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mediante una pompa posta sotto idoneo battente (pompa d'estrazione del condensato).
Spesso i condensatori dei grandi impianti, anche nucleari, sono divisi in casse d'acqua
separate, figg. 2 e 3. Questo permette di far funzionare metà del condensatore, mentre l'altra metà
dei tubi è in riparazione o in pulitura.
I tubi sono fissati alle piastre tubiere, disposte sui fondelli laterali del recipiente, mediante
mandrinatura, filettatura o raramente saldatura. Le testate costituiscono le camere di ingresso e di
uscita del fluido refrigerante. Disponendo all'interno di esse opportuni diaframmi è possibile
realizzare schemi di circolazione ad uno, due o tre percorsi, come illustrato nella fig. 1. Rispetto al
passaggio doppio, uno semplice con lo stesso numero e dimensione dei tubi, cioè con la stessa
superficie di scambio, e con la stessa velocità dell'acqua, cioè con lo stesso coefficiente di scambio,
richiede una portata doppia, per cui l'incremento della temperatura risulta dimezzato e quindi la
pressione del condensatore risulta più bassa. La potenza di pompaggio può rimanere la stessa, dato
che le perdite di carico interne sono la metà, se anche i condotti esterni sono opportunamente
maggiorati; il costo di impianto è quindi maggiore. I tubi (fino a 40 000 in un impianto nucleare)
vengono in genere raggruppati in banchi, in modo da realizzare una per quanto più possibile
uniforme distribuzione del flusso di vapore e un facile smaltimento dell'acqua di condensa che si
forma sulla superficie dei tubi stessi. A tal fine nei singoli banchi i tubi sono in genere disposti
sfalsati a triangolo. Usualmente hanno diametri esterni di 7/8 ÷ 1" e calibro BWG 18 (BWG,
Birmingham Wire Gauge), Tab. 1. La lega Ammiragliato (una lega Cu-Zn) sta per essere quasi del
tutto soppiantata dall'acciaio inossidabile SS 304 (sicuramente negli impianti nucleari) per i minori
problemi di corrosione, pagando un prezzo in termini di conducibilità termica. Leghe Cu-Ni sono
anche usate per acqua dolce, ma soprattutto per acqua di mare. La tabella 2 riporta le dimensioni
tipiche di condensatori per impianti fino a 500 MW.
Inizialmente la forma dei condensatori a superficie fu prevalentemente di tipo cuneiforme,
ovvero ‘a cuore’, cioè a sezione stringente dall'imbocco all'uscita in relazione alla riduzione del
volume specifico della miscela condensante: ciò al fine di mantenere per quanto possibile inalterata
la velocità del vapore e non compromettere conseguentemente il coefficiente di scambio termico nei
banchi inferiori (condensatori cosiddetti «cinetici», fig. 4).
Successivamente, oltre che a detta prerogativa, il criterio informatore nel disegno dei
condensatori a superficie si è ispirato al contenimento il più elevato possibile della caduta di
pressione del flusso condensante lungo il suo percorso in corrispondenza ai fasci tubieri
(condensatori un tempo cosiddetti «rigenerativi») e ad un'efficace estrazione dei gas incoercibili
(aria) liberati in fase di condensazione. Tali accorgimenti hanno condotto a particolari disposizioni
dei tubi nella sezione trasversale (quali, ad esempio, quelle di fig. 5), in genere basate sulla
sistemazione di opportuni schermi suddividenti l'apparecchiatura in zone cuneiformi. Il vapore
fluisce intorno alla periferia dei banchi di tubi e radialmente verso il condotto centrale di estrazione
gas, la zona a più bassa pressione.
Il contenimento della caduta di pressione del flusso lungo il sistema tubolare, unita ad
un'efficace sistemazione delle zone di estrazione dei gas incoercibili e ad una circolazione
dell'acqua di raffreddamento a doppio passaggio del tipo in controcorrente, consente, nelle moderne
realizzazioni, di contenere la differenza di temperatura lato caldo (cioè tra 1'ingresso del flusso da
condensare e l'uscita del fluido refrigerante) al di sotto dei 3 °C. A questo proposito, merita di
essere sottolineato il significativo beneficio che una anche piccolissima riduzione di tale ∆t (detto
«approach») ha sul guadagno di prestazioni della turbina, se si abbassa la temperatura di
condensazione (influenzando una zona di espansione in cui anche a bassissime variazioni di
temperatura, in virtù dell'altissimo volume specifico del fluido evolvente, corrispondono salti
entalpici per nulla trascurabili 1 ), ovvero, se si innalza la temperatura di uscita del refrigerante, sulla
richiesta di portata d'acqua di raffreddamento (con riduzione del 12-13% all’aumentare di 1 °C),
riduzione che dà luogo a notevoli risparmi nel costo del circuito di raffreddamento, specie nei casi
di refrigerazione in circuito chiuso con torri di raffreddamento.
1
dU = TdS - Pdv; dH = TdS + vdP. L’espansione in turbina sta tra un’isentropica e la curva del vapor saturo. Per
dH dP dH dP
l’espansione isentropica: dH = vdP, =v e, al diminuire di T, crescono v e , anche se diminuisce . Per
dT dT dT dT
dH v
la curva del vapor saturo: a 35 °C (5.628 kPa) è 1.8 kJ / kg K, praticamente il valore massimo, a 100 °C (101.3
dT
kPa) è 1.6 kJ / kg K e a 200 °C (1553 kPa) è 0.6 kJ / kg K.
L’entalpia di condensazione è -2418.62 kJ/kg a 35 °C e -2257.03 kJ/kg a 100 °C.
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t (°C) 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
K•10-4 ata 4.32 5.49 6.64 7.71 8.70 9.46 10.1 10.5 10.7 10.8 10.7
Pertanto per degassare un liquido è necessario mantenere la pressione parziale del gas nella
fase aeriforme al disotto di quella di equilibrio con la concentrazione in fase liquida.
Poiché l'aumento di temperatura diminuisce la solubilità di un gas disciolto, a parità di
pressione parziale, ossia aumenta la pressione di equilibrio a parità di concentrazione, riscaldando
un liquido a pressione costante lo si degassa 4 . Inoltre, poiché all'ebollizione la solubilità di un gas
in un liquido si annulla, in quanto la tensione di vapore del liquido eguaglia la pressione totale – e
quindi la pressione parziale del gas si riduce a zero – conviene, come detto, portare il liquido
all'ebollizione.
Al fine di mantenere permanentemente assente il gas dalla fase aeriforme, occorre sottrarre in
continuazione dall'ambiente sovrastante lo specchio liquido il gas incoercibile che si libera dal
liquido.
Una buona degassificazione richiede tempo, turbolenza e un sistema di sfiato.
3
In effetti, anche con acqua perfettamente disaerata si accusa presenza di ossigeno all'interno dei tubi surriscaldatori,
a causa di dissociazione termica dell'acqua allo stato di vapore ad alta temperatura. Quale indice dell'entità della
corrosione provocata dall'ossigeno - a quelle temperature fortemente aggressivo - si assume spesso il tenore in
idrogeno misurato nel vapore all'uscita dei fasci surriscaldatori.
4
Dato che in un impianto termoelettrico, il condensatore rappresenta il punto più freddo, sarebbe utile,
compatibilmente con altre esigenze, compiere un ulteriore estrazione degli incondensabili in un altro punto del ciclo,
a temperatura maggiore, nel cosiddetto degassatore.
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Il condensato freddo che cade dai tubi più bassi deve avere una sufficiente altezza di caduta e
anche vapore dilavante per il riscaldamento (una parte del vapore passa direttamente al fondo
attraverso un'area di flusso aperto).
I gas estratti dal liquido vengono raffreddati dal 6-8% del totale dei tubi, per diminuirne il
volume specifico e l'umidità, in una zona centrale delimitata da una cappa (fig. 7) che li convoglia
verso la parte più fredda dove inizia il condotto di sfiato 5 .
Per l'estrazione degli incondensabili si possono usare diversi mezzi, ma l'apparecchiatura più
usata, per la sua semplicità, mancanza di parti in movimento e, quindi, ridotta manutenzione ed
elevata affidabilità, è l'eiettore a vapore (steam-jet air ejector, SJAE), utilizzante vapore a media
pressione (qualche centinaio di kPa) in genere prelevato dalla turbina, provvisto allo scarico di un
piccolo condensatore ausiliario per la condensazione e il recupero del vapore, che in tal modo può
essere reimmesso in ciclo.
dalla pompa di
estrazione del
condensato
5
Nella cappa del condensatore, proprio perché la temperatura non è alta, la densità del vapore è trascurabile rispetto a
quella dell’aria, per cui le perdite di vapore sono piccole.
-9-
Dimensionamento di un condensatore
I coefficienti di scambio per il dimensionamento di un condensatore possono essere stimati
dalla fig. 9.
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profondo bacino di raccolta dell'acqua) che reggono la parete di cemento armato, per cui è molto
esteso e per questo poco profondo. Nel tipo "a flusso trasverso" ("cross-flow") il più profondo
graticciato è in un anello esterno ai "trampoli". Quest'ultimo tipo offre una minore resistenza al
passaggio di aria e quindi le velocità dell'aria sono maggiori, ma è meno efficiente.
Sono molto costose, quindi il loro uso è favorito dai lunghi tempi di ammortamento e dalle
economie di scala (grandi potenze di impianto).
Nelle torri a tiraggio forzato, i ventilatori sono generalmente posti in cima (perché il flusso
d’aria è meglio distribuito, le perdite d’aria umida sono minori, la ricircolazione in ingresso
dell’aria in uscita è inferiore, in inverno l’eventuale formazione di ghiaccio sul ventilatore è
evitata), ma, a volte, anche sul fondo, nella zona dove il volume specifico è minore, per ridurre la
potenza di ventilazione.
6
L'umidità relativa è il rapporto tra la pressione parziale del vapore in aria e la tensione di vapore alla temperatura
dell'aria. L'umidità assoluta indica invece la massa di acqua per unità di massa di aria secca.
7
La temperatura di bulbo umido è la temperatura misurata da un termometro, con il bulbo mantenuto umido da garza
o cotone idrofilo bagnati, esposto ad una corrente d'aria. Questa temperatura è tanto più bassa della temperatura di
bulbo secco (quella reale dell'aria), quanto più è secca l'aria, perché aumenta l'evaporazione dell'acqua a contatto del
bulbo e quindi il suo raffreddamento. La temperatura di bulbo umido è la temperatura dell'aria cui far riferimento
lungo tutto il percorso di scambio termico aria-acqua in una torre ad umido e, in particolare, la temperatura di bulbo
umido dell'aria in ingresso è il valore più basso raggiungibile dall'acqua.
8
La temperatura di rugiada è la temperatura a cui inizia a condensare l'acqua presente in un campione di gas; è uguale
alla temperatura di saturazione corrispondente alla pressione parziale del vapore nel campione.