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Laboratorio di DISEGNO 2
Prof. Franco Prampolini
Il rilievo non è indifferente rispetto agli studi che si devono svolgere. Un rilievo
geometrico è sempre indirizzato. Con il rilievo non si scopre nulla: si verificano
delle ipotesi. Con il rilievo si costruisce un modello interpretativo rispetto a precise
categorie: la forma, la geometria, la posizione.
Definizioni
Perché usare un modello? Perché l’insieme degli elementi del modello è più
accessibile di quelli della situazione reale. Per conoscere la realtà possiamo
manipolarla direttamente ovvero costruire un modello, manipolarlo e dai risultati
ottenuti trarre previsioni sul comportamento del sistema reale, cioè lavorare per
successive approssimazioni, simulazioni e verifiche. Non è un caso che Jorge
Borges collochi l’idea di una mappa “grande come il mondo stesso” nella “Storia
Universale dell’Infamia” (!)
In quell'impero, l'Arte della Cartografia raggiunse una tale Perfezione che la mappa di una sola
provincia occupava tutta una Città e la mappa dell'Impero tutta una Provincia. Col tempo codeste
Mappe Smisurate non soddisfecero e i Collegi dei Cartografi eressero una mappa dell'Impero che
uguagliava in grandezza l'Impero e coincideva puntualmente con esso. Meno Dedite allo studio della
cartografia, le Generazioni Successive compresero che quella vasta Mappa era inutile e non senza
Empietà la abbandonarono all'Inclemenze del Sole e degl'Inverni. Nei deserti dell'Ovest rimangono
lacere rovine della mappa, abitate da Animali e Mendichi; in tutto il paese non è altra reliquia delle
Discipline Geografiche..
J.L. Borges, Storia Universale dell’Infamia, Adelphi, Milano, 1997
Metodologie operative
Il metodo diretto può essere usato per tutti i tipi di rilievo; quando l’edificio
assume dimensioni notevoli e presenta forme architettoniche molto complesse,
risulta molto utile l’integrazione di tale metodo con quello fotogrammetrico e
con quello strumentale.
Per quanto riguarda la finalità del rilievo, il metodo diretto, più o meno
sostenuto strumentalmente, assolve a quasi tutti i problemi, dall’analisi storica,
alla documentazione, al restauro.
La misura diretta delle grandezze afferenti alla classe delle lunghezze è stata
certamente la prima nella storia dell'uomo. I vari "campioni" di lunghezza furono
dapprima elementi o porzioni di arti di colui che misurava: braccio (cubitus per i
romani), dito (pollice), palmo, spanna, piede, e poi unità maggiori, come il passo e la
tesa (distanza fra le punte del dito medio a braccia spalancate); ad esse si affiancano
misure d'altro genere, come il versus (lunghezza del solco che un bue fa in un solo
tratto, pari per i romani a 120 e per i greci a 100 piedi), e il famoso stadion che tanto
fece discutere a proposito della misura di Erathostenes Pentathlos (tratto che un uomo
robusto poteva fare di corsa, ritenuto di 1000 piedi, circa 300 m).
Da queste unità di misura naturali, certamente non precise per via delle differenze fra
persona e persona, sorsero con il divenire dei tempi altre unità convenzionali, costituite
da regoli di legno o metallo. Queste si stabilizzarono con gli anni, e Vitruvio ne parla
nel Libro III del suo "De Architectura". I nuovi campioni erano rigidi, come aste o canne,
o flessibili e pieghevoli come catene, nastri, funi.
I Longimetri
Funi per misura vennero usate dai Babilonesi, Egizi, Ebrei, Greci, Romani,
Arabi. Erone indica quale sia l'uso corretto delle funi; egli afferma che per
evitare le variazioni di lunghezza è opportuno tendere ripetutamente le funi
fra due pali, lasciandole in tensione e strofinandole con cera e resina.
La catena venne impiegata da Ebrei, Greci, Arabi, Cinesi.
I nastri vennero assai più tardi, quando si pensò di avvolgere le funi sui rulli.
Tipica è la "cassetta metallica" di Joseph Furtenbach (1644), antesignana
delle odierne rotelle metriche.
Ancora oggi si utilizzano diversi tipi di “longimetri”, più o meno sofisticati, per
le applicazioni più disparate: dal metro da sarta (!) alle cordelle metriche, dal
metro da muratore alle stadie “invar” per livellazioni di alta precisione, ecc.
Gli Odometri: Erone e Vitruvio
Già in epoca romana si avvertì la necessità di realizzare
strumenti più complessi per la misura di lunghe distanze:
Erone e Vitruvio parlano di ciò nei loro scritti. Dice il primo nel
suo "Della Diottra": "... I nostri predecessori discussero su Odometro di Erone
alcuni metodi, secondo i quali è possibile sostituire la cattiva e
lenta misura della distanza per mezzo di funi e catene col far
girare una ruota ...".
Non si sa bene quando e da chi furono costruiti i primi Odometro di Vitruvio
odometri: le più antiche descrizioni conosciute sono dei due
autori sopra citati. Modelli sempre più evoluti, applicabili
anche alle carrozze, o alle persone (Leonardo) continuarono
ad essere prodotti nel corso dei secoli e ancora oggi si
utilizzano quotidianamente (pensiamo solo al
“contachilometri” dalle auto!). Alcuni modelli particolarmente
sofisticati sono impiegati sui veicoli attrezzati con sistemi GPS
per il rilievo stradale e ambientale.
Odometro di Leonardo: Codice Atlantico
Gli schemi operativi, che non si approfondiscono qui per evidenti ragioni di
spazio, si basavano sui principi ottici dei cannocchiali (angolo parallatico, più o
meno costante) e sull’impiego della trigonometria.
La Velocità della Luce
L'apparato di Fizeau-Foucault
Il Geodimetro
Al geodimetro degli anni '50 segue nel 1959, uno strumento a microonde,
capace quindi di attraversare con la portante foschie, piogge, ostacoli leggeri
(come fogliame), ma con lo svantaggio di richiedere all'altro estremo della
distanza una ricetrasmittente anziché un semplice riflettore passivo, come nel
caso dello strumento ad onde portanti luminose. L'apparato, del sudafricano
Wadley, prese il nome di Tellurometer.
I primi Distanziometri
Lo gnomone era già utilizzato dai Sumeri e dagli Egiziani nel 3000 a.C., dai
Cinesi nel 2400 a.C. L’etimologia stessa del termine ne definisce l’importanza:
dal greco “Gnomon”, colui che conosce !!
Erodoto riferisce che i primi costruttori di Gnomoni evoluti, fossero i Caldei che
avevano raggiunto una notevole perfezione nella costruzione dello strumento,
conferendogli l’aspetto di un quarto di sfera scavata in un blocco granitico, con
una pallina sospesa nel suo centro, proiettante l’ombra sulla zona concava
graduata (sfera armillare). I Greci lo migliorarono, calcolando esattamente ogni
graduazione e i Romani nel 491 a.C. ne installarono uno di grandi dimensioni sul
Foro. Lo Gnomone dette origine poi ai quadranti solari, … meglio conosciuti
come meridiane!
un palo, o gnomone, infisso nel
terreno con la parte appuntita rivolta al
cielo, in un cerchio tracciato avente
raggio inferiore all'altezza del palo
stesso ed il medesimo quale centro,
segnate le intersezioni dell'ombra
prodotta dal gnomone per effetto sole,
all'alba e al tramonto sul cerchio;
tracciata una linea retta che colleghi le
due intersezioni, la linea
perpendicolare a questa nel punto di
mezzo di tale retta designa l'asse
Nord-Sud;
La meridiana di S. Maria delle Grazie
L'altezza dello gnomone e' tale che i raggi del Sole, passanti per il foro, colpiscono il
pavimento dalla fine di Maggio alla fine di Luglio per pochi minuti attorno a mezzogiorno.
L'immagine solare si forma sul pavimento della Cappella della Croce, a sinistra dell'altare
maggiore, dove si trovano, sotto la protezione di lastre di ottone, una linea meridiana
finemente graduata e due marmi circolari, uno dentro l'altro, che funzionano da
contrassegni solstiziali. Il maggiore, con un diametro di circa 90 centimetri, ha le stesse
dimensioni dell'immagine solare al solstizio d'estate.
La Groma
La groma, serviva all'agrimensore per tracciare linee rette sul terreno. Lo strumento è
costituito da due bracci fissati con un perno a sostegno verticale. All'estremità di ciascuno
dei due bracci era appeso un filo a piombo. L'aiutante si poneva ad una certa distanza con
un paletto e lo piantava nel terreno secondo le indicazioni del geometra o gromatico, il
quale guardava lungo uno dei bracci della groma. A Roma gli agrimensores erano una
categoria di liberi professionisti che godeva di grande considerazione.
La misura degli angoli
Probabilmente si deve agli arabi il vocabolo che designa ancora oggi lo strumento
universale per la misura degli angoli. In piena "età di mezzo" per l'Europa, nelle
pianure di Bagdad, ai tempi del califfo Arun er Rascid venne eseguita per la prima
volta (dopo l'episodio di Eratòstene) la misura di un arco meridiano. Non si sa nulla
degli strumenti usati; è però quasi certo che fossero provvisti di un mezzo
collimatore e di un indice ("al idat", in arabo: qualcuno trascrive "al idadah").
Il termine in arabo passò più tardi in Inghilterra, divenendo "the alidat". In un testo
del 1552, Leonard Digges parla di "... an instrument called theodolitus"; più tardi il
sostantivo diviene "theodolite". Tenendo conto della pronuncia inglese,
effettivamente "the alidat" e "theodolite" suonano molto simili.
il Polimetrum
Fino alla fine del secolo XVI gli strumenti collimatori erano utilizzati
prevalentemente per risolvere problemi pratici di misura delle distanze ai fini
militari.
Snellius
I Teodoliti subirono una rapida e costante evoluzione tecnica nel ‘700 e nell’800, in
particolare nella parte “ottica”, consentendo la fabbricazione di strumenti non solo
di grande precisione ed efficacia operativa, ma anche “bellissimi”.
I Fototeodoliti
TOPCON IS-201
E l’acqua è alla base anche degli strumenti per la livellazione, a partire dal
“Corobate”. Vediamone la descrizione che fa Vitruvio nel suo "Dell'architettura",
capo VI, libro VIII, (traduzione di D. Barbaro, Venezia 1567): "...il livello... si suol
fare con tali strumenti, con il traguardo, con il livello ad acqua e con quello
strumento che si chiamava corobate, e con questo più diligentemente e
sicuramente si livella, perché il traguardo e il livello ad acqua fallano. Il corobate è
una asta lunga piedi 20, la quale ha le braccia piegate...“.
La misura dei dislivelli: il Corobate
La prima operazione è quella di definire la scala del Rilievo, quale sarà cioè il
“rapporto di riduzione” del nostro modello.
Diciamo subito che la scala del rilievo non coincide necessariamente con quella
della sua successiva rappresentazione, anche se deve naturalmente tenerne
conto: abbiamo visto come gli “errori” siano connaturati con i vari processi di
misura e come non siano eliminabili in alcun modo. Possiamo però quantificare
l’incertezza della misura ed è a questa che dobbiamo riferirci.
Una volta definita la scala del rilievo, e quindi la risoluzione del modello che
vogliamo realizzare, ovvero la numerosità dei punti che sarà necessario quotare
affinché il modello stesso abbia l’efficacia per cui è previsto, possiamo esaminare
le varie fasi del processo.
Si definisce poi una specifica metodologia operativa, che tenga conto delle
necessità di “precisione” richieste. In particolare si definiscono i piani di
integrazione fra le varie tecniche di rilievo diretto e strumentale, valutando la
necessità di disporre di un inquadramento rigoroso su base topografica
strumentale (indispensabile quando si tratti di edifici complessi o brani urbani) e
l’impiego di metodiche e strumentazioni avanzate, come la fotogrammetria, la
scansione laser terrestre (laser scanning) o aerea (LIDAR), il geoposizionamento
satellitare.
Gli Eidotipi
La seconda fase dell’operazione di rilievo consiste nella realizzazione degli EIDOTIPI. Con
eidotipo si intende un disegno realizzato a mano libera, ma accurato nelle proporzioni,
dell’area o dell’oggetto da rilevare, sul quale poi andranno segnate le misure rilevate. Non si
tratta però solo di un supporto per le misure, ma di un vero e proprio “quaderno di
appunti” sul quale il rilevatore annota anche particolari e dettagli, base fondamentale e
insostituibile della successiva restituzione grafico/numerica del manufatto. È fondamentale
indicare su ogni foglio l’indicazione dell’opera, la sua ubicazione rispetto allo schema
generale, il numero progressivo del disegno, data del rilievo e nome del rilevatore
Gli Eidotipi
In questa fase è bene partire da una descrizione generale planimetrica dell’oggetto del
rilievo, da sviluppare con successivi approfondimenti e salti di scala. In genere è
sconsigliabile utilizzare lo stesso eidotipo per raccogliere “tutte” le misure necessarie, per
evitare il rischio di confusione e per evitare di effettuare misure in eccesso o in difetto.
Gli Strumenti del rilievo diretto
Fissato il primo lato, di misura nota, detto anche base, per rilevare la
posizione nello spazio di un altro punto sarà necessario semplicemente
misurarne la distanza dai vertici della base (vengono dette anche coordinate
bipolari perché per individuare un singolo punto bastano le distanze da due
poli di coordinate note).
La Trilaterazione 4
Nella pratica operativa si fissa una base, quindi si misura la distanza tra due
punti, e poi si misurano tutte le distanze di ogni punto da rilevare dai due punti
assunti come riferimento. Se le pareti del vano da rilevare non presentano
spanciature o irregolarità, si può procedere considerando le pareti come i lati
dei triangoli e quindi di ogni stanza verranno rilevate tutte le misure delle pareti
e le diagonali.
Misure per coordinate cartesiane
Questo metodo consiste nel fissare una retta (ascissa), detta base,
possibilmente parallela ad uno dei lati. Su questa retta si proiettano
perpendicolarmente tutti i punti da rilevare, ottenendo i corrispondenti
punti proiettati. Le misure saranno riportate come “progressive” o come
“parziali”. Nell’uno e nell’altro caso è opportuno indicare una “totale” di verifica.
Schemi operativi
Altri schemi operativi possono essere impiegati, sempre nella logica di combinare
i due metodi di base (trilaterazione e allineamenti) per una maggiore efficacia.
Misure per coordinate Polari
Per il rilievo delle altezze si opera in modo analogo, partendo dagli “Eidotipi”,
anche se in questo caso risulta prevalente lo schema per coordinate cartesiane.
Gli strumenti fondamentali sono, di nuovo, il “filo a piombo”, la cordella metrica,
il distanziometro laser.
Il Rilievo delle Altezze
È ovvio come, nel rilievo dei particolari architettonici, occorra attenersi alla
“risoluzione” di scala, anche se, in questo caso, può essere opportuno derogare
dal principio generale e raccogliere tutti i dettagli che sono necessari ad una
definizione, appunto, architetturale dell’elemento. In questa direzione è
fondamentale la conoscenza storica dell’architettura classica.
Il Rilievo dei particolari
Profilometro a pettine
Il Rilievo dei particolari
Tecniche specifiche possono poi essere impiegate per rilievi “Tematici”, legati ad
esempio all’archeologia o al progetto di restauro. In questi casi anche la
restituzione grafica assume aspetti del tutto particolari, come nel rilievo “materico”
o dei paramenti murari, eseguito, ad esempio, col metodo della quadrettatura.