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EDIZIONI LIBIU:IHA PROGETTO PADOVA


tOQ3J10mura 1.1'"

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Indice

~ Segnali e successioni 5
1.1 Segnali, successioni e sistemi . . . . . 5
1.2 Segnali elementari a tempo continuo 8
1.3 Segnali elementari a tempo discreto . 17
1.4 Segnali di energia e di potenza 20
1.5 Esercizi di riepilogo ... 25

Sistemi a tempo continuo 29


2.1 Proprietà basilari . . . . . . . . . . . . . . . 30
2.2 Modello in termini di equazioni differenziali 33
2.2.1 Esempio 1: Filtro RL . . . . . . . . 33
2.2.2 Esempio 2: Automobile in movimento su un piano orizzontale 34
2.2.3 Esempio 3: Sistema Massa-M;olla-Smorzatore . . . . . . . . 35
2.2.4 Modelli ingresso/uscita descritti mediante equazioni dif-
ferenziali . . . . . . . . . . . . . .. 36
2.2.5 Riesame degli esempi precedenti . . . . . . 42
2.3 Risposta impulsiva ed evoluzione (forzata) . . . . . 45
2.4 Sistemi LTI assegnati mediante risposta impulsiva 50
2.4.1 Proprietà dei sistemi LTI rilevabili dalla risposta impulsiva 52
2.4.2 Sistemi LTI connessi in serie e in parallelo . 54
2.5 Calcolo del prodotto di convoluzione 55
2.6 Risposta in frequenza . . . . . 57
2. 7 Risposta in regime permanente 60
2.8 Esercizi di riepilogo. . . 63

La trasformata di Laplace 71
3.1 La trasformata di Laplace unilatera . 71
3.2 Esempi di trasformate notevoli . . . 75
3.3 Sistemi LTI causali: analisi in s ... 78
3.4 L'antitrasformata di Laplace unilatera 83
3.5 Trasformata.di La.piacebilatera 87
INDICI~

3.5.1 Pr·oprietà della trasformata di Laplace bilatera 88


3.6 Esempi di trasformate di Laplace bilatere 90
3.7 F.d.t. di sistemi non causali 92
3.7.1 Esempio 1 ........... . 92
3.7.2 Esempio 2 . . . . . . . . . . . . 93
3.8 L'antitrasformata di Laplace bila.tera . 94
3.9 Esercizi di riepilogo . . . . . . . . . . . 98
'/.... Risposta in frequenza di sistemi continui 105
11.l Risposta in frequenza e sue proprietà . . . . . . . . . . . . . . . . . 105
4 .1.1 Definizione di risposta in frequenza e suo legame con la
funzione di trasferimento . . . . . . . . . . . . . 105
4.1.2 P~oprietà della risposta in frequenza . . . . . . . 107
,t.2 Rappresentazioni grafiche della risposta in frequenza -. . 108
4.:i Diagrammi di Bode . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 110
4.4 Diagrammi di Bode dei fattori elementari . . . . . . . . 114
1t4.1 Diagramma del termine costante: H(jw) KB = . 114
'1.4.2 Diagramma del termine relativo a poli o zeri nell'origine:
H(jw) = l/(jw)" ........................ 115
4.4.3 Diagramma del termine binomio: H(jw) = (1 + jwT)µ ... 117
4.4.4 Diagramma del termine trinomio: H(jw) = (1+j2( Je-. -~)i,120
:Un Wn

4.5 Esurcizi di riepilogo ........................... 129

'f._~a seri~ e !a tra~formata di Fourier


o.1 Serie d1 Fourier .................... . .
133
134
5.2 Risposta cli un sistema LTI ad un segnale periodico . . 141
5.3 Ln t.rasfommt11 di Fourier . . . . . . . . . . . . . . . . 141
5.:3.1 La trnlifommta di Fourier di segnali di potenza . 146
5.:J.2 La t1'11.11format.a di Fourier di alcune distribuzioni temperate 150
5.:i.3 Propriut.1\ della trasformata di Fourier . 151
5.4 H.oplicmlio111, u cmnpionamento . . . . 154
li.4.1 Sn,i;111Lli pm-iodici . . . . . . . . 155
r,,r, (ln11v11rHi111m diii cont.inuo al discreto . l !i7
ciel c1i111pio111unento
l'J.11 Il l,1101·111111\ . . 158
r1, 7 (,JIIIUll,l:,,:,,11,:r.iollll
Il cmli(-icu . • 162
r..H 1•'111,rliclonll . . . . . . . . . . . . 165
r,.H,I l1:H1,111pio: Filt.ro llC . . . 168
r,.H.~1'11,rn11101.ri ddln. risposta in frequenza . . 169
r,,11 ( ll\ml,l,11rl:,,:r.11.ilo111i
mmrp;etica dei segnali . . . . 170
r,.O.I ( l11mt,t,1,rlii1Liio110 energetica dei segnali di unergia . 170
r1,II.~ Mul,1111, mrrolfoliouu fra segnali di energia. . . . . . . 171
r,,o,a Clmnl,f,lll'li:r.n:,,lonu miergetica dei segnali di potenza . 172
INDICE

5.9.4 Mutua correlazione fra segnali di potenza . 173


5.9.5 Esempio: Larghezza di banda di un segnale . 174
5.10 Esercizi di riepilogo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176

6 Sistemi a tempo discreto 183


6.1 Proprietà basilari . . . . . . . . . . . . . . . . 183
6.2 Modelli descritti da equazioni alle differenze . 184
6.2.1 Esempio 1: Previsione di vendita . . . 185
6.2.2 Esempio 2: Filtraggio di una successione di misure affette
da un errore non sistematico . . . . 185
6.2.3 Esempio 3: Successione di Fibonacci . 186
6.3 Modelli descritti da equazioni alle differenze . 186
6.3.1 Evoluzione libera dei modelli ARMA . . 190
6.3.2 Evoluzione (forzata) dei modelli ARMA . 194
6.4 Stabilità di modelli ARMA . . . . . . . 201
6.5 Sistemi LTI a tempo discreto generali . 202
6.6 Trasformata zeta . . . . . . . . . . . . 203
6. 7 Esempi di trasformate zeta notevoli . . 206
6.8 Sistemi LTI causali: analisi in z . . 208
6.9 L'antitrasformata zeta . . . 211
6.10 Risposta in frequenza . . . 213
6.11 La trasformata di Fourier . 214
6.12 Esercizi di riepilogo . . . . . 217

7 Modelli di stato a tempo discreto 223


7.1 Esempio del serbatoio . . . . . . . . . . . . 223
7.2 Modelli di stato a tempo discreto . . . . . . 225
7.3 Evoluzione di un modello di stato discreto . 226
7.4 Forma di Jordan ed evoluzione libera . . . . 228
7.5 Studio nel dominio delle trasformate . . . . 239
7.6 Stabilità dei modelli di stato a tempo discreto . . 241
7.7 Esempio del serbatoio (continuazione) . . . . . . 245
7.8 Relazione tra modelli ARMA e modelli di stato . 247

·x
7.9 Esercizi di riepilogo . . . . . . . . . . . . . . . . . 251

Modelli di. stato ~t~mpo continuo 255


8.1 Esemp10 del circuito RLC . . . . . . 255
8.2 Modelli di stato a tempo continuo . 256
8.3 Dinamica di evoluzione libera . . . . 258
8.3.1 Esponenziale di una matrice . . 259
8.3.2 Proprietà della matrice esponenziale . 261
8.3.3 Modi elementari ed espressione dell'evoluzione libera . 265
INIJICT~

8.4 Evoluzione forzata . . . . . . . . . . . 270


8.5 Stabilità interna dei modelli di stato . 272
8.6 Studio nel dominio delle trasformate . 274
8.7 Stabilità esterna (o BIBO) e risposta in frequenza . 276
8.8 Esempio del circuito RLC (continuazione) . 278
8.9 Modelli ingresso/uscita e modelli di stato . 279
8.10 Sistemi a segnali campionati. . 282
8.11 Esercizi di riepilogo . . . . . . . . . . . . . . 284
Capitolo 1

Segnali e ~uccessioni

1.1 Segnali, successioni e sistemi


li concetto di segnale è un concett~,s~e~artiene al nostro comune patrimonio
culturale. In generale, chiamiam~ogni gran.dezzal misurabile o meno,
che evolv~ in funzione di una o più variabili indipendenti. Un segnale è quindi
mppresentato rnatematìcàmente. a~·
~n~ fu~~io'r;~ò. ~~ori.
scalari o vettoriali.
Per i segnali operiamo due classificazioni di base, ovvero una classificazione
basata sul dominio ed una classificazione basata sul codominio. Più precisa-
mente, con riferimento al dominio del segnale, distinguiamo, in primis, tra se-
gnali unidimensionali, che evolvono in funzione di una sola variabile indipen-
dente (nel seguito interpretata come variabile tempo), e segnali multidimen- ·
sionali che sono funzioni di due o più grandezze indipendenti (di interpretazione
Hpaziale, temporale o altro).
All'interno dei segnali unidimensionali (specifica che nel seguito verrà omessa,
dal momento che in questo libro considereremo solo segnali di questo tipo) di-
stinguiamo, inoltre,
1. segnali a tempo continuo (o, per brevità, continui) 1 .J!s11L<:!Q.mlv.io..è..---
..
·un--·intervaliò~-é~tti"almente
""' ....,-~ ..-~
.......,.
__..
illiritato, di R, e
2. seg!}!l.!i ..a. tempo-.disci::et.P. (o discreti) il ~~t _go.minio.è.un.insieme nu-
merabile. Per semplicità, si assume tipicamente come dominio l'anello degli
l'iiteri t'o l'insieme 2 degli interi non negativi Z+- Inoltre, i segnali a tempo
discreto sono spesso indicati con il termine matematico di successioni.
Nel seguito, per indicare la variabile tempo, adotteremo il simbolo t nel caso di
Hegnalicontinui e k nel caso di segnali discreti.
1Noi imguit,o un segna.le continuo sarà anche chiamato forma d'onda.

~Distingueremo tra Z+, l'insicmu dogli interi non negativi {0,1,2, ... }, e N, l'insieme del
IIUlll<!ri IIILturali {I, 2, :i, . , . } .

5
(j CAPITOLO 1. SEGNALI J..;succ1,;s,'-HONI

Dal punto di vista del codominio, invece, distinguiamo tra segnali scalari e
segnali vettoriali (o multivariabili) a seconda che essi assumano, in ogni punto
del dominio, valori scalari oppure vettoriali 3 • Distinguiamo inoltre tra

1. segnali ad ampiezza continua (o analogici) che assumono val.ori in un


insieme con la cardinalità del continuo, ad esempio Rq o Cq, dove q E N
rappresenta il numero delle componenti del segnale, ovvero la sua dimen-
sione, e

2. segnali ad ampiezza discreta che assumono valori in un insieme discreto


(finito o numerabile), ad esempio zq.
I segnali, inoltre, siano essi a tempo continuo o a tempo discreto, vengono
<leUi periodici se essi assumono con andamento ripetitivo i medesimi valori.
Piì1 precisamente, un segnale a tempo continuo v(t), t E R, è periodico se esiste
'/h E Ili I tale che
v(t) = v(t + To), Vt E R,
n, 1u11tlogamente,un segnale a tempo discreto v(k), k E Z, è periodico se esiste
No E Z+ tale che
v(k) = v(k + No), '<lkE Z.
li piì1 piccolo To (No) per cui ciò si verifica viene detto periodo del segnale v(t)
(-v(k)).
I segnali andrebbero anche classificati distinguendo tra segnali determini-
stici e segnali aleatori. Un segnale deterministico è completamente descritto da
un 'espressione matematica, con ciò intendendo che il valore assunto dal segnale
è completamente specificato dai valori delle variabili indipendenti in funzione
delle quali il segnale evolve. Un segnale aleatorio, invece, è un insieme di se-
guaii deterministici ognuno dei quali ha una sua "probabilità di occorrenza", con
ciò intendendo che l'incertezza relativamente al valore assunto dal segnale viene
rimnHHI\solo in seguito all'osservazione del risultato dell'esperimento nell'ambito
cld quale il Hcgnaleè definito. Nel seguito si prenderanno in esame soltanto segnali
ma è important,e evidenzia.re come i segno.li alea.tori rivestano un
clol,m111i11iHt,ici,
ruolo fo11cl11,111e11l.ale
in diversi ambiti dell'Ingegneria e, in particolare, nel settore
cloi C!out.rnllio i11c11iellodelle Telecomunicazioni.
I HC•l(1111.li
dtP Hiinrontrnuo in natura sono, generalmente, continui e analogici.
NPI 11u1111011t.o
in cui li elaboriamo, per poterli utilizzare, possiamo scegliere tra
Hl.1"111110111.I
cli Plahormlioue che operino a tempo continuo e strumeLti di elabo-
l'IL:t.10111•
d11•opPri1111n. l,Pmpo discreto. Mentre nel primo caso possiamo elaborare

:,N,,I N1•1,111U.11
I H111,11111II, 1•ssi Hcnlnri o vettoriali. verranno indicati con una lettera minu-
Hln.1111
H1'11ln.
I. I. SlmNAU, Sl/CCl~SSIONI ~ SIS'l'l•JMI 7

diretto.mente il segnale continuo a nostra disposizione, nel secondo c11110


dobbiamo
preliminarmente effettuare una conversione del segnale a tempo continuo in una
ima versione discreta nel tempo.
Questa operazione viene normalmente effettuata mediante il semplice cam-
pionamento ad istan,i temporali equispaziati del segnale in questione. Più pre-
cisamente, se indichiamo con v0 (t), t una variabile continua, il segnale a tempo
continuo, la sua versione campionata con periodo di campionamento T non
i• altro che la successione dei campioni v 0 (kT), dove k è una variabile intera. In
generale, si preferisce indicare tale successione, per brevità, semplicemente con il
simbolo v(k). In tal senso, è sempre possibile assumere che un segnale campionato
e, piì1 in generale, un segnale a tempo discreto siano definiti per valori interi della
variabile indipendente. Di conseguenza, la variabile k viene tradizionalmente
considerato. adimensionale e indicatrice del numero ordinale del campione della
successione che stiamo considerando.
Molto spesm>l'elaborazione dei segnali, poiché effettuata mediante calcolatori
o apparecchiature intrinsecamente digitali, richiede non solo la loro conversione
clal continuo al discreto, ma pure la loro quantizzazione e codifica, ovvero la
conversione analogico/digitale degli stessi. L'operazione di quantizzazione
consiste nel rappresentare le ampiezze (continue) dei campioni del segnale in
maniera approssimata, attraverso un insieme finito di valori, mentre la successiva
codifica converte tali valori quantizzati in stringhe di bit di fissata lur.ghezza. Nel
sl~guito chiameremo segnali numerici (o digitali) i segnali a tempo discreto la
cui ampiezza varia in un insieme finito.
È importante sottolineare a questo punto (seppure su questo argomento torne-
remo nel seguito) che i processi di campionamento e quantizzazione non sono equi-
valenti dal punto di vista della "perdita di informazione" sul segnale di partenza.
È intuitivo rendersi conto del fatto che, campionando un segnale con un passo
di campionamento molto piccolo, e disponendo quindi di campioni molto ravvi-
rinati, sia possibile ricostruire in modo accurato la forma d'onda originale. Il
campionamento può essere, pertanto, sotto opportune condizioni, un'operazione
reversibile. L'operazione di quantizzazione, invece, è sempre irreversibile, dal
momento che non è possibile risalire dal valore quantizzato al valore analogico
che lo ha determinato.

Anche la nozione di sistema rientra nell'immaginario comune. Con il ter-


mine sistema .fisico si indica, tipicamente, una porzione di spazio fisicamcntu o
logicamente distinta dal restante universo, con il quale il sistema interagit1cc.
Dl'I sistema fisico in esame noi cerchiamd' un modello matematico (sistema di-
namico o semplicemente sistema.) che costituisca, per l'applicazione Hpecificn in
questione, un ragionevole compromesso tra l'esigenza di modellare i fenomeni dm
8 CAPITOLO 1. SBG.NAU /•,'811<.'<!/•:,i,s/ONI

lo l11tere1,1.mnonel modo piì:1preciso possibile e il bisogno di disporre di un modello


compul;azionalmente trattabile.
I Histemi vengono classificati, a loro volta, in sistemi a tempo continuo e
sistemi a tempo discreto, a seconda che le loro grandezze carat;eristiche sia.no
l.utti segnali a tempo continuo o a tempo discreto. Spesso si incontrano sistemi
ibridi, in cui convivono segnali continui e segnali discreti.• ·
Per i sistemi, inoltre, adotteremo due tipi di modello: i modelli ingresso/u-
scita ed i modelli di stato (noti in letteratura, rispettivamente, come rappre-
sentazioni esterne ed interne). In entrambi i casi si assume che il sistema
HifLsoggetto ad una sollecitazione in ingresso a cui risponde con un segnale in
1111cita.Nel caso dei modelli di stato si introducono delle grandezze aggiuntive, le
vnriabili di stato, talora prive di un immediato riscontro fisico ma fondamentali
por la descrizione della dinamica del sistema. Nel caso dei modelli ingresso/uscita
1·11Htringcrcmo la noiitra aUenzione al caso di sistemi ad ingressi ed uscite scalari
n, pii1 colloquialmente, ad un solo ingresso ed una sola uscita (sistemi SISO,
clall'inglm;e single-input single-output, in contrapposizione ai sistemi MIMO,
nvvm·o multiple-input multiple-output).
Dopo aver introdotto i concetti di segnale e di sistema e la classificazione
clul 1mp;11nli
Hulla base di alcune loro proprietà fondamentali, prendiamo in esame
11lc1111i
segnali notevoli, sia a tempo continuo che a tempo discreto, che ci torne-
mnno utili nel seguito.

1.2 Segnali elementari a tempo continuo


Un segnale a tempo continuo viene rappresentato mediante una funzione v della
variabile indipendente t, con t che varia in un intervallo, eventualmente illimitato,
cli R In questo paragrafo restringiamo la nostra attenzione al caso di segnali
analogici scalari che, ad ogni istante t, assumono valori in JRo in C.
La prima classe di segnali che prendiamo in esame è quella delle funzipni
uHponenziali:
t E JR,
reale positivo, <Pè un numero reale e>.è un numero complesso.
clove A è 1111 1111111cm
H11rn.pprrn1m1Lim110 il numero complesso >.nella forma>. = tT+ jw, con tT e w numeri
nm.11(riHpl!l.t.ivmucmtela parte reale e il coefficiente dell'immaginario del numero
>.), il precedente segnale può essere riscritto nella forma
co111plot1Ho

·11(/.)- = Ae"'1 (cos(wt + q,)+ jsin(wt + </>)),


Ar• 111.r,i(wt.-l-,J,) tER

drnlurm clm il Hegnale v(t) assume valori reali ad ogni istante
1',:l111111rnlln.t,o t
(ovv1iro t, IIIIIL f'unzlono esponenziale reale) se e solo se la funzione sin(wt + <P)
1.2. SEGNALJ l~UEMBNTAJU A TBMPO C:ON'l'lNUO !)

ii identicamente nulla. Ciò si verifica se e solo se w = O (ovvero >.è un numero


rmtle) e <Pè un multiplo (intero) di 1r.
I Hegnaliesponenziali con esponente .>.immaginario puro, ovvero i segnali del tipo

t E R,

110110noti in letteratura come segnali fasoriali o, semplicemente, fasori. Si


osi;ervi che un segnale fasoriale ha modulo costante pari ad A, giacché lej(wt+rp)I =
I per ogni t E R.
Un segnale sinusoidale è definito come4

u(t) = Acos(wt + </J), t E R,

dove l'ampiezza A è un numero reale positivo, mentre la pulsazione w e la fase </J


Hono numeri reali. In realtà, in virtù delle proprietà. della funzione coseno, non
i• restrittivo supporre che w sia una grandezza positiva. Si noti che l'ampiezza
rnppresenta il valore massimo assunto dal segnale v(t) (e viene, quindi, espressa
1wllastessa unità di misura div), la pulsazione viene espressa in radianti/secondo
(rnd/s) e la fase in radianti (rad). I segnali sinusoidali sono segnali periodici di
periodo T = ~. La frequenza f del segnale rappresenta il numero di volte in cui
"il segnale si ripete nell'unità di tempo" e coincide con il reciproco del periodo,
ovvero/= 1/T. Quindi la pulsazione w è legata al periodo e alla frequenza dalle
rda:tioni
211'
W=21rf= r·
li periodo si misura in secondi (s), la frequenza in Hertz (Hz o s- 1 ), e, come già
1•videnziato, la pulsazione in radianti al secondo e la fase in radianti.
Segnali esponenziali reali e segnali sinusoidali possono essere interpretati come
due casi estremi all'interno della classe più ampia dei segnali sinusoidali mo-
clulati esponenzialmente. Un segnale sinusoidale modulato esponenzialmente
11011 è altro che il prodotto di un segnale esponenziale reale e di uno sinusoidale
o, <~quivalentemente, un segnale sinusoidale la cui ampiezza, invece di essere
mstante, evolve seguendo una legge esponenziale:

v(t) = Ae"'t cos(wt + </J), t E R,

con A e w reali positivi, (J' e rj, numeri reali. I segnali di questo tipo vengono
nuche detti pseudo-periodici. Per i segnali sinusoidali modulati esponenzialmente
4 Nul libro faremo riferimento preferenziale al segnale coseno, ovvio risultando il modo di
11Hpri111cre
una funzione Kcno in torinini di una funzione cOlleno di opportuna fo.se inizial<i.
lii CAPITOLO 1. SEGNALJ 1,;sue!(!J,;,i;,r,J()NJ

è frequente l'adozione di una rappresentazione di tipo complesso. Dalla ben nota


espressione complessa della funzione coseno (Formula di Eulero per il coseno)

ei8 + e-i8
cosB= 2 ,

ricaviamo, infatti, per la funzione v(t) l'espressione equivalente

t E JR.

Possiamo, pertanto, interpretare un segnale sinusoidale modulato esponenzial-


mente come combinazione lineare di due segnali esponenziali complessi i cui espo-
nenti sono l'uno il complesso coniugato dell'altro (rispettivamente À = u + jw e
À = u -jw).
Un ulteriore segnale di interesse è la cosiddetta finestra rettangolare di
ampiezza e area (o durata) unitarie
1 1
1, --2 -< t < -
- 2'
II(t) =={
o, altrove.

Tnlu 1:mgnalepermette di descrivere un comportamento "attivo" e costante all'inter-


no di un intervallo temporale, in contrapposizione a un andamento nullo ("spento")
nul resto del dominio temporale. Si noti che la finestra rettangolare di ampiezza
A, durata Te centrata in to può essere scritta come

A-rrC;to).
Con il simbolo A(t) indichiamo, invece, l'impulso triangolare di ampiezza e
area unitarie, i.e.

o, t < -1,
A(t) =={ 1 - \t\, -1$t$1,
o, t > 1.

N11ll0 Ht.udio dei segnali a tempo continuo, un ruolo molto importante viene
,i;l11cnt.111lnl crn1icket.tc,1~~,!11S?, i4,e~~..,,.1WJ,1.~r..ic,j_a_,,1_IYP.-H1.~?"~LP~.s;,l~_,
che
r11.ppn•H1ml.11, 1111 Hl'gmilc ca.rwmco fondamentale. Come vedremo, un seghale
n J!.!.ll.lW.'m11t.i11110 può rn,;sere approssimato mediante impulsi e la conoscenza
,-l11ll1L
l'iHpoHl,;I,ili IIHcit,ndi 1111sistema a tempo continuo, q~°indo viene sollecitato
clnll'li11p11IH0 iu ing1·eHso,è fondamentale ai fini della determinazione sia
1111it.111'io
clol 111ocl11ll0 d111clol comportamento del sistema.
/,2, SEGNALI ELEMENTAW A TEMPO CONTINUO 11

L'imr~.l!ìO..UllJtari.Q.1120._~!!_~!l.--~~~ig~~-
~f;lhenso.~sico..del.tm;_mine ber!§À.,JJILa...---
c/ii;tribuzionfl. Da un punto di vista intuitivo, lo si può pensare come il "limite"
di una successione di funzioni del tipo
n _l n < t< 1
- n,
n t 2' -
fn(t) = 2 . II C/n)= {
O,
altrove,
nEN,

pel' n --, +oo.

In tal modo l'impulso ha altezza infinita, area unitaria e supporto (o punto di


applicazione) l'origine, Valgono, infatti, \/a, b E JR,a< b, le seguenti proprietà 6 :

o, \;/ t E JR\ {O},


{ 1, se O E (a,b),
o, se O E (-oo,a)U(b,+oo).
Inoltre l'impulso di Dirac è una funzione pari giacché o(-t) = t5(t),'r:/t E R
L'impulso di Dirac di area A e supporto to può essere definito in maniera analoga
o viene indicato con l'espressione A· 8(t - to).
6 Una distribuzione viene definita come un funzionale lineare e continua sul dominio delle

funzioni infinitamente differenziabili e a supporto compatto, usualmente indicato con il simbolo


C,'."'(JR),dove la nozione di continuità si basa sulla consueta definizione di convergenza in C:' (JR).
Ali 'interno della classe delle distribuzioni distinguiamo tra distribuzioni regolari e distribuzioni
singolari. Le distribuzioni regolari sono tutte e sole quelle ottenute nel seguente modo: data una
funzione v(t), loca:mente sommabile secondo Lebesgue, associamo ad essa un funzionale (che
risulta. essere lineare e continuo) attraverso la regola

roo
q',E C;.'°(IR)__,. }_ 00 v(t),j,(t! dt.

In altri termini, ad ogni segnale localmente sommabile è possibile associare una distribuzione e
lalc distribuzione viene detta regola.re. In taJ senso la classe delle distribuzioni può essere vistu.
come una generalizzazione della classe delle funzioni localmente sommabili, una volta evidenziato
il fatto che funzioni localmente sommabili che differiscano al più su un insieme di misura nulla
(i..econdo Lebesgue) definiscono la stessa distribuzione regolare.
Le distribuzioni che non sono regola.risono dette singolari e l'impulso di Dira.c ne rappresenta
un esempio.
6 Nel seguito indicheremo con i simboli (a,b) e [a,b] rispettivamente l'intervallo aperto e
l'intervallo chiuso di estremi a e b. Conformemente, (a, bi e Ja, b) indicheranno, rispettivumento,
l'intervallo di estremi a. e b aperto inferiorment.e e chiuso superiormente e viceversa. Amilogho
conMiderazioni valgono noi c11Hodi intnrvalli illimitati.
12 CAPITOLO 1. SEGNALI E SUCJCBSSIONI

/4
I
I
I
I
'3 I
I
I
I
I
I
r
h 1 I
I
I
I
I
I
I
I
I
I
I
I
I I
1 1 1
-1 43 2 1 t
Figura 1.1: Andamento delle funzioni fn(t), n F N.

'Iì·a le proprietà di cui gode l'impulso, una delle più significative è il fatto che
pur ogni funzione v e per ogni to E JRin cui la v risulti continua, 9i ha

v(to) 1 +00
= _00v(r)d"(r - to)dr,

o, equivalentemente, sfruttando il fatto che l'impulso di Dirac è una funzione pari,

v(to)
roo
= l-oo v(r)o(to - r)dr.

qum,ite identità descrivono in termini matematici la cosiddetta proprietà di


campionamento dell'impulso e sono verificate anche assumendo come intervallo
ili integmzione, invece dell'intero asse reale, un qualsiasi intervaìlo contente to
c:omo punto interno. Se la funzione v risulta continua su tutto R, le precedenti
vnlgono pc~rogni t E JRe pertanto, riscritte nella forma,
iclcmt.it,À.

.,,(t.)= !-~
+~
v(r)d"(r - t)dr = 1+00
_ v(r)o(t
00
- r)dr, t E JR,

pot1t10110 IIHHm·c, i111.cirprot,ute


come la possibilità di rappresentare la funzione con-
t.l111m11(t.),t C::IR,cumu "combinazione" di impulsi di Dirac di opportuna area e
p1111tocli nppllc11.1.i01111.Alln luce di questa interpretazione, le precedenti identità
clnt1crlvm111 In r>roprlotà di riproducibilità dell'impulso.
1.2. SEGNAU EI.,EMENTARI A TEMPO CONTINUO 13

La proprietà di campionamento può essere anche espressa, in modo equiva-


lente, nella forma

v(t)6(t - to) = v(to)6(t - to), t,to E R,


nell'ipotesi, ancora una volta, che v sia continua in to. Questa formulazione
risulterà molto utile nel seguito.

Un altro segnale canonico che incontreremo di frequente, nel seguito, è la


funzione gradino unitario 6_1(t), definita come

6-1(t)={l, t~O,
o, t < o.
Funzione gradino e impulso ideale unitario possono essere messe in relazione tra
di loro mediante la seguente identità (valida per ogni t E R, t # O):
/,:::;,.--·- -------<::-----
t rl , .~ --·------·•

: tL1(t) =
\...._
j -oc
o(-r)d-r,;
-.- ---- ------ ___,.___- .

Alternativamente, ragionando in termini di distribuzioni, l'impulso ideale unitario


può essere visto come la derivata della funzione gradino, ovvero
/r=------~
· \_ 6(t)
-.., ___________
= it((L1(t)).")
_,/

Per tale ragione, l'impulso unitario viene talora indicato con il simbolo o0 (t).
Va sottolineato che la funzione gradino, essendo costante a tratti è una fun-
zione continua quasi ovunque su R, per tale ragione avrebbe senso considerarne
anche una derivata in senso tradizionale (ovvero interpretando il gradino come
semplice funzione), derivata che è definita in ogni punto di R (dove vale O) ad
eccezione dell'origine. Nel seguito, tuttavia, quando faremo uso della derivata del
', gradino, la interpreteremo sempre nel senso delle distribuzioni prima descritto. In
particolare, se '!I è una funzione continua e derivabile, allora il segnale v(t)1L1(t)
ammette derivata (nel senso delle distribuzioni) ed essa vale:

!( v(t)!L1(t)) = d~~t) L1(t) + v(t) o(t) = d~~t) L 1(t) + v(U) o{t).


La funzione gradino unitario, una volta riscalata e traslata temporalmente, dà
luogo a funzioni del seguente tipo:

A cL1(t - to) = {A, t ~ to,


O, t < to.
Questo tipo di funzioni descrivono un comportamento di tipo "switch" o "ti
tmglia": hanno valore nullo fino ad un certo istante to e, a partire da to, assumono
un valore pari ad A.
14 CAPITOLO 1. SEGNALI E SUCCESSIONI

Val la pena, infine, di evidenziare che la finestra rettangolare di ampiezza ed


area unitarie Il(t) può essere espressa (per ogni valore di t 'F1/2) in termini del
gradino unitario nel seguente modo:

Il(t) = L1(t + 1/2) - <L1(t- 1/2).

Un terzo segnale canonico è la rampa unitaria:

L2(t) =={ t, t ~ o,
o, t < o.
La rampa può essere messa a sua volta in relazione con il gradino e con l'impulso
unitario. Si trova, infatti,

o, oquivalentemente,

Questi segnali canonici trovano una loro generalizzazione nei cosiddetti se-
gnali polinomiali, definiti, per ogni k E N, come
tk-1
{
6-k(t) == (k - 1)!, t ~ o,
o, t < o.
Anche in questo caso il segnale polinomiale 6-k(t) può essere interpretato come
la derivata del segnale 5-(k+l)(t) o come l'integrale del segnale °-(k-l)(t).

Abbiamo visto che il gradino unitario, la rampa unitaria e, più in generale,


i !legnali polinomiali sono ottenibili per integrazione dall'impulso ideale unitario.
È anche possibile e, come vedremo nel seguito, utile considerare segr.ali canonici
definiti come derivate delPimpulso di Dirac.
Consideriamo iru1anzitutto la derivata (prima) dell'impulso di Dirac, nota in
lett;1~raturacome doppietto e indicata con il simbolo ch(t). Chiaramente 61(t)
l'iuntra, a sua volta, nella classe delle distribuzioni, è nulla in ogni punto all'infuori
dell'origine e in un intorno infinitesimo dell'origine passa da O a +oo, poi va a
-oo ed infine torna a zero per rimanervi. Per renderci conto della natura e delle
proprietà di que11toeegnale è conveniente partire da una diversa rappresentazione
l.:J, ,"1/,:0NAUEl,EMENTAIU A 'l'EMPO CON'l'JNUO 16

Figur·a 1.2: Un'altra successfone tendente all'impulso di Dire.e.

1l11ll'h11p11IH0
di Dirac come limite di una successione. Consideriamo la seguente
(!!iveda la Figura 1.2):
11111111t1NNl011u

1
o, t< --n'
1

w 11(t) =n · A c;n)
=
--n- < t < o'

1
o, t > -.
-n

i•:h11111l'cli1tto
rnndersi conto, anche in questo caso, che l'integrale di una qua.l-
1'11m~l111111
11111111 (t) è
·111,. unitario e che il limite della successione delle wn(t) è proprio
1'111111111,m
cli IJirn.c. C011siclc!ria.mo
1 orn, la succes8iom~delle derivate di tnli f1111-

Il cui nuclnmuuto ò uvl<lunziuto in Figura 1.3


~l1111l,
16 CAPITOLO 1. SEGNALI E SUCCESSIONI

n2

dwn(t)
dt

1
n
_! t
n

-n2

Figura 1.3: Successione di funzioni tendente al doppietto.


cidoHct·itto(per t -:faO,J.¾) da:
1
o, t < --,
n
1
n2 -- < t < o,
dw;?) = n2.11( t ¾2~) _ n2 . II ( t -¼ 2~)= ' n
o< t < -,n1
1
o,
t > -.
n
In base alle considerazioni precedenti risulta naturale definire la derivata dell'im-
pulso di Dirac, che verrà indicata indifferentemente con il simbolo 61(t) o con il
piì1 immediato do(t)/dt, come limite di questa successione per n-+ +oo.
Nel seguito faremo uso, oltre che della derivata prima dell'impulso di Dirac,
nnche delle derivate successive. La derivata i-esima dell'impulso di Dirac verrà
indicata indifferentemente con il simbolo òi(t) o con la scrittura dio(t)/dti. Tutte
q11m1t,edistribuzioni hanno la proprietà di avere supporto infinitesimo collocato
iu t = O e per ei:;!!evale la seguente proprietà che generalizza la proprietà di
cmnpionamento dell'impulso di Dirac: per ogni funzione v e per ogni t 0 E JRin
cui la u risulti dotata di derivata di ordine i continua, si ha
. d',,(t)
(-1) 1 dti
I r 00
= 1-ooV(T)Oi(T- to)dT,
t=tu
I ,'I. ,"iBGNALIELEMENTAJU A TEMPO DISCRETO 17

I ,:I Segnali elementari a tempo discreto


I,'11111,ulsodiscreto unitario (o impulso di Kronecker) rappresenta. l'equivalente
discreto dell'impulso di Dirac visto in precedenza. In questo caso, trat-
11l,11111po
di un segnale definito su .Z,ovvero una successione, abbiamo
1.11111l11HI

c(k} , { 1, k = O,
= O, k E .Z\ {O}.
NI 11111.lche l'impulso di Kronecker è una successione pari dal momento che
~( A,)= 6(k), \;/ k E .Z. L'impulso discreto di ampiezza A centrato all'istante
I e: Z l, A · 6(k - i).
A11choi segnali a tempo discreto possono essere rappresentati come combi-
llllMlrnm di impulsi a tempo discreto. In questo caso la rappresentazione è banale.
N11l11fut.t.iabbiamo una successione v = {v(k)hez, allora

+oo
v(k) = L v(i)6(i - k), k E .Z,
i=-oo

u, 111'1•111,t,indo
il fatto che o(k) è una successione pari, vale pure
+oo
v(k} = L v(i)6(k - i), k E .Z.
i=-oo

Il NttKmmtcdisegno illustra il caso di un segnale discreto, con tre campioni non


11(-l}, v(O},v(2}, e la sua decomposizione nei 3 segnali impulsivi discreti
1111111,
- i), i= -1, o,2.
11(1)1l(A1

v(k)

k
-4 -3 -2 -1 O 1 2 3 4
v(-l)o(k + 1)

A:
-4 -3 -2 -I Cl 2 3 4
18 CAPITOLO 1. SEGNALI 1'JSUCCESSIONI

v(0)5(k)

k
-4 -3 -2 -1 O 1 2 3 4
v(2)é(k-2)

-4 -3 -2 -1 O 1 2 3 4
Figura 1.4: Esempio di decomposizione di una successione.

Similmente, introduciamo il gradino unitario discréto:

0-1(k) =={ 1, k ~ o,
o, k <0.
Banalmente, gradino unitario discreto e impulso unitario discreto sono legati tra
loro dalla relazione
k
o-1(k) = L o(i).
i=-oo

Se introduciamo il concetto di somma corrente di un segnale discreto {u(k)}.keZ


nel seguente modo
k
v(k) == L u(i),
i=-oo
iI gradino può essere interpretato proprio come la somma c.onente della succes-
sione impulso unitario discreto. Vogliamo sottolineare che abbiamo adottato per
i segnali impulso unitario e gradino unitario il medesimo simbolo sia nel caso
ccmt,inuoche nel caso discreto. Nel seguito, il contesto renderà sempre chiaro in
qunle ambito stiamo operando e quindi non potranno (almeno nei nostri auspici)
iusorgcre equivoci.
La rampa unitaria discreta viene defini~a come:

0-2(k) =={ k, k ~ o,
O, k <O.
/.:I. 8/mNAU ELEMENTAW A TEMPO DISC/l.ETO 10

lln111p1t11nit,tu·i11.
e gradino unitario sono legati dalla seguente relazione:

k-1 k-1 i
L2(k) = L 1L1(i) = L E 8(j).
i=-oo i=-oo j=-oo

Not.1,uno come le relazioni tra impulso, gradino e rampa unitari siano espresse nel
1°11111.rn,t.o
continuo mediante integrali e nel caso discreto mediante sommatorie.
Vnlo inoltre la pena di sottolineare che, ad eccezione dell'impulso unitario
ilhinnt.o, che rappresenta la controparte discreta di un segnale a tempo continuo
hLc:111tmtura matematica è assolutamente peculiare, gli altri due tipi di segnali,
11.rndl110e rampa, possono essere naturalmente pensati come le versioni campio-
cou periodo unitario degli analoghi segnali a tempo continuo. Infatti, il
11111.,,
11,mcll110unitario discreto e la rampa unitaria discreta sono segnali definiti in Z e
punto k e.i Z assumono lo stesso valore che in quel punto assume l'analogo
111111-111i
"''KIIILlci
continuo.
l ,cisuccessioni esponenziali sono segnali a tempo discreto definiti nel seguen-
1,1!t nodo:
k E Z,
dovo A è un numero reale positivo, IPè un numero reale, mentre À è un numero
Se rappresentiamo À in modulo e fase, ovvero nella forma À = pei 8 ,
1111111pleHHO.
dovop rnppresenta il modulo (o ampiezza) di>., nel seguito indicato con il simbolo
l,\I,mentre() ne è la fase (o argomento), indicato con il simbolo arg(>.), allora
,,(k) >.k = Ae11'p"ef
= AeJ<f> 8 k = Ap" (cos(0k +IP)+ j sin(0k + 4>)), k E Z.

l'c1rl.1mt.o,v(k) assume valori reali per ogni k E Z (ovvero è una successione


IINl'Ollenziale reale) se e solo se 0k + IPè un multiplo di 1r per ogni valore intero
di k, Ciò si verifica se e solo se() e </Jsono entrambi multipli di 1r, ovvero >. è 1111
reale e <f,è un multiplo di 1r.
11111111:m
Audm nel caso delle successioni esponenziali, il rapporto con l'analogo segnll,lo
11 l,1'1111111 è di immediata individuazione. Da
continuo

k E Z,
1l11vc1111/I rnppresenta il logaritmo naturale (o neperiano) del numero reale positivo
,,, Hoµ;1111che la :,mcccssione esponenziale discreta v(k) =
Aeill'>>.k,k E Z, può essere
vhil,a mmo la. ve:-sione campionata (con periodo di campionamento unitario) del
rn,poncnziale continuo v(t) = Aeill'>e1•t,
,u,11,1111.ln conµ= In p + _jf}E C.
t E JR!.,
l,p Rnccessioni sinusoidali sono descritte, in tutta generalità, d1tll'esp1·es-
11l11111'
v(A:) c,c·. A coH(fJk+ r/>), k E Z,
20 CAPITOLO 1. SEGNALI E SUCCESSIONI

dove l'ampiezza A è un numero reale positivo, mentre la pulsazione (J e la fase </J


Hono numeri reali. Ancora una volta non c'è perdita di generalità nel supporre
(J > O. L'interpretazione in termini di campionamento è particolarmente banale in
questo caso. Va detto, tuttavia, che, contrariamente a quanto uno può aspettarsi
a prima vista, la versione campionata con periodo costante di un segnale periodico
11011 è necessariamente una successione periodica. Ciò si verifica ae e solo se
mdstono due interi N ed n, con N {il periodo) non negativo, tali che
B(k + N) + </>= fJk+ </J+ 21m,
per ogni valore di k E Z. Ciò equivale a richiedere che 0 = 2'1rj, ovvero che (J sia
un multiplo razionale di 21r. Se introduciamo il concetto di frequenza discreta,
definita, in modo analogo al caso continuo, come
. (J
li=-,
27!'
ol,l,tminmoche una successione sinusoidale v(k) = Acos(fJk+efi)= Acos(21rvk+cb)
ò puriodica se e solo se la sua frequenza discreta v è razionale.
lnliuu, è importante sottolineare che la frequenza discreta li e la pulsazione
(J Hono ndimensionali, e si misurano, rispettiva.mente, in cicli e radi8Jlti per cam-
plum1. Ciò è conseguenza del fatto che la variabile k è adimensionale, ovvero sem-
plice indicatrice del numero ordinale del campione della successione sinusoidale
che 1,1t.i11mo
considerando.
Le successioni sinusoidali modulate esponenzialmente sono del tipo
v(k) = Al cos(Ok+ </J), kEZ,
rlove A, p e 9 sono numeri reali positivi, mentre ,Pè un numero reale. Una succes-
Hione iiinusoidale modulata esponenzialmente, come nell'analogo caso continuo,
può essere vista come il prodotto di una successione esponenziale reale e di una
Hi11mmid11le o, equivalentemente, come una successione sinusoidale la cui ampiezza,
invece di essere crn,;tante, evolve seguendo una legge esponenziale (a tempo di-
Hcrel,o).

1.4 Segnali di energia e di potenza


l't11·c:o11c:h11lm·1i
il c:11pitoloimi segnali è importante evidenziare come sia. possibile
111m dnHHillcn.:r.ioue
ddsegnali, siano essi a tempo continuo o discreto, anche in
h11~11nc1111Hiil11miio11i
di carattere energetico. A tale scopo introduciamo alcune
d11ll11lilo11I.

DuHulzlono 1.4.L Per 1111generico 1-mgnalca tempo continuo, v(/.), /, E R, 11


VILIori rrntll o cot11plrn-1t1i,
tluliuinmo
/.I. Sl~GNALl fJ1 BNETWIA I~ lJI PO'l'l<.JNZA 21

• l'energia del segnale corno

(1.1)

Il

• In potenza (media) del segnale come il limite (se esiste)

'Pi,== lim 21T


T--++oo
jT lv(t)l2dt.
-T
(1.2)

I,11 tllcit.ura "potenza media" tiene conto del fatto che P11 è, in effetti, il valor
<li lv(t)1 2
1111111111 sull'intero asse dei tempi. A tal riguardo è opportuno osservare
Il
111111 vnlor medio di un segnale u(t), t E R, nell'intervallo {-T, T] è definito come

1
2T
lTu(t) dt.
-T (1.3)

Similmente per i segnali a tempo discreto valgono le seguenti definizioni.

lluftnizione 1.4.2 Per un generico segnale a tempo discreto, v(k), k E Z, a


vnlml t·uali o complessi, definiamo

• l'energia del segnale come


+oo
&v== L lv(k)l 2 , (1.4)
k=-oo

Cl

• In potenza (media) 7 del segnale come il limite (se esiste)


N
Pv == lim 2N 1
N-++oo + 1 k=-N
L
lv(k)i 2 • (1.5)

1111,mgnale è detto di energia se la sua energia ha valore finito (e non nullo).


1'1 cli energia la potenza è nulla. Un segnale è detto di potenza se
11· 1111H1,i,;1mle

In 11tt1lpol,ti11:.1nè finita e non nulla. Per un segnale di potenza l'energia è infinita.

111valnr mudlo cli 1111


'I 111·lfc11'111m11to sugn11ll!o. tempo discreto valgono coneidumzlonl mmlop;l111
Kh\ fnt.tu pm· l Hop;1mliIL tc,1111m
1111111,lh• continuo.
CAl'l'l'OLO l. SEGNALI E SUCCESSWNJ

Se un segnale a tempo continuo ·u(t), t E R, periodico di periodo To è un


Hegnaledi potenza, la sua potenza media è calcolabile attraverso la formula

1 1.to+To 2
'Pv = ,r, lv(t)I dt, (1.6)
.LO to

dove to è un arbitrario numero in R. D'altra parte un segnale a te1r_podiscreto


v(k), k E Z, periodico di periodo No è sempre un segnale di potenza e la sua
potenza media è calcolabile attraverso la formula

(1.7)

dove ko è un arbitrario numero in Z.

Con riferimento al caso continuo, è importante sottolineare che le prece-


denti definizioni di energia e potenza media di un segnale generalizzano quelle
Introdotte nello studio delle reti elettriche. È noto, infatti, che la potenza istan-
t,1moa.dissipata per effetto Joule da un resistore con resistenza pari a R Ohm (.O),
ul cui rn..itremisia applicata, al tempo t, una tensione di v(t) Volt (V), è data da

v 2 (t)
Pv,R(t) = R Watt (W).

Pertanto, se v(t) è periodica di periodo To, la potenza media dissipata per effetto
,Joule sul resistore R è
I 1.to+To
'Pv,R= T, Pv,R(t) dt. (1.8)
O to

In tal senso la definizione prima introdotta di potenza media rappresenta il valore


clc1llapotenza media dissipata su un resistore di 1 n, ovvero quella che è altresì
uot;a come potenza normalizzata (in altri termini, 'Pv = 'Pv,1). Ad esempio, la
pot.m1za media dissipata su un resistore di resistenza R a cui sia applicato il
H11i,;1mle di tensione

v(t) = Acos(27r/ot + q',), t E R.,

(tluv11A l1oHprtiHHU in Volt), è calcolabile attraverso la (1.8) ed è data da


A2
'Pv,R= 2R W.

nd 1111Hegnale Hinusoidale di ampiezza A, quindi, la potenza


Cou l'ifrn'iu1c111t,o
li A2/2 W.
11ornmll:1.1mt:1i
I ./. ,'il~ONALIDI ENERGIA E DI POTENZA 23

l>'om in poi, a meno di esplicita indicazione contra.ria, faremo rife1'in1ento,


Nln11111 cnHo continuo che nel caso discreto, alle precedenti definizioni (I.I), (1.2),
( I ,,I) 11 (l.5) di energia e potenza di un segnale.

Vufo In pena di evidenziare che la somma di due o più segnali di energia è


1111"''~1mlu di energia, mentre la somma di due o pitì segnali di potenza non è
111•1•1
1HH11,rinmente un segnale di potenza (anche se ciò è vero nella maggior parte
1h•I1•11NI
cli interesse per le applicazioni).
11101!.ru,in generale, non vale l'additività per le energie e le potenze. In altri
HU .,, =vi+ v2, con v1 e v2 segnali di energia, l'energia div non coincide
lt•1·111l11I,
mli In.Homma delle energie di v1 e v2. Vale, invece, la seguente relazione

1l11v,,
lt11(z) rappresenta la parte reale del numero complesso z e la grandezza
I',,,,,,,,
i, j = 1, 2, i=/:j, definita per segnali a tempo continuo come

=1
+00 -
Ev,,VJ Vi(t) Vj(t) dt
-oo

11 111•1·
Hlll(llltlia tempo discreto come

+oo
Ev;,Vj == L Vi(k) Vj(k),
k=-oo

f1 energia mutua tra Vi e v1 e tiene conto dell'interazione


11ltl1L111nl.1t energetica
1111l Hl11(11/ll
i.
Hl 11111.i
nuche che l'ortogonalità tra due segnali di energia v1 e v2, ovvero
Il fot.t.odm

li 1•0111ll1.irn1u
:mfficiente perché l'energia del segnale somma sia la somma delle
1•111•1·µ,l11
cloi due Hegnali.

l.11H1111111111.
di due o più segnali di potenza non è necessariamente un segnale
,Il pol.1111:,,n,n, qualora lo sia, la potenza della somma non è detto coincida con
In 11rn1111m dolio 1>otenze. Anche in questo caso è infatti necessario tener conto
1li1ll'll1t,c•1·11.~io11ti
sm1sistente tra le varie componenti. Per fissm·e le idee sia v =
1•1 I ,,~ 11 1-111pp<mi1tmoche t11, v2 e v siano tutti segnali di potenza. Definiamo
IILpotenza mutua t,rn vi e ·v1 , i, j
1111111,n• =
1, 2, i=/:j, come il limite (se <lHil'll,n)

P.,. "·, == lim 2T


' · 'I' • I no
1
J +'l'

--'/'
--
Vt(t) v1(t) dt
24 CAPITOLO 1. SEGNALI E SUCCESSIONI

nel cuo continuo e


1 +N --
'Pv, v;
'
== lim
N-++oo
2N + 1 L
k=-N
v,(k) v1 (k)

nel caso discreto. Non è difficile dimostrare la seguente relazione

Si noti, anche, che l'ortogonalità tra due segnali di potenza v1 e v2 , ovvero


il fatto che

è condizione sufficiente perché le potenze dei due segnali siano .additive.


1,/1, ESERCIZI DI RIEPILOGO 215

1,& Esercizi di riepilogo


llarclzlo 1.1 Classificare i seguenti segnali in base alle caratteristiche del do-
minioo del codominio:
I) Il numero di giorni di pioggia per CÌ88cuno dei mesi del 2002 in una pre-
W111egnatalocalità.;

Il) la media mensile delle temperature massime giornaliere nel 2002 in una
preassegnata località.;

lii) la temperatura corrente in una preassegnata località.;


lv) la produzione giornaliera di latte della Lola;

v) la luminanza di un 1immagine in bianco e nero;

vi) Il campo elettrico di un 1onda piana che si propaga nello spazio libero.

ID1arclzio1.2 Disegnare il grafico dei seguenti segnali:

I) v(t) =II(~)- 2, II (t34 ) ,t E JR;


Il) v(t) = <L1(t- 1) + 3et cL1(2 - t), t E JR;

lii} v(k} = A 6-1 (-k - ko), con A E JR,ko,k E Z;


lv) v(k) = o(k - 1) + 25(k - 5) + (-l)k5-1(k), k E Z.

l~Norcizio1.3 Esprimere in termini di segnali elementari le seguenti succeuionl


su Z
1lc•ll11ite

i) i,{k) = { u3', 9 $ k ::::;15,


altrove.

2, -3 $ k $ 3,
ii) v(k) ={ 5, 12 $ k $ 18,
O, altrove.

14:Norclzlo 1.4 Determinare un'espressione in termini di segnali eleme11t11rl(va-


ll1l1tper tutti i valori di t e JR,tranne al più un numero finito di es1tl)por 1
N1•guontisegna.li
26 CAPITOLO 1. SEGNALI E SUCCESSIONI

i) v(t) = l o, t < -2,


-2:::;t<-l,
~'. -1 ~ t < 1,
1, 1 $; t < 2,
o, t ~ 2.
o, t < -1,
-t, -1 $ t < o,
ii) v(t) ={ t, O$ t < 1,
o, t ~ l.
iii) Sia T > O, arbitrario e fissato,
v(t) = { 1, 2kT::; t::; (2k + l)T, kEZ,.
O, altrove.

Esercizio 1.5 Se v(t), t E JR,è un segnale a tempo continuo e to E JRdeterminare


1111Hugnale v"(t), t E JR,tale che

v(t) 1L1(t - to) = v"'(t - to) (L1(t - to)-

Esercizio 1.6 Si calcolino energia e potenza dei seguenti segnali:


i) v(t) = Aej( 2r.Jot+it>), A, fo E JR+,4>,
t E JR.
ii) v(t) = A cos(21rfot + 4>), A, fo E lR+,4>,
t E JR.
iii) Il segnale al punto iii) esercizio 1.4.

Esercizio 1. 7 Si calcolino energia e potenza dei seguenti segnali:


i)

ii) v(k) = cos (ik), k E Z.

Esercizio 1.8 Si calcolino energia e potenza dei seguenti segnali definiti su JR:
i)
vi(t)={l, -½+2k::;t:=;½+2k, kEZ,
O, altrove.
l,fl, l•,'SJ,;Jl.CIZI
DI RIEPILOGO 27

Il)
1. -½+ 2k :$ t $ 2k, k E Z,
v2(t) = { -1, 2k <t $ ½+ 2k, k E Z,
O, altrove.
lii) v(I.) = v1(t) + v2(t).
Capitolo 2

Sistemi a tempo continuo

IJu 11lstema a tempo continuo è un sistema le cui_grandezze descri~tive, si&D;O


l11gressi;usc1teo__
tiM1111 varìabili_"intern,e" guaii.i.ad esemJ?Iotle variabili di statp.
tutte
1111110 descritte da funzioni a tempo continuo.
Obiettivo di questo capitolo è quello di introdurre alcuni modelli matematici
Jllll' I Histemi a tempo continuo e di discutere alcune tecniche analitiche per il
loroHtudio. A tal fine, introdurremo proprietà fondamentali quali la linearità, la
t10111m-invarianza, la causalità e la stabilità. I sistemi lineari e tempo-invarianti
(L'l'l)Haran_~~'.'sistemitipo" presi in esame in gu~to libro, Noi rappresenteremo
I 111111,omi
a tempo continuo, siano essi lineari e tempo-invarianti o meno, mediante
Il 111111:uente
schema a blocchi, di cui u(t) rappresenta l'ingresso e v(t) rappresenta
l11111dta:

u(t) v(t)
Sistema a tempo continuo
ingresso uscita

W, È importante sottolineare che lo studio della dinamica del sistema viene con-
ilul.l,o ipotizzando come intervallo di osservazione o l'intero asse dei tempi :i·
11p1mre iina·seiiifretti-mpo [to~-+oo).Questa ~-;onda ipotesi viene adottata
11111u1do, ~dpe~~~~I)k.rufil:mfàM.!i ..m..ç.ui..
il sistema in~~ a !!_~_e le sol-,
l1•dl.nzioniaarrrambiente esterno, noi sia.mo interessati a descriverne la dinamiç1
1111111IL partire.da Ull.determinafo ~~~l~j_o.ni:.
·
t~--~pp~~;-q~-ando·ie·
"ist~tiiµ}i)if;:~
eIl fuu~jonfi.merito,"e'"quincff il modello descrittivo', "del sistema fisico cambiano e
. ·-' ". -....... - - ---
.......·--·-----·-. .·- -···----·-···---....
' . .........
29
:m CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CONTINUO

<JUiudiesist_~_1m "istante iniziale" a partire dal qualeJ! .!!!9sl~llodive.nta.valido.


-··NeCprimo~o, al fine di-dìii:.erminare-·ii1·modo completo la dinamica del
sistema, è necessario conoscere la sollecitazione applicata in ingresso sull'intero
ai;se dei tempi R.,ovvero u(t) per ogni t E R..
Nel secondo caso, invece, poiché è ragioneY.QleJp.otizzare.d!~il sistema, di cui
osserviamo l'evoluzione da t(iin p~-sia stato sottoposto a sollecitazioni Jmche __
in istanti antecedenti, ·per vahifarnera-diriarrika' neii'intei-vallo-·ciiosservazione
[to, +oor è necessarfo'còriosèere''noii ·solò'l'iiigrèss~ al sistema da tòin poi, ma:·---·
pure "quantificare" l'effetto cli.E1ieis;U~.c#ìii.i.QnLàìwlicateal sis.t~mai:irimadi to
hanno sortito· &o a ..taie ·ist~1.1J~,eff~tto normalmente compendiato nelle c~~id~··
dette "condizioni inizlali''._delsistema. Quèst'ocoiiéetto, àppareriterii.ente astratto, -
verra chiàiìto nei seguito meèiiantEialcuni esempi.

2.1 Proprietà basilari


Linearità:
la linearità rappresenta uno dei concetti fondamentali della teoria dei Con-
trolli e delle Telecomunicazioni. L'ambito lineare è senza dubbio quello più conve-
niente in cui formulare ti risolvere i problemi tipici delle due discipline e, sebbene
in natura pochi fenomeni possano essere considerati intrinsecamente lineari, tut-
1 tavia l'approssimazione di un sistema fisico m~un.modf!llo Hne.a.re..è..sp.esso
J _P~~sibile ed effif!<;..~_,rriì-sistemaè:~~~-~~-~e P~!.~~?-..~~~:-~~P:!!1-~~.e~~--gJ..~~~ __
I posizione degli eifetti.,are-pnncfpio esprime il concetto intuitivo che se un dato
l
I
iiistema·
l'isponde
;1spotide
ad
~ila
ogni
causa 1 con l'effetto 1 e alla causa 2 con l'effetto 2, allora
combinazione lineare delle cause 1 e 2 con la corrispondente
1
1 combinazione lineare degli effetti.
Formalizzando il precedente concetto in termini matematici, abbiamo che se
all'ingresso u(l) corrisponde l'uscita v(l) e _all'ingresso u( 22..__çqi:risponçl._eJ'uscita
-
11(2), allora al}'ingresso a1u(l) + a2u( 2) corrispo~de l'uscita a1v< 1l +a2v< 2)_ È im-
portante sottolineare che questa form.ula~ionematematica del principio di. sovrap-
\ posizione degli effetti ha senso nel momento in cui l'unica causa in gioco sia
l'ingresso al sistema. Se altre cause entrano in gioco nella valutazione della di-
namica del si:slema quali, ad esempio, le condizioni iniziali (se si ipotizza che
l'osservazione delìa dinamica del sistema abbia inizio ad un istante finito to ed
a tale istante il s:stema non si trovi nello stato di riposo, ovvero non parta da
condizioni iniziali nulle), allora il principio di sovrapposizione degli effetti va ri-
formulato matematicamente in modo da tener conto 8Jlche di esse.
Un sistema per il quale non sia soddisfatto il precedente principio viene detto,
genericamente, non lineare.
• I l•ltol'UIN'l'À IJASnAHJ :.n
t-.m111
1 t• I 11v11rlum,.:u:

liii 11INl,111111L
ilinnmico n. tempo continuo viene detto tempo-invariante He
JJ~luuc.ucl .le;).!XU2Q..Y~le
caus~_p-~yoca la m~~imatraslazione nel tem.l?il
lf11U.I.Pli'apreciHamentc, supponiamo che il sistema risponda all'ingresso
· 11111111iii:f1~,;-
'Il, Diciamo che il sistema è tempo-invariante (ricordando, però,
liift,-•l111\v.l11111i
f1Ll,t11
prima sulla Hituazione in cui ci siano altre cause agenti ~ml
tllll,11111
1 nll'ingl'Csso u)
1111.rci se per ogni coppia ingresso/uscita (U,,v) e per ogni
f • M,In rlHpo~l;ndel Histema all'ingl'esso u.,.u, definito per ogni t E JR come
I"'lfl(t) .!. u.(/.- r), è r,-rv.
lii l,111'111l11i
colloquiali, possiamo dire che la tempo-invarianza di un sistema è
11ttr11111·l11I,,\
dol sistema di soggiacere a leggi fisiche che non variano nel tempo e,
111
tlflllNtt1,t111
111:1.,t,
cli poter essere descritto da un modello i cui parametri descrittivi
111111
111u11hliL110 11oltempo.

l,lttetlll'll,he, Tompo-lnvarianza:
1111
NINl,1111m
che sia al contempo liµe~E!. e tempo-invariante viene chiama~Q,_,
111il1111T,TI,.Per· lo studio di questi siste~i soiio ·a-"èiisposizione··alcuni stru-
ttt111U
llNl,1•1111mmcmtepotenti che altrimenti non pot.rP.mmo impiegare. In partico-
la,111111 tra.sformate_di Fourier e_di. Laplac~_p__e.r
lo, IILpos8ibili~ dL.r~~9rrere_alle __ ..
liit11111h•IIIHl,ic:u
e l'analisi di questi sistemi permette di passare da una descrizione
1h,tl11 <lei ~istema
1l1tm111ic,1 in termini di èquazfoòramererizfuJI (li~eai.-ie a coer-
'·ft,,111111.1 ad una descrizione di tipo algebrico. Ciò permette, inoltre, di
1~11Hl,n11H;
U'IMhtl'l'II
1110lt,i
problemi che risultano compléssi'iiel'dominio del tempo in semplici
j1ft1hh1111l
11.lµ;d>rici
nel dominio de_l~~J:r:.a.sfqç_ro.l}t!l
...._ ..

e1111111111111.1a:
HIH_l:~~~~~~i~~o causale o n~..!~!Jlil.!9rict§.!l
~11.1, qgui ca;,usanon vieno
111111 <la.lcorri§p'Qi:ù5,tee:lrijfa. In altre parole, un sistema è causale HIJ
111·,wrnlut,IL
j!llt 11g11i t l'uscita del si~!...~!!~E.9
·iHi.i·u~t'..c •.L~...
!!!!!!P.en~~~d_~l'evoluz~_
11111 in ingresso negli istanti successivi a t. Questa definizione permette di
,.,,11,111t.ll!
Nil11111l11rc,il 1:onceì'fo'drcàusàlità.an~he ~ ~istemi per i quali oltre all'ingresso si
l.111wrconto, tra 1e cause agenti, anche dell'esistenza
1h1"1111. di condizioni iniiiuli
111111 nulle.
11111'l'HH11.riamente
1·,:ll11p1>rl.11,11tc
evidenziare che nel testo, salvo esplicita indicazione cont.rnrin,
111•111ulc•rmno in esame la dinamica di un sistema nell'intervallo [to,+oo)
uc•ll'uvcntualità in cui esso sia causale.
1111l11
N,,I H11µ;11it,o
riprenderemo in esame, nel dettaglio, la proprietà di cam1aliti\ u
h1N1111c11.rn.t.1.ciri~:u1.zioni.
CAPITOLO 2. SISTEMI A 'I'BMPO CONTINUO

Stabilità:
il concetto di stabilità, in senso lato, è piuttosto intuitivo: pensiamo ad un
mercato finanziario come ad un "mercato stabile" se piccole variazioni nella do-
manda o nell'offerta di certi titoli non innescano delle variazioni incontrollate
nelle quotazioni degli stessi titoli. Pensiamo ad un ecosistema lagunare come ad
un "ecosistema stabile" se una piccola riduzione di una delle specie componenti
( ad esempio pe: una moria o per un incremento del pescato di quella specie)
non provoca una significativa alterazione dei rapporti tra le varie specie presenti.
In altre parole, un sistema viene consideraJ1Lstabile.1_s~,_una volta assestatosi._

i ...-'.~~ituazione
in t1nll-
~-~~st~!n.:~
..dLequilihr.id.~.,..picG9l.!l
:er.~.<!.uco.no..piccol~
.._~_t~r.!o~.!Q~Ldelle
..a.lteraziooi.de.gll.~Jf~tti. ~.rJ,
cause che agiscono St!L
..~Y!".P:~1!.~..!!,lent~~~~~~~ ·-_
eh~
. --
tend.ono .a.d.a.n.nuV.w.~1
.. con - l'andare del tempo.
'---.. ........_,_.... ---~--·····--·····-···
·•·'·"''·""'""
·
Sebbene l'idea soggiacente alla nozione di stabilità sia pressocchè unica, la
formalizzazione matematica di questo concetto porta a diverse definizioni di sta-
bilità. Ci concentreremo, in particolare, sul concetto di stabilità ester~~J~~~'.".
bilità fil.Jl{), dall'inglese bounded input/bounded output) di. Wl,. si~.t~mp,.,I,'J'I,
con ciò intendendo la proprietà del sistema nello stato di ripÒ~o, nell'eventualità
in cui il dominio. ..tempg_s_11;t.1:!n.~ ...semire.tta d~l tip<>[io,+oo) e il sistema sia
causale) di rispondere -~~.P~-s~n uscite lim!t!l:_1:.,(:!_&in~~~~-~~l~~!!~B.:. In.te~~
mini matematici, tale proprietà trova la seguente formalizzazione nel caso in cui
l'intervallo di osservazione sia IR:per ogni segnale di ingresso u, la condizione

3 Mu > O tale che iu(t)! < Mu, V t ER,

assicura p~r il corri~pClnge,;i~~


-~&~a.l~. \lSt::it~.v,
çli._
3 Mv > O tale che jv(t)j < Mv, v'tER..
Nel caso in cui, invece, il ~~sterna (sia causale e) v~p.g!J.. assi:iiva,toa.partire da un
fissato istante to, la.stabilità BÌBO si form'a:lizza come segue: qualora il sistema -.
aii'i~t~nte ·t~.,(~on ciò intendeiido che al sistema non
si trovi nello stato.,c:lJY.iP.o~o·
sia stata 'àpplic~ta ~çu~~ ~9Jf~çff~Jcinifif{liigiésso fino. all'istante to-e pertanto, -·
in virtù deii~ causalità, parta' g~__ ...b.1.i.zi~,u.
ç_ond!~io.Jli nulle), per ogni segnale di '
ingresso:ir{a-5-iippqf{6.'.6i:ùit.~;µto.J~..[t.o.,.±99)),
~a condi~ii:i~!~· · ·- · · ·· ·· · · · ·· ·

assicura
3 Mv> O tale che lv(t)j < M.v., V t E [to,+oo).
Vogliamo sottolineare che, al momento, il concetto di "condizioni iniziali nulle" è
ancora vago e lasciato più all'intuizione che ad una definizione precisa. Una volta
introdotti i modelli matematici che prenderemo in esame, saremo in grado di daxe
alle immmenziormte condizioni iniziali un'esatta formulazione matematica.
J ') 1\/()/Jl,;UO IN TERMINI DI l~QllA½JONJ IJJF'FERENZIALI K
A Uu.uc_:11 clclla nozione di stabilità BIBO, è possibile introdurre ..P..er ...sistemi.
1,1'1l'IIIIHll,li, ;·;H~;,~~;i;-;Jf·~;iizontè-fémporale [to,+oo)~aiiclù:dlcÒ~~etto di sta-
hllll,hIIHlntotica, che fa riferìment~·: ~JCOtnportament°o. clef"sistem.a'Jiiii.~~Z~--
111m1llrn:lt,11.~10.11L.eite.mi.::PTu-precisamente un tal sistema è asintoticamente sta-
1,11,,
,11,,111/IHHC!lZR di sollecitazfoni_ ÌI1.fngresso fo_[to,+·oo) (u(t) = Ù per t 2:::t~)
11111'1111/;lli Hcelt'a delle Condizioni iniziali, l'evoÌu~ione d'uscita CODVerge·a zero
11111111,
1l.lc·1t1111mte, ovve~IJ
lim v(t) = O.
t->+oo
111111
,1t,fl11i:1.ione
analoga verrà 1:ntrodottà, nel seg~ito, per i modelli di stato e
1111
n11l11rri\vincoli di convergenza asintotica sull'evoluzione delle variabili di stato
lt1v,,,,,,
du: ilella variabile di uscita.

~.~ Modello in termini di equazioni differenziali


11:1111,1.111111
diversi modi per descrivere un sistema LTI a tempo continuo. Uno dei
1,111 ìi attraverso un sistema di equazioni differenziali lineari a coefficienti
dl11'11Hi
Pm introdurre in modo naturale questo tipo di modellis:;ica, cominciamo
1o1111l.1111I.I.
, 111pi·1•11clorn
in considerazione alcuni e8empi.

:,,:,, 1 Esempio 1: Filtro RL


I 111w1hli•rimnoil seguente semplice circuito elettrico:

Figura 2.1: Rappresentazione di un filtro RL.

d11w 1·11111paiono un generatore di tensione la cui tensione u(t) è variabile nel


1"'11p11, , mpprcscnta l'ingresso del nostro sistema, un resistore di resistenza R
1111111,, 1111induttore di induttanza L Henri (H). L'uscita del sistema è prelevata
111111111'Hl'l,1.i
del resistore, con la convenzione dei segni indicata in figura.
noto dalla teoria delle reti elettriche, se indichiamo con i(t) la corrente
e '111111•
, 111•1111.l'l'l!HHa
la maglia (orientata in verso orario), le equazion: che regolano la
ciel Hi:,t;emasono le seguenti:
ol1111111iic·a

u(t) = L di(t) + Ri(t)


dt '
1,(t) = Ri(t).
34 CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CONTINUO

Da ciò si deduce l'equazione differenziale lineare, del primo ordine, equivalente

L dv(t)
u(t) = Rdi + v(t),
che può essere riscritta nella forma

dv(t) R R
di+ I v(t) =I u(t).

2.2.2 Esempio 2: Automobile in movimento su un·piano orizzon-


tale
Consideriamo un'automobile in movimento su una superficie orizzontale. Suppo-
nendo che l'auto si muova lungo un rettilineo, indichiamo con x(t) la posizione
dell'auto al tempo t rispetto ad un punto di riferimento lungo la retta supporto
del moto rettilineo. Sia u(t) la forza (che si manifesto., a seconda degli istanti,
o come spinta o come frenata) applicata all'auto al tempo t- Infine, siano M la
massa dell'auto e k1 il coefficiente (positivo) che tiene conto delle perdite dovute
all'attrito viscoso al moto che la macchina presenta (l'attrito radente viene trascu-
rato). L'equazione differenziale che regola il moto dell'automobile, in virtù della
legge di Newton, è la seguente:

Md 2 x(t) k dx(t) = ()
dt2 + f dt u t.

Si noti che il valore del coefficiente kt è fortemente influenzato dal tipo di super-
ficie su cui avviene il moto e cambia di molto da una superficie asfaltata ad una
non asfaltata.
Se prendiamo come uscita del nostro sistema la velocità dell'auto, ovvero
v(t) ===dx(t)/dt, la precedente equazione diventa

dv(t) ·
Mdi+ k1v(t) = u(t),
o, equivalentemente,
dv(t) kt I
T +M v(t) =M u(t).
J :..'. MODELLO IN TERMINI Dl E(JUAZlUNI DIFFERENZIALI 36

~.:.i.a Esempio 3: Sistema Massa-Molla-Smorzatore


Il plì1 Hmnplice modello adottato per la descrizione di un sistema che vibra è
lll111it.rn.l,oschematicamente in figura. Questo sistema, che consta di una terna
di 011,'1,l'l,t,i,
i.e. massa, molla e smorzatore (viscoso), e che chiameremo per bre-
\'II.,\ M-M-S, costituisce una rappresentazione accurata per molti dispositivi rea.li,
111111ll1 nd esempio, un accelerometro (strumento che misura l'accelerazione), un
11tn1110111ctro (strumento per misurare le vibrazioni della terra) e un assorbitore
di vll,rn:,doni (per ammortizzare le vibrazioni delle apparecchiature). Altri di-
11prn1l1.ivi più complessi possono essere descritti attraverso un sistema M-M-S, a
l'llllcll~ionedi accontentarsi di un'analisi semplificata.
VPcliamo i dettagli delle leggi fisiche che regolano la dinamica di questo si-
hli•11111. La massa M è appoggiata su una molla la cui costante di elasticità è pari
11 /\' ,, 1-111uno smorzatore la cui costante di smorzamento è pari a D. Una forza
111,t ·u(t), viene applicata alla massa e fa sì che essa oscilli, presentando uno
...1·1111.,
m·o11t.11.mento v(t) rispetto al punto di equilibrio.

u(t)

M
v(t)

D
K

Figura 2.2: Rappresentazione di un sistema massa-molla-smorzatore.

<!iè, significa che, in assenza di forza applicata (u(t) = O), lo scostamento è


11111111(v(t) = O). Quando la massa si trova al di sopra del punto di equilibrio
,,(I) > O, mentre quando la massa si trova al di sotto del punto di P.q11ilihrio
l'jl) < o.
Il moto della massa è ostacolato dalla molla, che tende a reagire al moto
,1,,1111 massa M nel seguente modo: se v(t) > O, allora la molla viene espansa ed
,,,,,•rril,a una forza di richiamo elastica che tende a riportare la massa phì vicino
111111 prniizione di equilibrio. Viceversa, quando v(t) < O, la molla viene compressa
,, quindi esercita una forza nella direzione opposta, che tende a far crescere v(t).
I,o 1m1orzatoreagisce così da dissipare energia, convertendo energia meccanica
111 l'tmrgia termica, che lascia il sistema sotto forma di calore. Di conseguenza
1111,iiwe in modo da avversare il moto e ridurre quindi l'effetto della forza applicati~
CAPITOLO 2. SISTEMI A 'l'EMPO CONTINUO

1.1,. L'equazione differenziale che descrive la dinamica del sistema è:

d2 v(t) dv(t)
M d.t2 + D d.t +K v(t) = u(t),
ovvero
d2v(t) D dv(t) K (t) 1 ()
~+Md.t+Mv =Mut,
dove M, K e D sono, in virtù del loro significato fisico e del sistema di riferimento
adottato, grandezze non negative.

2.2.4 Modelli ingresso/uscita descritti mediante equazioni dif-


ferenziali
Abbiamo analizzato, in precedenza, alcuni esempi di sistemi in cui i segnali
coinvolti nella descrizione sono un ingresso ed un'uscita, entrambi scalari, e
la relazione matematica che lega questi due segnali viene espressa mediante
un'equazione differenziale lineare a coefficienti costanti. In questo paragrafo e
nel resto del capitolo vogliamo fornire una descrizione ed un'analisi generale dei
modelli ingresso/11Scita di questo tipo.
Consideriamo un sistema ad un solo ingresso ed una sola. uscita, ovvero un mo-
~-~r.~~t~~~a.~~~-~~·~~~8:'.1~~~~~renzìal~lìneare·~
dellt(SISO;\ded__ a coefficienti
cos ~r men, uvvero
dnv(t) dv(t) t:Fu(t) du(t)
an~ + ... + a1 d,t + aov(t) = bm _dtm + ... + b1 .dt- _+ bou(t)_, (2.1)
an, bm :f:.O, o, in forma compatta,

(2.2)

È importante sottolineare che nella precedente equazione differenziale. u svolge


il ruolo di ingresso, ..~ quindi viene supposto noto, i coefficienti ai e bi del mo-
dello sòrio Iiòtì"(e tipicamente reali) e v, l'uscita, ·è la grandezza da determiuare
attraverso la risoluiione dell'equazione differenziale.
Nelle situazioni pratiche m è sempre minore o uguale a n, per cui, nel seguito,
faremo sempre questa ipotesi. I~_:~~ con~m;,vengono detti_P1:?Pr~. Se
, n > m vengono detti ~t-~e~~~~t:,~!~ ,P..r~gi:i, /
'\ È importante osservare che la precedente equazione differenziale (2.2) non
fornisce, per n 2::1, un'espressione univoca dell'uscita in funzione dell'ingresso
·u,(t), t E R Il calcolo dell'uscita richiede, infatti, di assegnare delle condizioni
uggiuntive: se olt,re al segnale di ingresso, sono noti, ad esempio, i valori dell'uscita
'J:., MOIJBI,LO IN TERMINI DI /EQUAZIONI DIFFERENZIALI
)(
111lr•ll1,Huc,derivate fino a quella di ordine n-1 ad un generico istante l, è possibile
,l,,f,1•n11i11nre univocamente v(t) per t E R e, in particolare, per t 2::f.
H1,lnt.mduciamo l'ipotesi che il sistema sia "inizialmente a riposo", con ciò
l11f1 111d1111do che ogniqualvolta il sistema viene sollecitato da un ingresso u(t), t E
114:,m11 u.(t) = O per t < f, allora la corrispondente uscita v(t), t E lR, soddisfa
1'(I) O por t < f, il sistema risulta LTI e causale. Sotto tale ipotesi, il calcolo
1h•ll1 11Hi:il,ain corrispondenza a un ingresso u(t), t E JR,il cui supporto sia limitato
l11h•1'ior1mmte, ()Vverou(t) = O per t < f, richiede di imporre che l'uscita e le sue
1h•dv11t.n Hiano tutte nulle all'istante f e può essere espresso come "prodotto di
l'IIIIY11l11:i:ione"tra il segnale di ingresso e la "risposta impulsiva'' del sistema. Il
p1111 l11t.f,11
di convoluzione permette, sotto opportune ipotesi, il calcolo del segna.le
, Il u,id l,a anche nel caso di ingressi a supporto non limitato inferiormente. Su tali
Lorneremo nel paragrafo 2.3.
111111:1,t.t.i
1

H11 Hituno interessati allo studio della di~ica del.sist!ma solo nçijj,pt~a!!2,.
, 11••HHi ·rv1izioiiè"T§;t~.[fé~jE,~1'~~ ftiiç!~!~<!~l..~~~-~~.~ !ll}l[~e..to...w....J2W.
~11111 l, 11eccssarioco1:10.~~~~~- ..9.J
i!~§&9!!-l~ .i.~gr~~!S.f!?~-1.U'!~~.!2!2...!~~.t.22L
l111U11viapoiché la presenza di una sollecitazione agente.sul ~p.er..Jata.ntL
_t~J~--~ì
111,,,,.,;j~;1i~i che il ~~tema non s~~- .~!.~~-:'.~~~!
... rjp,m;o"all'i_stan~"'--~!lL
t, 111ll'11H1-1ario
disporre, ancora una volta, di un insieme di condizioni aggiuntive
.... 111111.1.lvo all'ista.n~~:~.o.:::~~JP.~~~~z.i~~--~~~ __g_~_Elg_~ll:I.~
...drì°-'I:~~-~o..tt( t) ..~.i.':'
nul!o in
1111 1111,Prvallo aperto. d.el tipo (to -. e:,to.),con e:> O,.fTh:p_Cl!!,9.~~e:ri.za ';!.~~~'-ingresso
ul'), pur( ,2::..Jo
1l111'iv11f,c
....e de) valg!L..~s.untJ, 4alt.us.c;tt~ ~-
.~~r A~l~~u~..~r.~~~~:.1.L:::.J:
all'istante to, determina univocamente 1 la soluzione v(t) dell'eq~aziQ:-.
1111 dilliirenziale' (2.2)':!)Al firie del'cafoòlodeih.1scita per'(i io:'1;a1;··ipotesi è
11q11lvalentead-assumere·u(t) = O per t < to. In ~irtù della tempo-invarianza del
11lt1l.1
111m,possiamo anche supporre, senza perdita di generalità, io = O.
I II realtà, per poter trattare in modo semplice anche segnali che presentino
dhwo11t.inuitàe componenti impulsive collocate nell'istante to = O, è .necessario
111m11111nrc come condizioni iniziali i valori a,ssunti d~ll'uscita e dalle sue prime n-1
dl'l'iYn.l.eprima chel'ir:igreSSO u(t) inizi a,d !l.giree, pertanto, all'istante o-, ovvero

dv(t) I dn- 1v(t)_, .


dtn-1 , (2.3)
dt t=O-,
t=O-

,I,'""
div(_t) I ~ lim cfv\t).
dt' t=O- t-o
l<D
dti

1 11cn.~o piì1 generale, in cui l'ingresso non risulti vincolato prima di to, richiede una dlv01·111L

U1111 possibile soluzione consiste nell'assumere come condizioni iniziali in to non solo
1,nl 1.11,i,ionu.
I ml11ridull'm1dta e delle sue prime n-1 derivate ma pure i valori dell'ingre,so e delle sue primi!
"' I rlorivat;e, Riprenderemo in esame qnest.a situazione nel pamgrafo :1.a,dove sarò. posslhllu
l,1111lrn1111111mluzio11e _gcnernlu in 1·,11rrnipi
llelle trasformate di Laplace dei segnali in gioco.
CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CON'l'IN UO

Come noto, la soluzione dell'equazione differenziale (2.2) in corrispondenza ad


uno specifico ingresso e ad una specifica scelta delle condizioni (2.3) può sempre
essere ottenuta come somma di una soluzione dell'omo_g_~l;UJ.dessa. associata:
---··-·-···---··--·~~-
.... ·--.... ·-----··· ·--------···
<flv(t) dn- 1v(t)
an---;Jin + an-1 dtn-l + ... + aov(t) = O · (2.4)

e di una soluzione particolare della (2.2). Tra le varie scelte a nostra disposizione,
-t'possibile scegliere come soluzione dell'omogenea quella ottenuta in corrispon-
denza alle condizioni iniziali (2.3), nota in letteratura come evoluzione libera,
e come soluzione particolare la specifica soluzione della (2.2) a partire da con-
dizioni iniziali tutte nulle (l'evoluzione forzata del sistema). Normalmente,
la componente di evoluzione libera dell'uscita viene indicata con il simbolo ve,
mentre la componente di evoluzione forzata con il simbolo VJ,. Val la pena di
evidenziare come questa partizione sia una diretta conseguenza della linearità del
sistema (e quindi dell'equazione differenziale che lo descrive). Infatti, condizioni
iniziali ed ingresso rappresentano le due cause agenti sul sistema e, in tal modo,
si partiziona l'uscita complessiva nella somma dei due effetti ad esse relativi.

Nel resto del paragrafo ci occuperemo dello studio dell'evoluzione libera di un


tiistema descritto dall'equazione (2.4), studio che, come appena evidenziato, è di
interesse nell'ipotesi in cui il sistema venga osservato sull'intervallo [O,+oo) e le
condizioni iniziali del sistema siano note. Nel paragrafo successivo ci occuperemo,
invece, dello studio della risposta impulsiva del sistema. A partire dal.la risposta
impulsiva sarà infatti possibile sia determinare l'evoluzione (complessiva) del si-
stema, nel caso in cui l'intervallo di osservazione sia tutto JR,che determinare la
sola componente di evoluzione forzata nel ca.90 in cui l'intervallo di osservazione
sia (O,+oo).

Concentriamo, ora, la nostra attenzione sull'equazione differenziale omo~~;;~)


(2.4)-:-Tt~J~_~q~i:iz..ione
~if[~ren~iale_':)-~so~i~Q~n'equazione algebrica nota come_ ..
equazione caratteristica del.sistema: - - ·-· ----·-······-----------
- - -- ..
.. ----·- ·-·-·"-·----··-----------·------
•.... - --
..._,..,____
..___
;·;~. ,_,.
n
Lai si= O. (2.5)
i=O

Se C[sJ(rispettivamente IR[s]) rappresenta l'anello dei polinomi nell'indeterminata


,1 a coefficienti complessi (a coefficienti reali), il polinomio d(s) Li=O ai si è, in =
generale, un elemento di C[s] e nel caso di sistemi reali, per i quali i coefficienti
u;,bi che compaiono r,ella (2.1) sono tutti reali, appartiene a lR[s). Per l'ipotesi
an-:/-O tale polinomio ha grado, indicato nel seguito con il simbolo degd(s), pari
n n. Se an = 1 il polinomio d(s) viene detto monico.
Se .\1, .\2, ... , Àr sono le r :$ n soluzioni (complesse) distinte della (2.5), note
come radici caratteristiche dell'equazione, e µ1, µ2, ... , 11,rE .Nrappresentano
:•.:.!. MODELLO IN TERMINI IJI l~(.JIJAZlONl lJJF.FERENZIALJ

I,, rispet.tive molteplicità (chiaramente Et=l Ili = n), ogni soluzione dell'omogenea
X
(:!.,I) e quindi, in particolare, l'evoluzione libera, può essere espressa nella forma:

r µ;-I ti
v1(t) = LL Ci,t e.>..;t1 , (2.6)
i=l l=O i.
p,•r opportuni coefficienti (complessi) Ci,t· L'evoluzione libera del sistema (2.2) si
dalla v1,(t)imponendo
111.1.im1e

,,t'(o) = v(o-), dvt(t) I = dv(t) I , ... , dn-Ive(t) I = dn-lv(t) I


dt t=O dt t=O- dtn-1 dtn-1
t=O t=O-

I•: facile verificare che, per ogni scelta delle condizioni iniziali (2.3), i corrispon-
d1•11t.icoefficienti (complessi) ci,t sono univocamente determinati.
Le soluzioni "elementari" dell'omogenea del tipo e~.t ti,
t E IR, vengono dette
111odie costituiscono quello che nell'Analisi Matematica è noto come un insieme
r.,,11/nmentaledi soluzioni. Si noti che tali soluzioni sono funzioni a valoif reiil.fo
,·11111plessì
a seconda che corrispondano a radici À; reali o complesse.

HiHtemi reali e modi reali:


se operiamo con sistemi a valori reali, e quindi i coefficienti ai dell'equazione
,·,u·alteristica sono tutti in JR,le eventuali radici complesse della (2.5) vengono
,11•111pre a coppie complesse coniugate, ovvero rTi±jw,, e radici complesse coniugate
I
pn,scmtano la medesima molteplicità. Inoltre, se le condizioni iniziali sono tutte
n valori reali, si può dimostrare che se >.i= u{ + jwi e
Xi+'ì'~ ui - jwi sono
, I111!radici complesse c~n.1_~?.a.~e, flora. ~er .og~rry~e~ci!ln~'!.9.:j~~e'lncìenre:-
, ·, 1 1,e form'lt'lfòìi'?ia-~~P!~L~Q..~.l?.~§~~-f=S!!¼W.&l-.t@·
Vale~;- anche il viceversa, dal momento che se i coefficienti Ci,l cor-
rispondenti a modi complessi coniugati sono l'uno il coniugato dell'altro, la n-upla
di mndizioni iniziali ad essi corrispondente è reale. Poiché le evoluzioni libere a
valori reaJi sono tutte e sole quelle corrispondenti ad n-uple di condizioni iniziali
r<'ali,ne consegue che la corrispondenza tra n-uple di condizioni iniziali reali (2.3)
,. 11•n-nple di coefficienti (complessi) Ci,t che corrispondono a evoluzioni libere reali
,, hiunivoca,
È.importante evidenziare come nel caso di sistemi reali (con condizioni iniziali
r.-n.li)sia possibile esprimere l'evoluzione libera in termini di funzioni a valori
r<'ILli,ovvero sostituire ai modi del tipo ~e>-,t modi reali. Poichè abbiamo già
,•vidnnziato come la presenza della radice complessa>. E C \ R. di molteplicitàµ
11.ssicurisempre la presenza della radice .>.,di medesima molteplicità, ne consegtw
d11· il i,;ii,;tmnapresenterà a fianco ai modi (complessi) ~e>.t,e= O,1, ... , 11- 1,
CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CONTINUO

anche i modi (complessi) ~e>.t, l = O,I, ... ,µ - I. Se rappresentiamo >.nella


forma >.= '7 + jw, allora
tl t'·,. ti'
- e>..t= - e•,o-+1w)t
l! l!
= - euteiwt
f!
= -tll! e"'t(cos(wt) + j sin(wt))
,
t E R,

e, analogamente,

Le combinazioni dei due modi ~ e>..te ' e>.tottenute con coefficienti che sono l'uno
il complesso coniugato dell'altro sono tutte e sole quelle ottenibili combinando
con coefficienti reali i due modi reali equivalenti

ti
-e"'t cos(wt)
l! '
giacché per ogni e= a+ jb E C vale
tl t1 ti
e - e-'t + e - e>.t
l! l!
= (a+ ibh 1- errt[cos(wt) + j siu(wt)]
(;
ti .
+ (a - jb)ef eat [cos(wt) - j sin(wt)}
ti ti
= 2alf e 11t cos(wt) - 2beieut sin(wt),

ed è immediato verificare il viceversa. Pertanto, di norma, si preferisce sostitui~


alla famiglia di modi complessi ~e>..t,t,e>.t, l = O,1, ... ,µ - 1, la corrispondente
--:---~-~--"T.··rr--:-.---:·--'b-,..r--.:..-·----- ......
-- .......
__...__~--
famiglia di modi reali ~eat cos(wt), ~eat sin(wt), l = O,1, ... , µ - l.
···•--- _ .. ,.._.,..., ________ IC"-., ..... ,,~....---~•r.tL,--f,,--,o,~,_-'.,~-J~~_,,:••·.-,~-~--••-~,r--,~'11,

Infine, val la pena di evidenziare come ogni combinazione del tipo

~_:_11~-~!~:
t'.,.t () bt!at,()
~ _a,
b l!])

E ~,

possa essere rappresentata nAlla forma


~- -----~- -···--·-·--·-
ti at ( ,i..)
r ef e cos wt - :, , r E IR+,ef>
E R, (2.7)

dove r e q,sono, rispettivamente, il modulo e la fase del numero complesso a +


_jb. La (2.7) può semplificare il calcolo dei coefficienti dell'evoluzione libera in
corrispondenza ad una assegnata scelta delle coJ1dizioniiniziali (reali).
.' :1. MODELLO IN TERMINI Dl ECJUAZJONJDIFFERENZIALI X
I !nruttere dei modi:

d"Lo un generico modo elementare m(t) = 'e>-t,t E JR,vogli~~~-~iarne


11"cnrattere" sull'intervallo [O,+oo). Supponiamo, prima, cheGL~i! real~) È
che se À > Q l'esponenziale e>-t
1•vldt!1lf;e .swc~
per t --> +oo e quindi, ovVIaÌnente,
111(/) diverge p;'"'t~ +oo. Se>.= O, allora il modo elementare risulta limitato
p1•1 I' ==O e divergente per f. > O. Infine, per >.< O, il modo risulta il prodotto
di 1111 lermine polinomiale limitato o divergente e di un termine esponenziale
11111v1!rgente.Poiché l'esponenziale decresce a zero più rapidamente di quanto
polinomiale possa divergere, per t --> +oo, ne consegue che il modo
Il 1.1•r111ine
, u11vPrgea zero.
Consideriamo ora il caso in cui >.e quindi il modo m(t) risultino complessi.
'I,,,\ -=<1 + jw, allora abbiamo visto che

tl ti.
il e>-t= f! l 1 t(cos(wt) + jsin(wt)), t E lR.

id 1{) Heno e coseno sono funzioni limitate è chiaro che convergenza e divergenza
I 11,
per t
di'! 111o<lo --+ +oosono legate unicamente al fattore t!
eat, dove rT è la parte
11•1il1·cli >..Ma allora pO-'cl!;liamo
applicare i ragionamenti portati avanti prima per
11,·nso reale e dedurre che il modo è convergente a zero se e solo se u < O,limitato
( 11111110nconvergente) se e solo se u = O e f. = O, divergente in tutti gli altri casi.
IUnssumendo abbiamo provato il seguente risultato.

Proposizione 2.2,1 Il modo elementare m(t) = t èt, t E JR,con f. E Z+ e


\ I C, è

• convergente a. zero per t--> +oo se e solo se Re(>.)< O;


- UAc:\i;\ev~.,c..()\. ,/._.1.:·, :·,;...._·... ' ;- .
• limitato in IO,+oo) se e solo scfRe(A) ~ O e, nell'eventualità in cui >.sia a
parte rea.le nulla., e= O;

·-----
• divergente per t --> +ooin tutti gli a.Itri ca.si.

Nd seguito, poiché il nostro interesse sarà sempre per il comportamento dei


1111,di elementari e dell'evoluzione del sistema sull'intervallo [O,+oo), fa.remo uso
, t..i ~oli attributi convergente, limitato e divergente senza introdurre ulteriori pre-
'· 1H11.:1.ioni.

A questo punto siamo in grado di introdurre, per i modelli LTI causali descritti
ilall'1!q11azione (2.2), per i quali assumiamo che l'intervallo di osservazione sia
/O,t oo), i concetti di stabilità asintotica e di stabilità BIBO a cui abbiamo prima
1w1·1i111mto.
CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CON'l'INUO

..stabilità· Asintotica:
la definizione di stabilità asintotica viene introdotta con riferimento all'evolu-
zione libera del sistema, ovvero in termini di Vt ( t). Dicia:rru,,infatti, çhe>i}sistema
è asintoticamente· stabile· se,, Der•.0gni•sceltaodelle,.candizioni iniziali (2.3),
!~evoluzionelibera del sistema conve1g~:~zew asintaticaroeute, çyyero ·

lim Vt(t) = 0.
"'\

t-,+oo

In virtù dell'espressione prima derivata per la Vi ( t), è facile rendersi conto del fatto
che Vt converge a zero per t tendente a +oo, per ogni scelta delle condizioni iniziali,
ovvero il sistema è asintoticamente stabile, se e solo se tutti i modi elementari
e>.it~ sono convergenti. Ciò si verifica se e solo se Re(>.i), la parte reA.le.di .>..,, è
minore di zero per ogni i.

Stabilità BIBO:
la definizione di· stabilità BIBO fa riferimento, invece, aJ comportamento in
evoluzione forzata del sistema e quindi al segnale v1(t). Diciamo, infatti, che
il sistema,è,BIBO stabile se, a. partire da condizioni inizia.li (2.3) nulle (per
t = o-), risponde (in evoluzione forzata) con uscita limitata ad ogni segnale di
ingresso limitato.-· In altri termini, se

v(o-) = dv(t)
dt
I
t=O-
= ... = dn-lv(t)
dtn-1
I
t=O-
= O,

allora per ogni segnale di ingresso u(t), t E R, nullo per t < O, per il quale esiste
Mu tale che ju(t)I < Mu, per ogni t ~ O, la corrispondente uscita v(t) = v1(t)
soddisfa jv(t)I < Mv per ogni t ~ O, per un opportuno Mv.
Vedremo nel seguito, una volta ottenuta esplicitamente l'espressione di v1(t),
come sia possibile caratterizzare la stabilità BIBO dei sisteIQi LTI e causali a
tempo continuo descritti dall'equazione differenziale (2.2).

2.2.5 Riesame degli esempi precedenti


Riprendiamo, ora, in considerazione gli esempi precedenti alla luce delle osser-
vazioni e nozioni presentate nel precedente paragrafo.
Consideriamo l'Esempio 1, relativo al Filtro RL. L'equazione differenziale che
lega la tensione v(t) ai capi del resistore alla ,tensione u(t) imposta dal generatore
Ì! data da:
dv(t) R R
dt +L v(t) =L u(t).
J ~' MODELLO IN TERMINI DI EQUAZIONI DIFFERENZIALI 43

111quc,Hl,ocaso, l'omogenea associata è

" l'11q1m~ionecaratteristica
R
s +I= o.
I11 il sistema ha un'unica radice caratteristica reale negativa -R/ L. Ciò
11l.11111,0

111111lt-111·11
che l'evoluzione libera del sistema sia descritta come
Vt(t) = ce-(R/L)t,

il11v11
,. 1'1un coefficiente scalare (reale) il cui valore dipende dalla condizione iniziale
11(11) clu cui parte il sistema (in questo cw;;o specifico e= v(o- )). È importante
1111ll111i1mare che la condizione iniziale è diversa da zero se e solo se all'istante t =
Il lll'll'induttore è immagazzinata energia, ovvero se esso è attraversato da una
1·11n1•11f,11non nulla. È anche evidente che ve(t) converge a zero asintoticamente,
p111·11µ;11i valore di c. Pertanto il sistema è asintoticamente stabile.
N,•ll'Esempi,J 2 abbiamo preso in considerazione il movimento rettilineo di un
soggetta ad un ingresso di controllo u(t). Detta v(t) la velocità della
1111t111111>hile
abbiamo visto che u(t) e v(t) sono legate dall'equazione differenziale
v1•U.11rn,

dv(t) kt _ l
----;J,t+ M v(t) - M u(t),
1l11v1> ~:, e M sono parametri reali positivi. L'equazione differenziale omogenea
Il' in.ta.è
1111111

dv(t) + k1 v(t) = o'


dt M '
11 1·11i
corrisponde l'equazione caratteristica

s+ ~=O.

1\111'111• in questo caso il sistema ha un'unica radice caratteristica reale negativa


I.·1/lii. Ciò assicura che l 'evoluziuu~ llbera del sistema sia espressa nella forma.

, , llt, c•videntemente convergente a zero asintoticamente. Pertanto anche questo


,,1,,1,•11m
ì.1asintoticamente stabile.
l.'1-:Hmnpio3 illustrava un sistema M-M-S. L'equazione differenziale che lega
1111w11Hl,mncnLodalla posizione di equilibrio v(t) alla forza in ingresso u(t) è

d2 v(t) D dv(t) K 1
<ft2 + M <lt + M v(t) = M u(t).
44 CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CON'l'INUO

L'equazione differenziale omogenea associata è

d2v(t) D dv(t) K ()_ 0


dt 2 +M dt +M V t - '
a cui corrisponde l'equazione caratteristica

In questo caso abbiamo a che fare con un'equazione di secondo grado le cui radici
possono essere re.alioppure complesse coniugate a seconda degli specifici valori dei
parametri in gioco. A seconda dei valori (reali e positivi) di }vl,De K, infatti, il
t
discriminante ~ - 4 dell'equazione di secondo grado può essere non negativo,
portando quindi a due soluzioni reali (eve11Lualmentecoincidenti se D 2 = 4K M):

-D + v'D2 - 4KM -D-JD 2 -4KM


À1 = 2M ' ,\ 2 = 2M '
oppure negativo, portando così a due soluzioni complesse coniugate:

,\ _ -D + j-.,/4KM - D2 -D - jv'4KM - D2
i- 2M ' >.2 = 2M .
In entrambi i casi, se le radici À1 e >.2 sono distinte, la soluzione dell'omogenea,
e quindi l'evoluzione libera del sistema, risulta esprimibile nella forma

w(t) = c1e>.t + c2e>.t,


1 2

ma mentre nel primo caso (D 2 - 4K M > O) le due funzioni sono a valori reali
e i due coefficienti c1 e c2 sono arbitrari in JR.,nel secondo caso le due funzioni
elementari sono a valori complessi e quindi c1 e c2 sono una coppia complessa
coniugata. Se vogliamo ricorrere, in quest'ultimo ca.so, ad una rappresentazione
attraverso i modi ~eali corrispondenti, otteniamo

ve(t) = aeat cos(wt) + beo-tsin(wt),

dove G' 2.
= -D/(2M) e w = ./4K.i¾-D
Se, infine, D 2 - 4K M = O, allora abbiamo due soluzioni reali coincidenti
(,\ 1 = À2 = -D/'.2M) ==À) e l'espressione dell'evoluzione libera del sistema
diventa
Vt(t) = c1e>..t+ c2te>..t_
Si noti che, in ogni caso, le radici caratteristiche sono tutte a parte reale minore
di zero. Ciò assicura. la convergenza asintotica dei modi elementar: e quindi la
stubilit,à asintotica. rlel sistema.
2.:l. RISPOSTA IMPULSIVA ED FJVOJ,UZIONE (FORZATA) 45

2.3 Risposta impulsiva ed evoluzione (forz~ta) dei mo-


delli ingresso/uscita
Come abbiamo visto nel Capitolo 1, uno dei segnali canonici di fondamentale
ìmportanza nello studio dei sistemi dinamici't,Tfè il cosiddetto impulsÒidea.Iè.
1111Itai10:-r1mpillsounitarl.ò- .vfini-spess~ usato (al~eii~. d~ ·un:··
puiito'cfi 'vistà"
teo;ico, ·dal momento che nella pratic~ esso· pU:ò ~ssere ottenuto solo in termini
approssimati) come "segnale di ingresso campione", nel senso che è un segnale in
grado di sollecitare il sisteina-'èvidèn:ifariàone Ié'proprieta inti-Tiiseche.--
_,.·--····-.
. ,, . ._, ..

I È importante sottolineare che, i_nvirtù vdella caEsa~i~ _del sis~ma? h(t) è


I nulla,1>.~S:Jl:_ Per questa ragione, la risposta impulsiva (ristretta all'intervallo
IO,+oo)) rappresenta anche l'uscita forzata del sistema in corrispondenza all'im-
\
pulso unitario in ingresso, ovvero l'UBcita del sistema U:iservaLusu IR+ 111:ll mo-_
\ment~}~?~~~mano condizioni iniziaffi:u.ile in o- e u(t) = 6(t). --
··--"'Nelseguito chiameremo segnali causali i segnali il cm supporto é contenuto
nella semiretta [O,+oo), ovvero i segnali v(t), t E JR,nulli per t < O. Tale ap-
pellativo verrà utilizzato anche per i segnali definiti su [O,+oo), in virtù della.
ovvia corrispondenza biunivoca esistente tra le due classi di segnali. Pertanto
la risposta impulsiva di un sistema LTI a tempo continuo causale è un segnalo
causale.

Se pensiamo, ad esempio, ad un circuito RLC come quello di figura,


'---~- +
L
R v(t)

Figura 2.3: Rappresentazione di un filtro RLC.

la I"isposta impulsiva del sistema è quella che si misura ai morsetti del miist01·c1
nssumendo che all'istante t = o- l'induttore e il condensatore siano scarichi,
ovvmo non presentino nessuna energia immagazzinata, e ·venga applicata mm
t,cm;ione'U(t) = o(t) (ovvero una tensione di intensità infinita e durata. infiuil;e-
sinm, il cui integrale nel tempo sia unitario). Per garantire condizioni iniziali 1111110
46 CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CONTINUO

all'istante t = o- è sufficiente immaginare che l'induttore sia rimasto "aperto" e


il condensatore "cortocircuitato" fino all'istante t = o-.

Al fine di trattare in modo omogeneo l'evoluzione (complessiva) di sistemi


osservati su tutto JRe l'evoluzione forzata di sistemi con orizzonte temporale
[O,+oo ), nel seguito faremo stabilmente l'ipotesi che i segnali di ingresso siano
definiti su tutto R Ciò richiede, nel caso [O,+oo), di prolungare i segnali u(t), t E
IR+,assumendoli identicamente nulli per t < O; l'evoluzione forzata del sistema si
otterrà, poi, come restrizione all'intervallo [O,+oo) dell'uscita così determinata.
Vogliamo ora dimostrare come, attraverso la risposta impulsiva, sia possibile
descrivere completa!flente l'evoluzione (evènfualmeiitèToizij~~:-A· rar-
finEi·f ~_ecèssari~_trgg_yrr~:~ p;eHmlnarmente, il prodotto di convoluzione rru;-
segnali a tempo continuo.
..-.... . -- -··
- .... - -~·--·~- -•

Deflnizlol'!~.2.3.2 Date le funzioni vd!] e v2(t), t E R, defìniaJE.gprodotto


(o lnt~f di convoluz1oiie-dTv~ ~-V2_ ia-·funzfu~~--clie, se esiste, è definita
(in modo equivalenteJittra;;;;~~a delle sey;~"e;tT~;J:,re~ioni,·(1;ga"te·iia.lOr~-Ja.
un semplice cambio di ~riabiieF · ······ ·
(2.8)

È facile verificare che il prodotto di convoluzione di due segnali, quando esiste,


gode delle proprietà co!!iIEc~~~j;j._~1 associativa e distributiva rispetto alla ~?~ma. ·
1no1t1•1naconvoiuzione cli un segnaie v(t} coiiTfmpu.Tsci-art>irac'-S(tfcoincide
con v(t) stesso. Di fatto, questa non è altro che la proprietà di riproducibilità
dell'impulso. Infine, è possibile dimostrare che il prodotto di convoluzione di o(t)
con se stesso è ben definito e vale a sua volta o(t).

Proposizione 2.3.3 La risposta in uscit{!,_ del sistema (2.2), inizù!l!.I!.~IJ..Jf:.


n riE.'?1!9,_AL!"J~osta .f.1!1Eiilsiva !!~E R, in corr.!spondenza.!lSL~.n'l?:!.~!!.J!!!o
segnale di ingresso t E JR,se esiste
u(t),_,_,_...,,.,_,-•,••-'·-•••._r,•' è espressa, per ogni t E R, nella forma

J~:
•···• ~· • ,.... •· • • -•··••_.,.,, ··..••,, • •, -....-,,- .. ,·~......
,..,..,.,..,.\1-<''•'--,,~.,., ·~ ... '•' ~ • '

v(t) = [h * u](t) = fo~oo h(-r)u(t - -r)d-r= h(t - -r)u(T)_~:.,


..... (2.9)
---------------~-----------· ..·"'·~·
dove si è sfruttato il fatto che h( t) = O per t < O e si è tenuto conto di eventuali
componenti impulsive della risposta impulsiva collocate in O. In particolare, la
rispos_ta (forzata) ad un ingresso u(t), t E R, nullo per t < O, è-.;:r§fià.Voltaiiìlfa
per t < O ed.èspressa, pe""'iognit E-llt+~=-·-· ------···-··-·---·----· ···-·· ..

v1(t) = lo~ t+
h(r)u(t - r)dr
t+
= fo_h(t - r)u(T)dT:.,_ (2.10)
:!.:I. JUSPOSTA IMPULSIVA ED EVOLUZIONE (FORZATA) 47

i/11voHi è tenuto conto anche di eventuali componenti impulsive dell'ingresso col-


l11rn.t;e
frJ O.
, DIMOSTRAZIONE Se il sistema LTI, inizialmente a riposo, risponde con h(t)
111Hognae 1 mgresso impulsivo il'(t), in virtù della tempo-invarianza del sistema
vero che, per ogni scelta di r, esso risponde con h(t - r) al segnale di
,', 11.11che
impulsivo c5{t- r). D'altra parte, per la linearità, la risposta del sistema
l11µ;l'usso
11ll'ingresso [u( r)dr] c5{t-r) è [u(r)dr] h(t- r). Sfruttando, infine, la proprietà di
l'iprnducibilità dell'impulso e il principio di sovrapposizione degli effetti, si deduce
1:hP nl segnale

u(t) = f: 00
u(r)il'(t - r)dr, t E JR, (2.11)

li HisLemarisponde con
roo
v(t) = l-oo u(r)h(t - r)dT. (2.12)

Il l'ntt,oche h(t) sia nulla per t < O, eventualmente assieme all'ipotesi che il segnale
ili ingresso sia nullo per t < O, porta immediatamente alle due equazioni presenti
lll'il'mmnciato. •

Una volta evidenziato il ruolo fondamentale giocato dalla risposta impul-


Niv1t nella determinazione dell'evoluzione (forzata nel caso di orizzonte tempo-
mio \O,+oo)) del sistema, resta il problema di capire come sia possibile ottenere
l'c•Hpressioneesplicita della risposta impulsiva a partire dall'equazione difl'eren-
1.l1tltldescrittiva del sistema. A tal fine, prendiamo in considerazione l'equazione
dllfol'enziale specifica la cui soluzione è proprio la. risposta impulsiva:
dnh(t) d,fflé(t) a,m-1 i!'(t)
+ ... + aoh(t) = bm dtm + bm-1 dtm-l + ... + boc5(t),
"'"----;J,in° (2.13)

h(O_ ) =0, dh(t)


-d-
t
I
t=O-
=0, ... , ~-lh(t)
dtn-1
I = o.
t=O-

Ì·: i111portante fare le seguenti osservazioni:


I) poiché l'ingresso impulsivo è nullo per t > O, la risposta impub;iva dl:lve
soddisfare per t > O l'equazione differenziale omogenea
dnh(t) dn-lh(t)
ar. ~ + an-1 dtn-l + ... + aoh(t) = O.
Ciò fo sì che nell'espressione della risposta impulsiva debbano comparire
(eventualmente pesati con coefficiente nullo) tutti i modi elementari che
nvuvmno individuato nell'espressione dell'evoluzione liber a.
48 CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CONTINUO

2) La risposta impulsiva è nulla per t < O, dal momento che il sistema è


causale. Pertanto tutti i modi elementari che compaiono nell'espressione
della risposta impulsiva vanno pesati per il gradino unitario (L 1 (t).

3) Il comportamento del sistema per t = O viene "sistemato" aggiun,gendo,


se necessario, all'espressione della risposta impulsiva ottenuta in base alle
considerazioni precedenti un termine impulsivo centrato in t = O. Il termine
impulsivo compare con coefficiente non nullo nell'espressione della risposta
impulsiva se e solo se il sistema è proprio ma non strettamente proprio,
ovvero m = n. A questa conclusione si può facilmente pervenire una volta
che si osservi che al secondo membro della (2.13) compare un impulso di
ordine m, e che, in assenza di termini impulsivi nella h(t), l'espressione al
primo membro coinvolge impulsi di ordine non superiore a n - l.
In base a queste considerazioni, possiamo scrivere per la risposta impulsiva la
seguente espressione generale:
r µ,-1 tl
h(t) = doo(t) + 'E ~ di,e e-';t "F5-1 (t), (2.14)
i=l l=O '

dove i Ài rappresentano gli zeri dell'equazione caratteristica (2.5) e i µi sono


le relative molteplicità. La determinazione esplicita dei coefficienti do e di,l
avviene sostituendo, nell'equazione differenziale (2.13), a h(t) e alle sue derivate
l'espressione corrispondente, come consegue dalla (2.14). È importante sotto-
lineare, però, che neila valutazione delle derivate si deve tener conto delle di-
scontinuità nell'origine (evidenziate matematicamente dalla presenza del segnale
gradino 6-1(t)) che portano all'introduzione di segnali impulsivi al momento della
derivazione.

Ese.;~:-;:.~~ Determiniamo la risposta impulsiva del sistema descritto


dall'equazione differenziale di ordine 1:

dv(t) + 2v(t) = du(t) + u(t).


dt dt
L'equazione caratteristica associata all'equazione rlifferenziale è

s +2 = o,
da cui segue che l'unica radice è -2 a cui corrisponde la soluzione elementare e- 2t.
Inoltre il sistema è proprio ma non strettamen~e proprio, giacché n = m = I. La
risposta impulsiva del sistema ha, allora, la seguente struttura:
:L'I. RISPOSTA IMPULSIVA ED EVOLUZIONE (FORZATA) 49

I'"" determinare il valore dei coefficienti do e d1, sostituiamo nell'equazione dif-


a v(t) la risposta impulsiva h(t) e a u(t) l'impulso tS(t). La derivata di
1'1!rn11ziale
h(t) è

dh(t) = dO dd(t) - 2d e- 2ti5 (t) + d e- 2t6(t) = dO do(t) - 2d e- 2 tc5 (t) + d1 ~(t) ,


di. dt I -1 I dt I -1 ,

ilovu abbiamo sfruttato la proprietà e- 2ttS(t) = c 2tlt=O 6(t) = 6(t). Otteniamo


111tnl modo:
e::.;_

[tlo
d~~t) + d1tS(t)- 2d1e- 2t<L1(t)] + 2 [do6(t)+ d1e- 2\L1(t)] = d~~t) + ò(t),
uvvmo
dtS(t)
(do - l)dt +(di+ 2do - l)<>(t)= o.

l'oiché le funzioni tS(t)e ~~t) sono linearmente indipendenti, l'unico modo affinché
l,1tl1iidentità sia verificata per ogni t E JRè imponendo che i coefficienti delle due
l'1111~ioni siano entrambi nulli. Ciò porta a do= 1 e di= -1, e quindi a

EsemP.i~ :2.3.5 "·Ìleterminiamo l'evoluzione (complessiva) del sistema de-



N1·rit.todall'equazione differenziale di ordine 2:

d2v(t) 4 ( ) = 2 du(t)
dt 2 + V t dt 1

III corrispondenza alle condizioni iniziali

(o-) = 2 dv(o-) = o
V ' dt '
1111.llusollecitazione d'ingresso

u(t) = 1L1(t).
l.'1•q11azionecaratteristica associata all'equazione differenziale è

s 2 +4 = o,
11•mi radici (entrambe di molteplicità unitaria) sono ±j2. Ad esse corrispondono
I 111odielementari complessi ei2t ed e-j 2t o, equivalentemente, la coppia di modi
co1-1(2t)e sin(2t). L'evoluzione libera del sistema è del tipo
r111Lli

v,(t) = l!l COH(2t)-1-<:2Hin(2t), t E R+·


50 CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CONTINUO

Imponendo

2 = v(O-) = Vt(O)= C1
0 = dv(t)
dt t=O-
I = dve(t) I
dt t=O
= 2c2 •
,

si trova
ve(t) = 2cos(2t), t E R+.

Per quanto concerne l'evoluzione forzata, valutiamo preliminarmente, la risposta


impulsiva del sistema. Non c'è perdita di generalità nell'esprimere la risposta
impulsiva in funzione dei modi reali invece che dei modi complessi. Poiché il
__sistemaè ;tcettawenteproprio (n = 2 > 1 = m), la risposta impulsiva del
sistema ha la seguente struttura~ \\ \:'~-wJ..\l\iQ:. ·,w..
·~u(\t \/') ~G:::>w.f
h(t) - [d1 cos(2l) + d2 sin(2t)]tL1(t).
Procedendo come nell'esempio precedente (ciò richiede, in particolare, di calcolare
. . d"1 d~t)t e d"1 d2h~t))
le espressioni dt . ott·iene:
, s1

h(t)·= 2cos(2t)<Li(t).

Il calcolo dell'evoluzione forzata (per t E lR+) mediante integrale di convoluzioue


porta a

v1(t) = [h * u](t) = foth(r)u(t - r}dr = fot2 cos(2r)dr = sin(2t).


Pertanto, l'uscita complessiva del sistema per t E R+ è data da

v(t) = vt(t) + v1(t) = 2cos(2t) + sin(2t) = v'5cos(2t - <P),

dove ef;è queff angolo (all'incirca 0.4636 radianti) tale che cos q,= ~ e sin <I>= Js·

2.4 Sistemi LTI assegnati mediante la loro risposta
impulsiva
Nei paragrafi precedenti abbiamo analizzato il caso di sistemi LTI e causali la
cui dinamica sia descritta da un'equazione differenziale lineare e a coefficienti
costanti. In particolare, abbiamo visto come la risposta impulsiva del sistema
sia un segnale nullo per t < O che permette di determinare l'uscita del si-
stema una volta noto l'ingresso su tutto l'asse temporale. Alternativamente,
su In sollecita~imw in ingresso è nota solo a partire da un certo ird,nnt<!in poi, la
:J..I.SISTEMI LTI ASSEGNATI MEDIANTE RISPOSTA IMPULSIVA 51

l'IHpoHtaimpulsiva permette il calcolo della sola componente di evoluzione forzata


1h•ll'111-1cita.
Di fatto, è possibile descrivere la dinamica di un sistema semplicemente as-
la risposta impulsiva. Una volta fissata una funzione h(t), t E R,
N1•11.111111<lone
1111'111.t.i,
possiamo considerare il sistema che associa al generico segnale di ingresso
1t(I.),/. E JR,il segnale di uscita (se ben definito)

v(t) = [h * u](t), t E JR.

f!hlammente il sistema così definito risulta LTI e la sua risposta impulsiva coin-
l'l11t,con h(t), dal :momento che [h * a](t) = h(t).

u(t) = J(t) v(t) = h(t)


Sistema LTI continuo
ingresso uscita

At.t.ràverso questo approccio è possibile descrivere una classe di sistemi LTI più
11111pin<li quella dei sistemi descritti mediante un'equazione differenziale lineare
11mdlkienti costanti. In particolare, possiamo considerare anche sistemi causali
hi 1·11irisposta impulsiva non sia esprimibile nella forma (2.14), ovvero non sia
rn1111hi11azione lineare di segnali esponenziali causali e dell'impulso, o addirittura
11INt.rn11i
non causali.
Vnl la pena di evidenziare come alcune relazioni matematiche possano es-
H1•1·"riesaminate alla luce del concetto di risposta impulsiva. In particolare, la
proprietà di riproducibilità dell'impulso, i.e.

u(t) = ! +oc
-00 u(T)6(t - T)dT, (2.15)

p111'111.11che
essere interpretata come il legame ingresso/uscita del sistema identico,
111•ril quale
v(t) = u(t).
111n.lt.ritermini, il sistema identico è un sistema LTI avente per risposta impulsiva
l'l111p11IH0 di Dirac. Più in generale, dalla relazione

A~(t - d) 1-+oou(T)A5((t - d) - r)dr,


= _ 00
52 CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CONTINUO

che si ottiene sostituendo t - da t nella (2.15), e moltiplicandone am:>oi membri


per A, segue che il sistema con legame ingresso/uscita

v(t) = Au(t - d), (2.16)

è un sistema LTI di risposta impulsiva A6(t - d). Pertanto il sistema di risposta


impulsiva o(t - d) introduce un ritardo di una quantità pari ad, se d > O, ed un
anticipo pari a -d, se d < O. Si noti-che il caso d < O corrisponde ad un sistema
non causale.
Per concludere vogliamo sottolineare che lo studio della dinamica dei sistemi
LTI assegnati mediante risposta impulsiva viene di norma condotto con riferi-
mento all'orizzonte temporale JR,e non alla semiretta [O,+oo). Ciò dipende sia
dal fatto che tali sistemi non sono necessariamente causali sia dal fatto che per
essi non è sempre possibile individuare una famiglia finita di condizioni iniziali
chP-~ompendi in sé tutta l'infonnazione sull'evoluzione passata del sistema.
Consideriamo, ad esempio, la dinamica del sistema (2.16), con d > O,sull'oriz-
zonte temporale [O,+oo): per valutare l'uscita v(t), per t 2'. O, è necessario
conoscere u(t), t ~ -d, ovvero conoscere l'ingresso per t 2 O e l'insieme (con
la cardinalità del continuo) dei valori assunti da ii(t) nell'intervallo [-d, O). Non
è possibile, infatti, determinare una famiglia finita di "çondizioni iniziali" che,
riassumendo l'effetto sull'uscita dell'ingresso antecedente l'istante O, consentano
di "separare" tale effetto da quello della sollecitazione di ingresso per t 2 O. Il
sistema (2.16), con d > O, è infatti un sistema di "dimensione infinita", in con-
trapposizione ai sistemi LTI descritti da equazioni differenziali, che sono invece
di "dimensione finita".

2.4.1 Proprietà dei sistemi LTI rilevabili dalla risposta impulsiva


Qui di seguito prendiamo in esame alcune proprietà dei sistemi LTI di cui è
possibile dare una caratterizzazione in termini della risposta impulsiva.

Causalità:
come già osservato con riferimento al caso specifico dei sistemi LTI descritti
da un'equazione di:!ferenziale del tipo (2.2), dalla definizione stessa di causalità
i,egue chP-11nsistema LTI è causale se e solo se

h(t) = O, Vt < O,
cioè i,e e solo se la risposta impulsiva è un segnale causale. Pertanto, se u(t) è il
segnale in ingresso al sistema, la corrispondente uscita è data da

v(t) = [h *ul(t) = j _
t+
h(t - r)u(r)dr
r+oo
= lo-- h(r}u(t - r),fr.
00
2.4. SISTEMI LTI ASSEGNATI MEDIAN'l'B HISPOSTA IMPULSIVA 53

Stabilità BIBO:
la definizione di BIBO stabilità per un generico sistema LTI è del tutto analoga
a quella data con riferimento al caso di sistemi LTI descritti da un 'equazione
differenziale. Infatti un sistema LTI viene detto BIBO stabile se esso risponde
nd ogni ingresso limitato con uscita limitata. Vale il seguente risultato.

Proposizione 2.4.1 Un sistema LTI a tempo continuo è BIBO stabile se e


solo se la sua risposta impulsiva è sommabile (o assolutamente integrabile)
ili R, i.e. 2
+oo
/_ (2.17)
-oc: lh(t)ldt < +oo.

DIMOSTRAZIONE Supponiamo che h(t) sia sommabile. Se u è un ingresso


limitato, ovvero esiste M,. > O tale che lu(t)I < Mu per ogni t E JR,allora

lv(t)I = IL: h(r)u(t - r)drl

~ L: 00
lh(r)llu(t - r)ldr < Mu 1_: 00
lh(r)Jd,,-.

La condizione di BIBO stabilità è allora verificata dal momento che lv(t)l < Mv
pnr ogni. t E JR,con
Mv= Mu 1_: Jh(T)Jdr.

I,a dimostrazione della necessità della sommabilità della risposta impulsiva ai fini
e(dia BIBO stabilità qui di seguito illustrata è valida solo per i sistemi definiti
1111 R, per i quali le sollecitazioni di ingresso po'ssono cominciare per t = -oo.
La dimostrazione relativa al caso di sistemi causali definiti su JR+,per i quali la
11ollecitazionedi 'ingresso è vincolata ad avere supporto in JR+,è più complessa e
può essere trovata in 15].
Supponiamo, dunque, che h(t) non sia sommabile e consideriamo come segnale
, li ingresso3 limitato

u(t) =8
gn
{h(-t)) = { +-1,1, per h(-t)
per h(-t)
> O,
< O.
<ltt.m1iamo, in corrispondenza, un segnale di uscita v(t) certamente illimitato
p,iu.cché

v(O) = lh * ul(O) = L: 00
h(t - r)u(T)lt=O dr= 1_: 00
h(-T)sgn(h(-r)}dr

~Diremo, in tal caso, che h(t) è un elemento di L 1 (IR).


: 11,n funzione sgn(x) viene detta funzione segno ed assume valore 1 quando l'argomento x b
p11Hil.ivo u valore -1 quando x è negativo. Non è invece definita per x = O.
54 CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CONTINUO

= 1-:oo
/h(-T)ldT = +oo.


Questo risultato vale, in particolare, per i sistemi LTI e causali. Per tali
sistemi, il fatto che la risposta impulsiva sia nulla per t < O,fa sì che la condizione
di sommabilità diventi
roo
lo- lh(t)/dt < +oo,

dove lo o- tiene conto, ancora una volta, delle eventuali componenti impulsive
centrate in O presenti nella risposta impulsiva.
Nel caso specifico dei sistemi LTI e causali descritti da_un'equazione differen-
ziale lineare a coefficienti costanti, la risposta impulsiva

risulta sommabile se e solo se tutti i modi elementari pesati con coefficiente di,l
non nullo sono convergenti (il termine impulsivo non crea problemi ai fini della
sommabilità). Ciò si verifica se e solo se, per ogni indiée i E {1,2, ... ,r} per cui
esiste f E {O,1, ... ,µi -1} tale che~., =fO, vale Re(>.i) < O.
È allora immediato rendersi conto che la stabilità asintotica assicurando la con-
vergenza di tutti i modi elementari garantisce, in partjcolare, la convergenza
dei modi che compaiono nella risposta impulsiva e quindi la stabilità BIBO. Il
viceversa, ovviamente, non vale, perché eventuali modi non convergenti possono
essere pesati tutti con coefficienti nulli nella risposta impulsiva assicurando, in
tal modo, la stabilità BIBO senza che ci sia quella asintotica.

2.4.2 Sistemi LTI connessi in serie e in parallelo


Diciamo che il sistema E2 è connesso in serie al sistema E 1 (equivalentemente,
E 1 e E2 sono connessi in serie, dove l'ordine in cui li menzioniamo è rilevante ai
fini della descrizione del sistema risultante) se l'uscita di E1 è l'ingiesso di E2.
Chiaramente il sistema risultante è L'T'Ise lo sono i due sistemi co111ponenti.Inol-
tre è immediato verifica.re, in base alla proprietà associativa della convoluzione,
che se h1 e h2 rappresentano le risposte impulsive rispettivamente di E1 e E2, il
si::itemaottenuto dalla connessione in serie ha risposta impulsiva h = h2 * h1.
È importante osservare che, in base alla proprietà commutativa del prodotto
di convoluzione, ~a risposta impulsiva del sistema complessivo non dipende dal-
l'ordine di connessione. _Sinoti che la proprietà di commutatività non si estende
al caso in cui i Misteminon siano SISO.
:n;. CALCOLO DEL PRODOTTO DI CONVOLUZIONE 56

Si può inoltre dimostrare che la causalità (rispettivamente, la stabilità BIBO}


dcii due sistemi componenti assicura la causalità (rispettiV'amente, la st.abilità
IUDO) del sistema serie. Tuttavia è importante sottolineare che in generale non
vnle il viceversa, dal momento che il sistema può possedere tali proprietà senza.
che necessariamente le possiedano entrambi i sistemi.

Diciamo che due sistemi, E1 e E2, sono connessi in parallelo se sono sotto-
prn;ti alla medesima sollecitazione (ingresso) e l'uscita del sistema complessivo è
ottenuta come somma delle uscite dei due sistemi componenti. Se E1 e !: 2 sono
sistemi LTI lo è anche il sistema ottenuto dalla loro connessione in parallelo, ed
c'iimmediato verificare, utilizzando la proprietà distributiva della convoluzione
rispetto alla somma, che il sistema ottenuto connettendo E1 e E2 in parallelo ha
1wr risposta impulsiva la somma delle risposte impulsive dei sistemi componenti,
i.e. h = h1 + h2.
Si può dimostrar€, anche in questo caso, che la causalità (rispettivamente, la
stabilità BIBO) dei due sistemi componenti assicura la causalità (rispettivamente,
In stabilità 81B0) del sistema parallelo, ma, in generale, non vale il viceversa.

2.5 Calcolo del prodotto di convoluzione


Il calcolo del prodotto di convoluzione è possibile per via analitica, ovvero cal-
colando l'integrale che compare nella definizione. Tale metodo è, in linea di prin-
cipio, sempre applicabile se le funzioni da convolvere sono assegnate in forma ana-
litica. Le difficoltà inerenti il calcolo dell'integrale possono talora essere superate
operando nel dominio delle trasformate, come sarà illustrato nei capitoli seguenti.
In questo paragrafo illustriamo, mediante un esempio, il metodo analitico.

Esempio 2.5.1 Siano

h(t) (t),
Ae>-tc5_1
u(t) = Beµt"-1(t),

mn A e B numeri reali positivi e .>..e µ numeri reali negativi. Il prodotto di


convoluzione v(t) = [h * u](t) è espresso, per ogni t E R, da

v(t) = 1+00
-oc h(t - r)u(r)dr.

Ovviamente il prodotto di convoluzione è nullo per t < O come conseguenza del


fnU.oche sia h che u :iono nnlli pur t < O. Sostituendo le espressioni di u.(t) e h(t)
fj(i CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CONTINUO

nella precedente formula si ottiene per t ~ O

v(t) = [: 00
Aè(t--r)t5-1 (t - -r)Be,...,.
0-1 (-r)d-r

= kt Ae..\(t--r) Be,...,.d-r.

Pertanto
o, t < O,
v(t) = {
ABe..\t JJe(µ->,.).,.d-r, t ~ o.
Con semplici passaggi si trova
o, t< o,
v(t) ={
AB
µ-..\
(ei•-t
_ e.i.t), t?; o.

In alcuni casi è possibile calcolare la convoluzione tra h e u per via grafica.



In virtù del fatto che il prodotto di convoluzione può essere scritto nella forma
1+00 1+00
v(t) = l-oo h(t - -r)u(-r) dr= Loo h(-r)u(t - -r) d-r, t E JR, (2.18)

il valore div all'istante t coincide con l'area della porzione di piano compresa tra
l'asse delle ascisse e il grafico della funzione h(t - -r)u(r) (rispettivamente, della
funzione h(-r)u(t-r)), pensata come funzione dir. Questa semplice osservazione
permette di tradurre in un problema di tipo "geometrico" il calcolo di v(t).
Un problema che si pone solo apparentemente è il fatto che, in linea di prin-
cipio, noi disponiamo dei soli grafici delle funzioni u e h. Si osservi, tuttavia, che
la funzione h valutata in t- -r può essere pensata come h(t- r) = h(-(r - t)),
ovvero essa è otten:1ta traslando di una quantità temporale pari a ltl(verso destra
o verso sinistra a seconda che t sia positivo o negativo) la funzione h( -T), che è
a sua volta la versione ribaltata rispetto all'asse delle ordinate di h(r). Equiva-
lentemente, se ricorriamo alla seconda delle due espressioni in (2.18), possiamo
ribaltare e traslare u(-r) in mudo da ottenere u(t - r) = u(-(-r - t)).
Vogliamo ora chiarire le nostre precedenti osservazioni mediante un esempio.

Esempio 2.5.2 Siano u e h i seguenti impulsi rettangolari:


2.6. RISPOSTA IN FREQUENZA 57

h(t) = A2 ·Ile-
~ 212) ,

e sia T2 ~ T1 > O. Tale ipotesi non comporta alcuna perdita di generalità, in


virtù della proprietà commutativa del prodotto di convoluzione. Poiché u e h
sono nulli per t < O, il loro prodotto di convoluzione è nullo per t < O.
Per valutare v(t) ~ [h * uj(t) per t ~ O osserviamo che la versione ribaltata
di h(T), h( -T), è ancora un impulso rettangolare di ampiezza A2 e supporto
l'intervallo [-T2,0]; inoltre h(t - r) si ottiene traslando h(-r) a destra ài una
quantità t ~ O.
La funzione h(t-r)u(r) è ancora un impulso rettangolare di ampiezza A1 ·A2
e supporto l'intersezione tra i due intervalli [O,T1]e [-T2 +t, t]. Tale intersezione
è l'insieme vuoto se t > T1 + T2. Se O :5 t :5 T1 + T2 l'intersezione è invece
un insieme non .vuoto; in particolare, esso è dato dall'intervallo [O,min(t, T1)] se
t E [O,T2] e dall'intervallo [-T2 + t, T1] set E [T2,T1 + T2]. Il calcolo del valore
del prodotto dì convoluzione all'istante t si riduce al calcolo dell'area sottesa e
vale, quindi,
t < o,
0:5t<T1,
T1 :5 t < T2,
T2 :5 t < T1 + T2,
t~T1+T2.
In altri termini v(t) è un impulso di forma trapezoidale. Come caso particolare,
se T1 = T2 = T, v(t) degenera in un impulso triangolare, i.e.
_,t< o,
O :5 t < T,
v(t)
T :5 t < 2T,
t ~ 2T,


2.6 Risposta in frequenza
Consideriamo un generico sistema LTI e BIBO stabile, di risposta impulsiva
h(t), t E JR,a valori reali, la cui dinamica venga osservata su tutto R Vogliamo
analizzare la risposta del sistema in corrispondenza alla classe degli ingressi espo-
nenziali con esponente immaginario puro (fa.sori) definiti su tutto JR. Suppo-
niamo, infatti, che il sistema venga sollecitato in ingresso dal segnale
u(t) = Aejrfiejwot = Aej(wot+qi), t E JR,
58 CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CON'l'INVO

dove A è un numero reale positivo, mentre <f,e wo sono arbitrari numeri reali. La
risposta del sistema a tale ingresso è data da

v(t) = l+: h(r)u(t - r)dr = AeJ(wotH) l:


00
h(r)e-iwo-rd,,-, t E JR. (2.19)

Sia

Si noti che la precedente espressione ha senso, ovvero che tale integrale esiste
finito, in virtù della BIBO stabilità del sistema. Infatti, se il sistema è BIBO
stabile la sua risposta impulsiva è assolutamente integrabile, e quindi

11-: 00
h(r)e-iwor dr!:::; l+: lh(r)e-jwo-rl
dr= I:oc lh(r.)I dr< +oo.
Con tale posizione., la (2.19) diventa

v(t) = H(iwo)Aei(wot+<i>), tER


I segnali fasoriali sono, pertanto, "autofunzioni" dei sistemi LTI BIBO stabili, con
ciò intendendo che un sistema LTI BIBO stabile risponde ad un ingresso fasoriale
con un'uscita fasoriale di ugual pulsazione. La funzione a valori complessi
roo
H(jw) ==l-oo h(r)e-jw-r dr, wER,

viene chiamata risposta in frequenza del sistema. In virtù del fatto che pul-
sazione w e frequenza f sono legate tra loro dalla relazione w = 21Tf, è frequente
indicare la risposta in frequenza anche nella forma H(j21T'/) o, con abuso di no-
tazione, H(f). Il contesto renderà sempre chiaro a cosa ci riferiamo.
Se pensiamo di rappresentare, per ogni valore di w E JR fissato, il numero
complesso H(jw) in modulo e fase, la risposta in frequenza viene completamente
descritta, al variare di w in JR,da due funzioni reali di variabile reale: il modulo
(o ampiezza) e la fase della risposta in frequenza del sistema. Si pongono,
pertanto, le seguenti definizioni

A(w) == IH(jw)I
{ w E JR.
<I>(w) - arg(H(jw))

Di conseguenza la v può essere riscritta nel seguente modo

t E JR.
:w. RJSPOSTA IN FREQUENZA 59

Possiamo osservare come il segnale di ingresso u(t) possa essere riscritto, eviden-
idandone la parte reale e la parte immaginaria, nella forma

u(t) = Acos(wot +<I>)+jAsin(wot + rp)==uR(t) + ju1(t), t E R.



Analogamente, la corrispondente risposta v(t) può essere riscritta come segue:

1J(t)= A(wo)Acos(wot+</J+'1?(wo))+A(wo)Asin(wot+ef>+<l>(wo))==VR(t)+jvr(t),
dove t E R. Se, come tipicamente assumiamo, il sistema è reale, ovvero la sua
risposta impulsiva h(t), t E R, è a valori reali, è evidente come il sistema risponda
a segnali reali con segnali reali e a segnali puramente immaginari con segnali
puramente immaginar:. Pertanto, nell'ipotesi di BIBO stabilità, il nostro sistema
risponde al segnale di ingresso

un(t) = Acos (w0 t + 4>), t E JR.,


di ampiezza A > O, pulsazione wo e fase iniziale t/J,con il segnale di uscita

VR(t) = (A-A(wo)) cos [wot+ (<t,+(>(wo))], tER,


1! al segnale di ingresso

u1(t) = A sin (wot + </>), t E R,


con il segnale di uscita

vr(t) = (A·A(wo)) sin [wot+ (ef,+ ~(wo))], tE R.


Si può quindi concludere che la risposta di un sistema LTI reale e BIBO stabile
a.d un segnale sinusoié.ale di frequenza wo è ancora un segnale sinusoidale della
:.;tessa frequenza con
• ampiezza data d1:lprodotto dell'ampiezza dell'ingresso A per il modulo della
risposta in frequenza del sistema calcolata alla frequenza wo, A(w 0 );

• fase iniziale data dalla somma della fase iniziale <pdell'ingresso forzante e
della fase della risposta in frequenza del sistema calcolata alla frequenza wo,
il>(wo),

È immediato rendersi conto del fatto che, se h(t), t E R, è a valori reali,

H(-jw) = 1-: 00
h(r)eiwr dr= 1_: 00
h(r)e-iwTdr

1: 00
h(r)c-i"'Tdr = H(jw), w E R,
fiO CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CONTINUO

ovvero H(-jw) coincide con il complesso coniugato di H(jw). Pertanto il modulo


della risposta in frequenza H(jw) di un sistema reale è una funzione pari, mentre
la fase è una funzione dispari, i.e.

A(w) = A(-w), ~(w) ==-cll(-w).

A conclusione di questo paragrafo vogliamo mostrare come sia possibile calco-


lare la risposta in frequenza di un sistema LTI, causale e BIBO stabile, descritto
da un'equazione differenziale lineare e a coefficienti costanti (come nel paragrafo
2.2.4) del tipo
n div(t) m diu(t)
~ ai ---;ur= ~ b. <fii, tER.. (2.20)
1=0 i=O
Notiamo, per prima cosa che, dal momento che il fasore è un s~enale limitato e
abbiamo ipotizzato che il sistema sia BIBO stabile, l'uscita del sistema in cor-
rispondenza ad un fasore esiste ed è limitata. Abbiamo visto, inol~re, che un
sistema LTI BIBO stabile con risposta in frequenza H(jw) risponde all'ingresso
u(t) = eJwt,t E JR,con il segnale di uscita

v(t) = e7wtH(jw), t E R.. (2.21)

A questo punto è sufficiente osservare che la derivata i-esima del segnale eJwt è
data da

(2.22)

Sostituendo le espressioni (2.21) e (2.22) nella (2.20), si ottiene la seguente espres-


sione: n m
Lai H(jw)(jw)iejwt == Lbi(jw)iejwt, (2.23)
i=O i=O
che, risolta nella risposta in frequenza H(jw), restituisce

H( . )- E~obi (jw)i (2.24)


JW - "°'n
L..i=Oai
('JW )"'
i

2. 7 Risposta in regime permanente


Consideriamo un sistema LTI causale e BIBO stabile, di risposta impulsiva h(t), t
E R, a valori reali. Ci chiediamo come si comporta il sistema nell'eventualità in
cui esso venga sollecitato da un ingresso di tipo fasoriale o sinusoidale causale,
ovvero che agisce a partire dall'istante t = Oe non più da -oo. Questo problema
.Hipone sia nel caso in cui l'orizzonte temporale sia l'intero asse reale e l'ingresso in.
:.!.7. RISPOSTA IN REGIME PERMANl!JNTE 61

questione sia l'unica causa agente sul sistema, sia nell'eventualità in cui l'orizzonte
l,umporale sia (O,+oo) e ipotizziamo condizioni iniziali nulle in o-. Se il sistema
viene, pertanto, sollecitato dal segnale di ingresso

dove A, qi e wo sono numeri reali, di cui A è positivo, la risposta del sistema a


l,iileingresso è nulla per t < O ed espressa per t 2'.:O da

v(t) = L:°" h(-r)u(t - r)dr = Aej(wot+</i)[: h(r)e-iwo-r dr

= Aej(wot+</i) 1+00
h(r)e-jwoT dr -
-oo
Aej(wotH) roo
h(-r)e-jwo-r
lt+
d-r

..!... Vrp(t) + Vtr(t), (2.25)

ovvero è descrivibile come somma di due componenti che, nella precedente for-
mula, abbiamo indicato con i simboli Vrp e Vtr· Si noti che, poichè v(t) è nullo per
t < O, assumiamo, per convenzione, che Vrp e Vtr siano entrambi nulli per t < O,
condizione che possiamo evidenziare moltiplicando Pespressione dei segnali per il
gradino 1L1(t).
Vogliamo dare un'interpretazione della precedente partizione. Il segnale

viene chiamato risposta in regime transitorio al segnale di ingresso u(t) =


Aei</ie3wott5_1
(t). La ragione di questa nomenclatura va ricercata nel fatto che,
nell'ipotesi di stabilità BIBO del sistema, l'integrale che la definisce risulta con-
vergente per ogni valore di t e, per t tendente a +oo, i due estremi di integrazione
diventano coincidenti facendo sì che

lim Vtr(t)
t-+oo
= O.
Di conseguenza, per valori di t elevati, la risposta v(t) può essere approssimata
dalla sola componente

che prende il nome di risposta in regime permanente al suddetto segnale.


È immediato rendersi conto del fatto che la risposta di regime permanente è
esprimibile in funzione .della risposta in frequenza del sistema nel seguente modo:
G2 CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CONTINUO

Pertanto la risposta in frequenza è estremamente significativa anche nel caso di


sistemi LTI causali sollecitati da segnali fasoriali o sinusoidali solo dall'istante
O in poi. In tal caso, infatti, mette in relazione ingressi fasoriali causali alle
corrispondent: uscite in regime permanente.

Discorsi analoghi si possono fare nel caso di un ingresso sinuso:dale causale

u(t) = Acos (wot + q,)L1(t),


a cui corrisponde un'uscita esprimibile, per t 2:::O, nella forma

v(t) = Vrp(t)+ Vtr(t),


con

e
lim Vtr(t) = O.
t-+oo
Infine, la precedente analisi può essere estesa anche al caso di sistemi BIBO
stabili, ma non necessariamente causali, osservati su tutto JR. In tal caso, va
tenuto presente che le espressioni di Vrp e Vtr precede~temente determinate per
t 2:::O possono essere estese anche per valori negativi di t. ·Tuttavia, poichè
l'interpretazione delle due componenti ha senso solo per valori elevati di t, le
espressioni di vT7J e Vtr in JR._perdono di interesse pratico.

I• H( - oì ,; _1 n)
:l,H, /~SBR.CJZJDI RIEPILOGO 03

~.8 Esercizi di riepilogo


I01uwclzio2.1 Si consideri il sistema dinamico SISO a tempo continuo descritto
1111ll11.
Hllguenteequazione differenziale:

d2v(t) dv(t) (t) = ! ()


d,t2 +3 dt + 2V 3U t .
~ ;-7'A.d'
I) Hi determinino le radici dell'equazione caratteristica . ..5 -1--3.s+-.t~o
~A,,_•
Il) Si determini l'espressione dell'evoluzione libera del sistema a partire dalle
mndizioni inziali
ve(O)= 1, dve(t) 2 I
~ t=O =_JJi.{ c;)"'( Ji.,J_
-'l .e.--..tt)
r:J..2_ -t;+
lii) Si determini la rir:;posta impulsiva del sistema. / -f .d. -~f:..\(
=-( "j"-'1'- 5..e. )t:J __
lv) Hi determini la risposta di evoluzione forzata del sistema in corrispondenza
ILll'ingressou(t) = (1 +t) L1(t). 3_fit-J-d.J'.-'·(--H:-f:-1,l /-é -Jic.)
/ìr . z:o~.I!.. -..1_ -,;-1-
3t:i.€ -.e. .i-
v) Hi studi la stabilità BIBO del sistema. .,,t__( -f- -1.:)
-1- --- .12 - ...e.
ò
IG1mrcizio2.2 Si consideri il sistema dinamico SISO a tempo continuo descritto
d11lht Heguente equazione differenziale:
d3v(t) 2 d2 v(t) dv{t) _ du(t)
dt3 + dt2 + dt dt .
-J.

l) Hi determinino le radici dell'equazione caratteristica.

Il) Si determini l'espressione dell'evoluzione libera del sistema a partire dalle


condizioni inziali

ve(D)= 1, dv1(t)
dt t=O
I
= 2• d2ve?) I = O.
dt t=O

lii) Si determini la risposta impulsiva del sistema.

lv) Hi determini la risposta di evoluzione forzata del sistema in corrispondenza


all'ingresso u(t) =sint (L1(t).
v) Hi determini un sistema SISO a tempo continuo descritto da un'equazione
differenziale di ordine 2 che presenti la medesima risposta impulsiva.

vi) 8i i;tudi la stabilità BIBO del i;h1tema.


64 CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CONTINUO

Esercizio 2,3 Un integratore a tempo continuo è definito matematicamente


dall'espressione
v(t) =[ 00
u(T)dr,

dove u è l'ingresso e v è l'uscita dell'integratore.


i) Si determini la risposta impulsiva del sistema.

ii) Si studi la stabilità BIBO del sistema.

Esercizio 2,4 Si consideri il sistema a tempo continuo definito matematicamente


dall'espressione
1 lt+T/2
v(t) = -T · u(T)dT,
t-T/2
dove t E JR,T t IR+ è un valore fissato, u è l'ingresso al sistema e 't l'uscita.
i) Si determini la risposta impulsiva del sistema.

ii) Si studi la stabilità BIBO del sistema.

Esercizio 2.5 Sia

Vt(t) = 4e-t sin(t +i), t ~ o,


l'evoluzione libera di un sistema SISO descritto dalla consueta equazione differen-
ziale, in corrispondenza ad una determinata scelta delle condizioni iniziali.
i) Si determ:ni un modello alle equazioni differenziali compatibile con la prece-
dente evoluzione libera,

e, di tale modello,

ii) si studi la stabilità asintotica e


iii) si determini, se possibile, la risposta di regime permanente in corrispon-
denza al segnale di ingresso u(t) = (sint - cost)1L1(t).

Esercizio 2.6 Si consideri il sistema dinamico SISO a tempo continuo descritto


dalla seguente eG_uazionedifferenziale:

d2 v(t) dv(t) ( ) _ du(t) (t)


dt 2 +5 dt + 6u t - dt +u ·
i) Si Htudi la Hf;11.bilità
BIBO del sistema.
2.R. ESERCIZI DI RIEPILOGO 65

ii) Si determini la risposta in frequenza del sistema.


iii) Si calcoli l'uscita del sistema in corrispondenza all'ingresso u(t) = sin(2t) +
cos(3t), t E R
iv) Si calcoli l'uscita forzata del sistema in corrispondenza all'ingresso
u(t) = eift1L1(t),
evidenziandone la componente di regime permanente.

Esercizio 2. 7 Si consideri il sistema dinamico SISO a tempo continuo descritto


dnlla seguente equazione differenziale:

d2v(t) + a(a - 1) dv(t) - av(t) = a du(t) - u(t)


dt 2 dl dt '
,love a è un numero reale.
i) Si studi, al variare di a, la stabilità asintotica.
ii) Per a = 1, si determini l'uscita del sistema in corrispondenza al segnale
u{t) = (l+cost) L1(t) e alle condizioni iniziali v(o-)= 1 e d~~t) t=o- = -1,I
evidenziando, se possibile, una componente di regime permanente e una
componente transitoria.

Esercizio 2.8 Un carrellino di massa M viene trainato su una strada di mon-


1,agnadi pendenza 'I'} con una forza u(t), come _illustrato in figura.

v(t)

x(t)

Siano x(t) e 1J(t), rispettivamente, la posizione lungo la strada di montagna e


la quota del carrellino al tempo t, avendo assunto come origine del 1:1istemadi
riferimento il punto di inizio della salit,a. Indichiamo, infine, con v il coefficiente
di 1tU.1"ito
nl moto e con !I l 11wcc,lc,rn:.1io11n
di gravità.
66 CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CONTINUO

i) Sì determini un modello ingresso/uscita descrittivo della dinamica del si-


stema.
ii) Si determini l'evoluzione del sistema in corrispondenza alle condizioni ini-
ziali
e dv(t)
dt t;Q-
I
= 1 m/s,
e alla sollecitazione in ingresso
u(t) = MgsinD L1(t).

Esercizio 2.9 Si consideri il sistema massa-molla-smorzatore rappresentato in


figura, dove M, K e D sono parametri reali positivi.

u(t)

M
v(t)

i) Si determini la risposta in frequenza del sistema.


ii) Per D 2 = 4K M, si determini, se possibile, la risposta di regime permanente
al segnale dì ingresso u(t) = cos (:fil)
L1(t).

iii) Si determini, se possibile, la famiglia di condizioni a cui deve soddisfare


la terna di parametri M, K e D affinché il sistema risponda al segnale di
ingresso u(t) = sint L 1 (t) con una risposta cii regime permanente pari a
Vrp(t)= -0.lcost 0-1(t).

Esercizio 2-10 Si consideri il sistema dinamico SISO a tempo continuo descritto


dalla seguente equazione differenziale:

d2 v(t) dv(t) 5 ( )= _ (t)


dt~ +2 dt +vt u ·
2.8. ESERCIZI DI RIEPILOGO )i O ... __ /] --4-J.fJ.
5.-o 67
__, -1 .,, ___,·! -....__,.1 , ,
;.i-...-,;.\)""'
i) Si determinino le radici dell'equazione caratteristica. .,,(C.4
/1!:e(I::-) e~(}/ \I <,ì

ii) Si determini l'espressione dell'evoluzione libera del sistema a partire dalle


condizioni inziali
/ dvt(t)I
,(,I '3...ithvi (J.f:) vi(O) = O, ~ t=O = 1.
iii) Si determini la risposta impulsiva del sistema._){(i:;)-:-(-·J, 1 i./=..,w..,'(,tt;,))
~-.A

all'ingresso u(t) = e-t <L1(t). /~(d" i


iv) Si determini la risposta di evoluzione forzata del sistema in corrispondenza
~:<=et1:;(J__,I::) -1...(,.,-t.
v) Si determini (se esiste) la risposta del sistema in corrispondenza all'ingresso
u( t) = 1, t E JR.

Esercizio 2,11 Sl consideri il f!istema dino.mico SISO a tempo continuo descritto


dnlla seguente equazione differenziale:
:..,,_..S=o --.>..s(s\-i)
.::...
d 3v(t) dv(t) du(t)
<ft3+dt=dt. /-:-.
''o =a- I'
"'-~"'J•
~ I
Ì\ .!J..
~- '

i) Si determinino le radici dell'equazione caratteristica. ~(l:)"'e-le.bt.1-~~ t


ii) Si determini l'espressione dell'evoluzione libera del sistema a partire dalle
condizioni inzia:i /IJ.- /t)-= ~t..,-1- 3>~ t.--A.
7.1?.

v,(O) = O, dv,e(t)
dt
I t=O
= 3.
,
d2v,?)
dt
I
t=O
= -1.

iii) Si determini la risposta impulsiva del sistema e si studi la stabilità BIBO


del sistema. -~ l t"Ì::: { ~f 4 (1--:\ J~-
iv) Si determini la risposta di evoluzione forzata del sistema in corrispondenza
all'ingresso u{t) = sin t <L1(t) evidenziandone, se possibile, la componente
di regime permanente.
v) Si determini {se esiste) un segnale di ingresso limitato che produce un se-
gnale rii uscita non limitato.

Esercizio 2.12 Si consideri il sistema a tempo continuo definito matematica-


111m1te
dall'espressioue

v(t) = l t
t-T/2
u(r)dr -
lt+T/2
t
u(r)dr,

dove t E JR.,TE lR+ è un vnlorc fis1m.to,1,.è l'ingresso al sistema e v l'uscita.


68 CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CONTINUO

i) Si determini la risposta impulsiva del sistema.


ii) Si studi la stabilità BIBO del sistema.
iii) Si determini, se esiste, la risposta in frequenza del sistema.

Esercizio 2.13 Si consideri il sistema a tempo continuo definito matematica-


mente dall'espressione

v(t) = it
t-2'11"
cos(t - r)u(r)dr,

dove t E JR,u è l'ingresso al sistema e v l'uscita.


i) Si determini la risposta impulsiva del sistema.
ii) Si Rtudi la stabilità BIBO del sistema.
iii) Si determini, se esiste, la risposta in frequenza del sistema.

Esercizio 2.14 Sia


h(t) = 4t e-t1L1(t)
la risposta impulsiva di un sistema SISO descritto dalla consueta equazione dif-
ferenziale.
i) Si determini, se esiste, un modello descritto da un'equazione differenziale
di ordine 1 compatibile con la precedente risposta impulsiva. ~0·
ii) Si detenr.ini, se esiste, un modello descritto da un'equazione differenziale
di f.ldine 2 c~mpatibile con _laprece dente risposta impulsiva.
1
:=--;,,,.,1.1:1.~ -dt ~-''t \.i ,,i-(t \, ~- ,,u,(~ I~ 5.,«(t-)
iii) Sidetermini, se esiste, un modello descritto da un'equazione differenziale
di ordine 3 compatibile con la prec3dente risposta impulsiva.
i .o--{E:)-1 ,j[
1 ?t.t,0-(l\ ,.,-{ti~-2~MlOt 't' i--·-t/é)-t.,vll;c)
Esercizio 2.15 Si consideri il sistema dinatnico SISO a tempo continuo descritto
dalla seguente equazione differenziale:
d2v(t) 4 dv(t) ( ) _ du(t)
dt 2 + dt + 4V t - dt .

i) Si studi la stabilità BIBO del sistema.


ii) Si determini la risposta in frequenz13-del sistema.
iii) Si calcoli, HeeHiste,l'uscita del sistema in corrispondenza nll'ingresso n(t) =
sin(t)cos(t),t E JR.
2.8. ESERCIZI DI RIEPILOGO 6D

iv) Si calcoli l'uscita forzata del sistema in corrispondenza all'ingresso

u(t) = eit6-1(t),
evidenziandone, se possibile, la componente di regime permanente.
Capitolo 3

La trasformata di Laplace

Obiettivo di questo capitolo è quello di introdW're la trasformata di La.place,


Hia unilatera che bilatera, e di illustrarne le principali proprietà. In pa.rLicolare,
verrà descritto Putilizzo dei metodi operazionali in generale, e della trasformata
di Laplace in particolare, nella soluzione delle equazioni differenziali lineari a co-
dfìcienti costanti. Attraverso la trasformata di Laplace, infatti, tali equazioni dif-
ferenziali vengono trasformate in equazioni algebriche. Sebbene oggi sia possibile
riHolvereequazioni differenziali di ordine elevato ricorrendo a metodi numerici, i
metodi operazionali continuano a rappresentare un potente strumento di analisi
e di progetto per i sistemi LTI.

3.1 La trasformata di Laplace unilatera


( S~)v(t), t E R, è la somma di una funzione reale o complessa di variabile reale,
lo~almente sommabile in [O,+oo ) 1 , e di una famiglia finita di segnali impulsivi di
vario ordine (ovvero una combinazione lineare dell'impulso e delle sue derivate)
1 lcfi~~~°.:1~~formata __
di ~~pl~~fà:--~-~~Iatt:~a-~~l
_s~-~!1:8!1~~.:!!.<&_~!:,~---

C[v(t)]
---.-
==
.........
ko--· +oo
v(t) e-" t dt,
.. .....,.._.._,..._ .....
,~----··-~·--··
(3.1)

1love s = JZ.±j_w è una variabile com:e_l~§_l~!!,.2..


La trasformata di Laplace è pertanto
mia funzione a valori complessi della variabile. compl~isisas, definita per quei
valori di s (se esisto::io) in corrispondenza ai quali l'integrale che compare nella
(a.1) è ben definito. Tale regione del piano complesso è chiamata regione di
convergenza e
verrà indicata nel seguito, per brevità, con l'acronimo RdC.
1 Una funzione "Il è localmente sommabile in [O,+oo) se l'integra.le di "Il esiste finit-:iin ogni

i11turvallolimitato contenuto in [O,+oo .


·· La precudente dc m1.1onenon 1La cuna pretesa di rigore matematico: la. definizione rigorm111
In ,unbito distribuzionale esula d1Lgli11copidi q11011t.o
libro.

71
72 CAPITOLO 3. LA TRASFORMATA DI LAPLACE

Si può dimostrare che la regione di convergenza (se non è l'insieme vuoto)


contiene sempre un semipiano aperto del tipo {s E C : Re(s) > e} per un
opportuno numero reale c. Infatti, se l'integrale che definisce la trasformata
converge in un punto so del piano complesso, allora converge in ogni punto s del
piano complesso con Re(s) > Re(so), Pertanto

a== inf{Re(so) : so E Ce l'integrale (3.1) converge in so}

definisce il limite sinistro della regione di convergenza e prende il nome di ascissa


di convergenza. Se l'ascissa di convergenza è un numero reale (cioè non è né
-oo né +oo ), nulla possiamo dire a priori relativamente alla convergenza sui
restanti punti della retta di ascissa a, e pertanto, in generale, possiamo solo
affermare che la regione di convergenza è compresa tra {s E C : Re( s) > a}
e {s E C : Re(s) ~ a}. Si potrebbe dimostrare, ma. su questo aspetto non
ci vogliamo soffermare, che ogni trasformata di Laplace .C[v(t)Jè una funzione
auaHtica all'interno della sua RdC. ·
È importante sottolineaxe che, dal momento che la trasformata di Laplace
della funzione v di end~_u~!5'-™!!t~4.5!J~ç9}.!!P..Q!:~.~-~Ai-Y !PJQ,.±~),_ fu.,nzio_n~
istinte che coincidono sul semiasse reale non negativo individuano la medesima
trasformata aiLaplace. TnE!i~fc~j~-~.J!iJr,~~-formata-:drt~.Ii~!l:Cedi Ìlilségriale v(t) ·-··
---corncraesemprè"èo:ìilatr~formata dell~ sua "versione·causale" Vc(t} ==v(t)L1 (tf,-
Òvvero:Z:[v(t)F~ ·.c'[v;(t)J
(dove, in entranibiTCii:sf;·vànnò·tenuti in considerazione
gli eventuali impulsi collocati in O). L[ vH}] ~ [ f1r ;J
) --f(t
(-1-
Vogliamo ora studiare le proprietà di maggiore interesse della trasformata
unilatera. È importante evidenziare che tali proprietà valgono nell'ipotesi, prima
menzionata, che v(t), t E R, sia la somma di una funzione localmente sommabile
in [O,+oo) e di una famiglia finita di segnali impulsivi.
-------
1 ):Linearità:")
..... , --·-·..
....
.______________

La trasformata di Laplace è lineare in virtù della linearità dell'integrale. In-


fatti, se ¼(s) = .C[vi(t)],i = 1,2, allora, per ogni scelta dei coefficienti a1 e a2 in
e, si ha

Inoltre, l'ascissa ùi convergenza della trasformata di a 1V1 ( t) + a2v2 (t) è minore o


uguale alla più grande delle due ascisse di convergenza di Vi e ½.

2) Proprietà della derivata:


Se la funzione v(t), t E R, è trasformabile secondo Laplace ed esiste finJ.tn..
v(O~f~ij,mente -v(o-) coincide·con v(O)~n l¼BSenza di <:lJ.E!C~ntinuità
e impulsi
'iìèTI'origine), allora la derivata (nel senso delle distribuzioni) di 11(t)ammette
:.J.1. LA TRASFORMATA DI LAPLACB UNILA'l'ERA 73

t.rasformata di Laplace,ed essa è legata alla trasformata di Laplace di v(t) dalla


Heguenterelazione:
.e,[d:~t)] = s . .e,[v(t)] - v(o-).

L'ascissa di convergenza della trasformata di dv(t)/dt è minore o uguale di quella


della trasformata di v(t).
Le precedenti formule si estendono, mutatis mutandis, al caso di derivata
generica, portando alla seguente formula generale:

C, [cfv(t)]
= i.t:,[ (t)] _ ~ dkv(t) \ i-1-k
dti S V ~ dtk 8 '
k=O t=O-

dove, ancora una volta, L'impiegodelle derivate valutate nello o- è del tutto equi-
valente all'impiego delle derivate valutate in O,nell'eventualità in cui discontinuità
e componenti impulsive siano assenti.

3) Moltiplicazione per una funzione polinomiale:


Se v(t) è dotata di trasformata di Laplace, V(s), nel semipiano Re(s) > a,
allora la funzione ti· v(t) ammette tp1,sfor~ata di Laplace, a sua volta, ovvero

(~~[ti.v(t)] = (-l)i di:~~),. ·,Ì


-----·--·· ·- ..
ed essa converge in Re(s) > a. Questo risultato può anche essere visto come
l'analogo nel dominio delle trasformate del precedente risultato relativo alla de-
rivazione nel dominio del tempo.

4) Ritardo temporale o traslazione a destra:


Sia v(t) un segnale dotato di trasformata di Laplace V(s). Definiamo per un
gei{è'rfoor > O, interpretabile come "ritardo", il segnale

v-r(t) =={ v(t - r), t ~ r,


o, o :s;t < 'T.
Tale segnale rappresenta la versione ritardata di -r del segnale causale vc(t)
v(t)iL 1 (t), ovvero v,. = J'rVc, ed ha trasformata di Laplace

L'ascissa di convergenza della nuova trasformata coincide con l'ascissa di conver-


genza di V(s).
È importante evidenziare la necessità di ricorrere alla versione causale del
segnale v prima di effettuarne la traslazione a destra. In caso contrario, sarebbe
74 CAPITOLO 3. LA TRASFORMATA DI LAPLACI·:

necessario far uso esplicito dell'espressione analitica del segnale vin [-r, O), infor-
mazione che certamente non è ottenibile dalla trasformata V(s). AnalogamentP
la precedente proprietà non si estende al caso di "traslazione verso sinistra" o
anticipo, situazione in cui del segnale v "si perde la porzione iniziale".

5) Moltiplicazione per una funzione esponenziale:


Se v(t) ammette trasformata di Laplace V(s) con ascissa di convergenza a,
allora anche la funzione prodotto e>-tv(t),con >.numero complesso arbitrario,
ammette trasformata di L~place ___.
C[e"'tv(t)]= V(s - >.),·,_
e tale trasformata converge in Re(~) > a;+Re(>.). Questo ri~ultato può anche
essere visto come l'analogo nel dominio delle trasformate del precedente risultato
relativo alla traslazione nel dominio del tempo.
6) Convoluzione:
-~~-~H~'!-~Jt)__ dt1e funzi.?ni nulle per t < O e dotate di tra.sformata di
~~_p.o
Laplace, rispettivamente Vi(s) e ½{sJ;·1mora--iI prodotto di convoluzione..fv1 *
ii21{t)esiste ed ammette trasformata di Laplace:
C[[v1 *V2](t)) = lfi(s)½.(s).
L'ascissa di convergenza è minore o uguale a max{a1, a2}, dove ai è la ascissa di
convergenza di ¼(s), i= 1, 2.

7) Integrale:
~~- v(t) è dota~~ di_tr~ft:>rroata di Laplace_, V(s), nel semipiano Re(s) >
a, allora ·1a:
funzione integrale di v( t) (di estremo inferiore l'origine) ammette
trasformata di Laplace, a sua volta, _i.e.
V( )
e [ fo_ v(r)dr = -f-,
t+ ]

con a.scissa di convergenza minore o uguale a max{O, a}.


Si noti che questa proprietà rappresenta un caso particolare della precedente,
ottfmibile per vi(t) = v(t)L1(t) e -u2(t)= 1L1(t).

8) Teorema del valore finale:


Sia v(t) una funzione dotata di trasformata di Laplace V(s). Se esiste finito
limt-++c,ov(t) (condizione equivalente al fatto che la regione di convergenza della
s · V(s) contenga l'origine) allora vale la seguente formula
lim v(t)
t-++oo
= a->O+
lim s · V(s).
:1.2. ESEMPI DI TRASFORMATE NO'l'liJVOl,1 75

/ 9) Teorema del valore iniziale:


Sia v(t) una funzione dotata di trasformata di Laplace V(s). Se esiste finito
limt-,o+ v(t), allora
lim v(t)
t_.Q+
= lim s · V(s).
S--+00

Va sottolineato, bfine, in relazione alle ultime due proprietà, che l'esistenza


del limite al primo membro assicura l'esistenza del limite al secondo membro e
i due coincidono. Non vale, tuttavia, il viceversa, dal momento che i limiti al
1-mcondomembro possono esistere senza che esistano quelli al primo membro.

10) Cambiamento di scala:


Sia v(t) una funzione dotata di trasformata di Laplace V(s), con ascissa di
convergenza a, e sia r una costante reale positiva. La funzione v(rt) ammette
t.rnsformata di Laplace
.C[v(rt)J= ~ V G),
u la sua ascissa di convergenza è pari a r · a.

3.2 Esempi di trasformate notevoli


n) Impulso ideale unitario e sue derivate.
Usando la definizione (3.1) di trasformata unilatera, abbiamo

.C[8(t)]= r+ 8(t) e-stdt.


lo-
00

Sfruttando la proprietà di campionamento dell'impulso di Dirac, che può


rn;sereespressa anche nella forma
r+oo
11(0)= l-oc t5(t- O) v(t)dt = lo-
r+oo
o(t) v(t)dt,

si ricava immediatamente

.C[8(t)J= roo e-
lo-
8(t) st dt = e-s·O = 1.

Poiché la trasformata così ottenuta è costante, e quindi indipendente dalla va-


rin.bile s, si può affermare che la trasformata dell'impulso unitario ha per R.dC
l'intero piano complesso C.
76 CAPITOLO 3. LA TRASFORMATA DI LAPLACI•:

Applicando la proprietà della derivata, e ricordando che le derivate dell'impul-


so sono nulle in ogni punto diverso da Oe quindi, in particolare, in o-, è immediato
dedurre
i EN.
Anche in questo caso la regione di convergenza è l'intero piano complesso.

b) Funzione gradino unitario.


La trasformata della funzione gradino v(t) = 6-1(t) si ottiene facilmente me-
diMte calcolo esplicito:

.C[«L1(t)]= r+ i.L1(t) e-
lo
00
st dt = r+ e-
lo
00
st dt = !,
s

ed ha come RdC il semipiano Re(s) >O.Si noti che la.funzione costante v(t) =1
ha, a sua volta, trasformata di Lapla.cc unila.tera. 1/ s.

e) Funzione esponenziale (causale).


Sia v(t) = Aei<I>e"tL1(t), con A numero reale positivo, cf>numero reale e >.
numero complesso. La trasformata di Laplace di v si ottiene dalla trasformata
di Laplace del gradino sfruttando la proprietà 1), di linearità, e la proprietà 5),
di moltiplicazione per un esponenziale, prima illustrate. È infatti sufficiente so-
stituire nella trasformata della funzione gradino moltiplicata per Aei4>la variabile
s con l'espressione s - A. Si ottiene, in tal modo,

.C[v(t)] = .C[Ae3·,t, e" ta_1 (t)] = Ae1·,t,.C[e" tL1(t)] = 8AeN


_ x·

In questo caso, l'ascissa di convergenza è Re(>.). Chiaramente la precedente


trasformata rappresenta pure la trasformata di Laplace del segnale esponenziale
v(t) = Aei4>e"t.

d) Funzione esponenziale (causale) moltiplicata per una funzione poli-


nomiale.
Sia v(t) = Aei4>' e>.tL1(t), con A numero reale positivo, C:,numero reale,
>.numero complesso e f intero positivo. La trasformata di Laplace di questo
segnale si ottiene dalla trasformata di Laplace dell'esponenziale causale, derivata
al punto c), applicando la proprietà 3) illustrata nel precedente paragrafo. In tal
modo si ottiene
:1.2. ESEMPI DI TRASFORMATE NOTEVOLI 77

L'ascissa di convergenza è ancora Re(À).


o) Funzione sinusoidale (causale).
Sia v(t) = Acos(wt + ip)1L1(t), dove A e w sono numeri reali positivi, mentr<~
,f,è un numero reale. La trasformata di Laplace di questo segnale si ottiene da.Ila.
t.rasformata di La.piace dell'esponenziale causale, derivata al punto c), sfruttando
la linearità e la formula di Eulero per il coseno. In tal modo si ottiene

.C[v(t)] .C[A cos(wt + q,)<L1(t)]


= ;eitf> .C.[ejwtcL1(t)] + ~e-j,/) .C.[e-jwt1L1(t)]

= ~ej<f>_1_ + ~e-i<P _1_ =A. s · cos,P-wsinc;,


2 s - jw 2 s + jw s2 + w2

L'o.scissa di convergenza è O. Nel caso particola.re <t,= O (o, più in generale, <J,
multiplo di 271')si o~tiene
s
.C[Acos(wt)L1(t)] =A· 82 + w2 •
Similmente, per rj, = -11' /2, si determina la trasformata di Laplace del segnale
v(t)= Asin(wt)cL1(t), ovvero
.C[Asin(wt)L1(t)] =A· w 2•
s2 +w

f) Funzione sinusoidale (causale) modul,ata esponenzialmente.


Siav(t) = Ae"'t cos(wt+<ji)cL1(t),dove A e w sono numeri reali positivi, mentre
a e </Jsono numeri reali. La. trasformata di Laplace di questo segnale si ottiene
dalla trasformata di La.piace del segnale sinusoidale causale, derivata al punto e),
sfruttando la proprietà 5) di moltiplicazione per una funzione esponenziale. In
t.nl modo si ottiene

.C[v(t)] =A. (s - O')· cos q,- wsinrj,.


(s- 0')2+w2
L'ascissa di convergenza è O'. Nel caso particolare q,=Osi ottiene

.C[Aeutcos(wt)<L1(t)] = A· (
S-0'
8
-;t
+w 2.

Similmente, per rj, = -11' /2, si determina la trasformata di Laplace del segnale
u(t) = Aeut sin(wt)L1 (t), ovvero

C[Ae"tHi11(wt)1L1(/;)]=A·c ~2
S-0" +w2·
78 CAPITOLO 3. LA TRASFORMATA DI LAPLACE

Per concludere, val la pena di sottolineare come le trasformate di Laplace dei


precedenti esempi siano tutte funzioni razionali nell'indeterminata s a coeffi-
cienti complessi (talora reali) ovvero elementi del campo C(s) (rh;pettivamente
R(s)). ·

3.3 Sistemi LTI causali: analisi in s


Obiettivo di questo paragrafo è quello di analizzare, in generale, l'impiego della
trasformata di Laplace nell'analisi della dinamica di un sistema SISO LTI e
causale descritto da un'equazione differenziale lineare e a coefficienti costanti:

~ a· d'v(_t) = ~ b· d'u\t) (3.2)


~'dti
1=0
~·dt•'
•=0
con an, bm =/.O,n ~ m. Supponiamo che il sistema venga sollecitato da un segnale
di ingresso u(t), t E R., nullo per t < O, e che all'istante t = O, il sistema parta da
un arbitrario insieme di condizioni iniziali, espresse dall'n-upla
_
v(O ),
dv(t) l
cf.t - - ' ... ,
~- I
1v(t)
dtn-1. .
t-0 t=O-

Se il segnale di ingresso u(t), t E IR,è trasformabile secondo Laplace, allora è pos-


sibile dimostrare che anche il segnale di uscita (di cui consideriamo la restrizione
alla semiretta t ~ O) è trasformabile secondo Laplace. Siano U(s) ==C[u(t)]
e V(s) ==C[v(t)] le trasformate di tali segnali. Sfruttando la proprietà della
derivata possiamo scrivere

e [ct;t~t)] = iV(s) - ~ d:~~t) I 5 i- 1-11:, i= 1,2, ... ,n.


k=O t=O-
D'altra parte, poiché le condizioni iniziali sull'ingresso e le sue derivate sono tutte
nulle, ovvero

u (o -)= du(t)
dt
I _
-...
t=O-
= ~- 1u(t)
dtm-
l
I _
t=O-
- 0,

si ha
e[ cf~~t)]
= s'U(s), i= 1,2, ... ,m.

Con queste premesse, applicando la trasformata di Laplace ad entrambi i membri


della (3.2), si ottiene:
:1.:1.SISTEMI LTI CAUSALI: ANAL.1S1IN S 79

ovvero

( ~
n
aii
)
V(s) - ~~L
( ni-1 dk (t)
d:k
I i-l-k
)=
t=O i=l k=O t=O-

Sinuo
n
d(s) - Eaisi,
i=O

p( s) -
~ .~
L.,, a, L.,,
dkv(t)
dtk
I s
i-1-k
,
i=l k=O t=O-
m
n(s) - Lbii,
i=O

Possiamo notare che d( s) è il polinomio, di grado n, coinvolto nell'espressione


dull'equazione caratteristica associata all'equazione differenziale. Il polinomio
11,(.~)ha come coefficienti i pesi bi con cui compaiono le diverse derivate dell'ingres-
i;o nell'equazione di:fferenziale. Infine, p(s) è un polinomio, di grado al più n -
l, i cui coefficienti 6ono combinazioni lineari delle condizioni iniziali sull'uscita.
Giungiamo, pertanto, alla riscrittura

d(s)V(s) - p(s) = n(s)U(s), (3.3)

che porta, infine, a


p(s) n(s) 3
V(s) = d(s) + d(sJ U(s). (3.4)

1'~immediato riconoscere in p(s)/d(s) la trasformata di Laplace 'Vi!(s) dell'evo-


libera ve,a partire dalle condizioni iniziali assegnate, e in ~ U(s) la.
111:.::ione
l,rasformata di Laplace V1(s) della componente forzata Vf,

:1Val la pena, a questo punto, riprendere il problema a cui si accennava in 2.2.4, ovvero Il
fntt.o che, in generale, non è detto che il segnale di ingresso sia identicamente nullo in (-00, O)
"· piì1 specificatamente, non è detto che l'ingresso e le sue prime m - 1 derivate s:ano nulle
11.,r 1. = o-. L'analisi di questo caso generale richiede, nell'ambito della trattazione porto.ta
n.vnnti finora, in termini di trasformate di Lapla.ce, solo una leggera modifica. Se infatti si
I_
1L~smnonovalori a.rbitra.ri per u(o-), d~\'l 0 _ , •• , ,
•-
I ,
.i:.-::~['l la trasformata di Lu.placo
t=O-

tldla generica derivata i-esima di u(t) diventa, s'U(s) - I;~-:,~.i:~!tl l•=o-


11;-i-k_ P:ocedendu
con i conti come sopra, si perviene ad una rappresentazione della trasformata di La.piace del
v(t) nella forma V(s) = ~ +
1mg1111le *f U(s), dove n(s) e d(s) sono definiti come B<>pm,
111tmtrup(s) è un polinomio, di grado al più n - 1, i cui coefficienti sono combinazioni linom·I
«lollocondizioni iniziali sia aul1'11Hcil,11
cho sull'ingrr.~so. Antitrasformando la funzione V(11)(cl'r.
il 1111cccst1ivo
p11mgrafo3.4) otto11l1111111 temporale per t ~ O del1'11acit11
l'1!v11l11zlo11u dul HiKl,oma.
80 CAPITOLO 3. LA TRASFORMATA DI LAPLACE

Poiché v1(t) = [h * u](t) e la risposta impulsiva del sistema h è un segnale


causale trasformabile secondo Laplace (cfr. paragrafo 3.2), in quanto combi-
nazione lineare di esponenziali complessi causali (eventualmente moltiplicati per
funzioni polinomiali nella variabile t) e, nel caso in cui n = m, anche dell'impulso
di Dirac, dalla proprietà di convoluzione della trasformata di Laplace.segue anche

--
V1(s) = .c[[h * u](t)]
.....
= H(s)U,(s),
---:-.-···
(3.5)

dove H(s) è la trasformata di Laplace della risposta impulsiva. H(s) pre~~---ìl


'nòniecirluiizione di trasf'èrimérito (Dfi":féiefsistema (3.2):

Rappresentazioni della funzione di trasferimento:


dalla (3.5) emerge chiaramente che la funzione di trasferimento può essere
~~~~!.~!!!.~.J;a_
co.~e ~_app.9.r,tq_
tr.~.J~_Jr~{~rm,_a,~e.
__
d,i Laplace -del segnale dLu.s.cita
(in evolu:i.iuneforzata) e del corrispondente segnale di ingresso, comunqu~-~~elto
l'i!_lN.~~so(purché trasformabile). D·'altra parte, da un raffro~to con la (3.4), è
immediato rendersi conto del fatto che

H( ) _ n(s) _ bmsm + bm-ism-l +.,.+bo (3.6)


8 - d( ) - .
8 ans" + an-1sn- 1 + .._.+ !lQ •

Perciò, per un sistema LTI descritto da un'equazione differenziale lineare a co-


efficienti costanti, la funzione di trasferimento è una funzione razionale nella va-
riabile s. I coefficienti della rappresentazione (3.6) di H(s) sono gli stessi che
compaiono nella corrispondente equazione differenziale. In particolare, i coeffi-
cienti che pesano le derivate dell'ingresso determinano i coefficienti del polinomio
al numeratore, mentre i coefficienti che pesano le deriva.te dell'uscita determinano
quelli del polinomio al denominatore. In generale, pertanto, H(s) E C(s) e, nel
caso di sistemi reali, H (s) E IR(s).
La funzione di trasferimento (3.6) è una funzione razionale propria, con ciò
intendendo che il grado n del denominatore è maggiore o uguale al grado m del
numeratore. Nel caso in cui n > m la funzione razionale viene detta stret-
tamente propria. Esiste pertanto una perfetta corrispondenza tra la nomen-
clatura adottata per i modelli ingresso/uscita descritti da un'equazione differen-
ziale e la nomenclatura adottata per IP.corrispondenti funzioni di trMferimento.

Poiché, come abbiamo visto nel precedente capitolo, la risposta all'impulso di


un sistema LTI causale di ordine n del tipo (3.2) è

r µ;-1 tt
h(t) = do «S(t)+ L L di,l e>.;t li L1 (t), (3.7)
i=l l=O '
:1.3. SISTEMI LTI CA USALI: ANALISI IN 8 81

i, immediato rendersi conto, sfruttando le proprietà della trasformata di Laplace


rnmnciate in precedenza, che la funzione di trasferimento può essere anche de-
Hcritta nel seguente modo

r µ;-1 d
H(s) =do+~ E (s _ ~:)l+l. (3.8)

Dal momento che l'ascissa di convergenza delle tra.sformate di Laplace dei segnali
PHponenzialidel tipo eÀ;t ~ L1(t) è pari a Re(À;), mentre l'ascissa di convergenza
della trasformata dì Laplace dell'impulso è -oo, ne consegue che l'ascissa di
convergenza della funzione di trasferimento è data da

a= max{Re(Ài) : 3 f, tale che d;,t -1-O},

dove :siè Leuuto contu ùel fatto che non tutti i modi elementari coinvolti nell'espres-
Hionedell'evoluzione libera del sistema compaiono effettivamente nell'espressione
della risposta impulsiva.

Dalla (~
forma ---
che la funzi.9I1.eg_iti;:~fer:iI!_lentQ_può
__s_!'lg__u~ essere espressa nella
··-·......
____· · ··· ·······.....
H(s) = fi(s)
(s - À1)µ 1 (s - À2)M ... (s - Àr)µr'

d<Jven(s) è un opportuno polinomio a coefficienti reali di grado m (di fatto è


ff(
facÙe·-~ér.incaie""clie· sr~-
'tl(s')/a;.)-
un 'ulteriore rappresentazione della funzione di trasferimento è quella j:n, cui
iI numeratore nTsr1:Traenònifaatore d(~.). compaiono
.fattorizzatf~~i'pr~dotto di
termi~"i 7:ff~-iaoT(non~;~;~~~iamente distinti). In tal modo otteniamo pèr
H(s) la seg.;;_ente-espressione

(s - z1) (s - z2) · · · (s - Zm)


H (s) =K ----'---'------'----'--. (3.9)
- -· (s - P1) (s - P2) · .. (s - Pn)

Si noti che K = bm/an e, banalmente, ciascuno dei Ài compare nella famiglia dei
Ili un niimerndi""vo1tii"'pa.ri
a µi, - -- ...

Poli e zeri di una funzione razionale:


i_vél.l_~idi sin corrispondenza dei quali H(s) E C(s) tende a z~~--~--~l~fin~to
HOH() _4~H_i,__!ispetti\~m~~~~-~-zei't e-poH-deila-fuiizione~--~iù..sp~~ficatamentè,
dnta una funzione razionale H(sf,-dir{imo polo di moÌteplicità
che a E C è i:i"n
kENse ··
.!~IJ.
(s - a )k Il (.~) c1,i1,tefinito p i:-_cm
nullo.
82 CAPITOLO 3. LA TRASFORMATA DI LAPLACE

dJremo che a E C è uno zero di H (s) di molteplicità k E N se


_Analogan.ie~t!:l,

lim (8 - 1Q )k H (s) esiste finito e non nullo.


8 ..... 0

I cq:n,cettidi zero e polo si estendono al caso del punto improprio- ovvero oo.
f~-tal caso le precedenti· definizionì -diventano: ii punt~-i~p~oprio- è Ùnpo1c.,~di
H(s) di moltepÌicità k E N se· .... . . - ······--
lim 1k H (s) esiste finito e non nullo,
a-00 s

ed è uno zer~ di H(s) di molteplicità k E N se


lim sk H (s) esiste finito e non nullo.
S-+00 •

Per una funzione razionale strettamente propria il punto improprio rappresenta


sempre uno zero di molteplicità pari alla differenza tra il grado del denominatore e
il grado del numeratore (in una qualsiasi sua rappresentazione). Con riferimento
alla rappresentazione (3.6) della funzione di trasferimento H(s), ad esempio, il
punto improprio rappresenta sempre uno zero di molteplicità n - m .

.!'~ppresentaz.~Qpe
. Se la funzione razionale-H(.s). è..data ..attraverso. UDa.S.1,11,l,
__
irriti~~-U~J~.I': c~:mn.(st~t~) E ~.G~L~.
1__t{5-)/d(~), d(~Lf.0., ~?l'.!.~i.òJ;!te~9,-~p.do
che
non esistono zeri (o, equivalentement_e,fattori) ~çiµiuniai due polinomi n(s) e d(s),
al!oraèTmm-;;diat~- riconoscere ne~u·~~~i_di_ri( 5.)gH !~!~-~
~er.i~Ci:l'(~).~~e~li 8)
i poli di H(s). In paftièolàre, con riferimento alla rappresentazione (3.9}, se essa è
. frriduéffiileovvero i due insiemi {z1,z2, ... , Zm}e {p1,P2, ... ,Pn} sono disgiunti,
allora z1, ... , Zm sono gli zeri (non necessariamente distinti) della funzione di
trasferimento, mentre P1, ... , Pn sono i suoi poli. Se la rappresentazione n( s) / d( B)
di cui disponiamo non è invece irriducibile, ovvero, con riferimento alla (3.9),
{z1, z2, ... ,zm} n {p1,P2, ... ,Pn} -:fa0, allora possiamo solo dire che

{zeri di H(s)} ç {zeri di n(s)}


e
{poli di H(s)} ç {zeri di d(s)}.

Caratterizzazione della stabilità BIBO nel dominio delle trasformate


di Laplace:
poiché la funzione di trasferimento H (s) altro non è che la trasformata di
Laplace della risposta impulsiva h, dalla quale dipende la stabilità BIBO del
sistema, è naturnle chiedersi in che modo la stabilità BIBO poi,sa eHHerci
messa in
relazione con In funzione di trasferimento.
.'IA. L'ANTITRASFORMATA DI LAPLAON UNILATERA 83

Come osservato in precedenza, il sistema è BIBO stabile se e solo se tutti i


111111liche compaiono effettivamente (ovvero sono pesati da coefficienti non nulli)
111 risposta impulsiva sono convergenti. Ciò equivale a richiedere che Re(>.i) < O
1ll11.

111•r ogni Ài a cui corrisponda un modo effettivamente presente nella h. Come


chiaro nel seguito, una volta affrontato il problema dell'antitrasformata
t'IH11lt.erà
,Il Lnplace per funzioni razionali nell'indeterminata s, taJi Ài sono proprio quelli
olm rimangono al denominatore della H(s) una volta effettuate le eventuali sem-
plllicazioni, e quindi i poli del sistema. Vale pertanto il seguente risultato.

Proposizione 3.3.1 Il sistema. descritto dall'equazione differenziale (3.2) e


H(s) come
11,vm1tc funzione di trasferimento è BIBO sta.bile se e solo se tutti i poli
1/1Il (s) si trovano nel semipiano sinistro aperto (i.e. hanno parte reale minore di
Il) 11, equivalentemente, la RdC della H(s) contiene l'asse immaginario.

:s.4 L'antitrasformata di Laplace unilatera


Clume di un assegnato segnale del tempo si può voler valutare la trasformata di
I,n1,luce unilatera e la sua regione di convergenza, così ci si può porre il problema
l11v1ffHO. Data una funzione complessa di variabile complessa V(s), analitica in
11111tdeterminata regione del piano C, sotto quali condizioni taJe funzione è la
l,t'nHforrnata di Laplace di un segnale a tempo continuo? E in caso affermativo è
111111Hibile
determinare il segnale (un segnale) di cui essa è trasformata?
Va sottolineato, preliminarmente, che la trasformata di Laplace unilatera è
1111operatore iniettivo, a condizione di prendere ,in esame segnali causali (o di
la sola restr:zione dei segnali al semiasse [O,+oo)) e di identificare tra
1•1111:.;iderare
I,11·11funzioni che differiscano su un insieme di misura nulla in lR+. Pertanto, sotto
fllll'Ht.eipotesi, se esiste l'antitrasformata di Laplace unilatera di una fun:zione
\/ (.~)essa è essenzialmente unica.
L'analisi matematica. fornisce, sotto opportune ipotesi, formule risolutive per
tl11l.mminare l'antitrasformata di Laplace .c-1 [V(s)] di un'assegnata V(s).
'1'111.t.11.via
se restringiamo la nostra attenzione alla classe delle funzioni razionali
variabile s a coefficienti complessi, ovvero a C(s), l'antitrasformazione di
tl11ll11.
Lu.pincediventa particolarmente semplice. Infatti ogni funzione V(s) E C(s) può
11HHPni decomposta in frazioni parziali di cui è nota l'antitra.sformata di Laplace.
1',:immediato, allora, in virtù della linearità dell'operatore .C[·],ottenere una fun-
l,l1111u·v(t) di cui V(s) sia trasformata.
Va evidenziato come il nostro interesse per le funzioni razionali sia motivato
rllLIfnU.o che, come visto nel paragrafo 3.2, la maggior parte dei segnali di in-
1.ort!HHe nella descrizione dei modelli ingresso/uscita rappresentati da equazioni
rllllc!m11:t.iuli
lineari a coefficic11ticoHl.1tnUha trasformata razionale.
84 CAPITOLO 3. LA TRASFORMATA DI LAPLACE

Una generica funzione razionale V(s) E C(s) \ {O} può essere scritta nella
forma:
n(s)
V(s) = d(s)'
con n(s) e d(s) polinomi non nulli in C[s). Non c'è perdita di generalità nel sup-
porre che éi(s) sia un polinomio monico e che tale rappresentazione della V (s) sia
irriducibile, ovvero che n(s) e d(s) siano privi di fattori comuni. In caso contrario
la procedura che ora illustreremo porterebbe ad alcune frazioni parziali pesate
con coefficiente nullo e quindi del tutto irrilevanti ai fini della determinazione
dell'antitrasformata di V(s).
La procedura si articola nei seguenti passi:
Passo 1 Ricorrendo all'algoritmo di divisione euclidea tra polinomi, è possibile e-
sprimere n(s) nella forma
n(s) = q(s)d(s) + r(s),
con q(s) e r (s) polinomi, rispettivamente, quoziente e resto e deg r (s) <
deg d(s). Si noti che se deg n( s) < deg J( s) il quoziente q(s) è nullo e il
resto r(s) coincide banalmente con n{s). Da ciò segue

V( ) = q(s)d(s) + r(s) = .( ) r_(s)


S d(S) q S + d(8 )"
Il polinomio q(s) = Eto q,si (nullo se degn(s) < degd(s)) è la trasformata
di Laplace della combinazione lineare di segnali impulsivi I:f=oqiOi(t), men-
tre.
. r(s)
Vsp(s) = d(s)
è una funzione razionale strettamente propria, e, in virtù della linearità, si
ha
k
.c-1 [V(s)] = Lqi0i(t) + c-1 [Vsp(s)J. (3.10)
i=O
Pertanto è sufficiente determinare l'antitrasformata di Laplace della fun-
zione razionale strettamente propria \'sp(s).
Passo 2 Poichè d( s) è polinomio monico, può essere fattorizzato nella forma
d(s) = (s - 2 • • • (s - >.r
>.1)"1 (s - >.2)1L )"''",
dove )11,>.2,... , Àr sono numeri complessi distinti tra loro e i coefficienti
µ1, µ2, ... , µr sono interi strettamente posi ti vi. La funzione Vsp(s) può
essere ora scritta nella forma
V: (s) _ r(s)
sp - (s - >.1)1<1(s - >.2)1<2.•• (H- i,)1i;·
:JA. L'ANTITR.ASFORMATA DI LAPLACB UNILATERA 85

Chiaramente V(s) e ½,p(s) hanno la medesima ascissa di convergenza, data


da a= maxi{Re(Ài)}. La funzione Vsp(s)può essere decomposta in frazioni
semplici nel seguente modo:
r µ,-1 C
=
°\1sp(s) L
(s - t)l+l. L
i=l t=O 1

I coefficientiCi,i vengono determinati uguagliando le due precedenti rap-


presentazioni di °l'sp(s)moltiplicate per (s - >.1)J41 (s - >.2)µ2 , • • (s - ,\r)J4r,
ovvero confronta.1.do primo e secondo membro in
r µ;-1 C ·t
LL (s _ ;·.)l'+l · (s - À1)P1 (s - >.2t 2 ••• (s - >-rtr= r(s).
i=l l=O i

L'antitrasformata di Vsp(s) è data, allora, dal segnale causale


r µ.-1 i
Vsp(t) = LL ci,l eÀ;tTi
cL1(t). (3.11)
i=l l=O '

Ricapitolando l'antitrasformata di V(s) si ottiene mettendo assieme (3.10) e


(:1,11) e vale

Prima di concludere questo paragrafo val la pena fare alcune osservazioni.


• In generale, l'antitrasformata di Laplace di una funzione razionale V(s)
porta ad un segnale v(t) che è espresso come somma di una combinazione
lineare di esponenziali complessi (eventualmente moltiplicati per funzioni
polinomiali nella variabile t) e di una combinazione lineare di segnali im-
pulsivi. Se V(s) è strettamente propria nella sua antitrasformata non com-
paiono termini impulsivi.
• Se V(s) è propria ma non strettamente propria, il calcolo di q(s) e di Vav(s)
risulta particolarmente semplice. È immediato, infatti, rendersi conto che
q(s) = Qo= lim 8 ... 00 V(s) e, pertanto,
V11p(s) = V(s) - Qo-

• Hc >.iè un polo semplice di ½,p(s) (e quindi di V(s)), ovvero µi = 1, esiste


1111modo immediato per valutare il coefficiente ci :::::::
Ci,O che compare nella
decomposizione in frazioni parziali:
C· µ;-i C·
Vsv(s>=
,'4
_'>-·+ E
1
E
.io/i f=O
<8 _ t)l'+l ·
3
86 CAPITOLO 3. LA TRASF'ORMATA DI LAPLACE

A tal fine è sufficiente osservare che

lim
8 ..... À,
_g__
Ài
S -
. (s - Ài) = ci,
. C;,e ( , )
l!fil
8--+À;
(
S -
À
j
)l+l • S - Ai = O' 'v j -:/=i, 'v I.. .

Di conseguenza,

• Se À; è un polo di molteplicità µi > 1 di Vsp(s), il calcolo dei coefficienti


Ci,l è possibile facendo ricorso alla seguente formula
1 dµ.;-t-1 .
ci,t = S->À;
lim (fl.i P. l )'. dSJ.4•-l-1
- .-
(vsp(s)(s - Ài)"').
·
(3.12)

• La procedura che abbiamo appena illustrato fornisce un segna.e causale la


cui trasfor:nata coincide con la funzione complessa assegnata, tuttavia altre
scelte sono possibili. Talvolta, la natura dei segnali che stiamo trattando
consente di determinare in maniera univoca il comportamento del segnale
sul semiasse negativo una volta che ne sia noto l'andamento in [O,+oo). In
particolare, se dobbiamo antitrasformare la funzione di trasferimento H(s)
di un sistema causale, è naturale imporre la causalità dell'antitrasformata.
Se, invece, vogliamo antitrasformare una funzione Ve(s),rappresentativa di
un'evoluzione libera, è possibile scegliere come antitrasformata una funzione
che, anche per tempi negativi, abbia la medesima espressione esponenziale
valida per t ~ O. Tale espressione è infatti sicuramente valida in (f, +oo)
dove t < O è l'ultimo istante prima di O in cui il sistema ha ricevuto sol-
lecitazioni dall'esterno.
• Se la funzione Vsp(s) è a coefficienti reali, ovvero V..v(s) E IR(e), nella de-
composizione in frazioni semplici è possibile accorpare a due a due i ter-
mini corrispondenti alle coppie di poli complessi coniugati, così da ottenere
un'antitrasformata "reale". Specificatamente, se a+ jw è un polo di V,.p(s)
di molteplicità µ, ad esso verrà associata la famiglia di frazioni semplici

(s - CJ'- jw)l+ 1'


I.= o,1, ... , µ - 1.

Poichè al oorrispondente polo complesso coniugato, di ugual molteplicità,


viene associata la famiglia di frazioni semplici

l.=0,1, ... ,/J- J,


(s - a+ jw)l+ 1'
ll,n, 'l'/USFORMATA DI LAPLACE BJLA'l'EIU 87

I, Immediato verificare che l'antitrasformata del segnale

Ct Ce
(s - a - jw)i+ 1 + (s - a+ jw)i+l

nll,ro non è che il segnale (causale)

t'
efe"'t{2 · Re(Ct) cos(wt) - 2 · lm{Ce) sin(wt)) 1L1(t).

IOHompio 3.4. 1 Si consideri la funzione razionale propria

V(s) - ~s _-_1_
- s2 (s + I)"

011lc111in.mo, mediante l'algoritmo precedentemente illustrato, il segnale causale


di11111V(s) è la trasforrr_ata di Laplace unilatera. Chiaramente l'ascissa di con-
di tale V(s) è pari a O. Inoltre, poiché V(s) è una funzione razionale
Ytll'Rllll:,m
1Lrt1U,1u11ente propria, ½p(s) = V(s). La decomposizione in frazioni parziali di
V111(H)porta, dopo Semplici conti, all'espressione:

Vsp(s)= s2 - 1
s2 -
2
s + 1·

~ 1111l11di
immediato determinare come possibile antitrasformata


:t,r. Trasformata di Laplace bilatera ;Jo
0 1ivklenziato
( l1111ic nei precedenti paragrafi, la trasformata di Laplace unilatera
1·11pp1umntaun efficace etrumento di analisi per sistemi LTI causali la cui dinami-
1111Vl'ttJ.i;1i analizzata sull'oriz:.muLetemporale [O,+oo ). Nello studio dei sistemi LTI
111111c11.111-1ali e, più in generale, quando si assuma come intervallo di osservazione
l'l11t.1•ro asse reale, è necessario ricorrere ad una diversa definizione della trasfor-
111111.11 di Laplace.
I 'iii precisamente, dato un segnale v(t), t E JR,definiamo la trasformata di
l,11plncebilatera di v(t) come

{3.13)
88 CAPITOLO 3. LA TRASFORMATA DI LAPLACE

dove s = u + jw è una variabile complessa. Il pedice b serve a distinguerla dalla


trasformata di Laplace unilatera, introdotta in precedenza.
Si noti che per segnali causali e, in particolare, per la risposta impulsiva di
sistemi causali la trasformata di Laplace bilatera coincide con quella unilatera,
ovvero
1+00 r+oo
.Ct[v(t)]= _00 v(t) e-stdt = lo- v(t) e- st dt = .C[v(t)]. (3.14)

Di fatto, per tutte le funzioni elementari impulsive o causali prese in esame negli
esempi del precedente paragrafo 3.2, la trasformata bilatera coincide con il valore
della trasformata unilatera prima determinato.

Anche la trasformata di Laplace bilatera è una funzione a valori complessi


della variabile complessa s, definita per quei valori di s (se esistono) in corrispon-
denza ai quali il precedente integrale è ben definito. L'interno della regione di.
convergenza (se diversa dall'insieme vuoto) è, in generale, una porzione di piano
compresa tra due rette verticali, ovvero del tipo

{s E C: a_ < Re(s) < a+}


con a_ E R U { -oo}, a+ E JRU { +oo} e a_ < a+· Come nel caso della trasfor-
mata unilatera, non siamo in grado di determinare, in generale, quali punti della
frontiera appartengano, a loro volta, alla regione di convergenza. Infine, ogni
trasformata di Laplace .Cb(v(t)]è una funzione analitica nell'interno della sua
Rd.C.
Per concludere, val la pena di sottolineare che la trasformata di Laplace bila.-
tera è un operatore iniettivo, a condizione di identificare funzioni che differiscano
l'una dall'altra su un insieme di JRdi misura nulla.

3.5.1 Proprietà della trasformata di Laplace bilatera

Elenchiamo, qui di seguito e senza dimostrazione, le principali proprietà della


trasformata bilatera.

1) Linearità:
Se ¼(s) = Cb[vi(t)],i = 1,2, allora, per ogni scelta dei coefficienti a1 e a2 in
e, si ha
.Cb[a1v1(t)+ a2v2(t)] = a1Vi(s) + a2V2(s).
Inoltre, la RdC della trasformata di Lapla.ce di a1v 1(t) + a2v2(t) contiene l'inter-
sezione delle regioni di convergenza di Vi e Vi,
:I.li. TRASFORMATA DI LAPLACE BILATERA 89

2) Proprietà della derivata:


Se v(t), t E JR,è trasformabile secondo Laplace, allora la trasformata. della
dnrivata prima di v(t) (nel senso delle distribuzioni) è

cb[d:~t)]
= s. cb[v(t)].
Ln.R.dC di .C,b[ d~}tl] ::ontiene la RdC di .C,b[v(t)].

:1) Moltiplicazione per una funzione polinomiale:


Se v(t) è dotata di trasformata di Laplace bilatera, V(s), allora la funzione
f.1 , v(t) ammette trasformata di Laplace bilatera, a sua volta, ovvero

ml essa converge nella medesima RdC di V(s).

4) Traslazione temporale:
Se v(t) ammette trasformata di Laplace, V(s), allora, per ogni -r E R, la sua
traslata [u'Ti,](t)= v(t - r) ammette trasformata di Laplace
v1i1·sione

I,n Lraslazione lascia inalterata la regione di convergenza.

I\) Moltiplicazione per una funzione esponenziale:


Se v(t) ammette trasformata di Laplace bilatera V(s) ed essa converge in
(11E (C : a_ < Re(s) < a+}, allora anche la funzione prodotto e>-tv(t),con>.
1111111ero
complesso arbitrario, ammette trasformata di Laplace

,, 1.nlctrasformata converge in {s E (C: a-+Re(>.) < Re(s) < a++Re(À)}. Questo


l'i1mlt,ato può anche essere visto come l'analogo nel dominio delle trasformate del
prrn:edente risultato relativo alla traslazione nel dominio del tempo.
90 CAPITOLO 3. LA TRASFORMATA DI LAPLACE

6) Convoluzione:
Se v1(t) e v2(t) sono due funzioni dotate di trasformata di Laplac€ bilatera,
indicate, rispettivamente, con Vi(s) e Vi(s ), e il prodotto di convoluzione [v1*
v2 ](t) è definito, allora

La RdC è almeno pari all'intersezione delle due regioni di convergenza.

7) Integrale:
Se v(t) è dotata di trasformata di Laplace bilatera, V(s), allora la funzione in-
tegrale di v(t) di estremo inferiore -oo (se esiste) ammette trasformata di Laplace,
a sua volta, ed essa vale

La nuova regione di convergenza contiene l'intersezione tra la regione di conver-


genza di V(s) e il semipiano aperto destro Re(s) > O.
Si noti che questa proprietà rappresenta un caso particolare della precedente,
ottenibile per v1(t) = v(t) e v2(t) = L1(t).

8) Cambiamento di scala:
Sia v(t) una funzione dotata di trasformata di Laplace bilatera V(s), conver-
gente in {s E C : a_ < Re( s) < a+}, e sia r una costante reale positiva. La
funzione v(rt) amnette trasformata di Laplace

.Cb[v(rt)]=~V G),
ed essa converge in {s E C: r · a_ < Re(s) < r · a+J-

3.6 Esempi di trasformate di Laplace bilatere

a) Funzione esponenziale anticausale 4•

Sia
= { Ae
1<PeÀt. t < o,
v(t)
o,
· t 2':o,
'Nel seguito chiameremo segnali anticausali i segnali il cui supporto è contenuto in (-oo, O).
Un segnale esponenziale antica.usa.le, ad esempio, si'ottiene moltiplicando una funzione esponen-
ziale per la funzione 1- L1(t). In realtà, ai finì pratici, tale segnale può essere ottenuto anche
attraverso il prodotto per il segnale Lt(-t) che da 1-Lt(t) differisce solo per il valore ossunto
11cll'origine.
:w. ESEMPI DI TRASFORMATE DI LAPLACE BILATERE !)1

con A numero reale positivo, ef,numero reale e ,\ numero complesso. La corrispon-


dente trasformata di Laplace bilatera è

1i poiché v(t) è nulla per t > O, l'estremo superiore di integrazione diviene zero.
( !on facili passaggi, si trova

Re(s - ,\)<O,

ovvero
Re(s) < Re{-\).

Si noti che la trasformata della funzione esponenziale causale (cfr. paragrafo


:1.2)e quella della funzione esponenziale anticausale differiscono per il solo segno.
'l'nttavia, la tra.sformata del segnale anticausale converge nel semipiano Re(s) <
B.e(À),mentre quella del segnale causale nel semipiano Re(s) > Re(-\). Questo
HiKnificac.he per individuare univocamente il segnale di cui una data funzione
complessa è la trasformata bilatera è sempre necessario assegnarne la Rd.C.
La trasformata di Laplace bilatera del segnale v(t) = AL1 (-t) si ottiene
come ca.so particolare del precedente per </>= À = O e porta a

Re(s) < O.

h) Funzione esponenziale anticausale moltiplicata per una funzione


polinomiale.
Sia v(t) = Aei'I>~ e>-t 6-1(-t), con A numero reale positivo, </>numero reale,
,\ numero complesso e f intero positivo. La trasformata di Laplace bilat.era di
l(Hcsto segnale si ottiene dalla trasformata di Laplace bilatera dell'esponenziale
u.111.icausale,
derivata al punto a), applicando la proprietà 3) illustrata nel prece-
dPnte paragrafo. In tal modo si ottiene

.Cb[v(t)] = Cb [Aei'I> ~ e>.tL1(-t)] = Aei4>t:.b [~ e.x\L1{-t)]


)f t ~
(-1 d ( .xt ) Ae-1
Ae3
-q)
----:er
dsl t:.b[e 1L1(-t)] = - (s _ ,\)l+l

dm converge nel semipiano Re(.~) < Re(>.).


92 CAPITOLO 3. LA TRASFORMATA DI LAPLACE

3. 7 Funzioni di trasferimento di sistemi LTI non cau-


sali
Come abbiamo già avuto modo di notare, un sistema LTI osservato sull'orizzonte
temporale R può essere assegnato mediante la sua risposta impulsiva. h. In tal
caso siamo in grado di determina.re la risposta in uscita in corrispondenza ad ogni
segnale di ingresso u, definito su R, a condizione che l'integrale di convoluzione
tra u ed h sia ben definito.
Nel paragrafo 3.3 abbiamo introdotto il concetto di funzione di traBferimento
di un sistema LTI causale, descritto da un'equazione differenziale lineare e a
coefficienti costanti del solito tipo, come trasformata di Laplace della risposta
impulsiva del sistema. Tale definizione si estende, ovviamente, al caso di un
generico sistema LTI, a condizione di sostituire alla trasformata di Laplace uni-
latera la trasformata di Laplace bilatera. È importante sottolineare che, poiché
un sistema LTI è univocamente dotormino.to dallo. suo. risposto. impulsivo. e ogni
segnale è univocamente determinato dalla sua trasformata di Laplace bilatera, un
sistema LTI può essere anche definito mediante la sua funzione di trasferimento.
Se, infatti, U(s) = .C0[u(t)I, V(s) = .Cb[v(t)]e H(s) = .C&[h(t)],
H(s) rappresenta
la funzione di trasferimento del sistema e vale

V(s) = H(s)U(s).

Per chiarire le idee vediamo alcuni semplici esempi di sistemi LTI non causali.

3.7.1 Esempio 1
Come primo caso consideriamo un sistema LTI avente la seguente risposta im-
pulsiva
(3.15)

dove di, ... , dn sono coefficienti complessi non nulli e >.1,... , Àn sono numeri
complessi distinti. Assumiamo che se Ài appartiene a R, allora di E JR,mentre
se >.,appartiene a C \ R, allora esiste k tale che >.,.= ).i ed,. = di. In tal modo
hac(t) E R per ogni t E R.
-1.'!'J...Qqt!!,to_
Y~.-~i~_t-~_pi1'. ~Jt_a_!__!!P<?
cii rlij_p_qstaiD1pu)fli_ya ..~.un sistema (!!ll!Je)
anticausale con ciò intendendo che ad O@i istante t E R l'uscita v è comple-
-delc-;;;;i~i;~~~:ie~te.ingresso
-tam;~t~--indipendentedalr~~~luzione ·segnaiè-d1 in
r=oo,tJ.
· · ··- ·· · · ··· ·· ····
La trasformata di Laplace bilatera di hac viene detta, a sua volta, funzione di
trasferimento del sistema, ed è ottenibile (sfruttando la linemit,Ìl.ti gli mmmpi del
,1,7, l•'.D.T. DI SISTEMI NON CAUSALI 93

1uu11,,;rnfo
3.6) nella forma

Hac(s) = -~
-~----·-·---- S - À1
- ~
S - À2
- · ·' - ~ = -
S - Àn i=l
t ~-
S - Ài

1111111,i
che, poiché i singoli addendi
che compaiono nell'espressione della funzione
di l,rm1lcrimento convergono
in regioni del piano del tipo Re(s) < Re(Ài), la
di trasferimento converge in Re(s) < ao.c ~ milli {Re(.>.i)}.
hmil1111e
V1LIla pena evidenziare, a questo punto, che questo sistema è BIBO stabile,

r.~:::·::.,~:.~~:;!!~~~ff
n
:;:ZA~~::~:f!t~f
~;;N-1s~!{:s:f ~lit!~~!t}-;tfl
se-·e-soiosé
Re(:xSo
1111·l,1mto suddetto.,~Ì;t~~i ..è1lIBO.stailiie > per ogni i,
discorso
Q11t1Hl,o si estende al caso in cui la precedente risposta impulsiva anti-
contenga più modi relativi al medesimo Ài (equivalentemente, la Hac(s)
OIIIIHILl1i
pr1tHll1ttidei puli multipli). Pel"Lanl.o un sistema anticausale del suddetto tipo è
umoi,;tabile se e solo se la regione di convergenza della sua funzione di trasferi-
11111111,u
contiene l'asse immaginario.

l,'r,2 Esempio 2
C,1111Hideriamo
il sistema LTI reale avente la seguente risposta impulsiva

Ei=i di e˥t, t ~ o,
h(t) ={
'°'n
L..i=l+l d i eÀ·t• , t < O,
dov11 O < l < n, d1, ... , dn sono coefficienti complessi non nulli e À1, ••• , Àn sono
complessi distinti. Si tratta evidentemente di un sistema non causale,
111111ll!l'i
dlll momento che la sua risposta impulsiva è non nulla per t < O. Inoltre, dal
111111111mto che la sua risposta impulsiva può essere spezzata nella somma di due
impulsive, una nulla per t < O (e quindi causale) ed una nulla per t ~ O
rh1prn1t.c
(111111i11dianticausale), i.e.

h(t) = hc(t) + hac(t),


111111

e hac(t) ~ ( f, d; eÀ;t)6-1(-t),
i=l+l

sistema LTI puà esser visto come il parallelo di due sistemi SISO LTI,
1'1111,m·o
cnusale ed uno anticausale.
111111
94 CAPITOLO 3. LA TRASFORMATA DI LAPLACE

Sistema LTI
Ca.uaale

u V

Sistema LTI
Antica usa.le

Sistema LTI
'~--------------------------------J

La funzione di trasferimento del sistema, calcolata come trasformata di Laplace


bilatera del precedente segnale h, è
l d· n d·
H(s) = Hc(s) + Hac(s) = L _\. - L _i\., · ac < Re(s) < aa.c,
i=l s i i=l+l s "'1
con
ac - max{Re(>.i), i = 1, 2, ... , l},
aac - min{Re(>.i), i= l + 1, l + 2, ... , n}.
Chiaramente la funzione di trasferimento H(s) converge nell'intersezione tra il
semipiano di equazione Re(s) > ac e il semipiano di equazione Re(s) < aac
corrispondenti, rispettivamente, alla parte causale e alla parte anticausale del
sistema. Si noti che la RdC è vuota se ac > aac·

Anche per questo esempio vogliamo prendere in considerazione il problema


della stabilità BIBO. Il sistema in esame risulta BIBO stabile se e solo se i poli
della parte causale e quelli della parte anticausale sono, rispettivamente, tutti
alla sinistra e t.ut.t.ia.Ila. destra dell'asse immaginario. Quindi, anche in questo
caso, la stabilità BIBO è equivalente al fatto che l'asse immaginario appartenga
alla RdC della H(s).

3.8 L'antitrasformata di Laplace bilatera


Consideriamo, anche nel caso della trasformata di Laplacc bilutum, il solo pro-
V(s} che
blema di antitr11.':lformareuna funzione complessa di variahllci co111pl1!!!1m.
,'l,H, l,'ANTITRASFORMATA DI LAJ>LACB BILATERA 95

NIILrnzionale a coefficienti complessi. Se indichiamo con il simbolo .c;1 [V(s)j


di Laplace bilatera della funzione complessa V(s), il problema
l'n11l,it.r1.l.'!formata
111rl1!l,1H'minare una tal funzione del tempo ha soluzione essenzialmente unica solo
IIIIILvolt.a identificata la regione di convergenza di V(s). Come è infatti emerso
1•hinm111ente dagli esempi del paragrafo 3.6, la medesima funzione razionale
A
V(s) =8 _ >.
la. trasformata bilatera del segnale causale Ae>.tiL1 (t), se la RdC di
r11p111·1ii;1mt.a
V(11)t'i R.c(s) > Re(>.), e del segnale antica.usale -Ae>.t1L1(-t), se la RdC di V(s)
laIle•(.~)< Re(>.).
l'nr determinare l'amitrasformata di Laplace bilatera di una assegnata V(s)
r1n1l111mleespressa nella forma

V(s) = ~i;j,
IKIII11.(.~) e d(s) polinomi privi di fattori comuni e d(s) manico, di cui sia nota
A lll'lori la RdC, possiamo procedere come nel caso della trasformata di Laplace
U11ll11l,1•rn.
'9wt1
I 11.appresentiamo V(s) nella forma
V(s) = q(s) + 'V;,p(s),
\ m11q(s) = E~=OQiSi un polinomio (nullo se deg n(s) < deg d(s)) e v;,,,(s)
l'unzione razionale strettamente propria. In virtù della linearità, si ha
k
.c;1 [V(s)] = L qiÒi(t) + .c;1 [Y;,p(s)]. (3.16)
i=0

"-"' :.! Riscriviamo 'V;,p(s)nella forma

V. ( ) _ r(s)
sp 8 - (s - .>.1)µ
1 (s - >..2)µ
2 • • • (s - Àr)µr'

dove >..1,À2,... , Àr sono numeri complessi distinti tra loro e i coefficienti


,,.,, /t'J., .•. , µr sono interi strctta,mcnte positivi. Chiaramente V(s) e V.,p(s)
1111.11110la medesima RdC. La funzione 'V;,p(s)può essere decomposta. in
rrnzioni parziali nel seguente modo:
r µ;-1 C
v;,p(s) = ì: <s- tv+1,
E t=0
i=l i

clovoi coefficienti Ci,l poHHO11Oessere determinati secondo una delle tecniche


lliui;t.mte in precedenza pur il c11.'lo 11nil1ttero.
96 CAPITOLO 3. LA TRASFORMATA DI LAPLACE

Passo 3 Per la valutazione dell'antitrasformata di Vsp(s) (e quindi di V(s)) è neces-


sario precisarne la regione di convergenza. In particolare, se la RdC è del
tipo Re( s) > maJCiRe( Ài) allora V (s) è la trasformata di Laplace del segnale
causale
k r µ;-1 t'-
v(t) = L qi§i(t) + L L Ci,té;tfl (L1(t).
i=O i=l l=O '
Se la RdC è del tipo Re(s) < min;,Re(À,) allora V(s) è la trasformata di
Laplace del segnale anticausale
k r µ;-1 t'·
v(t) = LQi6i(t) - L L ci,teÀ;tfl L1(-t).
i=O i=l l=O .

Infine, se la RdC è una striscia del piano complesso, tale striscia interpre-
to.to. come intersezione di due semipiani, permetterà la partizione dei poli
Ài in un insieme legato a segnali esponenziali causali e un insieme com-
plementare legato a segnali esponenziali anticausali, ottenendo in tal modo
un'espressione del tipo

Esempio 3.8.1 Si consideri la funzione razionale propria


s-1
V(s) = s2(s + 1).
Antitrasformiamo tale funzione sotto diverse ipotesi relativamente alla regione
di convergenza. Valgono le considerazioni dell'Esempio 3.4.1. Quindi V(s) =
Vsp(s) e la decomposizione in frazioni parziali di l1sp(s) porta, dopo semplici
conti, all'espressione:
2 1 2
VsP (s) = -s - -s 2 - --.
s+1
Poiché la funzione ha due poli in O e -1 (dei quali il primo di molteplicità due
ed il secondo di molteplicità uno) le possibili regioni di convergenza sono:
a) {s E C: Re(s) > O} (a cui corrisponde un segnale causale vc(t));
b) {s E C: Re(s) < -1} (a cui corrisponde un segnale anticausale v,.c(t));
c) {s E C: -1 < Re(s) < O} (a cui corrisponde un segnale non causale v(t)).
Nel caso a), come si è visto nell'Esempio 3.4.1, si ha

u(t) = 2'L1(t) - t L1(t) - 2e-t ,L1(t).


,'I.I-I. I, 'ANTITRASFORMATA DI LAPLAGE 13ILATERA 97

Nel caso b) si trova

v(t) = -2 <L1(-t) + t (5-1(-t) + 2e-t L1(-t).

Infine, nel caso e) si trova

v(t) = -2 tL1(-t) + t 8-1(-t) - 2e-t IL1(t).


98 CAPITOLO 3. LA TRASFORMATA DI LAPLACE

3.9 Esercizi di riepilogo


Esercizio 3.1 Si calcoli la trasformata di Laplace unilatera dei seguenti segnali,
specificandone la RdC:
'-,.
i) v(t)=t+cost;

ii) v(t) = [e5t - sint]L1(t);

iii) v(t) = 8(t) + (t - t 2 ) L 1 (t);


iv) v(t) = e-t L1 (t) + 5 82(t);
v) v(t) = écost (L1(t) +5 8(t);
vi) v(t) - o1 (t) + (t + e2t sin(2t)) (L 1 (t);

vii) v(t) = 61(-t) +tsin(2t) rL1(t).


Si calcoli l'antitrasformata di Laplace unilatera delle seguenti funzioni nell'inde-
terminata s, d.i cui è precisata la RdC:

i) V(s) =sin C;

ii) V(s) = _!._l in Re(s) > -1;


s+

iii) V(s) = 8 ~: ~ ~) in Re(s) > O;

iv) V(s) = (s +83~: + S) in Re(s) > -3;

s-2
v) V(s) = (s + 3)(s + 5)2 in Re(s) > -3;
3
vi) V(s) = (s + l;(s + S) in Re(s) > -1;

vii) V(s) = ss( 2 +l8 ~t ) s-2


in Re(s) > 2;

viii) V(s) = s(s +s l;(~


_ 2) in Re(s) > 2;

ix) V(.~) = (,'J -1 )t;+2 s 2.'I+ 2


) in Re(s) > 1.
,'l.!J, ESERCIZI DI RIEPILOGO 99

l1}11orcizio3.2 Si calcolino le trasformate di Laplace (unilatera o bilatera a se-


del supporto) dei seguenti segnali, specificandone il dominio di convergenza:
cc1111111

i) v(t) = (t + cost) (L1(t);


ii) v(t) = sint <L1(t;;

iii) v(t) = (1 + t - t 2) ò-1(t);


lv) v(t) = te-t 6-1(t) + 5 5(t);
v) 1J(t)= tet 5-1(-t) + 5 a(t);
vi) v(t) = (t + e2t) §_ 1 (-t).
Hl c11lcolinole antitrasformate di Laplace (unilatera o bilatera a seconda della
l'«•.,;ione
di convergenza assegnata) delle seguenti funzioni nell'indeterminata s:
i) V(s) = s4 in C;
2
ii) V(s) = _!__I in Re(s) > -1;
s+
s2 -1
lii) V(s) = ( ) in Re(s) < -1;
ss+l
s2 - 2 .
lv) V(s) = (s + a)(s + S) m Re(s) > -3;

s-2
v) V(s) = (s + 3)(s+ 5) in Re(s) < -5;

vi) V(s) = (s +81~: + 5) in Re(s) < -5;

vii) V(s) = s(s: l;(!-


2) -1< in Re(s) < O;

s +2 .
viii) V(s) = s(s + l)(s _ 2) m O< Re(s) < 2;

ix) V(s) = .~(s+l8 :t s- 2) in Re(s) < -1.

11:Ht!rcizio 3.3 Un
oscillatore elettronico è modellato dall'equazione differenziale
clc•I:-mcondoordine:
d2d~;t)+ w~v(t) = ku(t),
dovti 11 è l'UHcita,u l'ingresso, Wo e k cm1tanti positive del sistema.
100 CAPITOLO 3. LA TRASFORMATA DI LAPLAOE

i) Si determinino le radici dell'equazione caratteristica.


ii) Si determini l'espressione dell'evoluzione libera del sistema a partire dalle
condi2ioni inziali 11, ('· )-;:.-~ é":.-~ ( w t)
dvt(t) I __
0, '"'...e o
vt(O) = 2
L- . -- •

dt t=O ç

e se ne calcoli la trasformata di Laplace. ¼J~ì -2 --;i


z 1~}

iii) Si determini la funzione di trasferimento del sistema. ,f?rt':~ (~ , !.e--.( w.,c:))


~
iv) Si determini la risposta di evoluzione forzata del siste~:I~"' c~f;pondenza
all'ingresso u(t) = (1 + t) (L1(t), facendo uso delle trasformate di Laplace.
,,..s_,tlt.ì:::
~(,!.-ed/:.,.,_,~) -i-é::-~./,.-ù.,~ ))
Esercizio 3.4 Un filtro di Butterworth passa-alto del secondo ordine è descritto
dall'equazione differenziale:

d 2 v(t) dv(t) () = d2 u(t)


dt 2 + 1.41 dt +V t dt 1

dove v è l'uscita e u l'ingresso.


i) Trovare la funzione di trasferimento del sistema.
ii) Sfruttando le tecniche di antitrasformazione di Laplace illustrate, trovare
la risposta impulsiva del sistema.

Esercizio 3.5 Un filtro analogico presenta risposta impulsiva

h(t) = Ae-at sin{wt) 6-1 (t),


dove A, cr e w sono numeri reali positivi. Facendo uso delle trasformate di Laplace,
si determini
i) la risposta forzata del sistema al gradino unitario, e
ii) la risposta forzata del sistema alla rampa unitaria.

Esercizio 3.6 Si consideri il sistema dinamico SISO a tempo continuo descritto


dalla seguente equazione differenziale:

d2v(t) + (l _ a)dv(t) _ av(t) = du(t) _ u(t)


dt2 qt dt '
dove a è un numero reale.
i) Si studi, al variare di a, la stabilità asintotica; ::i-. E ( .. ~.,_,,<:>)
:1.9.ESERCIZI DI RIEPILOGO 101

ii) 8i studi, al vaxiare di a, la stabilità BIBO del sistema; 1 o) u


o-..E.(-<!><=' f-ij
iii) per i valori di a per cui il sistema è BIBO stabile, si determini la risposta
(forzata) di regime permanente al segnale u(t) = sint L 1 (t);

iv) per i valori di a per cui il sistema è BIBO stabile, si determini il limite per
t -+ +oo della risposta (forzata) al segnale u(t) = a L1 (t).
[Suggerimento: Ei sfrutti il teorema del valore finale].

Esercizio 3. 7 Si considerino due sistemi LTI e SISO descritti dalle risposte


impulsive

i) Si determini la risposta impulsiva del


sistema parallelo.
u V
ii) Si determini la funzione di trasferi-
mento del sistema parallelo.
I; iii) Si studi la stabilità BIBO del sistema
---·-······------------------···
paxallelo.

Esercizio 3.8 Dato un modello ingresso/uscita a tempo continuo, la cui risposta


impulsiva è

c:ona parametro reale,

i) si studi la stabilità BIBO del sistema;

ii) per i va.lori di a per cui il sistema non è BIBO stabile, si determini un
ingresso limitato a cui corrisponde un'uscita illimitata e (se possibile) un
ingresso limitato a cui corrisponde un 'uscita limitata;

iii) si determini per qua.li valori di a la funzione di trasferimento del sistema è


privn di zeri.
102 CAPITOLO 3. LA TRASFOHMATA DI LAPLACE

Esercizio 3.9 Dato il sistema LTI causale, a tempo continuo, descritto dalla
seguente funzione di trasferimento

H(s) = ~.
1 + B'Tl
determinare, se esistono, i valori dei parametri reali K B e r1 in corrispondenza ai
quali la risposta di regime permanente all'ingresso u(t) = sint cL1(t) è Vrp(t) =
cos (t + 1f /4) cL1(t).

Esercizio 3.10 Stabilire se un sistema LTI causale a tempo continuo, descritto


da un'equazione differenziale del solito tipo, e avente funzione di trasferimento
8
H(s) = s 2 + 5s + 4'
può ammettere tra le sue evoluzioni libere una funzione del seguente tipo:
ve(t) = e- 2t, t ~ O.

In caso negativo si giustifichi la risposta, in caso affermativo si determini una


possibile equazione differenziale descrittiva del modello.

Esercizio 3.11 Si consideri il seguente sistema dinamico


d2v(t) dv(t) ( ) _ du(t) ()
dt2 +3 dt + 2V t - dt +u t.
i) Si determini la funzione di trasferimento del sistema;
ii) si determini, se possibile, un modello ingresso/uscita descritto da un'equa,-
zione differenziale di ordine 1 e un modello ingresso/uscita descritto da
un'equazione differenziale di ordine 3 aventi la medesima risposta impulsiva;
iii) si determini, facendo uso delle sole tra.sformate di Laplace, le condizioni
iniziali a cui corrisponde un'uscita in evoluzione libera del tipo

iv) si determini, facendo uso delle sole trasformate di Laplace, le sollecitazioni


in ingresso a cui corrisponùt:: un'uscita in evoluzione forzata del tipo

Esercizio 3.12 Si consideri un modello ingresso/uscita a tempo continuo, de-


scritto da un'equazione differenziale del solito tipo, e avente funzione di trasferi-
mento
s
H(s) = s2 +5s+4·
l;IJ, l•:."IWWIZI DI HIEPILOGO
/, .!t .':. ! f 11 " '·_ '·, .) ,' ' ,. 'd ,1:
' ... ...
,•

I) Hl di1-1cuta(se possibile) la stabilità asintotica e la stabilità BIBO del si-


,il,rn11n.

11)Il HIHl,cmadato può ammettere tra le sue evoluzioni libere una funzione del
tipo:
1m,.,;111mte
ve(t) = e2t, t 2'.:O?
111caso negativo si giustifichi la risposta, in caso affermativo si determini
1111n.possibile
equazione differenziale descrittiva del modello.

••rulzlo 3.13 Si consideri il seguente circuito RC comandato in corrente.

,---------,------,----o+

+
u(t) - R v(t)
e

I) Hi determini il modello ingresso/uscita del sistema.


Il) Hidetermini l'evoluzione libera (a partire da condizioni iniziali generiche) e
In riHposta impulsiva del sistema.

lii) Hl descriva la dinamica del sistema in termini di trasformate di Laplaoe.


lv) Hidetermini la risposta (forzata) del sistema in corrispondenza ai seguenti
di ingresso
H11µ;11ali

- u(t) = sin(2t)L1(t);
u.(t) = (1 + cost)L1(t);
-- ·u.(t) = e- Rtc8-1(t).

R = lOO S1e C
v) /\:,;:,;11111endo = 10- 4
F, si determini la risposta di regime
pPrmancute del sistema in corrispondenza ai seguenti segnali di ingresso

- u(l) = sint L1{t);


·-- u(t) = (2 - cos(lO0t))1L1(t).
Capitolo 4

Risposta in frequenza di
1lstemi continui

li 11111wnU.o
di risposta in frequenza è utilizzato in molte aree dell'ingegneria:
di noi ha sperimentato nella pratica l'idea di filtraggio di un segnale audio
11111111111
tl11Y'1,n.gundo sul controllo di bassi e alti di un sistema per la riproduzione di un
( 11),le,cmatteristiche del segnale musicale. riprodotto possono essere alterate in
11111110cln adattarsi ai gusti dell'ascoltatore. Un altro esempio è il progetto di un
di "controllo in retroazione", per il quale sono spesso utilizzati metodi
1h1t.111111L
hlllllll,I1mllarisposta in frequenza: per esempio, il controllo attivo delle vibrazioni,
lii NINl,11111i
complessi quali un'automobile o un aeroplano, viene tradizionalmente
nel dominio delle frequenze.
11ff11t,l,111Lt;o

,, 1. Risposta in frequenza e sue proprietà

., I , I Definizione di risposta in frequenza e suo legame con la


funzione di trasferimento

N1•II !11pitolo2 abbiamo definito la risposta in frequenza H(jw) di un sistema LTI


IUIII) Hl,1thiledi risposta impulsiva h(t), t E JR,come

=1
+00
H(jw) _ 00
_hj~)e~jwtd~-- (4.1)

1l11v,,
l•I i• 111111variabile reale. Si è anche evidenziato come, per ogni fissato valore
111,,,,1/(Jw) :;ia unnùmeiéi'complesso che può essere rappresentato in modulo e
fn111•.
l'rn'l.1i11to è possibile conHiclemm, iu alternativa ad H(jw), due· funzirnii 11

wr,
106 CAPITOLO 4. RISPOSTA IN FREQUENZA Vl SISTEMI CONTINUI

valori reali: il modulo e la fase della risposta in frequenza del sistema, i.e.

l{ A(w) = IH(jw)I I r~:h(t)e-jwtdtl,


i. ~(w) = arg(H(jw)) = arg (J~,:h(t)e-jwtdt) .

Con riferimento ad un sistema LTIBIBO stabile è anche possibile determinare


la risposta in frequenza a partire dalla sua funzione di trasferimento:

=.Cb[h(t)]= 1
+00
H(s} _ 00
h(t)e- st dt. (4.2)

Ricordiamo, a tal proposito, che per un sistema BIBO stabtle (sia esso causale,
anticausale oppure, in generale, non causale) la RdC della funzione di trasfe-
rimento contiene l'asse immaginario. Pertanto, sotto l'ipotesi di BIBO stabilità
(condizione sufficiente affinché la risposta in frequenza risulti ben definita), da
un confronto tra le equazioni (4.1) e (4.2), risulta evidente che

H(jw) = H(s)ls=jw. (4.3)

In altri termini, la risposta in frequenza del sistema può essere calcolata come
restrizione della funzione di trasferimento all'asse immaginario.
In particolare, se il sistema LTI e BIBO stabile viene assegnato attraverso
l'equazione differenziale

~ a· div(_t) = ~ b· <fu~t) (4.4)


!--,, i dti ~ ' dt' '
•=0 •=0
allora la risposta in frequenza H(jw) assume la seguente espressione

H( . ) _ E~o bi (jw)i (4.5)


JW - '°'n ( · )i '
L..,i=0 ai JW

In definitiva, è possibile calcolare per via analitica la risposta in frequenza di


un sistema LTI BIBO stabile in tre diversi modi:

• a partire dalla risposta impulsiva, seguendo la definizione stessa:

• come restrizione all'asse immaginario della funzione di trasferimento;


• mediante la (4.5) per i sistemi LTI descritti da un'equazione differenziale
del tipo (4.4).
,,.1. lUSPOSTA IN FREQUENZA E SUB PIWPRIETA 107

4, 1,2 Proprietà della risposta in frequenza

lll\l,111111sistema LTI BIBO stabile, le prestazioni del sistema sono strettamente


H(jw), Per tale ragione, nell'ambito dell'ela-
lnKILl,llalla sua risposta in frequenza
limu.:.iionedei segnali e della teoria del controllo per sistemi a tempo continuo,
111Npncifiche di progetto vengono spesso assegnate in termini di vincoli su alcuni
Jll\l'ltmetri sintetici che descrivono la risposta in frequenza.
Vb1to il ruolo della funzione H(jw) nell'analisi e nella sintesi dei sistemi, val
11111mm di esaminare qui in dettaglio alcune delle sue proprietà.

l) Simmetria coniugata:
I11!!' un sistema reale (equivalentemente, a risposta impulsiva reale) l'ampiezza
1111ll11.
risposta--in-frequenza è,. come già sottolineato, una funzione pari, ni.aitre
lllNIIIL fase è uria:funzione dispari. Un modo per vc~ifì~are quest-~-pr~p;~;ti;
alt.,,l'llntivoa quello adottato nèlCapitolo 2, è il seguente. Esprimiamo H(jw)
1111ll11
l'orma

1/(jw) =
roo
l-oo h(t)e-i"'tdt= roo
)_ 00 h(t)[cos(wt)-jsin(wt)]dt=a+jb,

UOII"· e b numeri reali. Sostituendo w con -w si ottiene, poi,

11(-jw) = 1_+00
00
1+00
h(t)e+iwtdt = _ h(t) !cos(wt) + j sin(wt)] dt = a -
00
jb.

qyi!_l.d!,.-~_Oilcl:uciere
roHHlmno, __ che H(jw) = H(-:jw)' &r _taj.!l..,_Içl.gione.diciamo
ch11
// (~ gode della _P..1:_<?_P.r~e~~--~i Cl'.l:tl.!~~~~-a
..~il:ru11:~tEi_a (~.di_ h~~IE!.~!-~~it~).
I1111·quanto concerne l'ampiezza, in particolare, si ha

A(w)
-
= IH(jw)I . = ../a2 + b2 = IH(-jw)I = A(-w),
---------
11vv11rnl'ampiezza è una funzione pari.
l>'ILILrocanto, _la f.~_e_<.!_i
l!_(jt,))è espriJAibile n~Ila: ~c,_rma

4>(w)= arg(H(jw))
--
= arJ (a_+_jb).
4>----··-·-------···
, luVI', volendo ottenere una determinazione della fase nell'intervallo ( -'IT, 1r],as-

I
1111111111.1110
arctan(b/a), se a> O,
/2,
11" se a= O,b > O,
arg (a.+ jb) = -1r /2, se a= O,b < O,
urctan(b/o,) + 1r, se a< O,b ~ O,
11.1·ct,n11(b/ri)
- 1r, se a< O,b < O.
I 08 CAPI'i'OLO 4. RISPOSTA IN FREQUENZA lJl SISTEMI CONTINUI

Si ottiene, allora,

(>(-w) = arg (a - jb) = -arg (a+ jb) = -~(w),


--- ..- --- ---·--·····
------- ··------·-··""···- ------
(fa eccezione il caso a< Oe b = O, situazione in cui, volendo rimanere nell'intervallo
(-71',7r],si deve assumere arg (a - jb) = arg (a+ jb) = 7r).
Per concluder(,)questo paragrafo, è importante sottolineare che l'ampiezza può
variare su un ampio intervallo di valori e quindi è spesso conveniente rappresen-
tar la in "forma compressa". Da un punto di vista matematico ciò può essere
realizzato rappresentando, al posto dell'ampiezza, una sua funzione logaritmica;
specificatamente è consuetudine esprimerne il valore in decibel (dB), ovvero

IH(jw)!dB ~ 20log10 IH(jw)!-

2) Continuità e comportamento asintotico:


Si può dimostrare che la risposta in frequenza di un sistema BIBO stabile, la
cui risposta impulsiva sia priva di componenti impulsive, è una funzione continua
della variabile e,;, infinitesima all'infinito, ovvero

lim H(jw)
w-->±oo
= O.

4.2 Rappresentazioni grafiche della risposta in fre-


quenza

È importante sottolineare, preliminarmente, che, in virtù della proprietà di sim-


metria coniugata prima evidenziata, la risposta in frequenza H(jw) di un sistema
reale viene graficata, di norma, non per w E JR.,ma per valori non negativi di
w. Esistono diverse rappresentazioni grafiche della risposta in frequenza. Qui di
seguito prendiamo in esame le tre di più frequente utilizzo.

1) Diagramma polare o di Nyquist


Il diagramma di Nyquist propone una rappresentazione della funzione com-
plessa H(jw) nel pia.no complesso C, parametrizzata dalla variabile reale w (con
w E [O,-1-00)).In altre parole, poiché

H(jw) = Re (H(jw)) + jlm (H(jw)),

possiamo associare ad ogni valore del parametro w reale e prn-1it.ivo


1111punto del
piano complesso C, avente come ascissa Re (H(jw)) e como orditmt.1Lh1 (ll(jw)).
4.2. RAPPRESENTAZIONI GRAI•'Wlll!J DELLA RISPOSTA IN FREQUENZAlOI

Le coordinate polari di ciascun punto del diagramma sono A(w) e 4>(w). Per
t.nle ragione il diagramma di Nyquist 1 è anche noto con il nome di diagramma
polare.

2) Diagrammi logaritmici o di Bode


I diagrammi di Bode di una assegnata risposta in frequenza H(jw) sono due:
uno per l'ampiezza (o modulo) ed uno per la fase. Il diagramma dell'ampiezza
d.~lrp._Q!iY.l!2...clillla._rl!!l!Q§i~jQJi;:g___qu.-:m..~-A-,
riporta il lo_gJ!~i.t.m.Q A (w), in funzione !:leC
-logaritmodella puls_~ione, mentre il diagramma della fase";ìpOrta l'argomento
della -risposta in frequenza:;·-~1w), (in gradi-o-radiantij·-sempi-e·-1ii-funzjQne der
~ .
)ogaritmci delI~:P,_l}lSa,zi.Qne.
È importante sottolineare che la scelta di rappresentare il logaritmo dell'am-
piezza può essere giustificata da un punto di vista matematico dalla semplice
osservazione che il logaritmo neperiano di H(jw) può essere espresso nella forma.2

ln(H(jw)) = ln(A(w)eJ~(w)) = lnA(w) + j<I>(w). (4.6)

Pertanto i diagrammi di Bode dell'ampiezza e della fase possono essere anche


interpretati come i diagrammi che graficano, rispettivamente, la parte reale e il
coefficiente dell'immaginario della funzione ln( H(jw).

I logaritmi, spesso, si assumono in base 10, ma, come è noto, un cambiamento


di base comporta unicamente un cambiamento di scala nella rappresentazione di
modulo e fase. In questo libro assumiamo sempre logaritmi in base 10.
-~~--~ia_gramma delle ~1!1.E.!~~~~--~afichiamo_l'arnpiezza cl_~Ha. i~ fre-
ri_sp(,)St!I.
quenza espressa in dB, ovvero 20 log 10 A (w) (per brevità, nel seguito ometteremo
il pèd1è:e·nell'indicazione deilogai-itmo Tii base 10), in funzione di logw, mentre,
nel diagramma delle fasi grafichiamo la fase ~(w), e~ssain-gradi,· fo.ì'uiizioiie
<Ii log ~. Nel seguit6"-aàotie:reino una-scala-semilògarìtmièa' Ìfi ·tui ·20log A(wT e
•l>(w)vengono rappresentati su scala lineare, mentre w viene rappresentato su
1-1calalogaritmica.

Si parla di diagrammi di Bode per l'ampiezza e la fase in onore di Hendrik


Wuùt! Bude (1905-1984) che introdusse l'uso della scala logaritmica sia per le
1 Harry Nyquist (18~9-1976), nato in Svezia, era un ingegnere elettrico dei Bell Telephono

I,11bore.tories che diede contributi sgnificativi allo studio della. stabilità degli amplificatori in
rPl,roazione. I suoi risultati sono contenuti nell'articolo seminale "Regeneration Theory", Bell
871.,tmn.~Technical Journal, Voi. 11, pp. 126-147, 1932.
2 111reitltà la funzione lnz, con z numero complesso, definita come funzione inveraa delln

fu11zioncesponenziale, è polidroma, r.on ciò intendendo che lnz assume in corrispondenza u.d
1111 li1:111nt,o
z infiniti valori, differenti 1'11110 dall'altro per multipli interi di j2'1f. Se vincolimuo
l'n.rp;ormmtodi In z a variare In (-'lf, n\ pnrlin.mn cli valore principale del logaritmo di :.
110 CAPITOLO 4. RISPOSTA IN FREQUENZA DI SISTEMI CONTINUI

ampiezze che per le frequenze3 •

3) Diagramma di Nichols
Il diagramma di Nichols trae la sua ragione di essere sempre dall'equazione
(4.6). Esso consta, infatti, di una curva nel piano complesso C: ogni punto della
curva corrisponde ad un particolare valore del parametro w E [O,+oo) e ha come
ascissa il>(w)e come ordinata lnA{w).

Nel seguito prenderemo in esame solo i diagrammi di Bode di risposte in


frequenza corrispondenti a funzioni di trasferimento appartenenti a R(s). Le altre
due tipologie di diagrammi verranno prese in esame nei corsi successivi. Inoltre
considereremo anche funzioni di trasferimento che corrispondono a sistemi che
non sono nè propri nè BIBO stabili e presentano, ad esempio, poli all'infinito
o sull'asse immaginario. In tal caso, infatti, la risposta in frequenza continua
ad avere un'espressione simbolica del tipo (4.3} o (4.5), nonostante non valgano
più le considerazioni fatte nel Capitolo 2, relativamente alla risposta di regime
permanente.

4.3 Diagrammi di Bode


Consideriamo un sistema LTI la cui funzione di trasferimento sia razionale propria
e a coefficienti reali. Esprimiamo tale funzione di trasferimento nella forma:

dove K è una costante reale, e supponiamo che la famiglia degli Zi non abbia ele-
menti in comune con la famiglia dei Pi, ovvero la rappresentazione sia irriducibile.
In tal modo gli Zi rappresentano gli zeri della funzione di trasferimento ed i Pi i
suoi poli. In base a quanto detto prima, possiamo valutare immediatamente la
risposta in frequenza del sistema, semplicemente valutando la funzione di trasfe-
rimento H(s) per s = jw. Si ottiene, in tal modo,

• r (jw - z1)(jw - z2) · · · (jw - Zm)


H(:1w)= K -------',--,---'---------~.
(jw - p1)(jw - P2) · · · (jw - Pn)
A questo punto è conveniente riscrivere la risposta in frequenza in una forma più
sgnificativa che chiameremo forma di Bode. Poiché la risposta in frequenza
3 Bode era un membro dello staff tecnico dei Beli Telephone Laboratories e, succ~sivamente, sì
trasferl alla Harvard University. Per ulteriori dettagli sì rimanda il lettoro n "H.clntio11H
between
Attenuation and Phosc in Feedback Amplifier Desgn", Beli Systems Tc1:lmir.ul.Jmmin.l, Ve>!.19,
))p. 421-454, 1940.
1.:1. DIAGRAMMI DI BODE
1 111

i! rnppresentativa di un sistema reale, è possibile ottenere per essa una rappre-


H«mtazionein jw con coefficienti tutti reali, moltiplicando fra loro gli eventuali
l'nt.t.oricorrispondenti a coppie di zeri (o di poli) complessi coniugati. A tal fine,
cliHtinguiamo 3 possibili situazioni:
a) fattore jw - Zi (equivalentemente jw - Pi) relativo a uno zero (un polo)
--nelPodgirie (ovvero Zi e Pi valgono O); ---
h) fattore jw - Zi (equivalentemente jw - Pi) relativo ad uno zero (un polo)
reale.non nuilo; ...-

e) coppia di fattori (jw - zk)(jw - Zk) (equivalentemente (jw - Pk)(jw - Pk))


reiati;i acfu~~-·coppia di zeri (di poli) complessi coniugati (non reali).
••,•----~···-••••- • ··•~••••- •- •••-.u•...,--,.,.- ' •• •

a) In questo caso scegliamo di rappresentare sempre il fattore jw al deno-


minatore:-eievanclolii.aa un èspo:iiente li che può essere sia urdntero"j>ositivo (nel
qual caso l ;origine
è polo dCi:noitepÌicità V per la funzione & trasferimento ).~ja
1111inter:o negativo (in tal caso l'origine è zero di molteplicità -11 per la funzione
1li trasferimento). Se la funzione di trasferimento non presenta nè poli nè zeri
ndl'originey =_O. ·-·-- ---- · --- ·· -·- · · ··

A tal proposito va evidenziato che nell'ambito dei Controlli Automatici, in cui


1-1inmo spesso interessati alla risposta armonica di sistemi ottenuti per retroazione
«111un dato sistema di partenza, l'amplificazione comprende di regola la frequenza
:1.ero,ovvero A(O) "f-O, per cui si esclude la presenza di uno zero nell'or:gine. Nei
Hii,temi di Telecomunicazione e nell'Elaborazione dei Segnali, invece, la presenza
ili uno zero nell'o:-igine può essere talvolta auspicata al fine di eliminare una
possibile componente continua presente nel segnale d'ingresso.
b) Il fattore jw - Zi, per Zii__ O,_può_e~sere riscrit~l.~qui valentemente_, n~lla
forma - --------------
· ... · ··· -·

jw - Zi = (-zi)(l + jwrf), -r:=-1-


··----· ...-....... -Zi

Atta!~~~~,_g-~~--~i __f_O,
1
jw - Pi = (-pi)(l + jWTi), Ti=-.
-p,
r; prende_ll now._e ..di. costant.ui.J;_gP.!P.Q.J'111iil:t.iYD.
J!LP<;>lo
_rea.le p, e, di fatto,
la costante. di .teI!).pOdel modo esponenziale ass~ciito ài te!'rn~_rw
l'IL[>p-;ci:;cnta
.~- p,j_Checompare al denominatore della funzione di trasferimento. rf, seppur
dclì:~tc:>in modo analogo, D;_~C_'.'I, di un'an~~.$! in~..r.:pr_et~!o_E.e. ----
e) !,_a__ (j'::'_=.2:.~l(J.~.-
coppia di fattori relativ~. a du~-~~~icomplessi col_':~_llj;~~i_i
__
:::A-),
può essere risc:_i.tta_c~~neseg~~:
(jw - z,:)(jw - zf) = -w 2 + lzkl2 - j(zk + Zk)w
112 CAPITOLO 4. RISPOSTA IN FREQUENZA D.I SISTEMI CONTINUI

Se ora poniamo

il precedente prodotto di fattori diventa

Analogamente, posto

si trova
(jw - Pk)(jw - Pk).= 1Pkl
2 (1+ j2 (k~
Wnk
- ~ ) ,
"'.'nk
2

I ~ll!al_!!~~~k- ~.-":lnk..._Ere~J.l_I!<LU_!J:Q__me ....~~~1:1ra_!!


_.di.._p_µJ~~~~g~i 1 n:entre i
-parametri (~ e (A:sono i coefficienti di smorzamento associati, ·rispettiva-
mente, alla coppia di zeri O d1 poli "éòriìplessf coiiiu:ga-it-·Ta:1t-pl'il'améffi"am-
mettono un'interpretazione geometiicaestremiimeiile'importante. ~uJsazioue
natur_~!e_!_~PP~.E!~~!lJ.~Ll'!:J!:!:~&~.e~~~--g~_L"\_'.~ttore
(nel piano complesso) ~n origp.e
· in O ed estremo nel punto z5 __ ~.P..P!!!"~_P/u
a second~_~e.i casi, e quindi s: tratta
"dC~~~3i:@i~Ità·:r~e~~~ej:>òsitiva. ~e!:. qt1_~~~-?. ..~?.11~~~e10 smorzamento;· invece;·
esso rappresenta il seno dell'angp_lo (per convenzione positivo se aesCrftto in verso
aritlorario)" di cui .è neces~ario ruotare il semiasse immaginario positivo al fine di
estremoiièfpuiitcizko·pk(equiva-
sovrapporlO-aJ'vertore·avèri.te·orfghìé-·in-tf-ec:I"
lentemente, Zk 'ò Pk). · - ···-·-·---·····
· · ......----· ··
In figura viene considerato il caso lm
rli una coppia di poli a parte reale
negativo. O'k ± jwk, con O'k < O
e Wk > O. Per determinare lo
smorzamento è sufficiente conside-
Re
rare la radice a parte immaginaria
positiva. Si trova in tal modo
che lo smorzamento (k coincide con
sin (Jk, dove (Jk è (positivo e) indi-
Figura 4 .1: foterpretazimm clr•lloNmm-zamento.
cato in figura.
~.,'I. DIAGRAMMI DI BODE 113

(~, n (k sono quantità positive solo se relative, rispettivamente, ad una coppia


1ll1.c1rio di poli a parte reale minore di zero, tuttavia, come risulta evidente dalla
llll'o Hl,m1sadefinizione e dall'ipotesi che le radici prese in esame non siano reali,
l(LII! l(kl sono sempre quantità minori di 1. Con le precedenti posizioni, e tenendo
della eventuale presenza di fattori multipli, si ottiene
1111111,o

. Iµ,' . I W W 2 ) ,,;.
Ili (1 + JWT.·)

' I1k( 1 + J2 (k-w' - -2
w1
(4.7)

l,n prncedente_ ra_ppresentazione__è nota come forma d!._!:\ode della ris12osta..i!?:


..
1r_1111111mza. J:.a_5?.~!~~!~)·~-~--~-.'!:~~ta guad~~~---~-~-~-or-~~--~.!~%~-~~!1to~!!re
_K.anche di tutti i (a_.t_~<>ri_
j;Ji,,1lnlla or~g~_;1;.1,1,r:ia :'.'.'Z.:~1-::-:P.~?..zk L--~- b~i.L5.!1:'3. .8-:~-~-~~~--
"11"1,r,~1.t.o''.
5!:~Lfattori d!_p~t_4:_~-~~: Tale nome deriva a Ks dal fatto ~~e, pe!
11_;;O,ossa ~~QP.re§~J!l~.il~g!!!.\d~P.Q·:ititfo9..Q_,g~i~~g~9.Jj_ç_«iij~inu1:1-__,_~y_vJln>
.V vnlorcdell.fl__ r.:i~PQ§11:l-
...i.'l..f!~q~~~z1t~~ll.'_()_~_ig!!;~· ~~~- !-!=:=_l___ .=.
..
~_.':'• ~.!-..~!3--~~~
&uc:hu chiamata, rispettivamente,
....
........ ....,... .
....,.,.
~ ".
costante di
. --....
velocità e costante ...-~di
·-. accelerazill11~
--,. ' . . ·~,-.................
' ....... ,........... ~ - ., .,............. """
.

t',:importante sottolineare, a questo punto, che, in virtù delle ben note pro-
valide per a, b E C \ {O},
lH'h1t,1\,

log 1%1= log lai - log lbl,

log la· bi log lal + lo~ lbl,

arg (f) = arg(a) - arg(b),

arg (ab) = arg(a) + arg(b),


111 111plLlticolare, per ogni k E Z,

log lalk = k log lai e arg(ak) =k arg(a),

Il diagramma
11111 delle ampiezze che il diagramma delle fasi della risposta in fre-
può essere ottenuto come "somma algebrica" (ovvero per sovrapposizione)
111111111.n
1h11cli1lp;rnmmidelle ampiezze e delle fasi dei singoli fattori che compaiono nella
r11n11ndi Bode. Per tale ragione ci occuperemo, ora, di determinare i diagrammi
111ll11dnelci Hingoli fattori elementari.

I fnUmi elementari di cui vogliamo tracciare diagrammi di Bode, delle


u delle
11111pl1i:1.:1.u fasi, sono quelli clol Upo:
114 CAPITOLO 4. RISPOSTA IN FREQUENZA DI SISTEMI CONTINUI

1
2. -(.) ,vEZ;
JW V

3. (l+jw-rt,rER\{O},µEZ;

4. ( 1 + j2 (-
w w2
- 2
)µ, Wn > 0, 1(1
< 1, µ E Z.
Wr, Wn

4.4 Diagrammi di Bode dei fattori elem,entari


4.4.1 Diagramma del termine costante: H(jw)
----
= KB
..~--~=--·

Il diagramma delie ampiezze è quello della costante 20log IKBI-Il diagramma


delle fasi è identicamente nullo se KB > O, mentre è quello della funzione costante
di valore 180° se KB < O.

10.5

in
:e. 10

.il 9.5 . '

9
I
8.5

0.5
i
.!!)
o.
I -U
:·1
·1_- -·•·· ., ~~~~-~~.' '~.i ...:J
10• 10·1 10' 101 10'

Pulsazione(rad/9ec)

Figura 4.2: Diagrammi di Bode di H(jw) cc a.


,I.il. DIAGRAMMI DI BODE DEI FA'l"l'Olll ELEMENTARI 115

iiì -5.5
.,
~

tJ
.!Il
a.
-6
----~----,-----. • -.-----------<
,i
-6.5

181

180.5
'i
s 180
!
"-
179.5 • -~
• I

179 -··
10·' 10' 10' 10'

Pul•ulone (rod/sec)

Figura 4.3: Diagrammi di Bode dj H(jw) = -1/2.

4.4.2 Diagramma del termine relativo a poli o zeri nell'origine:


H(jw) = 1/(jw)1'
li t-!emplicecalcolo di modulo (in dB) e fase evidenzia

-~~ = I I=
20log (j~)" =
20(-v) log lwl ;-~Ovlogw.,

fg((j~)y -V 90", 1 ( p....


) l,>)'. -)> "'<l( 1<,,)
dove abbi~e-t-énuto conto del fatto che le pulsazioni a cui siamo interessati sono
,mio quelle non negative.
Poiché abbiamo adottato per l'asse delle ascisse una scala logaritmica, e quindi
111n:-;cissacompare come variabile indipendente x = log w, il diagramma di Bode
,lt•ll'ampiezza è una retta passante per l'origine di inclinazione -2011 dB/decade 4
o, all'incirca, -611 dB/ottava 5 . Il diagrammma delle fasi è una retta orizzontale
di ordinata -v 90°.
'1lJ1m decade mpprcsenta un intervallo (wr, w2) tale che w2/w1 = 10.
1'U1m ottava rappresenta un inl,m·vnllo(wr ,w1) tuie che w 2 /w1 = 2.
116 CAPITOLO 4. RISPOSTA IN FREQUENZA D1 SISTEMI CONTINUI

I------:
'.:
liii
...
l!.
j:j
5Dr

o
----
~:

----
..
~
.
..

J -------
~ .
·50.

-179 -

-179.5
isi
-1B0
1 -180.5

-181
10·•

Pulaazlono(rad/Ne)

Figura 4.4: Diagrammi di Bode di H(jw) = 1;!,. (11= 2).

89,6L
i

89c,___~~
10·•
-~~-----~J..._-~~_...,
.............
10' 10' 10 1

Pulsazione(rad/sec)

Figura 4.5: Diagrammi di Bode di H(jw) = jw (11""--1).


,JA. DIAGRAMMI DI BODE DEI FAT'l'OJU ELEMENTARl 117

4.4.3 Diagramma del termine binomio: H(jw) = (1 + jwr)/J


---·-··----·"
---~·-··
.... , .......
....-, ..... ..
C11111-1ideriamoi diagram:ni di Bode di ampiezza e fase di H (jw) = (1 +j wr )'\.fQil
r 1Ll'l1itrarionumero reale e µ numero intero (entrambi non_ nulli). Osserviamo
1•1111 ·----·-···-··--···
·-····-··-···-·------·
··-··-----------·-··-···---·-
-----------···

A/ i, \,_IH(J..c,.J)l~!L= 20log IH(jw)I = 20µlogll + jwrl = 20µlogx/'f~ (wr}2/


nrg(H(jw))
-····· .'•- ..
= µ arg(l + jwr) =.J:.arctan(wr).
--:--:~-::;-:".~:.!:":":-"·:·····---···-··· --··········-· ,..•..,.~
1
l'nr tracciare il diagramma di modulo e fase, valutiamo, dapprima, i due com-
1111rL1Lme~ti-esti-;iri_i,_~Y..Y~I:9.:P.~i:::1~.rl
e per Jwrl.»)~i i}
q)!indi., !),~ll'.iJ2flt§fdi
..~?!~.P.~.l~~~~~!..~~~-~__e-~?'.~~":~!
1_•11111-1iclera~e <::<.J¾re ~- ~J½r:.},a
pe_r.,"'__ p~l~13:zi~~e
l~l viune tipicamente i~~-icata c°.~Y ..".~me di..i,mls~ione di taglio.
I_,u~~
w <"'~:J½f
il ~er:!!')_i!l,~1~PLt.a.·do
c_ç,!ltii,nte risulta
predominante sul termine wr.!
cm umocuil~_{!p._4-JUè app_ro.ssi01:3:!ivamentenullo, come pure la fase:
111•1·

20µlog III= O,
., -~.•
IH(jw)ldB
filgU-iG~)f--~-
µ-~g(i) ::::·0°
.,.,,.~•••.•~••••
.
<'"'M .. O•••
::,j

•• ••' ---·-•·• ......... ~--- ••• ,,,,,,,_

l'er w » J¼r,
invece, il termine wr risulta predominante sul termine unitario,
fas~~erigoiio
11•cui m?~~'!:fri-
111 .bén _approssi~~~Lciajl~~~~g~~riti-ijjir:-ès~foiù:---
.......
.

::::: 20µlog lwrl =. 20f._tlog;w+ 20µlo~JTlt


jH(jw)ldB
~ii(ii(2u1))_
:::,j µ arg(jwr) = µ sgn(r) · 90°,
•....:- ····--·-"----.~-..,-·.....,
1l11vnricordiamo che

..:.~~t>..
= { ~1, }~~-;-~_~:
Hlnoti che l'andamento di IH(jw)ldB per valori elevati di w è quello di una retta
111pn11denza20 µ dB/decade che attraversa l'asse delle ascisse in corrispondenza
pulsazione J¾r·
111111

l>n.questa analisi dei .~9!11:P~rtamentilimite di ampiezza e fase del}~ _i:i~.11.Qsta


111frnquen:ùi, per w « -1/lrl e per w » 1/lrl, possiamo ottenere -i cosiddetti
1ll11gramiriLasì!!f~!ìéf-u--aiàgiamma
asìiitotfcu
..J.tiiI~
"ai11piezze
...
si ottiene sém.-
pl1c-c,111cute unendo le due rette che approssimano i due comportamenti estremi.
'l'nli rutte si ccn1gi1,1:n_gQ~9.,in ~i-~~~~sa J¾re9.~~_i!_:l_~ta~
cqi;:r!~P.9.1.!Q.~!l?!'L..~_p_unt? d~,
l'hc•e', usualmente fodicato con il nome di punto di spezzamento (o di rotmra)
ilc,I cliugramm~-Mintotico. Si notf cheper-µ> o,-ovvero per tiri.o zero reale di
1111111,t!plicitàµ, la pendenza del tratto finale del diagramma asintotico è positiva,
pm· µ < O, ovvero in corrispondenza ad un polo reale di molteplicità -µ,,
11111111,l'l?
l,nlc,pe11denza è negativa.
118 CAPITOLO 4. RISPOSTA IN FREQUENZA VI SISTEMI CONTINUI

Consideriamo ora il diagramma asintotico della fase. ~.Q....17,!RQl'tamenti ~i


della fase_sqriol>en..
clei;c.ritt.ida due rette orizzontali di oi:dinate.O~_e.µ..sgn(zj~
Il..dùi.giamma asintotico può essere ottenuto congiungendo i due asintoti orizzon-
tali con il segmento di pendenza(µ sgn(r)45°)/decade che congiunge ( 10,., 1,0°)
con ( ffl,µ sgn(r) 90°) (ovvero parte una decade prima del punto di spezzamento
e arriva una decade dopo). Il calcolo dell'effettivo valore della fase ir, corrispon-
denza alla pulsa~one Gf. evidenzi~ _?ol?:~--~~i seg~~~~~ }~~;~~i;-i~~or~i~P..?~~-~n~~
T)
~-{~ ;·~-sg_n,( 4~t.n d,!1;1:~i;~in.:rria
en-ettivo delle. fasi.. Un~ soluz.ionealternativa
· cònsiste nel raccordare i due asintoti orizzontali con il segmento che congiunge
_f~t ?.(J~on (#!, sg~(r) 90°}--~!~~-~~~~~=1:~-~~~~olojas·s~:..~ ~~~-~?~~'-per1f
0
µ
punto .J;t.-~'i~{:
r45°),. ~-?.~~~ ~~~~!~~~:1eI E~nto
m~_f.fs~!~~-puretan~~nte a_l!.~.
di spezzamento. Pertanto guesta approssimazione, che adotteremo nel seguito,
fornisce una migliore.descrizi~~~ d~ll'~~damè~to.~ff~tti~~-~eÙ'intorno del punto
di sp·ezzamento. . . .. . . .. . ..-. . - ... . .

40-
ii' ~.,_,1,1,t~t~t
.,
?!. 30- 1.1r~
· -,
• /l)ltJ,,
J 20-

10
A
I
j,
·,rc\.
o

BO·

:f
20.-
~ .· .
o- ..- ..• :
1D1 10.. 10' 101
Pulsazicne(rad/9ec)

Figura 4.6: Diagrammi di Bode di H(jw) = 1 + jw2 (-r = 2,µ = 1).


Il tracciamento dei diagrammi reali di ampiezza e fase a partire dai corrispon-
denti diagrammi asintotici risulta estremamente semplice. In entrambi i casi, in-
fatti, il diagramma reale è una curva continua che "si appoggia" al diagramma
asintotico e con il quale praticamente coincide lontano dai punti di raccordo
del diagramma asintotico. Nel caso dell'ampiezza, l'approssimazione asintotica
è precisa in corrispondenza a pulsazioni distanti almeno mm dm:u.clcda quella
·IA. DIAGRAMMI DI BODE DEI FAT'l'QRI ELEMÉNTARI 119

cl1!Ipunto di spezzamento, mentre il massimo scostamento tra il diagramma a-


11l11toticoe quello effettivo si ha in corrispondenza del punto di spezzamento ed è
p1tri a 3 µ dB (circa).
Si noti che per µ > O,ovvero in corrsipondenza a zeri reali, il diagramma effet-
tivo ii sempre al di sopra del diagramma asintotico, mentre nel caso µ < O si trova
H1!111pre al di sotto di quello a.sintotico. Per quanto concerne il diagramma delle
fm;i è ancora vero che l'approssimazione asintotica è precisa in corrispondenza a
pubmzioni distanti alme::10una decade da quella del punto di spezzamento. La
l11111tà dell'approssimazione asintotica in un intorno della pulsazione 1; 1 dipende
cln.llascelta del raccordo adottata per i due tratti orizzontali.

iD -10 -
&

.i
E
e
-20

·lO

-40

·20
j .,io .
.9

i -60

-80

10·2 10·' 10' 10' 10'

Pulsazione(radlsoc)

Figura 4.7: Diagrammi di Bode di H(jw) = 1+}.,


2 (T = 2,µ = -1).

Val la pena, infine, di sottolineare che il segno di uno zero o polo reale (ovvero
che esso sia maggiore o minore di zero), e quindi della corrispondente r,
Il 1'111.to
111111influenza il diagramma del modulo ma unicamente quello delle fasi. Ad
1•11rn11pio,le due funzioni H1(jw) = 1 + jw e H2(jw) = 1 - jw hanno lo stesso
illn.µ;mmma delle ampiezze (con punto di spezzamento frr
= 1), ma diagrammi
il1illofosi opposti.
120 CAPITOLO 4. RISPOSTA IN FREQUENZA DI SISTEMI CONTINUI

40

iiì 30
..
~

rJ
.I 20
"-
,i
10

o
-20
j
.!!! -40

~ •BO

-80 -

,o~ 102

Pulsazione(lllll/!oc)

Figura 4.8: Diagrammj di Bode di H(jw) = 1- jw (-t = -1,µ = 1).

4.4.4 Diagramma del termine trinomio: H(jw) = (1+j2( ;'n -~r


Consideriamo .Q!!!..i.!imc;Iammi di Bode di funzioni relative ad una coppia di zeri
........ -···----..-- l.l
o __~oli col!!E.lessi ...f.<!!.ll~~~idi molteplicità !µI, H(jw) = 1 + j2( /:.. -~ · ;
dwe...u...t.!!~ generico intei-2..n,on •.nu o. Nelle ipotesi in cufcfsiamo·iììessf (di
radici complesse· còii"pai-tè" immaginaria non nulla) la pulsazionè''iiahiralew-;,, è
unfoimero reale positivo e1rooematmte-di--smeffl&me:ate··~ia.f.a O~ l(I < 1
Ai' fi_!i:Ldeif'8.nalls1' è conveniente affronta.re primail ·caso---c=1·oe sucéésSlva-
mente.Tl_c_a.sQ .(_:=.:..O~Supponiamo, quindi, ( # O e valutiamo modulo (in dB) e
fase di H(jw). Per quanto concerne l'ampiezza, è immediato ottenere la seguente
espressione:

IH(jw)ldB = 20loglH(jw)I =20µlogj(1-~) +j2( :J


=
--.
20µlog. (1- :.;t(2.~-~r-
+
Il calcolo della fase6 è leggermente più complesso, dal momento che richiede di
6Per poter descrivere l'argomento di H(jw) in modo relativamont,c, cm1dHn, in termini della
•JA. DIAGRAMMI DI BODE DEI FATTORI ELEMENTARI 121

'::.r.!.-~W..?
dlstingu~re i tre c~! .."-' < Wn, :<:1.= ~n· Si _t~?~..,quindi,

arg(H(jw)) =_:.:.:
..~:~_[(~.,~-
:;)__~~2( :n],
2( ..!:è.)
arctan ( "; 2 , w <wn,
. ..
1- :::2"
Wn

µ- ..sgn(().
. 11:,
2 w=wn,

2( w )
arctan ( ::'2 + sgn(()·1r,
1- ;:;'l"
,. '_.,.,-~,:-!'
-,,

Prendiamo ora in esame i diagrammi asintotici di ampiezza e fase. A tal fine,


1uuliamo a valutare i due comportamenti estremi: per w « Wn e per w » Wn
(Hmnpre nell'ipotesi w > O).
Per w. «-~"'iltel'm_ine.:unitario .costante risulta precl9minaµt~. n..ell'espressione
di /f(jw), per cui il modulo vale approssimativamente O dB, mentre i~fase-;aie
drca Oò: ·· · · ·· · · · · ·· · -·.

IH(jw)ldB r:::::: 20µlo~J.L=:=J),.


--·-- -- .. ... .........
----- - , ....-----··-·
' _____,.. -•-

arg(H(jw)) ~ µ arg(l) = 0°.

I'm w >>Wn, invece,

llf(jw)ldB ~ 20µ log V(:;)


= C:)= 2
40µ log ~?µ lo~~= ~°.?._.l?gwn_,
nrµ;(H(jw)) -::: µ sgn(() 1r =µ sgn(() 180°.
- ~ ,-,..._..--, ..- ...... ..- ..

IJ.11
ciò consegue che, Qer valori elevati di w, l'andamento del modultlg,_l!_e,llo di
111111retta di pendenza 40µ dB/decade, passante per il punto di spezzamento
(w,;,or-·menffl aSsume,"aregime, il valore µ.sgn:fç')--:-+8~rr-pnthe8',·--d
!lI fll:se ...n:.+l--·
p1111t.o
di vista asintotico, la situazione è analoga a quella della funzione a zeri o
poli reali (1 + jw sgn(()w~J 2
µ.

li diagramma asintotico ùell'a.rupie:.1:..a


:;i uUieue, anche in questo cruso,unendo
11•«hm rette che approssimano i due comportamenti estremi. Tali rette, infatti,
Hl('011ginngono proprio in corrispondenza al punto di spezzamento (wn, O). bol-
1,rn per /t > O, ovvero per una coppia di zeri complessi coniugati di molteplicità
/t, In pendenza del tratto finale del diagramma asintotico è positivai, mentre per
/t • O, ovvero in corrispondenza ad una coppia di poli complessi coniugati di
hll1l,l11110 rtrcotu.ngent,e, e~primeromo, inizi11lmm1t.n,la fMe in radianti. Successivamente ritorno•
11llncon~uota
1·1111111 notazionE in grndl.
122 CAPITOLO 4. RISPOSTA IN FREQUENZA lJl SlSTEMI CONTINUI

molteplicità -µ, tale pendenza è negativa. Il diagramma asintotico della fase si


trova raccordando i due tratti orizzontali con il segmento che congiunge ( Wn,0°) i
con w= Wn,µ sgn(() 180°). Tale segmento passa per il punto (wn,µ sgn(() 90°)
e risulta tangente alla curva effettiva nel punto di spezzamento. Questa scelta
è dettata dal fatto che l'andamento effettivo della fase è influenzato dal ·valore
assunto dal paramet:o (, ed è pertanto opportuno scegliere la pendenza del seg-
mento di raccordo in funzione dello specifico (.
Una volta individuati i diagrammi asintotici, però, è importante comprendere
l'aridariiento ·reale-di' nioduJ.ç>e·fastr;--ch'Enlipen"dera;-
a-questo· punto;iii maniera
essenziale dai-- valo~e-dit[(i.-~·Xtal -fine__
é_utile· conside:taré·
le...due···situaziOitie-
·streme: · i:!·éaso kL==::I~~~e-
i>uò essere analizzato mediante 1e espressioni prima
determinate (per(#- O), e il caso (-=-~che invece necessita di una trattazione a
parte. Il valore 1(1= 1 del coefficiente di smorzamento è ottenioile solo al limite,
giac~Mcorrispq"ffli~ ilTaso ..9:L~~o ~r,o_°- ~Ol?___

~_eale-drmolfeplfoftà 21µ1,ovve~o
2µ --·-·······-----·· ... ,....... · .. , · ···- -
(1 ~ J,.).____
.!.~
__ 1 ~ i_v;
p~r ç~--~·~j __ __?e.~{ =:='...:}:
,,,,,1-,J In questo caso possiamo
ricorrere all'analisi portata avanti precedentemente per il terrrùne binomio e af-
fermare che i diagrammi reali di ampiezza e fase assecondano quelli asintotici. In
particolare, il diagramma del!' ampiezze si discost~.-~atE2!::r:i§p9nçl~ntf:l ..di.a.grQ..D1ma
as'ifitotfoci"alp1à-dr6µa1t1fi"Wì'risponde:nza:aJ.la
~., , ..,_... •l'·"-'""•••-·.1-· , ... ·- ,_..._ _____
pulsazione
,..,_., ___ ....... ,.,,_, -••••
di taglio
•. ,., .... --,.•
Wn,
,,,.,,•_.,o,-•w-·

so-
I
im 80°
~

s..
..
}
40

20

150
.,.
i_g 100
j
00

o
10"' 10' 10' 10'

Pulsazione
(rad/aec)

Figura 4.9: Dia.grammidi Bode di H(jw) = 1 + jwl.9 - w2 (wn = 1, ç = 0.95,µ = 1).

B~n diver~~ è la sitµazione {-;;;;;O, corrispondente...ad.una coppia di l!eri o poli


4.-1. lJIAGRAMMI DI BODE DEI F'AT'I'ORI ELEMENTARI 123

coniugati di molteplicità jµI. In tal caso, infatti, H(jw) diventa


h1111m!l;irmri

H(jw) =
...._ ,
(1- w:)µWn

ti IIHH1111msempre valori reali. Per quanto concerne l'ampiezza si trova

IH(j~}ldB
'
= 20 log IH(jw)I = 20µ log 11- w:I·
Wn
~---·· . -·-.·--·--.
..
-

Vnl1,10110,
per l'andamento asintotico dell'ampiezza, le medesime considerazioni
r..u..con riferimento al caso (-:/:-O. Infatti
20µlog Ili= OdB, per w « Wn,
jll{.jw)ldB ~ { . --
40µ log (:.,) = 40µ logw - 40µ logwn, per W >>Wn,
Il 11l1Ll(mmmaasintotico dell'ampiezza coincide, pertanto, con quello evidenzia-
'" uni ca.'io ( :j:. O. Tuttavia il comportamento del diagramma reale si discosta
IIIM11lllcnLivamente da quello del diagramma asintotico. È infatti immediato veri-
H11m·11che per w tender.te a Wn l'ampiezza va a sgn(µ) , (-oo) dB e quindi tra
I 1lh1i,;1·nmmiasintotico e reale dell'ampiezza si verifica il massimo scostamento
jlllNHlhile,proprio in corrispondenza a Wn,
l'm· qua~~~c;Q.nç~;r_mi.Ja
f11,se,invece,_si trm,a
0°. w <wn,
~J!!_(jw)) =--{-
±µ 180°,
dov,,In.Hcelta del segno di µ 180° è completamente arbitraria. Si noti che per
.., - w,, ta fuii~ìone HB".wJj11"an:jiuJl~.
e ri-;_.iÌl.di.
r;i-iq~e~~o~_non _èciefi~!!o~ 1~
lllll'l'INpoudenzaa. Wn la fase. subisce un.a transizione__yertica.l.!:!7.
_dal valore_9.."...Jù
Ynl111·1, 1~1t180°. In questo caso, il diagramma asintotico della fase.coincide con
111111ll0 n !1tlc. · ··
M
I Vnl In pena di evidenzia:e che il valore finale assunto dalla fase può essere equivalentemente
/1 I HII" " -11-180°.l11 rt:!!.11.il.,
l11oprim11o1:1celt11o
cou~nte di interpretare il diagramma. delle fasi
ll111il.c,
1'111111• (nel 1,enso della convergenza. puntuale e per ogni w f w.,) del diagramma delle fasi
tll 11(1,.i) = (1+ j2( -=i... -~)"
....,n. ""n
per (-+ o+ e la seconda come limite del diagramma delle
f11•I1lo ll11nmclc,1,imafunzione per ( --+ o-. All'atto pratico, la determinazione del diagramma
1

1h1ll1• (lor ( = O richied~ semplicemente di valuta.re se µ è una quantità pari o dispari. Si


1·11111
111111N1•1111llerc,infatti, come diagramma delle fasi la retta orizzontale di ordinata 0° per µ pari,
Il Il 1111111,rnmma costante a tratti che vale 0° per w < w,. e ±180° per w > w,. per µ dispari.
"l\1H11vllL, vn ,widenziato che, con quu11tescelte, perµ f ±1 il diagramma delle fasi non potmbbo
11111 ''""''I'" llmlt.11111?1
l11t1irpretato come dlo.grm1111111 senso prima precisato.
124 CAPITOLO 4. RISPOSTA IN FREQUENZA VI SISTEMI CONTINUI

I
50
iD'
:?;!.

~ ,SO

..
·=-
E
·100

-150

-200

150

1 100

~
50

o
,o• 10·1 10• ,o' ,o'
Pul&aZione
(rad/sec)

Figura 4-10: Diagrammi di Bode di H(jw) = 1- w2 (wn = 1, ç =O,µ= 1).

Siamo ora in grado di valutare l'andamento dei diagrammi reali di ampiezza


e fas~~'-'.5:Jçt.:;; 1: tali diagral!!!f!i_,J~(a..~!.ÌL11-llJ!lifest~!!_o_
~E9-amenti_~!)ter-
medi tra i due precedentementiillustrati. Per quanto riguarda la fase, al tendere
arR1 ·a:i~fo.iì ciiag~~~~--.iè-a!~
-~/l§i~~ond~ •se.mìfrf "i>i~
cì.i -ciu_~µ9~~@~trcoe·1a
è S~Illl)f.e
~!'_ansizi()!le In Figura 4.11 vengono ripo~tati sovrapposti
_pJS1_re_p~Qtjp.a.
i diagrammi delle fasi della funzione H (jw) = 1 + j2( ~ Wn
- ~,
Wn
per Wn = 1 e
alcuni valori (positivi) del parametro (.

Per quanto concerne l'ampiezza, invece, abbiamo due diverse tipologie di


-~con~-~-~~ 1(1
and8:~8.nt_o:_!:. ..< F2
o 1(1~ F2'
coiÌie evidenziato in Figura
4.12 dove vengono riportati i dfagrariimfd~lle ampiezze delhi funzione H(jw) =
1 + j2( ww - ~. per Wt, = 1 e alcuni valori (positivi) del p11m11wt,ro (.
n Wn
4,~. IJIAGRAMMI DI BODE DEI FATTOIU ELEMENTARI 125

HlO

1'0

120

20

o
10'

·,
,1.,11'1l 11.l 1: Diagrammi delle fasi di H(jw) = 1 + j2( w - w 2 per (=O, 0.05, 0.1, 0.25,
0,ft,I/ /2, 1.

I
i
ç=o.os I
-50 .

~'··-~
-100
10·1 10' 10'
ui (radf&eci

lfl1&111·n-1.12: Diagrammi delle ampiezze di H(jw) = 1 + j2( w - w 2 per (=O, 0.05,


11.',!ri,0,5, 1/ J2,1.
11.1.
l'lh p1'1!c:i1mmente:
• pPr O < 1(1 < 1/{2 il diagramma delle ampiezze presenta un punto di mi-
1111110seµ > oo_di_r.!!~~imose fl < o,noto come pulsazione cìirisonanza.
Il vn)ore della.. pulsazione di rÌIIOJlltllZ8 Wr ed il corrispondente
- ···- ·-----·--···~ ..
_____ .,
··valore del
......... .
,
126 CAPITOLO 4. RISPOSTA IN FREQUENZA DI SISTEMI CONTINUI

(picco di risonanza) .Wr sono _dati


modulo della risposta in }/::~.Q"!Jenza
aafié-seg~~~ì'i
espressioni: . ... ··-···----- --·----

Si noti che, per O__<;J(L.<1/-/2,Wr è una funzione ·monotona decrescente


c1flçr;-·~~ntre- M,.__ un,_a}u11~i.?.~i.:.~~~o~ona.:·IrR1;
è ___ crc~~~te se µ > o e
·aecrescentè seµ, < O. Inoltre Mr, espresso in dB, è sempre una quàritità
non positi~a se µ-> O, non negativa se µ, < O.

Infine:

- Per O < 1(1 < 1/2 il _9,iagr_i~mma


delle.ampie;?;zej~!~_r_SE;l<'-!l-1:asse
delle
·ascisse a destra defpunto Wn ed è, quindi, tutto al di sotto della sua
.approssimazione asintottèa"per /J,> {),·ai di sopra· per /1,<-U
.
. --·· .. . .. .. . .. ··-----
-

- Per (I = 1/2 Hdiagramma delle ampiezzeJnte_i;-s~ca_l'a~s~j~!le ascisse


-incorrispondenza al punto W,n.

- Per 1/2 <JCL:<.1/:v.2. il diagramma delle ampiezze .int.eise.Cal'asse


ctelfé.ascisse a sinistra del punto Wn,

• Per 1/../2:5 1(1 < 1,invece, il diagramma delle ampiezze è tutto.al di sopra
a;11a··sua'approssimazioiie ·ashìtoiìéaper µ > o, al di sotto per µ. < o, e
quindi non interseca l'asse delle"ascisse. ... -·-·· ·-_...,.......
___
.,____
_

Qui di segu'.to vengono riportati alcuni esempi.


4,•I, IJlAGRAMMI DI BODE DEI FAT'l'OlU ELEMENTARI 127

80

iiS 80
l!.
"
lj
.Il 40

I 20

150-

iSI 100~

J i
sor
oi__
104 10·1 10• 101 10'

Pulsazione(radlaec)

Flµ;urn 4.13: Diagrammi di Bode di H(jw) = 1 + jw½-w 2 (wn = 1,( = 1/4,µ = 1).

80

liì 80
,.
l!.

.i"- 40.
E
e
211

o
:
-~

150
:------
---- .

i.!! 100


IL
50 ·

:~
o
10·• 10'

Pul1ozl0n1 (radlsec)

Fiµ;urn 4.14: Diagrammi di Boc/11di //(jw) = I+ jw -w 2 (w,. = 1,( = 1/2,µ = 1).


128 CAPITOLO 4. RISPOSTA IN FREQUENZA DI SISTEMI CONTINUI

in
~

.1
E
e
~L
:
o

·20

. _,
l
o

-so
-~ .\

"'"
~
.9!
j -100

-150 ~

10·· 10° 101 10'


·-~ 10'
Pulsazione(rad/oec)

Figura 4-15: rnagrammi di Bode di H(jw) . ! Jo!!., (wn = 10,( = 1/10,µ = -1).
= l+JwTIM-100

,lo eo,v - )-1(lv)-:.~...,,-, V <->


lop ,~ 'f1~t.Ji)1. \-t lt + )-17',:;-t)1,.-\llw) ~
~,oe4!> l \,t l"-',:.)»,
100 l""'"')
c,..-,)ls-11oò> 'n
e
0

.1
(~.z.,
) { 1 • y,rc,')
•I.ti. ESERCIZI DI RIEPILOGO 120

4.5 Esercizi di riepilogo


l~Hercizio 4.1 Si consideri il sistema dinamico SISO a tempo continuo descritto
cln.llaseguente equazione differenziale:

d2 v(t) 10dv(t) = du(t) u(t)


dt2 + dt dt+'
clove ·uè l'uscita e u l'ingresso. Si determini la risposta· in frequenza del sistema
11 Hn ne tracci il diagramma di Bode.

l~Hercizio 4.2 Si consideri il sistema dinamico SISO a tempo continuo descritto


cln.llaseguente equazione differenziale:

d2 v(t) dv(t) du(t)


cii2 + 10 <it" + (10 - a)av(t) = acit + 100(10 - a)u(t),

clovc a è un numero reale.

i) Si determini la funzione di trasferimento del sistema.

ii) Si studi, al variare di a, la stabilità BIBO del sistema.

iii) Si tracci il diagramma di Bode della risposta in frequenza del sistema per
a E {O,5, 10}.

Esercizio 4.3 Si tiacci il diagramma di Bode delle seguenti risposte in frequenza:

i) 1 +i:mi

ii) i - j ro;
8
iii)
(jw + 2)3 '
1-~ 1_0.
__
iv)
l+jw '
~__-1 .
v) _10 ,
1 +jw

vi)
)2:
10 + 5.iw + lO(jw
,
1 + )'fo
(jw + 10)(10jw + 1)~--~-.
vii)
(1 + j1~ 0 )(1 + jw + (JwP
1)'
130 CAPITOLO 4. RISPOSTA IN FREQUENZA DI SISTEMI CONTINUI

J ~tS
viii) 1 + jw + (jw) 2 • lo
$(11.+<t•)
. ) jw
lX -.--
JW+ 1;

5
x) (jw + l)(jw + 5)'
jw + 10 .
xi) (jw + 0.l)(jw + 1)'
xii) jw - 1 .
jw(jw + 10)'
... ) jw -1
Xlll (jw)2 j

xiv) 10 jw + 0.01 .
(jw - 1)(j"1 + 1)
jw .
xv) (jw)2 + 1'
jw+ 1 .
xvi)
(jw) 2 + 2jw +2'
xvii) jw + 100 .
(jw + 0.l)((jw) 2 + 1)'
jw -1 .
xviii)
jw((jw) 2 + 6jw + 25)'

xix) jw + l .
(jw) 2 + 2jw + 9'
jw +0.1
xx) 10 (jw - 1)2((jw)2 + 1).
. jw(jw + 0.1)
xxi) 20 ((jw) 2 + 2j;.J + 9 ) 2 ;

jw+0.l
xxii)
(jw) 2 ((jw) 2 + l)(jw -10) 2•

Esercizio 4.4 Si tracci il diagramma di Bode delle seguenti risposte in frequenza:


1 ~
• H 1 (J'w) -
-
+ 10
1+,ilOw'

./,r,, ESERCIZI DI RIEPILOGO 131

i) Si determini l'ampiezza di tali risposte in frequenza;

ii) Hi determinino, per ciascuna delle due risposte in frequenza, gli eve:i.tuali
intervalli di frequenze in cui un segnale sinusoidale di uscita risulta ampli-
ficato rispetto al segnale sinusoidale di ingresso che lo ha generato.

4.5 Si consideri il seguente sistema meccanico


ICH11rcizio

M
v(t)

u(t) ='=Mg

cluvciv(t) rappresenta lo scostamento, rispetto alla posizione di equilibrio statico


(111cui forza peso e forza di reazione elastica si equilibrano), del centro di massa
1(111corpo sospeso, M ne rappresenta la massa, K la costante elastica della molla
11 l11clichiamocon II il coefficiente di attrito che avversa il moto del corpo.

i) Determinare la risposta in frequenza H (jw) del sistema;

ii) supponendo M = l Kg, K = 0.2 N/m e 11 = 0.01 N · s/m, si tracci il


diagramma di Bode di H(jw).

l1lH1ircizio 4.6 [Sospensioni di un'automobile] L'obiettivo delle sospensioni di


1111'1u1tomobile è quello di filtrare le brusche variazioni nell'andamento dell'auto-
11111hile dovute alle irregolarità del terreno. In tal senso il sistema, descrivibile
1~1.1.rnversoun sistema massa-molla-smorzatore, si comporta come un filtro µassa-
l111.HHo.
132 CAPITOLO 4. RISPOSTA IN FREQUENZA JJJSISTEMI CONTINUI

v(t) + vo
......superficie stradaìe

Nella figura precedente, vo rappresenta la distanza tra la massa M (dello chas-


sis) dell'auto e la superficie stradale in condizioni di riposo, v(t) +vo la posizione
dell'auto rispetto al riferimento di quota (indipendentemente dalle irregolarità del
fondo stradale), mentre u(t) rappresenta lo scostamento della posizione del fondo
stradale rispetto al riferimento di quota. L'equazione descrittiva della dinamica
del sistema risulta

•f,d2v(t)
iv. dt2 +
Ddv(t)
dt + K V (t ) = K U (t ) + Ddu(t)
dt ,

dove M è la massa dell'auto, K e D sono le costanti di molla e smorzatore.

i) Si studi la stabilità BIBO del sistema.

ii) Si determini la risposta in frequenza del sistema.

iii) Assumendo D 2 < 4KM, situazione tipica per i valori delle costanti in gioco
in un sistema fisico, si determini l'andamento qualitativo del diagramma di
Bode della risposta in frequenza precedentemente determinata.

iv) Si determini la risposta al gradino u(t) = tL 1 (t) del sistema in esame.


Capitolo 5

La serie e la trasformata di
Fourier

111questo capitolo vogliamo introdurre alcune rappresentazioni alternative a quel-


llLrornita dalla trasformata di Laplace p_erj_§egnali a tmP-1!.QS_~aj;~~!Jo, siano essi
p1iriodici o aperiodici. In particolare, definiremo e ~l!lizzerELmo la serie di Fourier
per i s~nali periodici e la trasformata di Fourier per quelli non necessariam,ent~
pHrioJi_ci~Ricorrendo a ta:ÌiStrument.t Sarà
J)OSSibfÌerappresentare---r;egnali a
t,P111pocontinuo come serie o integrale di segnali fasoriali che, come abbiamo
visto, hanno la proprietà di essere "autofunzioni" dei sistemi LTI BIBO stabili.

Sfruttando tali rappresentazioni e il principio di sovrapposizione degli effetti,


mostreremo come sia possibile calcolare la risposta di un sistema LTI BIBO stabile
1td 1m preassegnato ingresso. Più in generale, mostreremo come sia possibile far
lli'lo della trasformata di Fourier per affrontare diversi problemi di analisi e di
Hint.csi nell'ambito dell'elaborazione dei segnali.

III quest_o capitolo,


.... -·
a differenza dei precedenti, adotteremo come variabile
. ---- . --- . ·--:.r.----------=-~----------
i11dipe11dcntenel Aominio delle trasformateHa frequenza f' invece dfilla._pujsaZÌWlfL_
,., Il. cui abbi~~ faÙ~-ricqr~c/fin~ ~a:·-~;~:·rii~Ò-~seguenz~,if~sori verranno ra,p_-
t E JR,e le risposte i~ _fy~_q!l~~i~--~ar@no
)ll'l?i•lelltatin~!la. f?rm!J,'._~~=-~f~_~j ç~s.çr:itte
il1t funzioni dell,'.'1:_Yar.i~bile._f. Questa scelta è dettata da ragioni storiche, dal
111< 11nento che questa è la convenzione tradizionalmente adottata nel! 'Elaborazione
ilPi Segua.li. Al fine di riformula.re i risultati ottenuti nei capitoli precedenti in
modo compatibile con questa uota.iione sarà sufficiente effettuare un cambio. di
vnrinhile, Hostit.uend~ 21Ì- {,i.il w. I
--- -- ··1 -· -- '

I :1:1
134 CAPITOLO 5. LA SERlE E LA TRASHJHMATA DI FOURIER

5.1 Serie di Fourier


Osserviamo preliminarmente che la somma di segnali periodici non è necessaria-
mente un segnale periodico. Secon~id~;i~~~à.ct esem.pio;-~.ma·-~omina dTsegnali
di tipç>_~jnu~g}4-aJe, .è -~~t~ .cheta.le somma è un segnale perf.odi~o's~ -~ flCllQ._§_e_
i rapportidei vari pe:r;iodi (equi~àlentemente; delle varie pulsazioni) dei singoli
addendi s9n9 tutti numeri razionali. In generale, se T1 , T2, ... , !n._s2~g) periodi
di n seg:nali_P.E:'!Ì<>~ici
__
~o111:po11en~i_eT.;/Ti è un nu_mero-~azionale1>,er
__
<lf;~_L_scelta
di ì e j in {1, 2, ... , n}, allora il se~ale somma è periodico e il suo perio_clq_fo!1-:-
damentale è il più piccolo numerQ_'.[,;che.~iaro,µltiplo intero (e positivo) dt _tutti i
. . r
71. °?Lf'.-'C :;;,·, .:.. , ·.,...'-i !f: Ì ,.,\ l °i;; I ;.,· , , \:,,,·,:. .... •i:, ~
J·, ,,·'. ._,,...,-.1.t>
L, /"}e, D~

Esempio 5.1.1 Il segnale ····J\è'


v(t) =2 cos(400nt + 4'1)+ 3 cos(600nt + r/>2), t E JR,
è periodico dal momento che 4001r/(6001r)= 2/3. Il periodo della prima compo-
nente.è T1.;;2rr/(1,00rrf;;·1/2bo-s,mentre il pèriodo della se~o;:da componente
è·t2 = 211"/(6001r)= 1/300 s. Osservando.die·· .... .. .....
- . . . ---·-·......... . . ....
..
'·--~-~~"•-.:........._
/ T1 3·'\
·. T2 = 2')
s_ideduce che il periodo (fç,ndame~deÌ =
segnale co~plessivo è To .=:=i'.1}.
3T2 = 1/l00 s.
Invece, il segnale
v(t) =_2_sin( ../2t+ 1) + 3 ~o~(~ ~-2), t E JR,
non è periodic:Qperché U i:apporto delle pulsazioni è un numero irrazionale, ovvero
({i._E) ' ' -·-------···-··---·-..., --. ,,,,, •
Come conseguenza delle precedenti considerazioni, possiamo affe~~-a~E! che
ogni combinazione lineare finita di fasori con frequenze mli'it°ipledi una a,i;;seg!,1.~ta
fr~Ùenz~ lo ·;; 1/Toè un segna!e
_f.ç>!!Q..~enta.Ie ..p.erioclico dLperiodQ.ir.~,i Tal;-
evidentemente. anche. al caso di somma infinita e, specific;ia,-
prQP.ri#~ ~j. ~!it.enclE:!
mente, alla somma della serie · ·· · .._·-
+oo +oo
v(t) == E vk ei2w:kfot = E (5.1)
k=.-00 ..... k=-oo

a condizione che tale somma sia c_Qnyergente.Nell'eventu~ità)n cui i coeffiçklltL


'Vksiano "quaxjf{fa.èQij}piesse·:·un
volt~ rappresenta.toJlk in..mo!f:µ)Q.~_J~~-QY_y~ro
come Vk = lvkleia.rg(~.),
si ha, inoltre,
+oo '
v(t) = L lvklei(21tk/ot+e.rg(v.))_
k=-oo ·'
[U. SERJEDJFOURJER r:;,1<>,{r> \J>., 1h o~,\ ,,n,,.i, ... .,o,.lc~ l't~I 13ti 1,
,,, I \.-,.,-..,\·c·,\1),1'\ t-t1r\,,.,r ..610::- .....\(· ,,<.: Al_
,,.., ...1. (l..1.-'(--f\(r u,-q"\11)\() ,0 8 1.u ,,,
.J .; n.,·a~-• (._1,Y., k,. -~ ·~) .__r ·t J,.('-"'-, --
È immediato, inobe, r~nd~rsi çonto del fatto ~~}E'l_P.!~~e~~_!!:t_i~onsiderazioni 1:11
estcndo~lO al caso di somma infinita di segnali sinusoidali con frequen-;;e multiplo
di UI!,a !tS~egn~ta;_freg_l!_tixiza-:-----. ... . . . - - - .- . .

Una volta o_~se~~gi__s:~~-9-~I?._!Ilil-_9:Lfas{)_ri_<J _g_i,__stl_g~<!-li


.. sinusoid11.li.~~r1
frequenze multip!e_gtu11a fr~~~~~ [q _è_sempre 11nsegnale periodiçq qi p~r.jgdo
To = 1/fo, è naturale domandarsi se valga il viceversa,/ovvero se un segnale
periodico di periodo T0--sfo.-sempre Iappresèntàbile-come còmoinazione Hiieare--111
fa5ori con fréq1iénzéji:ù1lt.mfè~g~l,l~fi:_':CJ,uen:iaJo/La risposta a tale domanda va
ricercata nella teoria della serie di Fourier che rappresenta l'oggetto della restante
parte di questo paragrafo.

.della. seri-e-di--FGurier:
Converge°-_Z_!l,_p_untuale
sia v(t) una funzione periodicfiJiL.12-eriodp_'fn, reale o complessa di variabile
reale.- Se--;-Vfil
è gtue~..!,~ 1 <:oul-iu~.1_a,~_i;e~~~~~l,~~e_~!~~~~~ivabi.le,
cu.u ~~·!~at_a
~T~);.:to E JR,allora v( t)_p_e>s~~e.d~
prima g~~~ralmente continua e Hmit~-~~~1::1::l9..2..!.q_
solo discontinuità eliminabili o di prima specie 2 ed è quindi una funzione limi-
tata. Sotto taµ iI>ot~sjJ_afu_n.,iione-;_;(t)risulta si~. :;i()mmabile. a che-quad.r~to
~ommabile_iD_[to,_fo_j-_'.f.Q},JJ__cpe.
eq1:1i'!'~e.11_
dir~ che_~~istO_IlC>,_iÌ!}iti,
j}spe~tiv~
mente, l'integrale - ·· · ··
{to+To
lt, lv(t) I dt < +oo
_!o..··-------·-- . -----...--·--·-·····--·
e l'integrale

. ---·---------·~"-------··--
l to
to+To
lv(t)l2 dt < +oo.
-

Una funzione v(t) periodica di periodo To che soddisfi alle suddette congj_i1:jooi
è ··ovvero,
sviluppautlé-iiiserìiùU:.Foù.r.ier; ..per _ogn.tT€-fto,t[)_±_
t~in:_cui..la
funzione ris~~~-co~!inua, val~__
l'i<:l~~tità
, 1•,'"\,.I, .. , j' _ S.(~I~(.:,',_:: 0 ~, +oo
I '1
,.,·--1'·1:1,:_(1
(1 ~--.,tt'A.
·..11--1
'i;..-~
....
,.,_~
t'A,11C\
~.) v(t) = 1: Vk ei21rkfot, ,.. (5.2)
k=-(X)

dove fo = l/To ed i coefficienti dello sviluppo in serie sono dati da

(5.3)

1Si dice che ima funzione gode "generalmente" di una data proprietà su un intervallo finii.o
[11,
b) 8e tale proprietà.è verificata su tutto [a, b) a.d esclusione di al più un numero finito di punti.
2 Si111, mm funzione definita su un insieme I ç JRe sia f E J un punto di accumulazione pm·

I ì11cui ·v non è, cont.ì:ma. f è punto di discontinuità eliminabile se esiste finito lim 1.-,I 11(t)
cd è un punto di discontinuità di prima specie He esso è un punto interno ad / cd c11it1t.mm
do11l.ro<Il 11(/) p11rt tendente a f, m11essi non c:oi11d;lo110.
finiti Hi!til limite sinistro che il 1111111,1'
136 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA THA!:WOU.MA'I'ADI FOURIER

Invece, per ---·--


--
i valori
--------·
di t in cui la ~--
-----~---------- --------~
--
funzionenon.è
- . ··----
...continua,la serie
+oo ·,,
L Vk ei21rkfot \ (5.4)

----
k=-oo _,,,../

restituisce . la. -media


. ..
aritmetica trair1tmite·
-· ·-· -·····---·-··-----·---······-··-····
destr;;
ed il limite s_inifilr2..dJl.fu.
... ,----"''""···""'""'"
funzione .
in t, ovvero ·"· · -·· · · · -
~ ei2rrkfot
(5.5)
- v(r) + v(t+)
L Vk - 2 .
. ~..=:"'.- ..--- ------------·- -------·-
Inoltre, la serie (5.4) converge uniformemente.-~ _y(t.)in _?S_Il! i11tervall9 chiuso
contenuto in (io, io·+r~)'IncuC@n";;adano punti.di di~~;iitìnuità.
La (5.2) restituisce una rapp~E:~entazione cli_v_(.tJ_..come.sommadi fasori ed è,
quindi~ detta equazione dfsii;tesi dell11serie qiFCJl!r_i&,ment.re la (5.3) c2~!_e
di determinàreTcoefficieniT"éfa attribuire ai fasori e per questo I!l.9.tiYQ.è....anche
detta equazione
di aiiaffsI:
- --·- ........- .
Si n~tic:he iÌc.oeffi~i~~te vo rappresenta il valor medio (calcolato sul periodo)
v(t). Se v(t) è una funzione reale vo è a sua volta reale e può essere
d~l!_a.,_funzione
determinato, in alcuni casi di interesse per le applicazioni, per semplice ispezione
del grafico di v(t).

È possibile ottenere, oltre alla rappresentazione (5.2), detta in forma


esponenziale, anche una rappresentazione in forma tri~nQ~~1rica della
il caso
serie di Fourier. -Supponiamo-ch~..1'..(t)--=-sìaniale,--òaCri:iòmiito_~.Qegu~s.t~
a cui siamo magg_iorrp,~,nt;_}nte~essati.Da tale ipotesl-segue che

. .... ::*_l:~~~o--~~~!~~=~
--·~-:-k 32,,,~~:;:t~t·:=:~:·
---::;:
..~.'
-... 1

e si ha, pertanto,_lv-kl =
•- ·- -·--•••~···- ·•• • •• . .. .
lvkle arg(v-1c) = -arg(vk)•
• •• .. ___ ,,,. ----r~•••M---•-••• • '
Di conseguenza,
-1 +oo
v(t) = L lvkleJarg(v1<)ej21rkfot + Vo+ L lvkl ejarg{vk)f!21rkfot
k=-oo k=l
+oo +oo
= L lvkle-jarg(v")e-j2,rk/ot + vo+ L lvkl eiarg(vk)eJ21rkfot.
k=l k=l
Pertanto, invocando le formule di Eulero, si ottiene
--- ·--··-. -··· --- ---- -· - ··- -~-
+oo
--
11 v(t) = vo + 2 L lvklcos(21rkfot + arg(v1c)),
k=l

o, equivalentemente,
+oo
1' v(t) = vo + 2 E lvklsin(27rkfot + arg(v1c)+ 1r/2).
k=l
r,,1. SERIE DI FOURIER 137

luline, è anche ~ossi~il~ _:appresentar~-~W...in termird cl,!seni __


e_c~s.13-11~:
+oo +oo
v(t) = vo + L A1ccos(2,rkfot) + L Bk sin(2,rkfot), /
'\. k=l k=l .. i
• ·····-········ ..··-· ............................. _. I

dove, Vk E N,
Ak = 2 Re(v1c)= 2lvkl..cos(arg(v1c))
..

B1c= -2 In:i(vk)= -2lvkl sin{arg(vk)).


Hi uoti che Ak e B1csono reali per:__ognivalore di_k E.N.
--~------4--,., ...--.-···.
Per CC!.l!~I!!:~~re, reale è anche
osserviamo che se la funzione v(t) 9-ltre ai;fe~s.El_r~
1mri,~~ora _Pe~ogniW~·--·-~:=~~~v~.k-~~k""': .. -- - . - . -- -

11 quindi tutti coefficienti Vk dello sviluppo in serie di Fourier esponenziale sono


Inoltre tutti i coefficienti Bk sono nulli. Similmente, se v(t) è reale e dispari,
l'l!ltli.
·1111= O e i coefficienti Vk, k -=fO, dello sviluppo in serie di Foùrier esponenziale
Hono immaginari puri. · Pertanto tutti i coefficienti Ak dello sviluppo in serie
l,rigonometrica sono nulli.

Convergenza in media quadratica della serie di Fourier:


suimonia,yio ancora che _l~..furu.:tQ.l!.~_!l_{f)_&!!_ generalmE:nte_conti™--..e gene-
mlmente . ~~~i~hlle, con d~riva,t~. prima. g_~ll~~alme_n~~ ..!'.l?~t!!Y.~.-~.J\m.t~.~1!!..
~u
..!.!!.§_~! ...~ ..9~!~~!
[I.o,to + .1:b.li ..~1:t.1~t~11.svil1J.ppoin serie. di Fourifl_r.:In molte
HiLuazionipratiche non è possibile rappresentare v(t) attraverso gli infiniti ter-
111inidella sua serie di Fourier, ma è necessario ricorrere ad una serie troncata,
nelesempio ad una somma pesata dei soli termini eJ 2"'kfot per lkl $ L del tipo
+t .
,,...,.
VL(t) = L vk ej21rkfot. _! (5.6)
I k=--::!, '

Ovviamente il rappresentare v(t) mediante una somma finita porta ad un errore


, li rnppresentaiioiiEi"eae·natufale chiedersriìiJ$.ifr:nbcicf
vaj,ajio scelti i coéfficientì
\!A,in m~d~· d.a ottenere -larappresentazione "migliore''. possibile tra quelle vin-
c·olate ad avere la struttura (5.6), cioè tale da rappresentare la funzione v(t) nel
111udo"più fedele", a parità di numero di addendi. Per rispondere a questa do-
111andaè innanzitutto necessario definire una misura per l'errore associato ad una
rnppresentazione vL(t) di v(t). Una misura comunemente adottata è il cosiddetto
c,rrore quadratico medio (MSE, ovvero mean sguare error), definito come

MSE(v(t), vr,(/.)) =-71, lta+To leL(t)l2 dt,


o '·Il
138 CAPITOLO 5. LA SERJE E LA 'l'llASFORMATA DI FOURIEH

dove l'errore eL(t) è


eL(t) ~ v(t) - vL(t).
Si noti che vL(t) ed eL(t) sono, a loro volta, segnali periodici di periodo To e che
MSE(v(t),vL(t)) rappresenta proprio la potenza del segnale (periodico) d'errore
eL(t). Pertanto la scelta "ottima" per i coefficienti di VL(t) è proprio quella che
minimizza la potenza del segnale d'errore.
Si può dimostrare che i valori di Vi che minimizzano l'errore quadratico medio
sono proprio quelli della serie di Fourier associata a v(t), i.e.

Vk = Vk = -1 lto+To .
v(t)e-J 21rkfotdt, k = -L, ... , -1,0, 1, ... , L.
To to

Questo risultato è un caso particolare di una situazione più generale che


riguarda la classe dei segnali v(l) verivtlid tli perivùu To e a quadrato sommabile
in un intervallo del tipo [to,to + To), to E JR, ovvero ad energia finita su tale
intervallo. Anche in tal caso, infatti, è possibile ottenere i coefficienti Vk, lkl $; L,
media.nte l'equazione di analisi (5.3). Inoltre la serie
+L
VL(t) = L Vk ej21rkfot (5.7)
k=-L

converge in media quadratica a v(t), ovvero

lim MSE(v(t), vL(t))


L-++oo
= O.
La convergenza in media quadratica può essere interpretata nel seguente modo:
come già evidenziato, MSE(v(t), vL(t)) rappresenta la potenza del segnale (pe-
riodico) d'errore che si compie quando si approssima v(t) con VL(t);la convergenza
in media quadratica corrisponde al fatto che tale potenza tende a zero quando L
diverge. Tuttavia, tale convergenza non assicura la convergenza puntuale.
In prat:ca, mentre per un segnale periodico v(t) che soddisfi la famiglia di con-
dizioni elencate prima della (5.2) (equivalentemente, della (5.6)) esiste lo sviluppo
in serie di Fourier ed esso restituisce puntualmente (ad eccezione dei punti di
discontinuità) il valore di v(t), per un segnale periodico che sia solo a· quadrato
sommabile in un intervallo di lunghezza pari al periodo lo sviluppo in serie di
Fourier è ancora possibile ma la serie converge solo in media quadratica alla v(t).

Fenomeno di Gibbs:
quando si cerca di approssimare il segnale v(t) con l1t snrin l.roncata v 1,(t),
data dalla (5,7), ha luogo un interessante fenomeno. l11fol.l.i,rnm<) evidenziai.o
n,1. SBRIE DI FOURIER 139

rin ,Jrn;iahWillard Gibbs, il segna.le sintetizzato vL(t) presenta sempre un anda-


11111111.omicillante nell'intorno degli eventuali punti di discontinuità e il valore di
1,h~c:o <ii tali oscillazioni non decresce al divergere di L. Questo comportamento,
l1t'I'cmti aspetti sorprendente, merita di essere analizzato in dettaglio. Se conside-
rhu110,ad esempio, un'onda quadra v(t) di periodo T la cui restrizione al periodo
I '/'/2, T /2) sia data da II (TT2), tale segnale non solo è a quadrato somma-
hll11in [-T /2, T /2) ma soddisfa pure la famiglia di condizioni che ga.ranti.sce la
111111v11rgenza puntuale della serie di Fourier di v(t) a v(t) stesso. Di fatto,

T
V t- E R , t- 'F± 4 + kT, k E a..,
'71
VL(l) -L-,.+oo v(l),
numi.re
1
V t- E IR,t- = ± 4
T
+ kT, k E
'71
IL.I, VL(l) --- -,
L->+oo 2
ovvm·unei punti di discontinuità VL(l) converge al valor medio tra il limite sinistro
liii li limite destro nel punto stesso (addirittura, in quei punti vL(l) = 1/2 per ogni
/~). 'I'nttavia la convergenza non avviene in modo uniforme. Di fatto, tanto più
111ti prossimi ad un punto di discontinuità tanto maggiore deve essere il valore di
/, che garantisce un errore inferiore ad una preassegnata quantità. In definitiva,
11Iclivergere di L la fiequenza delle oscillazioni del segnale sintetizzato cresce
11l,11.li oscillazioni tendono ad essere "compresse" verso le discontinuità. Questo
11m11portamento,comunemente noto come fenomeno di Gibbs, è illustrato nella
1111i,r;111mte
figura con riferimento all'onda quadra prima descritta.

1.2-

o.a-

o.,
E~
>
0.4

--'---'----·
•0,1 O 0.1
'--~-~~
O.li! 0.3 0.4
l(HC)

Figura 5.1: Fenonlf'IIC) <li Gil>bs per un'onda quadra.


140 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TRASFOHMATA DI FOURIER

Potenza di un segnale sviluppabile in serie di Fourier:


ogni segnale v(t) periodico di periodo To ed a quadrato sommabile su un
intervallo del tipo [to, to + To), to E R, è un segnale di potenza. Infatti, per un
segnale periodico si ha

I 1T 1 1to+To
Pv =T-++oc
lim 2T
-T
lv(t)l2 dt =-;;;--
.LO to
lv(t)l2 dt

e, in questo caso, la quantità sulla destra è per ipotesi finita. È naturale chiedersi
se P 11 sia pure esprimibile in termini dei coefficienti di uno sviluppo in serie di
Fourier di v(t). Se facciamo riferimento allo sviluppo in serie esponenziale di v(t),
ovvero a
+oc
v(t) = L Vk ei21rkfot,
k=-oo
è possibile dimostrare che
+oo
P.}= I: lvk12 • (5.8)
k=-oo

Si noti che poichè la singola componente fasoriale Vk ei 21rk/ot ha potenza (media)


pari a \vkl2 , ne consegue che la potenza complessiva di. un segnale periodico,
llviluppabile in serie di Fourier, è proprio la somma delle potenze delle componenti
fasoriali. Ciò è in accordo con il fatto che due segnali fasoriali ei 211kfot e ei 21rhfot,
con k =/:-h, sono segnali di potenza ortogonali.
Infine, val la pena di sottolineare come nell'approssimare un segnale perio-
dico v(t) attraverso la somma di un numero finito di fasori, ovvero con il segnale·
vL(t) precedentemente analizzato, la scelta dell'intero L sia tipicamente dettata
da considerazioni energetiche: infatti L viene scelto in modo tale che VL(t) "con-
servi" almeno una certa percentuale (ad esempio il 90%) della potenza del segnale
originale v(t).

La precedente relazione (5.8) è una particolarizzazione del teorema di Par-


seval e consente di calcolare la potenza di un segnale periodico a partire dai
coefficienti della sua serie di Fourier. Più in generale, il teorema di Parseval
afferma che se u(t) e v(t) sono segnali periodici di periodo To ed a quadrato
!lommabile !lu [to,to + To), to E JR,è possibile calcolare la potenza mutua di u e
v facendo uso della seguente relazione

1 1to+To _ +00
Pu,v = T, u(t)v(t) dt = L UkVk,
0 ~ k=-00

dove Uk e vk sono i coefficienti dello sviluppo in serie di Fourior esponenziale


rispettivamente di u(t) e v(t).
5.2. RISPOSTA DI liN SISTEMA LTI AD UN SEGNALE PERIODICO 141

5.2 Esempio: Risposta di un sistema LTI ad un se-


gnale periodico
Come si è visto nei capitoli precedenti, un sistema :i:,TIBIBO stabile con __ ris.Qosta
im.1>_ulsiY:~
_r~~le_ _If.(j21rD, che nel s~guito indicheremo con
e i:isp(?~tal_n_.f.reqµ~)1:~_a
il simbolo H(f), risponde-~,-,
ad un ingresso
... . .... sinusoidale
----··---· :· . .....
~
del tipo
. ...

11.(t)= Acos(21rkfot_+ </>)_;-. t E JR,


k arbitrario intero noi',_]
negativo, con
-i .. - ··--··..... . . . i
/v(t) ~A· IH(kfo)I cos (21rkfot +_<ti t E JR.
+:.1!:!~(H{.fe.fQ)2)_,/
Tale risultato si gener~liz;a a,1:caso di un seg!).~e_periodico reale. Infatti, upe,
volta rappresentato tale segnale periodico in ser_iedi Fourier trigonometrica, i.e.
__ , ···-----·--····· ··---~· ...
+oo
u(t) = uo + 2 L lukl cos (21rkfot + arg(uk)),
'i k=l

applicando il principio di sovrapposizione degli effetti, si ottiene per la corrispon-


dente usc~t~!9-se,~:ii~~!sI>tèss~~rie"" -- . ·- - . --.
+oc ~
v(t) = H(O)uo + 2 E IH(kfo)I · iuklcos (21rkfot + arg (uk) + arg (H(kfo))) \
. ~=l -- -- -···.

dove si è tenuto conto sia del fatto che il sistema è reale, e quindi H(O) è reale,
sia dèl~ta:t~~-~~}1?:~~-~~sq;~lt/è ;~al~. ·- -···- ·· ·· -·-
Chiaramente un'analoga relazione vale nel caso in cui, invece che alla serie
di Fourier in forma trigonometrica, si faccia riferimento alla serie di Fourier in
forma esponenziale del segna.le di ingresso u(t).

• •
yt,Q. Sot~N4L 1 (i~;--~-:
;;;~~~-0
4=n,.c;.,A-t1J)~CJP-tJ\-;?.-1,;:
(),'-IA VFS.C./2\~\'>,
5.3 La trasformata d1 Four1er ~ r-1 Ti.- f. 'rl. ,-l ~ r;::>-.~i-AS":'+-'J._
Anche per segnali non periodici è possibile fornire una descrizione in termini di
fasori. Lo strumento che ci consente di farlo è la trasformata di Fourier. Da.to un
i-;egnalea tempo continuo v(t), t E R, ne definiamo la trasformata di Fourier
come
fA<;ffP.J.'l/+Ì/o.t:>1
fMf 1.é.f..
F[·u(t)] = V(f) •
00
00
=j_...
v(t) e-j 21rft dt (5.9)

ed essa è una funzione a valori complessi della variabile reale f. La formula di


antitrasformazione, che consente di riottenere v(t) a partire da V(J), è data
da-·· --------- ------------ · ·· ···· · ·----·- ....- ·· · ·-------··
..----·--·--:_,·;-··;·-·
·

r ;),.-:.,

I
,.,l.1'r
••
:
,
.1"-1[V(f)] = v(I,) = /+oo
.
V(/)
00
ei21rft df. :
, ,Al-<JI.
(~.10)
-~1l'p'.)_r;..11~
142 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TRASFOllMA'I'A DI FOURJER

~~_indicare che v(t) e V(!) sono messe in relazione tra loro dalla trasfo.~~1ata.ci!__
Fourier si utiH~z~Ja.i6taz1oiie---·- . ··-··- -·-··-- --- . ···-· .

/ v(t) LV(!). I

Adottando una nomenclatura analoga a quella utilizzata nel caso della serie di
Fourier, chiameremo la (5.10) equazione di sintesi, perché consente di "sin-
tetizzar!=l'.'v(tl_~ pa,.):t.i.rf_çia uri,;11!1fi).if~ (non nunie~abfie) 7r'.~
..
di f~prl.~! 2 ~~.-~ui
ampi.ezz~ (~m,_p)es~!l,}_è (!!)-ta~~l ~lore.. del!a..l'._~~J. L'e.<i..l!.~if>.i:i.~J!>~~.l~ce,
ver.rà.det.t.aeqnazfo.n..e ..dLanalisLperchéconsente di analizzare v(t) in termini
del suo contenuto ,i~_f~~gJ.!enza. · · · · ···--
È importante sottolineare che weutre la secie_Jii..Eourierpermette di Ca.JlPDT
sentare un segn~riodlco.,. nel_dominio della__frequenzlb_ ..com.e somma di una
successionenumerabile di fasori, la trasformata di Fourier permette di rappre-
sentare unsegnale apèrfodico
. ..- .. ' , ...·-··-·
·un·
medfa,iite ''continuo" di frequenze..... ..... ·- ·--.
.-·· ......... --------··---·----- .,. ·-·._.,,.,...,..,, ... -~------·'"'--·-

non ci siamo preoccupati di formulare nessuna condizione a.fii~


FinQ__a4__Q!1\,
le equazioni di analisi e di sintesi siano valide. A tal riguardo è possibile consi-
derare· 3 diffère~ii ipsi~mC~f ·cond.iifonì
·sufficienti: . --· -·······--
···-·-·-···-··...--· · ···-

i) v(t) è sommabile in_~,J-.e-


; +oo
lv(t)I dt < +oo,
-----
;' [
00

- ..
es:l
..è..una_ftm.z.iqn.~
-~--Y!!I'~one limitata su ogni intervallo finito, cq~ ciò
intendendo che per ogni inté;vaIÌofinifoT.i:iIR-vale· -·.... . .··-··. -

sup
-
I: lv(tH1) -
i" - . . ..
v(ti)I < +O(),
. ·-· .

dove il "sup" è calcolato.rispetto.a tutte le possibili.partizioni.di I in un


nuniero--fìnito-diintervalli disgiunti (ti, tH1).

ii) v(t)._è a quadrato sommabile in lit, i.e. 3

. ~..o,·1,·.p
'"f'
./ ~(\f·U..·~.
.} ,.,.~l·t- .., I, , •. , '

c·Tz+:
1v(t)1 < +oo,__. __) 2
dt
I
. \;

e pertanto, poiché l'integrale che compare nella precedente espressione altro


non è che l'energia del segnale, v(t) è un seg~ii; di e~-~gia: - · · · -··--·-

:1Diremo in tal caso che v(t) è un elemento di L 2 (R).


5.3. LA TRMWOll.MATA DI FOURlEU 143

iii) v(t) è un segnale di potenza, o, più in generale, una "distribuzione _tem:gp~


rat~" 4 _-- ·--- - ··-- · -------· · · --

Vale la pena di osse::vare che


-·-----------·- ---- -~-·------

i) la s_ommabi)ità, ij5fil.C.ural'esistenza de_U~..Y..(JJ!l..


t.1l,Je.VJ.D.1i~p,!:t_f!_~9.aj;Jnu~_e
infinitesi!!l_a ~l! 'infinito. ma DcQp._11~ç-~.l>M}amente. sommabile. L'ipotesi ag-
giuntiva che v(t) sia a variazione limitata su ogni intervallo fì._nitQ__gar~ce
la valiclità°_cle))~_formgl§c..di ant_iir~~~!!i~farie.~i~!~;Q~Q:~ll.a:ç_QPYCJ.:ge,nza
puntuale, con ciò intendendo (come nel caso della serie di Fourier) che
l'equazione di sintesi restituisce la funzione v(t) in tutti .LP.!mt.L<liCC>.!}ti-
nuità_.ecfrf_~fo!:.fu.~çficq_rii"!~l!ii~~~~ì~~f~.-f de~ti?~~~!t~-v.(tL!W\
..
IDUltLdi
discontinuità. Inoltre l'integrale nell'equazione di sintesi va inteso come in-
tegr~Ì;-i;;jor principale secondo c~~chy, con ciò intendendo che l'integr~le
pu~ es~~!er~ sol~_~iL~~s?_.éhe 11l!I?ite ·· ·· ------· - · .. .. . ·-- . -

i
/ lim
;B-++oo
j-B+B
V(!) ei 2w;ft df

esiste finito.
-~--------·
Val la pena evidenziare che se v(t) è -~-s~_g!l:~!~.sommabi~~-!:'-..Y.:~tl.!~Jt
presenta
- -••·•
la sua trasformata di Fourier. allora dall'equazione
...... ' ••••••··--·•"-•·-·-r-'-·-•~1w,.-•·•··• ..·..--..~"~··••,••,,.
>
di analisi
•l',,-,•:,-it.,,._,.,,,_~,.,.,,.,,~_.._,._
•- , ,•,•.,••

1+00-····
····-···-········
.··\
I ··--

iV (f) = -~~:~t dt _)

si decl~~-9.l~J).g_t~ls!aj._~_d.el segnale v(t) coirici~El-con_iL valor~ .~sl}pto


in f = o dalla sua trasformata.di Fourier. Analogamente, facendo uso
d~ll'~~~ion~ dj·;i~t~~c·~~lÌÌipotesi in ci:i:iv(t) sia continua lil o,si ottiene
la seguente identità ·----- -·- ------·
------
i
' +00
~~0)_:_] 00 V(f)df. /
4 Chiamiamo distribuzioni temperate i funzionali lineari e continui definiti sull'insieme
delle funzioni infinitamepte derivabili e a decrescenza rapida, con ciò intendendo quelle che
Hi annullano con tutte le loro derivate più rapidamente di ogni potenza della loro variabile
indipendente. Si può dimostrare che la restrizione di una distribuzione temperata allo spazio
r:,':" è una distribuzione. L'impul~o di Dirac è una distribuzione temperata. Inoltre ad ogni
l'unzione v(t), t E JR,lo:aJmente sommabile ed a crescenza lenta, ovvero per cui esista N E N
1.1ileche ~ tende a zero per ltl -, +oo, è possibile associare una distribuzione temperata,
in maniera d•1l t11tto analoga a quanto visto nel Capitolo 1 per le distribuzioni. Come nul
1·1L~odelle distribuzioni, le distribuzioni temperate che possono essere ottenuta a partire cl11
funzioni localmente sommabili ed a crescenza lenta sono dette "regol8J'i", le altre sono dettu
"Hingolari": l'impulso di Dirac è un esempio di distribuzione temperata singolare. È importnut,u
l."ner presente dw per tutte le diHtrilmzioni t;mnpemte è pos.~ibile definire la tra.~fommt,n <li
l•ìmrim· od e~Hnè, n sua volta, 111111dlHl-rlh11;1.lo11n
t.empcrata.
144 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TRASHJU.MATA DI FOURlER.

ii) Nel caso di _segnalidi energia sia Pequazi(?l'.!~di ~alisi che quella di sintesi
vanno intese nel senso della convergenza in media quadratica. Inoltre, in
questo contesto, wu.~~~·fi:~Sa llll_afi.n1z!C)ne.
a 9-!:'_adrato'soml!l_~bile.__
In
particolare, la trasformata di Fourier ristretta alla classe dei segn~i_c!!,_f,~(~
risult_iies.~~te·un~QE~ràtoùi(da L2 (R)"ìn L2 (JR)).bi_i~t~i:YQ, ~-~()ll_~~i?.~~
__ di
identificare segnali che differiscano su un insieme co11misura di Lebesgue
nulla. · · ······· · ·- --
S~v(t) E L1(1R)n L2 (1R),allora V(!) gode sia delle proprietà elencate al
punto i), con riferimento al caso di segnali sommabili, che di quelle or ora
elencate e_relative ai segnali di energia.

Ritorneremo nel seguito sulla trasformata di Fourier dei segnali di potenza e di


alcune distribuzioni di interesse per le applicazioni.

Riportiamo qui di seguito le trasforma.te di Fourier di alcuni segna.li che sod-


disfano le ipotesi i) e/o ii).

a) Esponenziale complesso causale.


La funzione esponenziale complessa causale AeNe.>.t1L1 (t), con A un numero
reale positivo, cj,numero reale e X numero complesso, è a _variazione limitata su
ogni intervallo finito ed è sommabile nel caso in cui Re(À) < O. Sotto tale ipotesi
si ha
"t/1.>.t :F AeJtP
Ae' e IL1(t)--+ j 2-rr/_ À

b) Esponenziale complesso anticausale.


La funzione esponenziale complessa anticausale AeJ<t>e.>.t L1(-t), con A un
numero reale positivo, </)numero reale e >.numero complesso, è a variazione
limitata su ogni intervallo finito ed è sommabile nel caso in cui Re(>.) > O. Sotto
tale ipotesi si ha
'4>.>.t :,: -AeJ<P
Ae' e L1 (-t) ....- j 21rf _ À.

e) Finestra rettangolare.
La finestra rettangolare di ampiezza A e base T (entrambe reali positive), cen-
trata nell'origine, è un segnale sommabile e a variazione limitata su ogni intervallo
finito, di conseguenza esiste Lasua trasformata di Fourier e si ha

A· II (f) ....!...,,(AT) sinc(/T),


ri.:I. LA TRASFORMATA DI FOURIER 145

. ( ) . sin(1rx)
smc x = --~.
1TX

Il v;rnficodi sinc(x) ha un andamento oscillatorio che è interamente contenuto


lu curve relative alle funzioni 1/(7rlxl) e -l/(1rlxl), come illustrato in figura.
l,l'll
l,11funzioni l/(1rlxl) e -1/(rrlxl) forniscono l'inviluppo di sinc(:z:)e tale funzione
IIHHllme il suo massimo assoluto, pari ad 1, nell'origine. Essa presenta dei massimi
11111inimirelativi (di valore assoluto via via decrescente) e si annulla in tutti i
del tipo k E Z, k -1-O.
1111111.i

•-•~-~-~-~-~~-~-~-

1.5

o.s

-(),5
\ I
., ~ \ 1'

~.~t--.~~
-~-~--.,,~·
__\!~ 1

Figura 5.2: Funzione sinc(x).


-~-~.-~.~
A11a.logamente,le funzioni A/(1rl/l) e -A/(1rlfl) forniscono l'inviluppo della
lr11ttformatadi Fourier in esame, V(f), che assume per f = O il suo massimo
pari ad AT. Essa presenta dei massimi e minimi relativi e si annulla in
11111111l11to,
i punti del tipo k/T, k E Z, k i- O. Infine, in base alle considerazioni fatte
t,111.1.I
1111'111l~io
del paragrafo 5.3 relativamente ai segnali che soddisfano la famiglia di
i),
l1111l,1•1·d
1_
+00
00
V(f)df = v(O) = A,
111,1;11i
11111· valore di TE lR+. L'andamento della V(/) è illustrato in Figura 5.3.
HPhhene il segnale V(f) abbia supporto illimitato in entrambe le direzioni
1lt1ll'nHHtldellefrequenze, tuttavia, per parecchie applicazioni è conveniente e ra-
Mhnu•volu, in virtù dell'andamento decrescente di tale funzione, comiiderarne la
~Jll'Nlrnm troncata ad un intervallo di fru<111enze del tipo [-B, B), B > O, dove
146 CAPITOLO 5. LA SERlE E LA 'I'llASH>U.MATA DI FOURlER

B viene scelto, ad esempio, sulla base di considerazioni energetiche. Su questo


punto torneremo più avanti nel corso di questo capitolo.

:.::r-·
1,2A+
AT-

·t
I I
O.IAll I °II
I
I
I
O.SAT
I ; i,
I I
I I
0.4A, I I
I I
I I
I
0.2A I I
I I
/'\ I
I
I
I
/\
o- V \ ! I I \./
~.2A - 'J \/
L__,.~--'----~
•BIT ·IIT •'411' -2/T o vr •rr fl{T
.IlllT

Figura 5.3: '.fra.sformatadelle li.nestrarettangolare.

5.3.1 La trasformata di Fourier di segnali di potenza


Come accennato prima, il calcolo della trasformata di Fourier di segnali di potenza
richiede una trattazione a parte. Un approccio rigoroso richiederebbe L'impiego
della teoria delle distribuzioni temperate. In questa sede, tuttavia, adotteremo
un metodo euristico, meno formale ma altrettanto efficace, e introdurremo per
un segnale di potenza il concetto di trasformata di Fourier al limite. Sia

I WT(t), TE R+,

una famiglia di "finestre" (con ciò intendendo che si tratta di segnali a supporto
compatto) indicizzata sul parametro T e soddisfacente il vincolo che, al limite
per T tendente all'infinito, WT(t) converge al segnale costante di valore unitario,
i.e. per ogni valore di t E JRfissato vale

lim WT(t) = 1.
T--,+oo

È possibile considerare, ad esempio, la famiglia delle finestre rettangolari di


ampiezza unitaria e area TE R+, i.e:
!i.:I. LA TRASFORMATA DI FOURIER 147

oppure la famiglia di finestre triangolari di ampiezza unitaria e area T E lR+,

Hl noli che negli esempi precedenti il parametro T risulta legato all'area e quindi
1il111.
durata del segnale (sebbene nel caso della finestra rettangolare area e du-
mt.11coincidano, mentre per la finestra triangolare la durata sia pari al doppio
ch•ll'nrea).
Al fine di calcolare la trasformata di Fourier di un assegnato segnale di potenza
R, è necessario "finestrare" il segnale, ovvero moltiplicarlo per wr(t),
11(/), /. E
in tal modo il segnale finestrato
111.t.rnwndo

VT(t) ==v(t) · WT(t).


l•:10-ic
I H1trà un segnale di energia, dal momento che ha supporto compatto, per il

111111leha senso definire la trasformata di Fourier. La trasformata di Fourier al


llmlte di v(t) è definita come il limite per T-+ +oo (nel senso delle distribuzioni)
clt•llntrasformata di VT(t):

V(!) == lim VT(f).


T->+oo

Hl 11111.i
che tale definizione risulta assai naturale visto che

lim vr(t)
T->+oo
= v(t), t E R.

luoll,re la scelta della specifica famiglia di finestre non condiziona il risultato fi-
1ml11, quando tale procedura di valutazione al limite giunge a buon fine, con ciò
lut.mulcmdoche esiste limT-++oo VT(f). In definitiva, la procedura per il calcolo
1lnll11.l;rnsformata di Fourier al limite di un segnale di potenza può essere schema-
nel seguente modo:
l.ll!',1.u.t.n

FIN :F T -,. +oo


v(t) - vr(t) - VT(/) - V(!).
Hl 1101.i che la procedura illustrata ha una forte valenza applicativa: nella pratica,
il calcolo della trosformo.ta di Fourier si riduce necessariamente al calcolo
1111'111.1.i,
1lt•ll11.
trnsformata di Fourier di una versione finestrata del segnale di interesse.
C.~111,Hl,oargomento, tuttavia, esula dagli scopi di questo libro.
Hi noti, infine che, dal momento che i segnali periodici sono particolari segnali
,Il pnt.nmom,la trasformata di Fourier al limite rappresenta per essi una possibile
11lt
...1·1111.t.iva
alla serie di Fourier.
Andiamo ora a calcolare la tn111fommt,n<liFourier di alcuni segnali di potenza
111pmticolme interesse.
148 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TRASFORMATA DI FOURIER

a) Segnale costante.
Il segnale costante v(t) = A, t E R, con A numero reale, è banalmente un
segnale di potenza. La sua trasformata di Fourier al limite può essere calcolata
operando come descritto in precedenza. Infatti, il segnale può essere finestrato
ricorrendo ad una famiglia di finestre rettangolari indiciate su TE R+, ottenendo
in tal modo la famiglia di segnali (sommabili e a variazione limitata)

la cui trasformata di Fourier esiste e vale

VT(/) = (AT) sinc(JT), JeR.


Passando al limite (nel senso delle distribuzioni) si ottiene

lim (AT) sinc(JT) =A· o(J). (5.11)


T-++oo

Infatti, per T _. +oo, il segnale VT(f), la cui area è pari ad A, V TE R+, tende
a "concentrarsi" in un intorno sempre più piccolo dello zero, mentre il valore
nell'origine diverge. ln conclusione

A--. F Ao(f). (5.12)

b) Fasore AeJ21f/ot.
Il segnale v(t) = Ae,i2irfot, t E R, è un segnale di potenza ed ha come trasfor-
mata di Fourier al limite l'impulso di Dirac applicato in /o, ovvero

AeJ21ffot ~ Ao(f - fo). (5.13)

Questo risultato può essere ricavato attraverso il calcolo del limite della trasfor-
mata di Fourier dell2. famiglia di segnali finestrati VT ( t) = AeJ21Tfot II ( T E f),
lR+ La trasformata di Fourier di VT (t) è data da

VT(J) = F[1,T(t)] = j +T/2 Ae- .


12,r(f-fo)tdt = (AT) sinc[(f - / 0)T].
-T/2

Passando al limite per T _. +oo, come nella (5.11), si ottiene la (5.13). Si noti
che La trasformata di Fourier di v(t) consta di un solo impulso localizzato alla
frequenza /o, ovvera di una riga spettrale alla frequenza / 0 .
5.3. LA TRASFORMATA DI FOURIER 149

e) Segnale sinusoidale.
Il calcolo della trasformata di Fourier per il segnale sinusoidale v(t) = A·
cos(211'/ot+ ef,),t E JR,può essere effettuato sfruttando la formula di Eulero, la
linearità dell'integrale e il risultato precedente. In tal modo si ottiene

ei(21rfot+t/,) + e-i(21rfot+,J,)]
V(f) = .1'[Acos(21t/ot + cp)]= :F [ A 2

= 1 +
:F [e-1(21rfot+t/,)] 1.r [e-j(2,rfot+t/>)]

A.,. A ..,_
= 2 e1"'6(f - lo) + 2 e- 3"'o(f + / 0 ).
Quindi la trasformata di Fourier del segnale sinusoidale è costituita da due impulsi
di Dirac (due righe spettrali) collocati in ±/ 0 •

d) Funzione segno.
La trasformata della funzione segno

sgn(t) = { - 11,, t > O,


t< o,
può essere, a sua volta, calcolata ricorrendo alla tecnica di finestratura illustrata
in precedenza. In tal modo è possibile far vedere che

:,: 1
sgn(t) t-+ -:--f. (5.14)
JTr

e) Funzione gradino.
Per la funzione gradino è sufficiente osservare che

L1(t) = 21 (1 + sgn(t)).
Sfruttando la linearità de]'integrale e le trasformate di Fourier precedentemente
ottenute per la funzione costante e la funzione segno si ottiene, allora,

(5.15}
150 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TRAS1''01iMATA DI FOURlER

5.3.2 La trasformata di Fourier di alcune distribuzioni temperate


Si può dimostrare, ma su questo aspetto non ci soffermiamo, che la tra.sformata
di Fourier al limite dei segnali di potenza presi in esame nei precedenti esempi
rappresenta una distribuzione temperata. Questo risultato è di validità generale;
infatti, i segnali di potenza sono necessariamente funzioni localmente sommabili
ed a crescenza lenta e possono, quindi, essere visti come distribuzioni temperate
regolari.
È utile disporre anche delle trasformate di Fourier di alcune distribuzioni
temperate singolari. Qui di seguito analizziamo, procedendo in modo euristico,
due esempi di notevole interesse per le applicazioni.

a) Impulso di Dirac.
Utilizzando l'equazione di analisi della trasformata di Fourler e la p:oprietà
di campionamento òell'impulso, è immediato ottenere la trasformata di Fourier
dell'impulso di Dirac nella forma

V(f) = 1_:00
6(t)e-j 2r.ftdt = e-; 2r.JO = 1.
Più in generale, è immediato verificare che
A6(t - to) ~ Ae-i 2r.fto. (5.16)

b) Treno campionatore ideale.


Il treno campionatore ideale di periodo T, indicato con il simbolo Jr(t), è la
serie degli impulsi di Dirac di area unitaria localizzati negli istanti kT, k E Z, i.e.
+oo
8r(t) == ~ 6(t - kT)
k=-oo

e si tratta, chiaramente, di una distribuzione. Per calcolarne la trasformata (in


maniera non rigorosa) procediamo, preliminarmente, alla rappresentazione del
treno campionatore ideale JT(t) come somma di un'opportuna serie di fasori.
Osserviamo, infatti, r.he

-
6r(t) = lira L -r ·Il (t---rkT)
+oo 1
-r-+Ok=-oo
.

D'altro canto il segnale periodico di periodo'!

v,-(t) ,l: ~
+oo 1
r .Il (t-,,-- kT)
k=-oo
r...'1. LA TRASFORMATADI FOURIER 151

rmò essere rappresentato come somma della sua serie esponenziale di Fourier,
ovvero come
1 ~
vr(t) = T L, sioc
(k'T')
T e}r-2,rkt .
k=-oo

Passando al limite per T tendente a zero, troviamo per JT(t) la seguente rappre-
1mntazione

-
5r(t) = r-+O
lim vr(t) = lim -T
1 +oo
L (kT)
sinc -T
·2,r
e}ykt
1
= T-
+oo
L ·2,r
e}rkt.
-r-+O
k=-oo k=-oo

A questo punto è immediato ottenere la trasformata di Fourier di 6r(t) trasfor-


111nndotermine a termine Larappresentazione in serie appena ottenuta:

(5.17}

Quindi la trasformata del treno campionatore ideale di periodo T è ancora un


l,reno campionatore ideale (in frequenza) formato da impulsi di Dirac (righe) di
1mm1/T, equispaziati in frequenza di una quantità pari a 1/T.

l'S.3.3 Proprietà della trasformata di Fourier


I,n proprietà della trasformata di Fourier sono riportate qui di seguito senza di-
mostrazione. Di alcune di esse verranno evidenziati i possibili risvolti applicativi.

I ) Linearità:
La trasformata di Fourier è lineare in virtù della linearità dell'integrale (già
Not.1.olineatanei precedenti esempi). Pertanto se ½(f) = F(vi(t)], i= 1, 2, allora,
por ogni scelta dei coefficienti a1 e a2 in e, si ha

2) Riflessione e coniugazione:
È facile verificare che ad una riflessione nel dominio del tempo corrisponde
1111ariflessione neldominio della frequenza e viceversa, cioè, se definiamo v-(t) ==
11(-t) e similmente v-(f) ==V(-1), vale
152 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TRASJ.'OilMATA DI FOURIEH

inoltre ad una coniugazione in un dominio corrisponde una coniugazione più una


riflessione nell'altro dominio, ovvero

e
v-(t) d.+ V(!).
Come conseguenza delle precedenti proprietà, è immediato verificare che se v(t)
è reale (e quindi coincide con v(t)) la sua trasformata è a simmetria coniugata o
hermitiana, cioè V(!) = v-(f) e, quindi, il suo modulo è una funzione pari e la
sua fase una funzione dispari. Questo assicura che la trasformata di Fourier di un
segnale reale possa essere rappresentata solo per frequenze positive (osservazione
del tutto in linea con le considerazioni fatte in precedenza, qel Capitolo 4).
R fadle verificare che se 11(t)è pari, oltre che reale, la sua trasformata è reale e
pari; analogamente, se v(t) è reale e dispari allora V(!) è puramente immaginaria
e dispari e, infine, se v(t) è un segnale puramente immaginario, allora V(!) è
antihermitiana, ovvero V(!) = -V-(!).

3) Cambiamento di scala:
È immediato verificare che V r E lR+ \ {O}

v(rt) F 1 r·V (f)


<--------> r.
La precedente relazione evidenzia come ad una compressione della scala dei tempi
(r > 1) corrisponda un'espansione di quella delle frequenze e viceversa. Val la
pena di sottolineare che la presenza del coefficiente moltiplicativo i davanti a
V (f) è facilmente giustificabile (e memorizzabile) una volta che si osservi che

-oo r
f) df = v(r · O)= v(O) = /+ V (f) df.
/_ +x, -1 · V ( -
r
00

-oo

4) Traslazione nel dominio del tempo:


La trasformata di Fourier di v(t - to), con to arbitrario in JR, è legata alla
tra.sformata V(!) di v(t) dalla relazione

v(t - to) ~ e-J2-rrftov(f).

5) Traslazione nel dominio delle trasformate (o proprietà di modu-


lazione):
La formula duale della precedente è la seguente:

v(t)ej 21rfot d.+ V(f - fo)


5.3. LA TRASFOR1\.1ATA DI FOURIER 153

e formalizza la cosiddetta proprietà di modulazione. Tale proprietà. esprime


la possibilità di ottenere da un segnale Lacui trasformata abbia supporto limitato
e localizzato in un intorno della frequenza f = O (un segnale passa-basso) un
segnale la cui trasformata abbia supporto sempre limitato ma localizzato in un
intorno della frequenza fo (se tale supporto non contiene la frequenza / = O,
parliamo di segnale passa-banda).
Molto spesso alla precedente formulazione della proprietà di modulazione se ne
preferisce una, pressocché equivalente, ma dotata della caratteristica aggiuntiva
di preservare la natura "reale" del segnale. La modulazione può essere infatti
effettuata moltiplicando v(t) per una funzione sinusoidale. Si ottiene in tal modo

:,: 1 'cf, 1 'cf,


v(t) cos(211fot+ rp)+-----+ 2eJ V(f - !o)+ 2e-J V(f + fo)
e valgono per essa considerazioni analoghe a quelle fatte sopra relativamente alla
banda del segnale così ottenuto.

6) Convoluzione:
Se v1(t) e v2(t) sono due segnali dotati di trasformata di Fourier, per i quali
il prodotto di convoluzione esiste e ammette trasformata di Fourier 5 allora vale
il seguente risultato:

Utilizzando il precedente risultato è possibile rappresentare nel dominio della


frequenza il legame tra ingresso ed uscita di un sistema LTI BIBO stabile con
orizzonte temporale JR.Vale, infatti, la relazione

V(!) = H(f)U(f),
dove si sono indicate con V(!) ed U(f) le trasformate di Fourier dell'uscita e
dell'ingresso del sistema e con H(f) la sua risposta in frequenza (espressa in
funzione della variabile f invece che della pulsazione w) che altro non è che la
trasformata di Fourier della risposta impulsiva. Tale relazione evidenzia che un
sistema LTI è "selettivo in frequenza", ovvero opera in modo selettivo (puntuale)
sulle diverse componenti fasoriali dell'ingresso, dal momento che il contenuto in
frequenza del segnale di ingresso ad una specifica frequenza /o viene trasmesso in
uscita modificato secondo il fattore H(fo). In particolare, se H(fo) = O, il fasore
ei 21r/ot non viene trasmesso in uscita. Pertanto le componenti fasoriali dell'uscita
sono (al più) quelle presenti nel segnale d'ingresso.
5Ciò si verifica, in particolare, so I duo PlllgnnliKUIIOsommabili oppure a quadrato sornrnabil!l
(segnali di energia).
154 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TRASJ<,ORMATA DI FOURIER

7) Modulazione generalizzata:
È la proprietà duaJe della convoluzione e viene espressa nel seguente modo:

v1(t)v2(t) ~ (Vi* V2](/).

La proprietà è valida tutte le volte che i segnali v1(t), v2(t) e v1(t )v2(t) ammetta-
no trasformata di Fourier e la convoluzione tra Vi(/) e V2(f) risulti ben definita.

8) Derivazione:
Se v(t) è una funzione derivabile e dotata di trasformata di Fourier V(l) e se
dv(t)/dt è a sua volta dotata di trasformata di Fourier, allora vale la relazione:

d~~t) ...L (j21rf) V(/).

Questo risultato si estende al caso di trasformata della derivata di ordine k di


v(t):
d:~~t) ~ (j21rfl V(f).

9) Integrazione:
Se v(t) ammette trasformata di Fourier, V(!), ed esiste la trasformata di
Fourier della funzione integrale di v(t), t
00 v(T)dr, allora essa è legata a V(!)

dalla relazione
[
00
v(r)dr ~ ;~J
+ ½· V{0)6(f).
Si noti che l'operazione di integrazione nel dominio del tempo non dà luogo ad
una mera operazione di divisione per j21rf in frequenza. Questa proprietà può
essere vista come un corollario della proprietà 6), dal momento che la funzione
integrale J~ 00 v(r)dr coincide con [v * L1](t).

5.4 Replicazione e campionamento


Dato un segnale v(t), t E R, e un numero reale T > O, chiamiamo versione
replicata di passo T del segnale v(t) il segnale periodico di periodo T che, se
esiste, è espresso dalla.
+oo
[repTv](t) == L v(t - kT). (5.18)
k=-oo
5.4. REPLICAZIONE E CAMPIONAMENTO 155

Il segnale v(t) è detto segnale generatore. L'operazione di replicazione non è


Hempre ben definita; lo è, tuttavia, ogniqualvolta v(t) sia un segnale di durata
limitata.
Si noti che il treno campionatore ideale di periodo T altro non è che la versione
replicata di passo T dell'impulso di Dirac.

A partire da un segnale v(t), t E JR.,definiamo anche la sua versione cam-


pionata (idealmente) con passo T come
+oo
[samPTv] (t) = L v(kT)8(t - kT). (5.19}
k=-oo
T viene detto periodo (o passo) di campionamento ed il suo reciproco 1/T è
In frequenza di campionamento.

Osserviamo che [repTv] (t) e [samprv) (t) possono essere ottenuti, rispettiva-
mente, come prodotto di convoluzione e prodotto (ordinario) di v(t} e del treno
campionatore ideale c½-(t)= z::t~oo
'5(t - kT), i.e.

[v* 8r)(t),
(5.20)
v(t) · 8r(t).

Di conseguenza, una volta nota (se esiste) la trasformata di Fourier V(f) di v(t), è
immediato calcolare la trasformata di Fourier sia della versione replicata di passo
'l' che della versione campionata con passo T del segnale v(t). Infatti, applicando,
riHpettivamente, la proprietà di convoluzione e ta,proprietà di modulazione gene-
mlizzata ed utilizzando la trasformata del treno campionatore, troviamo

1-z::t~ooV(#,)J (!- f) = 1-(samp~ v](J), (5.21)


1-Z::t~ooV(!-~)= ,p. [rep4-V] (i).
I,e precedenti relazioni possono essere riru:;suntedicendo che ad una replicazione
l11un dominio corrisponde un campionamento nell'altro dominio.

r..4.1 Segnali periodici


Si è già osservato come la replicazione con passo T di un segnale v(t), t E IR,
qunlora ben definita, dia origine ad un segnale periodico di periodo T. D'altro
mnt.o, ogni segnale v(t) periodico di periodo T può essere pensato (e quindi
rnppreHentato) come la replicazione (con paBso T) di un opportuno generatore.
f,;facile convincersi del fatto cho il p;mwrntore non è unico e che la "restrizione"
156 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TRAS.F'OltMATA DI FOURIER

del segnale ii(t) ad un generico intervallo [to,to +T) di lunghezza pari al periodo,
c:on ciò intendendo
v(t) =={ ii(t), se t_E [to,_to+ T),
O, altrimenti,
fornisce sempre un possibile generatore.
Se v(t) è un arbitrario generatore e ricorriamo alla rappresentazione
ii(t) = [repTv] (t),
possiamo utilizzare la prima delle due trasformate in (5.21), ottenendo, b tal
modo, la trasformata di Fourier del segnale periodico ii(t) nella forma

V(!)=½
k~oo V (t) 6 (1- ;) ,
dove V(f) rappresenta la tra.sformata del segnale generatore utilizz1:1.Lo.
Poiché la precedente espressione vale indipendentemente dallo specifico gene-
ratore v(t) scelto, ne consegue che, pur cambiando v(t) e quindi V(!), i valori
di V(f) in corrispondenza ai punti k/T sono sempre i medesimi. La precedente
relazione evidenzia anche che un segnale periodico ha uno spettro a righe: la riga
k-esima corrisponde alla frequenza k/T (all'impulso di Dirac. collocato in k/T)
ed ha area~· V (f ).
Poichè di un segnale periodico si definisce anche lo sviluppo in serie di Fourier,
è naturale chiedersi quale sia il legame esistente tra il suo sviluppo in serie e la
sua trasformata di Fourier. Dall'espressione
+oo
ii(t) = L Vk ei 2,r:f.t
k=-oo
è immediato dedurre la trasformata di Fourier del segnale ii(t)

Pertanto, confrontando le due espressioni ottenute per V(!), è possibile iden-


tificare i ~oefficienti della serie esponenziale di Fourier di ii(t) con i coefficienti
~·V (f) ottenuti a partire da un qualunque generatore di ii(t), i.e.

Vk=;y;·V(t),
kEZ. (5.22)
Da un punto di vista operativo è quindi possi~ile calcolare i coefficienti delJa serie
di Fourier utilizzando la (5.22). Tale procedura risulta utile tutte le volte che sia
nota la trasformata di Fourier di un opportuno generatore di tì{t).
5.5. CONVERSIONE DAL CONTINUO AL DISCRETO 157

5.5 Conversione dal continuo al discreto


Come abbiamo sottolineato all'inizio del libro, la maggior parte dei sistemi fisici
evolve in modo continuo nel tempo, con ciò intendendo che le grandezze descrit-
tive il sistema sono rappresentate mediante funzioni di una variabile t, che di
norma rappresenta il tempo, e che viene supposta variare su JRo su un suo in-
tervallo (eventualmente iUimitato). Al giorno d'oggi, però, la maggior parte delle
operazioni di elaborazione e di controllo effettuata sui sistemi viene gestita, o al-
meno supervisionata, da sistemi intrinsecamente discreti, quali i computer o più
specificatamente i DSP (digita] signal processor, ovvero dispositivi digitali per
l'elaborazione dei segnali).
L'interazione tra due realtà profondamente diverse quali quella a tempo con-
tinuo e valori continui e quella a tempo discreto e valori quantizzati e codificati
può aver luogo solo in virtù di due famiglie di dispositivi: i convertitori ana-
logico/digitale (ADC, dall'inglese analog to digita] converter) e i convertitori
digitale/analogico (DAC, ovvero digital to analog converter).
Il passaggio da un segnale analogico (a tempo ed ampiezza continue) ad un
segnale numerico (a tempo discreto ed ampiezza che varia in un insieme finito)
può essere realizzato in due passi. Dapprima il segnale analogico va(t), t E IR,
viene inviato in ingresso ad un dispositivo detto campionatore che produce in
uscita la successione a tempo discreto data dai campioni del segnale agli istanti
multipli di un fissato passo T, v(k) ~ va(kT),.k E Z. T viene chiamato periodo
di campionamento e, dal momento che il processo di campionamento ora de-
scritto preleva il segnale in ingresso ad istanti di tempo equispaziati (con distanza
pari a T, appunto), questo tipo di campionamento viene detto campionamento
uniforme, in alternativa al campionamento non uniforme.
Il segnale a tempo discreto v(k), k E Z, ad ampiezze arbitrarie in JR,va poi
in ingresso ad un quantizzatore dove viene convertito in un segnale a tempo
discreto e valori quantizzati (ovvero appartenenti ad un insieme finito) che suc-
cessivamente vengono codificati (generalmente attraverso stringhe di bit).
Nella realtà, il dispositivo fisico che effettua l'operazione di quantizzazione
<) che si trova in cascata al campionatore deve essere alimentato da un segnale
costante a tratti. Per questa ragione si ricorre ad un dispositivo di campionamento
110Lo <:omt! smuvlti-aud-huld (iu iLaliauu 1,;<1.mpio11alw-e a le11ula). Tale dispo-
Hitivo produce in uscita un segnale costante a tratti, il cui valore nell'intervallo
[kT, (k + l)T) è pari al valore dell'ingresso va(t) per t = kT. In termini materna,.
t.ici, l'uscita VsH(t) del sample-and-hold è legata al corrispondente ingresso va(t)
dalla relazione
vsn(t)= va(kT), kT -S t < (k + l)T.
158 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TlUS1"CJilMATA DI FOURIER

La conversione digitale/analogico può essere effettuata, dopo un'operazione


di decodifica, attraverso un dispositivo di tenuta di ordine zero (ZOH,
dall'inglese zero-order-hold) ed un filtro di ricostruzione. Il dispositivo di
tenuta di ordine zero converte il segnale digitale in un segnale costante a tratti la
cui ampiezza, in ogni intervallo del tipo [kT, (k + l)T), è proporzionale al;valore
del segnale digitale al tempo kT. Sul filtro di ricostruzione, il cui obiettivo è
quello di "regolarizza.re" il segnale costante a tratti, torneremo nel seguito del
capitolo.

È importante, a questo punto, analizzare gli effetti e l'eventuale perdita di,


informazione legati alla conversione analogico/digitale. È immediato rendersi
conto del fatto che la quantizzazione di un segnale a tempo discreto (o costante
a tratti), quale quello proveniente dal campionamento, porta inevitabilmente ad
una perdita di informazione. Ciò che può apparire sorprendente è il fatto che il
campionamento, sotto opportune condizioni, conserva inalterata !"'informazione"
contenuta nel segnale continuo di partenza, con ciò intendendo che dal segnale
campionato è possibile ricostruire esattamente il segnale va(t). Di questo argo-
mento ci occuperemo nel prossimo paragrafo.

5.6 Il teorema del campionamento


Dato un segnale a tempo continuo va(t), t E JR,ci proponiamo di stabilire se·
e sotto quali ipotesi da una sua versione campionata con passo (o periodo) di
campionamento T (e quindi frequenza o cadenza di campionamento /e==1/T)
sia possibile ricostruire il segnale v0 (t).

Teorema del campionamento ideale:


supponiamo, inizialmente, di disporre della successione di campioni v(k) =
va(kT), k E Z, e osserviamo che, in termini puramente matematici, è possibile
ottenere da tale successione la versione campionata idealmente, con passo T, del ·
segnale v0 (t), giacché
+oo +oo
[samprv 0 ] (t) = L v0 (kT) 5(t - kT) = L v(k) .S(t- kT).
k=-oo k=-oo

Il problema può quindi essere riformulato come quello di stabilire se e sotto quali
ipotesi sia possibile ricostruire va(t) a partire da [samprva] (t).
Ricordando che ad un campionamento nel tempo corrisponde una replicazione
in frequenza, il legame tra !sampTva] (t) e la sua trasformata di Fourier è dato da

T1 Tk)= fc
+oo ( +oo
[samPTva] (t) ~ L Va f - L V,.(! - kfc), (5.23)
k=-oo k=-oo
ri.ti. IL TEOREMA DEL CAMPIONAMENTO 159

11Ulizzando la precedente relazione è immediato verificare il seguente risultato


noi.o come teorema del campion8Illento ideale. Se
I) va(t) è un segnale reale rigorosamente limitato in banda, con ciò in-
tendendo che (la funzione pari) IV..(f)I ha supporto limitato;
:!) la cadenza di campionamento le è maggiore della frequenza di Nyquist
fN ==2B, dove B rappresenta la (larghezza di) banda monolatera del
segnale definita come

B:::::inf{/ E lR+ : IVaU)I = O, per Ili > /},

11llomil segnale v4 (t) può essere ricostruito a p&tire da [samPTVa](t) utilizzando


1111filtro di ricostruzione con risposta in frequenza del tipo

Hr(f) = '1' · n (L) = _!_. II


2/L fc
(.1-)
2/L
" condizione che h soddisfi il vincolo B < h < fc - B.
r,11dimostrazione
di tale risultato è immediata perché è sufficiente osservare
le condizioni 1) e 2) sono soddisfatte, i supporti dei termini Va(! - ~)
1 1-1e
1!1111
r11htt.ivia valori di k distinti, che compaiono nella trasformata del segnale cam-
11lo1111toidealmente, sono disgiunti. Quindi è possibile estrarre uno di tali termini
111I,
ili particolare, Va(/) utilizzando un filtro LTI (di ricostruzione) la cui risposta
111l'requenza sia quella sopra riportata 6 •
li calcolo dell'antitrasformata di Fourier del filtro Hr(/) può essere effettuato,
111maniera non rigorosa, ricorrendo al seguente ragionamento. Dall'identità

1_:(;J
00
Il e-J 21rftdt = T1 · sinc (/T1)

·111ol.t.iene,scambiando tra loro le variabili/ et, e Ti con /i, l'espressione

··-----------
11Vnlh, pena di evidenziare come il teorema del campiono.mento ideai.e si estenda facilmente
nl 1·11Nodi segnali a valori co:nplessi a condizione di assumere come frequenza di Nyquiat IN =
/I~ -- /l 1 , dove B 1 e B2 rappresentano, rispettivamente, l'estremo inferiore e l'estremo superiore
• 1h11 Hll(>)IC>rto di JV.,(f)I,di campionare con frequenza. di campionamento le > IN e di utilizza.re
11111111.ro
cli ricostruzione la cui risposta in frequenza sia del tipo

Hr(/) = T · n ( I - ~~)) ,

l'CIII !fa..'/fl!L < le. < le - Bo;B1 •


160 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TRASFOHMATA DI FOURlER

Sfruttando, ora, il fatto che la finestra rettangolare è una funzione pari, si trova

che, raffrontata con la formula di antitrasformazione generale

permette di identificare II (-Idcon F(/1 · sinc (tfi)] e, di conseguenza, Hr(f) con


la trasformata di Fourier di

hr(t) = (2/LT) · sinc(2ht), t E R.


Se si assume, come è consuetudine, fL = fcj2, la risposta impulsiva del filtro di
ricostruzione diventa
hr(t) = sinc (})
e quindi il segnale ricostruito può anche essere calcolato come

v.(t) = ([samo,,v.]• h,.)(t) = [ c~ookT))• lv{k) 5(t - h,. (t)

f
k=-oc
v(k) sinc c-/T).
La precedente formula di ricostruzione, espressa nel dominio del tempo, va sotto
il nome di formula di interpolazione ideale o formula di Shannon.

Considerazioni pratiche sul teorema del campionamento:


l'idealità della precedente formulazione del teorema del campionamento de-
riva innanzitutto dal fatto che le funzioni interpolatrici sinc(·), che si dovreb-
bero utilizzare per ricostruire il segnale desiderato, sono infinitamente estese nel
tempo in entrambe le direzioni e non sommabili, o, equivalentemente, il filtro
di ricostruzione utilizzato non è né BIBO stabile né causale. Inoltre, per poter
utilizza.re il precedente risultato si dovrebbe costruire preliminarmente il segnale
[sampTva] (t), ma ciò non è possibile perché un dispositivo fisicamente realizzabile
può genera.re soltanto impulsi di ampiezza e durata finite. Quindi la precedente
procedura di ricostruzione del segnale Va ( t) non è adoperabile nella pratica.
Infine, va osservato che un segnale a durata limitata è non limitato in banda.
Se si campiona un segnale non limitato in banda (comunque scelto il periodo
di campionamento T) oppure si campiona un segnale limitato in banda con una
!i.6. IL TEOREMA DEL CAMPIONAMENTO 161

f'1·cquenzadi campionamento minore della frequenza di Nyquist, le repliche che


compaiono nella (5.23) risultano sovrapposte le une alle altre. Questo fenomeno
<Ii Hovrapposizioneprende il nome aliasing. In presenza di aliasing non è possibile
l'ir.ostruire va(t) nemmeno ipotizzando di poter realizzare dispositivi ideali per la
,.,;unerazioneed il filtraggio del segnale [sampTva] (t).
Va sottolineato, tuttavia, che per ogni specifica applicazione è possibile far
riferimento ad una banda nominale B, B > O, trascurando le componenti frequen-
~iali esterne all'intervallo [-B, B]. Ad esempio, per la registrazione dei segnali
n.udio in forma numerica si assume B = 20 kHz, mentre nei sistemi telefonici,
dovendo soltanto garantire l 'intellegibilità della conversazione, si pone B = 3.4
kHz. Assumendo che B sia la massima frequenza del segnale va(t) che interessa
preserva.re a valle della ricostruzione, è necessario filtrare il segnale, ricorrendo ad
1111filtro (come vedremo, di tipo "passa-basso") con risposta in frequenza costante
ci non nulla nell'intervallo [-B, B] e nulla all'esterno dell'intervallo [-B, B], noto
come filtro anti-aliasing, e campionare l'uscita del filtro anti-aliasing con fre-
quenza di campionamento /e> 2B.
Le precedenti considerazioni evidenziano, quindi, che il teorema del campiona-
mento ideale non è direttamente utilizzabile nella pratica. Il risultato ottenuto è
comunque di notevole valore sia teorico che pratico. Da wi punto di vista teorico
Il teorema del campionamento afferma che alcune classi di segnali possono es-
imre rappresentate attraverso una sequenza di campioni. Inoltre, a partire da
l,nle risultato, si dimostra che è anche possibile elaborare segnali a tempo con-
1,inuooperando su rappresentazioni a tempo discreto. L'elaborazione numerica
llni segnali trova quindi la sua giustificazione nel teorema del campionamento.
La rilevanza pratica del campionamento deriva dalla possibilità di supera.re le
pmcedenti limitazioni. Mostreremo, nel seguito, come sia possibile operare nella
11rntica,avendo a disposizione un segnale (a partire dal quale dobbiamo ricostruire
il segnale di partenza) non ottenuto per campionamento ideale e facendo uso di
lilt,ri anti-aliasing e filtri di ricostruzione fisicamente realizzabili. In particolare,
nulla restante parte di questa sezione mostreremo come sia possibile ricostruire
il segnale va(t) a partire da un segnale ottenuto campionando v0 (t) attraverso
1111 dispositivo di tipo :.ample-and-hold. Tale segnale, a differenza del segnale
c11.mpionatoidealmente, può essere generato (in modo approssimato) utilizzando
di:,;positivi fisicamente reali:t.:t.aLili.

Campionamento attraverso un dispositivo di tipo sample-and-hold:


per mostrare come ricostruire Va ( t) a partire dalla sua versione campionata
1tt.l.raversoun dispositivo di tipo sample-and-hold, cioè dall'espressione
+oo +oo
vsn(t) = L va(kT) 1>(t - kT) = L v(k) p (t - kT),
k=-OCJ k=-00
162 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TRASFOilMATA DI FOURIER

=
avendo posto p(t) <'-1(t) - <'-1(t -T), calcoliamo la trasformata di Fourier di
VsH(t). A tal fine, riscrivendo VSH(t) nella forma

ed utilizzando la proprietà di convoluzione della trasformata di Fourier, si ottiene


+oc
VsH(t) ~ fe· :E Va(/-kfe)P(f), (5.24)
k=-oo

dove P(f) è la trasformata di Fourier di p(t). Quindi, se le condizioni 1) e 2) del


teorema del campionamento ideale sono soddisfatte, si può ricostruire il segnale
ua(t) attraverso la cascata del filtro di risposta in frequenza 1/ P(f), che compensa
il termine P(f) a secondo membro della {5.24), e del filtro di ricostruzione Hr(/).

A rigore, essendo p(t) un segnale sommabile, la sua trasformata P(J) è in-


finitesima all'infinito. Di conseguenza, il filtro di risposta in frequenza 1/ P(f)
non è BIBO stabile e, quindi, nemmeno fisicamente realizzabile. Tuttavia, il no-
stro interesse non è nella realizzazione dei due filtri separatamente, bensì nella
realizzazione di un sistema la cui risposta in frequenza sia 1;;<fl
. Per tale ragione
è sufficiente sostituire 1/ P(J) con un filtro la cui risposta in frequenza bene ap-
prossimi il comportamento di 1/ P(f) nell'intervallo di frequenze [- h, fL]. Inol-
tre, è importante evidenziare come, da un punto di vista pratico, se le» iN, si
può assumere P(f) :::,;P{O), \:/f con Ili :$ B. In altri termini, se le è sufficient~
mente maggiore della frequenza di Nyquist, è lecito utilizzare per la ricostruzione
del segnale va(t) un filtro di ricostruzione con risposta in frequenza

HrU) = le. ~(O) . II (i).


Il filtro di ricostruzione è ancora ideale ma, come vedremo, può essere approssi-
mato con un filtro reale.
Ritorneremo sulla possibilità di utilizzare filtri di ricostruzione e filtri anti-
aliasinp; reali nel seguito del capitolo.

5. 7 Quantizzazione e codifica
L'operazione di quantizzazione trasforma un segnale a tempo discreto e ampiezza
reale v(k), k E Z, in un segnale v(k), k E Z, •a tempo discreto e ampiezza che
varia in un insiemo finito Q e R, i.e.
5.7. QUANTIZZAZIONE E CODIFICA 163

Gli elementi -01,... ,VM, sono solitamente chiamati livelli di restituzione del
quantizzatore e sono elencati, senza perdita di generalità, in ordine crescente.
In particolare, -01e VM sono i livelli di restituzione esterni, mentre i rimanenti
valori, -02,... , iìM-1, sono i livelli di restituzione interni. La cardinalità Mdi Q
ò, di norma, una potenza di 2, ovvero M = 2n con n intero positivo.
Un quantizzatore realizza una mappa senza memoria, non lineare e a tempo
discreto,
iì(k) = Q[v(k)), kEZ.

[I legame istantaneo tra valore in ingresso e corrispondente valore in uscita è


quindi completamente specificato dalla conoscenza della funzione Q, avente JR
per dominio e Q come codominio.
Concettualmente il quantizzatore mira ad approssimare, in un certo intervallo
di valori [vmin, Vma.x], la caratteristica lineare e rettilinea del sistema identico
con una caratteristica costante a tratti. A tal fine, l'intervallo [vmin,Vma.x]è
purtizionato in M - 2 sottointervalli, denominati intervalli quantici interni:
Hll l'ingresso cade in uno di tali sottointervalli viene mappato nel valor medio
clell'intervallo stesso (un opportuno i\). I valori in ingresso appartenenti agli
lnt.ervalli quantici esterni, (-oo, Vmin)e (vma.x, +oo), vengono invece mappati nei
due livelli di restituzione esterni, rispettivamente iì1 e VM.

L'errore di quantizzazione è definito come la differenza tra l'uscita del quan-


Uzzatore ed il corrispondente ingresso, i.e.

e(k) ==Q[v(k)] - v(k).

Un esempio di quantizzatore è illustrato in Figura 5.4.


Tale quantizzatore è caratterizzato dal fatto che l'intervallo JRè suddiviso in
M intervalli dei quali gli M - 2 interni hanno uguale ampiezza, pari a .6.,mentre
I cluc intervalli esterni sono l'uno illimitato inferiormente e l'altro superiormente.
(,luesto quantizzatore è chiamato quantizzatore uniforme per il fatto che gli
1111.mvalliquantici interni hanno tutti la stessa ampiezza .6.. Si noti che Vmin =
~A, mentre Vms.x = ~A; i valori di ih e VM sono, rispettiva.mente, -4A e 3A.
Inoltre, il quantizzatore di figura è detto con restituzione di zero perchè tra i
"uoi livelli di restituzione vi è anche lo zero.
L'errore di quantizzazione e(k) appartiene all'intervallo [-.6./2, .6./2]se v(k) E
j ~ .6.,~ .6.], mentre risulta non limitato superiormente o inferiormente a seconda
dm ·v(k) appartenga, rispettivamente, all'intervallo (-oo, -J.6.)o all'intervallo
0.6.,+oo).
164 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TRAS1"0HMATA DI FOURIER

-t,~ -fil -!a -!a - a ½a !a ~a !a V

-a

-2a

-3a

Figura 5.4: Esempio di quantizzatore.

Nelle applicazioni audio della conversione analogico/digitale l'errore appare


all'uscita come un rumore e per questo motivo si parla anche di rumore di quan-
tizzazione.
Ovviamente, al crescere del numero dei livelli di restituzione si ottiene una
sempre migliore rappresentazione del segnale analogico in ingresso. Il numero di
livelli di restituzione nelle applicazioni è significativamente maggiore di quello del
quantizzatore riportato in figura ed è almeno pari ad M = 256. Nella numeriz-
zazione del segnale audio con qualità CD si ricorre a quantizzatori con M = 216 .
La caratterizzazione statistica del rumore di quantizzazione, fondamentale al fine
di quantificare gli effetti dell'operazione di quantizzazione, sarà oggetto di corsi
successivi.
Per una serie di motivi, la cui discussione esula dagli scopi di questo libro, è
possibile anche considerare quantizza tori non uniformi ( con o senza resti:uzione
di zero).
Per concludere il paragrafo vogliamo accennare brevemente all'operazione di
codifica in forma binaria, necessaria per poter memorizzare, ed eventualmente
elaborare, il segnale numerico v(k) in uscita dal quantizzatore. Chiaramente per
rappresentare in forma binaria un segnale quantizzato su M = 2n livelli sono
necessari n bit (cifre binarie). Sotto questo semplice vincolo, le soluzioni possibili
sono numerose; nel seguito vogliamo citarne due tra le piì1 Hi~nificl\t.ive.
r,,s. FILTRI IDEALI 165

Il codice con offset assegna al generico livello di restituzione la rappresen-


t.nzione (binaria) corrispondente all'ordine crescente dal più qasso al più alto, con
Il più basso associato al numero zero. In altre parole, il generico valore Vi in
nHcita dal quantizzatore viene codificato attraverso la rappresentazione binaria
nel n cifre del numero i - 1.
Il codice complemento a due si può pensare ottenuto dalla codifica con
offset complementando il bit di sinistra (ovvero il bit più significativo); con questa
codifica il bit più significativo costituisce il bit di segno: precisamente il valore
uno corrisponde ad un livello negativo, mentre il valore zero indica un livello
positivo o nullo.

5.8 Filtri ideali


Nel precedente paragrafo si è introdotto un particolare filtro di ricostruzione,
ni1segnato mediante la sua risposta in frequenza. Tale filtro è un filtro passa--
lm..'lso ideale. Più in generale un filtro passa-basso ideale (LPF, dall'inglese
low-pass fìlter) ha risposta in frequenza

H1pF(f) =A. Il c~L) e-j21rfto, (5.25)

1loveA è un nwnero reale positivo, h rappresenta la frequenza di taglio e to E R


I.iene conto dell'eventuale esigenza di effettuare una traslazione tempora.e della
riHposta impulsiva del filtro.
Un segnale reale u(t), t E R, rigorosamente limitato in banda, con banda
monolatera B :5 h, passerà indistorto attraverso tale filtro, con ciò intendendo
che la corrispondente uscita v(t), t E R, sarà data da

v(t) =A· u(t - to).

I11oltreun sistema di questo tipo consente di ottenere una versione non distorta del
Htignaleu(t) quando ad esso risulti sovrapposto un "disturbo" il cui conte:mto in
frequenza sia tutto esterno alla banda [- h, IL].Chiameremo banda passante e
handa oscura del filtro passa-basso ideale {5.25), rispettivamente, gli intervalli di
fr1iq11enze(-h, h) e (-oo,-h)U(h, +oo). Nella banda oscura l'ampiezza della
riHpm;tain frequenza del filtro è identicamente nulla, mentre in banda passante
11Hsnme un valore costante (diverso da zero).

È importante osservare che il filtro passa-basso ideale non è fisicamente re-


nlhw:abile: infatti, esso non è né BIBO stabile né causale. Il fatto che non sia
segue immediatamente dal fatto che la sua risposta impulsiva è
1·n.11Hnle

hLPF(t) = {:.!A/,.) sinc[2h(t - to)].


166 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TRASFORMATA DI FOURJER

Con riferimento alla stabilità BIBO, invece, è sufficiente osservare che HLPFU)
non è una funzione continua e quindi non può essere la trasformata di Fourier di
un segnale sommabile. Ma poiché, come evidenziato nella Proposizione 2.4.1, la
1mmmabilità della risposta impulsiva è condizione necessaria e sufficiente per la
i,;tabilità BIBO di un sistema LTI, ne consegue che il filtro in esame non è BIBO
stabile.

È anche possibile definire filtri ideali di tipo passa-alto, passa-banda ed elimina-


banda. Ad esempio, il filtro passa-alto ideale (HPF, dall'inglese high-pass
filter) ha risposta in frequenza

dove A è un numero reale positivo e f H rappresenta la frequenza di taglio del filtro.


Anche il filtro passa-alto di cui sopra non è fisicamente realizzabile. Per questo
filtro la banda passante è rappresentata dall'intervallo di frequenze (-oo, - fn) U
(!H,+oo), mentre la banda oscura è (-JH, fH).
I filtri ideali sono quindi caratterizzati dall'avere

• ampiezza della risposta in frequenza costante (e diversa da zero) in banda


passante e nulla in banda oscura;

• fase della risposta. in frequenza lineare in banda passante (per la presenza


del fattore moltiplicativo e-j 21rfto, da cui consegue, nell'ipotesi A> O, che
la fase della risposta in frequenza coincide con -2-rr/to);

• brusca transizione tra la banda passante e la banda oscura.

I filtri ideali possono essere solo approssimati nella pratica ed i filtri fisica-
mente realizzabili si discostano dal comportamento ideale in quanto

• l'ampiezza della risposta in frequenza è solo approssimativamente costan-


te e contenuta entro margini prefissati (che definiscono le corrispondenti
specifiche per il filtro) sia in banda passante che in u11,uc.la.
oscura;

• la fase della risposta in frequenza si discosta dall'andamento lineare di un


filtro ideale e si può solo richiedere che essa sia compresa tra margini preas-
segnati in banda passante (che rappresentano le specifiche relative alla. fase
della risposta in frequenza);

• la transizione tra la banda passante e la banda oscura impegna uno o più


intervalli di frequenze (banda o bande di transizione),
5.8. FILTRI IDEALI 167

Le specifiche cui devono soddisfare i filtri sono tipicamente fornite assegnando


una "maschera" per la risposta in frequenza e precisando i margini ammissibili
per lo scostamento dal comportamento ideale indicato dalla maschera.
Supponiamo, ad esempio, di voler realizzare in modo approssimato un filtro
passa-basso ideale di guadagno unitario in banda passante. A tal fine, una volta
scelte le due frequenze /i eh, con O< /i < h, indicative, rispettivamente, del
limite superiore della banda passante e del limite inferiore per la banda oscura
(per frequenze positive), si assegnano i corrispondenti scostamenti massimi, 61 e
62- Ciò equivale ad imporre che l'ampiezza della risposta in frequenza del filtro
reale soddisfi alle seguenti condizioni:
1 - 61 < IH(f)I < 1 + c51, per lfl < ii,
IH(f)I < 62, per lii > '2-

1+6

Figura 5.5: Filtro passa-basso reale.

Particolarizzando le precedenti considerazioni al filtro di ricostruzione Hr (f),


introdotto nel paragrafo precedente, e ad un segna.le reale con banda monola-
tera B, per realizzare in modo accettabile il filtro ideale Hr(f) attraverso un
filtro reale è necessario assumere fi ~ B, in modo che il termine Vci(f) passi
sostanzialmente inalterato attraverso il filtro, e h $ f e - B in modo da sop-
primere le copie Vci (! - ),~ Vk :/: O. Poiché h - li ~ le - fN, la condizione
le > IN garantisce una banda di transizione non nulla. In pratica, il sovra.-
campionamento del segnale, ovvero l'utilizzo di una frequenza di campionamento
sufficientemente maggiore di quella di Nyqui:sl, cousente di rilassare le 5pecifìche
sul filtro di ricostruzione semplificandone la realizzazione.
Considerazioni analoghe valgono per il filtro anti-aliasing. Ad esempio, per le.
registrazione di un segnale audio su di un compact disc si utilizza una frequenza di
campionamento pari a lr.= 44.1 kHz, mentre il segnale telefonico è numerizzato
campionando ad /e = 8 kHz. In entrambi i casi la frequenza di campionamento
è maggiore della corrispondente frequenza di Nyquist.
168 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TRASPOUMATA DI FOVRIER

5.8.1 Esempio: Filtro RC


Si consideri il filtro RC di Figura 5.6.

Figura 5.6: Rappresentazione di un filtro RC.

L'ingresso al filtro, u(t), t E R, è la tensione applicata alla.serie resistore-


c:ondensatore, mentre l'uscita v(t), t E JR,è la tensione prelevata ai capi del con-
dem;atore. È immediato ottenere l'equazione differenziale che descrive il sistema:
dv(t) I 1
~ + RC v(t) = RC u(t).
Conseguentemente, l'espressione della risposta in frequenza (espressa in termini
della frequenza /) è
1/(RC) 1
H(f) = j21rf + 1/(RG) = 1 +il;'
dove B3 ~ '11'kc
2 (le ragioni alla base di questa nomenclatura verranno spiegate
tra breve).
È immediato verificare, calcolando l'uscita di tale filtro in corrispondenza ad
un generico ingresso di tipo sinusoidale, u(t) = Acos(21r/ot + r/J),t E R, che, per
valori di f o molto minori di B3, il sistema non introduce nessuna significativa
attenuazione e nessuna significativa variazione di fase, mentre, al crescere di /o,
l'attenuazione e la variazione di fase diventano non trascurabili. In particolare,
al divergere di /o il filtro tende a "bloccare" completamente il segnale di ingresso.
Come risultato di tali considerazioni, il filtro RC è un esempio di filtro passa-
hasso.
Notiamo che il modulo della risposta in frequenza assume il suo valore mas-
Himo,pari ad 1, per f = O. Come è consuetudine, si assume come banda passante
del filtro RC l'intervallo di frequenze in cui il modulo della risposta in frequenza
ii compreso tra il suo valore massimo e 1/../2del suo valore massimo, ovvero
:·mddisfala diseguaglianza

~IH(O)I :5 IH(f)I :5 IH(O)I,


,'i.8. FILTRl IDEALI 169

Operando con filtri a risposta impulsiva reale, la cui risposta in frequenza ha.
1tmpiezza che è una funzione pari, in generale prendiamo in considerazione solo le
frequenze positive per cui tale condizione è verificata. In conformità con questa
Hcelta, l'ampiezza di ts.le intervallo (contenuto in lR+) è nota in letteratura come
(larghezza di) banda monolatera a 3 dB del filtro. In questo esempio specifico
hi larghezza di banda monola.tera a 3 dB coincide con B3.

5.8.2 Parametri della risposta in frequenza

Nella descrizione della risposta in frequenza di un sistema LTI BIBO stabile


I\ in particolare, della risposta in frequenza di un filtro passa-basso, passa.-alto
dc., si individuano alcuni parametri fondamentali, particolarmente indicativi del
comportamento del sis,ema. Poiché supponiamo sempre di lavorare con sistemi a
risposta impulsiva reale, e pertanto dotati di risposta in frequenza la cui ampiezza
ìi una funzione pari, introdurremo questi parametri con riferimento alle sole fre-
quenze non negative.
I parametri più spesso considerati sono i seguenti:
• massimo (o picco) di risonanza, definito come

Mr ==maxJH(f)J
/'?:.O
= max
f'?:,O
A(/);

• frequenza di risonanza, fr, definita come la frequenza (non negativa) in


corrispondenza. a cui si ha il massimo di risonanza, i.e., M,. = A(!,.);

• (larghezza di) banda monolatera a 3 dB, intesa come generalizzazione


della definizione prima introdotta per il filtro RC. Se infatti H(f) è la
risposta in frequenza di un filtro (reale), la banda monolatera a 3 dB, indi-
cata con il simbolo B3, rappresenta l'ampiezza dell'intervallo di frequenze
f non negative per le quali vale la seguente diseguaglianza:
1
v'2 Mr ~ JH(f)J ~ M,.,
dove Mr rappresenta, 'come prima, il picco di risonanza. La dizione deriva
dal fatto che se la banda a 3 dB è rappresentata dall'intervallo di frequenze
[/i, '2] (per un filtro passa-basso, nella maggioranza dei casi di interesse,
/i = O), per ogn'. J E [fi,h] la risposta in ampiezza del filtro JH(f)J dB
differisce da Mr (espresso in dB) per meno di 3 dB. Infatti
1
20 log ./2 ::::::
-3 dB.

Chiaramente Ba = h - /1,
170 CAPITOLO 5. LA SERJE E LA TRASI<'UHMATA DI FOURJER

Va evidenziato che per un filtro si definiscono anche bande passanti a 1 dB e 6


dB.

5.9 Caratterizzazione energetica dei segnali


5.9.1 Caratterizzazione energetica dei segnali di energia
Per un segnale di energia u(t), t E JR,abbiamo definito l'energia (normalizzata)
come
+00
1
2
tu = _00 lu(t)I dt.
Il calcolo dell'energia può essere anche effettuato nel dominio delle frequenze.
A tal fine introduciamo la funzione v(t) ==lu(t)l 2 , t E JR. Chiaramente v(t) è
sommabile in .IR,e pertanto esiste la sua trasformata di Fourier. Essa vale

V(f) = .r[lu(t)l 2] = .r(u(t)u(t)} = [.r[u(t)] * .r[u(t)]](/) = [U(f) * U-:J)](f).


Chiaramente

V(O) = 1_+00v(t)e-j 21rftdt f=O


00
I = 1+00
_ lu(t)12dt = Eu,
00

D'altra parte

V(O) = [U(f) * U-(f)](O) = _+001


U(f)U(f
00
1+00
- fo)df Ifo=o = _00 IU(f)l 2df.

Da ciò segue
&u = 1: 1:
00
lu(t)l 2 dt = 00
IU(f)l 2df.

La precedente relazione consente di calcolare l'energia di u(t) nel dominio della


frequenza e va sotto il nome di teorema di Parseval. La funzione

Sv.(J) ==IU(/)12
viene chiamata densità spettrale di energia (ESD, dall'inglese energy spectral
~ensity): essa, infatti, rappresenta la distribuzione dell'energia del se_gnaleallu
diverse frequenze. Per meglio comprendere questo fatto osserviamo che se il
segnale di energia u(t) viene applicato come ingresso ad un sistema (complesso)
LTI con risposta in frequenza

-
H(f) = II (f- lo)' /o E R, 6./ E IRh
26.f
!UJ. CARATTERIZZAZIONE ENERGETICA DEI SEGNALI 171

l'energia del segnale in uscita (ovvero quella del segnale di ingresso nell'intervallo
di frequenze (/o - 6./, /o+ 6./)), è data da

1 +00 _
-oo
IH(f)l 2 IU(f)l 2 d/ =
/,fo+t:,.J
Ja-fl.J
IU(f)l 2 df =
J,fo+t:,.f
Jo-fl.J
Su(f)df

dove si è applicato il teorema di Parseval.


Si noti anche che, in generale, IH(f)l2 rappresenta la funzione di trasferi-
mento dell'energia del sistema LTI (e BIBO stabile) di risposta in frequenza
//(!). Infatti, se si indicano con u(t) e v(t), rispettivamente, l'ingresso e l'uscita
dnl ::iistemaLTI di risposta in frequenza H(f), l'energia di v(t) può essere calcolata
int,cgrando sull'intero asse delle frequenze la sua densità spettrale di energia.
'lì1ttavia, per il teorema di convoluzione, vale

e• pertanto

r..9.2 Mutua correlazione fra segnali di energia


I ht 1111punto di vista intuitivo, due grandezze sono "correlate" quando la cono-
11c1mzadel valore assunto dall'una assicura un certo grado di conoscenza del valore
111-11mntodall'altra, come può accadere, ad esempio, se si confrontano il peso e
1111.lt.ezza
con riferimento ad un individuo, etc ..
Con riferimento a due segnali di energia, u1(t) e u2(t), t E JR,definiamo la
l'unzione di mutua correlazione di u1 (t) e u2(t) come

TER

l.11. funzione di mutua correlazione Ri.1uz calcolata in T coincide con il prodot-


f.11Hcnlare, in L 2 (1R), dei due segnali u1(t) e u2(t - r). Essa, pertanto, fornisce
misura del "grado di similitudine" tra u1(t) e u2(t - r), con ciò intendendo
111111.
du, rn,::;um~ valur~ rm11>:simu{pari, p~,- la tli:,;uguaglla.11:Ga<li Sd1wad:.1:, alla ra<lice
11rit.11wt.icadel prodotto tra le energie dei due segnali) quando i due segnali sono
l'1111ulii versione riscalata, attraverso una costante, dell'altro. In caso contrario,
q1111111loi due segnali u1(t) e u2(t-r) sono ortogonali, essa assume valore nullo. Si
che per u 1 (t) = u2(t) = u(t) la funzione di mutua correlazione rest:tuisce
c1P1tt11rvi
l11.l'unzione di auto-correlazione di u(t), definita come

Ru(r)
rOCJ
==.f_00 u(t) u(I. - r)dt, TER,
172 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA Tll.ASl<'Oll.MATA DI FOURIER

che misura il grado di similitudine tra u(t) ed la sua versione traslata di T e


fornisce, quindi, una misura della rapidità di variazione del segnale u(t).
Poiché
R,,(r) = [·u* u-](r),
sfruttando il teorema di convoluzione e le proprietà di simmetria della trasformata
di Fourier, è immediato rendersi conto del fatto che la trasformata di Fourier di
R~t(r) coincide con la densità spettrale di energia di u(t) e, pertanto, la densità
spettrale di energia di un segnale (di energia) può anche essere calcolata valutando
la trasformata di Fourier della sua auto-correlazione. Per analogia, chiameremo
densità spettrale di energia mutua dei segnali u1 e u2, e la indicheremo con
il simbolo Su1,,, 2 (!), la trasformata di Fourier della funzione di mutua correlazione
Ru1u 2 ( r). Essa può essere calcolata facilmente tenendo presente, in questo caso,
clIB .
Ru1u 2 ('T') = [u1*U2](r).
Si trova, quindi,

e pertanto
Su1u2 (!) ==U1(f)U2(!).
La densità spettrale di energia mutua tra i segnali u1(t) e u2(t) rappresenta la
distribuzione in frequenza dell'energia mutua, l"u1u2 , tra u1(t) e u2(t). Inobe, è
facile verificare che se u1(t) e u2(t) sono segnali di energia e u(t) = u 1(t) + u2(t),
allora la densità spettrale di energia di u è data da

5.9.3 Caratterizzazione energetica dei segnali di potenza


Per un segnale di potenza u(t), t E JR,abbiamo definito la potenza (normalizzata)
come
l j+T
P,,,= lim IVTI lu(t)l 2dt.
T-++oo,&,.L -T
Come accadeva per l'energia dei segnali di energia, il calcolo della potenza può
essere effettuato anche nel dominio della frequenza, a condizione di ricorrere al
medesimo procedimento "al limite" illustrato nel paragrafo 5.3.1 per il calcolo
della trasformata di Fourier dei segnali di potenza.
Se infatti introduciamo una successione di "versioni finestrate",
ur(t), TE lR+,
del segnale di potenza u(t) e indichiamo con
Ur(f), TE IR+,
5.9. CARATTElllZZAZIONE ENERGETICA DEI SEGNALI 173

la successione delle corrispondenti trasformate di Fourier, allora possiamo definire


la densità spettrale di potenza (PSD, dall'inglese power spectral density) del
segnale u( t) come
Su(/)== 1Ur(f)l 2
lim
T-++oo 2T
La densità spettrale di potenza rende conto della distribuzione in frequenza della
potenza del segnale ed è, infatti, possibile dimostrare che la potenza del segnale
coincide con l'integrale della densità spettrale di potenza, ovvero
+oo
'Pu = / -oo Su(f)dj.

Si noti, anche, che la funzione di trasferimento dell'energia, jH(f)l 2 , di un si-


st,ema LTI (BIBO sta':>ile) con risposta in frequenza H(f), consente di mettere
iu relazione le densità spettrali di potenza dei segnali di ingresso ed uscita. cor-
rispondenti, dal momento che vale una relazione analoga a quella determinata
per le densità spettrali di energia, i.e.

5.9.4 Mutua correlazione fra segnali di potenza


Dati due segnali di potenza, u1(t) e u2(t), t E JR,definiamo la funzione di mutua
correlazione di u1(t) e u2(t) come la funzione (se esiste) data da

Ru 1 u2 (r) == lim
1 f+Tu1(t)u2(t - r)dt, JR.
T-->+oo 2T -T
TE

n,41u 2 (r) misura il grado di similitudine tra u1 {t) e u2(t-r). Va tuttavia eviden-
:1.iatoche la funzione di mutua correlazione, nel caso di segnali di potenza, non
e'!a l'igore interpretabile come un prodotto scalare. Per u1(t) = u2(t) = u(t) la
l'unzione di mutua correlazione degenera nella funzione di auto-correlazione
di u(t), i.e.

1
Ru(r) == lim -T
J_+T
u(t)u(t - r)dt, TE JR.,
T-++oo 2 -T

dw, come per i segnali di energia, misura la rapidità di variazione di u(t).

Come per i segnali di energia, è anche possibile dimostrare che la tr!lsfor-


111ata.<li Fourier di Ru(r) coincide con la densità spettrale di potenza di '!J(t) e,
pmt.anto, la densità spettmln cli pot,cm:,m.di un segnale (di poten~a) può anchè
l 74 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TRASFORMATA DI FOURIER

1Hserecalcolata valutando la trasformata di Fourier della sua auto-correlazione.


::>eranalogia, chiameremo densità spettrale di potenza mutua dei segnali
t1 e u2, e la indicheremo con il simbolo Su1 u2 (/), la trasformata di Fourier della
'unzione di mutua correlazione Ru1 u2 ('T). Essa rende conto della distribuzione in
'requenza della potenza mutua 'P.i, 1 u 2 tra u1(t) e u2(t) ed è possibile dimostrace
:he se u1T(t) e u2r(t), T E lR+ rappresentano due successioni di versioni "fine-
1trate", rispettivamente, dei segnali u1(t) e u2(t), e U1TU) e U2TU), TE R+, le
mccessioni delle corrispondenti trasformate di Fourier, allora

,;: (/) _ .
11m U1T(/)fhi(J)
'-'u1u2 -
T--++oo
2T ,

Infine, è facile verificare che se u1(t) e u2(t) sono segnali di potenza e u(t) =
,. 1 (t) + u 2 (t) è un segnale di potenza, allora la densità spettrale di potenza di u
\ data da

5.9.5 Esempio: Larghezza di banda di un segnale


La (larghezza di) banda gioca un ruolo fondamentale non solo nella caratteriz-
mzione delle risposte in frequenza, e quindi dei sistemi, ma anche in quella dei
mgnali. Anche per i segnali non esiste un 'unica definizione di banda. Inoltre,
;e il segnale è reale, si fa spesso riferimento alla banda monolatera (indipen-
:lentemente dalla specifica definizione), ovvero ad una misura dell'estensione in
'requenza calcolata per le sole frequenze positive. Una naturale definizione della
1anda (monolatera) deriva dal considerare l'intervallo di frequenze (positive) in
:ui è contenuta una preassegnata frazione dell'energia o della potenza del segnale
:a seconda che si tratti di un segnale di energia o di potenza).
Con riferimento, ad esempio, ad un "segnale di energia dì tipo passa-basso'' si
JUÒ considerare I'intervallo di frequenze ( - B99, B99) che contiene il 99% dell 'ener-
~Ìfl. del segnale. In altri termini possiamo definire come banda monolatera che
:ontiene il 99% dell'energia quel valore B99 E R+ tale che

1 B99
S,.,(f)df = 0.99 · eu= 0.99 · 1+00
Su(f)df (5.26)
-B99 -oc

love Su(/) è la ESD di u(t).


La definizione per i segnali di potenza è ovvia.mente analoga: la banda mono-
1Ltern che contiene il 99% della potenza è quel numero positivo B99 tale che

L:: 9
S.,(f)df = 0.99 · 'Pu = 0.99 · 1-: Su(/)dJ (5.27)

love S,.(f) è la PSO di u(t).


.5.9. CARATTERIZZAZIONE ENERGETICA DEI SEGNALI 175

A titolo esemplificativo consideriamo un impulso rettangolare e, più precisa-


mente, il segnale
u(t) =A· II(~), t E R,
dove A e T sono numeri reali positivi. L'impulso rettangolare di durata T è
un segnale di energia ed il calcolo di B99 equ,ivale a risolvere per via numerica
l'equazione (5.26) con

Su(/) = (AT)2sinc 2 (/T), f E R,

cd fu= A 2T. Si verifica facilmente che tale equazione può essere risolta rispetto
a BggT ottenendo BfJ9T ~ 10.28 ovvero B99 ~ 10,j,2 8•

,I.
L -)t, .1 ~ c:c:1.ic.. + lc.os ( ln S,i) ~
( 1 r,1--f)

~ -1i ?..(.05 ( u1i·0 " { ,~ l2rtj.t)


1..-

'lS. ·3·)" '(f•3•) t ~ qg-?J.)"'-~ «(9nJ.)


170 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TRASl•'Oll.MA'l'A DI FOURIEil

5.10 Esercizi di riepilogo


Esercizio 5.1 Calcolare la serie di Fourier trigonometrica dei seguenti segnali:

1, -T/4 :S t < T/4,


i) v(t) ={ -1, T/4 :S t < 3T/4,
v(t -T), t ~ [-T/4, 3T/4).
1, -T/4:St<T/4,
ii) v(t)= { O, T/4$t<3T/4,
v(t -T), t lit [-T/4,3T/4).
iii) v(t) =A· Isin(21rfot)I, A, fo E IR+.

iv) v(t) ={
A sin(21rfot), t E [ 2}0 ,t};J,k pari,
O, t E [¼o, Wo],
k dispari.

Esercizio 5.2 Si consideri un segn!ile a "dente di sega", periodico di periodo To,


la cui restrizione al periodo [O,To) è data da

Vt
v(t) = To.
i) Si determini lo sviluppo in serie di Fourier esponenziale di v(t).

ii) Si determini lo sviluppo in serie di Fourier trigonometrica. di v(t).

iii) Si determini la potenza media di v(t).

iv) Si determini il rapporto tra la potenza della componente in continua di u(t)


(quale emerge dal auo sviluppo in serie trigonometrica) e la potenza media
dell'intero segnale v(t).

Esercizio 5.3 Un circuito RL come quello descritto nel Capitolo 2 (parag:-afo


2.2.1) è un sistema LT[ causale e BIBO stabile a tempo continuo, descritto
:!ali'equazione differenziale:

dv(t) R R
~ +L v(t) = L u(t).
i) Calcolare la risposta in frequenza del sistema e tracciarne il diagramma di
Bode.
,r,,10. ESERCIZI DI RIEPILOGO 177

ii) Determinare il segnale di uscita v(t), t E R, in corrispondenza al segnale di


ingresso
u(t) =A· Isin(2rr/ot)I, t E R,
dove A, Jo E R+.
(Suggerimento: si ricorra allo sviluppo in serie trigonometrica di Fourier del
segnale u(t), determinato al punto iii) dell'Esercizio 5.1].

iii) Determinare i valori delle costanti R ed L in modo tale che il segnale di


uscita determinato al punto precedente abbia serie di Fourier trigonometrica
in cui ogni componente a frequenza diversa da zero abbia ampiezza non
superiore al 10% dell'ampiezza della componente in continua (il termine
relativo alla frequenza nulla nello sviluppo in serie di Fourier).

iv) Si determini la potenza media dissipata sul resistore quando il segnale di


ingresso è
u(t) = cos(rrt + 1r/4), tER.

Esercizio 5.4 Calcolare la trasformata di Fourier dei seguenti segnali:

i) v(t) = A (f), t E JR.


[Suggerimento: si pensi all'impulso triangolare come alla convoluzione di
due impulsi rettangolari].

ii) v(t) =A· II (f) cos(2rrfot), t E R.


Questo segnale è noto come impulso a radio-frequenza o impulso RF.

iii) v(t) = tt, t E R.


[Suggerimento: si ricordi la trasformata della funzione segno e si sfrutti
l'equazione di sintesi].

iv) v(t) = 1 + 2e-i 2"11"t+ 2ei 2"11"t, t E R.


v) v(t) = e-alt-tol, t,to E R,a > O.

vi) ·11(t)= 1;t2, t E JR.


[Suggerimento: si utilizzi la trasformata di e-alti, t E R, a > O, e si sfrutti
l'equazione di sinte:;i).

vii) 11(t)= (t - 2) · II(t), t E R.

viii) ·v(t) = ( "J;)[-II(t + 1/2) + H(t - 1/2)], t e R.


178 CAPITOLO 5. LA SERlE E LA '.1'11.ASl•'OllMATADI FOURIER

Esercizio 5.5 [Realizzazione di un filtro passa-banda con frequenza centrale


della banda passante variabile] Si dimostri che per realizzare un filtro passa-
banda ideale con banda passante (/o - B, !o + B), dove lo è variabile mentre B è
fissa, è possibile far uso di un filtro passa-basso ideale di banda monolatera B e
di una coppia di modulatori a frequenza - lo e lo, Più precisamente, si di~ostri
che se un segnale reale u(t), t E R, viene elaborato come illustrato nel seguente
schema a blocchi:

y3(t) v(t)
LPF 1----i 2 Re(·)

ej21r/ot

ovvero
1. u(t) viene moltiplicato per un fasore ottenendo

2. il segnale y1(t) viene filtrato attraverso un filtro passa-basso ideale (LPF)


di ampiezza unitaria e larghezza di banda monolatera B (senza ritardo,
ovvero conto= O), ottenendo in tal modo il segnale di uscita Y2(t);
3. il segnale y2(t) viene nuovamente moltiplicato per un fasore e121rfot e del
segnale complesso y3(t) = eJ21rfoty2(t) viene prelevata la parte reale molti-
plicata per 2, o:.tenendo in tal modo l'uscita v(t) del filtro,
allora la trasformata di Fourier di v(t) è

V(!) = [Il ( I ;Jo)+ Il ( :1o)]


Uf (J),

dove U(f) rappresenta la trasformata di Fourier del segnale u{t).

Esercizio 5.6 [Rivelatore sincrono] Si supponga di voler estrarre da un segnale


male ·u(t) = Am(t) cos(27r/ot), t E R, con A e lo numeri reali positivi, il se-
gnale (reale) Am(t), che supponiamo rigorosamente limitato in banda con banda
monolatera B < /o. A tal fine si può ricorrere ad un rivelatore sincrono, cioè al
seguente schema a blocchi:
r,.10. ESERCIZI DI RIEPILOGO 179

u(t) Yi(t) v(t)


LPF

2cos(2'1T/ot+ <{))

mrrispondente alla seguente elaborazione:

1. il segnale reale u(t;, t E JR.,viene moltiplicato per la funzione 2 cos(21rfot +


r/>),
t E JR.,ottenendo, in tal modo, il segnale y 1 (t);
2. il segnale Y1(t) viene filtrato utilizzando un filtro passa-basso ideale con
banda monolatera {L, producendo il segnale di uscita v(t).

Si dimostri che, se vale la condizioneB ~ fL ~ 2fo-B, allora v(t) = Acos r/>m(t).


In particolare, se rp= O allora v(t) = Am(t) (da cui consegue il nome di rivelatore
sincrono).

l~sercizio 5. 7 Un semplice sistema di crittografia, utilizzabile per garantire la


segretezza di una comunicazione, può essere realizzato attraverso un dispositivo
:-;chematizzato dal seguer.te schema a blocchi:

-
u(t)
HPF
y3(t)~

-~
2 cos(21rfit) 2 cos(21rht)

,,vvero

JR.,rigorosamente limitato in banda con banda


l. il segnale reale u(t), t E
monolatera B, viene moltiplicato per 2cos(21rfit), fi ~ B, ottenendo il
segnale Yl( t);

2. il segnale y 1 (t) viene filtrnt,o 111,ilizzandoun filtro passa-alto ideale con


180 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TRASFORMATA DI FOURJER

risposta in frequenza

HHPF(/) =1- Il ( 2 :H), f H = fi,


ottenendo Y2(t);

3. il segnale Y2(t) viene moltiplicato per 2cos(27r/2t), /2 = ft + B, ottenendo


il segnale Ya(t);

4. il segnale Ya(t) viene filtrato utilizzando un filtro passa-basso ideale con


risposta in frequenza

HLPFU) = II(2~L)
' B:::;;IL :5 !1 + h,
ottenendo v(t).

È richiesto di

i) analizzare il funzionamento di tale dispositivo disegnando le trasformate di


Fourier dei segnali Y1,Y2, Yae v, nelle ipotesi che h = f H = 20 kHz, /i = 20
kHz, h = 25 kHz e u(t) sia dotato di trasformata di Fourier

ii) dimostrare che questo sistema può funzionare come decodificatore di sd


stesso, con ciò intendendo che se il segnale di uscita crittografato v(t),
ottenuto nelle ipotesi del punto i), viene applicato come ingresso a tale
sistema si ottiene in uscita il segnale u(t) che lo ha generato.

Esercizio 5.8 Un circuito RL come quello descritto nel Capitolo 2 (paragrafo


2.2.1) è un sistema LTI causale e BIBO stabile a tempo continuo, descritto
dall'equazione differenziale:

dv(t) R
- dt + -L v(t) = -RL u(t).
Supponiamo che il sistema venga sollecitato dal segnale di ingresso

u(t) = 2_
r.t
sin(rrt), t E lii.

i) Calcolare la densità spettrale di energia e l'energia del segnale di ingre111:10,


ii) Calcolare la fu:i.zione di auto-correlazione del segnnlu di i11p;rrn1so.
t,. IO. ESERCIZI DI lllEPILOGO 181

lii) Detto v(t) il segnale di uscita in corrispondenza a tale segnale di ingresso,


Hene calcoli la densità spettrale di energia e l'energia.

lv) Si calcoli l'espressione della densità spettrale mutua dei due segnali di in-
gresso ed uscita.

1,:,mrcizio5.9 Nella pratica è spesso difficile costruire un amplificatore che la-


vmi a frequenze molto basse. Di conseguenza, gli amplificatori a basse frequenze
v1•11µ;0110costruiti in base al principio della "modulazione di ampiezza" che pro-
1hicl' una traslazione, verso un intervallo di frequenze più elevate, dello spettro
dc•IHc?gnaleda amplificare. Un tale amplificatore viene detto chopper amplifier
11 vlo1t<?illustrato dal seguente schema a blocchi:

u(t) v(t)
H1(jw)

s(t) s(t)

s(t) = repr[II(~)],
Hi(jw) A II(w ~ ~) + A II(w; ~),

H2(jw) = II(; )·
I) I)ctcrminare, in termini di T, la massima pulsazione che può essere presente
11ullospettro del segnale u(t) affinché v(t) sia proporzionale a u(t) (ovvero
allinché il sistema complessivo sia equivalente ad un amplificatore).

Il) J\HHmnendoche u(t) sia a banda limitata, con banda che soddisfi il vincolo
dPlerminato al punto i), si esprima il guadagno del sistema complessivo
( 1,vvero la costante di proporzionalità di cui al punto i)) in termini di A e

'/'.
182 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA 'l'RASl<'OHMATA DI FOURIEU.

Esercizio 5.10 La risposta in frequenza H(jw) del filtro di figura

u(t) y(t) v(t)


H(jw)

cos(2t)
è data da
. )
H( JW = 2e-j3w II (w)
4 , w E lR.

i) Si calcoli la risposta v(t) del sistema in corrispondenza à u(t) = cos t, t E IR,


ii) Si calcoli la risposta v(t) del sistema in corrispondenza a

u(t) = sinc ( ~) cos(3t), t E JR.

iii) Si calcoli la risposta v(t) del sistema in corrispondeRZa al segnale periodico


di periodo 7T che in [-1r /2, 7T/2] vale:

u(t) _ { 1, ltl < 1r/4,


- -1, 1r/4 < ltl < 1r/2.
Capitolo 6

Sistemi a tempo discreto

1111 sistema a tempo discreto è un sistema le cui grandezze descrittive, siano


t•HHP ingressi,uscite o variabili "interne" quali, ad esempio, le variabili di stato,
lutte descritte da funzioni a tempo discreto, ovvero successioni.
11111111
Obiettivo di questo capitolo è quello di introdurre alcuni modelli matematici
prn·i sistemi a tempo discreto LTI. Le definizioni di linearità, tempo-invarianza
,, mmmlità per i sistemi a tempo discreto, che verranno comunque riportate nel
1111µ;11ito
per completezza, sono identiche alle analoghe definizioni date per sistemi
11l,1impocontinuo nel Capitolo 2, a condizione di considerare come insieme dei
l.1u11pi
l'insieme degli interi.
Noi rappresenteremo anche i sistemi a tempo discreto, siano essi lineari e
o meno, mediante uno schema a blocchi, in cui u(k), k E Z,
t.11111po-invarianti
1·11ppresental'ingresso e v(k), k E Z, rappresenta l'uscita.

u(k) v(k)
Sistema a tempo discreto
ingresso uscita

0.1 Proprietà basilari

l.l11earità:
1111sistema a tempo discreto è lineare se per esso vale il principio di sovrap-
degli effetti ovvero se Hoclclit;fit
1111.~ixione la seguente condizione: se all'ingresso
11!1l(A:)conisponde l'uscita v( 1)(A:)11n.ll'inp;rmiso
u( 2)(k) corrisponde l'uscita v( 2)(A:),
184 CAPITOLO 6. SIS'l'BMl A TEMPO DISCRETO

allora, per ogni scel~a di a 1 e a 2, all'ingresso a1u(ll(k) + a2u<2>(k) corrisponde


l'uscita a 1 v(ll(k) + a2v<2>(k). È importante sottolineare, anche in questo caso,
che questa formulazione matematica del principio di sovrapposizione degli effet,tl
ha senso nel momento in cui l'unica causa in gioco sia l'ingresso al sistema. So
altre cause entrano in gioco nella valutazione della dinamica del sistema·qua.111
ad esempio, le condizioni iniziali (se si ipotizza che l'osservazione della dinamica
del sistema abbia inizio ad un istante finito ko E Z ed a tale istante il sistema
non si trovi nello stato di riposo, ovvero non parta da condizioni iniziali nulle),
allora il principio di sovrapposizione degli effetti va riformulato matematicamente
in modo da tener conto anche di esse. • ·~
Un sistema per il quale non sia soddisfatto il precedente principio viene detto,
genericamente, non lineare.

Tempo-Invarianza: ,'I
un sistema dinamico a tempo discreto viene detto tempo-invariante se 11·
traslazione nel tempo delle cause provoca la medesima traslazione nel tempo ·
degli effetti. Diciamo che il sistema è tempo-invariante (ricordando, però, 11
precisazione fatta prima sulla situazione in cui ci siano altre cause agenti stil'I
sistema, oltre all'ingresso u(k)) se per ogni coppia ingresso/uscita (u, v) e per ognl
d E Z, la risposta del sistema all'ingresso [udu](k) = u(k-d) è [o-dv](k)= v(k-d), ·
,,

Causalità:
un sistema a tempo discreto viene detto causale o non anticipatorio se:
ogni causa non viene mai preceduta dal corrispondente effetto. In altre parole,
un sistema è causale se per ogni istante k E Z l'uscita del sistema al tempo k ti
indipendente dall'evoluzione del segnale in ingresso negli istanti successivi a le,

I diversi concetti di stabilità sono già stati introdotti nel Capitolo 2 per l
sistemi LTI a tempo continuo e, da un punto di vista formale, si estendono In
modo diretto al caso discreto. I dettagli matematici delle specifiche tipologie
di stabilità per sistemi a tempo discreto verranno presi in esame più avanti 1101
capitolo.

6.2 Modelli descritti da equazioni alle differenze


Un modo importante per modellare un sistema LTI a tempo discreto è attraverllO
un sistema di equazioni alle differenze, lineari e a coefficienti costanti. Per intro-
durre in modo naturale questo tipo di modellistica, cominciamo col prendere In
considerazione alcuni esempi.
ti.:l. MODELLI DESCRITTI DA EQUAZIONI ALLE DIFFERENZE 185

0,2.1 Esempio 1: Previsione di vendita


N1•1l1tprevisione dei livelli di vendita di uno specifico bene di consumo (ad esem-
pio, 11utomobili) in un certo intervallo di tempo (ad esempio, un mese) si tiene
mul.o, in diverse forme, di quello che è stato l'andamento delle vendite negli in-
precedenti. Indicando con v(k) e con u(k), rispettivamente, la previsione
t.111·v11lli
di vm1dita e le vendite effettive nel k-esimo periodo, la forma più semplice di pre-
vlilimm è quella che asume le vendite effettuate nel (k - I)-esimo periodo come
prnvii:;ione di vendita per il periodo successivo (k-esimo):

v(k) = u(k - 1).

IJ II metodo di previsione più realistico tiene conto, per formulare la previsione


,,(~:), dell'andamento delle vendite ("trend") in più intervalli precedenti. Ad
1•Htn11pio, si può usare il modello

v(k) = u(k - 1) + a[u(k - 1) - u(k - 2)] = (1 + a:)u(k - 1) - a-u(k - 2),

11111qua.le viene pesata, mediante il parametro o:, la differenza tra le vendite


ultimi
111111:li due periodi. Assumere a > O equivale a prevedere che le vendite
l'll11ti11uinocon il medesimo trend, assumere a < O equivale, invece, a prevedere
1111'i11versione nel trend. Questo modello rappresenta un sistema a tempo di-
LTI, il cui legame ingresso/uscita viene descritto mediante un'equazione
11c·rcil.o
11ll11differenze lineare e a coefficienti costanti.

0.2.2 Esempio 2: Filtraggio di una successione di misure affette


da un errore non sistematico
Supponiamo che u(k), k E Z, sia una collezione di misure di una assegnata
11,nu11lezza (ad esempio, la resistenza di un certo resistore) effettuate utilizzando
11110Htrumento che si s·.1ppone non introduca "errori sistematici". In generale
,·, poHHibilemigliorare l'accuratezza utilizzando non una singola misura, bensì
v11l11l,1wdo il valor medio delle misure disponibili. Per poter effettuare tale media
111l.t?mpo reale, utilizzando solo un numero finito (e costante) di misure che,
1·11//,imwvolmente,sono le più "recenti", e tener conto, in tal modo, del fatto che
può variA.rP.m~ltempo, facciamo uso di un modello "a media mobile"
1111/;l'llll<lczza
dl'Hnit.to dalla seguente equazione alle differenze:

. l M-1
v~k) =M L u(k - i), k EZ.
i=O

'l'ufo modello è un sistema a tempo discreto la cui uscita al tempo k rappresenta


11111wdiu corrente dei valori ddl'ingrcsso negli istanti k, k - l, ... , k - M + 1.
nuche quei:;to moddlo ò 1111HiHt,mnaa tempo discreto LTI, il cui lugame
I '11rl.11.11t,o
186 CAPITOLO 6. SISTBMI A 'l'EJMPO DISCRETO

ingresso/uscita viene descritto mediante un'equazione alle differenze lineare e a.


coefficienti costanti. Si noti che tale modello può essere generalizzato assumendo
pesi diversi per le varie misure coinvolte nell'espressione della media al tempo k,
ovvero
M-1
v(k) = L Diu(k - i), k E Z.
i=O

Chiaramente la somma dei pesi deve valere 1, ovvero I:;'!01 bi = 1.


6.2.3 Esempio 3: Successione di Fibonacci
La successione di Fibonacci è ben nota dai corsi di Matematica. Essa viene
definita attraverso il seguente algoritmo ricorsivo:
v(k) = v(k -1) + v(k - 2), k E Z+,
inizializzato con v(-1) = 1 e v(-2) = O. Si ottiene in tal modo la successione
0,1,1,2,3,5,8,13,21,34, ....
Questa equazione ricorsiva può essere interpretata come un'equazione alle dif-
ferenze omogenea, linearè e a coefficienti costanti.

6.3 Modelli descritti da equazioni alle differenze


Consideriamo un sistema ad un solo ingresso ed una sola uscita, descritto at-
traverso un'equazione alle differenze lineare e a coefficienti costanti:
ao v(k) + a1 v(k - 1) + ... + an v(k - n) =
= bo u(k) + b1 u(k - 1) + ... + bm u(k - m), k E Z, (6.1)
o, in forma compatta,
n m
2:0,v(k - i) = L bi u(k - i), k E Z, (6.2)
i=•) i=O

dove supponiamo che i coefficienti ao, an e bm siano non nulli 1 . Le successioni u


e 1, rapprf';;e.ntano, rispettivamente, il segnale in ingresso e il segnale d'uscita al
sistema.
Se n = O la precedente equazione può essere riscritta nella forma
m b·
v(k) = L-=-u(k - i), k E Z. (6.3)
i=O ao
1Nel seguito faremo l'ipot.esi che l'ingresso agisca realmente ~ul HIHl,1,111n«' quindi il secondo
membro della (6.2) non sia identicamente nullo.
li.3. MODELLI DESCRITTI DA EQUAZIONI ALLE DIFFERENZE 187

Pet'tanto l'uscita v(k) è una funzione esplicita di u(k - i), i= O, ... ,m, ovvero
l! una combinazione lineare dei valori assunti dall'ingresso all'istante corrente e
in alcuni istanti precedenti: per questo motivo parliamo di modello a media
mobile (MA, dall'inglese moving average). Il modello MA descritto dalla (6.3)
è chiaramente LTI e causale.
D'altra parte, se m = O l'equazione (6.1) diventa
n
Lai v(k - i) = bou(k), kEZ,
i=O
1! otteniamo un cosiddetto modello autoregressivo (AR, dall'inglese autore-
grcssive). In tal caso, infatti, l'uscita v al tempo k è ottenuta, una volta noto il
mmpione u(k), mediante regressione sui valori assunti dall'uscita negli n istanti
prncedenti, k - 1, k - 2, ... , k - n.
Ogni sistP.ma descritto dall'equazione (6.2) può sempre essere pensato come
In serie del modello MA
m
z(k) = Lbiu(k - i), k EZ,
i=O
e,del modello AR n
Laiv(k - i)= z(k), k E Z. (6.4)
i=O
Pm questo motivo i modelli (6.2) sono anche noti in letteratura come modelli
nutoregressivi a media mobile (ARMA, dall'inglese autoregressive-moving
nverage).

u(k) z(k) v(k)


Modello MA Modello AR

1-'iµ;ura6.1: Rappresentazione di un modello ARMA come sede di un modello MA e di


1111modello AR.

A differenza di quanto accade per i modelli MA, tuttavia, nel caso n ~ 1


l'rn11mzione(6.2) non permette di individuare univocamente il segnale di uscita
11111Lvolta noto il solo segnale in ingresso. Il calcolo dell'uscita richiede delle
m11dizioni aggiuntive: se, ad esempio, sono noti i valori dell'uscita negli n istanti
1·011sucutivi-1, -2, ... , -n, ovvero
11(-l),11(-2), ... ,11(-n),
188 CAPITOLO 6. SIS'J'BMI A 'l'BMPO DISCRETO

·11(k)risulta univocamente determinata per ogni k E Z. Infatti, per k ~ O l'uscita


Hicalcola in modo ricorsivo riscrivendo la (6.2) nella forma
m b n
v(k) =). ~ u(k - i) - L ai v(k - i), k ~ O. (6.5)
::Oao i=i ao
Analogamente, per k < -n l'uscita si calcola in modo ricorsivo attraverso la
m b n-1
v(k - n) =L ~ u(k - i) - L ai v(k - i), k < O,
i=O an i=O an

o, equivalentemente, mediante la
m b n-1
v(k) = L .....!..u(k + n - ì) - L ai v(k + n - i), k < -n. (6.6)
i=O a.,. i-O lln

I valori div nell'intervallo discreto [-n, -1] sono ovviamente noti.


Il sistema descritto dall'equazione alle differenze (6.2) è detto di ordine n
poiché n è il numero di istanti antecedenti l'istante k in cui è necessario con-
servare in memoria il valore dell'uscita al fine di determinare l'uscita al generico
istante k. È inoltre possibile introdurre il concetto di memoria del suddetto
sistema, con ciò intendendo, invece, il numero di istanti antecedenti l'istante k
in cui è necessario memorizzare il valore dell'ingresso e/o dell'uscita per poter
determinare l'uscita all'istante k. Nelle ipotesi in cui ci siamo messi (ovvero che i
coefficienti ao,an e bm siano tutti non nulli) la memoria coincide con max{ m, n }.
La memoria di un'equazione alle differenze rappresenta una misura della com-
plessità del sistema e, come vedremo, coincide con la dimensione di un modello di
stato di complessità minima che "realizzi" il precedente modello alle differenze.
I sistemi di equazioni alle differenze lineari a coefficienti costanti (6.2) per
i quali ao -/, O sono sistemi (a tempo discreto) propri. In particolare, se
b0 = O, essi sono sistemi (a tempo discreto) strettamente propri.
È ragionevole ipotizzare che il sistema sia inizialmente a riposo, con ciò in-
t.cndendo che fintanto che il sistema non viene sollecitato da nessun segnale di
ingresso esso produce un segnale di uscita nullo. Ciò equivale ad asswnere che
ogniqualvolta esista un intero ko tale che u(k) = O per k < ko, allora v(k) = Oper
k < ko. Sotto tale ipotesi è evidente che il sistema risulta LTI e causale. Per un
:,;istema inizialmente a riposo, è possibile calcolare l'uscita v(k), k E Z, a partire
dalla conoscenza del solo segnale in ingresso u(k), k E Z. Se, infatti, u(k) = O
per k < ko, è possibile utilizzaxe l'equazione ricorsiva
m b n
v(k) =L _i u(k - i) - L ai v(k - i), k ?: ko,
,=O ao i=I ao
ti.:l. MODELLI DESCIUTTI DA EQUAZIONI ALLE DIFFERENZE 189

dove si è assunto v(k) = O per k < ko (ovvero condizioni iniziali nulle in ko -


I , ko - 2, ... , ko- n). Per ingressi con supporto non limitato inferiormente, invece,
il calcolo del segnale di uscita viene effettuato facendo ricorso al concetto di
riHposta impulsiva, come prodotto di convoluzione (discreto) tra la successione di
l11gressoe la risposta impulsiva del sistema.
È evidente che la conoscenza del segnale di ingresso su tutto Z permette il
rnlcolo dell'uscita del sistema su Z+, tuttavia la conoscenza dell'intera evoluzione
1 Id segnale di ingresso non è necessaria qualora si sia interessati alla sola dina-

111icadel sistema su Z+. È facile rendersi conto del fatto che il calcolo di v(k)
p11rk ~ O richiede unicamente la conoscenza di v( - I), v ( - 2), ... , v ( -n) e dei
vnlori assunti dalla successione di ingresso u(k) per k ~ -m. Pertanto possiamo
pm1sare ai valori assunti da v( k) negli n istanti antecedenti k = O e ai valori di
n( k) negli m istanti antecedenti k = O come alle "condizioni iniziali" del sistema,
, lai momento che esse riassumono lo "stato" del sistema al tempo k = O come
mnseguenza delle sollecitazioni a cui è stato sottoposto negli istanti k < O. La
rm1trizionedella successione di ingresso u( k) agli istanti non negativi _rappresenta,
i11vece,la seconda causa agente sul sistema, ovvero l"'ingresso forzante", In tal
111odopossiamo ancora una volta pensare alla successione di uscita v(k) come
somma di una componente di evoluzione libera v,, che rappresenta la risposta del
siHtema a partire dalle assegnate condizioni iniziali quando il segnale di ingresso
sia nullo per k E Z+, e di una componente di evoluzione forzata VJ, che rap-
iiresenta la risposta del sistema quando esso viene sollecitato dalla sequenza di
i11gressou(k)1L1 (k) a partire· da condizioni iniziali (su ingresso ed uscita) identi-
mmente nulle. Come ved::-emonel seguito, la risposta forzata è sempre esprimibile
mediante un prodotto di convoluzione (discreto).
Nel caso particolare in cui u(-1) = u(-2) = ... = u(-m) = O, si ottiene la
, lccomposizione
v(k) = vt(k) + v1(k), kEZ+,
dove vi tiene conto delle sole condizioni iniziali sull'uscita, ovvero rappresenta la
soluzione dell'equazione:
n
Laiv(k - i) = O, (6.7)
i=O

valutata a partire dall'istante k = O, in corrispondenza alla specifica n-pla di


condizioni iniziali assegnate sull'uscita, v(-1), v(-2), ... , v(-n), mentre VJ tiene
muto della sola sollecitazione di ingresso per k ~ O, i.e. è la risposta al solo
s1!gnaleu(k)<L1(k).
A questa situazione semplificata possiamo, di fatto sempre riportarci tramite
1111piccolo trucco. Si può, infatti, oHservare che l'uscita del sistema (6.2), sol-
lc!citato in ingresso da u(k), k E Z, coincide con quella del sistema (6.4), sol-
190 CAPITOLO 6. SlS'.l'BMl A TEMPO DISCRETO

lecitato in ingresso da
m
z(k) = L bi u(k - i), kEZ.
i=O

Tenuto conto del fatto che l'uscita del sistema (6.4) dipende, per k ~ O, solo da
z(k), per k ~ O, e dall'insieme delle condizioni iniziali

v(-1), v(-2), ... , v(-n),


segue che è possibile calcolare v(k), k ?'. O, come risposta al segnale in ingresso
z+(k) = z(k) cL1(k) e alle preassegnate condizioni iniziali (sull'uscita). Quindi
l'uscita della (6.2) per k ?'. Opuò essere espressa, in analogia con il caso continuo,
come somma di una componente dì evoluzione libera e di una componente di
evoluzione forzata
v(k) = Vt(k) + v1(k), k ~ o,
dove ve(k) è l'uscita in evoluzione libera del sistema {6.4) mentre v1(k) rap-
presenta l'evoluzione forzata del sistema (6.4) in corrispondenza del segnale In
ingresso z+(k). s: osservi che non c'è contraddizione in questa procedura, dal
momento che il calcolo di z+(k), e quindi della suddetta risposta forzata v1(k),
richiede la conoscenza di u(k), k 2::-m.
Per questa ragione nel seguito assumeremo stabilmente che la successione di
ingresso u(k), k E Z, sia nulla negli istanti -1, -2, ... , -m, anzi che sia nulla In
ogni istante k < O,dal momento che dal punto di vista dello studio della dinamica
per k 2::O le due ipotesi sono equivalenti.

6.3.1 Evoluzione libera dei modelli ARMA


Concentriamo, ora, la nostra attenzione sull'equazione alle differenze omogenea
(6.7). Anche in questo caso, a tale equazione alle differenze associamo (se n 2! 1)
un'equazione algebrica:
n
Lai z-i = O. (6.8}
i=O
Tale equazione è espressa mediante un polinomio nelle potenze non positive della
z. Per ottenere un polinomio nelle potenze non negative dP.ll'indeterminata ,,
come accadeva per il caso continuo, è sufficiente moltiplicare tale equazione e.lgo-
brica per zn. Si ottiene in tal modo
n n
'°'
~ai
i=O
z n-i = '°'
~an-i
i=O
zi = O. (6.9)

La precedente equazione prende il nome di equazione caratteristica del 11•


sterna. Si noti che, come conseguenza delle ipotesi ao, a11 / O, Lnle equazione hn
lì.:J. MODELLI DESCRITTI DA EQUAZIONI ALLE DIFFERENZE 191

v,mdo n e radici tutte non nulle. Se >.1,>..2, ... , Àr sono le r $ n soluzioni (com-
plrn1se)distinte della (6.9), note come radici caratteristiche dell'equazione, e
l'·I ,/L2,,,,, µr E N rappresentano le rispettive molteplicità (Er=l µ, = n), la com-
ponente di evoluzione libera dell'uscita può essere espressa nella forma:

(6.10)

por opportuni coefficienti (complessi) c;,e,funzioni della specifica scelta delle con-
di:t.iuni iniziali. Valgono anche per le equazioni alle differenze a coefficienti reali
I" medesime considerazioni fatte, nel Capitolo 2, in relazione alle eventuali radici
c·omplesse (e ai relativi coefficienti) dell'equazione caratteristica.

Le successioni

... '
kµ;-l
{ ---, ·Ài
k} , i E {1,2, ... ,r},
(µi - l). kEZ

(die spesso, nel seguito, indicheremo omettendo le parentesi graffe) prendono il


nome di modi elementari del sistema.
Come nel caso continuo, anche per i sistemi reali discreti è possibile esprimere
l'civoluzione libera in termini di successioni a valori reali, ovvero sostituire ai modi
d l'i ti po ~- >.k dei modi reali. Poichè la presenza della ra<!_icecomplessa >.E C \ JR
di molteplicità µ assicura sempre la presenza della radice À, di ugual molteplicità,
1m consegue che il sistema presenterà a fianco ai modi ~ · >.k, i= O,1, ... , µ - 1,
1111chci modi ~ , Xk,€ = O,1, ... , µ - l. Se rappresentiamo >..in modulo e fase,
ovvero nella forma).= pei 9 , allora

kt . >,k
i!
= kli! p k ej9k - ke k [ (Ok) .. (Ok)]
- l! p cos + J sm , k E Z,

,., 11.nalogamente,da X=pe-1 9 segue


e- - ke
€! · >."= i!/ [cos(0k) - j sin(0k)], k E Z.

I'P1"t.anto,cuu ragionamenti analoghi a quelli addotti nel caso di modelli h1-


11,rnsso/uscitacontinui, è possibile sostituire alla famiglia di modi complessi

ke k k' -k
1,·>-, e,·>-, e= o,1, ... , µ - 1,

la corriRpondente famiglia di modi reali

kt k A·'
l! p cos(0k), ;, l Hin((JA:), f = o,1, ... ,µ, - l.
192 CAPITOLO 6. SISTEMI A TEMPO DISCRETO

È importante sottolineare l'esistenza di una stretta analogia tra l'evoluzione


libera di un sistema a tempo discreto e l'evoluzione libera di un sistema a tempo
continuo. Infatti il generico modo discreto ~ · >..k, corrispondente ad uno zero
caratteristico complesso >..= pe)6, può essere riscritto nella forma
kt . \I;:= k'-PLi9k = ktelnp·kej9k = kte(lnp+j9)·k k ?I
i! "' .et e- i! i! ' E a..,

e quindi essere visto come la versione campionata (ad istanti interi) del modo
continuo ti eµt, t E R, con µ = ln p + j8. Questa semplice osservazione ci sarà
utile, nel seguito, per l'analisi della stabilità asintotica.

Val la pena, infine, di evidenziare come l'espressione (6.10) ottenuta per la


vt(k), in quanto soluzione dell'omogenea (6.7) in corrispondenza alle condizioni
iniziali v(-1), v(-2), ... , v(-n), debba restituire, una volta valutata in corrispon-
denza agli istant: k = -1., -2, ... , -n le condizioni inizio.li a.saegna.te. Pertanto
la (6.10) vale non solo per k?: O ma per k?: -n. Come conseguenza di questa
osservazione, sarà possibile determinare univocamente il valore dei coefficienti Ci,t
che compaiono nella (6.10) semplicemente eguagliando l'espressione ottenuta per
la ve(k) con i valori di v(k) negli istanti -1, -2, ... , -n.

Esempio 6.3.1 Consideriamo il sistema dinamico descritto dalla seguente


equazione alle differenze omogenea di ordine 1:

v(k) + v(k - 1) = O, k E Z+.


La condizione iniziale del sistema è v(-1) = V-1· Vogliamo determinare l'espres-
sione dell'uscita in evoluzione libera al generico istante k?: O. L'equazione carat-
teristica del sistema è
z+l=O
ed ha come unica radice >..1= -1. Pertanto l'evoluzione libera del sistema à
descritta, in generale, dalla seguente successione

vt(k) = c1(-I)'\
dove c1 è una costante da definire. Il vincolo V-1 = w(-1) -eh ci port,n
all'espressione finale

vi(k) = -v-1(-ll = v_1(-1)k+1, k?: O.

Esempio 6.3.2 Consideriamo il sistema dinamico descritto dalla seguentn



equazione alle differenze di ordine 2

v(k) .- v(k - 2) = O, k ~ O.
6.3. MODELLI DESCRITTI DA EQUAZIONI ALLE DIFFERENZE 193

Le condizioni iniziali del sistema sono v(-1) = V-1 e v(-2) = "'-2· L'equazione
caratteristica del sistema è
z 2 -1 = O
le cui radici (entrambe semplici) sono >.1= 1 e >.2= -1. Pertanto l'evoluzione
libera del sistema è descritta, in generale, dalla seguente successione:

dove c1 e c2 sono costanti da determinare. I vincoli

ci portano all'espreasione finale

( .) V-1 + V-2 -V-1 + 'U-2 ( l)k


~ o.
Vt /ç = 2 + 2 - ' k

Esempio 6.3.3 Consideriamo il sistema dinamico descritto dalla seguente



equazione alle differenze di ordine 2
1
v(k) - v(k - 1) + 4v(k - 2) = O, k ~ O.

Le condizioni iniziali del sistema sono v(-1) = V-1 e v(-2) = V-2-L'equazione


caratteristica del sistema è

z2 - z + ~ = (z - ~ r =0
ed ha un'unica radice >..1= ½di molteplicità 2. Pertanto l'evoluzione libera del
sistema è descritta, in generale, dalla seguente successione:
1 1 1
ve(k) = c1 2k + c2 k 2k = (c1 + c2 k) 2k,
dove c1 e c2 sono costanti da determinare. I vincoli

ci portano all'espressione finale

ve(k ) = [(v_1 - 4V-2)+ (V-1 4 k]2k'


2 - V-2) 1 k~O.
1.94 CAPITOLO 6. SISTEMI A TEMPO DISCRETO

6.3.2 Evoluzione (forzata) dei modelli ARMA


Al fine di trattare in modo omogeneo l'evoluzione (complessiva) dì sistemi osser-
vati su tutto Z e l'evoluzione forzata di sistemi con orizzonte temporale Z+, nel
seguito faremo stabilmente l'ipotesi che i segnali di ingresso sìano definiti su .tutto
Z. Ciò richiede, nel caso Z+, di prolungare i segnali assumendoli identicamente
nulli per k < O; l'evoluzione forzata del sistema si otterrà, poi, come restrizione
all'insieme Z+ dell'uscita così determinata.

Definizione 6.3.4 Dato un sistema SISO, descritto dall'equazione alle dif-


ferenze (6.2) e inizialmente a riposo, chiamiamo risposta impulsiva (discreta)
del sistema, e la indichiamo con il simbolo h(k), k E Z, la soluzione dell'equa-
zione alle differenze (6.2) ottenuta in corrispondenza all'ingre~o u(k) = o(k).

Si noti che, dal momento che il sistema è causale, e l'unica causa e.gente,
ovvero l'ingresso impulsivo, agisce all'istante k = O, la risposta impuls:va, in
quanto effetto corrispondente, è nulla per k < O. Per questo motivo la risposta
impulsiva è univocamente determinata dalla sua restrizione su Z+, ovvero da
h(k),k E Z+-

Definizione 6.3.5 Siano v1(k) e v2(k),k E Z, due successioni. Definiamo


prodotto di convoluzione (discreto) di v1 e v2 la successione che, se esiste,
è definita (in modo equivalente) attraverso una delle seguenti espressioni (legate
tra loro da un semplice cambio di variabile)

+oo
[v1* v2](k) ,;, L v1(k - i)v2(i)
i=-oo
+oo
= L v1(i)v2(k - i), k E .Z. (6.11)
i=-oo

È di banale verifica l'identità [v * o](k) = v(k), valida per ogni succeasione


v(k), k E Z.

Proposizione 6.3.6 La risposta in uscita del sistema (6.2), inizialmente


a riposo, di risposta impulsiva h(k), k E Z, in corrispondenza ad un'arbitraria
1-mccessionedi ingresso u(k), k E Z, se esiste è espressa, per ogni k E Z, nella
forma
k +oo
v(k) = [h * u](k) = L h(k - i)u(i) = L h(i)u(k - i)= [u * h](k), (6.12)
i=-oo • i=O
6.3. MODELLI DESCRITTI DA EQUAZIONI ALLE DIFFERENZE 195

dove si è sfruttato il fatto che h(k) = O per k < O. In particola.re, la risposta.


(forzata,) ad un ingresso u(k), k E .Z, nullo per k < O, è a sua volta nulla per
k < O ed espressa, per ogni k E Z+, da

k k
VJ(k) = L h(k - i)u(i) = Eh(i)u(k - i). (6.13)
i=O i=O

DIMOSTRAZIONE La dimostrazione è analoga a quella vista nel caso continuo.


Se il sistema LTI, inizialmente a riposo, risponde con h(k) al segnale di ingresso
impulsivo 6(k), in virtù della tempo-invarianza del sistema è anche vero che, per
ogni scelta di i E .Z, esso risponde con h(k - i) al segnale di ingresso impulsivo
o(k-i). D'altra parte, per la linearità, la risposta del sistema all'ingresso u(i}6(k-
i) è u(i)h(k - i). Sfruttando, infine, la proprietà di riproducibilità dell'impulso e
il principio di sovrapposizione degli effetLi, 1:1iùeduce che a.l segnale

u(k) = ... + u(-l)o(k + 1) + u(0)6(k) + u(l)o(k -1) + ...


+oo
= L u(i)o(k - i)= [u * 6](k),
i=-oo

il sistema risponde con


+oo
v(k) = L u(i)h(k - i). (6.14)
i=-00

Il fatto che h(k) sia nulla per k < O, eventualmente assieme all'ipotesi che il
segnale di ingresso sia nullo per k < O, porta immediatamente alle due equazioni
presenti nell'enunciato. •

Nel seguito, per semplicità, adotteremo sempre la seguente convenzione: la


somma di una serie in cui l'estremo inferiore sia maggiore dell'estremo superiore
è pari a O. Con questa convenzione la (6.13) è valida per la descrizione del segnale
di uscita v(k) per ogni k E .Z.

Esempio 6.3. 7 Consideriamo il sistema dinamico descritto dalla seguente


equazione alle differenze di ordine 1:

v(k) + v(k - 1) = u(k) - u(k - 1).

Vogliamo determinare l'espressione dell'uscita in evoluzione forzata al generico


iRtante k E .Z in corrispondenza alla generica successione di ingresso u( k), .leE Z,
nulla per k ~ O. A tal fine possiamo procedere per due vie: 1) calcola.re la
risposta impulsiva del sistema h(k), k E Z, ed esprimere l'evoluzione forzata. come
196 CAPITOLO 6. SIS'l'EMI A TEMPO DISCRETO

convoluzione discreta del segnale di ingresso con la risposta impulsiva, oppure 2)


determinare ricorsivamente l'espressione esplicita dell'evoluzione forzata.
Per il calcolo della risposta impulsiva è sufficiente tener presente che la sol-
lecitazione in ingresso è sempre nulla all'infuori dell'istante k = O, in cui vale 1,
mentre l'evoluzione d'uscita è nulla per k < O. Ponendo, allora, u(k) = o(k) e
sostituendo a v(k) la risposta impulsiva h(k), si ottiene per k = O

h(O)+ h(-1) = o(O)- 6(-1) = 1,


ovvero
h(O) = 1.
Per k = 1 abbiamo
h(l) + h(O) = 6(1) - 6(0) =· -1,
ovvero
h(l) = -1 - 1 = -2.
Per k = 2 abbiamo
h(2) = 2,
per k = 3 abbiamo
h(3) = -2,
e, proseguendo in questo modo, si ottiene:

1, per k = O,
h(k) = { -2, per k 2::1, k dispari,
2, per k ~ 1, k pari.
rale successione si può riscrivere in forma compatta nel seguente modo:

h(k) = o(k) + 2(-1lL1(k -1).

,'evoluzione (forzata) in corrispondenza al generico segnale di-ingresso u(k}, k E


~. nullo per k < O, diventa allora
k k-1
v1(k) = [h * uJ(k) = L h(k - i)u(i) = u(k) + 2 1)-il-iu(i), kEZ.
1=o1) ì=O

Jternativamente, per determinare l'espressione dell'uscita, possiamo conside-


m.i l'espressione dell'evoluzione d'uscita nei primi istanti ed estrapolare, poi,
t1Hpressionegenerale. Per k < O l'uscita è nulla. Per k = O abbiamo

~(O)+ v(-1) = u(O) - u(-1),


ti..'l. MODELLI DESCRITTI DA EQUAZIONI ALLE DIFFERENZE 197

,,vvero
v(O) = u(O).
I'.-r k =l abbiamo
v(l) + v(O) = u(l)-:-- u(O),
,,vvero
v(l) = u{l) - u(O) - u(O) = u(l) - 2u(0).
I 11ir k = 2 abbiamo
v(2) + v(l) = u{2) - u(l),
,,vvero
v(2) = u(2) - u(l) - u(l) +2u(0) = u(2) - 2u(l) + 2u(0).
I 11ir k = 3 abbiamo
v(3) + v(2) = u(3) - u(2),
,,vvero

v(3) = u(3) - u(2) - u(2) + 2u(l) - 2u(0) = u(3) - 2u{2) + 2u(l) - 2u(0).

I11 definitiva
k-1
v(k) = v1(k) = u(k) + 2 2)-il-iu(i), kEZ.
i=O

Esempio 6.3.8 Consideriamo il sistema dinamico descritto dalla seguente



.-quazione alle differenze di ordine 2:

v(k) - v(k - 2) = u(k - 1) + 2u(k - 2).

Vogliamo.determinare l'espressione della risposta impulsiva del sistema. Ponendo,


allora, u(k) = o(k) e sostituendo a v(k) la risposta impulsiva h(k), si ottiene per
k=O .
h(O) = O.
I 'er k = 1 abbiamo
h(l) = o(O)= 1.
l'er k = 2 abbiamo
h(2) - h(O) = 2o(0) = 2,
,,vvero
h{2) = h{O)+ 2 = 2.
198 CAPITOLO 6. SISTEMI A TEMPO DISCRETO

Per k = 3 abbiamo
h(3) - h(l) = 0(2) + 20(1) = o,
ovvero
h(3) = h(l) = 1.
Per k = 4 abbiamo
h(4) - h(2) = '5(3)+ 2<5(2)= o,
ovvero
h(4) = h(2) = 2.
In pratica si nota che per valori di k~ 3 il secondo membro dell'equazione alle
differenze è identicamente nullo e quindi la risposta impulsiva (ovvero l'UBcita
forzata in corrispondenza all'impulso discreto) si aggiorna secondo l'equazione

h(k) = h(k - 2), k ~3,

che altro non è che l'equazione alle differenze omogenea associata, ovvero l'equazio-
ne che regola la dinamica di evoluzione libera del sistema. Pertanto

o, k $ o,
h(k) = { 1, k ~ 1, k dispari,
2, k ~ 1, k pari,
ovvero
h(k) = G+ c-1t½) 6-1(k- 1).

La situazione evidenziata nel precedente esempio, nel corso della valutazione



della risposta impulsiva di un sistema LTI causale descritto dall'equazione alle dif-
ferenze (6.2), è, di fatto, del tutto generale. Come nel caso di sistemi LTI causali
a tempo continuo descritti da un'equazione differenziale, possiamo fare una serie
di considerazioni che ci permettono di giungere ad un'espressione simbolica della
risposta impulsiva di un sistema descritto dalla (6.2).
n = O e n ~ 1.
Distinguiamo, preliminarmente, due possibili sit11.A.11:ioni:
• Se n = O, ovvero il sistema è descritto da un modello MA, allora è imme-
diato rendersi conto del fatto che la semplice sostituzione di u(k) con o(k) port;a
banalmente all'espressione della risposta impulsiva, i.e.

1 m
h(k) =-
ao
E bio(k -
i=O
i).

• Se, invece, n ~ 1 è neceHHmiofurti delle considerazioni clivor:-1e.


fi.3. MODELLI DESCRITTI DA EQUAZIONI ALLE DIFFERENZE 199

1) In virtù della causalità del sistema, la risposta impulsiva è nulla per k < O.
2) L'ingresso impulsivo è non nullo solo all'istante k = O, tuttavia, poiché

t
t==O
bi 8(k _ i)I =
k==j
bj, j E {0,1, ... ,m},

il secondo membro dell'equazione alle differenze (6.2) può essere diverso da


zero anche in istanti successivi e certamente lo è alPistante k = m (per
l'ipotesi bm :/=O). Per k > m il secondo membro della (6.2) è identicamente
nullo e pertanto la risposta impulsiva è soluzione, per k > m, dell'equazione
omogenea associata alla (6.2). Ciò fa sì che nell'espressione della risposta
impulsiva debbano comparire (eventualmente pesati con coefficiente nullo)
tutti i modi elementari che avevamo individuato nell'espressione dell'evolu-
zione libera. Iu particolare, esiste wi'opportuna combinazione lineare dei
modi in grado di descrivere il comportamento della h(k) (almeno) per k ~
m+l.
3) Se n > m è possibile dimostra-re che tale combinazione lineare dei modi
descrive la rispostaimpul.siva anche per k E {O,1, ... , m}.
Se m ~ n, invece, tale combinazione lineare può essere utilizzata per descri-
vere il comportamento di h(k) per k ~ m-n+l. Per descrivere l'evoluzione
della risposta impulsiva nell'intervallo discreto [O,m-n] è necessario inserire
degli impulsi discreti, collocati negli istanti O,1, ... , m - n e pesati con coef-
ficienti opportuni. Una volta che i modi elementari vengano pesati per il
gradino unita:io IL 1 ( k - m + n - 1), tali coefficienti altro non sono che i
valori della risposta impulsiva nei primi m - n + 1 istanti.
111base a queste considerazioni, possiamo esprimere la risposta impulsiva (nel
n ~ 1) nel seguente modo: se n > m
c·11Ho

(6.15)

NI' '/1/, ~n
m-n r JL;-l kt
h(A:)= L di 8(k-i)+ L L di,t >.fti" L1(k- m+n-1), {6.16)
i==O i==l l==O .

dove! i >..irappresentano gli zeri dell'equazione caratteristica (6.9) e i µ., sono le


l'l'l11tivemolteplicità. La determinazione esplicita dei coefficienti di e di,i avvienu
111'1 N<!gmmte modo: sfruttando l'oq111tziot1<1 11,lledifferenze di partenza (6.2), valu-
t,n.ta in conispondenza a u(k) = t5(k) o ccmdizioni iniziali nulle, si detnminttno
200 CAPITOLO 6. SIS'l'EMI A TEMPO DISCRETO

i valori della risposta. impulsiva h(k) in corrispondenza a max{n, m + l} valori


consecutivi della variabile indipendente k (tipicamente k = O,1, ... ,max{n,m +
1} - 1). Successivamente, imponendo che l'espressione della h(k), come risulta,
a seconda dei casi, dalla (6.15) o dalla (6.16), assuma i valori assegnati negli
istanti assegnati, otteniamo un sistema di ma.x{n, m + 1} equazioni (alge~riche)
lineari nelle max{ n, m + 1} incognite di e <4,,.La soluzione di tale sistema è
univocamente determinata.

Illustriamo tale procedura riprendendo in esame l'Esempio 6.3.8.

Esempio 6.3.8 (continuazione) L'equazione caratteristica del sistema in


esame (per il quale n = m = 2) è

z 2 -1 = O,
a cui corrispondono le due radici ca.ratteristiche >.1= 1 e >.2= -1. Di con-
seguenza, la risposta impulsiva può essere espressa come combinazione lineare,
secondo opportuni coefficienti, dei due modi lk e (-1)" a cui va aggiunto un
termine impulsivo che tenga conto del valore assunto dalla risposta impulsiva
all'istante k = O. Abbiamo, allora, per la h(k) un'espression~ generale del tipo

h(k) = dob'(k)+ (d1,olk + d2,o(-1/) <L1(k - 1).

Risolvendo il sistema di equazioni

h(0) = do= O,
h(l) = d1,o- d2,o= 1,
h(2) = d1,o+ d2,o= 2,

otteniamo subito

do= O, d1,o= 3/2, d2,o = 1/2.

In altre parole,
6.4. STABILITÀ DI MODELLI ARMA 201

6.4 Stabilità di modelli ARMA


Le definizioni di stabilità asintotica e di stabilità BIBO per un sistema LTI causale
e a tempo discreto, descritto da un'equazione alle differenze del tipo (6.2), ven-
gono introdotte, rispettivamente, in termini di evoluzione libera e di evoluzione
forzata del sistema, in modo del tutto analogo a quanto fatto per i sistemi a
tempo continuo descritti da un'equazione differenziale.

Definizione 6.4.1 Diciamo che il sistema (6.2) è


• asintoticamente stabile se, per ogni scelta delle condizioni iniziali

v(-1), v{-2), ... , v(-n),

l'evoluzione libera del sistema converge a zero asintoticamente, ovvero

lim Vt(k) = 0.
k-++oo

• BIBO stabile se esso risponde con uscita limitata ad ogni segnale di in-
gresso limitato, ovvero per ogni segnale di ingresso u(k), k E .Z,per il quale
esiste Mu tale eh.e Ju(k)I < M,., per ogni k E .Z, la corrispondente uscita
v(k) soddisfa lv(k)I < Mv per ogni k E .Z, per un opportuno Mv-

Val la pena di evidenziare che la definizione di stabilità BIBO di un sistema


causale viene spesso formalizzata facendo riferimento all'intervallo di osservazione
Z+. Si dice, infatti, che il sistema (6.2) è BIBO stabile se, a partire da condizioni
iniziali nulle, esso risponde in evoluzione forzata con uscita (nulla per k < O e)
limitata in Z+ ad ogni segnale di ingresso nullo per k < O e limitato in Z+·

In virtù dell'espreesione prima derivata per la vi(k), è facile rendersi conto


del fatto che ve conve1ge a zero per k tendente a +oo per ogni scelta delle con-
dizioni iniziali, ovvero il sistema è asintoticamente stabile, se e solo se tutti i
modi elementari ~ · ~ convergono a zero asintoticamente. Tenuto conto dello
studio portato avanti nel caso continuo e della relazione prima evidenziata tra
modi continui e modi discreti, ovvero

Ì)immediato rendersi conto del fatto che i modi sono tutti convergenti a zero se
e solo se In Pi < O per ogni i, ovvero Pi = IÀi I < 1, per ogni i.
Analogamente, in virtù della PropoHizione 6.3.6, è possibile estendere la.carat-
terizzazione della stabilità BIBO ottm111t;unel caso continuo e affermare che uri
202 CAPITOLO 6. SISTl~Ml A TEMPO DISCRETO

Kistema LTI causale e a tempo discreto è BIBO stabile se e solo se la sua risposta
impulsiva h(k), k e Z, è sommabile, ovvero
+oo
L lh(k)I < +oo.
k=O
Dalle espressioni de:.-ivate per la risposta impulsiva di un sistema LTI causale
e a tempo discreto descritto dalla (6.2), ne consegue che tale sistema è BIBO
stabile se e solo se i modi elementari che compaiono con coefficiente non nullo
nell'espressione della risposta impulsiva sono tutti convergenti a zero. Ovvia.-
mente, come immediata conseguenza della precedente analisi, la stabilità asinto•
tica implica la stabilità BIBO mentre il viceversa non è in generale vero.

6.5 Sistemi LTI a tempo discreto generali


Nei paragrafi precedenti abbiamo analizzato il caso di sistemi LTI e causali la
cui dinamica sia descritta da un'equazione alle differenze lineare e a coefficienti
costanti. In particolare, abbiamo visto come la risposta impulsiva del sistema sia
un segnale (nullo per k < O) mediante il quale è possibile determinare l'uscita del
sistema, una volta noto l'ingresso su tutto l'asse temporale. Alternativa.mente,
se la sollecitazione in ingresso è nota solo a partire da un certo istante in poi, la
risposta impulsiva permette il calcolo della sola componente di evoluzione forzata
dell'uscita.
Di fatto, è possibile descrivere la dinamica di un sistema semplicemente as-
segnandone la risposta impulsiva. Una volta fissata una funzione h(k), k E Z,
infatti, possiamo considerare il sistema che associa al generico segnale di ingresso
u(k), k e Z, il segnale di uscita (se ben definito)

v(k) = lh* uj(k), k E Z.

Chiaramente il sistema così definito risulta LTI e la risposta impulsiva del sistema·
coincide proprio con h(k),·dal momento che [h * 8](k) = h(k).

Come nel c8.'lo continuo, questo approccio permette di descrivere una clas110
piì1 ampia di sistemi LTI. Inoltre, come per i sistemi LTI a tempo continuo, le
proprietà di causalità e stabilità BIBO (la cui definizione coincide con quella clntn
pm i sistemi (6.2) nella Definizione 6.4.1) possono essere caratterizzate in termini
della risposta impulsiva.
Si dimostra facilmente, infatti, che un sistema LTI a tempo discreto di rispoHtl~
impulsiva h(k), k E Z, è
• causale se e solo se
h(k) = O, V k < O;
ti.6. TRASFORMATA ZETA 203

• BIBO stabile se e solo se la sua risposta impulsiva è sommabile, ovvero


+oo
E lh(k)I < +oo.
k=-oo

Valgono anche per il caso discreto le medesime considerazioni fatte nel caso
continuo relativamente alla connessione in serie o in parallelo di sistemi LTI (di
m;segnata risposta impulsiva). Infatti, siano E 1 e E2 due sistemi LTI, rispettiva-
111entedi risposta impu~siva h1 e h2. Allora il sistema ottenuto ponendo !:2 in
Ht!riea E1 è LTI ed ha risposta impulsiva h = h2 * h1, Analogamente, il sistema
ottenuto ponendo E 1 e E2 in parallelo è LTI ed ha risposta impulsiva h = h1-h2.

Si può inoltre dimostrare che la causalità (la stabilità BIBO) dei due sistemi
componenti assicura la medesima proprietà. del sistema serie o parallelo. Tuttavia
ìi importante sottolineare che in generale non vale il viceversa, dal momento che
iI 8istema può possedere tali proprietà senza che necessariamente le possiedano
,mtrambi i sistemi.

6.6 Trasformata zeta


Se v(k), k E Z, è una successione reale o complessa, la sua trasformata zeta
( unilatera) è la funzione della variabile complessa z definita mediante l'espres-
Hione
+oo
E
Z[v(k)J == v(k) z-k.
k=O
I,a. regione del piano complesso in cui la serie converge è chiamata la regione di
convergenza o RdC. Si può dimostrare che la regione di convergenza (se non
vnota) contiene sempre il complemento nel piano complesso di un cerchio chiuso,
n.vente centro nell'origine, ovvero la RdC contiene un insieme del tipo

{zEC:lzl>r}, r E lR+.

Si potrebbe dimostrare, ma su questo non ci soffermiamo, che ogni trasformata


.,.da è una funzione analitica all'interno della sua RdC.
Poiché la trasformata zeta prende in considerazione solo i campioni della suc-
1·1isr,iionev(k) relativi agli istanti k E Z+, da Z(v(k)J è possibile ricostruire solo la
porzione della successione di partenza relativa ad istanti non negativi 2 • Di fatto,
2È poBSibiledefinire anche una tr811formn.tnzot.,tbilatera per succe1:11:1ioni
a 1:1upportoin Z, ma
questo a!'gomento esula dagli intore11Nl r.npit.olo.
111111111Hl,11
204 CAPITOLO 6. SISTEMI A TEMPO DISCRETO

come conseguenza del principio di identità delle serie di potenze, è possibile sta-
bilire una corrispondenza biunivoca tra successioni causali (con ciò intendendo,
come nel caso continuo, le successioni nulle per k < O) e le loro trasformate zeta.

Vogliamo ora studiare le proprietà di maggiore interesse della trasformata zeta.

I) Linearità:
La trasformata zeta è linea.re in virtù della linearità della sommatoria. Per-
tanto se Vi(z) = Z[vi(k)], i = 1, 2, allora, per ogni scelta dei coefficienti a1 e a:.,
in e, si ha
Z[a1v1(k) + a2v2(k)J= ai Vi(z) + a2 Vi(z).
Inoltre, se la RdC di Vj_(z) contiene lzl > r1 e la RdC di V2(z) contiene !zl> r2,
allora la R.rlCrli a1Vi.(z) + a2½(z) contiene lzl > r, dover== max{r1, r2}.

2) Moltiplicazione per k o k2 :
Se v(k), k E Z, è dotata di trasformata zeta, V(z), per lzl > r, allora la
successione k · v(k), k E Z, ammette trasformata zeta, a sua volta, per lzJ> r ed
essa vale
dV(z)
Z[k·v(k)J =-z· ~-

Inoltre, anche la successione k2 ·v(k), k E Z, ammette trasformata zeta per lzl > r
ed essa vale
z [k2. v(k)] = z. dV(z) + z2. d2V(z).
dz dz2

3) Ritardo temporale (o traslazione a destra):


Se v(k), k E Z, ammette trasformata zeta, V(z), allora ogni versione ritardata
di v(k) ammette trasformata zeta. Più precisamente, se d > O rappresenta il
ritardo, la versione ritardata di d passi della successione v(k), ha trasformata
zeta
-1
Z[v(k - d)J = z-dv(z) + L v(i)z-d-i
i=-d
= z-dv(z) + [v(-d) +v(-d+ l)z- 1 + ... +v(-l)z-d+l].
La traslazione a destra lascia essenzialmente inalterata la RdC, infatti, la R.dC
di V(z) coincide con la regione di convergenza della nuova trnisformata, fatta al
pii\ eccezione per l'origine ed il punto improprio. Si noti clm, nul cru;o in cui 111
0.6. TRASFORMATA ZETA 205

Huccessionev(k) sia nulla per k < O, la precedente espressione si particolarizza


nel seguente modo:
Z[v(k - d)] = z-dv(z).
Voglìamo·sottolineare, inoltre, che il ritardo ad un passo corrisponde, in termini
di trasformata zeta, al prodotto per z- 1 (a meno della condizione iniziale v(-1)).
Per tale ragione è consuetudine rappresentare il sistema "a ritardo unitario" at-
traverso il simbolo z- 1 .

4) Anticipo temporale (o traslazione a sinistra):


Se v(k), k E Z, ammette trasformata zeta, V(z), allora ogni versione antici-
pata di v(k) ammette trasformata zeta. Più precisamente, se d > O rappresenta.
l'anticipo, la versione anticipata di d passi della successione v(k) ha trasformata.
:r.eta
d-1
Z[v(k + d)] = zdV(z) - L v(i)zd-i
i=O
zdV(z) - [v(O)zd + v(l)zd-l + ... + v(d - l)zJ.

Anche la traslazione a destra lascia essenzialmente inalterata la RdC, nel senso


che la Rd C di V (z) coincide con la regione di convergenza della nuova trasformata,
fatta al più eccezione per l'origine ed il punto improprio.

5) Moltiplicazione per una successione esponenziale:


Se v(k), k E Z, ammette trasformata zeta V(z) per lzl > r, allora anche la.
successione prodotto .>.k·v(k),k E Z, con.>.numero complesso arbitrario, ammette
trasformata zeta
Z[>.k· v(k)] = V (i),
e tale trasformata converge per lzl > r · l>-1-
6) Convoluzione:
Se v1(k) e v2(k), k E Z, sono due successioni nulle per k < Oe dotate dì trasfor-
mata zeta, indicate, rispettivamente, con Vi(z) e V2(z), allora il loro prodotto di
convoluzìone [v1* v2)(k),k E Z, è ben definito e ammette trasformata zeta

La regione di convergenza contiene certamente l'insieme lzl > max{r1, r2}, dove
izl> ri è la regione di convergemm di v;(z), i= 1, 2.
206 CAPITOLO 6. SISTEMI A TEMPO DISCRETO

6. 7 Esempi di trasformate zeta notevoli


a) Impulso unitario discreto.
Consideriamo, prima, l'impulso unita.rio centrato in O. Usando la definizione
di trasformata zeta, abbiamo
+oo
Z[cS(k)]= L 6(k) z-k = 1. z 0 = 1.
k=O

La RdC è, ovviamente, l'intero piano complesso. Nel caso di un impulso discreto


del tipo v(k) = t5(k- i),i E N, si ha
+oc
Z[cS(k- i)J = L t5(k- i) z-k = I. z-i = z-i_
k-0

La RdC in questo caso è lzl> O. Si noti che per i< O, Z[6(k - i)) = O.
b) Gradino unitario discreto.
La trasformata della funzione gradino v ( k) = iL 1( k) si ottiene facilmente
mediante calcolo esplicito:

+oo 1 z
2(6-1(k)l = E 1- z-k = 1 -z _1 = -,
z-1
per lz-1 1< 1 ovvero lzl > 1.
k=O

Si noti, infatti, che per ogni fissato z il cui modulo sia maggiore di 1, la serie che
definisce la trasformata zeta di L1(k) è la serie geometrica di ragione z- 1.
c) Successione esponenziale causale.
Sia v(k) = >l·6_1(}:),con ,\ numero complesso. La trasformata zeta di v si
ottiene dalla trasformata zeta del gradino sfruttando la proprietà 5), di moltipli-
ca.zione per una successione esponenziale, prima illustrata. È infatti sufficiente
sostituire alla variabile z l'espressione f, ottenendo in tal modo

+oo .! Z
Z[v(k)] = L >..k<L1(k) z-k = ~ = --, .
k=O :x-1 Z-A

lu questo caso, la RdC è lzl> i>.I,


d) Successione esponenziale causale moltiplicata per k o k 2 •
Sia v(k) = k >,k 6- 1 (k), con ,\ numero complesso. La trasformata zeta di
1111esto
segnale si ottiene dalla tr88fo1·mata zeta dell'esponenzinle causale, derivata
6.7. ESEMPI DI TRASFORMATE ZETA NOTEVOLI 207

al punto e), applicando la proprietà 2) illustrata nel precedente paragrafo. Jn tal


modo si ottiene

La regione di convergenza è ancora izl> /Àj.


Sia v(k) = k 2 )..k cL1{k), con >.numero complesso. La trasformata zeta di
questo segnale si ottiene dalla trasformata zeta dell'esponenziale causale, derivata
al punto c), applicando la proprietà 2) illustrata nel precedente paragrafo. In tal
modo si ottiene

La regione di convergenza è ancora lzl> l>-1.


e) Successione sinusoidale causale.
Sia
v(k) = Acos(0k + q,) cL1(k),
dove A è un numero reale positivo, mentre 0 e</) sono numeri reali arbitrari. La
trasformata zeta di questo segnale si ottiene dalla trasformata zeta dell'esponen-
ziale causale, derivata al punto c), facendo uso della formula di Eulero. Si trova,
quindi,

AeJ(6ik+tl>)+ Ae-J(l.lk+<f,) ]
Z[v(k)] Z [ 2 cL1(k)

·4~,p Z [(ei 9l L1(k)] + Ae;'ti>Z [(e-i 9l cL1(k)]


A&iii z Ae-J<P z
= -2 - z - ej 9 + 2 z - e-1 6
A z[2coscp · z - 2{cos<jicos0+ sinef>sin0)]
= 2 z 2 - 2 cos 0 · z + 1
= fl. z[cos cp• z - cos(q, - 0)]
· z 2 - 2 cos 0 · z + 1 ·
208 CAPITOLO 6. SISTEMI A TEMPO DISCRETO

Esercizio 6. 7 .1 Si dimostri, per induzione su R.e sfruttando le precedenti


proprietà, che per ogni >.E C e per ogni f. E Z+ vale

z [(k)k-.t]= (z - >.)Hl'
f. ).
z

dove si ricorda che, per definizione di coefficiente binomiale, (:) = O per .le< i .

In relazione al precedente esercizio, val la pena di evidenziare che



( ~) >.k-t = kl >.k-l= k(k - 1) ... (k - e+1)>.k5 (k - t)
{; l!(k - R.)! i! >.t -l

= P.t(k) À,1:tL1(k- .e),

dove
(k) = k(k - 1) ... (k - i+ 1)
P.t li >.t
è un polinomio di grado i (privo di-termine noto) nella variabile temporaie k. È
naturale, allora, chieci.ersiquale relazione sussista tra la famiglia dei modi

e la famiglia di successioni

,k
I\,
(k)
1"'
,k-1 ( k)
, ... , µ-1"'
,k-µ+l
.

Chiaramente i modi sono stati definiti per ogni k E Z, mentre le successioni ele-
mentari ora elencate divengono "attive" ad istanti non negativi diversi. Tuttavia
è possibile dimostrare che se siamo interessati solo al comportamento per k E Z+,
le combinazioni lineari delle due famiglie sono del tutto equivalenti. Come ve-
dremo a questa seconda famiglia di successioni elementari sarà conveniente far
riferimento per antitrasformare una assegnat.11. funzione razionale propria ll(z).

6.8 Sistemi LTI causali: analisi in z


Analizziamo ora, in generale, l'impiego della trasformata zeta nell'analisi della
dinamica di un modello ingresso/uscita LTI e causale, descritto da un'equazione
alle differenze lineare e a coefficienti costanti del tipo (6.2).
<i.8. SISTEMI LTI CAUSALI: ANALISI IN Z 209

Consideriamo l'equazione alle differenze


n n
La; v(k - i)= Lbi u(k - i}, (6.17)
i=O i=O
clove supponiamo ao, a,. -1-O. Si noti che ciò equivale ad assumere, con riferimento
nl sistema generale, la condizione m :S n. Il caso m > n richiede solo alcune
rn-1servazioniaggiuntive, che presenteremo al termine del paragrafo. Supponiamo
che il sistema parta da un arbitrario insieme di condizioni iniziali:
v(-1), v(-2), ... , v( -n),
P che venga sollecitato da un segnale di ingresso u(k), k E Z, nullo per k <
O. Se ipotizziamo che la successione in ingresso ammetta trasformata zeta (in
1111'opportunaregione di convergenza), allora, si può dimostrare che la successione
In uscita ammette a sua volta. tra.qformata zeta per ogni scelta delle condizioni
iniziali. Una volta posto U(z) ==Z[u(k)l e V(z) ==Z[v(k)), possiamo scrivere,
1>cri = 1, 2, •.. , n,
-1
Z [v(k - i)] = z-iv(z) +E v(l)z-i-l_
l=-i

D'altra parte, poiché l'ingresso è nullo per k < O, si ha


z [u(k - i)l = z-iu(z), i= 1,2, ... ,n.
Uon queste .premesse, applicando la trasformata zeta ad entrambi i membri della
(6. 17), si ottiene:

n
~ai
(
z-iv(z) + l~i-1 v(l)z-i-l ) n
= ~bi z-iu(z), (6.18)

P moltiplicando ambo i membri per z" si ottiene

Poniamo
n
d(z) - Lai z71-i,
i=O
n -1 n -1
-p(z) - :EaiL v(i)zn-ì-l ==Lai L v(.t)zn-i-t,
i=O t=-i i=l l=-i
n
n(z) - Ebi zn-i,
i=O
210 CAPITOLO 6. SIS'l'EMI A TEMPO DISCRETO

e osserviamo che d(z) è il polinomio coinvolto nell'espressione dell'equazione


ca1·atteristica del sistema. Esso è un polinomio di grado n, in virtù dell'ipotesi
ao ::f.O. Il polinomion(z) ha come coefficienti i pesi bi con cui compaiono i diversi
campioni dell'ingresso nell'equazione alle differenze. Infine, p(z) è un po~inomio,
di grado al più n, i cui coefficienti sono combinazioni lineari delle condizioni
iniziali sull'uscita. Giungiamo, allora, alla riscrittura

d(z)V(z) - p(z) = n(z)U(z), (6.19)

che porta, infine, a


p(z) n(z)
V(z) = d(z) + d(z) U(z). (6.20)

È immediato riconoscere in p(z)/d(z) la trasformata zeta Vt(z) dell'evoluzione


libera ve, a partire dalle condizioni iniziali assegnate, e in ~ U(z) la trasformata
zeta V1(z) dell'evoluzione forzata. La funzione razionale

rappresenta la trasformata zeta della risposta impulsiva del sistema e, analo-


gamente a quanto fatto in precedenza,· viene chiamata funzione di trasfe-
rimento del sistema.

Osserviamo, inoltre, che nell'eventualità in cui m sia maggiore di n, il modello


ARMA di partenza può essere riscritto nel seguente modo:
m m
Laiv(k - i) = L b u(k - 1 i), kEZ,
i=O i=cO

dove, in questo caso, ao,bm :/:O mentre am = O. Si ottiene, quindi, al posto della
(6.18) la seguente equazione

dw può essere resa polinomiale moltiplicando ambo i membri per zm. Anche in
questo caso si giunge ad un'espressione del tipo (6.20) dove, però, il polinomio
d(z) non coincide più con il polinomio coinvolto nell'equazione caratteristica del
sistema, ovvero:
n
"""'a
L...., t zn-i I

i=O
6.9. L'ANTITRASFORMATA ZETA 211

bensì con il seguente polinomio (avente uno zero di molteplicità m - n in O):

Per concludere il paragrafo, osserviamo che dal momento che la funzione di


trasferimento del sistema rappresenta la trasformata zeta della risposta impulsiva
e tale risposta impulsiva è un segnale causale, la funzione di trasferimento indi-
vidua univocamente la =isposta impulsiva. Vale allora la pena di riformulare la
condizione di stabilità BIBO, già caratterizzata in termini di risposta impulsiva,
con riferimento alla funzione di trasferimento. Con ragionamenti perfettamente
analoghi a quelli portati avanti per i sistemi a tempo continuo causali e descritti
da un'cquo.ziono differenziale, si dimostra facilmente che il sistema è BIBO stabile
se e solo se la sua funzione di trasferimento ha tutti i poli interni al cerchio uni-
tario, i.e. in lzl < 1. Questa condizione, infatti, è equivalente alla convergenza a
zero di tutti i modi elementari presenti con coefficiente non nullo nell'espressione
della risposta impulsiva e, quindi, alla sommabilità della risposta impulsiva.

6.9 L'antitrasformata zeta


Vogliamo restringere la nostra attenzione al solo problema di antitrasformare le
funzioni razionali proprie della variabile z e per conseguire tale obiettivo ci pro-
poniamo di spezzare una funzione razionale in "componenti elementari" di cia-
l:!Cunadelle quali conosciamo l'antitrasformata. Va precisato che, dal momento
che la trasformata zeta individua univocamente solo la componente causale della
successione a partire dalla quale è stata ottenuta, il nostro procedimento di an-
titrasformazione si propone di ottenere una successione v(k), k E Z, nulla per
k < o.
Sia V(z) E C(z) una funzione razionale propria, con poli (complessi) di-
stinti e non nulli À1, À2, ..• , Àr di molteplicità µ1, µ2 ... , µr e un eventuale polo
nell'origine di moltcplicitò. v ~ O. Essa può essere scritta nella forma (irriducibile):

con n(z) E C[z] polinomio di grado al piì1 v + Li=l µi. Si noti che, se V(z)
presenta almeno un polo Ài # O, la R.dC di tale funzione contiene l'insieme
{z E C: lzl > max{l.>.il,i = 1,2, ... ,n}}. Se, invece, V(z) presenta solo poli
nell'origine, la ima RdC coincidn col pinuo complesso privato dell'origine. Infine,·
212 CAPITOLO 6. SISTEMIA TEMPO DISCRETO

nel caso particolare in cui v = O e I:i=l/Li = O, la V (z) risulta una funzione


costante e pertanto la sua RdC coincide con C.
Adottando la medesima tecnica illustrata nel Capitolo 3 per lo sviluppo in
=
fratti semplici, an<iiamo a rappresentare Vj_(z) V(z)/z (che sarà cer~amente
una funzione razionale strettamente propria) come somma di termini elementari,
ovvero nella forma

In realtà la prima sommatoria non compare se v = O e V(z) ha uno zero


nell'origine. I coefficienti Ci,I. vengono determinati esattamente come nel caso
della traformata di Laplace, uguagliando le due precedenti rappresentazioni di
2 • • • (z - .>.r)l-'r,
½(z) moltiplicate per z"+l(z - )q)l-' 1 (z - ..\2)1-'
Si ottiene, allora,
A A .. µ;-1

V(z) = Ao + - 1 + ... +-;;-v + ~


"''"' z
LJ C,,t ( _ .>.-)l+t.
Z Z i=l t=O Z '

Di tale espressione sappiamo antitrasformare tutti i termin! giacché

z
(z - Ài)t'+I =z [(k) k-t]
f. >.i

e
~
zi = Z[6(k - i)].
Pertanto V(z) è la trasformata zeta della seguente successione causale:

v(k) = Ao6(k) + A1o(k -


r µ,-1 (k)
1) +. ·.. + Av6(k - v) + ~ ~ Ci,t f. .>.7-1..

Per concludere, val la pena sottolineare che se i poli >.idella V(z) sono sem-
plici, per determinare i coefficienti C;. = C;.,oche compaiono nella precedente
decomposizione-è sufficiente applicare la tecnica del limite già illustrata nel caso
delle antitrasformate di LA.piace,ovvero

Esempio 6.9.1 Si consideri la funzione razionale propria


z-1
V(z) = z(z + 2)(z + 1) ·
6.10. RISPOSTA IN FREQUENZA 213

Calcoliamo, mediante l'algoritmo ora illustrato, la funzione del tempo di cui essa
è trasformata. Poniamo
Vi ( ) . V(z) z- 1
1 z = -z- = z2(z + 2)(z + 1) ·
La decomposizione in frazioni parziali della Vi(z) porta, dopo semplici conti,
all'espressione;
Vi(z) = 5/4 _ 1/2 + 3/4 __ 2__
z z2 z +2 z +1
Pertanto
V(z) = 514 _ 1/2 + 3/4z _ ~,
z z+2 z+l
è la trasformata zeta della successione
(k) 5 1 3 ,. ,.
V = t5(k) - i(k -1) + 4(-2) d-1(k)-:-- :l(-1) 6-1(k).


6.10 Risposta in frequenza
Anche per un sistema a tempo discreto (reale) LTI e BIBO stabile è possibile far
vedere che ad una sollecitazione sinusoidale in ingresso corrisponde una risposta
sinusoidale (di regime :;:iermanente,nel caso in cui il sistema sia causale e il segnale
applicato sia una successione sinusoidale causale) in uscita. In particolare, si può
facilmente dimostrare che se

u(k) = Acos(8ok + cp), k E Z,


rappresenta il segnale in ingresso, dove l'ampiezza A è un numero reale positivo,
mentre la pulsazione llo e la fase cpsono arbitrari nwneri reali, il corrispondente
segnale in uscita è dato da

v(k) = ~A· A(0o)) cos [0ok+ (1/J+ ~(0o))], k E Z,

dove A(8o) e ~(0o) rappresentano il modulo e la fase della risposta in frequenza


del sistema, definita come

H(e:19)
+oo
== L h(k)
k=-oo
e-,k,
9 (6.21)

per 0 = 0o. Anche in questo caso, in alternat,iva alla variabile 0 è possibile far uso
della frequenza numerica 11= fJ/(2rr) o 1:1posso,con abuso di notazione, si utilizza
l'espressione H(11)al ;>osto di H(,i 2ir 11),
214 CAPITOLO 6. SIS'l'l!JMl A TEMPO DISCRETO

Alla luce della precedente definizione, è immediato rendersi conto del fatto che
la risposta in frequenza di un sistema a tempo discreto è una funzione periodica
di periodo 21rrispetto alla variabile 0 e 1 rispetto alla variabile v. Inoltre essa~
una funzione continua come conseguenza del fatto che la risposta impulsiva del
sistema è sommabile; su tale considerazione si tornerà nel paragrafo seguente.
Osserviamo infine che, per un sistema a tempo discreto LTI BIBO stabile
e causale la risposta in frequenza può essere calcolata 3 come la restrizione alla ·,
circonferenza unitaria della funzione di trasferimento del sistema, ovvero
"()
H(e} ) = H(z)lz=ei9, 0 E JR.

6.11 La trasformata di Fourier


Data una successione, a valori reali o complessi, v(k), k E Z, definiamo trasfor•
mata di Fourier a tempo discreto (DTFT, dall'inglese discrete-time Fourier
transform) la funzione della variabile reale 0 definita mediante l'espressione , _I
+oc
.r[v(k)] = V(e-18) ~ L v(k) e-jl}k_ (6.22)
k=-oo

La formula di antitrasformazione, che consente di riottenere v(k) da V(ei 8 ), li


data da
(6.23)

Le precedenti equazioni (6.22) e (6.23), dette, rispettivamente, equazione di


analisi e di sintesi della DTFT, valgono se si assume che la sequenza v(k) sia
sommabile, i.e.
+oo
_E jv(k)j < +oo
k=-oo
oppure se v(k), pur non essendo sommabile, ha energia finita, i.e.
+oo
L jv(k)j2 < +oc.
k=-00

3 In effetti questa rel11.2ione


è di validità più generale nel senso che per un sistema LTI BIBO
Rt.abile, anche non causa.le, si può definire la funzione di trasferimento come trasforme.ta zeta
bilatera della risposta impulsiva.. Tale trasformate. ha per regione di convergenza una coro1m
circolare che contiene al suo interno la circonferenza unitaria e la riHpD1,1t1t in frequenza. ~ )11
re1Mizione alla circonferenze. unitaria della funzione di trasferimento.
ti. I I. LA TRASFORMATA DI FOURIER 215

111questo secondo caso l'equazione di analisi deve essere interpretata nel senso
d1•1lnconvergenza in media quadratica, analogamente a quanto visto per i segnali
11 tempo continuo. Se la sequenza v(k), k E Z, è sommabile, invece, la serie nella
(fL22) converge uniformemente ad una funzione continua.
Le formule di analisi e di sintesi possono essere riscritte in modo equivalente
riferimento alla frequenza numerica, rispettivamente, come
1·1111

+oo
V(ej2m,) =L v(k) e-j2-rrvk
k=-oo

1
I'
+1/2
v(k) = V(eJ2m')ej2-rrvkdv. (6.24)
-1/2
l•:vidP.nt.PmP.nt.P.lA. DTFT è nna funzione periodica di periodo 27T rispetto alla
variabile 0 e di periodo 1 rispetto alla variabile v.
La DTFT gode di proprietà analoghe a quelle già viste per la trasformata di
lt'o11rierdi un segnale a tempo continuo. In particolare, valgono le proprietà 1),
:.!) e 5) del paragrafo 5.3.3 a patto di sostituire la variabile k alla variabile t e
111.frequenza numerica va quella analogica f; nella 4) dobbiamo anche assumere
l'lw il ritardo sia un intero relativo mentre nella 6) il prodotto di convoluzione
diventa la sommatoria di convoluzione.
Inoltre, dal confronto delle equazioni (6.21) e (6.22), si deduce che la risposta
111frequenza di un sistema LTI BIBO stabile è la DTFT della corrispondente
riHposta impulsiva. Tenuto conto del fatto che il sistema è BIBO stabile la risposta
111frequenza risulta quindi essere, come già si è evidenziato nel precedente para-
p,mfo, una funzione continua.
Va anche osservato che, in situazioni di interesse pratico, può sussistere l'esi-
di considerare la trasformata di Fourier a tempo discreto per segnali, come,
~\t!IIZa
11.desempio, il gradino, che non sono né sommabili né a quadrato sommabile. Per
i ,;egnali di potenza, in analogia a quanto già visto nel caso continuo, è possibile
i111.rodurreil concetto di trasformata di Fourier al limite.
Vogliamo concludere questo paragrafo presentando alcuni esempi che coinvol-
1',(mola trasformata di Fourier a tempo discreto.

11)Successione esponenziale causale.


Sia v(k) = >..k6- 1 (k), con À numero complesso. La DTFT di v si calcola
i111mediatamente a partire dall'equazione di analisi:
+oo +oo
V(ej21rv) = L >,k Li(k) c-j2n:vk = L >,k e-j2n:vk.
k=-oo k=O
216 CAPITOLO 6. SISTEMI A TEMPO DISCRETO

Essa converge per !>.!


< 1 ed è data da

V(eJ2'11'v)
- 1
- 1 - >.e-i2m,'

mentre non converge per J>.! > 1. Per À = 1 la successione esponenziale ·causale
si riduce al gradino unitario e andrebbe calcolata come trasformata di Fourier al
limite.

b) Filtro passa-basso ideale.


Consideriamo un sistema LTI con risposta in frequenza

H(v) = rep 1 [n(2:JJ , Ile<


1
2.
Si tratta evide11teme11tedi un filtro passa-basso. Il filtro è ideale perché non è n~
BIBO stabile né causale. Infatti si è già osservato che la risposta in frequenza
di un filtro BIBO stabile deve essere una funzione continua. D'altro canto, antl•
trasformando la H(v), si trova immediatamente che

h(k) = 2vc sinc(2vck) 1

a conferma del fatto che il sistema non è né BIBO stabile né causale.


6.12. ESERCIZI DI RIEPILOGO 217

6.12 Esercizi di riepilogo


Esercizio 6.1 Consideriamo il sistema LTI a tempo discreto e causale descritto
dalla seguente equazione alle differenze:

v(k) - ~v(k - 1) + iv(k - 2) = 3u(k).

Supponendo di operare nel solo dominio del tempo,


i) si determini l'espressione dell'evoluzione libera del sistema in funzione delle
generiche condizioni iniziali;
ii) si determini l'espressione della risposta impulsiva del sistema;

iii) si determini l'espressione dell'uscita in evoluzione forzata in corrispondenza


alla successione di ingresso u(k) = c5(k)+ ;kcL1(k - 2);

iv) si analizzi la stabilità asintotica e la stabilità BIBO del sistema.


Supponendo di operare nel dominio delle trasformate zeta,
v) si determini l'espressione dell'uscita in evoluzione forzata in corrispondenza
alla successione è.i ingresso u(k) = c5-1(k)- ~<L1(k-1);

vi) si determini la successione di ingresso a cui corrisponde la successione di


uscita (in evoluzione forzata)

Esercizio 6.2 Un sistema LTI a tempo discreto non causale ha la seguente


risposta impulsiva:

h(k) = -c5(k + 1) + 2o(k) + o(k - 1).

Determinare la risposta all'ingresso u(k) = :lJ(k+ 1) +48(k)-2o(k-1) +o(k-2).

Esercizio 6.3 L'estinzione di un debito mediante pagamenti rateali può essere


<Inscritta mediante un sistema LTI a tempo discreto. Siano u(k) e v(k), k E Z,
rispettivamente, l'ammontare della rata e il valore del debito residuo relativi al
mc8e k-esimo. Supponendo che il debito venga contratto nel mese -1 (e, pertanto,
l'importo del debito sia pari a v(-1)) u che-ila rata mensile venga pagata (a partire_
d11.l1m~sesuccessivo) ogni primo <lui 1111iH1!11, immediatament,e dopo, si calcoli
218 CAPITOLO 6. S1S1'EM1 A TEMPO DISCRETO

l'ammontare del debito residuo, l'estinzione del debito viene descritta mediante
l'equazione alle differenze

v(k) - (I+ I) v(k - I) = -u(k), k E Z+,

dove I è il tasso di interesse mensile, espresso in forma decimale (e non per-


centuale).

i) Si determini l'andamento del debito nell'eventualità in cui, dopo aver ef-


fettuato il pagamento della prima rata, per un ammontare pari al 10%
dell'importo iniziale v(-1), il debitore non sia più in grado di far fronte e.I
pagamento delle rate.

ii) Si determini l'andamento del debito nell'eventualità in cui i pagamenti


ra.teali siano costanti e pari al 10% dell'importo inizio.le v( 1), giustificando
l'andamento dell'evoluzione temporale.

iii) Supponendo che il debitore voglia estinguere in N rate mensili di uguale


entità il debito contratto, si determini, in funzione del tasso di interesse t
dell'ammontare iniziale del debito contratto, il valore di ciascuna rata.

Esercizio 6.4 Siano u(k), k E Z, e v(k), k E Z, rispettivamente l'ingresso e la


corrispondente uscita. Si determini se i seguenti sistemi a tempo discreto sono
lineari o non lineari, tempo-invarianti o tempo-varianti, causali o non ca.usali,
Laddove necessario si assuma il sistema inizialmente a riposo.

I. v(k) = u(k) - u(k - 1);

2. v(k) = u(k) - u(k + l);


3. v(k) = u(k - l)v(k - 1);

4. v(k) = 5 + u(k);
5. v(k) =~ 1(k)u(k);

6. v(k) = L1(u(k));
7. v(k) + (k - l)v(k - 1) = u(k - 1);

8. v(k) = E~=-oo(0.5)k-iu(i);
9. v(k) = Ef=_(0.5)ku(i).
00
6.12. ESERCIZI DI RIEPILOGO 219

Esercizio 6.5 Si vuole progettare un oscillatore numerico che generi la succes-


sione
v(,~) = Acos (~k+</>), k EZ+,
dove A è un numero reale positivo e </Jun numero reale, come uscita in evoluzione
libera di un modello ARMA del tipo:

v(k) + a1v(k - 1) + a2v(k - 2) = O,


in corrispondenza ad una specifica scelta delle condizioni iniziali v(-1) e v(-2).
Determinare i valori di a1, a2, v(-1) e v(-2) in funzione di pulsazione, ampiezza
e fase, ovvero (21r)/N, A e</>.

Esercizio 6.6 Si consideri il sistema serie di figura:

u(k) z(k) v(k)


Sistema 1 Sistema 2

dove il primo sistema viene descritto dal modello ARMA

z(k) = u(k - 1),

mentre il secondo sistema viene descritto dal modello ARMA

v(k) + 2v(k - 1) = z(k - 1).


i) Determinare l'equazione alle differenze che descrive il sistema complessivo.

ii) Calcolare l'UBcita del sistema quando v(-1) = 1 e u(k) = W(k) - 6(k - 2).

iii) Si determini, facendo uso delle trasformate zeta, la successione in ingresso


a cui corrisponde le. successione d'uscita in evoluzione forzata

Esercizio 6. 7 Si consideri il sistema serie di figura:

_u_(k )-·l.___h_1
(·_) _h_2(
)-·.__I
___.1---_z(_k ·_)
__.-_v(_k)
220 CAPITOLO 6. SISTEMI A TEMPO DlSCRE'l'O

Supponendo che la risposta impulsiva del primo sistema sia

e la risposta impulsiva del secondo sistema sia

conO<a<b<l.

i) si determinino due modelli ARMA che rappresentano i due sistemi posti In


serie;

ii) si determinino la risposta impulsiva e la funzione di trasferimento del Il•


stema serie; ·

iii) si determini un modello ARMA di ordine 3 che rappresenta il sistema 11erl11

iv) si determinino le risposte in uscita al primo sistema ed al sistema serieIn


corrispondenza alla successione di ingresso

u(k) = eh'!!.k , kEZ.

Esercizio 6.8 Consideriamo il sistema LTI a tempo discreto e causale descritto


dalla seguente equazione alle differenze:
4
v(k) - 5v(k - 1) + av(k - 2) = 2u(k) + 3u(k - 2).

i) Determinare i modi del sistema al variare di a in R;

ii) studiare la stabilità asintotica del sistema al variare di a in li;


iii) trova.re il valore di a per cui la risposta in evoluzione libera è una succe1111l0111
sinusoidale e, per tale valore di a, determinare l'evoluzione libera a pn.rtlrn
dalle condizioni iniziali v(-1) = 1 e v(-2) = O.

Esercizio 6.9 Si determini, eventualmente al variare di a in JR,la risposta.liii•


pulsiva del sistema LTI causale a tempo discreto avente funzione di tras:erimonto

i) H(z) = (z - l)(z + 1/2);


z(z - a)(z2 + 1)
z
ii) H(z) = (z + l)(z - a);
ti.12. ESERCIZI DI RIEPILOGO 221

iii) H(z) = z(z~ =~/


4);
. z2 + 1
av) H(z) = z2 -1/2;
z 2 +z+1
v) H(z) = z(z - 1)2 ;

vi) H(z) = (z2 - 1)lz - 1/2). (._,)


-- .... -
...(., d--
j
.

ll}11ercizio6.10 Si consideri il sistema a tempo discreto


1,·(k)- av(k - 1) = u(k) - u(k - 1),
tlove a è un parametro reale.
i) Calcolare, per i va.lori di a in R per cui ciò ha significato, l'uscita in evolu-
zione libera del sistema in corrispondenza a v(-1) = 2a.
ii) Si determini, al variare di a in R la risposta impulsiva del sistema ha(k).
lii) Si studi, al variare di a in R, la stabilità asintotica e la stabilità BIBO del
sistema.

Esercizio 6.11 Consideriamo il sistema LTI a t~mpo discreto e causale descritto


clnlla seguente equazione alle differenze:
v(k) + 2v(k - 1) + 2v(k - 2) = 3u(k) - u(k - 3).
Hi determini
i) l'espressione dell'evoluzione libera del sistema in funzione delle generiche
condizioni iniziali;
ii) l'espressione della risposta impulsiva del sistema;
iii) l'espressione dell'uscita in evoluzione forzata in corrispondenza alla succes-
sione di ingresso u(k) = 6(k) + 3~6-1(k- 2);

iv) si analizzi la stabilità asintotica e la stabilità BIBO del sistema.

Esercizio 6.12 Con riferimento al sistema LTI a tempo discreto e causale,


drn1critto dalla seguente equazione alle differenze
v(k) - av(k - 1) = b·u(k),
dove a e b sono parametri reali, si detonnini:
222 CAPITOLO 6. SlS'l'liMl A TEMPO DISCRETO

i) l'evoluzione libera in funzione della generica condizione iniziale v(-1);


ii) la risposta impulsiva del sistema;

iii) la risposta in evoluzione forzata del sistema in corrispondenza alla succea-


sione di ingresso u(k) = (1 - 2k)(L1(k).

:•f
Capitolo 7

Modelli di stato a tempo


discreto

7 .1 Esempio del serbatoio


Ad un miscelatore pervengono acqua calda e acqua fredda provenienti da due di-
vnrse sorgenti. L'acqua in uscita dal miscelatore, la cui temperatura indichiamo
1:1111TM(·), entra in un serbatoio. La temperatura dell'acqua nel serbatoio viene
Indicata con Ts(·). Facciamo, inoltre, l'ipotesi che il flusso entrante nel serbatoio
oguagli esattamente il flusso uscente, di modo tale che l'unico effetto dell'acqua
111ingresso al serbatoio sia quello di modificare la temperatura dell'acqua im-
magazzinata, senza modificarne il livello. La struttura del sistema complessivo è
illustrata in figura.

Acqua calda

Serbatoio
Ts(k)
Acqua fredda

Figura 7.1: Struttura del sistema miscelatore-serbatoio.

Sebbene la natura del sistema sia intrinsecamente continua, supponiamo, per


rn111odità,di effettuare i controlli sul livello della temperatura sia del miscelatore
dui del serbatoio solo in corrispondenza ad istanti equispaziati del tipo kT, con
A: E Z+ e T un prefasato intervallo di tempo. In tal modo, assumiamo per
il 11istema in esame un modello di tipo discreto. Per semplicità notazione.le.,
224 CAPITOLO 7. MODELLI DI S'l'A'l'O A TEMPO DISCRETO

indichiamo con Ts(fc) e TM(k) rispettiva.mente Ts(kT) e TM(kT). Consideriamo,


per prima cosa, la dinamica della temperatura dell'acqua contenuta nel serbatoio.
È ragionevole assumere per la descrizione dell'andamento della temperatura nel
serbatoio per k E Z+ il seguente modello:

Ts(k + 1) = (1 - a)Ts(k) + aTM(k), (7.1)

dove a rappresenta un coefficiente positivo, compreso tra Oe 1. L'ipotesi è che alla


fine dell'intervallo unitario [k, k + 1] la temperatura nel serbatoio sia una sorta di
media pesata tra la temperatura iniziale al tempo k e la temperatura dell'a-cqua
proveniente dal miscelatore, entrata nel serbatoio nell'intervallo [k, k + I] e sup-
posta pressocché costante in tale intervallo. Il valore di a dip~nde dall'entità del
flusso d'acqua in ingresso al serbatoio e dalla durata dell'intervallo T.
Supponiamo di voler far raggiungere all'acqua del serbatoio una temperatura
desiderata T8. A tal fine dobbiamo operare un controllo sul sistema, sceglieudo
opportunamente l'unica variabile che siamo in grado di controllare, ovvero la
temperatura dell'acqua in uscita dal miscelatore. A tal fine, possiamo scegliere
una legge di "controllo in retroazione'' del tipo

TM(k + 1) = TM(k) - b (Ts(k) - Ts), k E Z+, (7.2)

dove b è un parametro reale positivo. La logica che soggiace a questa legge di


controllo è evidente. Rispetto al valore di TM al tempo k scegliamo di incre-
mentare o decrementare la temperatura dell'acqua del miscelatore, a seconda che
la temperatura del serbatoio sia inferiore o superiore alla temperatura deside-
rata. La variazione TM(k + 1) - TM(k) è funzione lineare di tale scostamento
Ts(k) - T8. Riscrivendo le due equazioni (7.1) e (7.2) in forma matriciale otte-
niamo il seguente sistema di equazioni alle differenze (del primo ordine) lineari e
a coefficienti costanti:

[ Ts(k+I)]
TM(k + l)
= [l-a
-b
a][Ts(k)]+[O]T,*
1 TM(k) b S·
(7.3)

Va sottolineato che mentre a e b sono parametri fissi di progetto, legati alla


fisicità dell'impianto, la temperatura desiderata per il serbatoio Ts
può variare
liberamente, a seconda delle esigenze operative, e pertanto può essere interpretata
come un ingresso del sistema complessivo. Se definiamo

Ts(k) ]
x(k) := [ T.~(k)

e u(k) = Ts,
il modello (7.3) può essere descritto in modo compatto nella forma

x_(k+ 1) = Ax(k) + Bu(k). {7.4)


7.2. MODELLI DI STATO A TEMPO DISCRETO 225

Il vettore x(k) prende il nome di vettore di stato, mentre il vettore u(k) (che
in questo caso specifico è fissato ad un valore costaJ1te) rappresenta l'ingresso
ovvero la variabile libera del nostro problema. L'uscita del sistema, ovvero la.
grandezza misurata, che indichiamo come al solito con il simbolo v(k) è natural-
mente la temperatura del serbatoio e vale pertanto

v(k) = Cx(k), (7.5)

dove C = [1 O] . Il modello descritto da (7.4)-(7.5) rappresenta un modello di


stato.

7.2 Modelli di stato a tempo discreto


Un generico modello di stato a tempo discreto, di dimensione n, a m ingressi e
p uscite, è descritto da un sistema di equazioni alle differenze (del primo ordine)
del seguente tipo

x(k + 1) = Ax(k) + Bu(k), (7.6)


v(k) = Cx(k) + Du(k), (7.7)

dove x è il vettore di stato n-dimensionale, u è il vettore di ingresso m-dimensio-


nale e V è il vettore di uscita p-dimensionale. Le matrici A E anxn, B E Rn><m'
C E Rpxn e D E Rpxm sono completamente arbitrarie. k è una variabile intera
che rappresenta il tempo. La prima equazione (7.6) prende il nome di mappa di
transizione di stato (ad un passo), mentre l'equazione (7.7) è l'equazione
d'uscita.

La matrice A è comunemente nota con il nome di matrice di stato e, come


vedremo, da essa e, specificatamente, dal suo polinomio caratteristico

.6.A(z) ==det(zln - A) (7.8)

dipendono le proprietà più significative del sistema (in particolare, la stabilità.


interna). llicordiamo che gli zeri del polinomio caratteristico di A sono gli auto-
valori della matrice .4_

Un modello di stato di questo tipo rappresenta un sistema LTI causale e


normalmente si fa l'ipotesi che la dinamica del sistema venga osservata a partire
da un certo istante iniziale (intero) ko (senza perdita di generalità, si assume
ko = O). Tale modello di stato, inoltre, viene detto proprio. Se, in particolare,
D = O e quindi non c'è dipendenza istantanea dell'uscita v(k) dall'ingresso u(k),
il sistema viene detto strettamente proprio. La nomenclatura adottata por i
modelli cli Htnto è perfettamentu arutlop;n.IL quella adottata per i modelli ARMA
226 CAPITOLO 7. MODELLI DI STATO A TEMPO DISCRETO

(6.2) e, del resto, come vedremo in seguito, modelli ARMA propri (strettamente
propri) possono essere descritti mediante modelli di stato propri (strettamente
propri) e viceversa.
La rappresentazione della dinamica di funzionamento di un modello di-stato a
tempo discreto può essere illustrata attraverso uno schema a blocchl del seguente
tipo, dove z- 1 rappresenta il sistema "a ritardo unitario" o "ritardatore ad un
passo" (cfr. paragrafo 6.6).

u(k) x(k + 1) x(k) v(k)


B e

Figura 7.2: Schema a blocchi di un modello di stato a tempo discreto.

7.3 Evoluzione di un modello di stato a tempo di-


screto
Consideriamo il modello di stato
x(k + 1) = Ax(k) + Bu(k), (7.9)
v(k) = Cx(k) + Du(k), kE Z+, (7.10)
dove x, u, ve le matrici A, B, Ce D hanno il medesimo significato illustrato
prima. Supponiamo di conoscere lo stato iniziale x(O) = xo da cui parte il sistema
e l'ingresso di controllo u (k), per k E Z+. Al fine di estrapolare l'espressione dello
i;tato al generico istante k E Z+ andiamo a valuta.re l'espressione dello stato nei
primi istanti k E Z+. Otteniamo allora
x(l) = Ax(O) + Bu(O) = Axo + Bu(O),
x(2) = Ax(l) + Bu(l) = A2 xo + ABu(O) + Bu(l),
x(3) = Ax(2) + Bu(2) = A3xo + A2 Bu(O) + ABu(l) + Bu(2),
x(4) = Ax(3) + Bu(3) = A4 :xo+ A3 Bu(O) + A2 Bu(l) + ABu(2) + Bu(3).
Si deduce, allora, che l'espressione generale dello stato all'istante k E Z+ è data
<la
k-1
x(k) = Ak:xo+ E Ak-l-iBu(i), kE Z+, (7.11)
ic:O
7.3. EVOLUZIONE DI UN MODELLO DI STATO DISCRETO 227

dove, ancora una volta, la sommatoria in (7.11) va considerata nulla se k < 1.


Corrispondentemente si ottiene per l'evoluzione d'uscita l'espressione
k-1
v(k) = CAkxo + L CAk-l-iBu(i) + Du(k), kEZ+. (7.12)
i=O

È immediato riconoscere nello stato iniziale x{O) e nell'ingresso u(k), k E Z+, le


due cause agenti sul sistema e nell'evoluzione di stato x(k) e nell'evoluzione di
uscita v(k), per k E Z+, i corrispondenti effetti. Poiché il sistema è lineare, e
vale per esso il principio di sovrapposizione degli effetti, possiamo decomporre
sia l'evoluzione di stato che l'evoluzione di uscita per k ;::::O in una componente
di evoluzione libera e in una componente di evoluzione forzata. In altre parole,
possiamo esprimere x(k) e v(k) nella forma:
x(k) = x,(k) + x1(k),
v{k) = v,(k) + v1(k), k E Z+,
dove Xt e v, rappresentano, rispettivamente, le componenti di evoluzione libera
dello stato e dell'uscita, mentre X/ e V/ rappresentano, rispettivamente, le
componenti di evoluzione forzata dello stato e dell'uscita. Un confronto
con le equazioni (7.11) e (7.12) permette di identificare le quattro componenti:

xe(k) = Akxo,
k-1
x 1 (k) = L Ak-1-i Bu(i),
i=O
v,{k) = CAkxo,
k-1
v1(k) = L CAk-l-iBu(i) + Du(k).
i=O

Vogliamo dare un'interpretazione dell'ultima uguaglianza, ovvero quella re-


lativa alla risposta in uscita in condizioni di sola evoluzione forzata. Consideriar-
mo, inizialmente, il caso in cui il sistema abbia un unico ingresso, ovvero m = 1,
e consideriamo la successione
Il(k) ""DtS(k) + CAk-tB L 1 (k-1).

Se consideriamo l'espressione dell'evoluzione forzata dell'uscita v1(k) e ricor-


diamo le proprietà dell'impulso di Dirac, è immediato rendersi conto del fatto
che H(k) rappresenta la risposta impulsiva del sistema. Infatti, la risposta in
evoluzione forzata del sistema in corrispondenza al segnale di ingresso u{k) = d (k)
è nulla per k < O e vale

(k) {D, perk=O;


Vf = 0 Ak- I fl, por k E Z+, k ~ 1.
228 CAPITOLO 7. MODELLI DI STATO A 'l'EMPO DISCRETO

Se ora consideriamo il caso in cui m sia un generico intero positivo e ipotizziamo


di sollecitare il sistema con la succeBSionedi ingresso
u<i)(k) = ei o(k),
dove ei è Pi-esimo vettore della base canonica in Rm (ovvero il vettore le cui
componenti sono tutte nulle ad eccezione della i-esima che vale 1), il sistema
risponde, in condizioni di sola evoluzione forzata, con la successione d'uscita
Hi(k) ==vCi)(k) = Dei o(k) + CAk-l Bei <L1(k - 1).

Poiché questa relazione vale per ogni i E {1, 2, ... , m}, la successione a valori
matriciali (in R.pxm)

avente Hi(k) come colonna i-esima, prPnde il nome di risposta iinpulsiva del
sistema e l'evoluzione forzata dell'uscita, determinata in precedenza, può essere
vista come la convoluzione discreta della successione di ingresso con la risposta
impulsiva del sistema, i.e.
k
v 1(k) = E H(k - i)u(i) = [H * u](k), k_EZ+,
i=O
in virtù della causalità del sistema e assumendo che la sollecitazione in ingresso
assuma valori non nulli solo per k E Z+· Val la pena di evidenziare come
quest'ultima ipotesi sia necessaria al fine di non includere nell'evoluzione forzata
anche il contributo dei campioni dell'ingresso u{k) per k < O, contributo di cui
già si tiene conto, attraverso lo stato iniziale x(O), nell'evoluzione libera.

Per concludere, osserviamo che, qualora si assuma come istante iniziale un


generico intero ko e si voglia valutare l'espressione di stato ed uscita al generico
istante k ~ ko, si per.iene alle seguenti espressioni:
k-1
x(k) = Ak-kox(ko) + E Ak-l-iBu(i),
i=ko
k-1
v(k) = CAk-k 0 x(ko) I E CAk-l-iBu(i) + Du(k).
•=ko
7.4 Forma di 'Jordan di una matrice ed evoluzione li-
bera
Come abbiamo visto nel precedente paragrafo, le espressioni delle componenti
di evolurtione libera dello stato e dell'uscita, a partire dalla condizione iniziale
7.4. FORMA DI JORDAN ED EVOLUZIONE LIBERA 220

x(O) = Xo, sono date da


x2(k)
Vt(k) k E Z+.
Si pone, a questo punto, il problema della valutazione effettiva della generica
potenza k-esima di una assegnata matrice A (problema che, in realttà, emerge
anche nel calcolo delle componenti di evoluzione forzata dì stato ed uscita). Alcuni
esempi, come quelli riportati qui di seguito, evidenziano, infatti, come il calcolo
di Ak per un generico k E Z+ non sia sempre semplice.

Esempio 7.4.1 Sia

Poiché A è una matrice diagonale, è immediato determinare l'espressione della.


generica potenza k-esima della matrice A:

V k E Z+.

Esempio 7.4.2 Sia



-1
1
o]
O E ]R3x3.
O 3
In questo caso la valutazione dell'espressione della generica potenza k-esima della
matrice A è leggermente più complicata. Sfruttando però la struttura diagonale
a blocchi della matrice, ci rendiamo conto che il nostro problema si restringe a
quello di trovare la potenza k-esima del blocco diagonale

. [1-lJ
A1 = O l .

Osservando che

[1-3]
A13 = O 1 , A1 = 4 [ 1
O -41
1 ,

è immediato estrapolare l'espressione generale

Aik 1 -kJ
= [O 1 ' V k E Z+·
230 CAPITOLO 7. MODELLI DI STA'l'O A TEMPO DISCRETO

Di conseguenza,

V k E Z+.

••
Esempio 7.4.3 Sia

[n questo caso la valutazione delle prime potenze della matrice A non è di molto
iiuto al fine di estrapolare un'espressione generica di Ak. Tuttavia una sem-
>lice valutazione del polinomio caratteristico della matrice, ovvero 6.A(z) ==
let(z/2 - A) = z 2 - 5z + 6 = (z - 2)(z - 3) evidenzia come la matrice abbia
lue autovalori reali disti:LUe sia, quindi, certamente diagonalizzabile, con ciò
ntendendo che A può essere ridotta in forma diagonale mediante una trasfor-
nazione di similitudine. È noto che ogni matrice T che effettua la trasfor-
uazione di similitudine su A che la rende diagonale ha per colonne le coordinate
.i una famiglia di autovettori corrispondenti agli autovalori che compaiono sdla
iagonale (ovviamente presi nell'ordine opportuno). Possiamo, quindi, assumere
ome matrice T di trasformazione la matrice (non singolare)

T = [~ !)'
1e ha in prima colonna un autovettore di A relativamente a >.1 = 2 e in seconda
>lonna un autovettore di A relativamente a À2 = 3, ne consegue che

a allora da A = T Jr- 1 segue immediatamente


Ak=TJkr-1=(2 1][2 o]k[ 1 -1]
= [2k+i_3k 2.3k_2k+1]
1 1 O 3 -1 2 2k - 3k 2 · 3k - 2k .

Per risolvere il problema del calcolo della potenza generica di una assegnata

1trice A siamo ricorsi, nell'ultimo esempio, ad una trasformazione di similitu-
1e che ci ha permesso di trasformare la matrice A in una matrice diagonale,
· la quale il calcolo della potenza generica è molto semplice. È noto che non
.t(~le matrici sono diagonalizzabili, tuttavia esiste una forma canonica, di cui la.
uttura diagonale rappresenta una caso particolare, a cui è poHHibilericondurre
7.4. FORMA DI JORDAN ED EVOLUZIONE LIBERA 231

ogni matrice quadrata (sia essa a coefficienti reali che a coefficienti complessi) e
per la quale il calcolo della potenza risulta particolarmente semplice. Tale forma
canonica è nota come forma di Jordan di una matrice.

Definizione 7.4.4 Una matrice A E cnxn è in forma di Jordan se è una


matrice diagonale a blocchi

À.1
A= [

in cui cia.scun blocco diagonale À.j è un miniblocco di J ordan con ciò inten-
dendo una matrice quadrata del tipo

per qualche Àj E C.

Osserviamo, preliminarmente, che i coefficienti "A;che compaiono sulla diago-


nale dei miniblocchi di Jordan altro non sono che gli autovalori della matrice A,
come segue facilmente dalla valutazione del polinomio caratteristico della matrice.
Se >.1, À2, ... , Àr rappresentano gli autovalori distinti di A è evidente che s ~ r.
Si noti, infine, che ogni matrice diagonale è in forma di Jordan: gli elementi
diagonali sono, infatti, interpretabili come miniblocchi di Jordan di dimensione
unitaria relativi ai diversi autovalori.
In generale, pur non essendo vincolante, si preferisce ordinare i miniblocchi di
una matrice in forma di Jordan (attraverso l'applicazione di opportune matrici
di permutazione davanti e dietro) in modo tale che i miniblocchi relativi al mede-
:simo autovalore siano consecutivi ed urùiul"~i <lal più grande (ovvero da quello
di dimensione maggiore) al più piccolo. In altre parole una matrice in forma cli
Jurdan, con autovalori distinti )q, À2, ... , Àr, la si suppone solitamente scritta nel
seguente modo:

J
232 CAPITOLO 7. MODELLI DI STA'l'O A TEMPO DISCRETO

dove

J,.J
e Ji,l è l'i-esimo miniblocco di Jordan relativo all'i-esimo autovalore, Ài, di di-
mensione ni,l, ovvero

1
Ji,l == E cn;,tXn;,l.

Inoltre vale

Prima di evidenziare l'importanza della forma di Jordan per il calcolo della


generica potenza di una matrice A, e quindi per la valutazione numerica dei
vettori di stato ed uscita in evoluzione libera al generico istante k, è importante
sottolineare alcune informazioni relative alla forma di Jordan.
cn
Se À 1, À21 • ' • , Àr sono gli autovalori distinti di A E Xn, a. tali autovalori
vengono associate due informazioni importanti: la molteplicità algebrica e
la molteplicità geometrica. La molteplicità algebrica di un'autovalore >.idi
A è la sua molteplicità come zero del polinomio caratteristico di A, .6.A(z) =
det(zln -A). La molteplicità geometrica di Ài, invece, rappresenta la dimensione
dell'autospazio ker(>.,In- A), relativo all'autovalore Ài-
Se A si trova in forma di Jordan, e supponiamo, per semplicità, che i suoi
miniblocchi siano ordinati come prima indicato, allora è immediato riconoscere
molteplicità algebrica e geometrica dei vari autovalori:

• la molteplicità algebrica di >., coincide con la dimensione del blocco Ai


contenente tutti i miniblocchi di Jorda.n relativi a Ài e quindi con Et!.i ni,ti

• la molteplicità geometrica di ,\ è, per defìniziou~, la dimensione di ker( Àiln -


A) e, pertanto, coincide n - rank(Àiln - A), dove rank(M) rappresenta il
rango della matrice M. D'altra parte il rango della matrice Àiln - A coin-
cide, in virtù della particolare struttura di A, con il numero di colonne non
nulle in Àiln - A e pertanto con (n-n° di miniblocchi di Jordan relativi a
>.i) = n - Si, Questa osservazione ci porta immediatamente a identificare la
moltiplicità geometrica di Ài con il numero di miniblocchi di Jordan relativi
a Ài ovvero Si-
7.4. FORMA DI ,JORDAN ED EVOLUZIONE LIBERA 233

Infine osserviamo, banalmente, che

r r 81, r Bi

n = L dimAi = L L dimJi,l = L L n,,l·


ia=l ia=l i= 1 i=l la=1

Il risultato fondamentale che giustifica il nostro interesse per la forma di Jor-


dan è il seguente.

Proposizione 7.4.5 Data una generica matrice A E cnxn, essa è simile ad


una matrice in forma di Jordan, ovvero esiste T E cnxn non singolare tale che
r- 1AT è in forma di Jordan. Non è restrittivo, inoltre, supporre che la matrice
nbbia tutti i minibloccbi di Jordan ordinati come precisato prima.

Se indichiamo con J la forma di Jordan di A, le matrici A e J sono rappresen-


t,a.zionì,rispetto a ba.si diverse, della medesima trasformazione lineare e pertanto
l1anno i medesimi autovalori con le stesse molteplicità (algebriche e geometriche).
Se T rappresenta una matrice di similitudine tale che

J = T- 1 AT,

vale, inoltre,

11pertanto, una volta nota l'espressione delle generica potenza k-esima di J, è


immediato ottenere l'espressione della potenza k-esima di A. Per valutare Jk, è
1wcessario, preliminarmente, valutare la potenza k-esima del generico miniblocco
di Jordan, come illustrato nella seguente proposizione.

Proposizione 7.4.6 Se À è un generico numero complesso, e consideriamo


il miniblocco di Jordan di dimensione v relativo a >.,ovvero la matrice

). 1
>. 1
J>,.= EC"x",
). 1
).
234 CAPITOLO 7. MODELLI DI STA'.l'OA TEMPO DISCRETO

allora, per ,\ =IO e k E Z+ si trova

( k ),\k-v+I
v-1

(7.13)

Inoltre, per >.= O e k E Z+, si trova.1

O(k) O(k - 1) c)"(k- V+ 1)

o(k) o(k- 1)

~t= ~~

o(k) o(k- 1)

o(k)

DIMOSTRAZIONE La matrice Jo ha un numero finito di potenze non nulle


giacché

o o o 1 o
o o 1 o o o o 1

o o 1
(Jo)2 = 1 (Jo)3=
o o 1
o o o u
o o
o
= O può essere interpretato come un sottocaso del ca.so precedcnl.u,
1A onor del vero, il ca..'O>..

lnfotti, la ben nota proprietà (:) = O per t > k e il fatto che le potenze k-esime di O sie.no
l.11\.t,cnnllc ad eccezione della potenze. O-esima, che vale sempre 1, assicurano che, per >.= O,
(~)>.,k-t = 6(k - €). Tuttavia., per maggior chiarezza, abbiamo pruforito tmttare i due cmii
H(ll)llml,I\IIIC!lte.
7.4. FORMA Dl ,TOR.DAN ED EVOLUZIONE LIBERA

(Jo)"-1
l~ ~
= o oo ~0~1(Jot

Di conseguenza, se teniamo conto anche del fatto che (Jo) 0


= O.

= I,, e (Jo) 1 = Jo,


è possibile rappresentare la potenza k-esima della matrice Jo attraverso impulsi
discreti e, pertanto, nella forma (7.14).
Poiché, per À =f.O, si ha
J>.= .>.I,,
+ Jo,
dove .>.I,,è una matrice scalare 2 e le matrici >.I,,e Jo commutano 3 , possiamo
sfruttaxe la formula del binomio di Newton ed esprimere la potenza k-esima della
matrice J>,,nella. forma

Notiamo, infine, che per i~ 11si ha (J0 )i = O e, pertanto, per ogni valore di k si
può scrivere (J>.)knella forma

Facendo uso, allora, dell'espressione di (Jo )', ricavata nella prima parte della
dimostrazione, si ottiene la (7.13). •

Siamo ora in grado di determinare l'espressione della generica potenza k-esima


di una matrice A.

Proposizione 7 .4. 7 Sia A E cnxn, con autovalori distinti .>.1,


.>.2,
... , Àr, e
sia TE cnxn una ma.trice non singolare tale che r-t AT è in forma di Jordan:

J
J1
J = r- 1 AT= [
J;,,,l
·
2 Una matrice scalare è una matrice diagonale i cui elementi diagonali sono tutti ugi:o.litro.

loro. Viene chiamata. in tal modo perchè sì comporta, rispetto al prodotto per altre matrici,
'Jsattamente come uno sca'.are giacché (>.I)· M = M · (>.I) = >.· M per ogni matrice c111ndmt"
M.
3 Due matrici quadrate di ugual dimensione M1 e M2 commutano se M, · M~ = M~, Mi.
236 CAPITOLO 7. MODELLI DI STA'l'OA 'I'EMPO DISCRETO

e Ji,i è l'f-esimo miniblocco di Jordan relativo all'autovalore Ài, di dimensione


ni,t· Allora.

dove ciascuna, matrice (Ji)k è, a sua volta, una matrice diagonale a blocchi, il cui
blocco diagonale i-esimo è una matrice (di dimensione ni,t) del tipo

À~
'
(7.15)

,\f (t),\~-l

À~
i

se Ài -:/-O e del tipo


o(k) o(k - 1) o(k - ni,i + 1)
6(k) 6(k- 1)

(Ji,l)k = (7.16)

o(k) o(k- 1)

o(k)
se >.i= O.

Ciascuna delle 8 UU.:~!l!lioni elementarim>-~-l, relative agli autovalori Ài E (C \


{O},e ciascuno degli impulsi o(k- i), relativi all'autovalore nullo, prende il nome
<Iimodo elementare della matrice A o, equivalentemente, del sistema. Poiché
l'evoluzione libera di :m modello di stato è esprimibile nella forma x(k) = Akxo,
11esi tratta dell'evoluzione libera dello stato, e nella forma v(k) = CAkxo, se
Hi tratta dell'evoluzione libera dell'uscita, dalla precedente proposizione emerge
chiaramente che ciascuna delle componenti x;(k) e v;(k) dello stato e dell'uscita
in evoluzione libera è combinazione lineare dei modi elementari del sistema. I
7.4. FORMA DI JORDAN ED EVOLUZIONE LIBERA

coefficienti combinatori dipendono, ovviamente, dalla matrice T (e dalla sue. In-


versa) e dal vettore delle condizioni iniziali xo. In realtà non tutti i modi elemen-
tari sono effettivamente presenti nell'espressione dell'evoluzione libera dell'uscita,
per effetto della presenza della matrice C. In generale, infatti, solo un sottoin-
sieme dei modi elementari risulterà "osservabile", ovvero rilevabile dall'analisi
dell'evoluzione libera dell'uscita, interpretata come "osservazione del sistema".
Questo argomento, tuttavia, esula dagli interessi di questo libro e sarà oggetto di
trattazione in corsi successivi.
Se A è una matrice reale, è noto che gli eventuali autovalori complessi vanno
a coppie coniugate. Inoltre, è possibile dimostrare che se nella forma di Jordan
di A c'è un miniblocco di Jordan di dimensione v relativo all'autovalore com-
plesso >.= pe)8 , esiste anche un miniblocco di Jordan di dimensione v relativo
all'autovalore coniugato X= pe-J 8 • Di conseguenza, se A è reale, i suoi modi
complessi vengono a loro volta a coppie complesse coniugate e vengono pure
combinati con coefficienti complessi coniugati, così da garantire un'espressione
finale reale. Pertanto è sempre possibile sostituire alla coppia di modi complessi
(>.k,X\ la coppia di modi reali (pkcos(9k), pksin(0k)). Analogo discorso vale
per i modi complessi del tipo (~)>.k-ie (!)Xk-t, a cui si può sostituire la. coppia
equivalente ( (!)Pk-,cos(0(k - i)), (~)pk-tsin(0(k - i))).
Vale la pena, inoltre, di ribadire quanto già evidenziato nel precedente Capi-
tolo 6 a proposito della relazione intercorrente tra i modi impiegati nella de-
scrizione della dinamica dei modelli ARMA e dei modi impiegati nella descrizione
dell'evoluzione di stato discreta. Per .>.f. O vale

( fk) .>.k-t= k(k - 1) ... (k -


i! >,_e
t + 1) >.ko
-1
(k - e) = (k) >-.ko(k - t)
Pi -1 ,

dove
(k) = k(k - 1) ... {k - i+ 1)
Pt i! _>.t
è un polinomio di grado f. (privo di. termine noto) nella variabile temporale k. Di
fatto, la famiglia di modi elementari

e la famiglia di modi elementari

\k
A 1
(k)
1
,k-1
A ., ... ,
( k)
µ-l ,k-µ+1
A

sono equivalenti per k E Z+, giacché le combinazioni lineari delle due fa.miglio
portano alle medesime successioni.
238 CAPITOLO 7. MODELLI DI STATO A TEMPO DISCRETO

Per quanto concerne l'autovalore nullo, invece, gli impulsi '5(k - l) che com-
paiono nella descrizione della dinamica di evoluzione libera di un modello di
stato non trovano un immediato equivalente nella famiglia di modi associati
all'evoluzione libera di un modello ARMA, dal momento che, come già eviden-
ziato, l'equazione caratteristica associata ad un modello ARMA non ammettè O
come radice caratteristica 4 .

Per concludere vogliamo valutare quanti e quali sono i modi distinti coinvolti
nell'espressione dell'evoluzione libera dello stato (e quindi pure dell'uscita, anche
se può accadere che non tutti siano effettivamente presenti), al variare di x:i in
IR".
Come è evidente dalle (7.15)-(7.16), ogni miniblocco di Jordan J;,1. di di-
mensione ni,t relativo all'autovalore Ài individua 7¼,t' = dimJi,t modi elementari
:!istinti e linearmente indipendenti. Chiaramente, se prendiamo due miniblocchi
li Jordan relativi aJ medesimo autovalore ,\;, il numero di modi elementari di-
1tinti individuati dai due miniblocchi coincide con la dimensione del più grande
lei due miniblocchi. In definitiva, il massimo numero di modi elementari distinti
l.'lsociati all'autovalore A; è pari alla dimensione del più grande miniblocco di
lordan relativo a Ài e quindi, nella ipotesi di ordinamento dei miniblocchi della
orma di Jordan di A, a ni,1·
Nel complesso, il numero totale di modi elementari distinti individuati dalla
. A' e pan . a ...--r
nat nce L....i=I ni,I·

Una volta evidenziato il legame tra i modi elementari di un modello di stato


.iscreto e i modi elementari impiegati nella descrizione della dinamica di un
1odello ARMA, è immediato riconoscere il carattere dei modi.

Proposizione 7.4.8 Il modo elementare (:)>.k-t, k, f. E Z+, e>. E C \ {O}, è

• convergente se e solo se l>•I< 1;


• limitato se e solo se I.Xl:::;1 e, nell'eventualità in cui>. abbia modulo unitario,
l=O;

• divergente in tutti gli altri c.;1U1i.

li eventuali modi elementari associati all'autovalore nullo, o(k-f.), con k, f. E Z+,


,,wsempre convergenti a.zero (in un numero finito di passi).

4 111realtà, si potrebbero introdurre anche nel caso dei modelli ARMA i modi impulsivi, in

mero pari a. m - n e nel solo ca110in cui m sia. maggiore di n, tutta.via quost1Lstrada porterebbe
un'inutile complicazione nell'analisi dell'evoluzione libera dei modelli ARMA.
7.5. STUDIO NEL DOMINIO DELLE TRASFORMATE 239

7 .5 Studio nel dominio delle trasformate


Consideriamo un modello di stato LTI a tempo discreto, descritto, come di con-
sueto, dalle equazioni

x(k + I) Ax(k) + Bu(k), (7.17)


v(k) = Cx(k) + Du(k), k E Z+, (7.18)

nell'ipotesi in cui il sistema parta all'istante k = O da un'arbitraria condizione


iniziale x(O) = xo e l'ingresso u(k) sia noto per k E Z+.
Facciamo l'ipotesi che la successione d'ingresso con cui operiamo sia dotata
di trasformata zeta, con ciò intendendo che ciascuna delle componenti della suc-
cessione vettoriale ammetta trasformata zeta. La trasformata zeta di u(k) sarà,
allora, il vettore la cui componente i-esima è la trrusformata zeta della compo-
nente i-esima ovvero ui(k). Sotto tale ipotesi è possibile dimostrare che anche
le successioni di stato e di uscita ammettono trasformata zeta e possiamo quindi
porre
=
U(z) Z[u(k)], X(z) =Z[x(k)], V(z) Z[v(k)]. =
Se applichiamo la trasformata zeta a entrambi i membri delle due equazioni
(7.17) e (7.18) e utilizziamo la proprietà di traslazione a sinistra (o anticipo)
della trasformata zeta (la proprietà 4)), otteniamo

zX(z) - zxo = AX(z) + BU(z),


V(z) CX(z) + DU(z),
da cui segue subito

X(z) = (zin - A)- 1 zxo + (zin - A)- 1 BU(z), (7.19)


V(z) CX(z) + DU(z)
C(zin - A)- 1 zxo + (C(zin - A)- 1 B+ D)U(z). (7.20)

Osserviamo che sia l'Espressione della trasformata zeta dello stato che l'espres-
sione della trasformata zeta dell'uscita constano di due termini: uno in cui com-
eri 11no in rni comp;ue I.a t.msfor-
pa.re h1.connizione iniziale x 0 (e non l'ingTP..<if!o)
mata zeta dell'ingresso (e non la condizione iniziale xo). Ma allora, se indi-
chiamo, come di consueto, con xe e ve le componenti di evoluzione libera dello
stato e dell'uscita e con x f e v f le componenti di evoluzione forzata dello stato e
dell'uscita, si ottiene

Xp(z) -'- Z[xt(k)] = (zln - A)- 1z:xo,

Vi(z) - Z[v,(k)] = C(zln -A)- 1 zxo,


240 CAPITOLO 7. MODELLI DI STATO A TEMPO DISCRETO

X1(z) - Z[x1(k)] = (zln - A)- 1BU(z),

V1(z) - Z[v1(k)]=(C(zln-A)- 1 B+D)U(z).

La matrice razionale
H(z) =C(zln - A)- 1B +D (7.21)
prende il nome di matrice di trasferimento del modello di stato. È immediato
riconoscere in H (z) la tra.sformata zeta della riposta impulsiva.del sistema, ovvero

H(z) = Z[H(k)].
Infine, si noti che

H(z) = det(zt- A) · Cadj(zln - A)B + D = A:(z) · Cadj(zJ 11 - A)B + D,


dove AA(z) è un polinomio monico di grado n mentre adj(zln - A) è la ma-
trice aggiunta di zln -A e, per sua stessa costruzione (ricordiamo che l'elemento
di posizione (i, j) altro non è che il complemento algebrico dell'elemento cli po-
sizione (j, i)), è una matrice polinomiale di grado n - l. Pertanto H(z) è una
matrice razionale propria, somma di una componente razionale strettamente pro-
pria, C(zln -A)- 1B, e di un termine costante, D. Le sue dimensioni sono p x m,
dal momento che essa mette in relazione tra loro la trasformata zeta dell'ingresso
e quella della componente forzata dell'uscita. La regione di convergenza di H(z)
(intersezione delle regioni di convergenza delle sue componenti) è lzl > IP!,dove
p è il polo di modulo massimo tra i poli di l:{(z) (equivalentemente, delle sue
componenti).
Uno può chiedersi che relazione sussista tra i poli della H(z) e gli autovalori
della matrice A. Dalla scrittura della matrice di trasferimento nella forma

H(z) = ll.:(z) · Cadj(zln - A)B +D


'.iimmediato rendersi conto che gli eventuali poli della H(z) vc1.uno ricercati tra gli
mri di 6 A ( z) e quindi tra gli autovalori di A. Tuttavia non è detto che tutti gli au-
,ovalori di A siano poli di H(z): possono infatti subentrare alcune semplificazioni
.m il polinomio al denominatore ll-A(z) e tutti i polinomi al numeratore (ovvero
ili elementi di Cadj(zJ,. - A)B), situazione che può portare all'eliminazione di
mo o più autovalori. Pertanto, in generale, possiamo solo dire che

{poli di H(z)} ç::;{autovalori di A}.


7.6. STABILITÀ DEI MODELLI DI STATO A TEMPO DISCRETO 241

7.6 Stabilità dei modelli di stato a tempo discreto


Introduciamo ora alcune definizioni di stabilità per i modelli di stato. Le prime
due definizioni (una più debole ed una più forte) fanno riferimento alla dina-
mica di evoluzione libe1a dello stato, la terza, invece, alla sola evoluzione forzata
dell'uscita (e non dello stato). Proprio per i diversi ambiti di interesse, faremo
riferimento alle prime due nozioni come a forme di stabilità interna e all'ultima
definizione di stabilità come alla stabilità esterna o BIBO (dove l'acronimo
ha lo stesso significato illustrato in precedenza per i modelli ingresso/uscita) del
modello di stato.

Definizione 7.6.1 II sistema. (7.17)+(7.18)viene detto

• asintoticamente stabile se, per ogni scelta della condizione inizia.le x(O),
l'evoluzione libera dello stato del sistema Xt(k) converge a zero 88intotica,-
mente, i.e.
lim Xt(k)
k--++oo
= O;
• semplicemente stabile se, per ogni scelta. della condizione inizia.le x(O),
l'evoluzione libera dello sta.to del sistema. x,(k) è una funzione limitata, con
ciò intendendo che esiste M E R+ tale cbe

per ogni k E Z+;

• instabile in tutti gli a.Itri casi.

Inoltre, diciamo che il sistema (7.17)+(7.18) è esternamente o BIBO stabile


se, a.partire da condizioni inizia.li nulle, esso risponde ad ogni ingresso (nullo per
k < O e) limitato per k ::::,:O con un 'uscita (forzata) limitata.. In altre parole,
posto xo = O, per ogni ingresso u(k), k E Z+, per il quale esista Mu > O tale che
llu(k)II< Mu per ogni k E Z+, è possibile determinare Mv tale che llv(k)II=
llv1(k)II< Mv per ogni k E Z+.
Alla luce della dettagliata analisi portata avanti per derivare l'espressione
dell'evoluzione libera dello stato, possiamo fornire immediatamente una caratte-
rizzazione esaustiva delle due proprietà di stabilità interna dei modelli di stato
ora introdotte. Infatti, dal momento che

<love J è la forma di Jordan di A e T è una matrice di cambiament.o di bnso


che permette di passare da A a .J, ò chiaro che l'unico modo perché Xt(k) riimlt,I
sempre convergente a zero, qualunqu(i !li1t xo, è che tutte le successioni olomontnrl ·
242 CAPITOLO 7. MODELLI DI S'.l~'l'O A TEMPO DISCRETO

che compaiono in Jk, ovvero tutti i modi elementaxi del sistema, convergano a
zero.
Analogamente, l'unico modo perché xt(k) risulti sempre limitata, qualunque
sia Xo, è che tutte le successioni elementari che compaiono in Jk, ovvero tutti i
modi elementari del sistema, siano limitati.
Pertanto, alla luce dell'analisi del carattere dei modi elementari di un modello
di stato discreto, fornita nella Proposizione 7.4.8, possiamo ottenere la seguente
caxatterizzazione delle proprietà di stabilità asintotica e semplice per un modello
di stato a tempo discreto.

Proposizione 7.6.2 Il sistema. (7.17)+(7.18) è


• asintoticamente stabile se e solo se il polinomio caratteristico del sistema
~A(z) ha tutti gli zeri di modulo minore di 1 o, equivalentemente, tutti gli
autovalori di A ha.nno modulo minore di l;
• semplicemente stabile se e solo se il polinomio caratteristico del sistema
~A(z) ha. tutti gli zeri di modulo minore o uguale a 1 e a ciascuno degli zeri
di modulo unitario viene associato un unico modo, equivalentemente, tutti
gli autovalori di A hanno modulo minore o uguale a 1 e agli autovalori di
modulo unitario sono associati,- nella forma di Jordan di A, solo mini blocchi
di dimensione unita.ria.

Per quanto concerne la stabilità BIBO, vale la seguente caratterizzazione, di


cui non diamo dimostrazione.

Proposizione 7.6,3 Per il sistema a tempo discreto descritto dalle equazioni


(7.17)-,-(7.18) sono fatti equivalenti:
i) il modello di stato è BIBO stabile;
ii) la risposta. impulsiva. del sistema. H(k), k E Z+, è somma.bile in norma,
ovvero
+oo
L IIH(k)I! < oo; (7.22)
k=O
iii) la risposta impulsiva del sistP-ma H(k), k E Z+, ha tutte le componenti
hi; (k) sommabili ovvero
+oc
E lhi;(k)I < oc, V i,j; (7.23)
k=O

iv) tutti i modi elementari che compaiono (pesati da coefficiente non nullo)
nell'espressione della risposta. impulsiva H(k), k E Z-,.,HOJJO convergenti;
7.6. STABILITÀ DEI MODELLI DI S'l'ATO A TEMPO DISCRETO 24:1

v) i poli della matrice di trasferimento del sistema H(z) hanno tutti modulo
minore di 1 (equivalentemente, la regione di convergenza di H(z) contlemi
il cerchio unitario).

Che legame esiste, allora, tra stabilità interna ed esterna? Come evidenziato
prima, la stabilità asintotica di un modello di stato è legata alla collocazione
degli zeri del polinomio 6.A(z), mentre la stabilità BIBO è completamente de-
terminata dai poli della funzione di trasferimento H(z). Come abbiamo avuto
modo di sottolineare alla fine del precedente paragrafo, in generale i poli della
H(z) rappresentano un sottoinsieme dell'insieme degli zeri di 6.A(z), dal mo-
mento che i poli di H(z) coincidono con gli zeri del polinomio al denominatore
in una rappresentazione irriducibile e la rappresentazione

H(z) = 6.:(z) · Cadj(zln - A)B +D

che la funzione di trasferimento eredita dalla rappresentazione di stato non è detto


lo sia. Da ciò segue immediatamente che la stabilità asintotica assicura sempre
la stabilità BIBO mentre non vale il viceversa, e la ragione di questa disparità.
è la presenza di eventuali cancellazioni. Qualora, infatti, tutti gli eventuali zeri
"instabili" di AA(z) (ovvero gli zeri collocati in lzl ~ 1) sia.no anche zeri (di
molteplicità non inferiore) di tutti gli elementi di Cadj(zln - A)B, il sistema
risulta essere BIBO stabile pur non essendo asintoticamente stabile.
Chiaramente una discussione analoga può esser portata avanti nel dominio
del tempo.

Esempio 7 .6.4 Si consideri il seguente modello di stato:

x(k + 1) = Ax(k) + Bu(k) = [~ 1~2 ] x{k) + [~] u(k),


v(k) = Gx(k)=[l l}x(k), kEZ+.

T1polinomio caratteristico della matrice A è .6.A(z)= (z - 2)(z -1/2). Pertanto,


A ha un autovalore di modulo maggiore di 1. Ciò assicura immediatamente che
il sistema non sia né semplicemente né asintoticamente stabile. Per verificare la
stabilità BIBO è sufficiente valutare la funzione di trasferimento e i suoi poli. Si
trova, allora,
1
H(z) =z- 1/2'

da cui segue che il sistema è BIBOHtnhile,



244 CAPITOLO 7. MODELLI DI STATO A TEMPO DISCRETO

Esempio 7.6.5 Si consideri il seguente modello di stato:

x(k+ !) = Ax(k) + Bu(k) = rn~I il x(k) + [~] u(k),


v(k) = Cx(k) = [1 O l]x(k), k E Z+.
Il polinomio caratteristico della matrice A è AA(z) = (z - 1)2 z. Pertanto, A ha
un autovalore nullo semplice ed uno di modulo unitario e molteplicità algebrica
2. Certamente il sistema non è asintoticamente stabile. Per valutare se il si-
stema è semplicemente stabile oppure instabile, dobbiamo andare a valutare le
dimensioni del/dei miniblocco/miniblocchi di Jordan relativo/i alPautovalore 1.
Poiché la molteplicità algebrica dell'autovalore nullo è 2, la somma delle dimen-
sioni dei miniblocchi relativi a 1 è 2. Pertanto sono possibili solo due situazioni:
a) all'autovalore unitario corrispondono due miniblocchi di Jordan di dimensione
1 (e quindi il sistema è semplicemente stabile), oppure b) all'autovalore unitario
corrisponde un solo miniblocco di Jordan di dimensione 2 (e quindi il sistema è
instabile).
Come possiamo capire in quale dei due casi ci troviamo? Poiché il numero
dei miniblocchi relativi ad un dato autovalore >.coincide, come abbiamo avuto
modo di osserva.re in precedenza, con la molteplicità geometrica dell'autovalore,
ovvero con la dimensione dell'autospazio ker(.XJ- A), il caso a) corrisponde alla
situazione in cui dim (ker(l · la - A)) = 2, mentre il caso b) alla situazione in cui
dim(ker(l ·la-A))= 1. Osservando che

W(l la - A) = ker mi m m,[~]


), = (

dove (vi, v2, ... , vl) rappresenta il sottospazio vettoriale generato dai vettori
v1, v2, ... , vi, è immediato rendersi conto che ci troviamo nel caso a) e quindi
il sistema è semplicemente stabile. Valutiamo ora la stabilità BIBO. Il calcolo
della funzione di trasferimento porta a H (z) = z~ 1 , da cui si deduce che il sistema
non è BIBO stabile. •
Consideriamo la matrice di trasferimento H(z) e supponiamo che la sua re-
gione di convergenza inchula. il cerchio unitario, situazione che corrisponde, come
chiarito nel paragrafo precedente, al caso in cui i poli di H (z) siano contenuti
nella regione {z E C: lzl < I} e quindi il sistema sia BIBO stabile. Se sostitu-
iamo alla variabile z la variabile ei8 nell'espressione della matrice di trasferimento
(equivalentemente, valutiamo la matrice di trasferimento nei punti della circon-
ferenza unitaria) otteniamo la cosiddetta risposta in frequenza del modello di
~tato a tempo discreto:
7.7. ESEMPIO DEL SERBATOIO (CONTINUAZIONE) 241)

Val la pena di sottolineare, anche se di ciò non ci occuperemo in dettaglio, .che


vale per la risposta in frequenza dei modelli di stato la medesima interpretazione
della risposta in frequenza dei modelli ingresso/uscita a tempo discreto (si veda
il Capitolo 6): infatti la conoscenza della risposta in frequenza permette di met-
tere in relazione successioni sinusoidali causali in ingresso con le corrispondenti
successioni d'uscita (causali ed in evoluzione forzata), in condizioni di regime per-
manente. Inoltre H(eJ9) è una funzione periodica di periodo 21r della variabile 8.

7. 7 Esempio del serbatoio (continuazione)


Riprendiamo in esame l'esempio del serbatoio, con cui avevamo introdotto i mo-
delli di stato a tempo èiis1.:reto,e andiamo ad esaminarne la dinamica. Il polinomio
caratteristico della matrice A è

~A(z) = det [ z - (!-a) z -=_\]


= (z - 1 + a)(z - 1) + ab

= z 2 + (a - 2)z + (ab+ l - a).


Gli autovalori di A sono gli zeri del suo polinomio caratteristico, ovvero

2 - a± .,/(a - 2) 2 - 4(ab + 1 - a) 2 - a± ..,/a(a- 4b)


>.12 = ----'---'----'---'-----'- = ----'---'---=-.
' 2 2
Supponiamo che a - 4b =fO (mentre a è necessariamente diverso da zero, visto il
problema in esame). In tal caso abbiamo necessariamente due radici distinte, .>.1
e .>.2,
siano esse reali (se a - 4b > O) o complesse coniugate (se a - 4b < O). La
forma di Jordan della matrice A, pertanto, è

Inoltre, poiché la me.trice A è diagonalizzahile, la matrice T che lega tra loro


A e .1, mediante la relazione A = T JT- 1, è la matrice che ha per colonne due
autovettori, v1 e v2, relativi rispettivamente a .>.
1 e >.2• È facile verificare che

T = [ .>.1-
-b
1 >.2-b- 1],
è una possibile matrice di trasformazione. Corrispondentemente si trova
246 CAPITOLO 7. MODELLI DI STATO A TEMPO DISCRETO

L'equazione di aggiornamento dello stato del sistema può essere allora riscritta
nella forma

e l'espressione dello stato al generico istante k E Z+ è data da

Ha senso ora chiedersi se e sotto quali condizioni siamo in grado di assicu-


rare che la tempero.tura del serbatoio tenda. a.l!intoticamente al valore desiderato
T5, comunque scelte le condizioni iniziali Ts(O) e TM(O). Osserviamo, come
prima cosa, che se esiste limk-++oo Ts(k) e tale limite vale T5, allora esiste anche
limk-++oo TM(k) e tale limite vale, a sua volta, T8, giacché

lim TM(k) = lim Ts(k + 1) - (1 - a)Ts(k)_= Ts,


k-+oo k-++oo a
Si noti che questo risultato era prevedibile, perché fisicamente tale situazione
corrisponde al raggiungimento dell'equilibrio termico tra l'acqua presente nel ser-
batoio e l'acqua fornita dal miscelatore. Affinché, allora, esista

lim x(k)
k-+oo
= [Tr~],
s
comunque scelte le condizioni iniziali, è necessario che l'effetto delle condizioni
inziali tenda asintoticamente al vettore nullo. Se così non fosse, infatti, condizioni
iniziali distinte produrrebbero limiti distinti, dal momento che i termini di evo-
luzione libera nell'espressione di x(k) saxebbero diversi pur rimanendo uguali i
termini di evoluzione forzata. Ciò significa che \>.il< 1 per i = 1, 2. È possi-
bile dimostrare, con semplici conti, che la matrice del sistema è asintoticamente
stabile se e solo se b < 1.
Se il sistema è asintoticamente stabile, allora, dalla precedente espressione
della x(k), si ottiene

k [ ,\~-1
k.!!~oo x(k) = T [} i~]r- x(O) + T
1 -'1~ 1

= T [~ o ] r-1 [o)T*
0 x;.~I b S·
7.8. RELAZIONE TRA MODELLI ARMA E MODELLI DI STATO 247

Per completare il conto e verificare che il limite così ottenuto coincide con [~i]
è sufficiente sostituire alle matrici Te r- 1 e alle due radici, >.1e >.2,le esprE!lsionl
prima determinate.

7 .8 Relazione tra modelli ARMA e modelli di stato


Per concludere il capitolo, vogliamo ora mettere in relazione i modelli di stato
a tempo discreto appena descritti con i modelli Afil1A causali analizzati nel
Capitolo 6. Consideriamo un modello ARMA causale descritto dall'equazione
alle differenze (6.2), è.ove ao,an e bm sono supposti diversi da zero. Non c'è
perdita di generalità nel supporre ao = 1 e nel sostituire a n e m la "memoria"
del sistema, ovvero max{n,m}, che, per comodità, indichiamo con il simbolo M.
Si ottiene allora la seguente equazione descrittiva
M M
v(k) + Ea;v(k - i)= Lbi u(k -i), k E Z+. (7.24)
i=l i=O

Si vuole costruire un modello di stato che "realizzi" il modello ARMA ora asse-
gnato, con ciò intendendo che l'insieme delle possibili evoluzioni ingresso-uscita
(u(k), v(k)), k E Z+, del modello di stato in condizioni di pura evoluzione forzata
(ovvero ipotizzando che lo stato iniziale sia nullo) coincidono con le possibili
evoluzioni ingresso-uscita del modello ARMA in evoluzione forzata sull'orizzonte
temporale Z+ (nelle ipotesi che la sollecitazione di ingresso sia nulla per k < Oe
le condizioni iniziali sull'uscita siano a loro volta nulle) 5 • A tal fine, introduciamo
una alla volta le variabili di stato con la seguente filosofia. Riscriviamo la (7.24)
nella forma
M M
v(k) - 2>iv(k- i)+ Lbi u(k -i)
i=l i=O

M M )
= ( - ~a; v(k - i)+ ~bi u(k - i) + bou(k),

e poniamo
M M
x1(k) ==- Ea;v(k - i)+ Eb1 u(k - i),
i=l i=l
5 11concetto di realizzazione di un modello ARMA attraverso un modello di stato po~rebhti

essere definito in una forma più "forte", richiedendo che l'insieme di tutte le possibili evolu:tfonl
ingre11so-uscita (u(k), v(k)), k E Z+, del modello di stato coincidano con le evoluzioni ingroHHo-
uscita del modello ARMA ~ull'orizzontc tomporaic Z+- La soluzione esplicita. di tu.lo problu1111i,
tuttavia, richiodcrubbe il r:cor110o.Iconunl,Ludi 11HHervabilità.
di un modello di st1ito, argo1111111t,o
che osuhi dagli ohi11Uividel corNo,
248 CAPITOLO 7. MODELLI DI STATO A TEMPO DISCRETO

cosi che
v(k) = x1 (k) + bou(k).
Abbiamo ottenuto, in tal modo, l'equazione d'uscita. A questo punto poiché
vogliamo esprimere ogni componente dello stato aJ tempo k + 1 in fun~ione
dell'ingresso e dello stato al tempo k, poniamo
M M
x1(k+l) = -:r:a.v(k+l-i)+Lbiu(k+I-i)
i=l i=l

= -aiv(k) +b1u(k) + (- ~a. v(k + 1-i) + f bi u(k + 1-i))


= -a1 [x1(k) + bou(k)] + b1u(k) + x2(k)
= -a1x1(k) + x2(k) + [b1- a1bo]u(k),
dove abbiamo posto
M M
x2(k):::; - Lai v(k + 1- i)+ Lb• u(k + 1- i).
i=2 i=2

Analogamente, la valutazione di x2(k + l) ci porta ad intr.odurre una nuova


variabile di stato, ovvero
M M
x2(k + 1) = - Laiv(k + 2 - i) + L)• u(k + 2 - i)
i=2 i=2

= -a2v(k) +bau{k) + (- ~ai v(k+2-i)+ ~bi u(k+2-i))

= -a2[x1 (k) + bou(k)J + b2u(k) + xa(k)


= -a2x1(1i:)+ xa(k) + (b:z- a2b0Ju(k),
dove abbiamo posto
M M
xa(k) ==- Laiv(k + 2 - i)+ L>iu(k + 2 - i).
i=3 i=3

III tal modo si determinano esattamente M variabili di stato, pari alla memoria
del sistema, e

<Incui segue

XM(k + 1) = + bMu(k) = -aM[x1(k) + bou(k)) + bMu(k)


-aMv(k)
= -aMX1(k) + 11,M
- aMbo]u(k).
7.8. RELAZIONE TRA MODELLI ARMA E MODELLI DI STATO 2411

In forma matriciale il sistema viene descritto nel seguente modo:


x(k + I) Ax(k) + Bu(k),
v(k) = Cx(k) + Du(k),
dove

A =
o
-aM-1 1
-aM O 0 ...... o
bi - boa1
b2 - boa2

B =
bu-1 - boaM-1
bM - boaM
e = [1 o o O] E IR1xM, D = [bo}E IR.
Si noti che il modello ARMA e il modello di stato così determinato hanno la
medesima funzione di trasferimento, risultato del resto implicito nel concetto
di realizzazione di stato precedentemente introdotta. In questo caso specifico,
inoltre, il polinomio d(z) che compare nell'equazione caratteristica associata al
modello AR.l\iIAè legato al polinomio caratteristico del modello di stato ora de--
terminato, .6.A(z), dalla relazione
.6.A(z) = zM-n · d(z).
La soluzione del problema inverso a quello or ora descritto, ovvero il passaggio
da un modello di stato SISO ad un modello ARMA di cui esso sia realizzazione,
è pressocchè immediata. Se (A, B, C, D) è la quaterna di matrici descrittive il
sistema e poniamo
M-1
.6.A(z) = zM + E aiz'
i=O
M
Cadj(zlM - A)B + D · .6.A(z) = 1:)izi,
i=O
è immediato rendersi conto che il modello ARMA
M M
v(k) + I>i v(k - i)= L bi u(k - i), k E Z+,
i=I i~n
250 CAPITOLO 7. MODELLI DI STATO A TEMPO DISCRETO

fornisce la risposta desiderata.


7.9. ESERCIZI DI RIEPILOGO 21U

7. 9 Esercizi di riepilogo
Esercizio 7 .1 Dati i seguenti modi elementari

si determinino due modelli di stato a tempo discreto e autonomi (ovvero privi di


ingressi), E1 e E2, di dimensione 5, le cui matrici di sistema, A1 e A2, non siano
simili tra loro e che presentino tutti e soli i modi prima elencati. Di tali matrici
A1 ed A2 si determinho i polinomi caratteristici.

Esercizio 7.2 Si consideri il sistema a tempo discreto descritto dalla seguente


equazione
x(k + 1) = Ax(k} + Hu(k), kEZ+,
dove

A= [o 1 o]
o 2 I e
B=m-
O 1 2
i) Si determini la forma di Jordan della matrice A, i modi elementari del
sistema e il loro carattere (convergente/limitato/non limitato);
ii) si determini, facendo uso delle trasformate zeta, l'evoluzione forzata dello
stato del sistema in corrispondenza al segnale di ingresso
1, k = o,
u(k) = { -3, k = I,
o, k > I.

Esercizio 7 .3 Si consideri il modello di stato a tempo discreto descritto dalle


seguenti equazioni:

x(k+ 1) = Ax(k) + Bu(k) = [~ ~ 2 ]x(k)+[~]u(k),


v(k) = Cx(k) = (O 1] x(k), k E Z+-

i) Si determini la forma di Jordan della matrice A, i modi elementari del


sistema e il loro carattere (convergente/limitato/non limitato);
ii) si determini la trasformata zeta del segnale di uscita corrispondente alle
seguenti condizioni:
- x(O) = [O 1t e u(k) ==nk,k ~ O, con a E JR;
252 CAPITOLO 7. MODELLI DI STATO A 'l'EMPO DISCRETO

- x(O) = [2 lf e u(k) = k ak + I,k ~ O, con a E R..

iii) Si determini per quali condizioni iniziali x(O) l'evoluzione libera dello stato
è interamente contenuta in una retta passante per l'origine.

Esercizio 7.4 Sia E = (A, B, C) un sistema dinamico a tempo discreto di dimen-


sione n. Si risponda alle seguenti domande, fornendo un'adeguata giustificazione:

i) per quale valore minimo di n tra i modi di E ci possono essere (~) sin(k-1)
e (~)2k-l7

ii) Se i modi distinti del sistema sono (tutti e soli) 2k, (~) 21c-1 , (~) c;,k-2 ,
(-l)k, m (-1/- 1, qual'è il massimo valore di n compatibile-con le ipotesi
sul sistema?

Esercizio 7 .5 Si consideri il seguente modello ARMA

a (a+ 2)v(k) + a v(k -1) - 2a v(k- 2) = a (a 2 - I) u(k +I)+ u(k), k E Z,

con a parametro reale.

i) Si determini per quali valori di a in JRil modello ARMA dato può essere
rappresentativo di un sistema causale e per tali valori se ne determini una
realizzazione di stato Ea = (Aa,Ba,Ca,Da),

ii) Dei precedenti Ea si determinino la funzione di trasferimento e i modi, e di


quest'ultimi si determini il carattere (convergente/limitato/illimitato).

~sercizio 1.6 Si consideri il seguente modello ARMA, valido per ogni k E Z

i(a-I)(a-2)v(k)+av(k-1)+(a-I)(a-2)v(k-2) = a(a- I)u(k)-(a-2)u(k-1),

love a è un parametro reale.


:i determini per quali valori di a in JRil modello ARMA dato può essere rappre-
1mtativo di un sistema causale e per tali valori se ne determini una realizzazione
!i stato I::0 = (Aa, Ba, Ca,Da). Si scriva la funzione di trasferimento del modello
.i stato così trovato.

~sercizio 7. 7 Si consideri il sistema a tempo discreto

x(k + 1) = Ax(k), kEZ+,


7.9. ESERCIZI DI RIEPILOGO

la cui matrice di sistema A è in forma di Jordan e precisamente


>.1 1
o À1
À1
A= À2 1 o
o À2 1
o o À2
À3

dove À1,À2 e À3 sono arbitrari numeri reali (non necessaxiamente distinti). Si


valutino, al vaxiare di À1, À2 e Àa in R,
a) il polinomio caratteristico di A;
b) i modi del sistema;

e) le dimensioni dei vari autospazi distinti ker(Àih - A).

Esercizio 7.8 Si consideri il modello di stato a tempo discreto descritto dalle


seguenti equazioni:

x(k + 1) = Ax(k) +Bu(k) ~ -~/2


[o .O
~1
1/2
l x(k) + [~]
O
u(k),

v(k) = Cx(k) = [O 1 O]x(k), k E Z+.


i) Si determini la forma di Jordan della matrice A, i modi elementari del
sistema e il loro carattere (convergente/limitato/non limitato);

ii) si determini la trasformata zeta del segnale di uscita corrispondente alle


seguenti condizion'.:

- x(O) = [O 1 of e u(k) = o(k)-a1ciL1(k), con a che varia sui reali;


- x(O) = (2 O of e u(k) = (k11c+ (-1l)iL1(k).
Esercizio 7.9 Si consideri il seguente modello ARMA

v(k) +(a+ 1) v(k - 1) + a v(k - 2) = au(k) + 2a 2 u(k), kEZ,

con a parametro reale.


i) Si determini, al variare di a in JR.,una realizzazione di stato l:a = (A11 , B,.,C 11,
Da) che abbia dimensiono minima possibile.
254 CAPITOLO 7. MODELLI DI STA1'O A TEMPO DISCRETO

ii) Dei precedenti Ea si determinino la funzione di tr88ferimento e i modi, e di


quest'ultimi si determini il carattere (convergente/limitato/illimitato).

Esercizio 7.10 Si consideri il sistema a tempo discreto ottenuto dalla connes-


sione in "retroazione'' di due modelli ARMA LTI e causali:
Sistema 1 : v(k) + v(k - 1) = u(k),
Sistema 2: ii(k) = - v(k) + ! v(k - 1),
come mostrato in figura:

u (k) u(k) l.v(k)


+ Sistema 1 '
''
''
''
'
'
''
v(k) :
Sistema 2 '
;'
''

Si determini
i) il modello ARMA descrittivo del sistema complessivo;
ii) l'espressione della generica evoluzione libera del sistema;
iii) la risposta impulsiva del sistema;
iv) una realizzazione di stat.o del sistema.
Capitolo 8

Modelli di stato a tempo


continuo

8.1 Esempio del circuito RLC


Si consideri il seguente circuito RLC comandato in tensione, con R, Le C coeffi-
cienti positivi.

_=):
i(t)
L

= iL(t)
+
v(t) = vc(t)

Chiaramente la tensione u(t) fornita dal generatore di tensione agisce come


ingresso sul sistema, mentre la tensione prelevata ai capi del condensatore rap-
presenta l'uscita, ovvero la grandezza effettivamente misurata. Nella descrizione
della dinamica di una rete elettrica passiva un ruolo particolare viene giocato da
due tipi di variabili: le correnti negli induttori e le tensioni ai capi dei conden-
satori, in questo caso iL(t) e vc(t). Tali grandezze, infat.ti, svolgono la funzione
di "elementi di memoria", con ciò intendendo che, al fine di determinare i valori
di correnti e tensioni che interessano il circuito da un certo istante to in poi, è
necessario conoscere non solo tensioni e correnti fornite dai generatori da to in
poi, ma anche i valori in to di tali variabili. Poniamo, quindi,

x1(t) =ii(t), x2(t) =vc(t).


Conoscenze elementari di TflOrludol111R.uti Elettriche ci permettono di de~t1r-
250 CAPITOLO 8. MODELLI DI STATO A TEMPO CONTINUO

minare l'equazione differenziale descrittiva della dinamica della rete. Il bilancio


delle tensioni sull'unica maglia di cui consta la rete porta a

u(t) = VL(t) + VR{t) + vc(t),


dove vL(t) e vn(t) rappresentano le cadute di tensione ai capi, rispettivamente,
di induttore e condensatore. Infine è nota la relazione tra corrente e tensione per
un resistore, un condensatore e un induttore, e tale corrente, in questo caso, è la
medesima per tutti e tre i componenti e coincide con xi(t). Si ottengono pertanto
le seguenti equazioni:

C dvc(t) = C dx2(t)
XI (t) = dt dt '
L dx1(t)
VL(t) = dt '
VR(t) = R x1(t).

Mettendo assieme queste tre identità e la precedente equazione, otteniamo

dx1(t)
u(t) = L ---;J,t + Rx1(t) + x2(t),
x1(t) = C dx2(t)
dt ,

da cui si ricava l'equazione

dx1(t) = R l 1
dt
- L x1(t) - L x2(t) + L u(t),
dx2(t) = 1
C x1(t).
dt
L'ui;cita si ricava immediatamente una volta che si osservi che v(t) = vc(t) e si
trova, quindi,
v(t) = x2(t).
Il modello complessivo, espresso in forma matriciale, risulta, allora,

d~~t) = [- l -/] x(t) +[ &] u(t),


v(t) = [O l]x(t).

8.2 Modelli di stato a tempo continuo


Un generico modello di stato a tempo continuo di dimensione n, a m ingressi
.i 1>uscite, è descritto da un sistema di equazioni differenziali (del primo ordine)
8.2. MODELLI DI STATO A TEMPO CONTINUO

del seguente tipo


dx(t)
Ax(t) + Bu(t), (8.1)
dt
v(t) = Cx(t) + Du(t), (8.2)
dove x è il vettore di stato n-dimensionale, u è il vettore di ingresso m-dimensio-
nale e v è il vettore di uscita p-dimensionale. Le matrici A E Rnxn, B e Rnxm,
C E Rpxn e D E Rpxm sono completamente arbitrarie. L'equazione {8.1}
prende il nome di equazione di aggiornamento dello stato, mentre la (8.2)
è l'equazione dell'uscita. La matrice A è nota come matrice di stato.

Un modello di stato di questo tipo rappresenta un sistema LTI causale e nor-


malmente si fa l'ipotesi che la dinamica del sistema venga osservata a partire da
1m certo istante iniziale tn (senza perdita di generalità, tipicamente si assume
to = O). Tale modello di stato, inoltre, viene detto proprio dal momento che
nell'equazione dell'uscita compare l'ingresso ma non le sue derivate (situazione
ragionevole dal punto di vista fisico e, di fatto, equivalente all'ipotesi n ~ m che
abbiamo introdotto in precedenza per i modelli ingresso/uscita (2.2)). Se,
in particolare, D = O e quindi non c'è dipendenza istantanea dell'uecita v(t)
dall'ingresso u(t), il sistema viene detto strettamente proprio. La nomen-
clatura adottata per i modelli di stato è perfettamente analoga a quella adottata
per i modelli ingresso/uscita (2.2).
La rappresentaP.ione della dinamica di funzionamento di un modello di stato
a tempo continuo può essere illustrata attraverso uno schema a blocchi, dove il
simbolo J individua il "blocco integratore".

u(t) x(t) v(t)


B e

Figura 8.1: Schema a blocchi di un modello di stato a tempo continuo.

Per determinare univocamente l'evoluzione di stato ed uscita in ogni i11tantc1


t ~ O occorre e basta conoscere lo stato iniziale x(O) da cui parte il sistemn 1
all'istante iniziale t = O e l'ingresso di controllo u(t) per t ~ O. Stato iniziale <-Id
1Ve.IhL pena evidenzia.rechu mmho 11m·I mmlc1IIIdi stato, al fine di tener conto tll civ1111l,1mll
!58 CAPITOLO 8. MODELLI DI STATO A TEMPO CONTINUO

ugresso (per tempi non negativi) rappresentano, infatti, le due cause agenti ·sul
istema, mentre evoluzione di stato x{t) e evoluzione di uscita v(t), per t E IR+,
nppresentano i corrispondenti effetti. Poiché il sistema è lineare, e vale per esso
principio di sovrapposizione degli effetti, adottando il medesimo ragionamento
-ortato avanti nel Capitolo 7 per i modelli di stato discreti, possiamo decomporre
iii l'evoluzione di stato che l'evoluzione di uscita, per t ~ O, in una componente
i evoluzione libera e in una componente di evoluzione forzata. In altre parole,
01:1siamo esprimere x(t) e v(t) nella forma:
x(t) = xe(t) + x,(t),
v(t) = Vt(t) + v,(t), t E R.+,
.>vexe e Vt rappresentano, rispettivamente, le componenti di evoluzione libera
elio stato e dell'uscita, mentre Xf e Vf rappresentano, rispetti'llamente, le
11nponenti di evoluzione forzata dello stato e dell'uscita.
Ntii 11eguenticapitoli ci occuperemo del problema di determinare delle espres-
Jni esplicite per ciascuna di queste quattro componenti.

,3 Dinamica di evoluzione libera


udiare l'evoluzione libera del sistema (8.1)+(8.2) a partire da una generica
ndizione iniziale x(O) = Xo è equivalente a studiare l'evoluzione del sistema
1tonomo (ovvero privo di ingressi):
dx(t) = A x(t), (8.3)
dt
v(t) Cx(t), t E IR+, (8.4)
x(O) = Xo E JR.n. (8.5)
r lo studio dell'evoluzione libera è conveniente cominciare dall'analisi di un
.o semplice. Supponiamo che il sistema abbia dimensione unitaria, ovvero la
1cnsione n del vettore di stato sia pari ad 1 e quindi la matrice A sia, di fatto,
> scalare. In tale situazione è noto dai corsi di Matematica che l'espressione
lo stato del precedente sistema autonomo (8.3)+(8.5) al generico istante t E
è

onseguentemente, l'uscita è

uHsiimpulsivi con punto di applicazione l'origine, come condizione iniziale si considera sempre
foro dello stato all'istante t = o-. Tuttavia, tradizionalmente nella Tooria dei Sistemi, la
lh-.10110
iniziale viene sempre indicate. con il simbolo x(O). Resta into1mche, ove necessario,
1md1·è.in realtà. inteso come ]f(O-).
8.3. DINAMICA DI EVOLUZIONE LIBERA

Vogliamo dimostrare che tali espressioni valgono anche nel caso in cui n ah,
un intero positivo generico, a condizione di attribuire un opportuno significato
all'espressione eAt, t E IR+, nel caso in cui A sia una matrice.

8.3.1 Esponenziale di una matrice


Definizione 8.3.1 Sia A E cnxn una generica matrice complessa. Definiamo
esponenziale della matrice A, e lo indichiamo con l'espressione eAt o, equi-
valentemente, con l'espressione exp(At), la funzione a valori in cnxn definita, per
ogni t E JR,dalla seguente serie:
2 t3 +oo ti
eAt·J.= n+ A t+ A2t v+ A3 31+... =L..~Ai 1· (8.6)
• . i=O i.

Esempio 8.3.2 Consideriamo la matrice A dell'Esempio 7.4.1

A= [ O -1 O
1 o o] R E 3 x 3•
O O 2
Per valutare l'espressione dell'esponenziale di A facciamo ricorso all'espressione
della generica potenza i-esima della matrice A, già determinata in precedenza:

Ai= [ O
O
o
l (-1);
O
oO_ ,
21
l
Sfruttando la definizione di matrice esponenziale si trova, allora,
+oo ti
}:1·-:i o o
o
o
2i
l .,
ti-=
i.
i=O

o
i.
+oo
1)-1)' · -:i
i=O
_ ti
i.
o
+oo . ti
o o ~2'·
L.. -.,

l
i=O t.

= o .
e2t

Risulta, allora, evidente che se A è una matrice diagonale, il suo esponenziale ò


una matrice diagonale il cui olomunt;odi pm1izione(i, i) coincide con l'espononzlal(l
dell'elemento di posizione (i, i) In A. .•
:l(i{) CAPITOLO 8. MODELLI DI STATO A 'l'EMPO CONTINUO

Esempio 8.3.3 Consideriamo la matrice A dell'Esempio 7.4.2

A= [ O
1 -1
1
o]
O E R3x3 1

O O 3

la cui generica potenza i-esima è data da

~-l
·
3'
Vi E Z+·

~ immediato rendersi conto, allora, che


+OC> ti
ti +oo
E1·-., -I>·- ., o

[I °]';
+oo
-i
., o
i=O
+oo ti
E1--.,
i. i:::O i.

~ ~
eAt
= 1 o -= o
o 3i i. i=O i.
+oo . ti
o o '°"3'·-
L, .,

l
i,;O i.

= o '
e3t
ove abbiamo sfruttato il fatto che

~ ~ ~ ~ ~ t ~ ~~
'"'i.
~
i==O
-.,
i.
='°'i.- = '"'
L,
i=l
.,
i.
L..., --
i=l
(.
i -
1)' =
.
t. '°'--
~
i=l
(. 1)1 t. '°'-
~1

i -
k'
'
= ~
k=O '
= t. i.


Andiamo ora ad analizzare le proprietà dell'esponenziale di un'assegnata ma-
ice. Successivamente verificheremo, come promesso, che le espressioni prima
mrtate dell'evoluzione libera dello stato e dell'uscita. nel caso scalare, si esten-
1110 al caso n > l, a condizione di interpretare eAt come l'esponenziale della
itrice A. Val la pena sottolineare che delle proprietà qui di seguito elencate
lo le prime due sono rilevanti al fine di determinare le espressioni di Xt(t) e
(t). Le rimanenti proprietà saranno, invece, di fondamentale importanza per
~plicita derivazione dei "modi elementari" del sistema in termini della forma di
rdnn della matrice A del sistema, argomento del successivo paragrafo 8.3.3.
8.3. DINAMICA DI EVOLUZIONE LII3ERA 201

8.3.2 Proprietà della matrice esponenziale


Qui di seguito esaminiamo le principali proprietà della funzione esponenziale.

1) Valore dell'esponenziale per t = O:

Infatti,

(+LA' ti)
I
00

1
i=O i. t=O

2) Proprietà della derivata:

:t =
d At
A . eAt = eAt • A.

Infatti,

d At
~ = -d (+oc
L A' ti)= +oc
- E Ai ti-1
i-= A.
+oc
E Ai-1 --
ti-1
= AeAt_
dt dt i=O i! i=l i! i=l (i - 1)!

La commutatività del prodotto di A e eAt è ovvia.

3) Invertibilità della matrice esponenziale:·


Per ogni matrice A E cnxn esiste la matrice inversa della matrice esponenziale
eAt e coincide con e(-A)t, l'esponenziale della matrice -A.
Infatti, è sufficiente osservare che

eAt,e(-A)t = (1n+At+A 2 fi+A 3 ~+ .. .) (1n-At+A 2 ~-A 3 ~+ ... )

come pure
t2 t3 ) ( t2 t3 )
e<-A)t. eAt ( I,. - A t + A2 2! - A3 3! +... I,.+ A t + A2 2! + A3 3!+ ...

4) Proprietà della trasposta:


262 CAPITOLO 8. MODELLI DI STATO A TEMPO CONTINUO

Infatti, sfruttando l'identità (A')T = (AT)i, i E Z+, otteniamo

5) Esponenziale di una matrice diagonale scalare:


Se A E cn><n è una matrice diagonale scalare, con ciò intendendo che è
esprimibile nella forma A = >.In per qualche >. E C, allora l'esponenziale di
A è a sua volta una matrice diagonale scalare e, precisamente,

Infatti è immediato rendersi conto del fatto che Ai= >.iIn e quindi

6) Prodotto degli esponenziali di due matrice che commutano:


Se A1,A2 E cn><nsono due matrici (di ugual dimensione) il cui prodotto è
~ommutativo, ovvero A1A2 = A2A1, allora anche i corrispondenti esponenziali
~ommutano e si ha

viceversa, se A1 e A2 non commutano, in generale le tre espressioni sù scr:tte


:ono tutte distinte. Infatti
8.3. DINAMICA DI EVOLUZIONE LlHERA 203

mentre
+()0 . ti 2 t2
= ~ (Ai+ A2)' i! = In+ (Ai + A2)t + (Ai + A2) 2! + ...
2 2 t2
= In+ (Ai + A2 ) t + (A 1 + A1A2 + A2A1 + A2) 2! + ....
È allora immediato verificare che le tre espressioni coincidono tra loro se e solo se
A1A2 = A2A1 situazione in cui, di fatto, le matrici si comportano come scalari e,
di conseguenza, anche i rispettivi esponenziali si comportano come gli esponenziali
di valori scalari.
7) Esponenziale di un miniblocco di Jordan:
Consideriamo il miniblocco di Jordan di dimensione v relativo al numero
complesso À, i.e. la matrice
À 1
À 1
J,.= (8.7)
À 1
À
L'esponenziale di J) è
t2 Àt
tv-1
---e)..t
2! e (v - l)!
e"t te"t

eJ>,.I = (8,8)

In particolare, per À = O, si ottiene


t2 tv-l
1 t 2! (v - 1)!
1 t
eJot = (8.9)

1 t

1
04 CAPITOLO 8. MODELLI DI STATO A TEMPO CONTINUO

Come evidenziato nel Capitolo 7, la matrice Jo ha un numero finito di potenze


on nulle e, specificatamente,
o o o 1 o
o o 1 o o o o 1

o o 1
1o)2 = 1 (Jo)3 =
o o 1
o o o o
o o
o
o o o 1
o o o
(Jo)"-1 = o (Jo)" = O.
o o
o
. conseguenza

l'espressione (8.9). Poiché


J>.= >.I,,,+
Jo,
11è una matrice scalare e >.I,,,
e Jo commutano, allora, sfruttando le proprietà
e 6), otteniamo
eJ).t = e(>.J,,+Jo)t = e(>.J,,)t. eJot = e>.tI,,,. eJot = e>.teJot.
·i.sultato segue, allora, dalla prima parte della dimostrazione (caso À = O).
8) Esponenziale di una matrice diagonale a blocchi:
Se A è una matrice diagonale a blocchi, ovvero ha una struttura del seguente
(I

·<:Ai è matrice quadrata di dimensione ni x ni, allora


8.3. DINAMICA DI EVOLUZIONE LIBERA 201)

La dimostrazione segue banalmente dal fatto che la potenza i-esima della matrice

V i E Z+.

(A.J'
9) Relazione di similarità:
Siano A1 e A2 due matrici appartenenti a cnxn e simili, con ciò intendendo
che esiste una matrice TE cnxn non singolare tale che A2 = r- 1A1T. Allora gli
esponenziali delle due matrici sono legati tra loro dalla seguente relazione:

Infatti,

10) Autovettori ed autovalori di una matrice esponenziale:


Se v è autovettore della matrice A E cnxn, relativo all'autovalore >.,allora
per ogni t E R fissato v è autovettore della matrice eAt relativo all'autovalore e-'t.
Infatti, sfruttando il fatto che Aiv = >.iv, per ogni i E Z+, si ha

8.3.3 Modi elementari ed espressione dell'evoluzione libera


Ora che abbiamo introdotto la 1uat.rice esponenziale eAt, t E lll, e analizzato le
sue proprietà, riprendiamo in esame il problema dell'espressione dell'evoluzione
libera di un modello cl: stato.

Proposizione 8,3,4 Il sistema (8.1)+(8.2) evolve a partire da un'arbitrMia


condizione iniziale x(O) = xo, jn asseriza di segnale di ingresso, con l'evoluzio1io
di stato
t E R+, (8.l~l)
266 CAPITOLO 8. MODELLI DI STA'l'O A TEMPO CONTINUO

e con l'evoluzione di uscita

tER+ (8.11)

DIMOSTRAZIONE Si deve dimostrare che il sistema


dx(t) = Ax(t), t ER+,
dt
x(O) = xo,
con A matrice reale di dimensione n x n, ha soluzione
x(t) = xt(t) = eAtxo, tER+
Ciò è vero dal momento che, per la proprietà della derivata,

dx:(t) = !!:..(eAt:xo)= Aétx 0 = Ax(t),


dt dt
(e ciò prova che l'espressione data è soluzione dell'equazione differenziale). Inol-
tre, in base alla proprietà 1), si ha

x(O) = eAt:xol
t=O
= lnXO = Xo.
Per quanto concerne l'espressione dell'uscita si ha
ve(t) = Cx.e(t), tER+,
e quindi
t ER+-

I

Si pone, a questo punto, il problema della valutazione effettiva dell'esponen-
ziale di una assegnata matrice A. A tal fine ci vengono incontro le proprietà
dell'esponenziale prima elencate e la forma di Jordan della matrice. Infatti è
immediato rendersi conto del fatto che, poiché il calcolo dell'esponenziale di una
matrice in forma di Jordan è banale (in base alle proprietà 7) e 8)) e poiché ogni
111ntriceè simile ad una matrice in forma di Jordan, sfruttando la proprietà 9)
11tt,e11iamoimmedia.tamente il seguente risultato.

Proposizione 8.3.5 Sia A E cnxn con autovalori distinti >.1,>.2,... , Àr e


sin TE cnxn una matrice non singolare tale che T- 1 AT è in forma di Jordan:

.J
8.3. DINAMICA DI EVOLUZIONE LIBERA 207

dove

e Ji,k
J,J
è il k-esimo miniblocco di Jordan relativo all'autovalore Ài, di dimensione
ni,k· Allora

dove ciascuna matrice eJ,t è, a sua volta, una matrice diagonale a blocchi, il cui
blocco diagonale k-esimo è
tn;,1c-l
e>..,t te>..,t t2 À·t
-,-----,--, _e>..,t
2! e' (ni,k - 1)!
e>..,t te>-,t

(8.12)

Nel seguito, per semplicità., supporremo sempre che i miniblocchi di Jordan re-
lativi al medesimo autovalore siano ordinati da quello di dimensione massima a
quello di dimensione minima.

Ciascuna delle funzioni elementari ' è•t (eventualmente a valori complessi)


prende il nome di modo elementare della matrice A o, equivalentemente, del
sistema. Si noti che, analogamente a quanto succedeva nello studio della di-
namica di evoluzione libera dei modelli ingresso/uscita (2.2), i modi elementari
coinvolti nell'espressione dell'evoluzione Jibf'TA.Rono tutte funzioni esponenziali,
eventualmente moltiplicate per una funzione polinomiale nella variabile t. Poiché
l'evoluzione libera di un modello di stato è esprimibile nella forma x(t) = eAtXo,
se si tratta di evoluzione libera di stato, o nella forma v{t) = CeAtxo, se si tratta
di evoluzione libera d'uscita, dalla precedente proposizione emerge chiaramente
che ciascuna delle componenti Xj(t) e v3(t) di stato e uscita in evoluzione lib<mt.
è combinazione lineare dei modi elementari del sistema. I coefficienti combi-
natori dipendono, ovvia.mento, d1tlht 1111~1,l'ice T (e dalla sua inversa) o rl!tl vc!t-
tore delle condizioni iniziali Xo, Como l(ii\ 1mUolineato per i modelli cli i;t;1Lt,i>
11
268 CAPITOLO 8. MODELLI DI STATO A TEMPO CONTINUO

tempo discreto, in realtà non tutti i modi elementari sono effettivamente presenti
nell'espressione dell'evoluzione libera dell'uscita, per effetto della presenza della
matrice C. In generale, infatti, solo un sottoinsieme dei modi elementari risul-
terà "osservabile", ovvero rilevabile dall'analisi dell'evoluzione libera dell'uscita,
interpretata come "osservazione del sistema".
Se A è una matrice reale, gli eventuali autovalori complessi vanno a coppie
coniugate e, come già sottolineato in relazione ai modelli di stato a tempo di-
1-1creto,se nella forma di Jordan di A c'è un miniblocco di Jordan di dimensione
k relativo all'autovalore complesso u + jw, esiste anche un miniblocco di Jordan
cli dimensione k relativo all'autovalore coniugato u - jw. Di conseguenza, se A
è reale, i suoi modi complessi vengono a loro volta a coppie complesse coniugate
e vengono pure combinati con coefficienti complessi coniugati, così da garantire
un'espressione finale reale. Pertanto è sempre possibile sostituire· alla coppia di
modi complessi e<a+jw)t, e<r,-jw)t, la coppia cii modi reali eat cos(wt), eat sin(wt).
Analogo discorso vale per i modi complessi del tipo te<a+jw)t, Ì!"e(a-jw)t.
Per quanto concerne la determinazione dei modi distinti coinvolti nell'espres-
sione dell'evoluzione libera di stato, al variare di xo in lRn, con ragionamenti del
tutt.o analoghi a quelli addotti nel caso di modelli di stato discreti, possiamo dire
che il massimo numero di modi elementari distinti associati iµl'autovalore >.iè
pari alla dimensione del più grande miniblocco di Jordan relativo a Ài e quindi,
nelle ipotesi di ordinamento dei miniblocchi della forma di Jordan di A, a ni,l·
Pertanto, il numero totale di modi elementari distinti individuati dalla matrice A
è pari a I:i=l ni,l· Riprenderemo questo tema nel seguito, quando discuteremo
la stabilità dei modelli di stato.

Esempio 8.3.6 Consideriamo la matrice A che avevamo visto nell'Esempio


8.3.3:
-1
1
o]E R
O 3x 3 .
O 3
Avevamo valutato, determinando Pespressione della generica potenza Ai, l'espo-
nenziale della matrice A, ovvero:

o .
e3t
l
La matrice A non si trova in forma di Jordan, ma ha una struttura molto simile
iilla Muaforma di Jordan. Vediamo come saxemmo pervenuti all'espressione di
cAr. adottando i ragionamenti prima illustrati sulla forma di Jordan. Osserviamo
che A ha due autovalori distinti, Àt = 1 e >.2= 3, di molteplicità algebriche,
l'i1-1pcttivamente,µ1 = 2 e 11.2 = 1. Un rapido conto evidenziu che la dimensione
8.3. DINAMICA DI EVOLUZIONE LIBERA

dell'autospazio di A (e quindi pure dell'autospazio della sua forma di Jordn.n J)


relativo all'autovalore >.1è pari ad 1, ovvero la molteplicità geometrica di .\1 fi 1,
Ciò ci permette subito di dire che la forma di Jordan di A è

1 1
J= [ O 1 O .
o]
O O 3
La matrice T che lega A e J la si determina imponendo AT = T J (e, ovviamente,
detT-:/= O), da cui segue che una possibile matrice di cambio di base è

T= [ O
-1 1 o]
1 O .
O O 1

Pertanto per ogni condizione iniziale xo l'evoluzione libera di stato si può espri-
mere come
O
O
l [x1(D)l
x2(0) ,
e3t xa(O)
o, equivalentemente, come

~
0
~i[:~~~~ l·
1 X3(0)

Esempio 8.3. 7 Consideriamo la matrice


In questo caso il calcolo dell'espressione della potenza generica della matrice A è


particolarmente complicato, invece il calcolo della sua forma di Jordan non lo è
affatto. Il polinomio caratteristko della matrir.~ A è

ÀA(s) = det(sJ2 - A)= (s - 2)(s - 3) - 2 = s 2 - 5s + 4 = (s - l)(s - 4),

e quindi gli autovalori della matrice sono >.1= 1 e >.2= 4 e sono entrambi
semplici. Pertanto, la forma di Jordan di A è

./=[,~
~]-
270 CAPITOLO 8. MODELLI DI STATO A TBMPO CONTINUO

Poiché la matrice A è diagonalizzabile, ogni matrice T tale che T- 1AT = J ha per


colonne, nell'ordine, un autovettore relativo a .>.1 = 1 e un autovettore relativo a
>.2= 4. Si trova facilmente che una scelta possibile è

!\llora per ogni stato iniziale xo E R 2 si ha

O ] [2/3 -1/3] [xi(O)]


e4t 1/3 1/3 x2(0) ·


~-4 Evoluzione forzata
:::onsideriamoil consueto modello di stato
dx(t) = Ax(t) + Bu(t), (8.13)
dt
v(t) = Cx(t) + Du(t), t E li+, (8.14)

.ove i vettori, le dimensioni e le ipotesi sono le medesime usate nei precedenti


,aragra!i. Ci preoccupiamo, ora, di valutare la componente in evoluzione forzata
ello stato e dell'uscita, ovvero la risposta dello stato e dell'uscita del sistema
uando l'ingresso viene applicato in condizioni di riposo (i.e. a partire da con-
izioni iniziali nulle).

Proposizione 8.4.1 Il sistema (8.13)+(8.14) risponde, a partire da con-


izioni iniziali nulle, al 5egna.1edi ingresso u(t), t E lR+, privo di componenti
npulsive, con l'evoluzione di stato

(8.15)

con 1'evoluzione di uscita

t E R+, (8.16)

DIMOSTRAZIONECor.sideriamo solo l'espressione dello stato, ovvia essendo


correttezza dell'espressione dell'uscita una volta dimostrata la (8.15). Dalla
..13) si ricava
d~;,t) - Ax(t) = Bu(t).
8.4. EVOLUZIONE FORZATA ~71

In virtù dell'invertibilità della matrice esponenziale, tale equazione li rb1olubll1


per t E IR+, a partire da condizioni nulle, se e solo se lo è la seguente eqùazlont
differenziale:
e-At ( d:~t) - Ax(t)) = e-At Bu(t).

È immediato rendersi conto (sfruttando la proprietà della derivata della matrice


esponenziale, precedentemente illustrata) che

e-At (dx(t) - A x(t))


dt
= !!_
dt
(e-Atx(t))
.
Pertanto si ha
!!._
dt (e-Atx(t)) = e-AtBu(t) .
Se integriamo tra Oe t entrambi i membri della precedente equazione otteniamo

fotd~ (e-Arx(r)) dr= fote-ArBu(r)dr.


Elaborando la precedente espressione si ricava

e-Arx(r)/r=t = ft e-Ar Bu(r)d-r,


r=O lo
ovvero
e-Atx(t) - x(O) = kt e-Ar Bu(r)dr.

Tenendo conto del fatto che la condizione iniziale x(O) è nulla e sfruttando
l'invertibilità dell'esponenziale e la banale proprietà eAt . e-Ar = eA(t-r), ot-
teniamo


Nell'eventualità in cui il segnale di ingresso presenti componenti impulsive
collocate nell'origine, è necessario modificare opportunamente le precedenti fol'-
mule in modo da tenerne conto. All'atto pratico, ciò si riduce a sostituire o- a O
come estremo inferiore di integrazione in (8.15) e (8.16).
La colonna i esima della roatricP. cli funzioni
(8.17)
rappresenta la risposta forzata dell'uscita in corrispondenza all'ingresso u(t) =
eio(t) (ei l'i-esimo vettore della base canonica in lRm). Si trova, infatti, in b1um
alla precente proposizione, che l'uscita forzata corrispondente a tale ingres110vnlo

pm· t e R+.
72 CAPITOLO 8. MODELLI DI STA'I'OA 'l'EMPO CONTINUO

'er tale ragione, la matrice H(t), t E IR+, prende il nome di risposta impul-
lva del sistema e l'evoluzione forzata dell'uscita, determinata in precedenza,
uò essere vista come la convoluzione della funzione di ingresso con la risposta
npulsiva del sistema, i.e.
v 1(t) = [H * u](t), t E R+
In definitiva, le equazioni generali che descrivono l'evoluzione di stato e l'evolu-
one di uscita del sistema, a partire da una generica condizione iniziale e in
resenza di un generico ingresso, sono le seguenti:

x(t) = x.t(t) + x1(t) = eAtXo+ foteA(t--r) Bu(T)dT, (8.18)

v(t) = Vt(t) + v1(t) = CeA 1xo + fotCeA(t--r) Bu(T)dT + Du{t), (8.19)

1lide entrambe per t C lR+.


Si noti che, qualora si assuma come ist8JJ.te iniziale un generico istante to,
iHpressionedello stato e dell'uscita al generico istante t?: to è data da

x(t) eA(t-to)x(to)+ t eA(t--r)


lto t
Bu(T)dT,
.
v(t) CeA(t-to)x(t 0 ) + f CeA(t-T) Bu(T)d-r + Du(t).
lto
5 Stabilità interna dei modelli di stato
>meper i modelli di stato a tempo discreto, è possibile introdurre per i modelli
stato a tempo continuo alcune definizioni di stabilità. Alcune fanno riferimento
a dinamica di evoluzione libera dello stato, e rappresentano particolari forme
stabilità interna. La stabilità esterna o BIBO, invece, fa riferimento
'evoluzione forzata dell'uscita e sarà presa in esame più avanti, nel capitolo.

Definizione 8.5.1 Il sistema {8.13)+{8.14) viene detto


• asintoticamente stabile se, per ogni scelta della condizione iniziale x(O),
l'evoluzione libera dello stato del sistema xt(t) converge a zero asintotica-
mente, i.e.
lim Xt(t)
t->+oo
= O;
• semplicemente stabile se, per ogni scelta della condizione iniziale x(O),
l'evoluzione libera dello stato del sistema. xe(t) è una funzione limitata, con
ciò intendendo che esiste M E IR+ tale che
llxe(t)II:5 M, per ogni t e R+;
8.5. STABILITÀ INTERNA DEI MODELLI DI STA'.l'O :na
• instabile in tutti gli altri casi.

Con ragionamenti del tutto analoghi a quelli addotti in precedenza, sia per
i modelli di stato a tempo discreto che per i modelli ingresso/uscita a tempo
continuo, possiamo facilmente pervenire alle seguenti proposizioni.

Proposizione 8.5.2 Il modello di stato a tempo continuo descritto dalle


equazioni (B.13)+(8.14) è

• asintoticamente stabile se e solo se il polinomio caratteristico del sistema


~A(s) ha tutti gli zeri a parte reale minore di zero o, equivalentemente,
tutti gli autovalori di A sono a parte reale minore di zero;

• semplicemente sta.bile se e solo se il polinomio caratteristico del sistema


~A(s) ha tutti gli zeri a parte realtt 111inoreo uguale a zero e a ciascuno degU
zeri a parte reale nulla viene associato un unico modo. Equivalentemente,
tutti gli autovalori di A sono a. parte reale minore o uguale a zero e agli
autovalori a parte reale nulla sono associati, nella forma di Jordan di A,
solo- miniblocchi di dimensione unitaria.

Esempio 8.5.3 Si consideri il seguente modello di stato:

dx(t)
dt
= Ax(t) = [O1 O]
-1 X
(t)
'
t ER+·

Il polinomio caratteristico della matrice A è ~A(s) = (s - l)(s + 1). Pertanto, A


ha un autovalore (a parte) reale minore di zero ed uno (a parte) reale maggiore
di zero e quindi il sistema è instabile. •

Esempio 8.5.4 Si consideri il seguente modello di stato:

dx(t)
dt = Ax(t) = [o o]
0 0 x(t), tER+

Il poliuumio caratteristico della matrice A è ~A(s) = ,q2, Pertanto, A ha un


autovalore nell'origine di molteplicità algebrica 2. Saremmo tentati di dire che
il sistema è instabile, tuttavia non è così. Dobbiamo infatti ricordarci che per
valutare l'instabilità di un sistema privo di autovalori a parte reale positiva ma
dotato di autovalori a parte reale nulla, è necessario valutare la dimensione dei
miniblocchi di Jordan relativi agli autovalori a parte reale nulla. In queHto c1it10,
A può essere facilmente interpretata come una forma di Jordan in cui compaiono
due miniblocchi di dimensione 1 l'Olnt,ivinll'nutovalore O. Ma allora, in bMO1,lln
274 CAPITOLO 8. MODELLI DI STATO A TEMPO CONTINUO

precedente proposizione, il sistema è semplicemente (ma non asintoticamente)


stabile. Il calcolo esplicito della soluzione del sistema, del resto, porta a

x(t) = x.e(t) = eAtxo = Inxo = xo, t E lR+.

Esempio 8.5.5 Si consideri il seguente modello di stato:



1 1
dx(t)
dt
= Ax(t) = [ -1
o
-1
o
~ ] x(t), t E R+
-1

Il polinomio caratteristico della matrice A è aA(s) = s 2(s + 1). Pertanto, A ha


un autovalore (a parte) reale minore di zero ed uno nell'origine di molteplicità
algebrica 2. Per valuta.re se il sistema è semplicemente stabile oppure instabile,
dobbiamo andare a valutare le dimensioni del/dei miniblocco/miniblocchi di Jor-
dan relativo/i all'autovaiore nullo. Poiché la molteplicità algebrica dell'autovalore
nullo è 2, la somma delle dimensioni dei mini blocchi relativi a Oè 2. Pertanto sono
possibili solo due situazioni: a) all'autovalore nullo corrispondono due miniblocchi
di Jordan di dimensione 1 (e quindi il sistema è semplicemente stabile), oppure
b) all'autovalore nullo corrisponde un solo miniblocco di Jordan di dimeI1Bione2
(e quindi il sistema è instabile).
Poiché il numero dei miniblocchi relativi ad un dato autovalore ,\ coincide,
come abbiamo avuto modo di osservare in precedenza, con la molteplicità geo-
metrica dell'autovalore, ovvero con la dimensione dell'autospazio ker(,\J - A), il
caso a) corrisponde alla situazione in cui dim (ker( O · 13 - A)) = 2, mentre il caso
b) alla situazione in cui dim (ker(0 · /3 - A)) = 1. Osservando che

è immediato rendersi conto che ci troviamo nel caso b) e quindi il sistema è


imitabile. •

8.6 Studio nel dominio delle trasformate


Nel Capitolo 3 abbiamo introdotto la trasformata di Laplace e ne abbiamo visto
l'utilizzo nello Rtudio della dinamica <leimodelli LTI causali, descritti da un'equa-
,.ione differenziale lineare e a <:ouflicienti costanti di ordino n. Vogliamo ora
8.6. STUDIO NEL DOMINIO DELLE TRASFORMATE

applicare la stessa tecnica ai modelli di stato LTI a tempo continuo, descritti,


come di consueto, dalle equazioni

dx(t) = Ax(t) + Bu(t), (8.20)


dt
v(t) = Cx(t) + Du(t), t E lR+, {8.21)
nell'ipotesi in cui il sistema parta all'istante t = O da un'arbitraria condizione
iniziale x(O) = Xo e l':ngresso u(t), t E lR+, sia noto.
Facciamo l'ipotesi che i segnali di ingresso con cui operiamo siano tutti (causali
e) dotati di trasformata di Laplace unilatera, ovvero tutte le loro componenti
ammettano trasformata. Sotto tale ipotesi è possibile dimostrare che anche i
segnali di stato e di uscita ammettono trasformata di Laplace unilatera e possiamo
quindi porre

U(s) ==.C[u(t)], X(s) ==C[x(t)], V(s) ==.C[v(t)].

Se applichiamo la tra.sformata di Laplace a entrambi i membri delle due equa-


zioni (8.20) e (8.21) e utilizziamo la proprietà della derivata della trasformata di
Laplace (la proprietà 2)), otteniamo:

sX(s) -xo AX(s) + BU(s),


V(s) = CX(s) + DU(s),
da cui segue subito:

X(s) (sln - A)- 1 xo + (sln - A)- 1 BU(s), (8.22)


V(s) = CX(s) + DU(s)
= C(sln - A)- 1xo + (C(sln - A)- 1 B + D) U(s). (8.23)

Osserviamo che sia l'espressione della trasformata di Laplace dello stato che
l'espressione della tra.sformata di Laplace dell'uscita constano di due termini:
uno in cui compare la condizione iniziale xo (e non l'ingresso) ed uno in cui com-
pare la trasformata di Laplace dell'ingresso (e non la condizione iniziale x 0 ). Ma
t\lluni. è immediato riconoscere nei primi termini le trasformate di Laplace delle
componenti di evoluzione libera e nei secondi Letrasformate di Laplace delle com-
ponenti di evoluzione forzata. Se, infatti, indichiamo, come di consueto, con Xt
e ve Lecomponenti di evoluzione libera dello stato e dell'uscita e con X/ e le v,
componenti di evoluzione forzata dello stato e dell'uscita, si ottiene

Xt(s) ...:....C[xt(t)I = (Hln - A)- 1xo,

Vt(,ll) - .C(vt(t)] ,_,(.'(Hl,. - A)- 1xo,


276 CAPITOLO B. MODELLI DI STATO A TEMPO CONTINUO

X1(s) -'- .C[x1(t)]= (sln - A)- 1BU(s),

V1(s) - C[v1(t)J=(C(sln-A)- 1 B+D)U(s).

La matrice razionale
H(s) ==C(sln -A)- 1B +D (8.24)
prende il nome di matrice di trasferimento del modello di stato. Essa mette in
relazione tra loro la trasformata di Laplace dell'ingresso e quella della componente
forzata dell'uscita e pertanto ha dimensioni p x m. È immediato riconoscere in
H(s) la trasformata di Laplace (unilatera) della riposta impulsiva del sistema,
ovvero
H(s) = l:[H(t)].
H (s) è una matrice razionnJ.cpropria, somma di una componeulti ni.z.iunalestret-
tamente propria, C(sl,., -A)- 1B, e di un termine costante, D.
Poiché la matrice di trasferimento è una trasformata di Laplace, ha senso
chiedersi quale sia la sua regione di convergenza. In base a quanto visto nel
Capitolo 3 sulla trasformata di Laplace e dal momento che operiamo con un
Ristema causale, è immediato rendersi conto che la regione di convergenza di H (s)
(intersezione della regione di convergenza di tutte le sue componenti) è Re(s) >
Re(p), dove p è il polo a parte reale massima tra i poli di H (s) {equivalentemente,
delle sue componenti). Infine, con ragionamenti analoghi a quelli portati avanti
nel caso discreto, si dimostra che, in generale,

{poli di H (s)} ç {autovalori di A}.

[nfine, possiamo notare, ancora una volta, la consistenza della nomenclatura adot-
tata, dal momento che chiamiamo il modello di stato generico proprio e di fatto
la sua matrice di trasferimento è una matrice razionale propria, e, in partico-
lare, chiamiamo strettamente proprio un modello di stato quando D = O, ovvero
quando la sua matrice di trasferimento è una matrice razionale strettamente pro-
pria.

8.7 Stabilità esterna (o BIBO) e risposta in frequenza


Definizione 8. 7.1 Un modello di stato a tempo continuo descritto dalla coppia
tli equazioni (8.20)"'"'(8.21)viene detto esternamente o BIBO stabile se, a
partire da condizioni iniziali nulle, il sistema risponde ad ogni ingresso, nullo per
I. < O e limitato per t ~ O, con un'uscita (forzata.) limitata.

Vale la seguente caratterizzazione, di cui non diamo dimoHt,rnzionc, della sta-


bilità BIBO.
8.7. STABILITÀ ESl'ERNA (O BIBO) E JUSPOSTA IN FREQUENZA :.77

Proposizione 8. 7.2 Per un modello di stato. a tempo continuo descrmu


da.ile equazioni (8.20)7(8.21) sono fa.tti equivalenti:
i) il modello di ste.to è BIBO stabile;
ii) la risposta impulsiva, del sistema H(t), t E lR+, è sommabile in norma,
ovvero
roo
lo IIH(t)lldt < oo; (8.25)

iii) la risposta impulsiva del sistema H(t), t E R+, ha tutte le componenti hi3(t)
sommabili, ovvero
roolhi3(t)ldt < oo,
lo V i,j; (8.26)

iv) tutti i modi elementari che compaiono (pesati da coefficiente non nullo)
nell'espressione della risposta impulsiva H(t), t E R+, sono convergenti;
v) i poli della matrice di trasferimento del sistema H (s) sono tutti & parte
reale minore di zero (ovvero la regione di convergenza di H(s) include 1'888e
immaginario).

Come per i modelli di stato a tempo discreto è immediato rendersi conto


del fatto che la stabilità asintotica assicura sempre la stabilità BIBO mentre
non vale il viceversa e la ragione di questa disparità è la presenza di eventuali
"cancellazioni". Qualora, infatti, tutti gli eventuali zeri "instabili" di .6A(s)
(ovvero gli zeri collocati in Re(s) ~ O) siano anche zeri (di molteplicità non
inferiore) di tutti gli elementi di Cadj(sln - A)B, il sistema risulta essere BIBO
stabile pur non essendo asintoticamente stabile.
Consideriamo la matrice di trasferimento H (s) e supponiamo che la sua re-
gione di convergenza includa l'asse immaginario, ovvero il sistema sia BIBO sta-
bile. Se sostituiamo alla variabile s la variabile jw nell'espressione della matrice di
trasferimento (equivalentemente, valutiamo la matrice di trasferimento nei punti
dell'asse immaginario) otteniamo la cosiddetta risposta in frequenza del mo-
dello di stato (8.20)+(8.21):
H(jw) = C(jwl,.. -A)- 1B + D.
Val la pena di sottolineare, anche se di ciò non ci occuperemo in dettaglio, che vale
per la risposta in frequenza dei modelli di stato la medesima interpretazione della
risposta in frequenza dei modelli ingresso/uscita (si veda il Capitolo 2): infatti la
conoscenza della risposta in frequenza permette di mettere in relazione i segnali
sinusoidali causali in ingresso con i corrispondenti segnali d'uscita (causali ed In
evoluzione forzata), in condizioni di regime permanente.
278 CAPITOLO 8. MODELLI DI STA'1'0 A TEMPO CONTINUO

8.8 Esempio del circuito RLC (continuazione)


Riprendiamo in esame l'esempio del circuito RLC, con cui avevamo introdotto
i modelli di stato a tempo continuo, e andiamo ad esaminarne la dinamica. Il
polinomio caratteristico della matrice A del sistema è
s + E.
.6.A(s)= det [ 1L
-7;

[n base ai valori assunti dal discriminante


R2 4
.6.==L 2 - LC
:lietinguiamo i seguenti casi:
• .6. > O;
• .6.= O;
• .6. < o.
Per .6.> O abbiamo due radici reali distinte,

. R 1 /R.24
>.1' 2 = -2L ± 2V-"f:i- Le'
i quindi due modi esponenziali reali distinti, ovvero
t E JR.
:>er.6.= O abbiamo una radice reale di molteplicità algebrica 2,

'-=-~-
>er capire se a tale radice associamo un solo modo oppure 2 dobbiamo valutare
ft molteplicità geometrica dell'autovalore>.. A tal fine si tratta di valutare

dim (ker (M2 - A))


,, equivalentemente,

ì])-
~ immediato rendersi conto del fatto che tale matrice ha rango 1 e quindi La
r1olteplicità geometrica di >.è pari ad 1. Pertanto la forma di Jordan di A è

J- o À1]_
_ [À -
[-io -i!1].
8.9. MODELLI INGRESSO/USCITA E MODELLI DI STATO 270

Ciò ci assicura che i modi associati a À siano

t E R.

Per ll. < O abbiamo due radici complesse coniugate,

.. R±j~
(j ± JW = - 2L 2Vw - V'
e quindi i due modi sin'lsoidali modulati esponenzialmente

e~1 cos(wt), e~t sin(wt), t E R.

Per quanto concerne la stabilità interna ed esterna del sistema, è immediato


rendersi conto del fatto che il polinomio caratteristico .ò.A(s) determinato al punto
precedente ha tutti i coefficienti positivi. Pertanto, per la regola dei segni di
Cartesio, esso ha tutte le radici nel semipiano sinistro aperto. Ciò assicura la
stabilità asintotica del modello di stato e quindi, banalmente, la stabilità BIBO,
indipendentemente dai valori (non nulli) assunti dai tre parametri.

8.9 Relazione tra modelli ingresso/uscita e modelli di


stato
Consideriamo un sistema LTI SISO la cui dinamica sia descritta da una equazione
differenziale ordinaria, lineare e a coefficienti costanti, di ordine n:

~ a· cPv(_t)= ~ b· cPu\t) (8.27)


!--,
i=O ' dti !--,
i=O ' dt' '

Assumiamo, senza perdita di generalità, che an = 1 e, per semplicità, che m = O,


cioè che nell'equazione differenziale non compaiano derivate dell'ingresso, otte-
nendo in tal modo:

d1'v(t) n-l cPv(t)


a.in+ ~ai -;fii =bo u(t), tER+· (8.28)
i=O

Per riscrivere l'equazione (8.28) sotto forma di modello di stato è sufficiente in-
trodurre le funzioni
. 1 d'- 1v(t)
Xi(t) = bo dti-l I i = 1, ... , n.
280 CAPITOLO 8. MODELLI DI STATO A TEMPO CONTINUO

Il modello del primo ordine è quindi il seguente:


d-:,;1(t)
dt == x2(t),
d-:,;2(t)
dt xa(t),

(8.29)
d:r.,-1(t}
dt = Xn(t),

dxàt(t) ai x,+1(t) + u(t),


= - Ef::""a1
v(t) = box1(t}, t Eli+,
che può anche essere riscritto in forma matriciale come segue:
dx(t)
dt
= Ax(t) + Bu(t),
v(t) - Cx(t), t E lR+,

dove
x(t) = [x1(t) ... Xn(t)f,
la matrice A, di dimensioni n x n, e i vettori Be C, di dimensioni n x 1 e 1 x n,
sono, rispettivamente, dati da:

o 1 o o
o o 1 o o
A = B=
o o
1 o
-ao -ai -a2 ... ... -an-1 1
e = [ bo o o o ].
Nel caso più generale, in cui disponiamo <li 1m generico sistema LTI cause.le
la cui dinamica è descritta da una equazione differenziale ordinaria, lineare e a
coefficienti costanti, di ordine n del tipo:

d"v(t) ~ a· div(t) _ ~ b· tfu(t) (8.30)


dt,n +~'
1=0
dti -~
i=O
i dti,

(#,"non necessariamente diverso da O},è ancora possibile ot.tenere una rappresen-


ttLzionedi stato. In questo caso, però, l'espressione delle vurinhili cli st.ato diventa
8.9. MODELLI INGRESSO/USCITA E MODELLI DI STATO 2N1

più complessa perché deve coinvolgei-e oltre alle derivate delle uscite anche11
derivate degli ingresei. Non vogliamo entrare nel dettaglio del procedimento, tut•
tavia vogliamo presentare il· modello di stato a cui si può sempre pervenire nel
caso generale, in cui i coefficienti bi, i = 1, 2, ... , n, siano potenzialmente non
nulli. Si ottiene, in t.al caso, un modello del tipo
dx(t)
dt = Ax(t) + Bu(t),
v(t) = Cx(t) + Du(t),
o 1 o o
o o 1 o o
A= B=
o o
1 o
-ao -a1 -a2 ... ... -o.n-1 1
mentre

C [ bo - aobn b1 - a1bn
D = [bn] E JR.
Si noti che il modello ingresso/uscita e il modello di stato così determinato
hanno la medesima funzione di trasferimento e, inoltre, detto d(s) il polinomio
che compare nell'equazione caratteristica associata al modello ingresso/uscita,
esso coincide con il polinomio caratteristico del modello di stato ora determinato,
LlA(s).
La soluzione del :;noblema inverso a quello or ora descritto, ovvero il passaggio
da un modello di stato SISO ad un modello ingresso/uscita dotato della medesima
funzione di trasferimento, è pressocchè immediata. Se (A, B, C, D) è la quaterna
di matrici descrittive il sistema e poniamo
n-1
LlA(s) sn + L aii
i=O
n
Cadj(sln-A)B+D·LlA(s) = L'.bisi,
i=O
è immediato rendersi conto che il modello ingresso/uscita

d"v(t) ~ a· div(t) _ ~ b· diu(t)


dtn +~ I dti - ~ i dti ' t E lR+,
i=O 1=0

forniHcela l'i1:1p0Hta
desiderata.
82 CAPITOLO 8. MODELLI DI STATO A 'I'EMPO CONTINUO

1.10 Sistemi a segnali campionati


lel Capitolo 5 abbiamo parlato, in tutta generalità, del problema del campiona-
1ento. Vogliamo ora vedere cosa succede quando un modello di stato a tempo
Jntinuo viene alimentato da segnali costanti a tratti, quali emergono, ad esempio,
a un campionamento a tenuta {"sample and hold"), con periodo di campiona-
1ento T, di un segnale a tempo continuo. In tale eventualità, eventualità che si
:}rificadi norma quando abbiamo a che fa.re con un sistema a tempo continuo
1 cui agisce un sistema di controllo esterno a tempo discreto (tipicamente un
rocessore), è frequente che anche il segnale di stato e quello di uscita vengano
relevati (ovvero misurati) dal sistema di controllo esterno solo negli istanti del
po kT. Pertanto ha senso valuta.re sia l'evoluzione dello stato che l'evoluzione
rill'uscita solo in corrispondenza agli istanti discreti kT. Come è facile intuire, la
inamica di tale sistema può essere descritta efficacemente, ai fini dell'impiego del
1odello, mediante un modello di stato a tempo discreto "equivalente", nel senso
m agli istanti del tipo kT, k E Z+, fornisce la medesima informazione fornita
ttl modello di stato a tempo continuo di partenza.
Consideriamo il solito modello di stato a tempo continuo
dx(t)
dt
= Ax(t) + Bu(t),
v(t) Cx(t) + Du(t),
supponiamo che il sistema, che parte all'istante t = Oda un'arbitraria condizione
1iziale,venga alimentato da un segnale di ingresso costante a tratti, ovvero
u(t) = u(kT), kT $_ t < kT + T,
un fissato periodo. Se siamo interessati a valutare sia l'evoluzione dello stato
1e l'evoluzione dell'uscita solo in corrispondenza agli istanti discreti kT, la di-
tmica di questo sistema linea.re e tempo invariante a tempo continuo può es-
:re descritta, negli istanti di interesse, da un modello (a sua volta lineare e
:mpo invariante) a tempo discreto. Sfruttando, infatti, l'espressione dello stato
generico istante (k + l)T e assumendo come istante iniziale lo stato al tempo
r, otteniamo
x((k + l)T) = eAT
x(kT) + l
lcT
(lc+l)T
eA((k+l)T-r) Bu(kT)dr,

v(kT) = Cx(kT) + Du(kT),


,vero, attraverso un cambio di variabili,

x((k + l)T) = eAT eA(T-r) BdT)


x(kT) + (foT u(kT),

v(kT) = Cx(kT) + Du(kT).


8.10. SISTEMI A SEGNALI CAMPIONATI :um
Posto allora, con un leggero abuso di notazione, u(k) ==u(kT), v(k) ==v(/cT),x(k)
==x(kT) e
A-· =e AT '

otteniamo per la descrizione del sistema negli istanti kT il seguente modello di


stato a tempo discreto:

x(k + 1) = Ax(k) + .Bu(k),


v(k) = Cx(k) + Du(k), k E Z+.
284 CAPITOLO 8. MODELLI DI STATO A TEMPO CONTI.NUO

8.11 Esercizi di riepilogo


Esercizio 8.1 Consideriamo il seguente circuito elettrico.

+
u(t) I
1----o+
e v(t)

i) Si determini un modello di stato per la descrizione di questo circuito, avente


la tensione imposta dal generatore di tensione come ingresso e la tensione
ai capi del condensatore come uscita.
ii) Si analizzi la stabilità interna e la stabilità BIBO del sistema.
iii) Supponendo L = 10- 3 H, C = 10- 5 F e R1 = R2 = R, e supponendo che a
partire dall'istante t = O il generatore imponga tensione nulla ai morsetti,
si determini per q1.1alivalori del parametro R l'evoluzione libera dell'uscita
è tale per cui dopo 0.01 s la tensione v(0.01) è sempre minore o uguale a
e- 10v{O).
iv) Per i valori di Le C prima assegnati e assumendo R1 = 4 ne R2 RJ O !l, si
determini la risposta impulsiva del sistema.

Esercizio 8.2 Si consideri il sistema a tempo continuo descritto, in evolu2ione


libera, dalla seguente equazione:

dx(t) =A () t E IR+,
dt X t,
dove

n
2
A-rn 1
4
i) Si determinino i modi elementari del sistema e se ne determini il carattere
(convergente/limitato/ non limitato};
8.11. ESERCIZI DI RIEPILOGO

ii) si determini l'evoluzione libera del sistema a partire da ciascuna delleaeguentl


condizioni iniziali:

- x(O) = [2 -1 lf;
- x(O) = [1 1 2 f ;
- x(O) = [1 O Of .

Esercizio 8.3 Si consideri il sistema a tempo continuo descritto dalla seguente


equazione:
dx(t)
~ = Ax(t) + 8u(t), t E R+,
dove
o 1
A= [O O e
O -1
i) Si determini la forma di Jordan della matrice A, i modi elementari del
sistema e il loro carattere (convergente/limitato/non limitato);

ii) si determini l'evoluzione forzata dello stato del sistema in corrispondenza


al segnale di ingresso

Esercizio 8.4 Si consideri il sistema a tempo continuo costituito da un carrellino


di massa m in movimento per effetto di una forza di trazione u(t)

u(t) ,
m I

() x(t)I C)

i) Si determini un modello di stato per la descrizione di questo sistema, avente


la forza esterna come ingresso e la posizione del carrellino come uscita [si
indichi con kt il coefficiente di attrito viscoso).

ii) Si analizzi la stabilità interna e la stabilità BIBO del sistema.

iii) Si determini la risposta impulsiva del sistema.


286 CAPITOLO B. MODELLI DI STATO A TEMPO CONTINUO

iv) Si determini per quali valori dei parametri me k1 è sempre possibile assicu-
rare che, detto t = Ol'istante in cui la forza di trazione esterna si annulla, la
velocità al tempo t = 10 s è non superiore al 10 % della velocità all'istante
t =0.

Esercizio 8.5 Si consideri il sistema a tempo continuo

d:;t)= [~ ~]x(t) + [ !1] u(t),


v(t) = [l O]x(t), tER+.

i) Si determini la trasformata di Laplace V(s) = .C[v(t)]del segnale di uscita


11(t),in corrispondenza alle seguenti condizioni:

- x(O) = [l of e u(t) = e-t, t E R+;


-x(O)=[O oteu(t)=t+e- 2t,tER+.

ii) Si determini, attraverso l'uso delle trasformate di Laplace, il segnale di


ingresso corrispondente al segnale di uscita, in evoluzione forzata, v(t) =
tet, t E R+.

Esercizio 8.6 Si consideri il sistema a tempo continuo costituito da una coppia


di carrellini di massa m1 e m2, rispettivamente, in movimento per effetto di una
forza di trazione u(t) e legati tra loro da una molla con costante elastica k.

I
[J
m1

I [J
M[J m2

I
I
[J
u(t) I

x1(t) x2(t)

i) Si determini un modello di stato per la descrizione di questo sistema, avente


la forza esterna come ingresso e Laposizione del primo carrellino come uscita
[si indichi con kt il coefficiente di attrito viscoso].

ii) Si studi la sola stabilità asintotica del sistema.

iii) Ipotizzando assenza.di attrito, ovvero k1 = O, si studi la stabilità asintotica


e semplice del sistema.
8.11. ESERCIZI DI RIEPILOGO :ut7

Esercizio 8. 7 Consideriamo il sistema idraulico di figura, che consi11teql •r•


serbatoi e due po:m.pe. I serbatoi sono tutti identici tra loro ed hanno una portata
d'uscita :proporzionale al volume d'~qua contenuto. Le due pompe servono l'u1111
per alimentare il se::batoio in ~lto (serbatoio 1) e l'altra per trasferire acqqa dal
serbatoio 2 al serbatoio 3.

t •1(t)

i) Si determini un modello di stato per ia descrizione di questo sistema, avente


c01ne ingressi l'alimentazio:Q.e fornita dalle due pompe e la quantita d'acqua
complessivamente presente nel sistema coIIJe uscita.

ii) Si studi la stabilità del sistema.

iii) Si determini la funzione di trasferime11to del sistema.

Esercizio 8.8 Si consideri il seguente circuito RC comimdato in corrente .

....---------.----,----o+

+
u(t) - R v(t)
e
88 CAPITOLO 8. MODELLI DI STATO A 'fEMPO CONTINUO

i) Si determini il modello ingresso/uscita del sistema.

ii) Si determini l'evoluzione libera (a partire da condizioni iniziali generiche) e


la risposta impulsiva del sistema.

iii) Si descriva la dinamica del sistema in termini di tra.sformate di Laplace.

iv) Si determini la risposta del sistema in corrispondenza ai seguenti segnali di


ingresso:

- u(t) = sin(wt);
- u(t) = sin{wt)(L1(t);
- u(t) = L1(t);
- u(t) =t 6-1 (t).

v) Si determini un modello di stato di dimensione 2 per tale sistema.

vi) Si discuta la stabilità interna e la stabilità. BIBO del modello di stato de-
terminato al punto precedente.

sercizio 8.9 Si considerino due automobili in movimento lungo una traiettoria


ttilinea, la prima delle quali ha montata sopra un'antenna radar. Siano m1 e
,2 le masse delle due auto, 11il coefficiente di attrito, x1(t) e x2(t) le posizioni
ille due auto al tempo t. Indichiamo con u1 (t) e u2(t) le forze motrici applicate,
3pettivamente, alla prima ed alla seconda auto. Si supponga che l'antenna radar
:i. in grado di misurare la distanza reciproca delle due vetture e tale distanza
.ppresenti l'uscita v(t) del sistema.

i) Si fornisca un modello di stato che descriva la dinamica del precedente


sistema dinamico.
8.11. ESERCIZI DI RIEPILOGO 2HI)

ii) Supponendo che la prima automobile stia inseguendo le. seconda e voglia
mantenere invariata la distanza reciproca ad un valore fissato d", la forza
motrice applicata alla prima automobile viene assunta funzione lineare dello
scostamento della distanza effettiva delle due automobili da quella deside-
rata, ovvero
u1(t) = k(v(t) - d*),
con k costante reale positiva. .Questa legge di controllo rappresenta un
particolare tipo di "controllo in retroazione" . Si determinino le equazioni
descrittive del nuovo modello di stato evidenziandone ingressi ed uscite.

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