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Sbobinamenti dottrine Heghel

Storia Delle Dottrine Politiche (Università degli Studi di Cagliari)

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HEGEL
È un autore che si colloca a cavallo tra il XVIII e il XIV secolo quindi vivrà avvenimenti storici
importantissimi a partire dalla rivoluzione francese, il periodo della restaurazione e anche i motti
degli anni 20 e quindi periodi di rivoluzione e restaurazione. Vedremo il contesto storico che è
fondamentale per capire il pensiero politico degli autori delle autrici. Vedremo la prima opera
politica di un certo rilievo di Hegel che si intitola “la costituzione della Germania” cercheremo di
capire che cos'è questa famigerata dialettica e infine vedremo l'opera etica politica, insomma
un'opera monumentale, vedremo soltanto una parte è più importante di Hegel che sono “i lineamenti
di filosofia del diritto”. Vediamo questo contesto storico: lo capiremo poi meglio da una cartina.
Siamo nel periodo post-rivoluzionario, già durante la rivoluzione francese tutte le forze europee, i
grandi Stati europei, decidono di muovere guerra alla Francia rivoluzionaria perché ovviamente vi
vedevano un pericolo per la loro stabilità dei loro assolutismi. La Francia, che era portatrice
evidentemente di principi che non erano tanto graditi alle forze che poi saranno quelle
sostanzialmente quelle del Congresso di Vienna, però la Francia rivoluzionaria si dimostra molto
forte in guerra e ottiene tutta una serie di vittorie e ad un certo punto questa Francia rivoluzionaria si
è costretti a riconoscerla, non soltanto dal punto di vista politico, ma proprio per la potenza militare
quindi c'è questa sconfitta dell'Austria e dopo una serie di capitolazioni, fu costretta alla pace, il
trattato di Lunèville del 9 Febbraio 1801 che sancì la cessione alla Francia della riva sinistra del
Reno. Un gravissimo colpo inferto alle aspirazioni della coscienza nazionale tedesca: uno dice ma
perché Austria cosa c'entra? In quel periodo e non esisteva ancora la Germania come noi la
conosciamo ora, esisteva quello che si chiamava Sacro Romano Impero Germanico, era proprio
nelle sue ultime fasi nelle sue fasi conclusive, tant'è vero che poi il successivo congresso, quello di
Rastadt, diviene oramai chiara a tutti la fine imminente in questo millenario Impero e cadrà
ufficialmente nel 1806. L'Austria era ovviamente, il paese più importante o comunque una
dell'entità politiche più importanti. Il Sacro Romano Impero si era ridotto ad essere un insieme di
stati, che potevano essere considerati i territori germanici, tedeschi e in Italia la situazione è molto
simile: ecco quando Machiavelli parlava di Italia ma l'Italia non esisteva ancora come entità
politica: però la si riconosceva, nonostante fosse divisa in tutta una serie di Stati e Staterelli
assolutamente indipendenti però c'era un concetto di Italia, di penisola, di cultura e per la Germania
era la stessa cosa ecco perché Hegel può parlare comunque di Germania e si può parlare comunque
di territori germanici perché pur divisi ma tutti questi stati facevano parte di questo territorio che
poteva essere definito come territorio tedesco, erano tutti riconducibili alla cultura tedesca e qui che
peraltro il grosso problema il grosso problema è rappresentato da tutta questa frammentazione
politica perché tutti questi territori che, nell'ottica di Hegel, dovevano essere unificati in un'unica
grande nazione cioè la nazione tedesca, lui si immaginava anche l'Austria, facente parte di questo
unico stato, è proprio perché così divisi dal punto di vista di Hegel che la avevano rimediato tutta
una serie di sconfitte contro l'esercito Napoleonico, perché l'esercito napoleonico era un esercito
unito, era un esercito forte era un esercito riconducibile ad uno stato e che oramai da secoli era uno
stato nazionale, uno stato unitario quale era la Francia, tanto è vero che il rimarrà folgorato da
questa figura, cioè dalla figura di Napoleone, lo vide entrare a cavallo a Jena, nella città in cui si
trovava Hegel, nel 1806. Questa è una famosa citazione di Hegel che lo riporta in una lettera: ho
visto l'imperatore, quest'anima del mondo cavalcare attraverso la città per andare in ricognizione: è
davvero un sentimento meraviglioso la vista di un tale individuo che, concentrato in un punto,
seduto su di un cavallo, abbraccia il mondo e lo domina. Le simpatie per Napoleone sono ben note
perché Napoleone rappresentava innanzitutto l'uomo forte di uno stato unitario e rappresentava
anche la punta dell'esercito francese un esercito unitario perché riconducibile appunto ad uno stato
unitario. Le cose erano ben diverse per lui perché poi ognuno di questi Stati era realmente
indipendente, in caso di guerra quanto fosse difficile poter organizzare una difesa, ognuno di questi
staterelli disponeva di un esercito e quindi immaginatevi quanto potesse essere difficile difendere

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questo territorio in caso di attacco e perché tutti poi dovevano mettere queste truppe in comune e
chiaramente era molto più complicato dover guerreggiare contro stati che invece avevano eserciti
unitario. Da qui che noi abbiamo questa famosa citazione tratta dalla prima opera politica di rilievo
dal “la costituzione della Germania” scritta tra il 1798/99 e il 1802 e dirà “la Germania non è più
uno stato” perché dice questo? Perché tutto era fuorché uno stato nella concezione di Hegel, nel
senso che era frammentata, divisa in tanti staterelli, ma soprattutto non poteva difendersi perché poi
da questa frammentazione derivava una grande debolezza anche sul piano militare. “Nella
costituzione della Germania” questa è una citazione di Bedeschi “non solo il punto d’avvio, ma,
diremmo, la molla etico-politica che produce la tensione interna di tutto il lavoro, è costituita dalla
rivendicazione dell'unità tedesca, dal problema l'unificazione politica della Germania” ecco perché
è molto importante questo primo scritto politico di Hegel è molto importante costituisce una parte
importante, anche dell'esame, la conoscenza di quest'opera è perché appunto attraverso quest'opera,
poi vedremo anche con delle similitudini rispetto a Machiavelli, che rivendica l'unità tedesca. Si
inserisce proprio in un clima, cioè si inserisce proprio nel contesto culturale del periodo, anche Fitte
farà la stessa cosa cioè scriverà una opera per rivendicare appunto la nazionalità tedesca, da cui ci
saranno anche delle derive in un certo senso di tipo nazionalistico, però è chiaro che quella
frammentazione, soprattutto il confronto con paesi unitari come potevano essere la Francia, la
sconfitta militare, l'umiliazione, perché era stata una vera e propria umiliazione quella dell'esercito
napoleonico che entra con facilità nei territori tedeschi e sbaraglia tutto, questa presa di coscienza
poi partorisce appunto questo sentimento, il sentimento di una unità tedesca e la rivendicazione
anche di questa unità. Hegel si inserisce in questo contesto culturale proprio con l'opera “la
costituzione della Germania” questo è lo spirito dell'opera. Concettualmente i punti fondamentali di
quest'opera, che poi ispirano tutto il pensiero politico di Hegel (che in realtà sono semplici ci aiuterà
poi anche per tutto il prosieguo), per Hegel lo Stato è come un organo, ovvero la concezione
politica di Hegel è una concezione diremmo organica o organicistica. Significa che Hegel lo stato è
come un corpo potremmo dire, un corpo costituito da parti, e quel corpo lì che potremmo chiamare
“il tutto” viene prima rispetto alle parti. Questo concetto non è difficile: se lo stato è come un corpo
allora vien da sé che il tutto, che corpo venga prima rispetto alle parti. Consideriamo il nostro
corpo: il nostro corpo verrà prima delle parti che lo costituiscono, difficile immaginare un piede una
gamba un cuore o dei polmoni senza ricondurli al ad un corpo. Cioè pensare che queste parti
vengano prima del corpo. Il corpo, il tutto viene prima rispetto alle parti che lo costituiscono e da
qui noi abbiamo però una conseguenza politica importante: il rifiuto del contrattualismo. Hegel è un
critico del contrattualismo perché il contrattualismo mette in un certo qual modo le parti prima del
tutto, come avete visto, è come se tante persone che hanno sempre vissuto così, per i per i fatti loro,
ad un certo punto si incontrassero e dicessero: sai che c'è facciamo uno stato. Per Hegel questa
concezione sarebbe stata una concezione puerile, perché per Hegel il tutto viene sempre prima
rispetto alle parti, e individui, seppure in diversi gradi, ma comunque hanno sempre vissuto
all'interno di formazioni politiche, all'interno di stati, potremmo definirli, pur semplici, pur come
dire magari poco evoluti, ma l'individuo come singolo dal punto di vista di Hegel non è mai esistito,
l’individuo ha sempre fatto parte di comunità organizzate politicamente, quindi il tutto è sempre
venuto prima rispetto alle parti, da qui deriva questa sua critica rispetto al contrattualismo, che in
realtà è qualcosa di più complesso, non è certo così semplice, è giusto capire. Veniamo al punto “Il
tutto è superiore alla somma delle piccole parti” che in realtà, di conseguenza sono legati “il tutto è
superiore alla somma delle singole parti” ma certamente non solo “il tutto viene prima rispetto alle
parti” ma il tutto anche è qualcosa di superiore alla somma delle singole parti. Io posso prendere le
singole parti che costituiscono un corpo, tagliarle, ecco disporre su piano, ma vedete che non
funziona, anche se ci sono tutte, perché non sono legate tra di loro, perché manca il corpo, perché
manca il tutto. Quindi il tutto non è soltanto una somma delle singole parti, è qualcosa di più, è
qualcosa che ha un'anima. Un'altra critica che muove è la critica al liberalismo. Hegel non è un

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liberale: non è un liberale perché i liberali non credono che il tutto sia superiore alle parti. La
concezione liberale è che lo stato nasca proprio a tutela delle singolarità, delle universalità a tal
punto che ci sono dei principi fondamentali nei confronti dei quali anche lo stato deve arretrare.
Questi il sono i due punti che dobbiamo tenere ben fermi: “il tutto è superiore alla somma delle
parti” e ovviamente “il tutto viene prima rispetto alle parti”: questi sono i punti fondamentali di
Hegel ma Hegel ha una concezione organica, come abbiamo detto organicistica, che vede appunto
lo Stato come un tutto, i singoli che lo costituiscono, come singole parti, che però devono
partecipare al tutto. L'immagine che Hegel ci propone è: lo stato è come una piramide è costituito
come una piramide che può essere fatta da pietre perfettamente angolari quindi che si incastrano le
une con le altre e quindi reggono il tutto. DONAMDA: il rifiuto del liberalismo: il rifiuto del
liberalismo come vedete, è una conseguenza di “il tutto è superiore alla somma delle singole parti”
cioè Hegel parte dal presupposto che lo stato sia più importante dei singoli che lo costituiscono. Lo
stato non è soltanto un aggregato di singoli, lo stato è qualcosa di più importante dei singoli che lo
costituiscono; quindi, Hegel non riconosce l'individualità del singolo, che è il presupposto
fondamentale del liberalismo. Il liberalismo parte dal fatto che esistano dei diritti, ovviamente
naturali, che esistano delle libertà fondamentali di ognuno di noi, proprio dal momento della
nascita, in quanto uomini, in quanto donne e che lo stato, come abbiamo visto in Loke, nasca per
tutelare questi diritti, proprio perché in uno stato di natura non ci sarebbe il famoso giudice terzo;
quindi, lo stato come entità nasce per la tutela delle singolarità. Mai per un liberale lo stato potrebbe
essere superiore alle parti che lo costituiscono, ognuno rileva appunto per la propria singolarità,
ecco Hegel rifiuta questa concezione perché per Hegel lo stato è superiore agli individui che lo
costituiscono. Potremmo dire che per il liberalismo lo stato è in funzione dei singoli, per Hegel è il
contrario: sono i singoli ad essere in funzione dello Stato. L’esempio della piramide aiuta a capirlo.
Hegel dice che noi potremmo concepire una piramide come un insieme di pietre angolari, quindi
che perfettamente si incastrano le une con le altre, e contribuiscono a creare la struttura della
piramide oppure possiamo immaginarla come un insieme di pietre tonde, quanto durerebbe una
piramide costituita da pietre tonde? Pochissimo magari alla prima folata di vento cadrebbe. Per lui
gli individui devono essere un po’ come tante pietre angolari: ognuno deve essere in funzione
dell'altro e ognuno deve collaborare alla stabilità del tutto che è lo stato. Come ogni singola parte
del nostro corpo collabora con le altre per mantenere il tutto, che è il nostro corpo, è superiore
evidentemente alla somma delle singole parti che lo costituiscono. È un po’ la concezione di uno
statalista: ovviamente una persona che vede lo stato sopra tutto. DOMANDA: non è un controsenso
il fatto che gli individui siano inferiori rispetto allo stato visto che sono loro stessi che lo
costituiscono? Non sono gli individui che costituiscono, lo stato è sempre esistito, per Hegel gli
individui costituiscono lo stato nel contrattualismo, ed è per questo che le rifiuta il contrattualismo,
perché nel contrattualismo gli individui costituiscono lo stato ed in questo senso certamente
dovrebbero essere superiori anche se poi non è un controsenso perché lo costituiscono anche i nostri
individui eppure ne sono sottomessi perché si sottomettono loro stessi per loro volontà. Quindi non
sarebbe un controsenso comunque ma se vogliamo analizzare per esempio Loke noi abbiamo tante
persone che decidono di creare questo stato e quindi è chiaro che ne sono superiori nasce tra un loro
contratto e lo stato deve tutelare i loro diritti invece lo stato è sempre esistito e dice com'è possibile?
È possibile se si pensa al fatto che gli individui in realtà non sono mai vissuti, questa è la
concezione di Hegel, come singoli cioè perché immaginarsi gli individui che vivono come singoli è
una un'astrazione, è una cosa che nella storia non si è mai verificata. Sono sempre esistite le
comunità politiche, sono sempre esistite pur nelle loro forme primigenie e più rudimentali, ma sono
sempre esistite quindi non sono una creazione degli individui. Per questo sono superiori rispetto agli
individui: ne sono una funzione. Un altro aspetto importante di quest'opera cioè “la costituzione
della Germania” e l'elogio Machiavelli: “Machiavelli capì che il problema del proprio paese poteva
essere risolto solo dall'intervento di un Teseo capace di vincere le tendenze particolaristiche ed

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egoistiche, mettendo insieme, in un unico organo, tutte le disunità membra dello Stato” ecco perché
l’elogio Machiavelli perché Machiavelli fa questo appello no nell'ultimo capitolo del principe: lui
avrebbe voluto l'unificazione di una parte d'Italia, quantomeno, perché aveva capito molto
semplicemente che la debolezza dell'Italia derivava dalla sua frammentazione politica, era molto
simile alla situazione della Germania. E’ chiaro che si ispiri a Machiavelli e proprio per questo
crede nell'intervento di un Teseo (Teseo e il fondatore di Atene, praticamente il Romolo di Atene),
ecco perché si appella a questa figura mitologica, diciamo perché serviva evidentemente un uomo
forte come Napoleone, anche con la forza in grado di unificare tutti quei principati, tutti quelli
staterelli in un’unica nazione tedesca. L’'elogio che fa di Machiavelli, appunto, Machiavelli
praticamente rivendicava lo stesso per l'Italia perché da questo derivava la forza e la capacità di
difendersi. Vedeva in Napoleone un uomo forte perché per un territorio così frammentato dominato
dagli interessi particolaristici, cioè dagli interessi di ogni singolo sovrano, ora che ci si potesse
mettere d'accordo per la creazione di uno stato unitario, per Hegel anche questo era un po’ utopico,
serviva un uomo forte in grado, anche con la forza, di mettere assieme tutti questi Stati, di unificarli
in un unico stato: ecco perché Napoleone l'uomo forte, l'uomo insomma in grado di poter realizzare
questa impresa. Ma c'è una difesa ulteriore nei confronti di Machiavelli Hegel dal punto di vista
politico è un realista esattamente come Machiavelli. Perciò Machiavelli è contro la morale, secondo
Hegel, infatti con Machiavelli abbiamo questa separazione del pensiero politico dalla morale. Il
pensiero politico è una cosa, la scienza politica è una cosa, la morale è un'altra. Ma Machiavelli,
secondo Hegel, è contro la morale? “Machiavelli, da uomo di stato, contrasta un certo tipo di
morale, che è la morale comune, individualistica, astratta, Kantiana. si tratta di una morale che vede
solo l'individuo singolo e non i suoi rapporti con la società e con lo stato.” Hegel sta dicendo che la
morale, potremmo dire Kantiana, quella che riguarda i rapporti col prossimo, non mentire, è la
concezione anche cattolico, che non dire falsa testimonianza, evangelica, questo tipo di morale che
riguarda i rapporti del singolo col suo prossimo va bene per i singoli ma non va bene per uno stato,
perché uno stato ha altri principi. Quindi esige regole, norme di condotta di un'etica diversa rispetto
a quella dei singoli, perché come avete visto con Machiavelli in alcune circostanze se ci sono in
gioco gli interessi di uno stato ecco che tutto quello che vale per i singoli per uno stato può non
valere, perché il primo compito è quello di preservare lo stato, di proteggerlo. E’ un discorso
diverso quello politico quindi non è che Machiavelli sia contro la morale, Machiavelli separa le due
cose e ci dice che per lo stato valgono regole diverse perché Machiavelli ero un uomo di Stato. I
mezzi proposti da Machiavelli sono troppo ripugnanti? “qui è il felice qui non ha senso discutere
sulla scelta dei mezzi poiché le membra cancrenosa non possono essere curate con l'acqua di
lavanda” quando la situazione è disastrosa, quando abbiamo questa frammentazione politica,
quando abbiamo gli eserciti stranieri che ci entrano dentro casa, possiamo fare poco, è inutile
appellarsi alla morale Kantiana, perché poi va a finire che ci conquistano il territorio, hai voglia
delle belle parole del rapporto col prossimo, questo è un po’ il discorso estremamente realista vedete
in situazioni di difficoltà, di profonda difficoltà, noi dobbiamo utilizzare un'etica diversa per lo stato
rispetto a quella che si utilizzerebbe per i singoli. Questo è lo spirito della “costituzione della
Germania”: il popolo tedesco dovrebbe essere costretto a considerarsi appartenente ad un unico
stato: la Germania. Dovrebbe dunque sorgere un conquistatore capace di compiere l'unificazione, di
far prevalere l’interesse pubblico sul privato, il tutto sulla parte, ancora una volta il tutto deve
prevalere sulle parti. Per Hegel cos'è lo stato? Per Hegel, sin da subito, dall’inizio di quest'opera:
“una moltitudine di uomini può darsi il nome di stato soltanto se è unita per la comune difesa di
tutto ciò che è suo proprietà” cioè lo stato è stato soltanto nel momento in cui ha un'organizzazione
in grado di potersi difendere, un esercito unitario, tanto per dire cose che in Germania abbiamo visto
mancava, che non esisteva uno stato unitario e non esisteva neanche un esercito. Concezione
organica, ovviamente, per Hegel la concezione non è individualistica bensì organica: lo stato non è
concepito come un aggregato di uomini, ma come un organismo, in cui, come in ogni organismo, le

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parti obbediscono alla logica dell'intero. I singoli si sentono articolazioni della totalità e agiscono in
funzione del suo mantenimento, della sua coesione e della sua difesa. I quattro punti della
Costituzione della Germania, ciò che rivendica Hegel, 1) l'unificazione dei territori tedeschi sotto un
monarca: perché è un monarchico, poi lo sarà sempre cioè vedrà come forma politica la monarchia,
2) unificazione dell'esercito, 3) decentramento amministrativo: perché ovviamente si rende conto
che una Germania unita avrebbe avuto questa necessità, comunque essendo stata sempre
frammentata storicamente, anche in un decentramento amministrativo. Quello che è la Germania,
guarda caso, tuttora cioè uno stato federale, e uno stato che garantisca anche 4) la rappresentanza.
DOMANDA: spiegare la questione della morale? allora la questione della morale è molto semplice:
Machiavelli divide la politica dalla morale: che cosa mi sta dicendo Machiavelli? che la morale
classica, cioè la morale del rapporto tra i singoli, Kant diceva non fare mai ad un altro,
sostanzialmente, quello che non vorresti venisse fatto a te stesso, agisci sempre come se la massima
che ispira la tua azione potesse essere una massima di tipo universale, in poche parole io prima di
fare una cosa devo sempre chiedermi: ma se tutti facessero così sarebbe un bene per gli altri? ed è
da qui che io ricavo che non posso mentire, che non posso rubare, perché se tutti mentissero, tutti
rubassero, sarebbe un problema. Questa è la morale classica, la morale di tipo evangelico, ed è
anche la morale che riprende Kant, che si basa su questo principio, ma questo principio riguarda il
rapporto tra me e gli altri che costituiscono una comunità politica, tra singoli, ora quello che vi sta
dicendo Machiavelli è che vi sta dicendo anche Hegel è che questi principi vanno bene per i singoli
ma possono non essere sufficienti per uno stato, perché se uno stato deve difendere il proprio
territorio, se uno stato si trova davanti a questi problemi, i principi della morale possono non essere
sufficienti. Cioè uno stato potrebbe anche aver bisogno di mentire se da questo deriva il
mantenimento del territorio, magari uno dice non devi mai mentire ma se da quella bugia però poi
ne deriva il mantenimento del territorio, è meglio mentire, ovviamente, piuttosto che magari farsi
invadere o esporre il proprio popolo alla conquista straniera. Cioè lo stato ha dei principi propri, e
per quello che Machiavelli è considerato da Hegel “l'uomo di Stato” perché uomo che capisce
questo, che lo stato ha le sue regole che possono essere diverse dalla morale che invece deve
riguardare i rapporti fra i singoli. La dialettica: che cos'è la dialettica è una delle teorie più
importanti di Hegel che lui applica tutto, quindi, anche al pensiero politico. (non ha la costituzione
della Germania che è un'opera che viene prima ma certamente lineamenti di filosofia del diritto). La
dialettica si costituisce di tre momenti: (domanda d'esame) “che cos'è la dialettica per Hegel?
Innanzitutto è costituita da tre elementi o momenti: 1) tesi, 2) antitesi e 3) sintesi. Sono delle
espressioni non casuali perché tesi significa posizione, antitesi significa contrapposizione, sintesi
significa unificazione. Questi tre elementi funzionano un po’ come se fosse una spirale: sembra una
cosa complicatissima in realtà e semplice: Hegel mi sta dicendo che la realtà funziona attraverso
questo movimento, la storia funziona attraverso questo movimento. Che cos'è la tesi: la tesi è un
equilibrio, è una posizione: possiamo anche immaginarla come un determinato periodo storico. Ora
com'è che si passa da un periodo storico ad un altro periodo storico? Secondo Hegel il si passa
perché ci sarà, e ci sarà sempre, e c'è sempre stata, il momento dell'antitesi. L'antitesi che cos'è?
Non è altro che la negazione della tesi perché è l'esatto opposto, quindi si arriva ad un altro periodo
storico, al periodo successivo, proprio perché l'antitesi nega la tesi, cioè nega quel periodo, e ci
conduce alla sintesi, cioè ci conduce ad un periodo ad un equilibrio successivo. L'antitesi è la
negazione: la storia è come se fosse costituita sempre da equilibri, tutto sommato precari, di volta in
volta gli equilibri che possono essere appunto pensati come dei momenti storici e come se
producessero al loro interno, i germi della loro dissoluzione. E ad un certo punto intervenissero
questi momenti, momenti di rottura, di negazione, possono essere guerre, possono essere rivoluzioni
che rovesciano l'esistente e conducono ad una sintesi, che un po mantiene questi due elementi
precedenti, la tesi e l'antitesi, però sollevandoli perché per Hegel la storia è un movimento, che ci
porta degli Stati sempre più razionali, quindi è un movimento sempre orientato verso il progresso.

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Dal punto di vista storico funziona così: abbiamo l'assolutismo: l'assolutismo di Luigi XVI, ora
questo assolutismo non reggeva più, quindi aveva già prodotto al suo interno i germi del proprio del
proprio superamento, quindi questa tesi, che, per esempio, durante il periodo di Luigi XIV
funzionava perfettamente, un equilibrio formidabile, durante Luigi XVI, invece, vacilla e quindi
accade che già dall'interno si producono i germi del suo superamento, la rivoluzione francese che
ovviamente ha tutta una serie di fatti pregressi, di produzione ribelli, di intellettuali che si
incontrano, di scritti, gente che si anima e alla fine si fa questa rivoluzione. La rivoluzione è
l'antitesi e ciò che si contrappone alla tesi e la sintesi sarà, ad esempio, il periodo di Napoleone che
conserva un po’ qualcosa dell'assolutismo e qualcosa della rivoluzione, perché nulla sparisce, però
in un’ottica superiore, come abbiamo visto tutte le simpatie di Hegel per Napoleone per la Francia
napoleonica. Quindi la dialettica sta dicendo che la realtà, tutta la realtà, noi ci stiamo concentrando
su quella storica, è un continuo movimento, e la cifra del movimento, cioè le cose si possono
muovere soltanto perché di volta in volta esiste un momento che si chiama la negazione, che il vero
motore della storia, che si contrappone ad un equilibrio, lo rovescia e ci porta ad un equilibrio che è
superiore in termini di razionalità. Così è avvenuta la rivoluzione francese: queste persone hanno
iniziato a meditare sul loro stato di cose, perché qua abbiamo il terzo stato come diceva Sieyès, che
è tutto ma non conta nulla, non si può continuare così, che il 98% della popolazione regga questi
2% di parassiti, e quindi matura quest'idea che si che si generano le condizioni del rovesciamento,
questo equilibrio deve essere rovesciato ecco l'antitesi: tesi è posizione, antitesi è contrapposizione
e si arriva si arriva ad un equilibrio, che è quello napoleonico, e che certamente nell'ottica di Hegel
di chi vede la storia come progresso sempre più razionale, sempre più improntato verso la
razionalità, anche Kant lo vedeva cosi ,in un equilibrio, in una sintesi che è più razionale
ovviamente. Ma questo equilibrio, ancora una volta sarà parziale, perché ogni sintesi, cioè ogni
nuovo equilibrio che si raggiunge, non è altro che una nuova tesi, perché poi come sappiamo anche
Napoleone cadrà, eccetera eccetera tutta la storia è animata da questo. La storia si muove perché c'è
qualcosa che la fa muovere e ciò che fa muovere la storia sono le antitesi, ciò che di volta in volta
rovescia, capovolge gli equilibri e ne crea di nuovi. Assolutismo, rivoluzione, Napoleone poi anche
Napoleone cade e poi abbiamo la restaurazione e poi ancora come antitesi potremmo mettere i moti
e via dicendo. La negazione corrisponde all'antitesi, negazione e antitesi sono sinonimi. Tesi
significa posizione, un equilibrio, come uno stato di cose, questo stato di cose, di volta in volta nella
storia, viene negato, se non venisse negato, se non fosse stato mai negato. noi saremo fermi al
paleolitico. Siamo arrivati al periodo in cui siamo, perché di volta in volta, determinati periodi sono
stati negati: l'antitesi è la negazione, è ciò che nega la tesi, è ciò che si contrappone e da questo
scontro viene fuori questa sintesi, che è un nuovo equilibrio che conserva un po’ dell'una un po’
dell'altro un po’ della tesi un po’ dell'antitesi elevando questi due momenti ad un momento
superiore. DOMANDA: che cos'è la sintesi? la sintesi è l'unificazione dei due momenti precedenti:
della tesi e dell’antitesi. Per esempio: l'assolutismo viene rovesciato dalla rivoluzione francese e
qual è la sintesi di questo? Il periodo napoleonico. Perché Hegel introduce la sintesi? Perché non si
può rimanere fermi alla negazione altrimenti saremmo sempre in guerra, saremo sempre in
rivoluzioni perenni: il senso della rivoluzione, il senso della guerra, il senso della negazione,
dell'esistente è quello di creare uno stato di cose che abbia un minimo di equilibrio cioè definitivo. I
rivoluzionari fecero la rivoluzione perché volevano uno stato di cose diverse non perché volessero
rimanere costantemente in rivoluzioni quindi la sintesi è il prodotto dei due momenti precedenti
cioè della tesi e dell'antitesi, di questo scontro che genera la sintesi, la sintesi conserva i due
momenti precedenti però gli eleva allo stesso tempo in un qualcosa di superiore. La storia come
costantemente in progresso verso il meglio come diceva Kant, la storia è più razionale, è come se
gli individui capissero attraverso il percorso storico, di volta in volta ciò che è meglio per loro e di
volta in volta andassero a realizzarlo. Come si realizza? Ritorniamo alla citazione sulle membra
cancrenose, l'acqua di lavanda: i cambiamenti non si realizzano tanto a parole o con l'acqua di

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lavanda appunto: serve la negazione e la negazione spesso è un qualcosa di violento. Ancora una
volta capite il realismo di Hegel: rivoluzioni, guerre che portano ad equilibri superiori rispetto a
quello che si nega ovviamente. Si tratta soltanto di concepire la storia come un movimento a spirale
per cui di volta in volta determinati equilibri vengono negati dalle antitesi e si arriva a dei periodi
superiori che Hegel chiama sintesi i quale non sono altro però che delle tesi, cioè delle posizioni,
degli equilibri parziali che avranno la loro negazione perché la storia non è stabile, è in continuo
movimento, e bisogna concepire l’equilibrio come un qualcosa che già porta i germi, tutto
sommato, della sua dissoluzione, del suo cambiamento proprio perché c'è questo movimento
continuo improntato al meglio. DOMANDA: anche se amava Napoleone era consapevole del fatto
che prima o poi anche la sua epoca sarebbe terminata? si trovava in un periodo di antitesi ma era
certo che anche il suo dominio sarebbe finito? Napoleone era già nel periodo di sintesi perché era
stato il periodo raggiunto dopo il periodo di negazione cioè quello della rivoluzione francese, ma è
proprio così: era ben consapevole del fatto che poi ogni sintesi non è altro che una nuova tesi, il
percorso storico è un percorso infinito un percorso infinito, che cerca costantemente di avvicinarsi
sempre di più alla razionalità, è un po’ come se esistesse poi il rapporto che esiste in Platone tra le
idee e la realtà: dove la realtà è una copia, in Platone però questa copia rimane copia, per Hegel
invece la realtà è un movimento che tende sempre più ad avvicinarsi rispetto alla razionalità delle
cose, quindi tende ad avvicinarsi e chiaramente questo comporta il movimento che di volta in volta
una sintesi sarà per forza una nuova tesi quindi troverà anche anch'essa al proprio superamento,
anche Napoleone ovviamente sarebbe caduto e Hegel peraltro fa in tempo anche a vederlo. La tesi è
la posizione di partenza, nel nostro caso abbiamo utilizzato l'esempio storico, quindi va bene
riferirsi ad un determinato periodo storico, questa posizione poi viene negata cioè subentra
all'interno di questo equilibrio, all'interno di questa fase, subentra qualcosa che lo nega, che vi si
contrappone, può essere una rivoluzione, una guerra e il prodotto finale sarà la sintesi, cioè un
nuovo equilibrio, che è un po’ il risultato dei due periodi precedenti, cioè sia la tesi che dell'antitesi.
Perché, ad un certo punto, ogni equilibrio produce i presupposti del suo superamento? perché la
storia è in movimento lento e continuo verso forme di razionalità superiori. Ad un certo punto
l'equilibrio raggiunto vacilla, emergono le sue contraddizioni e si prepara così il terreno per una
nuova sintesi. Dunque è la razionalità a muovere il mondo: l’irrazionale non è ammesso. Ecco
perché parliamo realismo quando parliamo di Hegel, perché uno potrebbe chiedersi: ma come mai
ogni volta è necessario questo periodo di negazione: perché di volta in volta un equilibrio deve
essere rimosso, perché deve cadere? La risposta che Hegel dà è: perché la storia è mossa dalla
razionalità è come se ci fosse una razionalità, questo logos che sta sopra di noi e che guida la storia,
guida i nostri comportamenti e noi ne siamo, in un certo qual modo, anche trascinati, non è che
ognuno di noi possa fare più di tanto, il nostro non è nient'altro che un adeguarsi continuo a quello
che vuole la storia. Nella filosofia di Hegel, nel pensiero politico di Hegel, infatti, l'irrazionale non è
ammesso, tant'è vero che quando un periodo, quando un equilibrio diventa irrazionale, ecco che
subito viene rimosso perché appunto subentra quella fase di antitesi. (Hegel sostiene che la filosofia
è simile alla "Nottola di Minerva" - una specie di civetta, uccello sacro alla dea della sapienza- che
inizia il suo volo solo al crepuscolo, quando il sole è già tramontato. Hegel con questa metafora
vuole dire che la filosofia sorge quando una civiltà ha ormai compiuto il suo processo di formazione
e si avvia al suo declino. La filosofia non ha il compito di trasformare la società, di determinarla o
guidarla, ma di spiegarla. La filosofia, però, può spiegare la realtà solo al termine del suo processo
di realizzazione. Infatti, un periodo storico può essere pienamente compreso solo al termine del suo
sviluppo, quando ha espresso tutte le sue potenzialità. Hegel lo riscontra nel semplice prendere atto
della realtà, qualunque essa sia. La filosofia non deve prefiggersi di trasformare la realtà, come
invece dirà Marx. La filosofia non può essere presente in ogni stadio del pensiero umano, ma solo
alla fine del percorso, quando la realtà è già compiuta e non vi è più nulla da trasformare. Ecco
dunque che la filosofia non deve fare altro se non giustificare la realtà .) E questa accettazione Hegel

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ma quella che ci interessa di più è questa qui soprattutto è l'ultima frase perché la filosofia è come la
nottola di Minerva inizia al suo volo sul far del crepuscolo sul far della sera, significa quello che
dicevamo prima, cioè per Hegel la filosofia, il pensiero non può anticipare i tempi, ad un certo
punto il filosofo si interroga quando gli eventi però si sono già compiuti e l'unica cosa che può fare
è quella di capirla, ò quella di comprenderli cioè di capire la razionalità che guida mondo ma non
c'è la capacità per Hegel di poter intervenire più di tanto, per Hegel nel momento in cui capiamo il
funzionamento della storia, il funzionamento del reale, nel momento in cui capiamo il processo
dialettico, nel momento in cui noi ci rendiamo conto degli eventi, ma gli eventi devono già essersi
compiuti per poterli comprendere, noi ci troviamo a casa, siamo liberi siamo a casa nel mondo
perché lo comprendiamo, ma la nostra capacità di incidere, di cambiare il mondo è praticamente
nulla, per Hegel sarebbe stata una cosa infantile pensare che gli uomini ecco potessero cambiare il
mondo, che potessero insegnare al mondo come debba funzionare, e qui arriviamo all'altra citazione
famosa Hegel: ciò che è razionale è reale, ciò che è reale è razionale. Siccome nel pensiero di Hegel
l’irrazionale non è ammesso, perché nel momento in cui un periodo diventa irrazionale
immediatamente viene negato, vuol dire che ha già partorito i germi del proprio superamento, allora
tutto ciò che è reale per Hegel è necessariamente razionale tutto ciò che è razionale è reale. Ogni
periodo storico per Hegel ha la sua razionalità, non ci può essere una razionalità superiore, nel
momento in cui ci si rende conto di questo, perché non è più razionale, lo si supera necessariamente,
interviene una fase di superamento cioè una fase di negazione, quindi una filosofia della storia, per
cui tutto è improntato alla ragione è la ragione che muove il mondo. Gli uomini non devono fare
altro che adeguarsi e gli spazi di manovra o di cambiamento, di incisione sulla realtà sono molto
scarsi, Hegel concedeva qualcosa a quelle che chiamava le figure cosmiche cioè persone
particolarmente dotate come potevano essere Napoleone o Giulio Cesare o Alessandro Magno,
quelle persone capaci di cambiare le cose, particolarmente dotate. Arriviamo quindi ai “lineamenti
di filosofia del diritto” l'altra opera importantissima di Hegel. I lineamenti di filosofia del diritto
incarnano sempre questa struttura triatica che abbiamo visto: tesi antitesi sintesi. La costituzione dei
lineamenti è questa qui: diritto moralità eticità. Il diritto è la tesi, la moralità è l'antitesi e l’eticità è
la sintesi. Perché questa struttura? Per Hegel questi sono tre momenti della libertà “i lineamenti di
filosofia del diritto” non sono altro che l'opera politica di Hegel, in cui mostra la libertà nel suo
dispiegarsi, diritto per Hegel è sinonimo di libertà in questo caso, anche moralità e eticità allo stesso
tempo: sono tutte fasi dello sviluppo della libertà che culmina con l‘eticità. Nello specifico noi
vedremo l'eticità, la quale a sua volta, come tutto il discorso di Hegel. è divisa in un altro processo
triatico, in un'altra dialettica: famiglia tesi, società civile antitesi, stato sintesi. Sono questi tre
momenti che costituiscono l'ultimo macromomento che è rappresentato dall’eticità. Ma che cosa
rappresentano questi tre momenti, questo schema generale, perché Hegel lo divide e attraverso
questi tre momenti, diritto moralità eticità. Per Hegel la libertà, perché abbiamo detto che è il
cammino della libertà, il movimento della libertà, la libertà inizia col diritto secondo Hegel cioè
inizia sempre con una norma astratta, quella che si chiama un'obbligazione esterna, perché
l'obbligazione esterna? Perché il diritto non è qualcosa che deve essere necessariamente sentito
come un fatto della coscienza. È una norma esterna, che ci viene sostanzialmente imposta e che noi
accettiamo perché se non l'accettiamo andiamo incontro ad un illecito. Questo per Hegel, questo si
intende obbligazione esterna, perché non è un fatto della coscienza, un fatto della ragione, ma è un
qualcosa che ci obbliga dall'esterno, e la norma è astratta perché si riferisce sempre a fattispecie
astratte, non entra nello specifico la norma, non entra nella cultura, nel contesto storico del luogo, è
sempre un qualcosa di astratto per questo Hegel lo chiama anche diritto astratto ma noi per
semplicità chiamiamolo diritto. È la prima fase, secondo Hegel, attraverso la quale si manifesta la
libertà, la libertà inizia sempre con la norma, col diritto e questa è la tesi. Quale sarà l'antitesi cioè
il momento successivo il momento che si contrappone al diritto? E’ quello della moralità perché la
moralità è l'esatto opposto del diritto, non è più un obbligo esterno, non è più un qualcosa che ci

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viene dall'esterno, ma è un qualcosa che ci viene dall'interno, è un fatto della coscienza, io non
uccido perché c'è una legge che me lo vieta? No non uccido perché sento intimamente, come fatto
della coscienza, che non devo uccidere, cioè lo sento come un obbligo interno, ecco perché è il
momento di antitesi rispetto alla tesi che è il diritto, perché è un'obbligazione completamente
opposta, ed è un'altra fase questa della libertà vedete, si parte dal diritto che è un'obbligazione
esterna. La norma è una norma astratta, semplicemente formale, e da questo primo piano si passa
all'interiorizzazione, cioè il fatto che io avverta come fatto della coscienza, che un qualcosa sia
sbagliato e quindi la libertà produce un secondo piano, passa ad un secondo piano. Infine, abbiamo
il terzo piano che è quello della sintesi, quello che supera i due precedenti, allo stesso tempo li
mantiene e che cos'è l’eticità: è rappresentata da un sistema di leggi e istituzioni che incarnano e
rispecchiano il carattere, lo spirito di una nazione secondo Hegel. Quindi l'eticità è rappresentata da
tutto quel sistema giuridico, quindi il diritto e dalle istituzioni che però non sono più astratte, non
sono più qualcosa che noi sentiamo come astratto e come esterno rispetto a noi, ma le sentiamo
come un fatto nostro che rispecchia la nostra coscienza perché quelle leggi rispecchiano, diciamo
così, il carattere collettivo in cui ci rivediamo, il carattere della nostra della nostra nazione, quindi
sono leggi che noi interpretiamo come obbligazioni esterne ma allo stesso tempo le sentiamo anche
come nostre, perché le consideriamo giuste. Quindi abbiamo il diritto e la moralità che si uniscono e
che si sintetizzano nell’eticità. Per Hegel l’eticità deve rappresentare lo stato: lo stato deve essere
stato etico perché le sue istituzioni e le sue leggi devono essere leggi che i cittadini avvertono, il
popolo avverte anche un fatto interno, come un fatto della loro coscienza: le reputano giuste. Quindi
non è solo un'obbligazione esterna ma anche interna, è un qualcosa che mantiene i due momenti
precedenti e qui si compie la libertà nel suo massimo grado rappresentata da questo ultimo
momento dell'eticità. Ora abbiamo visto che l’eticità a sua volta si divide in tre momenti che sono:
il primo è quello della famiglia: la famiglia è il momento dell'amore e della solidarietà per Hegel, è
il momento in cui gli individui si danno gli uni verso gli altri, sentono di avere dei doveri gli uni
verso gli altri, semplicemente perché c'è un rapporto affettivo, c'è un rapporto naturale, un rapporto
di immediatezza come lo chiama lui, non è un qualcosa che si costruisce, immediatamente per il
fatto di far parte della famiglia, per il fatto di avere un vincolo di sangue, ci si dagli uni verso gli
altri. È il primo momento dell'eticità, che vedrà sempre gruppi, cioè sempre aggregati di persone,
mai l'individuo come singolo, famiglia primo nucleo piccolo, società civile nucleo più grande, lo
stato è il momento ultimo dell'eticità. Ma che cosa accade: accade che a un certo punto l'individuo
deve uscire dalla famiglia, perché all'interno della famiglia non può stare a vita, dice col
compimento della maggiore età o prima o poi comunque deve uscire, deve distaccarsi dalla famiglia
per farsene una propria, per farsi una propria vita e quindi ha anche la necessità però di lavorare per
poter far questo, ed ecco che il secondo momento dell'eticità è rappresentato dalla società civile,
perché la società civile è l'antitesi rispetto alla famiglia? perché mentre la famiglia è il primo
momento della solidarietà, del dovere reciproco, dell'amore reciproco, dove ci si dà non perché si
voglia avere qualcosa in cambio, ma semplicemente per un rapporto affettivo, la società civile è
l'esatto opposto: la società civile è il regno della concorrenza, è il regno della competizione tra
individui, la concorrenza è una caratteristica strutturale della società civile. La società è il luogo in
cui tutti sono in competizione, perché tutti devono lavorare, e considerate che Hegel viveva la prima
fase del capitalismo, quindi insomma una fase anche abbastanza violenta, di aspra competizione,
come una massa di lavoratori che avevano quale unica forza quella delle loro braccia, dovranno
necessariamente lavorare. Tutto quello che comporta la prima fase del capitale superiore, di
sfruttamento, quindi una sfera competitiva quella della società civile, per questo rappresenta
l'antitesi rispetto alla famiglia. Però noi abbiamo capito che in Hegel la famiglia, la tesi è
fondamentale perché senza l'antitesi non si può pervenire ad una sintesi. Quindi questi momenti di
antitesi sono fondamentali perché poi rendono coscienti gli individui e portano ad una sintesi che è
sempre un qualcosa di superiore. Se non ci fosse l'antitesi non si arriverebbe ad una sintesi. Questa è

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un po’ la struttura che costituisce la società civile: è caratterizzata dal sistema dei bisogni,
dall'amministrazione della giustizia e da queste due istituzioni finali che dovrete ricordarvi in
particolar modo: la polizia e le corporazioni. Ricordatevi di questo perché la polizia e le
corporazioni costituiscono il ponte, il passaggio tra la società civile e lo stato. Considerate che
Hegel la società civile è veramente il luogo della competizione in cui quasi si perde l'eticità e quindi
serve qualcosa, un ponte che conduca l'individuo dalla società civile allo stato, cioè da un sistema di
competizione, da un sistema in cui tutti si fanno la guerra sostanzialmente tra di loro, ad un sistema
invece che abbia come obiettivo l'interesse generale, collettivo di tutti. Gli individui devono
ritrovare nello stato, per Hegel, una seconda famiglia, cioè devono essere quelle pietre che si
incastrano come abbiamo detto per costruire la piramide e saranno proprio queste due istituzioni,
sono centrali nel pensiero politico di Hegel perché poi permettono di giungere allo stato. Hegel è
stato un grande studioso anche di Adam Smith, cioè è stato uno studioso del primo grande,
grandissimo economista classico, si è occupato di economia, ma sarebbe restrittivo dire questo in
quanto è considerato anche un sociologo, è considerato un filosofo, certamente un filosofo morale,
uno che aveva davanti uno scenario, come quello scozzese che era molto più evoluto rispetto a
quello tedesco in termini economici e quindi poté fare delle valutazioni, poté studiare questo
sistema prima rispetto ad altri, ed Hegel è uno studioso di Smith e quindi ne ricava un po’ quelle che
sono le considerazioni di Adam Smith: a livello economico a livello di funzionamento della società
civile. Quello che è importante ricordare però di Hegel, per quanto concerne la società civile, è che
nonostante lui veda il primo sviluppo del capitalismo, le ingiustizie che il capitalismo crea a livello
della competizione tra gli individui, e quindi sia anche un teorico della questione sociale, tanto che
scriverà questo “nella sovrabbondanza della ricchezza, la società civile non è ricca abbastanza, cioè
non possiede, nella ricchezza ad essa propria, abbastanza per ovviare all'esuberanza della povertà e
alla formazione della plebe” per quanto il capitalismo abbia fatto in termini di produzione di
ricchezza non riuscirà a fare mai abbastanza per evitare la povertà, cioè ci sarà sempre la povertà e
la massa di poveri che sono un po’ il prodotto del capitalismo. Ma non bisogna cadere nell'errore
però di considerare Hegel una sorta di marxiano o marxista ante litteram, come ci ricorda questa
citazione, questo perché, in realtà appunto, da buon teorico anche dei primi economisti classici è un
teorico della proprietà. Quindi, Hegel non è un critico della proprietà privata. Hegel sarà un critico
dell'ideale comunistico platonico, perché per lui la proprietà è una forma della libertà dell'individuo,
senza proprietà non si può essere liberi, è un qualcosa che rende libero l'individuo, quindi la società
civile per quante storture possa avere, per quanto renda l'individuo competitivo, per quanto sia quasi
una perdita dell'eticità perché è l'opposto rispetto alla famiglia l'individuo si trova solo, smarrito, a
dover competere per guadagnarsi il pane, però la soluzione per Hegel non è certamente quella di
proibire la proprietà privata, di abbattere la proprietà privata perché la proprietà è appunto il
fondamento della libertà dell'individuo. La società civile, per Hegel, è divisa in questi tre ceti:
abbiamo il ceto rurale e la nobiltà, che fanno parte di un unico ceto, il ceto dell'industria, che
comprende tutti e comprende quelli che Marx avrebbe chiamato sia capitalisti che proprietari,
comprende tutti: tutto il centro che si occupa della produzione industriale. Poi abbiamo il ceto dei
funzionari pubblici, cioè la burocrazia. Una cosa per Hegel fondamentale, nello stato moderno, e
anche qua Hegel guarda alla Francia che si era dotata di una burocrazia moderna, sempre il solito
riferimento a Napoleone, al codice napoleonico eccetera, invece come vedremo per Marx i burocrati
avranno tutta tutt'altro aspetto, Hegel è un sostenitore della burocrazia, ovviamente questa società
civile, che come abbiamo visto è piena di contrasti perché è animata dalla competizione, dovrà
avere anche un sistema della giustizia. Ecco perché Hegel poi mette come secondo punto della
società civile, insieme al sistema dei bisogni, l'amministrazione della giustizia. Perché deve riparare
i torti ovviamente, deve cercare di mediare rispetto a quelle che possono essere le ingiustizie che si
creano. Questi due momenti, fondamentali, queste due istituzioni: Polizei: innanzitutto la polizia è
costituita da funzionari pubblici, quindi sono già funzionari statali, che devono eseguire tutti questi

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compiti che sono: intervento della pubblica amministrazione, difendere l'individuo dal fortuito della
vita sociale, sorveglianza del mercato e dei trasporti, regolazione dei mercati, la sorveglianza
dell'istruzione - le scuole pubbliche. Quindi la polizia ha dei compiti ben diversi rispetto a quelli che
noi attribuiamo oggi alla polizia, si tratta dell'intervento praticamente della pubblica
amministrazione, della burocrazia nella vita collettiva. Che cosa vuol dire difendere l'individuo dal
fortuito della vita sociale? Significa difendere l'individuo da tutto quello che può accadere nella
società civile che è animata, come abbiamo detto, dalla competizione. Per cui può capitare che una
persona, nella competizione, perda il lavoro o possa cadere in povertà, serve uno stato che possa
aiutare questa persona a non morire di fame, che possa garantirgli un minimo, che possa
preservarlo, tant'è vero che per Hegel la polizia deve sorvegliare il mercato e i trasporti che sono
sempre dei settori sensibili, che tendono a creare dei monopoli, deve fare in modo che questo non
accada, deve regolamentare i mercati, deve garantire un paniere dei beni minimo per tutti, deve
calmierare i prezzi, deve sorvegliare e deve garantire l'istruzione per tutti. Hegel è anche un teorico
dell'istruzione aperta a tutti e delle scuole pubbliche perché anche questo poi potrà permettere agli
individui di formarsi e di affrontare meglio quella che è la competizione della società civile. Poi
abbiamo le corporazioni: altro elemento. Ora Hegel pensa alla corporazione, soprattutto per il ceto
centrale, il ceto dell'industria, perché tra i tre ceti è quello, secondo Hegel, più debole, perché il ceto
rurale e la nobiltà si gestiscono abbastanza bene da soli, addirittura la nobiltà ha la sua camera di
riferimento e non ha problemi, i funzionari pubblici pure. Il ceto più esposto alla competizione della
società civile è il ceto dell'industria e quindi per il ceto dell'industria Hegel pensa un sistema di
corporazioni. Oggi sarebbe come una sorta di sindacati, o di partiti, cioè un sistema di tutela, un
sistema che metta assieme i lavoratori, fondamentalmente, e che dia loro quella che Hegel chiama
una seconda famiglia, cioè permetta di tutelarli. In questo periodo non esistevano pensioni, non
esistevano assicurazioni sul lavoro, non c'erano assicurazioni contro gli infortuni, e quindi insomma
questi poveri cristi, secondo Hegel dovevano avere qualcosa che gli permettesse di tutelarsi,
dovevano ritrovare nella società civile quella seconda famiglia, quella famiglia che avevano
perduto, sostanzialmente, ecco che questi due elementi, corporazioni e polizia, permettono il ponte,
cioè costituiscono il ponte, il passaggio verso lo stato. Lo stato è l'ultimo momento dell'eticità, è la
sintesi, il momento nel quale, secondo Hegel, si realizza la libertà al suo massimo grado. La piena
libertà può realizzarsi solo nello stato. Lo stato si caratterizza per essere articolato in tre poteri che
sono questi: legislativo governativo e il potere del sovrano: attenzione Hegel non è un teorico della
divisione dei poteri. Avete visto con Montesquieu la divisione dei poteri. Hegel è un pensatore
organicista cioè un pensatore che vede l'intero e non vuole divisioni, è un teorico della differenza
dei poteri, che è qualcosa di diverso, cioè di questi tre poteri che abbiamo visto, ovviamente, sono
distinti ma non devono essere divisi, ogni potere non può rivendicare la propria divisione rispetto
all'altro, devono collaborare, in poche parole perché sono tutti elementi dell'organo, è come se
fossero ancora una volta tutte parti, tutte pietre di questo muro, di questa piramide quindi non
possano rivendicare una propria indipendenza. Il potere del sovrano, il potere del monarca, perché
Hegel è un teorico della monarchia. Lui concepisce la monarchia, quindi con un uomo al comando,
questo famoso Napoleone che prima o poi doveva spuntare. Il potere del sovrano interviene un po'
su tutti i poteri: sembra un potere di poco conto, in realtà il potere del sovrano interviene un po’ su
tutto, è un po’ la sintesi ancora una volta di tutto il discorso. Poi abbiamo al potere governativo, con
questa denominazione egli intende la pubblica amministrazione, che comprende come abbiamo
visto anche il potere giudiziario e quello della polizia come abbiamo detto, la polizia è costituita da
membri della pubblica amministrazione, da burocrati. I funzionari vengono scelti in base alle loro
competenze, indipendentemente dal loro rango sociale, vengono nominati dal monarca e stipendiati
dallo stato. Considerando i compiti sempre più complessi, specifici dello Stato moderno, la
burocrazia dovrà essere sempre più preparata, addestrata e specializzata. Infine abbiamo un potere
legislativo: il potere legislativo, quindi, deve rappresentare il popolo. Però anche qui, cosa molto

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importante da ricordarsi, tenete presente che per Hegel la rappresentanza non era una
rappresentanza come le intendiamo noi, cioè una testa un voto, per Hegel il fatto che ognuno
andasse a votare ed esprimesse un voto era una cosa un po’ assurda, non era un democratico. Per
Hegel la rappresentanza funzionava appunto tramite i ceti e tramite le corporazioni: in poche parole,
per esempio, nel caso del ceto industriale come abbiamo visto, doveva essere la corporazione ad
esprimere i propri rappresentanti che poi andavano in aula e rappresentavano quel ceto, cioè per
Hegel la rappresentanza è una rappresentanza per ceto, è una rappresentanza che deve basarsi sul
proprio status sociale, perché Hegel dice: cittadini non sono tutti uguali, non è tutto uguale. Non è
che un appartenente al ceto industriale, può votare uno qualsiasi che poi va in aula e di lui se ne
frega o non è assolutamente in grado di poterlo rappresentare. La rappresentanza funziona per ceto,
quindi è il ceto che, attraverso la corporazione, attraverso i propri istituti, le proprie mediazioni,
produce dei rappresentanti e questi rappresentanti poi andranno in aula e questi si che potranno
rappresentare, perché conosceranno i problemi del ceto di riferimento e potranno portare, appunto,
in aula le istanze che vengono dalla base, dal ceto di riferimento. Quindi non è assolutamente un
sistema democratico dove tutti votano, ma è un sistema mediato, le mediazioni sono il punto
fondamentale per Hegel. Tutto è mediato, tutto rientra all'interno di questo processo di tesi antitesi
sintesi e tutto, quindi, deve essere racchiuso nel discorso della mediazione. In questo caso chi è che
media? È la corporazione che esprime i rappresentanti che poi dovranno portare le istanze, appunto,
del ceto di riferimento. DOMANDA: allora le tre fasi dell'eticità sono queste qui: la famiglia
centrale è la tesi, la società civile è l'antitesi, lo stato e la sintesi. Innanzitutto sono tre sfere che
considerano l'individuo mai come singolo, non esiste l'individuo come singolo, deve essere studiato
sempre all'interno di sfere: la prima sfera di riferimento è quella della famiglia, un po’ come per
Aristotele, si parte dalla famiglia per questo perché il primo aggregato dell'individuo ed è
rappresentato, come abbiamo visto, da questo senso del dovere, dell'amore incondizionato,
immediato, che ognuno ha verso l'altro, ovviamente Hegel qui idealizza, poi però così dovrebbe
essere. L'antitesi è la società civile, perché è l'antitesi rispetto alla tesi, perché è l'opposto, abbiamo
visto, la società civile è proprio il contrario della famiglia, cioè è il regno dello scontro, dove
nessuno si conosce, tutti si fanno guerra tra di loro, per la competizione, perché tutti vogliono
lavorare, perché tu vogliono il pane per poter sopravvivere, lo ripetiamo è un periodo di forti scontri
sociali. Hegel vive la prima fase del capitalismo, con tutte le storture e con tutto quello che
determina questa fase. Infine lo stato è la sintesi, perché lo stato è la sintesi, perché attraverso il
ponte, come abbiamo visto della polizia delle corporazioni, e poi per come si costituisce lo stato, lo
stato è un po’ la nuova famiglia di tutti gli individui. Nello Stato ci si trova a casa finalmente è lo
stato è possibile però, proprio perché sia la società civile, perché se non ci fosse la negazione della
società civile, se l’individuo non si trovasse smarrito nella competizione, non maturerebbe, mai
capirebbe mai che la sua condizione ultima, che la sua libertà piena può essere rappresentata dallo
stato. Quindi la società civile, come tutte le antitesi è un momento fondamentale, che poi ci porta
allo stato come momento massimo della libertà e nella quale, essendo anche il vertice dell'eticità,
come abbiamo detto prima, tutti obbediscono alle leggi, tutti si conformano rispetto alle istituzioni,
che non avvertono come qualcosa di esterno, di imposto ma che incarnano lo spirito della nazione,
quindi tutti li avvertono come qualcosa di proprio, sostanzialmente, tutti collaborano, quindi,
volentieri, per il tutto, come tante parti di un organo. DOMANDA: il diritto, la moralità e l'eticità di
cosa sono i lineamenti? del diritto o della libertà? I lineamenti sono i lineamenti di filosofia del
diritto: così li chiama Hegel. Però quello che dovete capire, perché questa può essere una difficoltà,
è che Hegel per diritto intende sostanzialmente libertà, cioè diritto è sinonimo di libertà, tanto è vero
che, per differenziarsi, in realtà, cioè per non cadere in contraddizione, questa prima fase lui la
chiama in realtà del diritto astratto, perché la norma è astratta, però in realtà tutti questi sono un po’
come dei diritti, perché il diritto per Hegel è sinonimo di libertà, ecco perché i lineamenti di
filosofia del diritto, partono dal diritto astratto, antitesi moralità, sintesi eticità, ma per non

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confondervi ecco ricordatevi questo che per lui diritto significa libertà. Questo è il cammino della
libertà, da una forma astratta qual è quella del diritto così come lo conosciamo, le norme eccetera, i
contratti eccetera, sino alla forma più evoluta che è rappresentata dall’eticità, dove il diritto non è
più quell’obbligazione esterna ma è un qualcosa appunto che avvertito da tutti come giusto, anche
come fatto della propria coscienza, perché rispecchia la storia e lo spirito del luogo. Perché è
astratto? È astratto per quello: perché è la prima forma della libertà. Hegel immagina l'individuo un
po’ come dei bambini che inizialmente manifestano la propria libertà in questo senso: cioè tendono
a voler tutto, quello che vedono vogliono, questo è il primo modo in cui noi manifestiamo la nostra
la nostra libertà, attraverso questa azione volitiva, si vuole ottenere eccetera e quindi sono
necessarie delle norme per poter tutelare questi comportamenti, delle norme che quindi riguardano
fondamentalmente il contratto, cioè ci si deve regolare, perché non è che uno può voler tutto. La
norma, di per sé però, è un qualcosa di astratto. La norma è generale e astratta: cioè è una fattispecie
dice se accade x allora succede y, ma non è che entri nella storia di una nazione, non è che entri
nello specifico, nella cultura, in tutto quello che è l’etos di un popolo. Le norme sono generali, sono
astratte, per questo il diritto è astratto, poi è la tesi alla quale poi si contrappone la moralità, perché
la moralità di fatto non è più qualcosa che viene dall'esterno, una norma, una fattispecie così
ipotetica, ma la moralità è un qualcosa che uno sente dall'interno, è l'esatto opposto, e l’eticità
racchiude questi due elementi sostanzialmente: è un po’ il diritto che noi consideriamo giusto.

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