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Università Mediterranea di Reggio Calabria – Facoltà di Architettura

Laboratorio di DISEGNO 2
Prof. Franco Prampolini

Breve storia degli strumenti di misura


Il Rilievo diretto
Definizioni

Rilievo, etimologicamente, deriva dal latino “laevo” (lisciare) e dall’avversativo “re”.


Significa quindi “mettere in evidenza”, far risaltare, mostrare.

Rilevare, quindi, significa essenzialmente rapportarsi alla realtà per intervenire, in


qualche modo, su di essa. Anche quando il rilievo sembra più neutro (ad esempio
nella “mera” catalogazione storiografica) riconduce in realtà ad un’intenzione più
profonda di intervento sulla realtà stessa.

I dati, inoltre, devono essere interpretati.

Il rilievo non è indifferente rispetto agli studi che si devono svolgere. Un rilievo
geometrico è sempre indirizzato. Con il rilievo non si scopre nulla: si verificano
delle ipotesi. Con il rilievo si costruisce un modello interpretativo rispetto a precise
categorie: la forma, la geometria, la posizione.
Definizioni

Rilievo = costruzione di un modello, rappresentazione di una situazione reale


tramite un insieme di dati ad essa analoghi.

Perché usare un modello? Perché l’insieme degli elementi del modello è più
accessibile di quelli della situazione reale. Per conoscere la realtà possiamo
manipolarla direttamente ovvero costruire un modello, manipolarlo e dai risultati
ottenuti trarre previsioni sul comportamento del sistema reale, cioè lavorare per
successive approssimazioni, simulazioni e verifiche. Non è un caso che Jorge
Borges collochi l’idea di una mappa “grande come il mondo stesso” nella “Storia
Universale dell’Infamia” (!)

In quell'impero, l'Arte della Cartografia raggiunse una tale Perfezione che la mappa di una sola
provincia occupava tutta una Città e la mappa dell'Impero tutta una Provincia. Col tempo codeste
Mappe Smisurate non soddisfecero e i Collegi dei Cartografi eressero una mappa dell'Impero che
uguagliava in grandezza l'Impero e coincideva puntualmente con esso. Meno Dedite allo studio della
cartografia, le Generazioni Successive compresero che quella vasta Mappa era inutile e non senza
Empietà la abbandonarono all'Inclemenze del Sole e degl'Inverni. Nei deserti dell'Ovest rimangono
lacere rovine della mappa, abitate da Animali e Mendichi; in tutto il paese non è altra reliquia delle
Discipline Geografiche..
J.L. Borges, Storia Universale dell’Infamia, Adelphi, Milano, 1997
Metodologie operative

METODO DIRETTO: effettuato dall’operatore con l’ausilio di semplici strumenti di


misura (metro, aste metriche, decametri, squadri) viene impiegato nella maggior
parte dei rilievi architettonici in presenza di spazi contenuti, semplici e di
dimensioni limitate, per profili di particolari architettonici, elementi curvi, ecc.

METODO STRUMENTALE: effettuato con l’ausilio di strumenti topografici


(tacheometri, livelli, distanziometri, stazioni totali, laser scanner 3D), rilevamento di
estrema precisione, viene impiegato in modo complementare a quello diretto e
fotogrammetrico per rilevare dislivelli, grandi distanze, punti inaccessibili, creare
poligonali e reti locali di inquadramento.

METODO FOTOGRAMMETRICO: effettuato con l’ausilio di camere da presa e


strumenti detti restitutori (oggi anche di tipo digitale) che consentono di estrarre dai
fotogrammi informazioni metriche atte a descrivere l’oggetto rilevato.
Viene impiegato quando si vuole associare una notevole precisione ed una grande
quantità di informazioni, per oggetti di dimensioni estese e complessità di forme
architettoniche (prospetti, volte, statue). Utile per rilevare dissesti statici e il
degrado delle strutture murarie.
Il Rilievo diretto integrato

Il metodo diretto può essere usato per tutti i tipi di rilievo; quando l’edificio
assume dimensioni notevoli e presenta forme architettoniche molto complesse,
risulta molto utile l’integrazione di tale metodo con quello fotogrammetrico e
con quello strumentale.

I tre metodi, di norma, sono utilizzati contemporaneamente in modo integrato:


la metodologia operativa dipende dalle caratteristiche dimensionali e qualitative
del soggetto da rilevare e dallo scopo per cui si deve effettuare il rilievo

Per quanto riguarda la finalità del rilievo, il metodo diretto, più o meno
sostenuto strumentalmente, assolve a quasi tutti i problemi, dall’analisi storica,
alla documentazione, al restauro.

A volte il rilievo fotogrammetrico diventa insostituibile soprattutto quando è


finalizzato alla documentazione metrica di realtà particolarmente complesse.
Inoltre il rilievo fotogrammetrico consente il monitoraggio nel tempo dei
fenomeni indagati: in quanto consente la realizzazione di “archivi” metrici
consultabili e misurabili nel tempo.
La Storia …

Entriamo ora nel merito, con un breve viaggio


nella evoluzione storica degli strumenti di misura.

“... Ma quale elemento della natura ha suggerito


all'uomo la misura? Nessuno. La misura è tutta
opera dell'uomo, non l'ha rubata a nessuno, non
è un'operazione mimetica. Non esiste una
operazione naturale che ci porti ad un numero; il
numero è frutto dell'intervento umano” …
Questo... serve a puntualizzare un elemento
fondamentale della misura: la sua nascita e la
sua vita interamante umane; essa serve all'uomo
per trasferire le sue conoscenze scientifiche
nelle sue produzioni tecniche: una volta
adempiuto questo compito, i numeri, quindi le
misure, scompaiono, restano solo gli oggetti
portatori dell'impronta dell'uomo".
(M. Cunietti) Per approfondire gli argomenti di questa
Unità Didattica si veda, soprattutto, il
libro di Mario Docci e Diego Maestri: “Il
Rilevamento architettonico: Storia,
metodi e Disegno
La misura delle distanze

La misura diretta delle grandezze afferenti alla classe delle lunghezze è stata
certamente la prima nella storia dell'uomo. I vari "campioni" di lunghezza furono
dapprima elementi o porzioni di arti di colui che misurava: braccio (cubitus per i
romani), dito (pollice), palmo, spanna, piede, e poi unità maggiori, come il passo e la
tesa (distanza fra le punte del dito medio a braccia spalancate); ad esse si affiancano
misure d'altro genere, come il versus (lunghezza del solco che un bue fa in un solo
tratto, pari per i romani a 120 e per i greci a 100 piedi), e il famoso stadion che tanto
fece discutere a proposito della misura di Erathostenes Pentathlos (tratto che un uomo
robusto poteva fare di corsa, ritenuto di 1000 piedi, circa 300 m).
Da queste unità di misura naturali, certamente non precise per via delle differenze fra
persona e persona, sorsero con il divenire dei tempi altre unità convenzionali, costituite
da regoli di legno o metallo. Queste si stabilizzarono con gli anni, e Vitruvio ne parla
nel Libro III del suo "De Architectura". I nuovi campioni erano rigidi, come aste o canne,
o flessibili e pieghevoli come catene, nastri, funi.
I Longimetri

Funi per misura vennero usate dai Babilonesi, Egizi, Ebrei, Greci, Romani,
Arabi. Erone indica quale sia l'uso corretto delle funi; egli afferma che per
evitare le variazioni di lunghezza è opportuno tendere ripetutamente le funi
fra due pali, lasciandole in tensione e strofinandole con cera e resina.
La catena venne impiegata da Ebrei, Greci, Arabi, Cinesi.

I nastri vennero assai più tardi, quando si pensò di avvolgere le funi sui rulli.
Tipica è la "cassetta metallica" di Joseph Furtenbach (1644), antesignana
delle odierne rotelle metriche.

Ancora oggi si utilizzano diversi tipi di “longimetri”, più o meno sofisticati, per
le applicazioni più disparate: dal metro da sarta (!) alle cordelle metriche, dal
metro da muratore alle stadie “invar” per livellazioni di alta precisione, ecc.
Gli Odometri: Erone e Vitruvio
Già in epoca romana si avvertì la necessità di realizzare
strumenti più complessi per la misura di lunghe distanze:
Erone e Vitruvio parlano di ciò nei loro scritti. Dice il primo nel
suo "Della Diottra": "... I nostri predecessori discussero su Odometro di Erone
alcuni metodi, secondo i quali è possibile sostituire la cattiva e
lenta misura della distanza per mezzo di funi e catene col far
girare una ruota ...".
Non si sa bene quando e da chi furono costruiti i primi Odometro di Vitruvio
odometri: le più antiche descrizioni conosciute sono dei due
autori sopra citati. Modelli sempre più evoluti, applicabili
anche alle carrozze, o alle persone (Leonardo) continuarono
ad essere prodotti nel corso dei secoli e ancora oggi si
utilizzano quotidianamente (pensiamo solo al
“contachilometri” dalle auto!). Alcuni modelli particolarmente
sofisticati sono impiegati sui veicoli attrezzati con sistemi GPS
per il rilievo stradale e ambientale.
Odometro di Leonardo: Codice Atlantico

Odometro del ‘600 Quadrante di Odometro di L.Gotardi - 1776


Il Baculo

La misura diretta delle distanze, tuttavia, è lunga e costosa, in particolare se si


vogliono ottenere risultati di precisione accettabile. Sono stati così utilizzati
metodi di misurazione indiretta, che combinano, secondo i principi della
cosiddetta “Arte di misurar con la Vista”, misure angolari e misure dirette di
distanza secondo i principi della trigonometria e della geometria dei triangoli.
Un esempio che deriva sicuramente da applicazioni di età classica è il “Baculo”,
o “Bastone di Giacobbe” (ne vediamo una descrizione dovuta a Cosimo Bartoli.

Cosimo Bartoli, "Del modo di misurare le distanze, ecc.", Venezia 1589


Il Compasso Geometrico/Militare

L’intero periodo rinascimentale, e anche oltre fino a tutto il ‘600, è costellato di


trattati su questo argomento, specifici o inseriti in altri testi, in particolare quelli
di architettura militare e di arte bellica. I metodi escogitati erano tutti molto
ingegnosi e coniugavano semplicità ed efficacia.
La misura indiretta delle distanze

Il progressivo sviluppo degli strumenti per la misura degli angoli porta a


perfezionare le tecniche “indirette” di misura delle distanze, sostanzialmente
basate sull’impiego combinato di strumenti più o meno precisi equipaggiati con
cannocchiali dotati di “reticoli distanziometrici” (detti, anche, “Tacheometri”) e
stadie, rimasti in uso fino a pochi decenni orsono.

Gli schemi operativi, che non si approfondiscono qui per evidenti ragioni di
spazio, si basavano sui principi ottici dei cannocchiali (angolo parallatico, più o
meno costante) e sull’impiego della trigonometria.
La Velocità della Luce

Contemporaneamente si sviluppava l’idea di misurare le distanze attraverso la


luce. Il primo a tentare contemporaneamente la misura della velocità della luce,
e nota questa, la misura per via ottica della distanza, fu Galileo nel 1648. Egli
dispose due lampade a 6 e a 3 miglia di distanza, tentando una modulazione
della luce con il rapido passaggio delle mani (dei suoi collaboratori) davanti alle
sorgenti; ma il tentativo cadde perché allora si ignorava che, a quelle distanze, il
tempo necessario per passare le mani e così ottenere la successione buio-luce,
era enormemente grande rispetto a quello che in realtà sarebbe stato
necessario.

Si proseguì poi attraverso altri tentativi (Roemer, Bradley, Fizeau, Foucault…)


fino alla seconda guerra mondiale

L'apparato di Fizeau-Foucault
Il Geodimetro

Lo svedese Erik Bergstrand realizza il primo vero e proprio distanziometro


elettronico utilizzabile commercialmente chiamato Geodimeter, contrazione
della frase Geodetic Distance Meter.
Il prototipo del geodimetro, non ancora industrializzato, misurò nel 1950 sino a
30 km (di notte, con lampade a vapori di mercurio). Nel 1953 venne realizzato il
primo strumento commerciale che pesava 110 kg e forniva la misura in 40
minuti (!). Il geodimetro 4° del 1958, pesa "solo" 34 kg, misura in dieci minuti, ha
una portata di 1 km alla luce solare; portata che quattro anni più tardi diventa di
ben 20 km. Nel 1965 la versione 6 è transistorizzata e nel 1967 il mod. 8 ha
portante laser e distanze utili di 130 km.
Il Tellurometro

Al geodimetro degli anni '50 segue nel 1959, uno strumento a microonde,
capace quindi di attraversare con la portante foschie, piogge, ostacoli leggeri
(come fogliame), ma con lo svantaggio di richiedere all'altro estremo della
distanza una ricetrasmittente anziché un semplice riflettore passivo, come nel
caso dello strumento ad onde portanti luminose. L'apparato, del sudafricano
Wadley, prese il nome di Tellurometer.
I primi Distanziometri

Infine nel 1968 compare sul mercato, costruito in


tandem da Wild e dalla francese Sércel, il primo
pratico e leggero Distomat DI 20, accoppiabile
al teodolite e con portata massima di 1 km,
adatto al rilevamento delle poligonali e a quello
di dettaglio. La sua costruzione verrà resa
possibile dalla scoperta del diodo all'arseniuro di
Gallio (1967), che apre le porte alla
strumentazione attuale: pensiamo, in particolare,
ai distanziometri elettronici laser che possono
essere autonomi (“Disto”) o associati in vario
modo ai teodoliti elettronici per formare le
cosiddette “Total Station” fino alle più recenti
evoluzioni delle “Imaging Station”, da un lato, e
dei Laser Scanner.

Distanziometro Elettronico WILD DI-3S


Le tecniche moderne per le “grandi distanze”

In epoca moderna la misura delle distanze, a livello territoriale, si avvale di


tecniche e metodiche nuove e molto potenti: l’avvento delle metodiche
satellitari GPS (o GNSS, di cui ci occuperemo in un’altra U.D.) e di quelle
interferometriche, ha esteso la misurabilità delle distanze sulla superficie
terrestre e nello spazio in modo praticamente illimitato, con precisioni
inimmaginabili fino a pochi anni orsono.
La misura degli angoli

La misura degli angoli nell’antichità avveniva essenzialmente


attraverso diottre o traguardi (Euclide), con l’uso complementare di
regoli (o squadre) e fili a piombo, che servivano anche per la
fondamentale opera di tracciamento degli allineamenti e squadri
(Cardo e decumano) o attraverso la cosiddetta “asta d’ombra” che
consentiva di misurare l’altezza del sole e le direzioni di
orientamento.
Gli strumenti erano lo “Gnomone”, i “Visori”, la “Lychnia” e la
“Groma”, ecc.

L’Orologio gnomonico, detto di Andronico, di Tenos:


trascrizione di H. Diels, Antike Technik, Leipzig, 1920,
pp. 172-173 e tav. 13.
lo Gnomone

Lo gnomone era già utilizzato dai Sumeri e dagli Egiziani nel 3000 a.C., dai
Cinesi nel 2400 a.C. L’etimologia stessa del termine ne definisce l’importanza:
dal greco “Gnomon”, colui che conosce !!
Erodoto riferisce che i primi costruttori di Gnomoni evoluti, fossero i Caldei che
avevano raggiunto una notevole perfezione nella costruzione dello strumento,
conferendogli l’aspetto di un quarto di sfera scavata in un blocco granitico, con
una pallina sospesa nel suo centro, proiettante l’ombra sulla zona concava
graduata (sfera armillare). I Greci lo migliorarono, calcolando esattamente ogni
graduazione e i Romani nel 491 a.C. ne installarono uno di grandi dimensioni sul
Foro. Lo Gnomone dette origine poi ai quadranti solari, … meglio conosciuti
come meridiane!
un palo, o gnomone, infisso nel
terreno con la parte appuntita rivolta al
cielo, in un cerchio tracciato avente
raggio inferiore all'altezza del palo
stesso ed il medesimo quale centro,
segnate le intersezioni dell'ombra
prodotta dal gnomone per effetto sole,
all'alba e al tramonto sul cerchio;
tracciata una linea retta che colleghi le
due intersezioni, la linea
perpendicolare a questa nel punto di
mezzo di tale retta designa l'asse
Nord-Sud;
La meridiana di S. Maria delle Grazie

Il più grande “Gnomone” esistente è probabilmente quello situato nella cattedrale di S.


Maria delle Grazie a Firenze. Il foro gnomonico è stato realizzato con una tavoletta di
bronzo (la bronzina) recante un'apertura centrale di un paio di centimetri posta
orizzontalmente all'interno della finestra meridionale del tamburo di cupola, a 90 metri dal
pavimento.

L'altezza dello gnomone e' tale che i raggi del Sole, passanti per il foro, colpiscono il
pavimento dalla fine di Maggio alla fine di Luglio per pochi minuti attorno a mezzogiorno.
L'immagine solare si forma sul pavimento della Cappella della Croce, a sinistra dell'altare
maggiore, dove si trovano, sotto la protezione di lastre di ottone, una linea meridiana
finemente graduata e due marmi circolari, uno dentro l'altro, che funzionano da
contrassegni solstiziali. Il maggiore, con un diametro di circa 90 centimetri, ha le stesse
dimensioni dell'immagine solare al solstizio d'estate.
La Groma

La groma, serviva all'agrimensore per tracciare linee rette sul terreno. Lo strumento è
costituito da due bracci fissati con un perno a sostegno verticale. All'estremità di ciascuno
dei due bracci era appeso un filo a piombo. L'aiutante si poneva ad una certa distanza con
un paletto e lo piantava nel terreno secondo le indicazioni del geometra o gromatico, il
quale guardava lungo uno dei bracci della groma. A Roma gli agrimensores erano una
categoria di liberi professionisti che godeva di grande considerazione.
La misura degli angoli

Probabilmente si deve agli arabi il vocabolo che designa ancora oggi lo strumento
universale per la misura degli angoli. In piena "età di mezzo" per l'Europa, nelle
pianure di Bagdad, ai tempi del califfo Arun er Rascid venne eseguita per la prima
volta (dopo l'episodio di Eratòstene) la misura di un arco meridiano. Non si sa nulla
degli strumenti usati; è però quasi certo che fossero provvisti di un mezzo
collimatore e di un indice ("al idat", in arabo: qualcuno trascrive "al idadah").

Il termine in arabo passò più tardi in Inghilterra, divenendo "the alidat". In un testo
del 1552, Leonard Digges parla di "... an instrument called theodolitus"; più tardi il
sostantivo diviene "theodolite". Tenendo conto della pronuncia inglese,
effettivamente "the alidat" e "theodolite" suonano molto simili.
il Polimetrum

Nel XVI secolo lo strumento assunse finalmente la struttura moderna, di


“goniometro universale”, in grado cioè di misurare angoli sia planimetrici che
altimetrici.
Il primo strumento capace di misurare angoli orizzontali e verticali è infatti il
"Polimetrum" costruito nel 1512 da Martin Waldssemüller, topografo e
cartografo renano. Lo strumento era anche provvisto di bussola e il suo
costruttore rilevò con esso la carta della Renania Superiore nel 1513

Strumento topografico descritto dal Bartoli nel 1589


Le prime triangolazioni

Fino alla fine del secolo XVI gli strumenti collimatori erano utilizzati
prevalentemente per risolvere problemi pratici di misura delle distanze ai fini
militari.
Snellius

Si deve, in particolare, a Snellius (Willebrord Snel


van Royen 1580 - 1626) l’approccio moderno al rilievo
territoriale basato sull’impiego delle “Triangolazioni”,
utilizzate in particolare per le misurazioni dell’arco di
meridiano.
La Tavoletta Pretoriana

Contemporaneamente si andava affermando


uno strumento che si sarebbe rapidamente
diffuso e che avrebbe costituito la base per
ogni rilievo di dettaglio alle medie e piccole
scale nel corso dei secoli successivi: La
Tavoletta Pretoriana il cui nome deriva dal
matematico ed astronomo tedesco Johann
Richter detto Praetorius (1537-1616). È
costituita da una tavola di legno detta
specchio, unita ad una base supportata da
un treppiede: sullo specchio viene posta una
diottra che, negli strumenti più recenti è a
cannocchiale distanziometrico, la cui base è
costituita da una riga metallica graduata che
rappresenta la linea di fede. Il punto di
stazione si ottiene utilizzando una squadra
zoppa. In dotazione alla tavoletta, per
l’orientamento, è data una bussola o un
declinatore magnetico. Questo strumento
permette di tracciare il rilievo sul foglio,
direttamente in campagna.
il Teodolite dal ‘700 all’800

I Teodoliti subirono una rapida e costante evoluzione tecnica nel ‘700 e nell’800, in
particolare nella parte “ottica”, consentendo la fabbricazione di strumenti non solo
di grande precisione ed efficacia operativa, ma anche “bellissimi”.

Le reti di triangolazione, “a catena” e poi “a maglia”, impiegate inizialmente per la


misurazione dell’arco di meridiano e la conseguente determinazione della “vera
forma” della terra, vennero pian piano estese e generalizzate verso la costruzione
delle moderne “Reti Geodetiche” nazionali.
Fototeodolite WILD P32

I Fototeodoliti

Nel 1726, lo svizzero M.A. Kappeler utilizza


prospettive disegnate orientate per il rilievo del
massiccio del Pilatus e nel 1759 il geografo Henry
Lambert pubblica "Frei Perspective“ con i princìpi
della prospettiva inversa e dell'intersezione
spaziale di raggi coniugati sui quali si basa la
fotogrammetria. Dopo l’invenzione della fotografia,
all’inizio dell’800 (Daguerre, Niepce, Arago) ci
furono vari tentativi di associare fotocamere e
Teodoliti per ottenere prospettive orientate.

Lo stato attuale dell’arte ci presenta ulteriori passi


in avanti, nella realizzazione delle cosiddette
“Imaging Station”: evoluzione degli originali
“Fototeoliti”, impiegati per il rilievo Fototeodolite originale
di Pio Paganini (fine
fotogrammetrico terrestre. dell‘800)

Fototeodolite Santoni 1920 Fototeodolite WILD P30


dal WILD T2 alle Total Station

Nel 1922 lo svizzero Heinrich WILD realizzò il


“T2”, strumento universale con precisione al
secondo centesimale (un decimillesimo di grado
!!), sintesi forse ancora oggi insuperata tra gli
strumenti ottico/meccanici.

A partire del 1960 cominciarono ad affermarsi gli


strumenti elettronici che garantivano soprattutto il
grande vantaggio di automatizzare la lettura
angolare e memorizzare direttamente i risultati,
riducendo di molto i possibili errori grossolani in
fase di campagna.

L’ulteriore fase evolutiva derivò, come detto,


dall’accoppiamento del Teodolite col
Distanziometro Elettronico nella realizzazione
delle moderne “Total Station” in grado di
realizzare contestualmente le misure angolari e di
distanza per il rilievo spaziale integrato.
le Imaging Station

Le “stazioni Totali” sono state in seguito motorizzate, automatizzate, rese


programmabili e integrate con fotocamere coassiali in grado di memorizzare in
modo coordinato sia la foto del punto rilevato sia la panoramica della scena del
rilievo per consentire, tra l’altro, anche il rilievo con un solo operatore (“one man
station”). Da questo sviluppo sono nati i moderni strumenti in grado di essere
concorrenti dei Laser Scanner, in particolare sul piano economico, ma anche sul
piano del risultato finale, specie se associati ai moderni software di
autocorrelazione consentono di realizzare il rilievo tridimensionale integrale “semi-
automatico” sia a livello architettonico che a quello territoriale.

TOPCON IS-201

• Photo Fieldbook – creazione di immagini a 360°


in pochi secondi.
• IntelligentScan – riconoscimento automatico dei
punti nelle immagini. Velocità di 20 punti al
secondo, 2000 m di portata senza prisma.
• ImageDrive – consente di operare visivamente
dal controller e passare facilmente
dall’immagine all’inseguimento del prisma.
• iControl – controllo remoto dello strumento
tramite WiFi, da PC o controller compatibili.
• 2 fotocamere integrate: grandangolo e zoom
Leica SmartStation 1200 – coassiale ottico 30x.
Imaging station e GNSS integrati.
i Laser Scanner

Il Laser Scanner e uno strumento in grado di effettuare in tempi brevissimi il rilievo


tridimensionale completo e la modellazione di realtà anche estremamente
complesse, memorizzando di decine (o centinaia) di migliaia di punti al secondo,
per i quali vengono acquisite non solo le coordinate spaziali tridimensionali, ma
anche le informazioni sul colore e la luminosità. Ci occuperemo di questi strumenti
in un’apposita U.D. e ci limiteremo qui a presentare la strumentazione più recente.

Laser Scanner LEICA HDS-6000

Laser Scanner FARO Focus 3D


Laser Scanner TOPCON GLS-1500
La misura dei dislivelli: il Corobate

Il “dislivello” è la differente distanza di due punti distinti da una superficie di


riferimento orizzontale (ad esempio quella del livello medio del mare) misurata
lungo la linea della verticale. La misura dei Dislivelli è da sempre legata alle
problematiche di adduzione dell’acqua: irrigazione, acquedotti, maree, ecc.

E l’acqua è alla base anche degli strumenti per la livellazione, a partire dal
“Corobate”. Vediamone la descrizione che fa Vitruvio nel suo "Dell'architettura",
capo VI, libro VIII, (traduzione di D. Barbaro, Venezia 1567): "...il livello... si suol
fare con tali strumenti, con il traguardo, con il livello ad acqua e con quello
strumento che si chiamava corobate, e con questo più diligentemente e
sicuramente si livella, perché il traguardo e il livello ad acqua fallano. Il corobate è
una asta lunga piedi 20, la quale ha le braccia piegate...“.
La misura dei dislivelli: il Corobate

È interessante notare come l’idea di “livellare


con l’acqua” sia fin dall’inizio legata
correttamente al concetto di “gravità” e di
“superficie equipotenziale”: è lo stesso Vitruvio
che riporta il pensiero di Archimede "...Ma chi
leggerà i libri di Archimede forse dirà che non
si può direttamente livellare con l'acqua,
perciocchè a lui piace che l'acqua non sia
piana, ma di figura sferica; e ivi avrà il centro
suo, dove il mondo ha il suo, ma questo è vero
sia l'acqua piana o sferica...“ (Cfr. Topografia
Romana). La livellazione sarà quindi sempre
legata o all’idea dei “vasi comunicanti” (livelli
ad acqua), ai vari principi della fluidodinamica
(livelle a bolla, sferiche o toriche) o, in senso
traslato, ad una linea che si considera
ortogonale alla verticale, materializzata dal filo
a piombo o da un equivalente massa pesante
che funziona da pendolo.
La misura dei dislivelli: il Livello a bolla

Tra il ‘700 e l’800 gli strumenti per livellare hanno


un’evoluzione abbastanza lineare. Alain Malesson
Mallet è forse il primo ad unire un cannocchiale
collimatore (nel 1702) ad un livello a bolla torica, la
cui invenzione è attribuita (1662) al meccanico
parigino J. Thévenot. Il primo livello a bolla
"moderno“ è opera di Antoine Chézy (1718-1798)
ed è del 1770 circa.

Ma solo qualche decennio più tardi Pierre Marie


Thomas Egault costruisce il vero livello a
cannocchiale a livella (fissa alla traversa) che
durerà sino alla fine della seconda guerra
mondiale. Lo strumento è descritto in una memoria
del 1806, che si riferisce alla nuova rete di
distribuzione idrica per la città di Parigi, dal titolo:
"Description et usage d'un niveau à lunette et a
bulle d'air qui donne toujours l'horizon“.
La misura dei dislivelli: il Livello a bolla

Gli strumenti moderni riprendono i principi


tradizionali e vanno dalle “livelle da cantiere” (dette
impropriamente “bolle” o “livelle da muratore”) ai
livelli propriamente detti fino agli “autolivelli” di alta
precisione, con i quali è ossibile apprezzare
differenze di quota dell’ordine dei centesimi di
millimetro.
Anche in questo caso l’evoluzione elettronica ha
definito una soglia di non ritorno e i livelli in uso
attualmente sono in molti casi equipaggiati con un
laser rotante in grado di materializzare anche
visivamente la linea di quota.
Il rilievo Diretto dell’Architettura e della Città

Completata questa sommaria ricostruzione storica dell’evoluzione degli strumenti


per il rilievo (che come sempre non ha alcuna pretesa di sistematicità, ma serve a
delineare un “percorso”) passiamo alla parte più operativa che riguarda il rilievo
diretto, e in particolare il rilievo diretto dell’Architettura e della Città.

Si è detto, nell’introduzione, che rilevare significa costruire un modello “produttivo”


della realtà. Vediamo ora, di seguito, quali sono i principali schemi operativi
connessi.
La scala del rilievo

La prima operazione è quella di definire la scala del Rilievo, quale sarà cioè il
“rapporto di riduzione” del nostro modello.

Questa scelta è fondamentale per varie ragioni e viene determinata


essenzialmente dalle finalità del rilievo che ci portano a definire l’incertezza che
siamo disposti a sostenere, quella che abbiamo definito “Tolleranza”, e che ci
porterà a scegliere gli strumenti e i metodi utili a conseguire quel particolare livello
di precisione. E, ovviamente, ad allocare le risorse necessarie poiché ad un
maggior grado di precisione corrisponde, con progressione geometrica, un
maggior costo.
Le scale del rilievo

Diciamo subito che la scala del rilievo non coincide necessariamente con quella
della sua successiva rappresentazione, anche se deve naturalmente tenerne
conto: abbiamo visto come gli “errori” siano connaturati con i vari processi di
misura e come non siano eliminabili in alcun modo. Possiamo però quantificare
l’incertezza della misura ed è a questa che dobbiamo riferirci.

Se il sistema di misure realizzato ha un incertezza media complessiva, ad


esempio, di E 5 cm, è del tutto evidente che non ha significato rilevare, e quindi
successivamente rappresentare, particolari più piccoli della tolleranza stessa, se
non a livello convenzionale o simbolico.

Le scale di riferimento per la rappresentazione dei rilievi architettonici e urbani,


ricordando quanto già affrontato nel’Unità Didattica relativa alle normative del
Disegno, sono quelle contenute nella tabella seguente:
Le scale del rilievo
La scala del rilievo

Il rapporto di scala è un parametro necessario per dare informazioni


quantitative e qualitative che connotano un disegno. Il rapporto di scala, a causa
dell’errore di graficismo, determina “automaticamente” la precisione metrica
(contenuto metrico), il dettaglio del contenuto qualitativo (contenuto semantico
e simbolico) ed è pertanto l’elemento caratterizzante del disegno.

Il valore dell’incertezza, ad una certa scala, si determina convenzionalmente


moltiplicando l’errore medio di graficismo, 0.2 mm, per il denominatore della scala
stessa.
Scala NOMINALE INCERTEZZA Campo applicazione
1:1000 20 cm Inquadramento topografico
1:500 10 cm Planimetrie di centri urbani e porzioni di
territori
1:200 4 cm Piante di insieme di edifici e di porzioni
urbane
1:100 2 cm Piante di insieme di edifici
1:50 1 cm Piante e sezioni di edifici o di aree di
1:20 0,4 cm (4 mm) scavo
1:10 0,2 cm (2 mm) Dettagli architettonici, particolari,
1:5 0,1 cm (1 mm) decorazioni
N.B. la tolleranza di scala non dovrebbe superare mai l’errore di graficismo.
Le scale del rilievo

Vediamo alcuni esempi di elementi architettonici disegnati alle varie scale.


Il progetto del Rilievo
Le fasi operative del rilievo

Una volta definita la scala del rilievo, e quindi la risoluzione del modello che
vogliamo realizzare, ovvero la numerosità dei punti che sarà necessario quotare
affinché il modello stesso abbia l’efficacia per cui è previsto, possiamo esaminare
le varie fasi del processo.

1. Progetto del Rilievo


2. Predisposizione degli elaborati di base (Eidotipi)
3. Impianto del “Cantiere”
4. Raccolta e trascrizione delle misure
5. Documentazione del Cantiere
6. Elaborazione e Restituzione dei dati raccolti
7. Verifica del modello realizzato
8. Rappresentazione finale
Il progetto del Rilievo

Un cantiere di Rilievo può essere considerato, a tutti gli effetti, lo svolgimento di


un’attività caratterizzante la professione ed è inteso alla realizzazione di un “opera”
di utilità verificabile.

Può assumere, inoltre, anche una dimensione ragguardevole: se per il rilievo di un


oggetto semplice possono bastare poche persone e un tempo contenuto, il rilievo
di un grande monumento può impegnare decine di persone per molti mesi. La
realizzazione di una cartografia tecnica a grandissima scala (1:200 ~ 1:500) di
interi comparti urbani può richiedere specifiche tecniche e impegno economico tali
da essere soggetta all’espletamento di un vero e proprio “Appalto”.

Così come nessun soggetto privato, o, a maggior ragione, Ente Pubblico


affronterebbe mai la realizzazione della propria casa, o di un opera pubblica,
senza il necessario supporto progettuale, allo stesso modo occorre che la
realizzazione di qualsiasi rilievo sia preceduta dalla necessaria fase di
progettazione.
Il progetto del Rilievo

Ogni progetto deve avere delle precise Norme di Riferimento.

Se per le metodiche topografiche classiche esiste un ormai


consolidato quadro normativo, che si concretizza nella
presenza di veri e propri “Capitolati Speciali di Appalto”, per il
rilievo architettonico questa pratica non è così diffusa e
ancora meno diffusa è l’applicazione di specifiche rigorose di
collaudo.

AA.VV., Capitolato Speciale di Appalto per il Rilevamento


Architettonico a Fini di Restauro, Ministero per i Beni Culturali
e Ambientali - Università "La Sapienza", Edizioni Kappa,
Roma, 1994.

M. Docci, D. Maestri, Manuale di rilevamento architettonico,


Laterza, 2009.

C. Monti, F. Guerra, C. Balletti, G. Galeazzo, Capitolato


speciale d'appalto per l'esecuzione di un rilievo in forma
numerica alla scala 1:50, IUAV-CIRCE, Quaderni IUAV
Il progetto del Rilievo

Il Progetto finale, in ogni caso, dovrà prevedere:

• l’organizzazione delle operazioni da svolgere, in relazione al prodotto da


ottenere, e il personale da impiegare anche in funzione della determinazione
dei tempi e dei costi;
• gli strumenti da utilizzare;
• gli elaborati finali da redigere e i documenti da consegnare;
• la suddivisione dell’oggetto da rilevare in parti.

In particolare negli edifici con una notevole complessità dal punto di


vista morfologico e distributivo, è necessaria la suddivisione in sottoparti e la
contemporanea visione dell’insieme. La regola generale, per il rilievo diretto,
ma condivisibile da tutte le forme di rilievo, è di procedere sempre
dal generale al particolare.
Gli Eidotipi

Si definisce poi una specifica metodologia operativa, che tenga conto delle
necessità di “precisione” richieste. In particolare si definiscono i piani di
integrazione fra le varie tecniche di rilievo diretto e strumentale, valutando la
necessità di disporre di un inquadramento rigoroso su base topografica
strumentale (indispensabile quando si tratti di edifici complessi o brani urbani) e
l’impiego di metodiche e strumentazioni avanzate, come la fotogrammetria, la
scansione laser terrestre (laser scanning) o aerea (LIDAR), il geoposizionamento
satellitare.
Gli Eidotipi

La seconda fase dell’operazione di rilievo consiste nella realizzazione degli EIDOTIPI. Con
eidotipo si intende un disegno realizzato a mano libera, ma accurato nelle proporzioni,
dell’area o dell’oggetto da rilevare, sul quale poi andranno segnate le misure rilevate. Non si
tratta però solo di un supporto per le misure, ma di un vero e proprio “quaderno di
appunti” sul quale il rilevatore annota anche particolari e dettagli, base fondamentale e
insostituibile della successiva restituzione grafico/numerica del manufatto. È fondamentale
indicare su ogni foglio l’indicazione dell’opera, la sua ubicazione rispetto allo schema
generale, il numero progressivo del disegno, data del rilievo e nome del rilevatore
Gli Eidotipi

In questa fase è bene partire da una descrizione generale planimetrica dell’oggetto del
rilievo, da sviluppare con successivi approfondimenti e salti di scala. In genere è
sconsigliabile utilizzare lo stesso eidotipo per raccogliere “tutte” le misure necessarie, per
evitare il rischio di confusione e per evitare di effettuare misure in eccesso o in difetto.
Gli Strumenti del rilievo diretto

Si passa infine, verificate l’accessibilità dei luoghi per il tempo necessario ai


lavori di rilievo, alla fase del prelievo delle misure, predisponendo, in primo
luogo, gli strumenti necessari: cordelle metriche, fili a piombo, distanziometri
laser, livelle, ma anche matite, gomme, squadrette, e quant’altro necessario per
la varie operazioni, dal rilievo alla documentazione del cantiere.
Il Rilievo delle Piante

La pianta (o planimetria) serve a rendere l’immagine dell’oggetto nella sua


estensione e nelle sue dimensioni, rispetto ad un piano orizzontale. In rapporto
alla posizione di questo piano, su cui si esegue la proiezione dei punti, si
possono avere visioni planimetriche diverse. Quando il piano è posto al di
sopra degli oggetti si ha una visione zenitale, completa delle superfici di
questi; quando il piano è secante, cioè taglia gli oggetti, viene
rappresentata anche una parte interna degli oggetti stessi. In questo caso si
ha una sezione condotta secondo un piano orizzontale.

Per quanto riguarda il rilievo planimetrico diretto gli schemi principali di


rilevamento sono per Trilaterazione e per Coordinate Cartesiane o Polari.
La Trilaterazione 2

Lo schema teorico della trilaterazione. Dato un segmento noto di lunghezza


nota AB, si misurano i segmenti A1, B1, A2, B2, e si costruiscono attraverso
archi di cerchio (di raggio pari alle misure rilevate) le posizioni dei punti 1 e 2.
La Trilaterazione 3

Fissato il primo lato, di misura nota, detto anche base, per rilevare la
posizione nello spazio di un altro punto sarà necessario semplicemente
misurarne la distanza dai vertici della base (vengono dette anche coordinate
bipolari perché per individuare un singolo punto bastano le distanze da due
poli di coordinate note).
La Trilaterazione 4

Nella pratica operativa si fissa una base, quindi si misura la distanza tra due
punti, e poi si misurano tutte le distanze di ogni punto da rilevare dai due punti
assunti come riferimento. Se le pareti del vano da rilevare non presentano
spanciature o irregolarità, si può procedere considerando le pareti come i lati
dei triangoli e quindi di ogni stanza verranno rilevate tutte le misure delle pareti
e le diagonali.
Misure per coordinate cartesiane

Questo metodo consiste nel fissare una retta (ascissa), detta base,
possibilmente parallela ad uno dei lati. Su questa retta si proiettano
perpendicolarmente tutti i punti da rilevare, ottenendo i corrispondenti
punti proiettati. Le misure saranno riportate come “progressive” o come
“parziali”. Nell’uno e nell’altro caso è opportuno indicare una “totale” di verifica.
Schemi operativi

Altri schemi operativi possono essere impiegati, sempre nella logica di combinare
i due metodi di base (trilaterazione e allineamenti) per una maggiore efficacia.
Misure per coordinate Polari

In alcuni casi può risultare particolarmente


efficace l’impiego integrato di metodiche
topografiche strumentali e metodi diretti,
ad esempio nel rilievo per irraggiamento
di coordinate polari, o per intersezione
in avanti.
I punti vengono riferiti ad un punto O di
coordinate note, detto polo. La posizione
del generico punto P è determinata dal
valore dell’angolo azimutale rispetto
all’asse polare e dal raggio vettore.
Il Rilievo delle Altezze

Per il rilievo delle altezze si opera in modo analogo, partendo dagli “Eidotipi”,
anche se in questo caso risulta prevalente lo schema per coordinate cartesiane.
Gli strumenti fondamentali sono, di nuovo, il “filo a piombo”, la cordella metrica,
il distanziometro laser.
Il Rilievo delle Altezze

Per collegare correttamente il rilievo altimetrico di più


ambienti sovrapposti è necessario costruire un
riferimento esterno all’edificio al quale relazionare le
quote dei piani orizzontali di riferimento dei singoli
ambienti. La materializzazione di questa verticale può
essere realizzata calando dal punto accessibile più
alto dell’edificio un filo a piombo,o ancora metro una
cordella metrica agganciata ad un filo a piombo.
In questo modo è possibile ricavare tutte le quote
dei davanzali dagli architravi delle finestre che si
aprono su quella verticale. A queste quote sono poi
riferibili quelle dei piano orizzontali utilizzati per il
rilievo planimetrico dei vari livelli, e quindi anche le
quote di tutti i singoli punti di dettaglio.
Il Rilievo delle Scale

Il Rilievo delle scale riveste una particolare


importanza: prese le misure interne del vano, si
prelevano il numero di alzate e pedate, la dimensione
di tutte le pedate, le misure del pianerottolo di arrivo e
di partenza, la lunghezza delle rampe.

Il problema risulta più complesso se le scale sono


rampanti o elicoidali; in tal caso per ogni pedata vanno
rilevate ulteriori misure di maggior dettaglio.
Il Rilievo delle Scale

Dal punto di vista altimetrico il rilievo va


affrontato per coltellazione, avendo cura di
rilevare se possibile l’altezza intercorrente
tra i pianerottoli, per verificare la somma
delle parziali.
Per tale rilievo si utilizza un filo a piombo,
calato all’interno del vano scala, sul quale,
a mezzo di regoli muniti di livella, si
riportano i punti che delimitano le quote dei
vari pianerottoli.
Il Rilievo dei particolari

Nel caso di rilievi di dettagli architettonici, ordini architettonici, cornici, i metodi


da utilizzare sono quelli tradizionali per triangolazione e coordinate cartesiane,
anche se in questi casi si utilizzano strumenti particolari, come la “Dima” o il
“Pettine”.
Il rilievo dei “particolari” architettonici riveste una grande importanza storica in
quanto è alla base della definizione degli “Ordini” dell’Architettura, fondamento
della trattatistica classica.
Il Rilievo dei particolari

È ovvio come, nel rilievo dei particolari architettonici, occorra attenersi alla
“risoluzione” di scala, anche se, in questo caso, può essere opportuno derogare
dal principio generale e raccogliere tutti i dettagli che sono necessari ad una
definizione, appunto, architetturale dell’elemento. In questa direzione è
fondamentale la conoscenza storica dell’architettura classica.
Il Rilievo dei particolari

La misurazione si avvale generalmente, come accennato, del metodo per


coordinate cartesiane, determinando allineamenti e squadri.

Profilometro a pettine
Il Rilievo dei particolari

Il rilievo di dettaglio può riguardare anche particolari più estesi e complessi:


in questo caso gli Eidotipi devono avere una maggior precisione, diventando
essi stessi, in primo luogo, analisi critica dell’architettura.
Il Rilievo dei particolari

Tecniche specifiche possono poi essere impiegate per rilievi “Tematici”, legati ad
esempio all’archeologia o al progetto di restauro. In questi casi anche la
restituzione grafica assume aspetti del tutto particolari, come nel rilievo “materico”
o dei paramenti murari, eseguito, ad esempio, col metodo della quadrettatura.

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