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L'ipocondria dell' impolitico.

La critica di Hegel ieri e oggi


Domenico Losurdo

(1 parte)

Milella Lecce 2001

1. Se vogliamo cercare un filo conduttore che ci consenta di orientarci nel pensiero politico di Hegel, possiamo forse individuarlo nella diagnosi storica e politica dellevasione dal mondo politico come una forma di ipocondria. E la consapevole aspirazione ad innalzarsi al di sopra del dato e del reale, evadendo in un mondo etereo di profumi e suoni, senza sostanza; la tendenza a contrapporre alla mediocrit del reale un mondo diverso, spirituale e meraviglioso ovvero i miracoli dellanima, la favola di uninteriore vita spirituale, che dovrebbe essere pi elevata. Questa tendenza diventata una sorta di malattia nazionale tedesca in un paese che vede Novalis teorizzare o celebrare lipocondria assoluta, e che, soprattutto, rivela un grave ritardo politico rispetto alla Francia o allInghilterra. Si tratta allora di fare i conti con una visione del mondo, che rende difficile o impossibile la partecipazione attiva e consapevole alla vita politica. Si impone la necessit di uneducazione filosofica alla politica. Epper, siamo in presenza di un problema che travalica ampiamente i confini della Germania, anche se qui si manifesta con particolare forza. La crisi prima e il crollo poi dellantico regime comportano il costituirsi di una sfera pubblica, di un campo nuovo che si apre allintervento e allazione politica di ceti sociali, fino a quel momento rinchiusi in una dimensione privata. Come si deve configurare lazione politica che ora diventa possibile? A questa domanda sono chiamati a rispondere in primo luogo gli intellettuali, anche per il fatto che, nella nuova situazione venutasi a creare, ceti intellettuali e politici tendono a fare tuttuno. Il problema non si pone con la stessa intensit in tutti i paesi. Una sociologia comparata dei ceti intellettuali e politici porta subito a distinguere la situazione nei diversi paesi. Mentre in Inghilterra e negli USA sono organicamente legati, in un modo o nellaltro, alla grande propriet (compresa, per quanto riguarda lAmerica, la propriet di schiavi), gli intellettuali allopera in Francia appaiono agli occhi

di Burke come i pezzenti della penna, come i Gueux plumes. Alcuni anni pi tardi, dalla Pietroburgo ancora scossa dalla rivolta contadina soffocata alcuni decenni prima e guidata da Pugacev, Maistre esprime la sua angoscia per il profilarsi allorizzonte di una figura ancora pi sinistra, quella di un Pugacev dellUniversit. Unanaloga polemica si sviluppa in Germania. Uno statista di primo piano come Stein, protagonista delle riforme che avevano fatto seguito alla disfatta di Jena, tuona contro la casta di scribacchini che, privi di propriet come sono, non esitano ad attaccare diritti antichi e tramandati. Se in Francia i pezzenti della penna sono per lo pi giornalisti, avvocati e liberi professionisti, in Germania sono soprattutto professori universitari e funzionari statali che, per dirla con Stein, ricevono il loro stipendio dalla cassa statale, e scrivono, scrivono, scrivono nel loro ufficio silenzioso e al riparo di porte ben chiuse. Comunque, anche in questo caso, netta la contrapposizione, sul piano sociologico e politico, rispetto ai proprietari e agli intellettuali proprietari. Gli intellettuali sono accusati da Burke di servirsi delle classi umili come di un corpo di Giannizzeri per assaltare la propriet, da Maistre di far corpo coi servi della gleba ribelli, da Stein di stimolare, con le loro dottrine irreligiose e eversive, il dispotismo dei proletari insorti. In tutti i tre i casi, il fatto nuovo e scandaloso lemergere di un ceto di intellettuali non legati alle classi possidenti, anzi talvolta in polemica con esse, e aperti allinflusso delle masse popolari. Per di pi -prosegue la requisitoria- questi nuovi intellettuali si caratterizzano per la tendenza allastrattezza, e ad una astrattezza eversiva, che li porta ad inseguire fantastici progetti di trasformazione e rigenerazione, pericolosi o rovinosi per lordinamento sociale esistente[1]. 2. Come rispondono a questa critica i diversi esponenti della filosofia classica tedesca, che da essa sono direttamente o indirettamente investiti? Duramente polemico nei confronti di coloro che vorrebbero ridurre

la teoria a vuota esercitazione scolastica senza alcun rapporto con la realt. Kant sdegnato per laccusa inaudita rivolta alla metafisica, alla costruzione di idee e teorie generali, di essere la causa delle rivoluzioni politiche; in realt, si pu ascrivere a merito dei metafisici il fatto che, nella loro speranza sanguigna di migliorare il mondo, essi sono pronti a fare limpossibile. Andando ben oltre, Fichte scioglie un vero e proprio inno allintellettuale, pi esattamente allintellettuale engag, che, con la sua capacit di vedere il presente e il futuro e di scandire quindi i tempi del progresso, il maestro del genere umano, anzi il sale della terra. La figura, celebrata in modo pi sobrio o pi enfatico da Kant e da Fichte, per lappunto il bersaglio dei critici dellastrattezza. Nonostante lo sdegno dei due filosofi idealisti, questa critica evidenzia un problema reale. Non c dubbio che gli intellettuali proprietari giungono allappuntamento con la crisi o col crollo dellantico regime avendo gi alle spalle una reale esperienza politica e persino di esercizio di potere politico. Negli USA i proprietari di schiavi, dalle cui file provengono gli intellettuali e gli statisti pi eminenti (per trentadue dei primi trentasei anni di vita degli USA, a detenere la presidenza sono per lappunto proprietari di schiavi), non si limitano a godere della loro ricchezza come di una specie peculiare di propriet privata accanto alle altre: esercitano al tempo stesso un potere esecutivo, legislativo e giudiziario. Considerazioni in una certa misura analoghe potrebbero essere fatte valere in relazione allInghilterra: la propriet terriera (dalla quale spesso provengono gli intellettuali liberali) ben presente nella Camera dei Lord e dei Comuni oppure, con la gentry, esprime direttamente i giudici di pace e quindi detiene il potere giudiziario. Per quanto riguarda la Prussia, gli Junker non sono solo dei proprietari terrieri, sono anche centri locali di autorit politica (per usare il linguaggio di Weber) [2]. E anche gli Junker, e la piccola nobilt da essi

influenzata, guardano con estrema diffidenza e ostilit allastrattezza ovvero, per usare il linguaggio di Stein, alla metapolitica poco pratica di scribacchini e funzionari statali. Il dibattito sul ruolo della teoria e della pratica, che si sviluppa con particolare asprezza sullonda della rivoluzione francese, al tempo stesso il conflitto politicosociale che contrappone la figura del pezzente della penna allintellettuale proprietario, attestato su posizioni liberali in paesi quali lInghilterra e gli USA e su posizioni conservatrici in paesi quali la Prussia. Come si colloca Hegel nellambito di tale dibattito? La sua presa di posizione a favore della teoria particolarmente netta. Astrazione e astratto non hanno pi un significato univocamente negativo. E qualcosa di grande e ammirevole, ad esempio, lelaborazione del concetto astratto, universale di uomo, il riconoscimento di diritti inalienabili ad un soggetto che fa astrazione dalla nazionalit, dal censo e da altre determinazioni concrete. La rivoluzione francese rappresenta un momento di svolta nella storia universale proprio per aver saputo innalzarsi allaltezza di questa astrazione. Ma una volta elaborata e affermata, nel corso di lotte gigantesche, questa astrazione entrata a far parte di un patrimonio ideale, che non facile o non pi possibile rimettere in discussione; almeno in Occidente, essa ormai divenuta seconda natura. Ed ecco che ora le parti si rovesciano. Al contrario di quello che ritengono i teorici della conservazione e della reazione, proprio nella Prussia ancora al di qua della proclamazione dei diritti delluomo, che domina lastrazione: trattato come una canaglia, il soldato semplice pu essere bastonato dal suo superiore e il servo dal suo padrone. Siamo in presenza di una forma di pensiero e comportamento astratto, in quanto essa prescinde dalla concretezza delluomo, per fissarlo in ununica astratta determinazione, quella della ricchezza o del rango sociale. Non c concretezza nel pensiero e nei rapporti sociali se non

si fa riferimento a quella comune dignit umana, che i critici della rivoluzione francese e della proclamazione di diritti delluomo non si stancano di denunciare come un concetto astratto e metafisico. Dunque, Hegel risponde alla crociata contro lintellettuale astratto bandita dai nemici della rivoluzione francese non limitandosi a ribadire i meriti della teoria, come invece fanno Kant e Fichte. Ora invece assistiamo ad una radicale problematizzazione della coppia concettuale astratto/concreto. Lastrazione non solo un procedimento ideale; pu entrare ed entra a far parte della realt sociale, assumendo uno spessore e una concretezza nuovi, sicch a rinchiudersi nellastrazione pi povera sono coloro che sognano un impossibile ritorno allo status quo ante. La problematizzazione della coppia concettuale astratto/concreto anche la sua storicizzazione. Potremmo dire che, invece di limitarsi a respingere, come fanno Kant e Fichte, la critica che gli avversari della rivoluzione francese rivolgono alla teoria astratta, Hegel si innalza ad un punto di vista metacritico. E, proprio per questo, si sforza di tener conto delle ragioni degli avversari della rivoluzione francese e della teoria astratta. S, merito soprattutto degli intellettuali spesso bollati come astratti di aver elaborato il concetto universale di uomo. Il principio delluniversalit dei principi -osserva Hegel- si afferma nel corso della rivoluzione francese con un rigore sconosciuto alla rivoluzione americana. E ci -si potrebbe aggiungere- non un caso. Il distacco dai centri locali di autorit politica e dalla grande propriet (compresa la propriet degli schiavi) rende pi agevole il processo di astrazione dalle determinazioni particolari e concrete che sfocia nellelaborazione del concetto astratto, universale di uomo. Fuori discussione sono dunque i meriti della teoria astratta e dellintellettuale astratto (e non proprietario). Epper, per poter costruire un nuovo ordinamento sociale, luniversale deve saper tornare al particolare

e al concreto, deve sapersi calare nella storia e far i conti con le resistenze, le difficolt, le tortuosit, le mediazioni, i compromessi, i dilemmi, i drammi che sono parte integrante del processo storico e dellazione politica. Di qui si devono prendere le mosse per comprendere le avventure delluniversale e dellintellettuale astratto. Un universale affermato e goduto in un rapporto di inconciliabile e insuperabile contraddizione con il particolare incapace di stimolare unazione politica efficace e suscettibile di produrre risultati duraturi. Condanna allimpotenza un ideale, un dover essere che guarda al reale e allessere solo come ad una fonte di contaminazione e snaturamento. Ignoto allintellettuale proprietario, tranquillamente avvezzo al godimento della propriet e allesercizio del potere, questo problema , invece, al centro della vita spirituale dellintellettuale non proprietario e astratto. Facilmente si accende di entusiasmo per le idee universali e i nobili ideali, nonch per i progetti politici che sembrano promettere la realizzazione di questo nuovo mondo spirituale. Senonch, dinanzi alle prime difficolt e alle prime contraddizioni, che inevitabilmente insorgono nel corso del processo di costruzione di una societ nuova, ecco che lingenuo entusiasmo si rovescia in una delusione e in un disgusto tanto pi radicali quanto pi esaltate erano state le speranze e le illusioni. Ora il mondo politico, il mondo in quanto tale si rivela irrimediabilmente mediocre e volgare. E lipocondria dellimpolitico. 3. E un fenomeno che irrompe con forza nei momenti cruciali di crisi della rivoluzione o del progetto politico di trasformazione. Questa ipocondria per un verso il risultato delloffensiva ideologica delle classi dominanti, che bollano come delirio laspirazione a costruire un diverso ordinamento politico-sociale, per un altro verso espressione del rovesciarsi della saccenteria del dover essere in una delusione impotente e paga della propria impotenza. Alla crisi degli entusiasmi precedentemente suscitati

dalla rivoluzione francese e ormai dileguati dinanzi allo spettacolo della volgarit edonistica e della rapacit espansionistica della Francia posttermidoriana fa eco linvocazione di Friedrich Schlegel a non dissipare fede e amore nel mondo politico.. Contemporaneo al trionfo della Restaurazione il disprezzo sconfinato che Schopenhauer riserva alla politica: mi sentirei degradato se dovessi seriamente rivolgere lapplicazione delle mie forze spirituali a una sfera ai miei occhi cos mediocre e angusta, quali le circostanze di volta in volta presenti di un determinato tempo o paese. Al fallimento della rivoluzione del 48 corrisponde lappello da Schelling rivolto ai Tedeschi ad abbandonare lalterco politico (lasciate pure che vi si accusi di essere un popolo impolitico)[3] e il trionfo di Schopenhauer (dal quale prende le mosse Nietzsche). Lodierna fortuna dellimpolitico non certo senza rapporto con le delusioni e con la crisi di rigetto che hanno fatto seguito alle speranze e agli entusiasmi suscitati da unaltra grande rivoluzione... Piuttosto che essere analizzato storicamente, quellintreccio di gigantesca emancipazione e di orrore, che caratterizza la vicenda iniziata nel 1917 (o gi nel 1789), diviene loccasione per la fuga dal terreno storico e politico e per lapprodo ad un impolitico, che pu assumere diverse configurazioni: lintimismo e ledificazione, un utopismo pago di s e sdegnoso di qualsiasi confronto con la realt, un problematicismo che tende a vedere come comunque condannato allo scacco qualsiasi progetto ambizioso di trasformazione politica[4]. Hegel il pi grande critico di questo atteggiamento forse perch lui stesso lha attraversato nel corso della sua evoluzione. Nel 1796 o 1797 egli elabora (ovvero trascrive da un altro autore rivelando comunque un interesse simpatetico) un testo, che si presenta come la celebrazione dellimpolitico: vi si parla con disdegno dellintera misera opera umana di Stato, costituzione, governo, legislazione; priva di ogni dignit e di ogni bellezza lazione politica per il

fatto che ogni Stato tratta necessariamente gli uomini liberi come rotelle di un ingranaggio meccanico; la libert e lo spirito rinviano ad una dimensione ben diversa da quella politica, dalla quale ultima dovrebbe tenersi ben lontano chiunque voglia sfuggire alla mediocrit e volgarit[5]. A questo testo (il Progetto di sistema) sembra quasi voler rispondere la Fenomenologia dello spirito: Ma come c una vuota estensione, cos c una vuota profondit [...] La forza dello spirito grande quanto la sua estrinsecazione; la sua profondit profonda soltanto in quella misura secondo la quale esso ardisca di espandersi e perdersi mentre dispiega se stesso. 4. Abbiamo detto, che la critica dellipocondria dellimpolitico il filo conduttore del pensiero politico di Hegel. Ma forse si potrebbe aggiungere che lo della filosofia di Hegel in quanto tale. Il rimprovero fondamentale che egli rivolge a Kant di stimolare, con la sua paura delloggetto per lappunto lipocondria, la malattia nazionale tedesca che gi conosciamo. Il criticismo cerca di camuffare la sua incapacit di riconoscersi nel reale e di misurarsi concretamente con esso atteggiandosi a problematicismo rigoroso e sofferto: La paura della verit potr ben occultarsi a s e agli altri dietro la finzione che lardente zelo per la verit stessa le rende difficile, anzi impossibile, trovare unaltra verit al di fuori di quella unica della vanit dessere sempre pi intelligente di qualsivoglia pensiero, provenga esso da se stesso o da altri; questa vanit che capace di render vana ogni verit per tornarsene poi in se stessa e che si pasce del suo proprio intelletto il quale, dissolvendo ogni pensiero, non sa ritrovare un contenuto, ma soltanto larido io Allaccettazione di una verit non sottoposta ad indagine critica subentra lincapacit a riconoscersi in una qualsiasi verit, che non sia quella del soggetto. Allacrisia nei confronti delloggetto subentra cos lacrisia nei confronti del soggetto, al dogmatismo delloggetto il dogmatismo del soggetto.

Siamo in presenza di un problematicismo che esibisce non solo il rigore ma anche la sofferenza, implicita in una ricerca per definizione senza sbocco e senza risultato. Ed ecco il commento sarcastico di Hegel: Ci sono molti uomini che sono infelici (unglckselig), sono cio beati (selig) nella loro infelicit (Unglck); costoro hanno il bisogno dellinfelicit, sono scontenti della felicit e criticano meglio che possono. E qui che sinnesta lipocondria dellimpolitico. La polemica contro di essa caratterizza gli anni che precedono in Germania la rivoluzione del 1848. La scoperta dello spazio, che si aperto o che si sta aprendo allazione politica, va di pari passo con lassimilazione della lezione di Hegel, il pi implacabile avversario, agli occhi di Rosenkranz, delipocondriaca vanit, che guarda con disdegno e con aria di superiorit alla realt politica. Dopo essersi manifestata, prima della rivoluzione, soprattutto come incapacit di prendere atto della novit della sfera pubblica, dopo il fallimento della rivoluzione lipocondria si manifesta come fuga piagnucolosa da uno spazio che s aperto allazione politica ma che, in questo suo aprirsi, rivela uno spessore, una resistenza e una complessit imprevista, che mettono a dura prova limpazienza e la sicumera del soggetto. E di nuovo il dogmatismo del soggetto mette in discussione e anzi in stato daccusa sempre e soltanto loggetto, la realt politica che, resistendo e sottraendosi ai nobili ideali e alle buone intenzioni del soggetto, rivela la sua irrimediabile opacit. E significativo che, nel polemizzare contro tale atteggiamento, Marx ed Engels si richiamano costantemente alla Fenomenologia dello spirito. Il primo si fa beffe di quanti finiscono oggettivamente col rappresentare con sorprendente fedelt la coscienza onesta, assumendo latteggiamento di chi, dinanzi alle difficolt della situazione oggettiva e alla mancata realizzazione di certi ideali, si preoccupa innanzi tutto di ribadire la propria interiore sincerit e di cingere laureola dellonesta intenzione. Il secondo si richiama

soprattutto alla critica hegeliana dellanima bella, incapace di trasformare il reale, dinanzi alla cui durezza si ritrae inorridita, compiangendo se medesima in quanto incompresa e misconosciuta dal mondo[6]. Marx ed Engels si richiamano in primo luogo alla Fenomenologia dello spirito. Ma la resa dei conti con lipocondria dellimpolitico gioca un ruolo importante anche nella Scienza della Logica. Proprio qui troviamo una critica particolarmente pungente della retorica del dover essere, la quale gode nel proclamare lirraggiungibilit degli ideali che pure assicura di perseguire appassionatamente. A parole afferma il dover essere degli ideali; in realt presuppone il non dover essere degli ideali cui rende omaggio: solo a partire dallaffermazione dellincolmabile abisso che sussisterebbe tra ideale e reale, il soggetto pu celebrare la propria interiore eccellenza in contrapposizione allirrimediabile volgarit e opacit che attribuisce alloggetto. 5. Oltre che su Marx e Engels, la critica hegeliana dellipocondria dellimpolitico influisce anche su Lenin. Questi, pur guardando con un certo interesse al socialismo di Feuerbach e pur ammirando il suo materialismo in generale e gli spunti di materialismo storico in particolare, non nasconde la sua ironia per latteggiamento del filosofo che, senza realmente comprendere la rivoluzione del 48, si ritira in campagna, al fine di vivere con la natura e di tenere a debita distanza tutte le rappresentazioni esaltate proprie dei rivoluzionari, che continuavano ad infuriare nelle citt[7]. In questo momento lo stesso Feuerbach risulta essere stato colpito dallipocondria dellimpolitico. Nel nome della natura e delle scienze della natura, raccomanda lindifferenza contro i partiti e i traffici politici, dichiara di non voler avere nulla a che fare con una realt politica deprimente e nauseante e ripete con Cicerone: Sunt omnia omnium miseriarum plenissima (ogni cosa colma di ogni miseria)[8]. La presenza di Hegel continua a farsi avvertire anche nel Lenin critico della frase rivoluzionaria. E un

momento in cui la Russia sovietica appena nata costretta a fronteggiare, oltre che la controrivoluzione interna, lavanzata irresistibile dellesercito della Germania di Guglielmo II. Piuttosto che subire la vergogna di scendere a patti con gli invasori, alle condizioni da essi imposte, certi esponenti del partito bolscevico si dichiarano pronti a morire assieme allo Stato alla cui fondazione avevano contribuito. Risuonano cos dichiarazioni e parole dordine che -osserva Lenin- esprimono solo sentimenti, desideri, collera, indignazione. Siamo ricondotti allipocondria, alla tendenza criticata da Hegel ad innalzarsi al di sopra del dato e del reale per attingere un mondo diverso, spirituale e meraviglioso. Accenti simili ha la requisitoria da Lenin pronunciata contro gli eroi della frase, i quali amano cullarsi in parole dordine magnifiche, attraenti, inebrianti, che non hanno nessun fondamento sotto di s[9]. In occasione di crisi drammatiche e che appaiono senza via duscita, persino allinterno di un ceto politico che intende essere totus politicus pu manifestarsi la tendenza a sostituire il gesto estetizzante allazione politica, la compiaciuta contemplazione della propria eccellenza interiore al difficile compito di misurarsi con il reale. Certo, le situazioni qui messe a confronto sono radicalmente diverse; epper, in entrambi i casi il protagonista della vicenda e il bersaglio della polemica la medesima figura sociale. Al contrario dellintellettuale proprietario e delle classi proprietarie, di solito il pezzente della penna, il Pugacev accademico non ha alcuna esperienza di gestione del potere; daltro canto, essi non intendono limitarsi ad amministrare lesistente ma aspirano a modificarlo profondamente. In questa ambizione, che pure ha la sua grandezza, implicito il rischio dellastrattezza che, in situazioni di crisi, di delusioni profonde ovvero di scelte difficili, tende a diventare ipocondria. In ogni caso, grazie anche alla mediazione di Marx ed Engels, alle spalle della critica leniniana della frase rivoluzionaria agisce

la critica hegeliana dellipocondria dellimpolitico. 6. Questa storia della fortuna di Hegel si pu comprendere agevolmente. La logica-metafisica da lui elaborata fornisce la grammatica e la sintassi del reale, e di un reale che non presenta pi zone dombra impenetrabili e inaccessibili alla ragione; a partire da ci la filosofia hegeliana elabora anche la grammatica e la sintassi del discorso politico. In che cosa consiste lazione politica? Sia lideologia direttamente impegnata nella conservazione dellesistente sia lipocondria dellimpolitico, che si diffonde in seguito alla crisi di un ambizioso progetto di trasformazione, amano spesso contrapporre al vano e irraggiungibile mutamento delle istituzioni politiche e dei rapporti sociali oggettivi il pi concreto e immediato mutamento nellinteriorit della coscienza. Per Hegel, invece, unazione politica degna di questo nome mira a intervenire in primo luogo sulle leggi, le istituzioni, i rapporti politici e sociali oggettivi. Un senso robusto della mondanit e politicit delluomo attraversa in profondit lintero sistema filosofico hegeliano. Lodierno panorama filosofico largamente caratterizzato dallipocondria dellimpolitico; non sembra trovare ascoltatori attenti il monito di Hegel, per il quale la filosofia dovrebbe guardarsi bene dal voler essere edificante. Ai suoi tempi, Kierkegaard non nascondeva il suo fastidio per questodio per ledificante che fa capolino dappertutto in Hegel[10]. Ma oggi il dominio delledificazione cos incontrastato, che si ritiene superfluo polemizzare contro quel monito. La raccolta di saggi, che qui propongo, vorrebbe provare a richiamare lattenzione su una grande lezione oggi largamente rimossa, ma forse pi che mai attuale. [1] Per quanto riguarda Burke e Maistre, cfr. D. Losurdo, Il revisionismo storico. Problemi e miti, Roma-Bari 1996, cap. II, 11. [2] Nellanalizzare i ceti intellettuali e politici negli Usa ho tenuto presenti Shearer Davis Bowman, Masters & Lords. Mid-19th Century U. S. Planters and Prussian Junkers, Oxford University Press, New York-Oxford,

1993, pp. 18-19 (al quale rinvio per quanto riguarda il confronto tra le piantagioni nel Sud degli Usa e le propriet degli Junker nella Prussia quali centri locali di autorit politica) e Edmund S. Morgan, American Slavery, American Freedom, The Ordeal of Colonial Virginia, Norton & Company, New York-London 1975, pp. 5-6 (al quale rinvio per il rapporto negli Usa tra schiavit e libert) [3] F. W. J. Schelling, Philosophie der Mythologie, in Smmtliche Werke, Stuttgart-Augsburg 1856-61, vol. XI, p. 549. [4] In tale contesto mi pare sia anche da collocare, pur con le cautele e le precisazioni che egli fa valere, il lavoro, peraltro stimolante, di R. Esposito, Categorie dellimpolitico, Il Mulino, Bologna 1988; sullintreccio tra emancipazione e orrore nel Novecento rinvio al mio Il peccato originale del Novecento, Laterza, Roma-Bari 1998 [5] Cfr; D. Losurdo, Hegel e la Germania. Filosofia e questione nazionale tra rivoluzione e reazione, Guerini-Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Milano 1997, cap. III, 4. [6] Vgl. D. Losurdo, Hegel e la libert dei moderni, Editori Riuniti, Roma 1992, cap. XI, 6. [7] V. I. Lenin, Quaderni filosofici, a cura di L. Colletti, Milano 1969 (2 ed.), pp. 35 e 51. [8] Cfr; D. Losurdo, Dai fratelli Spaventa a Gramsci. Per una storia politico-sociale della fortuna di Hegel in Italia, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Napoli 1997, cap. I, 4. [9] V. I. Lenin, Opere complete, Editori Riuniti, Roma 1955 sgg., vol. XXVII, pp. 4-6. [10] S. Kierkegaard, Diario, tr. it. dal danese a cura di Cornelio Fabro, Morcelliana, Brescia, 1948, vol. I, p. 127.

Ed. orig. in D. Losurdo (a cura di), Rivoluzione francese e filosofia classica tedesca, Urbino, QuattroVenti (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici), 1993, pp. 343-358; versione fr. in A. Tosel (a cura di), Philosophies de la Rvolution franaise. Reprsenations et interprtations, Paris, Vrin, 1984; versione ted. in M. Buhr (a cura di), Franzsische Revolution und klassische deutsche Philosophie, Berlin, Akademie, 1990, pp. 96-114; 1. Catastrofi naturali e sconvolgimenti rivoluzionari Ci proponiamo di esaminare pi che le prese di posizione specificamente politiche, le categorie concettuali con cui la filosofia classica tedesca, e pi in generale la cultura tedesca del tempo, si sforza dinquadrare e comprendere teoricamente i grandi sconvolgimenti che si verificano Oltrereno Le prime giustificazioni della Rivoluzione francese sono contrassegnate dalla sua assimilazione a una catastrofe naturale (terremoto, uragano, inondazione, ecc.). Il momento della giustificazione evidente: interrogarsi sulla legalit della Rivoluzione francese -dichiara Wieland- come chiedersi se conforme al diritto un terremoto in Calabria o un uragano in Giamaica[1]. La teoria del complotto cara alla propaganda controrivoluzionaria si rivela sprovvista di senso. Peraltro il paragone in questione permette di respingere gli attacchi contro la Rivoluzione francese, senza allarmare troppo le corti tedesche: non cera ragione di preoccuparsi in Germania dun complotto che non ha avuto luogo neppure a Parigi; la strana catastrofe naturale che si era verificata al di l del Reno non era pi inquietante delle catastrofi naturali in remote regioni del globo. Ma se questa teoria poteva rassicurare in qualche modo le corti, non era in grado di ingannare gli ideologi pi accorti della conservazione: sono i difensori della rivoluzione -dichiara Gentz, il brillante traduttore di Burke e futuro consigliere di Metternich- che la considerano come un evento scaturito dalla natura delle cose e da una indomabile necessit, sorvolando sulla questione dei suoi promotori[2]. La debolezza

dellassimilazione della rivoluzione a una catastrofe naturale era messa in luce con chiarezza. In termini analoghi si esprime Rehberg, alto funzionario dellHannover. La risposta che a questultimo fornisce Fichte non priva di imbarazzo: Rehberg non vuole che si paragonino le rivoluzioni coi fenomeni della natura. Col suo permesso, in quanto fenomeni, cio considerate non in base ai loro principii morali ma ai loro effetti nel mondo sensibile, le rivoluzioni stanno senza dubbio unicamente sotto le leggi della natura[3]. Ma proprio dei principii morali che intendevano discutere i teorici della reazione! Si assiste ad un paradosso: a ridimensionare il ruolo delle categorie morali, a richiamarsi alloggettivit del processo naturale sono i difensori della Rivoluzione francese che, in Germania, in buona parte si nutrono della filosofia kantiana. Non si deve credere che lassimilazione della rivoluzione ad una catastrofe naturale risponda esclusivamente ad unesigenza di accomodamento e di prudenza dinanzi al potere: gioca invece un ruolo molto importante la difficolt a concettualizzare gli avvenimenti senza precedenti che si andavano svolgendo in Francia. Agli occhi della pubblicistica conservatrice e reazionaria, la Rivoluzione francese commette soprattutto il crimine di stravolgere le leggi della natura: bisogna invece -dichiara Burke- che sia assolutamente rispettato il metodo della natura, anzi -incalza Gentz con la sua traduzione- il divino metodo della natura, smascherando gli apostoli delluguaglianza che mirano a rovesciare lordine naturale delle cose[4]. Ebbene, se i teorici della reazione si richiamano alla natura per consacrare la teoria della gradualit, sul versante opposto si risponde a tale celebrazione facendo notare che anche sconvolgimenti e catastrofi rientrano nel processo naturale. I giacobini tedeschi non oltrepassano questo quadro concettuale, anche se vivono a Magonza sotto la protezione dellesercito francese. Il vulcano della Francia potrebbe salvare la Germania dal terremoto[5]: in queste parole di Forster traspare chiaramente lappello alle corti tedesche perch intraprendano le necessarie riforme se vogliono davvero evitare gli sconvolgimenti della rivoluzione. Viene

indirettamente toccato il tema della responsabilit del potere dominante nello scopio di conflitti violenti. Ma qui interviene unulteriore difficolt: limmagine della catastrofe naturale, tacendo il momento della soggettivit, se assolve gli intellettuali progressisti dinanzi al potere dominante dallaccusa di complotto, non in grado di mettere in stato daccusa, in modo pienamente persuasivo, il potere dominante dinanzi allopinione pubblica. Kant invita le corti tedesche a non lasciare inascoltato il grido della natura risuonante negli sconvolgimenti dOltrereno[6]: Forster, lettore ed estimatore del grande filosofo, celebra nella Rivoluzione francese unopera della giustizia della natura[7]: ed ecco che il paragone naturalistico, che assolve dallaccusa del complotto i promotori della rivoluzione, si carica di significati morali per esprimere un giudizio di condanna o per esercitare pressioni sulle corti. Non facile connettere i due aspetti in un medesimo paragone. Le rivoluzioni politiche -dichiara Wieland- sono effetti di cause naturali, e nella maggior parte dei casi si verificano in base ad una legge naturale cos necessaria che un conoscitore e un fine osservatore delle cose umane potrebbe prevedere quasi con certezza dove e quando si deve verificare qualcosa di simile. Basta studiare le condizioni della Francia prima del 1789 per rendersi conto che lo sconvolgimento verificatosi non altro che leffetto irresistibile di cause precedenti[8]. E un tema elaborato con maggiore chiarezza da Fichte ricorrendo allimmagine dellinondazione: quando si impedisce il progresso dello spirito umano, molto probabile che si verifichi uno sconvolgimento; succede come quando il corso della natura, che si vuol ritardare, irrompe violentemente e distrugge tutto ci che si trova sul suo cammino e allora lumanit si vendica dei suoi oppressori nel modo pi spietato e le rivoluzioni divengono necessarie. Di qui lappello ai governanti tedeschi a spalancare le dighe prima che sia troppo tardi[9]. Come si vede, il momento della soggetivit viene evocato, ma solo in riferimento alle responsabilit della classe dominante: il movimento rivoluzionario invece assimilato ad un fiume che, una volta interrotto nel suo corso naturale, inonda con violenza la campagna

circostante. 2. Oggettivit e soggettivit nel processo rivoluzionario Ma non per questo sono risolti tutti gli inconvenienti. Elaborato sino al limite del virtuosismo, il paragone con una catastrofe naturale poteva anche riuscire a condannare il potere dominante in Germania, assolvendo intellettuali francesi e tedeschi dallaccusa di complotto, ma in nessun caso era in grado di fondare un giudizio compiutamente positivo della Rivoluzione francese; una catastrofe era pur sempre una catastrofe. Per sottolineare le molteplici conseguenze negative che sono linevitabile conseguenza di ogni rivoluzione politica, Wilhelm von Humboldt fa notare che il tranquillo germogliare del seme nella terra sempre pi fruttuoso delle eruzioni vulcaniche inevitabilmente accompagnate da lutti e da rovine[10]. Probabilmente a Humboldt risponde Fichte allorch osserva che in quelle catastrofi naturali che sono le rivoluzioni politiche non si deve vedere soltanto lelemento della distruzione; c un ordine provvidenziale che dai rottami della devastazione riedifica nuovi mondi e dalla putredine del disfacimento fa sorgere nuovi corpi viventi; che fa prosperare fiorenti vigneti sulle rovine di antichi vulcani; che fa s che gli uomini abitino, vivano e si rallegrino sopra le tombe[11]. Dunque, la rivoluzione una catastrofe naturale che al tempo stesso rende pi feconda la terra che sconvolge, ma sempre in base ad una dinamica meramente oggettiva. Si possono tuttavia sorprendere delle esitazioni in Fichte. Alcuni anni pi tardi, pur continuando ad affermare leffetto liberatorio e lineluttabilit della rivoluzione allorch loppressione ha colmato ogni misura, divenendo insopportabile, e gli oppressi recuperano in virt della disperazione lenergia precedentemente smarrita, La missione delluomo vede e denuncia nelle catastrofi naturali il caos selvaggio della morte e della distruzione; per di pi inondazioni, uragani e vulcani in eruzione sono la negazione delle pi profonde esigenze morali delluomo[12]. Il paragone della rivoluzione con una catastrofe naturale non pi in grado di esprimere il positivo che contenuto nella rivoluzione. Alle

devastazioni prive di senso delle catastrofi naturali si possono semmai assimilare le guerre incessanti che fanno a loro volta dubitare dellordinamento morale del mondo e della missione delluomo[13]. Ancora nel 1798, Friedrich Schlegel, in quel momento fervente repubblicano, aveva notato che, secondo labituale punto di vista la Rivoluzione francese era da considerare come un terremoto pressocch universale, unimmensa inondazione politica[14]. Ma, a due anni di distanza, dal testo di Fichte emerge che la metafora naturalistica ha ormai esaurito la funzione svolta a gustificazione della Rivoluzione francese e degli sconvolgimenti rivoluzionari in genere. Si assiste anzi ad un rovesciamento del suo significato politico: nel 1820, in occasione della rivoluzione in Spagna, sar lo stesso Metternich a denunciare linondazione o la nuova eruzione vulcanica, in un momento in cui la Francia e i paesi circostanti erano ancora ricoperti dalla lava della prima rivoluzione[15]. Non era casuale che finisse col caricarsi di un significato politico di segno conservatore o reazionario lassimilazione della natura alla storia. Sulla validit di questa assimilazione esprime forti e motivati dubbi gi nel 1795 Jean Paul. Questultimo, per un verso riprende il paragone in molteplici varianti: come i lampi scaturiscono dalla vicinanza della bassa e dellalta marea delletere e le tempeste dalla distribuzione disuguale dellaria, cos in campo politico le accentuate disuguaglianze provocano infelicit e tempeste; ma, daltro canto, proprio a causa delle terribili disuguaglianze, solo una tempesta universale in tutti gli angoli della terra potrebbe concludersi con un bello stabile. Fino a quel momento le tempeste sono destinate a continuare. Per un altro verso, per, proprio Jean Paul a mettere in guardia in termini espliciti: Non bisognerebbe mai accostare troppo le une alle altre le rivoluzioni morali e quelle fisische. Lintera natura non ha movimenti diversi da quelli precedenti, la sua traiettoria il circolo [...]; solo luomo suscettibile di mutamento, secondo una linea retta o a zig-zag. In conclusione, nessun uomo, nessun popolo, nessuna epoca risorge; nella fisica invece tutto deve ritornare[16]. Sono accenti e temi che fanno pensare alle Lezioni sulla

filosofia della storia. Jean Paul un autore noto ad Hegel fin dai tempi di Fede e sapere che, inoltre, occupandosi approfonditamente della Missione delluomo, pu constatare labbandono gi da parte di Fichte dellassimilazione della rivoluzione ad una catastrofe naturale[17]. 3. Jacqueries, rivoluzioni e produzione del nuovo Il paragone tra catastrofe naturale e sconvolgimento politico lo ritroviamo in Hegel, ma con un significato del tutto diverso. Secondo la Realphilosophie jenense, sono i contadini che, vivendo nella passivit e da sempre abituati a subire tasse e tutto ci che emana da unautorit consolidata, allorch si ribellano, producono leffetto di uninondazione capace solamente di distruggere, o al pi di depositare una melma genericamente feconda per i successivi sviluppi storici[18]. Limmagine delinondazione cara al primo Fichte pu gettare luce sulla natura delle jacqueries, ma non sulla natura di una vera rivoluzione politica. Lassimilazione di avvenimenti storici a sconvolgimenti naturali comporta in Hegel una connotazione negativa: sta ad indicare tentativi forse generosi, ma tumultuosi e in ultima analisi scarsamente concludenti. Cos si esprimono le Lezioni sulla storia della filosofia a proposito dei filosofi rinascimentali: Queste notevoli apparizioni richiamano alla mente il dissolvimento, il terremoto e le eruzioni di un vulcano, che si era formato nellinterno e dava vita a nuove creazioni, per ancora selvagge e irregolari. A Cardano, Bruno, Vanini, Campanella va riconosciuta soggettiva energia dello spirito e tuttavia la loro ribellione contro lesistenza di fatto caratterizzata da confusione e intima incoerenza. Solamente una rivolta che non riesce a produrre realmente del nuovo pu essere assimilata a una catastrofe naturale; bench questi filosofi siano per la maggior parte posteriori alla Riforma, essi appartengono ancora al Medioevo. Al contrario la Riforma, che costituisce la prima reale rottura del Medioevo una grande rivoluzione, e proprio per questo non viene paragonata ad un semplice sconvolgimento naturale[19].

Perch ci sia rivoluzione -spiega la Fenomenologia quasi ad apertura del capitolo su La libert assoluta e il Terrore- necessario uno sconvolgimento reale della realt. Lespressione pu sembrare ridondante ma serve a sottolineare lassoluta necessit del nuovo. A partire da questo risultato, lassimilazione della rivoluzione ad una catastrofe naturale priva di senso: nel mondo naturale non c realmente produzione del nuovo, dato che il mutamento fondamentalmente ciclico, e dunque si configura come la ripetizione dellidentico[20]. Le Lezioni sulla filosofia della storia, nel celebrare la Rivoluzione francese, oppongono la permanente stabilit del mondo naturale allenorme novit rappresentata da questo avvenimento storico: Da che il sole splende nel firmamento e i pianeti girano attorno ad esso, non si era ancora visto [...][21]. La rivoluzione politica non dunque una semplice convulsione violenta. Per comprenderla in modo adequato, necessario tenere presente anche il momento della soggettivit. E su questo momento Hegel insiste vigorosamente: Le grandi rivoluzioni che balzano agli occhi sono necessariamente precedute da una rivoluzione silenziosa, segreta, nello spirito dellepoca[22]; secondo lEnciclopedia ( 246 Z), nel mondo e nelle scienze le rivoluzioni derivano dal fatto che lo spirito ha mutato le proprie categorie; s, la rivoluzione francese ha avuto la sua genesi e il suo inizio nel pensiero, nella filosofia[23]. 4. Gradualit e salto qualitativo Non siamo in presenza di una valutazione idealistica; la novit della formulazione hegeliana investe la visione del processo storico nel suo complesso. La categoria della gradualit domina la concezione kantiana del progresso: la libert si estende gradualmente (allmhlich); anche se interrotto da intervalli di follia o di oscurantismo; lilluminismo si produce gradualmente (allmhlich), la stessa guerra viene gradualmente (allmhlich) sentita come intollerabile. In conclusione, la storia avanza a passo lento, ma infallibile verso il progresso: lilluminismo deve necessariamente, a poco a poco (muss nach und nach),

elevarsi fino ai troni ed esercitare uninfluenza sugli stessi orientamenti del governo[24]. A fondamento di questa centralit della categoria della gradualit c una legge metafisica della continuit (lex continuitatis metaphysica), che Kant formula in questi termini: Tutti i mutamenti (mutationes) sono costanti o fluidi, e cio stati opposti seguono luno allaltro solo mediante una serie intermedia di stati diversi[25]. Neppure lo scoppio della Rivoluzione francese modifica sostanzialmente questa visione della storia e del mutamento. Ci che avvenuto in Francia dimostra la tendenza del genere umano al progresso, che peraltro continua ancora ad essere concepito in termini evoluzionistici. Il progresso non assicurer una qualit sempre crescente della moralit ma unestensione pur sempre quantitativa della legalit. E cos, gradualmente (allmhlich) diminuir il ricorso dei potenti alla violenza e crescer il rispetto delle leggi, ci sar un po pi di beneficenza [...][26]. Lo schema evoluzionistico cade in crisi con Fichte che dunque per primo si sforza di assimilare sul piano teorico la grande esperienza rappresentata dalla Rivoluzione francese: lo sviluppo storico procede, o con salti violenti o con und progresso graduale, lento, sicuro (entweder durch gewaltsame Sprnge oder durch allmhliches, langsames, aber sicheres Fortschreiten). Sia pure a costo di sacrifici, s momentanei, ma comunque gravi e dolorosi, a violenti sbalzi, con grandi scuotimenti e sconvolgimenti politici (durch Sprnge, durch gewaltsame Staatserschtterungen und Umwlzungen) un popolo pu in un mezzo secolo avanzare pi che non avrebbe fatto in dieci secoli. Eppure, accanto a questa visione che riflette teoricamente i colossali sconvolgimenti verificatisi in Francia, continua a sopravvivere lo schema illuminisitico del procedere gradualmente verso un sempre maggior progresso dei lumi (allmhliches Fortschreiten zur greren Aufklrung) e cos verso il miglioramento della costituzione politica. A illustrazione di questo schema viene adottato lesempio della Germania: vero che i lineamenti gotici delledificio sono ancora visibili quasi da ogni parte, e i nuovi edifici di completamento sono ancora ben lungi dal comporre con quello un tutto ben organico, ma almeno ci

sono, e cominciano a venir abitati; e li antichi castelli da briganti cadono in rovina. Questi, se non sar disturbata lopera nostra, verranno sempre pi (immermehr) abbandonati dagli uomini e lasciati come abitazione alle civette e ai pipistrelli, che aborriscono la luce; i nuovi edifici si ingrandiranno e finiranno per comporsi a poco a poco (allmhlich) in un tutto sempre pi regolare[27]. Non tanto importante il fatto che Fichte dichiari la sua preferenza per levoluzione graduale (la cosa vale evidentemente in misura ancora maggiore per Hegel); in questa sede ci interessa analizzare soprattutto la visione complessiva della storia. Per Fichte gli sconvolgimenti si verificano quando il corso della natura, che si vuol ritardare, irrompe violentemente e distrugge tutto ci che si trova sul suo cammino. E particolarmente significativa limmagine del fiume: lo scorrere lento e tranquillo delle sue acque configura il corso ordinario delle cose, dello sviluppo storico; solo il tentativo di ostacolarle e bloccarle che provoca linondazione. Non per lintreccio e lo sviluppo di contraddizioni oggettive si verificano gli sconvolgimenti della rivoluzione, ma per lintervento dellartificiale (la cecit e la sete di dominio dei despoti) che pretende invano di opporsi a quel progressivo diffondersi dei lumi che la natura, la quale ultima fa sentire allora la sua inesorabile vendetta. Lo schema evoluzionistico si logorato ed entrato on crisi, come dimostra lemergere di una nuova categoria, quella del salto, e tuttavia lesperienza storica della Rivoluzione francese non ha ancora maturato una nuova visione complessiva dello sviluppo storico. Ci avviene soltanto in Hegel: nella sua Logica, com noto, quella del salto qualitativo una categoria centrale. Linterrompersi della gradualit non ha caratterizzato solo la Rivoluzione francese. Prendendo spunto dalla Riforma, le Lezioni sulla storia della filosofia affermano: Pare quasi che in questi tempi lo spirito, che sino allora aveva proceduto a passo di lumaca nel suo svolgimento, aveva anzi retroceduto e sera allontanato da s, calzi gli stivali delle sette leghe. In altri casi limmagine della lumaca sostituita da quella della talpa (unimmagine questultima,

com noto, cara a Marx). ma vediamo il testo di Hegel. Dopo aver lavorato come una talpa, lo spirito riesce finalmente a scuotere la crosta terrestre che lo separava dal suo sole, dal suo concetto. Ed ecco allora, nei periodi in cui la crosta, edificio senzanima e tarlato, crolla, e lo spirito assume laspetto di una nuova giovinezza, esso calza gli stivali delle sette leghe[28]. Il mutamento storico ha ora subto una brusca accelerazione, il lento lavorio della talpa, che lentamente ha corroso le fondamenta dellordine esistente, ha costituito il presupposto dei radicali sconvolgimenti. significativo che il tema della talpa ritorna in Hegel, nellappunto manoscritto preparato per lultima lezione di filosofia del diritto, per spiegare lo scoppio della Rivoluzione di Luglio dopo i lunghi anni di apparente immobilismo della Restaurazione[29]. Persino quando Hegel parla di lentezza (Langsamkeit) o di pazienza (Geduld) dello spirito universale, non scade mai in una concezione evoluzionistica: si tratta di metafore che indicano non il carattere indolore ma, al contrario, complesso e contraddittorio del processo storico, la sua trascendenza rispetto ai desideri e alle attese dellindividuo, la sua imprevidibile tortuosit. Il cammino dello spirito (Weg) la mediazione, il percorso pi lungo (Umweg). La storia procede non in linea retta ma a zig-zag, attraverso contraddizioni e lotte che si sviluppano incessantemente: E un processo (Fortgang) non nel tempo vuoto, ma infinitamente riempito e denso di lotte, non un mero processo nei concetti astratti del puro pensiero, ma che avanza a tale livello solo in quanto avanza in tutta la sua vita concreta. E un punto sui cui Hegel insiste vigorosamente: levoluzione spirituale non un semplice movimento nel medio privo di resistenza dello spazio e del tempo, ma lavoro, attivit contro lesistente dato (gegen ein Vorhandenes) e sua trasformazione. La lentezza (Langsamkeit) dunque una metafora per indicare non la gradualit indolore, ma la complessit drammatica del processo storico; essa accentuata dagli apparenti regressi (Rckschritte), dai tempi di barbarie. Per dare unidea della lentezza dellenorme dispendio e lavoro dello spirito, Hegel fa lesempio della libert. E ormai un dato di fatto acquisito che la libert compete alluomo in quanto

tale, ma questo risultato presuppone gli sconvolgimenti pi colossali (ungeheuerste Umwlzungen); non solo si tratta di un risultato storico, ma di un risultato alquanto recente, e che per affermarsi ha dovuto attraversare lotte gigantesche e un processo tortuoso e contraddittorio[30]. 5. Rivoluzione e contraddizione oggettiva Ma non solo la categoria del salto qualitativo a rinviare allesperienza storica della rivoluzione. Ancora pi importante la categoria della contraddizione. La Rivoluzione francese era stata particolarmente istruttiva: la vittoria conseguita sullassolutismo monarchico e la reazione feudale aveva significato non il raggiungimento della stabilit, ma lo sviluppo di nuove e pi drammatiche lotte; ad ogni tappa del processo rivoluzionario erano insorte nuove lacerazioni nel partito che pure aveva sconfitto unitariamente - cos almeno sembrava- i suoi nemici. Era un fatto che si prestava a considerazioni moralistiche e ad interpretazioni del tipo: La rivoluzione divora i propri figli come Saturno. Sono le parole che pi tardi Bchner metter in bocca a Danton su cui gi si proietta lombra minacciosa della condanna a morte che stanno per infliggergli i suoi ex-compagni di lotta; ma un motivo largamente ricorrente nella propaganda controrivoluzionaria, e, infatti, esattamente negli stessi termini si esprime Gentz, consigliere di Metternich, in una lettera ad Adam Mller, uno degli ideologi della Restaurazione[31]. Ma, sul versante opposto, si presenta inficiata di moralismo sempre nel testo di Bchner la spiegazione che Robespierre fornisce delle lotte incessanti e incessantemente rinnovantesi nel campo rivoluzionario: tali lotte sono provocate da traditori o da seguaci camuffati del dispotismo[32]. Ecco invece cosa scrive la Fenomenologia: Un partito si comprova come vincitore solo perch si scinde in due partiti; e cos mostra di possedere in s stesso il principio che prima combatteva, e di aver quindi tolta (aufgehoben) lunilateralit nella quale prima sorgeva. Linteresse che si divideva tra lui e laltro, cade ora interamente in lui, e dimentica laltro partito, dacch

proprio in lui stesso [cio nel partito vincitore] trova lantitesi (Gegensatz) che lo tiene occupato. Ma in pari tempo essa [lantitesi] stata innalzata nel superiore, vittorioso elemento, dove si presenta purificata. Cosicch dunque la scissione (Zwietracht) sorgente nelluno dei partiti, pur sembrando una disgrazia, indica soltanto la sua fortuna[33]. Pur nella persistente ambiguit della categoria dellAufhebung, che anche qui fa capolino, il punto centrale tuttavia chiaramente la visione della storia come sviluppo ininterrotto di contraddizioni. La categoria della contraddizione vien fatta intervenire per spiegare lo scoppio della rivoluzione. Si tratta innanzi tutto di tener presente tutta questa contraddizione (Widerspruch) che dominava lesistenza, e che aveva discreditato e reso odioso le istituzioni dinanzi alla massa del popolo. Hegel descrive con grande efficacia limplacabile dialettica oggettiva per cui diventa inevitabile lo scontro violento. Respingendo implicitamente la tesi del complotto, Hegel osserva che gli illuministi e gli intellettuali dopposizione non pensarono ad una rivoluzione; essi si limitarono a desiderare e chiedere miglioramenti, o meglio quelli che loro sembravano tali [...]. Quei filosofi non potevano avere che unidea generale di quel che si doveva fare, non potevano tracciare essi il modo in cui farlo. Al governo sarebbe spettato promuovere nuove istituzioni e provvedere a concreti miglioramenti, ma esso non lo seppe fare[34]. Hegel si chiede anche il perch delle mancate riforme e individua la causa nelle contraddizioni oggettive che attraversavano la stessa classe dominante. Nellanalisi concreta delle Lezioni sulla storia della filosofia, la dialettica hegeliana non poi, come avrebbe detto Althusser, agli antipodi della contradiction surdetermine. In Francia la riforma non fu intrapresa dal governo, perch corte, clero, nobilt, parlamento non volevano cedere i loro privilegi n per forza n in nome del diritto sussistente in s e per s. Profonde trasformazioni erano necessarie, ma erano bloccate dalla resistenza e dalle contraddizioni della classe dominante: a questo punto che il mutamento diventa necessariamente violento[35]. Proviamo ora a rileggere la Logica:

Lastratta identit con s non ancora vitalit, ma perch il positivo in se stesso la negativit, perci esso esce fuori di s ed entra nel mutamento. Qualcosa dunque vitale solo in quanto contiene in s la contraddizione ed propriamente questa forza, di comprendere e sostenere in s la contraddizione. Quando invece un esistente non pu nella sua determinazione positiva estendersi fino ad abbracciare in s in pari tempo la determinazione negativa e tener ferma luna nellaltra, non pu cio avere in lui stesso la contraddizione, allora esso non lunit vivente stessa, non fondamento o principio, ma soccombe nella contraddizione[36]. Quando un ordinamento politico-sociale non riesce a controllare e a incanalare linsopprimibile spinta al mutamento, quando non riesce a padroneggiare la negativit che circola inevitabilmente nelle sue stesse strutture, allora condannato ad essere spazzato via. Contro lipocrisia, il bacchettonismo, la tirannide, che gridavano allo scandalo per la carica eversiva contenuta nellilluminismo, Hegel osserva che necessario render giustizia anche al lato negativo, diversamente non si comprenderebbe nulla della reale situazione storica[37]. Ma un significato non molto diverso ha losservazione contenuta nella Logica, ad un livello pi alto di generalizzazione, secondo cui compito del pensiero in primo luogo quello di cogliere le contraddizioni realmente esistenti[38]. Hegel individua dunque la genesi della rivoluzione in un complesso, in un intreccio di contraddizioni, e la decisiva importanza della Logica nellaver fornito gli strumenti concettuali indispensabili per la comprensione di tale fatto: gli sconvolgimenti violenti che spazzano via il vecchio mondo feudale, e, pi in generale un ordinamento ormai decrepito e intollerabile, non sono il risultato di un complotto e di subdole manovre, come affermavano i teorici della controrivoluzione, ma non sono neppure il risultato della ribellione, dellindignazione della coscienza morale contro un ordinamento considerato contrario ai diritti naturali delluomo, come facevano o tendevano a fare non solo i teorici, ma gli stessi protagonisti della Rivoluzione francese.

Ma di grande rilievo soprattutto la categoria del negativo. Hegel celebra limmane potenza del negativo[39] e la negativit costituisce una categoria centrale della logica, la cui genesi o la cui centralit non pu essere adeguatamente compresa se non si tiene presente lesperienza alle sue spalle della Rivoluzione francese, il momento storico pi alto e pi drammatico della negativit. Hegel descrive il terrore per lappunto come il trionfo della negativit che ha penetrato tutti i momenti delloggetto, cio dellordinamento sociale e politico esistente[40]; la sua tragedia nellincapacit di costruire una nuova positivit. Resta comunque il fatto che la categoria della negativit modellata sul fondamento dellesperienza storica della Rivoluzione francese e del Terrore giacobino. A partire da questo momento, ogni visione della storia che ignori la seriet, il dolore, la pazienza e il lavoro del negativo scade nelledificazione e persino nellinsipienza; non quella vita che inorridisce dinanzi alla morte, schiva della distruzione; anzi quella che sopporta la morte ed in essa si mantiene, la vita dello spirito. Esso guadagna la sua verit solo a patto di ritrovare s nellassoluta lacerazione (Zerrissenheit)[41]. Ma ancora pi importante il fatto che, per Hegel, la negativit non solo unattivit del soggetto, ma insita in primo luogo nella stessa oggettivit. Se il negativo appare come ineguaglianza dellIo verso loggetto, esso pure lineguaglianza della sostanza verso se stessa. Ci che sembra prodursi fuori di lei, ed essere unattivit contro di lei, il proprio operare, ed essa mostra di essere essenzialmente Soggetto[42]. Per cui le stesse trasformazioni politico-sociali non sono il risultato di un progetto meramente soggettivo: il mutamento (Vernderung) -dichiara la Propedeutica- posto dalla disuguaglianza di s con se stesso, cio dalle contraddizioni oggettivamente presenti nel reale; dunque la negazione del negativo che il qualcosa (Etwas) ha in s[43]. Ma ancora una volta chiaro che la formula logica scaturita da unesperienza storica reale. Parlando dellindirizzo negativo assunto in Francia dallilluminismo, Hegel scrive che questo non fece altro che distruggere quel chera gi in se stesso distrutto, ch le

antiche istituzioni [...] non corrispondevano pi allo spirito che le aveva fatto sorgere[44]. La vecchia societ feudale e la sua ideologia erano ormai divenute un positivo ossificato, un positivo che era il negativo della ragione, e che quindi era sentito e costituiva realmente unintollerabile violenza. Loppressione spinse allindagine; lo sbocco rivoluzionario era inevitabile: Il pensiero divenuto violenza l dove esso aveva di fronte il positivo come violenza[45] Anche il processo di radicalizzazione della Rivoluzione e il crollo della prima costituzione basata sulla monarchia costituzionale viene spiegato prendendo in esame la dialettica oggettiva: Questa costituzione fu immediatamente una contraddizione (Widerspruch) intrinseca [...]. Qui doveva quindi intervenire la collisione (Kollision) della volont soggettiva, e pi tardi manifestarsi lopposizione (Gegensatz) del convincimento[46]. E vero, nella Grande Logica, alla categoria della contraddizione fa seguito quella del fondamento. Ma, a questo proposito, lEnciclopedia chiarisce in modo esplicito: Il fondamento, che dapprima ci risultato essere il superamento della contraddizione, si manifesta quindi come una nuova contraddizione ( 121 Z). Hegel riesce a conservare questa lucida visione dello sviluppo storico dinanzi ad avvenimenti che lo lasciano, almeno inizialmente, diffidente se non ostile. La Rivoluzione di Luglio viene spiegata con linsorgere di una nuova scissione che spacca le forze che avevano realizzato il compromesso del 1814-15, compromesso sfociato nella concessione da parte del sovrano di una costituzione octroye. Tra quelle forze esistevano gi profonde contraddizioni: Infatti, pur essendo la Charte linsegna di tutti, e pur avendola giurata entrambe le parti, tuttavia da uno dei due lati il convincimento era cattolico, e ci si faceva un dovere di coscienza di sovvertire le istituzioni esistenti[47]. La contraddizione prima latente esplode, di nuovo luno si divide in due, e si verifica un nuovo sconvolgimento rivoluzionario, un nuovo salto qualitativo. Hegel che abbiamo visto, nel sottolineare il momento della soggettivit nel processo rivoluzionario, rifiutare limmagine della catastrofe naturale, ora, per sottolineare

il peso delle contraddizioni oggettive, ricorre a sua volta ad una significativa immagine: allorch c il dato di fatto della maturit della rivoluzione (Reife zur Revolution), lo scoppio della rivoluzione appare come unaccidentalit, ma in realt come una scintilla che cade sulla polvere da sparo[48], e cio su un materiale incendiario, su un intreccio di contraddizioni pronto ad esplodere. In termini analoghi si esprime pi tardi la Filosofia del diritto: Una scintilla gettata su un mucchio di polvere da sparo costituisce un pericolo ben diverso di quando cade su un terreno sodo dove essa si perde senza lasciar traccia ( 319 A). Si visto che la Riforma costituisce agli occhi di Hegel una grande rivoluzione. Ebbene come spiegare questo evento? Sarebbe assurdo ricondurlo alliniziativa di un individuo, come qui, ad es., a Lutero: i grandi individui sono produzioni del tempo stesso. A spiegare levento rivoluzionario non basta neppure un fatto accidentale, si tratti pure del traffico delle indulgenze. Infatti, dal punto di vista complessivo loccasione indifferente: quando la cosa in s e per s necessaria, e lo spirito in s pronto, essa pu manifestarsi tanto in un modo quanto nellaltro[49]. Leggiamo ora nella Logica: Quando si hanno compiutamente tutte le condizioni di una cosa, la cosa entra nella realt. Ma la possibilit di una cosa non , come nella tradizione, la sua pensabilit logica, la sua interna non-contraddittoriet, bens una molteplicit di condizioni, dove la contraddizione si lascia facilmente scoprire, solo che non si tratta di una contraddizione del confrontare, ma di una contraddizione oggettiva[50]. Il passaggio dalla possibilit alla realt -e ancora una volta Hegel pensa alla Rivoluzione francese e ai grandi sconvolgimenti storici- mediato dallaccumulazione di contraddizioni in una sorta di barile di polvere, la cui esplosione pu apparire accidentale solo allo sguardo superficiale. 6. Rivoluzione e malattia Ma per meglio comprendere come le categorie della Logica

concettualizzino lesperienza storica della Rivoluzione francese, bene prendere le mosse da unaltra immagine in voga in Germania per designare gli sconvolgimenti che si andavano verificando Oltrereno. Si tratta dellimmagine della malattia che risale a Rousseau (Il contratto sociale, II, 8) e che, per quanto riguarda la Germania, troviamo in Einsiedel, nellallora giacobino Grres (che parla addirittura di vaiolo), soprattutto nel giacobino Forster: Lo Stato che scosso dalle rivoluzioni assomiglia a un ammalato febbricitante: una robusta forza vitale conduce la lotta contro lelemento estraneo chessa deve espellere o a cui deve soccombere: crisi salutari e furiose si succedono lun laltra, finch la natura pi forte ha il deciso sopravvento oppure lorganismo disgregato diventa preda della morte e della decomposizione[51]. Pur giustificando la Rivoluzione francese, questa visione rischiava di far apparire la negativit come proveniente dal di fuori, come un elemento estraneo. E non a caso, come quella della catastrofe naturale, anche la metafora della malattia, opportunamente modificata e con decisa accentuazione del suo carattere di estraneit rispetto allorganismo, trova poi notevole diffusione tra la pubblicistica reazionaria: di malattia politica e di contagioso malanno dei popoli parla il tardo Friedrich Schlegel nel corso delle sue lezioni viennesi di Filosofia della storia e, pi sbrigativamente, di peste o di cancro parla Metternich in persona[52]. Comunque, sempre per quanto riguarda gli ambienti rivoluzionari, la metafora della malattia la ritroviamo anche in Einsiedel: Le cose politiche hanno un andamento analogo a quelle fisiche. Per un certo tempo si pu arrestare il corso della natura e turbarlo con mezzi che lo rallentano; alla fine per, se non si capaci di eliminare le cause del male, la malattia esplode. Lo stesso avviene nelle rivoluzioni religiose e politiche [...][53]. Almeno Forster era un autore ben noto a Hegel[54]. Si pu ora meglio comprendere la polemica della Logica contro quella concezione che considera la contraddizione, sia nella realt, sia nella riflessione pensante, come unaccidentalit, quasi unanomalia e un transitorio parossismo morboso. Per Hegel, la contraddizione, lungi dal

costituire unanomalia che si mostri qua e l, , invece, il negativo della sua determinazione essenziale, il principio di ogni muoversi, muoversi che non consiste se non in un esplicarsi e mostrarsi della contraddizione[55]. 7. Rivoluzione, illuminismo francese e filosofia classica tedesca E lo stesso Hegel a mettere in evidenza il legame tra la sua logica e la riflessione sulla Rivoluzione francese: la Prefazione alla prima edizione, che porta la data del 1812, scrive: Lo spirito nuovo, che sorto per la scienza non meno che per la realt, nella logica non si fatto ancora sentire. Si tratta di costruire una logica allaltezza del generale mutamento (allgemeine Vernderung), della completa trasformazione (gnzliche Vernderung) che si prodotta da circa venticinque anni[56]. E la stessa datazione cui il filosofo fa ricorso a Heidelberg, per indicare ci che ebbe inizio, venticinque anni fa, in un regno confinante, e che allora suscit grande eco in tutti gli spiriti, per indicare cio la Rivoluzione francese, quellavvenimento decisivo che segna il punto di partenza di questi ultimi venticinque anni fra i pi ricchi ed istruttivi della storia universale[57]. La Logica intende appunto essere la sistemazione teorica dei princpi della Rivoluzione francese, depurati sintende della loro astrattezza giacobina, e visti nella maturit conquistata nel periodo post-termidoriano. Come noto, il giovane Marx mette in rilievo il fatto enigmatico per cui un popolo abbassa la comunit politica (politisches Gemeinwesen) a semplice mezzo per la conservazione di questi cosiddetti diritti delluomo, nel momento stesso in cui fa appello allentusiasmo politico di massa per la difesa delle nuove istituzioni rivoluzionarie: la prassi rivoluzionaria in flagrante contraddizione con la sua teoria[58]. Il rilievo di Marx ha un valore ancora pi generale. Si pensi alla concezione della storia. Abbiamo visto i limiti evoluzionistici che continuano a sussistere nel pensiero degli stessi rivoluzionari tedeschi. Resta da vedere se questi limiti siano stati superati dallaltra parte del Reno.

In questa sede ci limitiamo ad accennare al girondino Condorcet, autore di un abbozzo di filosofia della storia subito tradotto e celebrato in Germania. Condorcet, che scrive il suo Esquisse mentre infuriano gli sconvolgimenti rivoluzionari, dimostra tuttavia di non essere riuscito sostanzialmente a superare una visione gradualistica dello sviluppo. Il progresso storico soggetto alle stesse leggi generali che si osservano nello sviluppo individuale delle nostre facolt, poich esso il risultato di questo sviluppo, considerato nello stesso tempo in un gran numero di individui riuniti in societ. Ma, una volta assimilata allevoluzione individuale, la storia si presenta come un continuum senza contraddizioni e senza scosse: Il risultato che ogni momento presenta dipende da quello che offrivano i momenti precedenti, e influisce su quello dei tempi che debbono seguire. Dato che il progresso dipende fondamentalmente dalla diffusione dei lumi, esso puo essere ritardato o oggettivamente ostacolato dallignoranza e dai pregiudizi, pu essere costretto ad affrontare delle lotte, e tuttavia non smarrisce mai del tutto il suo andamento fondamentalmente rettilineo. La resistenza delloscurantismo pu rendere inevitabili movimenti tremendi e rapidi ma la regola sono gli effetti lenti ma infallibili dei progressi[59]. Scrivendo nel 1793, Condorcet ovviamente non poteva fare a meno di far riferimento alla rivoluzione, ma questa interpretata come la semplice eliminazione di un ostacolo che pretende artificiosamente di imbrigliare il corso naturale delle cose. Hegel invece, che opera in un momento in cui la categoria della gradualit ormai diventata la parola dordine della pubblicistica reazionaria, costretto ad una resa dei conti con la concezione evoluzionistica della storia. NellEnciclopedia ( 258 Z) troviamo questa stupefacente dichiarazione: La gradualit lultimo superficiale rifugio per poter attribuire quiete e durata alle cose. Per il fatto che la Logica hegeliana concettualizza nelle sue categorie lesperienza storica della Grande rivoluzione, viene celebrato da Herzen come lalgebra della rivoluzione[60] e vien altres letta con partecipazione e passione da parte di Lenin. In Germania, dopo il fallimento della rivoluzione del 48, persino i fedelissimi della scuola

hegeliana prendono a criticare la Logica del maestro. Essa ha il torto di conferire eccessivo rilievo alla categoria della contraddizione; ma la contraddizione -questa in sintesi lobiezione di Rosenkranz- la ghigliottina[61]. Nata come concettualizzazione della Rivoluzione francese, la Logica hegeliana cade in crisi in Germania quando cade in crisi la stessa immagine della Rivoluzione francese, e luna e laltra divengono oggetto di condanna generale per il fatto che sembrano precludere o evocare lo spettro di unaltra rivoluzione, quella sociale. [1] C. M. Wieland, Sendschreiben an Herrn Professor Eggers in Kiel (1792), in Wielands Werke, Berlin s. d., vol. XXXIV, pp. 150-1. [2] F. von Gentz, Versuch einer Widerlegung der Apologie des Herrn Makintosh, 1793, in Ausgewhlte Schriften, a cura di W. Weick, Stuttgart und Leipzig 1836-38, vol. II, pp. 1289. [3] J. G. Fichte, Zurckforderung der Denkfreiheit von den Frsten Europas, die sie bisher unterdrckten (1793), in Fichtes Werke, a cura di I. H. Fichte (ristampa anastatica, Berlin 1971), vol. VI, p. 27, n. (tr. it. in J. G. Fichte, La rivoluzione francese, a cura di V. E. Alfieri, II. ed. Roma-Bari 1974, p. 7). [4] E. Burke, Reflections on the Revolution in France,(1790), in The Works of the Right Honourable Edmund Burke. A New Edition, London 1826, vol. V, p. 79 e p. 104; la traduzione di Gentz stata nuovamente pubblicata a cura di L. Iser con introduzione di D. Henrich, Frankfurt a. M. 1967, p. 70. [5] Lettera a Ch. F. Voss (21/12/1792), in G. Forster, Werke in vier Bnden, a cura di G. Steiner, Frankfurt a. M. 1969, vol. IV, p. 809. [6] I. Kant, Zum ewigen Frieden, in Gesammelte Schriften (ed. dellAccademia delle scienze), vol. VIII, p. 373, n. [7] G. Forster, Geschichte der englischen Literatur vom Jahre 1790, (1791), in Werke in vier Bnden, cit., vol. III, p. 326. [8] M. Wieland, Sendschreiben, cit., p. 150. [9] J. G. Fichte, Zurckforderung, cit., p. 6 (tr. it. cit., p. 7).

[10] W. von Humboldt, Ideen zu einem Versuch die Grnzen der Wirksamkeit des Staats zu bestimmen, in Gesammelte Schriften, Berlin 1903-36 (ed. dellAccademia delle scienze), vol. I, p. 101. [11] J. G. Fichte, Zurckforderung, cit., p. 27 (tr. it. cit., p. 30); le considerazioni di Humboldt sul tema rivoluzioneeruzione vulcanica, Fichte potrebbe averle lette sulla Berlinische Monatsschrift (ottobre 1792), la rivista a cui collaboravano Kant e lo stesso Fichte (maggio 1793); cfr. U. Schulz, Die Berlinische Monatsschrift (1783-1796). Eine Biographie, Hildesheim 1969. [12] J. G. Fichte, Die Bestimmung des Menschen, 1800, in Fichtes Werke, cit., vol. II, pp. 273 e 267. [13] Ivi, p. 269. [14] Athenaeum I, 1, S. 309-10. [15] Riportato in H. von Treitschke, Deutsche Geschichte im neunzehnten Jahrhundert, Leipzig 1879-1894, vol. III, pp. 153-4. [16] J. Paul, Hesperus, in Smtliche Werke, a cura di E. Berend, Weimar 1929, vol. III, pp. 384-6, passim. [17] G. W. F. Hegel, Jenaer Schriften, in Werke in zwanzig Bnden, a cura di E. Moldenhauer e K. M. Michel, Frankfurt a. M. 1969-79, vol. II, pp. 372 e 421-3. [18] G. W. F. Hegel, Jenaer Realphilosophie, a cura di J. Hoffmeister, Hamburg, 1969, p. 255. [19] G. W. F. Hegel, Vorlesungen ber die Geschichte der Philosophie, in Werke, cit., vol. XX, pp. 18, 61 e 49 (tr. it. a cura di E. Codignola e G. Sanna, Firenze 1967, vol. II, 1, pp. 208-9, 238 e 247). [20] G. W. F. Hegel, Vorlesungen ber die Philosophie der Weltgeschichte, a cura di G. Lasson, Hamburg 1968, pp. 1334 (tr. it. a cura di G. Calogero, Firenze 1963, vol. I, pp. 1546). Unaltra significativa novit possibile constatare in Hegel rispetto alla tradizione precedente. Forster ricorre al paragone naturalistico, oltre che per le rivoluzioni, anche per le guerre, assimilate a tempeste che purificano e rinfrescano laria politica (Ansichten vom Niederrhein, von Brabant, Flandern, Holland, England und Frankreich im April, Mai und Junius 1790, in Werke in vier Bnden, cit., vol. II, p.

524). Qualcosa di analogo si pu riscontrare gi in Herder: le Idee per la filosofia della storia dellumanit paragonano rivoluzioni e guerre alle onde e alle tempeste che impediscono ai fiumi e mari di trasformarsi in morta palude (in Smtliche Werke, a cura di B. Suphan, Berlin 1877-1913, ristampa Hildesheim 1967-8, vol. XIII, p. 353 e vol. XIV, pp. 220-1). Lasciandolo cadere per la rivoluzione, Hegel riprende il paragone solo per le guerre paragonate ai venti che proteggono dalla putrefazione mari e laghi (Ueber die wissenschaftlichen Behandlungsarten des Naturrechts, in Werke, cit., vol. II, p. 482; la stessa metafora ritroviamo nella Jenaer Realphilosophie, cit., p. 261, N. e nella Rechtsphilosophie, 324). Ma in questo caso il paragone si comprende, per il fatto che gli Stati, per quanto riguarda i loro rapporti reciproci, si trovano ancora allo stato di natura, nellambito del quale le contese e le guerre costituiscono un fenomeno ricorrente, una sorta di residuo naturale nella storia. Ci peraltro non toglie che, nella spiegazione dei singoli conflitti si debba partire, non da presunte leggi naturali, ma dalle contraddizioni e dalle collisioni che di volta in volta si verificano (cfr. Die Verfassung Deutschlands, in Werke, cit., vol. I, p. 54), cio da quelle categorie che, come vedremo meglio in seguito, Hegel usa per spiegare il processo storico in generale, e lo scoppio delle rivoluzioni in particolare. [21] G. W. F. Hegel, Vorlesungen ber die Philosophie der Weltgeschichte, cit., p. 926 (tr. it. cit., lievemente modificata, vol. IV, p. 205). [22] G. W. F. Hegel, Die Positivitt der christlichen Religion, in Werke, cit., vol. I, p. 203. [23] G. W. F. Hegel, Vorlesungen ber die Philosophie der Weltgeschichte, cit., pp. 920 e 924 (tr. it. vol. IV, pp. 197 e 203). [24] I. Kant, Idee zu einer allgemeinen Geschichte in weltbrgerlicher Absicht, achter Satz. [25] I. Kant, De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis, 14. [26] I. Kant, Der Streit der Fakultten, in Gesammelte Schriften, cit., vol. VII, p. 92.

[27] J. G. Fichte, Zurckforderung, cit., pp. 5-6 (tr. it. cit., pp. 6-7). [28] G. W. F. Hegel, Vorlesungen ber die Geschichte der Philosophie, cit., pp. 62 e 456 (tr. it. cit., modificata, vol. III, 2, p. 2 e 411-2). [29] G. W. F. Hegel, Vorlesungen ber Rechtsphilosophie, a cura di K. H. Ilting, Stuttgart-Bad Cannstatt 1973 sgg., vol. IV, p. 915. [30] G. W. F. Hegel, Berliner Niederschrift (iniziata il 24/10/1820) dellEinleitung alle Vorlesungen ber die Geschichte der Philosophie, in Werke, cit., vol. XX, pp. 5079. [31] Dantons Tod: Erster Akt, ein Zimmer; lettera di F. Gentz a A. Mller (17/12/1828), in Adam Mllers Lebenszeugnisse, a cura di J. Baxa, Mnchen-Paderborn-Wien 1966, vol. II, p. 954. [32] Dantons Tod: soprattutto Erster Akt, der Jakobiner Klub. Ma la spiegazione effettivamente fornita da Robespierre stesso nella realt: cfr. ad esempio il rapporto alla Convenzione del 25/12/1793. [33] G. W. F. Hegel, Die Phnomenologie des Geistes, in Werke, cit., vol. III, p. 425 (tr. it. a cura di E. De Negri, Firenze 1963, vol. II, p. 117; si siamo in pi punti discostati dalla traduzione italiana che ci sembra, per tale brano, fuorviante). [34] G. W. F. Hegel, Vorlesungen ber die Geschichte der Philosophie, in Werke cit., vol. XX, pp. 295-7 (tr. it. cit., vol. III, 2, pp. 247-9). [35] G. W. F. Hegel, Vorlesungen ber die Philosophie der Weltgeschichte, cit., pp. 925-6 (tr. it. cit., vol. IV, p. 204). [36] G. W. F. Hegel, Wissenschaft der Logik, in Werke, cit., vol. VI, p. 76 (tr. it. di A. Moni, riv. da C. Cesa, Roma-Bari 1978, vol. II, pp. 72-3). [37] G. W. F. Hegel, Vorlesungen ber die Geschichte der Philosophie, in Werke, cit., vol. XX, pp. 295-6 (tr. it. cit., vol. III, 2, pp. 247-8). [38] G. W. F. Hegel, Wissenschaft der Logik, in Werke, cit., vol. VI, p. 78 (tr. it. cit., vol. II, p. 74). [39] G. W. F. Hegel, Phnomenologie des Geistes, cit., p. 36

(tr. it. cit., vol. I, p. 26) [40] Ivi, p. 433 (tr. it. cit., vol. II, p. 126). [41] Ivi, pp. 24 e 36 (tr. it. cit., lievemente modificata, vol. I, pp. 14 e 26). [42] Ivi, p. 39 (tr. it. cit., vol. I, p. 29). [43] G. W. F. Hegel, Texte zur philosophischen Propdeutik, in Werke, cit., vol. IV, p. 14. [44] G. W. F. Hegel, Vorlesungen ber die Geschichte der Philosophie, in Werke, cit., vol. XX, pp. 295-6 (tr. it. cit., vol. III, 2, pp. 247-8). [45] G. W. F. Hegel, Vorlesungen ber die Philosophie der Weltgeschichte, cit., p. 925 (tr. it. cit., vol. IV, pp. 203-4). [46] Ivi, p. 929 (tr. it. cit., vol. IV, pp. 208-9). [47] Ivi, p. 932 (tr. it. cit., vol. IV, p. 218). [48] G. W. F. Hegel, Texte zur philosophischen Propdeutik, cit., p. 99 [49] G. W. F. Hegel, Vorlesungen ber die Philosophie der Weltgeschichte, cit., p. 877 (tr. it. cit., vol. IV, p. 147). [50] G. W. F. Hegel, Wissenschaft der Logik, cit., in Werke, cit., vol. VI, pp. 209-10 (tr. it. cit., vol. II, pp. 222-3). [51] G. Forster, Darstellung der Revolution in Mainz, 1793, in Werke in vier Bnden, cit., vol. III, pp. 658-9; per quanto riguarda Grres cfr. Die Blattern und das Revolutionsfieber, eine medizinisch-politische Parallele, in Das rote Blatt (1798), ora in Gesammelte Schriften, a cura di W. Schellberg, Kln 1928, vol. I, p. 164. [52] Cfr. H. Treitschke, op. cit., vol. III, p. 153. [53] In Von deutscher Republik 1775-1795. Texte radikaler Demokraten, a cura di J. Hermand, Frankfurt a. M. 1975, p. 343. [54] Per quanto riguarda Forster cfr. Dokumente zu Hegels Entwicklung, a cura di J. Hoffmeister, Stuttgart 1936, pp. 217 ss. [55] G. W. F. Hegel, Wissenschaft der Logik, in Werke, cit., vol. VI, pp. 75-6 (tr. it. cit., vol. II, p. 71. [56] Ivi, vol. V, pp. 15 e 13 (tr. it. cit., vol. I, pp. 7 e 5). [57] G. W. F. Hegel, Beurteilung der Verhandlungen in der Versammlung der Landstnde des Knigreichs Wrttemberg im Jahr 1815 und 1816, in Werke, cit., vol. IV, p. 507.

[58] K. Marx, Zur Judenfrage, in K. Marx-F. Engels, Werke, Berlin 1955 sgg., vol. I, pp. 366-7. [59] Condorcet, Esquisse dun tableau historique des progrs de lesprit humain, in Oeuvres, pubblicate da A. Condorcet OConnor e M. F. Arago, Paris 1847 (ristampa anastatica Stuttgart-Bad Cannstatt 1968) vol. IV, pp. 12, 22-3 e 239. [60] A. Herzen, Textes philosophiques choisis, Mosca 1950, p. 579. [61] Nel sottolineare gli elementi negativi e le contraddizioni della societ borghese, Proudhon conosce la dialettica solo sotto forma della ghiglottina: cfr. K. Rosenkranz, Die Selbstndigkeit der deutschen Philosophie gegenber der franzsischen (1852), in Neue Studien, Leipzig 1875-8, vol. II, p. 226 ; ma Rosenkranz critica lo stesso Hegel per leccessivo ruolo da lui attribuito alla categoria della contraddizione. Cfr. K. Rosenkranz, Wissenschaft der logischen Idee, Knigsberg 1858-9, vol. II, p. 253 e passim; sul fallimento della rivoluzione del 1848 come presupposto della crisi della filosofia hegeliana in Germania rinviamo al nostro lavoro Tra Hegel e Bismarck. La rivoluzione del 1848 e la crisi della cultura tedesca, Roma 1983.

Ed. orig. in Diritto e cultura, anno VIII, n. 2 (lugliodicembre 1999), pp. 119-149 (tr. ted. in Topos. Internationale Beitrge zur dialektischen Philosophie, Heft 13/14, 1999, pp. 165- 196). Ora in I, 20. 1. Dal dibattito teologico-politico al dibattito epistemologico-politico Fino al 1789, le rivoluzioni che segnano lavvento del mondo moderno sono accompagnate e stimolate da un dibattito teologico-politico. Possiamo indicare in Hobbes, Spinoza e Locke i suoi tre grandi protagonisti. Al Leviatano, pubblicato nel 1651, mentre ancora in corso la prima rivoluzione inglese, fa seguito il Tractatus theologicus-politicus, che nel 1670 esprime un giudizio positivo sulla restaurazione Stuart avvenuta dieci anni prima e, con lo sguardo rivolto anche al conflitto politicoreligioso in atto nelle Province Unite, condanna la rivoluzione puritana sfociata nel Protettorato e rivelatasi incapace di produrre un ordinamento stabile e realmente alternativo[1]. Nel 1690 assistiamo alla pubblicazione da parte di Locke dei Due trattati sul governo, che sanciscono sul piano anche teorico la vittoria della seconda rivoluzione inglese. Sottolineata con forza da Spinoza gi nel titolo della sua opera, la dimensione teologicopolitica del dibattito in corso emerge con chiarezza anche dagli altri interventi. Lanalisi relativa alla natura e alle competenze del potere politico sintreccia strettamente con la polemica contro lodierna teologia sulla quale ironizza Locke[2], con la discussione non solo sul governo divino del mondo, ma anche sullattendibilit dei profeti, sulla lettura del testo sacro, sulla salvezza, sul rapporto tra norme religiose e ordinamento giuridico ecc. Il processo di secolarizzazione non si ancora sufficientemente sviluppato allepoca della rivoluzione americana, che continua a fare esplicito riferimento al Creatore e alla legge divina oltre che naturale e che comunque, considerando come di per se stesse evidenti le verit cui si richiama, cerca di evitare il dibattito esplicitamente filosofico, epistemologico-politico, che

invece diviene centrale con la rivoluzione francese. A partire da questo momento, il quadro cambia in modo sensibile. Pur tendenzialmente relegato in secondo piano, il dibattito teologico-politico ancora ben presente, ma anche al suo interno si fa avvertire il processo di secolarizzazione. Sono gli anni in cui emerge un gruppo di categorie assai eloquenti: protestantesimo politico, panteismo dello Stato, panteismo in politica, panteismo politico, sociale e religioso, ateismo della legge e dello Stato, ateismo giuridico, irreligiosit politica: in ognuno di questi casi, il sostantivo viene radicalmente reinterpretato da un aggettivo, il quale chiarisce che oggetto del contendere la configurazione dello Stato e della societ piuttosto che lortodossia religiosa in quanto tale[3]. Ben pi che leresia o lateismo, sono ora il protestantesimo politico ovvero il panteismo e ateismo politico a costituire il principale capo daccusa a carico della rivoluzione. E cio, nell'ambito del dibattito teologico-politico l'accento tende a spostarsi sul secondo aggettivo. Fin qui c' sostanziale continuit. Ma ecco fare irruzione un motivo nuovo. Secondo Burke, col loro ricorso a principi astratti (abstract), a principi generali, al diritto vagamente speculativo[4], con la loro astratta rivendicazione dell'uguaglianza giuridica, i rivoluzionari francesi violano il naturale ordine delle cose, l'ordine sociale naturale, anzi si macchiano della pi abominevole delle usurpazioni, quella che si rende colpevole di calpestare le prerogative della natura ovvero il metodo della natura[5]. La tradizionale denuncia dell'eresia viene ora affiancata e tende anzi ad essere soppiantata dalla denuncia dell'astrazione. Significativo il fatto che sul terreno epistemologicopolitico finisca col collocarsi anche un autore pur esplicitamente impegnato nella difesa dellortodossia religiosa. Persino nel saggio da lui dedicato alla riaffermazione dellautorit del papa e della chiesa cattolica come rimedio unico e universale alla dilagante sovversione, Maistre formula in termini nuovi e secolarizzati il peccato originale dei rivoluzionari: essi si sono attenuti a regole astratte e a principi astratti

piuttosto che allesperienza e alla storia intera, la quale costituisce la politica sperimentale[6]. E al rispetto del metodo della natura e della saggezza pratica fa appello anche Burke[7], sempre in contrapposizione alle rovinose astrazioni che non cessano di devastare ormai l'intera Europa. La dicotomia eresia/ortodossia, che era stata al centro delle precedenti rivoluzioni, tende ad essere sostituita dalla dicotomia astrazione/concretezza, teoria/ esperienza ovvero dalla dicotomia che mette in stato d'accusa l'artificio in nome al tempo stesso della natura e della storia. Ben si comprende questo passaggio. La legge naturale anche quella divina -avevano sostenuto Jefferson e la Dichiarazione d'indipendenza americana, in polemica con Giorgio III; e questa anche, sul versante opposto, l'opinione di Gentz e Haller, i quali condannano i rivoluzionari francesi in quanto colpevoli di calpestare il divino metodo della natura ovvero la divina legge di natura[8]. In quanto violazione dell'ordinamento voluto da Dio, gli artifici e le astrazioni rivoluzionarie continuano ad essere blasfeme e luciferine; resta il fatto che questo capo d'accusa tende ora ad essere formulato in termini epistemologico-politici. Particolarmente significativa la requisitoria pronunciata da Maistre, il quale individua con chiarezza le debolezze e le ambiguit del giusnaturalismo cui si ispira la rivoluzione francese. Ben lungi dal costituire un dato naturale, risulta essere une pure abstraction il titolare dei diritti naturali, la figura delluomo in quanto tale, che al centro delle diverse Costituzioni scaturite a partire dal 1789: Nel mondo non esiste luomo. Nella mia vita ho visto francesi, italiani, russi ecc.; so pure, grazie a Montesquieu, che si pu essere persiani: ma, quanto alluomo, dichiaro di non averlo mai incontrato in vita mia; se esiste, a mia insaputa[9]. Le conseguenze rovinose della rivoluzione sono gi tutte implicite -insiste la pubblicistica controrivoluzionaria nel suo complesso- nello stravolgimento della realt operato dalla teoria astratta. Questo dibattito e queste polemiche lasciano una traccia profonda nellidealismo tedesco. Kant e Fichte si impegnano in unappassionata

rivendicazione delle ragioni della teoria astratta. E' questo il filo conduttore in primo luogo del saggio del 1793 sul detto comune: a voler ridurre la teoria a vuota esercitazione scolastica senza alcun rapporto con la realt sono spesso essi stessi degli intellettuali, i quali dunque si avvolgono -fa notare Kant- in quella che oggi chiameremmo una contraddizione performativa[10]. Pi radicale l'approccio di Hegel, il quale intanto imprime unaccelerazione al processo di secolarizzazione del dibattito teologico-politico. Se non il termine letterale, comunque presente in lui la categoria di protestantesimo politico, come emerge dalla dichiarazione secondo la quale i Francesi, protagonisti della rivoluzione di luglio e delledificazione di un regime costituzionale fondato sul principio della libert mondana, hanno di fatto cessato di appartenere alla religione cattolica![11]. Per di pi, spogliati della loro forma rappresentativa e mitica, che fa riferimento a presunti eventi della storia sacra, tutti i temi centrali del cristianesimo (creazione, caduta, incarnazione e redenzione) vengono reinterpretati dalla logica-metafisica hegeliana come momenti necessari ed eterni dello spirito e della dialettica, come momenti essenziali della speculazione capace di comprendere e stimolare il processo storico di realizzazione della libert mondana[12]. Soprattutto, il dibattito teologico-politico cede il passo a quello epistemologico-politico. La rivelazione immediata, la profezia e lentusiasmo o ispirazione soprannaturale criticati da Hobbes[13], la conoscenza profetica bersaglio della polemica di Spinoza[14], la sedicente rivelazione e lo spirito fervido, pronto ad abbandonare il terreno della ragione, sui quali ironizza Locke,[15] tutto ci, dopo essersi presentato sotto le vesti del tono di distinzione in filosofia e della Schwrmerei (che pretende di parlare con la voce di un oracolo) denunciati da Kant[16], diviene il sapere immediato impietosamente analizzato e criticato da Hegel. Il rapporto con la tradizione teologico-politica alle spalle continua a riemergere, come risulta dalla polemica dellEnciclopedia contro la pretesa di esprimere profeticamente la verit e di atteggiarsi a eletti (Sonntagskinder) cui Dio comunicherebbe nel sonno la vera

conoscenza e scienza[17]. Ora, dopo aver assunto una configurazione generale, il sapere immediato viene confutato in termini in primo luogo epistemologicopolitici: richiamarsi ad esso significa rendere impossibile la comunit del sapere e del concetto e, di conseguenza, rendere impossibile la comunit politica e la realizzazione della libert mondana. Al di l del riconoscimento (kantiano e fichtiano) dei meriti della teoria e della riaffermazione della sua ineludibilit, si tratta per Hegel di ridiscutere il significato delle categorie di astratto e concreto e il loro rapporto reciproco. Ecco allora progressivamente delinearsi un grandioso trattato epistemologico-politico, impegnato a chiarire la genesi, il significato, i problemi della rivoluzione francese e del mondo da essa scaturito, e impegnato altres ad elaborare le categorie del discorso e dell'azione politica, le categorie che presiedono alla lettura e alla trasformazione della realt politica[18]. Non c' dubbio, su un punto Maistre ha ragione: un'impresa vana rinviare alla natura per fondare la figura dell'uomo in quanto tale. Essa una sconvolgente novit storica: N Socrate n Platone n Aristotele hanno avuto la coscienza che luomo astratto, universale, sia libero. Ma per ci occorre che l'uomo possa essere pensato come universale, e che si prescinda dalla particolarit secondo cui esso cittadino di questo o quello Stato[19]. Dunque, il concetto di uomo in quanto tale un'astrazione o il risultato di un'astrazione (bisogna astrarre dalla particolarit nazionale, considerata intranscendibile dal teorico della Restaurazione, per il quale ad essere reali sono solo i francesi, gli italiani, i russi ecc.). Dal punto di vista di Hegel, l'elaborazione del concetto astratto, generale, di uomo per un verso il risultato di un legittimo e necessario processo logico di astrazione: la Scienza della logica respinge con forza la tesi secondo cui le astrazioni scientifiche rappresenterebbero un impoverimento rispetto alle realt immediate, di cui esse, al contrario, riescono a cogliere ed esprimere l'essenziale[20]. Al tempo stesso, la costruzione del concetto di uomo astratto, universale anche un

concreto, colossale processo storico che ha reso possibile -sottolinea il brano gi citato della Filosofia della storia- l'abolizione della schiavit: Perch non ci sia schiavit necessaria anzitutto [...] la nozione che l uomo come tale libero. Ma per ci occorre che luomo possa essere pensato come universale, e che si prescinda dalla particolarit secondo cui esso cittadino di questo o quello Stato. Si tratta di un processo storico che, nonostante le battute d'arresto e le possibili regressioni, risulta irreversibile sul piano strategico. Un monarca che pretendesse di reintrodurre in Europa la schiavit, sanzionando di nuovo la riduzione degli schiavi a strumento di lavoro e quindi distruggendo il concetto astratto e universale di uomo, andrebbe incontro allo scacco finale, per il fatto che lassenza di schiavit ormai divenuta una condizione naturale (Natursein)[21]. Se il giusnaturalismo non pu essere fondato rinviando alla natura propriamente detta, pu ben essere fondato a partire dalla seconda natura e cio dai risultati, irreversibili, della storia universale[22]. D'altro canto, proprio perch questo concetto entrato a far parte della seconda natura, delle istituzioni e della vita concreta dell'uomo, non tener conto di tale risultato significa incorrere in una paurosa astrazione. A questo punto intervenuto un mutamento radicale. Non solo astratto non ha un significato univocamente negativo, ma diventato incerto e problematico il confine tra astratto e concreto. E' ora ineludibile la domanda: Chi pensa astrattamente? Al contrario di quello che ritengono i teorici della conservazione e della reazione, proprio nella Prussia ancora al di qua della proclamazione dei diritti delluomo che domina lastrazione: trattato come una canaglia, il soldato semplice pu essere bastonato dal suo superiore e il servo dal suo padrone. Questo atteggiamento altezzoso e violento una forma di pensiero astratto in quanto fissa l'uomo in un'unica astratta determinazione che quella della ricchezza o del rango sociale. A tale comportamento, Hegel contrappone, con riferimento alla Francia scaturita dalla rivoluzione, i rapporti cordiali e persino amichevoli, in ultima analisi

fondati sulla concretezza della pari dignit umana, che legano il domestico al suo signore. Di tale concretezza bisogna dar prova persino nella valutazione della figura di un assassino: il carattere orribile della sua azione non deve essere perso di vista; e, tuttavia in modo astratto argomenta e si comporta colui che non riesce a vedere altro, nellassassino, se non questa determinazione astratta per la quale un assassino, cancellando in lui tutta la natura umana restante[23]. Entrato ormai a far parte della seconda natura, il riconoscimento della comune dignit umana sta a significare concretezza, mentre il suo misconoscimento che indice di astrattezza, in senso univocamente negativo, in quanto risultato di unastrazione che invano pretende di rimettere in discussione i risultati del processo storico e la seconda natura. Concretezza non pi sinonimo di immediatezza: ci pu essere un'immediatezza astratta[24] e persino un'astratta vitalit[25]. E l'astrazione non un processo meramente mentale. Essa sembra talvolta configurarsi come una realt ontologica: si spiegano cos la definizione del tempo come lastrarre in atto (das seiende Abstrahieren)[26] e della morte come lastratta negazione della singolarit[27]. Se anche queste espressioni hanno una valenza metaforica, resta comunque fermo che l'astratto e il concreto possono assumere uno spessore sociologico e storico, lo spessore della seconda natura. In ultima analisi, siamo in presenza di determinazioni storiche; e dunque a pensare astrattamente non l'uomo colto bens l'incolto (ungebildet)[28], ancora al di qua dei risultati conseguiti dal processo storico. Il sollevarsi all'astrazione un momento essenziale del processo di formazione dell'individuo, della Bildung, e ora appartiene alla cultura (Bildung) saper concepire lio come persona universale[29], saper far proprio e assimilare il concetto astratto di uomo. 2. Astrattezza, universalit e individualit In quanto contrapposta all'infinita ricchezza della realt e della vita, l'astrattezza denunciata dai critici della

rivoluzione francese sinonimo anche di uniformit e di calpestamento dell'individualit concreta. Le diverse dichiarazioni dei diritti del'uomo -osserva Adam Mller sulla scia di Burke- hanno attribuito la libert ad un essere spogliato [...] di tutta la sua particolarit, dunque a qualcosa di astratto, al concetto di uomo, non gi al singolo individuo umano con le sue caratteristiche particolari[30]; misconoscendo la particolarit (Eigenheit) e la peculiarit (Eigentmlichkeit)[31], la categoria universale di uomo sfocia nell'annientamento dell'individualit. Possiamo seguire le successive configurazioni di questo capo daccusa nelle diverse tappe del ciclo rivoluzionario francese. Nellanalizzarlo, Tocqueville non si limita a criticare le teorie generali e astratte in materia di governo, la politica astratta e letteraria, la teoria pura[32]; fa un passo avanti. Preoccupato dallinnesto di correnti socialiste sul vecchio tronco giacobino, cerca di spiegarlo prendendo le mosse dal dibattito scolastico sugli universali: Tutto ci che ai nostri giorni innalza lidea di individuo sano. Tutto ci che conferisce unesistenza separata alla specie (espce) e ingrandisce la nozione di genere (genre) pericoloso [...] La dottrina dei realisti introdotta nel mondo politico spinge a tutti gli abusi della democrazia[33]. Dopo il fallimento della rivoluzione del 48, la categoria di nominalismo politico, indirettamente evocata da Tocqueville, viene esplicitamente enunciata da Heinrich Leo il quale spiega gli incessanti sconvolgimenti e lemergere dello spettro del socialismo al di l del Reno col realismo proprio della tendenza latino-celtica, incline ad agire coi concetti astratti come fossero realt; a questo dispotismo dei concetti astratti lexdiscepolo e ora feroce avversario di Hegel contrappone il nominalismo proprio della tendenza germanica. Le origini teologiche di questa dicotomia sono evidenti, per il fatto che il realismo celtico-latino al tempo stesso la malattia della chiesa romana[34]. Ma non questo il punto essenziale. Il contrasto tra nemici e seguaci del radicalismo rivoluzionario si configura ora come il

contrasto tra nominalismo e realismo, individualismo e universalismo, tra coloro che rispettano lindividuo nella sua concretezza e coloro che non esitano a sacrificarlo sullaltare di unentit astratta. Dopo aver soppiantato quella che contrapponeva eresia e ortodossia, la dicotomia astratto/concreto finisce col configurarsi come la dicotomia realismo/nominalismo, e in questa sua configurazione, continua tuttora ad essere al centro del dibattito epistemologico-politico. Attraverso modalit diverse, con un linguaggio pi direttamente politico o pi rarefattamente filosofico, autori tra loro cos distanti come Mller, Tocqueville, Leo, Kierkegaard, Stirner contrappongono alla marea rivoluzionaria, realista e socialista il pathos dell'individuo, del singolo, dell'unico. Si tratta di un motivo ideologico gi criticato da Hegel: Quando io dico: una singola cosa, io la esprimo piuttosto come un che del tutto universale; giacch ogni cosa una singola cosa[35]. Non possibile esprimere lindividualit senza far ricorso alla categoria di universalit. Nel condannare la desolata astrazione livellatrice che avanza nel mondo moderno, Kierkegaard contrappone il singolo al genere umano e alla categoria di uomo in quanto tale[36]. E ora torniamo a leggere la Fenomenologia dello spirito: Se di qualcosa nullaltro viene detto se non che si tratta di una cosa reale, di un oggetto esteriore, allora il qualcosa vien definito come la realt pi comune di tutte (Allerallgemeinste) e con ci, di esso si enuncia leguaglianza con tutto, piuttosto che la sua differenza[37]. La fuga dalle astrazioni mette capo alla certezza sensibile. Senonch, questa che appare immediatamente come la conoscenza pi ricca, come una conoscenza dinfinita ricchezza si rivela in realt come la verit pi astratta e pi povera[38]. Se volessero essere coerenti, sarebbero costretti al silenzio coloro che alla figura dell'uomo nella sua universalit e nella sua astrattezza contrappongono il singolo da cogliere mediante la certezza sensibile; allorch cercano di comunicare, essi vorrebbero esprimere un'esistenza assolutamente determinata, e in realt fanno ricorso ad una categoria universale e

astratta, anzi la pi universale e la pi astratta. Netta la contraddizione tra la loro opinione e il loro linguaggio, ma ad essere veritiero il linguaggio (che non riesce a fare a meno della categorie generali)[39]. Ovvero, per passare dal piano logico a quello storicopolitico: se per individualismo si intende il riconoscimento di ogni individuo, indipendentemente dal censo, dal sesso o dalla razza, come soggetto titolare di diritti inalienabili, questo risultato non possiamo comprenderlo senza il pathos universalistico della rivoluzione francese e del movimento socialista, senza quelle astrazioni e quel realismo messi in stato d'accusa da Tocqueville, Leo ecc. (e, ai giorni nostri, da Popper). Assai fragile si rivela la polemica anti-realistica. Essa gi presente in Maistre. Al quale per si pu obiettare che, allo stesso modo in cui viene da lui dissolto il concetto di uomo, potrebbe essere dissolto il concetto di francese, o italiano, o russo, o persiano: se per la strada non si incontra l'uomo in quanto tale, non si incontra neppure il francese in quanto tale. Anche questo un concetto generale che pu essere ulteriormente dissezionato, facendo intervenire le differenze di sesso, di classe, di et ecc. La dissoluzione nominalistica dei concetti generali pu procedere all'infinito, sino a sfociare nellimpossibilit della comunicazione messa in rilievo da Hegel. Un equivoco di fondo si annida anche nella presa di posizione di Tocqueville. Il testo sopra citato prosegue inserendo la dottrina dei realisti fra tutte le dottrine che permettono al corpo sociale di calpestare gli uomini e che fanno della nazione tutto e dei cittadini niente[40]. E cio, lindividuo concreto viene al tempo stesso contrapposto sia alla categoria di genere (o specie) sia a quella di nazione Ma queste due categorie non sono affatto equivalenti, anzi la prima costituisce il pi efficace antidoto ai rischi di assolutizzazione della seconda. E, infatti, per contestare la visione olistica della nazione, lo stesso Tocqueville finisce col richiamarsi alla categoria di uomo. Daltro canto, proprio perch implica lastrazione anche dallappartenenza nazionale o etnica (per dirla col 209 A dellhegeliana Filosofia del diritto,

luomo ha cos valore perch uomo, non in quanto ebreo, cattolico, protestante, tedesco, italiano ecc.), la figura di individuo non pu essere pensata senza la categoria di genere umano. Lequivoco appena visto continua ancora ai giorni nostri. Vediamo infatti la diffusa professione di fede individualistica esprimersi in linguaggi internamente inconsistenti e tra loro incompatibili. Secondo Talmon, se [...] lempirismo alleato della libert, e lo spirito dottrinario invece alleato del totalitarismo, il concetto di uomo come astrazione, indipendente dalle classi storiche [i diversi raggruppamenti] a cui appartiene, probabile che divenga un potente mezzo di propagazione del totalitarismo[41]. Non resta allora che condannare in blocco la Dichiarazione dei diritti delluomo e la rivoluzione francese, per celebrare invece, sul versante opposto il suo grande antagonista e cio Burke. Leggiamo ora Louis Dumont: chi dice olismo dice in effetti predominio della societ concreta sulla specie (espce) umana. Ma allora espressione di olismo la celebrazione che Burke fa, in contrapposizione ai diritti delluomo in quanto tale, dei diritti, ereditariamente tramandati, di una comunit storicamente determinata come quella inglese. A questo punto, risulta insostenibile la contrapposizione stereotipa, cui anche Dumont indulge[42], tra individualismo anglosassone e olismo tedesco (e hegeliano). Come emerge dai miei corsivi, siamo in presenza di un fatto paradossale. Corale nella cultura contemporanea la condanna dellolismo, che per viene definito in modo persino antitetico, in quanto sinonimo di abbandono ad unastrazione universalistica o in quanto subordinazione delluomo nella sua universalit ad una societ concreta. Questo paradosso o questa contraddizione non datano da oggi. Stirner contrappone lunico a quella categoria astratta che il popolo, lo Stato ovvero lumanit[43]; allinfinit astratta dellumanit Kierkegaard a sua volta contrappone sia il singolo sia le creazioni concrete e organiche[44], cio le societ storicamente determinate. 3. Nietzsche e la dissoluzione nominalistica del concetto (e dellindividuo)

I risultati dellhegeliano trattato epistemologico-politico sono paradossalmente confermati da un autore che pure si colloca sul versante opposto. Il riferimento a Nietzsche, il quale esprime tutto il suo disprezzo per i diritti delluomo proclamati in nome dellesangue entit astratta uomo, questa pallida finzione universale[45]. Fin qui ci muoviamo sul solco di una tradizione gi nota. Assente per in questo caso l'ingenuit filosofica dei consueti critici del ciclo rivoluzionario francese sfociato nel socialismo. Quest'ultimo, ben lungi dall'essere sinonimo di anti-individualismo, ha invece il torto di scatenare un'agitazione individualista che mira a rendere possibili molti individui[46]. E il socialismo consegue tale risultato proprio per il fatto di tener fermo al concetto astratto e universale di uomo. Significativamente, nel contestare il movimento rivoluzionario e socialista, Nietzsche a sviluppare una polemica antiindividualistica: quella di individuo non in alcun modo una caratteristica che competa ad ogni essere umano; la civilt presuppone un bisogno di schiavit e dove c schiavit, gli individui non sono che pochi[47]. La rivendicazione, propria del socialismo, delluguaglianza della persona[48] e dellindividuo perde di vista e mistifica la realt: I pi non sono nessuna persona. Dovunque predominano le caratteristiche medie, da cui dipende che un tipo sopravviva, lessere persona sarebbe uno spreco, un lusso; non avrebbe senso pretendere una persona. Si tratta di portatori, strumenti di trasmissione[49]. Lucidamente consapevole dello stretto legame che unisce lindividualismo alluniversalismo (la sussunzione sotto la categoria di uomo in quanto tale anche di quegli strumenti di produzione che sono gli schiavi), Nietzsche respinge con forza linterpretazione in chiave individualistica del suo pensiero: La mia filosofia mira alla gerarchia (Rangordnung), non ad una morale individualistica. Il senso del gregge deve dominare nellambito del gregge, ma non straripare al di l di esso. I reggitori del gregge hanno bisogno di una valutazione profondamente diversa delle proprie azioni.

Al pari della morale collettivistica, anche quella individualistica ha il torto di far valere parametri egualitari, rivendicando la medesima libert per tutti[50]. Rispetto ai consueti critici del movimento rivoluzionario e socialista, Nietzsche rivela la sua netta superiorit anche su altri due punti essenziali. Il pensiero astratto e la carica eversiva che lo caratterizza non hanno fatto la loro apparizione a partire solo dal 1789. Gi con lebraismo, la morale subisce un processo di autonomizzazione e snaturalizzazione; essa non pi lespressione delle condizioni di vita e di sviluppo di un popolo, non pi il suo pi profondo istinto vitale, bens divenuta astratta, divenuta lopposto della vita[51]; e, dunque, in ultima analisi a partire dai sacerdoti ebraici che prende le mosse la rivolta servile. Infine, la questione forse decisiva. A sortire leffetto di arbitraria semplificazione e omologazione del reale non solo il concetto di uomo universale, il concetto in quanto tale. Gi La nascita della tragedia, con riferimento alla disputa scolastica sugli universali e citando e sottoscrivendo lopinione di Schopenhauer, dichiara che i concetti sono gli universalia post rem; i concetti generali [sono] unastrazione dalla realt, mentre il concreto dato dal particolare e individuale[52]. Il confronto epistemologico-politico con la rivoluzione francese ha ora acquisito la consapevolezza che si tratta di andare ben al di l della critica dellgalit e dei diritti dell'uomo. E in questione non un concetto determinato ma il concetto in s, che ha sempre il torto di trascurare ci che vi di individuale e di reale, di porre un segno di uguaglianza tra ci che disuguale[53]. Questultima dichiarazione pu essere messa a confronto con la tesi della hegeliana Enciclopedia, secondo cui solo se si fa violenza a Proteo, e cio non ci si rivolge allapparenza sensibile, questi costretto a dire la verit; sono luniversale ed i generi sostanziali ad esprimere lintima natura ed essenza delle cose e a conferire una determinazione affermativa alla negazione della singolarit[54]. E proprio questa negazione che

Nietzsche rimprovera ai concetti, colpevoli di esprimere, sul piano epistemologico, la medesima tendenza al livellamento espressa dallidea di uguaglianza sul piano politico. Non a caso, Descartes, il padre del razionalismo anche il nonno della rivoluzione[55]. Indipendentemente dal giudizio di valore, questo anche il punto di vista di Hegel il quale, gi nei suoi scritti giovanili, mette in connessione il filosofo francese con le rivoluzioni religiose e politiche[56]. Per Nietzsche ormai chiaro. Fare i conti con la categoria di uomo in quanto tale (e con la rivoluzione) significa fare i conti in ultima analisi col pensiero concettuale e con la scienza (la scienza e la democrazia fanno tuttuno) [57]. A questo punto, la lotta contro le astrazioni si configura con chiarezza e in modo esplicito come lotta contro la ragione: Abbiamo scatenato la rivolta contro la rivoluzione... Ci siamo emancipati da ogni atteggiamento reverenziale nei confronti della raison, dallo spettro del 18 secolo. Osiamo di nuovo essere lirici, assurdi e infantili[58]. Ma le origini di questa ragione sovversiva e livellatrice vanno cercate ancora pi a ritroso. La magia del concetto domina la filosofia di Platone: cos il mondo delle idee se non una forma di venerazione e divinizzazione del concetto?[59] A voler essere rigorosi, bisogna anzi rendersi conto che la rivolta servile si manifesta gi nelle coltellate plebee insite nel sillogismo socratico[60], ovvero in una dialettica che sconfigge le buone maniere e il pathos della distanza dellaristocrazia e tutti unisce e omologa sul terreno di una presunta comunit della ragione. Daltro canto, sia Socrate (il primo dei quattro grandi democratici, assieme a Ges, Lutero e Rousseau[61]) sia Platone rinviano in ultima analisi allebraismo, al mondo a partire dal quale hanno preso le mosse al tempo stesso lastrazione e la rivoluzione. Ora il realismo (da Tocqueville e Leo denunciato nella tradizione giacobino-socialista) affonda le sue radici nella magia del concetto da Nietzsche rimproverata a Platone, mentre la professione di fede nominalistica (Mai rendere eguale lineguale[62]) investe il concetto in

quanto tale. La dissoluzione nominalistica del concetto finisce con l'investire lo stesso soggetto. Pochi sono coloro cui compete la qualifica di individuo; ognuno di essi pu a sua volta essere decostruito; non ha senso voler attribuire ad un sostrato unico ed immutabile nel tempo la grande molteplicit di azioni e comportamenti in cui si esprime una vita. Siamo paradossalmente rinviati alla tesi di Hegel secondo cui, a voler essere coerente, la critica del concetto e dell'astrazione sfocia inevitabilmente nella distruzione del sapere e della comunicazione. Anzi, questo risultato conosce ora unulteriore radicalizzazione: inizialmente contrapposto alle astrazioni e ai concetti astratti, il pathos dellindividuo sembra essersi rovesciato nel suo contrario. 4. Universalismo, positivit assolutae empirismo assoluto o volgare Pur nel suo carattere esplicitamente reazionario, la critica nietzscheana delle astrazioni rivoluzionarie esprime al tempo stesso la consapevolezza del fatto che luniversalismo pu assumere una configurazione aggressiva e diventare sinonimo di micidiale omologazione: per questo che il filosofo impegnato a contestare due millenni di storia finisce col dispiegare una fascinosa carica demistificatrice[63]. Luniversalismo una terribile arma a doppio taglio: la consapevolezza di ci gi presente in Hegel, anzi costituisce un aspetto essenziale del suo pensiero, che non a caso sviluppa la sua polemica su due fronti. Per un verso, prendendo di mira la pubblicistica controrivoluzionaria, il filosofo non si stanca di sottolineare che il concetto il concreto in quanto tale[64], anzi il concreto e ci che vi di pi ricco[65]. Condannare in quanto astratte le categorie e i concetti generali significa abbandonare il terreno della ragione e della filosofia: che luniversalit in s concreta una delle proposizioni fondamentali della filosofia[66]. Ma ecco che interviene una precisazione essenziale: Il concreto luniversale che si particolarizza e che in questo particolare, in questo farsi finito (Verendlichung), rimane tuttavia infinito in se

stesso[67]; ovvero il concreto luniversale che determinato e dunque contiene in s laltro da s[68]. Anche su questo secondo punto Hegel insiste con forza: concreto solo il reale che contiene le differenze[69]; lidentit concreta ha in s la differenza dei momenti[70]. Quali sono i bersagli di questa nuova polemica o di questa nuova messa in guardia? Trasparente il riferimento al processo di radicalizzazione sviluppatosi nel corso della rivoluzione francese. Contrariamente ad una diffusa rappresentazione, non in primo luogo il giacobinismo ad essere preso di mira. Non si comprenderebbe allora il giudizio altamente positivo almeno in unoccasione espresso su Robespierre, protagonista di facta universalmente ammirati, capace cio, come riconosce in particolare la filosofia dello spirito jenense, di fronteggiare vittoriosamente un terribile stato deccezione, salvando cos la Francia e la rivoluzione[71]. Il vero bersaglio della polemica di Hegel costituito da concetti relativi alla libert caratterizzati da vuotezza ed indeterminatezza[72], da un pathos delluniversale che rifugge dal particolare. Potremmo dire che ad essere presa di mira la carica meramente eversiva, e in questo senso anarchica, di una volont generale che si definisce tale solo in contrapposizione ad ogni mediazione e da ogni concreta e articolata configurazione della realt politica e sociale. In modo analogo, con riferimento alla prima rivoluzione inglese, le Lezioni sulla filosofia della storia condannano le correnti messianiche pi esaltate, non gi Cromwell, il quale, mettendole a tacere, dimostra che sapeva cosa fosse governare[73]. Il rimaner fermo alluniversalit nella sua purezza e il rifuggire dalla determinatezza come da una contaminazione o caduta provocano una sorta di contrappasso: la fuga dal positivo finisce col rovesciarsi nell'assoluta positivit (absolute Positivitt) della ghigliottina e di una morte persino priva di significato (bedeutungsloser Tod)[74]. Lautentica universalit devessere capace si sussumere la particolarit non solo delle diverse cerchie sociali ma anche delle diverse identit nazionali. Emerge cos lulteriore bersaglio polemico della seconda messa in

guardia. E lespansionismo della Francia posttermidoriana. A Berlino, dopo aver celebrato la rivoluzione francese come evento della storia universale, come una tappa fondamentale della storia della libert intesa anche come indipendenza della nazione, come individualit, di fronte alle altre, le Lezioni sulla filosofia della storia tracciano questo significativo bilancio dellazione storica di Napoleone: Con l'immensa forza del suo carattere egli si volse poi all'esterno, sottomise tutta l'Europa, e diffuse dappertutto le sue istituzioni liberali. Giammai furono vinte pi grandi vittorie, giammai furono condotte campagne pi geniali; ma giammai, anche l'impotenza della vittoria apparve in pi chiara luce. [...] L'individualit e la coscienza dei popoli, religiosa e nazionale, rovesciarono finalmente questo colosso[75]. Sul piano filosofico e epistemologico, la sconfitta di Robespierre (e soprattutto del sovversivismo inconcludente che agisce alle sue spalle) e quella di Napoleone possono essere descritte come due capitoli di ununica vicenda: la vicenda di un universale che non riesce a sussumere il particolare. La legge del contrappasso, che abbiamo visto nel primo caso, agisce con modalit diverse anche nel secondo. Gli eserciti francesi post-termidoriani giustificano la loro marcia espansionistica, che non si preoccupa di rispettare i confini statali e lindividualit delle nazioni, facendo appello a parole dordine universalistiche, atteggiandosi a rappresentanti e difensori esclusivi dei diritti delluomo, a protagonisti di un disegno planetario di diffusione dei lumi e di emancipazione. In realt esprimono, o finiscono con lesprimere, un interesse particolare contro [un] interesse particolare. Si sviluppa cos una dialettica pericolosa: luniversalit finisce col sussumere un particolare, un particolare assai discutibile, qual la rapina di una propriet (e cio, per quanto riguarda la Germania, la riva sinistra del Reno)[76]; e proprio questo particolare assai discutibile pu ora fregiarsi della legittimazione e trasfigurazione ad esso fornito dalluniversale. La dialettica sopra descritta della Francia illuministica, rivoluzionaria e post-termidoriana un capitolo

fondamentale anche di storia della filosofia. Esso rinvia in particolare a Kant e Fichte. Nella sua smania di purezza, lautocoscienza non riesce a sfuggire al contenuto empirico, che essa infine sussume nella sua immediatezza e trasfigura acriticamente: ecco allora lidealismo trasformarsi in empirismo volgare (gemeiner Empirismus) ovvero in empirismo assoluto[77]. E un empirismo ben peggiore di quello contro cui Kant e Fichte prendono posizione. Lempirismo propriamente detto una forma legittima di protesta contro un universale che non sa sussumere il particolare ovvero, per dirla con lEnciclopedia, contro le teorie astratte dellintelletto, il quale non pu per se stesso procedere dalle sue generalit (Allgemeinheiten) al particolarizzamento e alla determinazione[78]. E, ancora una volta, la riflessione politica sintreccia con quella epistemologica. Nel rifiutare la trascendenza teologica e quella sorta di trascendenza secolarizzata che un dover essere destinato a rimaner per sempre un aldil, lempirismo contiene limportante principio della libert. Rifiutata ogni forma di evasione: quello che luomo vuole ammettere nel suo sapere, deve esso stesso vederlo, vi si deve esso stesso sapere presente[79]. Epper, nella misura in cui nega alluomo la possibilit di procedere oltre la percezione, di elaborare categorie e concetti universali, da dottrina della libert lempirismo si trasforma in dottrina della illibert. Diventano un dato intranscendibile sul piano teorico e pratico limmediatezza sensibile e loggetto, e non solo loggetto naturale, ma in primo luogo loggettivit storica e politica: ora dinanzi al reale nella sua immediatezza luomo pu solo inchinarsi, senza potersi chiedere se e in che misura esso in s razionale[80]. Gi in quegli anni, in polemica contro la rivoluzione francese, si va elaborando quello che pi tardi Schelling definisce e celebra come il vero empirismo o come l'autentico empirismo. A partire dallesperienza, esso afferma l'esistenza di Dio cos come di ogni altra personalit[81], e lafferma non come astratta essenza universale bens come esistenza da riconoscere nella sua immediatezza. In modo analogo, il monarca va riconosciuto come pura

personalit, non gi come figura astratta del "capo di Stato", la sola che negli ultimi tempi [ad opera del movimento costituzionale] si vuol lasciare ai re[82]. Ma se non pu essere fondata sullempirismo, unautentica dottrina della libert non pu neppure essere fondata sulluniversalismo astratto e incapace di determinazione. E in tal modo che procede Fichte. Nel paragonare la sua filosofia (il primo sistema della libert) con la rivoluzione francese, vede luno e laltra accomunati dalla negazione delloggetto: Come quella nazione d all'uomo la libert dalle catene esterne, cos il mio sistema lo libera dai vincoli delle cose in s, dalle influenze esterne, e lo pone, fin dal primo assioma, come ente autonomo[83]. Secondo Hegel, proprio questa negazione enfatica delloggetto in quanto tale a configurare il pericolo dellempirismo volgare o assoluto. Nettamente separato dalla realt empirica, il concetto, per evitare il suo annientamento, deve in qualche modo derivare il suo contenuto da questa medesima realt empirica cos sdegnosamente rifiutata. Lidealismo che, nella sua ritrosia verso il mondo esterno, assolutizza la soggettivit e il dover essere, finisce non solo per assumere surrettiziamente un determinato contenuto empirico, ma anche per trasfigurarlo: lempirico, che nel mondo come comune (gemein) realt viene cos giustificato e innalzato ad una superiore dignit[84]. Levoluzione soprattutto di Fichte che, fino ai Discorsi, aveva sostenuto entusiasticamente sia il sovversivismo radicale e anarchicheggiante della rivoluzione francese sia lespansionismo post-termidoriano e napoleonico, era l a evidenziare i gravi limiti e pericoli di ununiversalismo capace di definirsi solo in contrapposizione alla determinatezza e al particolare. Emerge cos un nuovo fondamentale capitolo del grandioso trattato epistemologico-politico contenuto nellopera di Hegel. Non siamo in presenza di un ripiegamento opportunistico o conservatore, come ritiene invece Lukcs. Significherebbe dimidiare e rendere irriconoscibile o incomprensibile questo trattato voler espungere il capitolo da ultimo esaminato. Il disagio di Lukcs rinvia alla tradizione culturale e politica alle sue spalle. La sacra

famiglia accomuna in un giudizio benevolo il terrorismo rivoluzionario e l'espansionismo napoleonico[85] che, nel procedere ad una sorta di esportazione della rivoluzione, liquida manu militari gli istituti feudali che incontra sul suo cammino e ogni resistenza nazionale. Per Hegel, si tratta in entrambi i casi di un universalismo astratto e aggressivo. In effetti, tracce di universalismo aggressivo possono ben essere riscontrate gi in Marx che, come dimostra in particolare il giudizio positivo su Napoleone e linsistente appello ad una sorta di democratica crociata internazionale contro la Russia zarista e autocratica, sembra avvertire fortemente il fascino dellesportazione della rivoluzione. Da questo punto di vista pi vicino alla lezione hegeliana Lenin, ben pi sensibile, anche per oggettive circostanze storiche, alla questione nazionale, e che condanna in modo inequivocabile lespansionismo napoleonico, fino al punto di considerare come una giusta guerra di difesa e di liberazione nazionale la resistenza opposta dalla Prussia degli Hohenzollern[86]. Non a caso, il rivoluzionario russo ha letto e annotato le pagine gi citate delle Lezioni sulla filosofia della storia che tracciano il bilancio della vicenda napoleonica[87]; e non a caso egli cita e sottoscrive la formula magnifica della Logica secondo cui luniversale devessere tale da abbracciare in s la ricchezza del particolare[88]. Pi tardi, il socialismo reale avvertir il bisogno di distinguere dallinternazionalismo il cosmopolitismo (ignaro del senso della responsabilit nazionale) e cos, inconsapevolmente, effettuer una sorta di ritorno a Hegel. Dopo aver celebrato come una grande conquista storica lelaborazione del concetto universale di uomo, la Filosofia del diritto ( 209 A) aggiunge per che esso non deve sfociare nel cosmopolitismo e nellindifferenza o contrapposizione rispetto alla concreta vita statale. 5. Empirismo volgare, positivismo acritico e critica dellideologia Sulla scia di Hegel, anche Marx respinge lempirismo ingenuo (e di segno conservatore) che condanna le

astrazioni in nome di un concreto inteso come immediatezza. In realt, ben lungi dallessere sinonimo di immediatezza intuitivo-sensibile, il concreto concreto perch sintesi di molte determinazioni ed unit, quindi del molteplice[89]. Marx sottolinea con forza il valore che nella scienza hanno le astrazioni[90] e la forza di astrazione in quanto tale[91]; si tratta di distinguere le false astrazioni[92] da quelle corrette. Daltro canto, le astrazioni non sono un prodotto meramente mentale, sono espressione della realt[93]. Ci pu ben essere unastrazione reale che prende corpo nel processo di produzione sociale[94]. C un esempio clamoroso (desunto dalla Sacra Famiglia): lastrazione da ogni umanit e persino dalla parvenza dellumanit praticamente compiuta nel proletariato sviluppato[95]. Daltro canto, quando leggiamo che nella societ capitalistica il proletario costretto allesistenza astratta di un mero uomo-da-fatica (Arbeitsmensch)[96] non possiamo non pensare al servo (di cui parla Chi pensa astrattamente?), privato della sua concreta dignit umana e fissato nellastratta determinazione di un rango sociale collocato a infinita distanza da quello del padrone. Persino il capolavoro della maturit presenta un fondamentale punto di contatto con la Fenomenologia. Questa prende le mosse dalla certezza sensibile di cui, in contrapposizione allopinione corrente, vengono messe in rilievo lestrema povert e astrattezza: per attingere la concretezza bisogna procedere ben al di l dellimmediatezza, necessario passare attraverso la fatica del concetto... Memorabile lattacco del Capitale: La ricchezza delle societ nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta come unimmensa raccolta di merci e la merce singola si presenta come sua forma elementare. Ma non certo rimanendo fermi a questa certezza sensibile e a questa astrazione, risultato del lavoro astratto, che si pu cogliere lessenza della societ capitalistica... Hegel agisce in profondit anche nelle critiche a lui rivolte. Quando il giovane Marx lo condanna per il fatto che il suo idealismo finirebbe col rovesciarsi in un positivismo falso ovvero in un positivismo acritico che

sussume surrettiziamente e senza vaglio critico quei contenuti empirici rispetto ai quali esso pretende di proclamare la propria incontaminata purezza[97], quando argomenta in tal modo chiaro che il discepolo ritorce contro il maestro la lezione da lui appresa: si pensi alla condanna gi vista della filosofia kant-fichtiana come una forma di gemeiner o absoluter Empirismus. A ben guardare prende le mosse proprio di qui un tema centrale del pensiero di Marx, e cio la critica dellideologia: lidealismo enfatico si rovescia in un assoluto empirismo etico e scientifico[98]. A sottolinearlo gi Hegel, il quale denuncia lo stravolgimento e truffa insiti nella legislazione pratica della ragion pura kantiana. La vuota identit e tautologia della moralit che vuole solo se stessa non solo non riesce a negare loggetto ma finisce col conferire, surrettiziamente, lassolutezza che nel principio ad un contenuto empirico determinato, il quale vien cos innalzato alla dignit di assoluto. La controparte della conclamata purezza della coscienza morale lassunzione di un contenuto empirico per vie traverse e tortuose, senza il controllo della ragione, con la grave conseguenza allora che ogni determinatezza pu essere innalzata a dovere. In questo senso la tautologia e lunit analitica della ragion pratica non solo qualcosa di superfluo, ma, nella piega che prende, anche qualcosa di falso e deve essere riconosciuto come il principio dellimmoralit (Unsittlichkeit)[99]. Empirismo assoluto e ideologia insorgono nellambito della dialettica di astratto e concreto, di universale e particolare: un particolare vizioso assume la forma delluniversale astratto e cos conosce un processo di trasfigurazione. Lo stravolgimento, la truffa e limmoralit sorpresi da Hegel diventano poi la mistificazione bollata da Marx. Resta il fatto che la denuncia dellideologia eredita il pathos morale che gi caratterizza la critica dellempirismo volgare o assoluto. 6. Marx, Hegel e lastrazione Ma, accanto allinfluenza appena notata, unaltra si fa

sentire, contraddittoria con la prima. Con riferimento alla filosofia idealistica, il giovane Marx contrappone il tedesco in quanto pensiero astratto al francese in quanto lingua della politica e dell'intuizione pensante[100]: come non leggere qui la presenza di Feuerbach e, pi in generale, della reazione empiristica in quegli anni sviluppatasi in Germania? L'astrattezza di una sfera politica indipendente dai rapporti economicosociali (rimproverata a Hegel) l'astrattezza dello Stato politico moderno, il quale riposa sul presupposto che i rapporti sociali hanno soltanto un significato privato, nessun significato politico[101]: nella sua forma pi sviluppata, lo Stato borghese si limita a chiudere gli occhi e a dichiarare che certe opposizioni reali non hanno carattere politico, che esse non gli danno noia[102]. Fin qui, nonostante la polemica contro Hegel, da lui Marx sembra desumere, in modo geniale, l'impostazione epistemologica di fondo. L'astrazione non solo un processo logico, ha una corposa realt: astratto da considerare lo Stato politico per il fatto di riposare sulla separazione (Trennung) o astrazione dalla societ civile[103] ovvero sull'astrazione dell'uomo politico[104], cui hanno il torto di rimaner fermi Rousseau e Hegel. A questo punto emerge un problema di fondo: il successivo sviluppo storico chiamato a ridefinire la sfera politica, superando le astrazioni indeterminate e false su cui riposa la teoria e la realt dello Stato borghese moderno, o, invece, chiamato a riassorbire nella concretezza della societ civile lastrazione in quanto tale dello Stato politico e delluomo politico? A contrassegnare la modernit non solo l'astrazione dello Stato politico. Sulla scorta di Blackstone, il grande giurista inglese del Settecento, possiamo ricostruire il processo di progressiva astrazione che a fondamento dell'ordinamento giuridico moderno. Lo jus talionis delle societ primitive sembra caratterizzato da un'assoluta concretezza: all'occhio strappato alla vittima deve corrispondere l'occhio da strappare al criminale: membrum pro membro! Ma che ne della concretezza e della concreta eguaglianza di questo scambio allorch la vittima, gi per una qualsiasi ragione priva di un occhio, diviene

totalmente cieca in seguito ad unaggressione? Giustizia vorrebbe che a subire questa sorte sia anche il criminale. Dunque, ad essere presa in considerazione ora la vista pi che il singolo occhio[105]; e cio, nel tentativo di tener fermo alluguaglianza dello scambio nella sua concretezza, si in realt passati dal membro concreto alla funzione astratta. Ancora pi radicale ovviamente il processo di astrazione che conduce all'elaborazione di categorie generali come quelle di norma, reato e pena... Qualcosa di analogo possiamo notare anche a proposito dell'economia. Certamente meno concreto del baratto il ricorso alla moneta, suscettibile di tradursi in pi merci (e valori duso) e ancora pi astratta l'odierna carta di credito, suscettibile di tradursi in questa o in quella moneta. Daltro canto, pi astratto del lavoro artigianale, direttamente finalizzato alla produzione di valori duso, il lavoro caratterizzante la moderna societ industriale. Come per il diritto, anche per leconomia la produzione delle astrazioni una caratteristica oggettiva dello sviluppo sociale e della regolamentazione di una societ complessa. Di ci ovviamente consapevole Marx, che ci ha anche lasciato analisi starordinariamente fini di questo o quellaspetto di tale dialettica. In particolare, i Grundrisse denunciano la tendenza allidealizzazione di una mitica pienezza originaria a partire dalla fuga dalle astrazioni che dominerebbero la modernit[106]. Daltro canto, nella sua lotta per la regolamentazione legislativa dellorario di lavoro, il movimento operaio si dovuto scontrare con coloro che allastratta norma giuridica contrapponevano la concretezza del contratto e dei rapporti inter-individuali. Almeno ai suoi inizi, la stessa introduzione dello Stato sociale ha dovuto fronteggiare le proteste e la resistenza di coloro che guardavano con sgomento al subentrare, nel soccorso ai poveri, dello Stato alla beneficenza individuale, ispirata da sentimenti ben pi concreti e ben pi calorosi dell'astratta e fredda norma giuridica generale. Dunque, non solo la lezione di Hegel ma anche lesperienza di lotta politica e sociale contribuiscono a tener distante Marx dallingenuo pathos di un concreto identificato con limmediato e lindividuale. Epper, abbiamo visto per un

altro verso linfluenza feuerbachiana e della reazione empirista. Forse di qui bisogna prendere le mosse per comprendere il fatto che, sia pure attraverso oscillazioni e contraddizioni, faccia capolino lattesa per lestinzione dello Stato, pi in generale lattesa per il finale riassorbimento delle astrazioni dello Stato, del mercato ecc. nel concreto dei rapporti inter-individuali. 7. Astrattezza del citoyen e astrattezza del bourgeois Abbiamo visto Marx criticare lastrazione dello Stato politico moderno. Non assente in Hegel la critica dellindebita astrazione della sfera giuridico-politica dalle condizioni materiali di vita: rispetto al problema di procurarsi i mezzi di sussistenza, il diritto in quanto tale solo un'astrazione[107]; la vita che laffamato deve in qualche modo salvare, ha un diritto contro il diritto astratto[108]. In determinate circostanze, lo Stato stesso pu costituire un'astrazione (Abstraktion), come, dato l'aspro contrasto (Gegensatz) tra patrizi e plebei, avviene nella Roma antica [109]. L'astrazione qui criticata per lappunto la mancata presa in considerazione dei rapporti economico-sociali, cio la separazione dell'uomo soggetto del diritto e del cittadino dal membro della societ civile, dal bourgeois. Per dirla con la Filosofia del diritto ( 190), al livello dei bisogni propri del membro della societ civile, del bourgeois, che la rappresentazione di uomo acquista un carattere concreto. Se anche formalmente libero sul piano giuridico e cittadino al pari degli altri, colui che rischia la morte per inedia viene in realt a subire una totale mancanza di diritti e a trovarsi quindi in una condizione simile a quella dello schiavo. A contestare allaffamato esposto al pericolo dellinedia il diritto assoluto di procurarsi il pezzo di pane capace di procurargli la sopravvivenza pu essere solo lintelletto astratto[110]. Non lecito sbarazzarsi del problema della miseria di massa e del mancato appagamento dei bisogni concreti di una larga fascia della popolazione, limitandosi a rinviare alla libert e uguaglianza propria della sfera giuridicopolitica ovvero alloggettivit delle leggi delleconomia e

del mercato, e cio allastratto dei traffici e dei commerci[111]. Dunque, prima ancora che in Marx, gi nello Hegel qui analizzato astratta la libert delluomo e del cittadino che prescinda dallappagamento dei bisogni del bourgeois, cio del membro della societ civile. Nel leggere e criticare il gi citato 190 della Filosofia del diritto, Marx incorre in un fraintendimento. Dato che solo in quanto bourgeois l'uomo diviene concreto, evidente- commenta Il capitale- che nella societ borghese, il generale o il banchiere gioca un grande ruolo, mentre l'uomo in quanto tale gioca un ruolo piuttosto mediocre[112]. In realt, il bourgeois di cui qui si parla il membro non della classe borghese ma della societ: una figura che certo pu sussumere il generale o il banchiere, ma sussume anche e in primo luogo il proletario. Sottolineando il fatto che, per superare lastrattezza e divenire concreto, il discorso sull'uomo e i diritti dell'uomo presuppone l'appagamento dei bisogni, Hegel intende richiamare lattenzione su quelli che definisce esplicitamente i diritti materiali, sulla dimensione positiva oltre che negativa del diritto. Ma ecco che in altre pagine si assiste ad un sensibile mutamento di prospettiva. Le Lezioni sulla filosofia della storia tracciano questo bilancio dellavvento dellImpero romano: Il dispotismo [...] introduce luguaglianza. Questa assume anche la caratteristica della libert, ma solo di quella astratta, di quella del diritto privato [...] Perci tutti, eccetto lautocrate, sono solo sudditi, persone astratte, che stanno fra loro solo in rapporti giuridici [113]. La categoria di astrazione svolge qui un ruolo centrale: lo spirito del mondo romano il dominio dellastrazione[114]; pi volte Hegel richiama l'attenzione sulla fredda astrazione quale principio romano[115], sulla astratta universalit del mondo romano[116]. Anche in questo caso, astratto non ha un significato univocamente negativo: l'astratta uguaglianza delle persone private comporta anche l'emancipazione di un gran numero di schiavi[117]. Astratta qui la libert del bourgeois che, pur senza essere associata alla libert del citoyen e alla sua partecipazione alla vita pubblica,

costituisce tuttavia una conquista fondamentale ( un passo importante in direzione della realizzazione delluguaglianza giuridica). In conclusione, se astratta la libert delluomo e del cittadino privo dei mezzi di sussistenza, astratta anche la libert del bourgeois, impossibilitato a partecipare alla vita politica. E' solo nel primo dei due significati che la critica della libert astratta ha fatto scuola nella tradizione ovvero nella vulgata marxista. Ci comporta un grave inconveniente: l'astrazione viene letta solo in riferimento ad una dimensione della libert, sicch astratto tende ad assumere una connotazione univocamente negativa, mentre il concreto finisce con l'identificarsi con l'intuitivosensibile ovvero col materiale. Hegel ci mette di fronte ad un modello pi complesso e pi ricco. Ogni dimensione della libert pu essere astratta dalle altre: e, ancora una volta, questa astrazione non solo un processo logico ma anche un dato reale. Essa pu persino essere il risultato pi o meno obbligato di una situazione oggettiva; in determinate circostanze la coesistenza tra le diverse dimensioni della libert pu risultare problematica e persino impossibile, ma ci non significa che si debba considerare astratta (in senso univocamente negativo) la dimensione da cui, ad esempio per l'insorgere di uno stato d'eccezione, si costretti a fare astrazione. 8. Astratto/concreto, formale/sostanziale Alla coppia concettuale astratto/concreto chiaramente connessa quella formale/sostanziale. Anche questultima coppia ben presente in Hegel: La libert ha in s una doppia determinazione. Luna riguarda il contenuto della libert, la sua oggettivit, la cosa stessa. Laltra riguarda la forma della libert, in cui il soggetto si sa attivo: perch lesigenza della libert che il soggetto vi abbia conoscenza di s, e vi assolva il proprio compito, essendo suo interesse che la cosa si realizzi[118] . Per quanto riguarda la prima determinazione, nella libert oggettiva o reale rientrano la libert della propriet e la libert della persona: cessa con ci ogni illibert del

vincolo feudale, decadono tutte le norme derivate da quel diritto, le decime, i canoni; sempre in questo ambito sono inoltre da collocare la libert dei mestieri, cio il fatto che sia concesso alluomo di usare delle sue forze come vuole, e il libero accesso a tutte le cariche statali. Dunque, la libert oggettiva o reale implica il superamento, a livello politico e sociale, dei rapporti feudali o semifeudali; ma essa pu anche sussumere diritti materiali che vanno o tendono ad andare al di l dellordinamento scaturito dalla rivoluzione francese: essenziale , come abbiamo appena visto, la libert dei mestieri, epper non si tratta solo del fatto che il cittadino possa esercitare un mestiere; egli deve anche ricavarne un guadagno[119]. Analizziamo ora la seconda determinazione: la libert formale lelaborazione e la realizzazione delle leggi[120]; essa cio costituisce il momento del consenso soggettivo. La libert formale dovrebbe essere il veicolo della libert reale. Quando ci si verifica, abbiamo il libero volere della libert, e cio ladesione e il consenso soggettivo e consapevole agli istituti politico-sociali che realizzano la libert oggettiva. Ma nel concreto di una determinata situazione storico-politica la libert formale pu entrare in collisione con quella reale. Non c armonia prestabilita tra queste due dimensioni pur entrambe essenziali. Laccidentalit di sentimenti, consuetudini e tradizioni pu far s che alla libert reale venga a mancare il consenso; la libert formale pu negare quella reale e aggrapparsi a istituti che sono la negazione della libert e della ragione, che sono al di qua della rivoluzione francese e dello sviluppo storico moderno. Per il formale qui in discussione si possono far valere, e a maggior ragione, le considerazioni gi sviluppate a proposito dellastratto. Quella formale una dimensione essenziale della libert. Certo, pu aver luogo un processo di indebita e unilaterale astrazione e separazione di una dimensione dallaltra. E, in questo caso, formale assume una connotazione riduttiva. Un esempio particolarmente clamoroso, dal punto di vista di Hegel, la Polonia: le continue discussioni della dieta sono certamente un

momento di libert formale, che per viene utilizzata al fine di perpetuare lo strapotere dei baroni e la servit della gleba. Unanaloga collisione, sia pure in forma pi blanda, si verifica in Inghilterra. Qui la libert formale nella discussione di tutti gli affari di Stato, ha luogo in sommo grado: lo dimostrano i dibattiti parlamentari, la consuetudine delle pubbliche riunioni in tutte le classi, la libert di stampa. E qualcosa di affascinante. Sembravano esserci tutte le condizioni favorevoli per realizzare i princpi francesi della libert e delluguaglianza. E tuttavia, per una serie di ragioni, ci non si verificato. Lantico regime stato intaccato in misura solo molto parziale: nel complesso, la costituzione inglese rimasta la stessa sin dai tempi del dominio feudale, e si fonda quasi esclusivamente su vecchi privilegi[121]. Laristocrazia che ha strappato alla Corona la libert formale se ne serve per impedire incisive riforme antifeudali, per ostacolare o bloccare il processo di realizzazione della libert oggettiva, e cio del diritto razionale[122]. Ma come la libert formale pu separarsi e subire un processo di astrazione dalla libert reale, cos anche questa pu essere separata e astratta dalla libert formale. Dispotiche riforme dallalto possono intaccare lantico regime e introdurre libert della persona e libert della propriet (che viene cio liberata dai vincoli feudali); ma a tale sviluppo della libert reale non corrisponde, o vi corrisponde solo parzialmente e con ritardo, lo sviluppo della libert formale. questa la situazione della Germania, e in particolare della Prussia cos come si venuta configurando a partire dalle riforme dellera Stein-Hardenberg. Grazie ad esse comincia a penetrare la libert oggettiva (da esse data, secondo Engels, linizio della rivoluzione borghese in Prussia e in Germania)[123], ma non la libert formale: Federico Guglielmo III non mantiene le sue promesse di rinnovamento costituzionale, anche se Hegel continua a sperare che la libert formale finisca, prima o dopo, col mettersi alla pari con quella sostanziale. In conclusione, la visione nichilistica della libert astratta o formale, che ha prevalso nella tradizione o

nella vulgata marxista, rappresenta un indubbio impoverimento rispetto alla pi articolata hegeliana. Epper questultima ha essa stessa contribuito, con le sue debolezze, a stimolare tale esito. Torniamo allesempio della Polonia. I rapporti politico-sociali qui vigenti vengono descritti come una situazione di sfasatura o di conflitto tra libert reale (assente) e libert formale (ampiamente sviluppata). Tale modello potrebbe essere applicato per descrivere gli USA precedenti labolizione della schiavit ovvero il Sud Africa dellapartheid e il Sud degli USA scaturito dalla guerra di Secessione e esso stesso a lungo caratterizzato dalla segregazione e discriminazione razziale. Ma del tutto soddisfacente questo modello? Chi sono i soggetti titolari della libert formale? Nei paesi qui presi in considerazione vediamo in atto non la libert formale in quanto tale, bens una libert formale inficiata da terribili clausole desclusione, che investono i servi della gleba, gli schiavi, i neri. Per tutti questi soggetti viene ad essere negata la stessa libert formale. A risultati analoghi si giunge se, invece che quella dei servi della gleba, degli schiavi o dei neri costretti a subire un regime di white supremacy, analizziamo la condizione dei proletari nella societ capitalistica. Secondo Marx, essi risultano sottoposti in fabbrica, nella sfera della produzione, ad un vero e proprio dispotismo[124] (ed anche in questo senso che sono schiavi salariati). E di nuovo emerge il problema: dobbiamo parlare di sfasatura tra le due dimensioni della libert o dobbiamo mettere in evidenza le persistenti clausole desclusione della stessa libert formale, che dunque, per gli esclusi, diviene sinonimo di inganno e mistificazione? A proposito della Polonia Hegel fa questa terribile descrizione: La libert polacca non era altro che la libert dei baroni contro il monarca, libert per cui la nazione era asservita ad assoluta servit [...] Quando si parla di libert, si deve sempre attentamente osservare se non siano in realt interessi privati quelli di cui si tratta[125]. E il conflitto che gi conosciamo: in determinate

circostanze la libert sostanziale pu essere pi importante di quella formale, senza per che questa si riduca a pura nullit. Epper, le situazioni sopra elencate possono essere descritte anche in un altro modo, pur sempre suggerito da Hegel. Le persistenti clausole desclusione stanno a dimostrare che siamo ancora al di qua del concetto di uomo astratto, universale, come risulta in modo particolarmente evidente dal trattamento inflitto ai neri, ma anche dalla riduzione a cosa cui sono sottoposti gli schiavi, i servi della gleba, gli stessi schiavi salariati. Nel corso della sua storia il movimento socialista si trovato a dover lottare contro lesistente societ borghese da due diversi punti di vista. Esaminiamo il primo prendendo le mosse da Lassalle il quale, con lo sguardo rivolto alla discriminazione censitaria dei diritti politici, critica in questi termini i liberali del suo tempo: I diritti che il liberalismo vuole [...], non li vuole mai per l'individuo (in quanto tale), ma sempre per l'individuo che si trovi in una situazione particolare, che paghi certe tasse, sia fornito di capitale ecc.[126]. Agli occhi del discepolo di Hegel, il limite di fondo del liberalismo l'incapacit di comprendere e formulare il concetto universale di uomo e di individuo, l'incapacit di innalzarsi alla figura dell'uomo astratto, universale, facendo astrazione non solo dalle determinazioni di censo, ma anche da quelle relative alla razza e al sesso. Ma mentre ancora al di qua della costruzione della figura dell'uomo astratto, universale, la societ borghese si rivela incapace di fornire ad essa concretezza a causa della radicale separazione, dellarbitraria astrazione cui essa procede della sfera giuridico-politica dalla sfera dellappagamento materiale dei bisogni. A tutto ci, si deve aggiungere il conflitto che in determinate circostanze pu insorgere tra libert formale e sostanziale. La complessit oggettiva di questa situazione non stata padroneggiata sul piano teorico: ed qui che ha il suo luogo dorigine la scorciatoia rovinosa della liquidazione della libert formale e astratta in quanto tale. Dopo aver citato il brano in cui Hegel denuncia nel dominio dei baroni e nellassoluta servit del popolo il reale contenuto della

formale libert polacca, Lenin sottolinea con favore lattenzione dal filosofo prestata ai rapporti di classe[127]. Losservazione pertinente e calzante, ma tende ad assolutizzare un aspetto sia pur essenziale o decisivo e dunque a far coincidere il concreto e il sostanziale col materiale dei rapporti di classe. Il conflitto possibile tra libert formale e sostanziale dileguato perch dileguato il primo dei due termini.La liquidazione della libert formale e astratta ha pesato in modo catastrofico nella storia del socialismo reale, anche se ingenuamente ideologico si rivela il consueto approccio che assolutizza tale elemento, perdendo di vista lo stato deccezione permanente che ha contrassegnato la storia di quel regime politico-sociale. Resta il problema di un bilancio teorico. Nella tradizione e vulgata marxista i limiti insiti nella hegeliana coppia concettuale formale/sostanziale (la libert formale viene definita indipendentemente dal soggetto che ne titolare) si sono sommati allambiguit insita nella polemica marxiana contro lastrattezza rimproverata a Hegel (accusato di aver tenuto artificiosamente separato il soggetto della societ politica dal membro della societ civile). Si cos verificato un pesante slittamento dalla critica delle clausole desclusione della libert formale alla liquidazione della libert formale in quanto tale. I due atteggiamenti sono tra loro contraddittori: la critica delle clausole desclusione (a danno ad esempio dei popoli coloniali o in atto nella sfera di produzione della stessa metropoli capitalistica) implica evidentemente il riconoscimento del valore della libert formale. Daltro canto, una cosa respingere lassolutizzazione di questa dimensione mettendo in evidenza il possibile conflitto che pu intervenire con altre dimensioni altrettanto essenziali (secondo il modello hegeliano), altra cosa, ben diversa, cancellare uno dei termini del conflitto e quindi il conflitto stesso (con atteggiamento speculare rispetto alla tradizione liberale che identifica la libert negativa con la libert in quanto tale).

[1] Trattato teologico-politco, cap. XVIII.

[2] Due trattati sul governo, II, 112. [3] A tale proposito rinvio ad una mia monografia su Nietzsche in corso di pubblicazione presso Bollati Boringhieri. [4] E. Burke, The Works. A New Edition, London 1826, vol. IX, p. 281; vol. V, pp. 76-7. [5] Ivi, vol.V, pp. 104 e 79. [6] J. Maistre, Oeuvres compltes, Lyon 1884, ristampa anastatica, Hildesheim-Zrich-New York 1984, t. II, pp. 337-9. [7] E. Burke, The Works, cit., vol. V, pp. 76 e 79. [8] Nella traduzione di Gentz, the method of nature di Burke diviene il divino metodo della natura(gttliche Methodik der Natur): cfr. E. Burke, Betrachtungen ber die franzsische Revolution, a cura di F. Gentz (1793); tale tr. stata ripubblicata, sulla base della II ed. (1794) a cura di L. Iser, e con una Einleitung di D. Henrich, Frankfurt a. M. 1967, p. 70; Haller citato da Hegel (Rph., 258 A, nota). [9] J. Maistre, Oeuvres compltes, cit., t. I, pp. 74-5. [10] I. Kant, Gesammelte Schriften, a cura dellAccademia delle Scienze, Berlin-Leizig 1900 sgg., vol. VIII, p. 276. [11] G. W. F. Hegel, Werke in zwanzig Bnden, a cura di E. Moldenhauer e K. M. Michel, Frankfurt a. M. 1969-1979, vol. XVI, p. 243. [12] D. Losurdo, Metafisica, antimetafisica e storia, in F. Barone et alii, Metafisica. Il mondo nascosto, Roma-Bari 1997, pp. 141-165. [13] Leviatano, Parte III, cap. XXXII. [14] Trattato teologico-politco, cap. I. [15] Due trattati sul governo, I, 55 e 58. [16] I. Kant, Gesammelte Schriften, cit., vol. VIII, pp. 405-6. [17] Enc., 246 Z (= Hegel, Werke in ..., cit., vol. IX, p. 17). [18] Cfr. supra, cap. I; una lettura in chiave teologico-politica e forse pi teologica che politica in M. Theunissen, Hegels Lehre vom absoluten Geist als theologisch-politischer Traktat, Berlin 1970. [19] G. W. F. Hegel, Vorlesungen ber die Philosophie der Weltgeschichte, a cura di G. Lasson, Leipzig 1919-20, p. 611. [20] G.W. F. Hegel, Werke in..., cit., vol. VI, pp. 258-9; una vigorosa ripresa dellapproccio hegeliano in E. Rambaldi, Astratto/concreto, in R. Romano (a cura di), Enciclopedia, vol. I, Torino 1977, pp. 1011 sgg [21] G. W. F. Hegel, Werke in..., cit., vol. XVIII, pp. 121-2. [22] Cfr. D. Losurdo, Hegel e la libert dei moderni, Roma 1992, pp. 76-83. [23] G. W. F. Hegel, Werke in..., cit., vol. II, pp. 578-580. [24] G. W. F. Hegel, Phnomenologie des Geistes, in ivi, vol. III, p. 36. [25] G. W. F. Hegel, Vorlesungen ber Rechtsphilosophie, a cura di K. H. Ilting, Stuttgart-Bad Cannstatt 1973-4, vol. IV, pp. 91 e 534 sgg. [26] Enc., 258 A. [27] G. W. F. Hegel, Werke in..., cit., vol. XI, p. 535. [28] Ivi,vol. II, p. 577. [29] Rph. 209 A. [30] A. Mller, Elemente der Staatskunst (1808-9) in P. Kluckhohn (a cura di) Deutsche Vergangenheit und deutscher Staat (Deutsche Literatur, Reihe Romantik, vol. X), Leipzig 1935, pp. 231-3. [31] A. Mller, Versuch einer neuen Theorie des Geldes mit besonderer Rcksicht auf Grossbritannien (1816), Jena 1922, p. 110. [32] A. de Tocqueville, Oeuvres compltes, a cura di J. P. Mayer, Paris 1951 sgg., vol. II, 1, pp. 1945. [33] Ivi, vol. VI, 1, pp. 52-3 (lettera a H. Reeve del 3 febbraio 1840). [34] In O. Kraus, Aus Heinrich Leos geschichtlichen Monatsberichten und Briefen, in Allgemeine Konservative Monatsschrift fr das christliche Deutschland, Leipzig, Juli-Dezember 1894, p. 1017

(lettera a Gerlach del 23 marzo 1861). [35] G. W. F. Hegel, Werke in..., cit., vol. III, p. 92. [36] S. Kierkegaard, Eine literarische Anzeige (1845), in Gesammelte Werke, tr. tedesca dal danese a cura di E. Hirsch e H. Gerdes, Gtersloh 1983, vol. XVII, p. 116; S. Kierkegaard, Die Schriften ber sich selbst (1847-8), in Gesammelte Werke, cit., vol. XXXIII, pp. 117-8. [37] G. W. F. Hegel,Phnomenologie des Geistes, cit., p. 92. [38] Ivi, p. 82. [39] Ivi, p. 84. [40] A. de Tocqueville, Oeuvres compltes, cit., vol. VI, 1, pp. 52-3. [41] J. L. Talmon, The Origins of Totalitarian Democracy (1952); tr. it. di M. L. Izzo Agnetti, Le origini della democrazia totalitaria, Bologna 1967, p. 11. [42] L. Dumont, Homo aequalis. Gense et panouissement de lidologie conomique, Paris 1977, p. 156. [43] M. Stirner, Der Einzige und sein Eigentum (1844), Stuttgart 1981, pp. 231-5). [44] S. Kierkegaard, Eine literarische Anzeige, cit., p. 115. [45] Aurora, af. 105. [46] F. Nietzsche, Smtliche Werke. Kritische Studienausgabe, a cura di G. Colli e M. Montinari, Berlin/New York 1986, vol. XII, p. 503. [47] La gaia scienza, af. 149. [48] F. Nietzsche, Smtliche Werke, cit., vol. XIII, p. 70. [49] Ivi, vol. XII, p. 492. [50] Ivi, p. 280. [51] Anticristo, af. 25. [52] F. Nietzsche, Smtliche Werke, cit., vol. I, pp. 106-7. [53] Ivi, pp. 879-880. [54] Enc., 246 Z . [55] Al di l del bene e de male, af. 191. [56] G. W. F. Hegel, Werke in..., cit., vol. II, p. 184. [57] F. Nietzsche, Smtliche Werke, cit., vol. XII, p. 347. [58] Ivi, p. 514. [59] Ivi, p. 112. [60] Crepuscolo degli idoli, Il problema Socrate, af. 7. [61] F. Nietzsche, Smtliche Werke, cit., vol. XII, p. 348. [62] Crepuscolo degli idoli, Scorribande di un inattuale, af. 48. [63] Cfr. D. Losurdo, Nietzsche e la critica della modernit. Per una biografia politica, Roma 1997, pp. 43-73. [64] G. W. F. Hegel, Werke in..., cit., vol. VIII, p. 312. [65] Ivi, vol. VI, p. 295. [66] Ivi, vol. XI, p. 452. [67]Ivi, vol. XIX, p. 412. [68] Ivi, vol. XVIII, p. 98. [69] Ivi, p. 53. [70] Ivi, vol. XI, p. 429. [71] Cfr. D. Losurdo, Filosofia della storia contra morale? in Rivista di storia della filosofia, n. 2/97, pp. pp. 271-5. [72] G. W. F. Hegel, Werke in..., cit., vol. I, p. 570. [73] G. W. F. Hegel, Vorlesungen ber die Philosophie der Weltgeschichte, cit., pp. 896-7. [74] G. W. F. Hegel, Phnomenologie des Geistes, cit., p. 440. [75] G. W. F. Hegel, Vorlesungen ber die Philosophie der Weltgeschichte, cit., pp. 927 e 930-931. [76] G. W. F. Hegel, Werke in..., cit., vol. I, p. 458. [77] Ivi, vol. II, p. 403; ivi, vol. III, p. 184. [78] Enc., 37.

[79] Enc., 38 A. [80] Enc., 38 Z. [81] F. W. J. Schelling, Grundlegung der positiven Philosophie. Mnchner Vorlesung WS 1832/33 und SS 1833, a cura di Horst Fuhrmans, Torino 1972, p. 271. [82] In Knig Maximilian II von Bayern und Schelling, Briefwechsel, a cura di L. Trost e F. Leist, Stuttgart 1890, pp. 199-200. [83] J. G. Fichte, Briefwechsel, a cura di H. Schulz (Leipzig 1930), ristampa anastatica, Hildesheim 1967, vol. I, p. 449. [84] G. W. F. Hegel, Werke in..., cit., vol. II, pp. 297 e 289. [85] K. Marx- F. Engels, Werke, Berlin 1955 sgg, vol. II, p. 130. [86] D. Losurdo, Fichte, la resistenza antinapoleonica e la filosofia classica tedesca, in Studi storici, n. 1/2, 1983, pp. 208-216. [87] V. I. Lenin, Quaderni filosofici, a cura di L. Colletti, Milano (II ed.) 1969, p. 319. [88] Ivi, p. 89. [89] K. Marx- F. Engels, Werke, cit., vol. XIII, p. 632. [90] Ivi, vol. XX, p. 20. [91] Ivi, vol. XXIII, p. 12. [92] Ivi, vol. XX, p. 502. [93] K. Marx, Grundrisse der Kritik der politischen Oekonomie, Berlin 1953, p. 25. [94] K. Marx- F. Engels, Werke, cit.,vol. XIII, p. 18. [95] Ivi, vol. II, p. 38. [96] Ivi, Erg. Bd. I, p. 524. [97] Ivi, pp. 573 e 568. [98] G.W. F. Hegel,Werke in..., cit.,, vol. II, p. 297. [99] Ivi, pp. 463-4. [100] K. Marx- F. Engels, Werke, cit., vol. II, p. 40. [101] Ivi, vol. I., p. 284. [102] Ivi, vol. II, p. 101. [103] Ivi vol. I, pp. 321-2. [104] Ivi, p. 370. [105] W. Blackstone, Commentaries on the Laws of England (facsimile della prima edizione del 1765-1769), con una intr. di Th. A. Green, Chicago & London 1979, vol. IV, p. 13. [106] K. Marx, Grundrisse..., cit., pp. 80-2. [107] G. W. F. Hegel, Vorlseungen ber die Philosophie der Weltgeschichte, cit., p. 698. [108] G. W. F. Hegel, Vorlesungen ber Rechtsphilosophie, cit., vol. III, p. 400. [109] Sullo Stato come astrazione e sul diritto negativo, positivo e materiale, di cui si parla in questo paragrafo, cfr. D. Losurdo, Hegel e la libert dei moderni, cit., pp. 233-4 e 399-402. [110] G. W. F. Hegel, Vorlesungen ber Rechtsphilosophie, cit., vol. IV, pp. 341-2. [111] Ivi, p. 626. [112] K. Marx- F. Engels, Werke, cit., vol. XXIII, p. 59; ma un motivo gi presente nella Sacra famiglia: Ivi, vol. II, pp. 41-2. [113] G. W. F. Hegel, Vorlesungen ber die Philosophie der Weltgescichte, cit., pp. 716-8. [114] G. W. F. Hegel, Werke in..., cit., vol. XIV, p. 123. [115] Ivi, vol. XII, p. 374. [116] Ivi, p. 339. [117] G. W. F. Hegel, Vorlesungen ber die Philosophie der Weltgeschichte, cit., p. 692. [118] Ivi, p. 926. [119] Ivi, p. 927. [120] Ivi, p. 927. [121] Ivi, p. 934. [122] Enc., 544 A. [123] K. Marx- F. Engels, Werke, cit., vol. VII, p. 539.

[124] Ivi, vol. IV, p. 469. [125] G. W. F. Hegel,Vorlesungen ber die Philosophie der Weltgeschichte, cit., p. 902. [126] In G. v. Uexkll, Ferdinand Lassalle in Selbstzeugnissen und Bilddokumenten, Hamburg 1974, p. 28. [127] V. I. Lenin, Quaderni filosofici, cit., p. 318.

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