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FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE, SOCIOLOGIA, COMUNICAZIONE

DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

Corso di Diritto diplomatico e consolare


internazionale ed europeo

Energy diplomacy: nuovi orizzonti di sostenibilità


e sicurezza energetica alla luce degli assetti
giuridici europei e internazionali

Candidati:
Matricola:
Dott.ssa Federica Stevanato
1951255
Dott. Andrea Gambarotto 1951254

Prof. Gianluca Alberini

ANNO ACCADEMICO 2020 – 2021


INDICE

2
Dott.ssa Federica
Stevanato

INTRODUZIONE
Sostenibilità, affidabilità e sicurezza sono i tre profili strategici che orientano gli
assetti e i conseguenti sviluppi della sfida globale nel settore dell’energia.
Invero, la questione energetica, pur trovando genesi in tempi oramai risalenti,
costituisce tutt’oggi un tema cruciale negli equilibri istituzionali, politici e giuridici sia
nel contesto europeo che in quello internazionale.
Nel tempo si è riscontrata una ininterrotta proliferazione normativa, atta a
determinare una modificazione nell’impiego delle risorse energiche nonché nella
fornitura delle stesse, che, principiando dall’adozione del trattato C.E.C.A. nel 1951 –
nel contesto europeo – e dalla Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici del 1992
– nell’ambito internazionale – ha condotto a recenti e importanti interventi in materia,
tra i quali in particolare si ricordino l’Accordo di Parigi del 2015 e il Green Deal
Europeo dell’11 dicembre 2019.
Un ulteriore fondamentale passo è stato, poi, segnato nel settembre 2015 dalla
sottoscrizione da parte di 193 Paesi membri dell’ONU dall’Agenda 2030 per lo
Sviluppo Sostenibile. Tale intervento consta in un programma di azione articolato in 17
Sustainable Development Goals (SDGs) all’interno dei quali il numero 7 (“Assicurare a
tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni”) ingloba
cinque target di sviluppo sostenibile nel settore energetico. Con l’adozione del predetto
documento gli Stati hanno optato per il raggiungimento degli obiettivi di pace, sicurezza
ed inclusione sociale, ivi previsti, attraverso uno strumento sovranazionale e non
meramente interno. Ciò costituisce un fondamentale traguardo nell’ottica di una power
transition1 da un sistema dipendente, quasi esclusivamente, da combustibili fossili verso
un sempre maggiore impiego delle fonti di energia pulite e rinnovabili all’insegna di un
progressivo miglioramento della sicurezza nell’approvvigionamento e nel trasporto
delle stesse.
1
Interessante è osservare come nella lingua inglese venga utilizzato il termine power per indicare tale
transizione, in quanto richiama sia il concetto di “potere” che quello di “energia”. Invero, esiste una
stretta correlazione tra la dimensione della sicurezza energetica e i fattori geo-economici, da un lato, e gli
equilibri politici-internazionali nei rapporti tra gli Stati, dall’altro. Cfr. in merito QUERCIA P., Sistema
energetico e sistema internazionale, in QUERCIA P. –VILLAFRANCA A. (a cura di), La Politica estera
dell’energia. L’Italia, la sicurezza energetica e gli interessi nazionali, Roma, 2012, pp. 17 ss.-

3
Va, inoltre, evidenziato che l’attuale contesto di crisi pandemica da Covid-19 ha
determinato un considerevole abbattimento delle emissioni di CO 2 riportando alcuni
parametri ambientali entro i limiti di sostenibilità ma, al contempo, ha acuito le disparità
sociali creando de facto un contrasto tra ambiente ed economia. A fronte di tali
molteplici emergenze il 27 maggio 2020 la Commissione Europea ha ufficialmente
adottato il Piano “Repair and Prepare for the Next Generation EU”, anche al fine –
oltre a quello di mero sostegno economico – di implementare la strategia generale di
crescita del Green Deal verso il raggiungimento di un impatto climatico a zero
emissioni entro il 20502.
Nonostante le predette considerazioni, nel contesto attuale le fonti fossili
(petrolio, carbone e gas) continuano comunque a rappresentare più dell’80% del
fabbisogno mondiale di energia. Di talché, malgrado i succitati interventi, ad oggi il
sistema energetico mondiale è ancora fortemente dipendente da tali fonti e – secondo le
analisi dell’Agenzia Internazionale dell’Energia – è destinato a non riuscire a realizzare
completamente la precedentemente descritta transizione prima del prossimo decennio 3.
Elemento che a fortiori esplica la predetta circostanza è indubbiamente
rappresentato dai limiti e dalla rigidità degli assetti giuridici europei e internazionali
che, come si vedrà meglio nel prosieguo, determinano una obiettiva difficoltà per i
singoli Stati ad adottare e – soprattutto – ad applicare uniformemente discipline
normative realmente innovative e rappresentative di un radicale cambiamento.
In tale contesto di frammentazione di interessi nazionali un ruolo di primaria
rilevanza viene ricoperto dalla diplomazia che, sia in ambito bilaterale che multilaterale,
rappresenta uno dei più importanti canali di attuazione e di concentrazione degli
interessi degli Stati nell’ambito della transizione energetica globale 4.

2
ENEA, Rapporto Annuale Efficinza Energetica. Analisi e Risultati delle policy di efficienza energetica
del nostro Paese, in enea.it, 15 ottobre 2020.
3
UNITÀ DI ANALISI E DI PROGRAMMAZIONE, MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI, GRUPPO DI RIFLESSIONE
STRATEGICA, Rapporto 2020, Le scelte di politica estera, in esteri.it, 20 marzo 2020.
4
GRIFFITHS S., Energy diplomacy in a time of energy transition, in Energy Strategy Reviews, in
sciencedirect.com, 31 luglio 2019.

4
CAPITOLO I
IL DIRITTO EUROPEO DELL’ENERGIA

1. Dal trattato C.E.C.A. al Trattato di Lisbona. Il paradosso


energetico.

«L'effet naturel du commerce est de porter à la paix. Deux nations qui


négocient ensemble se rendent réciproquement dépendantes: si l'une a intérêt
d'acheter, l'autre a intérêt de vendre; et toutes les unions sont fondées sur des
besoins mutuels»5. Proprio da tale citazione è possibile rintracciare il principio
ispiratore del progetto di integrazione europea, ovverosia la necessità di creare
una comunità sovranazionale atta al mantenimento di relazioni pacifiche tra
Stati, così come ribadito il 9 maggio 1950 nella nota Dichiarazione dell’allora
Ministro degli Esteri francese Robert Schuman6.
In tale contesto, ciò che fin da subito risultava assente era una necessaria
base giuridica unitaria che fungesse da fondamento del diritto europeo del
settore energetico; invero, l’integrazione europea si è fatta strada mediante un
processo di armonizzazione delle discipline interne agli Stati sotto un profilo
meramente economico, i.e. la liberalizzazione dei mercati energetici
dell’elettricità e del gas. Di talché, un aspetto latente constava in un quasi
integrale disinteresse alle questioni di sostenibilità e sicurezza energetica.
Aspetti che emersero, nel contesto europeo, solamente a partire dagli anni ’907.
Agli Stati fondatori delle future Comunità appariva da subito
fondamentale la creazione di una gestione comune delle fonti di energia allora

5
MONTESQUIEU C. L. DE SECONDAT, De L’esprit des lois, 1748, Quatrième Partie, Livre XX, Chapitre II
(De l’espirt du commerce).
6
Dalla quale sorse il concetto di “Europa dei piccoli passi”.
7
(DIVERSO IN AMBITO INTERNAZIONALE pag. 199 lombardo)

5
prevalenti (il carbone e l’acciaio) e di quella che si riteneva sarebbe divenuta la
fonte del futuro, ovverosia quella nucleare.
Due dei tre Trattati che ne scaturirono furono dunque orientati alla
disciplina specifica del settore energetico. Al contempo, tuttavia, il Trattato di
Roma – l’unico avente carattere generale – non prevedeva in alcun modo
l’attribuzione di una sfera di competenza energetica all’Unione e questo almeno
sino al Trattato di Lisbona, come si vedrà meglio infra nella succinta
ricostruzione delle fonti. Tale circostanza veniva in concreto a determinare il
cosiddetto “paradosso energetico”8.
Come prima tappa del percorso predetto venne proposta dal Governo
Francese l’unione della produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto
una comune Alta Autorità che costituirà poi una delle principali istituzioni della
Comunità.
In seguito, con la sottoscrizione del Trattato di Parigi del 12 aprile 1951
sei Stati (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi) 9 diedero
vita alla Comunità del Carbone e dell’Acciaio (CECA). Tale Comunità
presentava dei tratti originali, che ne determinavano un modello particolarmente
differente rispetto alle precedenti organizzazioni europee.
Tale esperienza ebbe un tale successo da determinare un’estensione delle
inziali intenzioni di integrazione europea dei medesimi Stati verso anche altri
settori, giungendo in particolare all’istituzione della Comunità Economica
Europea (C.E.E.) e alla Comunità Euorpea dell’Energia Atomica (C.E.E.A.).
L’istituzione di quest’ultima Comunità, in particolare, rappresentava un
necessario corollario dell’istituzione della C.E.C.A. sia per motivi di tipo
energetico che per esigenze di carattere di difesa militare. Il Trattato EURATOM
si spingeva oltre alla mera regolamentazione uniforme del mercato e della
distribuzione materiali nucleari, in quanto disciplinava altresì l’area di
produzione dell’energia atomica.
Premessi tali brevi cenni, è sin d’ora possibile evidenziare, come supra
accennato, un primo problema logico-giuridico in materia di diritto dell’energia

8
Espressione coniata da BLUMANN C., Energie et Communauatés européennes, Première Partie, in Rev.
Droit europ., 1984.
9
La c.d. “Piccola Europa”.

6
rappresentato dalla definizione delle competenze delle istituzioni europee nel
sistema delle fonti del diritto. Invero, vi era un’assenza di qualsiasi previsione
che potesse conferire una base giuridica all’esercizio di tali competenze in
materia energetica alla Comunità Economica Europea, ed in tal senso si può
comprendere appieno il succitato concetto di «paradosso energetico»10.
In tale contesto, in assenza di disposizione specifiche in materia di
energia nel Trattato CEE, vi è stato un progressivo sviluppo 11 verso la
legittimazione all’adozione di atti in tale settore da parte della Comunità. In
particolare, da un lato, la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha applicato
estensivamente i principi di libera circolazione anche all’energia, nella duplice
accezione di merce e di servizio; dall’altro, si è fatto ricorso ad una costante
applicazione della disposizioni di cui agli articoli 95 e 308 CE, rispettivamente
per l’adozione di atti interni in materia di liberalizzazione del settore energetico
e per la sottoscrizione di accordi internazionali in materia di sicurezza
energetica.
Di conseguenza, tali frammentarietà e parcellizzazione 12 della materia
hanno condotto ad una impossibilità applicativa per i singoli Stati di una
disciplina integrata ed uniforme atta a poter creare una solida base per il
raggiungimento di comuni prospettive energetiche.
Alla luce di tale significativo vulnus e di una applicazione di una
competenza concorrente de facto le Comunità hanno ritenuto necessario,
mediante il Trattato di Lisbona (entrato in vigore il 1° dicembre 2009), dare
pieno riconoscimento alla competenza in materia energetica con la disposizione
di cui all’articolo 194 TFUE13, nonché definire tale competenza come

10
BLUMANN C., Energie et Communauatés européennes, cit.-
11
Definito «espansione materiale delle competenze della Comunità», cfr., ex multis, POCAR. F. (a cura
di), Commentario breve ai trattati della Comunità e dell’Unione europea, Padova, 2001; TIZZANO A. (a
cura di), Trattati dell’Unione europea e della Comunità europea, Milano, 2006.
12
In particolare, ciò che ha determinato una difficoltà ad individuare una base giuridica è stato
l’accostamento di obiettivi di tutela della concorrenza e del mantenimento della sicurezza negli
approvvigionamenti.
13
Ai fini di una più agevole comprensione sul punto si ritiene opportuno riportare di seguito il testo
dell’art. 194 TFUE.
1. Nel quadro dell'instaurazione o del funzionamento del mercato interno e tenendo conto dell'esigenza di
preservare e migliorare l'ambiente, la politica dell'Unione nel settore dell'energia è intesa, in uno spirito di
solidarietà tra Stati membri, a:
a) garantire il funzionamento del mercato dell'energia,
b) garantire la sicurezza dell'approvvigionamento energetico nell'Unione,

7
concorrente ex art. 4, lett. i, TFUE. Tuttavia, va, sin d’ora sottolineato, come la
giurisprudenza della Corte di Giustizia abbia accolto favorevolmente la
possibilità estensiva di tale competenza, in particolar modo nell’ambito della
sicurezza energetica.
Di talché, l’articolo 194 TFUE introduce una specifica base giuridica in
tale settore, ponderata su competenze condivise tra l’Unione e gli Stati membri,
tuttavia il secondo paragrafo del medesimo articolo nell’esplicare la competenza
concorrente precisa come la stessa sia relativa solo ad alcuni settori della politica
energetica e, al contempo, stabilisce che ogni Stato membro mantenga
comunque il diritto di «determinare le condizioni di utilizzo delle sue fonti
energetiche, la scelta tra varie fonti energetiche e la struttura generale del suo
approvvigionamento energetico». Proprio da ciò scaturisce una oggettiva
difficoltà ad uniformare in modo comune gli obiettivi e gli strumenti applicativi
nella politica energetica al fine di giungere ad una reale e radicale transition.
*
2. La normativa più recente in materia.

A seguito del suesposto intervento delle Comunità, si sono succeduti nel corso
del tempo diversi interventi normativi che in questa sede non possono costituire oggetto
di approfondimento, dovendosi concentrare maggiormente sui più recenti sviluppi in
materia utili ai fini della presente analisi.

2.1. Clean Energy Package.

c) promuovere il risparmio energetico, l'efficienza energetica e lo sviluppo di energie nuove e rinnovabili,


d) promuovere l'interconnessione delle reti energetiche.
2. Fatte salve le altre disposizioni dei trattati, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la
procedura legislativa ordinaria, stabiliscono le misure necessarie per conseguire gli obiettivi di cui al
paragrafo 1. Tali misure sono adottate previa consultazione del Comitato economico e sociale e del
Comitato delle regioni.
Esse non incidono sul diritto di uno Stato membro di determinare le condizioni di utilizzo delle sue fonti
energetiche, la scelta tra varie fonti energetiche e la struttura generale del suo approvvigionamento
energetico, fatto salvo l'articolo 192, paragrafo 2, lettera c).
3. In deroga al paragrafo 2, il Consiglio, deliberando secondo una procedura legislativa speciale,
all'unanimità e previa consultazione del Parlamento europeo, stabilisce le misure ivi contemplate se sono
principalmente di natura fiscale.

8
Il Winter Package (anche detto Clean Energy Package) è un complesso di
norme adottato dalle Istituzioni europee tra la fine del 2018 e la prima metà del 2019
che delinea il perimetro di governance dell’Unione nel settore energetico e climatico al
fine del raggiungimento dei nuovi obiettivi europei al 2030 nonché di un’economia a
basse emissioni di carbonio entro il 2050 (c.d. “decarbonizzazione”).
Il pacchetto si compone di una lunga serie di atti legislativi, tra i quali in
particolare meritano menzione: Regolamento UE n. 2018/1999 in materia di
governance dell’Unione dell’energia; Direttiva UE 2018/2002 sull’efficienza
energetica; Direttiva UE 2018/2001 relativa alle fonti rinnovabili; Regolamento UE
2018/842 contenente i livelli di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra al 2030,
che per l’Italia è stato fissato al -33% rispetto al livello nazionale del 200514.
Si sottolinea che tali normative sono in corso di recepimento da parte dello Stato
italiano.
Il meccanismo previsto all’interno di tali previsioni sancisce il necessario
contributo di ogni Stato membro per il raggiungimento dei predetti target per il tramite
della stesura dei cosiddetti PNIEC (Piani Nazionali Integrati per l’Energia e il Clima).
In particolare l’Italia, in attuazione delle predette direttive ed in vista
dell’adozione del proprio Piano Nazionale, ha adottato nel luglio 2019 due importanti
decreti, ovverosia: da un lato, il decreto Fer1, che, ridefinendo gli incentivi per le
energie rinnovabili elettriche e premiando l’autoconsumo di energia, dovrebbe garantire
l’installazione di una potenza fotovoltaica aggiuntiva di 8 gigawatt; dall’altro lato, il
decreto Fer2 che prevede l’incentivazione della produzione energetica proveniente da
biomasse e geotermica.
Inoltre, nel mese di gennaio 2020 l’Italia ha presentato il proprio PNIEC per gli
anni 2021-2030 alla Commissione Europea che ha rilasciato il relativo Assessment of
the final national energy and climate plan of Italy il 14 ottobre 2020, valorizzando, in
tale sede, lo sforzo profuso dall’Italia al raggiungimento degli obiettivi fissati a livello
europeo pur se con qualche dubbio in relazione alla fattibilità degli stessi, soprattutto in
tema di energie rinnovabili15.

14
CAMERA DEI DEPUTATI – SERVIZI STUDI, Governance europea e nazionale su energia e clima, in
camera.it, 30 ottobre 2020.
15
EUROPEAN COMMISSION – COMMISSION STAFF WORKING DOCUMENT, Assessment of the final national
energy and climate plan of Italy, in ec.europa.eu, 14 ottobre 2020.

9
2.2. Il Green Deal europeo.

In data 11 dicembre 2019 la Commissione Europea ha pubblicato la


comunicazione COM(2019) 640 final16 che incide direttamente sui target già fissati a
livello legislativo nel Clean Energy Package. Tale documento prevede un piano
teleologicamente orientato alla trasformazione energetica per un’economia competitiva
ed efficiente che entro l’anno 2050 garantirà zero emissioni nette di gas a effetto serra.
Inoltre, tale progetto risulta essere strumentale al raggiungimento dei Goals e dei
relativi target individuati all’interno dell’Agenda 2030 in seno alle Nazioni Unite, come
si vedrà più diffusamente nel prosieguo (cfr. infra Cap. II).
Allegate al documento in commento vi è una cosiddetta roadmap articolata in
una serie di key actions tra le quali, in particolare si possono ricordare: (i) la
presentazione, entro marzo 2020, da parte della Commissione Europea della prima
European Climate Law per stabilire l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050.
Tale proposta di regolamento è stata presentata il 4 marzo 2020 17; (ii) la rivalutazione
della direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici, mettendo in rilievo gli aspetti
ambientali; (iii) entro giugno 2021 la revisione dei PNIEC nazionali al fine di proporre,
qualora fosse necessario, degli emendamenti alla normativa in materia di energia 18, ed
altresì un necessario aggiornamento dei Piani Nazionali nel 2023 che dovranno tener
conto dei nuovi obiettivi eventualmente fissati19.

2.3. Gli ultimi interventi.

16
EUROPEAN COMMISSION, Communication from the Commission. The European Green Deal, in eur-
lex.europa.eu, 11 dicembre 2019.
17
Attualmente la Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce il
quadro per il conseguimento della neutralità climatica e che modifica il Regolamento (UE) 2018/1999
(Legge Europea sul Clima) della Commissione è stata sottoposta al Parlamento Europeo, al Consiglio, ai
Comitati Economici e Sociali delle Regioni, in conformità all’ordinaria procedura legislativa. Cfr.
2020/0036 (COD), in eur-lex.europa.eu, 4 marzo 2020.
18
A tal proposito sono state presentate in data 8 luglio 2020 le strategie dell’Unione per l’integrazione dei
sistemi energetici e per l’idrogeno che mirano a modificare profondamente il quadro energetico europeo
sulla base di una maggiore efficienza ed integrazione dei sistemi degli Stati membri in modo da collegare
le fonti energetiche con le infrastrutture per il pieno raggiungimento del processo di decabornizzazione al
2050.
19
EUROPEAN COMMISSION, Annex to the Communication from the Commission, cit.-

10
L’attuale contesto di crisi epidemiologica da Covid-19 e le rinnovate esigenze di
sostentamento per la ripresa economica europea, come accennato in premessa, ha inciso
sull'esecuzione del Green Deal europeo e sulle relative risorse ad esso destinate.
Di conseguenza, sono stati elaborati due nuovissimi strumenti approvati dal
Consiglio Europeo nel corso delle riunioni straordinarie susseguitesi dal 17 al 21 luglio
2020.
Il primo di tali interventi è stato definito “Piano Next Generation Eu” e al suo
interno sono stati previsti degli stanziamenti atti a soddisfare sette distinti programmi,
tra i quali emerge quello per la ripresa e la resilienza (Resilience and Recovery Fund –
RRF) nel quale vengono ricomprese le risorse necessarie per l’attuazione del Green
Deal dando priorità al sostentamento della transizione verde e digitale e della
promozione di una crescita sostenibile20.
Il secondo intervento di carattere finanziario è il “Quadro finanziario
pluriennale 2021-2027 (QFP)” consistente in un bilancio a lungo termine che prevede
la destinazione di finanziamenti dell’Unione verso nuove priorità, tra le quali, in
particolare, la transizione verde e digitale, nell’ottica di un rafforzamento della
modernizzazione e della resilienza quali strumenti di superamento della crisi da Covid-
19.
Per quanto concerne le misure legislative italiane attuative dei nuovi strumenti
europei, la legge di bilancio 2020 (L. 160/2019) ha istituito il c.d. “Fondo per il Green
New Deal” destinato, in larga parte, ad interventi in materia energetica ed ambientale 21.
Inoltre, il Decreto Legge n. 76/2020 (c.d. Decreto Semplificazioni) convertito in
Legge n. 120/2020 prevede numerosi interventi attuativi degli obiettivi inseriti
all’interno del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima. Di particolare
rilevanza è l’articolo 58 il quale statuisce la possibilità per l’Italia di trasferire ad altri
Stati membri dell’Unione una quota del proprio surplus di produzione di energia da
fonti rinnovabili in vista degli obiettivi al 2030, per il tramite di accordi
intergovernativi.
*
20
Qualsivoglia iniziativa condotta nell’ambito di programmi nazionali elaborati nel contesto supra
descritto dovranno risultare conformi tanto a raccomandazioni specifiche del Consiglio quanto ai
contenuti dei PNIEC e dei Piani presentati nell’ambito del Just Transition Fund, ovverosia un meccanismo
di investimento specifico funzionale al nuovo progetto Next Generation Eu.
21
LEGGE 27 DICEMBRE 2019, N. 160, BILANCIO DI PREVISIONE DELLO STATO PER L’ANNO FINANZIARIO
2020 E BILANCIO PLURIENNALE PER IL TRIENNIO 2020-2022, in gazzettaufficiale.it, 30 dicembre 2019.

11
3. Le due dimensioni della politica energetica europea.

3.1. La dimensione interna.

La creazione di un mercato interno dell’energia è a partire dagli anni ’90 una


delle priorità dell’Unione Europea22. Invero, una maggiore integrazione energetica
comporterebbe l’effetto di aumentare esponenzialmente la concorrenza e di
conseguenza di ridurre i prezzi, determinando in tal modo una facilitazione nell’accesso
al mercato energetico stesso.
In tale ottica di sviluppo sostenibile del mercato interno dell’energia la
Commissione Europea, in data 25 febbraio 2015, ha pubblicato una strategia per
un’Unione dell’energia23, con l’obiettivo precipuo di offrire a famiglie ed imprese degli
Stati membri un approvvigionamento energetico sicuro, sostenibile e competitivo. Un
mercato interno di siffatto tipo mira a garantire una piena integrazione energetica, dei
prezzi accessibili, nonché un’apertura verso una neutralità delle emissioni inquinanti.
Tale operazione di liberalizzazione ha visto – rectius sta ancora vedendo – degli
interventi progressivamente crescenti che stanno conducendo ad una sempre maggiore
fruibilità del comparto energetico, sia in termini di costi che di sicurezza
nell’approvvigionamento. Tuttavia, le diverse velocità nell’apertura dei mercati
nazionali nel corso del tempo hanno determinato delle asimmetrie regolatorie, nonché
notevoli distorsioni della concorrenza e concentrazioni di mercati in singole grandi
imprese. L’insieme di tali circostanze hanno condotto ad una frammentazione interna e
dunque ad una impossibilità di raggiungere un’autentica politica comune soprattutto nei
riguardi dei principali fornitori non solo europei.
La progressiva opera della giurisprudenza della Corte di Giustizia, nonché delle
legislazioni europee, ha condotto ad una più compiuta regolamentazione dei mercati
nazionali mediante una applicazione estensiva della normativa antitrust al settore

22
Cfr. FAROSS P., L’azione della Commissione per l’energia e l’ambiente, in Atti del Convegno su
energia, ambiente, integrazione europea, Roma, 19 marzo 1993, in Rass Giur. Ener. El., 1994, pp. 353
ss.-
23
EUROPEAN COMMISSION, Energy Union Package, in eur-lex.europa.eu, 25 febbraio 2015.

12
energetico con ingenti condanne a condotte poste in essere in violazione di quest’ultima,
determinando, in tal modo, un ravvicinamento delle legislazioni nazionali24.

3.2. La dimensione esterna: gli ostacoli giuridici.

Se da un lato si è visto come la dimensione interna della politica energetica


europea abbia trovato spazio applicativo mediante la creazione di un mercato unico
dell’energia per il tramite di una interpretazione estensiva degli atti di diritto
dell’Unione sulla sicurezza energetica – alla luce dell’espresso richiamo alla “clausola
di solidarietà” di cui al succitato articolo 194 TFUE –, nonché tutela dei principi di libera
concorrenza attraverso il ricorso alla Corte di Giustizia; dall’altro lato, sul piano esterno,
tali aspetti non possono trovare piena realizzazione, in quanto i maggiori Paesi
produttori di combustibili fossili continuano a svolgere un ruolo predominante nella
fornitura agli Stati membri dell’Unione, determinando, in tal modo, una forte
dipendenza energetica di quest’ultimi. Sul piano internazionale, infatti, è possibile
osservare come vengano stipulati svariati Power Purchase Agreement (PPA)25 che sono
causa di gravi problematiche all’interno del mercato unico europeo ed in particolare
negli sviluppi del processo di liberalizzazione dei mercati energetici nazionali e della
sicurezza degli approvvigionamenti di energia.
Di talché, un obiettivo di primaria rilevanza che necessita di essere raggiunto
quanto prima consta in una totale interdipendenza energetica in relazione alla
dimensione esterna che, se non possa dirsi di agevole raggiungibilità, da subito, a livello
nazionale, dovrebbe esserlo, quanto meno, a livello europeo.
Il tema di indagine, ora, deve necessariamente porsi sotto un profilo
segnatamente giuridico. Invero, appare necessario, anche in tal contesto, comprendere
se sussista una competenza dell’Unione ad agire sul piano internazionale, nonché quale
sia la ripartizione dei poteri tra le Istituzioni europee e gli Stati membri.
24
Cfr., in materia energetica e di ravvicinamento delle legislazioni, CGUE, sentenza 7 settembre 2016,
causa C-121/2015, ANODE v. Premier Ministre et al., in curia.europa.eu; cfr., ex multis, in relazione al
concetto di pregiudizio al commercio tra gli Stati, CGUE, sentenza 19 febbraio 2002, C-309/99, Wouters
v. Algemene Raad van de Nederlandse Orde van Advocaten, in curia.europa.eu e CGUE, sentenza 11
luglio 1985, C-42/84, Remia et al. v. Commissione delle Comunità europee, in curia.europa.eu.
25
Un Power Purchase Agreement è un accordo di fornitura di energia elettrica a lungo termine tra due
parti, generalmente tra un produttore di energia elettrica (c.d. seller) e un consumatore o distributore di
energia elettrica (c.d. buyer). Trattandosi di un accordo bilaterale, il PPA può assumere differenti forme ed
essere modulato a seconda delle esigenze delle parti.

13
Nel passato si soleva far larga applicazione dell’art. 308 CE (ora 352 TFUE),
disposizione di carattere residuale, in quanto vi si poteva ricorrere solo nelle circostanze
in cui nessun’altra diposizione prevedesse la competenza per l’adozione di uno
specifico atto in materia. Di talché, si riteneva, che le Istituzioni comunitarie avessero
una sorta di potere di azione “implicito” nel settore energetico26.
Proprio in ragione di tale così individuato “potere” va ricordato – in modo
alquanto succinto per mere ragioni espositive – il Trattato sulla Carta dell’Energia
(ECT), sviluppato sulla base della Carta europea dell’Energia adottata nel dicembre
1991 e sottoscritto dai Paesi delle allora Comunità, ma altresì dall’Unione stessa 27, che
costituisce un quadro multilaterale per la cooperazione in ambito energetico progettato
al fine di promuovere la sicurezza energetica mediante mercati aperti e competitivi, in
aderenza ai principi di sviluppo sostenibile. Si sottolinea, altresì, che l’Italia era parte
contraente dell’ECT sino all’1° gennaio 2016, anno in cui ha deciso di ritararsi del tale
Trattato28.
Solo con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ed in particolare con la
disposizione, più volte citata, di cui all’articolo 194 TFUE si è posta, in via generale, una
solida base giuridica per l’azione dell’Unione in materia energetica. Invece, per quanto
concerne il settore specifico della sicurezza degli approvvigionamenti energetici, si
giunge ad una competenza concorrente dell’Unione non più implicita ma espressa,
determinando, di conseguenza, una non più necessaria applicabilità dell’articolo 308
CE. In tale rinnovato contesto, tuttavia, vi è la necessità di una coerenza tra le cosiddette
“due dimensioni della politica energetica europea” (i.e. interna ed esterna) che
comunque non a riesce dirimere la problematica di un possibile pregiudizio al primato e

26
CGUE, sentenza 13 luglio 1995, C-350/92, Spagna v. Consiglio, in curia.europa.eu; CGUE, sentenza 26
marzo 1987, C-45/86, Commissione v. Consiglio, in curia.europa.eu.
27
Le parti contraenti sono attualmente 57: Afghanistan, Albania, Armenia, Australia, Austria, Azerbaijan,
Bielorussia, Belgio, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia,
Unione Europea ed Euratom, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Grecia, Ungheria, Islanda, Irlanda,
Giappone, Giordania, Kazakistan, Kyrgyzstan, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Malta,
Moldova, Mongolia, Montenegro, Paesi Bassi, Macedonia del Nord, Norvegia, Polonia, Portogallo,
Romania, la Federazione Russa, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Tajikistan, tacchino,
Turkmenistan, Ucraina, Regno Unito, Uzbekistan e Yemen. Cfr. THE ENERGY CHARTER TREATY AND
PROTOCOL. SUMMARIES OF EU LEGISLATION, in eur-lex.europa.eu.
28
Ad ogni buon conto, ogni investimento effettuato nel settore energetico nel territorio italiano entro tale
data rimarrà protetto sino all’anno 2036. Le motivazioni di tale scelta risultano particolarmente complesse
e variegate. La giustificazione ufficiale concerne in particolar modo un necessario taglio dei costi della
quota di versamento annuale quale stato membro. Tuttavia, pare vi siano ragioni di carattere politico ed
altresì strettamente collegate all’opinione pubblica, inerenti a criteri applicativi considerati
antidemocratici e non trasparenti.

14
all’uniforme applicazione del diritto europeo dell’energia, nell’ipotesi di accordi
bilaterali di fornitura di energia elettrica a lungo termine tra gli Stati membri e gli Stati
terzi29.

3.3. Il ruolo della diplomazia nella politica esterna dell’Unione


europea.

Lo stabilimento di relazioni diplomatiche è strettamente connesso alla suesposta


azione esterna dell’Unione. Invero, le finalità di tale azione, e, in particolare, i negoziati
con gli Stati terzi finalizzati all’istituzione di specifici accordi hanno reso evidente la
necessità per gli enti europei di realizzare un’integrazione a livello istituzionale rivolta
alle relazioni internazionali. Così l’Unione europea stessa si è dotata di organi sia
centrali (all’interno dei quali si collocano la figura del Presidente del Consiglio europeo,
dell’Alto rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza e del Presidente
della Commissione europea) che esterni (comprensivi delle delegazioni presso gli Stati
terzi, nonché le missioni permanenti presso le organizzazioni internazionali) 30.
Si sottolinea come dall’anno 2010 gli organi c.d. centrali sono inseriti nel quadro
del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), al quale sono stati attribuite le
funzioni in passato assolte dalla Direzione generale delle relazioni esterne (DG RELEX)
in seno alla Commissione europea, nonché da altre direzioni generali interne ad altri
organi dell’Unione.
La previsione di tale Servizio europeo per l’azione esterna rappresenta una delle
innovazioni maggiormente significative del Trattato di Lisbona, sovrapponendo quasi
integralmente, nel contesto dell’Unione, le funzioni svolte dalle diplomazie nazionali.
Tuttavia, va evidenziato come le competenze in materia di relazioni esterne attribuite
all’Unione siano comunque soggette al principio di attribuzione e di conseguenza per
così dire “limitate” allo svolgimento di specifiche funzioni. Inoltre, l’Unione non può
sempre essere parte attiva nella diplomazia multilaterale, non potendo essere membro
della maggior parte delle organizzazioni internazionali.

29
Vedasi a titolo esemplificativo, il contesto della Federazione Russa
30
Cfr. sul punto, per un ampio approfondimento, CURTI GIALDINO C., Diritto diplomatico e consolare
internazionale ed europeo, Torino, 2020, pp. 608 ss.-

15
Questi ultimi rilievi denotano una significativa problematica nell’attuazione
diretta delle politiche europee, in primis, in materia energetica, per le difficoltà supra
analizzate di far valere nel contesto esterno un’uniformità di disciplina in tale settore.
Da un punto di vista operativo la SEAE è un organo facente parte della Politica
estera di sicurezza comune (PESC) che ha il compito di assicurare una coerenza tra le
varie direzioni in cui si articola l’azione esterna dell’Unione, nonché tra queste e le altre
politiche dell’Unione sia interne che internazionali.
La diplomazia svolge, dunque, la fondamentale funzione di colmare lo stato di
impossibilità, per l’Unione, di attuare e sviluppare direttamente le proprie finalità, nel
contesto delle relazioni tra la stessa e gli Stati terzi. In particolare, la reti diplomatiche
nazionali possono stabilire delle Delegazioni dell’Unione presso Stati terzi e in seno alle
principali organizzazioni internazionali, sulla base della previsione di cui articolo 221
TFUE, il quale ne costituisce il precipuo fondamento giuridico, facendo espresso
riferimento a tali Delegazioni quali strumenti attraverso cui attuare la dimensione
esterna dell’Unione31.
Più dettagliatamente è possibile affermare che le funzioni delle Delegazioni
dell’Unione presso gli Stati terzi non differiscano sostanzialmente da quelle previste
all’art. 3 della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 1961 (CVRD),
infatti le Delegazioni, tra le proprie svariate attività, rappresentano, anzitutto, l’Unione
nei Paesi terzi, e i relativi interessi economici, culturali e scientifici. Inoltre, si occupano
dello svolgimento di negoziati con il governo dello Stato accreditatario e curano i
rapporti con le missioni diplomatiche e consolari degli Stati membri, al fine di
assicurare rispetto e attuazione delle decisioni dell’Unione in materia di azione esterna,
in conformità al principio di leale collaborazione ex art. 4, par. 3, TUE. Infine,
assicurano la presenza dell’Unione nelle organizzazioni internazionali con sede nello
Stato accreditatario32.

31
Ibid.- Il primo riferimento che storicamente accoglie questa capacità dell’Unione di stabilire relazioni
diplomatiche, in tal contesto, è il Trattato CECA, in particolare all’art. 6, secondo comma. Così come
confermato anche dalla Corte di Giustizia nelle storiche sentenze Van Gend & Loos (C-26/62) e Costa c.
Enel (C-6/64), ripetitivamente del 1963 e del 1964. Cfr. altresì CGUE, sentenza 12 novembre 2015, C-
439/13 P, Elitaliana S.p.A. v. Eulex Kosovo, in curia.europa.eu).
32
Si ricordi che le Delegazioni dell’Unione, nello svolgimento delle loro funzioni, godono di immunità e
privilegi modellati su quelle riconosciute alle missioni diplomatiche degli Stati, così come codificate dal
CVRD.

16
Per quanto concerne le Delegazioni dell’Unione presso le organizzazioni
internazionali, l’art. 220 TFUE individua due categorie delle stesse. In particolare, nel
primo paragrafo, sono elencate Nazioni Unite, Consiglio d’europa, OSCE, OCSE; nel
secondo paragrafo tutte le altre.
Le diversificazioni individuate si riflettono direttamente sui differenti strumenti
giuridici, attraverso i quali opera la cooperazione con l’Unione. Nello specifico, con le
organizzazioni di cui al primo paragrafo, l’Unione attua «ogni utile cooperazione»,
attraverso differenti strumenti quali lettere, accordi di cooperazione, nonché
memorandum e dichiarazioni di intenti. Per quanto concerne, invece, le altre
organizzazioni internazionali, l’Unione si limita ad assicurare «i collegamenti che
ritiene opportuni», ricomprendo, dunque, un ruolo maggiormente marginale33.

***

CAPITOLO II

33
Cfr. per una pià ampia analisi, ex multis, BUTLER G., Constitutional Law of EU’s Common Foreign and
Security Policy: Competence and Institutions in External Relations, Oxford, 2019; CELLERINO C.,
Soggettività internazionale e azione esterna dell’Unione europea. Fondamento, limiti e funzioni, Roma
2015; VAN VOOREN B, WESSEL R. A., EU external relations law: text Cases and Materials, Cambridge,
2014; BARONCINI E., NOVI C., CAFARO S., Le relazioni esterne dell’Unione europea, Torino, 2012;
MIGNOLLI A., L’azione esterna dell’Unione ed il principio della coerenza, Napoli, 2009.

17
L’ASSETTO GIURIDICO INTERNAZIONALE E LA
COOPPERAZIONE MULTILATERALE

1. Il contesto (giuridico) energetico internazionale (in materia energetica).


Challenges for International Energy Law
Nel contesto internazionale la questione energetica ha assunto, nel corso del
tempo, una valenza differente – e in un certo senso meno pregnante – rispetto a quella
ricoperta negli ambiti nazionali ed europei. In particolare, le discipline di settore hanno
trovato sviluppo nell’ottica di una dimensione prevalentemente domestica e non
caratterizzata da immediati profili internazionali. (non ci sono normative di carattere
universale in materia energetica. Questo quanto meno sino al protocollo Kyoto…
dopo?)
1. Assenza “di una base giuridica” internazionale, presenza di un diritto ambientale
internazionale ma non energetico. (cfr. p. 4 2 978888…)
Assenza di una ricostruzione giuridica che da un lato in modo sistematico analizzi il
profilo ambientale delle questioni energetiche al fine di collocarle nella più ampia
cornice dello sviluppo; dall’altro, in modo organico, riconduca ad unità
l’apporfondimento sulla sostenibilità ambientale delle fonti energetiche…senza
distinizioni tra rinnovabili e nucleari.
2. Ruolo fondamentale è stato svolto da summits, agenzie e organizzazioni
internazionali.
3. Evoluzione della normativa internazionale con l’elaborazione del concetto di
sviluppo sostenibile
4. Triplice dimensione dello sviluppo sostenibile (sociale, economica, ambientale)
trinomio (sviluppo, ambiente, energia).
5. La nozione di sviluppo sostenibile  world commission on environment and
devolpment ONU 1987  inaugura una nuova fase del diritto internazionale
dell’ambiente  si evidenziò carattere unitario dell’ambiente e incapacità per
singoli stati di far fronte a questioni che oltrepassano i confini nazionali, non
risolvibili in modo unilaterale (spiegazione della necessità di un profilo
internazionale). (fonti cfr. p. 46 ss. Tesi mutti)
6. In nota dichiarazione sull’ambiente umano 1972
7. Rapporto bruntdland 1987

18
8. Conferenza rio 1992 – e dichiarazione di rio  non + una tutela ambientale statica e
sincronica ma integrazione fra ambiente e sviluppo (visione dinamica) a beneficio
generazioni future.
9. Conferenza di johannesburg 2002
10. Tutte queste conferenza portano ad un concetto di multidimensionalità. Tutto ciò
rende difficile la comprensione della reale natura giuridica del concetto. Anche
giuri. Internazionale (p. 35 tesi napoli) pochi riferimenti a sviluppo sostenibile e
omissioni sulla definizione dello stato giuridico. (casi…). PRONUNCE RECENTI
CIG  OBIETTIVO NO PRINCIPIO GIURIDICO.
11. Riscontro nella new delhi declaration 2002 a global objective
12. Dichiarazione del millennio ONU 2000
13. Sono tutti atti di soft law  pag. 96 mutti tesi
14. Per sopperire ad una mancanza di disciplina giuridica si è fatto riferimetno ai c.d.
core ingredients dello sviluppo sostenibile … principi generali ambientali. Ma giuri.
Giuridicamente vincolante e natura consuetudinaria (divieto danni transfrontalieri,
principio di prevenzione ed obblighi di cooperazione). Diverso per principi di nuova
generazione che comunque va tenuto conto dell’adattamento.
15. Tipi di trattati (p. 70 tesi napoli)
16. Agenzie…
17. 1991 EUROPEAN ENERGY CHARTER… atto giuridicamente non vincolante.
Trattato sulla carta dell’energia 1994  creato un organismo di vigilanza
(conferenza della carta dell’energia ed il segretariato).  riferimento a principi
generali ambiente per fondare “vincolatività” giuridica. P. 76 (FONTI: VEDI
RIASSUNTO AGENDA 2030 LUISS)
18. protocollo sull’efficienza energetica … 1994 in nota
19. 1991 convenzione per la protezione delle alpi  accordo internazionale
20. gli obblighi di risultato nelle convenzioni ambientali  (prima una serie di
convenzioni in nota) nel 1992 a conclusione del summit di rio su ambiente e
sviluppo, aperta alla firma la convenzione quadro sui cambiamenti climatici
UNfCCC)…
 in attuazione con il protocollo di Kyoto  obiettivi vincolanti
21. DOHA,
22. PARIGI, fallimento per non vincolatività (v. tesi luiss agenda 2030)
23. AGENDA 2030:

19
adottato con una risoluzione, dunque non avente carattere vincolante. Anche se ….
Dottrina vetusta riteneva che per gran quantità di stati e importanza decisioni in
senso onu le risoluzioni potesse in un certo c.d. effetto di liceità si riteneva di poter
violare norme vincolanti precedenti con una sorta di effetto
abrogativo/modificativo. Ora anche nella prassi non si applica più.  effetto di
adattamento dei principi generali ambientali.
Altro fattore, ma ora non più, se stati deliberatemene viola più volte contenuto
risoluzione, compie illecito.
Visto importanza, numero stati, potrebbe/dovrebbe iniziare ad assumere valore
consuetudinario. (conclusioni  ue competenza esclusiva, memebro nazioni unite,
in unione con gli stati, risoluzione, accordo internazionale universale con
meccanismi di controllo e sanzioni).
https://www.un-ilibrary.org/content/books/9789210046558/read (report nazioni
unite nov 2020)
24. domestic jurisdiction (p. 212 napoli)  discrasia tra obiettivi da raggiungere e
incentivi in fonti rinnovabili, ma senza obblighi per stati. Nessuna trasfusione in
norme consutudinarie di investire in fonti rinnovabili. Residua sempre nonostante i
tratti una piena libertà di scelta delle fonti e delle modalità di produzione in capo
agli stati, determinando evidenti rischi per la tutela ambientale e la sicurezza nella
produzione e approvvigionamento. (VERIFICA DA ACCORDO DI PARIGI SE
MUTATO).
 OBBLIGHI DI RISULTATO, no di utilizzo delle fonti rinnovabili e sostenibili.
Sovrapposizione UE (mai obblighi di mezzi e una competenza concorrente, ossia
l’UE non ha mai avocato integralmente a se la competenza in tale settore). 
problemi uniformità applicativa.
25. Le violazioni e responsabilità per stati non in materia strettamente energetica, ma
solo ambientale. (p. 224 napoli).--> organi di controllo pongono disincentivi, ma
non hanno poteri vincolanti. (p. 232). Diverso meccanismo di compliance per
protocollo di Kyoto perché vere e proprie sanzioni.  diverso per ue (atti vincolanti
e funzioni di controllo)
26. Controlli più serrati per nucleare (p. 270 napoli) in nota.

Tale tendenza ha visto un’inversione in tempi più recenti alla luce, soprattutto, di
due aspetti: da un lato, la necessità di garantire a tutti gli Stati della Comunità

20
internazionale l’accesso a fonti energetiche sicure, e, dall’altro, la difficile
determinabilità delle disponibilità di risorse naturali. Invero, il tema dello sviluppo
sostenibile dell’energia è, ad ora, uno dei temi maggiormente dibattuti nelle principali
sedi internazionali e rappresenta, per così dire, la sfida del terzo millennio. (riduzione
della c.d. domestic jurisdiction ma…. No universali)
Ai fini che qui interessano, sarà necessario vagliare, a seguito di un’attenta
analisi della normativa internazionale in materia, se esistano strumenti concretamente
idonei a garantire una sicurezza e sostenibilità nella produzione e distribuzione delle
fonti energetiche, nonché si procederà ad esaminare il fondamentale ruolo ricoperto in
tal senso della diplomazia, in particolare italiana, nei fori multilaterali/bilaterali.
In tale ottica, l’attuale volontà politica internazionale mira a promuovere una
low carbon economy che viene racchiusa entro le cosiddette «four major challenges»34,
ovverosia: (i) concerns about energy security; (ii) combating climate change; (iii)
reducing poulltion and public-health hazards; (iv) addressing energy poverty.
Sarà dunque auspicabile – rectius necessario – procedere attraverso una graduale
transizione energetica, nel contesto globale dell’energia, che miri a modificare il c.d.
“mix energetico” dei singoli Paesi, in particolare attraverso un sistema consolidato di
reciproche esportazioni ed importazioni di energie rinnovabili con la sottoscrizione di
accordi di carattere intergovernativo tra gli Stati, teleologicamente orientati alla
realizzazione di infrastrutture interconnesse che siano in grado di garantire degli apporti
energetici idonei e a costi più contenuti. (sarebbe necessario stipulare accordi
internazionali universali… e soprattutto che prevedano dei sistemi di controllo e
sanzionatori, in modo tale da superare i limiti attuali).

Nell’ottica di implementare la produzione energetica originata da fonti


rinnovabili, si sono sviluppati numerosi organismi internazionali (e.g. agenzie, networks
e organizzazioni internazionali vere e proprie) che per il tramite di attività di ricerca e
consulenza di carattere tecnico-finanziario ( risoluzioni, strumenti concreti) offrono un
fondamentale supporto ai propri membri atto a sviluppare un sistema produttivo e di
scambio sempre più orientato al concetto di green energy. Il primo di tali organismi ad
essere fondato, oltre a quelli già costituiti antecedentemente nell’ambito dell’energia
34
UNEP, Towards a Green Economy:Pathways to Sustainable Development and Poverty Eradication – A
Synthesis for Policy Makers, in unep.org/greeneconomy, 2011, p 206.

21
atomica, è l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) in seno all’Organizzazione per la
Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) nel 197435. L’AIE aveva, alla
fondazione, quali “basic aims” – nel tempo implementati ed adeguati ai nuovi
imperativi di sostenibilità energetica – diretti a rispondere alle conseguenze scaturite dal
c.d. “shock petrolifero” dell’anno precedente36: (i) la cooperazione tra i Paesi membri al
fine di ridurre l’eccessiva dipendenza dal petrolio, attraverso il risparmio energetico, lo
sviluppo di fonti energetiche alternative e la ricerca in materia; (ii) un sistema
informativo relativo al mercato petrolifero internazionale; (iii) la cooperazione con i
Paesi produttori e consumatori di petrolio al fine di sviluppare un commercio energetico
stabile; (iv) un piano atto a far fronte alle emergenze in caso di gravi interruzioni delle
forniture di petrolio37.
Nel tempo sono state create altri organismi tra i quali ….
Una primaria importanza è rivestita dal recentissimo report dell’AIE del luglio
202038 nel quale vengono delineati i differenti aspetti relativi al settore energetico
globale attuale con particolare riferimento alle implicazioni derivanti dalla crisi
pandemica da Covid-19. Invero, interessante sul punto è l’invito formulato dall’Agenzia
stessa all’Unione europea, per il tramite della Commissione, di intraprendere un
processo di accelerazione della c.d. energy transtion alla luce dei cospicui interventi
finanziari stanziati con il supra descritto – all’interno del Capitolo I (Cfr. § _____) –
nuovo piano Next Generation Europe, attraverso, in particolare, la promozione di
35
Di tale Agenzia possono far parte esclusivamente gli Stati già membri dell’OCSE ex art. 71 del Trattato
Istitutivo.
36
Lo shock petrolifero del 1973 ebbe origine a seguito dell’attacco a Israele da parte di Egitto e Siria e dal
successivo embargo degli Stati arabi dell’OPEC nei confronti dei Paesi filo-israeliani. Diretta conseguenza
di tale contesto fu dunque il brusco aumento del prezzo del greggio e dei suoi derivati, e di talché la
ricerca degli Stati di nove fonti di approvvigionamento. Si veda sul punto l’articolo 6. della Decision of
the Council Establishing an International Energy Agency of the Organization del 15 novembre 1974. Cfr.
ALTRESÌ PETRINI F., La crisi energetica del 1973. Le multinazionali del petrolio e la fine dell’età dell’oro
(nero), in Contemporanea, 2012, n. 3, pp. 445 ss.-
A tale prima crisi energetica ne seguì un’ulteriore nel 1979, allorquando, nel contesto di rivoluzione
iraniana con il rovesciamento del governo di Mohammad Reza Pahlavi, venne occupata, il 4 novembre
1979, l’Ambasciata americana a Teheran ove vennero presi in ostaggio 52 diplomatici e funzionari. Tale
successione di eventi determinò nuovamente un considerevole aumento dei prezzi del greggio, ma, al
contempo, una positiva spinta verso nuovi obiettivi di politica energetica, tra i quali di fondamentale
rilievo è rappresentata, a livello europeo, dalla Risoluzione del Consiglio del 1985 (Linee direttrici per le
politiche energetiche degli Stati membri. Obiettivi dal 1985-1995) contente obiettivi energetici decennali.
Cfr. sul tema KRUGMAN P., A Crude Shock, pubblicato su New York Times il 14 maggio 2004, in
aspoitalia.it e DI FAZIO A., Le grandi crisi ambientali globali: un sistema in agonia, il rischio di guerra,
2000, in aspoitalia.it.
37
Cfr. SCOTT R., History of the IEA - Volume 1, 1994, in iea.org.
38
IEA, Global Energy Review 2020, The impacts of the Covid-19 crisis on global energy demand and Co 2
emissions, in iea.org, revised version di luglio 2020.

22
programmi su larga scala di rinnovazione e digitalizzazione delle infrastrutture
energetiche, la revisione dei PNIEC nazionali in un’ottica segnatamente orientata alla
sostenibilità e competitività dei mercati dell’energia ed infine per il tramite di una più
diffusa integrazione delle differenti politiche energetiche atte al raggiungimento di una
neutralità climatica e di una sicurezza nei processi produttivi e distributivi.
*
2. La normativa internazionale ed il ruolo rivestito dalle Nazioni Unite.
BASE GIURIDICA  operatività degli stati e a livello internazionale delle
organizzazioni gioco di reciproci compromessi. Ambito di operatività dei
soggetti
Come anticipato in premessa, gli atti normativi di diritto internazionale in
ambito energetico hanno trovato genesi solo in tempi recenti e il loro contenuto non può
mai dirsi esclusivamente relegato a tale materia.
I principali strumenti giuridici sono rappresentati quasi integralmente da trattati
internazionali, i quali a loro volta possono essere distinti in trattati commerciali
bilaterali, accordi costitutivi di organizzazioni internazionali e convenzioni multilaterali.
Nei primi viene in rilievo un mero interesse di carattere economico, postulando,
in tal modo, una dialettica tra i cosiddetti “diritto internazionale economico” e “diritto
internazionale ambientale”. Tale aspetto determina un grave pregiudizio ai primari
obiettivi di sostenibilità e sicurezza energetica in favore di un preminente interesse
economico, nonché una oggettiva difficoltà al raggiungimento in maniera uniforme
degli obiettivi stabiliti in sede di trattati multilaterali e in seno alle principali
organizzazioni internazionali operanti nel settore dell’energia39.
Relativamente agli accordi costitutivi di organizzazioni internazionali, tra
quest’ultime possono annoverarsi ex multis: L’Agenzia Internazionale dell’Energia
(AIE), l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC) e l’Agenzia
Internazionale per le Energie Rinnovabili (IRENA).
Infine, con riferimento ai trattati multilaterali è possibile evidenziare come non
esistano convenzioni di tale tipologia aventi carattere universale nello specifico settore
energetico. Invero, si possono riscontrare degli accordi che, da un lato, sono limitati ad
39
Pavoni V., La relazione fra i trattati ambientali multilaterali e gli accordi dell’Organizzazione mondiale
del commercio, in Del Vecchio A., Dal Ri. J. (a cura di), Il diritto internazionale dell’ambiente dopo il
vertice di Johannesburg, Napoli, 2005, pp. 205 ss.-

23
un settore non specificatamente orientato al contesto energetico (e.g. che riguardano in
genere il settore ambientale. Tra questi il più importante è senza dubbio il Protocollo di
Kyoto) e, dall’altro, possono essere circoscritti ad un determinato ambito territoriale non
potendosi, dunque, dire a carattere universale (e.g. che trovano spazio in ambito europeo
con estensioni a singoli Paesi. All’interno di questa categoria è possibile ricordare il
Trattato istitutivo dell’AIE e il Trattato sulla Carta dell’Energia del 1994).
In tal contesto, un ruolo fondamentale è stato – ed è tutt’ora – ricoperto dalle
Nazioni Unite, le quali a partire dagli anni ’90 hanno intrapreso un iter

1991
Convenzione quadro 1992
Kyoto
Doha
Parigi
Ultimi interventi
Agenda 2030
Covid

Il ruolo della diplomazia


1. Il fondamentale ruolo ricoperto dalla diplomazia attraverso canali bilaterali e
multilaterali
GOVERNANCE GLOBALE DELL’ENERGIA (agenzie.. ) p. 26 S6_2013
AFFIANCA IL MOMENTO BILATERALE
2. breve distinzione tra diplomazia bilaterale (brevi cenni) e multilaterale :
https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1002/9781118885154.dipl0023il
3. il ruolo della diplomazia in seno alle organizzazioni internazionali (p. 234 libro di testo)
e nei summits (p. 221 libro di testo) differente da c.d. summit diplomacy (tra due stati)
hanno ruolo fondamentale in settore energetico (IN AMBITO MULTILATERALE AIE
p. 28 s6_2013)

Diplomazia multilaterale in seno all’ONU e agenda 2030

24
HTTPS://WWW.UN-ILIBRARY.ORG/CONTENT/JOURNALS/15643913/51/3/8/

READ

4. GCC IN PARTE EUROPEA IN NOTA IN CASO

5. NECESSARIO UN IMPLEMENTO DELLE RELAZIONI DIPLOMATICHE IN

ENTRAMBI I SETTORI, ATTE A COLMARE ED UNIFORMARE IL VULNUS

DETERMINATO DA UNA MANCANZA DI UN FONDAMENTO GIURIDICO

COMUNE INTERNAZIONALE, NON ESSENDOSI FORMATE CONSUETUDINI

INTERNAZIONALI… TRATTI NON SPECIFICI…. NO OBBLIGHI PER

STATI…

SIA IN AMBITO MULTILATERALE…

MA ANCHE E NELL’IMMEDIATO IN AMBITO BILATERALE DAL

MOMENTO CHE CI SONO MENO PARTI COINVOLTE, MENO INTERESSI, E

DUNQUE MAGGIOR FACILITA’ NEL RAGGIUNGIMENTO DI UNA

ACCORDO CON PROSPETTIVE COMUNI. A TAL PROPOSITO ANCHE IL

RUOLO RIVESTITO DA DELEGAZIONI EUROPEA IN RELAZIONE AD

ALTRI PAESI E’ FONDAMENTALE. SI PARTE DA UNA BASE COMUNE

EUROPEA, PER ARRIVARE, MAN A MANO, ATTRAVERSO ACCORDI CON

SINGOLI STATI A RAGGIUNGERE UNA VISIONE UNIFORME E

CONDIVISA.

IN AMBITO MULTILATERALE, SI E’ GIÀ FATTO MOLTO, E MOLTO DEVE

ANCORA FARSI, SICURAMENTE UNA SPINTA IMPORTANTE E’

RAPPRESENTATA DALL’AGENDA 2030, TUTTAVIA DA UN PUNTO DI

VISTA STRETTAMENTE GIURIDICO CI SONO DEGLI OSTACOLI AD ORA

INSUPERABILI PER POTER PORRE IN ESSERE IN CONCRETO DELLE

STRATEGIE DI AZIONE COMUNE CHE VADANO OLTRE MERI ASPETTI

ECONOMICI.

25
6. RUOLO FONDAMENTALE IN TAL SETTORE ANCHE DA AGENZIE

SPECIFICHE TRA CUI IEA PAG. 202 ES0266 (RAPPORTO GLOBAL


ENERGY REVIEW 2020, IN CONTESTO COVID),.
7. RUOLO DELLA DIPLOMAZIA ITALIANA SUL PIANO
BILATERALE/MULTILATERALE (p. 32 s6_2013)
ruolo della diplamazia e dell’italia nel g20 2021
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/verso-il-g20-italiano-clima-energia-e-
migrazioni-28090

--
Diplomatica cooperazione fori multilaterali e bilaterali
covid

Cap. ii
1. Fonti:
tesi 79622456
baldi pag. 133 verso fine tap, governance globale energia

26
citazioni cap. 1:
1. Enea per parte transizione energetica e obiettivi
2. Qao216568e… per parte politica estera europea e diplomazia
3. Energy diplomacy instabul

Conclusioni
Bilanciamento ed influenza reciproca tra le linee di azione internazionali ed
europee, nonché tra singoli stati, attraverso la diplomazia. Rafforzamento
attraverso maggior ruolo pesc… vedi ad es. AIE verso commissione…
problema contrasti di visioni… si pensi a indirizzo differente e differenti
basi giuridiche a livello es. onu con delegazioni europee e quelle degli stati
ed infine ruolo organizzazioni internazionali. Rischio cortocircuito e
difficile applicazione uniforme.
Interessante biden accordi parigi sempre es0266 p. 209…
https://www.adnkronos.com/fatti/esteri/2020/12/12/clima-biden-usa-
torneranno-subito-agli-accordi-parigi_xmSGOhaIxUXZklNgFSKeiN.html

La cooperazione internazionale
Secondo l’ultimo Emission Gas Report dell’Onu “per raggiungere gli obiettivi di

27
Parigi la riduzione di emissioni nel prossimo decennio dovrà essere del 7,6%”.
Uno studio del Fondo monetario internazionale evidenzia come dal 2015 a oggi,
Unione europea e Stati Uniti abbiano diminuito le emissioni di
C02 rispettivamente di 5,1% e 2,9%, mentre Cina e India le abbiano addirittura
aumentate di 4,9% e 1,5%.
Da questi dati si evince che per raggiungere gli obiettivi prestabiliti siano
necessari maggiori “sacrifici” ed è inoltre evidente quanto sia difficile trovare
un consenso internazionale sulla ripartizione degli stessi.
La pandemia, peraltro, accentua il problema. Innanzitutto, perché
la recessione che ne segue può cambiare le priorità della politica e sottrarre
risorse all’agenda “verde”. Ma anche perché il crollo del prezzo del
petrolio rende più difficile e antieconomica la transizione energetica.
Su un tema così globale è quindi imprescindibile che aumenti la
cooperazione internazionale e si arrivi a scelte condivise. Per quanto difficile,
gestire al meglio la tempistica della transizione e minimizzare il grado
d’incertezza è nell’interesse di tutti i Paesi. Infatti, cambiamento climatico e
surriscaldamento globale accrescono la volatilità dei prezzi agricoli (per le
sempre più frequenti e improvvise siccità, inondazioni o gelate), aumentano i
rischi e i costi delle compagnie assicurative (per i maggiori danni causati da
uragani e tempeste), mettono a rischio interi settori dell’economia, generano
maggiore instabilità macroeconomica e rendono più complessa e meno efficace
la politica economica di governi e banche centrali.

28
G20 -- 2021

https://op.europa.eu/webpub/eca/lr-energy-and-climate/it/

29
BIBGLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

30

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