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Nel saggio il pedagogista riflette criticamente sui vantaggi conseguenti alle possibili
connessioni epistemologiche e metodologiche tra la Pedagogia e la Medicina, entrambe
scienze dell’uomo e per l’uomo. Il ragionamento muove dalla constatazione delle differenze
esistenti fra le due scienze, per approdare alla valorizzazione della loro significativa
continuità
Che tra due scienze, o anche soltanto tra due saperi, che si occupano sia pure da punti
di vista diversi, dell'uomo e delle sue modalità di «essere nel mondo» ci possa o addirittura
ci debba essere un incontro significativo, non deve in alcun modo stupire. La realtà, infatti, è
sempre altamente complessa e fortemente unitaria, e per ciò stesso si dispone ad essere
indagata e conosciuta per effetto delle molte «unità di senso» con cui viene interpretata,
«letta» - addirittura «costituita» - intersoggettivamente (e quindi mai una volta per tutte).
È così legittimo sostenere che nessun ordine di realtà, come nessun tipo di fenomeno, ha
la proprietà di cadere per se stesso in un solo determinato ambito disciplinare o di sottrarsi
alla possibilità interpretativa di qual-cun altro di essi.
Da un punto di vista epistemologico, ciò comporta almeno tre considerazioni.
1. Nessuna scienza è autorizzata a ritenersi la principale fonte di conoscenza (o la più
credibile scientificamente) di una esperienza «altra» rispetto a quella di propria pertinenza,
pur essendo legittimata ad occuparsene.
2. Per nessuna scienza è accettabile un atteggiamento ed un comportamento
«autocentrati» o addirittura «autarchici».
3. Volgendo in positivo il discorso appena sviluppato, la prospettiva e-pistemologica che
emerge come la più convincente non consiste solo nella disponibilità di ciascuna scienza a
riconoscere le altre e di farsi riconoscere da esse, ma nello stabilire un dialogo teorico e
pratico tra esse, allo scopo di evidenziare le eventuali reciproche connessioni teoretiche, gli
eventuali o-rientamenti metodologici comuni, nonché le inevitabili differenze esistenti sui
due piani. Ciò nella consapevolezza che solo operando in questo modo si è in grado di
problematizzare il sapere e, insieme, di indicare interessanti aree di consapevole e
programmabile cooperazione fra le scienze.