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Pride and Prejudice - Jane Austen

TRAMA
La trama ruota attorno alla famiglia Bennet, moderatamente benestante, composta dai coniugi Bennet
e dalle loro cinque figlie, Jane, Elizabeth (detta anche Lizzy), Mary, Catherine (detta anche Kitty) e
Lydia. L'obiettivo della signora Bennet, vista la mancanza di un figlio maschio che possa ereditare la
loro tenuta di Longbourn nell'Hertfordshire, è quello di vedere sposate tutte le figlie con uomini ricchi
o per lo meno benestanti. Se la signora Bennet è una donna frivola e sciocca, il signor Bennet è un
uomo intelligente, sarcastico e imprevedibile che ama prendersi gioco della moglie senza che
quest'ultima se ne accorga. Egli è molto affezionato a Jane e ad Elizabeth, le sue due figlie preferite,
dotate entrambe di un carattere assennato e ragionevole.

Alla notizia dell’arrivo nella vicina casa di Netherfield Park di un facoltoso scapolo, Mr Bingley,
accompagnato dall’amico Fitzwilliam Darcy, la madre inizia ad adoperarsi per far in modo che le sue
cinque figlie, soprattutto le maggiori Jane ed Elizabeth, abbiano l’occasione di fare la conoscenza e,
nella più rosea delle ipotesi, di contrarre matrimonio con questi ottimi partiti.

Le figlie gli vengono presentate durante il ballo dato da Sir Lucas, un vicino di casa dei Bennet. È
immediatamente evidente la grande ammirazione di Bingley per Jane. Al contrario, Darcy non mostra
alcun interesse per la compagnia e quindi viene subito etichettato come uomo orgoglioso ed arrogante.
Inoltre, durante il ballo Elizabeth viene definita da Darcy "appena passabile”, e ciò alimenta l’iniziale
antipatia di Elizabeth nei suoi confronti.

Jane viene invitata dalle sorelle del signor Bingley a pranzo nella tenuta di Netherfield. La signora
Bennet obbliga quindi la figlia ad andare all'appuntamento a cavallo, sperando che la pioggia la
trattenga là per la notte; Jane però prende freddo e si ammala, rimanendo quindi a Netherfield per
diversi giorni. Preoccupata, Elizabeth va a farle visita, percorrendo a piedi diverse miglia ed
esponendosi quindi alle critiche delle sorelle di Mr Bingley. Elizabeth finisce per trattenersi a
Netherfield per qualche giorno in attesa che Jane si rimetta del tutto. Durante la sua permanenza
Elizabeth e il signor Darcy discutono vivacemente a proposito dei rispettivi caratteri, i due hanno
quindi modo di conoscersi meglio.

Qualche giorno dopo, la famiglia Bennet riceve la visita del signor Collins, cugino delle ragazze
nonché pastore anglicano. William Collins è per legge il legittimo erede di Longbourn e spera di poter
sposare una delle figlie dei Bennet. La scelta ricade prima su Jane e poi su Elizabeth, che tuttavia
cerca di evitarlo in ogni modo non essendo minimamente intenzionata a sposarlo.
Nello stesso periodo le sorelle Bennet conoscono il giovane signor Wickham, un affascinante ufficiale
dell'esercito. Wickham racconta ad Elizabeth di essere stato un tempo amico di Darcy, il quale però lo
aveva privato della propria eredità comportandosi in modo davvero crudele e lasciandolo quasi in
povertà. Il racconto inasprisce l'opinione che la giovane ha di Darcy ed Elizabeth finisce per prendere
Wickham in simpatia.

Il signor Bingley organizza un ballo a Netherfield. Il suo trasporto nei riguardi di Jane è visibile, tanto
che la società locale dà il loro matrimonio per certo. Durante il ricevimento però alcuni membri della
famiglia Bennet si comporta in modo imbarazzante e Jane ed Elizabeth se ne vergognano molto. Pochi
giorni dopo i Bingley, Darcy compreso, si trasferiscono improvvisamente a Londra, dove resteranno
per tutto l'inverno. Elizabeth, letta la lettera che Caroline Bingley ha inviato a Jane, sospetta che le

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sorelle e Darcy abbiano intenzione di trattenere Bingley a Londra per porre fine al suo attaccamento
per Jane e convincerlo invece a sposare la sorella minore di Darcy, Georgiana.

Nel frattempo il signor Collins chiede la mano di Elizabeth. Lei però rifiuta categoricamente
nonostante le rimostranze della madre. Il signor Collins, deciso a tornare a casa con una moglie,
sceglie allora di sposare Charlotte Lucas, migliore amica di Elizabeth, che, a 27 anni di età, era già
considerata zitella ed era quindi impaziente di trovare marito.

In primavera Elizabeth si reca a fare visita al signore e alla signora Collins, nel loro cottage di
campagna. Durante il suo soggiorno, che si prolunga per qualche settimana, Elizabeth riceve
un’inaspettata proposta di matrimonio da parte del signor Darcy, innamorato da ormai parecchio
tempo. Elizabeth però lo rifiuta: non ha infatti intenzione di accettare la mano dell’uomo che ha
impedito la felicità dell’amatissima sorella Jane, separandola da Bingley. Inoltre Elizabeth è ancora
influenzata dai racconti di Wickham. Il signor Darcy decide dunque di scriverle una lettera in cui
spiega i motivi della sua decisione di separare Bingley e Jane, egli non voleva infatti che l’amico si
imparentasse con una famiglia di rango tanto inferiore. Inoltre nella lettera Darcy sottolinea come in
realtà sia stato il signor Wickham a comportarsi in modo ingrato nei suoi confronti e che egli aveva
persino cercato di fuggire con la sorella di Darcy, mettendone dunque in pericolo la reputazione.
Elizabeth è talmente sorpresa dalla lettera che cambia opinione su Darcy ed inizia a vergognarsi di
essere stata preda dei propri pregiudizi.

Giunta l'estate, Elizabeth parte con gli zii londinesi, i signori Gardiner, per un viaggio di piacere nel
Derbyshire. Durante il tragitto il gruppo si ritrova presso la stupefacente tenuta di Pemberley, di
proprietà di Darcy. Convinta che il legittimo padrone non sia in casa, Elizabeth acconsente a visitare
Pemberley. Tuttavia, durante la visita, incontra proprio il signor Darcy, rientrato prima del tempo; i
modi di Darcy sono però molto mutati, egli infatti si presenta socievole, gentile e premuroso nei
confronti di Elizabeth e degli zii di quest’ultima. Il giorno seguente Darcy presenta ad Elizabeth la
sorella Georgiana, desideroso che le due giovani facciano amicizia. Elizabeth ha anche occasione di
incontrare il signor Bingley, il cui comportamento le fa sperare che egli sia ancora innamorato di Jane.

Elizabeth viene però raggiunta da una pessima notizia: Lydia è scappata con Wickham, rovinando per
sempre non solo la propria reputazione, ma anche quella di tutta la famiglia Bennet. Nell'emozione del
momento Elizabeth racconta tutto a Darcy. Assieme agli zii la giovane rientra a Longbourn per poter
assistere la madre, mentre lo zio raggiunge il signor Bennet a Londra per cercare la coppia di
fuggitivi. Il signor Gardiner convince il signor Bennet a tornare a casa dalla famiglia e, pochi giorni
dopo, avverte i Bennet di aver trovato Lydia e Wickham e di averli convinti a sposarsi. Qualche tempo
più tardi Elizabeth viene però a sapere che è stato il signor Darcy a trovarli e a combinare il
matrimonio, saldando i debiti di Wickham e pagandolo profumatamente.

Pochi giorni dopo Darcy e Bingley giungono a Longbourn col pretesto della stagione di caccia e
Bingley chiede la mano di Jane, che accetta. Elizabeth viene invece sorpresa da una visita improvvisa
della zia di Darcy, Lady Catherine De Bourgh, che pretende il suo impegno a non sposarsi mai con
Darcy in quanto ciò potrebbe portare ad uno scandalo sociale data la differenza di rango dei due
giovani. Elizabeth però si rifiuta, essendo ormai innamorata, e Darcy, che viene a sapere dell'accaduto,
rinnova la proposta di matrimonio, che questa volta viene accettata con gioia. L'epilogo è il
matrimonio tra Elizabeth e Darcy e quello tra Jane e Bingley.

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BIOGRAFIA
Pur trattandosi di un’autrice universalmente nota e vissuta in tempi relativamente recenti, disponiamo
di pochi dati biografici certi relativi a Jane Austen.
La maggior parte delle informazioni proviene dalla Biographical Notice che il fratello Henry Austen
antepose alla prima edizione di Persuasion e Northanger Abbey; da A memoir of Jane Austen del
nipote della scrittrice; dall’epistolario (di cui non ci è pervenuta che una minima parte); e infine dalle
testimonianze dei famigliari tra cui le cosiddette family traditions, ovvero gli aneddoti tramandati
oralmente dagli Austen e dai loro discendenti. I discendenti vittoriani in particolare si impegnarono a
diffondere il racconto biografico di una donna dedita alla famiglia, sempre impegnata in faccende
domestiche e animata da un forte sentimento religioso, una donna che scriveva soltanto nei brevi
momenti strappati alla routine di tutti i giorni.
Jane Austen nacque il 16 dicembre 1775 da George Austen, sacerdote anglicano, rector della chiesa
di Steventon nello Hampshire, e da Cassandra Leigh. Entrambi i genitori appartenevano alla fascia
sociale della gentry e Jane era la più giovane di sette figli.

Per l’autrice, il contesto famigliare e domestico fu senza dubbio predominante e la sua non fu di
sicuro una vita caratterizzata da avvenimenti sensazionali. Ma la sua biografia presenta anche
esperienze e incontri che interferiscono con tale ritratto, portando scompiglio nell’immagine di
un’esistenza tranquilla, ripetitiva e forse addirittura incolore, che troppo spesso prevale quando si
pensa a Jane Austen.
Ci sono infatti aspetti della sua vita che fanno intravedere una personalità più complessa, una donna
meno ritirata e più coinvolta nei mutamenti socio-economici della sua epoca:
- le frequentazioni sociali intense: i rapporti degli Austen con parenti e conoscenti davano vita a
un’intensa attività di visite e scambi epistolari che contribuivano a variare la monotonia della
vita di campagna e offrivano loro prospettive inattese sul mondo al di là della parrocchia, del
villaggio, della contea e dell’Inghilterra stessa; in particolare la cugina Eliza de Feuillide
rappresenta nella biografia di Austen una delle principali vie di accesso per la scrittrice al
mondo dei viaggi internazionali, alla storia caratterizzata da grandi personaggi e grandi
avvenimenti, alla politica nazionale ed europea e ai vasti orizzonti dell’impero britannico;
- i private theatricals e le letture in comune: a Steventon, al ritorno dei fratelli dall’università,
l’intera famiglia partecipava all’allestimento di spettacoli teatrali per parenti e amici; inoltre
durante tutto l’anno la casa degli Austen era allietata dalle letture in comune (la Bibbia,
Shakespeare, i romanzi dell’epoca e i sermoni);
- i periodi trascorsi a Bath e a Chawton: Jane si trasferì con la famiglia nella città termale di
Bath, dove il padre aveva deciso di trascorrere la vecchiaia; alla morte del padre poi la
famiglia si trasferì a Chawton, in un cottage di proprietà del fratello Edward Austen Knight.
- l’intraprendenza in campo letterario: il reverendo Austen inviò il manoscritto di First
Impression (Pride and Prejudice) alla casa editrice di Cadell & Davies che però glielo restituì
senza neanche averlo letto. Per nulla scoraggiata, la Austen corresse Elinor and Marianne
(Sense and Sensibility) e concluse il manoscritto di Susan (Northanger Abbey); questi
romanzi furono poi pubblicati agli inizi dell’Ottocento con l’aiuto del fratello Henry, che
fungeva da suo agente a Londra, insieme a Mansfield Park, Emma e Persuasion. I romanzi
furono tutti pubblicati anonimi secondo una prassi comune all’epoca soprattutto tra le
scrittrici;
- le passioni amorose: al 1795-1796 risale la breve storia d’amore tra Jane e Thomas Lefroy,
figlio di una famiglia amica degli Austen; fu Tom a porre fine al rapporto forse influenzato
dagli zii che gli sconsigliarono di contrarre matrimonio con una giovane senza legami con
famiglie influenti e dalle modeste prospettive economiche; nel 1802 poi l’autrice fece la

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conoscenza di Harris Bigg-Wither, figlio di una famiglia amica, il quale le chiese di sposarlo:
Jane dapprima accettò, ma il mattino successivo rifiutò la proposta, probabilmente a causa
della prospettiva di un matrimonio senza affetto; inoltre durante il periodo trascorso a Bath si
innamorò di un uomo di chiesa che morì poco dopo;
- i viaggi per l’Inghilterra meridionale dal Devon al Kent: negli anni di Bath l’autrice e la
famiglia intrapresero numerosi viaggi alla volta del Kent e di varie località della costa, nonché
a Steventon, Southampton, Sidmouth: località che permisero all’autrice di arricchire il suo
bagaglio di materiali e temi narrativi.

La Austen morì il 18 luglio 1817 lasciando incompiuto il romanzo che oggi conosciamo come
Sanditon.

CULTURA LETTERARIA
Per le sue letture, la Austen attinse soprattutto alla biblioteca paterna. L’autrice leggeva generalmente
in modo casuale, senza organizzare le sue frequentazioni letterarie secondo un programma di studi
ordinato, com’era spesso inevitabile per una donna del suo periodo. La sua preparazione letteraria non
avvenne, dunque, secondo le modalità educative dell’epoca, improntate allo studio del canone di
autori e testi classici, bensì nei modi più modesti e superficiali riservati alle donne. Di conseguenza, la
Austen sviluppò un approccio eclettico alla lettura, spaziando tra generi e autori diversissimi che
poteva valutare senza doversi conformare a interpretazioni prefissate.

Oltre a letture canoniche come la Bibbia, il Book of Common Prayer anglicano e Shakespeare, i più
amati dalla Austen erano gli autori del XVIII secolo, tra cui i saggisti Joseph Addison e Samuel
Johnson, il teorico della categoria estetica del pittoresco William Gilpin e Samuel Richardson, il
fondatore del romanzo sentimentale.
Ad Addison e Johnson la Austen si ispira per costruire frasi equilibrate e armoniche, nonché per le
meticolose analisi delle cause e degli effetti morali dell’agire umano. Da Johnson ad esempio trae il
ricorso al capovolgimento ironico delle affermazioni e delle descrizioni, nonché uno stile
epigrammatico pungente al limite della sconvenienza e della mancanza di decoro (per una scrittrice),
che spesso la Austen utilizza per smascherare e deridere le verità convenzionalmente accettate.
Gilpin mette a disposizione della scrittrice una modalità di percezione del reale che nega le
prospettive univoche per aprire la strada alla molteplicità degli approcci e delle interpretazioni.

Tra le scrittrici, invece, un posto speciale era riservato dalla Austen a Frances Burney, di cui
conosceva approfonditamente i romanzi, notissimi all’epoca, Evelina, Cecilia e Camilla. I romanzi
della Burney appassionarono la Austen proprio perché fondamentalmente realistici e incentrati sulle
peripezie di giovani donne in difficoltà, sul rapporto fra il contesto sociale e l’individuo e, in
particolare, sulle limitazioni imposte alle donne dalla società, nonché per via dei dialoghi improntati
alla naturalezza del linguaggio parlato e di momenti di analisi interiore basati sull’uso del discorso
indiretto libero (tecniche che diventeranno tratti distintivi delle opere di Austen stessa).

Altro autore influente fu Henry Fielding: per via della franchezza dei temi trattati dai suoi romanzi,
la forte vena satirica e la tendenza a farsi beffe delle convenzioni sociali, Fielding era ritenuto un
autore sconveniente per le donne e, per questo, la Austen non lo cita di frequente. È però indubbio che
lo conoscesse bene, perché i riferimenti alle sue opere sono comunque presenti, sebbene in forme più
velate rispetto a quelle riservate, ad esempio, al ben più rispettabile Richardson.

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In particolare, nei romanzi austeniani sono il ricorso alla parodia e la presenza di certe osservazioni
azzardate, a rivelare il debito dell’autrice nei confronti della scrittura spiritosa, dissacrante e licenziosa
del grande romanziere settecentesco.

Tra i poeti, invece, la Austen apprezzava specialmente William Cowper, tra i principali precursori
della sensibilità romantica, per la presenza di sentimenti come malinconia e tristezza esaminati
attraverso un’introspezione che anticipa quella dei romantici, e uno dei poeti più noti della sua
generazione.

Tutte queste letture ebbero un influsso evidente sullo stile e sulla struttura delle opere austeniane che,
a grandi linee, si possono leggere come opere “in contrasto” rispetto ad altri tipi di romanzo, ovvero
come parodie, riscritture e reinvenzioni di modelli narrativi della letteratura inglese tra la fine del
Settecento e gli inizi dell’Ottocento. L’esempio più noto è senza dubbio quello di Northanger Abbey,
riscrittura del romanzo gotico.
Sense and Sensibility e Pride and Prejudice possono invece essere interpretati come reinvenzioni del
contrast novel (o oppositional novel), ovvero di quel romanzo in cui due qualità morali o intellettuali
vengono messe a confronto tramite altrettanti personaggi. Questo sottogenere era emerso negli anni
Novanta del Settecento, ovvero nel decennio in cui la cultura britannica aveva sentito l’impatto della
Rivoluzione Francese e dei contrasti ideologici che la accompagnano.
Mansfield Park si presenta invece come un “antiromanzo didattico”, riproposta polemica
dell’evangelical novel popolato da personaggi caratterizzati da una moralità e una spiritualità
irreprensibili.
Emma è poi una riscrittura del “donchisciottismo” al femminile, nonché una reinterpretazione del
sottogenere del romanzo nazionale e regionale.
Infine, Persuasion può essere letto come una revisione di The Wanderer di Frances Burney, l’ultima
opera della narratrice più amata dalla Austen.

Romanzo dopo romanzo, Austen mette in discussione i modelli narrativi più conosciuti e
ideologicamente dominanti, grazie a un’approfondita capacità di disamina che le viene dalla propria
esperienza di lettrice che, non condizionata da categorie critiche prestabilite, ha permesso all’autrice
di affinare il proprio senso critico.

Ian Watt sostiene che la Austen sia la prima vera novelist inglese e che segua il metodo di Richardson
nella descrizione minuziosa della vita quotidiana (romanzo di maniera) ma assuma anche
l’atteggiamento distaccato di Fielding nei confronti della propria storia. Sostiene anche che il genio
stia nel dare alla sua storia un punto di vista comico (leggerezza e distacco del narratore rispetto al
proprio materiale narrativo).

GENESI DI PRIDE AND PREJUDICE


La Austen creò la prima versione del suo romanzo più noto e amato, intitolata First Impression tra il
1796 e il 1797. Per aiutare la figlia a soddisfare l’impressione di veder pubblicata una propria opera, il
padre dell’autrice offrì il manoscritto alla prestigiosa casa editrice Cadell & Davies di Londra, che
però lo restituì subito, apparentemente senza averlo nemmeno guardato.
Per niente scoraggiata, la Austen continuò a correggere il manoscritto a più riprese, e soprattutto tra il
1811 e il 1812, ovvero nel periodo di grande attività letteraria successivo al trasferimento a Chawton,
in cui assegnò al romanzo il titolo con cui oggi è conosciuto. Sarà lei stessa a vendere i diritti
all’editore Thomas Egerton e il romanzò verrà finalmente pubblicato il 28 gennaio 1813.

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Come per Sense and sensibility, il titolo del romanzo è ancora una volta improntato alla modalità del
contrasto e, molto probabilmente, la Austen lo trasse dalla conclusione del romanzo Cecilia or
Memory of an heiress (1782) di Frances Burney; il titolo scelto dalla Austen è dunque l’omaggio a
una delle sue autrici preferite, ma funge anche da segnale della divergenza fra la scrittura austiniana e
quella delle sue contemporanee: Cecilia è infatti un romanzo “a tinte forti”, che getta luce sui pericoli
a cui sono esposte le donne con la narrazione di avventure, duelli, viaggi, rovesci di fortuna; la Austen
elimina tutto ciò che può apparire eccessivo, troppo drammatico, lontano dall’esperienza quotidiana
delle lettrici e dei lettori.
La consonanza anaforica del titolo lo rende accattivante, inoltre sintetizza i temi del romanzo. Per
pride si intende “senso di onore e rispetto di sé, un senso di valore personale” oltre che “eccessiva
stima di sé” (sia in senso positivo che negativo); mentre per prejudice “un parere formato di prima
mano, soprattutto sfavorevole, sulla base di fatti inadeguati”. Può essere inteso anche come una
dicotomia, ovvero pride vs. prejudice, così come anche il titolo originario First impression, dal quale
emerge la dicotomia tra realtà e apparenza.

Forse steso inizialmente in forma epistolare, il romanzo venne poi probabilmente trasformato dalla
Austen in una narrazione in terza persona che però, sulla scia del romanzo epistolare settecentesco,
affida alle missive un ruolo molto importante sebbene limitato ad alcuni episodi specifici, snodi
cruciali nella trasformazione dei personaggi in cui si manifesta ancora una volta la tendenza
all’essenzialità e alla concentrazione.

1° lessia
Il romanzo presenta uno degli incipit più noti della letteratura in lingua inglese e, forse,
mondiale:“It’s a truth universally acknowledged, that a single man in possession of a good
fortune, must be in want of a wife” (“È una verità universalmente ammessa che uno scapolo
fornito di un buon patrimonio debba sentire il bisogno di ammogliarsi”).
Così la narratrice mette in primo piano, con umorismo, il nodo centrale del romanzo - ovvero la
trama sentimentale e matrimoniale. Al tempo stesso, però, ella pone l’accento sulla questione
economica (possession, fortune) e sulla figura maschile, quella appunto dello scapolo facoltoso.
Curiosamente, la figura femminile, le sue necessità o desideri, non sono contemplati nell’apertura di
un romanzo che di fatto è imperniato su Elizabeth Bennet. Importante è la scelta dei termini man e
wife che sottolinea come non ci sia parità: mentre l’uomo è indicato dal punto di vista della natura, la
donna è connotata da un punto di vista sociale. La superiorità dell’uomo è dovuta al fatto che con il
proprio lavoro e con l’impegno politico incide sulla società, a differenza della donna il cui ruolo è
relegato alla casa e all’educazione dei figli: su questa dicotomia si innestano i discorsi delle scrittrici
ottocentesche.
L’incipit è introdotto da un pronome impersonale che dà voce a un narratore che ci vuole far credere
che quello che sta dicendo è indiscutibile (truth universally acknowledged) e quindi presentarsi come
qualcuno di scientificamente affidabile.

2° lessia
La donna viene appellata come figlia, quindi continua ad essere considerata per il suo status sociale e
non come individuo, ed emerge come le figlie siano degli oggetti su cui i genitori decidono.
La terza persona rimane ma il punto di vista inizia a cambiare: si capisce che appartiene a qualcuno
del neighbourhood o delle surrounding families che vuole mettere le mani su un uomo single e ricco.

3° lessia

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Dal dialogo di Mr e Mrs. Bennet, oltre alle personalità dei due coniugi (ambiziosa e superficiale, oltre
che pratica e risoluta lei, più ragionevole lui), il lettore intuisce che questa verità così universale non è
che una delle convinzioni di Mrs Bennet. È proprio a lei, in effetti, che la narratrice rivolge
l’attenzione subito dopo la frase d’apertura. E tale slittamento dell’affermazione suppostamente
universale al punto di vista di Mrs Bennet fa risaltare uno degli aspetti principali del romanzo, ovvero
il fatto che la voce narrante non sia depositaria e garante di verità morali e principi sociali assoluti e
incontestabili. Bersaglio dell’ironia che caratterizza il romanzo a più livelli, la narratrice dichiara di
esprimere una verità generalmente condivisa, ma in realtà porta all’attenzione delle lettrici e dei lettori
una realtà affatto diversa.
La voce narrante si presenta perciò non come una guida a cui affidarsi per seguire e interpretare
correttamente lo svolgersi degli eventi, bensì come una voce le cui opinioni vanno soppesate e,
dunque, in un certo senso inaffidabile. Sin dall’apertura, la Austen ci mette in guardia contro le verità
universalmente riconosciute o i punti di vista univoci, proponendoci implicitamente di esplorare
opinioni e comportamenti distinti e contrastanti.

ROMANZO DI FORMAZIONE
La narrazione si concentra sulla doppia maturazione dell’eroe e dell’eroina, Elizabeth e Darcy,
nonché, seppur più limitatamente, di Jane e Bingley. Per questo il romanzo è stato letto dalla critica
come un esempio di “romanzo di formazione” (Bildungsroman). Gli ostacoli che si frappongono tra
l’eroina e il raggiungimento di una maggiore consapevolezza di sé, così come nella posizione sociale
e di un ruolo attivo nella comunità sono di natura sia interiore sia esterna: vi è innanzitutto la
propensione d Elizabeth a interpretare la realtà secondo pregiudizi e impressioni premature. A questo
si aggiungono ostacoli contingenti come la sua famiglia e in particolare la madre e le sorelle che,
tranne Jane, sono figure superficiali e sgradevoli (Lydia e Kitty) o caricaturalmente moraleggianti e
devote (Mary); oppure le altezzose sorelle Bingley, che non vedono di buon occhio l’interesse del
fratello per una giovane di campagna, non raffinata, senza possibilità economiche e con legami
famigliari imbarazzanti (giudizi questi che, in buona parte, esse condividono con Darcy agli inizi del
romanzo.
Per non parlare del seduttore Wickham, che si conquista il favore di Elizabeth con le sue maniere
piacevoli e il bell’aspetto (al principio Elizabeth non crede al resoconto che Darcy le fa delle malefatte
di Wickham e lo accusa di mentire); e soprattutto dell’imperiosa e dispotica Lady Catherine de
Bourgh, l’unico personaggio aristocratico nel romanzo (e uno dei pochi nel canone austiniano), zia di
Darcy e patroness di Mr Collins. Con lei, Elizabeth intraprende una vivace battaglia verbale in difesa
del proprio diritto a unirsi con Darcy, al quale ella non è inferiore socialmente bensì solo
economicamente.
Tutti questi antagonisti delineano un ambiente sociale irto di intralci e di trappole che costituisce la
realtà con cui l’eroina deve misurarsi per potersi affermare.

Ma, se è vero che Darcy rappresenta l’elemento semantico del Pride e Elizabeth del Prejudice, è
anche vero che entrambi rappresentano in maniera inversa anche l’altro polo (sarà il superamento di
entrambi a fare in modo che la storia si sciolga). La lettera di Darcy è lo strumento che si fa
depositario di verità, pone rimedio al pregiudizio e dà via al cambiamento che porterà allo
scioglimento della vicenda: Elizabeth comprende le parole di Darcy e di lì in poi cambia il suo
atteggiamento e inizia ad assumere il silenzio quale modalità privilegiata di comportamento
(necessario affinché possa liberarsi del pregiudizio).

CONTESTUALIZZAZIONE

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Insieme a Persuasion, Pride and Prejudice è l’unico altro romanzo della Austen ad essere ambientato
in un momento storico identificabile, e ciò grazie ai riferimenti alla guerra contro la Francia, che la
famiglia Austen seguiva con grande attenzione e apprensione, visto che Frank e Charles furono
impegnati nelle operazioni della marina militare britannica in varie parti del mondo per tutta la durata
del conflitto. L’azione si svolge tra il 1793-1795, quando il reggimento della milizia di Meryton si
trasferirà a Brighton (dove Lydia seguirà Wickham e da dove avrà inizio la loro fuga d’amore).

Inoltre, il romanzo è ambientato nel periodo in cui la Rivoluzione francese inizia a suscitare profonde
ansie nell’opinione pubblica e a gettare nel panico la classe politica conservatrice per il timore che le
idee di oltremanica possano destabilizzare il regno sia dall’interno (tramite i simpatizzanti
filogiacobini) che dell’esterno (a causa delle minacce di invasione che, in assenza di un esercito
permanente, rendono necessaria la creazione delle milizie di volontari, come quella a cui appartiene
Wickham). L’ambientazione è anche precisa in senso geografico, in quanto la trama si situa
principalmente nelle contee intorno a Londra (Meryton, Hertfordshire): la capitale per contro rimane
lontana. Lasciando in ombra, ma non escludendo completamente, la capitale, l’autrice ambienta il
romanzo su uno sfondo geografico in cui la campagna, le sue usanze e i suoi ritmi maggiormente
legati alle tradizioni acquistano una valenza cruciale.
Tutto questo è tanto più rilevante in quanto il reticolato di forze socio-economiche che circonda Darcy
ed Elizabeth, dapprima ostacolandone l’unione e poi rendendola possibile, rappresenta le tensioni che
percorrono la società britannica di fine Settecento e che non si limitano alla minaccia della Francia
rivoluzionaria, bensì anche a fattori interni di destabilizzazione come un'aristocrazia retrograda,
gelosa dei privilegi e protettrice delle gerarchie (Lady Catherine) o classi medie arricchite che
emulano stili di vita e atteggiamenti della nobiltà (le sorelle Bingley). I valori forti propugnati dal
romanzo sono, invece, quelli della propriety e della politeness, nonché soprattutto l’idea di un
matrimonio fondato sull’affetto che contribuisca a rinsaldare i rapporti tra i membri della gentry.
L’autrice auspica il rafforzamento di un assetto sociale che deve essere in grado di riassorbire le fasce
dei nuovi ricchi senza mettere a repentaglio l’ordine, così come, più in generale, di mitigare i
contraccolpi causati dagli sconvolgimenti interni ed esterni alla nazione.

Darcy è ovviamente una figura di primaria importanza nell’assetto sociale evocato dal romanzo,
proprio perché è un proprietario terriero dalla fortuna considerevole, rampollo di una famiglia di
antico lignaggio e imparentato con la nobiltà, attento a mantenere intatta una proprietà tramandatagli
da generazioni di primogeniti, nonché premuroso verso i dipendenti. La sua figura assicura continuità,
ordine e rispetto della tradizione, ovvero i principi che il politico e storico Edmund Burke aveva
celebrato nel suo trattato controrivoluzionario Reflections on the Revolution in France.

Altrettanto importante è, dunque, Pemberley nel suo triplice ruolo di casa, parco e tenuta, ovvero
come manifestazione architettonica, economica e naturale di una struttura produttiva, amministrativa,
culturale ed etica che riassume la visione ideale dell’Inghilterra austeniana. Pemberley è un
microcosmo ordinato e saggiamente governato a cui l’autrice attribuisce il ruolo di corrispettivo del
regno e della nazione.
Uno spazio di rilevanza fondamentale, all’interno di Pemberley, è la biblioteca, in cui si concentra il
passato in forma scritta, un patrimonio di conoscenze che è altrettanto importante dell'edificio che lo
contiene e dei terreni che lo circondano, anch’esso da tramandare ai discendenti.
A Pemberley inoltre si trova la “galleria” dove sono esposti i ritratti che la governante descrive a
Elizabeth e ai Gardiners in visita alla casa. Il ritratto di Darcy, nella lettura che ne fa Elizabeth,
racchiude a livello fisico e fisiognomico i valori fondamentali del gentleman, ovvero di un individuo
dotato di grandi virtù personali che si traducono in virtù pubbliche, oltre a sottolineare ulteriormente i

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principi di tradizione e continuità rappresentati dall’intera galleria di ritratti. Assieme ai volumi della
biblioteca, i dipinti costituiscono un anello di congiunzione tra passato e presente, un sigillo di quel
concetto di storia famigliare come nucleo fondante della storia nazionale che la Austen pone al centro
di Pride and Prejudice, così come degli altri romanzi.

ASSETTO SOCIALE
L’unione tra Elizabeth e Darcy non annulla le differenze tra la ricca e sofisticata famiglia Darcy e i più
modesti Bennet, ma assicura un certo grado di fusione tra strati diversi della gentry, contribuendo così
a stemperare i contrasti e le divisioni sociali e indicando un possibile modo per neutralizzare alcune
delle cause di instabilità interne alla nazione.
In tal senso, la Austen riserva un ruolo cruciale a situazioni e personaggi che altrimenti potrebbero
sembrare secondari. Tra questi vi sono Mr e Mrs Gardiner, gli zii londinesi che, in visita a
Longbourn, portano dalla capitale regali all’ultima moda per le nipoti e invitano Elizabeth ad
accompagnarli in gite di piacere nel pittoresco Derbyshire. A Pemberley Mr Gardiner si conquista la
simpatia di Darcy ed è parte attiva nel ritrovamento dei fuggiaschi Lydia e Wickham, offrendo dunque
un quadro lusinghiero della categoria sociale dei commercianti che le sorelle Bingley denigrano per
snobismo, dimenticandosi tuttavia che la loro fortuna proviene proprio dal commercio.
In tale prospettiva, lo stesso processo di maturazione di Bingley si collega al tema più ampio del
rafforzamento progressivo della trama sociale. Bingley, “allievo” di Darcy per tutto ciò che concerne
il comportamento di gentleman, è anche educato da Jane che, con un amore sincero e pacato,
conquista il suo affetto e lo aiuta a superare il divieto iniziale di Darcy a unirsi a lei, creando così un
ulteriore legame tra strati diversi della gentry. Infine, un episodio significativo è quello dello scandalo
causato dalla fuga di Lydia e Wickham: la sessualità incontenibile di lei e la mancanza di scrupoli di
lui sono disvalori da rifiutare ed eliminare, affinché siano assicurate la stabilità e la continuità
dell’assetto socio-economico.

TEMATICHE
Nel romanzo, dunque, i personaggi negativi sono puniti, o almeno messi in disparte, mentre quelli
meritevoli, che hanno portato a termine un percorso di maturazione, vengono premiati. Per tanti versi,
Pride and Prejudice è una “commedia di maniere” dai risvolti sentimentali: tracce di questo genere
sono evidenti nella scena in cui Elizabeth ascolta, non vista, il giudizio severo e ingiusto che Darcy le
riserva dopo il loro incontro a Netherfield; i dialoghi vivaci fra Elizabeth e Darcy; oppure il duello
verbale tra Elizabeth e Lady Catherine, vera e propria reinvenzione da parte della Austen del conflitto
fra personaggi anzani e conservatori e giovani innamorati che non si curano delle convenzioni sociali,
da sempre tipico della commedia.

Significativa è la scena nel capitolo 3 in cui Elizabeth ascolta di nascosto la conversazione tra Mr
Bingley e Darcy alla festa e in particolare il giudizio espresso da quest’ultimo nei suoi confronti: la
Austen utilizza il termine overhearing che deriva proprio dall’amore della Austen per il teatro di
maniera settecentesco, dove i personaggi sono tanti e per far andare avanti la narrazione spesso
origliano per venire a conoscenza di fatti non noti. Il termine suggerisce il senso dello spazio perché
chi origlia non sta sulla scena principale ma in uno spazio liminale. Al riguardo si parla di
miscommunication, ovvero di un’interpretazione personale che magari non coincide con la verità e
che si usa per complicare o risolvere una storia (misinterpretation suggerita dal primo titolo)

Alla fine del capitolo emerge il pregiudizio di Mrs Bennet basato sul rifiuto (aggettivazione che non
lascia spazio a dubbi: disagreeable, horrid, high, conceited, detest).

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Ciò detto, il romanzo tratta anche di temi e problemi molto seri che, sebbene stemperati dalla trama
comica, continuano ad aleggiare ai margini della narrazione.
Si pensi, ad esempio, all’indigenza che minaccia le Bennet, tema incentrato sulla questione
dell’entail, nonché al pericolo che il libertinismo maschile rappresenta per la rispettabilità delle donne
e delle loro famiglie.

Tema principale del romanzo infatti, nonché prima preoccupazione di Mrs Bennet, è il matrimonio
che si basa su due fattori: da una parte il fattore economico (i Bennet sono sulla soglia della povertà e
le figlie devono per forza sposarsi per ereditare la tenuta), dall’altra l’education (istruzione), che
consiste nel costruire un percorso che conduce verso la self-knowledge (facoltà della mente e
dell’animo, da educere: “trarre fuori”). Emerge qui il fallimento del compito educativo materno:
infatti Elizabeth riprende il pregiudizio dalla superficialità della madre e dovrà maturare per assumere
la razionalità paterna.
Come sostiene Thomas Gisborne, lo scopo primario dell’educazione femminile è quello di inculcare
corretti principi morali: tutto ciò che le donne devono imparare è ad essere moralmente corrette,
perché per potersi sposare devono mostrarsi in società come delle fine ladies.

Significativo a tal proposito è il capitolo 29, nel quale Lady Catherine, la zia di Darcy, è scandalizzata
dal fatto che le Bennet non sappiano cantare o disegnare e che non abbiano avuto un’istitutrice, oltre
che dal fatto che alle ragazze era permesso leggere qualsiasi cosa volessero. Alle donne di quell’epoca
infatti non era permesso leggere libri di economia, filosofia, tedesco e i romanzi non erano ritenuti
moralmente validi in quanto inculcavano idee sbagliate come l’esistenza del vero amore (nella realtà
le unioni si basavano su matrimoni di interesse); le ragazze potevano allora leggere la Bibbia, le
poesie e i manuali di condotta.

Nel capitolo 8 Mr. Darcy sostiene che una donna per essere definita tale debba dedicarsi anche alla
lettura: è questa un’idea progressista per un uomo di quel tempo, in quanto considera la lettura come
uno strumento di educazione.
Per questo Elizabeth è l’unica in grado di eguagliare la statura intellettuale di Darcy: ella resiste a un
modello di femminilità che non le si addice, è un personaggio in divenire che prende dalla lettura
quella che sarà la sua crescita. La biblioteca del padre evoca facoltà intellettive basate su ragione e
buon senso: riesce a mediare tra la ragione (maschile) e il sentimento (femminile).

È vero che il romanzo successivo a Pride and Prejudice, Mansfield Park, è un’opera ben più ricca di
ombre, in cui prevalgono i toni cupi e malinconici, ma Pride and Prejudice, a dispetto della sua
apparente leggerezza (Austen stessa la definisce un po’ troppo leggera, brillante, frizzante), mette in
luce questioni complesse legate tanto all’esistenza individuale quanto alla società e della nazione,
questioni che, assieme alla vivace trama sentimentale, stanno alla base della fortuna ininterrotta di un
classico della letteratura di lingua inglese e mondiale.

ALTRI ROMANZI
Juvenilia
La produzione giovanile della Austen si compone di brevi testi in prosa, scritti fra la metà degli anni
1780 e il 1793 e raccolti per la maggior parte in tre quaderni da lei stessa rilegati e intitolati Volume
the First, the Second e the Third. Queste narrazioni costituiscono per la Austen un vero e proprio
campo di addestramento alla scrittura. Esse sono tentativi di rielaborazione dei modelli appresi dal
romanzo e dalla commedia settecentesca e lasciano già presagire l’emergere di una voce narrante
unica, uno dei cui tratti distintivi sarà proprio quello della reinvenzione parodica.

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Queste opere ci permettono di mettere a fuoco alcuni tra gli aspetti centrali della sua produzione
successiva, tra cui la tendenza alla riscrittura e all’inversione ironica, nonché l’analisi accurata dei
dettagli come veicoli cruciali del messaggio del testo.
In queste prime prove, la Austen dimostra già la sua abilità nel forgiare linee narrative sinuose; nello
sviluppare un punto di vista incentrato sull’eroina, ma al tempo stesso mobile e variabile; nel creare
dialoghi complessi che lasciano intravedere le sfumature psicologiche dei personaggi; e infine
nell’attribuire all’eroina un alto grado di autocoscienza che la porta a interrogarsi su sé stessa e su chi
le sta intorno. Ritroviamo anche la strategia del disabusement, ovvero del disinganno tramite lo
svelamento, che la Austen utilizzerà spesso nelle opere mature.
Tuttavia, non si devono leggere gli Juvenilia solamente come anticipazioni ancora un po’ rozze dei sei
romanzi della maturità. Per quanto siano innegabilmente opere di “allenamento” per la Austen, essi
sono anche operazioni di scrittura in sé concluse e significative in relazione al momento in cui
l’autrice li compone e non solo alla sua produzione futura.

Northanger Abbey
Pubblicato postumo, assieme a Persuasion, questo romanzo appartiene alla prima fase della
produzione della Austen. Infatti, è ancora percepibile l’approccio parodico e più genericamente
dissacrante proprio degli Juvenilia, nei quali l’autrice prende di mira le formule narrative e i linguaggi
stereotipati della narrativa dell’epoca. In questo caso, il suo bersaglio è il romanzo gotico, ovvero la
narrativa del terrore e dell’orrore, i cui elementi ricorrenti erano la triade di personaggi composta
dall’eroe, dall’eroina e dal villain; l’ambientazione in paesi lontani nello spazio o nel tempo
(soprattutto Europa cattolica o Germania); i luoghi come le abbazie, i castelli, le foreste e le caverne, i
sotterranei, le prigioni; il tema del male che può prendere sia forma umana sia sovrannaturale; e il
riutilizzo di situazioni e schemi tipici del romanzo sentimentale e della letteratura di viaggio.
Luogo principale attorno a cui ruota la vicenda è infatti un’abbazia, Northanger Abbey, di cui l’eroina,
Catherine Morland, vuole svelare i torbidi segreti.
A livello di struttura, la trama del romanzo è relativamente semplice, soprattutto perché manca quella
“contro-trama” che caratterizza altre opere della Austen, ovvero quella narrazione secondaria e
spesso solo accennata in cui l’autrice suggerisce i risvolti tragici della vita di un personaggio
femminile vittima delle trappole tese dai suoi oppositori e dalla società in generale. Tuttavia, tutto ciò
che succede a Catherine nell’abbazia e nel viaggio attorno ad essa racchiude ciò che le contro-trame
generalmente suggeriscono, mettendo cioè in luce la precarietà dell’esistenza delle donne in una
società che tende loro tranelli molteplici e spesso invisibili, esponendole in vari modi alla perdita
dell’onore (verginità), dell’indipendenza di pensiero e dei sentimenti e, in senso più alto, della propria
identità.
La Austen in Northanger Abbey mette in azione i due versanti della scrittura parodica, ovvero quello
leggero e divertito e quello impegnato nella denuncia di ciò che nella società va corretto e riformato:
da una parte infatti ridicolizza le assurdità prodotte dal romanzo gotico, dall’altra c’è l’occasione di
modificare il punto di vista del lettore sulla società e contribuire al miglioramento.

Sense and Sensibility


Il titolo originario era Elinor and Marianne, fu la prima opera pubblicata dall’autrice (con lo
pseudonimo “A lady”). Ragione e sentimento rimanda alle caratteristiche prevalenti delle due sorelle
protagoniste, la pacata e riflessiva Elinor e la passionale Marianne e inoltre, incentrato
sull’accostamento di nomi astratti si ricollega alla tendenza, tipica di tanti romanzi pubblicati fra il
Sette e l’Ottocento, a mettere in rilievo nel titolo i vizi, le virtù e i tratti caratteriali che compongono
l’ossatura tematica della narrazione. Elemento distintivo di Sense and Sensibility è l’instabilità delle
categorie astratte presentate dal titolo. In linea di massima, sense designava all’epoca il buon senso,

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mentre sensibility si riferiva al mondo dei sentimenti. Il primo termine, però, poteva anche riferirsi al
campo semantico della sensibilità d’animo, proprio perché questa veniva intesa come intimamente
connessa alla capacità dei sensi di percepire gli stimoli esterni da cui prendevano forma i moti
dell’animo. All’epoca, inoltre, sensibility aveva anche un’accezione negativa, poiché era sinonimo di
affettazione e sentimentalismo, indicando cioè un abbandono di sé eccessivo e incontrollato alle
emozioni. Nel titolo del romanzo la congiunzione and va intesa tanto come il segno di
un’opposizione, quanto come la marca di un’interrelazione fra modelli caratteriali e comportamentali
che, sebbene distinti, non si escludono a vicenda.
Inoltre la scena dell’incontro tra Marianne e il suo idealizzato spasimante presenta molti degli stilemi
della letteratura della sensibility, ovvero quell’insieme di temi e motivi che iniziano ad apparire
nella letteratura europea a partire da metà Settecento circa e si incentrano sul principio della capacità,
di persone maggiormente disposte di altre, di provare sentimenti profondi, rivelatori di una ricchezza
d’animo e di un’umanità superiori; fu Samuel Richardson a dar forma a un nuovo tipo di narrativa il
cui nucleo portate erano i sentimenti, le virtù e i vizi, ovvero l’interiorità del personaggio (Pamela,
Clarissa).
Dalla metà del XVIII secolo in avanti, la sensibility (sentimentalismo) si diffonde in tutte le forme
dell’espressione letteraria e artistica, portando in primo piano concetti come quello di sympathy (la
capacità di provare sentimenti di compassione che si traduce in comportamenti benevoli e altruisti),
nonché preparando il terreno alla raffigurazione delle passioni tipica della letteratura romantica.
In Sense and Sensibility il male non sta nel sentimento, quanto nel suo eccesso incontrollato. Per
questo, la Austen non approva né l’esuberanza teatrale di sentimenti manifestati da Marianne, né
l’introversione di Elinor.
In questo romanzo la Austen trasporta il lettore dentro a una realtà ingannevole e insidiosa, in cui le
promesse sono infrante, il vizio si maschera da virtù, la sincerità è menzogna e le persone si rivelano il
contrario di ciò che sembrano. In tal senso, è assolutamente significativo che il romanzo sia
organizzato narrativamente per enigmi, ovvero per “blocchi di incomprensione”: in tante occasioni le
due eroine si trovano a non comprendere ciò che accade intorno a loro e non possono che farsi
domande e porsele a vicenda per non soccombere a una realtà piena di ostacoli.
Così il romanzo delle (false) opposizioni si rivela essere, piuttosto, un intreccio di ambiguità in cui
una trama nascosta svela aspetti davvero terrificanti di una condizione femminile profondamente
tragica, al di là dei rassicuranti esiti conclusivi.

Mansfield Park
Mansfield Park è un’opera che marca alcuni importanti momenti di transizione nell’attività letteraria
della Austen. Primo romanzo composto a Chawton, in ordine di pubblicazione l’opera comparve
dopo Pride and Prejudice, rispetto al quale presenta un tono narrativo marcatamente più cupo,
incentrato su una figura di eroina silenziosa e passiva. Esso è più vicino a Emma perché entrambi
analizzano situazioni di repressione e di tedio esistenziale nonché il rapporto fra psicologia umana e
ambiente circostante.
A fare da perno nel romanzo è la figura di Fanny Price, l’eroina “dipendente” accolta dai parenti
ricchi e potenti: Fanny è infatti la parente povera chiamata per fare compagnia alle cugine. Così, la
sua posizione mette in luce un sistema di potere e influenza in cui il debito di gratitudine dei membri
più poveri di una famiglia allargata della gentry sottolinea il sistema di dipendenza su cui poggia
l'autorità sociale ed economica di chi è al vertice di questo gruppo. Più in generale la condizione di
Fanny è emblematica della prassi del patronage (termine con cui si indica la protezione e il
patrocinio), tipica del rapporto fra gruppi sociali all’epoca e già presente in Pride and Prejudice nel
legame fra Darcy e Bingley.

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Non è però intenzione dell’autrice denunciare questo sistema di clientelismo, quanto piuttosto
sottolinearlo quale componente di rilievo di un mosaico complesso di problematiche sociali
Figura centrale nel romanzo, oltre a Fanny, è Mansfield Park: se l’ambientazione ha sempre un ruolo
cruciale nella narrativa della Austen, in questo caso la sua importanza è ancora maggiore, infatti
Mansfield Park è il luogo della “formazione” di Fanny e della sua definizione di un percorso
esistenziale. Fanny deve infatti acquisire sicurezza, ovvero passare da un ruolo e una posizione
secondari a quelli di personaggio attivamente coinvolto nelle questioni della famiglia e della tenuta.
Inoltre la casa e la tenuta hanno una rilevanza cruciale come nuclei di aggregazione dei problemi
sollevati dal romanzo. Tra questi spicca innanzitutto il tema dell’improvement, ovvero dalla
valorizzazione, del paesaggio che fa da sfondo alla grande casa. Sin dalla metà del Settecento infatti,
tra i grandi proprietari terrieri si era diffusa la tendenza a modernizzare le proprie tenute con interventi
radicali sul paesaggio nei pressi dell’abitazione principale.
La posizione della Austen al riguardo era intermedia: il cambiamento poteva avere effetti positivi, ma
andava valutato con attenzione e non applicato in modo indiscriminato per il solo piacere di innovare
e modernizzare. Fanny è la portavoce di questo punto di vista: sostiene che il rinnovamento non deve
mai sostituire ciò che di solido proviene dal passato, bensì correggere e rafforzare i punti deboli.
Il romanzo mostra, infine, un interessante sviluppo nello stile narrativo della Austen che, in esso,
estende ulteriormente l’uso del discorso indiretto libero; questo strumento è utilizzato con
parsimonia in Pride and Prejudice, dove prevale il modo “drammatico” improntato a scambi dialogici
simili a quelli della commedia. Qui, per contro, diventa più frequente ed elaborato, anticipando il suo
uso sempre più marcato e complesso nei successivi romanzi.
L’uso del discorso indiretto libero contribuisce a intensificare ulteriormente gli aspetti enigmatici di
un’opera che è riconosciuta come la più problematica del canone austeniano. Il romanzo è infatti il
meno “romantico” tra quelli pubblicati dall’autrice e, nonostante il finale positivo, traccia un ritratto
alquanto pessimista dell’universo della gentry.
Non immediatamente divertente come Pride and Prejudice o commovente come Sense and
Sensibility, questo romanzo è però quello che da sempre induce a confrontarsi con un serie intricata di
temi e problemi di ordine culturale, morale e politico.

Emma
A differenza del romanzo precedente, Emma è un’opera luminosa, ricca di brio e piena di momenti di
gustosa comicità, e in ciò ricorda Pride and Prejudice.
Al pari di Mansfield Park però, non vi mancano implicazioni serie, tematiche spinose e situazioni
problematiche. Inoltre è il solo dei romanzi della Austen ad essere intitolato con il nome della
protagonista, così come accade in opere importanti della narrativa settecentesca (Tom Jones di
Fielding), i cui titoli segnalano al lettore che il racconto si incentra su un individuo preciso e non su un
“tipo” ideale, ovvero su una figura dalla chiara collocazione storica e socio-economica. Allo stesso
tempo, il titolo del romanzo richiama anche Pamela e Clarissa di Samuel Richardson, nei quali la
presenza del nome senza il cognome sottolinea un interesse più marcato per la vita privata, l’intimità e
l’interiorità della protagonista.
Perno della narrazione è appunto Emma Woodhouse, l’unica eroina austeniana a gestire in autonomia
l’abitazione di famiglia, essendo diventata, dopo la morte della madre e il matrimonio della sorella
maggiore, padrona della casa paterna. Nel creare il suo personaggio la Austen voleva che l’eroina
risultasse antipatica ai lettori e gli attribuisce un difetto fondamentale, quello di essere un imaginist,
cioè di immaginare trame, sviluppi ed esiti per le vite degli altri che poi si rivelano fallaci. Così come
Catherine Morlands presenta tratti marcatamente donchisciotteschi ma, a differenza di Catherine e di
altre eroine della Austen, Emma non è una lettrice né di romanzi né di poesia: tutte le sue fantasie

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nascono dalla sua immaginazione e si sviluppano grazie alla convinzione di saper sempre leggere in
modo corretto le personalità e le esistenze altrui.
Emma è un romanzo molto vicino al genere della commedia per impianto e situazioni, ovvero dal
punto di vista dell’organizzazione e della scansione degli eventi e perché abbonda di figure comiche.
La protagonista è parte integrante della comunità corale di Highbury che è significativa anche perché
svolge la funzione di microcosmo della nazione e, più specificamente, dell’Inghilterra. In particolare,
sono i personaggi maschili a incarnare i valori della Englishness (“inglesità”), nonché le pericolose
deviazioni da essa.
Tema centrale è ancora una volta quello della posizione della donna nella società e della sua
funzione di protezione, mantenimento e rinforzo del nucleo domestico e sociale.
Il livello crescente di complessità che caratterizza la narrazione è legato all’uso sapiente, da parte
della Austen, del discorso indiretto libero. Il ricorso a questo stile, che permette al lettore di cogliere
contemporaneamente il punto di vista del narratore e quello del personaggio, contribuisce a rendere
l’eroina meno antipatica e stemperare gli effetti di leggerezza e serenità da commedia tipici di questo
romanzo.
Emma restituisce un affresco variegato e vivace della gentry, ma al di là del tono generalmente
festoso, il romanzo mette in luce molte situazioni di difficoltà e realtà complesse.

Persuasion
Si tratta dell’ultima opera completata della Austen e proprio per questo è generalmente interpretato
come il suo romanzo più malinconico, un’opera di addio segnata dalla consapevolezza della fine che
si avvicina. In realtà è possibile leggerlo diversamente, e ciò per vari motivi: la Austen infatti stava
già scrivendo un altro romanzo (Sanditon) per nulla malinconico e inoltre Persuasion è pervaso da
un’ironia di fondo che contribuisce a stemperare i toni mesti, e soprattutto il fatto che l’errore
compiuto dalla protagonista Anne Elliot, ovvero l’avere rifiutato la proposta di matrimonio del
capitano Wentworth, è dovuto all remissività e docilità dell’eroina, tratti caratteriali che venivano
celebrati dai manuali di comportamento femminile dell’epoca come assolutamente lodevoli ma che la
Austen tratta, ironicamente appunto, come impedimenti alle scelte e alla realizzazione della donna.
Dal punto di vista della struttura narrativa è organizzato in base a un principio che si potrebbe definire
come rewind o “riavvolgimento”: è infatti il romanzo delle seconde possibilità.
La presenza di Anne nella narrazione inoltre è associata alla negazione, all’assenza e
all’understatement. Solitaria, sfiorita, silenziosa, tutta rivolta al ricordo e alla nostalgia, Anne sembra
la meno promettente delle eroine della Austen.
Al pari di altre opere del canone austeniano, Persuasion è incentrato sul tema dell’estate, ovvero della
casa ancestrale di una famiglia della gentry e della tenuta circostante.
Una caratteristica del romanzo è quella di essere il più “romantico” della Austen, ovvero quello in cui
i sentimenti sono più nettamente tratteggiati proprio grazie alla trama basata sul motivo dell’amore
perduto e ritrovato. Al tempo stesso però, Persuasion mette a nudo i pericoli insiti in ciò che nel
linguaggio comune si definisce con il termine “romanticismo”, ovvero un filone letterario e artistico
veicolo di passioni estreme e irrefrenabili, nonché tutto incentrato sull’esperienza individuale. Quello
che caratterizza il romanzo è un “romanticismo” reinterpretato da una prospettiva austeniana, in cui
l’eroina deve riscoprire il valore del sentimento e impararne a seguire il richiamo.
Infine, si potrebbe addirittura suggerire che una certa qualità “romantica” pare caratterizzare lo stile
narrativo dell’opera diverso da quello delle precedenti, poiché in essa lo scorrere delle frasi diventa
più fluido e libero, quasi a veicolare il dissidio in cui si trova la protagonista, fra il sentimento e
l’autocontrollo, il rimpianto e il desiderio di cambiamento.

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OPERE MINORI
Lady Susan
È l’unica narrazione della Austen di tipo epistolare ad essere arrivata fino a noi.
La protagonista, Lady Susan Vernon, è una donna seducente, dal carattere forte e senza scrupoli.
Avvenete vedova (pertanto indipendente al dominio maschile) dedita alla vita di società, è una femme
fatale dal carattere trasgressivo e insofferente e per questo vicina agli atteggiameni ribelli che
traspaiono dall’espistolario della Austen.
La sua è dunque una figura negativa, se la si considera secondo le convenzioni della società e del
romanzo dell’epoca. Nel contempo, però, è anche un personaggio estremamente affascinante, e la
scrittura della Austen - in bilico fra la condanna e l’ammirazione - ci impedisce di formulare un
giudizio netto su di lei. Infatti, lettera dopo lettera, l’autrice ci porta a preferire la voce franca, diretta e
spregiudicata della protagonista e la sua visione egoista e corrotta del mondo, piuttosto che le figure
scialbe e noiosamente convenzionali dei suoi antagonisti che, tuttavia, rimangono i detentori della
virtù.
La Austen ottiene questo effetto di capovolgimento dell’identificazione del lettore attribuendo allo
stile della protagonista un tono ironico e dissacrante.

The Watsons
Si tratta di una narrazione dai risvolti cupi che, per tanti aspetti, anticipa le atmosfere di Mansfield
Park, incentrandosi sulla figura di Mr Watson, un sacerdote vedovo in ristrettezze economiche e
senza una posizione sociale solida, e i suoi due figli e quattro figlie.
La critica si è a lungo interrogata sui motivi per cui la Austen non portò a termine una traccia
narrativa che sembra avere tutte le caratteristiche dell’incipit di uno dei suoi romanzi compiuti. Molto
probabilmente, vi fu il fatto che il reverendo Watson, la cui morte getta le figlie in una situazione
piena di difficoltà sociali ed economiche, si era rivelato troppo dolorosamente simile alla figura del
reverendo Austen.
Il frammento giunto mette dunque fuoco uno dei temi centrali della narrativa austeniana, quello
dell’esistenza precaria di donne nubili e dalle possibilità economiche limitate o nulle.
Se la romanziera lo avesse concluso, oggi sarebbe uno dei romanzi dai toni più foschi e pessimistici,
proprio perché i frammenti che ci rimangono svelano aspetti allarmanti di un sistema
socio-economico in cui la donna è un oggetto e una merce da possedere.
Inoltre in The Watsons inizia a profilarsi un realismo destinato ad assumere sempre maggior peso
nella scrittura della Austen, e fondato sulla rappresentazione del setting come qualcosa di più di uno
sfondo, ovvero come un’ambientazione caratterizzante.

Sanditon
Con questo titolo si è soliti designare il romanzo lasciato incompiuto dalla Austen alla sua morte.
Secondo quanto si può intuire dai capitoli di cui disponiamo, Sanditon sarebbe stato molto diverso
dagli altri romanzi: presenta un cast di personaggi articolato, soprattutto figure eccentriche che
compongono il piccolo mondo della località di villeggiatura e che sono quasi anticipazioni dei tanti
personaggi bizzarri e grotteschi creati da Charles Dickens; non è incentrato su un villaggio o una casa
di campagna, ma l’ambientazione è un cittadina della costa meridionale dell'Inghilterra che si sta
rapidamente trasformando in località di villeggiatura; e dà particolare rilievo ai tratti caratteriali
negativi, come la presunzione, l’avarizia, l’ipocrisia.
La tematica dell’improvement, ovvero del miglioramento e dell’ammodernamento è centrale nel
romanzo ed è uno dei motivi da cui sprigiona la comicità, messa a fuoco dalla Austen secondo una
prospettiva duplice: sia quello di uno sguardo nostalgico alla proprietà terriera, sia quella improntata a
un visione utopica che suggerisce nuove possibilità di genere, fantasie di mobilità e indipendenza

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femminile. La vena comica particolarmente accentuata si manifesta grazie a i numerosi personaggi
che danno vita a un ampio affresco sociale.
Nonostante il suo stato frammentario e lo stile tutt’altro che rifinito, Sanditon èu un’opera di grande
interesse, che ci permette di intravedere la nuova strada che l’autrice, al momento della sua
scomparsa, stava intraprendendo nella sua instancabile ricerca di nuovi modi per rappresentare la
realtà.

EPISTOLARIO
Per quanto poche e rimaneggiate (poco più di 160 lettere superstiti), le lettere di cui disponiamo
sono una fonte cruciale di informazioni sull’autrice e la sua famiglia, sulle sue frequentazioni in
società, occupazioni quotidiane, abitudini di scrittura e di lettura. Esse inoltre ci forniscono
informazioni sui rapporti tra la Austen e gli editori. L’epistolario infine raccoglie, anche se in modo
frammentario e discontinuo, le idee dell’autrice su questioni come la condizione femminile, il
matrimonio e l’amore, le convenzioni sociali, il patriottismo e il senso d’identità nazionale.
Il grosso dell’epistolario è indirizzato alla sorella Cassandra e comprende lettere dal tono informale,
espressione scritta dell’atmosfera di complicità e condivisione che esisteva fra di loro.
Queste lettere sono state interpretate come “scrittura della domesticità” in bilico fra il rispetto delle
convenzioni patriarcali (la divisione delle sfere d’azione secondo cui la donna era relegata all’ambito
casalingo) e il desiderio di ribellarsi a tali norme.

CONTESTO STORICO DEI ROMANZI


Sebbene le opere della Austen non siano solitamente annoverate tra i romanzi storici, esse sono
comunque ricche di riferimenti più o meno palesi delle condizioni sociali, politiche, ed economiche
dell’epoca, ovvero a un periodo molto complesso nella storia della Gran Bretagna come quello dei
decenni tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento. Infatti, la famiglia della scrittrice, pur
risiedendo nelle campagne dello Hampshire, era sempre in vari modi legata agli eventi storici, politici
e militari, nonché alle trasformazioni sociali ed economiche che investivano l’Inghilterra del periodo.

Cruciale in tale prospettiva fu senza dubbio la Rivoluzione francese, contesto fondamentale per
comprendere gli aspetti ideologico-politici della Austen e, in particolare, la sua oscillazione fra
posizioni conservatrici e idee “liberali” e riformiste. Fondamentale per una scrittrice come la Austen
fu il vivace e, a tratti, violento dibattito ideologico che la Rivoluzione suscitò tra gli intellettuali
britannici, a partire dalla pubblicazione del pamphlet controrivoluzionario Reflections on the
Revolution in France del politico e saggista Edmund Burke. Questa vera e propria “guerra di idee”,
campo di scontro tra principi conservatori e tendenze innovatrici costituisce la base ideologica su cui
poggia la realtà descritta dalla Austen nei suoi romanzi e, in tempi recenti, ha generato una complessa
e irrisolta polemica critica tesa a dimostrare se la Austen propendesse per le idee controrivoluzionarie
oppure per quelle dei filofrancesi.

In quel periodo il Regno Unito e il suo impero in continua espansione occupavano un posto di grande
rilievo a livello internazionale come prima potenza marinara del pianeta. La Royal Navy, che tanta
importanza ha nella biografia e nelle opere della Austen, assicurava alla nazione il controllo delle
principali vie di comunicazione del globo, dei traffici commerciali per l’esportazione dei prodotti
delle industrie e dei collegamenti con le colonie (più ricche erano quelle asiatiche controllate dalla
Compagnia delle Indie Orientali).

In quanto al contesto sociale, invece, va ricordato che, all'epoca, la società inglese era un mosaico
complesso ancora configurato in base alle strutture e alle convenzioni tipiche del XVIII secolo. Uno

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dei grandi spartiacque nella storia sociale della nazione fu, infatti, l’epoca vittoriana, in cui sorse
l’idea di classe legata al censo. Prima di questo e, dunque, per tutta la vita della Austen, la società
non si divideva in classi, quanto piuttosto in ranghi, che si differenziavano e relazionavano in primo
luogo grazie alla posizione sociale e secondariamente alla ricchezza dei loro membri. Il “rango” infatti
non si definiva esclusivamente in base al benessere economico ma anche, in modo ben più essenziale,
grazie alle reti di contatti, relazioni e frequentazioni, all’educazione e al livello culturale, alle maniere,
al dominio dello standard linguistico, nonché al possesso di una serie di oggetti dal valore di status
symbol.

Asse portante della società narrata dalla Austen, la gentry è un gruppo sociale eterogeneo,
principalmente legato all’ambito rurale, imparentato tanto con l’aristocrazia come con le classi
professionali; a questo raggruppamento appartiene Darcy. Al tempo stesso, però, si tratta di un gruppo
sociale organizzato in modo fortemente gerarchico nel contesto di una località o di un vicinato al cui
centro si trova una grande casa padronale, attorniata dalle dipendenze di estates e manors e centro
nevralgico di legami parentali e clientelari, di rapporti economici-politici e di momenti di
aggregazione che collegano le famiglie del neighbourhood.
La gentry svolgeva un ruolo fondamentale nella struttura socio-economica e politica del periodo e
costituiva una fascia estremamente variegata, capace di sfumare i contrasti tra i ranghi più alti, quelli
intermedi e quelli inferiori.

Le donne della gentry, ovvero la maggior parte delle figure femminili create dalla Austen, erano
generalmente educate secondo i principi di “femminilità” e sottomissione raccomandati dai cosiddetti
conduct books, e solo con il matrimonio potevano conquistarsi sicurezza economica e posizione
sociale. Esse erano infatti sottoposte a una legislazione ereditiera basata sul principio dell’entail,
secondo cui le proprietà di famiglia dovevano passare indivise ai primogeniti in modo da mantenerle
intatte per generazioni e che, in assenza di questi, fossero tramandate al parente maschio più prossimo
(es. Mr Collins per Mr Bennet). Sebbene in molti romanzi la Austen sostenga il ruolo cruciale
dell’estate come struttura portante dell’assetto socio-economico, nel contempo critica aspramente
questa convenzione del diritto testamentario proprio perché danneggia le donne riducendole a un
ruolo marginale che contrasta con il loro contributo essenziale alla trasmissione delle proprietà e
dunque al mantenimento dell’equilibrio socio-economico della nazione.

Legato a queste problematiche è inoltre il rapporto tra campagna e città. Questo è infatti il periodo
in cui un’industrializzazione sempre più avanzata inizia a trasformare la fisionomia delle città,
l’economia e la distribuzione demografica nei modi e nelle forme che più tardi caratterizzeranno la
Gran Bretagna vittoriana. La letteratura del periodo non tarda a raffigurare ed esaminare gli effetti
negativi della modernità industriale e tecnologica, anticipando le denunce accorate degli autori
dell’età vittoriana.
Al pari delle città, anche le campagne erano afflitte da numerosi e gravi problemi di natura
socio-economica, causati soprattutto dai cambiamenti che stavano investendo il mondo rurale.
Tra i grandi proprietari terrieri ad esempio si diffuse la moda dell’improvement, ovvero del
miglioramento del paesaggio da un punto di vista estetico. Spesso per rendere più gradevoli le vedute
attorno alla propria dimora, essi non esitavano a far demolire gruppi di case o villaggi e a obbligare
così i propri fittavoli a trasferirsi altrove. Ancor più traumatico fu il fenomeno delle enclosures,
ovvero della privatizzazione dei terreni pubblici decretata dal governo come modo per rimpinguare
l’erario.
Questi provvedimenti obbligarono i poveri a spostarsi in città per trovare lavoro in fabbrica, mutando
così ulteriormente l’assetto e l’aspetto del paesaggio rurale.

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Infine, trasformazioni rilevanti interessarono anche i metodi della produzione agricola, in cui
iniziarono a diffondersi gli effetti della meccanizzazione che portarono a numerose rivolte e atti di
sabotaggio o intimidazione verso i proprietari terrieri.
Vi è quindi una fitta trama di riferimenti agli eventi della storia nazionale e internazionale nei
romanzi; eventi che, a loro volta, condizionano le storie e le vite dei personaggi, formando così un
contesto imprescindibile per apprezzare un corpus narrativo che, rielaborando temi e questioni
appartenenti a un luogo e a un'epoca ben precisi, racconta storie senza tempo.

LA SCRITTURA DELLA AUSTEN


Come per la maggior parte dei romanzieri dell’epoca, autori di un genere letterario che veniva
solitamente lasciato ai margini, Jane Austen non ha lasciato scritti che illustrino le linee guida della
sua arte narrativa, le intenzioni che la ispiravano o le finalità delle sue sperimentazioni.
Per farsi un’idea dei principi che ispirarono la romanziera bisogna affidarsi agli scarni riferimenti
contenuti nelle lettere, le quali ci dicono che:
- la Austen era estremamente attenta alle trasformazioni del genere e consapevole della
competizione degli autori contemporanei;
- prima di iniziare la stesura di un’opera ne tracciava l’intera trama e poi la confidava alla sola
Cassandra che offriva osservazioni e consigli;
- leggeva stralci dei propri manoscritti alla famiglia (gli Austen organizzavano letture delle
opere di Jane rivolte a conoscenti e amici in visita);

Caratteristiche della sua narrativa sono:


- natura marcatamente sociale, il cui fondante è l’acquisizione da parte dell’eroina del “senso
critico”, ovvero la capacità di discriminazione e discernimento;
- trame nascoste, enigmi ed ellissi narrative, nonché reti di simboli più o meno evidenti (per cui
è richiesta la capacità di disamina critica);
- questioni epistemologiche, ovvero legate alla conoscenza e alla percezione, ai processi tramite
i quali capiamo il mondo, le cose e le persone;
- utilizzo di meccanismi quali la riduzione, la miniaturizzazione e l’intensificazione: le opere
della Austen tendono a limitare aspetti come la proliferazione di personaggi, la
moltiplicazione delle trame e delle ambientazioni o la polifonia delle voci narranti;
- focalizzazione del punto di vista al fine di evitare dispersioni, digressioni, elementi estranei;
- realismo, fondato su fenomeni quali slittamento e sostituzione (porta il quotidiano in primo
piano), immissione di verosimiglianza, posizionamento di personaggi ed eventi in contesti
che i lettori possono riconoscere come analoghi a quelli che li circondano o di cui sono a
conoscenza.

Non sembra dunque eccessivo affermare che l’arte narrativa della Austen rappresenta un punto di
svolta cruciale nelle letterature moderne.

Per quanto riguarda il linguaggio ricorrono:


- words of meaning (parole di significato e significative), e l’accuratezza nella scelta di tali
termini, che teneva conto delle sfumature semantiche dell’inglese dell’epoca; la Austen
seleziona il proprio vocabolario significativo in modo scrupoloso e ragionato;
- ruolo centrale svolto dai verbi di cognizione e percezione (to feel, to think, to seem), questo
perché le opere della Austen sono incentrate su una duplice operazione di decodifica e
comprensione che l’autrice e la narratrice affidano tanto all’eroina quanto a chi legge. Per

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contro, il lessico amoroso è molto meno frequente (love, to marry, marriage), al pari dei
termini legati al denaro e alla proprietà (property, estate, money)
- termini astratti che prevalgono su quelli concreti, cosicché il vocabolario riferito alla
valutazione delle personalità è molto più articolato e frequente rispetto a quello relativo ai
tratti fisici (la Austen è molto parca nell’assegnare caratteristiche corporee ai suoi personaggi,
limitandosi a pochi tratti essenziali); è invece il campo semantico degli atteggiamenti sociali
e delle caratteristiche morali e intellettuali a svolgere un ruolo di primaria importanza nel
complesso sistema lessicale del canone austeniano. Un influsso formativo importante per
questa cura della Austen verso la correttezza lessicale e grammaticale lo ebbe la saggistica
Settecentesca, in particolare Samuel Johnson (stile equilibrato e limpido);
- voce narrante che può esprimere punti di vista mutevoli e distinti e dunque svolgere le
funzioni più diverse; essa, nel fare da filtro ai sentimenti e al discorso interiore dell’eroina,
oscilla fra la trasparenza e l’affidabilità da una parte, e il distanziamento ironico dall’altra;
- objective narrative, ovvero narrazione obiettiva in terza persona, che rappresenta gli eventi in
modo neutro, senza la mediazione della soggettività del narratore o dei personaggi;
- ricorso all’ironia che serve a prendere le distanze dalle convenzioni sociali apparentemente
accettate;
- accurata costruzione dei dialoghi, che tiene conto dei procedimenti propri di questo tipo di
comunicazione (turn-talking, dominance, participation, framework); essi mettono in luce
l’esteriorità del personaggio e i suoi rapporti con gli altri e con le consuetudini sociali.
- discorso indiretto libero, con cui la Austen esplora e rappresenta l’interiorità dei personaggi:
nei primi romanzi prevale la rappresentazione del pensiero e dei sentimenti tramite il discorso
diretto, poi la Austen passa a utilizzare l’unspoken speech, ovvero un discorso “non parlato”,
e dunque il discorso indiretto libero, entrambi utili a tratteggiare le infinite variazioni del
pensiero e dei moti dell’animo, specie quelli della protagonista. Lo scopo principale di questo
procedimento narrativo è quello di permettere al lettore di entrare nell’interiorità del
personaggio secondo forme che percorrono il monologo interiore utilizzato dagli scrittori del
XX secolo. D’altra parte, il discorso indiretto libero serve anche a sottolineare la complessità
e le contraddizioni della soggettività del personaggio e quindi a rafforzare per contrasto il
ruolo della voce narrante come depositaria di un punto di vista alternativo, sebbene non
necessariamente affidabile, sui pensieri e sui sentimenti che si intrecciano nelle profondità del
personaggio stesso.

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