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CULTURA E TERRITORIO

L’Oltretorrente ai tempi
del fascismo
,ASTORIADELPOPOLAREQUARTIERECITTADINODURANTEIL6ENTENNIO TRA
REPRESSIONEPOLITICA TRASFORMAZIONIURBANEEDISGREGAZIONESOCIALE
William Gambetta

uando Benito Mussolini arrivò al città, puntò direttamente sull’apparato po-

Q
potere nell’ottobre 1922, la situa-
zione di Parma era molto diversa
da quella di tante altre città italiane. Qui, il
liziesco.
Il controllo dei rioni ribelli, però, risulta-
va ancora particolarmente difficoltoso. La
movimento dei lavoratori era ancora robu- struttura urbana della città marcava con
sto e il Partito nazionale fascista iniziava precisione i confini tra i quartieri operai e
a gettare radici con fatica, soprattutto nei quelli delle zone residenziali borghesi.
rioni popolari che, al contrario, rimaneva- Il fiume Parma segnava il limite: di là
no pronti allo scontro armato e orgogliosi dall’acqua l’Oltretorrente, “Parma vec-
dall’esperienza vittoriosa delle barricate chia”, con il suo fitto reticolo di borghi
dell’agosto precedente. Una nuova spedi- e vicoli, di case misere e fatiscenti, buie
zione punitiva contro l’Oltretorrente e il e umide, accartocciate l’una all’altra con
Naviglio e la soppressione dell’anomalia corridoi e passaggi interni, osterie e me-
parmigiana – «isola di bolscevismo armato scite di vino; con le sedi delle organizza-
e delinquente», come ebbe a de- zioni operaie, le camere del lavoro, i circo-
finirla Italo Balbo1 – rientravano li, le cooperative e i partiti; con i conventi
La struttura urbana infatti nei progetti mussoliniani e le chiese degli ordini religiosi dediti alla
marcava nettamente già prima della marcia su Roma. carità cristiana. Di qua, “Parma nuova”,
i confini tra quartieri Tuttavia, dopo aver assunto la ca- la città dei signori, delle piazze e dei pa-
lazzi, centro amministrativo e finanziario,
operai e quelli rica di primo ministro, il capo del
fascismo mise momentaneamen- con la prefettura, il comune, il vescovado,
borghesi te da parte i metodi squadristi l’università, il tribunale, gli studi dei pro-
e, per piegare i “sovversivi” della fessionisti, i caffè e le vetrine delle passeg-

I. Balbo, Diario 1922, Milano,


Mondadori, 1932

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giate pomeridiane. Ai suoi margini ancora il quadro locale anche nel dopoguerra. In
quartieri popolari, propaggini dell’Oltre- primo luogo, la presenza del sindacalismo
torrente nella città borghese: i rioni Navi- interventista sottrasse al fascismo il mo-
glio e Saffi, vicini alla ferrovia e alle prime nopolio dell’eredità del combattentismo
fabbriche, e il rione San Silvestro, zona di patriottico e anzi, una volta che (a partire
prostituzione caratterizzata dalla più alta dalla primavera del 1921) i dirigenti della
componente di sottoproletariato. Una cit- Camera del lavoro corridoniana scelsero
tà ne accoglieva due, incomunicabili e dif- di opporsi alle squadre nere, queste non
fidenti l’una dell’altra: i ponti sul torrente conquistarono nel capoluogo che una di-
univano e, al tempo stesso, dividevano. mensione minoritaria; in secondo luogo,
La frammentazione del tessuto economi- la radicalità delle forme di lotta di matrice
co provinciale (senza grandi insediamenti sindacalista divenne uno dei tratti carat-
produttivi e composto da una trama di pic- terizzanti del proletariato urbano, che nel
cole e medie officine artigianali, ditte edili contesto della “guerra civile” del 1921-22
e aziende agricole) si rispecchiava nell’ete- si tradusse immediatamente nella con-
rogeneità delle professioni dei ceti popolari trapposizione armata al fascismo.
del capoluogo: muratori, operai, braccianti, Questa cultura ribelle, ostile all’autorità e
facchini, cassonisti, venditori ambulanti, pronta a esplodere in rivolte urbane, era
piccoli artigiani e commercianti. Spesso si dunque la componente principale dell’an-
trattava di lavoratori senza un posto fisso, tifascismo parmigiano. Dopo il succes-
costretti a cavarsela con occupazioni preca- so delle “giornate d’agosto”, la strategia
rie e, secondo le stagioni, a passare da im- dell’opposizione armata sedimentò e nei
pieghi nei cantieri edili a lavori nelle cam- borghi continuarono a persistere vere e
pagne oltre le porte della città. Inoltre, nelle proprie forme di contropotere, possibili
fasi recessive e nei mesi invernali, quando anche grazie all’illegalità diffusa, alla so-
trovare un posto era più difficile, ci si arran- lidarietà sociale e alla diffidenza ancestrale
giava anche con una diffusa illegalità. verso ogni forma di autorità nutrita dai
All’inizio del Novecento, dunque, quan- “miserabili” di questi borghi. Solo con le
do già una tradizione di rivolte operaie e leggi eccezionali del 1925-26, l’instaura-
bracciantili aveva distinto il popolo di Par- zione della dittatura e l’arresto dell’intera
ma nei primi decenni dell’unità, in questo leadership dell’antifascismo locale, il re-
ribollente e indisciplinato mondo gettò le gime riuscì a piegarli e, con un continuo
proprie radici il sindacalismo rivoluziona- sforzo di uomini, mezzi e spie, a tenere
rio. La pratica dell’azione diretta, con l’e- sotto controllo la situazione.
sperienza dello sciopero agrario del 1908, Tuttavia, gli uomini del nuovo potere fasci-
delle mobilitazioni contro la guerra in Li- sta erano consapevoli che la sola coercizione
bia nel 1912 e, poi, a favore dell’interven- poliziesca non sarebbe stata sufficiente. La
tismo rivoluzionario nel 1914-15, segnò dittatura chiedeva ben di più: la conquista

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delle menti di quei lavoratori ostili A favorire la diffusione di una tale rap-
presentazione, oltre ai sindacalisti rivolu-
Un monumento a e, con esse, del tessuto sociale del-
le classi subalterne. Se da un lato, zionari, contribuì anche il nascente mo-
Corridoni nel punto dunque, era necessario continuare vimento fascista. Mussolini, infatti, che
in cui le camicie nere nella radicale opera di vigilanza e aveva combattuto insieme a Corridoni la
non erano riuscite a persecuzione politica, dall’altro il battaglia interventista, utilizzò la sua fi-
fascismo doveva iniziare la costru- gura come emblema di sintesi tra tensione
entrare nell'agosto zione di una propria egemonia cul- antiborghese, orgoglio del lavoro e memo-
1922 era un atto di turale. Il progetto più emblematico ria dei combattenti. Il fascismo, insom-
di pacificazione, di questa volontà fu l’edificazione, ma, poteva esprimere la patria – e dunque
stavolta però sotto il all’imbocco del quartiere dell’Ol- guidare lo Stato – poiché ne rappresenta-
tretorrente, del monumento a Fi- va la sua parte migliore, quella degli «uo-
tallone del fascismo lippo Corridoni. mini nuovi» forgiati nella lotta contro la
Sebbene non originario della cit- «borghesia fiacca e decadente», quella del
tà, questo dirigente sindacalista era molto mondo delle «classi produttive» e quella
amato nei rioni popolari poiché, con Al- dei reduci dalle trincee. Corridoni, per il
ceste De Ambris e i vertici della Camera Partito nazionale fascista e per il nuovo re-
del lavoro, aveva diretto il grande sciopero gime, era dunque «il tribuno del popolo»,
agrario del 1908 e, successivamente, altre «l’apostolo del lavoro», «l’eroe delle patria»
battaglie e mobilitazioni, l’ultima delle e, in definitiva, un fascista ante litteram.
quali fu quella per l’ingresso dell’Italia in Valorizzandolo, il fascismo mirava a valo-
guerra. Partito poi volontario per il fronte, rizzare se stesso.
morì in una trincea sul Carso nell’ottobre Fu questo il grimaldello ideologico con il
1915. La notizia della sua morte rese la quale il nascente regime tese la mano ai
sua figura leggendaria e lo trasformò in un borghi ancora indomiti. Nonostante le in-
simbolo politico che avrebbe potuto tene- comprensioni del passato e la contrapposi-
-ARIO-ANTOVANIFOTODI re insieme l’anima popolare, il sogno rivo- zione armata, il fascismo indicava al popo-
,UIGI6AGHI luzionario e lo spirito patriottico. lo “sovversivo” che l’eroe da onorare era il
medesimo, la matrice ideologica comune,
la “nuova patria” da costruire la stessa. In
questo senso, edificare un monumento a
Corridoni all’imbocco del quartiere delle
“barricate antifasciste”, là dove le camicie
nere non erano riuscite a entrare nell’ago-
sto 1922, significava proporre un nuovo
patto di pacificazione, questa volta però
sotto il tallone del fascismo.
Anche sul piano urbanistico la piazza ave-
va tutte le caratteristiche per rispondere
a queste esigenze: per chi proveniva dal
centro essa costituiva l’ingresso al quar-
tiere e, affacciandosi alla via Emilia, era
un passaggio obbligato per attraversare la
città. Sul piano simbolico, inoltre, in quel-
la piazza il monumento sarebbe venuto a
trovarsi a metà strada tra il palazzo della
vecchia organizzazione sindacalista (ora
occupato dal gruppo rionale fascista “Cor-
ridoni”) e la nuova casa del fascio “Cor-
ridoni” in strada Bixio, entrambe a poche
decine di metri. Infine, per valorizzare il
monumento e rendere più aperto il quar-
tiere verso il centro della città, il podestà
Mario Mantovani fece abbattere l’antico
ponte di Mezzo, ancora a schiena d’asino,
e al suo posto erigere il rettilineo e largo
ponte Dux (1934). Nel frattempo alcuni
edifici che si affacciavano sul torrente ven-
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non poté partecipare all’inaugurazione


del monumento terminato. Al suo posto
giunse Edmondo Rossoni, il segretario
della confederazione sindacale fascista. I
caratteri della cerimonia furono sostan-
zialmente gli stessi, forse con una retorica
ancora più ridondante, determinata dalla
nuova fase autoritaria che, peraltro, fece
coincidere l’inaugurazione del monumen-
to con la ricorrenza della marcia su Roma.
Il rito si svolse in un clima politico pro-
fondamente diverso da quello che aveva
caratterizzato la cerimonia di due anni
prima: dopo le “leggi fascistissime”, infat-
ti, la dittatura si era ormai concretizzata e
ogni forma di dissenso era stata repressa.
Da allora in poi, negli anni Trenta e nella
prima metà dei Quaranta, sotto il monu-
nero demoliti, così che l’ingresso in Parma mento di Monguidi e la statua di Alessan-
vecchia si fece più largo e spazioso, atte- dro Marzaroli si sarebbe celebrata l’appa-
nuando l’impressione di entrare in un altro rente intesa tra popolo e ordine fascista.
luogo, in un’altra “città”. Apparente, perché in realtà il fascismo
Per il monumento progettato da Mario sapeva bene che la conquista di
Monguidi, il regime organizzò due ceri- quel popolo riottoso non poteva Mussolini volle
monie: una per l’inizio dei lavori, svoltasi avvenire solo con qualche opera
in occasione del decimo anniversario della di propaganda. essere presente
morte di Corridoni, il 23 ottobre 1925, e Un articolo del 1923 di Luigi di persona alla
una alla loro conclusione, con l’inaugura- Passerini, uno dei dirigenti più cerimonia cittadina
zione solenne il 30 ottobre 1927. Per la importanti della federazione fa-
prima, arrivò a Parma lo stesso Mussolini scista cittadina, giustificava la
per commemorare
che, in una città adornata con centinaia di rabbia e le violenze del popolo Corridoni
bandiere tricolori e striscioni che lo inneg- di “Parma vecchia” con il degra-
giavano, fu accolto da una manifestazio- do e la miseria in cui viveva. Per questo,
ne organizzata nel minimo dettaglio, con concludeva l’esponente fascista, non si
migliaia di persone mobilitate, ex combat- potevano evitare i pericoli di insubordina-
tenti, militanti del vecchio sindacalismo, zioni, tumulti e rivolte solo ricorrendo alla
schiere della milizia volontaria. Davanti vigilanza e alla repressione: «Oggi, a mio
agli stendardi delle associazioni dei reduci avviso, il Fascismo parmense deve conqui-
e d’arma, alle bandiere dei sindacati fa- stare e dominare l’Oltretorrente con mez-
scisti, ai gagliardetti delle milizie, il duce zi indiretti; dandogli salute, lavoro, dignità
appuntò sul petto della madre di Corrido- civile; donandogli tutto quello che di bello
ni la medaglia al valore, per la quale egli e di buono la bugiarda predicazione socia-
stesso si era attivato presso il re per com- lista ha loro demagogicamente promesso
mutarla in oro e, sceso dal palco, murò una – e soltanto promesso – per anni e decen-
pergamena con la sua firma sotto la “prima ni. Occorre insomma far toccare con mano
pietra” del monumento. Poi proseguì la anche all’Oltretorrente che il Fascismo, in
sua visita nell’”altra” città. Accompagna- persona di Benito Mussolini, del Governo,
to dai vertici del partito e dai comandi delle Amministrazioni locali, è la più alta
militari si recò nelle principali caserme e espressione della moderna civiltà».
poi sotto il campanile di San Paolo in via Passerini, insomma, indicava esplicita-
Melloni, dove presenziò all’inaugurazione mente che occorreva mettere mano al “pic-
della lapide dedicata ai caduti fascisti. In cone risanatore”.
tal modo, ancora una volta, venne segnata Di “risanamento dell’Oltretorrente” si
una continuità tra l’interventismo corrido- parlava già dagli ultimi anni del XIX se-
niano, il nuovo stato e il fascismo. colo e operazioni di abbattimento e rie-
Due anni dopo, il 30 ottobre 1927, impe- dificazione di aree limitate erano già state !DESTRA UNgIMMAGINECHE
DOCUMENTALADEMOLIZIONE
gnato nelle celebrazioni del quinto anni- compiute dal sindaco Giovanni Mariotti, DELBORGO#APPUCCINIFOTO
versario della marcia su Roma, Mussolini che aveva guidato la città per oltre 20 anni ,UIGI0ISSERI

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– salvo qualche breve intervallo – dal 1889


al 1909.
I progetti di Mariotti avevano avuto l’o-
biettivo di risanare i quartieri più malsani,
quelli dove la tubercolosi e la polmonite
mietevano più abbondantemente le loro
vittime. Era un’idea di risanamento che
seguiva i princìpi igienico-sanitari del
tempo, secondo cui la salubrità di case e
strade sarebbe migliorata con la circolazio-
ne dell’aria e per l’influsso dei raggi solari.
Chiaramente per il regime fascista e per il
podestà Mario Mantovani – che resse la
città per oltre 13 anni, dal 1926 al 1939
– queste motivazioni erano secondarie ri-
spetto alle esigenze di controllo dei rioni
popolari, ancora segnati da una radicata
cultura antifascista. Obiettivo del nuovo
piano di abbattimento, infatti, era quello
di destrutturare socialmente il quartiere,
spostando parti consistenti della sua po-
Obiettivo del piano di polazione in altre zone, fuori dal suo inse-
abbattimento era favorire diamento tradizionale, e al suo posto pro-
muovere la residenza di famiglie della pic-
quella confusione di classi cola borghesia e di lavoratori del pubblico
cercata dal fascismo impiego, così da favorire «quella cordiale
confusione di classi che è fermamente vo-
luta dal fascismo2».
Questo progetto avrebbe permesso al nuo-
vo Stato una maggiore vigilanza del terri-
torio, non solo per la disgregazione di una
comunità socialmente e politicamente pe-
ricolosa, ma anche per il suo più semplice
controllo in zone delimitate e lontane dal
centro storico. Inoltre, per diversi anni –
cioè per l’intero periodo di sventramento
e di riedificazione del quartiere – la disoc-
cupazione cronica delle classi popolari sa-
rebbe stata in parte alleviata, con l’impiego
di un numero consistente di operai e ma-
novali, e avrebbe sedato possibili tensioni
sociali. Infine, il progetto andava incontro
anche agli interessi degli imprenditori edi-
li, segnalando loro che con il nuovo regime
gli affari non sarebbero mancati.
Il piano urbanistico, approvato e finanzia-
to dal governo centrale, si realizzò tra il
1928 e il 1935. A Parma, dunque, il “pic-
cone risanatore” si abbatté sui rioni miseri
e fatiscenti dell’Oltretorrente nel nome
della “modernizzazione” e della “raziona-
lità”, sconvolgendo l’antico quartiere me-
dievale. Le zone più colpite furono quelle
più famose per il loro antico spirito ribelle
e, ora, per la tenace ostilità al regime, come

2 Il risanamento dell’Oltretorrente, Parma, Stamperia


Bodoniana, 1929, p. 13

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borgo dei Minelli e borgo Carra. non tornarono i vecchi abitanti del quartie- #APANNONIAL#ORNOCCHIO
Al posto di quelle torte e strette viuzze, re (salvo una parte estremamente esigua)
dove era così facile fare barricate e scap- ma giunsero famiglie di settori sociali già
pare alle retate della polizia, passando dai conquistati al fascismo, come i ceti medi
tetti o dagli androni, sorsero nuove abita- delle professioni e gli impiegati dell’am-
zioni e larghe e rettilinee strade, munite ministrazione pubblica. Come in altre
di tutti i servizi primari (fognature, acqua, città, insomma, anche a Parma oggettive
luce e gas). E nei nuovi edifici residenzia- necessità di risanamento urbano divenne-
li, in quelli scolastici e per i servizi pub- ro l’occasione per interventi di
blici che vi vennero innalzati, l’autorità controllo sociale e di politiche La popolazione
del regime divenne più evidente, tanto repressive: la popolazione delle
nell’abbondanza dei fasci littorei e di mot- case demolite, infatti, fu spostata delle case abbattute
ti mussoliniani quanto nello sventolio del in fabbricati ultrapopolari fuori fu spostata nei
tricolore sabaudo. Il fascismo, insomma, dal centro storico, innalzati in di- “capannoni”, rozzi
attraverso quell’imponente opera urbani- verse aree della periferia.
stica, volle segnare indelebilmente di sé la Questi rozzi caseggiati, a uno o
caseggiati popolari
città popolare. due piani, soprannominati presto
Ne erano testimonianza anche i nomi “capannoni” per la loro forma allunga-
delle nuove strade, molti dei quali richia- ta e il tetto a capanna, vennero costruiti
marono direttamente l’esperienza della fuori dai confini dell’ex cinta muraria, in
Grande guerra, come via Piave, via Monte zone lontane l’una dall’altra e dallo stes-
Nero o via Gorizia – nella zona tra strada so Oltretorrente. Affiancati in file di tre o
Bixio e viale Maria Luigia – o via Corri- quattro edifici, circondati dalle recinzioni
doni nella zona di borgo dei Minelli (oggi di filo spinato e sottoposti a un rigido re-
via della Costituente), mentre altre furono golamento comunale, i capannoni sorse-
più marcatamente segnate dalla topono- ro in sette punti diversi della periferia: al
mastica politica, come piazza Italo Balbo Cornocchio, in via Verona, in via Paullo,
(l’attuale piazza Guido Picelli, sorta intor- al Castelletto, in via Varese, in via Navetta
no alla chiesa di Santa Maria del Quartie- e, unico caso interno alla città, in via Ri-
re dopo l’abbattimento di alcune case di smondo.
strada Imbriani) o piazza XXVIII ottobre I funzionari del fascismo li concepirono
(oggi piazza Matteotti), nella zona edifi- come una sistemazione provvisoria per
cata ex novo sugli antichi orti interni alle gli ex abitanti dell’Oltretorrente per cui
mura della città. era necessario che quelle abitazioni non
Nelle nuove e accoglienti case, dunque, fossero né comode né confortevoli. Per

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disciplina che sarà imposta col regolamen-


to e al fatto della eccentricità della località,
si ritiene indurranno la maggior parte dei
ricoverati a trovarsi sollecitamente un al-
tro alloggio più prossimo alla città e più
comodo3».
E difatti, i “capannoni” si trasformarono
presto in luoghi di degrado e abbrutti-
mento, segnando indelebilmente la dispe-
rata umanità che vi si ritrovò a vivere. Il
nomignolo con cui vennero chiamati quei
caseggiati divenne in breve tempo anche
l’appellativo con cui si denominarono i
loro abitanti e, poi, sinonimo di rozzezza,
volgarità e soprattutto miseria, profonda
miseria. Rispetto alla vita in Oltretorren-
te, queste famiglie non avevano affatto
migliorato il loro tenore di vita, avevano
invece perso l’umanità e la solidarietà che
quel quartiere, con i suoi antichi legami
comunitari, riusciva a creare. I “capanno-
ni”, dunque, furono l’altro volto della “mo-
dernizzazione” urbana del fascismo: nel
centro della città i nuovi viali per le parate
politiche e le adunate militaresche; fuori,
nella periferia più lontana e nascosta, in
quegli edifici razionalmente inospitali, gli
questo, non solo gli insediamenti furono “avanzi” sociali di un regime che non li vo-
scelti lontani dal centro e a esso mala- leva e non li considerava come propri.
mente collegati, ma anche in zone dove Ci volle il ritorno della democrazia, con le
non vi era la presenza di negozi o esercizi amministrazioni dell’Italia repubblicana,
pubblici: «Questi locali […]», osservò il per porre fine a quella palese miseria uma-
capo dell’ufficio tecnico del comune, Gio- na: uno dopo l’altro i capannoni vennero
vanni Uccelli, «pur rispondendo a tutte le abbattuti e i loro abitanti spostati in nuove
esigenze di salubrità ed igiene, dovranno e accoglienti case popolari. Gli ultimi a ca-
essere tali da non presentare troppe como- dere furono quelli del Castelletto, nel 1969.
dità e da richiedere qualche sacrificio per
vivere in essi, così da indurre la famiglia Bibliografia
sfrattata a trovarsi un’abitazione più co- V. Banzola (a cura di), Parma la città storica, Parma,
moda, ché se così non fosse l’abitazione Silva, 1978
M. Franchi, Intervento e edilizia pubblica a Parma
provvisoria si trasformerebbe presto in
nel ventennio fascista, tesi di laurea, Università di
definitiva, occorrerebbero altri numerosi Bologna, a.a. 1997-1998
fabbricati, altri quartieri da destinare a tale M. Giuffredi (a cura di), Nella rete del regime. Gli
scopo e nei quali si addenserebbe la parte antifascisti del Parmense nelle carte di polizia (1922-
peggiore di quella popolazione che ora si 1943), Roma, Carocci, 2004
vuole ripartire nelle varie parti della città, F. Pagani (a cura di), Don Erminio Lambertini “al
ed il Comune si troverebbe nella condi- prèt di capanòn”, Parma, Comune di Parma, 2005
B. Bini, Mario Mantovani podestà e gentiluomo, in
zione di alimentare anziché di reprimere
«Aurea Parma», (2007), pp. 327-354
quel parassitismo dell’abitazione, che già W. Gambetta, Il “tribuno” in Oltretorrente. Monu-
in piccola parte esiste nei quartieri da de- mento a Filippo Corridoni e politica del consenso fasci-
molire. […] La ristrettezza dello spazio sta in un quartiere di Parma, in Fascismo e antifasci-
assegnato a ciascuna famiglia, la mancanza smo nella Valle Padana, a cura dell’Istituto mantova-
3 Opere di risanamento di comodità interne, l’obbligo dell’uso del no di storia contemporanea, Bologna, Clueb, 2007,
dell’Oltretorrente. Costruzione case pp. 107-127
per sfrattati in località Navetta. lavandino in promiscuità con gli altri, per
Relazione dell’Ufficio tecnico, R. Montali (a cura di), Le due città. Parma dal do-
turno, e distante dall’abitazione, la latrina
Parma 18 maggio 1929, Anno poguerra al fascismo 1919-1926, Parma, Silva, 2008
VII, carteggio amministrativo pure essa lontana e promiscua, la necessi- F. Sicuri e R. Montali (a cura di), Storia di ieri. Par-
dell’archivio storico comunale,
Sanità 1928-1938, risanamento tà di attingere direttamente l’acqua, sono ma dal regime fascista alla Liberazione 1927-1945,
dell’Oltretorrente, b. 13 incomodi che accoppiati direttamente alla Reggio Emilia, Diabasis, 2011

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