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Nozione di vettore
Si dà qui per conosciuta la nozione di vettore nello spazio euclideo a tre dimensioni, ente
individuato dalle caratteristiche di modulo, direzione e verso.
I vettori vengono nel seguito indicati con carattere minuscolo, grassetto e sottolineato una sola
volta. Inoltre, E3 denota lo spazio Euclideo a tre dimensioni e V l'insieme dei relativi vettori.
Il segmento orientato (AB) nello spazio euclideo dall’estremo A all’estremo B di lunghezza pari
al modulo del vettore a, e della stessa direzione e verso, ne è una rappresentazione.
Il vettore di modulo nullo (si noti che questo vettore è unico, non essendo attribuibili direzione e
verso) sarà qui di seguito indicato con 0.
Prodotto interno:
Definizione:
il prodotto interno ( o prodotto scalare) di due vettori a e b è definito come il numero reale
indicato come a • b risultante dal prodotto tra i moduli dei due vettori moltiplicato per il
coseno dell’angolo β compreso fra i due:
a • b = mod(a) mod(b) cos (β)
Proprietà [ a, b e c ∈ V , α ∈ R ]:
a•b=b•a
a • (b + c) = (a • b ) + a • c
α (a • b) = (α a) • b
a•a≥0
a•a=0⇔a=0
mod (a) = (a • a)1/2
Le operazioni e le proprietà sopra elencate fanno dell’insieme dei vettori dello spazio Euclideo a tre
dimensioni uno spazio vettoriale dotato di prodotto interno.
Si nota qui che la operazione di prodotto scalare di un generico vettore v ∈ V per un fissato vettore
a : ( a •) ( v ) risulta una funzione lineare nell’argomento v:
( a •) (α v + α w ) = α ( a •) ( v ) + α ( a •) ( w )
Si può anzi dimostrare che si tratta della più generale funzione lineare dallo spazio dei vettori a
quello degli scalari, ovvero ad ogni applicazioni lineare V à R è associato un vettore a per il quale
il prodotto interno a • v risulta uguale alla immagine di v secondo l’applicazione data.
Versore:
Definizione
Se a è un vettore non nullo risulta definito il versore del vettore a come il vettore vers (a)
1
vers (a) = a
mod (a)
Il versore del vettore a è comune a tutti i vettori che hanno la stessa direzione e lo stesso verso di
a e dunque un versore individua una direzione orientata nello spazio.
∑α
i=1
i
ai = 0 ⇔ αi = 0 ∀ i
Nell'insieme dei vettori dello spazio Euclideo a tre dimensioni il numero massimo di vettori
tra loro linearmente indipendenti è uguale a tre.
Gli scalari della terna (α1, α2, α3) sono detti componenti del vettore a nella base costituita dai
vettori (b1, b2, b3).
Base cartesiana
Definizione:
La base costituita dalla terna di vettori (b1, b2, b3) è detta cartesiana se i vettori che la
costituiscono sono di modulo unitario:
bi • bi = 1 ∀ i
Base ortogonale
Definizione:
bi • bj = 0 ∀ i , ∀ j ≠ i
Nel seguito con (e1, e2, e3) si indicherà una base cartesiana ortogonale (detta anche ortonormale)
per i vettori dello spazio Euclideo a tre dimensioni.
Proprietà:
Se con ai o (a)i, i compreso tra 1 e 3, sono indicate le componenti del vettore a ∈ V nella base
cartesiana ortogonale (e1, e2, e3) allora risulta
a • ei = ai
Valgono le seguenti relazioni tra componenti per le operazioni definite nello spazio dei vettori:
(a + b)i = ai+ bi
(α a)i = α ai
3
a•b = ∑a
i =1
i bi
Carattere di chiralità per terne ordinate di vettori linearmente indipendenti nello spazio
Date due terne di vettori linearmente indipendenti, si dice che queste hanno la stessa chiralità se
sono entrambe levogire oppure entrambe destrogire (si danno qui per conosciute le nozioni di
terna levogira e terna destrorsa), si dice che hanno diversa (opposta) chiralità in caso contrario.
dove ai e bi indicano rispettivamente le componenti dei vettori a e b rispetto alla base cartesiana
mentre il termine eijk, detto di Levi-Civita, è uguale a +1 o -1 a seconda del fatto che la terna
ordinata (i,j,k) risulti da una permutazione pari o dispari della terna ordinata (1,2,3).
Vettori posizione
Scelto un punto O come origine, ciascun punto z dello spazio Euclideo a tre dimensioni E3
resta individuato da un vettore, detto vettore posizione z del punto z, definito come il vettore di
cui il segmento orientato di primo estremo O e secondo estremo z è una rappresentazione.
L'insieme dei vettori posizione rispetto a una data origine O per i punti dell'intero spazio E3
coincide con l'insieme dei vettori V definito sopra.
Saranno indicate nel seguito con zi, i compreso tra 1 e 3, le coordinate del generico vettore
posizione z rispetto ad un base cartesiana ortogonale (e1, e2, e3).
Nozioni di campo scalare e campo vettoriale
È detto campo scalare una funzione del posto a valori reali definita in un sottoinsieme dello
spazio euclideo a tre dimensioni E3. Indicheremo nel seguito la condizione di campo scalare per
la variabile α definito in D ⊆ E3 con la notazione α(z), in cui z indica il vettore posizione del
generico punto z ∈ D.
In modo del tutto analogo si definisce campo vettoriale una funzione del posto a valori
nell'insieme dei vettori dello spazio V definita in un sottoinsieme dello spazio euclideo a tre
dimensioni E3. Inoltre, ancora in analogia con quanto già fatto per il campo scalare, si utilizzerà
nel seguito il simbolo a (z) per indicare in esplicito la condizione di campo vettoriale per la
variabile a.
Proprietà:
Dato un campo scalare α(z) definito in D ⊆ E3 per il quale esista il campo vettoriale gradiente
∇α(z), allora le componenti del vettore gradiente nella base cartesiana ortogonale (e1, e2, e3)
sono date dalla relazione seguente
∂α
(∇ α )i = i =1,2,3
∂ zi
Si ricorda che con zi, sono indicate le coordinate del vettore posizione z rispetto alla base (e1,
e2, e3).
Nelle stesse condizioni, inoltre, le superfici definite dalla relazione α(z) = costante risultano,
punto per punto, ortogonali al vettore gradiente.
Proprietà:
Il rotore del gradiente di un campo scalare è sempre nullo:
curl (∇α) = 0 ∀ α(z)
3
gj = ∑g
i=1
ij
gi j =1,2,3
3
a i
= ∑a
j =1
j g ij
3
ai = ∑a
j =1
j
g ij
a i = a • gi
ai = a • gi
1
a <i > = ai
g ii
a <i > = g ii a i
Proprietà:
Le componenti covarianti del vettore gradiente del campo scalare α (z) rispetto al sistema di
1 2 3 1 2
3 ∂α i
∇α = ∑ i g
i =1 ∂ x
Le componenti controvarianti dello stesso gradiente rispetto allo stesso sistema di coordinate
possono essere ricavate tenendo conto delle relazioni generali tra coordinate covarianti e
controvarianti di un vettore sopra riportate.
1.3 T ENSORI DEL SECONDO ORDINE NELLO SPAZIO EUCLIDEO A TRE DIMENSIONI
Diade :
Definizione:
Se a e b sono due generici vettori, allora si definisce diade (o prodotto diadico o prodotto
tensoriale) dei due vettori a e b, e si indica con a b , lo speciale tensore definito dalla regola
seguente
a b • c = a (b • c) ∀c∈V
Tensore invertibile:
Definizione:
Si dice che il tensore A è un tensore invertibile quando ogni vettore dello spazio Euclideo a tre
dimensioni risulta immagine secondo A di uno ed un solo vettore:
∀a∈V ∃b∈V : A•b=a & A•c=a ⇒c=b
Proprietà:
Se A è un tensore invertibile allora la trasformazione inversa è un tensore (una applicazione
lineare) ed è indicato con A-1.
Trasposto di un tensore:
Definizione:
Ad ogni tensore A ∈ L è possibile associare un secondo tensore, detto tensore trasposto di A e
indicato con AT , definito dalla regola seguente:
Proprietà: [AeB∈L]
(A • B)T = B T • A T
Tensore simmetrico:
Definizione:
Il tensore A ∈ L è detto simmetrico quando risulta
AT = A
Tensore antisimmetrico:
Definizione:
Il tensore A ∈ L è detto antisimmetrico (o emisimmetrico, o assiale) quando risulta
AT = - A
Proprietà:
Se A è un tensore antisimmetrico allora
(A • a) • a = 0 ∀a ∈V
Proprietà:
Qualunque tensore A può essere decomposto nella somma di un tensore simmetrico e di un
tensore antisimmetrico. Vale infatti la seguente identità
A = (A + AT )/2 + (A - AT )/2 ∀A ∈L
E’ facile verificare che il primo addendo a secondo membro della equazione scritta sopra è un
tensore simmetrico e il secondo addendo è un tensore antisimmetrico.
Tensore deviatorico:
Definizione:
Il tensore A ∈ L è detto deviatorico se risulta
tr (A) = 0
Proprietà:
Qualunque tensore A può essere decomposto nella somma di un tensore isotropo e di un tensore
deviatorico. Vale infatti la seguente identità
A = 1/3 tr(A) 1 + (A - 1/3 tr(A) 1) ∀A ∈L
E’ evidente che il primo addendo a secondo membro della equazione scritta sopra è un tensore
isotropo ed è facile verificare che il secondo addendo è un tensore antisimmetrico.
Le operazioni di somma, prodotto per uno scalare e prodotto interno conferiscono all'insieme dei
tensori del secondo ordine nello spazio Euclideo a tre dimensioni la struttura di uno spazio
vettoriale dotato di prodotto interno.
Si nota qui che la operazione di prodotto interno di un generico tensore T ∈ L per un fissato tensore
A : ( A :) ( T ) risulta una funzione lineare nell’argomento T:
Si può anzi dimostrare che si tratta della più generale funzione lineare dallo spazio dei tensori a
quello degli scalari, ovvero ad ogni applicazioni lineare L à R è associato un tensore A per il
quale il prodotto interno A : T risulta uguale alla immagine di T secondo l’applicazione data.
Proprietà:
Ogni tensore A con det (A) > 0 può essere espresso come il prodotto di un operatore di rotazione
R e di un tensore simmetrico, definito positivo B tale che B2 = AT • A :
A = R•B con B2 = AT • A
Inoltre, lo stesso tensore A può essere scritto come il prodotto del tensore simmetrico definito
positivo C tale che C = R • B • RT :
A = C•R con C = R • B • RT
Proprietà:
Se con Aij o (A)ij, i e j compresi tra 1 e 3, sono indicate le componenti del tensore A ∈ L nella
base cartesiana ortogonale (e1, e2, e3), e con ai o (a)i sono indicate le corrispondenti componenti
del vettore a ∈ V , allora valgono le seguenti relazioni tra componenti per le operazioni definite
sopra:
(A a)
3
•
i
= ∑A
k =1
ik ak
(A B )
3
•
ij
= ∑
k =1
A ik B kj
3 3
A •• B = ∑∑A
i =1 j =1
ij B ji
(A)T ij = Aji
( )
3
tr A = ∑i =1
A ii
Proprietà:
Le seguenti relazioni valgono tra componenti covarianti, controvarianti e miste di un tensore
rispetto ad un assegnato sistema di coordinate:
3 3
A ij = ∑ ∑g
m =1 m =1
im g in A mn
3 3
A ij
= ∑ ∑g
m =1 m =1
im
g in A mn
3
Ai j = ∑g
m =1
im A mj
3
A ji = ∑g
m=1
im
A mj
I termini (gij) e (gij) sono spesso indicati rispettivamente col termine tensore covariante metrico
e controvariante metrico: si tratta in realtà, come risulta dalla relazione sopra riportata,
rispettivamente delle componenti covarianti e controvarianti del tensore unità. Sempre dalla
relazione sopra riportata risulta evidente che le componenti miste del tensore unità hanno il
valore del delta di Kronecker δ ij.
Tensore gradiente di un campo vettoriale :
Definizione:
È detto gradiente del campo vettoriale a (z) definito in D ⊆ E3 , ed è indicato con ∇ a, il campo
tensoriale definito dalla seguente condizione:
∇ a(z ) • b = lim
1
s→0 s
[a (z + s b ) − a (z )] ∀b∈V
Proprietà:
In riferimento alla terna cartesiana ortogonale (e1, e2, e3), rispetto alla quale il vettore a ha
componenti (a1, a2, a3) e il vettore posizione z ha componenti (z1, z2, z3), la seguente
espressione risulta per le componenti del il tensore ∇ a :
∂a
(∇ a )ij = i
∂z j
Dunque, se α è un tensore del terzo ordine, a e b sono vettori e β e γ sono scalari allora
risulta (dalla definizione di tensore del terzo ordine):
α • (β a + γ b ) = β α • a + γ α • b ∀a, b∈V ; ∀β, γ∈R
Dalla operazione di somma tra tensori risulta ovviamente definito il tensore nullo, indicato
con 0 , come il tensore che sommato ad un qualunque tensore α restituisce lo stesso
tensore:
α + 0 = α
β • a ≡ (αα ) • a = α α • a ∀a∈V
In stretta analogia con il caso dei tensori del secondo ordine, le operazioni sopra definite per i
Prodotto tensoriale di tre vettori :
Definizione:
Se a, b e c sono tre generici vettori, allora si definisce prodotto tensoriale dei tre vettori a, b e
c, e si indica con a b c , lo speciale tensore del terzo ordine definito dalla regola seguente
a b c • d = a b (c • d) ∀d∈V
Proprietà:
Data una base (b1, b2, b3) nello spazio dei vettori, l'insieme dei prodotti tensoriali di tre vettori
costruiti sui vettori della base (il set formato dai ventisette elementi bi bj bk , con i, j e k
compresi tra 1 e 3) costituisce una base dello spazio vettoriale dei tensori del terzo ordine.
Infatti i prodotti tensoriali così individuati sono linearmente indipendenti, e per ogni tensore
del terzo ordine α esiste ed è unico il set di 27 elementi scalari γijk per i quali risulta:
3
α = ∑γ
i =1
ijk
bi b j bk
Gli scalari della terna (γijk) sono detti componenti del tensore α nella base costituita a partire
dalla terna di vettori (b1, b2, b3)
Tensori del terzo ordine come applicazioni dallo spazio dei tensori del secondo ordine a quello dei
vettori
Definizione:
Si introduce qui un diverso uso dei tensori del terzo ordine, riferendosi a questi come ad
applicazioni sui tensori del secondo ordine che restituiscono vettori: la applicazione del
tensore del terzo ordine α alla diade a b restituisce un vettore, indicato con il simbolo α : a
b, definito dalla seguente condizione:
α : a b ≡ ( α • a) • b
Prodotto tra tensori del secondo ordine e tensori del terzo ordine
Definizione:
Si introduce qui l’operazione di prodotto di un tensore del terzo ordine α con un tensore del
( α • A )• a ≡ α • ( A • a ) ∀a∈V
Definizione:
Data una base cartesiana ortogonale (e1, e2, e3) nello spazio dei vettori, risulta definito il
tensore del terzo ordine ∈, detto tensore alternante, dalla seguente espressione in termini di
componenti:
(∈) = ∑∑∑ e
3 3 3
ijk e1 e j e k
i =1 j =1 k =1
Proprietà:
a ∧ b = ∈ : ba
tr (a b c) = a ( b • c) ∀a, b, c∈V
A•a =
1
2
(
tr ∈ • A ∧ a ) ∀a∈V
∇ A(z ) • b = lim
1
s→ 0 s
[A (z + s b) − A (z )] ∀b∈V
Proprietà:
In riferimento alla terna cartesiana ortogonale (e1, e2, e3), rispetto alla quale il tensore A ha
componenti (Aij) e il vettore posizione z ha componenti (z1, z2, z3), la seguente espressione
risulta per le componenti del il tensore del terzo ordine ∇ A :
∂ A ij
(∇ A) =
∂ zk
ijk
Definizione:
E’ detto divergenza del campo tensoriale del secondo ordine A (z) definito in D ⊆ E3, indicato
con div (A) o ∇• A, il vettore corrispondente alla traccia del tensore del terzo ordine che
rappresenta il gradiente del tensore A:
∇• A = tr (∇A)
Proprietà:
Se α (z) è un campo scalare, allora per la divergenza del campo tensoriale isotropo (α 1)(z)
vale
∇• (α 1) = ∇ α ∀α ∈R
Proprietà:
In riferimento alla terna cartesiana ortogonale (e1, e2, e3), rispetto alla quale il tensore A ha
componenti (Aij) e il vettore posizione z ha componenti (z1, z2, z3), la seguente espressione
risulta per le componenti del vettore ∇• A :
∂ A ij
(∇ A)
3
•
i
= ∑
j=1 ∂ z
j
2.Elementi di cinematica del continuo
L’osservatore
La descrizione del moto di un mezzo continuo è data necessariamente rispetto ad un sistema di
riferimento (un osservatore) attraverso il quale è specificato un sistema di riferimento per il
tempo e un sistema di riferimento per lo spazio.
Nell’ambito di interesse di questo corso, il sistema di riferimento per il tempo è assegnato
assumendo come istante iniziale l’istante in cui accade un determinato evento, mentre il
riferimento per lo spazio è rappresentato da una collezione di oggetti, che individuano un set di
direzioni non coplanari, le cui distanze relative restano invariate durante il periodo della
osservazione.
Nel seguito si assumerà per semplicità che il sistema di riferimento per lo spazio sia
rappresentato da una terna di vettori ortonormale (e1, e2, e3) che si immaginano applicati in uno
stesso punto O rappresentante l’origine del sistema di riferimento.
Variabili oggettive
Sono detti scalari oggettivi le variabili reali che hanno lo stesso valore in tutti i possibili sistemi
di riferimento. (esempi di scalari oggettivi: la temperatura di un elemento, la sua densità, …)
Sono detti vettori oggettivi le variabili vettoriali i cui vettori rappresentativi in due generici
sistemi di riferimento sono tra loro nella stessa relazione in cui sono i valori di un vettore
geometrico come la differenza dei vettori posizione di due fissati punti dello spazio Euclideo.
La generale espressione di questa ultima relazione è riportata sopra e dunque se a e a* sono i
valori di una stessa variabile vettoriale in due diversi sistemi di riferimento qualunque, la cui
rotazione relativa è rappresentata dal tensore Q, la variabile vettoriale è un vettore oggettivo solo
se risulta:
a* = Q • a
Sia b il vettore oggettivo, immagine del vettore oggettivo a secondo il tensore A in un sistema di
riferimento, e b* e a* siano vettori rappresentativi delle stesse variabili in un secondo sistema di
riferimento, ruotato rispetto al primo secondo il tensore Q. In questo caso risulta
b* = Q • b = Q • (A • a) = Q • (A • (QT • a*)) = (Q • A • QT ) • a*
L’ultima scrittura evidenzia la forma che nel secondo sistema di riferimento assume la
dipendenza funzionale rappresentata dal tensore A nel primo sistema. Nel secondo sistema la
relazione è rappresentata da un tensore A* per il quale vale la relazione:
A * = Q • A • QT
Sono detti tensori oggettivi le variabili tensoriali il cui valore muta, passando da un riferimento a
uno diverso, con la stessa legge (rappresentata dall’ultima relazione scritta) con cui mutano i
tensori che rappresentano applicazione tra vettori oggettivi.
Configurazione di riferimento
Allo scopo di riconoscere specifici elementi all’interno di un corpo materiale è scelta quale
riferimento una certa configurazione del corpo rappresentata dalla relazione
zk = κ (ζ )
Il singolo elemento materiale è identificato con il punto dello spazio occupato nella
configurazione (il relativo vettore posizione per l’osservatore).
La configurazione scelta per questo uso è detta configurazione di riferimento. Le componenti del
vettore posizione zk rispetto alla terna cartesiana ortogonale che rappresenta il sistema di
riferimento per lo spazio dell’osservatore sono dette coordinate materiali dell’elemento
materiale ζ .
c = c (z k , t )
~
rende ovviamente possibile il passaggio dalla rappresentazione spaziale delle proprietà a quella
materiale e viceversa.
Relativamente alla stessa variabile, si dice derivata materiale nel tempo (o sostanziale, o
Dc d c
Lagrangiana), e si indica col simbolo (o anche con ( m) ), il limite, per valore nullo
Dt dt
dell’intervallo di tempo, del rapporto tra la variazione della variabile nello stesso elemento
materiale ζ del corpo e l’ampiezza dell’intervallo stesso:
~
Dc ∂c ∂c
≡ =
Dt ∂ t zk ∂t
dt dt
dQ
Il tensore emisimmetrico A ≡ • Q T è detto tensore velocità angolare del secondo riferimento
dt
v =
* du
dt
( )
+ ω ∧ Q• z + Q • v
Risulta evidente dalla scrittura sopra riportata che il vettore velocità non è un vettore oggettivo
Proprietà:
Per il caso del moto di un corpo rigido, la distribuzione di velocità per un generico osservatore
risulta:
v =
* du
dt
(
+ ω∧ z −u
*
)
Il determinante del tensore gradiente di spostamento in un assegnato punto ( det (F) ) vale il
rapporto tra il volume del parallelepipedo individuato da tre vettori non coplanari infinitesimi
con origine nel punto e il volume individuato dai vettori colleganti gli stessi punti materiali nella
configurazione di riferimento:
()
det F dV k = dV
Risulta inoltre
U2 = FT • F V2 = F • FT
La derivata sostanziale nel tempo del tensore gradiente di spostamento può dunque essere
espressa come segue:
• • •
F = R•U + R•U
• •
C (t ) = 2 U (t )
Risulta dunque
•
D (t ) = U (t )
•
W (t ) = R (t )
dQ
W* = Q • W • QT + • QT
dt
Le relazioni sopra stabilite dicono che il tensore velocità di deformazione D è un tensore
oggettivo, mentre il tensore di vorticità non lo è.
d ∂φ
∫ φ (z,t ) dV = ∫ dV + ∫ φ u • n dS
d t D(t ) D (t )
∂t S (t )
dove n è il versore normale uscente dalla superficie chiusa S in un suo punto generico.
Velocità di accumulo della proprietà Ψ nel volume racchiuso da una superficie geometrica
Quando si applichi il teorema del calcolo sopra richiamato al caso in cui il campo φ corrisponda
alla densità ψ''' della proprietà materiale Ψ, allora la scrittura risultante:
∂ ψ'''
∫ ψ ' ' ' (z,t ) dV
d
dt B ( t )
= ∫B(t ) ∂ t dV + ∫ ψ' ' ' v • n dS
S (m) (t )
dove con B(t) si è indicato il dominio spaziale occupato al tempo t dal sistema materiale
racchiuso dalla superficie S(m).
È ovvio considerare che il termine a primo membro rappresenta in esplicito la velocità di
variazione nel tempo del valore totale della proprietà Ψ relativa al sistema materiale in oggetto.
∫
S
a • n dS = ∫ ∇ • a dV
D
In questo caso infatti è immediato riconoscere che una forma equivalente del teorema del
trasporto è la seguente:
∂ ψ' ''
∫ ψ '' ' (z,t ) dV ( )
d
dt B (t )
= ∫ ∂ t + ∇ • ψ ' ' ' v dV
B (t )
La legge fondamentale del moto per il caso del mezzo continuo, che non può essere derivata
direttamente da quella relativa al punto materiale, poggia in ogni caso come questa ultima sulla
introduzione di grandezze primitive quali massa e forza.
∫ ρ (z,t ) dV
d
= 0
dt B (t )
d
∫ ρ v ( z ,t ) dV = R
d t B (t )
Per quanto illustrato sopra, la risultante R può essere ottenuta dalla espressione seguente, come
somma dei contributi delle forze di campo e di contatto:
( z ,t ) ( z ,t )
^
R= ∫ ρ f (m) dV + ∫ t (n ) dS
B (t ) S( m ) ( t )
∂ρ
0 = ∫ ∂ t dV + ∫ ρ v • n dS
B (t ) S (m) (t )
∂ρ
0 = ∫ ∂ t + ∇ • (ρ v ) dV
B( t )
Dρ
0 = ∫ D t + ρ ∇ • v dV
B( t )
∂ρ
+ ∇ • (ρ v ) = 0 ∀z∈B
∂t
Dρ
+ ρ ∇•v = 0 ∀z∈B
Dt
^
d ∂ ψ
ψ '' ' (z,t ) dV
^
d t B∫(t )
= ∫ ρ ∂ t + ∇ ψ• ρ v dV
B (t )
^
d Dψ
ψ' ' ' (z,t ) dV = ∫ ρ dV
d t B∫(t ) Dt
B (t )
3.4 BILANCIO DELLA QUANTITÀ DI MOTO
Per il caso in cui la superficie S sia una superficie materiale S(m), risulta
^
d ∂ ρ ψ
ψ '' ' (z,t ) dV = ∫ + ∇ • ρ ψ v dV
^
d t B∫(t ) ∂t
B (t )
^
d Dψ
ψ' ' ' (z,t ) dV = ∫ ρ dV
d t B∫(t )
Dt
B (t )
∂ρv
( )
^
∫ ∂ t + ∇ • ρ v v dV
= ∫ρ f (m) dV + ∫t (n ) dS
B( t ) B (t ) S( m ) ( t )
∫ ρ f (z,t ) dV t ( n) (z,t ) dS
Dv ^
∫ D t dV
ρ = ( m) + ∫
B (t ) B (t ) S( m) ( t )
Tensore degli sforzi
La forma del bilancio di quantità di moto sopra riportata consente di concludere che il vettore
sforzo t(n) relativo alle forze di contatto è una funzione lineare del vettore n che rappresenta la
giacitura della superficie cui lo sforzo si riferisce.
Esiste dunque un tensore che rappresenta la variazione dello sforzo t(n) nel punto in funzione
della normale n: tale tensore è detto tensore degli sforzi ed è indicato con T:
t(n) = T • n
∂ ρv
( )
^
∫ ∂t + ∇ • ρ v v dV
= ∫ ρ f (m) dV + ∫ T • n dS
B (t ) B (t ) S( m ) ( t )
Ricordando ora il teorema della divergenza relativo ad una generica porzione di spazio D
delimitata dalla superficie chiusa S
∫ A • n dS = ∫ ∇ • A dV
S D
∂ρv ^
∫ ∂ t + ∇ • (ρ v v ) dV = ∫ ρ f ( m ) + ∇ • T dV
B (t ) B( t )
Forma integrale del bilancio di massa su un volume di controllo delimitato da una superficie
geometrica:
Si consideri una superficie geometrica chiusa S, la cui posizione cambi nel tempo per effetto
della velocità u dei sui punti e si esprima la velocità di accumulo della massa materiale nel
dominio D racchiuso da S
∂ρ
d
∫ ρ (z ,t ) dV = ∫ ∂ t dV + ∫ ρ u • n dS
dt D ( t ) D (t ) S (t )
Tenendo conto del bilancio di materia e del teorema della divergenza, è possibile riscrivere la
ultima equazione nella forma:
∫ ρ (u − v ) • n dS
d
M ( D) =
dt S (t )
dove M(D) rappresenta la massa materiale contenuta nel dominio spaziale D (all'interno della
superficie chiusa S).
A secondo membro è indicato il flusso netto entrante di materia attraverso la superficie S.
Per il caso di frequente interesse in cui la superficie S ha giacitura constante nel tempo ( u = 0
ovunque su S), e per il quale si possano distinguere la porzione SI di S su cui il vettore velocità
dell'elemento materiale è tangente alla superficie stessa (v • n = 0), la porzione Sin di S su cui il
vettore velocità dell'elemento materiale ha proiezione negativa sulla normale uscente dalla
superficie (v • n < 0) e la porzione Sout di S su cui il vettore velocità dell'elemento materiale ha
proiezione positiva sulla normale uscente dalla superficie (v • n > 0), il bilancio di materia
rappresentato dalla ultima equazione si specializza come segue:
d
dt
M (D ) = ∫ ρ v •n dS − ∫ ρ v • n dS
S in S out
In questa ultima scrittura il primo termine a secondo membro rappresenta il flusso totale di
massa in ingresso al sistema attraverso la superficie Sin e il secondo termine il flusso totale di
massa in uscita dal sistema attraverso la superficie Sout .
Forma integrale del bilancio di quantità di moto su un volume di controllo delimitato da una
superficie geometrica:
Si consideri una superficie geometrica chiusa S, la cui giacitura cambi nel tempo per effetto
della velocità u dei sui punti e si esprima la velocità di accumulo della quantità di moto nel
dominio D racchiuso da S, così come espressa dal teorema del trasporto
∂ ρv
∫ ( u • n ) ρ v dS
d
∫ ρ v dV = ∫ ∂ t dV +
dt D ( t ) D (t ) S (t )
Tenendo conto del bilancio di quantità di moto e del teorema della divergenza, è possibile
riscrivere la ultima equazione nella forma:
∫ ρ v (u − v ) • n dS +
d ^
dt
M (D ) =
D(t )
∫ ρ f ( m) dV +
D(t )
∫ T • n dS
D(t )
dove M(D) rappresenta la quantità di moto contenuta all'interno nel dominio spaziale D
(all'interno della superficie chiusa S).
Il primo termine a secondo membro indicato il flusso netto di quantità di moto entrante nel
sistema attraverso al superficie S.
Per il caso di frequente interesse in cui la superficie S ha giacitura constante nel tempo ( u = 0
ovunque su S), e per il quale si possano distinguere la porzione SI di S su cui il vettore velocità
dell'elemento materiale è tangente alla superficie stessa (v • n = 0), la porzione Sin di S su cui il
vettore velocità dell'elemento materiale ha proiezione negativa sulla normale uscente dalla
superficie (v • n < 0) e la porzione Sout di S su cui il vettore velocità dell'elemento materiale ha
proiezione positiva sulla normale uscente dalla superficie (v • n > 0), il bilancio di materia
rappresentato dalla ultima equazione si specializza come segue:
d
dt
M (D ) = + ∫ ρ v v • n dS
Si n
− ∫ ρ v v • n dS
S out
+
^
+ ∫ρ f
D(t )
( m) dV + ∫ T • n dS
S(t )
In questa ultima scrittura il primo termine a secondo membro rappresenta il flusso convettivo di
quantità di moto in ingresso al sistema attraverso la superficie Sin e il secondo termine il flusso
convettivo di quantità di moto in uscita dal sistema attraverso la superficie Sout .
Forma del teorema di trasporto per regioni nelle quali sono incluse superficie di discontinuità
Si considera ora il caso in cui sia presente nel dominio la superficie Σ di discontinuità per la
densità ψ''' e per la velocità materiale v , e che la superficie stessa si sposti in ragione della
velocità puntuale u.
Si indicheranno con ψ''' +, v+ e n+ rispettivamente la densità di Ψ, la velocità dell'elemento
materiale e la normale entrante in una delle due regioni alla superficie Σ . Si indicheranno con
- - -
ψ''' , v- e n le corrispondenti grandezze nell'altra regione sulla stessa superficie.
∂ ψ' ' '
d
∫ ψ ' ' ' (z ,t ) dV = ∫ ∂t + ∇ • (ψ ' ' ' v ) dV +
B (t ) B (t )
dt
ρ + v + − n • n + + ρ − v − − n • n − dS
0 = ∫Σ
(t )
Dato che la precedente relazione deve essere soddisfatta qualunque sia la porzione della
superficie di discontinuità (materiale) considerata, ne risulta la seguente forma del bilancio
locale di massa alla superficie di discontinuità:
ρ+ v + − u • n+ + ρ− v − − u • n− = 0 ∀ z∈Σ
spesso indicata con la seguente notazione
ρ ( v − u) • n = 0 ∀ z ∈ Σ
Teorema di trasporto per regioni nelle quali sono incluse superficie di discontinuità (grandezza
vettoriale
In analogia a quanto fatto per il caso di una grandezza scalare, può essere ottenuta una
espressione del teorema del trasporto per un grandezza estensiva vettoriale di densità ψ''', in
regioni nelle quali sono incluse superficie di discontinuità, nella forma indicata di seguito:
+ ∫ ρ + v + v + − u • n + + ρ − v − v − − u • n− dS
Σ( t )
Quando si tenga conto dei risultati ottenuti dal principio di conservazione della quantità di moto
e del teorema della divergenza è possibile riscrivere quest’ultimo bilancio nella forma
T + • n + + T− • n− dS
∫
Σ (t )
=
+ v + v + − u • n + + ρ − v − v − − u • n− dS
+ ∫ ρ
Σ( t )
Dato che la precedente relazione deve essere soddisfatta qualunque sia la porzione della
superficie di discontinuità considerata, ne risulta la seguente forma del bilancio locale di
quantità di moto alla superficie di discontinuità:
T + • n + + T− • n − =
ρ + v + v + − u • n + + ρ− v − v− − u • n − ∀ z ∈Σ
spesso indicata con notazione compatta
[[ρv(v − u ) • n − T • n]] = 0 ∀ z ∈Σ
La determinazione del campo di velocità v (z,t) di un fluido in una regione dello spazio è legata
alla soluzione del sistema di equazioni formato dal bilancio locale di materia e dal bilancio di
quantità di moto, valide in tutto il campo:
∂ ρ
∂ t + ∇ • (ρ v ) = 0
∀ z∈B
∂ ρ v + ∇ • (ρ v v ) = ρ f ( m) + ∇ • T
^
∂ t
che può anche essere scritto nella forma
Dρ
Dt + ρ ∇ • v = 0
^
∀ z ∈B
ρ D v = ρ f (m ) + ∇ • T
D t
La possibilità di risolvere il sistema di quattro equazioni scalari così ottenuto è legato, oltre che
all’uso di una espressione per le forze di massa, anche alla conoscenza della relazione costitutiva
che lega il tensore degli sforzi alla distribuzione delle variabili di campo (v e ρ in questo caso).
Questo ultimo è ipotizzabile per quelle situazioni in cui la temperatura del corpo è uniforme nello
spazio e constante nel tempo (ovvero quando si possa trascurare l’influenza della temperatura sul
legame costitutivo per gli sforzi che caratterizza il fluido).
Definizione di fluido
In queste note si definisce “fluido” un materiale che sia incapace di resistere in quiete a sforzi di
taglio, ossia un materiale per il quale la condizione di velocità nulla nell’intorno di un elemento è
compatibile unicamente con il caso di un tensore degli sforzi isotropo:
∇ v (z) = 0 ⇒ T (z) = - p 1
Nella forma del tensore degli sforzi indicata sopra, lo scalare p è detto pressione e coincide con
la pressione termodinamica (definita dalla derivata della energia libera di Helmholtz rispetto al
volume fatta a temperatura costante).
∂ ρ
∂ t + ∇ • (ρ v ) = 0
∂ ρ v + ∇ • (ρv v ) = − ∇ p + ∇ • τ + ρ f ( m )
^
∂ t
In questa versione del problema del moto è possibile assumere come variabili di campo la
pressione p(z,t) e la velocità v(z,t) e considerare, per la chiusura del problema, la introduzione di
equazioni costitutive per la densità ρ e il tensore degli sforzi viscosi τ il funzione della
distribuzione di p e v.
Questo ultimo schema è spesso preferibile a quello che considera come variabili di campo ρ e v
per il caso di fluidi in fase condensata, in cui le variazioni relative della densità risultano
trascurabili rispetto alle corrispondenti variazioni di pressione a temperatura costante.
4. Equazioni costitutive per la densità di un fluido
4.1 INTRODUZIONE
È già stata posta in evidenza la necessità di possedere una relazione che leghi densità ρ e
pressione p del fluido per la descrizione del problema del moto come introdotto al capitolo
precedente.
Questa richiesta può essere soddisfatta assumendo valida una equazione di stato ad esempio del
tipo
p = p ( ρ, T ) (4.1.1)
tutte le volte in cui sia possibile assegnare una legge di trasformazione che leghi temperatura e
pressione (di cui il caso T=cost per moto isotermo è un esempio) e ottenere in definitiva una
relazione diretta tra p e ρ.
p = p(ρ) (4.1.2)
Quando questa ultima è condizione è verificata si dice che il moto è barotropico.
Nel limite di basse densità, è considerato di applicazione universale per i fluidi una equazione
del tipo (5.1.1) nota come equazione di stato del gas ideale:
RT
p = (4.2.1)
Mρ
dove R è la costante universale dei gas e M la massa molare della specie chimica costituente il
fluido nel caso di fluidi puri o la massa molare media del fluido nel caso di miscele.
Per il caso di densità superiori, sono disponibili diverse espressioni per la equazione di stato di
fluidi, specializzate per il caso di classi differenti di specie chimiche, sia derivate da approcci
empirici che da argomenti di termodinamica statistica, dei quali si darà un breve cenno in
capitoli successivi.
Nel seguito si darà senz'altro per soddisfatta la condizione di disponibilità di una equazione di
stato nella forma della (4.1.1).
Per la soddisfazione della condizione di moto barotropico (Eq.(4.1.2)), oltre alla disponibilità di
una equazione di stato del tipo (4.1.1), occorre assegnare una legge di trasformazione per il
processo in esame di cui si considerano due condizioni limite di interesse:
velocità del processo di trasporto di calore può considerarsi molto più elevata di quella del
trasporto di quantità di moto);
- moto isoentropico: in questa condizione si assume valida l'ipotesi che la entropia del fluido
sia uniforme nel dominio e costante nel tempo (accettabile quando possano trascurarsi la
velocità del processo di trasporto di calore e i processi dissipativi).
La equazione di bilancio di quantità di moto per un fluido in quiete soggetto alla sola forza di
campo dovuta alla gravità diventa:
∇ p − ∇ (g ζ )
1
0 = − (4.3.2)
ρ
dove g è il modulo della accelerazione e ζ è la coordinata del punto su un asse verticale diretto
verso l'alto (di origine arbitraria).
5.1 INTRODUZIONE
Nella discussione del problema del moto isotermo di un fluido si è detto della necessità di
introdurre equazioni che mettono in relazione il tensore degli sforzi, o il tensore degli sforzi
viscosi, con la distribuzione delle variabili di campo nell'intorno del punto materiale.
Si tratta di relazioni che rappresentano lo specifico legame sforzo-deformazione per il fluido in
esame e sono dunque da ascriversi alla categoria delle equazioni costitutive, la cui forma è
caratteristica della classe cui appartiene il materiale in esame.
Si discuterà più avanti delle proprietà comuni alle equazioni costitutive, mentre in questo
capitolo si introducono le rappresentazioni più usate per il tensore degli sforzi nel caso di fluidi
viscosi. Per questi ultimi si assume che lo stato σ del sistema (il set di variabili da cui dipendono
le proprietà del fluido) sia rappresentato da
σ = { ρ, T , D } (5.1.1)
dove ρ e T sono la densità e la temperatura, mentre la unica misura del campo di velocità
considerata nel set è il tensore velocità di deformazione D.
Si noti che le variabili scelte per la rappresentazione dello stato del sistema sono variabili
oggettive: ciò è giustificato dalla condizione (discussa più avanti) per cui alle equazioni
costitutive, che rappresentano le proprietà materiali del fluido, è riconosciuto il carattere di
equazioni oggettive.
Il fluido ideale dunque conosce solo sforzi normali che coincidono con il valore della pressione
termodinamica.
D ρ
Dt + ρ ∇ • v = 0
∀ z ∈B (5.2.3)
ρ D v = − ∇ p + ρ f (m )
^
D t
Per il caso in cui la unica forza di campo sia la forza di gravità cui è soggetto un corpo sulla
superficie terrestre il sistema si specializza ulteriormente come segue
∂ ρ
∂ t + ∇ • (ρ v ) = 0
∀ z ∈B (5.2.4)
∂ v + ∇ v • v = − 1 ∇ p − ∇ ( g ζ )
∂ t ρ
dove g è il modulo della accelerazione e ζ è la coordinata del punto su un asse verticale diretto
verso l'alto (di origine arbitraria).
Si osserva che nel caso considerato le equazioni del moto sono equazioni differenziali a derivate
parziali, del primo ordine e non lineari (le equazioni restano non lineari anche per il caso di
densità constante, a causa della presenza del termine ∇ v •v nella espressione della
accelerazione dell'elemento materiale).
∂v v2
+ ∇ + w ∧ v = − 1 ∇ p − ∇ (g ζ ) (5.2.8)
∂t 2 ρ
∂v v2
= − ∇ φ +
^ ^
+ ∇ + w ∧ v G (5.2.11)
∂t 2
Equazione di Bernoulli
Dal prodotto scalare della (5.2.11) per la velocità v risulta:
(
D v2 2 ) = − • ∇ φ +
v ^ ^
G (5.2.12)
Dt
e, limitatamente al caso di regime stazionario:
v2 ^ ^
0 = v • ∇ + φ + G (5.2.13)
2
L'ultima equazione scritta rappresenta la condizione per cui la somma del potenziale
gravitazionale, termodinamico e cinetico (in termini specifici pari a v 2 2 ) è costante su una
linea di corrente per il caso del moto isotermo e stazionario di un fluido ideale.
Equazione per la vorticità
Dal rotore della equazione (5.2.11) si ottiene:
∂w
+ ∇w • v − ∇ v • w + (∇ • v ) w = 0 (5.2.14)
∂t
che può essere riscritta a sua volta nella forma
Dw
Dt
[
= ∇ v + (∇ • v )1 • w ] (5.2.15)
L'ultima equazione ha una significativa implicazione (nota come prima legge di Helmholtz):
Per il moto di un fluido ideale, nessun elemento di fluido, che in qualche istante possieda
vorticità nulla, potrà acquisire un valore di vorticità diverso da zero in istanti successivi.
^ G^
P ≡ ρ φ + = p + ρ gζ
e le equazioni del problema del moto isotermo diventano:
∇ • v = 0
∂v 1 ∀ z ∈B (5.2.16)
∂ t + ∇v • v = −
ρ
∇P
∂v v2 ^ ^
+ w∧ v = − ∇ + φ + G (5.2.17)
∂t 2
è immediato riconoscere che, per il caso di moto stazionario irrotazionale risulta
v2 ^ ^
∇ + φ + G = 0 (5.2.18)
2
Se ne deduce dunque che:
5.3 FLUIDO VISCOSO
Fluido di Reiner-Rivlin
Assumendo che il tensore degli sforzi T per il generico elemento materiale di un fluido viscoso
sia funzione dello stato rappresentato dal set di variabili in (5.1.1) si può immaginarne una
generica rappresentazione in termini di una serie di potenze del tensore velocità di deformazione
∞
Τ = ∑ k ( ρ ,T ) D
i =0
i
i
(5.3.1)
dove gli scalari αi sono funzioni di densità, temperatura e invarianti primo, secondo e terzo del
tensore D:
αi = α i ( ρ , T , I D , II D , III D ) (5.3.3)
Equazioni del moto per fluido Newtoniano incompressibile con viscosità costante:
Le equazioni del moto per un fluido incompressibile che segue la legge di Newton e la cui
viscosità è uniforme nel campo di moto, nel caso in cui le uniche forze di campo siano quelle
gravitazionali sono ricavate come segue
∇ • v = 0
ρ D v = − ∇ p + ρ g + µ ∇2 v (5.3.14)
D t
o anche, considerando la definizione di carico piezomentrico P:
∇ • v = 0
ρ D v = − ∇ P + µ ∇2 v (5.3.15)
D t
che si usa riscrivere anche nella forma:
∇ • v = 0
D v = − 1 ∇ P + ν ∇2 v (5.3.16)
D t ρ
dove ν indica il parametro chimico fisico corrispondente al rapporto tra viscosità dinamica e
densità di massa, detto viscosità cinematica.
Le equazioni sopra indicate sono note come equazioni di Navier-Stokes.
Equazioni della vorticità per fluido Newtoniano incompressibile con viscosità costante:
Dal rotore della equazione di bilancio di quantità di moto per il caso di un fluido Newtoniano
incompressibile si ricava
Dw
= ∇v • w + ν ∇2 w (5.3.17)
Dt
dove il vettore w è il vettore vorticità, vettore rotore della velocità.
La equazione sopra scritta, detta della vorticità, ha la forma di una equazione di bilancio, in cui
a sinistra compare il termine di accumulo della vorticità, e a destra la somma di un termine
generativo (il primo) e di un termine diffusivo (il secondo).
Quando si confronti questa ultima equazione con la corrispondente ottenuta per fluido ideale
(5.2.15), da specializzarsi per il caso di densità costante, si nota che in un fluido viscoso la
vorticità non si accumula solo per termini generativi che sono nulli quando la vorticità è nulla,
ma anche a causa di meccanismi "diffusivi" con i quali la vorticità può ad esempio essere
trasportata dalle pareti che delimitano il fluido in moto verso il seno della fase.
a) siano B1 e B2 due differenti regioni dello spazio euclideo geometricamente simili: in questo
caso dette L01 e L02 le lunghezze di due segmenti omologhi nelle due regioni e indicando con
O1 e O2 due convenienti punti origine le condizioni:
z ∈ B2
e
[(L01/L02) (z - zO2) + zO1] ∈ B1
per il vettore posizione z, sono equivalenti.
In altri termini le condizioni di appartenenza del punto alle regioni di interesse: B1 e B2
possono essere espresse come segue
(z - zO1) /L01 ∈ B*
per la regione B1, e
(z - zO2) /L02 ∈ B*
per la regione B2, dove B* è una stessa collezione di vettori adimensionali.
Indicheremo nel seguito con zi* il vettore (z - zOi) /L0i nelle due condizioni.
b) Le due regioni B1 e B2 siano sede di campi di moto di due fluidi Newtoniani di densità e
viscosità costanti, caratterizzati da densità rispettivamente pari a ρ1 e ρ2 e viscosità µ1 e µ2.
Si indichi con f il campo vettoriale che rappresenta la distribuzione iniziale (al tempo t1') di
velocità in B1
v (z, t1') = f (z) ∀ z ∈ B1
[(L01/L02) (z - zO2) + zO1] ∈ B1
Si consideri la esistenza di due valori caratteristici del modulo della velocità v01 e v02 tali per
cui la condizione iniziale (al tempo t2') di velocità nel dominio B2 possa essere espressa
come segue
v (z, t2') = (v02/v01) f ((L01/L02) (z - zO2) + zO1) ∀ z ∈ B2
In altri termini le condizioni iniziali di velocità nelle regioni di interesse: B1 e B2 possono
essere espresse come segue
v /v01 (z1*, t1' ) = f* (z1*) ∀ z1* ∈ B*
v /v02 (z2*, t2' ) = f* (z2*) ∀ z2* ∈ B* (5.3.18)
dove f* è un unico campo vettoriale adimensionale definito in B*.
Indicheremo nel seguito con vi* il vettore v /v0i nelle due condizioni.
c) Sia ∂B1' la porzione di frontiera di B1 sulla quale è fissata una condizione per la velocità ai
tempi successivi al tempo iniziale t1' espressa come segue
v (z, t) = g (z, t) ∀ z ∈ ∂B1', ∀ t > t1'
Si consideri che la condizione di velocità assegnata per tempi successivi al tempo iniziale t2'
si applichi alla porzione ∂B2' della frontiera di B2 omologa di ∂B1' e che esistano due valori
In altri termini le condizioni al contorno per la velocità nelle regioni ∂B1' e ∂B2' possono
essere espresse come segue
v1* (z1*, (t- t1')/ t01) = g* (z1*,(t- t1')/ t01) ∀ z1* ∈ ∂B'*, ∀ t - t1' >0
v2* (z2*, (t- t2')/ t02) = g* (z2*,(t- t2')/ t02) ∀ z2* ∈ ∂B'*, ∀ t - t2' >0
(5.3.19)
dove g* è un unico campo vettoriale adimensionale definito in ∂B'* per valori reali positivi
del tempo adimensionale.
Indicheremo nel seguito con ti* lo scalare (t- ti')/ t0i nelle due condizioni.
d) Sia ∂B1'' la porzione di frontiera di B1 sulla quale è fissata un valore uniforme nello spazio e
costante nel tempo per la pressione p ai tempi successivi al tempo iniziale t1':
p (z, t) = p1 costante ∀ z ∈ ∂B1'', ∀ t > t1'
Il caso cui si fa qui riferimento è quello di una superficie a pelo libero. In questa situazione
la condizione per il carico piezometrico diventa
(P (z, t) - p1 )/(ρ1g) = ζ ∀ z ∈ ∂B1'', ∀ t > t1'
Si consideri che la condizione di pressione costante e uniforme per tempi successivi al
tempo iniziale t2' si applichi alla porzione ∂B2'' della frontiera di B2 omologa di ∂B1'' in modo
tale che la corrispondente condizione per il carico piezometrico si scriva:
{P [(L01/L02) (z - zO2) + zO1, (t01/t02)(t- t2') + t1'] - p2 }/(ρ2g) = (L01/L02)ζ
z ∈ ∂B1'', t > t1'
Inoltre, sia ∂B1''' la porzione di frontiera di B1 sulla quale è fissata una condizione per il
carico piezometrico P ai tempi successivi al tempo iniziale t1' espressa come segue
P (z, t) = h (z, t) z ∈ ∂B1''', t > t1'
Si consideri che la condizione di carico piezometrico assegnato per tempi successivi al
tempo iniziale t2' si applichi alla porzione ∂B2'' della frontiera di B2 omologa di ∂B1'' e che
esistano due valori caratteristici del carico piezometrico tempo P01 e P02 tali per cui la
condizione di carico piezometrico assegnato al contorno ∂B2''' possa essere espressa come
segue
P (z, t) = (P02/ P01) [h ((L01/L02) (z - zO2) + zO1, (t01/t02)(t- t2') + t1') - p1] +p2
z ∈ ∂B2''', t > t2'
In altri termini le condizioni al contorno per il carico piezometrico nelle regioni ∂B1''' e ∂B2'''
possono essere espresse come segue
[P (z1*, t1*) - p1]/ P01 = h* (z1*, t1*) z1* ∈ ∂B'''*, t1*>0
[P (z2*, t2*) - p2]/ P02 = h* (z2*, t2*) z2* ∈ ∂B'''*, t2*>0 (5.3.20)
dove h* è un unico campo scalare adimensionale definito in ∂B'''* per valori reali positivi
del tempo adimensionale.
Indicheremo nel seguito con P * lo scalare (P - p )/ P nelle due condizioni.
P1* (z1*, t1*) = [(ρ1g L01)/ P01] ζ * (z1*) z1* ∈ ∂B''*, t1*>0
P2* (z2*, t2*) = [(ρ2g L02)/ P02] ζ * (z2*) z2* ∈ ∂B''*, t2*>0 (5.3.21)
dove ζ * è un unico campo scalare adimensionale definito su tutto il dominio.
È ora possibile riscrivere le equazioni di Navier-Stokes per i due casi considerati nella forma:
∇ *i • v *i = 0
1 ∂ vi
*
1 1 2 (5.3.22)
+ ∇ *i v *i • v *i = − ∇ Pi * + ∇ *i v *i
St i ∂ t i
*
Ru i Rei
dove si è posto:
Sti ≡ numero di Strouhal = (t0i v01)/L0i
Rui ≡ numero di Ruark = (ρi v0i2)/P0i
Rei ≡ numero di Reynolds = (L0i ρi v0i)/µ i
La forma generale della soluzione dei problemi rappresentati dalle equazioni (5.3.22) e dalle
condizioni al contorno (5.3.18÷21) è dunque:
vi* = a (zi*, ti*, Sti, Rui, Rei, (ριg)/ P0ι) zi* ∈ B*, ti*>0
Pi* = α (zi*, ti*, Sti, Rui, Rei, (ριg)/ P0ι) zi* ∈ B*, ti*>0
dove:
a è, per i due casi esaminati, uno stesso campo vettoriale rappresentante la velocità
adimensionele, definito sul dominio adimensionale B*, per valori positivi del tempo
adimensionale
e
α è, ancora per i due casi, uno stesso campo scalare rappresentante il carico piezometrico
adimensionele, definito sul dominio adimensionale B*, per valori positivi del tempo
adimensionale
Re ∂ v
*
Re 2 * (5.3.23)
+ Re ∇ v • v = − ∇ P * + ∇* v
St ∂ t * Ru
e, nel caso in cui il numero Re sia molto piccolo appare ragionevole poter semplificare la
equazione trascurando il secondo termine a primo membro.
∇ •v = 0
* *
Re ∂ v
*
Re 2 * (5.3.24)
= − ∇ P* + ∇* v
St ∂ t * Ru
Ottenendo un sistema di equazioni lineare nelle incognite P* e v*
In questa situazione, e considerando il caso in cui le condizioni al contorno siano indipendenti
dal tempo (così che si possa porre St =1) e che le stesse non suggeriscano una specifica scala per
il carico piezometrico (così che si possa porre Ru =1), le (5.2.24) diventano:
∇ •v = 0
* *
∂v
*
1 *2 * (5.3.25)
= −∇ P* + ∇ v
∂ t* Re
Un caso speciale è quello di moto piano, definito dalle condizioni:
v2* = v2* (z1, z2,t)
In chiusura di questo paragrafo si osserva che non sempre la analisi del set di equazioni (5.2.24)
consente di ottenere soluzioni approssimate del set originario (5.2.23), anche nel caso di bassi
Re. Tuttavia, la approssimazione introdotta, detta di "creeping flow", ha consentito di discutere
efficamente numerosi problemi in cui l'ordine di grandezza delle forze di inerzia in gioco risulta
inferiore a quello delle forze viscose, e i risultati ottenuti si confrontato bene con i dati
sperimentali disponibili nella generalità dei casi.
1 ∂v
*
1 (5.3.27)
+ ∇ v •v = − ∇ P*
* * *
St ∂ t *
Ru
che rappresenta, in forma adimensionale, il problema del moto di un fluido ideale
incompressibile.
In questo caso, oltre alla osservazione generale già fatta per la approssimazione di una
equazione differenziale, occorre considerare che la equazione di bilancio di quantità di moto
nella forma approssimata (5.3.27) è una equazione di ordine inferiore alla equazione originaria
(5.3.22). Questo significa in generale che alla approssimazione stessa deve accompagnarsi una
corrispondente revisione delle condizioni al contorno per il campo di moto.
La approssimazione (5.3.27) del set (5.2.22) si è dimostrata in effetti valida nella discussione di
problemi di moto ad alti Re quando si consideri la sua applicazione sulla generalità del dominio,
con esclusione di regioni in prossimità di superficie solide, sulle quali l'uso della (5.3.27) non
consente di discutere la condizione di aderenza del fluido alla superficie.
In queste condizioni la soluzione completa del campo di moto rimanda alla analisi della
equazione originaria (5.3.22) nella regione in prossimità della superficie che rappresenta il
disturbo al campo di velocità (strato limite dinamico) con la condizione che la ampiezza della
stessa è ridotta nella direzione normale alla superficie.
6. Equazioni costitutive per il tensore degli sforzi:
II. Solidi elastici
6.1 INTRODUZIONE
Si introducono qui brevemente le rappresentazioni più usate per il tensore degli sforzi nel caso
di solidi elastici. Per questi si assume che lo stato σ del sistema (il set di variabili da cui
dipendono le proprietà del fluido) sia rappresentato da
σ = { T,B } (7.1.1)
Tra le relazioni costitutive sforzo-deformazione per solidi elastici, del tipo rappresentato nella
equazione (7.1.3), è di particolare interesse quella che esprime una dipendenza lineare di T da B.
Questa ultima si può scrivere in modo del tutto generale nella forma:
Τ = (− p + β (I B − 3))1 + GB (7.2.1)
dove p, β e G sono variabili chimico fisiche, dipendenti al più dalla temperatura. In particolare G
è detto modulo di shear e p rappresenta lo sforzo normale che si misura nella configurazione di
Per il caso di materiali incompressibili, per i quali solo gli sforzi di taglio e la differenza tra gli
sforzi normali può essere messa in relazione alla deformazione del materiale, la relazione
precedente si può scrivere come segue:
Τ = − p 1 + GB (7.2.2)
Si osserva infine che in questo caso, il parametro p non risulta più legato a proprietà costitutive
ma resta determinato dalle condizioni al contorno per gli sforzi.
1 γ 0
F = 0 1 0 (7.2.3)
0 0 1
E =
1
2
[
(∇u ) + (∇u )T ] (7.3.1)
Ancora nel limite di piccole deformazioni la relazione di linearità tra sforzo e deformazione può
essere scritta nei seguenti termini
Τ = (− p + λE I E )1 + 2µ E E (7.3.3)
dove λE e µE sono variabili chimico fisiche, dipendenti al più dalla temperatura, note come
costanti di Lamè.
In queste condizioni non sono rappresentate differenze tra gli sforzi normali, mentre lo sforzo di
taglio risulta:
T 12 = µE γ (7.3.5)
E il modulo di taglio definito da T /γ risulta pari alla seconda costante di Lamè.
Deformazione di estensione semplice isocora
Per il caso di una deformazione corrispondente alla espressione del tensore gradiente del moto F
rappresentata in Eq.(7.2.8) il tensore di deformazione E diventa:
α − 1 0 0
E = 0 (1 − α )/ 2 0 (7.3.4)
0 0 (1 − α ) / 2
In queste condizioni dunque la differenza degli sforzi normali nella direzione della estensione e
in quella ortogonale risulta
T 11 – T 22 = 3µE (α − 1) (7.2.10)
Il modulo elastico (o di Young) definito da (T11 – T 22)/(α − 1) risulta pari a tre volte il modulo di
shear.
7. Equazioni costitutive per il tensore degli sforzi:
III. Materiali viscoelastici
7.1 INTRODUZIONE
Dopo aver esaminato equazioni costitutive per fluidi viscosi e solidi elastici, si considera qui il
caso di relazioni sforzo-deformazione che possono essere viste come una generalizzazione delle
precedenti. In effetti, fluidi viscosi e solidi elastici possono essere visti come casi limite di un
generale legame costitutivo che classificheremo come viscoelastico. Il punto di partenza della
analisi è la assunzione che lo stato σ del sistema sia rappresentato da
σ ={ ρ , T , D ( t ′ )t ' ≤ t } (7.1.1)
Con la scrittura indicata sopra si intende rappresentare la condizione per cui lo stato presente
dell’elemento materiale è influenzato dal valore presente della sua densità di massa, della
temperatura e della storia passata del tensore velocità di deformazione (indicato come la
funzione D (t’) per tempo t’ minore del tempo presente t.
In modo equivalente potrebbe considerarsi per materiale viscolastico la seguente posizione a
proposito dello stato:
σ = { T ,B(t ′) } t '≤t (7.1.2)
dove B (t’) indica la funzione che rappresenta la storia passata del tensore di deformazione di
Finger.
Il primo e più semplice caso di equazione costitutiva di tipo viscoelastico per il legame sforzo
deformazione che considereremo è quello di una relazione di tipo lineare tra il tensore degli
sforzi T e la storia del tensore velocità di deformazione. Questa ultima può essere rappresentata
come segue, per il caso in cui il materiale abbia conosciuto una storia di quiete (a deformazione
nulla) per tutti i tempi precedenti il tempo t = 0 :
t
T = − p1 + ∫ G(t − s ) 2D( s ) ds
0
(7.2.1)
Nella relazione scritta sopra si è indicato con p il valore dello sforzo normale in caso di una
storia costante di deformazione nulla.
La variabile G in Eq.(7.2.1) è detta modulo di rilassamento e la funzione G(ξ) rappresenta la
variazione del modulo da considerarsi per la deformazione che il materiale ha subito ad un
istante nel passato trascorso da un tempo pari a ξ rispetto al tempo corrente.
La relazione rappresentata in Eq.(7.2.1) risulta accettabile, sia da un punto di vista di
ammissibilità generale che dal punto di vista della rappresentazione di dati sperimentali del
t
T = − p1 + G (0 ) 2E(t ) − ∫ G′(t − s ) 2E( s ) ds (7.2.2)
0
Prove viscometriche
Lo stesso materiale, soggetto a un moto viscometrico con velocità di deformazione costante
(2D12) in condizioni di regime stazionario, risponde con un sforzo di taglio T12 stazionario come
previsto dalla Eq.(7.2.1):
t +∞
T12 = 2 D12 ∫ G (t − s ) ds = 2D12 ∫ G(s ) ds (7.2.5)
−∞ 0
Il rapporto tra lo sforzo di taglio e la velocità di deformazione risulta indipendente dalla velocità
di deformazione, pari alla viscosità di zero shear del materiale che è dunque legato alla funzione
modulo di rilassamento dalla relazione:
+∞
η0 = ∫ G(s ) ds (7.2.6)
Prove di deformazione oscillatoria
Una diversa prova, interessante per la caratterizzazione del comportamento di materiali
viscoelastici con risposta lineare, è quella di deformazione oscillatoria. In questo caso è
esercitata sul materiale una deformazione di shear periodica descritta da
γ(t) = 2E12(t) = γ0 cos(ωt) (7.2.7)
In queste condizioni la velocità di deformazione vale
•
γ (t ) = 2D12(t) = -γ0 ω sin(ωt)
In questo caso il modello viscoelastico lineare prevede che il materiale risponda con uno sforzo
di taglio sinusoidale
T 12 = τ0 cos(ωt + δ) (7.2.8)
che risulta dalla somma di un termine in fase con la deformazione e un termine in quadratura (in
fase dunque con la velocità di deformazione):
T 12 = τ’ cos(ωt) - τ’’ sin(ωt) (7.2.9)
Il rapporto G’ = (τ’/γ0) tra la ampiezza del contributo di sforzo in fase con la deformazione e la
ampiezza della deformazione stessa dipende solo dalla frequenza ω ed è detto rigidità dinamica.
Il rapporto η’ = (τ’’/ωγ0) tra la ampiezza del contributo di sforzo e la ampiezza della velocità di
deformazione dipende solo dalla frequenza ω ed è detto viscosità dinamica.
I termini G’ e G’’ = ω η’ sono rispettivamente la parte reale e il coefficiente dell’immaginario
del numero complesso G*:
t
G (ω) = iω ∫ G (s ) exp ( −i ω s) ds
*
(7.2.10)
0
Il rapporto tra G’ e G’’ vale la tangente dell’angolo di cui lo sforzo risultante è sfasato rispetto
alla deformazione:
tan(δ) = G’/G’’ (7.2.11)
Modello di Maxwell
Il modello più semplice che rappresenta un comportamento del tipo viscoelastico lineare è il
modello di Maxwell per il quale:
G(ξ) = G0 exp(-ξ/λ) (7.2.12)
In cui i parametri G0 e λ rappresentano rispettivamente il modulo elastico istantaneo e il rapporto
tra la viscosità di zero shear e il modulo istantaneo:
λ = η0/G0 (7.2.13)
Il parametro λ, detto tempo di rilassamento, rappresenta il tempo caratteristico con cui decade il
modulo di rilassamento o la funzione di memoria che per il modello di Maxwell risulta:
m(ξ) = (G0/λ) exp(-ξ/λ) (7.2.14)
G0 ω2
G′ = (7.2.15)
1 + ω2 λ2
G0 λ
η′ = (7.2.16)
1 + ω 2 λ2
λ2 G0 •2
N1 = γ (7.3.3)
(1 − a )
•2
1 + λ2 γ 2
λ2 G0 •2
N2 = − γ (7.3.4)
(1 − a )
•2
1 + λ2 γ 2
Dal modello in Eq.(8.3.1) risulta dunque che la prima differenza degli sforzi normali è positiva e
la seconda è uguale in modulo ma di segno opposto. Si osserva che questo ultimo risultato risulta
solo parzialmente soddisfacente, poiché per il caso di molti materiali di interesse pratico, in
presenza di una prima differenza degli sforzi normali positiva e di entità significativa, si riscontra
una seconda differenza di segno opposto ma di valore assoluto di gran lunga inferiore.
8. Bilancio di energia
= − ρ ∇( gζ ) + ∇ • T
Dv
ρ (8.1.1)
Dt
Se l’equazione scritta sopra è moltiplicata scalarmente per il vettore velocità si ottiene
1
ρ
D
2 ( v • v)
+ ρ ∇( gζ ) • v = (∇ • T) • v (8.1.2)
Dt
Si osservi che il secondo termine a primo membro della equazione scritta sopra vale il prodotto
della densità ρ per la derivata sostanziale nel tempo della energia potenziale specifica φ^ = gζ .
Per il cosiddetto “caso non polare” poi, in cui il tensore degli sforzi risulta simmetrico, vale la
seguente identità:
D 2 ^
ρ v + φ = ∇ • T • v − T •• D (8.1.4)
Dt
che possiamo riconoscere come un bilancio di energia meccanica (la somma di energia cinetica
e potenziale) in forma locale.
D 2 ^
∫ Dt
ρ v + φ dV
= ∫∇
•
T • v dV − ∫ T •• D dV (8.1.5)
B B B
D ^
Ricordando infine il teorema del trasporto di Reynolds, per cui
D 2 ^ d 2 ^
∫ ρ D t v + φ dV =
d t ∫B
ρ v + φ dV
(8.1.7)
B
risulta
d 2 ^
∫
dt B
ρ v + φ dV
= ∫T
• n • v dS − ∫ T •• D dV (8.1.8)
Sm B
L’ultima equazione scritta si può leggere come una equazione di bilancio per il corpo B nella
quale si afferma che la velocità di variazione della energia cinetica e potenziale del corpo vale la
differenza tra la potenza delle forze di superficie L•s esercitate sul corpo (rappresentata dal
primo termine a secondo membro) e un secondo termine che per il momento indicheremo come
potenza di deformazione L•def :
(E + E pot )
d • •
= L s − L def (8.1.9)
d t cin
Osserviamo che per il caso di un corpo rigido, per il quale il tensore velocità di deformazione è
identicamente nullo, risulta
(E cin + E pot )
d •
= Ls (8.1.10)
dt
che si legge come la condizione per cui il lavoro fatto dall’esterno sul corpo in un generico
processo vale il guadagno di energia meccanica di questo ultimo nel processo stesso.
Il risultato riportato in Eq.(8.1.9) rivela che per il caso di un corpo materiale deformabile, non
tutta la potenza esercitata sul corpo dalle forze esterne applicate produce un accumulo di energia
meccanica, a causa della presenza di un termine non nullo di potenza di deformazione:
•
L def = ∫ T D dV
•
• (8.1.11)
B
E’ così individuato il principio di conservazione di energia che nella forma del bilancio ad un
generico corpo materiale che occupa una regione dello spazio Euclideo B si scrive:
d 2 ^ ^
d t ∫B
ρ v + φ + u dV
• '' (8.2.1)
= ∫ ∫Q ∫ −s
T • v n dS
•
−
(n)
dS + • n dS
Sm Sm Sm
d 2 ^ ^
∫
d tB
ρ
v + φ + u dV
= ∫ ∇ • T • v dV ∫ ∇ • q dV ∫ ∇ • ( −s) dV
(8.2.3)
− +
B B B
Ricordando che la velocità di variazione della energia del sistema, attraverso il teorema del
trasporto di Reynolds, può essere espressa in modi diversi:
d 2 ^ ^
D 2 ^ ^
∫ ρ v + φ + u dV
dt B
= ∫ρ v + φ + u dV
Dt
B
∂ 2 ^ ^
2 ^ ^
(8.2.4)
= ∫ ∂t ρ
v + φ + u
dV + ∫ ∇ •
v + φ + u ρ v dV
B B
D 2 ^ ^
• ''
∫ ρ D t v + φ + u dV = ∫ ∇ • T • v − ∇ • q + Qg dV
B B
(8.2.5)
∂ 2 ^ ^
2 ^ ^
∫ ∂ t
ρ v + φ + u + ∇•
v + φ + u
ρ v dV
B
• '''
= ∫ ∇ • T • v − ∇ • q + Qg dV
B
(8.2.6)
dove con Q•g’’’ si è indicata la divergenza dell’opposto del vettore di Poynting.
D 2 ^ ^
• '''
ρ v + φ + u = ∇ • T • v − ∇ • q + Qg
(8.2.7)
D t
∂ 2 ^ ^
2 ^ ^
ρ v
ρ v + φ + u + ∇ v + φ + u
∂ t
•
• '''
(8.2.8)
= ∇ T • v − ∇ • q + Qg
•
t∫
ρ u dV = ∫ T •• D dV − ∫ ∇ • q dV (8.2.11)
d B B B
Nella equazione sopra scritta il primo termine a secondo membro è la potenza di deformazione
già introdotta e il secondo termine vale la potenza termica scambiata Q•, assunta positiva
quando assorbita dal sistema, attraverso le pareti diatermiche del corpo:
d • •
E = L def + Q (8.2.12)
d t int
∂
2 ^ ^
2 ^ ^
∫ ∂ t
ρ v + φ + u dV +
∫ v + φ + u
ρ v • n dS
D S
•
= ∫T n v dS − ∫q n dS + Qg
• • •
S S
(8.2.14)
dove Q•g indica la potenza di energia scambiata col campo magnetico.
La equazione (8.2.15) può anche essere riscritta come segue
d 2 ^ ^
d t ∫D
ρ v + φ + u dV =
2 ^ ^
2 ^ ^
∫ v + φ + u ρ v • n dS −
∫ v + φ + u ρ v • n dS
Sin Sout
•
+ ∫ T • n v dS −
•
∫q • n dS + Qg
S S
(8.2.15)
dove, come fatto in precedenza, si è indicato con Sin e Sout le porzioni di S in cui il prodotto
scalare v•n è negativo e positivo, rispettivamente.
Per il caso in cui si possa assumere che sulle superficie Sin e Sout lo sforzo è solo quello di
pressione, allora il bilancio (8.2.15) può scriversi
d 2 ^ ^
∫
d tD
ρ
v + φ + u dV =
2 ^ ^
2 ^ ^
∫ v + φ + H ρ v • n dS −
∫ v + φ + H ρ v • n dS
Sin Sout
•
+ ∫ T • n v dS − ∫q n dS + Qg
• •
S − Sin − Sout S
(8.2.16)
dove con H^ si è indicata la entalpia specifica del mezzo, definita da
^ ^ ^
H = u + pV (8.2.17)
2 ^
ρ v + u ( v − u ) • n + q • n − v • (T • n ) = 0 (8.2.18)
b) la velocità della superficie di discontinuità sia trascurabile rispetto alla variazione di
velocità nei due lati della interfaccia;
c) su entrambi i lati della interfaccia l’unica componente dello sforzo significativa è quella
normale;
la (8.2.18) si specializza come segue
^ •
H
m I + q • n = 0 (8.2.19)
dove m•I rappresenta la densità del flusso di massa attraverso la superficie di discontinuità.
Un diverso caso di interesse è quello in cui la superficie di discontinuità non è attraversata da
materia e la differenza di velocità nei due campi è trascurabile. In queste condizioni risulta
q • n = 0
(8.2.20)
L’ultima condizione scritta afferma che la densità di flusso uscente dalla regione positiva dello
spazio, nelle condizioni indicate, vale la densità di flusso entrante nella regione negativa.