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Il fantasma di Cinzia (commento)

L’elegia si apre con la celeberrima massima sunt aliquid Manes: letum non omnia finit (“I
Mani valgono qualcosa: la morte non tutto distrugge”). Per i Romani, che credevano nel
dualismo anima-corpo e nella vita dopo la morte, l’anima era immortale. Infatti proseguendo
nell’elegia, Properzio ci racconta che lo spirito di Cinzia, donna da lui amata, gli è apparso in
sogno. Cinzia appare per rimproverarlo di averla già dimenticata, di non essersi preso cura
delle sue esequie [Properzio non si è curato di dedicare a Cinzia minime attenzioni, come
quella di far vegliare il cadavere da un custode che, urtando fra loro due canne spezzate,
tenesse lontani gli spiriti maligni; per quanto riguarda la tegola rotta (vv.25) si ipotizza che
alluda a esequie squallide e povere, ossia che il capo di Cinzia non sia nemmeno stato
appoggiato a un cuscino] e di averla sostituita con un’altra donna (questo a causa di una
proposta di legge matrimoniale, opera di Augusto, che avrebbe costretto il poeta a sposarsi
e, di conseguenza, a lasciare Cinzia). Nelle opere precedenti è sempre presente il timore
del poeta verso l’infedeltà della donna amata e verso il fatto che ella non gli rendesse gli
onori che meritasse, mentre in quest’elegia è proprio Cinzia che si lamenta di esser stata
trascurata, dimenticata e tradita, e che assicura la propria fedeltà anche dall’aldilà.
Nell’elegia il tono di Cinzia si innalza e allo stesso tempo diviene più sereno e pacato in
quanto abbiamo amarezza e risentimento nella prima parte e una sorta di tenerezza che
subentra dopo, fino all’affermazione che segna il trionfo dell’amore sulla morte (‘’non è la
morte la fine di tutto’’ vv.1). Nella conclusione risuona anche un discorso sulle ombre e sulla
natura dei sogni, che sono sogni ma sono anche verità che si depositano nelle orecchie di
chi sa ascoltare. Dunque l’ombra sognata di Cinzia appartiene a questa categoria, le sue
parole sono destinate a rimanere nel tempo.
L'amore romantico, di cui in questa elegia c'è traccia potente, è pieno di pretese. Una di
quelle estreme consiste nelle voler essere l'altro. Properzio, in questo slancio poetico che
lo porta ben di là dai confini temporali in cui si è svolta la sua vita e ha visto la luce la sua
poesia, vuole essere Cinzia. Rivendica così sé a se stesso. Perché, morta lei, lui è rimasto
‘’in sé mal vivo e morto in lei ch'è morta.’’
Cinzia e Properzio hanno due concezioni diverse dell'amore per Properzio è un legame
assoluto che deve continuare dopo la morte, deve poggiata sull'attrazione fisica, sulla
sensibilità comune (che nel caso di Properzio e Cinzia è l'amore per la poesia), deve
lasciare fuori gli aspetti mondani. Cinzia, invece, è legata a un modello di vita pienamente
inserito nella nuova morale corrente e anche in amore non si vuole legare a una sola
persona, non vuole assolutizzare un sentimento. Su queste basi l'amore di Properzio e
Cinzia non può che finire con un discidium cioè con una separazione che si produce quando
Properzio è colto dal disinganno e vede Cinzia nella sua vera luce, al di fuori delle
idealizzazioni. Questo è il romanzo d'amore di Properzio, che non è drammatico come
quello di Catullo (odio et amo), non è improntato al lamento come quello di Tibullo. Si
sviluppa su una linea più varia e più leggera, con momenti anche di ironia, il personaggio è
più vivo sia di Lesbia sia di Delia, sia di Nemesi e quindi è più vasta la casistica amorosa
delle vicende e degli stati d'animo. Properzio si abbandona in questo amore con tutto se
stesso, accetta di vivere senza alcuna razionalità, trasgredendo la morale corrente:
antepone l'amore a ogni altra considerazione e scelta e l'amore è per lui la sola ragione di
vita. È un amore pieno di contrasti e questo a Properzio piace perché il tormento tiene
viva la fiamma tra gli innamorati e Cinzia è una donna di temperamento forte, abituata ad
imporsi nei rapporti.

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