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CAPITOLO 6 (PARAGRAFI 2-3-4-5)

2. LA SFIDA EUROPEA E MONDIALE.

Fin dalla prima metà del XX secolo, lo sport italiano è inserito in un contesto europeo. A partire dalla fine
degli anni 50 le squadre di pallavolo e pallacanestro seguono lo stesso percorso. Lo stadio Mussolini,
aveva accolto i primi campionati d’Europa di atletica, mentre il rugby è stato l’ultimo sport a
europeizzarsi. Nel 2000 dopo i club, anche gli azzurri escono dal loro isolamento con l’accesso al torneo
delle Cinque nazioni, che così passa a Sei. Se l’europeizzazione del rugby italiano può essere fatta
rientrare nel piano di sviluppo della palla ovale. Il calcio deve fare i conti con degli sconvolgimenti che
hanno messo in discussione il predominio dei club italiano, cominciato all’inizio degli anni 80. La
rivoluzione del mercato sportivo televisivo, di cui Berlusconi era stato attore, l’integrazione europea e
l’emergere di nuove ricchezze mondiali diventano i principali fattori di trasformazione del calcio.
L’organizzazione dell’Europa 1996 permette di lanciare una grande campagna di rinnovamento e di
ricostruzione degli stadi, che diventano dei veri e propri complessi commerciali, destinate agli spettatori
consumatori appartenenti alle classi medio-alte. A livello finanziario il calcio inglese domina sui suoi rivali
europei. Le squadre inglesi non hanno saputo convertire la loro prosperità economica in dominio sportivo
su scala europea. I club italiani hanno fatto meglio. Questo relativo declino nelle competizioni europee è
sintomatico se non della fine del calcio italiano, quantomeno di una certa perdita di competitività che si
manifesta sul piano economico, con la valorizzazione dei diritti televisivi della Serie A. A eccezione della
Juventus, i club italiani non sono proprietari dei loro stadi e non sono nemmeno entrati nell’era degli
stadi intesi come centri commerciali. Dopo la fine degli anni 90, l’immagine del calcio italiana è stata
indebolita da una serie di scandali, fra cui Calciopoli. Per fronteggiare la concorrenza europea, i dirigenti
hanno cercato di trovare nuove forme di finanziamento, e squadre come Juventus e Lazio hanno quotato
la loro società in borsa. I guadagni ottenuti dalla vendita delle azioni non venivano però investiti nella
creazione delle infrastrutture. Restano quindi incerte le intenzioni di questi investimenti che si collocano a
cavallo tra i circuiti della finanza internazionale, e il relativo declino del capitalismo italiano. Secondo
l’osservatorio svizzero, le capacità di formare nuovi talenti delle società italiane non sembravano essere
all’altezza di quella dei loro omologhi spagnoli e francesi. Sebbene, al contrario di Francia e Spagna, la
pallamano non abbia mai avuto del tutto preso piede, alla fine della Prima guerra mondiale in Italia si
sono cominciati a praticare gli sport di squadra che prevedevano l’uso delle mani, come pallacanestro e
pallavolo. La pallacanestro viene però superata da quella spagnola, greca e turca, inoltre soffrendo
oltremodo la concorrenza dell’Nba. Non solo ma soffrendo anche la concorrenza della pallavolo, meno
costosa, che ha saputo costruire un vivaio di formazione portata avanti negli anni 80 grazie al minivolley.
La pallavolo però resta comunque competitiva anche se i club devono fronteggiare la concorrenza
finanziaria delle formazioni russe. La globalizzazione dello sport, infatti, riguardava anche l’allocazione
delle competizioni e quelle italiane erano invecchiate.
3. GLOBALIZZAZIONE A DUE E QUATTRO RUOTE.

Fino alla metà degli Ottanta, il ciclismo internazionale, si poteva circoscrivere a una sorta di Europa ad
otto che includeva la Germania, i paesi del Benelux, la Spagna, la Francia, l’Italia e la Svizzera.
Quando nel 1989, l’Unione ciclistica internazionale ha creato la Coppa del Mondo di ciclismo su strada per
stabilire una classifica e una gerarchia internazionale su tutta la stagione ciclistica, l’Italia ha potuto
inserire due prove nelle 12 date selezionate, alle quali si andava ad aggiungere una cronometro disputata
ogni anno in un luogo diverso. Nel 2004 l’Unione calcistica internazionale ha sostituito la Coppa del
Mondo con il Pro Tour. Le prove di questa competizione non si equivalgono, in quanto sono classificate in
diverse categorie della prima e seconda fino alla sesta per le più recenti. La creazione di quello che dal
2011 viene chiamato World Tour aveva anche come obiettivo quello di selezionare le 18 migliori squadre
professionistiche autorizzate a partecipare alle prove dell’Unione calcistica internazionale, mentre le altre
sarebbero state registrate come squadre Continental, ovvero di seconda divisione.
Il successo del Giro d’Italia ha beneficiato anche delle performance dei corridori italiani. Fino alla fine
degli anni Ottanta, hanno infatti conquistato nove volte la Coppa del Mondo. Tra il 1997 e il 2007 sono
ben nove i diversi corridori che portano la maglia rosa fino all’arrivo. Solo Marco Pantani nel 1998 e
Vincenzo Nibali nel 2014 hanno conquistato la Grande Bouclé. Dal 2009 un solo italiano, Vincenzo Nibali,
ha vinto la classica di primavera, la Milano-Sanremo e il Giro di Lombardia. Per partecipare al Giro, le
squadre italiane Continental devono sperare in un invito.
La globalizzazione ha segnato anche l’evoluzione degli sport motoristici. Fino agli anni Sessanta, la
maggior parte delle corse si disputava in circuiti europei o americani e vedeva fronteggiarsi le marche del
Vecchio e del Nuovo continente. Nel 2004 entrano nel calendario Bahrein e Shanghai. Nel 2008 è la volta
di Singapore, seguito un anno più tardi da Abu Dhabi.
A partire dagli anni Cinquanta e sessanta, il motorino rappresenta per milioni di giovani italiani
un’esperienza reale e al tempo stesso un richiamo simbolico alla potenza e alla velocità, prima di poter
cavalcare delle potenti Moto-Guzzi.
Valentino Rossi è riuscito a incarnare questa disciplina trasformandola in uno sport assai popolare in
particolare in Italia e Spagna. Rossi dimostra anche l’importanza della trasmissione di un capitale
culturale-sportivo, poiché il padre Graziano ha vinto tre grandi premi della 250 cc alla fine degli anni
Settanta e si inserisce perfettamente nella trasmissione sportiva italiana dei duelli.
Max Baggi nel 1998 e Valentino Rossi nel 2004 sono stati invitati a Fiorano per una sessione di prova
nell’abitacolo della Ferrari di Formula 1. Per Rossi i risultati sono così convincenti da ipotizzare persino
una seconda carriera nei gran premi automobilistici. Dietro a una scuderia come la Ferrari si nasconde in
effetti un paesaggio non troppo lusinghiero. Il rally rappresenta senz’altro il campo più segnato dalla crisi.
Fino all’inizio degli anni Novanta, la disciplina era stata in parte dominata dalla Lancia. Il suo regno è
seguito da quello della Fiat 131 Abarth nel 1977 e nel 1978, che permette al veneziano Sandro Munari di
conquistare la prima Coppa Fia.
La Formula 1 italiana non si limita alla Ferrari. Fino alla fine degli anni Ottanta, Alfa Romeo vi partecipa o
fornendo dei motori o mettendo in pista due macchine tra il 1979 e il 1985, con diverse fortune e senza
conquistare titoli. Oltre ad Alfa Romeo la Formula 1 italiana ha messo in pista anche scuderie più
modeste come Osella o Minardi che hanno permesso a un futuro campione come Fernando Alonso di
esordire in Formula 1, non c’è dubbio però che sia la Ferrari a simboleggiare la Formula 1.
La Formula 1 resta uno sport pericoloso. Dall’inizio degli anni Cinquanta sette piloti sono morti al volante
di una Ferrari di Formula 1. Nel 1994 in occasione del Gran Premio di San Marino, sul circuito di Imola,
durante le prove muore l’austriaco Roland Ratzenberger e durante la corsa, il campione della Williams-
Renault Ayrton Senna. Bisogna attendere fino al 1999 per rivedere le Ferrari riconquistare il titolo
mondiale. Nel 1986 Luciano Benetton decide di fare un passo ulteriore acquistando la piccola scuderia
britannica Toleman. Gli inizi suscitano simpatia, ma sono poco gloriosi fino a che Benetton non chiama
Flavio Briatore alla guida della scuderia nel 1989.
Il primo successo arriva in modo rocambolesco nel 1990 grazie ad Alessandro Nannini. Nel 1994 e nel
1995 la Benetton conquista due titoli piloti con Schumacher.

4. BRUTTI, SPORCHI E CATTIVI.

La corruzione, il doping e la violenza hanno rappresentato delle forme di patologie sportive esistenti fin
dall’inizio del XX secolo. Inizialmente è l’affarismo fraudolento a marchiare con la sua impronta il mondo
del calcio. Nel giugno 2001, Gian Mauro Borsano viene arrestato. Un altro dei fallimenti più altisonanti
che colpiscono il calcio riguarda un’industria alimentare. Nel 2004, anno in cui Lotito acquista la Lazio,
anche l’AC Parma è paralizzata dai debiti. Gli inquirenti scoprono che 150 milioni di dollari della società
Parmalat sono passati per le casse del Palmerais, società calcistica di San Paolo del Brasile. Tanzi viene
arrestato nel gennaio del 2004 e nel 2014 viene condannato a 17 anni e 4 mesi di prigione. Un anno prima
era nata una società di procuratori chiamata Gea World. Fino al 2006, la Gea World controlla i contratti di
più di 300 giocatori fra cui numerosi azzurri come Buffon, Cannavaro, Conte e di 29 allenatori. Al centro di
una serie di molteplici conflitti di interesse alla Gea World troviamo il nome di Luciano Moggi. Lui viene
accusato di aver pagato delle prostitute agli arbitri degli incontri di Coppa Uefa disputati dal Torino.
All’inizio del 2006, delle intercettazioni telefoniche realizzate dalla procura di Napoli rivelano un gioco di
influenza fra arbitri, dirigenti e agenti, volti ad aggiustare gli incontri. Nel mese di maggio comincia il
processo sportivo di quella che ormai viene chiamata Calciopoli e che porta alla sbarra gli accusatori. Al
processo sportivo il procuratore della Figc vuole mandare la Juventus in Serie C. il club bianconero viene
salvato da questo disonore dai suoi giocatori che conquistano la Coppa del Mondo. La nazionale, la cui
popolarità viene intaccata da Calciopoli, non viene ben accolta al mondiale tedesco del 2006. Dopo
essersi qualificata facilmente vincendo il proprio girone, riesce a evitare la trappola australiana
imponendosi per 1-0 grazie a un rigore di Francesco Totti nel recupero. La finale ha il sapore della rivincita
contro i francesi. Ai rigori l’Italia si impone dopo la traversa di Terzeguet grazie al tiro decisivo di Fabio
Grosso. Una notte di festa sfrenata investe l’Italia.
Dal 2011 al 2017 la procura di Cremona con la collaborazione di quelli di altre città come Bari e Napoli,
indaga su una serie di incontri sospettati di essere stati sistemati che vanno dalla Serie A alla Lega Pro.
Grandi nomi, come Antonio Conte o Rino Gattuso, e giocatori sconosciuti sono sospettati, indagati, o
addirittura arrestati.
Tutto comincia il 14 novembre 2010, quando il difensore della Cremonese Carla Gervasoni perde il
controllo della sua auto tornando da un incontro disputato contro la Paganese e le analisi del sangue
rivelano la presenza di un ansiolitico. Quattro dei suoi compagni di squadra denunciano gli stessi sintomi.
Mentre la giustizia sportiva si dimostra nuovamente assai clemente, la procura di Cremona nel febbraio
2015 mette sotto esame 130 persone, giocatori e dirigenti.
L’inchiesta sul doping nel calcio italiano nasce sulla scia di quanto avviene al Tour de France del 1998.
All’inizio della grande Boucle, un controllo doganale di routine alla macchina di Willy Voet sfocia nella
scoperta di 306 flaconi di marche diverse, 31 ampolle, 8 siringhe, ecc.
Voet confessa ai gendarmi di trasportare tutta questa farmacia su ordine dei suoi dirigenti. La sera della
quarta tappa del Tour la Festina viene esclusa dalla corsa.
Il 13 agosto 1998, l’Espresso pubblica un’intervista a Zeman che rompe un tabù paragonando la
situazione del ciclismo post Tour a quella del calcio. Insiste in particolare sulla rapida trasformazione fisica
dei giocatori della Juventus. Il giudice Raffaele Guariniello comincia infatti a investigare, fa delle
perquisizioni e dei rilievi biologici dei giocatori della Juventus e del Torino. Vengono alla luce la
sostituzione dell’urina e la sua correzione con della Coca Cola. Il medico della Juventus Riccardo Agricola
è condannato a un anno e dieci mesi di prigione. Sebbene alcuni calciatori, come Zinedine Zidane,
chiamati a testimoniare abbiano ammesso l’uso della creatina, il processo doveva dimostrare l’uso di
anabolizzanti e la somministrazione di Epo. L’Epo viene usato ad altri fini in quanto permette di migliorare
il famoso consumo massimale di ossigeno e dunque in sintesi la resistenza, ovvero, la capacità di
mantenere il più a lungo possibile un’attività senza sentire la fatica.
Nel gennaio 1997, l’Unione ciclistica internazionale attiva dei test del sangue destinati a rivelare l’uso di
Epo grazie alla misura del tasso di ematocrito. Un tasso superiore al 50% in un uomo comporta una non
idoneità alla competizione di almeno 15 giorni. Marco Pantani, che ha evitato le forche caudine dello
scandalo Festina e conquistato il Giro e il Tour del 1998, viene trovato positivo nel 1999. A causa di un
tasso di ematocrito del 52%, viene dichiarato inabile a correre e deve lasciare il Giro. Il 6 giugno 2001 la
Guardia di finanza organizza un blitz in occasione della tappa di Sanremo al Giro. Mentre le siringhe e le
fiale vengono caoticamente gettate dalla finestra, gli inquirenti interrogano per buona parte della notta
corridori e accompagnatori. Nella camera di Pantani viene ritrovata una siringa di insulina che gli provoca
una sospensione di 6 mesi. Oltre alla corruzione e al doping, la terza piaga che affligge lo sport italiano
negli anni della globalizzazione è la violenza. Questa violenza esce anche dagli stadi e si diffonde nelle
città, nelle stazioni dei treni e negli autogrill. Il 2 febbraio 2007, delle vere e proprie scene di guerriglia
urbana si svolgono a Catania in occasione del derby con il Palermo, 62 poliziotti sono feriti e l’ispettore
capo Filippo Raciti muore a seguito dei colpi ricevuti. È il primo membro delle forze dell’ordine deceduto a
causa di violenze in occasione di eventi sportivi. Nel maggio 2014 la finale della Coppa Italia disputata allo
stadio Olimpico di Roma tra Napoli e Fiorentina è teatro di violenti scontri. Il tifoso napoletano Ciro
Esposito viene ucciso dai proiettili sparati da un ultrà romanista legato ad ambienti neofascisti.
5. UN POPOLO SPORTIVO?

Nel 2015, secondo un’indagine Istat, il 34,3% della popolazione italiana sopra i 3 anni pratica uno o più
sport. Il 26,5% svolge un’attività fisica. Nel 2018 l’Italia si situa nei primi cinque paesi per la percentuale di
persone che dichiarano di non praticare mai uno sport (62%). Gli uomini praticano più attività sportiva
rispetto alle donne. Si può constatare il picco della pratica tra gli 11 e i 14 anni del 70%. Tra i 18 e i 24 anni
è del 54%, mentre tra i 65 e i 74 anni è del 17,5%.
Sul piano nazionale il 51,4% dei laureati adulti pratica sport.
Perché non si pratica sport? I sedentari invocano la mancanza di tempo, la mancanza di interesse, l’età, la
stanchezza/pigrizia.
Nell’Italia del XXI secolo la pratica sportiva ha una dimensione sociale e culturale, ma costituisce anche
un aspetto non secondario per i consumi. Secondo l’economista Stefano Ambrosetti le spese per lo sport
delle famiglie residenti ammontano a 22 miliardi di euro, pari al 2,3% del totale dei consumi.
La francese Decathlon ha aperto il suo primo negozio in Italia a Baranzate due anni dopo aver sviluppato
la sua produzione di bicilette nel Veneto. La catena conta nel 2018 prodotti delle proprie marche. Le
marche italiane in voga negli anni Settanta e Ottanta come Ellesse, Fila o Sergio Tacchini non sono sparite.
La più importante marca del gruppo resta Kappa. Kappa fornisce numerose squadre di Serie A e B. un
discorso a parte va fatto per le infrastrutture sportive che sono generalmente un campo di intervento dei
poteri pubblici. Il censimento rileva ancora delle forti differenze regionali in quanto, su 11.508 strutture
monitorate il Friuli risulta essere la regione con la più alta media di impianti per mille abitanti, e la
Calabria il fanalino di coda. Il censimento faceva parte di una delle nuove missioni assegnate al Coni da
quando, nel 1999, il decreto Melandri del 23 luglio ha abrogato la legge del 1942 che organizzava il Coni.
L’obiettivo è quello di favorire la massima diffusione della pratica sportiva. La pratica non è semplice
anche perché lo sport è poco presente nella scuola. Il calcio femminile non è ancora completamente
decollato in Italia. Nel giugno del 2017 la Figc censiva meno di 24.000 calciatrici contro le 165.000
francesi. Sono soprattutto tre super campionesse a ispirare le giovani leve dello sport femminile:
Valentina Vezzali, Francesca Schiavone e Federica Pellegrini. Valentina Vezzali, la più grande schermitrice
di tutti i tempi, è la prima donna a vincere tre titoli olimpici consecutivi nel fioretto. Due anni dopo
un’altra campionessa straordinaria decide di ritirarsi: Francesca Schiavone. La Schiavone porta in alto il
tricolore in uno sport che non ha troppo sorriso agli sportivi azzurri: il tennis. Nel 2010 a trent’anni
diventa la prima italiana a conquistare un torneo del grande slam.
La tenacia e la longevità della Schiavone e della Vezzali si ritrovano anche in Federica Pellegrini. La
divinità vince l’oro nel 2008 a Pechino, dove conquista anche il record del mondo, che continua a
detenere nel 2019. Si aggiudica poi 5 titoli mondiali e 7 europei in vasca grande. Ma la Pellegrini diventa
ben presto una star paragonabile a Valentino Rossi.
CAPITOLO 1 PARAGRAFO 4.

CIRCOLAZIONI SPORTIVE.
La storie degli esercizi fisici che potremmo definire preunitari comporta anche una circolazione di uomini,
di tecniche e di idee. Le vittorie degli atleti di Crotone sembrano concentrarsi su due specialità, la lotta e
la corsa. Milone ottiene sei vittorie nella lotta di cui cinque consecutive dalla 62 alla 66 olimpiade tra il
532 e il 512 a.C.
Milone è anche più volte premiato negli altri giochi panellenici: vince sei volte i Giochi pitici a Delfi, dieci
volte i Giochi istmici a Corinto e nove volte quelli di Nemea. La fama di Milone sembra essere stata
universale in tutto il mondo greco e sopravvive alla sua morte. Nel processo di civilizzazione teorizzato da
Elias, l’Italia del XVI secolo svolge un ruolo promotore fondamentale. Le corti principesche e ducali sono
infatti luoghi di elaborazione di nuove norme di comportamento. Antonio Scanio nel suo trattato de
giuoco della palla spiega le diverse regole, in particolare il conteggio dei punti a quindici a cui il tennis
moderno è rimasto fedele. Quando i giocatori sono 45 pari, bisogna ottenere i due quindici successivi per
arrivare al successo. Scanio parla di guadagno semplice, doppio o triplo: semplice, quando la parte
precedente ha guadagnato uno o più colpi; doppio quando quattro quindici sono stati vinti da una sola
parte; infine, triplo se una parte guadagna i tre primi quindici di fila e poi ne perde cinque
successivamente.
Nelle corti principesche italiane vengono anche poste le basi dell’arte equestre e dell’equitazione
moderna. Grisone propone un approccio sensibile a cavallo, invitando il cavaliere alla comprensione della
sua cavalcatura per aiutarlo ad associare equilibrio e impulso. Dopo aver studiato l’arte equestre in Italia
e servito i re di Francia Enrico II ed Enrico III, Antonie Pluvinel de la Brune apre a Parigi un’accademia
destinata a insegnare ai gentiluomini l’arte del cavallo e della spada. Per Pluvinel bisogna cercare di
comprendere il cavallo, entrando in sintonia con lui e giocando con il suo piacere. La medesima
considerazione potrebbe essere fatta a proposito dell’altra arte che si addice a un gentiluomo: la
scherma. L’uso della spada da filo viene inizialmente insegnato da maestri italiani come Achille Marozzo,
che amava farsi chiamare il gladiatore di Bologna e che nel 1536 pubblica Opera Nova
CAPITOLO 5 PARAGRAFO 1.

IL SESSANTOTTO DELLO SPORT.

Fra il 1968 è il 1970 il pallone nazionale conosce una vera e propria resurrezione. Grazie a una serie di
risultati positivi questa disciplina sembra improvvisamente ricordarsi di avere attraversato una fase che
l'aveva collocata ai vertici mondiali. Due coppe del mondo e l'alloro olimpico di Berlino avevano
proiettato l'Italia nell'olimpo delle Nazioni sportive. Il 10 giugno 1968, la nazionale italiana è di nuovo ai
vertici mondiali. Quella sera un manipolo di giocatori e sotto la guida del commissario tecnico Ferruccio
Valcareggi conquista la Coppa Henry Delaunay. Due anni dopo la conquista del trofeo europeo la
nazionale partecipa alla fase finale della Coppa RImet. Quasi 18 milioni di italiani davanti al televisore
assistono al risultato finale che premia l'Italia con quattro gol a tre. In quel clima di generale euforia e
baldanza si prepara la finale della Coppa rimet che si disputa il 21 giugno e, dopo un primo tempo chiuso
sull'uno a uno, viene conquistata Dal Brasile di Pelè, con il punteggio di quattro a uno. La delusione per
quella sconfitta è cocente. La nazionale, al suo rientro in Italia, è accolta da una contestazione aspro dei
tifosi che sembrano perfino aver dimenticato la partita del secolo e la brillante prestazione dei calciatori
azzurri. Al campionato mondiale del Messico erano stati convocati sei giocatori di una squadra che poche
settimane prima aveva vinto il campionato italiano di serie A. Il decennio calcistico si era aperto con lo
scudetto al Milan. Nel 1967 il campionato è vinto dalla Juventus. Nel 1968, due anni prima dei campionati
del mondo di calcio, sempre a Città del Messico si svolgono quelle Olimpiadi che costituiscono uno
spartiacque nel rapporto fra sport e politica. Per i giovani della baby boom generation i giochi olimpici di
quell'anno sono passati alla storia non per un'impresa sportiva ma per una delle più potenti immagini che
si siano mai impresse nella memoria: la foto che ritrae i velocisti afroamericani Tommie Smith e John
Carlos con il pugno chiuso guantato sollevato durante la premiazione della gara dei 200 m, in segno di
protesta contro il razzismo e a sostegno del movimento per i diritti civili. Sei mesi prima di quel gesto
Martin Luther King era stato assassinato ah memphis. Diffidenza, indifferenza è aperta ostilità: Bari sono i
sentimenti dei giovani del 68 nei confronti dello sport e li sintetizza oggi Adriano Sofri come lotta
continua. Nel 1954 il sovietico Kuc Volodymyr vince a sorpresa la medaglia d'oro sui 5000 m ai campionati
europei di atletica leggera di Berna precedendo i favoriti Zatopek e Chataway. In quell'occasione Gianni
Brera pubblica in prima pagina la notizia ed è costretta a dimettersi dal giornale per uno scontro con la
proprietà che gli rimprovera di aver dato troppo risalto alla notizia e lo accusa di filocomunismo. Il 68
pone al centro dell'attenzione un inedito rapporto fra la politica e lo sport. Esemplare al proposito e
anche la disputa della finale di Coppa Davis a Santiago del Cile, nel 1976. In quell'occasione la squadra
italiana sconfigge l'Australia in semifinale e guadagna, per la prima volta nella sua storia, l'accesso alla
finale. La seconda semifinale oppone la squadra dell'unione sovietica a quella del Cile. La nazionale
dell'urss si rifiuta di partecipare all'incontro con una formazione che rappresenta la dittatura del generale
Pinochet. Acceso e il dibattito in Italia circa l'opportunità di partecipare a quella trasferta. Adriano
panatta è intenzionata a partire assieme agli altri giocatori. Ehi decisivo nella vicenda si mostra il ruolo di
Enrico Berlinguer. Il segretario del partito comunista italiano fa arrivare alla squadra italiana un
messaggio nel quale si dichiara favorevole alla trasferta. La finale si svolge dal 17 al 19 dicembre sì a
Santiago e l'Italia riporta una netta vittoria per quattro a uno. Nel corso dell'incontro di doppio Adriano
panatta decide di giocare con una maglietta rossa, in omaggio alle vittime della repressione di Pinochet,
convincendo il suo compagno Bertolucci a fare altrettanto. Anche i giornali che si erano opposti alla
trasferta dopo il successo azzurro magnificano l'impresa senza fare cenno alcuno al colore di quelle
magliette. Mentre la rivolta giovanile è in pieno svolgimento, il 20 maggio 1968 prende il via il Giro
d'Italia. La prima vittoria di Merckx in una grande corsa a tappe vieni a interrompere l'ascesa di felice
gimondi. Il corridore bergamasco è ancora oggi uno dei 7 corridori ad aver vinto tutti e tre i grandi giri,
cioè il Giro d'Italia, il Tour de France, e la Vuelta spagnola. L'anno successivo alla prima affermazione di
Merckx la vittoria alla corsa rosa sarebbe arrisa a felice gimondi a causa di uno dei primi clamorosi
episodi di doping. Infatti il 2 giugno 1969 Merckx, in maglia rosa e già vincitore di quattro tappe, viene
escluso dalla corsa perché trovato positivo al controllo antidoping. Il 68 condiziona anche una disciplina
elitaria come quella dell'alpinismo. All'inizio degli anni 70 nasce un movimento che contesta i metodi e gli
scopi della scalata classica

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