a eventi del genere. Oppure pu assumere forme "pilotate", con accordi che ripartiscano gli oneri del default tra debitore e creditore, cercando di contenere i danni; pu avvenire in forma parziale, attraverso la promessa di rimborsare solo una parte del valore nominale dei bond; o in forma "selettiva", differenziando l'entit del rimborso a seconda della tipologia dei creditori (garantendo un rimborso maggiore ai piccoli risparmiatori, uno minore ai grandi investitori nazionali e uno ancora inferiore o nullo a quelli esteri). Oppure pu avvenire sterilizzando il debito, il cui valore nominale resta inalterato, ma il cui rimborso viene procrastinato nel tempo. Scelte del genere non comporterebbero necessariamente "l'uscita dall'euro" degli Stati insolventi: non ci sono "procedure per farlo" - e non una cosa semplice - e scatenerebbero una fuga dall'euro di tutti gli Stati a rischio; cio la dissoluzione della moneta unica, gettando l'Europa in un caos anche peggiore. Inoltre, non detto che il ritorno a una moneta nazionale comporti, per lo Stato in default, un recupero di competitivit con una svalutazione e il ritorno a una bilancia dei pagamenti in equilibrio. Se il tessuto produttivo non c', o inadeguato, la svalutazione non basta per togliere quote di mercato ai pi forti in campo tecnologico e amministrativo: soprattutto in un mercato in contrazione, come sar quello europeo, e mondiale, nei prossimi anni. In ogni caso, di fronte a una stretta del credito (credit crunch) potrebbero svolgere un ruolo decisivo la creazione e la moltiplicazione di "monete" a base locale emesse, in circuiti ristretti, su basi fiduciarie. un tema che meriterebbe maggiore attenzione. Le conseguenze delle alternative qui prospettate non sono ovviamente le stesse; ma in tutti i casi il default

Il

non una passeggiata: una notevole contrazione della circolazione monetaria, della produzione, dell'occupazione legata alle attivit in essere, dei redditi e del potere di acquisto inevitabile, come lo sono una fuga di capitali - se le reti per intercettarli non sono adeguate - un blocco degli investimenti esteri e privati e l'impossibilit, per diversi anni, di ricorrere a nuove emissioni (cio di fare altri debiti). Ma, a ben vedere, questi non sono che in minima parte "effetti" dell'evento default, bens i fenomeni che lo precedono e lo preparano: sono il default come processo. Quello che stiamo vivendo. Prendiamo il caso della Grecia. palesemente in default da oltre un anno: da quando Papandreou ha preso atto delle condizioni in cui era stato lasciato il bilancio dello Stato. Non avr pi, per decenni, la possibilit di ripagare il suo debito, ma nemmeno di far fronte agli interessi per rinnovarlo alle scadenze. Le politiche imposte dalla "troika" dell'Unione europea (Commissione, Bce, Fmi) ne strangolano l'economia rendendo irreversibile la corsa al default. Tuttavia solo da qualche settimana alcuni economisti mainstream cominciano a dirlo e qualche politico o banchiere a prospettarlo. Gli speculatori invece lo sanno da tempo (stanno acquistando bond greci a un terzo del loro valore nominale, perch, quando il default sar dichiarato, la Bce glieli ricomprer al doppio). Ma allora, perch la troika non impone subito alla Grecia un default pilotato? Perch nel frattempo, con la scusa di evitarlo, la depreda; cio, la fa depredare dalla finanza internazionale che il suo mandante: stipendi, occupazione, pensioni, sanit, scuole, servizi pubblici, spiagge, isole, porti, tutto viene messo in vendita - a prezzi di saldo, per costituire il "tesoretto" da devolvere ai creditori; e per cedere alla finanza internazionale i beni comuni del paese. Questo il default come processo. E l'Italia? Siamo sulla stessa strada, a una tappa di poco precedente: ma anche il processo del nostro default in pieno corso. Le imposizioni della Bce all'Italia sono state dettagliate nella lettera "segreta" di Trichet e Draghi, che contiene un vero e proprio programma di governo; il che manda all'aria le lamentele di coloro che attribuiscono la crisi in corso alla mancanza di un vero governo dell'Unione europea: quel governo invece c', eccome! Solo che non fa quello che chi ne denuncia la mancanza vorrebbe che facesse. Anzi, fa l'esatto opposto; e non per insipienza, ma per corrispondere agli interessi di chi manovra i cosiddetti mercati; che poi mercati non sono, bens potere di vita e di morte sull'intero pianeta. Il programma di governo di Draghi e Trichet uguale a quello che sta accompagnando

la Grecia al default: privatizzazione dei servizi pubblici e dei beni comuni, taglio delle pensioni, degli stipendi e dell'occupazione nel pubblico impiego (scuola e sanit al primo posto); abolizione dei contratti, libert di licenziare; azzeramento del deficit a suon di tasse sui meno abbienti. Ha quel programma la minima possibilit di rimettere in sesto l'economia italiana? Di rilanciare la crescita (parola magica e assolutamente vuota in nome della quale si giustifica ogni assalto alle condizioni di vita di intere nazioni)? Dimenticando tra l'altro che la crescita (del Pil) si sta dileguando in tutta Europa e segna il passo, o sta per farlo, anche nei principali paesi "emergenti", cui era affidata la speranza di un traino dell'economia mondiale fuori dalle secche della crisi. E dimenticando, soprattutto, che un nesso tra la crisi economica e l'impossibilit di una crescita illimitata in un pianeta finito ci deve pur essere (ma si contano sulle dita di una mano, anche tra gli economisti non mainstream, quelli che se ne ricordano). L'economia italiana, quand'anche raggiungesse il pareggio di bilancio con le manovre decise e quelle ancora da fare (cosa improbabile), avrebbe pur sempre 70 miliardi di interessi da sborsare ogni anno (il 5 per cento del Pil); in pi, per rispettare il patto euro-plus, dovrebbe recuperare ogni anno il 5 per cento del 40 per cento del suo debito (40 miliardi circa: un altro 3 per cento di Pil): una cura da cavallo a cui anche un tessuto produttivo come quello italiano che pure ha potenzialit maggiori di quello greco - non potr che soccombere. In un mondo percorso da continue turbolenze finanziarie e da una crescita evanescente, l'economia italiana non potr mai raggiungere performances sufficienti a centrare obiettivi del genere. Il default come processo quindi in corso. Certo la situazione potrebbe cambiare se cambiassero le regole di governance dell'euro. Se la Bce emettesse gli eurobond (ma forse non basterebbe); se potesse creare moneta come fanno le vere banche centrali; se l'Unione europea adottasse politiche fiscali comuni a tutti gli Stati; se si varasse subito una consistente Tobin tax; se... Ma non sta succedendo nulla di tutto ci; e niente lascia pensare che succeda. A meno che... A meno che gli Stati messi alle corde - come hanno fatto banche e assicurazioni nel 2008 - non prendano atto che il coltello dalla parte del manico ce l'hanno i debitori e non i creditori, perch sono too big to fail, mettendo in campo la vera alternativa del momento: quella tra il default come processo e il default come evento, fatto compiuto. Allora s che l'Europa correrebbe ai ripari! Certo ad adottare una politica

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del genere non sar l'attuale governo, n quello che si sta allenando a bordo campo con la benedizione di Confindustria: quella che ha coccolato per diciassette anni Berlusconi dimostrando - tra l'altro - di essere un allenatore da strapazzo. Questa alternativa un varco obbligato per chiunque accetti di dare voce alle forze, sempre pi ampie, sempre meno disperse, sempre pi transnazionali, che ieri dicevano la vostra crisi non la paghiamo e che oggi hanno tradotto questo comune sentire in un obiettivo preciso: il debito non si paga! Certo un obiettivo del genere non basta: ci vogliono anche non grandi opere per rilanciare la crescita, come nella proposta degli eurobond e negli sproloqui di Confindustria, bens programmi di conversione ecologica: promozione delle energie rinnovabili, efficienza energetica, agricoltura e mobilit sostenibili, riciclo totale nella gestione di risorse e rifiuti, manutenzione del territorio e rinaturalizzazione di quello non costruito, accoglienza e istruzione per tutti e tutte le et, ricerca mirata alla conversione; e poi, reperimento delle risorse "mettendo le mani nelle tasche" di quegli italiani che Berlusconi e Tremonti hanno protetto per anni; e azzerando gradualmente produzioni e opere inutili o dannose. Ma se non si affronta in modo radicale il nodo del debito, la politica scompare (anzi, non ricompare pi) perch vuol dire che si accetta come fatto compiuto il trasferimento della sovranit dal popolo ai "mercati".

Eppure sono notizie da prima pagina - di Corrado Belli informare


per resistere a denuncia contro il presidente francese Sarkozy stata presentata oggi al Tribunale Penale francese, come gi avevo annunciato alcune settimane fa, i tre pi temuti Avvocati francesi hanno inoltrato a nome del popolo libico una denuncia contro Sarkozy per crimini di guerra, 30 persone si sono presentate a rappresentare tutti i cittadini Libici che hanno subito danni e perdita di familiari e parenti, i tre Avvocati: Roland Dumas, ex ministro degli affari esteri sotto il governo Mitterand, Marcel Ceccaldi, un estremo tutore dei diritti umani e il temuto Michel Verges. Dumas anche disposto a difendere Gheddafi in caso venisse preso vivo e portato davanti al Tribunale internazionale dellAIA, consapevole che laggressione alla Libia frutto di interessi delle Multinazionali e non per liberare il popolo Libico da chiss quale dittatura, durante una intervista ha chiaramente detto ..se lo trovano lo uccidono come hanno fatto con gli altri, alcuni Stati si prendono adesso il diritto di uccidere contro ogni legge Internazionale. Michael Verges, figlio di madre Vietnamese e padre Francese, ha chiaramente paragonato quello che fecero le truppe USA in Vietnam con il diffondere dellAgent Orange e le bombe alluranio impoverito che le truppe NATO stanno usando giornalmente in Libia, Dumas e Verges sono andati in Libia nel mese di Maggio per constatare di persona cosa veramente stesse succedendo in Libia, hanno visto e adesso portano le prove a tavolino. Ceccaldi ha rilasciato anche lui la sua intervista: gli attacchi della NATO hanno distrutto le strutture ospedaliere, le centrali elettriche, le tubazioni idriche per il rifornimento dellacqua, ucciso migliaia di persone, questo un crimine contro la popolazione e non un atto dovuto per difendere la popolazione da Gheddafi, inoltre ha chiaramente detto che non ci sono prove che possono incolpare Gheddafi per quello che hanno diffuso i Media in quasi tutto il pianeta, i capi governo occidentali hanno perso completamente la testa nellaffare Libia, se cercheranno di fermare il processo contro Sarkozy e altri che verranno dopo, allora non ci sono dubbi che la giustizia in Europa non viene gestita da coloro designati a farla rispettare, ma dalle multinazionali, il Tribunale Internazionale in Den Haag ha poche simpatie fuori dallEuropa ..dato che fino adesso ha avuto a che fare solo con Africani, criminali come Tony Blair, Bush o Cheney Rumsfeld. Per loro non sono alcun tema significante, lo stesso Dumas scioccato per

quello che la NATO sta ancora facendo in Libia, si domanda se sono li a prendersi cura dei civili o sono li per massacrarli?..sotto questo aspetto chiaro che si tratta di una brutale aggressione e non una missione umanitaria, siamo certi che romperemo questo muro di silenzio che copre questo massacro, il governo Francese costituito da delinquenti e assassini, lelite di Sarkozy che il responsabile dellaggressione alla Libia non tanto compatta come si vuol far credere, tra le loro file serpeggia il motto: La guerra Sarkozy BHL contre Kadhafi, come ben si sa Sarkozy ha come consigliere Bernard Henry Lvi=BHL che stato il primo a prendere contatti con il capo dei ribelli su ordine di Sarkozy, dopo lincontro telefon a Sarkozy dicendogli di riconoscerlo come Capo consigliere dei Ribelli, cosa che Sarkozy fece gi il 10.03.2011 senza informare il suo Ministro degli affari esteri Jupp, che a sua volta lo ha richiamato bruscamente. Fonte: http://www.becklog.zeitgeistonline.de Anche il nostro governo non di meno, sia il Presidente Napolitano, Berlusconi, Frattini e La Russa devono essere portati davanti a un tribunale Penale per crimini di guerra e alto Tradimento, seguiti da tutta la classe politica, inclusi i Direttori di molti giornali e TV. America. Ancora sull 11 Settembre 2001. 25 Stati Americani hanno annunciato che a causa delle ripetute negazioni da parte del loro Governo nel riaprire le indagini sugli attentati alle torri Gemelle con tutte le altre conseguenze, metteranno a disposizione migliaia di persone come testimoni sui fatti accaduti, nomineranno una commissione popolare al fine di giungere alla verit che fino ad oggi stata ostacolata anche da componenti facenti parte del governo Bush e Obama. Il Senatore Mike Gravel ha annunciato la sua iniziativa dopo aver revisionato tutte le prove portate nella versione ufficiale ed ha constatato che molte lacune sono presenti su quello che stato scritto, la Costituzione Americana lo consente e sar fatto tutto per portare finalmente giustizia alle persone morte quel giorno nelle Torri Gemelle; lo stato del Massachusetts si prestato per la raccolta delle 60.000-80.000 firme che devono essere raccolte nel giro di due mesi, chiaro che il tutto ha dei costi di 2 o 3 dollari per voto ed stato calcolato quindi che servono 250.000 Dollari. Lattore e regista Mathieu Kassovitz che si trovava a Toronto si spontaneamente diretto verso il congresso che il Senatore Gravel teneva, ascoltando la sua discussione ha interrotto per un momento la discussione per consegnare a Gravel un assegno di 50.000.

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dollari come buon inizio dicendo apertamente ..io ci sono e ci sar fino allultimo. Canada. Quasi il 50% dei Parlamentari, Senatori e altre alte cariche politiche del paese, sono daccordo nellarrestare lex Presidente americano Bush, il Vice Cheney e Rumsfeld in caso dovessero mettere piede in Canada, liniziativa venuta fuori dopo aver letto le motivazioni che portarono il Canada a prendere parte in una guerra di aggressione contro lAfiganistan e Iraq basata su false prove portate dallamministrazione Bush. http://www.globalresearch.ca/index.php?con text=va&aid=26690 http://www.globalresearch.ca/index.php?con text=va&aid=26806 Germania. Scoppia lo scandalo dopo la riunificazione tra la ex DDR e la Repubblica Federale Tedesca, ancora oggi la popolazione Tedesca convinta di essere fuori dal dominio Anglosassone, purtroppo di traditori c ne sono anche in Germania, uno di questi lex Cancelliere Helmut Kohl (vero nome: Hennoch Kohn, provenienza Khazare/Galizia), durante la sua presenza come Cancelliere ci fu la rivolta pacifica della popolazione Tedesca ex DDR, era lOttobre 1989, dopo la riunificazione della Germania era chiaro che non ci sarebbero stati altri problemi nel dichiarare la Germania libera da ogni altra Potenza Militare nel paese, cosi non stato, lex Cancelliere Kohl e lEx presidente russo Gorbatchov in comune accordo con i Governi Anglosassoni, firmarono un documento nella quale prolungava il controllo di tutta la Germania (Politicamente, Socialmente ed Economicamente) da parte delle forze Alleate USA, Inghilterra, Francia, mentre la Russia si ritirava definitivamente, quale sia stata la somma di denaro incassata dal signor Gorbatchov non dato a sapere, (allepoca si parlava di 50 Milioni di Marchi pari a 50 miliardi di vecchie Lire), cosi restando i cittadini Tedeschi sono cittadini del Deutsche Reich fondato nel 1871 (vedi Bandiera Nazionale) e non della Repubblica Federale Tedesca, quindi ancora oggi soggetti alle leggi imposte dalle forze Anglosassone e non come lo si vuol far credere che la Germania abbia una propria Costituzione. Per informazioni pi dettagliate: http://www.politikglobal.net leggere larticolo: Das Deutsche Reich besteht weiterhin; Traduzione: il Deutsche Reich esiste ancora. possibilmente fatene una traduzione dato che il Documento potrebbe essere valido anche per lItalia, quale siano state le condizioni della resa firmata a Cassibile non stato dato a sapere, i documenti firmati erano due, uno quello presentato ufficialmente e laltro che non si hanno notizie e che probabilmente gli Anglosassone metteranno a tavolino al momento opportuno.

Cosa sappiamo fare di utile?


di Debora Billi.

Il New York Times racconta di come in


Grecia si stia pian piano diffondendo un'economia basata sul baratto, su moneta locale, su autoproduzione e banche del tempo. Qualcuno sussurra che anche l'Italia sia destinata alla famosa "fine dell'Argentina", dove la sussistenza di molte famiglie si bas a lungo sugli scambi di beni e servizi. Cos mi sono chiesta: cosa sappiamo fare di utile? Se dovesse accadere un disastro come quello greco, con milioni di persone senza lavoro o con stipendi ancor pi miseri di quelli odierni, chi riuscir davvero a sopravvivere? La risposta : chi ha qualcosa da vendere. Non solo patate e uova, ma anche conoscenze che possano essere utli agli altri. In Grecia si parla, oltre che di cibo e oggetti di uso, anche di lezioni di chitarra o di inglese, della riparazione di un vestito o di un'automobile, di una visita medica. Ciascuno di noi dovrebbe prepararsi ad offrire qualcosa in cambio di qualcos altro. Purtroppo, molti di noi non sanno fare proprio un accidente. E' un'economia basata su mestieri quali il web designer, il project manager, il funzionario burocrate, il commerciante seduto dietro il bancone, il freelance di questo e quello, il consulente di gestione del magazzino, il dietologo, lo psicologo dei gatti, il personal shopper, il personal trainer, l'archivista, lo junior art director, l'analista di procedure, l'ingegnere gestionale, il genetista, tutta gente che non avr nulla da scambiare n in termini di produzione di beni n in quelli di servizi a potenziali acquirenti. Faremo ricorso agli hobbies, coltivati magari anni prima. Chi suonava il piano, chi sapeva montare a cavallo, chi mastica il russo, chi ha la licenza di caccia. Il problema che se sappiamo cambiare un rubinetto o fare un orlo, non potremo comunque competere con idraulici e sarti. Occorre trovare una nicchia, ravanare nella nostra storia personale per reperire una conoscenza insolita, una capacit poco diffusa, oppure cercare di imparare fin da ora qualcosa di concreto che ci sar utile. Qualcuno si lancia a fare il pane, il formaggio, il sapone in casa. La Saponaria, gli esperti ufficiali della Rete nel campo "saponi fai da te", lancia il primo concorso per l'autoproduzione. Saponi fatti con gli scarti, con gli avanzi, un'idea carina. Ma anche l'autoproduzione si scontra con una realt: finch esisteranno in vendita saponi da 50 cents made in China, difficilmente i saponi autoprodotti.

potranno essere scambiati con un'otturazione dentale o un carburatore nuovo. Cos come difficilmente i ravanelli coltivati sul terrazzo potranno essere altrettanto "competitivi" per ottenere ci di cui avremo bisogno.

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Sviluppo

sostenibile,

bene il Parlamento Ue intendiamoci ma intendiamoci su cosa vogliamo che cresca


di Gianfranco Bologna greenreport.it.

Il

Parlamento Europeo nella sua risoluzione adottata il 29 settembre sulla Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile che avr luogo a Rio de Janeiro nel giugno 2012, riprendendo la comunicazione della Commissione Europea del 20 giugno di quest'anno dal titolo "Rio+20: towards green economy and better governance", ha indicato alcuni punti chiari ed interessanti. Il Parlamento, tra le altre cose, nella risoluzione ritiene la Conferenza Rio + 20 un'opportunit unica per i leader mondiali di definire l'agenda della sostenibilit per i prossimi 10 anni, ribadendo nel contempo la necessit di una solidariet globale e richiede che i paesi siano rappresentati a livello di Capi di Stato e/o di governo ed invita la Commissione e il Consiglio a garantire che entro il 1 novembre 2011 sar presentata alle Nazioni Unite una posizione forte e unitaria dell'Unione europea come contributo in vista dell'avvio dei negoziati all'inizio del 2012. Il Parlamento sottolinea inoltre che lo sviluppo sostenibile deve essere messo in primo piano in tutti i processi e le politiche dell'Unione europea se si vuole che quest'ultima sia coerente internamente e con le sue aspirazioni internazionali; rileva che assolutamente necessario infondere maggiore urgenza e dinamismo all'attuazione e alla governance internazionale delle politiche in materia di sviluppo sostenibile, che stanno progredendo troppo lentamente; invita la Commissione e il Consiglio a garantire che il Vertice di Rio+20 non si traduca solo in dichiarazioni di buona volont, bens in azioni concrete, obiettivi quantificabili e relativi metodi per misurarli, che sono necessari per innescare la

sinergia tra gli elementi dello sviluppo sostenibile. Relativamente ad uno dei due temi centrali della Conferenza, quello della Green Economy, il Parlamento europeo sottolinea il fatto che la Green economy debba essere intesa nel senso di un'intera economia funzionante nei limiti previsti dalla sostenibilit riguardo alla biodiversit, al mantenimento dei servizi ecosistemici, alla difesa del clima e all'uso delle risorse naturali e sottolinea che sarebbe opportuno prestare maggiore attenzione al capitale umano, ambientale e naturale e che lo sviluppo sostenibile qualcosa di pi della semplice Green economy. Il Parlamento rileva anche che il Vertice di Rio+20 dovrebbe concentrarsi sul rafforzamento dei legami tra le agende ambientale, economica e sociale, spostando la prospettiva verso un approccio pi coerente e interdipendente anzich considerare questi elementi come tre pilastri indipendenti e sottolinea che l'equit la pietra angolare del cambiamento di paradigma che necessario realizzare e che ci deve essere garantito su scala globale, consentendo in tal modo ai paesi meno sviluppati, con l'aiuto dei paesi sviluppati, di evitare la normale curva di sviluppo passando direttamente a uno status pi elevato in termini di benessere umano, ma anche sotto forma di equit all'interno del paese e di equit intergenerazionale. Queste, come molte altre affermazioni della risoluzione sono certamente condivisibili e benvenute, facendo configurare un impegno europeo per Rio + 20 di tutto rispetto. Ma la risoluzione afferma anche e molto chiaramente che il Parlamento Europeo del parere che la risposta per far fronte alle sfide che ci aspettano non consista nel rallentare la crescita ma piuttosto nel promuovere una crescita sostenibile e una Green economy, che offrono opportunit a tutti i paesi, a prescindere dal loro livello di sviluppo e dalla struttura delle rispettive economie. Pi volte

abbiamo sottolineato, anche nelle pagine di questa rubrica, che il concetto di crescita sostenibile (presente gi nel ben noto rapporto "Our Common Future" del 1987 prodotto dalla Commissione Brundtland, la commissione indipendente ONU su ambiente e sviluppo che ha avviato il processo che poi ha condotto alla Conferenza di Rio de Janeiro del 1992) rappresenta una forte contraddizione e necessita di inequivocabili chiarimenti senza i quali non pu esistere un processo di sostenibilit accoppiato ad una crescita economica materiale e quantitativa. Su questo tema cruciale bene essere molto chiari: come ci indica la comunit scientifica internazionale che studia a fondo i complessi meccanismi del cambiamento ambientale globale prodotto nei sistemi naturali dall'intervento umano, non assolutamente possibile ipotizzare uno stile di vita occidentale per i 7 miliardi che stiamo raggiungendo (secondo le Nazioni Unite il 31 ottobre prossimo) e, ancor di pi, per i 9.2 miliardi previsti nel 2050. E' inevitabile, invece, come abbiamo pi volte spiegato trattando della necessit di individuare politiche che ci consentano di vivere nei limiti di un solo pianeta, nell'individuazione di "tetti" pro capite di consumo di risorse o di "tetti" di possibilit pro capite di inquinamento, che chi oggi si trova sotto questi livelli di consumo o inquinamento (ad esempio, di acqua, di suolo, di materia, di emissioni di CO2 , di emissioni di azoto ecc.) pu crescere e chi sta sopra deve invece diminuire, trovando la sua "giusta misura". Non un caso poi che la stessa risoluzione rileva che, per consentire la transizione verso una Green economy nel contesto dell'eliminazione della povert, necessario collegare la protezione dell'ambiente e i diritti umani e affrontare le seguenti tre dimensioni politiche interconnesse: - investire nella gestione sostenibile delle risorse chiave..

e del capitale naturale sulla base di uno sforzo coordinato nel campo dell'R&S; - definire corrette condizioni di mercato e normative ispirate al principio dell'equit; - migliorare la governance e la partecipazione della societ civile e del settore privato; Non solo, ma ribadisce la propria convinzione che le soluzioni pi sicure, pi pratiche e pi facilmente realizzabili ai problemi combinati del cambiamento climatico, della perdita di biodiversit e della desertificazione consistono nel tutelare e nell'ampliare gli ecosistemi naturali. Ci dimostra ancora come, pur affermando e promuovendo politiche di sostenibilit condivisibili e ragionevoli, l'establishment politico ed economico faccia ancora una straordinaria fatica ad abbandonare il termine "crescita" che, come sappiamo, ha un forte connotato materiale e quantitativo. La Risoluzione approfondisce poi, prendendo anche qui moltissime posizioni condivisibili, diverse politiche nel campo della gestione delle risorse e del capitale naturale, dell'acqua, dell'ambiente marino e degli oceani, dell'energia, dell'agricoltura e della sicurezza alimentare, delle foreste, delle sostanze chimiche pericolose, della gestione dei rifiuti. Inoltre individua azioni specifiche per sviluppare le condizioni utili a stimolare i mercati e ad investire nel capitale umano, le tecnologie, la misurazione del progresso, ed il miglioramento della governante e del coinvolgimento del settore privato. Bene hanno fatto, in questo periodo di vivace dibattito sulle prospettive della nostra civilt, le Edizioni Ambiente a ripubblicare uno dei classici della sostenibilit, alla base del concetto di Green Economy, "Capitalismo naturale" di Paul Hawken, Amory Lovins e Hunter Lovins. Questo libro stato, sin dal

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suo lancio, un grande successo tanto che gli stato dedicato contestualmente un sito web apposito, dal quale il libro si pu "scaricare" liberamente (vedi www.natcap.org). Oggi questo un fatto frequente per tutti i libri di successo ma, all'epoca della pubblicazione dell'opera (1999), lo era molto di meno. Inoltre gli autori di "Capitalismo naturale" hanno avviato importanti e significative iniziative dedicate proprio all'applicazione concreta dei principi illustrati nel volume: basti pensare al Natural Capital Institute avviato da Paul Hawken (vedasi www.naturalcapital.org) e il Natural Capital Solutions di Lee Hunter Lovins (vedasi www.natcapsolutions.org). Il libro dedicato proprio a riflettere e proporre soluzioni per una trasformazione dell'attuale sistema economico in un nuovo sistema fortemente orientato ad una nuova economia, oggi spesso definita Green Economy, tema ormai prioritario che si sta imponendo all'attenzione dell'agenda politica internazionale. Le cause delle numerose ed interrelate crisi con le quali dobbiamo confrontarci ormai quotidianamente, dalle crisi dei cambiamenti climatici alle crisi dell'insicurezza alimentare, dalle crisi di scarsit di acqua alle crisi della perdita della biodiversit, dalle crisi dei persistenti problemi sociali (come la disoccupazione, l'insicurezza socio-economica, l'instabilit sociale ecc.) alle crisi finanziarie possono essere ricondotte ad una gigantesca errata allocazione del capitale, come ricorda anche il recente "Green Economy Report" del Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP). In particolare nell'arco degli ultimi due decenni grandi quantit di capitale sono stati investiti , ad esempio, nei combustibili fossili e negli asset finanziari strutturati con gli strumenti derivati ad essi

incorporati. In paragone invece, molto poco stato investito nelle energie rinnovabili, nell'efficienza energetica, nei sistemi di trasporto pubblici, nei metodi di eco agricoltura, nella conservazione e tutela degli ecosistemi, della biodiversit, dei suoli, delle acque, dei mari e degli oceani. Indebolire pesantemente il capitale naturale e la salute, la vitalit e la ricchezza dei sistemi naturali, spesso in maniera irreversibile, costituisce un pesante impatto negativo per il benessere delle generazioni attuali e presenta rischi e prospettive tremende per le generazioni future. Le recenti e multiple crisi sono appunto sintomatiche di questa situazione. Invertire questa errata allocazione di capitale richiede un forte miglioramento delle politiche pubbliche, incluse le misure di indicazioni dei prezzi, comprensivi della loro realt ecologica e della loro regolazione e la modifica dei sistemi dell'attuale incentivazione perversa che guidano l'errata allocazione di capitale ed ignorano le esternalit sociali ed ambientali che si producono. Nello stesso tempo politiche e regolamenti appropriati e investimenti pubblici che incoraggiano i cambiamenti anche negli investimenti privati, stanno crescendo in tutto il mondo, anche nei paesi in via di sviluppo.

Da cosa dipende il cambiamento climatico? Caro Giulietto,


un mio amico - con cui ci troviamo perfettamente d'accordo sul ritenere la versione ufficiale dell'11/9 una enorme balla contraria alla pi elementare logica - sostiene da un po' di tempo che anche questo gran parlare di riscaldamento globale sia in realt un problema gonfiato ad arte allo scopo di incentivare le fonti energetiche alternative viste come business del futuro da affiancare al tradizionale petrolio. Secondo lui il riscaldamento globale non c' o comunque molto meno influente e presente di quello che si sostiene comunemente e sarebbe provocato dalle macchie solari, teoria sostenuta da alcuni scienziati contrari al cosiddetto global warming, che sarebbe strumentalizzato da personaggi delle lites come Al Gore. Io personalmente ho molti pi dubbi del mio amico che sembra invece in questo campo avere delle certezze incrollabili; penso che i cambiamenti climatici negli ultimi anni siano effettivi, lo vediamo dall'estremizzazione di fenomeni temporaleschi o di siccit, ma non so dire e non saprei dire anche perch non sono uno scienziato, in che misura questi cambiamenti siano prodotti dall'inquinamento umano o siano invece il risultato di fenomeni naturali come appunto le macchie solari. Tu cosa ne pensi? Gradirei sapere la tua opinione visto che ti considero uno dei personaggi pi credibili e degni di fiducia del panorama giornalistico italiano e non solo; in poche parole mi fido di te, trovo che quello che dici sia quasi sempre giusto e condivisibile, contrariamente ahim a molti tuoi colleghi che sembrano preferire la coltivazione dei loro interessi personali alla divulgazione della verit Ti saluto con stima. Massimo Ceci Caro Massimo, come membro della Commissione Straordinaria sul Climat change del Parlamento Europeo, per oltre un anno e mezzo ho studiato il problema. La Commissione ha ricevuto decine di esperti di ogni parte del mondo e ha raccolto una grande mole di documenti. La verit scientifica sempre un problema di approssimazioni successive. In questo caso vale a mio avviso il principio del pi largo consenso. La comunit scientifica mondiale al 97% circa convinta che il riscaldamento globale sia l'effetto della ecological footprint, cio dell'impronta ecologica indotta dalla specie umana. Esistono scienziati che adducono altri elementi, ma i grafici dell'incremento della temperatura in connessione che l'esplosione della produzione umana di anidride carbonica e della produzione indotta di metano, unita alla deforestazione (che elimina le piante, assorbenti di CO2), dicono a mio avviso inequivocabilmente che stato lo sviluppo industriale (cio l'impronta umana) a provocare il cambiamento. Del resto l'ipotesi delle macchie solari e di altri fenomeni, che sfuggono totalmente all'influenza umana richiederebbe a sua volta prove solide, che non sono mai state proposte in modo argomentato. Quindi vale meno del consenso generale e dell'accumulo dei dati statistici a disposizione. Non c' nessun piano strategico per fare avanzare le energie alternative: c' una corsa disperata per fare soldi, come sempre, ma largamente superata dal delirio della crescita a tutti i costi, che domina il panorama. Le illusioni dello "sviluppo sostenibile" e della "green economy" sono le ridicole aspettative che nulla cambi in sostanza. Tutto questo sar spazzato via nel corso dei prossimi dieci anni, se non prima. Purtroppo le esitazioni ci fanno perdere tempo prezioso. Se si continua cos saremo travolti comunque. Secondo studi recentissimi quest'anno la superficie del mar Glaciale Artico che rimasta scoperta di ghiacci durante l'estate stata pi grande della superficie dell'India. Le conseguenze sull'effetto "albedo" stanno incrementando il riscaldamento climatico: il mare pi scuro del ghiaccio e assorbe una molto maggiore quantit di calore. Stiamo gi precipitando in caduta libera. Cari saluti, Giulietto.

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