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Formula 1

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Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Formula 1 (disambigua).

Formula 1

Categoria Monoposto

Nazione Mondiale

Prima edizione 1950

Piloti 20

Squadre 10

Motori V6 turbo-ibrido

Pneumatici P Pirelli

Pilota campione Lewis Hamilton


(2020)

Squadra campione Mercedes


(2020)

Sito web ufficiale www.formula1.com

Stagione dell'anno corrente

Formula 1 2021

La Formula 1,[1] in sigla F1, ufficialmente in inglese FIA Formula One World
Championship e indicata in italiano come Formula Uno, è la massima categoria (in
termini prestazionali) di vetture monoposto a ruote scoperte da corsa su circuito definita
dalla Federazione Internazionale dell'Automobile (FIA).
La categoria è nata nel 1948 (in sostituzione della Formula A, a sua volta sorta solo
qualche anno prima, nel 1946), diventando poi a carattere mondiale nella stagione 1950.
Inizialmente definita dalla Commissione Sportiva Internazionale (CSI) dell'Associazione
Internazionale degli Automobil Club Riconosciuti (AIACR), associazione antesignana della
Federazione Internazionale dell'Automobile, oggi la Formula Uno è regolata dal Consiglio
Mondiale degli Sport Motoristici (in inglese: World Motor Sport Council, WMSC) della FIA.
Il termine "formula", presente nel nome, fa riferimento a un insieme di regole alle quali tutti
i partecipanti, le macchine e i piloti, devono adeguarsi; esse introducono un numero di
restrizioni e specifiche nelle auto, al fine di evitare le eccessive disparità tecniche tra le
auto, di porre dei limiti al loro sviluppo e di ridurre i rischi di incidenti. La formula ha avuto
molti cambiamenti durante la sua storia. Ad esempio, ci sono stati differenti tipi di motori,
con schemi da quattro fino a sedici cilindri e con cilindrate da 1,5 a 4,5 l.
La proprietà e l'organizzazione della competizione sono del Formula One
Group controllato da Liberty Media.

Indice

• 1Storia
o 1.1Dalle corse di fine Ottocento alla nascita della
Formula 1
o 1.2Anni 1950: i "dinosauri" a motore anteriore
o 1.3Anni 1960: l'epoca d'oro dei britannici
o 1.4Anni 1970: sviluppo delle monoposto
o 1.5Anni 1980: l'epoca del turbo
o 1.6Anni 1990: elettronica e agonismo
o 1.7Anni 2000: regolamenti e limitazioni
▪ 1.7.1I record di Schumacher e della Ferrari
(2000-2004)
▪ 1.7.2Il passaggio dal V10 al V8 (2006-
2013)
o 1.8Anni 2010: la rivoluzione turbo-ibrida
▪ 1.8.1Gli anni Red Bull (2010-2013)
▪ 1.8.2Il passaggio dal V8 al V6 e i record
Mercedes (dal 2014)
• 2Titoli piloti e costruttori
• 3Tecnologia e prestazioni velocistiche
• 4Gran Premi
o 4.1Ipotesi
▪ 4.1.1Gran Premio d'America
▪ 4.1.2Gran Premio del Vietnam
• 5Circuiti
• 6Punteggio
• 7Numerazione
• 8Record
• 9Prove di qualificazione e regolamento di gara
• 10Gomme
• 11Bandiere
• 12Sorpassi
• 13Incidenti
• 14Giochi di squadra
• 15Il controllo della Formula 1
• 16La Formula 1 e la televisione
• 17Sponsor
• 18Loghi
• 19Note
• 20Bibliografia
o 20.1In italiano
o 20.2In inglese
o 20.3In francese
o 20.4In tedesco
o 20.5In finlandese
• 21Voci correlate
• 22Altri progetti
• 23Collegamenti esterni

Storia[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della Formula 1.

Dalle corse di fine Ottocento alla nascita della Formula


1[modifica | modifica wikitesto]

Schieramento di partenza all'autodromo di Monza per la Coppa Fiera di Milano del 1925, disputata secondo i
regolamenti della Formula Grand Prix.

La Formula 1 affonda le sue radici nelle corse automobilistiche di fine Ottocento, che
incominciarono ad assumere lo status di Gran Premi dal 1906. Negli anni 1920, ci fu la
prima seria regolamentazione delle gare, denominata "Formula Grand Prix", e fu adottata
principalmente in Europa. Questo regolamento fu alla base di tre edizioni di un
Campionato Mondiale per Costruttori (vinto dall'Alfa Romeo nel 1925, dalla Bugatti nel
1926 e dalla Delage nel 1927), di due edizioni di un "Campionato Internazionale" (nel 1931
vittoria di Minoia su Alfa, e nel 1932 vittoria di Tazio Nuvolari su Alfa Romeo) e delle
cinque edizioni di un "Campionato Europeo Grand Prix" (dal 1935 al 1939) dominato da
piloti e vetture tedesche.
Nel 1946 venne battezzata con il nome di "Formula A", con la quale furono disputati una
prima serie di Gran Premi non validi per il titolo. Vennero ammessi a gareggiare due tipi di
motori: i supercompressi da 1,5 litri e gli aspirati da 4,5 litri, mentre negli anni precedenti
la seconda guerra mondiale, erano ammessi soltanto i supercompressi di qualsiasi
capacità fino al 1938, dopodiché ci fu la limitazione a 3,0 litri. La prima gara disputata con
questo nuovo regolamento avvenne il 1º settembre 1946 a Torino; il Gran Premio di
Torino, sul circuito del Valentino del parco omonimo, che fu vinta da Achille Varzi alla
guida di un Alfa Romeo 158.
Due giorni dopo, sulla stessa pista si svolse la "Coppa Brezzi" durante la quale Nuvolari, al
volante dell'esordiente Cisitalia D46, mandò in visibilio il pubblico compiendo un paio di giri
senza volante (che si era rotto), aggrappandosi al piantone dello sterzo. La Casa torinese
preparò anche una rivoluzionaria auto a motore posteriore di 1500 cm³ turbocompresso,
disegnata da Ferdinand Porsche, che era accreditata della strabiliante velocità di punta
di 350 km/h[2]; con essa, Nuvolari accarezzò il sogno di partecipare al Campionato
mondiale di automobilismo, di cui si iniziò a parlare nel 1947.

L'Auto Union Type C di Bernd Rosemeyer al Nürburgring Nordschleife nel Gran Premio di Germania 1937
valevole per il Campionato Europeo Grand Prix.

L'anno seguente il nome della formula venne cambiato con quello attuale per via della
nascita della Formula 2. Nel 1949 vennero scelti sette Gran Premi validi per
l'assegnazione del trofeo. Nel frattempo, Varzi era morto sul circuito di Berna e Nuvolari,
ammalato, non riuscì più a tornare in pista, mentre l'avventura della Cisitalia naufragò per
mancanza di fondi. Sullo scenario del 1950 si presentarono molti nomi nuovi, che presero
il posto degli assi dell'anteguerra. A mettersi subito in mostra fu Juan Manuel Fangio, che
il 10 aprile vinse su Maserati il Gran Premio di Pau.
Un mese dopo si disputò la prima gara valida per il campionato, il Gran Premio di Gran
Bretagna del 1950. Al titolo piloti seguì un titolo per i costruttori nel 1958. Per i primi due
anni le corse per vetture di Formula Uno non sono state organizzate in un campionato;
subito però hanno assunto il nome di "Gran Premi" e hanno avuto rilievo internazionale
(venivano organizzate in vari paesi d'Europa). Nel 1950 venne organizzato il
primo Campionato mondiale di Formula 1, così denominato anche se di fatto si svolgeva a
livello europeo, che venne vinto da Nino Farina a bordo di una Alfa Romeo 158 (l'Alfa
Romeo si aggiudicò anche il secondo campionato mondiale di Formula uno, con la 159);
nel calendario di questa prima edizione venne inserita anche la 500 Miglia di Indianapolis,
ma nessuno dei piloti e delle squadre impegnati nelle altre gare del mondiale la disputò.
Nel corso dei decenni sono stati organizzati anche dei campionati di rilievo nazionale per
vetture di Formula Uno (ad esempio quello sudafricano e la British Formula One
Series che si corse tra il 1978 e il 1982 nel Regno Unito) e fino al 1983 si disputarono
anche molti Gran Premi non valevoli per un campionato. Attualmente invece le vetture di
Formula Uno gareggiano esclusivamente nel campionato mondiale, organizzato con
cadenza annuale dalla Federazione Internazionale dell'Automobile, sempre disputatosi dal
1950 a oggi e considerato unanimemente la massima espressione
dell'automobilismo moderno.
Ogni decennio ha avuto una sua fisionomia abbastanza precisa: negli anni 1950
dominarono le auto a motore anteriore; negli anni 1960 quella a motore posteriore, prive di
alettoni; negli anni 1970 si ebbe invece un grande sviluppo dell'aerodinamica della vettura
di Formula 1; gli anni 1980 furono caratterizzati dai motori turbo; gli anni 1990
dall'elettronica; dagli anni 2000 in poi, dalla competizione tra le grandi case
automobilistiche.
Anni 1950: i "dinosauri" a motore anteriore[modifica | modifica wikitesto]

L'Alfa Romeo 158 che vinse nel 1950 il primo campionato mondiale di F1 della storia grazie a Nino Farina.

I primi quattro campionati vennero dominati dalle auto e dai piloti italiani: Nino Farina vinse
il campionato del 1950 con l'Alfa Romeo 158; Alberto Ascari vinse quelli del 1952 e 1953
sulla Ferrari 500.
Nel 1951, il titolo andò invece all'argentino Juan Manuel Fangio, che vinse il primo dei suoi
cinque titoli mondiali, alla guida dell'Alfa Romeo 159. Gli altri quattro titoli li conquistò alla
guida di Mercedes (due titoli), Maserati (un titolo) e Ferrari (titolo, quest'ultimo, portando in
gara le Lancia-Ferrari D50). Protagonista del decennio fu anche il britannico Stirling Moss,
che vinse molte gare ma non riuscì mai a vincere il titolo, e per questo appellato dagli
inglesi The King without Crown ("Il re senza corona"). Nel 1958 venne battuto da Mike
Hawthorn su Ferrari, che così fu il primo britannico a laurearsi campione del mondo;
mentre la Vanwall con cui correva Moss conquistò il primo titolo riservato ai costruttori.
Gli anni 1950 furono il decennio delle auto a motore anteriore; ma proprio nel 1958 fece la
sua apparizione la Cooper-Climax a motore posteriore, che con Stirling Moss e Maurice
Trintignant vinse i due primi Gran Premi della stagione, per poi dominare nei due anni
seguenti. Si trattò dell'evoluzione dei positivi esperimenti attuati negli anni precedenti dallo
stesso Cooper in Formula 3, anche se il motore posteriore si era già visto sulla Auto
Union "Tipo A" progettata da Ferdinand Porsche, che corse con successo tra il 1934 e il
1939.[3]. Le ultime auto a motore anteriore corsero nel campionato 1960.

Juan Manuel Fangio, pilota che ha segnato il primo decennio della F1 con 5 titoli, precede con la sua Mercedes-
Benz W196 la Ferrari 625 F1 del 2 volte campione del mondo Alberto Ascari, durante il Gran Premio d'Italia 1954;
dalle differenze tra le due monoposto, si nota la grande libertà progettuale di cui godeva la categoria agli albori.

L'elevato numero di incidenti mortali registratosi nella seconda metà degli anni 1950
consigliò di ridurre la potenza delle auto, sicché dal 1961 la cilindrata delle Formula 1
venne fissata a soli 1500 cm³. Da più parti si erano levate voci favorevoli addirittura
all'abolizione delle corse automobilistiche (misura poi adottata solo in Svizzera, a seguito
del terribile incidente che funestò la 24 ore di Le Mans del 1955 [4]). All'indomani della
morte di Luigi Musso nel G.P. di Francia del 1958 (seguita dopo poco da quella di Peter
Collins), l'Osservatore Romano si scagliò contro Enzo Ferrari, definendolo «Saturno
ammodernato» che «continua a divorare i suoi figli»; mentre "Civiltà cattolica" definì le
corse automobilistiche "Una inutile strage"[5]. Due pesanti anatemi, che nell'Italia di quegli
anni quasi isolarono Ferrari, già sotto processo per l'incidente avvenuto durante la Mille
Miglia del 1957, in cui erano morti il pilota, marchese Alfonso De Portago, il suo copilota e
nove spettatori. In località Guidizzolo infatti uno pneumatico della Ferrari del marchese,
targata BO 81825, esplose rovinosamente su un catarifrangente montato al centro della
strada, causando lo sbandamento della macchina che travolse la folla [6].
Anni 1960: l'epoca d'oro dei britannici[modifica | modifica wikitesto]
Nei cinque anni in cui fu in vigore la Formula A 1500 cm³ si registrò un solo grave
incidente in gara, che fu però anche il più tragico di tutta la storia del mondiale: quello del
G.P. d'Italia del 1961, in cui perse la vita il destinato campione del mondo, Wolfgang Von
Trips, insieme a quattordici spettatori. In prova morirono il giovane Ricardo
Rodriguez e Carel Godin de Beaufort.

Stirling Moss guida la sua Lotus–Climax nel Gran Premio di Germania 1961 al Nürburgring. Moss fu il primo a
vincere con una Lotus, ma gestita dal team privato Walker; Colin Chapman non considererà mai "sua" quella
vittoria.

Durante questo periodo, i pochi cavalli a disposizione portarono a sviluppare nuove


soluzioni tecniche nella costruzione dei telai[7], mettendo in risalto il genio di Colin
Chapman, valente progettista e fondatore della Lotus, che ebbe un ruolo basilare nel
secondo decennio della F1: le sue idee hanno fatto scuola nell'evoluzione tecnica delle
auto da corsa.
I piloti anglofoni e i team inglesi dominarono il decennio. La Ferrari riuscì a spezzare
questo dominio nel 1961 con l'americano Phil Hill e nel 1964 con John Surtees.
L'australiano Jack Brabham, che aveva ottenuto due titoli nel 1959 e 1960 con la Cooper a
motore posteriore, divenne nel 1966 il primo pilota a vincere il Mondiale anche come
proprietario di una propria scuderia: la Brabham Racing Organisation, che vinse anche il
campionato del 1967 con il neozelandese Denny Hulme.
Nel periodo 1962-1966 i due piloti di spicco furono Jim Clark alla guida della Lotus
e Graham Hill alla guida della BRM. Senza due guasti che lo bloccarono nel corso
dell'ultimo gran premio, Clark avrebbe potuto vincere quattro mondiali di seguito,
suggellando così più nettamente quello che fu il suo incontrastato dominio in pista.
Dopo il passaggio (nel 1966) alla cilindrata di 3000 cm³, una nuova serie di incidenti
mortali pose progressivamente l'attenzione sul problema della sicurezza passiva: nel Gran
Premio di Monaco del 1967 le balle di paglia poste lungo il percorso acuirono la gravità
dell'incendio che devastò la Ferrari di Lorenzo Bandini e causò la morte del pilota. Una
dinamica simile ebbe l'incidente che costò la vita a Jo Schlesser durante il Gran Premio di
Francia del 1968. Nel frattempo, il 7 aprile in una gara di Formula 2 a Hockenheim era
morto il grande Jim Clark. A vincere il mondiale fu Graham Hill, che proprio quell'anno era
passato alla Lotus. Anche Jackie Stewart abbandonò la BRM (con cui aveva debuttato nel
1965), passando alla francese Matra (gestita però dal team di Ken Tyrrell), con cui vinse il
campionato del 1969.

Jack Brabham affronta la Sudkehre del Nurburgring nel Gran Premio di Germania 1965. Brabham fu l'unico pilota
a trionfare anche come costruttore, con la sua Brabham, nella stagione 1966.

Fino al 1968 tutte le auto avevano corso con i tradizionali colori legati alla nazionalità dei
concorrenti; ma in quell'anno la Lotus si presentò con la livrea delle monoposto colorate di
rosso, oro e bianco (poi nere e oro, dal 1972 al 1978), introducendo per prima
lo sponsor in Formula 1.
Anni 1970: sviluppo delle monoposto[modifica | modifica wikitesto]
Dopo la comparsa nel 1970 della rivoluzionaria Lotus 72 e nel 1978 dell'altrettanto
strabiliante Lotus 79, nulla fu più come prima: le auto di Formula 1 cambiarono
completamente volto e nell'arco di dieci anni vennero totalmente trasformate. Ingegneri,
tecnici aerodinamici e costruttori di pneumatici impressero all'automobilismo una vorticosa
evoluzione che contrassegnò tutto il decennio.
Nel 1970 il mondiale venne assegnato “alla memoria” a Jochen Rindt, morto proprio alla
guida della Lotus 72, nelle prove del Gran Premio d'Italia. Nella battaglia per la sicurezza
si schierò in prima fila lo scozzese Jackie Stewart, grazie al quale vennero adottati
progressivamente le tute ignifughe, le cinture di sicurezza e il casco integrale[8]. Tutti
dispositivi che fino ad allora erano rimasti sconosciuti e che salvarono la vita a Niki
Lauda al Nürburgring nel 1976.
Alla guida della GPDA (Grand Prix Drivers Association)[9], Stewart promosse l'introduzione
di chicanes per rallentare i circuiti, ma anche alcune misure poi risultate discutibili, come il
posizionamento di guard-rail in metallo a bordo pista, che furono fatali, tra l'altro, al suo
compagno di squadra François Cévert, nelle prove del G.P. USA del 1973.

La Tyrrell P34 a sei ruote fu una delle auto più curiose che abbiano mai corso in F1, portata al successo da Jody
Scheckter in Svezia del 1976.

Emerson Fittipaldi vinse i mondiali del 1972 e 1974, James Hunt quello del 1976 e Alan
Jones con l'emergente Williams quello del 1980. Ma il pilota che più contrassegnò la
seconda metà del decennio fu indubbiamente l'austriaco Niki Lauda. Il "baricentro" della
Formula Uno continuava a essere fortemente europeo, nonostante le sporadiche
incursioni di teams USA, quali la Eagle negli anni 1960, la Shadow, la Penske e
la Parnelli negli anni 1970. Tutte squadre abituate a dominare i campionati americani, ma
che in Formula Uno totalizzarono appena tre vittorie. Maggior fortuna ebbero i piloti
e Mario Andretti (nato in Istria e poi emigrato in America) vinse il mondiale del 1978;
seguito nel 1979 dal sudafricano Jody Scheckter, che nel 1977 aveva ottenuto tre vittorie
alla guida della canadese Wolf.
Un'altra pagina nera fu l'incidente in cui perse la vita Roger Williamson durante il G.P.
d'Olanda del 1973: la gara non venne sospesa e soltanto il suo compagno di
squadra, David Purley, si fermò per cercare di prestare aiuto allo sfortunato pilota, che
morì tra le fiamme.

L'innovativa Lotus 79 a effetto suolo che dominò la stagione 1978, vincendo la coppa costruttori e consegnando
a Mario Andretti il titolo iridato: per la bellezza delle forme e le raffinate soluzioni tecniche, è ritenuta tra le
monoposto più significative nella storia della categoria.

Purtroppo, in quegli anni la lista dei decessi fu molto numerosa: Piers Courage, Jo
Siffert, Peter Revson, Jochen Rindt, Helmuth Koinigg, Mark Donohue, François
Cévert sono gli altri piloti di Formula 1 che persero la vita in pista, nel corso della prima
metà degli anni 1970. In seguito, la battaglia per la sicurezza delle auto e degli autodromi
ha dato i suoi frutti, ma nel periodo 1976-1986 si registrarono comunque altri sei
decessi: Tom Pryce, Ronnie Peterson, Patrick Depailler, Gilles Villeneuve, Riccardo
Paletti ed Elio De Angelis.
Soltanto due donne (entrambe italiane) hanno partecipato a Gran Premi di Formula
1: Maria Teresa de Filippis negli anni 1950 e Lella Lombardi negli anni 1970, mentre
l'inglese Divina Galica, la sudafricana Desiré Wilson e l'altra italiana Giovanna
Amati hanno preso parte soltanto alle prove, senza riuscire a qualificarsi per un Gran
Premio.
Nel 1979, la nascita della FISA (Fédération Internationale du Sport Automobile) diede il via
a una disputa, durata diversi anni, tra quest'ultima (presieduta da Jean-Marie Balestre) e
la FOCA (Formula One Constructors Association, guidata da Bernie Ecclestone),
concernente le questioni tecniche, ma soprattutto il controllo dei diritti televisivi.
Dal punto di vista motoristico, questo periodo venne dominato dal motore Ford Cosworth,
che vinse ben 155 Gran Premi (il primo in Olanda nel 1967 con Jim Clark; l'ultimo a Detroit
nel 1983 con Michele Alboreto).
Anni 1980: l'epoca del turbo[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Patto della Concordia.
La competitiva Ligier JS11, una dei simboli dell'exploit francese in F1 andato in scena tra gli anni 1970 e 1980.

Il 1981 vide la sottoscrizione del cosiddetto "Patto della Concordia" (dal nome della piazza
parigina Place de la Concorde, dov'è la sede della Federazione), un contratto che
obbligava le squadre a competere nel campionato del mondo suddividendosi i proventi sui
diritti televisivi. Si mise così termine alla guerra tra FISA e FOCA, che aveva raggiunto
l'apice con la cancellazione di due gran premi già disputati e dichiarati non validi per il
titolo: quelli di Spagna del 1980 e del Sudafrica nel 1981. Di fatto questo accordo
consentiva a Bernie Ecclestone di iniziare la scalata al controllo completo dello sport a
livello finanziario.
Nel GP del Sudafrica del 1982 si registrò un clamoroso sciopero dei piloti; nel successivo
G.P. del Brasile vennero squalificati Nelson Piquet e Keke Rosberg (giunti rispettivamente
primo e secondo), perché le loro vetture risultarono sotto peso. Ciò generò una clamorosa
protesta delle squadre inglesi, che non parteciparono al Gran Premio di San Marino. A fine
anno, la FIA abolì per motivi di sicurezza il cosiddetto effetto suolo
aerodinamico dalla stagione 1983 (una tecnologia che, peraltro, non avrebbe avuto alcuna
possibilità di sviluppo sulle auto di serie).

Keke Rosberg riportò il motore Honda alla vittoria dopo diciassette anni, nel Gran Premio di Dallas del 1984.

Contemporaneamente, i motori turbo, introdotti dalla Renault nel 1977, si fecero sempre
più potenti e affidabili, stimolando molti costruttori a entrare nel circus iridato e ponendo
fine al dominio dello strepitoso motore Ford Cosworth aspirato da 3 litri. Negli anni 1980, e
in maniera particolare nel 1986 le vetture turbo superavano ampiamente i 1.000 cavalli di
potenza (per i quattro cilindri BMW montati sulle Benetton B186 in configurazione da
qualifica si parlò nel 1986 addirittura di oltre 1.200 cavalli) e furono i più potenti della storia
della Formula 1. Nel 1986 vennero dotate di un "overboost", cioè una manopola collocata
nell'abitacolo, tramite la quale il pilota poteva aumentare ulteriormente la potenza in fase
di sorpasso, oltre che in qualifica.
Per contenere l'escalation delle prestazioni, la FIA inserì di volta in volta regole sempre più
restrittive per i turbo: per la stagione 1984 vennero vietati i rifornimenti di carburante e la
capacità dei serbatoi della benzina[10] fu ridotta a 220 litri; l'anno successivo fu introdotto il
divieto di refrigerare il carburante (infatti, 220 litri di benzina congelata corrispondono a più
chilogrammi di carburante effettivo imbarcato alla partenza), mentre nel 1986 la capienza
dei serbatoi fu diminuita a 195 litri; nel 1987 la pressione fu limitata a 4
atmosfere,[11] tramite una valvola "pop-off", mentre nel 1988 i serbatoi si ridussero a 150
litri e la pressione fu ulteriormente ridotta a 2,5 atmosfere. Tuttavia, nonostante tali pesanti
limitazioni, i motoristi (in particolare la Honda) erano riusciti a ottenere comunque
importanti prestazioni (i V6 Honda del 1988 riuscivano a esprimere quasi 700 CV, pur
consumando meno di 150 litri); pertanto, la FIA decise di eliminare definitivamente i motori
turbo nel 1989.[12]

Riccardo Patrese (qui alla guida dell'Alfa Romeo 185T in Germania nel 1985) fu uno dei maggiori rappresentanti
della nutrita pattuglia di piloti italiani vista nella Formula 1 degli anni 1980.

Le annate dal 1979 al 1983 furono il periodo d'oro dei piloti e delle squadre francesi
(Renault e, in parte, Ligier); la sconfitta delle Renault di Prost nel 1983 a opera della
Brabham di Piquet segnò il loro improvviso declino, anche se la stagione dei successi
individuali di Alain Prost stava solo per iniziare. In seguito, negli anni 1980 furono poi
numerosi i piloti italiani: otto nel 1982, nove nel 1984, undici nel 1989; i loro risultati,
tuttavia, non furono proporzionati a questa massiccia presenza.
Il campionato con il maggior numero di partecipanti fu quello del 1989, al quale si
iscrissero ben trentanove auto (su cui si alternarono un totale di quarantanove piloti, di cui
ventinove raccolsero almeno un punto in classifica), appartenenti a venti diversi team,
alcuni dei quali non riuscirono mai a superare le "prequalifiche" che si tenevano il venerdì
mattina e, quindi, a partecipare alle prove ufficiali[13].

L'imbattibile McLaren MP4/4, monoposto capace di affermarsi in 15 gare su 16 nel campionato 1988 grazie alla
coppia di amici-rivali Alain Prost e Ayrton Senna, protagonisti tra gli anni 1980 e 1990 di un acceso dualismo.

Le squadre siglarono un secondo "Patto della Concordia" nel 1992 e un terzo nel 1997,
che è scaduto alla fine del 2007.
Anni 1990: elettronica e agonismo[modifica | modifica wikitesto]
Nei primi anni 1990, le squadre introdussero diversi aiuti elettronici nella guida:
le sospensioni attive, il cambio semiautomatico, il controllo della trazione e il sistema anti
bloccaggio delle ruote in frenata. Alcune di queste innovazioni vennero introdotte sulle
auto di serie. La FIA, consapevole che tanta tecnologia tendesse ad attenuare molto le
abilità dei piloti, abolì l'assistenza elettronica nel 1994.[14] Molti osservatori sostennero che
tale abolizione derivasse dal fatto che la FIA non avesse i mezzi necessari per supportare
tali aiuti ai piloti e così, negli anni seguenti, l'elettronica ritornò gradualmente nelle
competizioni, anche se in maniera meno massiccia.
Sulle piste, la McLaren e la Williams dominarono le gare. Motorizzata dalla Honda e dalla
Mercedes-Benz la McLaren vinse, nel periodo 1989-1999, nove campionati (quattro
costruttori, cinque piloti), mentre la Williams motorizzata dalla Renault vinse anch'essa
nove titoli (cinque costruttori, quattro piloti). La rivalità nata tra il brasiliano Ayrton Senna e
il francese Alain Prost raggiunse l'apice nel periodo 1988-1990, e continuò anche dopo il
ritiro del primo campione del mondo transalpino nel 1993. Senna morì tragicamente nel
Gran Premio di San Marino del 1994, quando un pezzo della sospensione anteriore destra
gli perforò il casco nell'incidente avvenuto nella curva del Tamburello.
Dopo la tragica gara di Imola 1994 (nel quale anche il pilota austriaco Roland
Ratzenberger morì nel corso delle qualificazioni), la FIA addusse ragioni di sicurezza per
imporre cambiamenti nel regolamento, che altrimenti (per via del Patto della Concordia)
avrebbero dovuto ottenere l'approvazione di tutte le squadre. I cambiamenti più notevoli si
registrarono nella stagione 1998 in quella che venne denominata la "Narrow Track Era".
Oltre alla messa in sicurezza di diversi circuiti, vennero introdotte le scanalature sugli
pneumatici (tre sulle gomme anteriori, portate a quattro a partire dal 1999, e quattro sulle
posteriori)[15]. L'obiettivo era ridurre la velocità media durante le corse con pista asciutta,
aumentando la difficoltà dei piloti senza aggiungere rischi e assicurando un migliore
spettacolo.

La Williams, qui guidata nel 1996 da Jacques Villeneuve, figlio di Gilles, segnò gli anni 1990 della F1 grazie a 4
titoli piloti e 5 titoli costruttori.

I risultati furono contrastanti: la mancanza di grip meccanico ha stimolato progettisti di


fama che hanno tentato di colmare il deficit aerodinamico con dispositivi che tendono a
rendere le auto sempre più dipendenti dalla traiettoria predefinita delle altre vetture che
procedono lungo il circuito; il che ha reso più difficili i sorpassi. Gli pneumatici scanalati
ebbero inoltre inizialmente un effetto secondario sfavorevole a causa dei forti residui di
gomma che rimanevano all'interno delle stesse scanalature. Le squadre più innovatrici
tentarono di trovare altre soluzioni per questi cambiamenti drastici. La McLaren, con una
macchina progettata da Adrian Newey durante la stagione 1998, utilizzò un
ammortizzatore sui freni che permetteva al pilota la frenata indipendente su una o l'altra
ruota posteriore per migliorare l'aderenza nelle curve. Questo aiuto al pilota venne in
seguito vietato. Dopo il 1º maggio 1994, per oltre vent'anni nessun pilota ha più perso la
vita in una gara di Formula 1 fino al 2015, quando morì Jules Bianchi per questioni più di
sicurezza in pista che non di costruzione delle monosposto (e, in generale, soltanto
quattro hanno perso la vita da quando si usano i telai in fibra di carbonio: Senna,
Ratzenberger, De Angelis e Bianchi). Si contano tuttavia tre commissari di pista deceduti:
uno durante il Gran Premio d'Italia del 2000, un altro nel Gran Premio d'Australia del 2001
e l'altro nel Gran Premio del Canada 2013.
I piloti di McLaren, Williams, Renault (in precedenza Benetton) e Ferrari hanno vinto tutti i
campionati del mondo dal 1984 al 2008. Con i cambiamenti tecnologici avvenuti negli anni
1990, i costi per competere in Formula 1 crebbero a dismisura. Questi onerosi incrementi,
in aggiunta al dominio dei quattro maggiori team, hanno causato l'impoverimento delle
squadre indipendenti che si videro private dei mezzi per poter realmente competere.
Problemi finanziari costrinsero diversi team a chiudere i battenti e, dal 1990, ben ventotto
squadre finirono fuori dal giro della F1. Ciò trova conferma nelle parole del proprietario
della Jordan, il quale in una dichiarazione sancì la fine dell'era dei costruttori privati.[16]
Anni 2000: regolamenti e limitazioni[modifica | modifica wikitesto]
I record di Schumacher e della Ferrari (2000-2004)[modifica | modifica wikitesto]

Il finlandese Mika Häkkinen, 2 volte campione del mondo con la sua McLaren-Mercedes a fine anni 1990.

Dopo il bando ai motori turbo-compressi nel 1989, i frazionamenti più usati furono a 8-10-
12 cilindri con cilindrata di 3,5 litri; dal 1995 la cilindrata venne ulteriormente ridotta a 3 litri,
con il circus che si standardizzò verso propulsori aspirati a 10 cilindri. Durante questo
periodo, le statistiche mostrarono la supremazia indiscussa dei motori Ferrari e Renault: la
scuderia italiana conquistò sei titoli per la categoria costruttori e cinque per i piloti, mentre
quella francese si aggiudicò entrambi i titoli marche e piloti del biennio 2005-2006 con una
macchina totalmente autoprodotta. In particolare, la Renault fu innovatrice durante questo
periodo redigendo un progetto come il motore 111° a 10 cilindri per la RS23 partecipante
alla stagione 2003, con il centro gravitazionale del motore spostato verso il basso così da
rendere più maneggevole la guida; i risultati sul campo dimostrarono la poca affidabilità e
pesantezza di tale sistema, sicché il team francese tornò a una configurazione più
convenzionale. La Ferrari fu quella che ebbe i maggiori benefici dall'era del motore V10,
vincendo sei titoli costruttori consecutivi nel periodo 1999-2004.
Molti record sono stati battuti nei primi anni del XXI secolo dal pilota tedesco Michael
Schumacher su una Ferrari rinata. Nel Gran Premio del Belgio del 2001 fissò con
cinquantadue il nuovo record di gran premi vinti, ritirandosi alla fine della stagione 2006
con novantuno vittorie all'attivo.
Schumacher detiene inoltre il record per i gran premi vinti in una singola stagione, quando
nel 2004 conquistò tredici delle diciotto gare in programma (primato poi eguagliato
da Sebastian Vettel nel 2013, con tredici successi in diciannove prove). Nel 2003 vinse il
suo sesto titolo mondiale piloti battendo il precedente record di Juan Manuel Fangio (nel
2004 vincerà per la settima volta il titolo). Ha inoltre battuto il record di punti in carriera,
conquistando il suo 801º punto nel Gran Premio del Giappone del 2001, superando il
precedente record detenuto da Alain Prost con 798,5 punti e raggiungendo il 1369º punto
nel Gran Premio del Brasile 2006 a Interlagos.
L'unico record rimasto intatto per lungo tempo sono i 256 gran premi disputati da Riccardo
Patrese, ma quest'ultimo venne poi superato da Rubens Barrichello nel corso della
stagione 2008 (il brasiliano giunse infine a quota 323). Schumacher si fermò a 250 gran
premi disputati a fine 2006, ma in seguito rientrò per tre stagioni (2010-2012), nelle quali
non raccolse risultati di rilievo, ma che gli permisero di superare la quota delle 300
presenze.

Michael Schumacher e la Ferrari detengono i record di vittorie nei rispettivi titoli piloti (7) e costruttori (16). Dal
1999 al 2004 il pilota tedesco e la scuderia italiana hanno monopolizzato la F1 facendo loro in sequenza 6 allori
costruttori e 5 mondiali piloti.

La sua striscia vincente si interruppe il 25 settembre 2005 quando Fernando


Alonso conquistò il campionato, diventando anche il più giovane campione del mondo fino
ad allora (precedentemente questo primato spettava a Emerson Fittipaldi). Il pilota
spagnolo fu anche il pilota più giovane a conquistare la pole position e la vittoria in un
Gran Premio, ma questi primati vennero battuti nel 2008 dall'esordiente Sebastian Vettel.
Nel 2002 fissò inoltre il nuovo record per la conquista più rapida del titolo mondiale,
vincendolo già a luglio dopo il Gran Premio di Francia e dopo undici gare disputate (nel
1992 Nigel Mansell vinse anch'egli il titolo dopo undici gare disputate, ma nel mese di
agosto al Gran Premio di Ungheria).[17] Michael Schumacher ha detenuto il titolo mondiale
piloti per oltre 1800 giorni.
Altri rivali capaci di competere con Schumacher (soprattutto nella stagione 2003) sono
stati Kimi Räikkönen alla guida della McLaren-Mercedes e Juan Pablo Montoya alla guida
della Williams-BMW. Mentre Ralf Schumacher, seppure oscurato dai risultati del fratello,
risultava comunque, all'epoca, il secondo migliore pilota tedesco di tutti i tempi in Formula
1.
Nei regolamenti, alcuni cambiamenti vennero introdotti per limitare i costi di gestione.[18] Il
cambiamento più notevole avvenne nel formato della sessione di qualifiche tra il 2003 e il
2006 e dopo l'abolizione, avvenuta alla fine della stagione 2002, del tempo limite (il 107%
della pole position) necessario per qualificarsi alla gara. Un'altra nuova regola impose ai
piloti di iniziare la gara con lo stesso livello di benzina avuto alla fine della sessione di
qualifica, introducendo così nuovi elementi tattici per le diverse strategie adottate dai vari
team. Altra nuova restrizione è stata il mantenimento dello stesso motore, che deve durare
due gare (poi quattro gare e attualmente è vigente un limite di tre motori a stagione) senza
effettuare alcun cambiamento; il pilota che contravviene a questa regola viene penalizzato
di dieci posizioni sulla griglia di partenza.
Il passaggio dal V10 al V8 (2006-2013)[modifica | modifica wikitesto]
Il 2005 ha segnato anche la fine dell'era dei motori V10 con cilindrata 3 000 cm³ nella
Formula 1: nella stagione 2006 la FIA impose a tutte le squadre l'utilizzo di motori con otto
cilindri a V di 90° e cilindrata di 2 400 cm³. L'unica squadra che richiese una deroga per
correre con il vecchio V10 3 litri fu la Toro Rosso, che corse quindi con un motore
Cosworth dell'anno precedente ma con una flangia di strozzatura di 77 mm e un regime di
rotazione limitato a 16 700 giri/minuto. Tutte le altre squadre corsero con motori V8
conformi alle nuove normative: Renault, Ferrari, Honda, BMW, Toyota corsero con motori
propri, Red Bull con motore Ferrari, Williams con motore Cosworth, McLaren con
Mercedes, Midland con Toyota e Super Aguri con Honda.
Fernando Alonso e la Renault hanno posto fine alla lunga egemonia Ferrari, con la doppietta piloti-costruttori
maturata nelle stagioni 2005 e 2006. Il primo titolo conquistato dal pilota spagnolo, fu contestualmente l'ultimo in
palio nell'era dei motori V10.

Nel 2006 si è visto anche l'arrivo di nuovi team e un certo numero di altri riformati sotto
una nuova amministrazione. Dopo l'acquisizione del 45% delle azioni del team BAR, la
Honda rientrò nella F1 a tutti gli effetti come squadra, mentre in precedenza era soltanto
un fornitore di motori; la Sauber venne rilevata dalla BMW (poi Peter Sauber ne riprese il
controllo nel 2010); la Jordan, presente dal 1991, venne rilevata da Alex Shnaider e
assunse il nome di Midland (nel corso della stagione 2006, venne acquisita da un
consorzio olandese capeggiato dalla marca Spyker). Successivamente, questa squadra è
divenuta di proprietà indiana, gareggiando dal 2008 con la denominazione di Force India-
Mercedes e ottenendo nel G.P. del Belgio 2009 con Giancarlo Fisichella la pole position e
il 2º posto in gara; dopodiché il pilota romano passò alla Scuderia Ferrari (dal Gran Premio
d'Italia 2009 a Monza).
Il magnate austriaco delle bevande energetiche, Dietrich Mateschitz, acquisì dapprima la
scuderia Jaguar, denominandola Red Bull Racing-Cosworth; e poi la Minardi-Cosworth,
trasformandola in un team di giovani e denominandola Scuderia Toro Rosso motorizzata
per l'ultima volta dai dieci cilindri della Cosworth prima della motorizzazione a otto cilindri
della Ferrari dal 2007 al 2013 e dal 2014 il motore a sei cilindri della Renault-Turbo. Egli
possiede, così, due scuderie. La Toro Rosso iniziò la stagione 2006 utilizzando ancora i
motori V10 di assetto limitato forniti dalla Cosworth. Il giovane Sebastian Vettel ha regalato
la prima vittoria sia alla Scuderia Toro Rosso motorizzata Ferrari (nel G.P. d'Italia 2008)
che alla Red Bull (nel G.P. della Cina del 2009).

Jenson Button al volante della Brawn GP-Mercedes, con cui ha vinto da outsider il mondiale 2009; il team creato
da Ross Brawn primeggiò inoltre nel campionato costruttori, vantando così il primato della conquista dei due titoli
iridati al debutto (e nella sua unica stagione) in F1.

Il mondiale 2009 è stato vinto a sorpresa dalla Brawn GP, squadra creata sulle ceneri
della Honda, che alla fine del 2008 aveva deciso di ritirarsi dalle competizioni e che
cedette a Ross Brawn il suo materiale e le sue strutture per il prezzo simbolico di un
penny. L'auto (motorizzata però con motore Mercedes) si è rivelata estremamente
competitiva, vincendo con Jenson Button sei dei primi sette Gran Premi della stagione e
conducendo l'inglese alla conquista di un titolo assolutamente imprevisto. Con otto vittorie
(l'altro pilota, Rubens Barrichello, ha vinto due Gran Premi), la Brawn GP-
Mercedes resterà una meteora nella storia della Formula 1, in quanto alla fine del
campionato è stata rilevata dalla Mercedes e ha corso il Mondiale 2010 con questa
denominazione. Una scelta in controtendenza, dato che invece Toyota e BMW hanno
deciso alla fine del 2009 di ritirarsi dalle competizioni, giudicando eccessivi i costi della
Formula 1 rispetto al ritorno promozionale che ne deriva. La stagione 2009 è stata turbata
da diverse dispute, derivanti dalle rilevanti novità regolamentari, che hanno costretto tutti i
team a progettare delle macchine completamente nuove, con l'incognita del nuovo KERS,
rivelatosi alla prova dei fatti molto costoso e difficile da gestire.
Inoltre, la presenza di auto dotate di un doppio profilo estrattore posteriore ha determinato
il ricorso ufficiale da parte di Ferrari, Renault, BMW e Red Bull al Tribunale della FIA, che
tuttavia ha giudicato regolare questa soluzione tecnica. Sicché si è avuta una
competizione tra auto molto diverse tra loro (un po' come era avvenuto nel 1978 quando
solo la Lotus disponeva delle "minigonne"): quelle dotate del KERS, quelle dotate del
contestato "diffusore col buco", quelle non dotate di nessuno dei due, oppure di entrambi.
Risultò emblematico però come soltanto tre volte riuscirono ad affermarsi al primo posto le
scuderie con il KERS, ossia Ferrari, McLaren, Renault e solo per le prime gare la BMW,
che per prima ripudiò questo componente. La BMW fu tra l'altro responsabile di un
episodio durante il pre-stagione in cui i costruttori volevano far slittare il debutto del KERS,
ma il voto contrario della casa bavarese (convinta di essere più avanti della concorrenza
nello sviluppo del sistema) ha negato l'unanimità del voto necessaria a cambiare la norma.
Anni 2010: la rivoluzione turbo-ibrida[modifica | modifica wikitesto]
Gli anni Red Bull (2010-2013)[modifica | modifica wikitesto]
Dopo la partecipazione record registrata nel 1989, nell'arco di vent'anni il numero delle
squadre è andato costantemente calando, a causa del crescente incremento dei costi,
strettamente legato all'impiego di tecnologie sempre più sofisticate. La FIA ha tentato nel
2009 di cambiare ulteriormente le regole per combattere l'alta spirale di costi e assicurare
così la presenza dei team minori. Ma ciò ha condotto a un duro scontro tra il
Presidente Max Mosley e le squadre, che hanno minacciato addirittura di creare un
campionato alternativo.

Il più giovane iridato della F1, Sebastian Vettel, e la Red Bull hanno egemonizzato il campionato nella prima metà
degli anni 2010 con 4 allori mondiali a testa.

Alcune regole sono risultate davvero discutibili, come in particolare quella che ha imposto
il divieto di effettuare test in pista nel corso del campionato. In tal modo, non solo
l'evoluzione delle vetture viene a basarsi unicamente su simulazioni effettuate al computer
o in galleria del vento, ma i piloti non hanno più avuto modo di allenarsi, il che risulta
particolarmente grave, soprattutto per le "terze guide" che vengano occasionalmente
chiamate a sostituire i piloti titolari.
I tre nuovi team motorizzati Cosworth che hanno disputato la
stagione 2010 (Lotus, Virgin, HRT), oltre la Williams nel biennio 2010-2011, non hanno
raccolto alcun risultato; ma il campionato è stato comunque vibrante, con un continuo
avvicendarsi di piloti in testa alla classifica e un grande equilibrio, che ha condotto alla
vigilia dell'ultima gara con ancora quattro piloti in lizza per il titolo: il ferrarista Fernando
Alonso (246 punti); il duo della Red Bull con Mark Webber (238) e Sebastian Vettel (231);
e il pilota della McLaren Lewis Hamilton (222). Va detto che peraltro la classifica sarebbe
stata la stessa sia con il punteggio in uso nel periodo 2003-2009 (99, 96, 94 e 92
rispettivamente per i quattro piloti citati, nello stesso ordine) sia con quello "storico", in uso
tra il 1961 e il 1989 (76, 72, 70 e 67 punti; quest'ultimo è il più adatto a fare dei paragoni
con i campionati del passato).
La Red Bull (con motore Renault) si è invece già assicurata il mondiale costruttori con una
doppietta ottenuta nel penultimo Gran Premio, quello del Brasile; correndo con licenza
austriaca, diventa così la prima squadra campione del Mondo non appartenente alle tre
nazioni che hanno dominato le precedenti 52 edizioni del mondiale costruttori (Gran
Bretagna, Italia e Francia). La Red Bull ha poi portato a casa anche il mondiale piloti
con Sebastian Vettel che si è imposto nell'ultimo gran premio, tra l'altro senza essere mai
stato prima di allora in testa al campionato. Diventa in tal modo anche il più giovane pilota
a vincere un mondiale, all'età di 23 anni e 4 mesi.
Il tedesco, sempre con la Red Bull motorizzata Renault, ha fatto poi il bis nel 2011
vincendo ben undici gran premi. Nel 2012 ha vinto il 3º campionato mondiale consecutivo
all'ultima gara a Interlagos battendo Alonso di soli tre punti; mentre la Red Bull ha vinto il
suo 3º campionato costruttori, battendo Ferrari e McLaren-Mercedes. Lo stesso risultato si
è poi ripetuto nella stagione 2013, con la coppia Vettel/Red Bull che ha raggiunto
rispettivamente il poker iridato, stavolta con un dominio ben più netto.
Il passaggio dal V8 al V6 e i record Mercedes (dal 2014)[modifica | modifica wikitesto]

Dal 2014 la Mercedes sta monopolizzando l'era turbo-ibrida della F1 con 7 titoli costruttori e piloti consecutivi (6
con Lewis Hamilton e uno con Nico Rosberg)

Il 2014 ha segnato una svolta epocale nella storia della Formula 1, col passaggio dai
motori V8 aspirati agli innovativi V6 turbo-ibridi. Sulla spinta dei grandi costruttori e della
presidenza della FIA, nella visione generale di mantenere la F1 la massima espressione
della tecnologia automobilistica e di considerarla sempre più anche un "laboratorio
sperimentale" per le vetture da strada, la maggior parte dell'attenzione è infatti stata rivolta
all'introduzione dei nuovi motori turbo da 1 600 cm³. Questi propulsori hanno imposto una
profonda rimodellazione di tutte le monoposto in quanto abbinati a due sistemi di recupero
dell'energia cinetica frenante e dei gas di scarico della turbina (ossia due motogeneratori
denominati rispettivamente MGU-K e MGU-H): il termine power unit identifica le nuove
unità propulsive, che adottano così una doppia alimentazione
combinata termica ed elettrica.
La stagione 2014 è stata caratterizzata dal dominio della Mercedes, che ha evidentemente
interpretato al meglio la rivoluzione tecnologica. I suoi piloti, Lewis Hamilton e Nico
Rosberg, hanno conquistato sedici vittorie su diciannove gran premi e diciotto pole
position. L'unico a vincere i restanti tre gran premi è stato Daniel Ricciardo, a bordo della
sua Red Bull motorizzata Renault. Lewis Hamilton ha vinto il Mondiale con 384 punti,
mentre la Mercedes ha abbattuto il muro dei 700 punti (701). La delusione è stata per
la Ferrari, con solo due podi, realizzati da Fernando Alonso (6º nella classifica piloti),
classificatasi al 4º posto nella classifica Costruttori. Hamilton si è confermato iridato
nel 2015, battendo il compagno di squadra Rosberg e Sebastian Vettel, questo ultimo
passato nel frattempo alla guida di una Ferrari in risalita. Il 2016 ha visto ribadirsi il
dominio Mercedes ma con il trionfo di Rosberg, che si è laureato campione del mondo
dopo una lotta serrata col compagno di squadra Hamilton, quest'ultimo penalizzato da
inconvenienti tecnici nella prima parte della stagione.
L'inaspettato ritiro annunciato da Rosberg dopo la tradizionale cerimonia di premiazione
della FIA a Ginevra ha lasciato un posto vacante in Mercedes, colmato con l'ingaggio
di Valtteri Bottas per la stagione 2017. Questa annata ha visto l'introduzione di profonde
modifiche tecniche volte ad aumentare le prestazioni delle monoposto, ritornando a
standard dimensionali che non si vedevano dagli anni 1990. Le modifiche più vistose
hanno riguardato la carreggiata delle vetture, gli ingombri di ala anteriore e diffusore
posteriore e soprattutto il battistrada degli pneumatici, aumentato per garantire più
aderenza in curva. La riprogettazione delle monoposto ha favorito la Ferrari, in netta
ripresa rispetto alla stagione precedente e in grado di contendere il titolo piloti alla
Mercedes con Vettel per gran parte della stagione. Una serie di errori e lacune di
affidabilità ha però pregiudicato la conquista del titolo 2017 in favore di Hamilton, che è
così divenuto campione del mondo per la quarta volta.
Anche nel 2018 la Ferrari parte forte, schierando una vettura molto competitiva e vincendo
diverse gare, ma una serie di errori consegnano il quinto titolo a Hamilton, il quale
eguaglia così Juan Manuel Fangio. Nel 2019 la Ferrari sembra addirittura superiore alla
Mercedes nei test pre-stagionali, ma nel corso del campionato la scuderia anglo-tedesca
si dimostra di nuovo nettamente superiore alla concorrenza, permettendo a Hamilton di
aggiudicarsi il suo sesto titolo. Nella stagione 2020 fortemente condizionata
dalla pandemia di COVID-19, la Ferrari è invece protagonista di una stagione molto
negativa, e solo la Red Bull riesce ad impensierire parzialmente la Mercedes. I campioni in
carica delle frecce d'argento si confermano comunque per la settima volta di fila (record
assoluto), permettendo a Hamilton di aggiudicarsi il suo settimo titolo iridato e di
eguagliare il record detenuto da Michael Schumacher.

Titoli piloti e costruttori[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Campionato mondiale piloti di Formula 1 e Campionato mondiale
costruttori di Formula 1.
Graham Hill e Keke Rosberg, campioni del mondo così come i loro figli, rispettivamente Damon e Nico.

In Formula 1 conta di più l'auto o il pilota? La domanda è ricorrente[19][20][21] e una delle


possibili risposte è stata fornita da Niki Lauda, secondo cui il pilota più bravo è quello che
non fa errori quando ha la macchina migliore. La definizione appare calzante [22], perché
per avere la macchina migliore bisogna già essersi dimostrati sufficientemente bravi e
veloci con altre auto o in alternativa aver contribuito a svilupparla in fase di collaudo.
Sotto il primo aspetto, i risultati già ottenuti sono sicuramente un ottimo "biglietto da visita",
ma non sempre hanno trovato conferma; in particolare campioni delle corse statunitensi
come Teo Fabi, Michael Andretti e Alex Zanardi hanno deluso in Formula 1, pur avendo
avuto a disposizione buone auto, rispettivamente la Brabham-BMW nel 1984, la McLaren-
Ford nel 1993 e la Williams-Supertec nel 1999. Sotto il secondo aspetto, invece i numerosi
successi ottenuti da Damon Hill e da Michael Schumacher, rispettivamente con
la Williams-Renault e con la Ferrari, sono avvalorati anche dal lungo lavoro di collaudo che
entrambi hanno compiuto per perfezionare e portare al successo queste due vetture.
Invece, i folgoranti esordi di Jacques Villeneuve nel 1996 e di Lewis Hamilton nel 2007
sono stati possibili grazie al fatto che entrambi disponevano sin dall'inizio di ottime
monoposto.
La tabella seguente descrive un ipotetico "medagliere del mondiale" (le prime tre colonne
si riferiscono al piazzamento nella classifica del campionato; la quarta al numero di
presenze; le tre successive ai podi conquistati in gara; le ultime due alle pole position e ai
giri veloci in gara). I dati sono aggiornati al mondiale in corso e riguardano, oltre ai
campioni del mondo, i piloti che si sono piazzati in almeno un'occasione tra i primi tre posti
del mondiale. In grassetto sono evidenziati i piloti in attività.
2º 3º Gran 2º 3º Pole Giri
Titol Vittori
Pilota post post Prem post post positio veloc
i e
o o i o o n i
Michael
7 2 3 306 91 43 21 68 77
Schumacher
Lewis
7 2 0 266 95 40 30 98 53
Hamilton
Juan
Manuel 5 2 0 51 24 10 1 29 23
Fangio
Alain
4 4 0 199 51 35 20 33 41
Prost
2º 3º Gran 2º 3º Pole Giri
Titol Vittori
Pilota post post Prem post post positio veloc
i e
o o i o o n i
Sebastia
4 3 1 257 53 35 33 57 38
n Vettel
Ayrton
3 2 1 161 41 23 16 65 19
Senna
Jackie
3 2 1 99 27 11 5 17 15
Stewart
Nelson
3 1 2 204 23 20 17 24 23
Piquet
Niki
3 1 0 171 25 20 9 24 24
Lauda
Jack
3 1 0 123 14 10 7 13 12
Brabham
Fernand
2 3 1 311 32 37 28 22 23
o Alonso
Graham
2 3 0 175 14 15 7 13 10
Hill
Emerson
2 2 0 144 14 13 8 6 6
Fittipaldi
Jim
2 1 2 72 25 1 6 33 28
Clark
Mika
2 1 0 161 20 14 17 26 25
Häkkinen
Alberto
2 1 0 32 13 4 0 14 12
Ascari
Nigel
1 3 0 187 31 17 11 32 30
Mansell
Kimi
1 2 3 329 21 37 45 18 46
Räikkönen
Damon
1 2 1 115 22 15 5 20 19
Hill
Nico
1 2 0 206 23 25 9 30 20
Rosberg
Jody
1 1 2 112 10 14 9 3 5
Scheckter
Jenson
1 1 1 306 15 15 20 8 8
Button
Nino
1 1 1 33 5 9 6 5 5
Farina
Jacques
1 1 0 163 11 5 7 13 9
Villeneuve
John
1 1 0 111 6 10 8 8 11
Surtees
Alan
1 0 2 116 12 7 5 6 13
Jones
2º 3º Gran 2º 3º Pole Giri
Titol Vittori
Pilota post post Prem post post positio veloc
i e
o o i o o n i
Denny
1 0 2 112 8 9 16 1 9
Hulme
Mario
1 0 1 128 12 2 5 18 10
Andretti
Jochen
1 0 1 60 6 3 4 10 3
Rindt
Keke
1 0 1 114 5 8 4 5 3
Rosberg
Mike
1 0 1 45 3 9 6 4 6
Hawthorn
James
1 0 0 92 10 6 7 14 8
Hunt
Phil Hill 1 0 0 47 3 5 8 6 6
Stirling
0 4 3 66 16 5 3 16 19
Moss
Rubens
0 2 2 322 11 29 28 14 17
Barrichello
Ronnie
0 2 1 123 10 10 6 14 9
Peterson
Valtteri
0 2 1 156 9 28 19 16 15
Bottas
Jacky
0 2 0 114 8 7 10 13 14
Ickx
David
0 1 4 246 13 26 23 12 18
Coulthard
Carlos
0 1 3 146 12 13 20 6 6
Reutemann
Riccardo
0 1 2 256 6 17 14 8 13
Patrese
Bruce
0 1 2 98 4 11 12 0 3
McLaren
Felipe
0 1 1 269 11 13 17 16 15
Massa
Tony
0 1 1 38 6 2 2 3 3
Brooks
Clay 0 1 1 132 5 13 10 5 15
Regazzoni
Heinz-
Harald 0 1 1 156 3 3 12 2 6
Frentzen
José
Froilán 0 1 1 26 2 7 6 3 6
González
Gilles
0 1 0 67 6 5 2 2 8
Villeneuve
2º 3º Gran 2º 3º Pole Giri
Titol Vittori
Pilota post post Prem post post positio veloc
i e
o o i o o n i
Michele
0 1 0 194 5 9 9 2 5
Alboreto
Eddie
0 1 0 146 4 6 16 0 1
Irvine
Didier
0 1 0 70 3 3 7 4 5
Pironi
Wolfgan
0 1 0 27 2 2 2 1 0
g von Trips
Mark
0 0 3 215 9 16 17 13 19
Webber
Gerhard
0 0 2 210 10 17 21 12 21
Berger
Max
0 0 2 119 10 17 15 3 10
Verstappen
Juan
Pablo 0 0 2 94 7 15 8 13 12
Montoya
Daniel
0 0 2 188 7 6 18 3 15
Ricciardo
René
0 0 1 149 7 9 6 18 12
Arnoux
John
0 0 1 152 5 6 9 2 5
Watson
Peter
0 0 1 32 3 3 3 0 0
Collins
Elio De
0 0 1 108 2 2 5 3 0
Angelis
François
0 0 1 46 1 10 2 0 2
Cévert
Richie
0 0 1 52 1 8 5 0 3
Ginther
Luigi
0 0 1 24 1 5 1 0 1
Musso
Luigi
0 0 1 7 1 4 1 0 0
Fagioli
Piero
0 0 1 18 1 3 1 0 1
Taruffi
Eugenio
0 0 1 14 0 2 1 1 0
Castellotti

Quanto ai team, il “medagliere” è illustrato nella tabella seguente (nelle prime tre colonne
sono indicati i piazzamenti nella classifica costruttori; nella quarta i titoli mondiali piloti; in
quelle seguenti le vittorie, le presenze, le pole position e i giri veloci in gara).
In grassetto sono evidenziati i team in attività.
Titoli 2º 3º Titol Gran Pole Giri
Vittori
Team Costruttor post post i Prem positio veloc
e
i o o Piloti i n i
Ferrari 16 19 11 15 238 1008 228 254
Williams 9 6 6 7 114 744 128 133
McLaren 8 14 10 12 182 880 155 158
[23]
Mercedes 7 1 0 9 115 227 126 84
Team
7 5 5 6 79 491 107 71
Lotus
Red Bull 4 4 3 4 64 303 63 68
Brabham 2 3 5 4 35 394 39 41
/
Renault[24 2 1 4 2 35 400 51 33
]

Cooper 2 0 4 2 16 128 11 14
Tyrrell 1 2 2 2 23 430 14 20
[25]
/
1 1 6 2 27 260 15 36
Benetton
BRM 1 4 1 1 17 197 11 15
Matra 1 0 1 1 9 60 4 12
Brawn 1 0 0 1 8 17 5 4
Vanwall 1 0 0 0 9 28 7 6
Alfa
0 0 0 2 10 110 12 14
Romeo
Maserati 0 0 0 2[26] 9 70 10 15
Ligier 0 1 1 0 9 326 9 9
BMW
0 1 1 0 1 70 1 2
Sauber
BAR 0 1 0 0 0 117 2 0
Jordan 0 0 1 0 4 250 2 2
March 0 0 1 0 3 197 5 7
Porsche 0 0 1 0 1 31 1 0

Altri team che hanno vinto almeno un Gran Premio:


Wolf, Honda (3 vittorie), Lotus F1
Team, AlphaTauri[27] (2), Eagle, Penske, Hesketh, [28] /
Shadow, Stewart, [29]
Aston Martin (1)
Team che hanno vinto la 500 Miglia di Indianapolis tra il 1950 e il 1960:
Kurtis Kraft (5 vittorie), Watson (3), Epperly (2), Kuzma (1)
Nigel Mansell con la sua Williams impegnato nelle qualificazioni del Gran Premio di Germania del 1985.

La Ferrari è la sola scuderia che abbia preso parte a tutte le edizioni del campionato sin
dal 1950. La stagione di debutto della Formula 1 vide ai nastri di partenza diciotto squadre,
ma quasi subito a fronte dei costi elevati, parecchi preferirono abbandonare. Nei fatti,
durante il primo decennio della F1 ma anche per gran parte del secondo gareggiarono
molte vetture poco competitive, costruite e gestite con scarsi mezzi, date le difficoltà
economiche dell'epoca, tanto che la Federazione durante le stagioni 1952 e 1953 permise
la competizione a vetture di Formula 2.
In passato esistevano molti team "privati" che gestivano auto realizzate da altri costruttori,
ma dalla stagione 1984 ogni squadra venne obbligata a competere con un proprio telaio
(ancorché in alcuni casi il nome della squadra differisse da quello del costruttore, come nel
caso della Lola, che fornì nel tempo i telai per i Team Newman-Haas e Larrousse; o
della March, che li fornì ai Team RAM e Leyton House). Dalla stagione 2008 è
nuovamente possibile acquistare e vendere i telai, come già succede per i motori. L'ultima
azienda a fornire i motori senza un telaio di propria costruzione è stata la Cosworth, che
tuttavia ha abbandonato tale fornitura alla fine del 2006, per rientrare nel 2010.

La piccola scuderia faentina Minardi (qui al debutto in Formula 1 nel 1985 con la M185) ha vissuto l'ebbrezza della
vittoria solo dopo il passaggio alla nuova denominazione di Toro Rosso e successivamente di AlphaTauri.

Nonostante la carenza di cifre ufficiali fornite, il costo medio della partecipazione a una
stagione completa in F1 era stimato per ciascuna squadra nella stagione 1999 tra i 50
milioni di dollari della Minardi e i 240 milioni della Ferrari, mentre nella stagione 2006 le
cifre variavano tra i 66 milioni della Super Aguri e i 400 milioni di dollari della McLaren. È
quindi da rilevare come di otto stagioni le somme spese da team di medio o basso livello
abbiano avuto oscillazioni relativamente moderate, mentre per i top team tale cifra è quasi
raddoppiata.[30] Tuttavia, per il campionato 2011 la HRT è accreditata di un budget di soli
40 milioni di euro e di un organico di sole 30 persone[31].
Iscrivere un nuovo team nel campionato mondiale di Formula 1 costa attorno a 25 milioni
di sterline inglesi (pari a 47 milioni di dollari) da versare direttamente alla FIA prima che
inizi la stagione. Di conseguenza, i costruttori preferiscono entrare in Formula 1
acquisendo i diritti di team esistenti o esistiti: la BAR venne fondata sui resti della Tyrrell,
poi divenne Honda, quindi Brawn e infine Mercedes. La Jordan è divenuta Midland,
poi Spyker, quindi Force India, Racing Point, fino a cambiare nome in Aston Martin nel
2021. La Minardi è divenuta Toro Rosso (nel 2020 ha cambiato nome in AlphaTauri per
ragioni di sponsor). La Stewart è divenuta Jaguar e in seguito Red Bull. Questi passaggi
sono economicamente convenienti perché il nuovo team beneficia dei soldi già depositati
nelle casse della Federazione Internazionale dell'Automobile dal precedente titolare.

Tecnologia e prestazioni velocistiche[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Vettura di Formula 1.

Raffronto che ben evidenzia il progresso tecnologico vissuto dalla Formula 1: a sinistra, lo scarno abitacolo
dell'Alfa Romeo 159 dei primi anni 1950, con un semplice volante a tre razze e un cruscotto recante pochi altri
strumenti analogici; a destra, il complesso volante della Lotus E20 del 2012, che ormai integra il quadro
strumenti e permette tutti i vari settaggi della monoposto.

L'attuale volto delle vetture di Formula 1 dipende da una lunga evoluzione tecnica, dove i
singoli particolari delle macchine sono stati via via affinati e alcune auto hanno fatto epoca,
rivoluzionando la conoscenza acquisite fino a quel momento e venendo poi copiate da
tutte le altre.
Altre innovazioni sono state suggerite o determinate dalla numerose modifiche che sono
state apportate al regolamento tecnico il quale, oltre a regolare le varie misure o parametri
da rispettare, si è occupato in modo sempre più crescente del problema sicurezza.
Le vetture moderne di Formula 1 sono monoposto a motore posteriore centrale, la scocca
(estremamente leggera e resistente) è costruita in compositi di fibra di carbonio; la
macchina con acqua, olio e pilota a bordo deve avere una massa minima regolamentare di
640 kg, per ottenere il quale si fa ampio uso di zavorre, che se ben collocate, permettono
di ottimizzare il bilanciamento della vettura. Dal 2006 i motori sono aspirati V8 con
cilindrata totale di 2,4 litri limitati a 19 000 rpm (ridotti a 18 000 nel 2009), con molte
limitazioni nel loro progetto sotto forma di quote caratteristiche imposte e nei materiali
usati per la fabbricazione. L'ultima generazione di motori per la stagione 2006 raggiungeva
circa 20 000 giri al minuto per 800 cavalli di potenza.[32] Durante il periodo di utilizzo dei
motori omologati sono state concesse modifiche in determinate aree, con ulteriori
variazioni concesse dalla FIA in alcuni casi particolari; tale soluzione ha avuto l'obiettivo di
livellare ancor più le prestazioni delle vetture, obiettivo primario di quella che è possibile
definire "era dei costruttori". Ogni squadra ha a disposizione otto motori per tutta la
stagione e da più di un decennio viene utilizzata benzina verde, di composizione assai
simile a quella in commercio anche se prodotta e dosata con metodi e precisione molto
differenti. In precedenza venivano utilizzate miscele piuttosto pericolose, dapprima a base
di metanolo e in seguito da benzene e toluene. L'olio che lubrifica e protegge il motore
dalle rotture è molto simile in viscosità all'acqua.

All'inizio del nuovo millennio, le battaglie ravvicinate erano divenute poco frequenti, per l'estrema sensibilità delle
moderne Formula 1 alle turbolenze generate dalle altre auto. I sorpassi sono ritornati molto numerosi dal 2011,
grazie all'ala posteriore mobile e alle nuove gomme Pirelli.

Contrariamente a quanto credono i “profani”, le elevate prestazioni velocistiche delle auto


di Formula 1 non dipendono esclusivamente dalla velocità di punta, bensì dalla velocità di
percorrenza in curva, dalla frenata e dall'accelerazione. La velocità massima che queste
vetture possono raggiungere è potenzialmente superiore ai 400 km/h, velocità che però
non è mai stata raggiunta in configurazione da gara a causa della resistenza all'aria
generata dalle appendici aerodinamiche, ma è stata raggiunta solo dalla BAR-Honda del
2004 priva di appendici aerodinamiche sul lago salato di Salt Lake City. Infatti l'elevata
velocità in curva di una macchina di Formula 1 è determinata principalmente dalle forze
aerodinamiche che spingono la vettura verso il basso aumentando così la tenuta delle
gomme e l'aderenza al suolo. In pratica le auto sono molto leggere, ma gli alettoni
conferiscono a esse un carico verticale aggiuntivo che cresce (con legge quadratica)
all'aumentare della velocità senza aumentare la massa ovvero l'inerzia, sfruttando il
principio opposto a quello che fa volare gli aerei, “schiacciando” l'automobile al suolo [33].

Gran Premi[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Gran Premio di Formula 1.

Lo stesso argomento in dettaglio: Lista dei Gran Premi di Formula 1.

Il numero di Gran Premi disputati in una stagione varia spesso nel corso degli anni. Nel
1950 il campionato si articolò su sole sette gare (compresa la 500 Miglia di Indianapolis).
Negli anni 1960 comprendeva mediamente dieci gare. Negli anni 1980 si è giunti a una
media di sedici gare. Nel 2005, nel 2010 e nel 2011 si è arrivati a diciannove gare. Sotto
spinta di Ecclestone,[34] per ampliare il numero dei Paesi ospitanti, si è giunti nel 2012 a un
calendario con venti gare, per poi tornare a diciannove nella stagione successiva. Nel
2016 i Gran Premi disputati sono stati ventuno, record della categoria, ripetutosi
nuovamente nel 2018 e nel 2019.[35] Con la gestione di Liberty Media si porta il calendario
al numero record di 23 gare a partire dalla stagione 2021.[36]
In verde sono evidenziati i Paesi che attualmente ospitano un Gran Premio di Formula 1, con le sedi dei circuiti
segnate con un punto nero. In grigio scuro sono evidenziati i Paesi che hanno ospitato un Gran Premio in passato,
con gli ex circuiti ospitanti contrassegnati con un punto bianco.

L'esperimento di inserire in calendario la 500 Miglia di Indianapolis durò dal 1950 al 1960
per 11 edizioni, e rappresentò il tentativo di gettare un ponte tra due mondi che erano
comunque troppo diversi per mentalità e anche per le specifiche tecniche delle auto. I piloti
americani disertarono le gare oltreoceano; mentre pochi europei parteciparono alla 500
Miglia, che però venne poi vinta negli anni 1960 da Jim Clark e Graham Hill, che furono i
primi piloti a potersi fregiare sia di questo successo che del titolo di Campione del mondo
di Formula 1 (impresa poi riuscita anche a Mario Andretti, Emerson Fittipaldi e Jacques
Villeneuve).
Esclusa questa esperienza atipica, la prima gara extra-europea del mondiale di Formula 1
si svolse in Argentina nel 1953. Il primo Gran Premio nordamericano si svolse invece
a Sebring nel 1959. Dopo un esperimento a Riverside, il G.P. degli Stati Uniti si accasò dal
1961 al 1980 sul circuito di Watkins Glen, nello Stato di New York. Dal 1976 venne
affiancato dal G.P. di Long Beach. Il Marocco ospitò il primo gran
premio africano nel 1958 e successivamente si corse anche (per ventitré stagioni)
in Sudafrica. L'Asia (col Giappone nel 1976) e l'Oceania (Australia nel 1985) si unirono in
seguito. Le attuali gare toccano quattro continenti: all'appello manca soltanto l'Africa.
In settantuno stagioni di gare (1950-2020) si sono disputati complessivamente 1035 Gran
Premi validi per il titolo mondiale, includendo anche le edizioni della 500 Miglia di
Indianapolis. A essi hanno partecipato 767 piloti di trentotto diverse nazionalità (l'ultima ad
aggiungersi è stata l'Indonesia con Rio Haryanto nel 2016). Queste gare sono così
ripartite tra i diversi decenni:

• 84 tra il 1950 e il 1959;


• 100 tra il 1960 e il 1969;
• 144 tra il 1970 e il 1979;
• 156 tra il 1980 e il 1989;
• 162 tra il 1990 e il 1999;
• 174 tra il 2000 e il 2009;
• 198 tra il 2010 e il 2019;
• 17 nel 2020.
I Gran Premi hanno avuto quarantasette diverse denominazioni; solo quelli di Gran
Bretagna e d'Italia si sono disputati in tutte le settantuno edizioni del Campionato. Il Gran
Premio britannico ha avuto tre sedi diverse (Silverstone, Aintree, Brands Hatch); quello
d'Italia si è corso per settanta volte a Monza e una volta a Imola. Quello di Francia è stato
invece ospitato da ben sette circuiti diversi: Reims, Rouen, Clermont-Ferrand, Le Mans,
Digione, Le Castellet e Magny-Cours.
Alle gare ufficiali vanno aggiunte le 367 corse non valide per il mondiale, disputate nel
periodo 1946–1983, di cui ben 106 si svolsero nel quadriennio 1946-1949 (con un picco di
trentasette nel 1947) e furono molto numerose fino al 1962 (quando se ne disputarono
ventitré), prima di un lento declino. Molte di esse erano suddivise in due o tre manches, e
talvolta furono l'occasione per il debutto di un nuovo circuito (come il G.P. del Brasile del
1972, disputatosi a Interlagos e vinto da Carlos Reutemann; o il Gran Premio "Dino
Ferrari" corso a Imola nel 1979 e vinto da Niki Lauda). Alcune erano molto quotate, come il
"Daily Express international Trophy", che si svolgeva a Silverstone; e la "Race of
Champions" che si correva sul Circuito di Brands Hatch. Il loro albo d'oro vanta nomi di
tutto rispetto. Il finlandese Keke Rosberg le vinse entrambe: la prima nel 1978 con la
Theodore e la seconda nel 1983 con la Williams. A causa degli alti costi di gestione, la
"Race of Champions" del 1983 fu l'ultima corsa di Formula 1 non valida per il
mondiale.[37] A partire dal 1984 tutte le gare per vetture di Formula 1 sono valide per il
titolo mondiale.
Suddivisi per decenni, il numero di Gran Premi non titolati fu il seguente:

• 106 tra il 1946 e il 1949;


• 126 tra il 1950 e il 1959;
• 100 tra il 1960 e il 1969;
• 32 tra il 1970 e il 1979;
• 1 tra il 1980 e il 1983 (più due Gran Premi dichiarati
non validi a posteriori).
Considerando solo quelle a cui partecipò un lotto di concorrenti di caratura internazionale
(ed escludendo perciò tutte quelle del Campionato sudafricano), il record di vittorie in gare
non titolate spetta a Stirling Moss, che se ne aggiudicò ventuno; seguono Clark (20
vittorie) e Brabham (17). Esse rappresentarono anche una "vetrina" per alcuni piloti che
non si imposero mai in gare valide per il mondiale, come Jean Behra (11 vittorie) o Chris
Amon (2 vittorie).

I meccanici spostano i treni di gomme dalla griglia di partenza del Gran Premio di Indianapolis del 2005, una delle
gare più controverse nella storia della F1.

Nel mondiale, in ogni nazione si svolge di norma una sola gara l'anno, che ne porta il
nome. Se una nazione ospita una seconda gara, questa assume una differente
denominazione e fa capo a un diverso comitato organizzatore. Per esempio, dal 1981 al
2006 Imola ha ospitato il Gran Premio di San Marino; il Nürburgring ha ospitato più volte
il Gran Premio d'Europa (nel 1997-1998 anche il Gran Premio del Lussemburgo). Nella
storia del mondiale è capitato solo in due occasioni che uno Stato ospitasse tre Gran
Premi nella stessa stagione: nel 1982 negli Stati Uniti e nella particolare stagione 2020
in Italia.
La tendenza attuale è quella di far disputare una sola corsa per ogni nazione, alternando
eventualmente i circuiti. Tale soluzione avrebbe dovuto interessare le piste di Imola e
Monza in Italia, Nürburgring e Hockenheim in Germania, Fuji e Suzuka in Giappone, ma a
seguito della crisi economica che colpì vari settori dell'economia sul finire degli anni 2000,
l'effettiva alternanza originariamente prevista non trovò applicazione se non in rari casi.
Ipotesi[modifica | modifica wikitesto]
Nel corso degli anni sono state avanzate numerose ipotesi di Gran Premi, poi non
realizzatesi.
Gran Premio d'America[modifica | modifica wikitesto]
Il Gran Premio d'America[38] è stata un'ipotesi di gara del Campionato mondiale di Formula
1, inizialmente programmata per la stagione 2014 e successive,[39] ma mai disputata. La
gara si sarebbe dovuta svolgere su un circuito di 5 200 metri, denominato Port Imperial
Street Circuit, che avrebbe dovuto snodarsi in New Jersey fra le città di West New
York e Weehawken,[38] vicino a Weehawken Port Imperial[40]; sullo sfondo,
lo skyline di New York. La gara era compresa nel calendario 2014,[41] ma successivamente
è stata rimossa.
Gran Premio del Vietnam[modifica | modifica wikitesto]
Nella stagione 2020 avrebbe dovuto esserci l'esordio del Gran Premio del Vietnam su un
tracciato cittadino nella capitale Hanoi. Il Gran Premio, inizialmente posticipato alla
stagione successiva, a causa della pandemia di COVID-19,[42][43] viene rimosso anche dal
calendario 2021, per via dell'arresto del Presidente del Comitato del Popolo di Hanoi, che
ricopriva un ruolo di primaria importanza riguardo l'organizzazione del Gran Premio. [44]

Circuiti[modifica | modifica wikitesto]

Il complesso Eau Rouge-Radillon nel circuito di Spa-Francorchamps, una delle curve più famose nel panorama
automobilistico mondiale.

L'espansione della Formula 1 sul globo viene suddivisa in quattro fasi a seconda della
tipologia dei nuovi ingressi in calendario.[45] I circuiti più antichi erano ricavati da normali
strade chiuse al traffico, spesso in zone cittadine, ma anche extraurbane (come quelli di
Reims, Spa e Pescara). Essi si caratterizzavano, per ciò stesso, per un disegno quasi
naturale, con tratti di grande suggestione come la celebre curva dell'Eau Rouge-Radillon,
che ancora oggi è considerata una delle più spettacolari del Mondiale.
La linea d'arrivo dell'autodromo José Carlos Pace di Interlagos, caratterizzato da vari saliscendi e muretti molto
vicini all'asfalto, oltre che dall'inusuale percorrenza in senso antiorario. L'originario tracciato della pista brasiliana
era particolarmente lungo e complesso; venne accorciato nel 1990 per ridurne i costi di gestione.

Pochi erano gli autodromi veri e propri. Il primo in assoluto fu quello di Indianapolis. In
Italia fu quello di Monza (che nel suo intero sviluppo — comprendente anche l'anello di
alta velocità — era lungo 10 km); in Germania quello molto famoso del Nürburgring (lungo
22,8 km). Mentre in Inghilterra il circuito di Silverstone venne ricavato congiungendo tra di
loro le piste di un aeroporto militare. Solo negli anni 1970 si realizzarono autodromi più
moderni, di cui l'esempio più acclamato fu il circuito Paul Ricard di Le Castellet, in Francia,
situato tra Tolone e Marsiglia. Considerato una pista completa e sicura, cadde in disgrazia
dopo l'incidente mortale occorsovi nel 1986 a Elio De Angelis; venne dapprima accorciato
e poi eliminato dal calendario.
Pochi circuiti girano in senso antiorario (ad esempio Interlagos in Brasile); essi possono
causare problemi al collo dei piloti, in quanto vi prevalgono forze laterali opposte a quelle
prevalenti nella maggioranza dei circuiti, nei quali si gira in senso orario.
Ogni circuito dispone di una "pit lane" (o corsia dei box), di solito collocata in
corrispondenza del rettilineo principale; collegata a essa vi è il "paddock", cioè la zona ad
accesso limitato (i criteri di concessione dei lasciapassare si fecero particolarmente
restrittivi nei primi anni 1990, sotto l'egida di Pasquale Lattuneddu, direttore operativo della
FOM e "braccio destro" di Bernie Ecclestone) in cui stazionano i camion di trasporto delle
auto, i motor-home delle squadre e le officine mobili.
Alcune curve "storiche" sono molto note al grande pubblico, come la variante Ascari e la
Parabolica di Monza, la Tosa, il Tamburello e le Acque Minerali di Imola, la curva del
Tabaccaio, la Rascasse e il Tornantino di Monte Carlo, la Tarzan di Zandvoort o l'Eau
Rouge di Spa-Francorchamps. Tra i circuiti più moderni, è considerata molto impegnativa
la curva n° 8 di Istanbul Park e la 130R di Suzuka in Giappone. Mentre a Indianapolis la
curva n° 13 (l'unica che negli anni 2000 è stata utilizzata dalle Formula 1, tra le 4 che
caratterizzano lo storico circuito "ovale") è risultata molto impegnativa per piloti e
pneumatici, in considerazione della Forza G attiva sulle sospensioni.

La tradizionale invasione di pista dei tifosi, a fine gara, sul lungo rettilineo dell'autodromo nazionale di Monza, sede
storica del Gran Premio d'Italia. Il circuito lombardo, costruito nel 1922, è il più antico tra quelli oggi usati in F1.
Circuiti particolari per via dell'altitudine (che a causa dell'aria rarefatta riduceva le
prestazioni dei motori) erano quello di Città del Messico e quello sudafricano Kyalami. La
pista di Monte Carlo venne invece descritta da Keke Rosberg come «Un bel circuito di
montagna in riva al mare»; mentre Nelson Piquet affermò che farvi correre un'auto di
Formula 1 corrisponde a «guidare una bicicletta nel salotto di casa».
Oltre a quello monegasco, i circuiti cittadini oggi in uso sono quelli di Singapore (all'esordio
nel 2008), quello di Baku (al debutto nel 2016), quello di Montreal (esordito nel 1978),
quello di Melbourne in Australia (aperto nel 1953) e il circuito di Soči (inaugurato nel 2014
poco dopo i giochi olimpici invernali). Nel passato, vari esperimenti vennero compiuti
soprattutto negli USA, a Long Beach, Detroit, Phoenix, Las Vegas e Dallas; tutti naufragati
per lo scarso seguito di pubblico che la Formula 1 riscuote negli States e per il basso
livello organizzativo.
Fino alle più recenti modifiche, il circuito di Spa era classificato come semi-permanente (in
quanto una parte era aperta al traffico ordinario, durante l'anno); caratteristica che ora è
propria del circuito di Yas Marina, dove si corre il Gran Premio di Abu Dhabi. Non sono
mancate proposte per portare le monoposto nelle strade di capitali come Parigi, Londra,
Roma, Mosca o Beirut ma non si sono mai concretizzate.

Il tracciato cittadino di Monte Carlo, teatro del Gran Premio di Monaco, rimane la gara più difficile – ma al
contempo, la più prestigiosa – della moderna Formula 1.

A partire dal lavoro realizzato per creare dal nulla la pista malese di Sepang, l'architetto
tedesco Hermann Tilke è stato poi incaricato di realizzare molti altri progetti nel corso degli
anni 2000, sia per la creazione ex novo di nuovi impianti (tra cui quelli di Sakhir, Yeongam,
Shanghai e Istanbul), sia per la ristrutturazione di circuiti già esistenti. Ovunque sono state
realizzate ampie vie di fuga per garantire l'incolumità dei piloti, dapprima realizzate in erba,
poi in sabbia e in ultimo in asfalto.
Sotto la spinta delle esigenze di sicurezza, sono spariti o sono stati radicalmente
trasformati tutti i vecchi circuiti caratterizzati da lunghi rettilinei, come Hockenheim e
Silverstone. Solo Monza, nonostante una serie di consistenti modifiche realizzate nel
corso degli anni, mantiene le caratteristiche che l'hanno resa celebre, venendo infatti
definita come "il tempio della velocità".
Molti dei nuovi circuiti della F1 sono stati criticati per la riduzione delle emozioni provate
dai classici tracciati come Spa e Imola. Il rifacimento del circuito di Hockenheim, con una
nuova tribuna per gli spettatori e l'eliminazione dei lunghi e pericolosi rettilinei, ha
comportato anche l'abbattimento di numerosi alberi della Foresta Nera che circonda il
circuito, sostituiti da nuovi alberi piantati al posto del vecchio tracciato.
Il circuito di Sepang, disegnato nel 1999 da Hermann Tilke per il Gran Premio della Malesia, ha segnato la via alla
Formula 1 per la ricerca di nuovi ed esotici palcoscenici, nonché l'inizio di una maggiore
attenzione architettonica verso i nuovi autodromi.

Grandi problemi hanno segnato anche il ritorno del Gran Premio del Messico: a Tilke
venne affidata la progettazione di un nuovo circuito da 70 milioni di dollari, denominato
"Mantarraya", che in origine avrebbe dovuto essere costruito nelle vicinanze di Cancún.
Dal 2003 iniziarono a circolare le prime notizie,[46] ma a causa di problemi economici il
progetto accusò un notevole ritardo. Ecclestone annunciò un probabile rientro del Gran
Premio messicano per il 2009, che entrò a far parte del calendario solo nel 2015.
Anche l'India ha ospitato un GP di Formula 1, sul circuito di Buddh costruito alle porte
di Nuova Delhi, la cui prima edizione si è disputata il 30 ottobre 2011. Nel 2014 la F1 è
approdata in Russia con la gara di Sochi disputata sull'omonimo autodromo, mentre nel
2016 ha fatto il suo esordio il circuito di Baku, in Azerbaigian.
Nella stagione 2020 avrebbe dovuto esserci il ritorno in calendario dopo 35 anni del Gran
Premio d'Olanda, sul rinnovato circuito di Zandvoort. Il Gran Premio, inizialmente rinviato,
viene posticipato al 2021, a causa della pandemia di COVID-19.[47] Proprio per via dei
molti appuntamenti annullati o posticipati, il campionato 2020 vede il debutto di circuiti mai
visitati dalla massima formula, come quello del Mugello, su cui si corre il Gran Premio
della Toscana, l'Autódromo Internacional do Algarve, che segna il ritorno del Gran Premio
del Portogallo dopo 24 anni dall'ultima apparizione, e il circuito di Manama su una diversa
configurazione, su cui si corre il Gran Premio di Sakhir.[48][49]
La stagione 2021, oltre al ritorno di Zandvoort, segna i debutti del Gran Premio di Città del
Messico, la cui prima edizione era prevista nel 2020, ma successivamente annullata a
causa della pandemia di COVID-19, da corrersi all'Autodromo Hermanos
Rodríguez di Città del Messico, e del Gran Premio di San Paolo, da svolgersi sul circuito di
Interlagos di San Paolo. Da segnalare l'introduzione dell'Arabia Saudita, trentatreesimo
Paese ad ospitare la Formula 1, con un circuito cittadino situato a Gedda.[50]

Punteggio[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Sistema di punteggio della Formula 1.

Originariamente, la FIA (Fédération Internationale de l'Automobile) assegnava punti ai


primi cinque classificati, in base alla scala 8-6-4-3-2; inoltre, veniva assegnato un punto
all'autore del giro più veloce in gara (spesso suddiviso tra più piloti, in quanto i tempi
venivano arrotondati al decimo di secondo; addirittura, nel G.P. di Gran Bretagna del 1954
questo punteggio venne diviso tra sette piloti, ognuno dei quali ottenne 0,14 punti).
Vi furono poi vari cambiamenti. Dal 1960 i piloti a punti furono sei e il punto per il giro
veloce non fu più assegnato. Ci si ritrovò con un 8-6-4-3-2-1. Già nel 1961 il sistema si
modificò in un 9-6-4-3-2-1, fino al 1991 quando diventò un 10-6-4-3-2-1.
Contemporaneamente, venne abolita un'altra regola vigente fin dal primo campionato
(sospesa dal 1981 al 1984), quella degli scarti: in ogni campionato, ciascun pilota poteva
sommare solo un certo numero di piazzamenti, superato il quale era costretto a scartare i
propri peggiori risultati. L'obiettivo era duplice: premiare i piloti vincitori delle singole gare
(penalizzando i "piazzati") e mantenere in corsa per il titolo i piloti che avevano dovuto
saltare delle gare o disponevano di macchine poco affidabili.

Jim Clark fu un vincente per eccellenza nella sua carriera in F1, giungendo al traguardo 25 volte 1º, solo una volta
2º e 6 volte 3º.

In ogni caso, solo due volte questa regola risultò decisiva per l'assegnazione del titolo:
nel 1964, quando Graham Hill dovette scartare un 5º posto (2 punti), retrocedendo così
per un punto alle spalle di John Surtees; e nel 1988, quando Alain Prost conseguì 11 punti
più di Ayrton Senna, ma ne dovette scartare 18 (corrispondenti a tre secondi posti), contro
i 4 del rivale, che così vinse il suo primo titolo per 90 punti contro 87 (mentre Prost aveva
ottenuto 105 punti, contro i 94 di Senna).
Dal 2003 al 2009 si è adottata la scala 10-8-6-5-4-3-2-1, assegnando punti ai primi otto
classificati: in tal modo, due quarti posti valevano come una vittoria, mentre
precedentemente erano necessari un secondo e un terzo posto (5+5 punti contro 6+4).
Questa scelta venne fatta anche perché l'accresciuta affidabilità delle auto fa sì che in ogni
gara giunga al traguardo un gran numero di vetture (nel G.P. d'Italia del 2005 non si
registrò alcun ritiro, cosa che era avvenuta una sola altra volta fino ad allora, nel G.P.
d'Olanda del 1961, per poi avvenire nuovamente nel G.P. d'Europa 2011) e obiettivamente
un 4º posto attuale è un risultato migliore rispetto agli anni 1980, quando spesso
arrivavano al traguardo meno vetture rispetto agli anni successivi.
Infine, dal 2010 il punteggio è il seguente: 25 punti al primo classificato, 18 al secondo, 15
al terzo, 12 al quarto, 10 al quinto, 8 al sesto, 6 al settimo, 4 all'ottavo, 2 al nono e 1 al
decimo. La zona punti è così allargata a dieci macchine.
Niki Lauda vanta il record della vittoria mondiale col distacco più ridotto, quando nel 1984 ottenne il suo terzo titolo
sopravanzando Alain Prost per soli 0,5 punti.

Variazioni così consistenti del sistema di punteggio rendono difficili i raffronti tra gli esiti dei
diversi campionati. Se si prende come parametro il sistema che è stato adottato per più
anni (cioè il 9-6-4-3-2-1), applicandolo a tutte le stagioni, si riscontra che il miglior risultato
di sempre resta quello registrato da Michael Schumacher nel 2002, con una media di 7,82
punti/gara.
La stagione conclusasi con il minimo distacco tra il primo e il secondo è stata quella del
1984, quando Niki Lauda vinse per 0,5 punti su Alain Prost: 72 a 71,5. Ciò accadde
perché nel G.P. di Monaco di quell'anno venne assegnato un punteggio dimezzato, in
quanto la corsa venne sospesa per pioggia prima che fosse completato il 75% dei giri
previsti. Prost, che in quel momento era in testa, ottenne 4,5 punti. Ciò è avvenuto in altri 4
Gran Premi: Spagna 1975, Austria 1975, Australia 1991 e Malesia 2009.
Per la "Coppa costruttori" tra il 1958 e il 1978 ogni team otteneva soltanto i punti della sua
auto meglio piazzata; pertanto, una "doppietta" valeva solo 9 punti, anziché 15, mentre
una squadra che in due distinti G.P. ottenesse un 1º e un 2º posto totalizzava 15 punti
(9+6). Ciò spiega — per esempio — perché la Ferrari non vinse la coppa costruttori del
1974, anno in cui numerose volte i suoi piloti Clay Regazzoni e Niki Lauda salirono
insieme sul podio. Dal 1979, invece, ogni squadra somma i punti totalizzati da entrambi i
suoi piloti.
Nel corso degli anni, si è discusso spesso a proposito del sistema di punteggio. Fra le
varie proposte vi sono state idee sull'attribuzione di punti a chi ottiene la pole position o il
giro più veloce e addirittura al pit stop più rapido. Nessun sistema di punteggio è stato
esente da critiche, e gli ultimi commenti verso il sistema adottato dal 2010 lamentano il
fatto che la stima corretta dei distacchi sia diventata troppo difficile per un pubblico
abituato a calcolare i gap basandosi su una vittoria di 10 punti. Tuttavia, alcuni piloti hanno
espresso il loro apprezzamento verso questo sistema, affermando che, se col vecchio 10-
8-6-5-4-3-2-1 potevano rimanere in lizza per il titolo solo due o tre piloti, con quello attuale
possono lottare per il titolo anche 4 o 5 conduttori, riferendosi alla lotta per il mondiale
2010.
Tuttavia, quest'affermazione non è del tutto esatta, perché i rapporti fra le varie posizioni
sono stati mantenuti in base alla relazione 2,5 a 1: per esempio, i 10 punti della vittoria col
vecchio punteggio sono divenuti 25, cioè 10 per 2,5. Così per quasi tutte le posizioni (con
ovvi arrotondamenti). Difatti, l'arrivo al GP di Abu Dhabi 2010 di quattro piloti ancora in
lotta per il titolo sarebbe avvenuto anche con il vecchio punteggio. La lotta del 2010 non è
dunque imputabile al sistema di punteggio ma alla relativa vicinanza di prestazioni fra i
team e i piloti in lizza (tra l'altro, anche il 9-6-4-3-2-1 non impedì di arrivare, in varie
occasioni, all'ultima gara di campionato con 3 piloti in lizza per la vittoria).

Numerazione[modifica | modifica wikitesto]

Damon Hill gareggiò con la Williams numero 0 nelle stagioni 1993 e 1994.

Fino al 1973, le auto si iscrivevano a ogni singolo Gran Premio e ricevevano dagli
organizzatori un numero di gara, che variava di volta in volta. Dal 1974, invece, ogni
macchina viene contrassegnata prima dell'inizio della stagione da un numero di gara che
la identifica per tutta la stagione. Fino al 1996, la numerazione restò quella stabilita nel
1974 (sulla base della classifica della Coppa Costruttori del 1973) e annualmente il nuovo
Campione del mondo acquisiva il diritto a correre con il n. 1 (e, per conseguenza, il suo
compagno di squadra correva con il n. 2), cedendo il proprio numero al campione uscente.
Tra il 1975 e il 1977, McLaren e Ferrari si scambiarono tra loro i nn. 11 e 12. Poi, nel 1978
il campione in carica Niki Lauda passò alla Brabham-Alfa Romeo, portando con sé il
numero 1 e cedendo alla McLaren i nn. 7 e 8, che appartenevano alla Brabham.
Quest'ultima, nel 1979 acquisì i nn. 5 e 6, che dal 1975 appartenevano alla Lotus. Nel
1980, La Lotus ricevette dalla Ferrari i nn. 11 e 12. Mentre nel 1981 la Ferrari ereditò
dalla Williams i nn. 27 e 28, che poi contraddistinsero le sue auto per ben 16 stagioni, con
l'eccezione del 1990 (quando Alain Prost, campione in carica, portò con sé il numero 1; e
le McLaren gareggiarono con il 27 e 28, che tornò alla Ferrari nel 1991 perché il Mondiale
venne vinto dalla Mclaren di Ayrton Senna). La Williams nel 1982 ereditò dalla Brabham i
nn. 5 e 6, con cui li scambiò nei 2 anni successivi e poi mantenendoli fino al 1992; infatti,
nel 1988 il campione in carica Nelson Piquet passò alla Lotus, portando con sé il numero
1.
La Tyrrell, che nel 1973 si era classificata seconda nella coppa costruttori, gareggiò poi
per molti anni con i numeri 3 e 4, nonostante con il tempo fosse divenuta una squadra di
"serie B". Infatti, poiché alla fine del 1973 Jackie Stewart si era ritirato dalle competizioni,
nel 1974 fu la Lotus (vincitrice della Coppa Costruttori) a correre con i numeri 1 e 2. Ma
quando l'evento si ripresentò nel 1993 e nel 1994 (con il ritiro di un campione in
carica, Nigel Mansell e Alain Prost, rispettivamente) si decise invece di non assegnare il
numero 1. In questi casi, alla Williams vennero assegnati i numeri 0 e 2. Lo 0 toccò così
per 2 anni a Damon Hill, mentre Prost e Ayrton Senna – rimpiazzato dopo la sua morte
da David Coulthard – optarono per il numero 2. In realtà, non si trattò di una novità
assoluta, perché nel 1973 Jody Scheckter aveva disputato alcune corse con il numero
zero.
A lungo andare, nell'arco di oltre vent'anni, si crearono parecchi "buchi" nella numerazione
e nel 1996 venne adottato il sistema di numerazione che fu utilizzato fino al 2013: all'inizio
di ogni campionato, tutti i numeri venivano riassegnati sulla base della classifica dell'anno
precedente; solo il numero 13 non era assegnato, ma per superstizione[51]. Se il pilota
campione in carica correva per un team diverso da quello campione in carica, avrebbe
portato nel suo team i numeri 1 (per sé) e 2 (per il compagno di squadra), lasciando il 3 e il
4 alla squadra appena lasciata.
Dalla stagione 2014, ogni pilota può invece scegliere liberamente il proprio numero (dal 2
al 99), che viene utilizzato in maniera stabile durante la carriera in F1, a meno di cambi di
numerazione (Pastor Maldonado è stato il primo pilota a correre stabilmente con il 13,
utilizzandolo fino al 2015); sono esclusi dal novero l'1, riservato per prassi al campione in
carica, che potrà decidere di anno in anno se usarlo o meno[52] e il numero 17, ritirato dalla
FIA il 20 luglio 2015 in memoria del pilota Jules Bianchi, deceduto il 17 luglio 2015 dopo
oltre 9 mesi di coma a causa di un incidente durante il GP del Giappone del
2014.[53] Ciononostante, il pilota perde il suo numero di gara dopo due anni di inattività
nella categoria.[54] Nonostante il campione in carica abbia il diritto di correre con il numero
1, l’ultimo pilota a correre con questo numero fu Sebastian Vettel nel 2014. Lewis
Hamilton, infatti, divenne campione del mondo per sei volte tra il 2014 e il 2020, ma decise
di non adottare il numero 1 preferendo correre con il suo numero personale, il 44. Inoltre,
alla fine del 2016 Nico Rosberg, campione in carica, decise di ritirarsi dal mondiale,
rendendo quindi inutilizzabile il numero 1 nel corso del 2017.
Prima del 2014, il pilota ad aver gareggiato per più corse con lo stesso numero era
stato Jacques Laffite, che per 132 volte è partito con la Ligier numero 26. Lo
seguiva Michael Schumacher che per 120 volte ha corso con il numero più prestigioso, l'1
(con Benetton e Ferrari). Dal 2014 diviene più facile per i piloti superare il record di Laffite,
dato che ad ognuno di loro è stato concesso di scegliere un numero personale anche per
tutta la durata della loro carriera. Alla fine della stagione 2020, il pilota ad aver corso più
gran premi con lo stesso numero è Romain Grosjean (160 con il numero 8), seguito
da Kimi Räikkönen (154 gare con il numero 7); mentre Ricciardo ne ha disputati 138 con il
numero 3.

Record[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Statistiche di Formula 1.

Nel Gran Premio di Reims del 1961, Giancarlo Baghetti su Ferrari 156 F1 si impose in occasione del suo esordio
nel Mondiale (in realtà aveva già vinto i G.P. di Siracusa e Napoli, non validi per il Mondiale).

Prima dell'«era Schumacher», si registrava una notevole varietà nella titolarità dei diversi
record: ognuno era appannaggio di un pilota che in qualche modo "incarnava" una
determinata caratteristica. Prost vantava il maggior numero di vittorie (51), Senna quello di
pole-positions (65), Fangio quello di titoli mondiali (5) e così via. Nei primi anni del XXI
secolo Schumacher ha conquistato molti dei record, tra cui tutti quelli significativi a
eccezione di quello delle presenze (appannaggio, all'epoca, di Barrichello). A partire dal
2017, Lewis Hamilton ha però sottratto al campione tedesco gran parte dei record assoluti,
tra cui quello delle pole position nel Gran Premio d'Italia 2017 e quello delle vittorie
nel Gran Premio del Portogallo 2020, eguagliando anche il record di titoli mondiali vinti (7)
nella stagione 2020.
È comunque interessante vedere qual è stata l'evoluzione dei record più significativi.
Quello delle vittorie, per esempio, ha avuto pochi titolari: dapprima Ascari (13) nel 1953,
poi Fangio (24) dal 1954, quindi Clark (25) dal 1968 e Stewart (27) dal 1973. Prost lo
migliorò nel 1987 (28 vittorie) fino al 1993 (51); Schumacher glielo strappò nel 2001
(toccando quota 53) e migliorandolo fino al 2006 (giungendo a quota 91); Nel corso
della stagione 2020 il record è stato battuto da Lewis Hamilton.

Michael Schumacher, detentore di numerosi record di F1 stabiliti tra gli anni 1990 e 2000, su tutti quello dei titoli
mondiali vinti (7), eguagliati da Lewis Hamilton nel Gran Premio di Turchia 2020.

Quanto alle presenze, il primo vero recordman fu Jack Brabham, che si ritirò nel 1970
dopo avere disputato 126 gran premi. Ma Graham Hill lo superò già nell'anno successivo,
portando nel 1975 il suo record a 176 presenze. Nel 1973, solo altri tre piloti, oltre a questi
due, avevano superato le cento presenze: Bruce McLaren (101), Joakim Bonnier (104) e
John Surtees (112). Stewart, fermatosi a quota 99, era quindi il 6º pilota di tutti i tempi. Ciò
in quanto il numero di Gran Premi per stagione era molto ridotto (contando solo quelli
validi per il mondiale). Inoltre, i piloti di Formula 1 si cimentavano anche in altre categorie,
svolgendo un'attività assai più intensa rispetto ai piloti attuali.
Nel 1986, Jacques Laffite ebbe un grave incidente proprio nel Gran Premio di Gran
Bretagna, in cui stava uguagliando il record di Graham Hill. Toccò quindi a Riccardo
Patrese stabilire il primato, fino a portarlo a quota 256, nel 1993. Il record è poi passato
a Rubens Barrichello che superò Patrese nel 2008, concludendo la carriera in Formula 1
con 322 GP disputati nel 2011, prima di essere battuto da Kimi Räikkönen nel 2020.
Attualmente sono diciotto i piloti ad avere superato quota 200, tra cui quattro italiani:
Patrese, Fisichella, Trulli e De Cesaris, che assommano 945 partenze, con un totale —
però — di sole dieci vittorie.
Il "regolarista" Carlos Reutemann aveva stabilito con la Williams FW07, a cavallo tra il
1980 e il 1981, il record di quindici arrivi consecutivi in zona punti (all'epoca ristretta ai
primi sei). Michael Schumacher ha battuto questo primato dopo vent'anni, con ventiquattro
arrivi consecutivi a punti, dal Gran Premio d'Ungheria 2001 al Gran Premio della Malesia
2003 (nell'ultimo anno, la forbice dell'assegnazione dei punti era stata allargata ai primi
otto posti); Questo record è stato successivamente migliorato da Kimi Räikkönen, con
ventisette gare consecutive, e da Lewis Hamilton che, dal Gran Premio di Gran Bretagna
2018 al Gran Premio del Bahrein 2020, ha collezionato una striscia positiva di quarantotto
gare terminate in zona punti (nel frattempo però estesa fino al decimo posto).
Il pilota con più punti in carriera è Lewis Hamilton (si tratta però di un record poco
significativo, poiché il radicale cambiamento dei sistemi di punteggio rende quasi priva di
significato la mera sommatoria dei punti ottenuti dopo il 2003, e soprattutto dopo il 2010,
rispetto a quelli ottenuti tra il 1950 e il 2002).[55] Il record di punti è stato detenuto dapprima
da Fangio (277,5), poi da Stewart (360), Lauda (420), Prost (798,5) ed infine da Michael
Schumacher (945), prima di passare, con il nuovo sistema di punteggio, nelle mani
di Alonso, Vettel ed Hamilton.

La Arrows – nata da una scissione in seno alla Shadow – realizzò nel 1978 la monoposto A1 (in foto) impiegando
il tempo-record di 52 giorni.

Michael Schumacher resta invece il primatista assoluto nella classifica dei giri veloci (77),
dopo che tale record è stato detenuto da Fangio, Clark e Prost.
Per quanto riguarda i record di longevità: Schumacher ha ottenuto almeno una vittoria per
15 stagioni consecutive, seguito da Hamilton (14), il quale detiene il record di stagioni
consecutive con almeno una pole (14). Nel 2020 Lewis Hamilton ha conquistato il titolo
mondiale a 12 anni di distanza dal primo, superando il precedente record di Schumacher
(10 anni tra primo e ultimo mondiale). Solo Lauda (11 anni per le vittorie, 9 anni per i titoli
mondiali), Prost (12 ed 8 anni) e Piquet (11 e 6 anni) hanno avuto una carriera ai vertici di
durata simile. Nel 2018, Kimi Räikkönen ha stabilito due nuovi record: ha ottenuto una
vittoria (nel Gran Premio degli Stati Uniti) a 15 anni di distanza dalla prima; ed è stato
anche il primo pilota a comparire tra i primi 3 della classifica mondiale a distanza di 15
stagioni (2º nel 2003 e 3º nel 2018). Graham Hill, correndo almeno una gara per diciotto
stagioni aveva stabilito il record di campionati disputati, superato nel 2011 da Rubens
Barrichello ed eguagliato nel 2012 da Michael Schumacher, entrambi giunti a 19 stagioni.

La Sauber (dal 2019 denominata Alfa Romeo Racing) vanta il poco invidiabile record del maggior numero di gare
disputate nel Mondiale senza aver mai ottenuto vittorie.

Quanto ai team, Schumacher ha regalato alla Ferrari un netto vantaggio in tutte le


classifiche. Alla fine del 1993, in realtà, la McLaren aveva sopravanzato la scuderia di
Maranello nel totale delle vittorie: 104 contro 103, pur avendo disputato 16 campionati in
meno. La Lotus aveva primeggiato dalla fine del 1973 (54 vittorie contro le 49 della Ferrari)
fino a quella del 1975 (58 vittorie Ferrari, 57 Lotus). Nella stagione 2020 la Mercedes ha
strappato alla Ferrari il record di mondiali costruttori consecutivi, arrivando a 7.
Il Gran Premio con il maggior numero di partecipanti è stato quello del Belgio del 1974,
con trentuno concorrenti a contendersi la vittoria sul circuito di Nivelles (una pista ― tra
l'altro ― lunga soltanto 3724 m). Quello con meno partecipanti (soltanto sei) fu il
controverso G.P. degli Stati Uniti del 2005. Il Gran Premio più breve è stato quello di
Australia del 1991, interrotto a causa delle condizioni meteo (52,920 km percorsi nel
tempo di 24'34"899 dal vincitore Ayrton Senna); il più lungo fu il Gran Premio del Canada
2011 (in cui Jenson Button conquistò la vittoria in 4h 04'39"537 dopo varie interruzioni per
pioggia[56]). Il Gran Premio più rapido è stato quello d'Italia del 2003, in cui il vincitore
Michael Schumacher ha completato i cinquantatré giri in programma alla velocità media di
247,59 km/h; egli ha così battuto il record di 242,62 km/h stabilito nel 1971 da Peter
Gethin con la BRM, sempre a Monza, quando però il circuito brianzolo era ancora privo
delle chicanes e delle corrispondenti violente frenate. Il 26 giugno 2011 nel Gran Premio
d'Europa a Valencia, si è stabilito un nuovo record, ossia quello di maggior numero di
vetture giunte al traguardo, ossia ventiquattro vetture.

Prove di qualificazione e regolamento di gara[modifica | modifica


wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Gran Premio di Formula 1.

Un Gran Premio di Formula 1 occupa l'intero weekend, a partire dalle due sessioni di
prove libere del venerdì e una sessione di prove ufficiali del sabato. Fino alla stagione
2006 un terzo pilota poteva prendere parte alle sessioni libere del venerdì per quelle
squadre che erano classificate dal 5º posto in giù. Dopo le prove libere si tiene la sessione
ufficiale delle qualificazioni. Il formato della sessione ufficiale di qualifica del sabato ha
subito diverse modifiche a partire dalla stagione 2003. Per ridare interesse, si introdusse
un sistema che prevedeva l'apparizione di un solo pilota alla volta a tentare un solo giro
secco valido per formare la griglia di partenza.
Dalla stagione 2006 venne introdotto il sistema del "knockout", ovvero tre sessioni di
qualifica, la prima da 20 minuti, la seconda da 15 minuti e l'ultima da 10 minuti con tutti i
piloti in pista insieme e a eliminazione progressiva. Nella prima fase, tutte le vetture
entrano in pista contemporaneamente per una sessione di qualifiche di 20 minuti. Conta
soltanto il tempo più veloce, indipendentemente dal numero dei giri che compiono i vari
piloti. Qualsiasi macchina, se è impegnata in un giro veloce durante l'esposizione della
bandiera a scacchi ha modo di completare il giro e rendere valido il tempo ottenuto. Le
macchine più lente non prendono parte alla seconda fase e vengono piazzate sulla griglia
di partenza nelle ultime posizioni in base ai tempi ottenuti.
Le migliori quindici macchine vengono ammesse alla seconda fase (cosiddetta Q2, della
durata di 15 minuti), dove i tempi precedentemente ottenuti vengono resettati. Le migliori
10 auto passano alla successiva fase detta Q3. Tutte quelle eliminate si piazzano in griglia
in base al tempo ottenuto. Nella terza fase (di 10 minuti) si compete per la pole position e
per le prime 10 posizioni sulla griglia di partenza. Nelle pause delle prime due fasi (dalla
prima alla seconda e dalla seconda alla terza) le macchine possono fare rifornimento di
benzina. Appena parte la terza fase la vettura non deve essere più modificata e un'altra
sosta per il rifornimento si può effettuare soltanto a gara iniziata.
Vetture impegnate nella sezione interna del circuito di Indianapolis, durante le fasi iniziali del Gran Premio degli
Stati Uniti 2003.

Le vetture che hanno raggiunto la Q3, in gara devono schierarsi sulla griglia di partenza
nelle stesse condizioni con cui sono uscite dalla ultima fase di qualifiche e dalle operazioni
di peso. Devono inoltre dichiarare obbligatoriamente il quantitativo di carburante immesso
nel serbatoio. Il rifornimento di carburante nei 15 minuti finali delle prove è permesso
soltanto alla condizione che i giri completati siano tutti almeno entro il 110% del loro tempo
migliore; nel caso dei giri iniziati dalla pitlane che prevedono un rientro immediato alla
stessa è consentito non più del 120% del miglior tempo del pilota. Qualsiasi rifornimento
che rientri oltre i termini del 110% del tempo migliore in prova non è consentito.
Così come nelle prime due fasi, anche nella terza e ultima se un pilota inizia un giro
cronometrato dopo aver attraversato la linea del traguardo alla scadenza del 10º minuto e
con l'esposizione della bandiera a scacchi, il tempo che ottiene sarà considerato
valido.[18] Quando mancano 45 minuti dall'inizio del giro di formazione viene aperta la
corsia dei box, e i piloti possono iniziare a raggiungere lo schieramento di partenza. A 15
minuti dall'inizio del giro di formazione le cinque luci rosse del semaforo, presente sullo
schieramento di partenza, accompagnate dal suono di una sirena, si accendono e l'uscita
dei box viene chiusa. Le cinque luci rosse si spengono una alla volta rispettivamente
quando mancano 5 minuti, 3 minuti, 1 minuto e 15 secondi.
La gara inizia con il giro di formazione, alla fine del quale le auto si piazzano sulla griglia di
partenza nell'ordine di qualificazione. All'avvio di tale giro, se un pilota rimane fermo sulla
sua posizione in griglia e il resto delle macchine lo passa, il pilota affronta la partenza dal
fondo dello schieramento. Naturalmente se il pilota si muove prima che sopraggiunga
l'ultimo classificato, ha diritto a riguadagnare la posizione originaria nello schieramento. Un
pilota può anche partire dalla pitlane se la vettura ha problemi. Se succede questo deve
aspettare che tutte le vetture in pista abbiano passato la linea del traguardo in partenza e
che il semaforo in fondo alla corsia del box diventi verde per iniziare la corsa.
Completato il giro di ricognizione i piloti si portano sulla griglia di partenza e il semaforo
accende le cinque luci rosse una dopo l'altra, a questo punto il direttore di gara spegnerà il
semaforo in un tempo compreso da un minimo di quattro a un massimo di sette secondi.
Quando le luci saranno spente questo segnerà la partenza della gara. Le gare sono poco
più lunghe di 305 km (circa 190 miglia) e non possono superare le due ore di durata,
anche se di solito la durata di un gran premio è di circa 90 minuti, (fanno eccezione il Gran
Premio di Monaco, a causa della bassa velocità media permessa dal tracciato, e il Gran
Premio di Singapore che si corre dal 2008) anche se in alcuni casi la gara dura più di 90
minuti a causa di sospensioni o presenza della safety car o addirittura la gara termina con
i minuti anziché con i giri perché sono al limite delle due ore. Inoltre quando la gara viene
sospesa con bandiera rossa per pioggia che non si arresta, la direzione gara potrebbe
anche far terminare la gara con le posizioni attuali durante la sospensione.
Durante la corsa ciascun pilota può effettuare uno o più "pit stop" per cambiare le gomme
(fino alla stagione 2009 era possibile anche effettuare un rifornimento di carburante). I
piloti dispongono, durante l'intero weekend, di sette set di gomme da asciutto, quattro set
di gomme intermedie e tre set di gomme da pioggia. Usualmente i piloti utilizzano le
gomme da asciutto in condizioni ambientali ottimali, le intermedie in caso di pioggia
leggera e quelle da pioggia in condizioni estreme di pista bagnata. Se avviene un
incidente, con le vetture che occupano una parte della pista creando potenziali pericoli,
entrano in azione le bandiere gialle e il regime della safety car. Le gare di F1 vengono
interrotte con la bandiera rossa sostanzialmente in tre casi: quello di pioggia torrenziale
tale da impedire la visibilità ai piloti, in quello di gravi incidenti con presenza di feriti e in
quello di incidenti non gravi dove però la macchina rimane in mezzo alla pista senza poter
ripartire a causa di problemi tecnici o in seguito a incidenti.

Gomme[modifica | modifica wikitesto]


Le gomme utilizzate in Formula 1 sono di diverse tipologie, il cui utilizzo varia a seconda
della strategia della squadra e alle condizioni meteorologiche del tracciato. Il fornitore,
Pirelli, sceglie tre mescole da asciutto utilizzabili a ogni Gran Premio in base alle
caratteristiche del circuito. Terminate le qualifiche, i primi dieci qualificati saranno obbligati
per la gara a partire col treno di gomme con il quale hanno registrato il giro più veloce in
Q2; gli altri piloti, invece, potranno schierarsi con uno dei tre set che preferiscono. Se la
Q2 non inizia in condizioni di asciutto, i team non sono più vincolati per la gara. Durante la
gara tutti i piloti sono obbligati a usare due diverse mescole; di queste mescole almeno
una deve appartenere alle due obbligatorie nominate dalla Pirelli.
Se prima della gara le condizioni della pista sono dichiarate da bagnato, i team non
devono più attenersi alle disposizioni precedenti e possono montare le gomme intermedie
o da bagnato, senza obbligo di cambi durante la gara.[57]
Se la gara viene iniziata dietro la safety car a causa dell'intensa pioggia, l'uso delle
gomme da bagnato è tassativamente obbligatorio. Se durante la gara le condizioni della
pista vengono dichiarate da asciutto a bagnato, i team possono passare dal set di gomme
da asciutto a quello da bagnato senza aver necessariamente montato la mescola
obbligatoria; viceversa se la gara passa da bagnata ad asciutta, i team possono montare
uno dei tre set previsti per quel Gran Premio senza alcun vincolo.
A partire dalla stagione 2019, la Pirelli, per semplificare la denominazione delle gomme,
utilizza per tutte le gare lo stesso nome di mescola per gli
pneumatici: Soft (morbida), Medium (media) e Hard (dura). Per ogni Gran Premio vengono
selezionate tre mescole, come nelle precedenti stagioni, a cui si attribuisce il colore rosso
alla mescola più morbida, il colore giallo alla mescola media e il colore bianco alla mescola
più dura del lotto scelto. I compound degli pneumatici, per le condizioni da asciutto, sono
classificati da C5 a C1, dal più morbido al più duro.[58]
Di seguito le tipologie di gomme per la stagione in corso:

Nome mescola Colore Battistrada Condizioni Aderenza Durata Compound


Morbide
Rosso Alta Bassa C5-C4-C3
(Soft)

Medie
Giallo Liscio Da asciutto Media Media C4-C3-C2
(Medium)

Dure (Hard) Bianco Bassa Alta C3-C2-C1

Da bagnato
Intermedie
Verde lieve o N.D. N.D. N.D.
(Intermediate)
medio

Scanalato

Da bagnato Da bagnato
Blu N.D. N.D. N.D.
(Wet) cospicuo

Bandiere[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Commissario di pista § Bandiere.

Sorpassi[modifica | modifica wikitesto]


Per lungo tempo, le telecamere documentarono solo alcuni spezzoni di gara, per cui le
cronache di sorpassi e gesta epiche sono legati più ai racconti dei protagonisti e dei
giornalisti, che non alle immagini. Con l'avvento della televisione, invece, ogni spezzone di
gara è rimasto ampiamente documentato; e sorpassi memorabili sono rimasti impressi
nella memoria degli appassionati.

Jacques Villeneuve inseguito da Michael Schumacher durante le prove libere a Imola nel 1996. Nel campionato
seguente i due saranno protagonisti del convulso epilogo del titolo piloti: lo "speronamento" di Schumacher ai
danni dell'iridato Villeneuve a Jerez, rimane un momento cardine nella storia della F1.

Un vero specialista in tal senso fu Nigel Mansell, autore di almeno cinque sorpassi da
antologia: ai danni di Piquet nel G.P. di Gran Bretagna del 1987, di Senna nel G.P. di
Ungheria del 1989, di Berger nel G.P. del Messico del 1990, di Prost nel G.P. di Francia
1991 e ancora il sorpasso di Senna nel G.P. di Barcellona del 1991. Molto spettacolare è
stato anche il sorpasso di Mika Häkkinen su Michael Schumacher nel G.P. del Belgio del
2000; nonché quello di Piquet su Senna nel G.P. d'Ungheria del 1986. Numerosi i duelli
tra Michael Schumacher e Juan Pablo Montoya, tra cui quello memorabile nel G.P. del
Brasile del 2001.
Tra i sorpassi di Senna su Prost merita di essere ricordato quello nel G.P. del Canada del
1988; mentre tra quelli di Prost su Senna va ricordato il sorpasso nel G.P. del Portogallo
del 1988 (quando il brasiliano quasi "spiattellò" il francese contro il muretto dei box).
Gilles Villeneuve fu magistrale nel superare Alan Jones all'esterno della curva Tarzan, nel
G.P. d'Olanda del 1979; ed è passato alla storia il suo celebre duello con Réné Arnoux,
nel G.P. di Francia del 1979. Storico fu anche il sorpasso di suo figlio Jacques ai danni di
Schumacher nel G.P. d'Europa del 1997; mentre nel G.P. di Francia del 1953 il giovane
Mike Hawthorn vinse grazie a un sorpasso impossibile ai danni del grande Fangio.
I più grandi campioni hanno spesso dominato le gare in solitario, ma talvolta si sono
letteralmente scatenati, mostrando il loro valore con rimonte o cavalcate memorabili, in cui
compirono innumerevoli sorpassi, come quelle di Fangio nel G.P. di Germania del 1957,
Clark nel G.P. d'Italia del 1967, Stewart nel G.P. d'Italia del 1973, Peterson nel G.P. di
Monaco del 1974, Prost nel G.P. del Sudafrica del 1982, Lauda nel G.P. del Portogallo del
1984, Senna nel G.P. d'Europa del 1993, Schumacher nel G.P. del Belgio del 1995 e nel
G.P. del Brasile del 2006, Alonso nelle prime fasi del G.P. d'Ungheria del 2006, Button nel
G.P. del Canada 2011, Vettel nei G.P. di Abu Dhabi e del Brasile del 2012 e nel G.P. di
Germania del 2019, e Hamilton nel G.P. di Germania e di Ungheria del 2014.

Incidenti[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Incidenti mortali di Formula 1, Safety car e Medical car.

Oltre che di quelli mortali, la storia della Formula 1 è fatta anche di incidenti clamorosi e
incruenti. Alcuni furono decisivi per l'assegnazione del titolo mondiale, come quelli
tra Ayrton Senna e Alain Prost, avvenuti nel 1989 e nel 1990 sulla pista di Suzuka; o
quello tra Damon Hill e Michael Schumacher nel Gran Premio d'Australia del 1994.
Decisivi furono anche lo scontro tra Alan Jones e Nelson Piquet avvenuto in Canada del
1980 e quello tra Prost e Piquet in Olanda del 1983. Nigel Mansell perse nel 1986 un titolo
ormai sicuro, a causa dello scoppio di una gomma nel corso dell'ultimo Gran Premio;
inoltre, venne messo fuori gioco da due incidenti in altre due occasioni, nel 1987 e nel
1991, entrambi avvenuti a Suzuka. Indirettamente decisivo fu anche lo scontro tra Michael
Schumacher e David Coulthard in Belgio nel 1998.

Gilles Villeneuve entrò nel cuore degli appassionati per lo spericolato stile di guida, non privo di conseguenze: il
canadese era soprannominato l'Aviatore per l'irruenta condotta di gara, che spesso sfociava in furiosi incidenti, e
che lo porterà alla morte nel 1982 durante la sessione di qualifica a Zolder.
Tra le “ammucchiate” al via sono state particolarmente affollate quelle nei Gran Premi di
Monaco del 1950, d'Austria del 1987, di Germania del 1994, del Belgio del 1998 e della
Toscana del 2020.
Tra gli incidenti decisivi per le sorti di un singolo Gran Premio, meritano di essere ricordati
lo scontro Mansell-Senna in Portogallo del 1989 (dopo che al britannico era già stata
esposta la bandiera nera che lo escludeva dalla corsa; per punizione non partecipò al
successivo Gran Premio di Spagna); lo scontro tra Piquet e il doppiato Eliseo Salazar in
Germania del 1982 (con il brasiliano che poi prese a pugni e calci il pilota cileno); lo
scontro tra Senna e Jean-Louis Schlesser in Italia del 1988; il tamponamento tra il
doppiato Jos Verstappen e Juan Pablo Montoya in Brasile del 2001 (con il colombiano che
improvvisamente frenò davanti all'olandese dopo averlo appena sorpassato); lo scontro tra
Montoya e Michael Schumacher (in regime di safety car) sotto il tunnel di Monaco del
2004; lo scontro tra Sebastian Vettel e Mark Webber in Turchia nel 2010. Curioso quanto
accadde nel Gran Premio d'Italia 1995, in cui la telecamera staccatasi dalla Ferrari di Jean
Alesi colpì la vettura gemella di Gerhard Berger, distruggendone la sospensione (le due
auto erano al comando della gara, ma nessuna vide poi il traguardo).
Tre incidenti dalle dinamiche simili (con decollo della vettura in seconda posizione) furono
quelli tra Riccardo Patrese e Berger in Portogallo nel 1992; tra Ralf Schumacher e Rubens
Barrichello al via del Gran Premio d'Australia 2002; tra Webber e Heikki Kovalainen a
Valencia nel 2010. Christian Fittipaldi, invece, effettuò un loop completo sul rettilineo di
Monza nel 1993 dopo lo scontro con il proprio compagno di squadra alla Minardi.
Impressionanti furono gli incidenti occorsi a Martin Donnelly nelle prove del Gran Premio di
Spagna 1990 e a Romain Grosjean nelle prime fasi del Gran Premio del Bahrein 2020,
dalle dinamiche molto simili. Nel caso di Donnelly, la scocca della sua Lotus si disintegrò
letteralmente, lasciandolo esanime sull'asfalto di Jerez, mentre in quello di Grosjean, in
seguito a un contatto con Daniil Kvjat, il francese andò a sbattere contro il guard rail a
bordo pista, a una velocità di 221 km/h, con la sua Haas che si spezzò in due parti
prendendo immediatamente fuoco; il troncone con la cellula di sicurezza dell'abitacolo
rimase conficcato nella barriera metallica, avvolto dalle fiamme, ciò nonostante resse l'urto
e Grosjean riuscì a uscire dalla monoposto sulle proprie gambe, riportando solo ustioni
minori a mani e caviglie.
Spettacolare fu l'incidente di Derek Warwick in Italia nel 1990, così come quelli di Derek
Daly a Monaco nel 1980 e, sempre nel Principato, tra Piquet e Patrese nel 1985. Incruenti,
ma pericolosi, quelli di Fernando Alonso in Brasile nel 2003 e di Robert Kubica in Canada
nel 2007. Mentre vennero sottostimati gli incidenti che coinvolsero Piquet nel 1987 (in
prova) e Berger nel 1989 (in gara) alla curva del Tamburello di Imola, che sarà poi fatale a
Senna cinque anni dopo; in quello di Berger, la vettura prese fuoco, ma la squadra
antincendio CEA riuscì a domare le fiamme nel tempo record di 19 secondi.
Terribile fu anche l'incidente di Gilles Villeneuve a Imola nel 1980, nella curva che ora
porta il suo nome e in cui nel 1994 perderà la vita Roland Ratzenberger. Dopo ventuno
anni di Gran Premi disputatisi senza incidenti fatali per i piloti, il 5 ottobre 2014 durante la
gara del Giappone a Suzuka, la Marussia di Jules Bianchi esce dal tracciato e impatta
violentemente contro una gru mobile che i commissari stavano utilizzando per rimuovere
la Sauber di Adrian Sutil (peraltro uscita di strada per la pioggia nel giro precedente e nello
stesso punto della vettura del francese): Bianchi viene trasportato d'urgenza al reparto di
terapia intensiva dell'ospedale di Yokkaichi e viene sottoposto a un intervento per ridurre
un ematoma al cervello, causato dall'impatto del cranio contro il posteriore del mezzo
usato dai commissari. Il 17 luglio 2015, dopo dieci mesi di degenza, si spegne all'ospedale
di Nizza.
Giochi di squadra[modifica | modifica wikitesto]
Dalla fine degli anni 1950 (quando venne ridotta la lunghezza dei Gran Premi) all'inizio
degli anni '80, nelle gare di Formula 1 i rifornimenti di benzina e i cambi di gomme furono
eventi eccezionali e l'abilità dei piloti si misurava anche per la loro capacità di gestire il
mezzo meccanico e gli pneumatici nell'arco dell'intera gara. Il punto di svolta si ebbe
nel 1982, quando i tecnici della Brabham idearono i pit-stop, calcolando che il vantaggio di
partire con meno benzina (cioè, più leggeri) e con gomme morbide avrebbe permesso alle
loro auto di accumulare un vantaggio sugli avversari, superiore alla perdita di tempo
necessaria per il rifornimento. La fragilità delle macchine bianco-blu impedì tuttavia di
verificare questa teoria, in quanto in genere non riuscivano a raggiungere la metà gara
(tanto che solo nel G.P. d'Austria venne effettuato il primo pit-stop). Tutte le squadre
fecero comunque uso di questa strategia nella stagione 1983; dopodiché, essa venne
vietata perché ritenuta troppo pericolosa. E fu reintrodotta dal 1994 fino al 2009, per
ravvivare lo spettacolo. Ma anche nel periodo 1984-1993 i pit-stop (sia pure riferiti al solo
cambio-gomme) continuarono a essere determinanti. E le gare si trasformarono
progressivamente in una sequenza (talvolta monotona) di giri "di qualifica", in cui
costantemente ogni pilota spreme al massimo ogni componente della sua auto [59].
Nel 1985, la Williams fu la prima squadra che introdusse il collegamento-radio tra i box e i
piloti. Ciò agevolò la vittoria di Keke Rosberg nel GP di Detroit, in quanto fu il primo pilota
che poté concordare il rientro per il cambio-gomme. Per tale via, il controllo dei box sulla
condotta di gara del pilota è divenuto sempre più "invasivo".

Rubens Barrichello lascia passare Michael Schumacher nel controverso arrivo del GP d'Austria del 2002.

Durante il G.P. d'Austria del 2002, Barrichello, compagno di squadra


di Schumacher sulla Ferrari, conduceva la gara e ricevette un ordine di scuderia che
intimava di lasciar passare il tedesco per fargli vincere la corsa. Barrichello lo lasciò
passare proprio davanti alle tribune a pochi metri dalla bandiera a scacchi, con gran
disappunto del pubblico. Sul podio, in risposta ai fischi che giungevano dalle tribune,
Schumacher infranse il rigoroso cerimoniale passando al secondo posto e lasciando salire
Barrichello al primo, scambiandosi inoltre i trofei: Barrichello prese quello riservato al
primo classificato e Schumacher quello del secondo. Barrichello, Schumacher e la Ferrari
furono multati per un milione di dollari per aver disatteso l'osservanza dell'articolo 170 del
Regolamento sportivo della Formula 1, concernente la cerimonia del podio. In séguito,
la FIA decise di vietare gli "ordini di scuderia" per evitare qualsiasi condizionamento
artificiale del risultato.[60] Ciò non impedì allo stesso Schumacher di restituire il favore nel
successivo G.P. di Indianapolis, quando rallentò vistosamente in prossimità del traguardo
facendosi superare da Barrichello e giungendo secondo a 0"011 da lui. Ufficialmente,
Schumacher affermò di avere tentato di giungere primo a pari merito con il brasiliano
(evento mai verificatosi in una gara di Formula 1).
La questione si è ripresentata all'indomani del GP di Germania 2010, nel quale il ferrarista
Massa, al comando della gara rallentò visibilmente cedendo la posizione al compagno di
squadra Alonso, meglio piazzato nella classifica del Mondiale; e questo a seguito di una
indicazione pervenuta via radio dai box e udita in mondovisione: "Fernando is faster than
you". Il Consiglio Mondiale della FIA riunitosi l'8 settembre 2010, ha comminato per questo
fatto una sanzione di 100 000 dollari, ma non ha preso provvedimenti in ordine ai punti
acquisiti dalla Ferrari e dai suoi piloti in quel Gran Premio[61]. Alla fine, il 10 dicembre 2010
la FIA ha abolito l'articolo 39.1 del Regolamento («Sono vietati gli ordini di scuderia che
possono interferire con il risultato di una gara»); ma non l'art. 151.c che vieta i
comportamenti antisportivi[62].
Fatti del genere, comunque, non erano affatto nuovi. Già nel G.P. di Gran
Bretagna del 1955, i box Mercedes imposero a Fangio di cedere la prima posizione al
pilota di casa, Moss, che così si vide regalare la sua prima vittoria grazie a un plateale
rallentamento dell'argentino, che quasi si fermò all'uscita dell'ultima curva. Senna, invece,
nel G.P. del Giappone del 1991 regalò spontaneamente la vittoria a Berger; mentre
nel G.P. di Francia del 1982 i box Renault diedero ordine a Arnoux di far passare il
compagno di squadra Prost. Ma Arnoux non rallentò e vinse la gara (così si giocò il posto
in squadra per il 1983, ma poi fu assunto dalla Ferrari). Nel G.P. d'Europa del 1985,
infine, Rosberg fece gioco di squadra al momento di essere doppiato: ostacolò il leader
della gara Senna, permettendo a Mansell di raggiungerlo, sorpassarlo e di involarsi verso
la sua prima vittoria in un Gran Premio.

Lewis Hamilton fu artefice nel 2007 di uno tra i migliori debutti nella storia della F1: nel prosieguo di stagione la
sua squadra, la McLaren, tese a favorirlo nella lotta al titolo, cosa che portò il compagno di sedile Fernando
Alonso a disobbedire agli ordini di scuderia; di questa lotta interna si avvantaggiò il ferrarista Kimi Räikkönen.

Altri episodi clamorosi avvennero nei G.P. di Germania e di Malesia del 1999, quando
rispettivamente Salo e Schumacher lasciarono la vittoria a Irvine, che nonostante ciò non
riuscì poi a laurearsi Campione del mondo. Nel G.P. del Messico del 1964 il
ferrarista Bandini non solo tamponò involontariamente la BRM di Hill, costringendolo a
correre nelle retrovie; ma cedette poi la seconda posizione al compagno Surtees, che poté
così vincere il Mondiale, proprio ai danni di Hill. Mentre nel G.P. d'Italia del 1956 il
giovane Collins cedette la sua Ferrari a Fangio (cosa allora ammessa dal regolamento),
rinunciando così a vincere il titolo mondiale, a vantaggio dello stesso Fangio.
Le squadre inglesi, invece, hanno spesso lasciato libero spazio ai confronti interni:
nel 1967 addirittura Brabham si fece soffiare il titolo dalla sua seconda guida Hulme (che,
appunto, guidava una Brabham); nel 1981 la Williams non avvantaggiò né Jones,
né Reutemann e alla fine quest'ultimo perse il titolo per un solo punto nei confronti
di Piquet; nel 1986 la situazione si ripeté e nella lotta tra Mansell e Piquet la spuntò
la McLaren di Prost. "Carta libera" anche nei due anni successivi, in casa McLaren, tra lo
stesso Prost e Senna; e anche nel 1996 in casa Williams tra Hill e Villeneuve.
Nel 2007 la McLaren non scelse la prima guida tra Alonso e Hamilton. Entrambi i piloti
chiusero il mondiale a un punto da Räikkönen. Nel 1978, invece, la Lotus impose
a Peterson il ruolo di seconda guida, a vantaggio di Andretti.
Nel 2007 la Formula Uno viene investita da uno scandalo di spionaggio e sabotaggio ai
danni della Ferrari da parte della scuderia McLaren: fautori sono stati due tecnici delle due
scuderie, Nigel Stepney del team italiano e Mike Coughlan del team anglo-tedesco. Il
primo, spinto da motivi di contrasto con la scuderia, avrebbe dapprima cercato di sabotare
l'auto durante il G.P. di Monte Carlo mediante una sostanza estranea all'interno dei
serbatoi carburante, e avrebbe in seguito passato numerose informazioni tecniche al
collega della McLaren, Coughlan. La scuderia inglese ha più volte proclamato la propria
estraneità dai fatti, ma il World Motor Sport Council della FIA ha sentenziato il 13
settembre 2007 l'annullamento di tutti i punti conseguiti dalla McLaren nel Campionato
costruttori e il pagamento di una multa di 100 000 000 di dollari; nessuna sanzione invece
per i piloti[63]. La stagione si conclude con la vittoria del ferrarista Kimi Räikkönen,
laureatosi campione nel conclusivo Gran Premio del Brasile, grazie anche al compagno di
squadra Felipe Massa che con la conquista del secondo posto, impedisce a Fernando
Alonso di guadagnare i due punti che gli avrebbero permesso di aggiudicarsi il terzo
mondiale consecutivo, e a una gara sottotono di Lewis Hamilton, bloccato da un duello col
compagno di squadra in avvio, e da un problema alla vettura nel corso della gara.

Il controllo della Formula 1[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Formula One Group.

Bernie Ecclestone, per quasi quarant'anni direttore generale della Formula One Management, era conosciuto
come il "F1 Supremo".

La Formula 1 è controllata nel regolamento sportivo e tecnico dalla Federazione


Internazionale dell'Automobile (FIA) con sede a Parigi.
Per tutelare gli interessi dei Costruttori, nel 1974 venne fondata la Formula One
Constructors Association (FOCA) nella quale Ecclestone, prima manager di Jochen Rindt
e in seguito proprietario della Brabham, nel 1978 entrò nel suo Consiglio Esecutivo e
ingaggiò una celebre disputa con la Fédération Internationale du Sport Automobile (FISA)
comandata da Jean-Marie Balestre) sul controllo tecnico, commerciale e televisivo; il 5
marzo 1981, a Parigi, con la determinante mediazione di Enzo Ferrari, venne firmato
il Patto della Concordia. Quando i termini del primo Patto finirono nel 1987, Ecclestone
cessò di essere un proprietario di scuderia e stabilì la Formula One Promotions and
Administration (FOPA), un nuovo organismo dedicato ad amministrare i diritti televisivi per
le scuderie, che riceveva il 23% dei proventi televisivi nonché quelli pagati dai promotori
dell'evento. Tra questi, il 47% andava alle scuderie, e il 30% alla FIA, oltre a elargire
ulteriori premi in denaro alle squadre. Ma il possesso e controllo dei diritti della Formula 1,
nonché l'utilizzo del termine "Grand Prix" da parte di Ecclestone è stato oggetto di alcune
controversie.

Diagramma raffigurante le complesse attività organizzative e commerciali della F1

Tutto iniziò nel 1995, quando la FIA decise di estendere i diritti commerciali della Formula
1 alla Formula One Administration, controllata dalla Formula One Management (FOM), per
un periodo di 14 anni, fino al 2009; in cambio, Ecclestone provvedeva al pagamento
annuale dei proventi ed ebbe l'autorizzazione a sperimentare le riprese televisive digitali e
in multicanale nel 1996. Quando la FOM ottenne in esclusiva i diritti commerciali delle
scuderie più popolari (McLaren, Williams, e Tyrrell) le altre squadre protestarono con
decisione minacciando di rigettare il seguente Patto della Concordia da siglare per il 1997.
La McLaren, la Williams, la Ferrari e la Renault formarono la "Grand Prix World
Championship Holdings" (GPWC) ponendo le basi per competere in un campionato
mondiale diverso dalla Formula 1 dal 2008 – quando i loro contratti, all'epoca, avevano
scadenza nel 2007 –, contestando inoltre ad Ecclestone l'utilizzo del termine Grand Prix.
Nel febbraio 2005 è avvenuto il tentativo di scissione più clamoroso da parte della GPWC
per il campionato alternativo,[64] prima di riformarsi nel maggio del 2005 col nome di Grand
Prix Manufacturers Association (GPMA) e tornare sui suoi passi firmando
un memorandum d'intesa durante il Gran Premio di Spagna 2006:[65] questo rinnova
tacitamente il Patto della Concordia, definisce la durata del campionato mondiale di
Formula 1 – che continuerà a svolgersi sino al 2012 – e sancisce la nascita di un
organismo unitario dei Regolamenti, la Formula One Commission, le cui decisioni
verranno poi ratificate dagli organi della FIA, il World Motor Sport Council e l'Assemblea
Generale. La FIA prenderà decisioni in totale autonomia soltanto per le questioni legate
alla sicurezza. Inoltre, l'8 gennaio 2007 la FIA annuncia la creazione di un nuovo comitato
dei Costruttori denominato Formula One Manufacturers' Advisory Commission (FOMAC),
con presidente Burkhard Goeschel e composto da BMW, Mercedes, Ferrari, Honda,
Renault e Toyota.[66] La vecchia GPMA si dissolve con l'abbandono della Renault,
avvenuto nel febbraio 2007.
Oltre ai problemi di natura tecnica, per Ecclestone arrivano anche quelli finanziari, iniziati
nel 1999 quando l'assistenza finanziaria alla FOM venne cancellata a causa di
un'investigazione ordinata dalla Commissione Europea di Controllo. La mossa di
Ecclestone fu quella di assicurare 1,4 milioni di azioni in Eurobond garantendo alla
compagnia profitti futuri. Alla fine del 2000 la famiglia di Ecclestone ridusse il possesso
della "Formula One Holdings" al 25% del loro fondo personale, denominato "Bambino
Holdings".
Cambiamenti significativi avvengono poi tra la fine del 2004 e la prima parte del 2005
quando la SLEC Holdings, detentrice della Formula One Group, viene venduta da
Ecclestone a un gruppo d'affari composto da tre banche tedesche e inglesi, riunite in
consorzio dopo il tracollo finanziario subìto dal Kirch Media Company del magnate
tedesco Leo Kirch che investì ingenti capitali sui diritti della Formula 1 e sul campionato
mondiale di calcio, portandolo alla bancarotta. Dopo diversi mesi passati tra cause
giudiziarie, trattative e controlli, la CVC Capital Partners nel marzo 2006 annuncia il
controllo acquisito sui diritti finanziari e commerciali della Formula 1. La Commissione
Europea di Controllo approva la complessa transazione finanziaria, a condizione ulteriore
che la CVC acquisisca anche il controllo sulla spagnola Dorna Sports, detentrice dei diritti
della MotoGP. Ecclestone investirà il capitale rimasto dentro una nuova compagnia da lui
fondata, la Alpha Prema, passando alla condizione di socio di minoranza ma restando al
comando dei diritti promozionali e organizzativi della massima serie, oltre naturalmente a
essere ancora il proprietario della Formula One Management. Dopo tale acquisizione la
complicata struttura della holding-business, commentata anche da diversi analisti di
economia nonché dai periodici The Economist[67] e Financial Times,[68] si è semplificata e,
secondo molti osservatori, ha rafforzato e consolidato a livello di immagine la Formula One
Group che sembrava destinata al declino dopo i problemi finanziari susseguiti alla
chiusura, alla fine del 2002, della televisione digitale lanciata da Ecclestone. [69]
Nel 2016 la compagnia statunitense Liberty Media ha acquistato, per 8 miliardi di dollari, i
diritti sul campionato dalla CVC. Liberty Media opera nel campo dei mezzi di informazione
ed è di proprietà di John Malone. L'acquisto verte sulla maggioranza delle azioni della
Delta Topco che possiede i diritti dei gran premi. La vendita è stata ratificata dal Consiglio
Mondiale della FIA durante una riunione tenuta a Ginevra il 18 gennaio 2017;
la FIA mantiene l'1% delle quote della Delta Topco. Chase Carey è divenuto il nuovo
Presidente e CEO del World Motorsport Council della FIA, titolare della Formula 1,
mentre Bernie Ecclestone, che avrebbe dovuto mantenere quest'ultima funzione come
accadeva dalla fine degli anni 1970, ricopre ora il ruolo di Presidente onorario. Ross
Brawn, in passato tecnico di diverse scuderie di F1, è stato nominato Motor Sports
Managing Director della nuova compagine, mentre Sean Bratches è stato posto al vertice
della struttura commerciale. In avvicendamento a Carey, da gennaio 2021 Presidente e
CEO del WMC è Stefano Domenicali.[70]

La Formula 1 e la televisione[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Formula 1 e la televisione.

La Formula 1 è attualmente a livello mondiale il terzo evento più seguito dietro i Mondiali di
calcio e le Olimpiadi per quanto riguarda l'"audience" televisiva. Il Gran Premio del Canada
del 2005 venne visto da 53 milioni di telespettatori risultando essere così il secondo
evento sportivo più visto dell'anno, dietro soltanto la finale della UEFA Champions
League.[71] Le diciotto gare della stagione 2006 sono state viste complessivamente da 1
miliardo e 54 milioni di telespettatori; la diretta dell'ultima gara stagionale, il Gran Premio
del Brasile 2006, è stata vista da 83 milioni di telespettatori. Secondo le cifre ufficiali fornite
dalla Formula One Management, la media dei telespettatori che assistono al singolo
evento si aggira attorno ai 58 milioni.[72] Nella stagione 2001 l'audience televisiva cumulata
era stimata attorno ai 54 milioni di telespettatori, trasmessa in 200 paesi. [73]

I telecronisti di SPEED Channel, Bob Varsha e David Hobbs, nel paddock di Indianapolis durante il Gran Premio
degli Stati Uniti 2005.

La Formula 1 è trasmessa nel mondo dalla RTL, quella che ha trasmesso più a lungo le
gare, dalla British Broadcasting Corporation (BBC) in Inghilterra, da The Sports Network in
Canada, e da NBC Sports negli Stati Uniti. Molte altre televisioni trasmettono in diretta. In
Australia, la F1 viene trasmessa da Network Ten e da One. Per l'Italia fino al 1996 ha
avuto tre emittenti: la RAI, TMC Tele Monte Carlo, in seguito diventata La7, e il
gruppo Fininvest. Per quanto riguarda il commento, in Rai è rimasto fino al 1994
l'icona Mario Poltronieri affiancato dall'inviato ai box Ezio Zermiani, in Fininvest (gare
trasmesse su Italia 1 dal 1991 al 1996) sono stati presenti l'ex pilota Andrea De
Adamich e Guido Schittone. Dal 1997 la Formula 1 torna unicamente sulle reti RAI, con il
commento di Gianfranco Mazzoni e la parte tecnica seguita prima da René Arnoux (1997)
e poi da Ivan Capelli (1998 in poi). In seguito, oltre che dalla RAI, venne trasmessa per un
breve periodo di tempo anche dalla satellitare Sky, ritiratasi alla fine del 2009 e rientrata
nel 2013 acquisendo l'intero pacchetto e lasciando alla RAI la diretta di nove gare tra cui
il Gran Premio d'Italia e le restanti dieci in differita di tre ore dalla conclusione dei Gran
Premi. Quest'ultima ha proposto, dal 2007, la visione delle gare in alta definizione con altri
contenuti speciali quali, per esempio, la possibilità di passare da una parte all'altra del
circuito semplicemente premendo i tasti direzionali del telecomando oppure di venire a
conoscenza di dati tecnici delle varie monoposto. Anche la televisione di Stato italiana,
dagli Europei di calcio 2008, ha proposto l'alta definizione tramite il digitale terrestre.
A metà anni 2000, l'emittente Al Jazeera nel Medio Oriente aveva trasmesso qualche gara
in un mercato che fino ad allora era rimasto abbastanza assopito, almeno prima della
nuova gara nel Bahrein e in quella preannunciata negli Emirati Arabi Uniti.

Ivan Capelli nel 1991 alla Leyton House. Una volta conclusa la carriera agonistica, dal 1998 al 2017 ha
commentato i GP di F1 per la RAI insieme a Gianfranco Mazzoni.

Durante i primi anni 2000, la "Formula One Administration" governata da Bernie


Ecclestone creò un buon numero di marchi registrati, il logo e un sito Internet ufficiale per
la Formula 1 per donargli un'identità ben definita. Ecclestone aveva preso il controllo dei
diritti televisivi nei primi anni 1980 dall'Eurovisione, e nel 1996 sperimentò un sistema
televisivo digitale di ripresa delle gare (comunemente chiamato "Bernievision"), lanciato in
occasione del Gran Premio di Germania in collaborazione con la televisione satellitare
tedesca DF1 (trent'anni dopo la prima trasmissione televisiva a colori di un GP di F1,
quello di Germania del 1967 corso al Nürburgring): questo servizio offriva visuali
simultanee da diverse posizioni (come la super regia, camere on-board, in alto, in basso,
sul retro, a livello suolo, gli highlights, riprese dalla pit lane e la schermata dei tempi), che
comportava un notevole dispendio di telecamere e diverso personale tecnico-giornalistico
rispetto alla trasmissione convenzionale. È stato introdotto in molte nazioni nel corso degli
anni (in Italia fu Tele+ con il canale specifico Tele+ F1 a offrire tale servizio) ma venne
chiuso dopo la fine della stagione 2002 per problemi finanziari.
Adesso tutte le stazioni televisive che hanno acquisito i diritti della Formula 1 usufruiscono
delle riprese in esclusiva mondiale prodotte dalla Formula One Management, che è l'unico
ufficiale. La regia viene coordinata unilateralmente in ciascuna delle nazioni che ospitano il
gran premio come la ITV per il Gran Premio di Gran Bretagna, la RAI per il Gran Premio
d'Italia, TV3 per il Gran Premio di Spagna, con ciascuna emittente che ha la possibilità di
usufruire di telecamere personalizzate. Queste ultime possono essere utilizzate sulla
griglia di partenza – in occasione della pausa che intercorre tra la chiusura della pit lane e
la partenza del giro di ricognizione prima della gara – e sul retro del paddock per le
interviste ai piloti. La sola stazione che ha qualche differenza è il canale tedesco
satellitare Sky Deutschland, che offre tutte le sessioni di prove - anche quelle libere del
venerdì - dal vivo e interattive, incluse naturalmente le riprese on-board. Il servizio è visto
in Europa dalla fine del 2002, quando i costi per mantenere una televisione digitale
interattiva erano troppo alti e furono in larga parte la causa del fallimento del canale F1
Digital+ lanciato attraverso la Sky Digital in Inghilterra. I prezzi erano troppo alti per gli
spettatori, i quali potevano comunque vedere le qualifiche e la gara liberamente su ITV.
Nel 2006 in Inghilterra è stato lanciato un servizio di podcasting sulla Formula 1 per la
telefonia cellulare di terza generazione. Nel 2007 la Formula One Management ha diffuso
per la prima volta prove e gare in widescreen anamorfico[74] e ad alta definizione per i
televisori 16:9[75] anche se soltanto alcune TV poterono offrire tale servizio a partire dalla
gara inaugurale in Australia. Il 21 maggio 2007 Sky Sport, con un accordo, annunciò
l'acquisizione dei diritti televisivi (non esclusivi) dei 13 gran premi rimasti da disputare nel
2007 e per le stagioni 2008 e 2009 su schermo anamorfico e in alta definizione. [76]

Sponsor[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Colori nazionali nelle corse automobilistiche e Livree degli sponsor in
Formula 1.

Prima del 1968, considerato l'anno in cui gli sponsor fecero il loro ingresso massiccio in
F1, le squadre gareggiavano con le vetture dipinte nei rispettivi colori ufficiali nazionali;
fino ad allora, le sponsorizzazioni riguardavano soltanto i fornitori interni alla stessa serie
(benzina, olio lubrificante, e così via). La Federazione Internazionale
dell'Automobile aveva codificato delle particolari tonalità di colori che venivano assegnate
alle macchine: tra i più noti, il rosso per le auto italiane, il verde per le inglesi, il giallo per
le belghe, il blu per le francesi e il bianco (poi divenuto argento) per le tedesche.
Inizialmente contava la nazionalità del pilota (ad esempio, una Ferrari pilotata da un pilota
belga doveva essere verniciata di giallo, non di rosso); solo successivamente i colori si
adattarono alla nazionalità dei costruttori.

La livrea della Lotus 49B del 1968, dipinta con colori e logo della Gold Leaf. Questa monoposto fu la prima, nella
storia della F1, a rinunciare alle tradizionali tonalità di colore FIA in favore di una sponsorizzazione pubblicitaria.

Nel 1968 la Lotus fu la prima squadra a presentarsi con una livrea sponsorizzata,
soppiantando il tradizionale e neutro British racing green in favore dei colori rosso, oro e
bianco, ovvero quelli della Gold Leaf, marchio del produttore di tabacchi John Player &
Sons; dal 1972 le vetture Lotus saranno poi ridipinte di nero e oro, i colori della John
Player Special, altro marchio del gruppo.[77]
Negli anni seguenti squadre, piloti, circuiti e persino la stessa denominazione ufficiale del
gran premio dipendevano in maniera massiccia dall'industria del tabacco che ebbe un
ruolo fondamentale nella sopravvivenza della maggiore categoria. Quando le legislazioni
nazionali cominciarono a vietare la pubblicità al fumo, Ecclestone iniziò a elaborare
complicate trattative per assicurare ugualmente lo svolgimento del gran premio applicando
qualche strappo alla regola; l'apice si raggiunse in un'edizione del Gran Premio del
Belgio durante il quale alcuni team si presentarono senza scritte pubblicitarie sulle fiancate
delle vetture. Le squadre, a poco a poco, iniziarono a eliminare le scritte pubblicitarie del
tabacco: la prima fu la Williams nel 2000, seguita a ruota dalla McLaren che lascia
la West, dalla Renault che rescinde da Japan Tobacco, e dalla British American
Tobacco che prima vende la BAR poi si disimpegna da fine 2006.
Al 2019 solo Ferrari e McLaren mantengono sponsorizzazioni da aziende di tabacco,
rispettivamente Philip Morris International (con il marchio Mission Winnow) e la rientrante
British American Tobacco (con i marchi A Better Tomorrow e Vype): queste, pur se
formalmente non inerenti prodotti del tabacco, sostanzialmente sono viste da più parti
come un escamotage di pubblicità indiretta e per questo hanno portato ad alcune
polemiche, al punto che in occasione di Gran Premi ospitati da nazioni dov'è in vigore una
legislazione antifumo, Ferrari[78] e McLaren[79] non possono esporre i loghi dei loro sponsor
tabaccai sulle livree delle monoposto e sull'abbigliamento dei team.
Dal 2010, lo sponsor della Formula 1 ha iniziato ad allargarsi e a includere il nome di
importanti banche mondiali, come UBS, colosso svizzero attivo in tutto il mondo. La banca
elvetica ha sottoscritto un accordo che prevede la sponsorizzazione di tutto il Campionato
mondiale di Formula 1.[80][81]

L'italiana Scuderia Ferrari è l'unica squadra a non aver mai soppiantato la sua tradizionale colorazione in favore
degli introiti pubblicitari, mantenendo dal 1950 a oggi la sua storica livrea rosso corsa.

Negli anni 1970 in Formula 1 era ancora possibile che un privato proprietario di un'azienda
di piccola o media fattura sponsorizzasse una squadra e un pilota. In Italia, ma anche in
altri paesi ci sono stati diversi esempi: tra gli altri Andrea De Adamich, poi commentatore
televisivo e anche telecronista dei gran premi dal 1991 al 1996, aveva la sua vettura
sponsorizzata da una piccola azienda di ceramiche, mentre Vittorio Brambilla, unico
italiano a vincere un Gran Premio negli anni 1970 (in Austria nel 1975), aveva la
sua March con la scritta pubblicitaria di un'azienda di Monza, sua città natale. Tra gli
sponsor più particolari che si siano visti su una vettura di Formula 1 vanno ricordati quelli
esibiti dalla Osella nel biennio 1986-87 (si trattava di due empori di mobili ed
elettrodomestici di Torino, "Rosa dei Mobili" e "Stievani") e anche la ditta Andrea Moda,
che nel 1992 acquistò il materiale della Coloni creando un proprio team (Andrea Moda
Formula) e riuscendo, con Roberto Moreno alla guida, a disputare un unico Gran Premio.
L'ultima iniziativa "artigianale" fu quella della Forti, scuderia di Alessandria che prese parte
ai mondiali del 1995 e 1996, senza raccogliere risultati. Maggiore successo aveva avuto
vent'anni prima l'avventura di Lord Alexander Hesketh, il quale dilapidò una fortuna per
dare vita a un proprio team, dopo avere fatto correre sin dal 1973 il giovane James
Hunt su una March privata; al volante della Hesketh, Hunt vinse il Gran Premio d'Olanda
1975, ma quando il pilota passò alla McLaren il team ebbe un rapido tracollo e sparì dalle
scene nel giro di tre anni.
Il due volte campione del mondo Emerson Fittipaldi verso la metà degli anni 1970 fondò
una propria scuderia, la Copersucar, grazie al decisivo intervento finanziario delle
Compagnie dello zucchero del Brasile, che imposero anche la colorazione della vettura
con i colori nazionali verde e oro. Persino nei primi anni 1980 il pluricampione del mondo
austriaco Niki Lauda ebbe una popolarità rinnovata pubblicizzando, in televisione e sui
circuiti dove continuava a gareggiare, la marca casearia Parmalat. All'epoca, scritte e
cartelli pubblicitari erano arrivati a spiccare in ogni angolo dei circuiti, creando a volte un
po' di confusione.
L'inizio dell'era Ecclestone ridusse le sponsorizzazioni, favorendo le multinazionali
dapprima del tabacco, quindi del petrolio e più recentemente della telefonia, del mondo
della finanza e dell'hi-tech, che stanno prendendo sempre più il sopravvento. Tuttavia,
secondo l'indagine condotta da StageUp nel 2012, la Formula 1 ha perso il 41% degli
introiti nell'arco di tempo che va dal 2009 al 2011[82].

Loghi[modifica | modifica wikitesto]


Logo della Formula 1 usato dal 1987 al 1993.

Logo della Formula 1 usato dal 1994 al 2017.

Logo della Formula 1 in uso dal 2018.[83]

Logo della Formula 1 usato nel 2020 per celebrare i 70 anni della
categoria.

Note[modifica | modifica wikitesto]


1. ^ Sebbene il nome ufficiale sia Formula One World
Championship, il marchio registrato usato dalla serie e la
denominazione più diffusa è Formula 1
2. ^ AA.VV., Conoscere la Formula 1, volume 1, Rizzoli, 1984,
p. 32-33.
3. ^ Autori Vari, Enciclopedia dell'auto - vol. 3, De Agostini, 1986,
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6. ^ Vincenzo Borgomeo, 101 storie sulla Ferrari che non ti hanno
mai raccontato, Newton Compton Editore, 2010, p. 287.
7. ^ Fabiano Vandone, Avventura a 300 all'ora, Sagep, 1993, p. 30.
8. ^ Cesare De Agostini Gianni Cancellieri, 33 anni di Gran Premi
iridati - volume 2, Conti Editore, 1983, p. 23.
9. ^ Autori Vari, Conoscere la Formula 1, Rizzoli, 1984, p. 262.
10. ^ Enrico Mapelli, I dati della Formula 1, Nada, 2000,
p. 159, ISBN 88-7911-217-1.
11. ^ Enrico Mapelli, I dati della Formula 1, Nada, 2000,
p. 162, ISBN 88-7911-217-1.
12. ^ Enrico Mapelli, I dati della Formula 1, Nada, 2000,
p. 164, ISBN 88-7911-217-1.
13. ^ In alcuni anni e in particolare nel 1974 e nel 1977 il numero di
piloti e di auto che disputarono gare del Mondiale fu ancora
maggiore, ma con molte presenze estemporanee di concorrenti
che furono presenti solo in una o due occasioni
14. ^ Enrico Mapelli, I dati della Formula 1, Nada, 2000,
p. 169, ISBN 88-7911-217-1.
15. ^ Enrico Mapelli, I dati della Formula 1, Nada, 2000,
p. 173, ISBN 88-7911-217-1.
16. ^ Eddie Jordan: l'era dei privati si è conclusa, ITV-F1.com, 24
agosto 2006. URL consultato il 12 settembre 2006 (archiviato dall'url
originale il 29 settembre 2007).
17. ^ Schumacher riscrive la storia, in BBC Sport, 21 luglio 2002. URL
consultato il 12 settembre 2006.
18. ^ Salta a:a b Regolamento Sportivo FIA: cambiamenti per la
stagione 2006, www.formula1.com. URL consultato l'11 maggio 2006.
19. ^ «Conta la macchina o il pilota? Uno scarso non vincerà mai»,
intervista del Corriere della Sera a Kimi Räikkönen, 24 maggio
2013
20. ^ Ma allora conta di più la macchina o il pilota?
21. ^ Formula 1, Conta di più la macchina o il pilota? Archiviato il 22
ottobre 2013 in Internet Archive.
22. ^ Si vedano ad esempio la sopracitata intervista a
Raikkonen e questo articolo dell'ingegnere Mauro Coppini,
intitolato "Il pilota tradito", che giungono a conclusioni analoghe
23. ^ 1 titolo condiviso con la Maserati.
24. ^ Nel 2011 ha corso con licenza britannica e dal 2021 corre con
la denominazione di Alpine F1 Team.
25. ^ Dal 1996 al 2001 ha corso con licenza italiana.
26. ^ 1 titolo condiviso con la Mercedes.
27. ^ Dal 2006 al 2019 ha corso con la denominazione di Scuderia
Toro Rosso.
28. ^ Dal 1976 al 1980 ha corso con licenza britannica.
29. ^ Dal 2019 al 2020 ha corso con la denominazione di Racing
Point.
30. ^ La McLaren è la scuderia di F1 che ha maggiormente investito
nel 2006, F1i, 16 giugno 2006. URL consultato il 7 gennaio
2007 (archiviato dall'url originale il 9 marzo 2007).
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32. ^ Scheda tecnica della Toyota TF107, www.f1technical.net. URL
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73. ^ Abbandonano presenze conosciute e costanti nella F1, BBC
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cumulativi contano tutti gli spettatori che guardano le trasmissioni
della F1 su qualsiasi programma e in qualsiasi momento nell'arco
della stagione.
74. ^ Arriva in F1 la rivoluzione nelle riprese televisive,
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Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]


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In finlandese[modifica | modifica wikitesto]
• Anthony Howard, Kilpa-autoilu Juan Manuel Fangiosta
Mika Häkkiseen: taustat ja tapahtumat., Suomentanut
Jukka Sirola. Helsinki, 1993, ISBN 951-26-3775-8.
• Lasse Erola, Formula 1: tietosanakirja., Ajatus,
Helsinki, 2001, ISBN 951-566-082-3.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]


• Campionato mondiale di Formula 1
• Campionato mondiale piloti di Formula 1
• Campionato mondiale costruttori di Formula 1
• Statistiche di Formula 1
• Lista dei Gran Premi di Formula 1
• Federazione Internazionale dell'Automobile
• Formula One Team Association
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Serie anteguerra

• Formula Grand Prix (1921-1945)


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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]


• (EN) Sito ufficiale, su formula1.com.
• FORMULA 1 (canale), su YouTube.
• Formula 1, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana.
• (EN) Formula 1, su Enciclopedia Britannica,
Encyclopædia Britannica, Inc.
• (EN) Sito ufficiale della Federazione Internazionale
dell'Automobile, su fia.com.
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