Sei sulla pagina 1di 154

IL MTRIARCA

LI CRLDLNTI
NLL DIO UNICO
Collana BIBLICA

J.·L. SKA, Introduzione alla lettura del Pentateuco.


Chiavi per l'interpretazione dei primi cinque libri de1Ja Bibbia

J.·L. SKA, La strada e la casa.


Itìnerari biblìci

L. MAZZINGHI, «fio cercato e ho esplorato».


Studi sul Qohelet

I volti di Giobbe.
Percorsi interdisciplinari, a cura di G. MARCONI - C. T ERtVJ.INI

R. MEYNET, Morto e risorto secondo le Scritture

J.-L. SKA, Abramo e i suoi ospiti.


Il patriarca e i credenti nel Dio unico
JEAN-LOUIS SKA

ABRAMO
E I SUOI OSPITI
IL PATRIARCA
E I CREDENTI NEL DIO UNICO
© 2002 Centro ediLoriale dehoniano
via Nosadella, 6 - 40123 Bologna
EDB (marchio depositato)

ISBN 88-10-22119-2

Stampa: Grafiche Dehoniane, Bologna 2003


PREFAZIONE

La letteratura universale è ricca di figure che incarnano l'avven-


tura in tutte le sue forme. La letteratura antica non fa eccezione. Tut-
tavia, se bisogna fare una scelta difficile fra tutte queste figure e dire
quali sono quelle che hanno segnato maggiormente la nostra cultura,
quelle che continuano a suscitare imitatori o a nutrire gli spiriti im-
pazienti di lanciarsi verso l'ignoto, penso che immediatamente emer-
gano due nomi: Ulisse e Abramo. L'Odissea e la Genesi sono, forse,
i due libri che hanno maggiormente ispirato gli artisti e i santi della
nostra storia. Non è necessario insistere sulla figura di Ulisse, l'eroe
il cui nome è legato al cavallo di Troia e alle innumerevoli peripezie
di un «ritorno» verso Itaca, la sua isola, dove l'attende la fedele Pe-
nelope. Egli è il simbolo dell'astuzia perché sa giocare in quella zona
dell'incertezza che separa l'apparenza dalla realtà. Incarna anche l'e-
tica del viaggio, del transitorio e del costante adattamento alle circo-
stanze impreviste.
Ulisse è in ciò, come vedremo, molto vicino ad Abramo. 1 Am-
bedue sono viaggiatori che camminano quotidianamente in compa-
gnia dell'ignoto e dell'imprevisto. Il definitivo si trova alla fine del

1 Probabilmente non è per caso che il grande critico letterario E . AUERBACH

dedica il primo capitolo della sua opera Mimesis. Il realismo nella letteratura occi-
dentale, Torino 9 1981, al confronto tra l'Odissea e la Genesi («La cicatrice di Ulis-
se»). Il capitolo descrive la scena in cui Ulisse è riconosciuto da Euriclea, sua vec-
chia nutrice (Odissea, libro XIX), e il racconto della prova di Abramo o sacrificio di
Isacco (Gen 22,1-19).
6 Abramo e i suoi o!>pitl

cammino e non si sa esattamente in che cosa esso consista. La sola ve-


ra certezza è che il viaggio deve continuare, costi quel che costi e, di
quando in quando, sia quel che sia. La salvezza è nel viaggio stesso e
la sola vera tentazione è quella di fermarsi. Ma, fra i due personaggi,
esistono anche alcune differenze, come dimostrerò nel primo capito-
lo di questo libro.
Queste pagine parlano di Abramo, il personaggio biblico chia-
mato spesso «padre dei credenti» (cf. Rm 4,11). In un momento in
cui il dialogo ecumenico si fa più difficile e il dialogo interreligioso è
diventato una vera scommessa, è forse utile riflettere un po' su un
personaggio a cui si rifanno tre grandi religioni monoteiste di questo
mondo: l'ebraismo, l'islam e il cristianesimo.2
Le tre religioni appena citate considerano Abramo il loro comu-
ne antenato, tutte e tre si ispirano al ritratto che ne fa l'Antico Testa-
mento. Certo, ognuna aggiunge al ritratto un certo numero di linee
particolari o dà alla figura delJ'antenato una fisionomia nuova e, per
certi aspetti, inattesa. Tutte, però, hanno usato le potenzialità dei rac-
conti biblici, sia prolungando alcune linee sia sfruttando i silenzi di
un testo conciso per introdurre nuovi episodi. La tradizione poste-
riore, talvolta, è interessata soprattutto a interpretare alcuni episodi
più significativi.
Il piano del lìbro è dettato, in modo del tutto naturale, da ciò che
viene detto. Il primo capitolo dice, sinteticamente, quali sono i tratti
salienti dell'Abramo biblico, il vegliardo che alla sera della propria
vita si lancia in un'avventura di cui non può conoscere la conclusio-
ne, ciò che altri fanno all'alba della loro giovinezza. Il secondo capi-
tolo parlerà del patriarca nella tradizione ebraica, per due principali
ragioni. Per prima cosa, il Nuovo Testamento dipende in parte daUa
tradizione ebraica dell'epoca. In secondo luogo, la tradizione ebrai-
ca è la prima a reinterpretare Abramo per far fronte alle sfide che le
lanciano le vicissitudini della storia. Il terzo capitolo affronta il Nuo-
vo Testamento. Fra l'altro, tratta del ruolo che Abramo svolge nella

2 Per un primo approccio al problema, si potrà consultare «Abramo, patriarca

di tre religioni», in Le monde de la Bible, 140, gennaio-febbraio 2002.


Prefazione 7

definizione deUa nuova «via» aperta dall'annuncio del Vangelo in un


mondo in cui ebrei e pagani sono a stretto contatto. Il quarto capi-
tolo è dedicato all'islam, la religione che dà, forse, una ·importanza
maggiore ad Abramo perché si definisce essenzialmente come «la re-
ligione di Abramo» (millat Tbrahfm).
Questo libro riprende quattro artico.li apparsi nella rivista La Ci-
viltà Cattolica (151, III, 2000, pp. 213-221; 151, IV, 2000, pp. 341-
349; 152, I, 2001, pp. 50-60 e pp. 479-484). Il testo è scato rivisto e
completato per questa edizione. Il secondo capitolo sulla tradizione
ebraica e il quarto sulla figura di Abramo nel Corano sono stati rie-
laborati. L'esposizione è più dettagliata e più sostanziale che negli ar-
ticoli originali. Ho aggiunto un paragrafo sulla figura di Abramo nel
Siracide e a Qumran, come pure un'analisi della scena di Mamre
(Gen 18,1-15) come è raccontata da Giuseppe Flavio, Filone di Ales-
sandria e dal Corano. Siccome i testi biblici dell'Antico e del Nuovo
Testamento sono più familiari, ho preferito completare i capitoli che
riguardano le tradizioni meno conosciute. Ho anche aggiunto un epi-
logo e uno studio esegetico: «L'albero e la tenda: la funzione dello
scenario in Gen 18,1-15», pubblicato nella rivista Biblica 68(1987),
383-389. In realtà, è questo testo che ha suggerito il titolo e, in più,
fa da trama a tutto iI libro. Esprime anche la ragione per la quale,
ogni volta che è possibile, ho analizzato le diverse tradizioni sul co-
me esse hanno raccontato a loro volta questo episodio caratteristico
della vita del «padre dei credenti».
Ringrazio sinceramente la direzione della rivista La Civiltà Cat-
tolica che mi ha permesso di pubblicare questo studio, come ringra-
zio la direzione della rivista Biblica per aver potuto riprodurre il te-
sto dell'articolo su Gen 18,1 -15. Ringrazio ancheJean -Pierre Sonnet
e Jacques Scheuer per avermi suggerito numerose precisazioni, retti-
fiche e miglioramenti. Questo vale soprattutto, ma non solo, per il
capitolo sulla tradizione · ebraica Gean-Pierre Sonnet) e quello su
Abramo nel Corano Gacques Scheuer). Io sono il solo responsabile
delle lacune e delle imperfezioni di questo saggio.
1

ABRAMO NELLA GENESI


o
L'ETERNA GIOVINEZZA
DEL PADRE DEI CREDENTI

«Abramo aveva settantacinque anni quando lasciò Carran» (Gen


12,4b). Questa frase segue il discorso divino, intitolato spesso Voca-
zione di Abramo: «Il Signore disse ad Abram: Vattene dal tuo paese,
dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indi-
cherò» (Gen 12,1). Se il racconto della vocazione di Abramo è molto
conosciuto, forse non è invece molto sottolineato il fatto che il pa-
triarca inizia la sua carriera in età avanzata. E, d'altronde, ciò è solo
uno dei paradossi di questa figura che occupa un posto centrale nella
fede di Israele come in quella della Chiesa. Questo capitolo vorrebbe
esplorare alcuni di questi paradossi, per misurarne meglio la portata.

L'ETÀ DI ABRA_l\10

Dio, in Gen 12,1-3, lancia Abramo in un'avventura di cui egli


non può conoscere l'esito mentre le ombre del crepuscolo si allunga-
no sulla sua esistenza. A questa età avanzata, la maggior parte degli
altri personaggi biblici hanno già concluso la loro carriera. Giacob-
be, già da lungo tempo, era tornato dal soggiorno presso suo zio La-
bano. Era padre di una numerosa famiglia e ricco proprietario di co-
spicui greggi (cf. Gen 30,43). 1 Giuseppe era già diventato grande vi-

1
Secondo la cronologia sacerdotale, Esaù quando prende moglie ha qua-
rant'anni (Gen 26,34); Giacobbe, suo fratello gemello, aveva quindi la stessa età al
10 Abramo e i suoi ospiti

sir dell'Egitto e aveva salvato la sua famiglia dalla carestia.2 Davide


era morto, poiché a trent'anni era diventato re e regnò quarant'anni
(2Sam 5,4-5; lRe 2,11). Salomone aveva costruito il Tempio di Ge-
rusalemme e numerosi palazzi. Solo Mosè può competere con Abra-
mo poiché, secondo Es 7,7, l'uomo di Dio ha ottant'anni quando Dio
lo chiama a liberare il suo popolo.
È opportuno soffermars.i un istante sulle date della vita di Abra-
mo, perché hanno un valore simbolico. Basta allinearle per renderse-
ne conto. Abramo ha sessantacinque anni quando parte verso la ter-
ra promessa (Gen 12,4). Dopo dieci anni di soggiorno nella terra di
Canaan, Sara, che è sempre sterile, propone a suo marito di prendere
come sposa supplementare la serva Agar (Gen 16,3) e il patriarca ha
ottantasei anni quando nasce Ismaele, il figlio datogli da questa serva
(Gen 16,6). Ha novantanove anni quando Dio gli annuncia che avrà un
figlio da Sara e gli chiede di circoncidersi (Gen 17,1). Ha esattamente
cento anni quando nasce Isacco (Gen 21,5); questa nascita awiene
dunque dopo l'arrivo nella terra promessa. Il patriarca muore ali' età
di centosettantacinque anni (Gen 25,7), cento anni dopo aver lasciato
la sua patria per andare a stabilirsi nel paese di Canaan. L'unità di ba-
se è cento, con le sue suddivisioni, venticinque o dieci, e la maggior
parte delle date importanti del racconto sono «cifre tonde».3 Tutto
questo è, senza alcun dubbio, intenzionale e ha lo scopo di sottolinea-
re l'importanza degli awenimenti più significativi della vita di Abramo.

momento dell'episodio della «benedizione carpita», che fa seguito a!Ja menzione del
matrimonio. Egli lascia la casa paterna subito dopo questo episodio (Gen 28,10) e vi
ritorna dopo vent'anni (Gen 31,38.41 ). Quando ritorna aveva, di conseguenza, ses-
sanr'annì. Tuttavia i racconti (che provengono da diverse fonti) danno l'impressione
che Giacobbe sia più giovane.
2 Giuseppe, all'inizio della sua storia, ha diciassette anni (Gen 37,2) e t renta
quando diventa gran visir d'Egitto (41,46). Riceve i suoi fratelli e si riconcilia con lo-
ro dopo sette anni di abbondanza e circa due anni di carestia. Aveva, quindi, circa
trentanove o quarant'anni quando riceve suo padre e i suoi fratelli.
3 Questa cronologia è attribuita dagli esegeti all'autore sacerdotale che ha scrit-
to alla One dell'esilio o all'inizioqel ritorno nella terra promessa (dunque un po'
prima o subito dopo il 538 a.C). E più che probabile che lo scriba sacerdotale sia
stato influenzato dalla cultura mesopotamica, che aveva sviluppato la scienza mate-
matica ed era anch'essa avida di date e di cifre. Sull'età di Abramo e di Sara cf. an-
che Gen 18,11.
Abramo nella Genesi 11

UNA BIOGRAFIA MOVIMENTATA

Al primo paradosso di un'avventura intrapresa in età.avanzata, se


ne aggiunge un secondo. L'ordine inatteso che D io dà in Gen 12,1-3
non è in realtà che la prima di una serie di sorprese analoghe. L'itine-
rario del patriarca è lontano dalr essere un peregrinare senza inconve-
nienti da un luogo tranquillo verso un altro luogo altrettanto confor-
tevole. La «biografia di Abramo», a partire da Gen 12,1-3 è movi-
mentata quasi come quella di eroi molto più giovani, come Giacobbe
e Davide. Abramo deve dunque vivere in vecchjaia una serie di espe-
rienze o di prove che sono molto più spesso caratteristiche della gio-
vinezza. Ciò si verifica in due ambiti importanti: il vecchio Abramo de-
ve cercare una terra (oggi, noi diremmo: cerca una sistemazione) e bi-
sogna che egli trovi un erede perché non ha discendenza (Gen 11 ,30).
Abbiamo già ricordato la ricerca della terra (cf. Gen 12,1). Dio
conferma per due volte ad Abramo che la «terra promessa» è certa-
mente la terra di Canaan. Lo fa una prima volta quando Abramo, do-
po aver lasciato Carran, arriva a Sichem: «Alla tua discendenza io
darò questo paese», gli dice il Signore in un'apparizione (12,7). La
seconda volta, Dio ripete ad Abramo che la terra promessa è certa-
mente la terra di Canaan dopo una lunga serie di peripezie che han-
no condotto il patriarca attraverso il Negev fino in Egitto (12,9-10).
Al ritorno, Abramo e Lot si separano (13,5-13). Lot sceglie di anda-
re a vivere nella valle del Giordano (13,10-11 ), mentre Abramo si sta-
bilisce nella terra di Canaan. È in questo momento che Dio «fa ve-
dere» la terra di Canaan ad Abramo per promettergliela, a lui e alla
sua discendenz~ (13,14-17; cf. 12,1). In seguito, Abramo andrà a sta-
bilirsi ad Ebron (13 ,18).
Abramo non ha, dunque, trovato la terra senza difficoltà. Inol-
tre, la terra in cui Dio lo conduce non è «libera» dal momento che è
occupata dai cananei (12,6); Abramo, quindi, non può prenderne
possesso immediatamente. Sono i suoi discendenti che, molto più
tardi, potranno considerare questa terra come veramente loro (12,7;
13,15; 15,7 .16.18). Il testo biblico non dice nulla sulla reazione di
Abramo di fronte a questo stato di cose, ma il lettore può facilmente
capire la gravità della situazione: l'antenato di Israele cambia la pro-
pria terra non per un'altra terra, ma per la «promessa» di una terra,
12 Abramo e i suoi ospiti

e deve vivere isolato in mezzo a popolazioni straniere. Chi può so-


stenere che egli non ha perso nulla nello scambio?
Se la ricerca della terra non è stata di tutto riposo, il problema
dell'erede non è certamente più semplice. Anche qui, l'itinerario di
Abramo è atipico: un vecchio come lui ha di solito risolto da tempo
tutti questi problemi. Ora, il problema dell'erede è uno dei temi che
occupa la maggior parte nel «ciclo di Abramo» (Gen 12-25) poiché
il figlio atteso, Isacco, nasce soltanto nel capitolo 21.
Prima di arrivarci, è stato necessario scartare molti candidati:
Lot, il nipote che accompagna Abramo nel suo viaggio da Ur dei Cal-
dei fino a Carran, poi fino a Canaan (11,3 1; 12,4-5). Quando Lot sce-
glie di andare a vivere nella valle del Giordano, perde perciò stesso il
diritto all'eredità (13,10-12.14-17). Dio stesso scarta la possibilità che
il servo di Abramo, E.liezer, possa prendere il posto di un erede di-
retto (15,2-4). Poi Sara cerca una soluzione proponendo ad Abramo
di prendere Agar come moglie supplementare (16,2). Secondo il di-
ritto del tempo, il figlio di Agar, serva di Sara, doveva essere consi-
derato come figlio di Abramo e di Sara. Ma il tentativo fallisce, e il fi-
glio di Agar, Ismaele, non può essere considerato l'erede (Gen 16,1-
16). Insieme a sua madre, egli sarà cacciato definitivamente dopo la
nascita di Isacco (12,8-21). Il solo vero erede sarà Isacco, la cui na-
scita viene annunciata più volte (15,4; 17 ,16; 18,10.14) e che nascerà
poi dopo una lunga attesa (21,1-4). 4
Nel racconto successivo Dio chiede al patriarca di offrire in sa-
crificio il figlio Isacco (22, 1-19). La richiesta divina è, in questo con-
testo, del tutto incomprensibile. Abramo ha lasciato tutto per tro-
vare un paese già occupato e che potrà essere «dato» definitiva-
mente soltanto ai suoi discendenti. Ora, ecco che Abramo final-
mente ha una discendenza, e Dio gli chiede di offrirgli questo figlio
in olocausto (22,2). Questa volta, sembra che Abramo sia costretto
a entrare nella notte profonda dell'oblio definitivo. Non gli rimane
nulla. Dopo aver rotto con il suo passato, deve fare il lutto per il suo

4 Su questo punto, cf. L.R. HELYER, «The Separation of Abram and Lot», in
]SOT 26( 1983), 77-88.
Abramo nella Genesi· 13

avvenire.5 Per i] mondo dell'Antico Testamento, in realtà, morire


senza discendenti significa µiorire due volte, cioè morire senza la-
sciare tracce.
Come si sa, si tratta solo di una prova che il patriarca supera con
successo (22,1). Tuttavia, bisogna sottolineare ]a drammaticità di
questo racconto, che rimette tutto in discussione quando il patriarca
sembrava giunto alla fine delle sue tribolazioni.
Gli avvenimenti non hanno risparmiato Abramo. È il meno che
si possa dire. Ma egli come ha reagito a ognuna delle svolte di questo
frastagliato itinerario? Come bisognava attendersi, anche la risposta
a questo ulteriore interrogativo è sfumata; essa permetterà, inoltre, di
scoprire altri paradossi, che danno un carattere unico alla figura del-
1' antenato di Israele.

LA DOCILITÀ AUDACE ED EROICA DI ABRAMO

Abramo, in alcuni casi, esprime la propria sorpresa e anche una


certa riserva davanti agli interventi inattesi di Dio. Si chiede come
può Dio promettere un erede a un vecchio senza discendenti (Gen
15,2-3). Quando Dio gli promette una terra, chiede un segno (Gen
15,7). E quando Dio stesso gli appare per annunciargli che Sara gli
darà un figlio, il patriarca si mette a ridere: «Ad uno di cento anni
può nascere un figlio? E Sara all'età di novanta anni potrà partori-
re?» (Gen 17,17). 6

5 Cf. Th. R6MER, «Qui est Abraham? Les différentes figures du patriarche dans
la Bible hébrai'que», in Abraham, nouvelle jeunesse d'un ancetre (éd. Th. Romer),
Ginevra 1997, 17. Il legame tra Gen 12,l e Geo 22,1-19 è sottolineato dal fatto che
nei due casi l'ordine divino contiene un certo numero di espressioni identiche: «Vat-
tene verso il paese che io ti indicherò» (Gen 12,1) e «Va' ... e offrilo in olocausto su
di un monte che io ti indicherò» (Gen 22,2).
6 Nel contesto, questo riso esprime l'incredulità (cf. il riso di Sara in circostan-

ze identiche in Gen 18,12). Tuttavia, la tradizione rabbinica ha interpretato questa


reazione come un segno di contentezza: Abramo si è rallegrato alla notizia della na-
scita di un figlio. Giovanni 8,56 riprende questa tradizione quando dice: «Abramo
ha visto il mio giorno e si è rallegrato». Per il Vangelo di Giovanni, Gesù è il figlio
promesso ad Abramo, è lui l'Isacco tanto atteso che ha causato la contentezza di
Abramo.
14 Abramo e i suoi ospiti

Si tratta, però, di eccezioni. Nella maggior parte dei casi, Abra-


mo è docile e obbedisce senza tergiversare alle ingiunzioni divine. Al-
meno in un'occasione esprime la propria fede nelle promesse divine,
malgrado i dubbi che l'assillano (Gen 15,6; cf. 15,2-3 ). La docilità del
patriarca .si manifesta in modo ancora più evidente nei due avveni-
menti più drammatici della sua esistenza: la partenza di Gen 12,1-4 e
la prova di Gen 22,1-19.
In altri casi, meno noti, Abramo si dimostra del tutto docile e di-
sponibile. Quando Dio glielo chiede, si fa circoncidere lui e tutta la
sua famiglia (17,23-27). Obbediente al desiderio di Sara e seguendo il
consiglio datogli da Dio, caccia Ismaele e sua madre Agar, nonostan-
te egli sia affezionato al figlio nato da una serva straniera (21,11-14).
Il testo biblico insiste a più riprese sulla docilità di Abramo e ne
fa addirittura un modello per le generazioni future. Non bisogna
stupirsi, di conseguenza, se Abramo diventa anche un esempio per
coloro che, più tardi, faranno dell'insegnamento e dell'osservanza
della Legge uno dei punti principali della identità di Israele. «(Abra-
mo) custodì la legge dell'Altissimo», dirà il Siracide (Sir 44,20). Al-
cuni testi della Genesi, spesso tardivi, considerano Abramo il pre-
cursore del pio ebreo (Gen 18,18-19; 26,5; cf. 22,15-18). Gen 18,18-
19 è, a questo proposito, molto caratteristico: «(Il Signore dice:)
Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si di-
ranno benedette tutte le nazioni della terra. Infatti io l'ho scelto, per-
ché obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui ad osservare la
via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore rea-
lizzi per Abramo quanto gli ha promesso». Questo primo testo fa di
Abramo un «maestro della legge», una specie di rabbino ante litte-
ram, e soprattutto un «Mosè prima di Mosè». In realtà, come può
Abramo prescrivere ai suoi figli di osservare una legge che sarà pro-
clamata soltanto molto più tardi? Il testo anticipa largamente gli av-
venimenti del libro dell'Esodo.
Il secondo testo è ugualmente chiaro sul ruolo dell'antenato di
Israele: «Il Signore dice (a Isacco): ... renderò la tua discendenza nu-
merosa come le stelle del cielo e concederò alla tua discendenza rut-
ti questi territori: tutte le nazioni della terra saranno benedette per la
tua discendenza; per il fatto che Abramo ha obbedito alla mia voce e
ha osservato ciò che io gli avevo prescritto: i miei comandamenti, le
Ab1'amo nella Genesi 15

mie prescrizioni e le mie leggi» (26,4-5). Questa volta Abramo non


insegna la legge, ma l'osserva fedelmente. L'antenato di Israele è dun-
que il primo a realizzare un modello che sarà soprattutto quello del
Deuteronomio e della spiritualità che vi si ispira. Di più, il testo lega
il compimento delle promesse alla fedeltà di Abramo: perché Abra-
mo ha osservato la legge, le promesse saranno compiute in favore di
Isacco e della sua discendenza. Se Gen 15,6 faceva di Abramo il pri-
mo «giusto per la fede>» Gen 26,4-5 ne fa piuttosto il primo «giusti-
ficatore per le opere». Dopo questo testo, la fedeltà di Abramo di-
venta, in realtà, una garanzia per tutte le generazioni future. 7
Altri racconti fanno di Abramo un precursore nei grandi com-
portamenti della vita religiosa del suo popolo, specialmente del po-
polo dell'epoca postesilica. Come si è visto, egli si fa circoncidere in-
sieme a tutta la sua famiglia (Gen 17,23-27). Paga la decima a Mel-
chisedek, re e sommo sacerdote di Salem, che rappresenta il futuro
sacerdozio di Gerusalemme (14,20b). Offre sacrifici secondo le re-
gole prescritte dalla legislazione più tardiva (15,9). 8 Si adopererà per-
ché suo figlio sposi una donna del suo clan e non una straniera
(Gen 24). 9 Un piccolo dettaglio di Gen 18 dimostra molto bene co-
me la tradizione biblica abbia voluto sottolineare questo aspetto.
Quando il patriarca riceve i suoi tre visitatori alle querce di Mamre
(Gen 18,1-15), vuole offrire loro un pranzo regale. Per fare ciò, chie-
de a Sara di impastare della farina per preparare delle focacce (18,6).
Il testo della Bibbia ebraica usa due vocaboli per designare la farina.
Il primo (qemah), il più noto, indica la farina comune. Il secondo (so-
let), molto probabilmente aggiunto da un redattore, indica la farina
usata p~,r il culto. Si tratta di una sorta di nota esplicativa, il senso

7 Gen 22,15-18 va nello stesso senso: Dio compirà le promesse perché Abramo
ha accettato di sacrificare suo figlio.
8 Cf. per esempio le prescrizioni sull'offerta degli uccelli in Lv 1,14-17: gli uc-
celli non devono essere divisi in due parti (Gen 15,10; Lv 1,17). Abramo offre ani-
mali normalmente prescritti per i sacrifici, eccetto la giovenca di cui però parla una
legge abbastanza particolare di Dr 21 (sacrificio di espiazione per un omicidio ano-
nimo).
9 Cf. le prescrizioni di Dt 7,3-4.
16 Abramo e i suoi ospiti

della quale è molto chiaro. Il redattore che ha aggiunto questo se-


condo termine intendeva dimostrare che Abramo, nella preparazio-
ne del pasto, aveva voluto usare la farina riservata a Dio nel culto.
Egli aveva dunque riconosciuto chiaramente nei suoi visitatori la pre-
senza di Dio stesso (cf. 18,1.13 ). Io
Bisogna precisare, tuttavia, che la docilità e l'obbedienza di
Abramo non hanno sempre la medesima colorazione. Esiste una con-
siderevole distanza tra l'osservanza attenta di alcune prescrizioni del-
la legge e l'audacia necessaria per lasciare la propria patria e tutte le
proprie sicurezze (Gen 12,1-4) o il coraggio disperato che è necessa-
rio per sacrificare il proprio figlio. Si può aggiungere l'episodio me-
no noto della cacciata di Agar e di Ismaele (Gen 21,8-21), che ci fa
intuire un Abramo lacerato tra il suo affetto sincero per il proprio fi-
glio e l'obbligo di adottare la condotta imposta da Sara e da Dio stes-
so. In questi due ultimi casi, anche se eccezionali, in cui Abramo de-
ve separarsi dai suoi figli, non soltanto è docile, ma si mostra eroico.
E quando Dio gli chiede di lasciare tutto e di partire, a settantacin-
que anni, la sua docilità si coniuga a una intrepida audacia. Anche
qui, la figura di Abramo è fatta di contrasti non certo comuni.

ABRAMO, VECCHIO E SAPIENTE

Abramo è presentato, dunque, come un modello da seguire. In


tale contesto, il fatto di essere anziano contribuisce grandemente al
prestigio del patriarca. Il vecchio, nella Bibbia è un uomo rispettato
e raramente contestato: «Come si addice il giudicare ai capelli bian-
chi, e agli anziani intendersi di consigli! Come si addice la sapienza
ai vecchi, il discernimento e il consiglio alle persone eminenti! Coro-
na dei vecchi è un'esperienza molteplice, loro vanto il timore del Si-
gnore» dirà il Siracide (Sir 25,4-6). Questa opinione, largamente dif-
fusa, si applica certamente alla figura di Abramo così come è presen-
te nei testi della Genesi che stiamo citando.
Altri personaggi più giovani, come Giacobbe, Giuseppe o Davi-
de, possono difficilmente godere di un prestigio simile. Giuseppe è

°Cf. J.L. SKA, Introduzione alla lettura del Pentateuco, EDB, Bologna 2000, 194.
1
Abramo nella Genesi 17

sicuramente presentato come un «sapiente», ascoltato anche dal fa-


raone d'Egitto (Gen 41,33.38-39). 11 Ma si tratta di un'eccezione alla
regola, la quale vuole che un re ascolti piuttosto gli anziani che i gio-
vani. Roboamo preferirà fare il contrario e male gliene incolse (lRe
12,6-15). Il successore di Salomone rifiuterà ogni compromesso con
le tribù del Nord, secondo il consiglio dei giovani e contro il parere
degli anziani, provocando così la rivolta di queste tribù. La sapienza
è, dunque, appannaggio dell'età avanzata piuttosto che della giovi-
nezza.12 Giuseppe fa, dunque, eccezione e il racconto della Genesi
non manca di sottolinearlo. L'Antico Testamento dirà la stessa cosa
di Daniele e dei suoi compagni (cf. Dn 1,4.17.20).
Quanto ad Abramo, è un «vecchio» che farà avvantaggiare le fu-
ture generazioni della sua esperienza e del suo esempio. Ma è altret-
tanto un modello per i meno attempati, perché intraprende molto
tardi un'avventura che, normalmente, è propria della giovinezza.
Rompe i ponti con il passato e scommette sul futuro; un gesto auda-
ce che non può che renderlo simpatico.

ABRAMO E ULISSE, I SRAELE E LA GRECIA

I vari paradossi della figura di Abramo si ritrovano, in fin dei


conti, nella fede di Israele ed è probabilmente questa la ragione per
la quale il patriarca ne è diventato il simbolo più eloquente. Israele è
nato non da una grande prodezza o da un miracolo straordinario.

11 È la tesi molto nota di G . VON RAD, «Josephsgeschichte und altere Chock-


ma», Congress Volume. Copenhagen 1953 (VTS 1), Leida 1953 120-127 = Gesam·
melte Studien zum Alten Testament (TBu 8), Monaco 1958, 272-280. Traduzione in-
glese: «The Joseph Narrative and Ancient Wisdom», The Problem o/ the Hexateuch
and Other Essay, New York 1966, 292-300. La tesi è stata contestata sotto diversi
aspetti, ma resta valida soprattutto in ciò che riguarda il ritratto di Giuseppe come
ministro ideale a servizio del faraone.
12 Questo non fa che sottolineare il valore eccezionale della saggezza di Giu-

seppe. Un'altra eccezione è Daniele. Nel libro di Giobbe, Eliu contesta questo prin-
cipio affermando che la sapienza non è privilegio degli anziani (32,9), ma è una rea-
zione isolata e si spiega in gran parte con il contesto: Eliu critica l'arringa degli ami-
ci di Giobbe giudicata insufficiente. Del resto, l'opinione comune è affermata più
volte nel libro di Giobbe (8,8-10; 12,12; 15,10.18).
18 Abramo e i suoi ospiti

Non è il frutto di una grande impresa umana o il risultato di un lun-


go combattimento condotto con successo. È nato da un incondizio-
nato atto di fede basato su una promessa altrettanto incondizionata.
Si tratta di una specie di «salto nel vuoto», di una scommessa di cui
nessuno può indovinare l'esito finale. Israele si è riconosciuto in que-
sto antenato che ha vissuto prima di lui tutti i rischi che esso ha do-
vuto rivivere in epoche turbolente della sua esistenza, specialmente
quando il futuro si faceva incerto. Così fu, sicuramente, durante l'e-
silio, e forse ancora di più dopo lesilio, quando l'euforia del primo
ritorno lasciò il posto alla delusione. Israele non ha trovato la sua in-
dipendenza, la monarchia davidica non è stata restaurata e sono
scoppiati numerosi conflitti tra i diversi gruppi che vivevano nella
terra. 13 Era necessaria una fede come quella di Abramo per credere
che Israele aveva ancora un futuro nella sua terra.
L'ideale di Israele, su questo punto, si distingue molto netta-
mente da quello della Grecia. Nella grande epopea dell'Odissea, lo
scopo ultimo dell'eroe è quello di rientrare nella sua patria e ritrova-
re la propria sposa e la propria famiglia. L'ideale è, quindi, quello del
«ritorno» in un mondo conosciuto, quello che gli appartiene di dirit-
to perché l'eroe ne è il proprietario e il legittimo sovrano. È a «casa
sua». Per Omero, la parabola dell'esistenza è un lungo itinerario, dis-
seminato di prove e di difficoltà, ma questa parabola riconduce al
punto di partenza. Colui che ritorna è una personalità matura, ricca
di una lunga esperienza, che alla fine ha «trovato se stesso». Anche
l'ideale di Socrate è «conosci te stesso», secondo il celebre oracolo di
Delfi. Nella prospettiva greca, lo scopo ultimo dell'avventura umana
è un «ritorno a casa propria» dopo un lungo esilio.
Se per la Grecia la vocazione umana è quella di un «ritorno» ver-
so l'io autentico, la Bibbia in generale e la figura di Abramo in parti-
colare propongono un'immagine molto diversa della condizione
umana: quella della «partenza senza ritorno». La vera vita è oltre il
mondo conosciuto e il prezzo dell'esistenza autentica è elevato per-

13 Su questo periodo, cf. P. SACCHl, Storia del secondo Tempio. Tsrae!e tra il VI
secolo a.C. e il I secolo d.C., Torino 1994.
Abramo nella Genesi 19

ché comporta il rischio di perdere tutto senza sapere quello che po-
trà essere «trovato» al termine dell'avventura. Ulisse torna a casa sua
e ritrova sua padre Laerte; Abramo abbandona suo padre, se ne al-
lontana e definitivamente. Ulisse ritrova suo figlio Telemaco; Abra-
mo è invitato a sacrificare suo figlio. Ulisse ritorna a liberare la fede-
le Penelope dai pretendenti che vogliono sposarla; Abramo se ne va
verso una destinazione sconosciuta con una sposa sterile, che non gli
ha assicurato una discendenza. Ali' «odissea» di Ulisse si contrappo-
ne l' «esodo» di Abramo: «lo sono il Signore che ti ho fatto uscire da
Ur dei Caldei per darti in possesso questo paese» (Gen 15,7). 14 Ulis-
se trova la sua identità nel mondo del «proprio», mentre Abramo va
a cercarla «altrove», nell'universo dell' «altro».
Non bisogna però. spingere troppo oltre la contrapposizione. Da
una parte e dall'altra, in realtà, l'avventura umana è un lungo itinera-
rio. L'imporrante è mettersi in cammino. Ulisse e Abramo ne hanno
fatto esperienza ognuno a modo suo. Ma il fatto che Abramo parte
per non tornare più, permette anche di toccare con mano la singola-
rità della fede biblica, e non bisogna quindi stupirsi che tale singola-
rità appaia già come una delle caratteristiche principali del «padre
dei credenti». 15

14 La formula riprende intenzionalmente quella che descrìve l'esodo del popo-

lo di Israele: «lo sono il Signore che ti ha fatto uscire dall'Egitto» (cf. Es 20,2). Abra-
mo è ancora una volta un precursore, poiché il suo «esodo» precede quello del po-
polo di cui è l'antenato.
15 Per maggiori particolari, cf. fra gli altri R. MARTIN-ACHARD, Actualité d'A-
braham (Bibliothèque théologique) , Neuchatel-Parigi 1969; W. VOGELS, Abraham.
L'inizio della fede. Genesi 12, 1-25, 11 (Fame e sete della parola), Cinisello Balsamo
1999; per i problemi critici riguardanti il testo biblico di Gen 12-25, d. SKA, intro-
duzione, 231-232; Io., «Essai sur la nature et la signification du cycle d' Ahraham»,
in Studz"es in the Book of Genesis. Literature, Redaction and History (éd. A. Wénin)
(BETL 155), Lovanio 2001, 153-177; TH. ROMER, «Recherches actuelles sur le cycle
d' Ahraham», in Studies in the Book of Genesis, 179-211.
2

ABRAMO NELLA TRADIZIONE EBRAICA


o
IL MODELLO DEI CREDENTI

La figura di Abramo è comune alle tre grandi religioni mono-


teiste, l'ebraismo, l'islam e il cristianesimo, che gli attribuiscono an-
che un ruolo tutt'altro che periferico, dal momento che Abramo è
riconosciuto come loro comune antenato. Certo il patriarca non è in
alcun modo il «fondatore» di queste tradizioni religiose. Sotto que-
sto aspetto, la personalità che ha dato ali' ebraismo la sua specifica
fisionomia è Mosè; per l'islam è Maometto, e per il cristianesimo è
Gesù Cristo.
Abramo, però, è come la sorgente unica di questi tre fiumi che
in seguito hanno preso ciascuno una direzione diversa, sotto l'impul-
so del loro «fondatore» o «iniziatore». Se Mosè, Maometto e Gesù
sono all'origine dei tratti fondamentali di ognuna delle tre religioni
monoteiste, Abramo è il custode della loro comune memoria. Per ri-
prendere un'immagine biblica, Abramo può ricevere alla sua mensa
queste tre religioni come ha ricevuto i tre ospiti che sono venuti a vi-
sitarlo per annunciargli la nascita di un figlio (Gen 18,2.16). È dun-
que utile interrogarci per sapere come ognuna di queste diverse tra-
dizioni religiose ha considerato il comune antenato. Il presente capi-
tolo è dedicato alla tradizione ebraica che, per evidenti ragioni, ri-
serva un posto unico al suo antenato, diventato a motivo di ulteriori
avvenimenti il padre di due altre religioni monoteiste.
22 Abramo e i suoi ospiti

1
RITRATTO DI ABRAMO NELL EBRAJSMO ANTICO

La tradizione ebraica è, come si sa, erede diretta della tradizione


biblica. 1 Essa ne sottolinea, però, alcuni aspetti particolari sorvolan-
do su altri o riscrivendo episodi meno gloriosi.
Inoltre, la tradizione ebraica ha voluto «completare» il ritratto
biblico di Abramo, seguendo in ciò la propensione di ogni tradizio-
ne narrativa. In particolare ha introdotto una serie di racconti sugli
anni che precedono la <<Vocazione» dcl patriarca a settantacinque an-
ni (Gen 12,1 -4), dal momento che la Bibbia non dice quasi nulla su
questa parte della vita dcl patriarca. 2 Inoltre, fa pronunciare all'ante-
nato di Israele una serie di discorsi proprio prima della sua morte, se-
condo il noto genere letterario del «testamento». 3
La tradizione ebraica è molto ricca ed è certamente impossibi-
le riassumerla in poche pagine. È tuttavia possibile individuare tre
tendenze principali all'interno delle diverse correnti della tradizio-
ne medesima: Abramo ha conosciuto e osservato fedelmente la Leg-
ge prima ancora che Mosè la proclamasse;4 egli assicura e «garanti-

1 Per ulteriori dettagli, cf. MAIITTN-ACHARD, Actualité d'Abraham, 112-136, che


abbiamo largamente consultato per la redazione di questo studio. Cf. anche K.-].
KUSCIIEL, Streit um Ahraham. Was ]uden, Christen un Muslime trennt - zmd was sie
eint, Monaco 1994, traduzione inglese (che citeremo): Abraham: A Symbol o/ Hope
/or ]ews, Christians and Mus/ims, Londra 1995, 3-68. Il libro esiste anche in tradu-
zione italiana: La controversia su Abramo: Ciò che divide - e ciò che unisce ebrez; cri-
stiani e musulmani, Brescia 1996, e spagnola: Dfrcordia en la casa di Abrabam. Lo que
separa JI lo que une ajudios, cristianos y musulmanes, Estella (Navarra) 1996.
2 L'infanzia di Abramo è il tema, fra l'altro, dell'Apocalisse di Abramo, testo apo-
crifo risalente alla fine del I secolo o all'inizio del II secolo d.C. Per il testo, cf. B. PHl-
LONENKO-SAYAR - M. PHILONENKO, <<Apocalypse d' Abraham», in i.A Bible. Écrits in-
tertestamentaires (éd. A. Dupont-Sommer-M. Philonenko), Parigi 1987, 1691-1730.
} Basta ricordarsi che il libro del Deuteronomio contiene quattro «discorsi di
addio» di Mosè pronunciati l'ultimo giorno della sua vita (cf. Dr 1,1-3). Per Gia-
cobbe, cf. Gcn 48-49; per Davide, cf. 2Sam 23,1-7; nel Nuovo Testamento, cf. i «di-
scorsi di addio» di Gesù in Cv 13-16. I «discorsi di addio» di Abramo costituisco-
no il soggetto dcl libro apocrifo intitolato proprio Testamento di Abramo (I secolo
d.C.). Per il testo, cf. F. SCHM1DT, «Testament d'Abraham», in La Bible. bcrits inter-
testamentaires, 1647-1690.
4
Il testo biblico sul quale si fonda questa tradizione è Gen 26,5: «Abramo ha
ascoltato la mia voce e ha osservato ciò che io gli avevo prescritto: i miei comanda-
menti, le mie prescrizioni e 1c mie leggi».
Abramo nella tradizione ebraica 23

sce» la salvezza di tutti i suoi discendenti perché ha «meritato» la


benedizione per loro attraverso le prove che ha subito e superato;5
egli è il padre dei credenti, ma anche il primo missionario della fede
in un Dio unico e, di fatto, diventa il primo vero benefattore dell'u-
manità. Tuttavia, la tradizione ebraica cerca soprattutto di esaltare
nella figura di Abramo gli aspetti che ne fanno un precursore e un
modello per il pio ebreo di tutte le epoche successive. È ciò che
emerge chiaramente sia da una lettura dei testi più antichi come dai
più recenti.

lL SIRACIDE: LE PRIME INTERPRETAZIONI DELLA FIGURA DI ABRAMO

Il libro del Siracide, che fa parte dei libri deuterocanonici della


Bibbia cattolica, o degli apocrifi per i protestanti, permette di coglie-
re dal vivo il passaggio dalla Scrittura alla «tradizione» nel senso lato
del termine. Infatti questo libro, redatto verso il 180 avanti Cristo,6
offre una prima interpretazione della figura di Abramo nella parte
chiamata comunemente «l'elogio dei padri», titolo che si ispira a Sir
44,1: «Facciamo dunque l'elogio degli uomini illustri, dei nostri pa-
dri, (secondo l'ordine delle) loro generazioni». Questi ritratti degli
antenati (Sir 44- 50) propongono le grandi figure del passato all'am-
mirazione delle generazioni future. Il ritratto di Abramo permette,
per altro, di illustrare la tecnica usata dal Siracide per raggiungere il
suo scopo. 7 Vale la pena citare il testo per esteso (Sir 44,19-2 1):

5 Vedi il testo biblico di Gen 22,15- 18, un oracolo di Dio dopo la prova di
Abramo o «Sacrificio di Isacco» (Gen 22, 1-14): «L'angelo del Signore chiamò Abra-
mo dal cielo una seconda volca e gli disse: Lo giuro per me stesso, oracolo del Si-
gnore. Perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato cuo figlio, il tuo unico figlio,
è certo che io ti benedirò e moltiplicherò la tua d iscendenza come le stelle del cielo
e la sabbia del mare. La tua discendenza si impadronirà della città dei nemici; sa-
ranno benedette per la tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai ob-
bediro alla mia voce». Questo testo stabilisce un legame di causa ed effetto fra l'ob-
bedienza di Abramo e il compimento delle promesse: perché Abramo ha ob bedito,
Dio si impegna a benedire il patriarca e a dargli una discendenza numerosa.
6 Per ulteriori particolari, cf. fra gli altri M. GTLBERT, «Siracide», in Dictzònnai-
re de la Bible. Supplément XII, Parigi 1996, col. 1389-1437.
7 Cf. fra gli altri, KUSCHEL, Abraham, 31-33.
24 Abramo e i suoi ospiti

«Abramo fu grande antenato di molti popoli, nessuno ci fu simile a lui


nella gloria. Egli custodì la legge dell'Altissimo, con lui entrò in allean-
za. Stabilì questa alleanza nella propria carne e nella prova fu trovato
fedele. Per questo Dio gli promise con giuramento di benedire i popo-
li della sua discendenza, di moltiplicarlo come la polvere della terra, di
innalzare la sua discendenza come gli astri e di dar loro un'eredità da
uno all'altro mare, dal fiume fino all'estremità della terra».

Questo riassunto della scoria di Abramo ha tre caratteristiche


principali che d'altro canto si ritrovano molto spesso nella tradizione
ebraica successiva: in primo luogo il Siracide seleziona, poi semplifi-
ca e unifica, infine intende prevalentemente edificare più che rac-
contare. La prima caratteristica è anche la più evidente: il Siracide ha
scelto con cura un certo numero di episodi per comporre il suo tesro
e ne ha trascurati altri. I principali testi della Genesi che sono stati se-
lezionati sono i capitoli 17 («Abramo, padre di una moltitudine di
nazioni» - cf. Gen 17,4-6 e Sir 44,19; l'alleanza della circoncisione -
Gen 17,10.24 e Sir 44,20a) e 22,1-19 («il sacrificio di Isacco»; cf. Sir
44,20b). Inoltre, Siracide menziona la promessa di una discendenza
numerosa con una formula che si ritrova in Gen 13,16 (la polvere
della terra) e 15 ,5 (le stelle del cielo). Il testo contiene anche allusio-
ni alla promessa della terra (Gen 15,18 e Sir 44,21c), alla benedizio-
ne dei popoli che verrà attraverso Abramo (Gcn 12,3; 18,18; 22,18 e
Sir 44,2 la) e alla fedele osservanza della Legge da parte del patriar-
ca (Gen 26,5 e Sir 44,20).
La selezione operata dal Siracide è molto significativa. Riprende
il grande testo sacerdotale dell'alleanza unilaterale di Dio con Abra-
mo, resto che parla anche della circoncisione (Gen 17). Questo cesto
è fondamentale per l'ebraismo postesilico del Siracide, che vuole af-
fermare la propria identità davanti alla cultura ellenistica dominante.
Alleanza e circoncisione sono due elementi fondamentali per mante-
nere tale identità. Antioco Epifane TV (175-164 a.C.), per esempio,
interdirà la circoncisione (lMac 1,48; cf. 1,60-61; 2Mac 6,10).
L'altro testo ripreso dal Siracide è quello della prova di Abramo
(Gen 22,1-19), citato senza dubbio per incoraggiare tutti gli ebrei a
rimanere fedeli nelle avversità. Il Siracide parla anche della fedeltà al-
la legge (44,20), altro tema molto attuale nel periodo di ellenizzazio-
ne. Infine, il Siracide parla deUe promesse perché esse descrivono il
Abramo nella tradizione ebraica 25

vero futuro del popolo, invitato, perciò, a non ascoltare le false pro-
messe degli ellenizzanti.
Anche l'immagine di Abramo offerta dal Siracide è più unifica-
ta e semplificata di quella della Genesi. L'Abramo del Siracide non
conosce né il dubbio né l'esitazione e non commette alcun errore. Le
zone d'ombra sono scomparse per lasciare spazio a una figura lumi-
nosa e univoca. Abramo non si pone più domande, non si trova più
davanti a situazioni inesplicabili, e non deve più cercare a tastoni il
senso delle promesse divine. Il suo itinerario è perfettamente lineare,
senza deviazioni né passi indietro. Il Siracide non parla neppure del-
la migrazione del patriarca. Il ritratto di Abramo è certamente più
limpido, ma forse ha perso in profondità.
Insomma, lo scopo del Siracide è del tutto evidente: dimostrare
che il patriarca è un vero precursore dell'ebraismo del suo tempo.
Come dice K.-J. Kuschel, sotto la penna del Siracide il patriarca di-
venta un autoritratto dell'ebraismo dell'epoca dei Seleucidi. Per que-
sta ragione il Siracide non «racconta» alcun episodio. Usa il raccon-
to, lo trasforma e lo riorganizza secondo i suoi propri fini, che sono
quelli di edificare una comunità tentata di adottare una cultura stra-
niera. Inoltre, bisogna notare che Abramo ottiene il compimento del-
le promesse a causa della sua fedeltà alla Legge e per la sua costanza
nella prova. L'espressione «per questo» del v. 21 è, a questo riguar-
do,8 profondamente significativa. Tale tendenza del Siracide si ritro-
va in un testo del primo libro dei Maccabei (2,52) dove Mattatia, pa-
dre dei Maccabei, sul letto di morte, portando come esempio Abra-
mo, esorta i suoi figli a rimanere fedeli alla fede dei loro antenati:
«Abramo non fu trovato forse fedele nella tentazione e non gli fu ciò

8 Questa espressione greca (dià touto) ha un equivalente nel testo ebraico di


Gen 22,16-17: «Perché tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo uni-
co figlio, io ti benedirò con ogni benedizione ... » e di Gen 26,4-5, quando Dio dice
a Isacco: «Renderò la tua discendenza numerosa come le stelle del cielo ... , perché
Abramo ha obbedito alla mia voce e ha osservato ciò che gli avevo prescritto: i miei
comandamenti, le mie prescrizioni e le mie leggi». Anche qui il compimento della
promessa è ottenuto grazie al comportamento di Abramo. L'ebraismo posteriore
non fa che sviluppare questa linea del testo biblico. Nella ricerca attuale, questi te-
sti sono giudicati tardivi.
26 Abramo e i suoi ospiti

accreditato a giustizia?». Il testo mette insieme Gen 22,1-19 (cf. 22,1)


e 15,6, in cui ad Abramo è la fede che viene accreditata come giusti-
zia. Per il libro dei Maccabei, la giustizia di Abramo è invece frutto
della sua obbedienza e della sua fedeltà nella prova. Lo scopo omile-
tico e agiografico del testo è molto evidente. Altri testi confermano
questa tendenza.

L'APOCRIFO DELLA GENESI A QUMRAN9

Un episodio particolarmente interessante di questo scritto ritro-


vato a Qumran è quello <lel soggiorno di Abramo in Egitto. Il rac-
conto biblico (Gen 12,10-20) è «rivisto e corretto» per eliminarne
tutti gli aspetti poco edificanti o urtanti, e fare di Abramo un perso-
naggio impeccabile. Così, non è il patriarca che di propria iniziativa
propone a sua moglie di farsi passare per sua sorella. È , invece, dopo
un sogno che Abramo capisce quale strategia Dio stesso gli suggeri-
sce di adottare quando arriverà in Egitto. Poi, sempre secondo il te-
sto di Qumran, gli egiziani sono incantati non solo dell'avvenenza di
Sara, ma anche dalla sua saggezza.
Nel racconto biblico, Abramo non batte ciglio quando Sara è
presa dal faraone per entrare a far parte del suo harem. Nel raccon-
to qumranico, al contrario, piange a calde lacrime.
Dio colpisce allora il faraone e tutta la sua famiglia con la peste
(cf. Gen 12,17; 20,18), in modo che il re d 'Egitto si trova nell'inca-
pacità di awicinarsi a Sara, elemento che si trova in Gen 20,4.6.18,
racconto parallelo a quello di Gen 12,10-20. I medici e i maghi del
faraone sono chiamati al suo capezzale, ma si rivelano incapaci di
guarirlo. Il motivo dell'incapacità dei sapienti stranieri, medici, indo-

9 Per il testo, cf. N . AVIGAD - Y. YADIN, A Genesis Apocryphon. A ScrolL/rom


the Wilderness o/ judaea. Description and Contents o/ the Scroll Facsimiles, Tran·
scription and Translation o/ Columns II, XTX-XXII,Jerusalcm 1956;]. FlTZMYER, The
Genesis Apocryphon o/ Qumran Cave I. A Commentary (Biblica et orientalia 18a),
Roma 21971; ). CARM!GNAC- É. COTHENET - H. LIGNÉE (éd.), Les Lextes de Qum·
ran traduits et annotés. 11 (Autour de la Bible) Paris 1963, 207-242; A. DUPONT-SOM·
MER, «L'apocryphe de la Genèsc», in La Bible. Écrits intertestamentaires, Paris 1987,
383-399; cf. anche MARTIN-ACHARD, Actuali'té 115-118.
Abramo nella tradizione ebraica 27

vini o maghi, è comune a molti testi biblici. Lo si trova nella storia di


Giuseppe (Gen 41,8), nel racconto delle piaghe d'Egitto (cf. Es 9,11,
o anche 7 ,11-12; 8,14), e nella storia di Daniele (Dn 2,10-.13 ).
Infine, come in Gen 20,7, Abramo intercede per il faraone e la
sua corte colpita dalla peste. Gli impone anche le mani - un ele-
mento assente nel racconto biblico - e il faraone guarisce insieme a
tutta la sua corte. Il faraone ricompensa Abramo con ricchi donì
(cf. Gen 20)4). È dal faraone che Abramo riceve la serva egiziana
Agar e ciò permette di spiegare, alcuni capitoli più avanti (cf. Gen
16,1), la presenza di questo personaggio nel racconto biblico. Ma il
commento apocrifo si guarda bene dal dire che Abramo, nel rac-
conto biblico, aveva ricevuto questi regali in cambio di Sara (Gen
12,16).
Il racconto di Qumran ha dunque purgato il testo biblico, l'ha
arricchito di elementi presi da altri racconti e, soprattutto, ne ha fat-
to un racconto edificante dall'inizio alla fine. Abramo non è più una
persona in carne e ossa e il suo comportamento non è più problema-
tico. Al contrario, è una persona irreprensibile e perfettamente «edi-
ficante». Abramo non è più oggetto di scandalo, ma di venerazione.

IL LIBRO DEI GruBr1E1 10

La tradizione ebraica ha voluto completare anche la «biografia»


di Abramo nei punti in cui il testo biblico era poco eloquente, so-
prattutto per quanto riguarda la giovinezza del patriarca. Questa pri-
ma parte della vita di Abramo è descritta dettagliatamente in parti-
colare nel libro dei Giubilei 11 e nel Midrash. 12 Il libro dei Giubilei ri-
prende tutta la storia del mondo dalla creazione (Gen 1) fino all'isti-
tuzione della Pasqua (Es 12).

IO Cf. MARTTN-ACHARD, Actualzté, 118-122.


11 Scritto ebraico risalente all'epoca asmonea; va coUocato nel I secolo, e forse
anche alla fine del Il secolo a.C. Per il testo, cf. A. CAQUOT, <<Jubilés», in La Bzb!e.
Écrits intertestamentaires, 628-810.
12 Specialmente il Bereshit Rabba, commento della Genesi, i cui elementi più

antichi risalgono ai primi secoli d.C.


28 Abramo e i suoi ospiti

L'infanzia e la giovinezza di Abramo sono narrate nei capitoli


11-12 di questo libro apocrifo. Abramo, figlio di Terach, nasce nel-
l'anno 1876 dalla creazione del mondo,13 in un tempo particolar-
mente critico per l'umanità. Infatti una serie di cataclismi affliggono
il mondo: idolatria, guerre, violenze e carestia. A quattordici anni
(d ue volte sette!), Abramo scopre la corruzione del mondo e decide
di non adorare più i falsi dèi. Interviene contro gli uccelli che deva-
stano i raccolti. Tenta anche di convincere suo padre ad abbandona-
re il culto degli idoli, ma invano. Decide quindi di bruciare le statue
di questi idoli. Suo fratello Aran cerca di salvarli, ma muore in mez-
zo alle fiamme. Così è spiegata la morte prematura di Aran menzio-
nata dalla Bibbia (Gen 11,28).
Terach lascia quindi Ur dei Caldei con tutta la famiglia per veni-
re a stabilirsi a Carran (cf. Gen 11,31), dove Abramo invoca Dio per
sapere ciò che deve fare: rimanere a Carran o ritornare a Ur. Dio gli
risponde con le parole ben conosciute di Gen 12,1: «Vattene dal tuo
paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io
ti indicherò». Il libro dei Giubilei, dunque, fornisce un contesto alla
vocazione di Abramo. È a questo punto che Dio decide di rivelare ad
Abramo la lingua parlata dai primi uomini al tempo della creazione,
che è ovviamente l'ebraico. Abramo lascia allora suo padre per ob-
bedire al comando di Dio (Giubilei 12).
Fra gli episodi o elementi inediti introdotti dall'autore dei Giu-
bilei, è necessario segnalarne due più significativi. Al c. 16, Abramo
instaura la festa ebraica delle Tende, una iniziativa di cui la Bibbia
evidentemente non parla, perché le principali feste liturgiche sono
istituite da Mosè. Poi, il libro dei Giubilei sopprime una delle gran-
di difficoltà del racconto della prova di Abramo (Gen 22,1-19). Per i
Giubilei, il principe dei demoni, chiamato Mastema, scommette con
Dio che il patriarca è più attaccato a suo figlio che al suo Dio. Que-
sti accetta la sfida e così inizia la prova di Abramo (Giubilei 17; cf.

13 Il libro dei Giubilei si interessa particolarmente aUe date e al calendario li-


turgico.
Abramo nella tradizione ebraica 29

Gen 22,2). 14 Il libro dei Giubilei, per interpretare Gen 22, si è ispi-
rato molto chiaramente all'inizio del libro di G iobbe.
Alla fine del libro dei Giubilei, Abramo raduna i figli e i nipoti
per dare loro le ultime raccomandazioni (Giubilei 20-22). Egli insi-
ste in modo particolare sul rifiuto dell'idolatria e la fedeltà nell' os-
servanza della Legge di Dio, e specialmente sulla celebrazione delle
feste liturgiche. Questi due punti rivestono, per l'autore del libro dei
Giubilei, un'importanza speciale. In realtà, in un mondo dominato
dalla cultura ellenistica, la tentazione del sincretismo era forte e il po-
polo ebraico doveva lottare per salvaguardare la propria identità.
L'insistenza sul calendario liturgico è un'altra caratteristica ben nota
del libro dei Giubilei.
L'autore dei Giubilei omette invece una serie di episodi meno
gloriosi o più compromettenti della storia del patriarca, come i due
episodi in cui Sara è portata via dal faraone o da Abimelech, re dei
filistei (Gen 12,10-20 e 20,1-18), l'intercessione di Abramo in favo-
re di Sodoma (Gen 18,22-23) e la storia di Lot e delle sue figlie
(Gen 19,30-38).
Riassumendo, lo scopo del libro dei Giubilei è duplice. Da una
parte, cerca di completare la «vita di Abramo» che la Bibbia ci pre-
senta con molte lacune. Aggiunge quindi un certo numero di episo-
di o di dettagli, che nell'insieme vogliono rendere il racconto più lo-
gico e più comprensibile, almeno secondo i canoni dell'epoca. Dal-
1' altra parte, fa di Abramo un portavoce privilegiato dei suoi ideali e
delle sue preoccupazioni. Abramo è il fondatore della religione
ebraica così come la concepisce I' autore del libro dei Giubilei, che si
serve della voce del patriarca per incoraggiare i propri contempora-
nei a rimanervi fedeli.

14 Si ritrova qui una tendenza presente già nella Bibbia. Se, per 2Sam 24,1 , è
Dio stesso che incita Davide a censire il popolo di Israele, cosa che procurerà al re
un castigo, il libro delle Cronache, che riprende il medesimo racconto, dice invece
che è Satana a prendere l'iniziativa e non Dio: «Satana insorse contro Israele. Egli
spinse Davide a censire gli israeliti» (lCr 21,1).
30 Abramo e i suoi ospiti

IL MIDRASH15

Il commentario midrashico Bereshit Rabba (Genesi Rabba) e la


tradizione ebraica della Haggada 16 aggiungono alcuni interessanti
dettagli a ciò che il libro dei Giubilei aveva già detto sulla giovinezza
di Abramo.
Abramo, per esempio, sarebbe nato al tempo di Nimrod, subito
dopo l'episodio della torre di Babele (Gen 11,1-9; Nimrod è men-
:r.ionato in Gen 10,8). 17 Nimrod è un tiranno sanguinario e un astro-
logo che viene awisato della futura nascita di Abramo per mezzo di
fenomeni celesti. Egli decide, allora, di far sopprimere tutti i primo-
geniti del suo regno, ma Abramo sfugge miracolosamente al massa-
cro. Il tema della «strage dei santi innocenti» è universalmente noto
ed è certamente presente nei racconti biblici dell'infanzia di Mosè
(Es 1-2) e di Gesù (Mt 2).
Abramo abbandona l'idolatria, il cui culto è promosso da Nim-
rod, e scopre il vero Dio. Sul momento, il modo e il motivo di que-
sta conversione le versioni sono divergenti. Alcuni dicono che
Abramo ha fatto questa s·c operta quando era molto giovane, dopo
essersi rifugiato in una grotta nel deserto; altri, più numerosi, pen-
sano invece che il padre dei credenti all'inizio ha adorato gli astri
prima di riconoscere, a quarantotto anni, il solo vero Dio e creato-
re dell'universo. Chi gli ha insegnato la vera fede? Alcune tradizio-
ni dicono che questo insegnamento gli è stato trasmesso dalla sua
famiglia fin dal tempo di Noè e di Sem. Altre tradizioni sostengono

15 Per il testo del Midrash Rabba, il grande commento midrashico dcl Penta-
teuco, cf. per esempio, Midrash Rabba, I: Cenèse Rabba, tradotto dall'ebraico da B.
Maruani e A. Cohen-Arazi. Annotato e imrodocro da B. Maruani, (Les dix Paroles),
Lagrasse 1987; Midrash Rabbah. Genesis I-II. Translated by II. F reedman, Londra
31961. Per le altre tradizioni midrashiche, cf. soprattutto L. GrNZBERG, Legends o/
the Bible, Philadelphie, PA, 1975, 86-147 (trad. it. in più voli., Adelphi, Milano
1995ss). Per un riassunto, cf. MARTIN-ACHARD, Actualité, 122-125.
16 La Haggada è la tradizione ebraica che si interessa in modo particolare ai rac-

conti biblici, mentre la Halaka è un commento giuridico della Bibbia.


17 Gen 10,8-9: «Etiopia generò Nimrod. Fu il primo eroe sulla terra, lui che fu
un valente cacciatore davanti al Signore. Per questo si dice: Essere come Nimrod un
valente cacciatore davanti al Signore».
Abramo nella tradizione ebraica .31

che Abramo è arrivato da solo alla verità, contemplando il mondo


o il cielo. 18
Abramo, una volta convertito, diventa araldo della vera fede e
combatte gli idoli. Il Midrash usa un'argomentazione simile a quella
del secondo Isaia (40,19-20; 41,6-7; 44,10-12; 46,6), ridicolizzando
cose che non possono né parlare né agire. Anche suo padre Terach è
un fabbricante di idoli a servizio di Nirnrod, e non è per nulla incli-
ne a seguire suo figlio. Questi distrugge gli idoli, come nel libro dei
Giubilei, ma il suo crimine viene scoperto. Arrestato, è condannato
ad essere gettato in una fornace ardente come Daniele e i suoi com-
pagni (Dn 3 ). Sfugge, però, al castigo ed esce indenne dalla fornace.
Secondo alcune leggende, è l'arcangelo Gabriele che interviene per
salvare Abramo. 19 Questa interpretazione si basa in realtà su una let-
tura <<midrashica» di Gen 15,7: «Io sono il Signore che ti ho fatto
uscire da Ur dei Caldei». La parola ebraica «Ur» può, in effçtti, si-
gnificare sia città di Ur (in Caldea) o la «fornace» ('iìr). Il racconto
apocrifo è dunque basato su un gioco di parole.
Il commento midrashico di Gen 18,1-15, l'apparizione di Dio ad
Abramo alle querce di Mamre, contiene alcuni particolari che meri-
tano un momento di attenzione.20 Il Midrash Rabba insiste prima di
tutto sul legame tra la fine di Gen 17 e Gen 18,1, cioè fra il testo che
dice che Abramo si è circonciso e poi ha circonciso tutta la sua fami-
glia (Gen 17 ,23-27). Per il Midrash, tra i due avvenimenti esiste un
legame di causa ed effetto: perché Abramo si è circonciso il Signore
gli appare (cf. Gen 18,1: «Il Signore apparve [ad Abramo] alle quer-
ce di Mamre ... ») (GenRabba 48,2-5). L'intenzione della lettura del
Midrash è molto chiara. Il Midrash cerca di far emergere un legame
di causa ed effetto tra due episodi che, nel racconto biblico, sono
semplicemente giustapposti. D'altro canto, il commento mette in evi-
denza l'importanza dell'usanza ebraica della circoncisione, praticata

18 Abramo è presentato come modello a tutti gli ebrei che vivono nella diaspo-
ra e sono chiamati a convertirsi o a ritornare al culto del vero Dio. Cf. KuSCHEL,
Abraham, 58-60.
19
Cf. GINZl:lERG, Legends, 95.
20 GenRabba 48,1-20.
32 Abramo e i suoi ospiti

per la prima volta da Abramo e «segno» delJ> alleanza conclusa da


Dio con il patriarca e tutti i suoi discendenti (Gen 17,9-14.23-27).
I meriti di Abramo vengono sottolineati un poco più avanti con
un confronto tra Geo 18,1-15 e Isaia 33,14-17,21 un testo che inizia
così: «In Sion, i peccatori sono abbattuti, lo spavento si impadroni-
sce degli empi. Chi potrà resistere? È come un fuoco divorante(. .. )».
Il fuoco divorante è uno dei simboli della presenza divina nel tem-
pio. Il testo di Isaia enuncia poi le condizioni necessarie per poter es-
sere ammessi alla presenza di Dio. Il midrash le applica açl Abramo
per spiegare perché il patriarca ha potuto vedere Dio (Gen 18,1; cf.
GenRabba 48,5). Per esempio, Isaia parla dell'uomo che «cammina
nella.giustizia» (Is 33,15) e il midrash rimanda a Gen 18,19: «Egli
(Abramo) obbligò i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui ad osser-
vare la via del Signore e ad agire con giustizia». Abramo ha «rigetta-
to un guadagno frutto di angherie» (ls 33,15) perché ha rifiutato di
appropriarsi di alcunché del bottino fatto durante la campagna mili-
tare di cui parla Gen 14. Il patriarca, in effetti, dice al re di Sodoma:
«Né un filo, né un legaccio di sandalo, niente io prenderò di ciò che
è tuo» (cf. Gen 14,23). Sempre secondo il midrash, nello stesso epi-
sodio, il padre dei credenti ha anche rifiutato di lasciarsi corrompe-
.re: «Scuote le mani per non accettare regali» (Is 33,15); in Gen 14 ,22,
Abramo giura per YHWH che non accetterà nulla dal re cli Sodoma.
Il lungo elenco dei paralleli22 si conclude in questo modo: «Infine le
parole: "I tuoi occhi vedranno un re nel suo splendore" (Is 33,17) ri-
mandano a "YHWH apparve ad Abramo" (Gen 18,1)». È molto
chiaro che, per il midrash, Abramo ha riconosciuto immediatamente

21 Questo passo di Isaia ha molti punti in comune con i Salmi 15 e 23,3-6 (cf.

34,13-15) che elencano le condizioni di ingresso nel santuario. Talvolta, gli speciali-
sti parlano di «liturgia di ingresso».
22
Il midrash confronta fra l'altro le parole di Is 33,16: «gli sarà dato il pane,
avrà l'acqua assicurata» col gesto di Abramo che offrì acqua e pane ai suoi visitato-
ri (Gen 18,4-5). Si tratta di un semplice accostamento verbale? Oppure bisogna in-
tendere che Dio ha assicurato pane e acqua ad Abramo perché egli possa offrirne
agli ospiti? O, infine, Abramo partecipa alla generosità divina, dando a sua volta di
quello che ha ricevuto? Il midrash non dà dementi per decidere. Ma probabilmen-
te voleva, prima di tutto, mettere in evidenza i punti di contatto tra i due testi la-
sciando la porta aperta alle interpretazioni.
Abramo nella tradizione ebraica 33

che i suoi visitatori erano persone eccezionali, «di nobile nascita»,


perché li aveva visti in atteggiamento deferente gli uni verso gli altri
(48,9).
Anche l'ospitalità di Abramo ha conseguenze positive per il po-
polo di Israele: l'antenato ha «meritato» la benedizione divina per i
suoi discendenti (GenRabba 48,10). Così pure, poiché Abramo ha of-
ferto acqua ai suoi ospiti (Gen 18,4), Dio dona acqua al suo popolo
nel deserto (cf. il canto del pozzo in Nm 21,17) e nella terra promes-
sa (Dt 8,7), e una sorgente sgorgherà dal tempio (Zc 14,8). In modo
analogo Dio procura al suo popolo nel deserto riposo, protezione,
·pane - la manna - e carne - quaglie - perché Abramo ha dato tutte
queste cose ai suoi visitatori. Il midrash mette in parallelo avveni-
menti della stessa natura, poi stabilisce fra di loro un legame di cau-
sa ed effetto, ovviamente considerando come causa la condotta esem-
plare di Abramo, antenato di Israele.
Gen 22,1-19 -la prova di Abramo o la «legatura di Isacco»23 per
la tradizione ebraica - è un altro testo largamente usato dagli eredi
della Bibbia. Come nel libro dei Giubilei, la tradizione postcanonica
tenta di spiegare perché Dio mette Abramo alla prova (Gen 22,1). Il
modello è sempre il libro di Giobbe (Giobbe 1-2). Sono il principe
dei demoni Mastema, o Satana (cf. Gb 1,6-12; 2,l-7a) oppure angeli
gelosi del patriarca che mettono in dubbio la sua fedeltà e la sua de-
vozione al vero Dio. Durante la prova, Satana interviene ripetuta-
mente per far cadere il patriarca. Si avvicina ad Abramo con le sem-
bianze di un vecchio, chiama in causa il padre e il figlio, arriva perfi-
no a rivelare a Sara che Abramo sta per sacrificare il loro unico figlio.
Ma, come era da aspettarsi, tutti i suoi sforzi si rivelano vani.
La tradizione ebraica innova su un altro punto essenziale. Gli
esegeti si soffermano a sottolineare come lo stile del racconto biblico

23 In ebraico 'aqeda dal verbo 'aqad «legare» che d'altronde ricorre soltanto in
questo passo della Bibbia (Gen 22,9). Su Gen 22 nella tradizione ebraica, cf. F.
MANNS (éd.), The Sacri/ice o/ Isaac in the Three Monotheistic Religions (Analecta -
Studio Biblico Francescano 41), Gerusalemme 1995, 185-202, con i testi del Tm·gum
di Jonathan, di Genesi Rabba e Pi'rqe di Rabbi Eliezer (c. 31). Vedi anche A. WÉN1N,
Isaac ou l'épreuve d'Abraham. Approche narrative de Genèse 22 (Le livre et le rouleau
8), Bruxelles 1999.
34 Abramo e i suoi ospiti

di Gen 22 sia sobrio e succinto. Per esempio, al momento del sacrifi-


cio propriamente detto, il padre e il figlio rimangono completamente
silenziosi (Gen 22,9-10). Nel midrash, al contrario, Abramo informa
suo figlio e questi acconsente sollecitamente a essere immolato per
poter fare beneficiare il popolo di Israele della benedizione promessa
da Dio. Isacco chiede anche di essere saldamente legato (da qui il ti-
tolo «la legatura di Isacco»), per essere immolato al primo colpo. In
effetti, se suo padre lo avesse soltanto ferito, Isacco sarebbe diventa-
to inadatto a un sacrificio rituale, poiché la vittima deve essere senza
difetto e una ferita è considerata un difetto (Lv l,3; 3,1.6; 22,21-22).
L'obbedienza di Abramo trova un equivalente nella disponibilità
e nella sottomissione del figlio. Il loro atto meritorio è una garanzia
per tutte le generazioni future del popolo di Israele. Non è, d'altron-
de, impossibile che ci sia stata una reciproca influenza tra la teologia
cristiana della redenzione legata all'offerta volontaria di Gesù Cristo
e la tradizione ebraica che vede nella «legatura di Isacco» un atto re-
dentore che assicura la salvezza di Isracle. 24
I procedimenti usati dalla tradizione midrashica sono molto
chiari: la tradizione ha ripreso alcuni elementi di altri racconti o testi
biblici per applicarli ad Abramo. Il suo vissuto diventa anticipazione
di quello di altri grandi personaggi come Mosè, Giobbe, Daniele e i
suoi compagni. La tradizione riprende anche elementi della predica-
zione dei profeti, come la polemica del Secondo Isaia contro gli ido-
li. Lo scopo di questa rilettura è quello di fare di Abramo un model-
lo per tutti gli israeliti che vivono isolati in un mondo governato dai
principi «pagani». Questi principi, fautori del culto degli idoli, pos-
sono essere ostili ai seguaci di altre religioni, giungendo fino alla per-
secuzione. D'altra parte, la tradizione dci midrashim vuole inculcare

24 Cf. GnR 56,3 testo secondo il quale Isacco portava la legna dcl suo sacrificio
«come uno porta la propria forca»; cf. il patibolo o forca preparato per Mardocheo
e sul quale verrà appeso Aman (Est 5,14; 7,9-10) o l'«albero» che serve per l'impìc-
cagione dei condannati a morte (Dc 21,22-23; cf. Gs 10,26-27 e Gal 3,13). La paro-
la aramaica tradotta qui con «forca» (tsalub) significa «palo», «gogna», «patibolo»,
«forca» e può anche essere tradotta con la parola «croce». L'allusione alla c rocifis-
sione è possibile, ma non è evidente. Su questi resti, cf. M. REMAUD, À ct1tm: qes Pè-
res. Le «Mérite des Pères» dans la tradition juive (Collection de la Revue des Ecudcs
Juives 22), Parigi-Lovanio 1997, 149-172.
Abramo nella tradizione ebraica 35

·ai membri di Israele, dispersi nel mondo ellenistico, che il popolo di


D io ha un futuro garantito. Se qualcuno avesse dei dubbi, sarebbe
sufficiente pensare ad Abramo per cambiare opinione: la·sua obbe-
dienza è la garanzia fondamentale della sopravvivenza di Israele per
tutti i secoli.

LA TRADIZIONE RABBINICA (MISHNA E TALMUD) 25

La tradizione rabbinica successiva, nella Mishna e nel Talmud,


non fa che accentuare quello che le precedenti generazioni avevano
già messo in evidenza. Fra l'altro, essa fa di Abramo un «rabbino»,
che avrebbe osservato la legge ben prima di Mosè. 26 Anche Abramo
fa quanto gli è possibile per salvare in anticipo il suo popolo. Così,
Dio permette al suo popolo di attraversare il Mar Rosso (Es 14) per-
ché Abramo ha tagliato la legna del sacrificio di Isacco (Gen 22,3 ). A
causa di Abramo, Dio ha dato la legge a Mosè (Es 19-24). Dio ri-
sparmia il suo popolo che ha adorato il vitello d'oro (Es 32) perché
Abramo ha accettato di sacrificare suo figlio (Gen 22), e per la stessa
ragione Dio impedisce a Balaam di maledire Israele (Nm 22- 24). Dio
accompagna e nutre il suo popolo nel deserto perché il patriarca ha
offerto latte fresco e la latte cagliato ai suoi ospiti divini (Gen 18,6) e
si è comportato in modo esemplare verso di loro (Gen 18,1-16).

25 Per i testi, cf. ad esempio The Mishnah. A New Translation by ]. Neusner,


New Haven, CN 1988. Per quanto riguarda il Talmud, esiste in francese un'antica
presentazione sintetica del Talmud che risale al 1933: A. COHEN, Le Talmud: exposé
synthétique du Iàlmud et de l'enseignement des Rabbins sur l'éthique, La religion, !es
coutumes et la jurisprudence. Traduction de J. Marty, Paris 1933. Recentemente so-
no stati tradotti alcuni trattati: Aggagot du Talmud de Babylone (La source de Jacob),
tradotto da A. Elka'im-Sartre, introduzione di M.-A. Ouaknine (Les Dix Paroles),
Lagrasse 1982; Le Talmud: Traité Pessahim, tradotto dall'ebraico e dall'aramaico dal
Gran Rabbino Israel Salzer (Les Dix Paroles), Lagrasse 1984-1986 (2 volumi); Il Tal·
mud: Traité Haguiga, traduzione dall'ebraico e dall'aramaico, note e introduzione
del Gran Rabbino Israel Salzer {Les Dix Paroles), Lagrasse 1991. Per ulteriori par-
ticolari, cf. MARTLN-ACHARD, Actualité, 125-130; KUSCHEL, Abraham, 49-60.
26 L'insistenza sulla fedeltà di Abramo alla legge contrasta con il punto di vista

di Paolo che considera il patriarca il padre di tutti coloro che sono giustificati per la
fede e non per le opere deUa legge (Rm 4,1-25; Gal 3,6-14). Per Paolo, Abramo rap-
presenta il regime della fede che precede quello della legge (Gal 3,12.17}.
36 Abramo e i suoi ospiti

Infine, Abramo è il primo convertito al vero Dio e il primo mis-


sionario. Riceve il compito di condurre tutti i pagani al culto del ve-
ro Dio. Il suo ruolo universale è sottolineato anche in un altro modo.
Abramo è come la «pietra di fondamento» dell'universo. Dio crea
Adamo in ragione dei meriti di Abramo; quest' ultimo è poi incarica-
to di espiare la colpa del primo uomo. 27 Se Dio non manda più il di-
luvio per distruggere l'umanità perversa, è ancora in considerazione
di Abramo, il cui ruolo in favore dell'umanità è molteplice, dal mo-
mento che egli guarisce i malati, insegna la scienza ai re, guida lena-
vi verso la sicurezza dei porti e ottiene la pioggia per la terra.
Ma, in conclusione, la vera grandezza di Abramo non viene da
lui stesso, ma dalla Torah, dalla legge che egli ha scrupolosamente os-
servata. Abramo è tanto onorato dalla tradizione rabbinica perché è
il precursore di Mosè e perché ha dimostrato con l'esempio il com-
pimento fedele dei precetti divini. Abramo deve il proprio prestigio
al fatto di essere una finestra aperta sulla legge di Mosè.

IL GIUDAISMO ELLENISTIC028
Nel giudaismo ellenistico, Abramo, più che un «rabbino» ante
litteram, è un saggio, un erudito e un filosofo secondo l'ideale greco.
Giuseppe Flavio e Filone di Alessandria sono i principali rappresen-
tanti di questa «ellenizza:tione» della figura del patriarca.
Ma già prima di questi due autori, gli ebrei del mondo ellenisti-
co, probabilmente per rispondere alle sfide di una cultura dominan-
te largamente superiore, hanno fatto di Abramo un precursore sia nel
campo delle scienze che nel campo della virtù.
Abramo è a volte presentato come il creatore dell'astrologia cal-
dea e il maestro che ha formato i sacerdoti di Eliopoli. Il quarto li-
bro dei Maccabei insiste soprattutto sulla virtù di Abramo, che ha

27 Su questo puma, vedi la teologia di san Paolo che attribuisce questo ruolo a

Cristo (Rm 5) e la dottrina rabbinica deJ «merito dei Padri»; su quest'ultimo punto,
cf. REMAUD, À cause des Pères (cf. nota 24).
28 Per un riassumo, cf. MARTIN-ACHARD, Actualité, 130-137; KUSCHEL,

Abraham, 40-49.
Abramo nella tradizione ebraica 37

unito la ragione e la religione secondo l'ideale greco. Abramo domi-


na le proprie passioni per obbedire alla ragione. Il suo esempio ispi-
ra la condotta della madre dei sette figli martirizzati da Antioco IV
(4Mac 13,16-17). Seguendo l'esempio di Abramo che non ha esitato
a sacrificare suo figlio, ella incoraggia al martirio i propri.

1. Giuseppe Flavio

Giuseppe Flavio (fine del I secolo d.C.) dedica undici capitoli


del primo libro delle sue Antichità giudaiche all'antenato di Israele (I,
6-16). 29 Lo scopo principale di questo grande scrittore ebreo è apo-
logetico: vuole dimostrare al mondo ellenistico l'eccellenza delle tra-
dizioni del suo popolo. Ciò permette di capire meglio la sua «riscrit-
tura» della Bibbia. L'Abramo di Giuseppe Flavio diventa, dunque,
un filosofo e un erudito, impastato di sapienza e di virtù. Abramo
scopre il monoteismo contemplando gli astri. Il loro movimento lo
convince che possono essere guidati soltanto da uno spirito superio-
re. Su questo punto, Giuseppe Flavio sfrutta il grande interesse per
l'astronomia che caratterizza il mondo ellenistico dell'epoca, partico-
larmente in Egitto. 30
In seguito, A.bramo si rivela un precursore nel mondo delle
scienze: insegna l'astrologia e l'aritmetica ai saggi d'Egitto, correg-
gendo anche i loro errori.3 1
Un esempio chiaro del modo in cui Giuseppe Flavio interpreta
la figura di Abramo nelle Antichità giudaiche è la pagina che dedica
a Gen 18,1-15. Ecco la traduzione (I, 196-198):32

29 Per la traduzione francese, cf. E. NODET, Les Antiquités juives. Texte, tra-
duction et notes, con la collaborazione di G. Berceville e altri, Parigi 1990.
30 Si ricorderà sopratturto l'astronomo Claudio Tolomeo, vissuto in Egitto
(90-168 circa d.C.) che fece le sue osservazioni ad Alessandria dal 127 al 141 d.C.
31 Abramo è quindi, come Giuseppe o Daniele, un «saggio» che insegna agli
stranieri i segreti a loro sconosciuti.
32 Traduzione di E. NODET, Flavius ]osèphe. Antiquités juives I-III. Texte, tra-
duction et notes, Parigi 1990, 46.
38 Abramo e i suoi ospiti

(196) Dopo che Dio ebbe pronunciato questo giudizio contro i sodo-
miti,33 Abramo vide tre angeli, 34 mentre era seduto presso la quercia di
Mamre, davanti alla porta del suo cortile;35 credendo fossero stranieri,
si alzò, li salutò e li invitò a entrare in casa per offrire loro ospitalità.
(197) Questi accettarono; ordinò subito che si preparasse pane con fior
di farina. Immolò un vitello, lo fece arrostire e lo portò ai suoi ospiti,
seduti a tavola sotto la quercia. Questi gli fecero credere che mangia-
vano davvero. 36 Chiesero anche di sua moglie, doman dando dove fos-
se Sara. Egli rispose che era all'interno, ed essi dissero che sarebbe tor-
nati (l'anno) seguente e che l'avrebbero trovata diventata madre. (198)
La donna sorrise di ciò e disse che non poteva più avere figli, perché
aveva novant'anni e suo marito ne aveva cento. Essi allora non potero-
no più nascondersi e rivelarono che erano angeli di Dio: uno era man-
dato per annunciare il bambino, gli altri due a distruggere i sodomiti.

Salta agli occhi, immediatamente, una prima dìfferenza: Giusep-


pe Flavio ha soppresso tutti i dialoghi di Gen 18,1-15. È lui che rac-
conta interamente la storia, come, d'altronde, ovunque. Già Platone,
nella Repubblica (Ill , 392-395) aveva indicato la differenza tra que-
sti due modi di raccontare. Il primo, che egli chiama «racconto allo
stato puro», è un racconto in cui si fa sentire la sola voce del narra-
tore. Il secon do, chiamato «imitazione» (in greco: mimesis), tenta,
come dice il nome, di imitare o di riprodurre la realtà. 37 Il racconto

n Tra il racconto della circoncisione (cf. Gen 17) e quello dell'ospitalità di


Abramo (cf. Gen 18,1-15), Flavio Giuseppe inserisce il giudizio di Dio contro So-
doma fondandosi probabilmente su Geo 13,13. Questo rende più comprensibile il
racconto biblico che tratta questo tema quando gli «angeli» lasciano Abramo ed egli
rimane con Dio e intercede per la città in cui si trova Lot (cf. Gen 18,16-33).
34 Il testo biblico parla di tre uomini (Gen 18,2; cf. 18,16). Ma Gen 19,1 speci-
fica che i due visitatori che si presentano a Lot sono «due angeli» (cf. 19,15). Giu-
seppe unifica tutto il racconto.
35 Il «cortile» sostituisce la tenda di Gcn 18,l. Abramo abita quindi in una ca-
sa con un cortile interno, come le persone agiate di questa regione al tempo di Giu-
seppe Flavio.
36 Cf. i Targum, Genesi Rabba 48,14, Rashi; Filone, come vedremo, è dello stes-
so parere.
37 Per maggiori particolari, cf. fra gli altri G. GENETTE, Figures III (Poétique),
Parigi 1972, 184-185. Dopo H. James, i critici letterari usano spesso i termini ingle-
si telling («dire», «spiegare») e showing («mostrare»). La differenza tuttavia è più di
Abramo nella tradizione ebraica 39

diventa più vivo e, soprattutto, i personaggi prendono anch'essi la


parola con dei discorsi che le nostre edizioni moderne si preoccupa-
no di «mettere tra virgolette», per indicare tipograficamente la diffe-
renza tra la voce del narratore e quella dei personaggi. Il «racconto
allo stato puro» di Giuseppe Flavio assomiglia a un rendiconto bre-
ve e obiettivo e, se è meno espressivo e meno vivo del racconto della
Genesi, la tecnica adottata gli lascia più libertà nell'elaborazione dei
materiali; gli offre soprattutto il vantaggio di essere il solo a poter
controllare e influenzare il lettore. Siccome il lettore sente sempre la
stessa voce, quella del «narratore» Giuseppe Flavio, non può essere
distratto dalle opinioni o dai punti di vista dei personaggi. In più, tut-
to il racconto diventa una sorta di «commento» del narratore, così
che gli interventi più espliciti passano quasi inosservati. 38
Gli interventi di Giuseppe Flavio sono più percepibili in alcuni
passi, ma bisogna prestare molta attenzione per individuarli. Chi co-
nosce il testo biblico avrà probabilmente più facilità a scoprire que-
sti passaggi. Giuseppe Flavio, per esempio, ci dice che Abramo pen-
sava che i suoi visitatori fossero stranieri e che egli li invita «per gioi-
re della sua ospitalità» (196). Esplicitando l'intenzione del patriarca,
dice chiaramente ciò che il racconto di Gen 18,1-8 si limita di «mo-
strare» descrivendo con abbondanza di particolari l'accoglienza e la
preparazione del pranzo. Poi, egli nota che gli ospiti «fanno credere
che mangiano realmente». Probabilmente la sensibilità dell'epoca,
che si ritrova nei targum e nei midrash, non permetteva di pensare
che gli «angeli» potessero realmente mangiare. Il racconto di Tobia,
fortemente influenzato dalla mentalità ellenistica, contiene un dato
identico. L'angelo Raffaele, quando rivela la propria identità, dice
che egli non mangiava realmente; quelli che lo vedevano avevano
«una visione» (12,19). Nel finale, Giuseppe Flavio si astiene dall'in-
trodurre un dialogo tra i visitatori, Abramo e Sara. Quest'ultima sor-
ride, ma non ride, e il risultato è immediato: gli angeli rivelano la pro-

grado che di natura, perché un racconto può difficilmente «riprodurre» un'azione o


un'esperienza oppure «rappresentarla» come fa il teatro. Il racconto sarà quindi più
o meno vicino alla «realtà», «mostrerà» o «dirà» di più o di meno.
38 Giuseppe Flavio lascia raramente parlare i personaggi biblici. Fa eccezione
qualche volta per Dio o per personaggi molto importanti.
40 Jlbramo e i suoi ospiti

pria identità. Su questo punto il racconto di Giuseppe Flavio si al-


lontana molto dal racconto biblico, il quale si chiude senza alcuna
scena di rivelazione, e riprende invece le tradizioni midrashiche
(GenRabba 50,2).39 Giuseppe Flavio ancora una volta esplicita il te-
sto biblico: i tre angeli hanno compiti differenti. Uno è venuto per
annunciare la nascita e gli altri due stanno per annunciare la distru-
zione di Sodoma. Ci sono tre messaggeri, ma una sola missione, e ciò
è chiaro fin dall'inizio. Il giudizio contro Sodoma, menzionato pro-
prio all'inizio (196) ritorna nella conclusione (198) e permette di sta-
bilire un'abile transizione con il racconto dell'intercessione di Abra-
mo (199), poi con quello della distruzione di Sodoma (200-204).
Alcune caratteristiche della riscrittura di Giuseppe Flavio ap-
paiono abbastanza chiaramente in questa pagina. Per prima cosa, egli
non lascia a nessuno il compito di guidare il lettore attraverso il rac-
conto biblico. Poi, egli adatta il racconto alla mentalità del suo tem-
po. L'ambiguità del racconto di Gen 18,1-15, che a lungo lascia nel
vago la vera identità dei visitatori di Abramo, è sacrificata a beneficio
di una lettura lineare. Gli ospiti non sono degli uomini (cf. Gen
18,2.16) e non esiste neppure il problema che Dio stesso sia potuto
venire a mettersi a tavola con Abramo per mangiare, per parlare con
lui e soprattutto, per provocare il riso incredulo di Sara (Gen 18,12).
Giuseppe Flavio opta per la soluzione intermedia, già suggerita dal
testo biblico (19,1.15): i visitatori sono angeli. Se sono angeli, non
possono mangiare (197; cf. Gen 18,8), ma è anche necessario che ri-
velino la loro identità, come Raffaele nel libro di Tobia (12,1-22) o
Gabriele nel Vangelo di Luca (1 ,19).40 Lo richiede la logica del rac-
conto e, secondo la sua abitudine, Giuseppe Flavio rende esplicito ciò
che, spesso, nel testo biblico è implicito. La finale, «essi rivelarono
che erano angeli di Dio», è in parallelo con la menzione della non co-
noscenza di Abramo quando lo accoglie all'ingresso della tenda «pen-
sando che erano stranieri ... ». Il problema posto all'inizio è risolto al-
la fine, esattamente come in un problema scolastico. La pedagogia di
Giuseppe Flavio non poteva essere evidenziata in modo migliore.

39 Cf. anche i Targum.


40 Cf. Dn 8,16-17; 9,21-27.
Abramo nella tradizione ebraica 41

2. Filone di Alessandria

Esattamente come Giusèppe Flavio, Filone di Aless~ndria (ini-


zio del I secolo d.C.) descrive Abramo con le sembianze di un filo-
sofo ellenistico. 41 Il patriarca diventa addirittura una specie di ritrat-
to idealizzato del saggio israelita alessandrino. Questo risulta soprat-
tutto dalla lettura di un'opera che Filone dedica interamente al pa-
triarca, intitolata De Abrahamo.42
Se il filosofo alessandrino concorda con i rabbini per sottolinea-
re la fedeltà di Abramo alla legge divina, se ne differenzia però per-
ché, per lui, questa legge non è anzitutto la legge mosaica, ma piutto-
sto la legge naturale inscritta nella natura umana. Questa legge divina
viene scoperta dalla contemplazione filosofica (De Abrahamo, 60).
Secondo i canoni ben conosciuti dal platonismo, Filone propo-
ne spesso un'esegesi allegorica dei testi biblici. Gen 12, 1-4, in parti-
colare, descrive non tanto una migrazione fisica quanto piuttosto un
itinerario spirituale, che conduce Abramo da Ur dei Caldei prima a
Carran, poi nel deserto (67). Abramo in realtà si sradica dal mondo
sensibile per ritrovare la sua «vera patria», il mondo delle realtà divi-
ne.43 Lascia anche iJ mondo del molteplice per raggiungere l'Uno che
gli appare nella terra promessa a Sichem (cf. Gen 12,7), (77-78). Ri-
nuncia all'astrologia dei caldei per avvicinarsi a colui che è «guida
dell'universo» (69-71).

41 Filone parla di Abramo in diverse sue opere, innanzitutto nei due trattati in-
teramente dedicati al patriarca, De Abrahamo e De migratione Abrahami, poi in Que-
stiones in Genesim, in De mutatzòne Nominum, in Quis divinarum heres sit; infine
riassume il suo punto di vista sull'antenato di Israele in De Virtutibus. Per la tradu-
zione francese, cf. R. ARNALDEZ - J. POUILLOUX - C. MONDÉSERT, Les O?uvres de Phi-
lon d'Alexandrie, Parigi 1961-1988.
42 Per il testo, cf. De Abrahamo. Introduction, tradttction et notes di J. GOREZ,
(Les oeuvres de PhLJon d' Alexandrie 20), Parigi l 966.
43 Il modello è quello che Platone descrive, ad esempio, in Fedone. L'anima esi-
liata nel corpo conserva il «ricordo» del mondo delle idee e questo ricordo la guida
nel viaggio che la fa ritornare nella sua patria originaria (Fedone, in particolare i ca-
pitoli 18-21). Si noti che Filone reinterpreta interamente l'esperienza di Abramo se-
condo le categorie greche del «ritorno», mentre la Bibbia parla piuttosto di una
«partenza senza ritorno» (Gen 12, 1-3 ).
42 Abramo e i suoi ospiti

Il sacrificio di Isacco, assume, con la penna di Filon~, una colo-


razione stoica. Abramo, infatti, accetta di sacrificare Isacco, il cui no-
me significa «riso», ed evoca quindi la gioia. Ciò significa, per il filo-
sofo alessandrino, che il patriarca è pronto a sacrificare tutto a Dio,
anche la sua gioia, perché la vera gioia si trova soltanto in Dio (202).
Il ritratto di Abramo secondo Filone ha più di un tratto in co-
mune con quello dei «terapeuti», di cui il filosofo parla nella sua Vi-
ta contemplativa. Questi «terapeuti» lasciano le città, come il patriar-
ca, per vivere nel deserto al fine di dedicarsi alla contemplazione del
solo vero Dio.
Una delle pagine più belle del De Abrahamo di Filone è certa-
mente quella dedicata alla scena dell'ospitalità di Abramo (Gen 18,1-
15). La lettura di questa pagina permetterà di far risaltare le qualità
di Filone in contrasto con quelle di Giuseppe Flavio. Ecco il testo, in
traduzione: 44

(107) [ ... ] Un giorno, a mezzogiorno, vedendo tre viaggiatori che egli


prese per uomini - erano di natura più simile a Dio, ma lo avevano na-
scosto - corse verso di loro e chiese con insistenza di non passare oltre
la sua tenda, di entrare, come vuole la buona educazione, e di condivi-
dere la sua ospitalità. Essi che conoscevano - non per le parole pro-
nunciate ma per il pensiero che esse contenevano - la sincerità dei suoi
propositi, non esitarono e accettarono. (108) Allora, col cuore pieno di
gioia, in fretta fece ogni cosa per non ritardare l'accoglienza e disse a
sua moglie: «Sbrigati, fai cuocere tre misure di pane sotto la cenere».
Lui stesso si affrettò ad andare verso la stalla, prendere un vitello gio-
vane e ben in carne, consegnarlo al servo, (109) per ucciderlo e prepa-
rarlo velocemente. Poiché nessuno è lento nell'amare gli uomini nella
casa del sapiente; donne, uomini, schiavi e uomini liberi si danno da fa-
re nel servire gli ospiti. (110) I tre invitati fecero festa non tanto a ciò
che era stato preparato per loro quanto alla qualità dell'animo di colui
che li accoglieva, e a una emulazione intensa e senza limiti; gli offriro-
no una ricompensa che superava le sue speranze, promettendo lana-

44 De Abrahamo, 68-70. Nel francese l'autore usa, introducendo alcune sue mo-
difiche, la traduzione di J. Gorez citata sopra.
Abramo nella tradizione ebraica 43

scita di un figlio legittimo, e questo per bocca di uno solo, il più iin-
portante dei tre. Perché parlare tutti insieme e allo stesso tempo sareb-
be stato una mancanza di sapienza. (111) Che parlasse uno solo con il
consenso di tutti gli altri, era ciò che conveniva. Ma Abramo e Sara non
si soffermarono seriamente sulle promesse a motivo del carattere in-
credibile della cosa stessa. Non erano più giovani, e, a causa della loro
età avanzata, avevano rinunciato ad avere figli. ( 112) La donna, dun-
que, nel sentire [questa promessa], si mise subito a ridere, dice la Scrit-
tura; poi, siccome loro le chiesero; «C'è nulla che sia impossibile a
Dio?», ella si vergognò e disse che non aveva riso. Ella sapeva che tut-
to è possibile a Dio e aveva acquistato questa convinzione quasi fin dal-
la culla. (113) È allora, credo, che, per la prima volta, quelli che vede-
va non avevano più per lei lo stesso. aspetto, ma [le apparivanol più ve-·
ncrabili, [come] profeti o angeli che avrebbero cambiato la loro natu-
ra spirituale, la ]oro forma di anima, con un'apparenza umana. 45

Lo stile narrativo di Filone, soprattutto se si paragona con quel-


lo di Giuseppe Flavio, è più elaborato e più vario. La tavolozza let-
teraria di Filone è più ricca di quella del suo contemporaneo e, so-
prattutto, il filosofo alessandrino la sa usare consapevolmente. Que-
sto stile cangiante è d'altra parte, secondo gli specialisti, proprio del
De Abrahamo. 46 «Il racconto dell'accoglienza ai tre viaggiatori celesti
ha una grazia delicata che fa pensare, per esempio, all'episodio di Fi-
lemonc e Bauci in Ovidio» dice J. Gorez.47 Di fatto emerge conti-
nuamente la consapevolezza che Pilone ha della sua arte e la usa più
deliberatamente di Giuseppe .Flavio. V«io» del narratore traspare nel
racconto ajmeno una volta («io credo»; J 1.3). Filone fa notare ai suoi
lettori che cita la Scrittura (112). Se interviene come narratore, e tal-
volta abbondantemente e più di Giuseppe Flavio, sa anche praticare
l'arte dell'imitazione, per riprendere il vocabolario di Platone. Per
due volte, fa parlare i suoi personaggi. La prima volta, cede la paro-
la ad Abramo quando chiede a sua moglie di impastare e cuocere tre

45 Letteralmente «antropomorfo».
46 «rl De Abrahamo ha qualità narrative
che generalmente, a questo livello, non
si trovano in Filone» (GOREZ, De Abrahamo, 14).
47 De Abrahamo, 14.
44 Abramo e i suoi ospiti

misure di pane sotto la cenere (108). La seconda volta, i viaggiatori


pongono la domanda che fa cambiare direzione a tutto il racconto:
«C'è nulla di impossibile per Dio?» (112).
Nel primo caso, Filone rafforza uno dei tratti del racconto bibli-
co: la diligenza di Abramo. Filone stesso riota che Abramo affrettava
i preparativi, poi, per confermare e rafforzare. questa prima afferma-
zione, lo fa dire ad Abramo. Il verbo «affrettarsi» è usato dal narra-
tore («Frettolosamente fece ogni cosa[ ... ]») e dal personaggio Abra-
mo («Sbrigati [. .. ]»), creando in questo modo un effetto di accumu-
lazione, che manifesta con molta abilità l'ospitalità di Abramo. Esat-
tamente come il racconto biblico, d 'altra parte (Gen 18,6-7), Filone
dipinge la fretta contagiosa di Abramo, che, dopo aver incitato la sua
sposa ad affrettarsi a preparare il pane, si precipita di persona verso
il gregge e affida un vitello grasso a un servo perché lo prepari «in
fretta». Per coronare questa descrizione, il narratore Filone prende
quindi una cerca distanza di fronte alla scena per concludere il suo
quadro con una osservazione generale: tutti sono diligenti e solleciti,
le persone dei due sessi e le persone di diversa condizione sociale
(schiavi e persone libere). Filone ha colto, su questo punto, un aspet-
to essenziale del racconto biblico, lo riprende lui stesso e lo tratta in
modo magistrale. In realtà, egli ha inquadrato la scena con due af-
fermazioni provenienti dalla sua autorità di narratore e, attraverso
questo procedimento il quadro diventa una dimostrazione della sua
tesi.
Il secondo momento in cui il racconto diventa «mimetico» e an-
ch'esso scelto con molto fiuto. Anzitutto, bisogna notare che Filone
vede chiaramente nell'annuncio della nascita di Isacco una «ricom-
pensa» dell'ospitalità di Abramo e Sara. Il legame fra le due parti del
racconto è implicito, ma è raro che un autore lo definisca così chia-
ramente.48 Ma perché Filone, nella seconda scena della promessa, dà
la parola ai visitatori per far porre la questione dcl potere di Dio? Le
risposte che si presentano alla mente sono molte. Si può pensare che
se la domanda è posta dai visitatori celesti ha un maggiore impatto.

48 Nulla di ciò, ad esempio, in Genesi Rabba.


Abramo nella tradizione ebraica 45

Notiamo d'altra parte velocemente che su questo punto Filone «cor-


regge» il testo biblico che pone questa domanda sulla bocca di un so-
lo personaggio, quello che si identifica con YHWH (Gen 18,13-14).
Probabilmente Filone ha preferito attenersi a una tradizione meno
antropomorfica. Per ritornare alla domanda posta dagli inviati, è an-
che possibile che Filone voglia che la domanda sia più direttamente
di Sara. Il problema la riguarda in prima persona e lo stile «mimeti-
co» lo fa apparire subito. Perché, in fin dei conti, è in questo mo-
mento che Sara «scopre» la vera identità dei personaggi dopo aver
«capito» il senso della domanda (112-113 ). Ciò è molto sorprenden-
te, ma Filone, in questo finale, non menziona più Abramo. 49 In ogni
modo, l'itinerario da percorrere è dunque tracciato ed è questo che
bisogna seguire per arrivare alla meta. Il modo di raccontare ha, dun-
que, uno scopo pedagogico preciso. Questa intenzione è manifesta in
tutto il racconto, specialmente là dove Filone trae lezioni morali dal
comportamento dei personaggi. Tuttavia, bisogna sottolineare che il
nostro autore riesce a comunicare con i suoi lettori facendo ricorso
talvolta a più sottili strategie. Da questo punto di vista, egli è certa-
mente superiore a Giuseppe Flavio.

CONCLUSIONE

La visione dell'ebraismo ellenistico, così come si presenta in


Giuseppe Flavio e Filone, è dunque molto diversa da quella del rab-
binismo. Tuttavia, per l'uno come per l'altro, Abramo più di ogni al-
tra figura biblica deve essere un modello. È, d'altra parte, ciò che co-
stituisce la forza e l'attualità di questa figura, venerata da tutti come
proprio antenato e padre della propria fede.

49 La traduzione delle ultime frasi non è semplice. Non esiste in greco una so-
la parola che possa permettere di sapere con certezza per chi i viaggiatori cambiano
aspetto. Secondo il contesto, tuttavia, bisognerebbe pensare a Sara, perché è il solo
personaggio menzionato fin dall'inizio dcl §112.
3

ABRAMO NEL NUOVO TESTAMENTO


o
IL RITORNO ALLE SORGENTI

Nel Nuovo Testamento, Abramo viene citato numerose volte (73


volte), più di Davide (59 volte) e un po' meno di Mosè (80 volte).
L'importanza dcl patriarca però non dipende soltanto da questo da-
to statistico. Il Nuovo Testamento non poteva manifestare il suo ca-
rattere di novità senza parlare di Abramo, il padre dei credenti per il
popolo di Israele. 1 I primi cristiani, infatti si trovavano davanti a un
dilemma: non potevano rifiutare Abramo senza rifiutare tutto il lega-
me con il Dio di Israele e con la fede del popolo ebraico; d'altra par-
te, se volevano accettare i pagani all'interno del1a loro comunità e
reinterpretare, a questo scopo, l'osservanza della Legge di Mosè, non
potevano continuare ad affermare che erano ancora i «discendenti»
di Abramo. In questo capitolo, vorrei dimostrare come il Nuovo Te-
stamento cerca di uscire da questo dilemma.
P er maggiore chiarezza, l'esposizione seguirà un percorso pro-
gressivo. In un primo tempo, dimostrerò che il cristianesjmo ha, in
qualche modo, «annesso» Abramo per farne un esempio di compor-
tamento cristiano; in secondo luogo, leggerò i testi in cui si pone il
problema della paternità di Abramo; infine, sottolineerò il carattere
innovatore di san Paolo nelle lettere ai Romani e ai Galati. Ed è pro-

1 Su questo punto , cf. M ARTIN-ACHARD, Actualité, 137-160; K uSCHEL,


Abraham, 69-129; D. MARGUERAT, «Fils et fillcs d'Ab raham selon le Nouveau Tes-
tament», in Abraham, Nouvelle jeunesse d'un ancetre (éd. Th. Romer), Ginevra 1997,
61-77 .
48 Abramo e i suoi ospiti

prio san Paolo che offrirà la risposta più soddisfacente al dilemma di


cui abbiamo appena parlato.

ABRAMO, IL «CREDENTE MODELLO»

Come bisognava aspettarsi, il Nuovo Testamento si riferisce ad


Abramo come a un «modello di comportamento». ln questo modo
lo vedeva la tradizione ebraica ed è normale che la tradizione cristia-
na abbia fatto lo stesso. A insistere su questo punto sono soprattutto
la Lettera di san Giacomo e la Lettera agli Ebrei. Abramo vi è de-
scritto, inoltre, come colui che è staro fedele nella prova, una situa-
:tione che i cristiani dovevano conoscere all'epoca della redazione
delle epistole citate.
La Lettera di Giacomo (2 ,21-23) contiene una polemica contro
un a certa interpretazione del pensiero di Paolo, che ridurrebbe tutta
la religione cristiana a una sola fide senza alcun legame con le opere. 2
Giacomo replica che la fede senza le opere è una fede morta. 3 Per so-
stenere la sua tesi, egli prende come esçmpio Raab e Abramo. Per
quanto riguarda quest'ultimo, la Lettera di Giacomo afferma che il
patriarca non è stato giustificato per la sola fede, ma bensì per le sue
opere in quanto accetta di sacrificare il proprio figlio (Gc 2,21-22).
Questa esegesi può sorprendere. In realtà, Abramo in Gen 15 ,6 è
«giustificato per la sua fede», testo che precede Gen 22 (la prova di
Abramo) e nel quale Abramo è giustificato non per le sue opere," ma
per aver creduto alla promessa divina. Molto probabilmente la Let-
tera di Giacomo legge Gen 22 come faceva la tradizione ebraica del
suo tempo, tradizione già presente in Sir 44,20-21 e in lMac 2,52.
Quest'ultimo testo dice esplicitamente così: «Abramo non fu trovato
forse fedele nella tentazione e non gli fu ciò accreditato a giustizia?».
Secondo questa tradizione, ripresa in Gc 2,21-23, Dio ha promesso
ad Abramo di realizzare le promesse a causa della fedeltà e dell'ob-
bedienza di Abramo (Gen 22,15-18; cf. 26,4-5).

2Cf. MARTTN-ACHARD, Actualité, 142-143.


3Lo stesso Paolo riassume la sua concezione dell'esistenza cristiana con questa
formula lapidaria: «la fede opera per mezzo della carità» (Gal 5,6).
Abramo nel Nuovo Testamento 49

Anche la Lettera agli Ebrei offre una lettura più «etica» che
«teologica» della figura di Abramo. 4 Per questo scritto, il «padre dei
credenti» è, durante la sua vita, un perfetto esempio della vita di fe-
de. Al capitolo 11, la lettera riprende il testo della Gene~i per dimo-
strare come Abramo e Sara hanno dato prova di una fede esemplare.
Ciò si è soprattutto verificato in quattro momenti: in primo luogo,
nella vocazione di Abramo (Gen 12,1), quando il patriarca, su ordi-
ne di Dio, lascia la sua patria per andare a stabilirsi nella terra pro-
messa; poi, quando vive come ospite in mezzo a popolazioni stranie-
re in attesa della realizzazione delle promesse; terzo, quando Sara
crede che avrà un figlio nonostante la sua età avanzata; infine, quan -
do Dio chiede ad Abramo di sacrificare il proprio figlio.
Appare chiaramente, dopo questo breve percorso, che la Lette-
ra agli Ebrei non parla molto del contenuto della fede come tale, ma
insiste soprattutto sul comportamento che essa implica e che è fatto
soprattutto di obbedienza, di perseveranza e di fiduda. L'etica cri-
stiana prende il sopravvento sulla teologia, evoluzione, peraltro, mol-
to normale.
La tendenza a privilegiare l'etica appare, d 'altra parte, in un ul-
timo riferimento ad Abramo nella Lettera agli Ebrei, nel contesto
delle esortazioni conclusive sulla sopportazione e Ja vita comunitaria
(Eb 12-1.3). L'autore dell'epistola parla dell'ospitalità e, in sostanza,
dice: «Non dimenticate l'ospitalità perché, grazie ad essa, alcuni han-
no accolto angeli a loro insaputa» (1.3 ,2). Il testo fa riferimento, evi-
dentemente, al celebre brano di Gen 18,1-15.

L A PATERNITÀ DI ABRAMO SECONDO IL Nuovo T F.STAMENT05

Il Nuovo Testamento, tuttavia, non si accontenta di fare di Abra-


mo un modello di «comportamento cristiano» ante litteram. Alcuni
testi vanno oltre. Il problema è queUo della «paternità di Abramo».
Infatti, per Israele, Abramo è prima di tutto un padre e il fatto di es-

4 Cf. fra gli altri MARTIN-ACHARD, Actualité, 143-145; KUSCHEL, Abraham,


103-109.
5 Cf. MARTIN-ACHARD, Actualité, 145-149; MARGUERAT, Fils et fil/es, 69-71;
KuSCHEL, Abraham, 78-85 .
50 Abramo e i suoi ospiti

sere un «padre modello» non fa che aggiungere una qualità supple-


mentare alla sua paternità. Per semplificare le cose, nella teologia di
Israele, l'elezione è praticamente riservata ai soli discendenti di Abra-
mo. Certo la salvezza è accessibile solo a certe condizioni, ma rima-
ne vero che si tratta prima di tutto di un privilegio del popolo eletto,
dunque dei figli di Abramo «secondo la carne» (cf. Rm 4,1). Questo
è il punto su cui il Nuovo Testamento prende le distanze nei con-
fronti della tradizione ebraica.
L'Antico Testamento aveva però preparato la strada a questa
nuova visione della paternità di Abramo. I testi più eloquenti si tro-
vano in Isaia ed Ezechiele. Il primo contesta fortemente la posizione
occupata dai patriarchi nella fede di Israele all'interno di certi grup-
pi, del resto, abbastanza difficili da definire.6 L'autore del testo si ri-
volge a Dio, dicendogli: «Tu sei nostro padre, poiché Abramo non ci
riconosce e Israele non si ricorda di noi. Tu, Signore, tu sei nostro pa-
dre da sempre, ti chiami nostro redentore» (Is 63,16).
Il testo gioca su una contrapposizione tra i patriarchi Abramo e
Giacobbe/Israele, da una parte, e YHWH, dall'altra, per affermare
chiaramente che il vero «padre» di Israele è YHWH, più che i pa-
triarchi, perché è lui che lo ha «riscattato» (63 ,16b). La più semplice
esegesi di questo testo è la seguente: Israele può vantarsi di avere co-
me antenati Abramo e Giacobbe/ Israele. Tuttavia, ciò non è per nul-
la sufficiente. Israele può vivere e sopravvivere soltanto se Dio inter-
viene in suo aiuto per salvarlo. È ciò che ha fatto durante l'esodo, ri-
cordato un po' prima nello stesso capitolo: «[YHWH] si è ricordato
dei giorni antichi, di Mosè suo servo ... » (Is 63,11; cf. 63,1-14). Con
un gesto simile ali' esodo, in futuro, Dio salverà il suo popolo ancora
una volta. Opponendo YHWH ad Abramo e Giacobbe/Israele, il te-
sto oppone dunque Mosè ai patriarchi: Israele è veramente nato non
con Abramo, ma al momento dell'esodo. Ciò significa che il popolo

6 È probabile, secondo me, che si tratti delle popolazioni rimaste nel paese du-

rante l'esilio e che si sono opposte a quelli che ritornavano da Babilonia dopo il 530
a.C. Quest'ultimo gruppo era culturalmente ed economicamente superiore, e finì
per imporsi. Cf. SKA, Introduzione, 180-181, 255. Sul problema dei patriarchi in que-
sLi testi, cf. RbMER, lsraels Viiter (OBO 99), Friburgo (Svizzera)-Gottingen 1990,
513-517, 537 .
Abramo nel Nuovo Testamento 51

è nato da un atto salvatore di Dio e non da una semplice generazio-


ne carnale. I legami di sangue e l'appartenenza al popolo eletto non
sono sufficienti ad assicurare la salvezza.7 Bisogna, ancora, che Dio
«riscatti» il suo popolo come ha fatto al tempo dell'esodo.
Ezechiele si pone sulla stessa linea. Ma se Isaia 63 insisteva pri-
ma di tutto sulla «grazia» dell'intervento divino in favore di Israele,
Ezechiele ricorda la necessità dell'osservanza della Legge.
Ezechiele 33 riporta una discussione tra gli esiliati e la popola-
zione rimasta nel paese. Ecco il testo: «Mi fu rivolta questa parola dal
Signore: "Figlio dell'uomo, gli abitanti di quelle rovine, nel paese di
Israele, vanno dicendo: Abramo era uno solo ed ebbe in possesso il
paese e noi siamo molti: a noi dunque è stato dato in possesso il pae-
se!» (3 3,23-24). La popolazione rimasta nel paese crede, dunque, che
la terra le appartiene a motivo della sua ascendenza abramica. Eze-
chiele, che si trova in esilio, riporta la risposta divina: «Così dice il Si-
gnore Dio: Voi mangiate la carne con il sangue, sollevate gli occhi ai
vostri idoli, versate il sangue, e vorreste avere in possesso il paese?
Voi vi appoggiate sulle vostre spade, [voi, donne] compite cose ne-
fande, [voi, uomini] disonorate la donna del vostro prossimo e vor-
reste avere in possesso il paese?» (33,25 -26). Segue quindi l'annun-
cio del castigo (33,27-29).
La linea dell'argomentazione di questo oracolo è chiara: per pos-
sedere il paese, non basta essere discendenti di Abramo. È necessa-
rio, in più, rispettare un certo numero di precetti religiosi e morali.
ln altre parole, Ezechiele ricorda che il possesso del paese è condi-
zionato dall'osservanza della Legge, un tema che viene sviluppato
ampiamente dal Deuteronomio. 8

7 La stessa cosa è detta da Osea 12 che oppone Giacobbe a Mosè. Per Osea,
Mosè e l'esodo sono più importanti di Giacobbe. Israele non esiste soltanto come
popolo in virtù dei legami di sangue, ma prima di tutto a motivo di una esperienza
di liberazione. Cf. A. DE PuRY, «Osée 12 et ses implications pour le débat actuel sur
le Pentateuque», in Le Pentateuque: Débats et recherches. XIV Congrès de l'ACFEB,
Angers 1991 (éd. P. Haudebert) (LD 151). Parigi 1992, 175-207.
8 Vedi in particolare le benedizioni e le maledizioni di Dt 28. Si sa come il libro
della Genesi e la tradizione ebraica hanno risposto a questa sfida: hanno fatto di
Abramo un «ebreo modello», un fedele osservante della Legge (cf. Gen 26,5).
52 Abramo e i suoi ospiti

La predicazione di Giovanni Battista, spesso considerato l'ulti-


mo dei profeti (Mt 11,9-11; Le 16,16), si colloca esattamente sulla
scia dei due profeti appena citati.9 Anche il Battista contrappone
l'appartenenza carnale al popolo eletto e il comportamento morale,
cioè, nel vocabolario dei vangeli sinottici, la «Conversione»: «E non
crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico
che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre» (Mt 3 ,9; Le
3,8). Matteo, che inizia la genealogia di Gesù con Abramo (1,2), in-
troduce immediatamente una sfumatura importante riguardo alla fi-
liazione abramica: in se stessa non basta per sfuggire al «giudizio».
Resta però vero che, per Giovanni Battista, il giudizio come la sal-
vezza riguardano però ancora solo i discendenti di Abramo.
Sempre nel Vangelo di Matteo, Gesù fa un passo ulteriore quan-
do afferma, a proposito del centurione romano che viene a chieder-
gli la guarigione di suo figlio e crede alla sua parola: «In verità vi di-
co, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande. Ora vi
dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a
mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i
figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e
stridore di denti» (Mt 8,10-11).10
Secondo questo testo, i pagani potranno essere salvati, mentre
gli stessi figli di Abramo potranno essere esclusi dal regno dei cieli.
Gesù oppone chiaramente la fede del centurione romano, prototipo
dello straniero indesiderato e disprezzato, al rifiuto di cui egli è og-
getto da una parte almeno del suo popolo. In parole molto semplici,
questo testo significa che è più importante credere al Messia che ap-
partenere al popolo eletto. Matteo pone, di conseguenza, l'accento
sulla fede. È su questa base, come vedremo, che Paolo costruirà tut-
ta la sua argomentazione. Ma il Nuovo Testamento, nella Lettera agli
Ebrei e nel Vangelo di Giovanni, contesterà ancora più radicalmente
la paternità di Abramo.

9 MARGUERAT, Fils et fil/es, 69-79, cita anche il testo di Esdra 7,102-105 che
insiste Slilla responsabilità personale al momento del giudizio: «Quel giorno, ognu-
no porterà personalmente le sue azioni di giustizia e di ingiustizia>>. Il testo, tuttavia,
non fa direttamente allusione ad Abramo.
io Cf. KUSCIIEL, Abraham, 9.3 -97.
Abramo nel Nuovo Testamento 53

IL SACERDOZIO Dl M ELCIIISEDEK (EB 7)

Nel capitolo 7,1-7 (cf. 5,10), la Lettera agli Ebrei ~ole dimo-
strare che il sacerdozio di Gesù Cristo è superiore a quello del tem-
pio di Gerusalemme. 11 Per questa ragione, propone un'esegesi mol-
to acuta e allegorizzante del testo di Gen 14,18-20. Gen 14 racconta
una campagna militare, nel corso della quale il patriarca libera suoni-
pote Lot, che era stato fatto prigioniero da quattro re venuti dall'o-
riente. Al ritorno, Abramo si reca a Salem (Gerusalemme) dove vie-
ne ricevuto dal re e sacerdote Melchisedek, che benedice il patriarca;
questi in cambio, offre al re la decima dei suoi beni.
Per la Lettera agli Ebrei, Abramo riconosce con questo gesto la
sua inferiorità rispetto a Melchisedek. La persona che benedice è su-
periore alla persona che viene benedetta, e pagare la decima signifi-
ca anche riconoscere una certa dipendenza. Melchisedek è dunque
superiore ad Abramo.
In un secondo momento, la Lettera agli Ebrei suggerisce che
Melchisedek, «sacerdote per sempre» (Sal 110,4), è figura di Gesù
Cristo sommo sacerdote. Il punto di paragone, che a uno spirito mo-
derno può apparire alquanto forzato, è il fatto che Melchisedek è
presentato senza genealogia (7,3). Egli non ha, dunque, né padre né
madre. Non si parla, poi, né della sua nascita né della sua morte.
Sembra, quindi, che sia «eterno», come il Figlio di Dio, Gesù Cristo.
È appunto questo il motivo per cui, sempre secondo Ebrei, egli è «Sa-
cerdote per sempre» (7 ,3; cf. Sal 110,4).
Avendo così, in qualche modo assimilato Melchisedek a Gesù,
per l'autore della Lettera agli Ebrei rimane da fare ancora un passo.
Riconoscendo la superiorità di Melchisedek, Abramo non solo ha ri-
conosciuto la propria inferiorità ma anche quella di tutti i suoi di-
scendenti, in particolare quella di Levi, suo pronipote e antenato di
tutti i sacerdoti levitici. È, dunque, il futuro sacerdozio levitico che,
nella persona di Abramo, si inchina davanti a Melchisedek, figura di
Cristo (7,10).

11 K uSCHEL, Abraham, 106-107.


54 Abramo e i suoi ospz.ti

In tal modo, la Lettera agli Ebrei dimostra che il sacerdozio di


Gesù Cristo è superiore al sacerdozio di Levi. È, d'altronde, più che
probabile che la Lettera agli Ebrei sia stata scritta dopo la distruzio-
ne del tempio di Gerusalemme e voglia dimostrare a tutti i cristiani
di origine ebraica che non hanno perso nulla di essenziale quando
l'esercito romano mise fine in modo brutale al culto del tempio. Il sa-
crificio di Cristo si è sostituito una volta per tutte ai sacrifici del tem-
pio che è stato distrutto e la vita cristiana è il vero culto da rendere a
Dio (Eb 10,19-13,17).
Questa argomentazione, probabilmente sconcertante per un
contemporaneo, corrisponde, tutto sommato, alla predica:àone del
Battista e alla riflessione di Gesù a proposito della fede del centurio-
ne: Abramo non occupa uno spazio unico e «inevitabile» nella storia
della salvezza. La Lettera agli Ebrei si limita tuttavia a dimostrare che
il sacerdozio levitico e il sacerdozio di Cristo appartengono a due or-
dini diversi: uno è caduco e difettoso, l'altro è eterno e perfetto. Sic-
come l'autore della lettera si interessa concretamente del problema
del culto, è normale che non approfondisca la questione dei rappor-
ti tra Abramo e Gesù nella storia della salvezza. Tale questione sarà
trattata in modo più approfondito nel Vangelo di Giovanni.

PRIMA CHE ABRAMO FOSSE, 10 SONO (GV 8,58) 12

Il Vangelo di Giovanni è probabilmente molto meno «irenico»


di quanto non appaia a prima vista. Esso contiene infatti alcune del-
le più violente polemiche di tutto il Nuovo Testamento contro il
mondo ebraico. È giocoforia constatare che nel quarto Vangelo il
dialogo tra ebraismo e cristianesimo è diventato impossibile.
Con ogni probabilità, il Vangelo di Giovanni si riferisce alla si-
tuazione tesissima seguita alla presa di Gerusalemme nel 70 d.C.,
quando le autorità ufficiali dell'ebraismo sono state obbligate a ride-
finire in modo molto stretto l'appartenenza al popolo eletto.13 Di-

12 KUSCHEL, Abraham, J 10-117.


13 KUSCHEL, Abraham, 110-111.
Abramo nel Nuovo Testamento 55

strutto il tempio, è l'osservanza della Legge a diventare il segno fon-


damentale dell'«identità ebraica». Su questo punto, la comunità gio-
vannea, che voleva dare più spazio alla persona di Gesù che alla Leg-
ge di Mosè, entra in conflitto con il mondo ebraico.
I.: opposizione fra i due gruppi appare chiaramente nel racconto
Jella guarigione del cieco nato, quando, nel corso della discussione
tra i farisei e il cieco, che chiede loro se vogliono diventare discepoli
di colui che lo ha guarito, i farisei replicano: « oi sappiamo che a
Mosè ha parlato Dio; ma costui [Gesù] non sappiamo di dove sia»
(Gv 9,29). Il risultato della discussione, per il cieco nato come per l'e-
sigua minoranza cristiana, era inevitabile: fu l'esclusione dalla «sina-
goga» (G v 9,22.34-35; 12,42; 16,2).
La polemica tra la comunità ebraica e la comunità cristiana do-
veva forzatamente risalire da Mosè ad Abramo, padre di Israele (Gv
8,39). È quanto avviene in Gv 8. La discussione si compone di tre
punti importanti.
In primo luogo, Gesù afferma che gli ebrei, i quali cercano di uc-
ciderlo, non sono figli di Abramo (8,39), e meno ancora figli di Dio
(8,41), ma figli del diavolo (8,44). Vaffermazionc è di una violenza
inaudita anche nel Nuovo Testamento. La sola circostanza attenuan-
te che si possa invocare per «giustificare» o almeno spiegare tale vio-
lenza è il fatto che la situazione è estremamente tesa: si tratta di una
questione di vita o di morte. Gli ebrei sono pronti ad attentare alla
vita di Gesù cd è probabile che la minoranza cristiana, per la quale il
quarto Vangelo è stato scritto, lottasse anch'essa per poter sopravvi-
vere, dopo essere stata isolata socialmente ed economicamente dal
mondo ebraico da cui era nata.
In secondo luogo, Gesù rovescia le prospettive. Non è lui che
deve rivolgersi verso Abramo per beneficiare dei privilegi accordati a
tutti i discendenti del patriarca, ma al contrario è Abramo che deve
rivolgersi verso Gesù perché è da lui che viene la salvezza: «Abramo,
vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e
se ne rallegrò» (8,56).
Il testo si riferisce al dialogo tra Dio e Abramo in Gen 17. Dio
promette ad Abramo, novantanovenne, che avrà un figlio da Sara,
novantenne (Gen 17,16). A questa notizia, Abramo «rise tra sé» se-
condo il testo di Gen 17,17. Questo riso, che esprime sorpresa e in-
56 Abramo e i suoi ospiti

credulità, è stato interpretato, invece, dalla tradizione ebraica poste-


riore come segno di autentica allegrezza. Gv 8,56 si riferisce a questa
tradizione. Per il quarto Vangelo, Abramo si è, dunque, rallegrato
per la nascita del figlio promesso da Dio. Per Gv 8,56, tuttavia, que-
sto figlio non è esattamente Isacco, ma Gesù. 14 Gesù è quindi il vero
«Isacco».
Il testo, inoltre, gioca sul verbo ebraico «ridere» la cui radice si
trova nel nome «Isacco».15 La «gioia» di Abramo proviene da un altro,
e questo altro non può essere, per il Vangelo di Giovanni, che Gesù
stesso. È dunque difficile dire che Abramo è più grande di G esù (cf.
8,53). Abramo stesso aspettava la venuta del Messia.
Infine, Gesù supera un ultimo decisivo gradino affermando che
egli preesiste ad Abramo: <<Prima che Abramo fosse, io sono» (8,58).
Vuole così dimostrare che egli è incontestabilmente superiore ad
Abramo (8,53). L'affermazione della preesistenza divina, che doveva
necessariamente offendere lo stretto monoteismo del mondo ebraico,
mette fine alla discussione: di fronte a chi è, per loro, manifestamen-
te blasfemo, gli ebrei raccolgono le pietre per lapidare Gesù (8,59).
L'affermazione della preesistenza si capisce meglio nel mondo
antico in generale, e nel mondo biblico in particolare, dove l'anterio-
rità temporale significa superiorità nell'ordine dei valori. 16 Se Gesù
preesiste ad Abramo, e da tutta l'eternità, gli è dunque infinitamente
superiore. Allo stesso modo, non c'è paragone possibile fra I' apparte-
nenza alla razza di Abramo e la fede in Gesù Cristo, soprattutto se si
ammette che lo stesso Abramo ha atteso la venuta di Gesù (8,56).
Il quarto Vangelo si spinge molto in avanti. Per rendersene con-
to, è sufficiente ricordarsi che il mondo ebraico ha fatto di Abramo
un precursore di Mosè. Il Dio che apparve a Mosè è il Dio di Abra-
mo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe (Es 3,6). Per il Vangelo di Gio-
vanni, le cose sono diverse: l'unica mediazione è quella di Gesù, ed
essa eclissa tutte le altre: «lo sono la porta» (Gv 10,9) e «nessuno vie-
ne al Padre se non per mezzo di me» (14,6).

14 Cf. anche Gal 3,16, testo per il quale la «discendenza» di Abramo è Cristo.
15 li nome Isacco significa infatti «ha riso», «Si è rallegrato».
t6 Cf. SKA, Introduzione, 236-243 .
Abramo nel Nuovo Testamento 57

Non bisogna stupirsi se, dopo tali dichiarazjoni, il dialogo di-


venta impossibile: «Perché parlo ancora con voi?» dice Gesù ai fari-
sei (8,25 ). Tuttavia, Abramo conserva, anche nel Vangelo di Giovan-
ni, un posto particolare. Gesù è un figlio di Abramo, è anche colui
che è stato il più atteso e colui la cui venuta ha provocato la più
grande gioia (8,56). La salvezza «viene dai giudei» come dice Gesù
stesso alla samaritana (4,22).17 Ma allora, la salvezza annunciata da
Gesù non può essere almeno prefigurata da Abramo? È l'ultima
questione che ci rimane da porre. La risposta ci verrà dalle lettere di
san Paolo.

PAOLO E LA SALVEZZA PER MEZZO DELLA FEDE18

Paolo, nella sua Lettera ai Galati e nella sua Lettera ai Romani,


vuole convincere i suoi interlocutori che il principio della salvezza è
la fede e non l'osservanza della Legge di Mosè. Come tutti gli autori
del mondo antico, si serve dell'argomento dell'anteriorità temporale
per dimostrare la sua resi. 19 Deve, dunque, dimostrare che, nell'eco-
nomia della salvezza, la fede precede la Legge.
Paolo sa, certamente, che nella storia di Israele la Legge di Mo-
sè non è presente fin dall'inizio, dal momento che i patriarchi prece-
dono Mosè nel tempo. Egli, però, si scontra con un'altra difficoltà:
nel mondo ebraico del suo tempo, Abramo è considerato un fedele
osservante della legge. Paolo decide quindi di dare una nuova inter-
pretazione della figura di Abramo: per lill, il patriarca non è il primo
fedele osservante della Jegge, ma il primo «credente». Per fare que-
sto, Paolo abbandona la tradizione ebraica per risalire alle «sorgen-
ti», cioè al testo biblico.
In effetti, il primo testo biblico che parla della fede è Gen 15 ,6,
testo che parla di Abramo dicendo che egli credette alla promessa di-
vina di una discendenza numerosa e che questa fede gli fu accredita-

17 Su questo testo spesso discusso, cf. K uSCHEL, Abraham, 112 e 116.


18 Su questo punto, cf., fra gli altri, J.-N. ALETTI, Comment Dieu est-il fuste?
Clés pour interpréter l' épftre aux Romains, Parigi 1991 .
l9 Vedi la nota 16.
58 Abramo e i suoi ospiti

ta come giustizia (Gal 3,6; Rm 4,3.9).20 Se la fede di Abramo è ante-


riore alla legge di Mosè, la fede è più importante della Legge: «Ecco
dunque il mio pensiero: un testamento in regola per prima cosa è sta-
to stabilito da Dio. La Legge, venuta quattrocentotrent'anni dopo,
non l'abroga, ciò che renderebbe vana la promessa» (Gal 3 ,17).
Il ragionamento è il seguente: Dio ha fatto una promessa incon-
dizionata ad Abramo (Gen 15,1-5), promessa alla quale Abramo ha
creduto (15,6). La Legge, che viene più di quattrocento anni dopo,
non può cambiare la natura di questa promessa di salvezza. Essa ri-
mane sempre valida. Se poi, essa è anteriore, è perciò molto più im-
portante. La salvezza viene dunque da una promessa unilaterale e
gratuita di Dio, promessa alla quale Abramo ha risposto con la fede,
e non a partire dalla Legge (Gal 3,18).
Nella Lettera ai Romani, Paolo risponde a un'altra possibile
obiezione: Abramo è il padre dei circoncisi. In che modo quindi la
salvezza può essere offerta agli incirconcisi e, nel caso ai pagani? Pao-
lo fa appello, cli nuovo, al testo biblico per uscire dal vicolo cieco
(Rm 4,1-25). Abramo è circonciso nel capitolo 17 del libro della Ge-
nesi (17 ,26), cioè dopo aver creduto alle promesse di Dio nel capito-
lo 15, versetto 6. La fede è anteriore alla circoncisione, quindi essa le
è superiore. Abramo è padre di tutti coloro che credono, prima di es-
sere padre dei circoncisi, cioè del popolo di Israele. Per la fede egli
può dunque essere padre dei circoncisi e degli incirconcisi (Rm 4,9-
12). In questo modo, Paolo reinterpreta nel suo fondamento la pa-
ternità di Abramo. Il patriarca è padre non primariamente «secondo
la carne» (Rm 4,1), ma prima di tutto per la fede.
Di conseguenza, Abramo diventa padre di tutte la nazioni che
aderiranno a Gesù Cristo per la fede. Per sostenere la sua tesi, Paolo
usa di nuovo due testi della Genesi. Il primo fa parte della «vocazio-
ne di Abramo»: «In te saranno benedette tutte le nazioni della terra»
(Gen 12,3 secondo il testo greco della Settanta; cf. Gal 3,8). Il se-
condo si trova nel lungo discorso che Dio rivolge ad Abramo e dove

20 Il testo ha suscitato numerose interpreLazioni. li suo senso più ovvio è il se·


guente: Abramo credette e questo atteggiamento l'ha giustificato agli occhi di Dio.
Abramo aveva fatto ciò che Dio si aspettava da lui.
Abramo nel Nuovo Testamento .59

si tratta anche della circoncisione. Dio cambia il nome del patriarca


da Abram in Abraham dicendo: «Ti renderò padre di una moltitudi-
ne di nazioni» (Gen 17 ,5; Rm 4, 17). Per Paolo, questa promessa si è
compiuta quando le nazioni pagane hanno creduto al vangelo di Ge-
sù Cristo.
In conclusione, Paolo risolve tutti i dilemmi del Nuovo Testa-
mento facendo di Abramo il «padre dei credenti>>. Abramo possiede
dunque una duplice paternità: in primo luogo, per la fede è padre dei
circoncisi e degli incirconcisi; poi secondo la carne è padre dcl po-
polo ebraico. Le due paternità, però, non si escludono. Ma la «pa-
ternità» secondo la fede precede la paternità secondo la carne, e la
prima è, di conseguenza, più importante.
Alcune parole della Lettera ai Galati riassumono questo pensie-
ro: «Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo.
Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è
più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. E se
appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi se-
condo la promessa» (3 ,27-29).

P erciò la fede in Gesù Cristo non dovrebbe più dividere. AJ


contrario, essa dovrebbe unire facendo cadere tutte le barriere: le
barriere religiose che separano ebrei e greci; le barriere sociali che
separano gli schiavi dagli uomini liberi; e le barriere se:;suali e cul-
turali che separano uomini e donne. Per la fede in Gesù Cristo, tut-
ti sono diventati figli e figlie di Abramo. Il paradosso ha voluto, tut-
tavia, che il messaggio di Paolo abbia avuto nel tempo l'effetto con-
trario. Invece di riconciliare ebrei e cristiani, ebrei e pagani, lungo i
secoli il suo messaggio li ha contrapposti. Per superare questa op-
posizione e re-instaurare il dialogo,21 non bisogna forse ripartire dal-
la figura di Abramo, come ha fatto lo stesso Paolo? È una delle do-
mande che rimangono aperte alla fine di questa ricerca, e non è la
più piccola.

21
Cf.]. MAGONET, Abraham - jesus - Mohammed. Interreligioser Dialog aus ju-
dlscher Pmpektive, Gutersloh 2000.
4

ABRAMO NEL CORANO


o
IL PROTOTIPO DEL «MUSULMANO»

La tradizione ebraica ha fatto di Abramo un precursore di Mosè


e il modello di tutti i pii ebrei che «trovano le loro delizie nella legge
del Signore e la meditano giorno e notte» (cf. Sal 1,2).1 Anche la tra-
dizione musulmana dipende largamente da questa tradizione ebraica.
Non bisogna stupirsene: storicamente e culturalmente, l'islam affon-
da le sue radici nel mondo biblico. Non mancano, tuttavia, le diffe-
renze, e conviene soffermarvisi un momento per percepire meglio I' o-
riginalità dell'islam in rapporto ai suoi precedessori.
Il punto di vista adottato in questa esposizione è, indubbiamen-
te, quello della storia delle religioni. Per la teologia islamica, tuttavia,
le cose sono molto diverse poiché, per essa, il Corano è parola di Dio
direttamente rivelata in lingua araba al profeta Maometto. Secondo
questa prospettiva, non può esistere dunque un problema di dipen-

1 Per una breve bibliografia sulla figura di Abramo nel Corano, si potrà con-
sultare Y MOUBARAC, Abraham dans le Coran. L:histoire d'Abraham dans le Coran et
la naissance de l'islam, Parigi 1958; D. MASSON, Monothéisme coranique et mo-
nothéisme biblique. Doctrines comparées, Parigi 1976 (su Abramo: pp. 350-371);
MARTIN-ACHARD, Actuolité, 161-175; KusCHEL, Abraham, 130-170; J.-L. D tCLAIS,
«La Bible racomée par !es premiers musulmans», in Nouvelle Revue Théologique
120(1998), 216-232; M. SFAR, Le Coran, la Bible et l'Orient ancien, Parigi 2 1998; J.
KALTNER, lshmaeL lnstructs Isaac. An lntroduction to the Qur'an /or Bible Readers (A
«Connections» Book), Collegeville, MN 1999, 87-131; E. PLATTI, Islam... étrange?,
Parigi 2000. Per un primo approccio, si potrà consultare R. PARET, «Ibrahim», in
Encyclopédie de l'Islam, nouvelle édition, IV, Lcida-Parigi 1971, 1004-1006; «Le Co-
ran et la Bible», in Le monde de la Bible, 115, novembre-dicembre 1998.
62 Abramo e i suoi ospiti

denze in rapporto alla Bibbia o alle tradizioni ebraiche e cristiane.


Per un musulmano, soltanto il Corano ci dice chi è il «profeta Abra-
mo», in modo autentico e definitivo. Vale la pena, tuttavia, confron-
tare i punti di vista; tale è l'intento di questo studio.

ABRAMO, ISACCO E ISMAELE NELLA BIBBIA

La tradizione musulmana si considera erede di Ismaele, il figlio


maggiore di Abramo, nato da Agar, la serva egiziana di Sara (cf. Gen
16,1 -16). La Bibbia, invece, asserisce che il figlio della promessa e
dell'alleanza è Isacco, il figlio di Sara (cf. Gen 17,19-21; 21,12). Tut-
tavia, è interessante vedere che già la tradizione biblica cerca di dare
uno spazio molto ampio a Ismaele e tenta di associarlo il più possi-
bile alle promesse.2 P er esempio, Ismaele, in quanto figlio legittimo,
nasce nella tenda di Abramo, nasce da un matrimonio concluso con
la debita forma, deciso da Sara stessa (16,2-3.15-16). È lo stesso
Abramo che dà il nome a Ismaele (16,15). Ismaele non può essere
certo considerato figlio cli una unione illegittima.
Anche Ismaele sarà circonciso contemporaneamente a suo padre
(17,26-27). Porta, dunque, il «segno» dell'alleanza 07,10-11 ), anche
se non ne è beneficiario (17,19). Certo, Ismaele non può ereditare
con Isacco (21,10) poiché Abramo dona tutti i suoi beni al figlio na-
to da Sara (25,5). Abramo, tuttavia, soffre nel separarsi da suo figlio
Ismaele al quale è affezionato (Gen 21,11). È Sara che vuole elimi-
nare un potenziale rivale del proprio figlio Isacco (21, 10) e Abramo
si decide unicamente dopo un intervento divino che gli ingiunge di
ottemperare alla richiesta di Sara. Dio, tuttavia - con parole che ri-
cordano la promessa fatta a proposito di Isacco (17 ,6) -, si affretta ad
aggiungere che Ismaele diventerà il capostipite di una numerosa na-
zione (21,13.18; cf. già 16,10; 17,20). Infine, Isacco e Ismaele si ri-
trovano insieme per seppellire il loro padre (25,9). Ciò vuol dire, se-
condo il linguaggio del tempo, che Ismaele rimane figlio legittimo di
Abramo. Non è stato ripudiato; ha soltanto dovuto lasciare a Isacco
il posto di erede della promessa.

2 Cf. KuSCHEL, Abraham, 130-136.


Abramo nel Corano 63

LA FIGURA BIBLICA DT AGAR

A guanto detto, bisogna aggiungere un'annotazione i.rnportante


a proposito di Agar, madre di Ismaele. 3 Ella è protagon ista in due
racconti che non possono fare altro che generare simpatia nei con-
fronti di questo personaggio (16,1 -16; 21,8-21). Agar è cacciata due
volte, due volte si ritrova sola con suo figlio nel deserto, e due volte
l'angelo del Signore (o l'angelo di Dio) le si manifesta per darle aiu-
to (16,7-12; 21,17-20). Questo angelo «sente» il grido di disperazio-
ne di Agar (16,12) o il grido di suo figlio che rischia di morire di se-
te nel deserto (21,17). I racconti giocano certamente sul significato
del nome Ismaele che significa «Dio ha ascoltato».
L'angelo del Signore è, del resto, l'unico personaggio che chiama
Agar col suo nome (16,8; 21,17), cosa di cui si guardano bene Sara e
lo stesso Abramo che non le rivolgono mai direttamente la parola e
parlano sempre della «serva». Infine, anche se può sorprendere, se-
condo 21,20, Dio stesso si prende cura di Ismaele. Il racconto biblico
si preoccupa - paradossalmente - prima della sorte di Agar che di
quella di Sara. Infatti, nei due racconti di cacciata (Gen 16,1-16 e
21 ,8-21), il narratore sceglie ogni volta di seguire Agar con suo figlio
nel deserto, per descrivere come la madre e il bambino sfuggono ai
p ericoli di questo luogo. Non descrive minimamente ciò che avviene
nella tenda di Abramo e di Sara dopo la conclusione brutale del con-
flitto. È un modo molto chiaro di mostrare che una volta stabilito chi
è l'erede della promessa, il narratore lascia libero corso alla sua sim-
patia e si preoccupa prima di tutto della sorte degli «espulsi».
A questo, bisogna aggiungere che Abramo non ha mai preso l'i-
niziativa di cacciare o di ripudiare suo figlio. La prima volta, Sara in-
terviene e costringe suo marito a renderle giustizia perché la sua ser-
va la dispre:tza. Abramo le lascia prendere in mano la situazione e Sa-
ra costringe Agar a fuggire (Gen 16,4-6). Nel secondo episodio, il
narratore dice esplicitamente che Abramo caccia malvolentieri Agar
e suo figlio (2 1,11) . Ismaele è, a tutti gli effetti, «suo figlio» e come

3 Su Agar, cf. fra gli altri A. W ÉNIN, «Sarai, Hagar et Abram», in RTL 32(2001),
24-54.
64 A bramo e i suoi ospiti

tale lo tratta. Dio deve intervenire personalmente per convincere il


patriarca ad ascoltare Sara (21, 12-13). Questi racconti mettono bene
in evidenza gli stretti legami che uniscono il patriarca a suo figlio
Ismaele, e sono altrettanto chiari a proposito del posto unico di Isac-
co nel piano di Dio.

ISMAELE E ISACCO NEI RACCONTI DELLA GENESI:


DUE FRATELLI NEMICI?

Infine, bisogna notare un dettaglio di particolare importanza per


il tema che stiamo trattando. Una delle principali fonti del Pentateu-
co è il racconto sacerdotale, scritto con tutta probabilità dopo l'esi-
lio, cioè subito dopo la caduta di Babilonia nel 538 a.C. e l'editto di
Ciro, re di Persia, che permetteva agli esiliati di ritornare a Gerusa-
lemme.4 Il racconto sacerdotale è molto interessato a indicare qual è
il «territorio» attribuito a Israele e si capisce che questa fu una delle
grandi preoccupazioni degli esiliati al tempo del ritorno. È per que-
sto che lo scritto registra accuratamente il fatto che Lot si sia separa-
to da Abramo per andare a stabilirsi nella valle del Giordano, vicino
a Sodoma (Gen 13,6.12.18). 5 Lo scritto indica la ragione di questa se-
parazione: la regione non offriva sufficienti pascoli per i numerosi
greggi dello zio e del nipote. Non potevano dunque risiedere insieme
(13,6) e decisero di separarsi (13,12.18).
Poco più di venti capitoli dopo, con gli stessi termini, viene de-
scritta un'altra separazione: quella di Esaù e di Giacobbe (36,6-8).
Come nel caso di Abramo e di Lot, il paese non basta per l'insedia-
mento comune di due famiglie. I due fratelli gemelli decidono, di
conseguenza, di separarsi pure loro.
Dopo aver letto i racconti riguardanti Ismaele e Isacco, il lettore
si aspetterebbe qualche espressione dello stesso genere sulla pacifica
separazione dei due fratellastri. I:attcsa però viene delusa. Il lettore

4 Sullo scritto sacerdotale, cf. SKA, Introduzione, 165-281.


5 Nel c. 13 della Genesi , solo quesù versetti sono attribuiti dalla critica alla fon-
te sacerdotale.
Abramo nel Corano 65

cercherà vanamente la minima allusione a una qualsiasi «separazio-


ne» di Ismaele e di Isacco. Lo scrittore sacerdotale non dice nulla ed
è, quindi, difficile sapere esattamente come interpretare questa
«omissione». Probabilmente la separazione non era più necessaria
perché era avvenuta molto prima che Isacco diventasse adulto. Lo
scritto sacerdotale che non parla di questo episodio potrebbe forse
supporlo. Oppure evita deliberatamente di parlarne?
I testi sacerdotali, d'altronde, assegnano chiaramente territori
differenti a Ismaele e a Isacco. Secondo Gen 25,11, Isacco si stabili-
sce infatti vicino al pozzo di Lacai-Roi (cf. 24,62). Il lettore può me-
ravigliarsi di trovare Isacco in questo luogo. Infatti è Agar che chia-
ma con questo nome il pozzo del deserto, presso il quale le è appar-
so l'angelo del Signore (Gen 16,13-14). Isacco si trova dunque ad
abitare un territorio fortissimamente segnato dalla presenza di
Ismaele e di sua madre Agar. Isacco ha forse fatto sloggiare Ismaele
dopo la sua «cacciata»? Veramente altri testi collocano Ismaele più a
sud, nel deserto di Paran (21,21, testo probabilmente tardivo) o mol-
to più vagamente vicino ad Avìla (una località sconosciuta) fra l'Egit-
to e l'Assiria (25,18: testo sacerdotale).
Fatto sta che i testi non parlano mai di rivalità o di conflitto tra
Ismaele e Isacco. 6 Questo tema è riservato alle loro rispettive madri,
Agar e Sara, ed esso non compare più dal momento in cui esse si so-
no separate. Si impone almeno una conclusione: Ismaele e Isacco
hanno potuto convivere nel Negheb, e hanno anche potuto avere
rapporti di buon vicinato. Perché allora questa simpatia neppure tan-
to velata per Agar e Ismaele, simpatia che domina i racconti malgra-
do la volontà esplicita di fare di Isacco l'unico erede della terra, del-
la promessa e dell'alleanza?
La spiegazione di questo fenomeno non è semplice. Probabil-
mente bisogna vedere in questo sforzo della Bibbia un tentativo di
creare, a partire dalle antiche genealogie, una serie di stretti legami
fra popoli vicini nati direttamente da Abramo. Tale tentativo risale

6 Su questo punto, cf. fra gli altri, TH. ROMER, «Isaac et ~smael, concurrents ou
cohéritiers de la promesse? Une lecture de Genèse 16», in Etudes Théologiques et
Religieuses 74(1999), 161-172.
66 Abramo e i suoi ospiti

molto probabilmente ali' epoca post-esilica, epoca della redazione


dello scritto sacerdotale, poi della redazione definitiva del Pencateu-
co.7 Forse lo scrittore sacerdotale cerca di favorire buone relazioni
con gli ismaeliti del deserto, che potrebbero benissimo essere i caro-
vanieri che fornivano l'incenso al tempio di Gerusalemme. Si sa che
l'incenso arrivava dal sud dell'Arabia. Questo commercio ha fatto
anche la fortuna dei nabatei, stabilitisi nel Negcv e di cui gli ismaeli-
ti potrebbero essere, forse, gli antenati biblici.
Questa lettura ci autorizza anche a dire che i racconti biblici non
cercano in alcun modo di rendere Agar e Ismaele antipatici. È vero
il contrario, e probabilmente è bene ricordarselo prima di iniziare la
lettura dcl Corano.

ABRAMO NEL CORAN08

Il nome di Abramo corre nel Corano sessantanove volte, ed è tra


i personaggi biblici più citati. Solo Mosè può fargli concorrenza.9 Il
Corano però non presenta alcun racconto completo comparabile a

7 È a questo periodo che risalgono anche diversi testi che cercano di stabilire
relazioni pacifiche tra i popoli vicini a Israele. È il caso, in particolare, di alcuni te-
sti su Esaù, che eliminano tutre le osLiliLà tra lui e Giacobbe. Cf. Gcn 28,1-9; 36,6-7.
Gen t6,10; 21 ,13 sono probabilmente tardivi. Gen 17 è un testo sacerdotale, quin-
di postesilico. Cf. anche A. DE PURY, «Abraham: the Pristly Wriler's "Ecumenical"
Ancestor», in Rethinking the Foundation. Historiography in the Ancient World and
the Bible. Essay in Honour o/ fohn van Seters (ed. S.L. MacKenzìe - Th. Romer)
(BZAW 294), Berlino-New York 2000, 163-294.
8 Su questo punto vedi gli auLOri citati alla nota 1. Cf. anche ].-C. BASSET,
«Ibrahim à la Mecque, prophète de l'islam», in Abraham, nouvelle jeunesse d'un
ancetre (éd. Th. Romer), Ginevra 1997, 79-92. Per la traduzione del Corano, cf. fra
gli altri R. BLACHÈRE, Le Coran. Traduction selon un essai de reclassement des soura-
tes (Islam d'hier et d'aujourd'hui 3-5), Parigi 1947-1949-1951; Le Coran, prefazione
di J. Grosjean; introduzione, traduzione e note di D. Masson (Bibliothèque de la
Pléiadc 124), Parigi 1967; The Holy Quran. Arc1bic Text and English Translation, Ro-
ma 1984 (pubblicazione d~ll'Tslamic European Cultura! Centre dì Roma); H. BOBZIN
(ed.), Der Koran in der Ubersetzung von friedrich Ruckert. Mit erkliirenden An-
merkungen von Wol/dietrich Fischer, Wiirzburg 1995; S.WTLD, The Qur'an as Text,
Tslamic philosophy, theology and science (Texts and Studies 27 ), Leida 1996.
9 Abramo è presente in 245 sure e Mosè in 502 sure (un po' più del doppio).
Cf. MOUBARAC, Abraham, 27-29.
Abramo nel Corano 67

quello di Genesi 12-25 e la figura di Abramo evolve molto da una


parte ali' altra dell' opera. 10 Per tracciare un ritratto «coranico» di
Abramo è dunque necessario raccogliere i dati sparsi datati in epo-
che diverse.
La tradizione coranica riprende un buon numero di elementi
della tradizione biblica e, ancora più, della tradizione ebraica poste-
riore, con una differenza però: lo fa con uno stile molto più sobrio.
Se, per la tradizione ebraica, Abramo anticipa Mosè e si pre-
senta come il modello del pio ebreo e fedele osservante della Legge
o come l'antenato degli ebrei di origine ellenistica sedotti dalla «sa-
pienza», nel Corano Abramo anticipa la missione di Maometto. Di-
venta anzi il vero prototipo della religione musulmana, chiamata «re-
ligione di Abramo» (millat Ibrahim). Questo aspetto appare soprat-
tutto in tre momenti della vita del patriarca: la sua scoperta del mo-
noteismo; il sacrificio di suo figlio; il suo soggiorno alla Mecca.

ABRAMO E IL MONOTEISMO

Per il Corano, Abramo è il primo a cui il monoteismo è stato ri-


velato. Su questo punto, il Corano è molto vicino alle tradizioni pre-
sentate nel libro dei Giubilei e nei midrashim. Abramo, nel Corano
come in queste tradizioni ebraiche, è scelto da Dio e cerca di con-
vertire la propria famiglia al culto del solo vero Dio. Tutti si oppon-
gono, anche suo padre (37 ,81-85; 19,41-45; cf. 26,69-104). Un gior-
no, Abramo decide di dimostrare che l'idolatria è ridicola. Distrug-
ge, quindi, tutte le statue dei falsi dèi, eccetto una, la più grande.
Quando la cosa viene scoperta, Abramo sostiene che è la statua più
grande ad aver distrutto tutte le altre. I suoi avversari sono costretti
ad ammettere che è impossibile interrogare la statua per sapere la ve-
rità. Abramo viene allora gettato in una fornace, ma Dio lo libera

io Bisogna almeno distinguere le surc del periodo de La Mecca (610-622) da


quelle del periodo di Medina (622-632), dopo l'egira del 622. Alcuni distinguono tre
fasi nel periodo de La Mecca (610-615; 615-619; 619-622). Su quesro punto, cf. Ku-
SCHEL, Abraham, 137-169; T. NAGEL, Geschichte der islamischen Theologie. Von
Mohammed bis zur Gegenwart, Monaco 1994.
68 Abramo e i suoi ospiti

(21,52-72; cf. 37,87-96). Dopo, il patriarca parte con Lot verso la ter-
ra santa (21,52-75; cf. 37,97). Nel Corano, questo viaggio prefigura
l'egira di Maometto, che dovrà lasciare la Mecca per Medina per le
stesse ragioni di Abramo: sono ambedue perseguitati dalla propria
gente a causa della loro fede monoteista.

IL SACRlFTCTO DEL FIGLIO E LA «SOTTOMISSIONE» DI A BRAMO

Il Corano commenterà anche un altro episodio biblico: il sacri-


ficio di Isacco. Abramo viene presentato come un modello di «sot-
tomissione», che è pure il significato della parola «islam». 11 L' episo-
dio coranico si allontana in più punti dal racconto biblico di Gen
22,1-19. Ad esempio, il patriarca vede in sogno che sta immolando
suo figlio. Avverte il figlio, il quale accetta subito di essere sacrifica-
to. Ambedue «si affidano [a Dio]» o «si sottomettono» alla volontà
divina e, per dimostrarlo, Abramo appoggia la fronte del figlio sulla
terra. È allora che Dio interviene per mettere fine alla prova
(3 7 ,100-108).
È interessante notare che il Corano, in questa come in altre su-
re, non chiama mai per nome il figlio che Abramo accetta di sacrifi-
care. I testi e i commentari più antichi hanno spesso identificato que-
sto figlio con Isacco, come avviene nella Bibbia. Più tardi, comun-
que, questo figlio verrà identificato con Ismaele. 12 Tuttavia, il fatto
che nel Corano il figlio non sia mai nominato è molto significativo. Il
testo coranico, in realtà, sottolinea la sottomissione del figlio e del pa-

11 Il verbo arabo aslama significa, p ropriamente, «rendere sano»; per scivola-

mento semantico, è giunto a significare «affidarsi [a Dio]»; «sottomettersi [a Dio]»;


l'infinito islam significa letteralmente «il fatto di affidarsi [a Dio]»; il participio atti-
vo muslim significa «colui che si affida [a D io]». La stessa radice araba si ritrova nel
verbo saLima «essere sano», «essere integro», il participio saLùn, «sano», «integro»,
e la parola sa!am, «pace». Questa radice è anche presente neUe parole ebraiche
shalom, «pace» e shalem, «sano», «integro», «completo». Secondo Y. MOUBARAC,
«Abraham en Islam», in Cahiers Sioniens 5(1951)1 1, 199 il verbo aslama (37,103} e
il participio muslim (51,36) compaiono per la prima volta nel Corano a proposito di
Abramo. ·
12 Cf. BASSET, «Ibrahim», 86-88; sulla figura di Ismaele nell'islam, cf. R. PARET,

«lsmli'il», in Encyclopédie de l'islam, JV, 193-194; R. D AGORN, Lo geste d Ismael


1
Abramo nel Corano 69

dre alla volontà divina e, diversamente dal testo biblico, non si inte-
ressa alla discendenza «carnale» del patriarca. L'atteggiamento di
sottomissione è più importante del nome del «figlio della promessa»,
perché i veri figli di Abramo sono esclusivamente coloro che segui-
ranno il suo esempio e quello del figlio anonimo.U Nel Corano, d'al-
tronde, Ismaele e Isacco sono sempre sullo stesso piano ed è inutile
cercarvi un parallelo con i racconti di Genesi 16, 17 e 21, dove Isa-
mele è chiaramente escluso a beneficio di Isacco.
Per la religione musulmana .l'episodio del «sacrificio» è fonda-
mentale. È commemorato con i sacrifici offerti dai fedeli durante il
pellegrinaggio a La Mecca, più esattamente a Mina, a circa otto chi-
lometri dalla città santa. 14 Questo «sacrificio» è il punto culminante
del pellegrinaggio e si tratta anche della più grande celebrazione del
calendario musulmano, 'id al-Adha, «giorno della festa», quando una
folla immensa invade questi luoghi per offrirvi il sacrificio promes-
so.15 Nella stessa data, un po' dappertutto nel mondo musulmano
vengono sacrificati numerosi montoni. 16 ·
La festa viene celebrata in tutto l'Islam nella stessa data con di-
verse cerimonie e molto spesso con un sacrificio. Presso i drusi, in-
vece, questo sacrificio commemora quello di Caino e di Abele (cf.
Gen 4,3-4).

d'après l'onomastique et la tradition arabes, Parigi-Ginevra 1981: cf. anche l'articolo


su Isacco di W MONTGOMERY WATI, «Isba~», in Encyclopédie de L'Islam, IV, 114-
115. La polemica sull'identità del «figlio sacrificato» fu più accesa tra gli arabi e i
persiani che fra i musulmani e gli ebrei. G li arabi affermavano che si trattava di
Ismaele, mentre i persiani erano favorevoli a Isacco e ciò per dimostrare la loro su-
periorità sugli arabi. D'altronde, Ismaele è identificato come figlio di Abramo uni-
camente nelle sure del periodo di Medina. In qudJe del periodo de La Mecca, non
si nomina Abramo nei testi che parlano di Ismaele (19,54-55; 38,48; 21,85; 6,86); cf.
PAREI, «lbrah-m», 1005.
13 Cf. KALTNER, Ishmael, 124.
14
Cf. f BUHL, «Mina», in Encydopédze de l'Islam, VII, 65-66.
15 Come è facile immaginare, quest'affluenza causa molti problemi di organiz-
zazione. Le autorità locali hanno perciò preso misure per fronteggiarli.
16
Da cui, in alcune regioni, il nome popolare di «festa del montone». A pro-
posito di questo sacrificio, cf. F. MANNS, (ed.), The Sacri/ice o/lsaac in the Three Mo-
notheistic Religions. Proceedings o/ a Symposium on the Interpretation o/ Scriptures
held in Jerusalem, March 16-17, 1995 (SBSA n. 41, Gerusalemme 1995. Sulla festa
musulmana, cf. E. MITIWOCH, «'Id al-adba», in En0iclopédie de l'Islam, III, 1033.
70 A bramo e i suoi ospiti

L'islam, che è piuttosto riservato nei confronti dei sacrifici


cruenti, ha forse conservato una pratica pre-islamica, con immola-
zione di animali, perché ha collegato la celebrazione al ricordo di
Abramo che «riscattò [suo figlio] con un grande sacrificio» (Corano
11,107). 17 La giustificazione del rito deriva dunque dal legame con il
patriarca e ciò non fa che sottolinearne il suo prestigio nella religio-
ne musulmana.
Sempre a proposito del sacrificio di Abramo, esiste un parallelo tra
la vira del patriarca e quella di Maometto che merita di essere ricorda-
to. Il profeta aveva un figlio di nome Ibrahim, che morì molto giova-
ne. l8 Maometto ha quindi vissuto un dramma simile a quello del pa-
triarca e questo nop ha fatto che accentuare la tendenza ad avvicinarli.

ABRAMO E I SMAELE A LA M ECCA

Il terzo aspetto della vita di Abramo nel Corano è nuovo in rap-


porto alle tradizioni precedenti. Infatti, il Corano fa soggiornare
Abramo e suo figlio Ismaele a La Mecca. Qui è Dio stesso che inca-
rica Abramo di costruirvi, insieme con suo figlio Ismaele, la Ka'ba,
per farne un luogo di pellegrinaggio. 19 Abramo è anche proposto co-
me esempio da imitare (2,124-140; 3,95-97; 22,26-29).

t7 CL E. PLATII, «Le sacrifice en islam», in Le sacnfice dans les religions (ed. M.


Neusch), Parigi 1994, 157-174, che stabilisce il legame tra il sacrificio del pellegri-
naggio a La Mecca e la figura di Abramo.
!8 Questo non fa che sottolineare l'importanza di Abramo per Maometto e per
il Corano. La madre di Ibrahim era una concubina di Maometto, di origine copta e
dunque cristiana, che si chiamava Maria e alla quale era molto affezionato. Secondo
una tradizione, quando il bambino morì si verificò un'eclissi di sole. Se questa tra-
dizione è esatta, Ibrahim morì il 27 gennaio del 632, poco prima dello stesso profe-
ta, deceduto 1'8 giugno del 632. Su questo punto, cf. F. BuHL, «Mariya», in Ency-
clopédie de l'Islam, VI, 560-561.
!9 È interessante sotrolineare che la tradizione biblica fa di Abramo l'iniziatore
del culto a Gerusalemme. Il «sacrificio di Isacco» (Geo 22,1-19) awiene nel paese
di Moria (22,2). luogo che 2Cr 3,1 identifica con la collina sulla quale verrà costrui-
to il tempio di Gerusalemme. TI legame con Gerusalemme è suggerito anche dalla
nota eziologica di Gen 22,14, che dice: «Sulla montagna del Signore [il Signore] si
fa vedere». Questa montagna dove il Signore (YHWH) «si fa vedere» era, già per
Ibn Ezra, il monte Sion sul quale Salomone doveva costruire il tempio.
Abramo nel Corano 71

Secondo le tradizioni più tardive, Abramo avrebbe accompa-


gnato Agar e Ismaele fino a L.a Mecca quando Sara chiese di allonta-
narli da Isacco (cf. Gen 21,8-21). Per qualche tempo avrebbe sog-
giornato con loro nella città, poi sarebbe ritornato a casa per adem-
piere ai suoi doveri di padre di famiglia. Sarebbe, però, ritornato più
volte a visitare Agar e Ismaele. Secondo queste tradizioni più recen-
ti, la rivalità tra Ismaele e Isacco è ridotta al minimo. Non ci sono
esclusione né rottura nel proprio senso della parola.20
Già nel Corano, i due figli sono trattati perlopiù su uno stesso
piano di eguaglianza, e ciò è dovuto in gran parte al fatto che il Co-
rano non conosce il concetto di «terra promessa» o di «popolo elet-
to» distinto dalle altre «nazioni». La vera distinzione, per l'islam, è
quella che separa i credenti dai non credenti o infedeli.
Il passaggio di Abramo a La Mecca è commemorato con un luo-
go di preghiera situato a una ventina di cubiti dalla Ka'ba, il maqam
Ibra-him o «stazione di Abramo», cioè il luogo in cui è rimasto in pie-
di (Corano 2,125). I pellegrini si raccolgono presso una pietra sulla
quale sono visibili, secondo la tradizione, le impronte dei piedi del
patriarca. Le impronte talvolta sono chiamate «il segno del murato-
re», perché, secondo un'antica tradizione, questa pietra ha avuto una
funzione miracolosa durante l'edificazione della Ka 'ba. Quando i
muri raggiunsero una certa altezza, Abramo stette in piedi su questa
pietra che si alzava e si abbassava miracolosamente affinché Ismaele
potesse passare a suo padre i materiali di costruzione. Secondo altre
tradizioni, il miracolo avvenne quando la sposa di Ismaele, in questo
posto, lavò la testa a suo suocero. Infine, per una terza tradizione il
prodigio si compì nel momento in cui Abramo, stando su questa pie-
tra, chiamò i fedeli a venire in pellegrinaggio a La Mecca. 21 In ogni
caso il significato è chiaro per il Corano, come per le tradizioni suc-
cessive: il pellegrinaggio a La Mecca non è un'iniziativa del profeta
Maometto.

20 Abbiamo visto che i testi sacerdotali della Genesi avevano, anch'essi, sop-
p resso tutti i riferimenti all'antagonismo tra il figlio di Sara e il figlio di Agar. Nel-
l'universo pacifico dello scrittore sacerdotale, i due figli possono stare vicini senza
suscitare gelosia. Cf. l'articolo di A. de Pu ry citato alla nota 7.
21 Cf. MJ KlSTER, «makam Ibrahim», in Encyclopédie de l'Islam, VI, 102-105.
72 Abramo e i suoi ospiti

ABMMO E LA VISITA DEI MESSAGGERI DI DI022

C'è un testo del Corano che è opportuno citare interamente e


confrontarlo col suo parallelo biblico per potersi familiarizzare in-
nanzitutto con il suo stile. Si tratta del testo imparentato con i capi-
toli 18 e 19 del libro della G enesi, che raccontano tre episodi: l'ap-
parizione di Dio ad Abramo alle querce di Mamre e l'annuncio del-
la nascita di Isacco (18,1-15), l'intercessione di Abramo in favore di
Sodoma (18,16-33 ), la storia di Lot e della distruzione di Sodoma
(19,1-29). Nel Corano il testo è più breve (11,69-82): 23

69 I nostri messaggeri portarono la buona notizia ad Abramo. Dis-


sero: «Pace!». Egli rispose: «Pace!» e non tardò a portare un vitel-
lo arrostito. 70 Ma quando vide che essi non tendevano le mani ver-
so questo cibo,24 diventò diffidente nei loro confronti ed ebbe pau-
ra davanti a loro. «Non temere!» gli dissero. «Siamo mandati al po-
polo di Lot». 25 71 La donna [di Abramo, Sara], rise, in piedi, men-
tre loro erano seduti, quando le abbiamo annunciato [la nascita d']

22 Su questo punto particolare, cf. K.ALTNER, Ishmael, 92-106, che ha molto


ispirato le pagine che seguono.
23 Per la traduzione, cf. fra gli altri KALTNER, Ishmael, 9.3. Abbiamo ripreso e
leggermente modificato per maggiore chiarezza la traduzione di BLACHl~Rli, Coran,
2, 444-446.
24 Secondo Gen 18,8, gli ospiti mangiano il pasto preparato da Abramo e Sara.
Ma già i rabbini, a questo riguardo, avevano dei dubbi, poiché secondo il testo at-
tuale, il Signore stesso è uno dei tre ospiti. Per alcuni commentari antichi, «fecero
finta di mangiare». Cf., fra gli altri, Genesi Rabba 48,14, il trattato Baba Me~i'a, 86,
i Targum, Giuseppe Flavio e Rashi. L'angelo del Signore che appare a Manoach e al-
la sua sposa rifiuta di mangiare (Gdc 1.3,16). In Gen 18,8, gli ospiti sono presentati
ora come semplici esseri umani, ora come messaggeri che accompagnano il Signore
YHWH stesso, così come il testo passa più volte dal singolare al plurale. Tale ambi-
valenza del racconto biblico è stata rilevata da moltissimi commentatori. Vedere il
capitolo su Gen 18 in questo volume. Nel Corano, gli emissari rifiutano di mangia-
re perché vengono ad annunciare la distruzione di Sodoma.
25 Nel Corano «il popolo di Lot» o «le genti di Lot» sono i cittadini deUa città
in cui egli risiede e che invano tenterà di convertire. Appare dunque come un au-
toctono. Da l 1,76, sembra però che il popolo di Lot sia anche quello di Abramo.
Nella Bibbia, Lot è presentato invece come uno straniero (cf. Gen 19,9). Anche Giu-
seppe Flavio, come abbiamo visto prima, lega dall'inizio la scena dell'ospitalirà of-
ferta da Abramo a quella della distruzione di Sodoma.
Abramo nel Corano 73

Isacco e, dopo Isacco, di Giacobbe. 26 «Me infelice!» gridò lei.


«Partorirò ora che sono una vecchia sterile e che mio marito è un
vecchio? In verità, è certamente una cosa sorprendente!>>,. 73 «Non
stupirti dell'Ordine di Allah!», le risposero. «Che la misericordia e
le benedizioni di Allah siano su di voi, o abitanti di questa casa!
Questa sarà degna di lode e nobile». 74 Quando Abramo non eb-
be più paura ed ebbe ricevuto la buona notizia, si mise a parlare
con Noi riguardo al popolo di Lot.27 75 In verità, Abramo era sen-
za dubbio longanime, umile e pentito. 76 [Gli fu risposto]: «Abra-
mo! Fermati! L'Ordine del tuo Signore è stato dato e un castigo im-
possibile da evitare sta per colpire il tuo popolo». 77 Quando i No-
stri messaggeri arrivarono da Lot, egli fu colpito a causa loro ed egli
non sapeva come proteggerli. «Ecco un giorno temibile», disse. 78
Il suo popolo che, da lungo tempo, si comportava male, si affrettò
a venire a trovarlo.28 Disse [loro]: «Popolo mio! ecco le mie figlie:
sono pure per voi. Temete Allah, non mi disonorate [toccando i ]
miei ospiti. Non c'è tra voi un [solo] uomo giusto?». 79 «Certo, tu
sai che non abbiamo alcun diritto su1le tue figlie», gli risposero,
«ma sai bene ciò che vogliamo». 80 «Ah! Se fossi in posizione di
forza contro di voi!», replicò Lot. «Ah! se potessi trovare rifugio
presso un sostegno potente!». 81 «Lot», dissero [allora i Suoi Ospi-
ti],« noi siamo i messaggeri del tuo Signore. Essi non potranno toc-
carti. Parti con la tua famiglia, alla fine della notte, e nessuno tra voi
si volti, salvo la tua donna che sarà colpita dal [flagello] che colpirà
[questi empi]. Ciò che li minaccia si realizzerà all'alba. L'alba non
è imminente?». 82 Quando il momento dell'esecuzione del Nostro
Ordine è giunto, abbiamo messo [queste città] sottosopra e abbia-
mo fatto piovere [su di esse] blocchi di argilla dura.

26 Secondo questa sura, sembra che Giacobbe sia un fratello minore di Isacco.
Si tratta delle sure del periodo de La Mecca. Cf. 19,49; 21,72; 29,27; 6,84; 11,71; cf.
38,45-47; 12,6.38. Giacobbe diventa il nipote di Abramo, come nella genealogia bi-
blica, nelle sure del periodo di Medina (2,132-133; 2,136 =3,84; 2,140; 6,163). Cf.
PARET, «Ibrahim», 1005.
27
Cf. l'intercessione di Abramo in favore di Sodoma in Geo 18,16-33.
28 Volevano abusare degli ospiti di Lot. Cf. Geo 19 ,4-5, in cui gli abitanti di So-
doma sono più espliciti: «Dove sono gli uomini che sono entrati da te questa notte?
Falli uscire perché possiamo conoscerli». Il verbo «conoscere» in questo contesto ha
una evidente connotazione sessuale.
74 Abramo e i suoi ospiti

Il testo del Corano è vicino a quello della Bibbia in diversi pun-


ti. Ad esempio, è identica o quasi la trama e i racconti, talvolta, coin-
cidono nei dettagli. Il lettore della Bibbia ritrova nel Corano fra l'al-
tro il vitello grasso offerto agli ospiti, il riso di Sara, l'interc·essione di
Abramo, il fatto che Lor offre le proprie figlie agli uomini della città
che vogliono abusare degli ospiti, la protezione concessa a Lot dai
suoi ospiti e l'allusione alla sorte della moglie di Lot trasformata in
«statua di sale» o «colonna di sale» (Gen 19,26).
Se le somiglianze sono innegabili, le differenze fra i due testi non
sono anch'esse meno evidenti. Almeno tre meritano di essere prese
in considerazione: nel Corano, Dio non appare mai sulla scena, men-
tre ciò avviene nei racconti biblici; il Corano concede ai personaggi
meno spazio psicologico ed essi sono prima di tutto strumenti della
volontà divina; il racconto coranico è più sobrio e più lineare perché
introduce immediatamente il duplice tema del castigo «del popolo di
Lot» e la benedizione per la casa di Abramo.
La prima differenza è già significativa. Il testo biblico, nella sua for-
ma attuale, suggerisce sempre più chiaramente che uno dei tre ospiti di
Abramo era il Signore stesso. Un solo particolare, fra gli altri, basterà a
dimostrarlo. Secondo Gen 18,3 tre uomini si presentano davanti alla
tenda del patriarca e vengono accolti regalmente. Dopo il pasto e la
conversazione che segue, Abramo accompagna i suoi ospiti, che si diri-
gono verso Sodoma (18,6). Ma, il testo dice esplicitamente che YHWH
(il Signore) rimane con Abramo mentre gli altri due visitatori conti-
nuano il loro viaggio verso Sodoma (18,22). Infine, per eliminare ogni
ambiguità, Gen 19,1 assicura il lettore che due angeli incontrano Lot al
loro arrivo a Sodoma. Il terzo personaggio non può, dunque, che esse-
re il Signore rimasto con Abramo durante tutta la scena dell'interces-
sione in favore di Sodoma (18,23 -33), prima di «andarsene» (18,33).
Il racconto biblico ha voluto conciliare almeno due cose. Da una
parte, ha voluto che l'annuncio della nascita di Isacco venga dalla boc-
ca di Dio stesso e non da un semplice personaggio umano. Dail' altra
parte, bisogna evitare che Dio si trovi a Sodoma quando gli abitanti del-
la città bussano alla porta di Lot per fare la richiesta che conosciamo.29

29L'ambiguità rutta via ritorna in Gen 19 nei vv. 17-22 dove sembra che im-
provvisamente Lot abbia a che fare con un solo personaggio, se si fa eccezione per
Abramo nel Corano 75

Nel Corano, invece, è chiaro già dall'inizio e lungo il racconto


che Dio ha inviato i suoi emissari ad Abramo e a Lot. La trascen-
denza di Dio è affermata nettamente e non può esserci coµfusione di
piani tra il mondo divino e il mondo umano.
Nel racconto coranico, la presenza di Dio si fa sentire soltanto
due volte e ogni volta appare il «noi maiestatico». Innanzitutto, è dal-
lo stesso Allah che viene 1' annuncio della nascita di Isacco e poi di
Giacobbe (11,71). Tramite gli inviati? Questo è certamente suggeri-
to, ma non detto esplicitamente. Come nella Bibbia, ciò che impor-
tava era sottolineare l'origine divina di tale annuncio. Per questa ra-
gione Sara non ha alcun motivo di ridere. In secondo luogo, Abramo
discute con Allah della sorte della gente di Lot (11,74). Il Corano qui
è di nuovo molto vicino al racconto biblico (Gen 18,23-.3.3); ma lascia
di nuovo supporre che Abramo abbia in realtà discusso con glì in-
viati, i quali gli avrebbero lasciato intendere dall'inizio della loro vi-
sita qual era il senso della loro missione (11,70)? È molto probabile,
perché la replica di 11,76 si capisce meglio se viene dalla loro bocca.
Il testo parla infatti dell' «Ordine di Allah» e non del «nostro Ordi-
ne». Il Corano suggerisce con ciò che discutere con gli inviati di Dio
significa discutere con Dio stesso e comporta il rischio di rimettere in
questione i suoi ordini irrevocabili. La sura, d'altra parte, sottolinea
subito che non è questo il caso: Abramo è infatti «dolce, umile e pen-
tito» (11,75), tutte qualità indispensabili al momento in cui la volontà
divina, qualunque essa sia, è comunicata all'umanità. Dio si rende
dunque più presente, ma meno per farsi vicino che per accentuare
l'autorità unica della sua parola.

l'inizio del v. 18 («Lot disse loro ... »). La ragione di questa particolarità del testo non
è chiara e gli specialisti hanno dato diverse soluzioni discordanti. La storia del testo
è certamente complessa e il passo potrebbe conservare il ricordo di una particolare
tradizione legata alJa città di Zoar di cui spiega l'origine del nome (l 9,22b). Tutta-
via, allo stato attuale delle cose sembra che la ragione sia di ordine teologico. Infat-
ti, in questi versetti si tratta, chiaramente, del «giudizio)): Lot viene salvato assieme
a suoi {v. 18) e il personaggio con il quale parla promette di non distruggere la città
dove Lor vuole rifugiarsi. Al v. 24, YHWH è di nuovo il soggetto della frase: è lui
che distrugge Sodoma e Gomorra. Il testo, molto probabilmente, suppone che il po-
tere di distruggere e di far vivere appartenga soltanto a Dio e questo potrebbe spie-
gare il ritorno al singolare nei vv. 17 -22.
76 Abramo e i suoi ospiti

Il posto preponderante che occupa la divinità nel Corano è pro-


babilmente anche la ragione per cui i personaggi umani dispongono
di meno spazio per esprimersi.3° È la seconda differenza che vorrem-
mo sottolineare. Nella pagina che analizziamo, l'espressione «Ordine
divino» è ripetuto tre volte in poche righe (11,73.76.82). La buona no-
tizia della nascita di un figlio più che un annuncio, è un ordine che Dio
impartisce nella sua misericordia e al quale bisogna sottomettersi in
tutta umiltà (11,73). La decisione di distruggere Sodoma è anch'essa
un «ordine» senza appello e che, di conseguenza, non può essere di-
scusso (11 ,74-76). Come il lettore poteva aspettarsi, la distruzione av-
viene come era stato predetto: l'ordine divino è eseguito (11,82).

Questa tendenza parti'colare del Corano permette di capire per-


ché tanti aspetti del testo biblico non hanno un equivalente nel libro
sacro dei musulmani. La scena dell'ospitalità (Gen 18,1 -8) non ha
più ragion d'essere, dal momento che la priorità è data alla parola di-
vina. Nel Corano, il vitello arrostito appare senza preparazione alcu-
na perché è necessario prima di tutto dimostrare che Abramo sa co-
sa deve fare e non tergiversa prima di agire: risponde al loro saluto e
porta senza indugio il pasto scelto (11,69). Che la preparazione abbia
potuto durare una o due ore è, in questo contesto, del tutto margi-
nale. Tutto è detto in poche parole perché gli inviati di Allah non
possono aspettare.
Anche la scena dell'annuncio della nascita è stilizzata (d. Gen
18,9-15). Non esiste una vera conversazione riguardo al riso di Sara.
Una questione retorica che contiene un velato rimprovero, una con-
ferma della promessa e si può passare al tema seguente (11,71-73).
L'ordine divino non ammette replica; sarebbe fuori luogo introdurre
a questo punto un vero dialogo.
È già apparso chiaramente che l'intercessione di Abramo è ri-
dotta a una semplice menzione (11, 74). La sottomissione del patriar-
ca è immediata quando i messaggeri gli ordinano di non insistere. La
narrazione taglia corto su questo punto e passa senza transizione al-

JO Cf. KAi:rNER, lshmael, 94-95.


Abramo nel Corano 77

l'episodio seguente che si svolge presso Lor. D'altronde questa sot-


tomissione del patriarca è preparata dalla descrizione del carattere di
Abramo (11,75) che lo predispone ad agire come è suo d~)Vere.
Anche il racconto della visita a Sodoma è del tutto caratteristico
di questa stessa volontà di accentuare la forza della parola divina e il
dominio che essa esercita sull'universo. Una breve comparazione con
il testo biblico di Gen 19,1-29 fa risaltare alcune differenze fonda-
mentali. Anzitutto, il Corano non parla del pasto che Lot offre ai suoi
ospiti al loro arrivo. Il solo momento un po' sviluppato di questa nar-
razione è il breve dialogo tra Lot e gli abitanti della città (11,78-80).
Ma non si trova alcuna traccia delle esitazioni di Lot e della sua fa-
miglia al momento della partenza. Nel racconto biblico, invece, gli
inviati di Dio fanno molta fatica a persuadere Lot affinché lasci la
città condannata. I futuri generi di Lot credono anche che si tratti di
uno scherzo e moriranno per non aver preso sul serio le ingiunzioni
degli ospiti (Gen 19,14). 31 All'aurora, Lot esita a partire e i visitatori
devono letteralmente trascinarlo e obbligarlo a uscire dalla città, con
sua moglie e le sue figlie. Mentre escono, Lot trova ancora il tempo
di perorare per poter fuggire in una città vicina, cosa che gli viene fi-
nalmente concessa (Gen 19,17-22).
Confrontata al testo biblico, la sura del Corano è molto più so-
bria e più «essenziale». Lot si rende immediatamente conto che le co-
se si mettono male: «Ecco un giorno temibile!» (11, 77), dice acco-
gliendo gli inviati di Dio, perché non sa come potrà proteggerli. Dà
l'impressione che egli abbia il presentimento di ciò che il lettore co-
nosce in parte dopo 11,70 e molto chiaramente dopo 11,76. 32 Il dia-
logo con la gente del luogo non si conclude, come in Gen 19, 11, con
una sorta di miracolo. I sodomiti sono colpiti dal bagliore e non pos-
sono forzare la porta della casa di Lor. Nel Corano, il testo è di una
brevità sorprendente. Il racconto passa dalla richiesta di aiuto di Lot
alla risposta immediata dei messaggeri che annunciano il castigo del-
la città e, subito dopo, alla distruzione della città. I messaggeri nota-

31 Questo passo prepara inoltre iJ racconto di Gen 19,30-38. ~incesto di Loc e


delle sue figlie si capisce solo se i futuri generi sono scomparsi dalla scena.
n Sul personaggio Lot, cf. KALTNER, Ishmael, 99-101.
78 Abramo e i suoi ospiti

no da sé che è già mattino, ciò di cui nessuno si era accorro, e il let-


tore ancora meno di Lot (11,82). Tutto, perfino il ritmo della narra-
zione, concorre a precipitare gli avvenimenti verso la fine tragica del
«popolo di Lot».
Sempre a proposito della psicologia dei personaggi, bisogna ag-
giungere che, nella Bibbia, anche il personaggio divino conosce un
conflitto interiore. In realtà , il Dio di Gen 18,17-21 non sa se deve o
no rivelare il suo disegno ad Abramo. Inoltre, scende a Sodoma per
assicurarsi che i fatti di cui è venuto a conoscenza siano veramente
reali, come un giudice fa un sopralluogo dove è avvenuto un crimine
prima di emettere il proprio giudizio. Gli mancano, quindi, alcuni
elementi per «sapere» (Gen 18,21). Nulla di tutto ciò traspare nella
narrazione che ci dà il Corano. La sorte del popolo di Lot è inelutta-
bile già dall'inizio ed è proprio questo ciò che gli emissari sono ve-
nuti ad annunciare.
Persino il tema della moglie di Lot prende un altro significato
nel racconto coranico. Infatti ella diventa, suo malgrado, il segno del
castigo che sta per abbattersi sui colpevoli. Non si tratta della sua di-
sobbedienza, come nel racconto biblico (Gen 19,26). La sposa di Lot
è piuttosto uno strumento nelle mani di Dio onnipotente al quale
nulla e nessuno può opporsi. 33
Infine, terza e ultima caratteristica del nostro racconto coranico:
è più unificato di quello della Bibbia. Poche osservazioni basteranno
a dimostrarlo. Questo racconto, in realtà, fa conoscere già dalle prime
frasi la missione finale degli «emissari»: fa già allusione alla sorte del-
la gente di Lot in 11,70, quando gli ospiti rifiutano di toccare il pasto
presentato loro da Abramo. Gli emissari sono dunque venuti non sol-
tanto per annunciare una nascita, ma anche, e già dall'inizio, per pu-
nire «il popolo di Lot». Nella Bibbia, invece, è solo più tardi, dopo la
visita, che Dio menziona per la prima volta Sodoma (Gen 18,17-21).
Per questa ragione, gli episodi abbastanza contrastati di Gen
18- 19 sono diventanti un'unica narrazione in cui il lettore respira la
medesima atmosfera. Nella Bibbia, Gen 18,1-15 è un racconto in cui
domina l'ironia, poi prende il sopravvento la tonalità tragica quando

H Cf. KAl:rNER, Ishmael, 98.


Abramo nel Corano 79

Dio menziona la sorte futura di Sodoma.34 Nel Corano, invece, le co-


se sono chiare già dalla partenza. La «paura» e lo «spavento» di fron-
te al sacro attraversa, del resto, un racconto che lascia pocQ spazio al-
l'ironia e ancora meno alla disinvoltura. Abramo è preda della paura
quando i suoi ospiti rifiutano di mangiare (11,70). Il riso di Sara è
presto interrotto e la conversazione passa subito a un tono più grave
(11,71-73). La paura abbandona Abramo per poco tempo, poiché
viene messo rapidamente al corrente della sorte inevitabile che sta
per colpire la gente di Lot (11,76). Lor è turbato quando arrivano i
visitatori perché non sa come proteggerli (11 ,77). Il racconto nel suo
insieme è abitato da un timore reverenziale ed è certamente questo il
sentimento che vuole inculcare ai suoi lettori.
Dopo questo confronto, è probabilmente normale esprimere un
giudizio sulle due versioni degli stessi awenimenti. Ma non è meglio
astenersene? Si deve necessariamente preferire un capolavoro a un
altro? Ognuno può fare la propria scelta e preferire il racconto colo-
rato e cangiante della Genesi o la impressionante maestosità del di-
segno proposto dal Corano. Ci sarà chi ha più affinità con il Dio del-
la Genesi e iJ suo modo discreto e familiare di intervenire nella storia
dei suoi eletti. Altri saranno affascinati dal Dio del Corano, per il mi-
stero che lo circonda, per la potenza tranquilla della sua parola e il
sentimento profondo di rispetto che ispira. In fin dei conti, è essen-
ziale poter apprezzare ogni racconto in funzione delle norme e delle
convemdoni che in esso sono riflesse, e non secondo criteri importa-
ti dall'esterno. Ciò vale certamente non solo per lo stile dei libri sa-
cri, ma anche per il loro contenuto.
Dopo queste poche riflessioni sulla forma dei racconti su Abra-
mo nella Bibbia e nel Corano, è giunto il momento di concludere in-
terrogandoci sul ruolo che viene assegnato ad Abramo nella religio-
ne musulmana.

34 Il contrasto tra Gen 18,1 -15 che ha per cornice Lemporale il mezzogiorno
(18,1) e Gen 19,1-29 che inizia con la sera (19,1), continua durante la notte e termi-
na di mattino (19,15.23), è stato spesso sottolineato dai commentari. Si vedano inol-
tre ].B. GOITLIEB, «Lighr and Darkness in Perpetua} Round: Genesis 18 and 19», in
On the Path to Knowledge. Essay in Jewish Culture, Fesrschrift Abraham Mirsky,
Lod 1986, 181-198; P. LETELLIER, Day in Mamre, Night in Sodom. Abraham and Lot
in Genesis 18 and 19 (Biblical Tnterpretation Series 10), Leida 1995.
80 Abramo e i suoi ospiti

ABRAMO, IL PRECURSORE DELLA RELIGIONE MUSULMANAJ5

Se si vuole mettere in evidenza un aspetto principale del ritratto


di Abramo nel Corano, bisogna dire che esso presenta il patriarca an-
zitutto come il primo fedele della religione musulmana (3,65-77: pe-
riodo di Medina). In questo mqdo1 la figura del patriarca permette a
Maometto di rimanere al di fu?ri delle dispute che dividono ebrei e
cristiani: egli si rifà direttamentlp ad Abramo, che è anteriore a Mosè
e alla torti (la legge), come è anteriore a Gesù e al Vangelo: «0 gente
dcl libro, perché litigate riguarq.o ad Abramo, quando la torti e il van -
gelo sono stati rivelati dopo di lui?» (3,65). Secondo un principio ben
conosciuto dal mondo antico, f"anteriorità temporale significa prio-
rità e superiorità nell'ordine dei valori. 36
Il testo della sura che abbiamo appena citato, continua dicendo:
«Non capite dunqu e?. [ ... ] Abramo non era né ebreo né cristian o:
era un hani/ completamente consacrato a Dio e non era idolatra»
(3,66-67) . Per il Corano, Abramo è il primo hani/, cioè il primo
«convertito», il primo sincero credente che si è opposto agli «Asso-
ciatoti» o politeisti;>7 è il primo muslim, il primo «sottomesso» o
«musulmano» (3,67.95; cf. 2,129; 6,162, ecc.). 38 È anche considerato
il primo imam dell'umanità («capo», «guida»: 2,118; cf. 16,120-123 ).
Abramo è prima di tutro un profeta e, come tale, fa parte della nu-
merosa serie dei profeti che presenta il Corano, i primi dei quali era-
no Adamo e Noè: «Di' questo: "Noi crediamo in Allah, in ciò che ci
ha tivelato, in ciò che è stato rivelato ad Abramo, Ismaele, Isacco,
Giacobbe, e le tribù , e in ciò che è stato dato a Mosè, a Gesù e ai pro-
feti da parte del loro Signore. Non facciamo alcuna distinzione fra di

35 Cf. K USCHEL, llbraham, 154-160 e 160-167.


36 Cf. BASSET, «Ibrahim», 82 -83; MARTIN-ACHARD, Actualité, 171. Su questo
princi~io della letteratura biblìca e amica, cf. SKA, lntroduzione, 187-192.
3 Sul termine !?ani/ cf. M OUBA.RAC, Abraham, 151-161. In ebraico, il verbo np
è peggiorativo. Significa, più o meno, «apostatare». a. Is 24,5; Ger 3,1; 23,11; Sai
106,38; cf. Dn 1 l ,32. Nel Corano, invece, il termine ha sicuramente un significato
positivo. Il significato originario del termine è probabilmente «deviare da», e può
voler dire «abbandonare la vera religione» o «allontanarsi da una falsa religione».
38 Cf. M ARTTN-ACHARD, Actualité, 172-173 ; KuSCHEL, Abraham, 156-158.
Abramo nel Corano 81

loro ed è a lui che ci sottomettiamo"». Come profeta, Abramo è un


messaggero che ha ricevuto da Allah il compito di avvertire i suoi
contemporanei del castigo che li minaccia se non abbandonano l'i-
dolatria e la loro cattiva condotta per camminare sulla via giusta. Co-
me gli altri profeti, Abramo incontra l'opposizione, è messo alla pro-
va, ma ne esce vincitore perché Allah lo sostiene. Infine, Abramo è il
solo personaggio al quale il Corano attribuisce il titolo di «amico di
Dio» (4, 124-125: khalil Allah), un titolo che si trova anche nella Bib-
bia (Is 41,8; 2Cr 20,7; Dn 3,35 greco; Gc 2,23 ).39
Il Corano riassume lessenziale del messaggio di Abramo nella
sura in cui egli affida il suo testamento spirituale ai propri figli prima
di morire. Ecco il testo: «Abramo lasciò [la sua fede musulmana] in
testamento ai suoi figli come Giacobbe [lo fece dicendo]; Pigli miei,
Dio ha scelto per voi [l'islam come] religione. Non morirete dunque
che sottomessi» (2,126; sottomesso in arabo si dice muslim). 40
La religione musulmana, secondo un'espressione corrente nel
Corano, non è dunque null'altro che la «religione di Abramo» (mil-
lat Ibrahim). L'islam è la religione di Abramo e la religione di Abra-
mo è l'islam. Maometto non si presenta quindi come un innovatore.
Non fa altro che ritornare alla religione di Abramo, l'antenato degli
arabi, e l'islam è perciò un ritorno alle sorgenti.

ABRAMO E MAOMETTO

Al termine di questa ricerca, c'è un aspetto sul quale è opportu-


no riflettere un poco: le somiglianze fra Abramo e Maometto. Ab-
biamo già accennato che Abramo aveva compiuto una egira che pre-
figurava quella del profeta; anche il sacrificio di Abramo è stato, in
qualche modo, vissuto da Maometto che ha perso suo figlio Ibrahim.
La tradizione musulmana ha, in seguito, accentuato le somiglianze

>9 La porta di Jaffa è a ovest di Gerusalemme; in arabo si chiama Bab al-Khalil,


lerteralmencc, «porta dell'amico», in realtà «porta di Ebron». Infatti da questa por-
ta parte la strada che conduce a Ebron, luogo della sepoltura di Abramo, «amico di
Dio» (su questa tomba, cf. Gcn 23 e 25,7-10).
40 Cf. MOUBARAC, Abraham, 49.
82 Abramo e i suoi ospiti

fra i due personaggi. 41 È così che Abramo diventa il costruttore del-


la Ka'ba a La Mecca e l'iniziatore del pellegrinaggio in questo luogo
santo; egli, infine, è all'origine della pietà musulmana. 42
La rassomiglianza diventa anche fisica: Abramo è arabo, come
Maometto e, fra i suoi discendenti, Maometto è quello che gli è più so-
migliante. Questa rassomiglianza è talvolta spinta così lontano che, se-
condo alcuni, Abramo e Maometto avevano i piedi della stessa misura. 43
Anche la figura di Abramo evolve seguendo le diverse fasi della
missione di Maometto. Quando il profeta annuncia il castigo divino,
Abramo è testimone di questi castighi (la fine di Sodoma e Gomorra,
ad esempio; 53,54; 69,9).44 Poi, quando Maometto insegnerà a lungo la
via che conduce verso il solo vero Dio, insisterà sull'insegnamento dato
dal patriarca al riguardo. Infine, quando proclama la religione islamica,
il profeta saluta in Abramo il costruttore della Ka'ba a La Mecca e l'i-
niziatore di una nuova religione basata sulla pietà e la sottomissione. 45
In conclusione, bisogna notare una volta di più che la figura di
Abramo è centrale per la religione musulmana, che vede nel patriarca
il suo primo rappresentante. L'islam attribuisce a questo aspetto un'im-
portanza primaria. L'identificazione tra l'antenato Abramo e il «profe-
ta» dcll'islam, Maometto, è spinta talmente lontano che essi finiscono
per confondersi. In altre parole, il Corano opera una sovrapposizione
quasi completa delle due figure, allo scopo di conferire all'islam il tito-
lo di anzianità di fronte all'ebraismo e al cristianesimo. Proprio per
questo, come suggerisce K.-J. Kuschel, un dialogo fra le tre religioni
dovrà partire dalla figura del patriarca: «Dovremmo essere coscienti
che ebrei, cristiani e musulmani, come Abramo, credono nel Dio che
risuscita i morti e rende di nuovo feconde le relazioni già morte». 46

41 Sulla tradizione musulmana posteriore al Corano, cf. BASSET, <<lbrahim», 83-86.


42 Cf. BASSET, «Ibrahim», 90-91.
43 MARTTN-ACHAlill, Actualité, 169, che cita M. HAYEK, Le mystère d'Ismael,
Parigi 1964, 162. L'impronta dei piedi di Abramo è visibile sulla pietra del makiim
lbrahfm, come abbiamo visto prima. Maometto avrebbe lasciato l'impronta dei suoi
piedi sulla roccia nella «Cupola della roccia» a Gerusalemme.
44 Altri giudizi: il diluvio (Gen 6-9; Sure 51,46; 53,53); la morte del faraone e
dell'esercito egiziano nei flutti del mare (Es 14; Sure 51,38-39; 69,9; 73,16; 79,17;
85,18; 89,7).
45 MARTIN-ACHARD, Actualité, 169-170.
46 KuSCHEL, Abraham, 253 (traduzione nostra).
A mo' di epilogo

IL CAMMINO
DELL'IMPOSSIBILE?

Al termine di questo itinerario in compagnia di Abramo, restano


due domande importanti.
La prima, che difficilmente può essere evitata, riguarda la mol-
teplicità <lei volti che Abramo ci offre nella Bibbia e nelle tradizio -
ni che ne hanno perpetuato il ricordo. In particolare, l'Abramo del-
la Bibbia è spesso meno «nobile» e meno «edificante» di quello del-
le diverse tradizioni. Perché questo contrasto? E come leggere i te-
sti biblici? La riposta a questa domanda rende necessaria una bre-
ve riflessione sui pericoli di una lettura troppo semplicistica della
Bibbia.
In secondo luogo, è del tutto normale che sorga la domanda sui
rapporti tesi, per non dire di più, tra i membri delle diverse «religio-
ni» che si rifanno ad Abramo. È possibile immaginare un dialogo o
un avvicinamento tra ebrei, cristiani e musulmani? A quali condizio-
ni? Qual è la posta di questo dialogo? Questa seconda domanda è
ben più complessa della prima. Vorrei, tuttavia, dimostrare come nel-
la contrastata figura di Abramo il mondo moderno può trovare una
guida che l'aiuterà a esplorare vie nuove di dialogo e cercare uno spa-
zio in cui gli avversari e i nemici di ieri potranno coabitare nella sti-
ma e nel rispetto reciproci.
84 Abramo e i suoi ospiti

I DIVERSI VOLTI DI ABRAMO

L'Abramo biblico è un personaggio avvincente e affascinante per


più di un motivo. Lo è in ragione del suo itinerario non lineare, del
suo modo di cercare a tastoni il senso del proprio destino e della sua
lunga attesa, in cui la speranza e la fiducia camminano di pari passo
col dubbio e perfino con lo smarrimento. Lo è anche perché la sua
esistenza è dominata dall'imprevisto. Quante volte Abramo non si
trova davanti a una strada sbarrata che lo obbliga a prendere un al-
tro cammino? Ha cercato a lungo un erede, ma è stato costretto a
scartare tre possibili candidati prima di trovare la vera soluzione: Lot
(Gen 13), Eliezer (Gen 15) e Ismaele (Gen 16 e 21) sono, in realtà,
tutti e tre candidati sfortunati che lasceranno, poi, il posto a Isacco
(2 1,1-7). La terra che Dio promette ad Abramo, quando egli ha set-
tantacinque anni (12,1-5) è abitata dai cananei (12,6) e il patriarca si
vede obbliga~o ben presto a lasciarla perché vi imperversa la carestia
(12,10-20). Ma non potrà rimanere neanche in Egitto, nuova patria
di adozione (Gen 12,19-20; 13,1-4).
A questo si aggiunge un altro aspetto dcl carattere che rende
Abramo molto (o troppo?) «umano»: non sempre è all'altezza della
situazione, soprattutto nei due episodi in cui fa passare Sara per sua
sorella (Gen 12,10-20; 20,1-18) o quando deve risolvere il conflitto
che oppone Sara ad Agar (Gen 16 e 21).
La figura biblica di Abramo è certamente contrastata, ed è il me-
no che si possa dire. La tradizione successiva ha spesso attenuato i
tratti negativi per metterci davanti un'icona o un'immagine di devo-
zione popolare. In queste diverse tradizioni, la figura di Abramo è
depurata, diventa più semplice, più ideale, probabilmente anche più
esemplare, ma forse meno vicina a noi. L'idealizzazione è avvenuta a
più riprese a scapito della «verità» del personaggio abbozzato dai te-
sti dell'Antico Testamento.
L'Abramo biblico ha troppe debolezze per essere un eroe simile
a quelli che si incontrano nell'epopea o nelle «vite dei santi». È lon-
tano dall'essere perfetto ed è questo, probabilmente, che fa maggior-
mente riflettere. Il lettore ordinario della Bibbia vorrebbe forse tro-
vare in ogni pagina una «parola di Dio» corrispondente in modo per-
fetto alla perfezione della rivelazione. Ma non è così. Scandalizzarsi?
TI cammino dell'impossibile/ 85

È meglio leggere commenti spirituali o opere che corrispondono di


più alla nostra sensibilità? Due immagini permettono di rispondere a
queste domande e permettono di cogliere con più precisione lana-
tura della Bibbia e il «ciclo di Abramo». 1 ·

LA SFERA E LA FORESTA
Per molti di noi la Bibbia è una sfera o dovrebbe essere come
una sfera. La sfera è una immagine della perfezione, perché tutti i
punti della superficie sono identici. È possibile girare la sfera in tut-
ti i sensi e il suo aspetto non cambia. Ogni punto può prendere il po-
sto di qualsiasi altro punto. Non vi è alcuna differenza fra ]e diverse
parti, tra il dietro e il davanti, tra il sopra e il sotto, tra la sinistra e la
destra. La sfera è «uniforme» nel senso letterale della parola. Per noi
- forse è un nostro desiderio inconscio - la Bibbia dovrebbe essere
come la sfera, perché dovrebbe essere possibile aprirla a una qual-
siasi pagina per trovarvi, in ogni versetto, la rivelazione divina nella
sua pienezza e nella sua perfezione.
Ma la Bibbia non è una sfera, perché la perfezione che vi cer-
chiamo raramente si fa trovare all'appuntamento. A che cosa si può
paragonare la Bibbia se essa non è una sfera? Penso che assomigli
piuttosto a una foresta. Come una foresta, la Bibbia è un mondo dai
mille volti, dai mille sentieri e dai mille angoli nascosti. Fatta di sot-
tobosco, di alberi di alto fusto e bosco ceduo, di querceti e di fagge-
ti, di abetaie e di matricina. Le radure si aprono laddove la foresta
decide di alzare lo sguardo verso il cielo e di scaldarsi un istante al
sole. La foresta è cangiante, diversa ali' alba o al crepuscolo, in pieno
giorno o nel cuore della notte. Rinnova il suo vestito a ogni stagione ·
e di anno in anno. E la foresta parla. Chi sa ascoltare riconoscerà l' o-
rigine dei suoi rumori soffocati che giungono fino al limitare: il ri-
chiamo degli uccelli, il rumore di una corsa silenziosa, il mormorio
degli alberi sotto il gelo o la loro canzone quando li accarezza il ven-
to o la pioggia. Una macchia di fango sulla corteccia di un albero,

1 Conquesto nome gli esegeti indicano l'insieme dei racconti di Gen 12-25,
che hanno Abramo come personaggio principale.
86 Abramo e i suoi ospiti

l'impronta di uno zoccolo nella terra umida, alcuni rami spezzati o


un mucchio di penne sparpagliate ai piedi di un albero hanno sem-
pre una lunga storia da raccontare.
La Bibbia è come una foresta, in cui convivono le diverse età del-
la vita. Conosce anche tutta la gamma dei sentimenti umani ed è pas-
sata per tutte le esperienze. La Bibbia come la foresta è un percorso,
un'esplorazione e una scoperta. È una lunga storia o una serie di sto-
rie incomplete che bisogna decifrare e completare. È un parlare
mormorato e spesso indistinto che richiede orecchie esperte, è una
scrittura un po' confusa che richiede un occhio attento ed è un maz-
zolino di profumi sottili che non possono essere percepiti da chi non
ha un «odorato» abbastanza affinato. Soltanto gradatamente il mon-
do della foresta si mette a parlare e gli alberi e le piante ricevono un
nome, i rumori e i suoni diventano frasi dette da esseri viventi, i se-
gni si trasformano in messaggi trasmessi a coloro che potranno ca-
pirli e rispondervi.
Chi si accontenta di entrare nella foresta per cercare legna da ar-
dere o raccogliere poche bacche selvatiche, conoscerà soltanto il vol-
to utilitario di questa immensità misteriosa. Bisogna avventurarsi
avendo per unica compagnia il desiderio di conoscere di più per fa-
miliarizzarsi con questo universo segreto e discreto, vario e cangian-
te. La vera conoscenza è gratui ta, come tutte le ricerche autentiche.
La Bibbia, dunque, non offre la perfezione in ogni sua pagina,
per rispondere con un linguaggio chiaro alla domanda che ci siamo
posti. Essa offre, piuttosto, un lungo percorso che è anch'esso rivela-
zione progressiva di Dio in questo mondo. «lo sono la via, la verità e
la vita», dice Gesù ai suoi discepoli nel discorso di addio (Gv 14,6),
la verità e la via sono di coloro che percorrono il «Cammino». Non
dimentichiamo che il primo ad avere preso questa via è Abramo
(Gen 12,1). Egli ha aperto la strada: chi lo rimprovererà di aver fat-
to alcune deviazioni o di essersi qualche volta perso? Ha camminato,
ed era sulla buona strada. Questo è l'essenziale.
Il lettori della Bibbia sono invitati, a loro volta, a tracciare o ari-
trovare il loro cammino attraverso la foresta delle Scritture. È sempre
possibile smarrirsi nella boscaglia e nei boschi cedui. È addirittura
impossibile evitarlo. Ma la cosa più importante è non fermarsi e con-
tinuare a cercare il «senso» delle pagine che si percorrono. Per Abra-
Il cammz·no dell'impossibile? 87

mo come per il lettore, questo «senso» dei testi non può essere che il
risultato di numerosi tentativi e di numerosi errori, ma in primo luo-
go di un desidero instancabile di continuare il cammino malgrado le
delusioni, gli ostacoli e le deviazioni. Anche in questo Abramo pre-
cede i nostri passi e ci dà indicazioni sul modo di procedere. Il letto-
re è in partenza verso una terra sconosciuta e un'avventura il cui ri-
sultato non può essere conosciuto sin dall'inizio. La Bibbia lancia i
suoi inviti agli spiriti liberi che non hanno paura di avventurarsi oltre
le loro certez~e e non cercano, anche inconsciamente, di trovare la
conferma di ciò che già sapevano (o credevano di sapere). Chiunque
si inoltri nella foresta dopo aver sentito lo stesso richiamo di Abramo
non cercherà più di tornare verso il limitare del bosco, dove ha la-
sciato cadere dalle sue spalle le proprie sicurezze troppo ingombran-
ti. TI «senso» si nasconde sempre davanti, e chi guarda indietro ri-
schia di essere colpito di immobilismo come la moglie di Lot (Gen
19,26). 2 Il Dio di Abramo, è un Dio che «cammina davanti».3

LA GUIDA NELLA FORESTA

Ma la Bibbia non è la sola foresta che abbiamo esplorato nelle


pagine precedenti. Il cammino in mezzo agli alberi di alto fusto o i bo-
schetti ci hanno condotto molto lontano, ben oltre tutto ciò che gli
autori della Genesi avessero potuto immaginare. È possibile esprime-
re alcune preferenze per una tradizione o per un'altra, ma abbiamo vi-
sto che è meglio evitarlo. Ogni tradizione ha la sua propria logica ed
è in base ad essa che bisogna giudicarla. Il problema attuale, tuttavia,
non è quello della scelta o della preferenza, ma piuttosto quello delle
relazioni tra i membri delle tre religioni che hanno Abramo come an-

2 Vedere anche Le 9,61-62.


3 Cf. Es 34,18-23 e l'esegesifatta da Gregorio di Nissa nelJa sua Vita dz Mosè.
Per questo autore, Mosè può vedere Dio soltanto di spalle perché Dio cammina da-
vanti; per vedere Dio, bisogna dunque seguire Dio (II,249-256, specialmente
II,252). Cf. GREGORIO DI NISSA, La vie de Mofre ou traité de la perfection en matière
de vertu. Introduzione e traduzione dijean Daniélou (Sources chréticnnes Ibis), Pa-
rigi 1955, 113.
88 Abr·amo e z' suoi ospiti

tenaro. È ancora pensabile un dialogo dopo l'l 1settembre2001 e con


quello che accade quasi ogni giorno nel vicino oriente?
Tentiamo anzitutto di analizzare la situazione dal punto di vista
che ci riguarda, cioè dei rapporti fra le tre religioni nate da Abramo.
A prima vista, e per rimanere fedeli all'immagine della foresta, l'e-
sperienza attuale dei rapporti tra ebrei, musulmani e cristiani po-
trebbe ricordare, per più di una ragione, il celebre inizio della Divi-
na Commedia: 4

Nel mezzo del cammin di nostra vita


mi' ritrovai per una selva oscura,
che la diritta via era smarrita.

La particolarissima atmosfera evocata da questi versi ha suggeri-


to molti commenti. Quanto a me, li cito per una sola ragione: le per-
sone di buona volontà che oggi cercano di annodare un dialogo tra
le religioni monoteiste che si rifanno ad Abramo, si trovano spesso in
una situazione analoga a quella di Dante. Infatti, i professionisti di
questo dialogo hanno spesso l'impressione di essersi perduti in un
«selva oscura», in cui «la diritta via è smarrita». Non è la via della for-
za e della violenza che oggi trionfa come al tempo del poeta fiorenti-
no? Chi fa, ancora, appello alla ragione? E chi cerca di regolare i con-
flitti con la diplomazia piuttosto che con le armi ? Che cosa fare per
evitare il peggio? Non è per nulla facile rispondere a queste doman-
de, ma non è più possibile neppure eluderle.
Oltre la violenza che ha contaminato i rapporti tra ebrei, cristia-
ni e musulmani, altri ostacoli appaiono insormontabili a chi non è
animato da una fede e da una speranza altrettanto solida come quel-
le dell'«amico di Dio» (Is 41,8). Cosa fare, ad esempio, per impedire
che il dialogo non sia immediatamente usato per fini politici? Come
evitare che il cristianesimo non venga identificato col mondo occi-
dentale, con i suoi modi di pensare e la sua morale lassista? Chi riu-
scirà a liberarsi dai più diffusi e profondamente radicati luoghi co-

4
Dante Alighieri, Firenze 1265 - Ravenna 1.321. Scrive la Divina Commedia tra
il 1307 e il 1321.
Il cammino dell'impossibile? 89

muni di ogni cultura a proposico degli «altri», che vivono e pensano


«diversamente»? Un cristiano può abbandonare il suo patrimonio
culturale e mettere tra parentesi secoli di lettura «ragionata» e criti-
ca dei libri sacri, i propri e quelli delle altre religioni? È possibile dia-
logare con il mondo musulmano accettando il suo modo di interpre-
tare l'origine divina del Corano e la sua distinzione radicale tra «fe-
deli» e «infedeli»? È possibile - e giustificabile - chiedere a un ebreo
di avere il coraggio, almeno per un po', di non mettere al centro del-
la discussione l'unica preoccupazione, legittima d'altronde, della so-
pravvivenza del suo popolo? È ragionevole, in una parola, immagi-
nare uno spazio in cui le religioni possano parlarsi senza che il desi-
derio di dialogare sia interpretato come una manifestazione di debo-
lezza e l'ospitalità come un tentativo di sovversione, senza che la di-
scussione si trasformi in propaganda e che gli scambi si facciano a
prezzo di concessioni su verità che ciascuno considera essenziali?
Il dialogo interreligioso oggi sembra perlomeno problematico, se
non impossibile, secondo certuni. Come ritrovare oggi la «via dirit-
ta» evocata da Dante? Per fare questo, converrebbe prima di tutto
trovare una guida sicura. Quella della Divina Commedia, come si sa,
è il poeta Virgilio. Per il tema che ci interessa propongo, ancora una
volta, di seguire Abramo. Egli può, in realtà, accogliere le tre religio-
ni che lo onorano come padre, come accolse i tre ospiti di cui parla
Gen 18,1-15, e può insegnare loro questa «via diritta», che permette
di ritrovarsi nell'oscurità della foresta e di aprirsi una strada che al-
lontana dall'inferno, attraverso il purgatorio e si diriga verso il «pa-
radiso», qualunque sia il senso che si vuole dare a questa parola. Se
Abramo, come dice Kuschel, ci insegna a credere in un Dio «che ri-
suscita i morti e ridà la vita a relazioni sulle quali si è fatto il lutto»,5
ci insegnerà anche a inventare nuove strade perché le tre religioni che
si riferiscono a .lui possano incontrarsi, dia.logare e cooperare nel re-
ciproco rispetto alla costruzione del mondo di domani. Toccherà a
noi far percorrere le strade dell'impossibile per riannodare il dialogo
interrotto da troppi lutti ed egli troverà il mezzo di ridare vita a rela-
zioni seppellite in mezzo a grida di vendetta.

5 Vedi più sopra cap. 4, nota 46.


90 Abramo e i suoi O!.piti

Abramo può adempiere questa funzione per più ragioni. Innan-


zitutto, è più che una guida, perché è «padre», ed è riconosciuto co-
me padre dagli ebrei, dai cristiani e dai musulmani. Egli è venuto pri-
ma di Mosè, Gesù e Maometto. È vero che ogni religione si richiama
al patriarca in un modo proprio e l'invoca per ragioni talvolta oppo-
ste. Tuttavia, prima di insistere sulle differenze, conviene sottolinea-
re la loro origine abramica comune. Ciò significa che esiste, nel vero
senso della parola, un «patrimonio» comune.
Di che cosa è composto questo patrimonio? Innanzitutto, esso
contiene un'esperienza che può essere condivisa dai circoncisi e da-
gli incirconcisi, perché Abramo può essere il padre degli uni e degli
altri (Rm 4,9-12). Inoltre Abramo è, riconosciuto a buon diritto, pa-
dre dei credenti e testimone per eccellenza della giustificazione per
fede (Gen 15,6; Rm 4,1-8; Gal 3,6-9). È anche presentato come pre-
cursore di tutti coloro che osservano fedelmente la Legge, sia nel rac-
conto della Genesi,6 come nella tradizione ebraica7 e in alcuni testi
del Nuovo Testamento (cf. Gc 2,18-23). 8 È, inoltre, il padre di Ismae-
le e di Isacco, ed è affezionato ai suoi due figli. Soffre nel separarsi da
Ismaele (Gen 21,11) come soffre nel dover sacrificare Isacco (Gen
22,1-19). 9 Vale la pena, ancora una volta, richiamare questo aspetto
del racconto biblico: Abramo era legato a Ismaele e se ne separa sol-
tanto costretto da Sara e convinto da Dio (Gen 21,8-14). Infine, egli
è il padre di tutti i fedeli dcl «D io unico», cioè di tutti coloro per cui
il mistero che si nasconde nel profondo dell'universo e dell'esistenza
umana non è in definitiva un plurale, ma un singolare.
Abramo è, di conseguenza, «anteriore» agli insegnamenti parti-
colari di Mosè, di Gesù Cristo e cli Maometto. È, se si può dire, più
«primordiale». È testimone di una religione allo stato nativo, di una
religione in cui sono ancora uniti gli elementi che in seguito saranno
distinti e accentuati dalle diverse tradizioni. Un dialogo tra ebrei,
musulmani e cristiani è quindi favorito nel ripartire da Abramo, per-
ché tutti lo rispettano come padre o come «antenato».

6 Cf. soprattutto Gen 1.8,19; 26,5.


7 Cf. sopra, cap. 2. Cf. Sir 44,20-21elMac2,52.
8 Cf. sopra, cap. 3, pp. 48-49.
9 Cf. S.E. McEVENUE, «The Elohist at Work», in ZAW 96(1984), 315-332.
Il cammino dell'impossibile? 91

Questa esperienza primordiale l'ho già descritta nel primo capi-


tolo di questo libro: Abramo è l'uomo del «salto in avanti», della par-
tenza senza ritorno e di un atto di fede che lo proietta verso un luogo
sconosciuto e tutto da scoprire. Questa esperienza fondamentale lo fa
uscire dal «ciclo dell'eterno ritorno» di cui parla la storia delle religio-
ni e libera l'animo umano dalla sua naturale tendenza a cercare la via
della salvezza unicamente nel mondo conosciuto del proprio passato.
Abramo è il testimone di una fede che crea il suo presente e apre
strade sconosciute verso il futuro. È colui che fa dell'esperienza reli-
giosa un'avventura e una scoperta. La religione di Abramo non ha lo
scopo di fornire mezzi infallibili per assicurare la propria salvezza.
Per Abramo, la salvezza è più lontano, più avanti, nel viaggio verso
una terra di cui solo Dio conosce il vero nome. Su questo punto, pen-
so, ebrei, cristiani e musuLnani hanno molto da dirsi, come avrebbe-
ro molto da dire al mondo contemporaneo.
In secondo luogo, Abramo è il padre delle imprese impossibili.
E se oggi pensare a un dialogo interreligioso tra ebrei, musulmani e
cristiani sembra molto difficile, addirittura una chimera, Abramo ci
insegna a credere a questo «impossibile». Secondo la Bibbia, il pa-
triarca è partito quando era vecchio e aveva probabilmente molte ra-
gioni per esitare prima di lanciarsi in una spedizione tutto sommato
assai rischiosa. Ma Abramo aveva una fede incrollabile nel futuro che
gli ha permesso di superare gli ostacoli e di non fermarsi a motivo de-
gli inevitabili insuccessi. Egli può, dunque, aiutare a inventare strade
di dialogo tra i suoi figli.
Nulla si può dire, evidentemente, sulla forma, che in futuro, as-
sumerà questo dialogo fra le religioni, anche se esistono già alcuni co-
raggiosi tentativi che vanno in questo senso. 10 L'urgenza del dialogo,

1° Cf. ad esempio, l'iniziativa del villaggio Neve Shalom - Wahat al.Salam («Oa-
si della pace»), non lontano da Tel Aviv, un villaggio in cui abitano insieme ebrei, cri-
stiani e musulmani uniti dal desiderio di dimostrare la possibilità della coesistenza.
Esistono numerose istituzioni che cercano il dialogo fra mondo cristiano e mondo
ebraico. Il dialogo fra mondo cristiano e mondo musulmano è probabilmente più re-
cente, ma esistono ugualmente tentativi in questo senso. Basterà citare i nomi dei
grandi orientalisti e arabisti, come lo svedese T. ANDRAE («Die Person Muham-
meds», in Lehre und Glauben seiner Gemeinde, Stoccolma 1918), il professore di
92 Abramo e i suoi ospiti

però, non può sfuggire a nessuno. È in gioco il futuro del nostro


mondo e dell'umanità, se non vogliamo che le decisioni importanti
sul nostro avvenire siano affidate alle mani degli artigiani del terrore,
dei politicanti demagogici o delle bombe, per quanto «intelligenti»
esse siano. Esiste, però, una strada per uscire dalla «selva oscura» di
Dante e Abramo ce la può indicare.

UN DIALOGO ALL'OMBRA DELLE QUERCE DI MAMRE (GEN 18,1-15)

Bisogna probabilmente lanciarsi verso la terra sconosciuta del


dialogo con lo stesso coraggio di Abramo quando partì verso la terra
che Dio gli stava per mostra re (Gen 12,1). E per riprendere in con-
clusione l'immagine che ci ha accompagnato durante tutto questo
percorso, cioè Abramo che accoglie i suoi ospiti sotto le querce di
Mamre, citiamo alcune parole dell'islamologo Louis Massignon
(1883-1962) a proposito di Gen 18,1-15:

«Ebron: desidero tanto andarci: c'è la romba di Abramo, il patriarca


dei credenti, ebrei, cristiani e musulmani, che è anche il primo eroe del-
l'ospitalità, del diritto di asilo. Penso che i problemj dell'inizio deU'u-
manità sono anche quelli della fine, specialmente quello del carattere
sacro del diritto di asilo e quello del rispetto dello straniero». 11

Edimburgo W. MONTGOMERY WATT (Muhammad: Prophet and Statesman, Oxford


1961), lo spagnolo Miguel Asfn Palacios (1871 -1944); cf., per esempio, Abenmasarra
y su escuela: origines de la filosofia hispano-musulama (Discurso de ingreso en la Real
Academia de Ciencias Morales i Politicas] Madrid 1914; La escatologia musulmana en
la Divina Comedia, Madrid 1919; EL Islam crisLianizado, Madrid 1931) e, più vicino a
noi, il francese Louis Massignon e il suo discepolo libanese Y. Moubarac. Su L Mas-
signon, cf. G. BASETTI-SANI, Louis Massignon. Orientalista cristiano, Milano 1971; Y.
MOUBAMC, L'oeuvre de Louis Massignon, Beirut 1972-1973; G. HARPIGNY, Islam et
christianisme selon Louis Massignon (Homo religiosus 6), Louvain La-Neuve 1981
(con bibliografia); L. RIZZARDI, L. Massignon (1883- 1962). Un profilo dell'orientalista
cattolico (Quodlibet 6), Milano 1966. L'opera più significativa di Y. MOUBARAC è pro-
babilmente Recherches sur la pensée chrétienne et l'Islam dans Les temps modernes et à
L'époque contemporaine, Beirut 1977; cf. anche «La penséc chrétienne et l'Islam. Prin-
cipales acquisitions et problématiques nouvelles», in Concilium 116(1976), 39-56.
11 L. MASSIGNON, «L'Occident devant l'Orient: primauté d'une solution cul-

turelle», in Politique étrangère, giugno 1952, 13-28; DAR EL MAAREF (ed.), Opera
Il cammino dell'impossibile? 93

«Il carattere sacro del diritto di asilo e quello del rispetto dello
straniero» sono valori fondamentali che L. Massignon ha scoperto a
contatto con l'islam e di cui vede una esemplare descrizione nella sto-
ria di Abramo. A partire dalla scoperta di L. Massignon, è possibile,
mi pare, l'elaborazione di una riflessione più approfondita su un pos-
sibile dialogo tra ebrei, musulmani e cristiani e, in modo più partico-
lare, tra il mondo occidentale e il mondo musulmano, poiché è là, più
che altrove, il punto sensibile di oggi.
Perché non partire dai valori umani fondamentali sviluppati da
queste singole tre religioni? Come tutti sanno, è difficile parlare di al-
cuni temi senza provocare forti reazioni negative. Ma esiste un pun-
to di intesa, ali' ombra delle querce di Mamre, dove la conversazione
può svolgersi senza scossoni ed è quello della cultura più che quello
della religione. Per essere più precisi, parlo della cultura maturata al-
l'interno di ognuna delle tre religioni monoteiste, di cui Abramo è il
comune antenato. 12 Ognuna di queste culture ha potuto, in partico-
lari momenti della sua storia, offrire il meglio di sé all'umanità e
ognuna ha ancora molto da offrire al mondo di domani. Il dialogo,
secondo me, sarà fruttuoso se le tre religioni riusciranno a «dimenti-
carsi» per farsi carico insieme delle sorti dell'umanità intera. Non bi-
sogna forse farsi illusioni sui risultati immediati di tale impresa. Ma è
sicuro che è uno dei modi più efficaci di uscire poco per volta dal vi-
colo cieco in cui sono andate a finire molte lodevoli iniziative.
Come abbiamo appena detto, la religione musulmana ha un sen-
so innato dell'ospitalità e del diritto di asilo. Il mondo di oggi avreb-
be torto a non trarre profitto da questa secolare saggezza. Per quali
ragioni questi valori sono così importanti? Quali sono le loro basi re-
ligiose? È possibile allargare quest'idea dell'ospitalità di Abramo e a

minora, I , Il Cairo 1963, 2 18, citato in esergo in L. MASSIGNON, Les trois prières d'A-
braham (Patrimoines), Parigi 1977, 7 . Le tre preghiere di Abramo, di cui parla Mas-
signon, sono la preghiera per Sodoma (cf. Gen 18,23-33}, la preghiera per Ismaele
(cf. Gen 21,8-21) e il sacrificio di Isacco (Gen 22,1-19).
12 A questo riguardo, cf. il tentativo di dialogo religioso del giornalista ebreo

Yossi Klein HALEVl nel suo libro At the Entrance to the Garden of Eden. A Jew's
Search fot" God with Christians and Muslims in the Holy Land, New York 2001.
94 Abramo e i suoi ospiti

quali condizioni? Ecco altrettante domande che meriterebbero di es-


sere approfondite. Ce ne sono altre simili, certamente, che dovreb-
bero emergere nel corso della discussione. Potremo trovare la rispo-
sta, mettendoci in ascolto dell'islam.
Per esempio, sarebbe utile vedere che durante l'alto medioevo,
l'islam ha sviluppato una grande cultura scientifica, specialmente nel
campo della medicina, 13 della geografia, delle matematiche e dell'a-
stronomia. La stessa cosa vale per le arti e per la filosofia. Avicenna 14
(980-1037) e Averroè (1126-1198) 15 sono indubbiamente i due nomi
più conosciuti fra gli autori musulmani che unirono lo studio della fi-
losofia a quello della medicina e altre scienze, fra cui le matematiche.
Come è stato possibile ciò? In che modo una religione stretta-
mente monoteista ha potuto conciliarsi con la ricerca scientifica pro-
fana? Le lezioni del passato possono servire al presente e sarebbe
probabilmente molto interessante vedere come l'islam di oggi consi-
dera i rapporti tra fede e scien:ta, specialmente di una scienza a ser-
vizio dell'umanità.
Infine, bisogna dire che il mondo musulmano, ha dato storica-
mente esempio della sua «ospitalità». Ciò è durato circa otto secoli,
e la cornice fu la Spagna, patria di Averroè.

IL CASO DELLA SPAGNA MUSULMANA

Se vogliamo sapere come, in passato, i «figli di Abramo» hanno


potuto dialogare, bisogna in realtà visitare la Spagna. Qui per molti
secoli, Abramo ha potuto piantare la sua tenda e ricevere alla sua ta-

13 Gli arabi, ad esempio, conoscevano l'anestesia e gli antisettici.


14 Dal suo nome Abù 'Ali Husayn ibn Abdallah ibn Sina, Avicenna (deforma-
zione di Abu ibn Sina) era di origine iraniana, nato a Afshana, vicino a Bukhiìriì, nel
980 e morto a Harnadhan (nord-est dell'attuale Iran) nel 103 7. È conosciuto soprat-
tutto per un suo trattato di medicina (Canone della medicina, di cui esiste una ver-
sione compendiata e in versi, Poema della medicina) che fu per lungo tempo l'opera
fondamentale degli studi medici in oriente e in occidente. Dal punto di vista filoso-
fico, è discepolo di Aristotele, ma fortemente influenzato dal neo-platonismo (Libro
della Guarigione, Filosofie Orientali). Scrise anche tre Racconti mistici.
15 Grande figura della Spagna musulmana di cui riparlerò più avanti.
Il cammino dell'impossibile? 95

vola ospiti ebrei, musulmani e cristiani. La storia della Spagna mu-


sulmana (711-1492) non è soltanto - come la presentano troppo
spesso i manuali scolastici o gli articoli delle enciclopedie. - la storia
di una conquista, di una occupazione e di una riconquista (reconqui-
sta). Questo punto di vista militare è troppo limitato. È piuttosto op-
portuno vedere questi otto secoli come un periodo in cui hanno po-
tuto procedere fianco a fianco, coabitare e collaborare - talvolta in
armonia, talvolta in un'atmosfera di forti tensioni e violenti conflitti
- le culture musulmana, ebraica e cristiana. I cristiani di rito moza-
rabico16 (cristiani che si sottomettevano al potere musulmano in
cambio del diritto di praticare la propria religione) che dipendevano
dall'arcivescovo di Toledo, le comunità ebraiche e musulmane hanno
potuto sopravvivere e anche prosperare, in determinate epoche, gra-
zie alla politica degli emiri e dei califfi di C6rdoba, che hanno dato .
prova di grande abilità e di grande tolleranza, almeno durante i pri-
mi secoli dell'egemonia musulmana della Spagna (circa dall'VIII al-
l'XI secolo). 17
Questa pagina della storia europea è stata anche presentata da
alcuni come un'epoca idilliaca, in cui la tolleranza aveva imbava-
gliato gli antagonismi religiosi per favorire le attività economiche,
il commercio, la cultura, la civilizzazione e le belle arti. Tale im-
magine idealizzata non resiste, però, a un rigoroso esame dei fat-

16 Sui cristiani di rito mozarabico, cf. D. MILLET-GÉRARD, Chrétiens mozarabes


et culture islamique dans l'Espagne des yme - lXe siècles, Parigi 1984; M.-T. URVOY,
Le psautier mozarabe de Hafs le Goth. Etude, traduction et édition, Tolosa 1994. Mo-
zarabico, significa letteralmente «arabizzato» (dall'arabo musta'rib).
17 Sulla storia di questo periodo, cf., fra gli altri, le opere di R. BARKAi' (ed.},
Chrétiens, musulmans et juifs dans l'Espagne médiévale, Parigi 1994; P. Gu!CHARD,
L:Es11agne et la St"cile musulmanes aux xze et Xlle siècles, Lione 1990; ID., Al-Anda-
lus 711 - 1492, Parigi 2001; E. LÉVI-PROVENçAL, Histoire de L'Espagne musulmane,
Parigi 21999; R. MANTRAN, L:expansion musulmane (VW - Xl" siècles) (Nouvelle
Cl.io 20), Parigi 1969; per un primo approccio, si potrà consultare «Les religions de
l'Andalousie. Au temps des califes omeyyades», in Le Monde de Lt1 Bzbfe, ottobre-no-
vembre 2000. Sulla vita della società nella Spagna musulmana, cf. GH.-E.
DUFOURCQ, La vie quotidienne dans l'Europe médzévale sous domination arabe, Pari-
gi 1981; P. GulC~, Structures sociales orienta/es et occidentales dans l'Espagne mu-
sulmane, Parigi 1977.
96 Abramo e i suoi ospiti

ti. 18 Ogni coesistenza, nel medioevo come in altre epoche, suppone-


va il mantenimento di un equilibrio spesso fragile, che forti interes-
si politici o altri interessi potevano facilmente far traballare. Inoltre,
bisogna dire che i fattori che hanno contribuito, per un certo tem-
po, ali' armonia fra le diverse comunità religiose erano soprattutto di
ordine pratico. È probabilmente illusorio pensare che la collabora-
zione fu sempre frutto di un dialogo franco tra persone animate da
uno stesso ideale e impregnate di una stessa spiritualità «monotei-
sta» o «biblica». Questi elementi sono forse presi in considerazione,
ma unicamente da alcune personalità eccezionali. In generale, è per
motivi politici ed economici, o per interessi molto banali, che mu-
sulmani, ebrei e cristiani hanno collaborato alla costruzione di una
~ocietà e di una civiltà, quella della Spagna musulmana. 19
I .i;nusulmani detenevano il potere e, durante i primi tempi della
loro dominazione in Andalusia, era inutile pensare di poterlo rove-
sciare. Di conseguenza, meglio sottomettersi. I berberi, che hanno
dominato la Spagna dopo gli omayyadi (756-1030), sotto le dinastie
almoràvidi (1086-1147) e alrnohàdi (1147 -1269), diffidavano degli
arabi e preferivano quindi circondarsi di ebrei che non potevano mi-
nacciare il loro potere. 20 Gli ebrei di Cordoba e di Toledo avevano

18 La Spagna musulmana è stata presentata talvolta come esempio di tolleran-


za, in particolare nel settore religioso. Secondo alcuni, questa tesi è una «illusione»
(cf. J.-L. POUTHIER, nell'editoriale del numero di Le monde de la Bible, ottobre-no-
vembre 2000, «Les religions de l'Andalousie», p. 3). Nella stessa rivista, D. URVOY
spiega, concludendo il suo articolo intitolato «Une terre d'échanges et de conflìts»
(pp. 11-17), che questa immagine della Spagna musulmana tollerante è stata co-
struita in Francia nel XVIII secolo, al tempo in cui la Spagna cattolica diventava il
bersar,Iio degli enciclopedisti, fra cui Montesquieu (p. 17).
9 Sulla conquista musulmana della Spagna, vedi LÉVI-PROVENçAL, Histoire de
l'Espagne musulmane, I, c. 1, 1-34; MANTIV\N, L'expansion musulmane, 134-136. Il
conquistatore della Spagna e il vincitore della battaglia di Jerez {Xeres) de la Fron-
tera {Wadi Lagos, non lontano da Cadice) il 19 luglio 711 contro il re visigoto Ro-
derico è un berbero affrancato, governatore di Tangeri, dal nome Tar:ìq ibn Zayad; è
lui che ha dato il suo nome alla rocca di Gibilterra {Djebel-al-Tar1q, «monte di
Tarlq»). Nello stesso anno, occupa C6rdoba e Toledo. Siviglia e Merida si arrendo-
no nel 712-713 e Saragozza alla fine del 713.
20 Agli almohàdi succedettero i na$ridi (1269-1492), ultima dinastia araba del-
la Spagna che regnò a Granada fino alla riconquista da parte dei Re Cattolici nel
Il cammino dell'impossibile? 97

poi sostenuto i musulmani contro i visigoti che li avevano persegui-


tati. In seguito, i musulmani seppero anche far uso dei loro talenti e
della loro scienza. Infine, i sovrani musulmani furono toll~ranti nei
confronti dei cristiani perché questi erano la maggioranza,21 almeno
durante i primi tempi della conquista, e la loro abilità in agricoltura
e nell'artigianato era indispensabile al buon andamento dell'econo-
mia. La coesistenza poggiava quindi, in gran parte, sulla forza del-
l'autorità in campo e su una convergenza di interessi. Le lotte per il
potere, come ci si può aspettare, in Spagna come altrove, furono la
causa della maggior parte d~i conflitti, talvolta sanguinosi, che mac-
chiarono questo periodo.
Tuttavia, l'onestà intellettuale obbliga anche a riconoscere che
quel periodo fu un tempo di grande influsso culturale e artistico. Pri-
ma di tornare sui conflitti e sulle loro cause, vale la pena soffermarsi
un istante su questo periodo particolare in cui si mescolano le in-
fluenze di tre correnti culturali.
La cultura della Spagna musulmana era veramente eccezionale.
La biblioteca della moschea di Cérdoba, iniziata verso il 785, conte-
neva, sembra, 400.000 manoscritti. La stessa città di Cérdoba, in cui
furono fondate più di venti scuole, «brilla al primo posto delle gran-
di città del mondo» sotto il regno degli omayyadi (756-1030). 22 Nu-
merose costruzioni, come l'Alhambra di Granada o l'antica moschea
di C6rdoba, l'Alcazar di Toledo, quello di Siviglia o di Segovia, il
ponte di Alcantara e la sinagoga di Santa Maria la Blanca a Toledo,
sono ancora là per dimostrare la fecondità artistica di quel periodo?}

1492. Ai na~ridi si deve la costruzione deU'Alhambra di Granada, iniziata da Mao-


metto I. Quest'ultimo diventò vassallo di Ferdinando III di Castiglia e l'aiutò a ri-
prendere Siviglia nel 1248.
21
Si pensa che i conquistatori all'inizio non rappresentassero che il 5-10% del-
la popolazione.
22
MANTRAN, L:expansion musulmane, 201. La città di C6rdoba è stata scelta,
d'altronde, per ospitare un colloquio in cui si sono incontrati ebrei e musulmani. Gli
atti del colloquio sono stati pubblicati da Ch. SELENGUT, ]ewish-Muslim Encounters.
History, Philosophy and Cultu~·e, St. Paul, MN 2001.
23 Lo stile dei monumenti spagnoli influenzato dall'arte musulmana viene
chiamato stiJe mudejar.
98 Abramo e i suoi ospiti

Bisogna ricordare che la poesia mistica di san Giovanni della Croce


(Fontiveros 1542 - Ubeda 1591) 24 affonda le sue radici nella mistica
musulmana?

ALCUNI DESTINI ECCEZIONALI E SIGNIFICATIVI

Pra le personalità importanti della Spagna musulmana, bisogna


ricordare, fra le altre, tre rappresentati di tre culture che hanno vis-
suto più o meno nella stessa epoca: il celebre rabbino Ibn Ezra, il fi-
losofo aristotelico Averroè e l'autore anonimo del Cantar de mio Cid
(scritto verso il 1150). Altre vite, come quella di Maimonide, di Na-
chmanide e di Fray Luis de Léon permetteranno di capire meglio la
complessità e la ricchezza della cultura spagnola durante il medioevo
e all'inizio de.I rinascimento.

1. lbn Ezra
Abraham ben Meir lbn Ezra25 (Tudela 1092 - Calahorra 1167)26
era amico di Giuda Ha-Levi (Tudela 1075 - Egitto 1141), di cui
avrebbe sposato la figlia. 27 Dopo la morte di tre figli e la conversio-
ne di un altro figlio alla religione musulmana, Ibn Ezra intraprese un
lungo viaggio attraverso l'Europa che lo portò in Italia, in Francia e
in Inghilterra.28

24 Cf. M. AsiN P ALACIOS, Huellas dellslam,,Madrid 1941 ; ID., «Un précurseur


hispano-musulman de saimJean de Ja Croix», in Etudes Carmélitaines 17(1932), 113-
1,67; L. MASSIGNON, «Textes musulmans pouvant concerner la nuic de l'esprit», iti
Etudes Carmélitaines 23(1938), 55-58; P. NWYTA, «Ibn Abbad etJean de la Croix. A
propos d'une hypothèse d'Asin Palacios», in Al-Andalus 22(1957), 113-130.
25 Autore di numerosi commenti sulla Bibbia è considerato giustamente uno
dei padri dell'esegesi critica: Cf. SJ<A, Introduzione, 116-118, 146; U. STMON,
«Abraham ibn E zra», in Ilebrew Bible (ed. M. Sreb0), 377-387. Non bisogna
confonderlo con iJ poeta ebreo spagnolo Mosè Ibn Ezra (1055-1138).
26 Tudela si trova in Navarra, non lontano da Pamplona; Calahorra è una città
della ~rovincia di La Rioja, poco distante da Logroiio.
7 Juda Ha-Levi visse nella città cristiana di Toledo e nella città musulmana di
Cordoba. Dopo l'arrivo degli almoràvidi, preferì vivere a Toledo, ma fu fatto ogget-
to di molte vessazioni e persecuzioni inflitte agli ebrei durante questo periodo di
conflitti. In quel tempo, gli ebrei si trovarono spesso fra il martello degli almoràvidi
e l'incudine dei castigliani.
28 Roma (1140), Salerno (1141), Mantova (1145 ), Verona (1146), Lucca (1148),
Béziers (1156), Londra (1 158), Narbonne (1160).
Il cammino dell'impossibile? 99

Giunto in Italia, constata che le comunità ebraiche non cono-


scono la grammatica ebraica perché le opere più importanti sono
scritte in arabo, come ad esempio l'opera del celebre grammatico
Saadia Gaon, che visse a Babilonia dall'882 al 942. Scrisse, quindi,
una grammatica in ebraico, che ebbe in seguito un enorme successo.
Usò, fra l'altro, la scoperta di Giuda ben David Hayyuj29 secondo il
quale le radici dei verbi ebraici, in parallelo ai verbi arabi, sono for-
mate da tre consonanti. Tale scoperta permette di risolvere le diffi-
coltà della coniugazione ebraica. Ibn Ezra è celebre anche per le sue
opere di astrologia, che ebbero grande successo in Europa occiden-
tale presso gli ebrei e i cristiani, per le sue ricerche sul calendario e
sull'astrolabio, e nel campo delle matematiche. Egli rende popolare
un sistema decimale usando, a questo scopo, le prime nove lettere
dell'alfabeto ebraico, aggiungendo poi un segno particolare per lo ze-
ro.30 Nei suoi commentari sulla Bibbia, Ibn Ezra si distingue da Ra-
shi de Troyes (1040-1105) 31 e dalla sua esegesi midrashica per racco-
mandare un'esegesi più attenta al senso letterale e alla grammatica.
Molto razionalista per il suo tempo, dubita che Mosè abbia potuto
scrivere la Torah (Pentateuco), sostiene che almeno due autori ab-
biano lavorato per il libro del profeta Isaia e dubita che Geremia ab-
bia potuto scrivere le Lamentazioni. La critica moderna ha confer-
mato questi punti di vista. Già Baruch de Spinoza32 aveva presentito
la forza delle intuizioni di Ibn Ezra.
Dal punto di vista filosofico, Ibn Ezra era influenzato dal neo-
platonismo di Salomon Ibn Gabirol (Malaga 1021 - Granada [?]
1058 o 1070 [?]). Questa forte intelligenza, che in seguito ebbe unà

29
Si conosce poco di questo autore che arrivò a Cérdoba verso il 960. Scris-
se le sue opere di grammatica in una lingua araba di grande raffinatezza letteraria.
Cf. A. MAMAN, «Judah Hayyuj», in Hebrew Bible (ed. M. Sreb0), Gottingen 2000,
263-267 .
;io Occorre ricordare che lo zero e i numeri «arabi» (in realtà, sono «numeri
indù») ci vengono, come dice il nome, dai matematici arabi. Cf. MANTRAN, I..:expan-
sion musulmane, 170.
n Rashi: acrostico di Rabbi Shlomo ben Isaac.
32 Amsterdam, 1632 - I.;Aia, 1677. Su questo autore, cf. SKA, Introduzione,
118; S. ZAC, Spinoza et L'interprétation des Écritures, Parigi 1965; J.S. PREUS, Spino-
za and the Irrelevance o/ Biblica! Authority, Cambridge 2001.
100 Abramo e i suoi ospiti

grande influenza sull'esegesi biblica, è certamente testimone origina-


le ed eccezionale dell'incontro delle culture greca, ebraica e musul-
mana in Spagna.

2. Averroè33
Averroè (Cordova 1126 - Marrakech 1198) 34 è conosciuto so-
prattutto per la sua influenza sulla filosofia scolastica. Era anche
esperto in discipline islamiche e in scienze, oltre che medicina e filo-
sofia. Fu cadi (magistrato) 35 di Siviglia (1169-1171), poi di C6rdoba,
medico di diversi califfi e viaggiò molto tra il Marocco e la Spagna.
Era acuto conoscitore di Aristotele - da cui il nome di «commenta-
to.re» - ed è grazie a lui che il pensiero dello Stagirita fece il suo in-
gresso nelle università dell'Europa occidentale ed ebbe l'importanza
che sappiamo negli studi di filosofia e di teologia. Nel 1195, i suoi
correligionari l'accusarono di eterodossia, fra l'altro perché aveva in-
trodotto l'idea di una «doppia verità», una razionale e l'altra rivelata;
le due verità potevano essere distinte e anche, in alcuni casi, con-
traddittorie. L'accusa era seria. Averroè cadde in disgrazia insieme a
numerosi suoi discepoli, una parte della sua opera venne bruciata e
solo l'intervento del califfo Abu Yusuf Ya'aqub al Man~ur salvò il fi-
losofo dalla morte. Dovette però esiliarsi a Lucena, vicino a C6rdo-
ba, poi in Marocco, a Marrakech (1197), dove morì un anno dopo
(1198). Le sue opere, scritte in arabo, furono rapidamente tradotte in
ebraico e in latino. Esse influenzarono, dunque, il mondo ebraico e
il mondo cristiano.
Secondo alcuni interpreti, lo sforzo principale di Averroè era
quello di conciliare fede e ragione, o almeno di poter definire il cam-
po proprio della ragione di fronte alla fede. L'impresa non era sem-

33 Il suo vero nome fu Abu al-Wal1d Muhammad ibn Ahmad ibn Muhammad
in Rushd. Averroè è soltanto la deformazione di Abu [ibn] Rushd.
34 Su Averroè, cf. R. ARNALDEZ, Averroès, un rationaliste en islam (Le Nadir),
Parigi 2 1998; D. URVOY, Averroès - !es ambitions d'un intellectuel musulman, Parigi
1998.
35 Il cadi aveva funzioni civili, giudiziarie e religiose. Da questa parola araba de-
riva la parola spagnola alcade o alcalde («sindaco»).
ll cammino dell'impossibile? 101

plice e si scontrava con forti opposizion i. L'innovazione, nel campo


del pensiero in generale e nel campo religioso in particolare, non in-
contra necessariamente il consenso. La storia della Spagna dimo-
strerà, d 'altronde, che il caso di Averroè nel mondo musulmano si ri-
peterà nel mondo ebraico (Maimonidc) e nel mondo cristiano (Fray
Luis de Le6n).
Sia come sia, Averroè è un anello importante tra la filosofia greca,
specialmente quella di Aristotele, e la filosofia medievale. Per alcuni,
egli è anche il padre della scienza moderna. Uno dei grandi meriti del-
la Spagna musulmana è di aver prodotto un tale genio, ma, come ab-
biamo visto, il genio ad Averroè non ha procurato soltanto simpatia.
L'influenza di Averroè fu considerevole ed è opportuno abboz-
zare un breve quadro della sua discendenza intellettuale, perché la
storia dimostrerà che i discepoli di Averroè provocarono a loro volta
reazioni simili a quelle che suscitò il loro maestro. 36 Le sue opere,
giudicate sospette da numerosi musulmani, ebbero grande successo
ncl mondo ebraico e in quello cristiano. Furono dapprima tradotte in
ebraico e Maimonide stesso ne raccomandava la lettura. Nel tredice-
simo secolo, la sua filosofia era insegnata nel sud della Francia da
rabbini come Levi ben G erson (Perpignan) e Mosè di Narbonne.
Nel nord della Francia, è probabilmente Michel Scot a intro-
durre la filosofia di Averroè, traducendo l'opera del filosofo in lati-
no, aiutato da un ebreo di nome d' André, almeno se bisogna cre-
dere a Ruggero Bacone. Ben presto, la filosofia araba incontrerà
una forte opposizione perché, già nel 1210 e 1215, alcune proposi-
zioni di Averroè furono condannate dal vescovo di Parigi. Ma è so-
prattutto ad opera di Sigieri di Brabante che il suo pensiero entrò
nell'università di Parigi. 37 Anche Tommaso d' Aquino38 ha cono-
sciuto Averroè a Napoli, grazie al suo maestro Pietro d 'Irlanda.

36 Cf. per esempio O. LEAMAN, Averroes and bis Philosophy, Oxford 1988.
37 Canonico di Saint-Paul a Liegi e professore di teologia a Parigi (1235-1281).
Dante lo colloca nel Paradiso vicino a Tommaso d'Aquino che però l'aveva critica-
to. Gli dedica questi versi: Essa è la luce eterna di Sigieri I Che, legendo nel vico de-
gli stramz~ I Sillogizzò individiosi veri (Canto X,136).
38 Roccasecca (vicino a Napoli), 1227 - fossanova (a sud di Roma) 1274.
102 Abramo e i suoi ospiti

Tommaso criticò però un certo numero di tesi attribuite al pensa-


tore arabo-spagnolo: per esempio; l'eternità del mondo, la negazio-
ne dell'immortalità dell'anima individuale e l'unità dell'anima in-
tellettuale di tutti gli esseri umani. 39 L'idea della «doppia verità» e
la negazione della libertà individuale furono probabilmente le tesi
che suscitarono la più forte opposizione da parte delle autorità ec-
clesiastiche.
La filosofia cli Averroè, insegnata nelle università (averroismo) in
una forma che spesso mancava di sfumature, fu più volte condanna-
ta dalla Chiesa, fra laltro da Étienne Tempier, vescovo di Parigi, nel
1270 e nel 1277. 40 In realtà, Averroè era diventato ben presto sinoni-
mo di razionalismo e di scetticismo, e il suo nome era spesso invoca-
to per rivendicare l'autonomia della ragione contro la fede.
Nel 1277, Étienne Tempier condannò anche alcune proposi-
zioni di Tommaso d'Aquino. Sigied di Brabante, da parte sua, fu
accusato di eresia e condannato. Si appellò al papa Martino IV, il
francese Simon de Brion che era stato legato pontificio a Parigi.
Sigieri si recò alla corte pontificia, a Orvieto, dove restò a domici-
lio coatto, fino alla morte, tra il 1281 e 1284. Morì, peraltro, in cir-
costanze misteriose, assassinato, sembra, dal suo segretario in pre-
da alla follia. 41 Anche Ruggero Bacone, 42 altro discepolo di Aver-
roè, fu condannato e imprigionato a Parigi dal 1277 fino al 1292.
Ritornò poi in Inghilterra e morì a Oxford. È considerato il pio-
niere del metodo sperimentale e un precursore del pensiero mo-
derno per la sua preoccupazione di riferirsi all'esperienza e non
soltanto ali' autorità.

39 Cf., per esempio, la sua opera De unitale intellectus contra Averroistas. Se-
condo Averroè, esisterebbe una sola anima intellettuale alla quale partecipano tutti
gli individui.
40 i;,a prima volra furono condannate 13 tesi di Sigieri, la seconda volta 219.
41 E almeno ciò che risulta dalla cronaca dell'epoca redatta da Martin de Trop-
pau (Oppaviensis), chiamato anche impropriamente Martin il Polacco: «a clerico suo
quasi dementi per/ossus periit>>. Questa cronaca mescola con facilità leggenda e storia.
42 Lichester, Somerset 1214 - Oxford 1294.
Il cammino dell'impossibile? 103

Malgrado le condanne e le critiche, la filosofia di Averroè rima-


se popolare nelle università di Parigi,43 di Oxford 44 e di Padova.45
In quest'ultima città, come a Bologna e a Firenze, Averroè ebbe di-
scepoli fino al diciassettesimo secolo e ciò spiega perché papa Leo-
ne X condannò ancora una volta le tesi dell'averroismo nel 1513·.
Due importanti personalità sono testimoni delle ambivalenti rea-
zioni verso Averroè nel medioevo, perché ambedue passarono da
un'evidente simpatia all'opposizione sistematica. Si tratta di Raimon-
do Lullo46 e di papa Giovanni XXI. 47 Probabilmente, suo malgrado,
Averroè si è ritrovato spesso al centro di una lotta tra i sostenitori del-
la ragione e della scienza, da una parte, e i difensori della fede e del-
la religione, dall'altra.

3. El cantar de mio Cid

Il poema anonimo El cantar de mio Cid («Canto del mio Signo-


re») scritto verso il 1055 viene spesso citato come la prima opera poe-
tica della letteratura castigliana. L'opera, divisa in tre canti, si com-
pone di 3750 versi e celebra le imprese di Rodrigo Dfaz de Vivar,

43 I nomi più citati sono quelli di Bernicr de Nivelles, Gosvin de la Chapelle,


Boezio di Dacia, Jean de Jandun e Marsilio di Padova.
44 In Inghilterra, i difensori di Averroè più noti sono Ruggero Bacone, Henry
de Harday (professore e cancelliere all'università di Oxford), Guglielmo d'Occam,
John Baconthrop, Thomas de Wilton (Londra).
45 Seguaci dell'averroismo sono, fra gli altri, Pietro d'Abano (domenicano, ac-
cusato di eresia e condannato dall'Inquisizione; morì in carcere prima della sua ese-
cuzione nel 1326), Paolo Veneto (che aveva studiato a Oxford), Taddeo da Parma,
Angelo d 'Arezzo, Gaetano da Tiene, Pomponazzi, Zabarella, Nicolctto Vernia, Ago-
stino Nifo, Alessandro Achillini, M.A. Zimara, Cremonini, Elia del Medigo ...
46 Raimondo Lullo (in catalano, Ramon Llull; in spagnolo, Raim undo Lulio),
teologo, filosofo, poeta e alchimista della Catalogna (Palma di Maiorca 1235 - Bou-
gie [Tunisia] 1315). Dedicò buona parte della sua vita alla conversione dei musul-
mani e morì in Tunisia, probabilmente lapidato.
47 Pietro di Giuliano o Pietro di Spagna (Lisbona, circa 1220 - Viterbo 1277).
Di origine portoghese, era medico, filosofo, astrologo e logico; studiò a Parigi dove
incontrò Alberto Magno. Si interessò molto al mondo musulmano, fra l'altro alla fi-
losofia ~ Averroè, in seguito la osteggiò e fu all'origine delle condanne del 1277 a
Parigi. E il solo papa che Dante incontra nel Paradiso (XJI,134-135).
104 Abramo e i suoi ospiti

chiamato el Cid Campeador (il «Signore campione»),48 che combatté


contro i musulmani agli ordini di re Alfonso VI di Le6n e di Castiglia
(1042-1109). Anche la parola spagnola «cid» viene dall'arabo «sidi»,
«signore», «mio signore»; per dire quanto, in Spagna, l'influenza del-
la cultura araba e della lingua araba siano profonde. Per quanto ri-
guarda il poema Cantar de mio Cid, alcuni vi vedono l'influenza del-
lo stile dell'epopea francese, in particolare della Chanson de Roland,
composta verso la fine del X secolo e popolare fra i pellegrini che si
recavano a Santiago de Compostela.49 Altri, però ne mettono in evi-
denza gli aspetti originari, come il senso dell'onore, l'amore per la fa-
miglia, lo spirito religioso, i sentimenti umani e la malinconia che
spesso invade gli eroi. D 'altra parte, per ragioni evidenti, il poema cri-
stiano si stacca nettamente dalla poesia araba: i cristiani del nord del-
la Spagna volevano distinguersi dai musulmani in tutti i campi. Ciò
conferma la tesi di coloro che vedono nella Spagna medievale una ter-
ra di scambi, ma anche una terra, talvolta, di contrasti violenti.

4. Maimonide
Mosè Maimonide (Rabbi Mosè ben Maimonide, da cui l'acrosti-
°
co Rambam;5 C6rdoba 1135 - Il Cairo 1204), celebre teologo, filo-
sofo e medico ebreo, appartiene all'epoca immediatamente posterio-
re.51 È il testimone privilegiato di una brillante cultura, ma ha anche
conosciuto l'intolleranza dal momento che è stato obbligato, in gio-

48
Nato a Bivar vicino a Burgos nel 1043 e morto a Valencia nel 1099. È sepol-
to nella cattedrale di Burgos. Caduto in disgrazia, il Cid offrì i suoi servigi a princi-
pi cristiani e anche musulmani.
49 Anche i pellegrinaggi a Santiago de Compostela hanno contribuito a mante-
nere uno spirito di resistenza fra i cristiani perché i pellegrini percorrevano la parte
settentrionale della Spagna, che non era sotto la dominazione musulmana. San Gia-
como è spesso chiamato in spagnolo Matomoros («ammazzamori», «uccisore dei
Mori») perché sarebbe apparso durante la battaglia di Navas di Tolosa (1212) dove
Alfonso VIII vinse gli almohàdi. La battaglia segna una tappa importante della «ri-
conquista». Ciò dimostra in modo chiaro, d'ahronde, che la religione serviva a uni-
re i cristiani contro i musulmani.
50 In arabo, Abu Imram Musa ibn Maymun ibn Abd-Allah.
51 Su questo autore, cf. fra gli aJtri, M. lDEL, Maimonide et La mystique juive,
Parigi 1991; R. LERNER, Maimonides' Empire o/ Light. Popular Enlightenment in an
Il cammino dell'impossibile/ 105

vane età, a simulare l'apostasia. Nonostante ciò è costretto a lasciare


la Spagna durante la persecuzione degli ebrei ad opera degli al-
mohàdi (1147-1269).52 Si stabilisce prima a Fez, in Marocoo, poi in
Terra Santa e infine in Egitto, dove diventa medico del famoso sala-
dino.53 Sebbene fosse ebreo, scrisse la sua celebre Guida dei' perples-
si in arabo, lingua degli intellettuali dell'epoca; solo in seguito l'ope-
ra venne tradotta in ebraico.54 Maimonide è vissuto nel periodo in
cui le crociate cambiavano i rapporti tra il mondo musulmano e il
mondo cristiano occidentale. La riconquista della Spagna e della Si-
cilia musulmane facevano, quindi, parte della «crociata» come tale.
Maimonide è il più grande filosofo e il più insigne giurista ebreo
del medioevo.55 Discepolo di Aristotele, cercò di conciliare fede era-
gione. La sua interpretazione razionalista della Torah e della tradi-
zione ebraica, fra l'altro quella dei 613 precetti fondamentali, fu giu-
dicata dannosa da alcuni rabbini della Francia del nord. Le accuse

Age o/ Belief, Chicago 2000; S. KLEIN-BRASLAVY, «Moses ben Maimon», in Hebrew


Bible (ed. M. Sreb0), .311-320; I. ARBEL, Maimonides. A Spiritual Biography, New
York 2001.
52 In questo periodo, una famiglia di celebri rabbini è costretta a lasciare la
Spagna. Si tratta della famiglia Qimhi. Il padre Yossèf, nato in Spagna nel 1105 si
stabilisce a Narbonne dove muore nel 1170. Scrisse molti commenti alla Bibbia e
opere di grammatica ebraica. È il padre di Davide Mosè Qimhi. David Qimhi (o Ra-
daq, acrostico di Rabbi David ben Qimhi; Narbonne, 1160-1235) è il personaggio
più celebre della famiglia. ~i schiererà in favore di Maimonide durante la diatriba su-
gli scritti di quest'ultimo. E anche conosciuto sotto il nome di Maistre Petit. Cf. M.
COHEN, «The Qimhi Family», in Hebrew Bible (ed. M. Sreb0), 388-415.
53 Saladino (Salah al-Din al-Ayyùbl) era di origine curda. Nacque a Takrit in
Mesopotamia nel 1138 e morì a Damasco nel 1193. Sconfisse Guglielmo di Lusi-
gnano e i suoi crociati nella celebre battaglia dei Corni di Hattin e, nello stesso an-
no, si impadronì di Gerusalemme (1187), poi riconquistò una grande parte delle ter-
re occupate dai franch i (1188). Saladino trattò con onore e rispetto i suoi p rigionie-
ri franchi al punto che fu considerato dai cristiani un modello di virtù cavalleresche.
54
Secondo gli specialisti, è meglio dire Guida dei perplessi o Guida degli' inde-
cisi piuttosto che Guida degli smarriti. Per una edizione moderna, cf. M. MAIMONI-
DES, The Guide o/ the Perplexed. Translated with an lntroduction and Notes by Shlo-
mo Pznes. With an lntroductory Essay by Leo Strauss, Chicago 1963.
55 Oltre alla Guida dei perplessi, bisogna annoverare fra le opere più importan-

ti di Maimonide d ue trattati di medicina: Aforismi di medicina e Trattato della con-


servazione e del regime della salute; e due commentari teologici e giuridici: Com-
mento sulla Mishna e Mishne Torah.
106 Abramo e i suoi ospiti

diedero inizio a una grave controversia che minacciò di dividere il


mondo ebraico fra partigiani e oppositori di Maimonide. Vedremo
come si conclude questa disputa parlando di Nachmanide, altro
grande rabbino spagnolo.
Come si può constatare, i grandi geni non sempre sono capiti e
riconosciuti. Maimonide non ha soltanto subito la persecuzione de-
gli almohàdi, ma venne contestato anche dai suoi correligionari mol-
to probabilmente perché le sue idee erano troppo innovative. È,
però, sopravvissuto a tutte le vicissitudini della storia come pioniere
del dialogo fra ragione e fede nel mondo ebraico. Ha anche contri-
buito a gettare un ponte fra la Bibbia e la cultura classica, soprattut-
to la filosofia greca, preparando così il rinascimento e il pensiero mo-
derno.
5. Nachmanide
Un altro caso interessante per il nostro studio è quello di Nach-
manide (Rabbi Mosè ben Nachman, da cui l'acrostico Ramban).56 La
storia di Nachmanide dimostra una volta di più che il destino di que-
ste personalità eccezionali raramente è esente da tribolazione e anche
da persecuzioni. La Spagna fu un crogiolo di cultura, ma coloro che
sono passati per questo crogiolo non ne sono sempre usciti indenni,
ammesso che fosse possibile.
Nachmanide nasce nel 1195 a Gerona, in Catalogna, dunque
sotto il regime cristiano. Come molti dei suoi predecessori, era rab-
bino, medico, commentatore della Bibbia e del Talmud. Fu ben pre-
sto coinvolto nella controversia che rischiò di dividere il mondo
ebraico del suo tempo a proposito del filosofo Maimonide, di cui ab-
biamo parlato prima. Anche Nachmanide non era d'accordo con l'e-
segesi razionalista di Maimonide, soprattutto col suo rifiuto dei mi-
racoli e la sua enumerazione dei 613 comandamenti più importanti
della religione ebraica. Rispettava molto però l'opera di questo mae-

56Non bisogna dunque confondere Rambam {Maimonide) con Ramban


(Nachmanide), né con Rashbam, nipote di Rashi de Troyes (Rabbi Samuel ben
Meir). Su Nachmanide, cf. Y. E LMAN, «Moses ben Nachman I Nachmanides (Ram-
ban)», in Hebrew Bible (ed. M. Saeb0), 4 16-432.
Il cammino dell'impossibile? 107

stro. Cercò, quindi, di moderare il tono della controversia. Ma, il 6


giugno 1242, sulla base di un decreto di papa Gregorio IX contro gli
ebrei, il re di Francia san Luigi prese la decisione di far confiscare e
bruciare tutte le copie del Talmud che poté trovare a Parigi.57 Gli
ebrei decisero allora di chiudere ogni controversia che avrebbe po-
tuto causare divisioni interne della loro comunità.
Un altro episodio ebbe profonde ripercussioni sulla vita di
Nachmanide. Nel 1263, un ebreo convertito al cristianesimo, Pablo
Christiani, convinse il re Giacomo I di Aragona58 a obbligare Nach-
manide a un dibattito pubblico su alcuni punti del Talmud. Secondo
Pablo Christiani, infatti, il Talmud affermava che il Messia era già ve-
nuto e che il cristianesimo era superiore alle altre religioni.
Nachmanide accetta a condizione che gli sia garantita l'immu-
nità. La condizione viene accettata e il confronto ha luogo davanti a
re Giacomo I, i domenicani e i francescani. Nachmanide rifiuta subi-
to le accuse del suo avversario e dimostra che le citazioni del Talmud
fatte da Pablo Christiani sono erronee. Aggiunge che la differenza es-
senziale tra ebrei e cristiani non è la questione del Messia e che tutto
ciò che il Talmud contiene non è «materia di fede» per gli ebrei. In
particolare, bisogna mettere da parte i passi haggadici.59
Poi, sicuro della sua immunità, va oltre e critica apertamente il
cristianesimo e alcune delle sue dottrine. Chiede, fra 1' altro, perché
Gesù, se è il Messia, deve agire di nascosto dai romani, perché l'im-
pero romano iniziò a indebolirsi dopo essere diventato cristiano, per-
ché l'islam è più forte del cristianesimo e perché i cristiani sono re-
sponsabili di numerosi massacri, più di quanto lo siano gli aderenti
alie altre religioni. Le domande si facevano sempre più pressanti e
toccavano punti sempre più delicati. Pablo Christiani aveva chiara-
mente perso la partita e il dibattito si era volto completamente in fa-

57 G regorio IX, Anagni, verso il 1145 -Roma 1241; papa dal 1127 al 1241. Or-
ganizzò l'Inquisizione. Luigi IX, Poissy 1214 - Tunisi 1270. Secondo la tradizione,
ventiquattro carretti di manoscritti furono bruciati pubblicamente il 6 giugno 1242.
58 Chiamato anche Giacomo il Conquistatore; Montpellier 1208 - Valentia 1276.
;;9 La haggada è in gran parte costituita da racconti edificanti o da sviluppi di
tipo omiletico. Deve essere distinta dalla halaka, che è un commentario giuridico al-
la 1orah.
108 Abramo e i suoi ospiti

vore di Nachmanide. Impressionato, re Giacomo I dà al rabbino tre-


cento monete d'argento. Ma, si dice, gli raccomandò anche, per pru-
denza, di lasciare la città. È anche possibile che Nachmanide sia sta-
to accusato di bestemmia e sia stato costretto a lasciare la Spagna.
Fatto sta che partì per la Terra Santa e invitò anche altri ebrei a se-
guirlo. Riferendosi a Nm 33,54,60 dichiarò che esiste un comanda-
mento (in ebraico mitzwah) per tutti gli ebrei di prendere possesso
della Terra Santa e di vivere ll. Nachmanide soggiornò nella terra dei
suoi antenati fino alla morte, spostandosi tra Gerusalemme e Acri.
Morì nel 1270, probabilmente a Gerusalemme, dove aveva costruito
una sinagoga e una yeshiva (scuola rabbinica).
fra le sue opere, bisogna ricordare tre lunghi commenti alla To-
rah. Diversamente dai suoi maestri, lbn Ezra e Rashi, - per i quali nu-
triva un sincero rispetto, ma con i quali, talvolta, si permetteva anche
di essere in disaccordo - inserì nei suoi commentari biblici numero-
si elementi della Kabbala e della mistica ebraica. È anche considera-
to uno dei maggiori halakisti («giuristi») del suo tempo. Indubbia-
men te, la sua vita dimostra che quel tempo è più un tempo di con-
troversia che di dialogo, e che la ragione, in un mondo dominato dal-
la forza, fatica ad aprirsi una strada.
6. Pray Luis de Le6n

Per citare un altro esempio del difficile dialogo fra cultura e poli-
tica, è opportuno dire alcune parole a proposito di Fray Luis Le6n
(Belmonte, Cuenca 1528- Madrigal, Avila 1591), di origine ebrea, mo-
naco agostiniano, poeta, mistico e biblista insigne, considerato uno dei
«prìncipi» della poesia castigliana. Le sue opere poetiche, teologiche e
morali, come i suoi commentari biblici sono una testimonianza della
vitalità tutta particolare dell'umanesimo spagnolo dovuta, in buona
parte, al contributo di diverse culture che, nella penisola iberica, si so-
no incrociate per diversi secoli. Oltre il greco e il latino, Pray Luis de
Le6n aveva studiato l'ebraico e quindi, quando insegnava all'univer-
sità di Salamanca, leggeva la Bibbia nella sua versione originale.

60 Il testo biblico d ice: «Prenderete possesso di questo paese e vi dimorerete,


perché è a voi che l'ho dato perché lo possiediate».
Il cammino dell'impossibile? 109

Per questa ragione d'altronde, ebbe problemi con l'Inquisizione.


Il 27 marzo 1572, venne imprigionato a Valladolid per aver osato tra-
durre il Cantico dei cantici dall'ebraico in castigliano, cosa proibita
dal concilio di Trento. Si era permesso, poi, di criticare la Volgata di
san Girolamo, sostenendo la superiorità del testo ebraico dell'Antico
Testamento su questa versione latina, mentre il decreto Sacrosancta
dello stesso concilio di Trento ne aveva sancito l'autorità. L'Inquisi-
zione gli rimproverò anche le sue origini ebraiche. Fray Luis de Le6n
rimase in prigione a Valladolid fino all'll dicembre 1576 e come il
suo contemporaneo san Giovanni della Croce, vi compose un certo
numero delle sue opere più celebri. Sfortunatamente anche la storia
di Fray Luis de Le6n è scandita da un corteo di soprusi, di vessazio-
ni e di sofferenze.
La sorte di Pray Luis de Le6n ha la sua spiegazione nell'impor-
tante cambiamento avvenuto in Spagna con l'ascesa al trono dei «re
cattolici», Ferdinando di Aragona (1452-1516) e Isabella di Castiglia
(1451-1504).61 Questi monarchi cercarono di costruire l'unità della
Spagna e lo fecero in parte appoggiandosi alla religione. Per questo
motivo, nel 1479, istituirono l'Inquisizione, nel 1492 espulsero gli
ebrei62 e, nello stesso anno, conquistarono Granada, ultimo bastio-
ne musulmano della penisola iberica. Nel 1502, dopo una decina
d'anni di tolleranza, i mori (mudejares) di Castiglia devono scegliere
tra la conversione o l'esilio. 63 I musulmani furono definitivamente
cacciati dalla Spagna nel 1610. 64 Il medioevo è terminato e si assiste
ai primi tentativi di assolutismo monarchico. Lo si constata a malin-
cuore: l'intolleranza non esita a parlare tutte le lingue e a recitare
tutti i credo.

61
Cf. J. PÉREZ, Isabelle et Ferdinand, Rois Catholiques d'Espagne, Parigi 1988.
62 Sempre nel 1492 Cristoforo Colombo compì la sua traversara dell'Atlantico
e sbarcò in America.
63 Un certo numero di ebrei e di musulmani si convertì. Gli ebrei convertiti fu-
rono chiamati conversos o maranes; i musulmani, moriscos. Fray Luis de Le6n era
quindi discendente di maranes.
64 Cf. L. CARDAILLAC, Morisques et chrétiens. Un af/rontement polémique
(1492-1609), Parigi 1974.
110 Abramo e i suoi ospiti

Il rovescio della medaglia

La Spagna musulmana, per tornare al nostro argomento, aveva


dato, però, nel suo insieme, un esempio positivo di interpenetrazio-
ne culturale e di scambi fecondi. 65 Ma questo periodo ha anche co-
nosciuto momenti più scuri, come qualsiasi altro periodo della storia.
Durante il IX secolo, i cristiani di rito mozarabico si ribellarono
più volte, fra l'altro a Toledo e a Meri da, e durante le rappresaglie un
buon numero venne massacrato. I più noti di queste vittime sono i
«martiri di Cérdoba», di cui conosciamo la storia attraverso il più il-
lustre di loro, sant'Eulogio, e tramite il suo amico e biografo Paul Al-
vare.66 Ciò awiene tra 1'850e1'859. Tuttavia, come nota uno speciali-
sta del problema, R. Mantran, «La resistenza interna cristiana[ .. .] ha
durato poco a causa della politica tollerante dei musulmani». 67
Il nome del califfo al-Mansur o Almanzor («Il Vittorioso») è
però legato a un altro episodio sanguinoso. Nel 997, egli saccheggia
la città di Santiago de Compostela, poi Barcellona (985) e Le6n
(988). Si dice abbia lanciato 57 campagne contro i cristiani. Il suo
esercito era, d'altronde, composto di schiavi stranieri, berberi fra gli
altri, e anche di mercenari cristiani.68
La situazione ridivenne tesa sotto gli almoràvidi, che regnarono
in Spagna dal 1086 al 1157 e che erano sostenitori di una stretta or-
todossia musulmana. 69 Ebrei e cristiani ebbero a soffrirne. Gli ebrei
in particolare subirono una persecuzione nel 1066, per una partico-

65 R. BARKAi (éd.), Chrétiens, musulmans et jui/s dans l'Espagne médiévale, Pa-


rigi 1994.
66 Cf. K.B. WOLFF, Christian Martyrs in Muslim Spain, Cambridge 1988.
67 MANTRAN, L'expansion musulmane, 194.
68 Per descrivere lo spirito dell'epoca, si può citare il seguente episodio. Dopo
la conquista di Compostela nel 997 e la sua distruzione, Almanzor (Al-Mansur) fece
trasporlare le campane della cattedrale fino a C6rdoba da prigionieri cristiani.
Quando Ferdinando III (1199-1252) e i castigliani presero C6rdoba nel 1236, furo-
no dei prigionieri musulmani che uasportano le campane sulle loro spalle fino a San-
tiago de Compostela. Cf. URVOY, «Une terre d'échanges et de conflits», 17.
69 Cf., fra gli altri, M. FIERRO, «Commem l'Islam voit les autres religions», in
Le Monde de la Bible, ottobre-novembre 2000, J.9-24; P. Gu1CHARD, /;Espagne et la
Sicilie musulmanes aux Xr et XJie siècles, Lione 1990.
Il cammino del!'impossibile? 111

lare ragione. Gli almoràvidi, che erano una dinastia berbera, preferi-
vano, in realtà, associare al potere degli ebrei competenti piuttosto
che degli andalusi, di cui non erano per nulla sicuri. Gli ebrei erano
spesso incaricati della riscossione delle tasse, compito da sempre im-
popolare. E per questo si attirarono più di una volta l'ostilità della
popolazione oppure provocarono la gelosia. Alcuni giunsero ad ac-
cusarli di essere la causa delle sofferenze che colpivano i musulmani,
sofferenze provocate degli attacchi vittoriosi dei cristiani.7° In circo-
stanze simili, la tentazione di trovare un «Capro espiatorio» era sem-
pre grande ed è ciò che awenne nel 1066 a Granada. Gli ebrei della
città ne fecero le spese.
Gli almohàdi (1147-1269) che successero agli almoràvidi non
ebbero maggiore simpatia nei confronti degli ebrei, come abbiamo
visto parlando di Maimonide. Sotto il loro regno, i figli di Israele eb-
bero a subire numerose misure vessatorie che li obbligarono a paga-
re grosse somme per recuperare la loro libertà di movimento.
I cristiani ebbero particolarmente a soffrire soprattutto a partire
dal momento in cui la reconquista minacciava il potere dei califfi mu-
sulmani. Quando i cristiani di rito mozarabico decisero nel 1125 di
sostenere il re di Aragona Alfonso il Battagliero, la reazione non si fe-
ce attendere.7 1 Il nonno di Averroè, il cadi Ibn Rushd afferma che i
cristiani hanno «rotto il patto di protezione», in virtù del quale si
erano legati al potere musulmano e chiede la loro espulsione. Il sul-
tano ordina, quindi, la loro deportazione nell'Africa del nord, dove
le loro conoscenze in campo agricolo sono molto apprezzate. Nel
corso del dodicesimo secolo, gli almoràvidi e gli almohàdi, loro suc-
cessori, deportano, per sei volte, i cristiani verso il Magreb. Questi
cristiani di rito mozarabico finirono, nel XIV secolo, per assimilarsi
alla popo.lazione locale, secondo le previsioni dei califfi. Bastano que-
sti esempi a dimostrare che la coesistenza tra le comunità ebraica cri-
stiana e musulmana non fu certamente semplice.

70 Toledo fu conquistata da Alfonso VI nel 1085 e Valencia dal Cid nel 1094.
71 Alfonso I, re di Aragona, (verso il 1073-1134), detto il Battagliero per le sue
battaglie contro i mori.
112 Abramo e i suoi ospiti

La verità obbliga, però, a riconoscere che cristiani e musulmani


erano legati da strette relazioni economiche e commerciali, e che in
definitiva vi furono pressappoco, tante guerre fra gruppi musulmani
rivali quante fra musulmani e cristiani: «I problemi maggiori sono
problemi di rivalità fra arabi e berberi, o fra clan arabi», ci dice an-
cora R. Mantran. 72 D'altronde, i diversi regni cristiani di Spagna era-
no lontano dal formare una coalizione senza rivalità. Anche qui vi
erano state numerose guerre tra sovrani locali. Non dimentichiamo
poi che siamo nel medioevo e che la violenza non è certamente ap-
pannaggio della penisola iberica. La guerra dei cento anni, le crocia-
te e le guerre feudali sono altrettanti episodi della storia medievale
che potrebbero essere riletti, se ce ne fosse bisogno, per convincerci
che le cose non sono diverse neppure altrove.
È però vero che in Spagna troviamo anche alcuni esempi di dia-
logo culturale. Per fare due ulteriori esempi, basterà ricordare che re
Alfonso VI di Castiglia, il Valoroso (1072-1109) che riconquistò To-
ledo nel 1085 si proclamò emperador de las dos religiones («impera-
tore delle due religioni») per manifestare in questo modo il suo desi-
derio di regnare sui cristiani e sui musulmani. Non fece che ripren-
dere a modo suo la politica liberale dei califfi di Cordoba, la loro
apertura di spirito e imitare anche, probabilmente, il loro senso del-
l'opportunismo, cercando di conciliarsi i favori di popolazioni che gli
erano necessarie.73
Altro esempio, quello dcl toledano Abù cI-Qasim ben al-
Khayyat, che, dopo la conquista della sua città, si convertì alla reli-
gione dei vincitori affermando che la cosa più importante era adora-
re lo stesso Dio, che uno sia ebreo, cristiano o musulmano. «Se la re-
ligione cristiana negasse il mio creatore, non l'avrei mai accettata»,
aggiungeva.74 Alcuni avranno da ridire sui motivi di tale atteggia-

72 MANTRAN, L:expansion muusulmane, 195.


73 Alfonso VI fu sconfitto l'anno seguente (1086) a Zallaca dagli almoràvidi
giunti dal Maghrcb in aiuto dei loro fratelli di Cordoba. Gli almoràvidi presero poi
il potere in Andalusia, ma non poterono superare il Tago e impossessarsi di nuovo
di Toledo.
74 Cf. FlERRO, «Comment l'Islam voit !es autrcs religions», 24 ove dà altri esem-
pi, peraltro talvolta discordami.
Il cammino dell'impossibile? 113

mento e dubiteranno della sua validità perché anch'esso potrebbe es-


sere motivato dall'opportunismo. Altri potranno vedervi l'espressio-
ne di una mentalità eccezionaÌe, capace di far esplodere la.pastoia di
concezioni religiose troppo meschine. La matassa delle motivazioni
umane non è facile da dipanare e, in ogni modo, è raro che tali mo-
tivazioni esistano allo stato puro. Il caso si Abù 'I-Qasim è, d'altron-
de, piuttosto isolato. Altri musulmani preferirono l'esilio o più sem-
plicemente si piegarono alla volontà dei vincitori accettando la con-
versione con le buone o, più spesso, con le cattive.
In conclusione, la Spagna medievale ci ha trasmesso un'immagi-
ne contrastante dell'incontro delle civiltà musulmana, ebraica e cri-
stiana in questo periodo. Rivalità, conflitti, persecuzioni e oppressio-
ni dei più deboli non sono mai mancate. La tolleranza - e una tolle-
ranza relativa - ha potuto esistere finché i rapporti di forza furono
stabili. Bisogna anche sottolineare che l'intolleranza e le persecuzio-
ni hanno conosciuto una forte recrudescenza quando iniziarono le
crociate (fine dell'XI secolo).75 È allora che in Spagna si installano gli
almoràvidi (1086-1147), chiamati però alla riscossa dagli arabi di
Spagna dopo la presa di Toledo da parte di Alfonso VI nel 1085.

CONCLUSIONE

Esistono altri casi in cui l'incontro tra musulmani, ebrei e cri-


stiani ha avuto effetti positivi, malgrado le inevitabili tensioni che
ogni incontro di questo tipo necessariamente suppone. Si può citare
prima di tutto la città di Bagdad sotto gli abbasidi e la Sicilia.
A proposito d i Bagdad, ascoltiamo ciò che dice lo storico R.
Mantran: «Agli arabi si aggiungono gli iraniani, gli indiani che por-
tano idee nuove e spunti letterari, cristiani, medici e traduttori di
opere greche, sabei, pagani riconosciuti e tollerati, che contribuisco-
no allo sviluppo delle scienze astronomiche, perché il loro culto si ri-
ferisce agli astri».76

75 Gerusalemme fu conquistasta dai crociati il 15 luglio 1099.


76 MANTRAN, J.:expansion musulmane, 169-170.
114 Abramo e i suoi ospiti

Il grande esegeta e grammatico ebreo, il Gaon Saadia (882-


942) ,77 visse a Babilonia in quel periodo. I celebri accademici talmu-
dici di Sura,78 a sud dell'attuale Bagdad, e di Pumbedita,79 a ovest
della stessa città, si imposero a tutto il mondo ebraico, malgrado al-
cune resistenze, come quella dei qaraìti. 80 Gli ebrei erano rispettati
perché gestivano buona parte del commercio. Ma i non-musulmani
erano costretti a pagare una tassa speciale e gli ebrei, inoltre, dove-
vano distinguersi nel loro abbigliamento, sia per un copricapo di co-
lore particolare, sia per un vestito con una striscia di tessuto giallo
sulla schiena. Questi ultimi non sempre si sottomettevano a tali im-
posizioni abbastanza umilianti e beneficiavano di una certa impunità
grazie al loro prestigio e al posto che occupavano nell'economia.8 1
Un altro esempio, più vicino a noi, è quello della Sicilia che fu
musulmana dall'831 (presa di Palermo) fino al 1061 circa (arrivo di
Ruggero I, fratello di Roberto Guiscardo). 82 L'influenza musulmana
continuò a farsi sentire in Sicilia sotto i normanni (1061 -1194), spe-
cialmente sotto Ruggero II (1095-1154), re tollerante che permise ai
musulmani di praticare la loro religione e di essere giudicati dai loro
cadì. In quel tempo, la Sicilia diventò punto di incontro delle cultu-
re bizantina, araba e normanna (nordeuropea). Sotto il suo regno, il
geografo arabo Al-Idris (o Idrisi)83 realizzò un mappamondo in ar-

77 Su q uesto autore, cf. R. BRODY, «The Geonim of Babylonia and Biblica!


Exegesis», in Hebrew Bible (ed. M. Sg;:b0), 74-88.
78 L'Accademia fu fondata da Rav Abba Arikha verso il 220 d.C.
79 Fondata da Judah Ezechiel (circa 220-299 d.C.) dopo la distruzione, nel 259,
dell'accademia di Nehardea da parte dci palmiresi di Odonathus, alleati di Roma
contro i sassanidi. Nehardea si trova alla confluenza dell'Eufrate con il fiume Malka,
a nord dell'amica città di Babilonia e a ovest della città di Bagdad (cf. GIUSEPPE FLA-
VIO, Antichità Giudaiche, 18,.311).
80 I qaraiti rifiutano la tradizione rabbinica per riferirsi alla sola Scrittura. Cf.
D. FRANK, «Karaite Exegesis», in l-lebrew Bible (ed. M. Sreb0), l l 0-128.
81 Sui rapporti tra musulmani e cristiani in questo periodo, cf. A. DUCELLIBR,
Les chétiens d'Orient et l'Tsfam (VW-X ve s.), Parigi 1996.
82 Sulla Sicilia musulmana, cf. fra gli altri, GUICHARD, L'Espagne et fa Siàlie mu-
sulmanes aux Xle et XW siècles; A. AHMAD, La Sicile islamique, Parigi 1990; ].-M.
MARTIN, ltalies normandes. XJt.XJW siècles, Parigi 1994.
83 Abu Abd Allah Mohammad ibn Mohammad al-Idrisi, conosciuto col nome
di al-Idrisi o Edrisi, nato a Ceuta (vicino a Tangeri) verso il 1100 - morto in Sicilia
o a Ceuta verso il 1165.
Il cammino dell'impossibile? 115

gento e compose, nd 1154, un'opera di geografia universale cono-


sciuta con il nome arabo Kitab Rudjar, che significa Libro di Rugge-
ro. 84 Al-Idris aveva studiato a C6rdoba e aveva viaggiato ip Spagna,
Prancia, Inghilterra, in Africa del nord e in Asia minore.
La Sicilia fu nuovamente un «laboratorio» di cultura sotto il re-
gno di Federico II di Svevia (1094-1250),85 che parlava molte lingue
e tra le quali l'arabo.86 Alla corte di Palermo si incontravano studio-
si ebrei, greci, arabi e italiani. A lui si deve la fondazione dell'univer-
sità di Napoli (1224). Federico II è certamente una figura controver-
sa, affascinante quanto enigmatica. 87 .
Questi altri esempi permettono di capire meglio gli insegnamen-
ti della storia, in particolare quelli che ci giungono dalla Spagna mu-
sulmana di cui abbiamo parlato più a lungo. Ma quale bilancio pos-
siamo trarre al termine di questa lunga ricerca? Una cosa è certa: la
situazione è complessa e ogni giudizio di insieme dovrà per forza es-
sere sfumato.
Un primo punto riguarda l'origine dei conflitti fra comunità di-
verse. Come abbiamo constatato, i conflitti il più delle volte nascono
a motivo delle lotte di potere. La religione da sola raramente è stata
all'origine delle ostilità, ma ha potuto essere usata per creare e indu-
rire le opposizioni.

84 Il titolo esatto dell'opera è Divertimento di chi desidera girare il mondo (in


arabo: Nuzhat al-mushtaq fi'kahtaraq al-afaq). AJ-Idrisi stesso pubblicò tre edizioni
di quest'opera che diventò ben presto un classico.
8' Iesi (Ancona) 1094 - Castel Fiorentino (Puglia) 1250. Figlio di Costanza di
Sicilia, ultima discendente dei re normanni, e di Enrico VI Hohenstaufen, figlio di
Federico I Barbarossa.
86 L'opera classica su Federico TI è quella di E. KANTOROWICZ, L'Empereur Fré-
deric II, Parigi 1986 (originale tedesco: Kaiser Friedrich der Zweite, Diisseldorf-Mo-
naco 1927-1931).
87 Fu scomunicato due volte, prima nel 1227 da papa Onorio III per non esse-
re partito per la crociata, poi nel 12.39 da Gregorio IX per aver attaccato la lega lom-
barda. Innocente IV proclamò la sua destituzione al concilio di Lione (l 245) . Fu an-
che chiamato Anticristo. Alla sua morte, papa Urbano IV affidò il regno di Napoli e
della Sicilia a Carlo d'Angiò, fratello di san Luigi, che incominciò a riconquistare il
sud d'Italia e a sottrarlo agli Hohenstaufen. Carlo d'Angiò sconfisse vicino a Bene-
vento, Manfredo, il figlio di Federico II (1266) e Corradina, ultimo discendente de-
gli I Iohenstaufen, a Tagliacozzo nel 1268. Egli cancellò poco per volta tutte le trac-
ce dell'opera di Federico II.
116 Abramo e i suoi ospiti

D'altro canto, ed è un secondo punto importante, gli scambi e le


influenze reciproche sono stati veramente fecondi. Esistono suffi-
cienti testimonianze culturali, soprattutto letterarie e architettoniche,
per dimostrarlo, anche se bisogna ammettere che la pace e la con-
cordia tra ebrei, cristiani e musulmani sono rimaste spesso un desi-
derio piuttosto che una, realtà. Le persecuzioni e le conversioni for-
zate ebbero luogo da parte musulmana come da parte cristiana e non
bisogna esaltare una parte a scapito dell'altra e vedere soltanto tolle-
ram~a negli uni e settarismo negli altri.
Oggi, il dialogo potrebbe certamente trarre profitto dall'«esem-
pio spagnolo», o da altri dello stesso tipo, tenendo conto dei suoi
aspetti positivi e senza ignorare le ombre del quadro. Le condizioni
sono certamente molto diverse e i termini della discussione sono mol-
to cambiati. Non è mai possibile ripetere il passato ed è addirittura
rischioso volerlo fare senza discernimento. Sarebbe però interessan-
te studiare queste pagine della storia europea e chiedersi se non sia
possibile, oggi, scrivere altre pagine in uno stile all'insegna della tol-
leranza, del rispetto e della creatività nei diversi campi della cultura,
facendo tutto ciò che è in nostro potere per evitare di ripetere gli er-
rori del passato. Sappiamo ciò che l'islam può offrire al mondo occi-
dentale del terzo millennio? Quale mondo potrebbe nascere da uno
scambio fra le culture ebraica, musulmana e cristiana? Non è possi-
bile prendere esempio da questo passato per immaginare un futuro
analogo? D'altra parte, come fare per evitare le trappole dell'antago-
nismo religioso? E come creare nuove strade di collaborazione per
portare insieme il nostro mondo lontano dal binario del disprezzo,
dell'intransigenza e della crudeltà gratuita?
Per rispondere a queste domande, bisogna probabilmente segui-
re Abramo sul sentiero che attraversa la selva oscura di Dante, anda-
re a sedersi ai piedi delle querce di Mamre e, nel silenzio immobile
del mezzogiorno, ascoltare il racconto dell'amico di Dio che, per
primo, si e messo in cammino verso il paese che Dio solo conosce e
che la nostra umanità cerca, forse senza saperlo.
Appendice

L'ALBERO E LA TENDA.
LA FUNZIONE DEL QUADRO IN GEN 18,1 -15"'

Nell'iconografia, come nella memoria di molti lettori, Dio appa-


re ad Abramo sotto un albero nell'episodio di Gen 18. Il racconto
per due volte nomina «l'albero» (18,4.8) ma soltanto in 18,1 si parla
di «quercia (e)» (TM be' elone mamre «alle querce di Mamre»). Nel-
la pericope però c'è un altro elemento che occupa un posto impor-
tante. È la tenda, che da sola ha diritto a cinque menzioni
(18,1.2.6.9.10). Abramo riceve i suoi ospiti sotto l'albero (18A.8); nel-
la tenda si trova Sara (18,6.9.10). Se si ha la tendenza a privilegiare
l'albero a detrimento della tenda, è probabilmente perché Dio occu-
pa questo angolo della scena. La tenda però in questa storia non svol-
ge un ruolo trascurabile. È ciò che vogliamo di~ostrare in queste po-
che righe. Allo scopo procederemo in tre tappe. Prima di tutto ve-
dremo quali sono le grandi articolazioni del racconto, poi analizzere-
mo la funzione del quadro a ogni tappa della narrazione, e giungere-
mo a una breve conclusione.
Il nostro studio si pone sulla scia delle recenti ricerche in mate-
ria di narrazione. L'esempio che abbiamo scelto ci permetterà di co-
gliere meglio, pensiamo, come in un caso concreto si può incastona-
re il dialogo tra narratore e lettore. Più precisamente, questo episo-
dio illustra molto bene una delle strategie della narrazione biblica: il

'~Articolo pubblicato in Biblica 68(1987), 383-389. Ringrazio la direzione del-


la rivista per avermi permesso di riprodur re il testo in questo volume.
118 Abramo e i suoi ospiti

narratore fo rnisce al lettore un certo numero di informazioni delle


quali i personaggi sono all'oscuro. L'interesse di questi racconti, per
il lettore, è di vedere come i personaggi finiranno per scoprire ciò che
lui sa già fin dall'inizio. 1
In che modo il nostro testo spiega questa strategia? Per capirlo,
è bene mettere in evidenza che l'episodio si articola in due scene di-
stinte.2 Nella prima, l'azione si svolge in gran parte sotto l'albero e
nella seconda, è la tenda che diventa l'elemento più importante del-
la scena. Le due scene potrebbero intitolarsi: «il ricevimento sotto
l'albero» (18,1-8) e <<la conversazione presso la tenda» (18,9-15). Al-
cune indicazioni permettono di giustificare questa bipartizione. La
prima scena è focalizzata sull'ospitalirà di Abramo e si conclude con
il pasto consumato dagli ospiti sotto l'albero (18,8). A questo punto
il racconto fa una pausa dopo una serie di rapidi movimenti descrit-
ti dai versetti 2.6 e 7 (dove troviamo due volte il verbo ru.f, «correre»
e tre volte il verbo mhr, «affrettarsi»). In realtà, la tensione narrativa
creata dall'apparizione dei tre uomini e la richiesta di Abramo è par-
zialmente risolta: i visitatori hanno accettato l'offerta del patriarca ed
essi ora possono apprezzare l'accoglienza riservata loro. Va sottoli-
neato che la scena si svolge quasi unicamente all'esterno, «sotto l'al-
bero» (18,4.8). Probabilmente questo albero è da individuare fra le
«querce di Marnre» di cui parla 18,1. Certo anche la tenda è men-
zionata, ma rimane sullo sfondo: Abramo lascia «l'ingresso della ten-
da» per andare incontro ai visitatori (18,3b; d. 18,lb). La ritroviamo

1 Su questo genere di lettura (Reader Response Criticism) cf. soprattutto W.


!SER, Der Akt des Lesens. Teorie Aesthetischer Wirkung, Monaco 1976; tr. inglese The
Act o/ Reading (Baltimora 1978); The Reader in the Text. Essays in Audience and In-
terpretatìon (ed. S.R. Suleirnan - I. Crosman), Princeton 1980; U. Eco, Lector in fa-
bula. Lt1 cooperazione interpretativa nei testi narratzvi, Milano 1979; per quanto ri-
guarda la Bibbia, cf. in particolare Semeia 3 1( 1985) interamente dedicato a «Rcader.
Rcsponse Approaches to Biblica! and Secular Texts».
2 Riprendiamo questo termine dal vocabolario del teatro e dcl cinema. I cam-
biamenti di scena corrispondono normalmente a cambiamenti di luogo, di sposta-
menti nel tempo, all'inizio di una nuova azione, all'entrata o all'uscita di un perso-
naggio. Cf. «scene» in S. BARNET - M. BERMAN - W. B URTO, A Dictionary o/ Lite-
rary, Dramatic and Cinematic Terms, Boston 2 1971. Nel nostro specifico caso, l'azio-
ne è diversa e Sara entra veramente in scena unicamente nella seconda parte.
I:albero e la tenda 119

al v. 6: Abramo va da Sara nella tenda per chiederle di preparare del-


le focacce. La scena principale, tuttavia, si svolge sicuramente «sotto
l'albero», dal momento che là si fermano gli ospiti. Ed è .là, infine,
che Abramo rimane in piedi fino alla fine della scena (18,8: 'omed)
mentre all'inizio egli era «seduto all'ingresso della tenda» (18,lb:
yoseb) . Queste due posizioni come la menzione degli alberi incorni-
ciano la scena (18, 1.8). Tutta l'ospitalità di Abramo, che dà la sua im-
pronta particolare alla scena,3 può essere riassunta in queste due im-
magini: quella di Abramo prima «seduto all'ingresso della tenda»
(18,1), poi «in piedi ... sotto l'albero» vicino ai suoi ospiti che man-
giano (18,8). In questa prima parte del racconto è certamente Abra-
mo il personaggio più attivo.
La seconda scena risponde ad alcune domande rimaste in so-
speso. Il lettore può chiedersi, per prima cosa, se Abramo (e Sara)
scopriranno l'identità dei loro ospiti. Nulla finora lo lascia intendere.
Inoltre, non sa ancora perché Dio è apparso ad Abramo (18,1). Ora,
nella Bibbia, Dio appare raramente senza un preciso motivo.
Questa seconda scena si distingue abbastanza bene dalla prima.
Se nella prima Abramo svolge il ruolo più importante, la seconda po-
larizza l'attenzione su Sara, mentre il lettore finora l'aveva appena in-
travista (18,6). Nella scena, è la tenda che improvvisamente si impo-
ne allo sguardo, perché è là che si trova Sara (18,9.10). Altro tratto
distintivo: in questa seconda parte, il dialogo occupa un posto deci-
sivo. A parte il v. 11, abbiamo poco di più. Nella prima scena, la nar-
razione era leggermente superiore al dialogo. 4 Poi, il vocabolario del-
la nascita fa assumere a questa sezione il suo tono particolare e del-
1'ospitalità si parla appena. Infine, l'albero quasi scompare: non se ne
parla più dopo il v. 8. Come vedremo (18,9.10), è la tenda che costi-
tuisce lo scenario strategico. Riassumendo, sembra legittimo divide-
re l'episodio in due scenari che, fra l'altro, si distinguono con l'ele-

3 Si tratta di una delle scene bibliche in cui i riti dell'ospitalità sono meglio de-
scritti. Cf. R. DE VAUX, Le istituzioni dell'Antico Testamento, Casale Monferrato
31977, 25.
4
Sugli otto versetti, il dialogo occupa tre versetti e mezzo, e la narrazione quat-
tro e mezzo.
120 Abramo e i suoi ospiti

mento del quadro che si trova in primo piano: l'albero nella prima e
la tenda nella seconda.
Ora, è giunto il momento di analizzare più accuratamente il ruo-
lo dello scenario nel corso delle diverse tappe del racconto. A che co-
sa può servire questa messa in scena? La prima parte del racconto
mette in gioco gli elementi. È nella seconda che la loro funzione
emerge con più chiarezza.
L'inizio della prima scena contiene già molteplici punti interes-
sami. In Gen 18,1, il narratore comunica al lettore una serie di infor-
mazioni che lo pongono immediatamente in una posizione privile-
giata. YHWH appare ad Abramo. Ma si presume che questi non Io
sappia.5 Nel racconto il fatto è sottolineato in due modi. Il primo è
abbastanza chiaro: la frase caratterizza i protagonisti in modo diame-
tralmente opposto. Usa un wayyiqtol per descrivere l'apparizione di
Dio e un participio per farci vedere Abramo: mentre YHWH è atti-
vo, Abramo è statico; si può dire, fisso nella sua posizione seduta, e
la costruzione della frase mostra che scopriamo Abramo nel momen-
to dell'apparizione. In altre parole, il lettore sorprende Abramo pri-
ma che lo stesso Abramo abbia percepito Dio. 6 Il secondo segnale, in
questo stadio della lettura, è soltanto un indizio muto. Si tratta di uno
di quei particolari che un lettore attento deve imprimersi nella men-
te, perché al momento opportuno avrà un ruolo fondamentale.
YHWH appare «alle querce di Mamre» quando Abramo «era sedu-
to all'ingresso della tenda». I due elementi della scena sono già pre-
senti. Perché? È probabilmente troppo presto per dirlo. È, però, op-
portuno notare che il narratore ha voluto segnalare questi particola-
ri del quadro della scena, così come ha notato l'ora («nell'ora più cal-
da della giorno», kebom hayyom, v. lb).
Gen 18,2 rovescia la prospettiva e ci fa procedere di un passo
nella trama. Questa volta, il narratore ci mostra quello che vede
Abramo: tre uomini sono davanti a lui. Il cambiamento del punto di

5 Il fauo è stato notato da J. MAGONET, «The Bush That Never Bumr (Narrati-
ve Techniqucs in Exodus 3 and 6)», in Hey] 16(1975), 304-.3 11, soprartutto .305 -.306.
6 Su questo ruolo delle proposizioni circostanziali, cf. BERLIN, Poetics and ln-
terp,-etation o/Biblica! Narrative (Bible and Litcrature Series, Sheffields 1983, 63-64.
L'albero e la tenda 121

vista è sottolineato molto bene dall'impiego della particella wehin-


neh.7 Noi vediamo con gli occhi di Abramo, che certamente non ri-
conosce YHWH. Il lettore non può non rendersi conto del vantag-
gio che ha su Abramo in base al v. l. Un secondo elemento mette in
rilievo la nuova prospettiva del racconto. Questa volta, per descrive-
re l'agire di Abramo la frase usa un wayyiqtol mentre la posizione dei
visitatori è descritta con un participio (nis,çabtm). Infine, l'impiego
del verbo r'h nei due versetti oppone molto bene le due prospettive:
wayyera... yhwh .. . wayyar.. ., selo!a- anafim ... («E il Signore ... ap-
1

parve ... ed egli vide ... tre uomini ... »).


Il racconto, però, ha in sé un altro contrasto. Se Abramo non ha
riconosciuto i suoi visitatori, egli si avvicina moltissimo a loro. È di-
stante da loro sul piano della «conoscenza», ma è loro vicino per la
sua ospitalità. Qui entra in gioco lo scenario. Come abbiamo indica-
to prima, al v. 1 Abramo si trovava, «seduto all'ingresso della tenda».
Alla fine della scena, egli è «in piedi sotto l'albero» vicino ai suoi
ospiti. Questo spostamento è significativo. Sembra che Abramo non
trovi pace finché non sia nella posizione del v. 8. Lui, un vecchio ha
corso nell'ora più calda del giorno (18,lb.2) e la narrazione lo segue
in questo andirivieni precipitoso: verso i suoi ospiti, verso Sara, ver-
so il gregge. Questa fretta, cerca di comunicarla a Sara e al suo servo
(18,6a.7b). In definitiva, è la disposizione della scena («tenda» e «al-
bero») che ha permesso di visualizzare questo riavvicinamento che si
conclude quando il patriarca si ferma alla fine «sotto l'albero».
Prima di passare alla seconda scena, rimane da leggere un ver-
setto con particolare attenzione: 18,6. Infatti, la tenda vi riappare per
un breve istante. Abramo entra in fretta a trovarvi Sara e per chie-
derle di preparare delle focacce. Per la prima volta, il narratore se-

7 Per altrì esempi, cf. J.P FOKKELMAN, Narrative Art in Genesis Assen-Amster-
dam 1975, 50-51; R. ALTER, The Art of Biblica/ Narrative, New York 1981, 54; BER·
UN, Poetics, 62-64, 92-95; S. KOGUT, «On the Meaning and Syntactical Status of hin·
neh in Biblica! Hebrew», in Studies in Bible (Scripta Hierosolymirana XXXI) (ed. S.
Japhet), Gerusalemme 1986, 133-154. Anche qui abbiamo un esempio di «discorso
indireuo libero»; cf. M. WEISS, «Einiges uber die Bauformen dcs Erziihlens in der
Bibel», in VT 13(1963), 458-475, soprattutto 460-462.
122 Abramo e i suoi ospiti

gnala la presenza di Sara «nella tenda». Anche i visitatori lo hanno


percepito? Noi non ne sapevamo nulla, la domanda posta al v. 9 sug-
gerisce almeno che essi fanno finta di non saperne nulla. Siamo sem-
pre davanti a un'informazione data solo al lettore, e non ai tre uomi-
ni. In fin dci conti, il lettore ne sa più di Abramo (che ignora l'iden-
tità dei suoi ospiti) e può pensare di saperne di più dei tre visitatori,
fra i quali si trova YHWH (che certamente non hanno visto Sara nel-
la tenda). Questi due problemi restano, almeno, insoluti.
Al termine di questa lettura, la funzione della scena incomincia
a manifestarsi in modo più chiaro. C'è una parte della scena che ri-
mane nascosta ad alcuni personaggi, ed è ciò che avviene nella tenda.
La seconda scena usa questi dati in modo notevole. Quanto ali'albe-
ro, è fin dall'inizio il punto in cui YIIWH si trova, e il punto in cui
Abramo lo ritrova.
Nella seconda scena, lo sguardo si porta immediatamente sulla
tenda (18,9b). Ma il lettore ha una prima sorpresa: i visitatori cono-
scono il nome di Sara. 8 Come mai? Il testo non lo dice. Ma ciò signi-
fica che i visitatori hanno accesso ad alcune informazioni che sem-
brano riservate al narratore e al lettore. il versetto 1O è, per quanto ci
riguarda, probabilmente il più importante. Il testo dice che nel mo-
mento in cui il visitatore enuncia la sua promessa (lOa), «Sara stava
ad ascoltare all'ingresso della tenda e questa era dietro di lui». 9 La
traduzione forse è difficile, ma sembra abbastanza chiaro che Dio
volge le spalle alla tenda. In altre parole, la scena agevola una volta
ancora il lettore nei confronti dei personaggi del racconto. È la si-

8 Da parte dei visitatori sembra che la domanda sia inopportuna. Presso i be-

duini, ad esempio, un ospite non si permette di porre una domanda riguardante la


moglie di chi lo ospita. Cf. J. SCHARBERT, Genesis 12-50, (Die Neue Echrer Bibe1),
Wurzburg 1986, 148; egli suggerisce d'altronde che i visitatori volessero ringraziare
Sara per il pasto che aveva preparato. Quest'uso sembra però più europeo che orien-
tale. D'altronde, il fauo che gli ospiti conoscano il nome di Sara e siano al corrente
della sua sterilità ha colpito molti esegeti. Ma, secondo B. }ACOB, queste cose pote-
vano essere conosciute nella regione (cf. Das erste Buch der Torah, Genesis, Berlin
1934, 442).
9 La questione è discussa. Ma il pronome hi'ì' può indicare sia 1a tenda sia l'in-
gresso della tenda; questi due termini sono maschili. Cf. ]ACOB, Genesis, 441: «Der
Eingang des Zeltes war hinter him».
L'albero e la tenda 123

tuazione della tenda che permette di creare questo effetto particola-


re. Dal suo punto di vista, il lettore ha una visuale che è negata ai pro-
tagonisti della scena. Vede quèlli che sono sotto l'albero e Sara che è
dentro la tenda. Vede che Sara spia, all'insaputa di Abramo e dei suoi
visitatori, ciò che avviene sotto l'albero. Che accadrà?
Come talvolta succede, il narratore sceglie questo momento per
sussurrare una parola all'orecchio del lettore. Il «commento» 10 del v.
11 rallenta il cammino e aumenta la tensione del racconto. Quanto al
v. 12, ci mostra il riso segreto di Sara e il suo monologo interiore.1 1
Ciò che ella dice conferma il commento del narratore che, in questo
modo, dimostra di essere degno di fede. 12 La conoscenza del lettore
continua a crescere rispetto a quella dei personaggi che sono sotto
l'albero. Egli vede Sara, l'intervento del narratore al v. 11 lo ha pre-
parato a capire il suo ridere e ha potuto leggere anche i pensieri del-
la sposa del patriarca. Di fatto, egli beneficia di un duplice vantaggio:
può vedere Sara nella tenda e può leggere i suoi segreti pensieri. Gra-
zie al narratore, supera il doppio ostacolo della tenda e di un pensie-
ro non espresso.
Questa messa in scena permette di apprezzare nella sua giusta
misura il piccolo colpo di teatro del v. 13. All'improvviso, YHWH
chiede ad Abramo perché Sara ha riso e perché ha dubitato circa la
promessa della nascita di un figlio a motivo della sua età. Il lettore ne

10 Qui il narratore interviene in modo esplicito. La cricica anglosassone defini-


sce questo tipo di intervento col termine «telling» e lo distingue da «showing». Su
questi due modi, cf. P. LUBBOCK, The Cra/t o/Fz'ction, Londra 1921, 62; W. BOOTH,
'The Rhetoric o/ Fiction, Chicago-Londra 2 1983, 3-20; a proposito della Bibbia, cf. fra
gli altri, R. LACK, Letture strutturaliste dell'Antico Testamento, Roma 1978, 70-72; M.
STERNBERG, The Poetics o/ Biblica! Narrative. Ideologica! Literature and the Drama o/
Reading (Indiana Literary Biblical Series), Bloomington 1985, 102 ·103; 109-118 e
passim.
11 Su questo termine, cf. E. DUJARDIN, Le monologue intérzéur. Son apparition.

Ses origine.1'. Sa piace dans l'ceuvre de ]ames Joyce, Parigi 1931. Per quanto riguarda
la Bibbia, cf. N.P. BARSIOTIS, «Der Monolog im Alten Testament», in ZAW73(1961),
30-70; R. LAPOINTE, Dialogues bibliques et dialectique interpersonnelle, Parigi-Tour-
nai-Montréal 1971; CH. CONROY, Absalom! Absalom.1 (AnBib 81), Roma 1978, 130-
131; STERNBERG, Poetics, 451 ·-455 e passim.
12 Per questo, cf. BOOTH, Rhetoric, 75, 169-210; STERNBERG, Poetics, 59-85 e

passim.
124 Abramo e i suoi ospiti

è sicuramente sorpreso. Da una parte YHWH, in un baleno e senza


intermediari, accede al livello di conoscenza che era del narratore e
del lettore. Dall'altra, conferma ciò che il narratore aveva confiden-
zialmente trasmesso al suo uditore (v. 11) e a ciò che gli aveva rivela-
to delle riflessioni segrete di Sara (v. 12). Il narratore dimostra anco-
ra una volta che egli è degno di fede. Ma Dio prova soprattutto che
la sua «onniscienza» non ha nulla da invidiare a quella del narrato-
re.13 La scena non è priva di ironia. 14 Sara, che è stata sorpresa dal
lettore, è sorpresa da Dio. Il nome di Isacco ne riceve più di una con-
notazione; ricorderà per sempre un riso che ha una storia, una storia
in cui Dio ha dato prova della sua onniscienza. 15
Gli ultimi versetti della scena (18,14 -15) insistono su ciò che ab-
biamo appena scoperto. Anzitutto il versetto 14 può essere interpre-
tato almeno in due modi diversi. Il primo significato è abbastanza
evidente: «C'è forse qualcosa di impossibile per YHWH?>> significa
in questo contesto: « YHWH non può permettersi di dare un figlio a
una coppia sterile?». D'altro canto, ci si può chiedere se non è sot-
tinteso un secondo significato: «C'è qualcosa di nascosto per
YHWH? Gli è impossibile indovinare i pensieri segreti?». Ha appe-
na dimostrato che nulla gli è impossibile. 16 I due significati sono pos-
sibili e uno non esclude l'altro.
Sara, sorpresa, tenta allora di trovare il rifugio che le era proprio.
È a disagio ncll' ammettere che è stata scoperta e vuole ristabilire la
situazione a suo vantaggio con un sotterfugio che sostituirà la tenda:
nega, perché crede che il visitatore non l'ha potuta vedere né, so-
prattutto, ha potuto leggere i suoi pensieri. Ma è inutile. 11 racconto
si conclude con questa conferma di Dio: «No, tu hai veramente riso».
Questa conclusione franca merita alcune delucidazioni. In pri-
mo luogo, sembra che tutto l'apparato scenico sia sparito. Non si

13
U concetto di onniscienza è stato costruico da LUBBOCK, The Cra/t o/ Fiction.
Per la Bibbia, cf. fra gli altri STERNBERG, Poetics, soprattutto 84-99.
14
L'ironia dipende, in generale, da una differenza di livello di conoscenza. Cf.
BOOTH, Rhetorz'c, 175.
15
Cf. l'eccellente analisi di questo punto in STERNBERG, Poetics, 91-92.
16 Su questa ambivalenza, cf. STERNBERG, Poetics, 100.
'[;albero e la tenda 125

tratta più né dell'albero, né della tenda. Infatti, tutto è diventato tra-


sparente: non ci sono ostacoli alla conoscenza di YHWH. Tutto som-
mato, lo scenario non ha più ragion d'essere. In secondo .luogo, bi-
sogna notare che il testo non fornisce alcuna vera risposta alle do-
mande poste. Abramo e Sara hanno riconosciuto i loro visitatori?
Non si sa. Certo, il racconto mette sulla strada. Gli elementi ci sono.
Chi li sgranerà per formulare la risposa attesa? E chi risponderà alla
domanda retorica del v. 18? Il nostro racconto sembra proprio rien-
trare nella categoria delle «parabole aperte», in cui il lettore è il solo
a poter trarre la condusione. 17
Questo ci conduce alla nostra personale conclusione. Se il nar-
ratore si è preoccupato tanto di descrivere lo scenario di questo epi-
sodio, non è forse per invitare il lettore, fin dall'inizio, a decifrare un
messaggio? La dimostrazione del potere di Dio è destinata, sembra,
in primo luogo al lettore. Il nome di Isacco rimarrà certamente col-
legato al «riso» di Sara. Ma forse vi sono stati altri sorrisi nel corso
del racconto e questi non sono meno importanti. Fatto sta che è la
composizione dello scenario ad aver permesso al narratore di privile-
giare il lettore rispetto ai personaggi del racconto, per dimostrargli
poi come YHWH si prenda gioco di questa specie di vantaggio. 18

17 Sulla «parabola aperta», cf. R.M. EASTMAN, «The Open Parable: Demonstra-
tion and Definition», in College E'nglish 22(1960), 15-18; Boom, Rhetoric, 286-287.
l8 Queste brevi riflessioni propongono una lettura del testo nel suo stato at-
tuale. Io non nego in alcun modo il fatto che questo testo possa essere composito (cf.
lo studio di R. KILIAN, Die vorpriesterlichen Abrahamsìiberlieferungen literarkritisch
und traditionsgeschichtlich untersucht (BBB 24), Bonn 1966, 96-189; tavola sinottica,
167-169; e anche C. WESTERMANN, Genesis 12-36 (BK I,2), Neukirchen- Vluyn 1981,
331-332 che parla della combinazione dei due racconti. Il mio intento era semplice-
mente di mostrare che la redazione finale di questo testo composito può rivelare una
composizione coerente.
BREVE BIBLIOGRAFIA

EDIZIONI DEI TESTI

1. Rabbinismo e tradizioni· ebraiche


Aggagot du Talmud de Babylone (La source de Jacob) , tradotto da A.E.
Sartre, introduzione di M.-A. Ouaknine, Les Dix Paroles, La-
grasse 1982.

AVTGAD N. - YADIN Y., A Genesis Apocryphon. A scrollfrom the Wil-


derness o/]udaea. Description and Contents o/ the Scroll Facsimi-
les. Transcription and Translation o/ Columns II, XIX-XXII, Ge-
rusalemme 1956.

La Bible. Écrits intertestamentaz'res, ed. A. Dupont-Sommer - M. Phi-


lonenko, Bibliothèque de la Pléiade, Parigi 1987.

CAQUOT A., <<] ubilés», in La Bible, 628-810.

D UPONT-SOMMER A., «L'apocryphe de la Genèse», in La Bible, 383-


399.

FILONE D'ALESSANDRIA, De Abrahamo, in J. GOREZ, Les oeuvres de


Philon d'Alexandrie, 20, Parigi 1966.

FILONE D'ALESSANDRIA, Les oeuvres de Philon d'Alexandrie, ed. R


Arnaldez - J. Pouilloux - C. Mondésert, Parigi 1961 -1988.
128 Abramo e i suoi ospiti

FTTZMYER ]., The Genesis Apocryphon o/ Qumran Cave I. A Com-


mentary, Biblica et Orientalia 18a, Roma 1971.

GINZBERG L., Legends of the Bible, Filadelfia, PA 1975 (ed. it.


Adelphi, Milano 1995 e ss).

GIUSEPPE fLAVIO, Les Antiquitésjuives, ed. E. Nodet con la collabo-


razione di G. Berceville e altri, Parigi 1990.

LIGNÉE H., «L'apocryphe de la Genèse», in Les textes de Qumran tra-


duits et annotés. II (ed. J. Carmignac - É. Cothenet - H. Lignée),
Aurour de la Bible, Parigi 1963, 207-242.

Midrash Rabba. Tome I: Cenèse Rabba, tradotto dall'ebraico da B.


Maruani e A. Cohen-Arazi, note e introduzione di B. Maruani,
Les Dix Paroles, Lagrasse 1987.

Midrash Rabbah. Genesis I-Il, trad. di H. Freedman, Londra 3 1961.

The Mishnah, nuova traduzione di]. Neusner, New Haven, CN,


1988.

PIIILONENKO-SAYAR B. -: PHILON:ENKO M., «Apocalypse d' A-


braham», in La Bible, 1691-1730.

SCHMIDT F., «Testament d'Abraham», in La Bible, 1647-1690.

Le Talmud: exposé synthétique du Talmud et de l'enseignement des


Rabbins sur l'éthique, la religion, les coutumes et lajunsprudence,
di A. Cohen, traduzione di J. Marty, Parigi 193 3.

Le Talmud: Traité Haguiga,traduzione dall'aramaico e dall'ebraico,


note e prefazione del Gran Rabbino Israel Sa1zer, Les Dix Paro-
les, Lagrasse 1991.

Le Talmud: Traité Pessahim, 2 voll., tradotto dall'ebraico e dall'ara-


maico da I. Salzer, Les Dix Paroles, Lagrasse 1984-1986.
Breve bibliografia 129

Les textes de Qumran traduits et annotés, II, ed. J. Carmignac - É.


Cothenet - H. Lignée, Autour de la Bible, Parigi 1963.

2. Il Corano

Le Coran, trad. par R. Blachère selon un essai de reclassement des


sourates, Islam hier et d'aujourd'hui 3-5, Parigi 1947-1949-1951.

Le Coran, prefazione di J. Grosjean; introduzione, traduzione e note


di D. Masson, Bibliothèque de la Pléiade 124, Bruges 1967.

The Holy Quran. Arabic Text and English Translation, Roma 1984.

Der Koran in der Obersetzung von Friedrich Ruckert, ed. H. Borzin


mit erklarenden Anmerkungen von Wolfdietrich Fischer, Wurz-
burg 1995.

The Qur'an as Text, ed. S. Wild, Islamic philosophy, theology and


science, Texts and studies 27, Leida 1996.

OPERE E ARTICOLI CITATI

Abraham, patriarche de trois religions, in Le Monde de la Bible, 140,


gennaio-febbraio (2002).

AHMAD A., La Sicile islamique, Parigi 1990.

ALETTI}.-N., Comment Dieu est-iljuste? Clés pour interpreter l'épitre


aux Romains, Parigi 1991.

ALrER R., The Art o/ Biblica! Narrative, New York 1981 (tr. it., L'arte
della narrativa biblica, Brescia 1990).

ANDRAE T., Die Person Muhammeds, in Lehre und Glauben seiner


Gemeinde, Stoccolma 1918.

ARBEL I., Maimonides. A Spiritual Biography, New York 2001.


130 Abramo e i suoi ospiti

ARNALDEZ R., Averroès, un rationaliste en Islam, Le Nadir, Parigi


2 1998.

AsfN PALAClOS M., Abenmasarra y su escuela: origenes de la filosofia


hispano-musulmana [Discurso de ingreso en la Real Academia de
Ciencias Morales i· Politicas], Madrid 1914.

, La escatologia musulmana en la Divina Comedia, Madrid 1919.

, El Islam cristiamzado, Madrid 1931.

, «Un précurseur hispano-musulman de saint Jean de la Croix»,


in Studes Carmelitaines 17(1932), 113-167.

, Huellas del Islam, Madrid 1941.

AUERBACH E., Mimesis, La raprésentation de la réalité dans la littéra-


ture occidentale, Parigi 1969 (tr. it., Mimesis, Il realismo nella let-
teratura occidentale, Torino 1956).

BARKA1 R., (ed.), Chrétiens, musulmans et juifs dans l'Espagne médié-


vale, Parigi 1994.

BARNET S. - BERMAN M. - BURTO W., A Dictionary o/ Literary, Dram-


matic and Cinematic Terms, Boston 1971.

BARSlOTIS N.P., «Der Monolog im Alten Testament», in Zet'tschrzft


/ur die alttestamentliche Wissenscha/t 73(1961), 30-70.

BASSET J.-C, «Ibrahim à la Mecque, prophète de l'Islam», in


Abraham, nouvelle jeunesse d'un ancùre (ed. Th. Romer), Gine-
vra 1997, 79-92.

BASETI'I-SANI G., Louis Massignon. Orientalista cristiano, Milano 1971.

BERLIN A., Poetics and Interpretation o/ Biblica! Narrative, Biblc and


Literaturc Series, Sheffield 1983 .
Breve bibliografia 131

BoOTH W. , The Rhetoric o/ Fiction, Chicago-Londra 1983.

BRODY R, «The Geonim of Babylonia and Biblica! Exegesis», in He-


brew Bible/Old Testament. The Hist01y o/ lts lnterpretation, I/2.
The Middle Ages (ed. M. Sreb0), Gottinga 2000, 74-88.

B UHL F., «Mariya», in Encyclopédie de l'Islam, IV, 560-561.

- , «Mina», in Encyclopédie de !.:Islam, VII, 65-66.

CARDAILLAC L., Morisques et chrétiens. Un af/rontement polémique


(1492-1609), Parigi 1977.

COHEN M., «The Qimhi Family», in Hebrew Bible!Old Testament.


1'he History Its Interpretation, l/2. The Middle Ages (ed. M.
Sreb0), 388-415.

CONROY CH., Absalom.1 Absalom!, Analecta Biblica 81, Roma 1978.

Le Coran et la Bible, in Le Monde de la Bible, 115, novembre-dicem-


bre (1998).

DAGORN R., La geste d'Ismael d'après l'onomastique et la tradition


arabes, Parigi-Ginevra 1981.

D ÉCLAIS J.-L., «La Bible racontée


par les premiers musulmans», in
Nouvelle Revue Théologique 120(1998), 216-232.

D UCELJ.IER A, Les chrétiens d'Orient et l'Islam (VJJe.xve s.), Parigi


1996 (tr. it., I Cristiani d'Oriente e l'Islam nel Medioevo, Torino
2001).

D UFOURCQ CII.-E., La vie quotidienne dans l'Europe médiévale sous


domination arabe, Parigi 1981.

D UJARDIN E., Le monologue intérieur. Son apparition. Ses origines. Sa


place dans l'oeuvre de James Joyce, Parigi 1931.
132 Abramo e i suoi ospiti

E ASTMAN R.M., «The Open Parable: Demonstration and Defini-


tion», in College English 22(1960), 15-18.

Eco U., Lector in fabula. La cooperazione interpretativa nei testi nar-


rativi, Milano 1979.

ELMAN Y, «Moses ben Nachman/Nachmanides (Ramban)», in He-


brew Bible/Old Testament. The History of Its Interpretation. I/2.
The Middle Ages (ed. M. Sreb0), Gottinga 2000, 416-432.

Encyclopédie de l'Islam, ed. H.A.R. Gibb e altri, nuova edizione, Lei-


da-Parigi 1960-2002.

FIERRO M., «Comment l'Islam voit les autres religions», Les religions
de l'Andalousie, in Le Monde de la Bible, ottobre-novembre
(2000), 19-24.

FOKKELMANN J.P., Narrative Art in Genesis, Assen-Amsterdam 1975.

FRANK D., «Karaite Exegesis», in Hebrew Bible!Old Testament. The


History o/ Its Interpretation, l/2. The Middle Ages (ed. M. Sreb0),
Gottinga 2000, 110-128.

GILBERT M., «Siracide», in Dictionnaire de la Bible. Supplément XII,


Parigi 1966, 1389-1437.

GOTILIEB I.B., «Light and Darkness in Perpetua! Round: Genesis 18


and 19», in On the Path to Knowledge. Essays in ]ewish Culture,
Festschri& Abraham Mirsky, Lod 1986, 181-198.

GRÉGORIO Dl N ISSA, La vie de Moi'se ou traité de la per/ection en ma-


tière de vertu, introduzione e traduzione di J. Daniélou, Sources
chrétiennes, Ibis, Parigi 2 1955.

GUICHARD P., Structures sociales orientales et occidentales dans l'E-


spagne musulmane, Parigi 1977.
Breve bibliografia 133

, I.:Espagne et la Sicile musulmanes aux XIe et XIJe siècles, Lione


1990.
, Al-Andalus 711-1492, Parigi 2001.

HALEVI Y.K., At the Entrance to the Garden of Eden. A ]ew's Search


/or God with Christians and Moslims in the H.oly Land, New
York 2001.

HARPIGNY G., Islam et christianisme selon Louis Massignon, Homo


religiosus 6, Louvain-La Neuve 1981.

HAYEK M., Le mystère d'Ismael, Parigi 1964.

HELYER L.R., «The Separation of Abram and Lot», m ]SOT


26(1983 ), 77-88.

!DEL M., Maimonide et la mystique juive, Parigi 1991.

ISER W., Der Akt des Lesens. Theorie Aesthetischer Wirkung, Mona-
co 1976; tr. inglese, The Act o/ Reading, Baltimora 1978; The
Reader in the Text. Essay in Audience and Interpretation (ed. S.R.
Sulean-I. Crosman), Princeton 1980.

]ACOB B., Das erste Buch der Torah. Genesis, Berlino 1934.

KALTNERJ., Ishmael Instructs Isaac. An Introduction to.the Qur'an /or


Bible Readers, A «Connections» Book, Collegeville, MN 1999.

KANTOROWICZ E., Kaiser Friedrich der Zweite, Di.isseldorf-Monaco


1927-1931.

Kn.IAN R., Die vorpriesterlichen Abrahamsuberlieferungen literarkri-


tisch und traditiongeschichtlich untersucht, Bonner Biblicher Bei-
trage 24, Bonn 1966.

KISTER MJ, «makam Ibrahim», in Encyclopdie de L'Islam, VI,


102-105.
134 Abramo e i suoi ospiti

KLEIN-BRASLAVY S., «Moses ben Maimon», in H ebrew Bible/Old Te-


stament. The HiStory o/ lts l nterpretation. I/2. The Middle Ages
(ed. M. Sreb0), 311-320.

K OGUT S., «On the Meaning and Syntactical Status of hinneh in Bi-
blica! I Icbrew», in Studies in Bible, Scripta Hierosolymitana
XXXI, ed. S. Japhet, Gerusalemme 1986.

KUSCHEL K.-J., Streit um Abraham. Was ]uden, Christen und Muslime


trennt- und was sie eint, Monaco 1994 (tr. it., La controversia su
Abramo: ciò che divide - e ciò che unisce ebrei, cristiani e musul-
mani, Brescia 1966; tr. spagnola Discordia en la casa de Abrahdn:
Lo que separa y lo que une a judios, cristianos y musulmanes,
Estella (Navarra) 1996).

L ACK R., Letture strutturaliste dell'Antico Testamento, Roma 1978.

LAPOINTE R., Dialogues bibliques et dialectique interpersonnelle, Pa-


rigi-Tournai-Montréal 1971.

L .EAMAN O., Averroes and His Philosophy, Oxford 1988.

L EMAIRE A., «Cycle primitif <l'Abraham et contexte géographique-


historique», in History and Tradition o/ Early lsrael: Studies Pre-
sented to Eduard Nielsen (ed. A. Lemaire, B. Otzen), VTS 50,
Leida 1993, 62-75.

LERNER R., Maimonides' Empire o/ Light. Popular Enlightenment in


an Age o/ Belief, Chicago 2000.

L ETELLlER P., Day in Mamre, Night in Sodom. Abraham and Lot in


Genesis 18 and 19, Biblical Interpretation Series 10, Leida 1995.

LÉVI-PROVENçAL E., Histoire de l'Espagne musulmame, Parigi 2 1999.

L UBBOCK P., The Craft o/ Fiction, Londra 1921.


Breve bibliografia 135

MAGONET J. Abraham - Jesus - Mohammed. Interreligioser Dialog


aus judischer Perspektive, Giitersloh 2000.

, «The Bush That Never Burnt (Narrative Techniques in Exodus


3 and 6)», in Hey] 16(1975), 304-311.

MAlMONIDES M ., The Guide o/ the Perplexed. Translated with an In-


troduction and Notes by Shlomo Pines. With an Introductory Es-
say by Leo Strauss, Chicago 1963.

MAMAN A., <<]udah Bayyuj», in Hebrew Bible!Olt Testament. The


o/
History Its Interpretation. V2 . The Middle Ages (ed. M. s~b0),
Gottinga 2000, 263-267.

MANNS E, (ed.), The Sacri/ice o/ Isaac in the Three Monotheistic Reli-


gions, Analecta Francescana - Studio Biblico Francescano 41,
Gerusalemme 1995.

MANTRAN R., Uexpansion musulmane (VIJe_xJe siècles), Nouvelle


Clio 20, P arigi 1969.

MARGUERAT D ., «Fils et filles d'Abraham selon le Nouveau Testa-


ment», in Abraham. Nouvelle jeunesse d'un ancetre (ed. Th. Ro-
mer), Ginevra 1997, 61 -77.

MARTIN .J .M.' Italies normandes. xre.x111e siècles, La vie quotidienne.


Civilisations et societés, Parigi 1994 (La vita quotidiana nelFita-
lia meridionale al tempo dei Normanni, Milano 1997).

MARTJN-ACHARD R., Actualz'té d'Abraham, Bibliothèque théologique,


Neuchatel-Parigi 1969.

MASSJGNON L., «Textes musulmans pouvant concerner la nuit de


l'esprit» in Études Carmélitaines 23(1938), 55-58.

, «L'Occident devant l'Orient: primauté d'une solution culture1-


le», in Politique étrangère, giugno 1952, 13-28 =DAR EL-MMREF
(ed.), Opera minora, Il Cairo 1963, I.
136 Abramo e i suoi ospiti

- , Les trois prières d'Abraham, Patrimoines, Parigi 1997.

MASSON D., Monothéisme coranique et monothéisme biblique. Doc-


trines comparées, Parigi 1976.

McEVENUE S.E., «The Elohist at Work», in Zeitschri/t /ur die Alttes-


tamentliche Wissenscha/t 96(1984), 315-332.

MILLET-GÉRARD D., Chrétiens mozarabes et cuù~re islamique dans


l'Espagne des VIJJe-Jxe siècles, Parigi 1984.

MITTWOCH E., «'1d al-adba», in Encyclopédie de l'Islam, III, 1033.

MONTGOMERY WATT W., Muhammad: Prophet and Statesman,


Oxford 1961.

, «lsbak», in Encyclopédie de l'Islam, IV, 114-115.

MOUBARAC Y., Abraham dans le Coran. J;histoire d'Abraham dans le


Coran et la naissance de l'Islam, Parigi 19.58.

, «Abraham en Islam», in Cahiers Sioniens 5(1951).

, J;oeuvre de Louis Massignon, Beirut 1972-1973.

, «La pensée chrétienne et l'Islam. Principales acquisitions et


problématiques nouvelles», in Concilium 116(1976), 39-56

, Recherches sur la pensée chrétienne et l'Islam dans les temps mo-


dernes et à l'époque contemporaine, Beirut 1977.

NAGEL T., Geschichte der islamischen Theologie. Von Mòhammed bis


zur Gegenwart, Monaco 1994.

NWYIA P., «Ibn Abbad et Jean de la Croix. À propos d'une hy-


pothèse d'Asin Palacios», in Al-Andalus 22(1957), 113-130.
Breve bibliografia 137

PARET R., «lbrahirn», in Encyclopedie de l'Islam, IV, 1004-1006.

- , «lsrna'Il», in Ivi, 193-194.

PREUS J .S., Spinoza and the Irrelevance o/Biblica! Authority, Ca_rnbri-


ge 2001.

P URY A. DE, «Osée 12 et ses irnplications pour le débat actuel sur le


Pentateuque», in Le Pentateuque. Débats et recherches. XIVe
Congrès de l'ACFEB, Angers 1991 (ed. P. Haudebert), Lectio
Divina 151, Parigi 1992, 175-207.

, «Abraharn: The Priesùy Writer's "Ecumenica!" Ancestor», in


Rethinking the Foundations. Historiography in the Ancient World
and in the Bible. Essays in Honour of John Van Seters (ed. S.L.
McKenzie - Th. Romer), Beihefte zur Zeitschrift for die Altte-
stamentiche Wissenschaft 294, Berlino 2000, 163-181.

RAD G. VON, «Josephgeschichte und altere Chockma», in Congress


Volume. Copenhagen .1953, Vetus Testamentum Supplement 1,
Leida 1953, 120-127 = Gesammelte Studien zum Alten Testa-
ment, Theologische Bucherei 8, Monaco 1958, 272-280. Tr. ingl.,
«The.Joseph Narrative and Ancient Wisdorn», in The Problem o/
the Hexateuch and Other Essay, New York 1966, 292-300.

«Les religions de l' Andalousie. Au temps des califes omeyyades», in


Le Monde de la Bible, ottobre-novembre (2000).

REMAUD M., A cause des Pères. Le «Mérite des PèreS» dans la tradi-
tion juive, Collection de la Revue des Études Juives 22, Parigi-
Lovanio 1997.

RIZZARDI G., L. Massignon (1863-1962). Un pro/ilo dell'orientalista


cattolico, Quodlibet 6, Milano 1996.

RòMER TH. (éd.), Abraham. Nouvellejeunesse d'un ancetre, Essais bi-


bliques 28, Ginevra 1997.
138 Abramo e i suoi ospiti

, Israèls Véiter, OBO 99, Friburgo Svizzera-Gottinga 1990.

, <<Qui est Abraham? Les différentes figures du patriarche dans


la Bible hébrai:que», in Ahraham, nouvelle jeunesse d'un ancetre,
Essais bibliques 28, Ginevra 1997.

, «lsaac et Ismael, concurrents ou cohéritiers de la promesse?


Une lecture de Genèse 16», in ETR 74(1999), 161 -172.

, «Recherches actuelles sur le cycle d' Abraham», in Studies in the


Book o/ Genesis. Literature, Redaction and History, ed. A. Wé-
nin, BETL 155, Lovanio 2001, 179-211.

SACCHI P., Storia del secondo Tempio. Israele tra il VI secolo a.C. e il I
secolo d.C, Torino 1994.

SJEB0 M. (ed.), Hebrew Bzhle/Old Testament. The History of lts In-


terpretatzòn. I/2. The Middle Ages, Gottinga 2000.

SCHARBERT ]., Genesis 12-50, D ie Neue Echter Bibel, Wiirzburg


1986.

SCHIPPERS A., La poésie hispano-hébraique et la traditzòn littéraire ara-


be. Thèmes arabes dans la poésie hébraique andalouse, Leida
1994.

SELENGUT CH., ]ewish-Mustim Encouters. History, Philosophy and


Culture, St. Paul, MN, 2001.

SFAR M., Le Coran, la Bible et l'Orient ancien, Parigi 2 1998.

SIMON U., «Abraham ibn Ezra», in Hebrew Bihle/Old Testament.


The History of Its lnterpretation. I/2. The Middle Ages (ed. M.
Sreb0), Gottinga 2000, 377-387.

SIMONET EJ., Historia de los mozdrabes de Espaiia deducida de los


mejores y mds autenticos testimonios de los escritores cristianos y
arabes, Madrid 3 1983.
Breve bibliografìa 139

SKA J. -L., Introduzione cdla lettura del Pentateuco. Chiavi per l'inter-
pretazione dei primi cinque libri della Bibbia, EDB, Bologna
2000. .

, «L'arbre et latente: la fonction du décor en Gn 18,1-15>>, in Bi-


blica 68(1987), 383-389.

, «Essai sur la nature et la signification du cyclc d'Abraham», .in


Studies in the Book of Genesis. Literature, Redaction and History
(ed A. Wénin), BETL 155, Lovanio 2001, 153-177.

STERNBERG M., The Poetics of Biblica! Narrative. Ideologica! Literatu-


re and the Drama of Reading, Indiana Literary Biblica! Series,
Bloomington 1985.

URVOY D ., Penseurs d'al-Andalus, Parigi 1991.

, Averroès - les ambitions d'un intellectuel musulman, P arigi


1998.

, «Éditoriah>, «Le religions de l'Andalousie», in Le Monde de la


Bible, ottobre-novembre (2000), 3.

, «Une terre d'échanges et de conflits», in Ivi, 11-17.

URVOY M.-T., Le psautzér mazarabe de Hafs le Goth. Étude, traduction


et édition, Tolosa 1994.

VAN SETERS ]. , Abraham in History and Traditzòn, New Haven, CN-


Londra 1975.

VAUX R. DE, Les Institutions de l'Anàen Testament, Parigi (tr. it., Le


Istituzioni dell'Antico Testamento, Genova 3 1977).

VERNET J., Lo que Europa debe al Islam de Espana, Barcellona 1999.

VOGELS W., Abraham. L'inizio della Fede. Genesi 12,1-25,11, (Fame


e sete della parola), Cinisello Balsamo 1999.
140 Abramo e i suoi ospiti

WEISS M., «Einiges i.iber die Bauformen des Erzahlens in der Bibel»,
in Vetus Testamentum 13(1963), 458-475.

W1::NTN A., Isaac ou f épreuve d'Abraham. Approche narrative de


Genèse 22, Le livre et le rouleau 8, Parigi-Bruxelles 1999.

, «Sarii, Hagar et Abram», in RTL 32(2001), 24-54.

, (ed.) Studies in the Book o/ Genesis. Literature, Redaction and


History, BETL 155, Lovanio 2001.

WESTERMANN A., Genesis 12-36, BK 1,2, Neukirchen-Vluyn 1981.

WOLFF K.B., Christian Martyrs in Muslim Spain, Cambridge 1988.

ZAC S., Spinoza et l'interprétation des Écritures, Parigi 1965.


INDICE DEI TESTI BIBLICI E DEI TESTI ANTICHI
. (scelti)

Bibbia

ANTICO T ESTAMENTO

Genesi 22,2 70 (n. 19)


22,14 70 (n. 19)
10,8-9 30 (n. 17) 22,15-18 23 (n. 5), 25 (n. 8)
12,1-4a 9, 11,28 24,62 65
12,3 58 25,9 62
12,10-20 26-27 25,11 65
14,22 32 25,18 65
14,23 32 26,4-5 14, 25 (n. 8)
15,1-6 58 26,5 22 (n. 4)
15,7 31
16,1 -16 62-64 Esodo
16,13-14 65
17,10-27 62 1-2 30
34,18-23 87 (n. 3)
17,16-17 55
18,1-15 31-33, 37-40, 41-
Numeri
45, 72-79, 92, 117-
125 33,53 108
18,6 15-16
18,8 72 (n. 24) Deuteronomio
18,16-33 72-79 7,3-4 15 (n. 9)
18,18-19 14,32
19,1-29 72-79 2 Samuele
19,17-22 74 (n. 29)
24,1 29 (n. 14)
19,26 74
21,8-21 62-64 1 Cronache
21,21 65
22,1-19 12-13, 33-34, 70 21,1 29 (n. 14)
(n. 19)
142 Abramo e i suoi o5piti

2 Cronache Ezechiele
3,1 70 (n. 19) 33,23 -29 51

1 Maccabei Giobbe

2,52 25-26 1-2 29,33

Isaia Siracide
25,4-6 16
33,14-17 32 44,1 23
41,8 81,88 44,19-21 23-26
63,11-16 50 44,20 14

Nuovo TESTAMENTO

Matteo
4,3 58
1-2 30 4,9 58
3,9 52 4,11 6
8,10-11 52
Calati
Luca
3,6 58
3,8 52 3,8 58
3,17 58
Giovanni 3,27-29 59
8,56 13 (n. 6), 55-57 Ebrei
8,58 54-57
9,29 55 7,1-17 53 -54
14,6 86 11,8-12 49
13,2 49
Romani
Giacomo
4,1-25 58-59
4,1 50 2,21-23 48
Indice dei testi biblici e dei testi antichi (scelti) 143

Letteratura ebraica
e testi rabbinici

Jl.pocrzfo della Genesi 26-27 GJUSEPPE FLAVIO

Giubilei Antichità giudaiche

11-12 27-29 I,196-198 37-40

Genesi Rabba 3 0-35 PTLONE D'ALESSANDRIA

56,3 34 (n. 25) DeAbrahamo

Mishna 35-36 107-113 42-45


Talmud 35-36

Platone

Pedone Repubblica

18-21 41(n.43) III,392-395 38

Corano

2,126 81 11,69-82 72-79


3,65 80 11,107 70
3,66-67 80 37,100-108 68

Omero

Odissea

XIX 5
INDICE DEI NOMI

Abu 'I-Qàsim 112 Bobzin H. 66, n.8


Ahmad A. 117, n. 82 Booth W. 123, nn. 10.12;
Alberto Magno 103, n. 47 128, n. 14; 125,
AlettiJ.-N. 57, n. 18 n. 17
Alfonso VI Brody R. 114, n. 77
il Valoroso 112 Buhl F. 69, n. 14; 70, n. 18
Alfonso VIII 104, n. 49 Burto W 118, Il. 2
Al-Idrisi 114-115
Al-Mansour Caquot A. 27, n. 11
(Almanzor) 110 Cardaillac L. 109, n. 64
Alter R. 121, n. 7 Carmignac J. 26, n. 9
Andrae T. 91, n. 10 Carlo d'Angiò 115, n. 87
Aristotele 100 Christiani P. 107 -108
Arnaldez R. 41 , n. 41 ; 100, Cohen A. 35, n. 25
n.34 Cohen-Arazi A. 30, n. 15
Asfn Palacios M.91, n. 10; 98, n. 24 Conroy Ch. 123, n. 11
Auerbach E. 5, n. 1 Cothenet É. 26, n. 9
Averroès 94, 100-103 Crosman I. 118, n. 1
Avicenna 94
Avigad N. 26, n. 9 Dagorn R. 68-69, n. 12
DaniélouJ. 87,n.3
Bacon R. 101, 102 Dante 88-89, 101, n. 37;
Barkai R. 95, n. 17; 110, 103, Il. 47; 116
n.65 Dar el-Maaref 95,n. 11
Barnet S. 118, n . 2 Déclais J. -L. 61,n. 1
Barsiotis N.P. 123, n. 11 Ducellier A. 114,n.81
Basetti-Sani G. 91-92, n. 10 Dufourcq
Basset J.-C. 66, n. 8; 68, n. Ch.-E. 95, n. 17
12; 80, n. 36; 82, Dujardin E. 123, n. 11
nn. 41-42 Dupont-
Berlin A. ' 120,n.6;121,n.7 Sommer A. 22,n.2;26,n.9
Berman M. 118, n. 2
Blachère R 66, n. 8; 72, n. 23 Eastman R.M. 125, n. 17
146 Abramo e i suoi ospiti

Eco U. 118, n. 1 Halevy Y.K. 93, n. 12


Edrisi si veda Al-ldrisi Harpigny G. 91 -92, n. 10
Elkailn-Sartre A. 35, n. 25 Haudebert P. 51, n. 7
Elman Y. 106, n . 56 IIayckM. 82,n.43
HayyujJ. 99
Federico II Hclyer, L.R. 12,n.4
(Hohenstaufen) l 15
Fierro M. 110, n. 69; 112, lbn Ezra 70, n. 19; 98-100,
Il. 74 108
Filone di Ibn Gabirol S. 99
Alessandria 38, n. 36; 41-45 Ibrahirn (figlio
Fischer W 66, n. 8 di Maometto) 70
Fitzmyer J. 26, n. 10 Idcl M. 104, n. 51
Fokkclman J.P. 121, n. 7 Tdrisi si veda Al-Idrisi
Frank D. 114, n. 80 l nnocento IV 115, n. 87
Fray Luis si veda Iser W. 118, n. 1
de Le6n Luis de Le6n
Freedman H. 30, n. 15 Jacob B. 122, nn. 8.9
James H. 38,n.37
Genette G. 38, n. 37 Japhet S. 121 , n. 7
Gilbert M. 23, n. 6
Ginzberg L. 30, n. 15; 31, n. 19 Kaltner J. 61, n. 1; 69, n.
Giovanni XXI 103 13; 72, n. 22-23;
Giovanni della 76, n. 30; 77, n.
Croce 98, 109 32;78,n.33
GiuseppeFlavio37-40; 72, n. 24; Kantorowicz E. 115, n. 86
114,n. 79 Kilian R. 125, n. 18
GorezJ. 41,n.42;42;43 Kister M.]. 71, n. 21
Gottlieb J.B. 79,n.34 Klein-Braslavy S.104-105, n. 51
Gregorio di KogutS. 121,n. 7
Nissa 87,n.3 Kuschel K.-J. 22, n. l; 23, n. 7;
Gregorio IX 107; 115, 11. 87 25;31,n.18;35,n.
Grosjean]. 66,n.8 25; 36, n. 28; 47, n.
Guichard P. 95, n. 17; 110, n. l; 49, nn. 4.5; 52-
69; 114,n. 82 57; 61, n. 1; 62, n.
2; 67, n. 10; 80, nn.
Ha-Lévy J. 98,n.27 35.38; 83,n. 46; 89
Indice delle persone 147

Lack R. 123 , n. 10 n. 25; 36, n. 28;


Lapointe R. 123, n. 11 47, n. 1; 48, n. 2;
Leaman O. 101, n. 36 49,nn. 4-5; 61, n .
Leone X 103 1; 80, nn. 36.38;
Lerner R. 104, n . 51 82, Il. 43.45
Letellier P. 79, n. 34 MartyJ. 35, n.25
Lévi-P rovençal Maruani B. 30, n. 15
E. 95,n. 17;96,n.19 Massignon L. 91-92, n. 10; 92;
Lignée H . 26, n. 9 98,n. 24
Lubbock P. 123 , n. 10; 124, Masson D. 61, n. 1; 66, n. 8
Il. 13 Millet-Gérard D.95, n. 16
Luigi IX (santo)107; 115, n. 87 Mirsky A. 79, n. 34
L uis de Leén Mittwoch E . 69, n. 16
(Fray) 108-109 Mondésert C. 41, n. 41
LulleR 103 Montgomery-
Watt W 68-69, n. 12; 91-
McEvenue S. 90, n. 9 92, n. 10
MacKenzie S.L. 66, n. 7 Moubarac Y. 61, n. 1; 66, n. 9;
Magonet J. 59, n. 21; 120, n. 5 68, n. 11; 80, n.
Maimonide 101, 104-106, 111 37; 81, Il. 40; 91-
Maman A. 99, n. 29 92, n. 10
MannsF 3.3 , n.23;69,n.16
Mantran R. 95, n. 17; 96, n. Nachmanide 104-108
19; 97' Il. 22; 99, Nagel T. 66, n.8
Il . .30; 110, 112, Neusch M. 70, n. 17
113 Neusner J. 35,n.25
Maometto 68, 70-71, 80, 81- Nodet É. 38, n.32
82 Nwyia P. 98,n. 24
Marguerat D. 47, n. 1; 49, n. 5;
52,n.9 Onorio III 118, n. 87
Maria (sposa Ouaknine M.-A.35, n. 25
di Maometto) 70, n. 18
Martin J.-M. 114, n. 82 Paret R. 61, n. 1; 68, n.
Martin-Achard 12; 73, n. 26
R. 19, n. 15; 22, n. Pérez]. 109, n. 61
l; 26, n. 9; 27, n. Philonenko M. 22, n. 2
10; .30, n. 15; 35, Philonenko-
148 Abn1mo e i suoi ospiti

Sayar B. 22, n. 2 Simon U. 98,n.25


Pietro d'Irlanda 101 Ska J.-L. 16, n. 10; 19, n.
Pines S. 105, n. 54 15; 50, n. 6; 64, n.
Platone 38; 41, n. 43 4; 80, n. 36; 98, n.
PlattiE. 61,n.1;70,n.17 25;99,n.32
PouillouxJ. 41, n. 41 Spinoza B. 99
Pouttier J.-L. 96, n. 18 Sternberg M. 123, n. 10; 123,
Pury A. de 51, n. 7; 66, n. 7; nn. 12.13; 128,
71, n. 20 nn. 14.16.17
Preus j.S. 99, n. 32 Strauss L. 105,n.54
Suleiman S.R. 118, n. 1
Qimhi 105,n.52
Tar!q 96,n. 19
Rashi 38, n. 36; 72, n. Tempier É. 102
24; 99; 108 Tolomeo C. 37,n.30
Remaud M. 34, n. 24; 36, n. 27 Tommaso
Rizzardi G. 91-92, n. 10 d'Aquino 101-102
RomerTh. 13, n. 5; 19, n. 15;
47, n. l; 50, n. 6; Urbano IV 118,n.87
65, n. 6; 66, n. 7-8 Urvoy_D. 96, n. 18; 100, n.
Riickcrt F. 66,n.8 34; 110,n.68
Urvoy M.-T. 95, n. 16
Saadia (Gaon) 99, 114
Sacchi P. 18, n. 13 Vaux R. de 119, n. 3
Sreb0 M. 98, n. 25; 99, n. Virgilio 89
29; 104, n. 51; Vogels W. 19,n. 15
105, n. 52; 106, von Rad G. 17, n. 12
n. 56; 114, nn.
77.80 Weiss M. 121, n. 7
Saladino 105, n. 53 Wénin A. 19, n. 15; 33, n.
Salzer I. 35, n. 25 24; 63, n. 3
ScharbertJ. 122,n. 9 Westermann C. 125, n. 18
Schmidt F. 22, n. 3 Wild S. 66, n. 8
Scot M. 101 Wolff K.B. 110, n. 66
Selcngut Ch. 97, n. 22
Yadin Y. 26,n.9
Sfar M. 61, n. 1
Sigieri di Brabante 101-102 Zac S. 100,n.32
INDICE TEMATICO

Abbassidi 113 Giovanni della


Abramo Croce (santo) 98, 109
Età 9-10, 16-17 Haggada 30 (n. 16), 107 (n.
Discendenza 12-13 59)
e Maometto 81-82 Halaka 30 (n. 16), 107 (n.
Osservanza 59)
della legge 14-16 Hanéf 80
Paternità 'Id al-Adha 69
(NT) 50-52 Imam 80
Sapienza 16-17 Inquisizione 107 (n. 57), 109
Vocazione 9 Ironia 124
Almohàdi 96, 104 (n. 49), Islam
105, 111 Etimologia 68 (n. 11)
Almoràvidi 96, 111-113, 113 Jeres de la
Aqeda 33-34 Frontera 96 (n. 19)
Averroismo 102 Ka'aba 70-71
Bagdad 113 Kz'tab Roudjar 115
Cadi 100 La Mecca 70-71
Cantar (el) Libro di
de mio Cid 103-104 Ruggero 115
Chanson de Maqiim
Roland 104 Ibrahzm 71
C6rdoba 97 Marrani 109 (n. 63)
Dialogo Martiri di
interreligioso 89-92 C6rdoba 110
Discorso Matamoros 104 (n. 49)
di addio 22 (n. 3) Millat Ibrahzm 67, 81
"Doppia Mi'mesis 38
verità" 100, 102 Mina 69
Druzi 69 Moreschi 109 (n. 63)
El Cid Mozarabico 95 (n. 16)
(Campeador) 103-104 Mudejar 97 (n. 23 ), 109
Gibilterra 96 (n. 19) Napoli
150 Abramo e i suoi os-piti

(università) 115
Nasridi 96-97 (n. 20)
Navas de
Tolosa 104 (n. 49)
Odyssea 5-6, 17-19
Omayyadi 96-97
Parabola
aperta 125
Prospettiva 120-121
Pumbedita 114
Qaraiti 114
Re cattolici 109
Reconquista 95, 111
Salamanca 108
Santiago de
Compostela 104, 110
Scrittore
sacerdotale (P) 1O (n. 3)
Showing 38 (n. 37), 123 (n.
10)
Sicilia 114-115
Sura 114
Telling 38 (n. 37), 123 (n.
10)
Terapeuti 42
Terra
promessa 11-12
Trento
(concilio) 109
Ulisse 5-6
Vulgata 109
INDICE

PREFAZIONE .................................................................. pag. 5

1 ABRAMO NELLA GENESI


O L'ETERNA GIOVINEZZA
DEL PADRE DEI CREDENTI .... . .. .. ... ... . .. ... .. ... .. ... .. ... .. .. .... » 9
L'età di Abramo .. .. .. .. .. . ... .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. » 9
Una biografia movimentata .............................................. » 11
La docilità audace ed eroica di Abramo .... .. .... .... .. .. ... .. ... » 13
Abramo, vecchio e sapiente .............................................. » 16
Abramo e Ulisse, Israele e la Grecia .. .. ... .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. . » 17

2 ABRAMO NELLA TRADIZIONE EBRAICA


O IL MODELLO DEI CREDENTI .......... .. .. ........ ............ .. » 21
Ritratto di Abramo nell'ebraismo antico ......................... . » 22
Il Siracide:
le prime interpretazioni della figura di Abramo ............ .. » 23
L'Apocrifo della Genesi a Qumran ........................ ........ .. » 26
Il libro dei Giubilei ...................... ........................ .......... .. » 27
Il Midrash ...................................... ....... ..... ................. ..... .. » 30
La tradizione rabbinica (Mishna e Talmud) ................... . » 35
Il giudaismo ellenistico ........... ..... ........................ .......... .. » 36
1. Giuseppe Flavio .................................................... .. » 37
2. Filone di Alessandria ............................................ .. » 41
Conclusione ........................... ......................................... .. » 45
152 Abramo e i suoi ospiti

3 ABRAMO NEL NUOVO TESTAMENTO


O IL RITORNO ALLE SORGENTI...................................... » 47

Abramo, il «credente modello» .. . .... .. ..... ....... ... .. .. ... .. .. .. .. . » 48


La paternità di Abramo
secondo il Nuovo Testamento ..... ....................... ....... ....... » 49
Il sacerdozio di Mekhisedek (Eb 7) ................................ » 53
Prima che Abramo fosse, io sono (Gv 8,58) .................... » 54
Paolo e la salvezza per mezzo della fede .. .. .. .... .. ... .. .. .. ... .. » 57

4 ABRAMO NEL CORANO


O IL PROTOTIPO DEL «MUSULMANO» ......................... . » 61

Abramo, Isacco e Ismaele nella Bibbia .......................... .. » 62


La figura biblica di Agar ................................................. . » 63
Ismaele e Isacco nei racconti della Genesi:
due f rateili. nem1cL
. .;> ..........................................................
» 64
Abramo nel Corano ......................................................... . » 66
Abramo e il monoteismo ................................................. . » 67
Il sacrificio del figlio
e la «sottomissione» di Abramo ..................................... . » 68
Abramo e Ismaele a La Mecca ...................................... .. » 70
Abramo e la visita dei messaggeri di Dio ...................... .. » 72
Abramo, il precursore della religione musulmana ......... . » 80
Abramo e Maometto ................ ....................................... . » 81

A guisa di epilogo
IL CAMMINO DELL'IMPOSSIBILE?.......................... » 83

l diversi volti di Abramo .. ..... ..... .... ........ .. .. .. .. .. ........ .. .. ... . » 84


La sfera e la foresta .. ... .. .. ... .. ... .. .. ... ... .. .. . .. .. .. .. . ... .. . .. ... .. ... . » 85
La guida nella foresta ...... .... ........ .... ..... ......... ... .. .. ..... .. .. ... . » 87
Un dialogo all'ombra delle querce di Mamre
(Gen 18,1-15) .................................................................... » 92
Il caso della Spagna musulmana .. ... .. .. ... .. .. .. ... .. .. .......... .. . » 94
Indice 153

Alcuni destini eccezionali e significativi ......................... . » 98


1. Ibn Ezra ............. ............ ............. .. ......................... . » 98
2. Averroè ............. ........................ ..... ........ .... ... .... .... . » 100
3. El cantar de mio Cid ................................... .......... . » 103
4. Maimonide ........................................................... . » 104
5. Nachmanide ........................................................... . » 106
6. Pray Luis de Le6n ................................................ .. » 108
Il rovescio della medaglia .............................................. .. » 110
Conclusione .................................................................... .. » 113

APPENDICE
L'ALBERO E LA TENDA.
LA FUNZIONE DEL QUADRO IN GEN 18,1-15 ..... . » 117

BREVE BIBLIOGRAFIA .............................................. .. » 127


Edizioni dei testi ................ ....... ...................................... . » 127
1. Rabbinismo e tradizioni ebraiche ......................... . » 127
2. Il Corano ............................................................... . » 129
Opere e articoli citati ....................................................... . » 129

INDICE DEI TESTI BIBLICI


E DEI TESTI ANTICHI (SCELTI) .............................. .. » 141

INDICE DEI NOMI ....................................................... . » 145

INDICE TEMATICO ..................................................... . » 149


CEslJITA BEl.CiA. ~ PROFESSORE
Al Pormflao IS11MO -..CO
HA PU88UCA10 PRESSO LE E0B
I.A S11A1M ELA CASA. fnNERARI B&JCI
(BoLoc;NA 2001). ~
lA IWllA Ea GMIOJlllO. $.m
DI ANJIOllOUXilA IBD (80l.ofMA
12001). TRADOm> IN FINICESE

E POlllOQIESE 11m1oouzD1E
AllA LE11llrA I& PBlr.tBm
OHI 19 LW1BINUA2fONE
DEI 1'111111 CllOllE Lm DEllA
BIBBIA (8oux'.HA 52002),
TRADOnO IN FRANCESE POllOCllESt.
SPIQIOlO ECOREANO.

ISB~ lliiif11-111ì1ìif2ll I
9 788810 2 2 1198 >

Potrebbero piacerti anche