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L , .- . } UNIVERSITÀDEGLISTUDIDI LECCE
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Dip.to di Ingegneria• Biblio~ca
Buonodi carico n..~-:7""'0.....,.~..,._i
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Inventarion.,-;-,_~2 2
7 -5:-"~'--::-----
Data l I é¼oS
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flr'lfl<,11,W
Indice
~ Segnali e successioni 5
1.1 Segnali, successioni e sistemi . . . . . 5
1.2 Segnali elementari a tempo continuo 8
1.3 Segnali elementari a tempo discreto . 17
1.4 Segnali di energia e di potenza 20
1.5 Esercizi di riepilogo ... 25
La trasformata di Laplace 71
3.1 La trasformata di Laplace unilatera . 71
3.2 Esempi di trasformate notevoli . . . 75
3.3 Sistemi LTI causali: analisi in s ... 78
3.4 L'antitrasformata di Laplace unilatera 83
3.5 Trasformata.di La.piacebilatera 87
INDICI~
·x
7.9 Esercizi di riepilogo . . . . . . . . . . . . . . . . . 251
Segnali e ~uccessioni
~Distingueremo tra Z+, l'insicmu dogli interi non negativi {0,1,2, ... }, e N, l'insieme del
IIUlll<!ri IIILturali {I, 2, :i, . , . } .
5
(j CAPITOLO 1. SEGNALI J..;succ1,;s,'-HONI
Dal punto di vista del codominio, invece, distinguiamo tra segnali scalari e
segnali vettoriali (o multivariabili) a seconda che essi assumano, in ogni punto
del dominio, valori scalari oppure vettoriali 3 • Distinguiamo inoltre tra
:,N,,I N1•1,111U.11
I H111,11111II, 1•ssi Hcnlnri o vettoriali. verranno indicati con una lettera minu-
Hln.1111
H1'11ln.
I. I. SlmNAU, Sl/CCl~SSIONI ~ SIS'l'l•JMI 7
t E R,
con A e w reali positivi, (J' e rj, numeri reali. I segnali di questo tipo vengono
nuche detti pseudo-periodici. Per i segnali sinusoidali modulati esponenzialmente
4 Nul libro faremo riferimento preferenziale al segnale coseno, ovvio risultando il modo di
11Hpri111cre
una funzione Kcno in torinini di una funzione cOlleno di opportuna fo.se inizial<i.
lii CAPITOLO 1. SEGNALJ 1,;sue!(!J,;,i;,r,J()NJ
ei8 + e-i8
cosB= 2 ,
t E JR.
A-rrC;to).
Con il simbolo A(t) indichiamo, invece, l'impulso triangolare di ampiezza e
area unitarie, i.e.
o, t < -1,
A(t) =={ 1 - \t\, -1$t$1,
o, t > 1.
N11ll0 Ht.udio dei segnali a tempo continuo, un ruolo molto importante viene
,i;l11cnt.111lnl crn1icket.tc,1~~,!11S?, i4,e~~..,,.1WJ,1.~r..ic,j_a_,,1_IYP.-H1.~?"~LP~.s;,l~_,
che
r11.ppn•H1ml.11, 1111 Hl'gmilc ca.rwmco fondamentale. Come vedremo, un seghale
n J!.!.ll.lW.'m11t.i11110 può rn,;sere approssimato mediante impulsi e la conoscenza
,-l11ll1L
l'iHpoHl,;I,ili IIHcit,ndi 1111sistema a tempo continuo, q~°indo viene sollecitato
clnll'li11p11IH0 iu ing1·eHso,è fondamentale ai fini della determinazione sia
1111it.111'io
clol 111ocl11ll0 d111clol comportamento del sistema.
/,2, SEGNALI ELEMENTAW A TEMPO CONTINUO 11
L'imr~.l!ìO..UllJtari.Q.1120._~!!_~!l.--~~~ig~~-
~f;lhenso.~sico..del.tm;_mine ber!§À.,JJILa...---
c/ii;tribuzionfl. Da un punto di vista intuitivo, lo si può pensare come il "limite"
di una successione di funzioni del tipo
n _l n < t< 1
- n,
n t 2' -
fn(t) = 2 . II C/n)= {
O,
altrove,
nEN,
roo
q',E C;.'°(IR)__,. }_ 00 v(t),j,(t! dt.
In altri termini, ad ogni segnale localmente sommabile è possibile associare una distribuzione e
lalc distribuzione viene detta regola.re. In taJ senso la classe delle distribuzioni può essere vistu.
come una generalizzazione della classe delle funzioni localmente sommabili, una volta evidenziato
il fatto che funzioni localmente sommabili che differiscano al più su un insieme di misura nulla
(i..econdo Lebesgue) definiscono la stessa distribuzione regolare.
Le distribuzioni che non sono regola.risono dette singolari e l'impulso di Dira.c ne rappresenta
un esempio.
6 Nel seguito indicheremo con i simboli (a,b) e [a,b] rispettivamente l'intervallo aperto e
l'intervallo chiuso di estremi a e b. Conformemente, (a, bi e Ja, b) indicheranno, rispettivumento,
l'intervallo di estremi a. e b aperto inferiorment.e e chiuso superiormente e viceversa. Amilogho
conMiderazioni valgono noi c11Hodi intnrvalli illimitati.
12 CAPITOLO 1. SEGNALI E SUCJCBSSIONI
/4
I
I
I
I
'3 I
I
I
I
I
I
r
h 1 I
I
I
I
I
I
I
I
I
I
I
I
I I
1 1 1
-1 43 2 1 t
Figura 1.1: Andamento delle funzioni fn(t), n F N.
'Iì·a le proprietà di cui gode l'impulso, una delle più significative è il fatto che
pur ogni funzione v e per ogni to E JRin cui la v risulti continua, 9i ha
v(to) 1 +00
= _00v(r)d"(r - to)dr,
v(to)
roo
= l-oo v(r)o(to - r)dr.
.,,(t.)= !-~
+~
v(r)d"(r - t)dr = 1+00
_ v(r)o(t
00
- r)dr, t E JR,
6-1(t)={l, t~O,
o, t < o.
Funzione gradino e impulso ideale unitario possono essere messe in relazione tra
di loro mediante la seguente identità (valida per ogni t E R, t # O):
/,:::;,.--·- -------<::-----
t rl , .~ --·------·•
: tL1(t) =
\...._
j -oc
o(-r)d-r,;
-.- ---- ------ ___,.___- .
Per tale ragione, l'impulso unitario viene talora indicato con il simbolo o0 (t).
Va sottolineato che la funzione gradino, essendo costante a tratti è una fun-
zione continua quasi ovunque su R, per tale ragione avrebbe senso considerarne
anche una derivata in senso tradizionale (ovvero interpretando il gradino come
semplice funzione), derivata che è definita in ogni punto di R (dove vale O) ad
eccezione dell'origine. Nel seguito, tuttavia, quando faremo uso della derivata del
', gradino, la interpreteremo sempre nel senso delle distribuzioni prima descritto. In
particolare, se '!I è una funzione continua e derivabile, allora il segnale v(t)1L1(t)
ammette derivata (nel senso delle distribuzioni) ed essa vale:
L2(t) =={ t, t ~ o,
o, t < o.
La rampa può essere messa a sua volta in relazione con il gradino e con l'impulso
unitario. Si trova, infatti,
o, oquivalentemente,
Questi segnali canonici trovano una loro generalizzazione nei cosiddetti se-
gnali polinomiali, definiti, per ogni k E N, come
tk-1
{
6-k(t) == (k - 1)!, t ~ o,
o, t < o.
Anche in questo caso il segnale polinomiale 6-k(t) può essere interpretato come
la derivata del segnale 5-(k+l)(t) o come l'integrale del segnale °-(k-l)(t).
1l11ll'h11p11IH0
di Dirac come limite di una successione. Consideriamo la seguente
(!!iveda la Figura 1.2):
11111111t1NNl011u
1
o, t< --n'
1
w 11(t) =n · A c;n)
=
--n- < t < o'
1
o, t > -.
-n
i•:h11111l'cli1tto
rnndersi conto, anche in questo caso, che l'integrale di una qua.l-
1'11m~l111111
11111111 (t) è
·111,. unitario e che il limite della successione delle wn(t) è proprio
1'111111111,m
cli IJirn.c. C011siclc!ria.mo
1 orn, la succes8iom~delle derivate di tnli f1111-
n2
dwn(t)
dt
1
n
_! t
n
-n2
c(k} , { 1, k = O,
= O, k E .Z\ {O}.
NI 11111.lche l'impulso di Kronecker è una successione pari dal momento che
~( A,)= 6(k), \;/ k E .Z. L'impulso discreto di ampiezza A centrato all'istante
I e: Z l, A · 6(k - i).
A11choi segnali a tempo discreto possono essere rappresentati come combi-
llllMlrnm di impulsi a tempo discreto. In questo caso la rappresentazione è banale.
N11l11fut.t.iabbiamo una successione v = {v(k)hez, allora
+oo
v(k) = L v(i)6(i - k), k E .Z,
i=-oo
u, 111'1•111,t,indo
il fatto che o(k) è una successione pari, vale pure
+oo
v(k} = L v(i)6(k - i), k E .Z.
i=-oo
v(k)
k
-4 -3 -2 -1 O 1 2 3 4
v(-l)o(k + 1)
A:
-4 -3 -2 -I Cl 2 3 4
18 CAPITOLO 1. SEGNALI 1'JSUCCESSIONI
v(0)5(k)
k
-4 -3 -2 -1 O 1 2 3 4
v(2)é(k-2)
-4 -3 -2 -1 O 1 2 3 4
Figura 1.4: Esempio di decomposizione di una successione.
0-1(k) =={ 1, k ~ o,
o, k <0.
Banalmente, gradino unitario discreto e impulso unitario discreto sono legati tra
loro dalla relazione
k
o-1(k) = L o(i).
i=-oo
0-2(k) =={ k, k ~ o,
O, k <O.
/.:I. 8/mNAU ELEMENTAW A TEMPO DISC/l.ETO 10
lln111p1t11nit,tu·i11.
e gradino unitario sono legati dalla seguente relazione:
k-1 k-1 i
L2(k) = L 1L1(i) = L E 8(j).
i=-oo i=-oo j=-oo
Not.1,uno come le relazioni tra impulso, gradino e rampa unitari siano espresse nel
1°11111.rn,t.o
continuo mediante integrali e nel caso discreto mediante sommatorie.
Vnlo inoltre la pena di sottolineare che, ad eccezione dell'impulso unitario
ilhinnt.o, che rappresenta la controparte discreta di un segnale a tempo continuo
hLc:111tmtura matematica è assolutamente peculiare, gli altri due tipi di segnali,
11.rndl110e rampa, possono essere naturalmente pensati come le versioni campio-
cou periodo unitario degli analoghi segnali a tempo continuo. Infatti, il
11111.,,
11,mcll110unitario discreto e la rampa unitaria discreta sono segnali definiti in Z e
punto k e.i Z assumono lo stesso valore che in quel punto assume l'analogo
111111-111i
"''KIIILlci
continuo.
l ,cisuccessioni esponenziali sono segnali a tempo discreto definiti nel seguen-
1,1!t nodo:
k E Z,
dovo A è un numero reale positivo, IPè un numero reale, mentre À è un numero
Se rappresentiamo À in modulo e fase, ovvero nella forma À = pei 8 ,
1111111pleHHO.
dovop rnppresenta il modulo (o ampiezza) di>., nel seguito indicato con il simbolo
l,\I,mentre() ne è la fase (o argomento), indicato con il simbolo arg(>.), allora
,,(k) >.k = Ae11'p"ef
= AeJ<f> 8 k = Ap" (cos(0k +IP)+ j sin(0k + 4>)), k E Z.
k E Z,
1l11vc1111/I rnppresenta il logaritmo naturale (o neperiano) del numero reale positivo
,,, Hoµ;1111che la :,mcccssione esponenziale discreta v(k) =
Aeill'>>.k,k E Z, può essere
vhil,a mmo la. ve:-sione campionata (con periodo di campionamento unitario) del
rn,poncnziale continuo v(t) = Aeill'>e1•t,
,u,11,1111.ln conµ= In p + _jf}E C.
t E JR!.,
l,p Rnccessioni sinusoidali sono descritte, in tutta generalità, d1tll'esp1·es-
11l11111'
v(A:) c,c·. A coH(fJk+ r/>), k E Z,
20 CAPITOLO 1. SEGNALI E SUCCESSIONI
(1.1)
Il
I,11 tllcit.ura "potenza media" tiene conto del fatto che P11 è, in effetti, il valor
<li lv(t)1 2
1111111111 sull'intero asse dei tempi. A tal riguardo è opportuno osservare
Il
111111 vnlor medio di un segnale u(t), t E R, nell'intervallo {-T, T] è definito come
1
2T
lTu(t) dt.
-T (1.3)
Cl
1 1.to+To 2
'Pv = ,r, lv(t)I dt, (1.6)
.LO to
(1.7)
v 2 (t)
Pv,R(t) = R Watt (W).
Pertanto, se v(t) è periodica di periodo To, la potenza media dissipata per effetto
,Joule sul resistore R è
I 1.to+To
'Pv,R= T, Pv,R(t) dt. (1.8)
O to
1l11v,,
lt11(z) rappresenta la parte reale del numero complesso z e la grandezza
I',,,,,,,,
i, j = 1, 2, i=/:j, definita per segnali a tempo continuo come
=1
+00 -
Ev,,VJ Vi(t) Vj(t) dt
-oo
11 111•1·
Hlll(llltlia tempo discreto come
+oo
Ev;,Vj == L Vi(k) Vj(k),
k=-oo
li 1•0111ll1.irn1u
:mfficiente perché l'energia del segnale somma sia la somma delle
1•111•1·µ,l11
cloi due Hegnali.
l.11H1111111111.
di due o più segnali di potenza non è necessariamente un segnale
,Il pol.1111:,,n,n, qualora lo sia, la potenza della somma non è detto coincida con
In 11rn1111m dolio 1>otenze. Anche in questo caso è infatti necessario tener conto
1li1ll'll1t,c•1·11.~io11ti
sm1sistente tra le varie componenti. Per fissm·e le idee sia v =
1•1 I ,,~ 11 1-111pp<mi1tmoche t11, v2 e v siano tutti segnali di potenza. Definiamo
IILpotenza mutua t,rn vi e ·v1 , i, j
1111111,n• =
1, 2, i=/:j, come il limite (se <lHil'll,n)
--'/'
--
Vt(t) v1(t) dt
24 CAPITOLO 1. SEGNALI E SUCCESSIONI
Il) la media mensile delle temperature massime giornaliere nel 2002 in una
preassegnata località.;
vi) Il campo elettrico di un 1onda piana che si propaga nello spazio libero.
2, -3 $ k $ 3,
ii) v(k) ={ 5, 12 $ k $ 18,
O, altrove.
Esercizio 1.8 Si calcolino energia e potenza dei seguenti segnali definiti su JR:
i)
vi(t)={l, -½+2k::;t:=;½+2k, kEZ,
O, altrove.
l,fl, l•,'SJ,;Jl.CIZI
DI RIEPILOGO 27
Il)
1. -½+ 2k :$ t $ 2k, k E Z,
v2(t) = { -1, 2k <t $ ½+ 2k, k E Z,
O, altrove.
lii) v(I.) = v1(t) + v2(t).
Capitolo 2
u(t) v(t)
Sistema a tempo continuo
ingresso uscita
W, È importante sottolineare che lo studio della dinamica del sistema viene con-
ilul.l,o ipotizzando come intervallo di osservazione o l'intero asse dei tempi :i·
11p1mre iina·seiiifretti-mpo [to~-+oo).Questa ~-;onda ipotesi viene adottata
11111u1do, ~dpe~~~~I)k.rufil:mfàM.!i ..m..ç.ui..
il sistema in~~ a !!_~_e le sol-,
l1•dl.nzioniaarrrambiente esterno, noi sia.mo interessati a descriverne la dinamiç1
1111111IL partire.da Ull.determinafo ~~~l~j_o.ni:.
·
t~--~pp~~;-q~-ando·ie·
"ist~tiiµ}i)if;:~
eIl fuu~jonfi.merito,"e'"quincff il modello descrittivo', "del sistema fisico cambiano e
. ·-' ". -....... - - ---
.......·--·-----·-. .·- -···----·-···---....
' . .........
29
:m CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CONTINUO
liii 11INl,111111L
ilinnmico n. tempo continuo viene detto tempo-invariante He
JJ~luuc.ucl .le;).!XU2Q..Y~le
caus~_p-~yoca la m~~imatraslazione nel tem.l?il
lf11U.I.Pli'apreciHamentc, supponiamo che il sistema risponda all'ingresso
· 11111111iii:f1~,;-
'Il, Diciamo che il sistema è tempo-invariante (ricordando, però,
liift,-•l111\v.l11111i
f1Ll,t11
prima sulla Hituazione in cui ci siano altre cause agenti ~ml
tllll,11111
1 nll'ingl'Csso u)
1111.rci se per ogni coppia ingresso/uscita (U,,v) e per ogni
f • M,In rlHpo~l;ndel Histema all'ingl'esso u.,.u, definito per ogni t E JR come
I"'lfl(t) .!. u.(/.- r), è r,-rv.
lii l,111'111l11i
colloquiali, possiamo dire che la tempo-invarianza di un sistema è
11ttr11111·l11I,,\
dol sistema di soggiacere a leggi fisiche che non variano nel tempo e,
111
tlflllNtt1,t111
111:1.,t,
cli poter essere descritto da un modello i cui parametri descrittivi
111111
111u11hliL110 11oltempo.
l,lttetlll'll,he, Tompo-lnvarianza:
1111
NINl,1111m
che sia al contempo liµe~E!. e tempo-invariante viene chiama~Q,_,
111il1111T,TI,.Per· lo studio di questi siste~i soiio ·a-"èiisposizione··alcuni stru-
ttt111U
llNl,1•1111mmcmtepotenti che altrimenti non pot.rP.mmo impiegare. In partico-
la,111111 tra.sformate_di Fourier e_di. Laplac~_p__e.r
lo, IILpos8ibili~ dL.r~~9rrere_alle __ ..
liit11111h•IIIHl,ic:u
e l'analisi di questi sistemi permette di passare da una descrizione
1h,tl11 <lei ~istema
1l1tm111ic,1 in termini di èquazfoòramererizfuJI (li~eai.-ie a coer-
'·ft,,111111.1 ad una descrizione di tipo algebrico. Ciò permette, inoltre, di
1~11Hl,n11H;
U'IMhtl'l'II
1110lt,i
problemi che risultano compléssi'iiel'dominio del tempo in semplici
j1ft1hh1111l
11.lµ;d>rici
nel dominio de_l~~J:r:.a.sfqç_ro.l}t!l
...._ ..
e1111111111111.1a:
HIH_l:~~~~~~i~~o causale o n~..!~!Jlil.!9rict§.!l
~11.1, qgui ca;,usanon vieno
111111 <la.lcorri§p'Qi:ù5,tee:lrijfa. In altre parole, un sistema è causale HIJ
111·,wrnlut,IL
j!llt 11g11i t l'uscita del si~!...~!!~E.9
·iHi.i·u~t'..c •.L~...
!!!!!!P.en~~~d_~l'evoluz~_
11111 in ingresso negli istanti successivi a t. Questa definizione permette di
,.,,11,111t.ll!
Nil11111l11rc,il 1:onceì'fo'drcàusàlità.an~he ~ ~istemi per i quali oltre all'ingresso si
l.111wrconto, tra 1e cause agenti, anche dell'esistenza
1h1"1111. di condizioni iniiiuli
111111 nulle.
11111'l'HH11.riamente
1·,:ll11p1>rl.11,11tc
evidenziare che nel testo, salvo esplicita indicazione cont.rnrin,
111•111ulc•rmno in esame la dinamica di un sistema nell'intervallo [to,+oo)
uc•ll'uvcntualità in cui esso sia causale.
1111l11
N,,I H11µ;11it,o
riprenderemo in esame, nel dettaglio, la proprietà di cam1aliti\ u
h1N1111c11.rn.t.1.ciri~:u1.zioni.
CAPITOLO 2. SISTEMI A 'I'BMPO CONTINUO
Stabilità:
il concetto di stabilità, in senso lato, è piuttosto intuitivo: pensiamo ad un
mercato finanziario come ad un "mercato stabile" se piccole variazioni nella do-
manda o nell'offerta di certi titoli non innescano delle variazioni incontrollate
nelle quotazioni degli stessi titoli. Pensiamo ad un ecosistema lagunare come ad
un "ecosistema stabile" se una piccola riduzione di una delle specie componenti
( ad esempio pe: una moria o per un incremento del pescato di quella specie)
non provoca una significativa alterazione dei rapporti tra le varie specie presenti.
In altre parole, un sistema viene consideraJ1Lstabile.1_s~,_una volta assestatosi._
i ...-'.~~ituazione
in t1nll-
~-~~st~!n.:~
..dLequilihr.id.~.,..picG9l.!l
:er.~.<!.uco.no..piccol~
.._~_t~r.!o~.!Q~Ldelle
..a.lteraziooi.de.gll.~Jf~tti. ~.rJ,
cause che agiscono St!L
..~Y!".P:~1!.~..!!,lent~~~~~~~ ·-_
eh~
. --
tend.ono .a.d.a.n.nuV.w.~1
.. con - l'andare del tempo.
'---.. ........_,_.... ---~--·····--·····-···
·•·'·"''·""'""
·
Sebbene l'idea soggiacente alla nozione di stabilità sia pressocchè unica, la
formalizzazione matematica di questo concetto porta a diverse definizioni di sta-
bilità. Ci concentreremo, in particolare, sul concetto di stabilità ester~~J~~~'.".
bilità fil.Jl{), dall'inglese bounded input/bounded output) di. Wl,. si~.t~mp,.,I,'J'I,
con ciò intendendo la proprietà del sistema nello stato di ripÒ~o, nell'eventualità
in cui il dominio. ..tempg_s_11;t.1:!n.~ ...semire.tta d~l tip<>[io,+oo) e il sistema sia
causale) di rispondere -~~.P~-s~n uscite lim!t!l:_1:.,(:!_&in~~~~-~~l~~!!~B.:. In.te~~
mini matematici, tale proprietà trova la seguente formalizzazione nel caso in cui
l'intervallo di osservazione sia IR:per ogni segnale di ingresso u, la condizione
assicura
3 Mv> O tale che lv(t)j < M.v., V t E [to,+oo).
Vogliamo sottolineare che, al momento, il concetto di "condizioni iniziali nulle" è
ancora vago e lasciato più all'intuizione che ad una definizione precisa. Una volta
introdotti i modelli matematici che prenderemo in esame, saremo in grado di daxe
alle immmenziormte condizioni iniziali un'esatta formulazione matematica.
J ') 1\/()/Jl,;UO IN TERMINI DI l~QllA½JONJ IJJF'FERENZIALI K
A Uu.uc_:11 clclla nozione di stabilità BIBO, è possibile introdurre ..P..er ...sistemi.
1,1'1l'IIIIHll,li, ;·;H~;,~~;i;-;Jf·~;iizontè-fémporale [to,+oo)~aiiclù:dlcÒ~~etto di sta-
hllll,hIIHlntotica, che fa riferìment~·: ~JCOtnportament°o. clef"sistem.a'Jiiii.~~Z~--
111m1llrn:lt,11.~10.11L.eite.mi.::PTu-precisamente un tal sistema è asintoticamente sta-
1,11,,
,11,,111/IHHC!lZR di sollecitazfoni_ ÌI1.fngresso fo_[to,+·oo) (u(t) = Ù per t 2:::t~)
11111'1111/;lli Hcelt'a delle Condizioni iniziali, l'evoÌu~ione d'uscita CODVerge·a zero
11111111,
1l.lc·1t1111mte, ovve~IJ
lim v(t) = O.
t->+oo
111111
,1t,fl11i:1.ione
analoga verrà 1:ntrodottà, nel seg~ito, per i modelli di stato e
1111
n11l11rri\vincoli di convergenza asintotica sull'evoluzione delle variabili di stato
lt1v,,,,,,
du: ilella variabile di uscita.
L dv(t)
u(t) = Rdi + v(t),
che può essere riscritta nella forma
dv(t) R R
di+ I v(t) =I u(t).
Md 2 x(t) k dx(t) = ()
dt2 + f dt u t.
Si noti che il valore del coefficiente kt è fortemente influenzato dal tipo di super-
ficie su cui avviene il moto e cambia di molto da una superficie asfaltata ad una
non asfaltata.
Se prendiamo come uscita del nostro sistema la velocità dell'auto, ovvero
v(t) ===dx(t)/dt, la precedente equazione diventa
dv(t) ·
Mdi+ k1v(t) = u(t),
o, equivalentemente,
dv(t) kt I
T +M v(t) =M u(t).
J :..'. MODELLO IN TERMINI Dl E(JUAZlUNI DIFFERENZIALI 36
u(t)
M
v(t)
D
K
d2 v(t) dv(t)
M d.t2 + D d.t +K v(t) = u(t),
ovvero
d2v(t) D dv(t) K (t) 1 ()
~+Md.t+Mv =Mut,
dove M, K e D sono, in virtù del loro significato fisico e del sistema di riferimento
adottato, grandezze non negative.
(2.2)
H11 Hituno interessati allo studio della di~ica del.sist!ma solo nçijj,pt~a!!2,.
, 11••HHi ·rv1izioiiè"T§;t~.[fé~jE,~1'~~ ftiiç!~!~<!~l..~~~-~~.~ !ll}l[~e..to...w....J2W.
~11111 l, 11eccssarioco1:10.~~~~~- ..9.J
i!~§&9!!-l~ .i.~gr~~!S.f!?~-1.U'!~~.!2!2...!~~.t.22L
l111U11viapoiché la presenza di una sollecitazione agente.sul ~p.er..Jata.ntL
_t~J~--~ì
111,,,,.,;j~;1i~i che il ~~tema non s~~- .~!.~~-:'.~~~!
... rjp,m;o"all'i_stan~"'--~!lL
t, 111ll'11H1-1ario
disporre, ancora una volta, di un insieme di condizioni aggiuntive
.... 111111.1.lvo all'ista.n~~:~.o.:::~~JP.~~~~z.i~~--~~~ __g_~_Elg_~ll:I.~
...drì°-'I:~~-~o..tt( t) ..~.i.':'
nul!o in
1111 1111,Prvallo aperto. d.el tipo (to -. e:,to.),con e:> O,.fTh:p_Cl!!,9.~~e:ri.za ';!.~~~'-ingresso
ul'), pur( ,2::..Jo
1l111'iv11f,c
....e de) valg!L..~s.untJ, 4alt.us.c;tt~ ~-
.~~r A~l~~u~..~r.~~~~:.1.L:::.J:
all'istante to, determina univocamente 1 la soluzione v(t) dell'eq~aziQ:-.
1111 dilliirenziale' (2.2)':!)Al firie del'cafoòlodeih.1scita per'(i io:'1;a1;··ipotesi è
11q11lvalentead-assumere·u(t) = O per t < to. In ~irtù della tempo-invarianza del
11lt1l.1
111m,possiamo anche supporre, senza perdita di generalità, io = O.
I II realtà, per poter trattare in modo semplice anche segnali che presentino
dhwo11t.inuitàe componenti impulsive collocate nell'istante to = O, è .necessario
111m11111nrc come condizioni iniziali i valori a,ssunti d~ll'uscita e dalle sue prime n-1
dl'l'iYn.l.eprima chel'ir:igreSSO u(t) inizi a,d !l.giree, pertanto, all'istante o-, ovvero
,I,'""
div(_t) I ~ lim cfv\t).
dt' t=O- t-o
l<D
dti
1 11cn.~o piì1 generale, in cui l'ingresso non risulti vincolato prima di to, richiede una dlv01·111L
U1111 possibile soluzione consiste nell'assumere come condizioni iniziali in to non solo
1,nl 1.11,i,ionu.
I ml11ridull'm1dta e delle sue prime n-1 derivate ma pure i valori dell'ingre,so e delle sue primi!
"' I rlorivat;e, Riprenderemo in esame qnest.a situazione nel pamgrafo :1.a,dove sarò. posslhllu
l,1111lrn1111111mluzio11e _gcnernlu in 1·,11rrnipi
llelle trasformate di Laplace dei segnali in gioco.
CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CON'l'IN UO
e di una soluzione particolare della (2.2). Tra le varie scelte a nostra disposizione,
-t'possibile scegliere come soluzione dell'omogenea quella ottenuta in corrispon-
denza alle condizioni iniziali (2.3), nota in letteratura come evoluzione libera,
e come soluzione particolare la specifica soluzione della (2.2) a partire da con-
dizioni iniziali tutte nulle (l'evoluzione forzata del sistema). Normalmente,
la componente di evoluzione libera dell'uscita viene indicata con il simbolo ve,
mentre la componente di evoluzione forzata con il simbolo VJ,. Val la pena di
evidenziare come questa partizione sia una diretta conseguenza della linearità del
sistema (e quindi dell'equazione differenziale che lo descrive). Infatti, condizioni
iniziali ed ingresso rappresentano le due cause agenti sul sistema e, in tal modo,
si partiziona l'uscita complessiva nella somma dei due effetti ad esse relativi.
I,, rispet.tive molteplicità (chiaramente Et=l Ili = n), ogni soluzione dell'omogenea
X
(:!.,I) e quindi, in particolare, l'evoluzione libera, può essere espressa nella forma:
r µ;-I ti
v1(t) = LL Ci,t e.>..;t1 , (2.6)
i=l l=O i.
p,•r opportuni coefficienti (complessi) Ci,t· L'evoluzione libera del sistema (2.2) si
dalla v1,(t)imponendo
111.1.im1e
I•: facile verificare che, per ogni scelta delle condizioni iniziali (2.3), i corrispon-
d1•11t.icoefficienti (complessi) ci,t sono univocamente determinati.
Le soluzioni "elementari" dell'omogenea del tipo e~.t ti,
t E IR, vengono dette
111odie costituiscono quello che nell'Analisi Matematica è noto come un insieme
r.,,11/nmentaledi soluzioni. Si noti che tali soluzioni sono funzioni a valoif reiil.fo
,·11111plessì
a seconda che corrispondano a radici À; reali o complesse.
e, analogamente,
Le combinazioni dei due modi ~ e>..te ' e>.tottenute con coefficienti che sono l'uno
il complesso coniugato dell'altro sono tutte e sole quelle ottenibili combinando
con coefficienti reali i due modi reali equivalenti
ti
-e"'t cos(wt)
l! '
giacché per ogni e= a+ jb E C vale
tl t1 ti
e - e-'t + e - e>.t
l! l!
= (a+ ibh 1- errt[cos(wt) + j siu(wt)]
(;
ti .
+ (a - jb)ef eat [cos(wt) - j sin(wt)}
ti ti
= 2alf e 11t cos(wt) - 2beieut sin(wt),
~_:_11~-~!~:
t'.,.t () bt!at,()
~ _a,
b l!])
E ~,
tl ti.
il e>-t= f! l 1 t(cos(wt) + jsin(wt)), t E lR.
id 1{) Heno e coseno sono funzioni limitate è chiaro che convergenza e divergenza
I 11,
per t
di'! 111o<lo --+ +oosono legate unicamente al fattore t!
eat, dove rT è la parte
11•1il1·cli >..Ma allora pO-'cl!;liamo
applicare i ragionamenti portati avanti prima per
11,·nso reale e dedurre che il modo è convergente a zero se e solo se u < O,limitato
( 11111110nconvergente) se e solo se u = O e f. = O, divergente in tutti gli altri casi.
IUnssumendo abbiamo provato il seguente risultato.
·-----
• divergente per t --> +ooin tutti gli a.Itri ca.si.
A questo punto siamo in grado di introdurre, per i modelli LTI causali descritti
ilall'1!q11azione (2.2), per i quali assumiamo che l'intervallo di osservazione sia
/O,t oo), i concetti di stabilità asintotica e di stabilità BIBO a cui abbiamo prima
1w1·1i111mto.
CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CON'l'INUO
..stabilità· Asintotica:
la definizione di stabilità asintotica viene introdotta con riferimento all'evolu-
zione libera del sistema, ovvero in termini di Vt ( t). Dicia:rru,,infatti, çhe>i}sistema
è asintoticamente· stabile· se,, Der•.0gni•sceltaodelle,.candizioni iniziali (2.3),
!~evoluzionelibera del sistema conve1g~:~zew asintaticaroeute, çyyero ·
lim Vt(t) = 0.
"'\
t-,+oo
In virtù dell'espressione prima derivata per la Vi ( t), è facile rendersi conto del fatto
che Vt converge a zero per t tendente a +oo, per ogni scelta delle condizioni iniziali,
ovvero il sistema è asintoticamente stabile, se e solo se tutti i modi elementari
e>.it~ sono convergenti. Ciò si verifica se e solo se Re(>.i), la parte reA.le.di .>..,, è
minore di zero per ogni i.
Stabilità BIBO:
la definizione di· stabilità BIBO fa riferimento, invece, aJ comportamento in
evoluzione forzata del sistema e quindi al segnale v1(t). Diciamo, infatti, che
il sistema,è,BIBO stabile se, a. partire da condizioni inizia.li (2.3) nulle (per
t = o-), risponde (in evoluzione forzata) con uscita limitata ad ogni segnale di
ingresso limitato.-· In altri termini, se
v(o-) = dv(t)
dt
I
t=O-
= ... = dn-lv(t)
dtn-1
I
t=O-
= O,
allora per ogni segnale di ingresso u(t), t E R, nullo per t < O, per il quale esiste
Mu tale che ju(t)I < Mu, per ogni t ~ O, la corrispondente uscita v(t) = v1(t)
soddisfa jv(t)I < Mv per ogni t ~ O, per un opportuno Mv.
Vedremo nel seguito, una volta ottenuta esplicitamente l'espressione di v1(t),
come sia possibile caratterizzare la stabilità BIBO dei sisteIQi LTI e causali a
tempo continuo descritti dall'equazione differenziale (2.2).
" l'11q1m~ionecaratteristica
R
s +I= o.
I11 il sistema ha un'unica radice caratteristica reale negativa -R/ L. Ciò
11l.11111,0
111111lt-111·11
che l'evoluzione libera del sistema sia descritta come
Vt(t) = ce-(R/L)t,
il11v11
,. 1'1un coefficiente scalare (reale) il cui valore dipende dalla condizione iniziale
11(11) clu cui parte il sistema (in questo cw;;o specifico e= v(o- )). È importante
1111ll111i1mare che la condizione iniziale è diversa da zero se e solo se all'istante t =
Il lll'll'induttore è immagazzinata energia, ovvero se esso è attraversato da una
1·11n1•11f,11non nulla. È anche evidente che ve(t) converge a zero asintoticamente,
p111·11µ;11i valore di c. Pertanto il sistema è asintoticamente stabile.
N,•ll'Esempi,J 2 abbiamo preso in considerazione il movimento rettilineo di un
soggetta ad un ingresso di controllo u(t). Detta v(t) la velocità della
1111t111111>hile
abbiamo visto che u(t) e v(t) sono legate dall'equazione differenziale
v1•U.11rn,
dv(t) kt _ l
----;J,t+ M v(t) - M u(t),
1l11v1> ~:, e M sono parametri reali positivi. L'equazione differenziale omogenea
Il' in.ta.è
1111111
s+ ~=O.
d2 v(t) D dv(t) K 1
<ft2 + M <lt + M v(t) = M u(t).
44 CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CON'l'INUO
In questo caso abbiamo a che fare con un'equazione di secondo grado le cui radici
possono essere re.alioppure complesse coniugate a seconda degli specifici valori dei
parametri in gioco. A seconda dei valori (reali e positivi) di }vl,De K, infatti, il
t
discriminante ~ - 4 dell'equazione di secondo grado può essere non negativo,
portando quindi a due soluzioni reali (eve11Lualmentecoincidenti se D 2 = 4K M):
,\ _ -D + j-.,/4KM - D2 -D - jv'4KM - D2
i- 2M ' >.2 = 2M .
In entrambi i casi, se le radici À1 e >.2 sono distinte, la soluzione dell'omogenea,
e quindi l'evoluzione libera del sistema, risulta esprimibile nella forma
ma mentre nel primo caso (D 2 - 4K M > O) le due funzioni sono a valori reali
e i due coefficienti c1 e c2 sono arbitrari in JR.,nel secondo caso le due funzioni
elementari sono a valori complessi e quindi c1 e c2 sono una coppia complessa
coniugata. Se vogliamo ricorrere, in quest'ultimo ca.so, ad una rappresentazione
attraverso i modi ~eali corrispondenti, otteniamo
dove G' 2.
= -D/(2M) e w = ./4K.i¾-D
Se, infine, D 2 - 4K M = O, allora abbiamo due soluzioni reali coincidenti
(,\ 1 = À2 = -D/'.2M) ==À) e l'espressione dell'evoluzione libera del sistema
diventa
Vt(t) = c1e>..t+ c2te>..t_
Si noti che, in ogni caso, le radici caratteristiche sono tutte a parte reale minore
di zero. Ciò assicura. la convergenza asintotica dei modi elementar: e quindi la
stubilit,à asintotica. rlel sistema.
2.:l. RISPOSTA IMPULSIVA ED FJVOJ,UZIONE (FORZATA) 45
la I"isposta impulsiva del sistema è quella che si misura ai morsetti del miist01·c1
nssumendo che all'istante t = o- l'induttore e il condensatore siano scarichi,
ovvmo non presentino nessuna energia immagazzinata, e ·venga applicata mm
t,cm;ione'U(t) = o(t) (ovvero una tensione di intensità infinita e durata. infiuil;e-
sinm, il cui integrale nel tempo sia unitario). Per garantire condizioni iniziali 1111110
46 CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CONTINUO
J~:
•···• ~· • ,.... •· • • -•··••_.,.,, ··..••,, • •, -....-,,- .. ,·~......
,..,..,.,..,.\1-<''•'--,,~.,., ·~ ... '•' ~ • '
v1(t) = lo~ t+
h(r)u(t - r)dr
t+
= fo_h(t - r)u(T)dT:.,_ (2.10)
:!.:I. JUSPOSTA IMPULSIVA ED EVOLUZIONE (FORZATA) 47
u(t) = f: 00
u(r)il'(t - r)dr, t E JR, (2.11)
li HisLemarisponde con
roo
v(t) = l-oo u(r)h(t - r)dT. (2.12)
Il l'ntt,oche h(t) sia nulla per t < O, eventualmente assieme all'ipotesi che il segnale
ili ingresso sia nullo per t < O, porta immediatamente alle due equazioni presenti
lll'il'mmnciato. •
s +2 = o,
da cui segue che l'unica radice è -2 a cui corrisponde la soluzione elementare e- 2t.
Inoltre il sistema è proprio ma non strettamen~e proprio, giacché n = m = I. La
risposta impulsiva del sistema ha, allora, la seguente struttura:
:L'I. RISPOSTA IMPULSIVA ED EVOLUZIONE (FORZATA) 49
[tlo
d~~t) + d1tS(t)- 2d1e- 2t<L1(t)] + 2 [do6(t)+ d1e- 2\L1(t)] = d~~t) + ò(t),
uvvmo
dtS(t)
(do - l)dt +(di+ 2do - l)<>(t)= o.
l'oiché le funzioni tS(t)e ~~t) sono linearmente indipendenti, l'unico modo affinché
l,1tl1iidentità sia verificata per ogni t E JRè imponendo che i coefficienti delle due
l'1111~ioni siano entrambi nulli. Ciò porta a do= 1 e di= -1, e quindi a
d2v(t) 4 ( ) = 2 du(t)
dt 2 + V t dt 1
(o-) = 2 dv(o-) = o
V ' dt '
1111.llusollecitazione d'ingresso
u(t) = 1L1(t).
l.'1•q11azionecaratteristica associata all'equazione differenziale è
s 2 +4 = o,
11•mi radici (entrambe di molteplicità unitaria) sono ±j2. Ad esse corrispondono
I 111odielementari complessi ei2t ed e-j 2t o, equivalentemente, la coppia di modi
co1-1(2t)e sin(2t). L'evoluzione libera del sistema è del tipo
r111Lli
Imponendo
2 = v(O-) = Vt(O)= C1
0 = dv(t)
dt t=O-
I = dve(t) I
dt t=O
= 2c2 •
,
si trova
ve(t) = 2cos(2t), t E R+.
h(t)·= 2cos(2t)<Li(t).
dove ef;è queff angolo (all'incirca 0.4636 radianti) tale che cos q,= ~ e sin <I>= Js·
•
2.4 Sistemi LTI assegnati mediante la loro risposta
impulsiva
Nei paragrafi precedenti abbiamo analizzato il caso di sistemi LTI e causali la
cui dinamica sia descritta da un'equazione differenziale lineare e a coefficienti
costanti. In particolare, abbiamo visto come la risposta impulsiva del sistema
sia un segnale nullo per t < O che permette di determinare l'uscita del si-
stema una volta noto l'ingresso su tutto l'asse temporale. Alternativamente,
su In sollecita~imw in ingresso è nota solo a partire da un certo ird,nnt<!in poi, la
:J..I.SISTEMI LTI ASSEGNATI MEDIANTE RISPOSTA IMPULSIVA 51
f!hlammente il sistema così definito risulta LTI e la sua risposta impulsiva coin-
l'l11t,con h(t), dal :momento che [h * a](t) = h(t).
At.t.ràverso questo approccio è possibile descrivere una classe di sistemi LTI più
11111pin<li quella dei sistemi descritti mediante un'equazione differenziale lineare
11mdlkienti costanti. In particolare, possiamo considerare anche sistemi causali
hi 1·11irisposta impulsiva non sia esprimibile nella forma (2.14), ovvero non sia
rn1111hi11azione lineare di segnali esponenziali causali e dell'impulso, o addirittura
11INt.rn11i
non causali.
Vnl la pena di evidenziare come alcune relazioni matematiche possano es-
H1•1·"riesaminate alla luce del concetto di risposta impulsiva. In particolare, la
proprietà di riproducibilità dell'impulso, i.e.
u(t) = ! +oc
-00 u(T)6(t - T)dT, (2.15)
p111'111.11che
essere interpretata come il legame ingresso/uscita del sistema identico,
111•ril quale
v(t) = u(t).
111n.lt.ritermini, il sistema identico è un sistema LTI avente per risposta impulsiva
l'l111p11IH0 di Dirac. Più in generale, dalla relazione
Causalità:
come già osservato con riferimento al caso specifico dei sistemi LTI descritti
da un'equazione di:!ferenziale del tipo (2.2), dalla definizione stessa di causalità
i,egue chP-11nsistema LTI è causale se e solo se
h(t) = O, Vt < O,
cioè i,e e solo se la risposta impulsiva è un segnale causale. Pertanto, se u(t) è il
segnale in ingresso al sistema, la corrispondente uscita è data da
v(t) = [h *ul(t) = j _
t+
h(t - r)u(r)dr
r+oo
= lo-- h(r}u(t - r),fr.
00
2.4. SISTEMI LTI ASSEGNATI MEDIAN'l'B HISPOSTA IMPULSIVA 53
Stabilità BIBO:
la definizione di BIBO stabilità per un generico sistema LTI è del tutto analoga
a quella data con riferimento al caso di sistemi LTI descritti da un 'equazione
differenziale. Infatti un sistema LTI viene detto BIBO stabile se esso risponde
nd ogni ingresso limitato con uscita limitata. Vale il seguente risultato.
~ L: 00
lh(r)llu(t - r)ldr < Mu 1_: 00
lh(r)Jd,,-.
La condizione di BIBO stabilità è allora verificata dal momento che lv(t)l < Mv
pnr ogni. t E JR,con
Mv= Mu 1_: Jh(T)Jdr.
I,a dimostrazione della necessità della sommabilità della risposta impulsiva ai fini
e(dia BIBO stabilità qui di seguito illustrata è valida solo per i sistemi definiti
1111 R, per i quali le sollecitazioni di ingresso po'ssono cominciare per t = -oo.
La dimostrazione relativa al caso di sistemi causali definiti su JR+,per i quali la
11ollecitazionedi 'ingresso è vincolata ad avere supporto in JR+,è più complessa e
può essere trovata in 15].
Supponiamo, dunque, che h(t) non sia sommabile e consideriamo come segnale
, li ingresso3 limitato
u(t) =8
gn
{h(-t)) = { +-1,1, per h(-t)
per h(-t)
> O,
< O.
<ltt.m1iamo, in corrispondenza, un segnale di uscita v(t) certamente illimitato
p,iu.cché
v(O) = lh * ul(O) = L: 00
h(t - r)u(T)lt=O dr= 1_: 00
h(-T)sgn(h(-r)}dr
= 1-:oo
/h(-T)ldT = +oo.
•
Questo risultato vale, in particolare, per i sistemi LTI e causali. Per tali
sistemi, il fatto che la risposta impulsiva sia nulla per t < O,fa sì che la condizione
di sommabilità diventi
roo
lo- lh(t)/dt < +oo,
dove lo o- tiene conto, ancora una volta, delle eventuali componenti impulsive
centrate in O presenti nella risposta impulsiva.
Nel caso specifico dei sistemi LTI e causali descritti da_un'equazione differen-
ziale lineare a coefficienti costanti, la risposta impulsiva
risulta sommabile se e solo se tutti i modi elementari pesati con coefficiente di,l
non nullo sono convergenti (il termine impulsivo non crea problemi ai fini della
sommabilità). Ciò si verifica se e solo se, per ogni indiée i E {1,2, ... ,r} per cui
esiste f E {O,1, ... ,µi -1} tale che~., =fO, vale Re(>.i) < O.
È allora immediato rendersi conto che la stabilità asintotica assicurando la con-
vergenza di tutti i modi elementari garantisce, in partjcolare, la convergenza
dei modi che compaiono nella risposta impulsiva e quindi la stabilità BIBO. Il
viceversa, ovviamente, non vale, perché eventuali modi non convergenti possono
essere pesati tutti con coefficienti nulli nella risposta impulsiva assicurando, in
tal modo, la stabilità BIBO senza che ci sia quella asintotica.
Diciamo che due sistemi, E1 e E2, sono connessi in parallelo se sono sotto-
prn;ti alla medesima sollecitazione (ingresso) e l'uscita del sistema complessivo è
ottenuta come somma delle uscite dei due sistemi componenti. Se E1 e !: 2 sono
sistemi LTI lo è anche il sistema ottenuto dalla loro connessione in parallelo, ed
c'iimmediato verificare, utilizzando la proprietà distributiva della convoluzione
rispetto alla somma, che il sistema ottenuto connettendo E1 e E2 in parallelo ha
1wr risposta impulsiva la somma delle risposte impulsive dei sistemi componenti,
i.e. h = h1 + h2.
Si può dimostrar€, anche in questo caso, che la causalità (rispettivamente, la
stabilità BIBO) dei due sistemi componenti assicura la causalità (rispettivamente,
In stabilità 81B0) del sistema parallelo, ma, in generale, non vale il viceversa.
h(t) (t),
Ae>-tc5_1
u(t) = Beµt"-1(t),
v(t) = 1+00
-oc h(t - r)u(r)dr.
v(t) = [: 00
Aè(t--r)t5-1 (t - -r)Be,...,.
0-1 (-r)d-r
= kt Ae..\(t--r) Be,...,.d-r.
Pertanto
o, t < O,
v(t) = {
ABe..\t JJe(µ->,.).,.d-r, t ~ o.
Con semplici passaggi si trova
o, t< o,
v(t) ={
AB
µ-..\
(ei•-t
_ e.i.t), t?; o.
il valore div all'istante t coincide con l'area della porzione di piano compresa tra
l'asse delle ascisse e il grafico della funzione h(t - -r)u(r) (rispettivamente, della
funzione h(-r)u(t-r)), pensata come funzione dir. Questa semplice osservazione
permette di tradurre in un problema di tipo "geometrico" il calcolo di v(t).
Un problema che si pone solo apparentemente è il fatto che, in linea di prin-
cipio, noi disponiamo dei soli grafici delle funzioni u e h. Si osservi, tuttavia, che
la funzione h valutata in t- -r può essere pensata come h(t- r) = h(-(r - t)),
ovvero essa è otten:1ta traslando di una quantità temporale pari a ltl(verso destra
o verso sinistra a seconda che t sia positivo o negativo) la funzione h( -T), che è
a sua volta la versione ribaltata rispetto all'asse delle ordinate di h(r). Equiva-
lentemente, se ricorriamo alla seconda delle due espressioni in (2.18), possiamo
ribaltare e traslare u(-r) in mudo da ottenere u(t - r) = u(-(-r - t)).
Vogliamo ora chiarire le nostre precedenti osservazioni mediante un esempio.
h(t) = A2 ·Ile-
~ 212) ,
•
2.6 Risposta in frequenza
Consideriamo un generico sistema LTI e BIBO stabile, di risposta impulsiva
h(t), t E JR,a valori reali, la cui dinamica venga osservata su tutto R Vogliamo
analizzare la risposta del sistema in corrispondenza alla classe degli ingressi espo-
nenziali con esponente immaginario puro (fa.sori) definiti su tutto JR. Suppo-
niamo, infatti, che il sistema venga sollecitato in ingresso dal segnale
u(t) = Aejrfiejwot = Aej(wot+qi), t E JR,
58 CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CON'l'INVO
dove A è un numero reale positivo, mentre <f,e wo sono arbitrari numeri reali. La
risposta del sistema a tale ingresso è data da
Sia
Si noti che la precedente espressione ha senso, ovvero che tale integrale esiste
finito, in virtù della BIBO stabilità del sistema. Infatti, se il sistema è BIBO
stabile la sua risposta impulsiva è assolutamente integrabile, e quindi
11-: 00
h(r)e-iwor dr!:::; l+: lh(r)e-jwo-rl
dr= I:oc lh(r.)I dr< +oo.
Con tale posizione., la (2.19) diventa
viene chiamata risposta in frequenza del sistema. In virtù del fatto che pul-
sazione w e frequenza f sono legate tra loro dalla relazione w = 21Tf, è frequente
indicare la risposta in frequenza anche nella forma H(j21T'/) o, con abuso di no-
tazione, H(f). Il contesto renderà sempre chiaro a cosa ci riferiamo.
Se pensiamo di rappresentare, per ogni valore di w E JR fissato, il numero
complesso H(jw) in modulo e fase, la risposta in frequenza viene completamente
descritta, al variare di w in JR,da due funzioni reali di variabile reale: il modulo
(o ampiezza) e la fase della risposta in frequenza del sistema. Si pongono,
pertanto, le seguenti definizioni
A(w) == IH(jw)I
{ w E JR.
<I>(w) - arg(H(jw))
t E JR.
:w. RJSPOSTA IN FREQUENZA 59
Possiamo osservare come il segnale di ingresso u(t) possa essere riscritto, eviden-
idandone la parte reale e la parte immaginaria, nella forma
1J(t)= A(wo)Acos(wot+</J+'1?(wo))+A(wo)Asin(wot+ef>+<l>(wo))==VR(t)+jvr(t),
dove t E R. Se, come tipicamente assumiamo, il sistema è reale, ovvero la sua
risposta impulsiva h(t), t E R, è a valori reali, è evidente come il sistema risponda
a segnali reali con segnali reali e a segnali puramente immaginari con segnali
puramente immaginar:. Pertanto, nell'ipotesi di BIBO stabilità, il nostro sistema
risponde al segnale di ingresso
• fase iniziale data dalla somma della fase iniziale <pdell'ingresso forzante e
della fase della risposta in frequenza del sistema calcolata alla frequenza wo,
il>(wo),
H(-jw) = 1-: 00
h(r)eiwr dr= 1_: 00
h(r)e-iwTdr
1: 00
h(r)c-i"'Tdr = H(jw), w E R,
fiO CAPITOLO 2. SISTEMI A TEMPO CONTINUO
A questo punto è sufficiente osservare che la derivata i-esima del segnale eJwt è
data da
(2.22)
questione sia l'unica causa agente sul sistema, sia nell'eventualità in cui l'orizzonte
l,umporale sia (O,+oo) e ipotizziamo condizioni iniziali nulle in o-. Se il sistema
viene, pertanto, sollecitato dal segnale di ingresso
= Aej(wot+</i) 1+00
h(r)e-jwoT dr -
-oo
Aej(wotH) roo
h(-r)e-jwo-r
lt+
d-r
ovvero è descrivibile come somma di due componenti che, nella precedente for-
mula, abbiamo indicato con i simboli Vrp e Vtr· Si noti che, poichè v(t) è nullo per
t < O, assumiamo, per convenzione, che Vrp e Vtr siano entrambi nulli per t < O,
condizione che possiamo evidenziare moltiplicando Pespressione dei segnali per il
gradino 1L1(t).
Vogliamo dare un'interpretazione della precedente partizione. Il segnale
lim Vtr(t)
t-+oo
= O.
Di conseguenza, per valori di t elevati, la risposta v(t) può essere approssimata
dalla sola componente
e
lim Vtr(t) = O.
t-+oo
Infine, la precedente analisi può essere estesa anche al caso di sistemi BIBO
stabili, ma non necessariamente causali, osservati su tutto JR. In tal caso, va
tenuto presente che le espressioni di Vrp e Vtr precede~temente determinate per
t 2:::O possono essere estese anche per valori negativi di t. ·Tuttavia, poichè
l'interpretazione delle due componenti ha senso solo per valori elevati di t, le
espressioni di vT7J e Vtr in JR._perdono di interesse pratico.
I• H( - oì ,; _1 n)
:l,H, /~SBR.CJZJDI RIEPILOGO 03
ve(D)= 1, dv1(t)
dt t=O
I
= 2• d2ve?) I = O.
dt t=O
e, di tale modello,
v(t)
x(t)
u(t)
M
v(t)
v,(O) = O, dv,e(t)
dt
I t=O
= 3.
,
d2v,?)
dt
I
t=O
= -1.
v(t) = l t
t-T/2
u(r)dr -
lt+T/2
t
u(r)dr,
v(t) = it
t-2'11"
cos(t - r)u(r)dr,
u(t) = eit6-1(t),
evidenziandone, se possibile, la componente di regime permanente.
Capitolo 3
La trasformata di Laplace
C[v(t)]
---.-
==
.........
ko--· +oo
v(t) e-" t dt,
.. .....,.._.._,..._ .....
,~----··-~·--··
(3.1)
71
72 CAPITOLO 3. LA TRASFORMATA DI LAPLACE
C, [cfv(t)]
= i.t:,[ (t)] _ ~ dkv(t) \ i-1-k
dti S V ~ dtk 8 '
k=O t=O-
dove, ancora una volta, L'impiegodelle derivate valutate nello o- è del tutto equi-
valente all'impiego delle derivate valutate in O,nell'eventualità in cui discontinuità
e componenti impulsive siano assenti.
necessario far uso esplicito dell'espressione analitica del segnale vin [-r, O), infor-
mazione che certamente non è ottenibile dalla trasformata V(s). AnalogamentP
la precedente proprietà non si estende al caso di "traslazione verso sinistra" o
anticipo, situazione in cui del segnale v "si perde la porzione iniziale".
7) Integrale:
~~- v(t) è dota~~ di_tr~ft:>rroata di Laplace_, V(s), nel semipiano Re(s) >
a, allora ·1a:
funzione integrale di v( t) (di estremo inferiore l'origine) ammette
trasformata di Laplace, a sua volta, _i.e.
V( )
e [ fo_ v(r)dr = -f-,
t+ ]
si ricava immediatamente
.C[8(t)J= roo e-
lo-
8(t) st dt = e-s·O = 1.
.C[«L1(t)]= r+ i.L1(t) e-
lo
00
st dt = r+ e-
lo
00
st dt = !,
s
ed ha come RdC il semipiano Re(s) >O.Si noti che la.funzione costante v(t) =1
ha, a sua volta, trasformata di Lapla.cc unila.tera. 1/ s.
L'o.scissa di convergenza è O. Nel caso particola.re <t,= O (o, più in generale, <J,
multiplo di 271')si o~tiene
s
.C[Acos(wt)L1(t)] =A· 82 + w2 •
Similmente, per rj, = -11' /2, si determina la trasformata di Laplace del segnale
v(t)= Asin(wt)cL1(t), ovvero
.C[Asin(wt)L1(t)] =A· w 2•
s2 +w
.C[Aeutcos(wt)<L1(t)] = A· (
S-0'
8
-;t
+w 2.
Similmente, per rj, = -11' /2, si determina la trasformata di Laplace del segnale
u(t) = Aeut sin(wt)L1 (t), ovvero
C[Ae"tHi11(wt)1L1(/;)]=A·c ~2
S-0" +w2·
78 CAPITOLO 3. LA TRASFORMATA DI LAPLACE
u (o -)= du(t)
dt
I _
-...
t=O-
= ~- 1u(t)
dtm-
l
I _
t=O-
- 0,
si ha
e[ cf~~t)]
= s'U(s), i= 1,2, ... ,m.
ovvero
( ~
n
aii
)
V(s) - ~~L
( ni-1 dk (t)
d:k
I i-l-k
)=
t=O i=l k=O t=O-
Sinuo
n
d(s) - Eaisi,
i=O
p( s) -
~ .~
L.,, a, L.,,
dkv(t)
dtk
I s
i-1-k
,
i=l k=O t=O-
m
n(s) - Lbii,
i=O
:1Val la pena, a questo punto, riprendere il problema a cui si accennava in 2.2.4, ovvero Il
fntt.o che, in generale, non è detto che il segnale di ingresso sia identicamente nullo in (-00, O)
"· piì1 specificatamente, non è detto che l'ingresso e le sue prime m - 1 derivate s:ano nulle
11.,r 1. = o-. L'analisi di questo caso generale richiede, nell'ambito della trattazione porto.ta
n.vnnti finora, in termini di trasformate di Lapla.ce, solo una leggera modifica. Se infatti si
I_
1L~smnonovalori a.rbitra.ri per u(o-), d~\'l 0 _ , •• , ,
•-
I ,
.i:.-::~['l la trasformata di Lu.placo
t=O-
--
V1(s) = .c[[h * u](t)]
.....
= H(s)U,(s),
---:-.-···
(3.5)
r µ;-1 tt
h(t) = do «S(t)+ L L di,l e>.;t li L1 (t), (3.7)
i=l l=O '
:1.3. SISTEMI LTI CA USALI: ANALISI IN 8 81
r µ;-1 d
H(s) =do+~ E (s _ ~:)l+l. (3.8)
Dal momento che l'ascissa di convergenza delle tra.sformate di Laplace dei segnali
PHponenzialidel tipo eÀ;t ~ L1(t) è pari a Re(À;), mentre l'ascissa di convergenza
della trasformata dì Laplace dell'impulso è -oo, ne consegue che l'ascissa di
convergenza della funzione di trasferimento è data da
dove :siè Leuuto contu ùel fatto che non tutti i modi elementari coinvolti nell'espres-
Hionedell'evoluzione libera del sistema compaiono effettivamente nell'espressione
della risposta impulsiva.
Dalla (~
forma ---
che la funzi.9I1.eg_iti;:~fer:iI!_lentQ_può
__s_!'lg__u~ essere espressa nella
··-·......
____· · ··· ·······.....
H(s) = fi(s)
(s - À1)µ 1 (s - À2)M ... (s - Àr)µr'
Si noti che K = bm/an e, banalmente, ciascuno dei Ài compare nella famiglia dei
Ili un niimerndi""vo1tii"'pa.ri
a µi, - -- ...
I cq:n,cettidi zero e polo si estendono al caso del punto improprio- ovvero oo.
f~-tal caso le precedenti· definizionì -diventano: ii punt~-i~p~oprio- è Ùnpo1c.,~di
H(s) di moltepÌicità k E N se· .... . . - ······--
lim 1k H (s) esiste finito e non nullo,
a-00 s
.!'~ppresentaz.~Qpe
. Se la funzione razionale-H(.s). è..data ..attraverso. UDa.S.1,11,l,
__
irriti~~-U~J~.I': c~:mn.(st~t~) E ~.G~L~.
1__t{5-)/d(~), d(~Lf.0., ~?l'.!.~i.òJ;!te~9,-~p.do
che
non esistono zeri (o, equivalentement_e,fattori) ~çiµiuniai due polinomi n(s) e d(s),
al!oraèTmm-;;diat~- riconoscere ne~u·~~~i_di_ri( 5.)gH !~!~-~
~er.i~Ci:l'(~).~~e~li 8)
i poli di H(s). In paftièolàre, con riferimento alla rappresentazione (3.9}, se essa è
. frriduéffiileovvero i due insiemi {z1,z2, ... , Zm}e {p1,P2, ... ,Pn} sono disgiunti,
allora z1, ... , Zm sono gli zeri (non necessariamente distinti) della funzione di
trasferimento, mentre P1, ... , Pn sono i suoi poli. Se la rappresentazione n( s) / d( B)
di cui disponiamo non è invece irriducibile, ovvero, con riferimento alla (3.9),
{z1, z2, ... ,zm} n {p1,P2, ... ,Pn} -:fa0, allora possiamo solo dire che
Una generica funzione razionale V(s) E C(s) \ {O} può essere scritta nella
forma:
n(s)
V(s) = d(s)'
con n(s) e d(s) polinomi non nulli in C[s). Non c'è perdita di generalità nel sup-
porre che éi(s) sia un polinomio monico e che tale rappresentazione della V (s) sia
irriducibile, ovvero che n(s) e d(s) siano privi di fattori comuni. In caso contrario
la procedura che ora illustreremo porterebbe ad alcune frazioni parziali pesate
con coefficiente nullo e quindi del tutto irrilevanti ai fini della determinazione
dell'antitrasformata di V(s).
La procedura si articola nei seguenti passi:
Passo 1 Ricorrendo all'algoritmo di divisione euclidea tra polinomi, è possibile e-
sprimere n(s) nella forma
n(s) = q(s)d(s) + r(s),
con q(s) e r (s) polinomi, rispettivamente, quoziente e resto e deg r (s) <
deg d(s). Si noti che se deg n( s) < deg J( s) il quoziente q(s) è nullo e il
resto r(s) coincide banalmente con n{s). Da ciò segue
lim
8 ..... À,
_g__
Ài
S -
. (s - Ài) = ci,
. C;,e ( , )
l!fil
8--+À;
(
S -
À
j
)l+l • S - Ai = O' 'v j -:/=i, 'v I.. .
Di conseguenza,
Ct Ce
(s - a - jw)i+ 1 + (s - a+ jw)i+l
t'
efe"'t{2 · Re(Ct) cos(wt) - 2 · lm{Ce) sin(wt)) 1L1(t).
V(s) - ~s _-_1_
- s2 (s + I)"
Vsp(s)= s2 - 1
s2 -
2
s + 1·
~ 1111l11di
immediato determinare come possibile antitrasformata
•
:t,r. Trasformata di Laplace bilatera ;Jo
0 1ivklenziato
( l1111ic nei precedenti paragrafi, la trasformata di Laplace unilatera
1·11pp1umntaun efficace etrumento di analisi per sistemi LTI causali la cui dinami-
1111Vl'ttJ.i;1i analizzata sull'oriz:.muLetemporale [O,+oo ). Nello studio dei sistemi LTI
111111c11.111-1ali e, più in generale, quando si assuma come intervallo di osservazione
l'l11t.1•ro asse reale, è necessario ricorrere ad una diversa definizione della trasfor-
111111.11 di Laplace.
I 'iii precisamente, dato un segnale v(t), t E JR,definiamo la trasformata di
l,11plncebilatera di v(t) come
{3.13)
88 CAPITOLO 3. LA TRASFORMATA DI LAPLACE
Di fatto, per tutte le funzioni elementari impulsive o causali prese in esame negli
esempi del precedente paragrafo 3.2, la trasformata bilatera coincide con il valore
della trasformata unilatera prima determinato.
1) Linearità:
Se ¼(s) = Cb[vi(t)],i = 1,2, allora, per ogni scelta dei coefficienti a1 e a2 in
e, si ha
.Cb[a1v1(t)+ a2v2(t)] = a1Vi(s) + a2V2(s).
Inoltre, la RdC della trasformata di Lapla.ce di a1v 1(t) + a2v2(t) contiene l'inter-
sezione delle regioni di convergenza di Vi e Vi,
:I.li. TRASFORMATA DI LAPLACE BILATERA 89
cb[d:~t)]
= s. cb[v(t)].
Ln.R.dC di .C,b[ d~}tl] ::ontiene la RdC di .C,b[v(t)].
4) Traslazione temporale:
Se v(t) ammette trasformata di Laplace, V(s), allora, per ogni -r E R, la sua
traslata [u'Ti,](t)= v(t - r) ammette trasformata di Laplace
v1i1·sione
6) Convoluzione:
Se v1(t) e v2(t) sono due funzioni dotate di trasformata di Laplac€ bilatera,
indicate, rispettivamente, con Vi(s) e Vi(s ), e il prodotto di convoluzione [v1*
v2 ](t) è definito, allora
7) Integrale:
Se v(t) è dotata di trasformata di Laplace bilatera, V(s), allora la funzione in-
tegrale di v(t) di estremo inferiore -oo (se esiste) ammette trasformata di Laplace,
a sua volta, ed essa vale
8) Cambiamento di scala:
Sia v(t) una funzione dotata di trasformata di Laplace bilatera V(s), conver-
gente in {s E C : a_ < Re( s) < a+}, e sia r una costante reale positiva. La
funzione v(rt) amnette trasformata di Laplace
.Cb[v(rt)]=~V G),
ed essa converge in {s E C: r · a_ < Re(s) < r · a+J-
Sia
= { Ae
1<PeÀt. t < o,
v(t)
o,
· t 2':o,
'Nel seguito chiameremo segnali anticausali i segnali il cui supporto è contenuto in (-oo, O).
Un segnale esponenziale antica.usa.le, ad esempio, si'ottiene moltiplicando una funzione esponen-
ziale per la funzione 1- L1(t). In realtà, ai finì pratici, tale segnale può essere ottenuto anche
attraverso il prodotto per il segnale Lt(-t) che da 1-Lt(t) differisce solo per il valore ossunto
11cll'origine.
:w. ESEMPI DI TRASFORMATE DI LAPLACE BILATERE !)1
1i poiché v(t) è nulla per t > O, l'estremo superiore di integrazione diviene zero.
( !on facili passaggi, si trova
Re(s - ,\)<O,
ovvero
Re(s) < Re{-\).
Re(s) < O.
V(s) = H(s)U(s).
Per chiarire le idee vediamo alcuni semplici esempi di sistemi LTI non causali.
3.7.1 Esempio 1
Come primo caso consideriamo un sistema LTI avente la seguente risposta im-
pulsiva
(3.15)
dove di, ... , dn sono coefficienti complessi non nulli e >.1,... , Àn sono numeri
complessi distinti. Assumiamo che se Ài appartiene a R, allora di E JR,mentre
se >.,appartiene a C \ R, allora esiste k tale che >.,.= ).i ed,. = di. In tal modo
hac(t) E R per ogni t E R.
-1.'!'J...Qqt!!,to_
Y~.-~i~_t-~_pi1'. ~Jt_a_!__!!P<?
cii rlij_p_qstaiD1pu)fli_ya ..~.un sistema (!!ll!Je)
anticausale con ciò intendendo che ad O@i istante t E R l'uscita v è comple-
-delc-;;;;i~i;~~~:ie~te.ingresso
-tam;~t~--indipendentedalr~~~luzione ·segnaiè-d1 in
r=oo,tJ.
· · ··- ·· · · ··· ·· ····
La trasformata di Laplace bilatera di hac viene detta, a sua volta, funzione di
trasferimento del sistema, ed è ottenibile (sfruttando la linemit,Ìl.ti gli mmmpi del
,1,7, l•'.D.T. DI SISTEMI NON CAUSALI 93
1uu11,,;rnfo
3.6) nella forma
Hac(s) = -~
-~----·-·---- S - À1
- ~
S - À2
- · ·' - ~ = -
S - Àn i=l
t ~-
S - Ài
1111111,i
che, poiché i singoli addendi
che compaiono nell'espressione della funzione
di l,rm1lcrimento convergono
in regioni del piano del tipo Re(s) < Re(Ài), la
di trasferimento converge in Re(s) < ao.c ~ milli {Re(.>.i)}.
hmil1111e
V1LIla pena evidenziare, a questo punto, che questo sistema è BIBO stabile,
r.~:::·::.,~:.~~:;!!~~~ff
n
:;:ZA~~::~:f!t~f
~;;N-1s~!{:s:f ~lit!~~!t}-;tfl
se-·e-soiosé
Re(:xSo
1111·l,1mto suddetto.,~Ì;t~~i ..è1lIBO.stailiie > per ogni i,
discorso
Q11t1Hl,o si estende al caso in cui la precedente risposta impulsiva anti-
contenga più modi relativi al medesimo Ài (equivalentemente, la Hac(s)
OIIIIHILl1i
pr1tHll1ttidei puli multipli). Pel"Lanl.o un sistema anticausale del suddetto tipo è
umoi,;tabile se e solo se la regione di convergenza della sua funzione di trasferi-
11111111,u
contiene l'asse immaginario.
l,'r,2 Esempio 2
C,1111Hideriamo
il sistema LTI reale avente la seguente risposta impulsiva
Ei=i di e˥t, t ~ o,
h(t) ={
'°'n
L..i=l+l d i eÀ·t• , t < O,
dov11 O < l < n, d1, ... , dn sono coefficienti complessi non nulli e À1, ••• , Àn sono
complessi distinti. Si tratta evidentemente di un sistema non causale,
111111ll!l'i
dlll momento che la sua risposta impulsiva è non nulla per t < O. Inoltre, dal
111111111mto che la sua risposta impulsiva può essere spezzata nella somma di due
impulsive, una nulla per t < O (e quindi causale) ed una nulla per t ~ O
rh1prn1t.c
(111111i11dianticausale), i.e.
e hac(t) ~ ( f, d; eÀ;t)6-1(-t),
i=l+l
sistema LTI puà esser visto come il parallelo di due sistemi SISO LTI,
1'1111,m·o
cnusale ed uno anticausale.
111111
94 CAPITOLO 3. LA TRASFORMATA DI LAPLACE
Sistema LTI
Ca.uaale
u V
Sistema LTI
Antica usa.le
Sistema LTI
'~--------------------------------J
V(s) = ~i;j,
IKIII11.(.~) e d(s) polinomi privi di fattori comuni e d(s) manico, di cui sia nota
A lll'lori la RdC, possiamo procedere come nel caso della trasformata di Laplace
U11ll11l,1•rn.
'9wt1
I 11.appresentiamo V(s) nella forma
V(s) = q(s) + 'V;,p(s),
\ m11q(s) = E~=OQiSi un polinomio (nullo se deg n(s) < deg d(s)) e v;,,,(s)
l'unzione razionale strettamente propria. In virtù della linearità, si ha
k
.c;1 [V(s)] = L qiÒi(t) + .c;1 [Y;,p(s)]. (3.16)
i=0
V. ( ) _ r(s)
sp 8 - (s - .>.1)µ
1 (s - >..2)µ
2 • • • (s - Àr)µr'
Infine, se la RdC è una striscia del piano complesso, tale striscia interpre-
to.to. come intersezione di due semipiani, permetterà la partizione dei poli
Ài in un insieme legato a segnali esponenziali causali e un insieme com-
plementare legato a segnali esponenziali anticausali, ottenendo in tal modo
un'espressione del tipo
•
98 CAPITOLO 3. LA TRASFORMATA DI LAPLACE
i) V(s) =sin C;
s-2
v) V(s) = (s + 3)(s + 5)2 in Re(s) > -3;
3
vi) V(s) = (s + l;(s + S) in Re(s) > -1;
s-2
v) V(s) = (s + 3)(s+ 5) in Re(s) < -5;
s +2 .
viii) V(s) = s(s + l)(s _ 2) m O< Re(s) < 2;
11:Ht!rcizio 3.3 Un
oscillatore elettronico è modellato dall'equazione differenziale
clc•I:-mcondoordine:
d2d~;t)+ w~v(t) = ku(t),
dovti 11 è l'UHcita,u l'ingresso, Wo e k cm1tanti positive del sistema.
100 CAPITOLO 3. LA TRASFORMATA DI LAPLAOE
dt t=O ç
iv) per i valori di a per cui il sistema è BIBO stabile, si determini il limite per
t -+ +oo della risposta (forzata) al segnale u(t) = a L1 (t).
[Suggerimento: Ei sfrutti il teorema del valore finale].
ii) per i va.lori di a per cui il sistema non è BIBO stabile, si determini un
ingresso limitato a cui corrisponde un'uscita illimitata e (se possibile) un
ingresso limitato a cui corrisponde un 'uscita limitata;
Esercizio 3.9 Dato il sistema LTI causale, a tempo continuo, descritto dalla
seguente funzione di trasferimento
H(s) = ~.
1 + B'Tl
determinare, se esistono, i valori dei parametri reali K B e r1 in corrispondenza ai
quali la risposta di regime permanente all'ingresso u(t) = sint cL1(t) è Vrp(t) =
cos (t + 1f /4) cL1(t).
11)Il HIHl,cmadato può ammettere tra le sue evoluzioni libere una funzione del
tipo:
1m,.,;111mte
ve(t) = e2t, t 2'.:O?
111caso negativo si giustifichi la risposta, in caso affermativo si determini
1111n.possibile
equazione differenziale descrittiva del modello.
,---------,------,----o+
+
u(t) - R v(t)
e
- u(t) = sin(2t)L1(t);
u.(t) = (1 + cost)L1(t);
-- ·u.(t) = e- Rtc8-1(t).
R = lOO S1e C
v) /\:,;:,;11111endo = 10- 4
F, si determini la risposta di regime
pPrmancute del sistema in corrispondenza ai seguenti segnali di ingresso
Risposta in frequenza di
1lstemi continui
li 11111wnU.o
di risposta in frequenza è utilizzato in molte aree dell'ingegneria:
di noi ha sperimentato nella pratica l'idea di filtraggio di un segnale audio
11111111111
tl11Y'1,n.gundo sul controllo di bassi e alti di un sistema per la riproduzione di un
( 11),le,cmatteristiche del segnale musicale. riprodotto possono essere alterate in
11111110cln adattarsi ai gusti dell'ascoltatore. Un altro esempio è il progetto di un
di "controllo in retroazione", per il quale sono spesso utilizzati metodi
1h1t.111111L
hlllllll,I1mllarisposta in frequenza: per esempio, il controllo attivo delle vibrazioni,
lii NINl,11111i
complessi quali un'automobile o un aeroplano, viene tradizionalmente
nel dominio delle frequenze.
11ff11t,l,111Lt;o
=1
+00
H(jw) _ 00
_hj~)e~jwtd~-- (4.1)
1l11v,,
l•I i• 111111variabile reale. Si è anche evidenziato come, per ogni fissato valore
111,,,,1/(Jw) :;ia unnùmeiéi'complesso che può essere rappresentato in modulo e
fn111•.
l'rn'l.1i11to è possibile conHiclemm, iu alternativa ad H(jw), due· funzirnii 11
wr,
106 CAPITOLO 4. RISPOSTA IN FREQUENZA Vl SISTEMI CONTINUI
valori reali: il modulo e la fase della risposta in frequenza del sistema, i.e.
=.Cb[h(t)]= 1
+00
H(s} _ 00
h(t)e- st dt. (4.2)
Ricordiamo, a tal proposito, che per un sistema BIBO stabtle (sia esso causale,
anticausale oppure, in generale, non causale) la RdC della funzione di trasfe-
rimento contiene l'asse immaginario. Pertanto, sotto l'ipotesi di BIBO stabilità
(condizione sufficiente affinché la risposta in frequenza risulti ben definita), da
un confronto tra le equazioni (4.1) e (4.2), risulta evidente che
In altri termini, la risposta in frequenza del sistema può essere calcolata come
restrizione della funzione di trasferimento all'asse immaginario.
In particolare, se il sistema LTI e BIBO stabile viene assegnato attraverso
l'equazione differenziale
l) Simmetria coniugata:
I11!!' un sistema reale (equivalentemente, a risposta impulsiva reale) l'ampiezza
1111ll11.
risposta--in-frequenza è,. come già sottolineato, una funzione pari, ni.aitre
lllNIIIL fase è uria:funzione dispari. Un modo per vc~ifì~are quest-~-pr~p;~;ti;
alt.,,l'llntivoa quello adottato nèlCapitolo 2, è il seguente. Esprimiamo H(jw)
1111ll11
l'orma
1/(jw) =
roo
l-oo h(t)e-i"'tdt= roo
)_ 00 h(t)[cos(wt)-jsin(wt)]dt=a+jb,
11(-jw) = 1_+00
00
1+00
h(t)e+iwtdt = _ h(t) !cos(wt) + j sin(wt)] dt = a -
00
jb.
qyi!_l.d!,.-~_Oilcl:uciere
roHHlmno, __ che H(jw) = H(-:jw)' &r _taj.!l..,_Içl.gione.diciamo
ch11
// (~ gode della _P..1:_<?_P.r~e~~--~i Cl'.l:tl.!~~~~-a
..~il:ru11:~tEi_a (~.di_ h~~IE!.~!-~~it~).
I1111·quanto concerne l'ampiezza, in particolare, si ha
A(w)
-
= IH(jw)I . = ../a2 + b2 = IH(-jw)I = A(-w),
---------
11vv11rnl'ampiezza è una funzione pari.
l>'ILILrocanto, _la f.~_e_<.!_i
l!_(jt,))è espriJAibile n~Ila: ~c,_rma
4>(w)= arg(H(jw))
--
= arJ (a_+_jb).
4>----··-·-------···
, luVI', volendo ottenere una determinazione della fase nell'intervallo ( -'IT, 1r],as-
I
1111111111.1110
arctan(b/a), se a> O,
/2,
11" se a= O,b > O,
arg (a.+ jb) = -1r /2, se a= O,b < O,
urctan(b/o,) + 1r, se a< O,b ~ O,
11.1·ct,n11(b/ri)
- 1r, se a< O,b < O.
I 08 CAPI'i'OLO 4. RISPOSTA IN FREQUENZA lJl SISTEMI CONTINUI
Si ottiene, allora,
lim H(jw)
w-->±oo
= O.
Le coordinate polari di ciascun punto del diagramma sono A(w) e 4>(w). Per
t.nle ragione il diagramma di Nyquist 1 è anche noto con il nome di diagramma
polare.
I,11bore.tories che diede contributi sgnificativi allo studio della. stabilità degli amplificatori in
rPl,roazione. I suoi risultati sono contenuti nell'articolo seminale "Regeneration Theory", Bell
871.,tmn.~Technical Journal, Voi. 11, pp. 126-147, 1932.
2 111reitltà la funzione lnz, con z numero complesso, definita come funzione inveraa delln
fu11zioncesponenziale, è polidroma, r.on ciò intendendo che lnz assume in corrispondenza u.d
1111 li1:111nt,o
z infiniti valori, differenti 1'11110 dall'altro per multipli interi di j2'1f. Se vincolimuo
l'n.rp;ormmtodi In z a variare In (-'lf, n\ pnrlin.mn cli valore principale del logaritmo di :.
110 CAPITOLO 4. RISPOSTA IN FREQUENZA DI SISTEMI CONTINUI
3) Diagramma di Nichols
Il diagramma di Nichols trae la sua ragione di essere sempre dall'equazione
(4.6). Esso consta, infatti, di una curva nel piano complesso C: ogni punto della
curva corrisponde ad un particolare valore del parametro w E [O,+oo) e ha come
ascissa il>(w)e come ordinata lnA{w).
dove K è una costante reale, e supponiamo che la famiglia degli Zi non abbia ele-
menti in comune con la famiglia dei Pi, ovvero la rappresentazione sia irriducibile.
In tal modo gli Zi rappresentano gli zeri della funzione di trasferimento ed i Pi i
suoi poli. In base a quanto detto prima, possiamo valutare immediatamente la
risposta in frequenza del sistema, semplicemente valutando la funzione di trasfe-
rimento H(s) per s = jw. Si ottiene, in tal modo,
Atta!~~~~,_g-~~--~i __f_O,
1
jw - Pi = (-pi)(l + jWTi), Ti=-.
-p,
r; prende_ll now._e ..di. costant.ui.J;_gP.!P.Q.J'111iil:t.iYD.
J!LP<;>lo
_rea.le p, e, di fatto,
la costante. di .teI!).pOdel modo esponenziale ass~ciito ài te!'rn~_rw
l'IL[>p-;ci:;cnta
.~- p,j_Checompare al denominatore della funzione di trasferimento. rf, seppur
dclì:~tc:>in modo analogo, D;_~C_'.'I, di un'an~~.$! in~..r.:pr_et~!o_E.e. ----
e) !,_a__ (j'::'_=.2:.~l(J.~.-
coppia di fattori relativ~. a du~-~~~icomplessi col_':~_llj;~~i_i
__
:::A-),
può essere risc:_i.tta_c~~neseg~~:
(jw - z,:)(jw - zf) = -w 2 + lzkl2 - j(zk + Zk)w
112 CAPITOLO 4. RISPOSTA IN FREQUENZA D.I SISTEMI CONTINUI
Se ora poniamo
Analogamente, posto
si trova
(jw - Pk)(jw - Pk).= 1Pkl
2 (1+ j2 (k~
Wnk
- ~ ) ,
"'.'nk
2
. Iµ,' . I W W 2 ) ,,;.
Ili (1 + JWT.·)
•
' I1k( 1 + J2 (k-w' - -2
w1
(4.7)
t',:importante sottolineare, a questo punto, che, in virtù delle ben note pro-
valide per a, b E C \ {O},
lH'h1t,1\,
Il diagramma
11111 delle ampiezze che il diagramma delle fasi della risposta in fre-
può essere ottenuto come "somma algebrica" (ovvero per sovrapposizione)
111111111.n
1h11cli1lp;rnmmidelle ampiezze e delle fasi dei singoli fattori che compaiono nella
r11n11ndi Bode. Per tale ragione ci occuperemo, ora, di determinare i diagrammi
111ll11dnelci Hingoli fattori elementari.
1
2. -(.) ,vEZ;
JW V
3. (l+jw-rt,rER\{O},µEZ;
4. ( 1 + j2 (-
w w2
- 2
)µ, Wn > 0, 1(1
< 1, µ E Z.
Wr, Wn
10.5
in
:e. 10
9
I
8.5
0.5
i
.!!)
o.
I -U
:·1
·1_- -·•·· ., ~~~~-~~.' '~.i ...:J
10• 10·1 10' 101 10'
Pulsazione(rad/9ec)
iiì -5.5
.,
~
tJ
.!Il
a.
-6
----~----,-----. • -.-----------<
,i
-6.5
181
180.5
'i
s 180
!
"-
179.5 • -~
• I
179 -··
10·' 10' 10' 10'
Pul•ulone (rod/sec)
-~~ = I I=
20log (j~)" =
20(-v) log lwl ;-~Ovlogw.,
I------:
'.:
liii
...
l!.
j:j
5Dr
o
----
~:
----
..
~
.
..
J -------
~ .
·50.
-179 -
-179.5
isi
-1B0
1 -180.5
-181
10·•
Pulaazlono(rad/Ne)
89,6L
i
89c,___~~
10·•
-~~-----~J..._-~~_...,
.............
10' 10' 10 1
Pulsazione(rad/sec)
20µlog III= O,
., -~.•
IH(jw)ldB
filgU-iG~)f--~-
µ-~g(i) ::::·0°
.,.,,.~•••.•~••••
.
<'"'M .. O•••
::,j
l'er w » J¼r,
invece, il termine wr risulta predominante sul termine unitario,
fas~~erigoiio
11•cui m?~~'!:fri-
111 .bén _approssi~~~Lciajl~~~~g~~riti-ijjir:-ès~foiù:---
.......
.
..:.~~t>..
= { ~1, }~~-;-~_~:
Hlnoti che l'andamento di IH(jw)ldB per valori elevati di w è quello di una retta
111pn11denza20 µ dB/decade che attraversa l'asse delle ascisse in corrispondenza
pulsazione J¾r·
111111
40-
ii' ~.,_,1,1,t~t~t
.,
?!. 30- 1.1r~
· -,
• /l)ltJ,,
J 20-
10
A
I
j,
·,rc\.
o
BO·
:f
20.-
~ .· .
o- ..- ..• :
1D1 10.. 10' 101
Pulsazicne(rad/9ec)
iD -10 -
&
.i
E
e
-20
·lO
-40
·20
j .,io .
.9
i -60
-80
Pulsazione(radlsoc)
Val la pena, infine, di sottolineare che il segno di uno zero o polo reale (ovvero
che esso sia maggiore o minore di zero), e quindi della corrispondente r,
Il 1'111.to
111111influenza il diagramma del modulo ma unicamente quello delle fasi. Ad
1•11rn11pio,le due funzioni H1(jw) = 1 + jw e H2(jw) = 1 - jw hanno lo stesso
illn.µ;mmma delle ampiezze (con punto di spezzamento frr
= 1), ma diagrammi
il1illofosi opposti.
120 CAPITOLO 4. RISPOSTA IN FREQUENZA DI SISTEMI CONTINUI
40
iiì 30
..
~
rJ
.I 20
"-
,i
10
o
-20
j
.!!! -40
~ •BO
-80 -
,o~ 102
Pulsazione(lllll/!oc)
'::.r.!.-~W..?
dlstingu~re i tre c~! .."-' < Wn, :<:1.= ~n· Si _t~?~..,quindi,
arg(H(jw)) =_:.:.:
..~:~_[(~.,~-
:;)__~~2( :n],
2( ..!:è.)
arctan ( "; 2 , w <wn,
. ..
1- :::2"
Wn
µ- ..sgn(().
. 11:,
2 w=wn,
2( w )
arctan ( ::'2 + sgn(()·1r,
1- ;:;'l"
,. '_.,.,-~,:-!'
-,,
IJ.11
ciò consegue che, Qer valori elevati di w, l'andamento del modultlg,_l!_e,llo di
111111retta di pendenza 40µ dB/decade, passante per il punto di spezzamento
(w,;,or-·menffl aSsume,"aregime, il valore µ.sgn:fç')--:-+8~rr-pnthe8',·--d
!lI fll:se ...n:.+l--·
p1111t.o
di vista asintotico, la situazione è analoga a quella della funzione a zeri o
poli reali (1 + jw sgn(()w~J 2
µ.
so-
I
im 80°
~
s..
..
}
40
20
150
.,.
i_g 100
j
00
o
10"' 10' 10' 10'
Pulsazione
(rad/aec)
H(jw) =
...._ ,
(1- w:)µWn
IH(j~}ldB
'
= 20 log IH(jw)I = 20µ log 11- w:I·
Wn
~---·· . -·-.·--·--.
..
-
Vnl1,10110,
per l'andamento asintotico dell'ampiezza, le medesime considerazioni
r..u..con riferimento al caso (-:/:-O. Infatti
20µlog Ili= OdB, per w « Wn,
jll{.jw)ldB ~ { . --
40µ log (:.,) = 40µ logw - 40µ logwn, per W >>Wn,
Il 11l1Ll(mmmaasintotico dell'ampiezza coincide, pertanto, con quello evidenzia-
'" uni ca.'io ( :j:. O. Tuttavia il comportamento del diagramma reale si discosta
IIIM11lllcnLivamente da quello del diagramma asintotico. È infatti immediato veri-
H11m·11che per w tender.te a Wn l'ampiezza va a sgn(µ) , (-oo) dB e quindi tra
I 1lh1i,;1·nmmiasintotico e reale dell'ampiezza si verifica il massimo scostamento
jlllNHlhile,proprio in corrispondenza a Wn,
l'm· qua~~~c;Q.nç~;r_mi.Ja
f11,se,invece,_si trm,a
0°. w <wn,
~J!!_(jw)) =--{-
±µ 180°,
dov,,In.Hcelta del segno di µ 180° è completamente arbitraria. Si noti che per
.., - w,, ta fuii~ìone HB".wJj11"an:jiuJl~.
e ri-;_.iÌl.di.
r;i-iq~e~~o~_non _èciefi~!!o~ 1~
lllll'l'INpoudenzaa. Wn la fase. subisce un.a transizione__yertica.l.!:!7.
_dal valore_9.."...Jù
Ynl111·1, 1~1t180°. In questo caso, il diagramma asintotico della fase.coincide con
111111ll0 n !1tlc. · ··
M
I Vnl In pena di evidenzia:e che il valore finale assunto dalla fase può essere equivalentemente
/1 I HII" " -11-180°.l11 rt:!!.11.il.,
l11oprim11o1:1celt11o
cou~nte di interpretare il diagramma. delle fasi
ll111il.c,
1'111111• (nel 1,enso della convergenza. puntuale e per ogni w f w.,) del diagramma delle fasi
tll 11(1,.i) = (1+ j2( -=i... -~)"
....,n. ""n
per (-+ o+ e la seconda come limite del diagramma delle
f11•I1lo ll11nmclc,1,imafunzione per ( --+ o-. All'atto pratico, la determinazione del diagramma
1
I
50
iD'
:?;!.
~ ,SO
..
·=-
E
·100
-150
-200
150
1 100
~
50
o
,o• 10·1 10• ,o' ,o'
Pul&aZione
(rad/sec)
HlO
1'0
120
20
o
10'
·,
,1.,11'1l 11.l 1: Diagrammi delle fasi di H(jw) = 1 + j2( w - w 2 per (=O, 0.05, 0.1, 0.25,
0,ft,I/ /2, 1.
I
i
ç=o.os I
-50 .
~'··-~
-100
10·1 10' 10'
ui (radf&eci
Infine:
• Per 1/../2:5 1(1 < 1,invece, il diagramma delle ampiezze è tutto.al di sopra
a;11a··sua'approssimazioiie ·ashìtoiìéaper µ > o, al di sotto per µ. < o, e
quindi non interseca l'asse delle"ascisse. ... -·-·· ·-_...,.......
___
.,____
_
80
iiS 80
l!.
"
lj
.Il 40
I 20
150-
iSI 100~
J i
sor
oi__
104 10·1 10• 101 10'
Pulsazione(radlaec)
Flµ;urn 4.13: Diagrammi di Bode di H(jw) = 1 + jw½-w 2 (wn = 1,( = 1/4,µ = 1).
80
liì 80
,.
l!.
.i"- 40.
E
e
211
o
:
-~
150
:------
---- .
i.!! 100
•
IL
50 ·
:~
o
10·• 10'
Pul1ozl0n1 (radlsec)
in
~
.1
E
e
~L
:
o
·20
. _,
l
o
-so
-~ .\
"'"
~
.9!
j -100
-150 ~
Figura 4-15: rnagrammi di Bode di H(jw) . ! Jo!!., (wn = 10,( = 1/10,µ = -1).
= l+JwTIM-100
.1
(~.z.,
) { 1 • y,rc,')
•I.ti. ESERCIZI DI RIEPILOGO 120
iii) Si tracci il diagramma di Bode della risposta in frequenza del sistema per
a E {O,5, 10}.
i) 1 +i:mi
ii) i - j ro;
8
iii)
(jw + 2)3 '
1-~ 1_0.
__
iv)
l+jw '
~__-1 .
v) _10 ,
1 +jw
vi)
)2:
10 + 5.iw + lO(jw
,
1 + )'fo
(jw + 10)(10jw + 1)~--~-.
vii)
(1 + j1~ 0 )(1 + jw + (JwP
1)'
130 CAPITOLO 4. RISPOSTA IN FREQUENZA DI SISTEMI CONTINUI
J ~tS
viii) 1 + jw + (jw) 2 • lo
$(11.+<t•)
. ) jw
lX -.--
JW+ 1;
5
x) (jw + l)(jw + 5)'
jw + 10 .
xi) (jw + 0.l)(jw + 1)'
xii) jw - 1 .
jw(jw + 10)'
... ) jw -1
Xlll (jw)2 j
xiv) 10 jw + 0.01 .
(jw - 1)(j"1 + 1)
jw .
xv) (jw)2 + 1'
jw+ 1 .
xvi)
(jw) 2 + 2jw +2'
xvii) jw + 100 .
(jw + 0.l)((jw) 2 + 1)'
jw -1 .
xviii)
jw((jw) 2 + 6jw + 25)'
xix) jw + l .
(jw) 2 + 2jw + 9'
jw +0.1
xx) 10 (jw - 1)2((jw)2 + 1).
. jw(jw + 0.1)
xxi) 20 ((jw) 2 + 2j;.J + 9 ) 2 ;
jw+0.l
xxii)
(jw) 2 ((jw) 2 + l)(jw -10) 2•
ii) Hi determinino, per ciascuna delle due risposte in frequenza, gli eve:i.tuali
intervalli di frequenze in cui un segnale sinusoidale di uscita risulta ampli-
ficato rispetto al segnale sinusoidale di ingresso che lo ha generato.
M
v(t)
u(t) ='=Mg
v(t) + vo
......superficie stradaìe
•f,d2v(t)
iv. dt2 +
Ddv(t)
dt + K V (t ) = K U (t ) + Ddu(t)
dt ,
iii) Assumendo D 2 < 4KM, situazione tipica per i valori delle costanti in gioco
in un sistema fisico, si determini l'andamento qualitativo del diagramma di
Bode della risposta in frequenza precedentemente determinata.
La serie e la trasformata di
Fourier
I :1:1
134 CAPITOLO 5. LA SERlE E LA TRASHJHMATA DI FOURIER
.della. seri-e-di--FGurier:
Converge°-_Z_!l,_p_untuale
sia v(t) una funzione periodicfiJiL.12-eriodp_'fn, reale o complessa di variabile
reale.- Se--;-Vfil
è gtue~..!,~ 1 <:oul-iu~.1_a,~_i;e~~~~~l,~~e_~!~~~~~ivabi.le,
cu.u ~~·!~at_a
~T~);.:to E JR,allora v( t)_p_e>s~~e.d~
prima g~~~ralmente continua e Hmit~-~~~1::1::l9..2..!.q_
solo discontinuità eliminabili o di prima specie 2 ed è quindi una funzione limi-
tata. Sotto taµ iI>ot~sjJ_afu_n.,iione-;_;(t)risulta si~. :;i()mmabile. a che-quad.r~to
~ommabile_iD_[to,_fo_j-_'.f.Q},JJ__cpe.
eq1:1i'!'~e.11_
dir~ che_~~istO_IlC>,_iÌ!}iti,
j}spe~tiv~
mente, l'integrale - ·· · ··
{to+To
lt, lv(t) I dt < +oo
_!o..··-------·-- . -----...--·--·-·····--·
e l'integrale
. ---·---------·~"-------··--
l to
to+To
lv(t)l2 dt < +oo.
-
Una funzione v(t) periodica di periodo To che soddisfi alle suddette congj_i1:jooi
è ··ovvero,
sviluppautlé-iiiserìiùU:.Foù.r.ier; ..per _ogn.tT€-fto,t[)_±_
t~in:_cui..la
funzione ris~~~-co~!inua, val~__
l'i<:l~~tità
, 1•,'"\,.I, .. , j' _ S.(~I~(.:,',_:: 0 ~, +oo
I '1
,.,·--1'·1:1,:_(1
(1 ~--.,tt'A.
·..11--1
'i;..-~
....
,.,_~
t'A,11C\
~.) v(t) = 1: Vk ei21rkfot, ,.. (5.2)
k=-(X)
(5.3)
1Si dice che ima funzione gode "generalmente" di una data proprietà su un intervallo finii.o
[11,
b) 8e tale proprietà.è verificata su tutto [a, b) a.d esclusione di al più un numero finito di punti.
2 Si111, mm funzione definita su un insieme I ç JRe sia f E J un punto di accumulazione pm·
I ì11cui ·v non è, cont.ì:ma. f è punto di discontinuità eliminabile se esiste finito lim 1.-,I 11(t)
cd è un punto di discontinuità di prima specie He esso è un punto interno ad / cd c11it1t.mm
do11l.ro<Il 11(/) p11rt tendente a f, m11essi non c:oi11d;lo110.
finiti Hi!til limite sinistro che il 1111111,1'
136 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA THA!:WOU.MA'I'ADI FOURIER
----
k=-oo _,,,../
. .... ::*_l:~~~o--~~~!~~=~
--·~-:-k 32,,,~~:;:t~t·:=:~:·
---::;:
..~.'
-... 1
e si ha, pertanto,_lv-kl =
•- ·- -·--•••~···- ·•• • •• . .. .
lvkle arg(v-1c) = -arg(vk)•
• •• .. ___ ,,,. ----r~•••M---•-••• • '
Di conseguenza,
-1 +oo
v(t) = L lvkleJarg(v1<)ej21rkfot + Vo+ L lvkl ejarg{vk)f!21rkfot
k=-oo k=l
+oo +oo
= L lvkle-jarg(v")e-j2,rk/ot + vo+ L lvkl eiarg(vk)eJ21rkfot.
k=l k=l
Pertanto, invocando le formule di Eulero, si ottiene
--- ·--··-. -··· --- ---- -· - ··- -~-
+oo
--
11 v(t) = vo + 2 L lvklcos(21rkfot + arg(v1c)),
k=l
o, equivalentemente,
+oo
1' v(t) = vo + 2 E lvklsin(27rkfot + arg(v1c)+ 1r/2).
k=l
r,,1. SERIE DI FOURIER 137
dove, Vk E N,
Ak = 2 Re(v1c)= 2lvkl..cos(arg(v1c))
..
Vk = Vk = -1 lto+To .
v(t)e-J 21rkfotdt, k = -L, ... , -1,0, 1, ... , L.
To to
Fenomeno di Gibbs:
quando si cerca di approssimare il segnale v(t) con l1t snrin l.roncata v 1,(t),
data dalla (5,7), ha luogo un interessante fenomeno. l11fol.l.i,rnm<) evidenziai.o
n,1. SBRIE DI FOURIER 139
T
V t- E R , t- 'F± 4 + kT, k E a..,
'71
VL(l) -L-,.+oo v(l),
numi.re
1
V t- E IR,t- = ± 4
T
+ kT, k E
'71
IL.I, VL(l) --- -,
L->+oo 2
ovvm·unei punti di discontinuità VL(l) converge al valor medio tra il limite sinistro
liii li limite destro nel punto stesso (addirittura, in quei punti vL(l) = 1/2 per ogni
/~). 'I'nttavia la convergenza non avviene in modo uniforme. Di fatto, tanto più
111ti prossimi ad un punto di discontinuità tanto maggiore deve essere il valore di
/, che garantisce un errore inferiore ad una preassegnata quantità. In definitiva,
11Iclivergere di L la fiequenza delle oscillazioni del segnale sintetizzato cresce
11l,11.li oscillazioni tendono ad essere "compresse" verso le discontinuità. Questo
11m11portamento,comunemente noto come fenomeno di Gibbs, è illustrato nella
1111i,r;111mte
figura con riferimento all'onda quadra prima descritta.
1.2-
o.a-
o.,
E~
>
0.4
--'---'----·
•0,1 O 0.1
'--~-~~
O.li! 0.3 0.4
l(HC)
I 1T 1 1to+To
Pv =T-++oc
lim 2T
-T
lv(t)l2 dt =-;;;--
.LO to
lv(t)l2 dt
e, in questo caso, la quantità sulla destra è per ipotesi finita. È naturale chiedersi
se P 11 sia pure esprimibile in termini dei coefficienti di uno sviluppo in serie di
Fourier di v(t). Se facciamo riferimento allo sviluppo in serie esponenziale di v(t),
ovvero a
+oc
v(t) = L Vk ei21rkfot,
k=-oo
è possibile dimostrare che
+oo
P.}= I: lvk12 • (5.8)
k=-oo
1 1to+To _ +00
Pu,v = T, u(t)v(t) dt = L UkVk,
0 ~ k=-00
dove si è tenuto conto sia del fatto che il sistema è reale, e quindi H(O) è reale,
sia dèl~ta:t~~-~~}1?:~~-~~sq;~lt/è ;~al~. ·- -···- ·· ·· -·-
Chiaramente un'analoga relazione vale nel caso in cui, invece che alla serie
di Fourier in forma trigonometrica, si faccia riferimento alla serie di Fourier in
forma esponenziale del segna.le di ingresso u(t).
• •
yt,Q. Sot~N4L 1 (i~;--~-:
;;;~~~-0
4=n,.c;.,A-t1J)~CJP-tJ\-;?.-1,;:
(),'-IA VFS.C./2\~\'>,
5.3 La trasformata d1 Four1er ~ r-1 Ti.- f. 'rl. ,-l ~ r;::>-.~i-AS":'+-'J._
Anche per segnali non periodici è possibile fornire una descrizione in termini di
fasori. Lo strumento che ci consente di farlo è la trasformata di Fourier. Da.to un
i-;egnalea tempo continuo v(t), t E R, ne definiamo la trasformata di Fourier
come
fA<;ffP.J.'l/+Ì/o.t:>1
fMf 1.é.f..
F[·u(t)] = V(f) •
00
00
=j_...
v(t) e-j 21rft dt (5.9)
r ;),.-:.,
1·
I
,.,l.1'r
••
:
,
.1"-1[V(f)] = v(I,) = /+oo
.
V(/)
00
ei21rft df. :
, ,Al-<JI.
(~.10)
-~1l'p'.)_r;..11~
142 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TRASFOllMA'I'A DI FOURJER
~~_indicare che v(t) e V(!) sono messe in relazione tra loro dalla trasfo.~~1ata.ci!__
Fourier si utiH~z~Ja.i6taz1oiie---·- . ··-··- -·-··-- --- . ···-· .
/ v(t) LV(!). I
Adottando una nomenclatura analoga a quella utilizzata nel caso della serie di
Fourier, chiameremo la (5.10) equazione di sintesi, perché consente di "sin-
tetizzar!=l'.'v(tl_~ pa,.):t.i.rf_çia uri,;11!1fi).if~ (non nunie~abfie) 7r'.~
..
di f~prl.~! 2 ~~.-~ui
ampi.ezz~ (~m,_p)es~!l,}_è (!!)-ta~~l ~lore.. del!a..l'._~~J. L'e.<i..l!.~if>.i:i.~J!>~~.l~ce,
ver.rà.det.t.aeqnazfo.n..e ..dLanalisLperchéconsente di analizzare v(t) in termini
del suo contenuto ,i~_f~~gJ.!enza. · · · · ···--
È importante sottolineare che weutre la secie_Jii..Eourierpermette di Ca.JlPDT
sentare un segn~riodlco.,. nel_dominio della__frequenzlb_ ..com.e somma di una
successionenumerabile di fasori, la trasformata di Fourier permette di rappre-
sentare unsegnale apèrfodico
. ..- .. ' , ...·-··-·
·un·
medfa,iite ''continuo" di frequenze..... ..... ·- ·--.
.-·· ......... --------··---·----- .,. ·-·._.,,.,...,..,, ... -~------·'"'--·-
- ..
es:l
..è..una_ftm.z.iqn.~
-~--Y!!I'~one limitata su ogni intervallo finito, cq~ ciò
intendendo che per ogni inté;vaIÌofinifoT.i:iIR-vale· -·.... . .··-··. -
sup
-
I: lv(tH1) -
i" - . . ..
v(ti)I < +O(),
. ·-· .
. ~..o,·1,·.p
'"f'
./ ~(\f·U..·~.
.} ,.,.~l·t- .., I, , •. , '
c·Tz+:
1v(t)1 < +oo,__. __) 2
dt
I
. \;
i
/ lim
;B-++oo
j-B+B
V(!) ei 2w;ft df
esiste finito.
-~--------·
Val la pena evidenziare che se v(t) è -~-s~_g!l:~!~.sommabi~~-!:'-..Y.:~tl.!~Jt
presenta
- -••·•
la sua trasformata di Fourier. allora dall'equazione
...... ' ••••••··--·•"-•·-·-r-'-·-•~1w,.-•·•··• ..·..--..~"~··••,••,,.
>
di analisi
•l',,-,•:,-it.,,._,.,,,_~,.,.,,.,,~_.._,._
•- , ,•,•.,••
1+00-····
····-···-········
.··\
I ··--
iV (f) = -~~:~t dt _)
ii) Nel caso di _segnalidi energia sia Pequazi(?l'.!~di ~alisi che quella di sintesi
vanno intese nel senso della convergenza in media quadratica. Inoltre, in
questo contesto, wu.~~~·fi:~Sa llll_afi.n1z!C)ne.
a 9-!:'_adrato'soml!l_~bile.__
In
particolare, la trasformata di Fourier ristretta alla classe dei segn~i_c!!,_f,~(~
risult_iies.~~te·un~QE~ràtoùi(da L2 (R)"ìn L2 (JR)).bi_i~t~i:YQ, ~-~()ll_~~i?.~~
__ di
identificare segnali che differiscano su un insieme co11misura di Lebesgue
nulla. · · ······· · ·- --
S~v(t) E L1(1R)n L2 (1R),allora V(!) gode sia delle proprietà elencate al
punto i), con riferimento al caso di segnali sommabili, che di quelle or ora
elencate e_relative ai segnali di energia.
e) Finestra rettangolare.
La finestra rettangolare di ampiezza A e base T (entrambe reali positive), cen-
trata nell'origine, è un segnale sommabile e a variazione limitata su ogni intervallo
finito, di conseguenza esiste Lasua trasformata di Fourier e si ha
. ( ) . sin(1rx)
smc x = --~.
1TX
•-•~-~-~-~-~~-~-~-
1.5
o.s
-(),5
\ I
., ~ \ 1'
~.~t--.~~
-~-~--.,,~·
__\!~ 1
:.::r-·
1,2A+
AT-
·t
I I
O.IAll I °II
I
I
I
O.SAT
I ; i,
I I
I I
0.4A, I I
I I
I I
I
0.2A I I
I I
/'\ I
I
I
I
/\
o- V \ ! I I \./
~.2A - 'J \/
L__,.~--'----~
•BIT ·IIT •'411' -2/T o vr •rr fl{T
.IlllT
I WT(t), TE R+,
una famiglia di "finestre" (con ciò intendendo che si tratta di segnali a supporto
compatto) indicizzata sul parametro T e soddisfacente il vincolo che, al limite
per T tendente all'infinito, WT(t) converge al segnale costante di valore unitario,
i.e. per ogni valore di t E JRfissato vale
lim WT(t) = 1.
T--,+oo
Hl noli che negli esempi precedenti il parametro T risulta legato all'area e quindi
1il111.
durata del segnale (sebbene nel caso della finestra rettangolare area e du-
mt.11coincidano, mentre per la finestra triangolare la durata sia pari al doppio
ch•ll'nrea).
Al fine di calcolare la trasformata di Fourier di un assegnato segnale di potenza
R, è necessario "finestrare" il segnale, ovvero moltiplicarlo per wr(t),
11(/), /. E
in tal modo il segnale finestrato
111.t.rnwndo
Hl 11111.i
che tale definizione risulta assai naturale visto che
lim vr(t)
T->+oo
= v(t), t E R.
luoll,re la scelta della specifica famiglia di finestre non condiziona il risultato fi-
1ml11, quando tale procedura di valutazione al limite giunge a buon fine, con ciò
lut.mulcmdoche esiste limT-++oo VT(f). In definitiva, la procedura per il calcolo
1lnll11.l;rnsformata di Fourier al limite di un segnale di potenza può essere schema-
nel seguente modo:
l.ll!',1.u.t.n
a) Segnale costante.
Il segnale costante v(t) = A, t E R, con A numero reale, è banalmente un
segnale di potenza. La sua trasformata di Fourier al limite può essere calcolata
operando come descritto in precedenza. Infatti, il segnale può essere finestrato
ricorrendo ad una famiglia di finestre rettangolari indiciate su TE R+, ottenendo
in tal modo la famiglia di segnali (sommabili e a variazione limitata)
Infatti, per T _. +oo, il segnale VT(f), la cui area è pari ad A, V TE R+, tende
a "concentrarsi" in un intorno sempre più piccolo dello zero, mentre il valore
nell'origine diverge. ln conclusione
b) Fasore AeJ21f/ot.
Il segnale v(t) = Ae,i2irfot, t E R, è un segnale di potenza ed ha come trasfor-
mata di Fourier al limite l'impulso di Dirac applicato in /o, ovvero
Questo risultato può essere ricavato attraverso il calcolo del limite della trasfor-
mata di Fourier dell2. famiglia di segnali finestrati VT ( t) = AeJ21Tfot II ( T E f),
lR+ La trasformata di Fourier di VT (t) è data da
Passando al limite per T _. +oo, come nella (5.11), si ottiene la (5.13). Si noti
che La trasformata di Fourier di v(t) consta di un solo impulso localizzato alla
frequenza /o, ovvera di una riga spettrale alla frequenza / 0 .
5.3. LA TRASFORMATA DI FOURIER 149
e) Segnale sinusoidale.
Il calcolo della trasformata di Fourier per il segnale sinusoidale v(t) = A·
cos(211'/ot+ ef,),t E JR,può essere effettuato sfruttando la formula di Eulero, la
linearità dell'integrale e il risultato precedente. In tal modo si ottiene
ei(21rfot+t/,) + e-i(21rfot+,J,)]
V(f) = .1'[Acos(21t/ot + cp)]= :F [ A 2
= 1 +
:F [e-1(21rfot+t/,)] 1.r [e-j(2,rfot+t/>)]
A.,. A ..,_
= 2 e1"'6(f - lo) + 2 e- 3"'o(f + / 0 ).
Quindi la trasformata di Fourier del segnale sinusoidale è costituita da due impulsi
di Dirac (due righe spettrali) collocati in ±/ 0 •
d) Funzione segno.
La trasformata della funzione segno
:,: 1
sgn(t) t-+ -:--f. (5.14)
JTr
e) Funzione gradino.
Per la funzione gradino è sufficiente osservare che
L1(t) = 21 (1 + sgn(t)).
Sfruttando la linearità de]'integrale e le trasformate di Fourier precedentemente
ottenute per la funzione costante e la funzione segno si ottiene, allora,
(5.15}
150 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TRAS1''01iMATA DI FOURlER
a) Impulso di Dirac.
Utilizzando l'equazione di analisi della trasformata di Fourler e la p:oprietà
di campionamento òell'impulso, è immediato ottenere la trasformata di Fourier
dell'impulso di Dirac nella forma
V(f) = 1_:00
6(t)e-j 2r.ftdt = e-; 2r.JO = 1.
Più in generale, è immediato verificare che
A6(t - to) ~ Ae-i 2r.fto. (5.16)
-
6r(t) = lira L -r ·Il (t---rkT)
+oo 1
-r-+Ok=-oo
.
v,-(t) ,l: ~
+oo 1
r .Il (t-,,-- kT)
k=-oo
r...'1. LA TRASFORMATADI FOURIER 151
rmò essere rappresentato come somma della sua serie esponenziale di Fourier,
ovvero come
1 ~
vr(t) = T L, sioc
(k'T')
T e}r-2,rkt .
k=-oo
Passando al limite per T tendente a zero, troviamo per JT(t) la seguente rappre-
1mntazione
-
5r(t) = r-+O
lim vr(t) = lim -T
1 +oo
L (kT)
sinc -T
·2,r
e}ykt
1
= T-
+oo
L ·2,r
e}rkt.
-r-+O
k=-oo k=-oo
(5.17}
I ) Linearità:
La trasformata di Fourier è lineare in virtù della linearità dell'integrale (già
Not.1.olineatanei precedenti esempi). Pertanto se ½(f) = F(vi(t)], i= 1, 2, allora,
por ogni scelta dei coefficienti a1 e a2 in e, si ha
2) Riflessione e coniugazione:
È facile verificare che ad una riflessione nel dominio del tempo corrisponde
1111ariflessione neldominio della frequenza e viceversa, cioè, se definiamo v-(t) ==
11(-t) e similmente v-(f) ==V(-1), vale
152 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TRASJ.'OilMATA DI FOURIEH
e
v-(t) d.+ V(!).
Come conseguenza delle precedenti proprietà, è immediato verificare che se v(t)
è reale (e quindi coincide con v(t)) la sua trasformata è a simmetria coniugata o
hermitiana, cioè V(!) = v-(f) e, quindi, il suo modulo è una funzione pari e la
sua fase una funzione dispari. Questo assicura che la trasformata di Fourier di un
segnale reale possa essere rappresentata solo per frequenze positive (osservazione
del tutto in linea con le considerazioni fatte in precedenza, qel Capitolo 4).
R fadle verificare che se 11(t)è pari, oltre che reale, la sua trasformata è reale e
pari; analogamente, se v(t) è reale e dispari allora V(!) è puramente immaginaria
e dispari e, infine, se v(t) è un segnale puramente immaginario, allora V(!) è
antihermitiana, ovvero V(!) = -V-(!).
3) Cambiamento di scala:
È immediato verificare che V r E lR+ \ {O}
-oo r
f) df = v(r · O)= v(O) = /+ V (f) df.
/_ +x, -1 · V ( -
r
00
-oo
6) Convoluzione:
Se v1(t) e v2(t) sono due segnali dotati di trasformata di Fourier, per i quali
il prodotto di convoluzione esiste e ammette trasformata di Fourier 5 allora vale
il seguente risultato:
V(!) = H(f)U(f),
dove si sono indicate con V(!) ed U(f) le trasformate di Fourier dell'uscita e
dell'ingresso del sistema e con H(f) la sua risposta in frequenza (espressa in
funzione della variabile f invece che della pulsazione w) che altro non è che la
trasformata di Fourier della risposta impulsiva. Tale relazione evidenzia che un
sistema LTI è "selettivo in frequenza", ovvero opera in modo selettivo (puntuale)
sulle diverse componenti fasoriali dell'ingresso, dal momento che il contenuto in
frequenza del segnale di ingresso ad una specifica frequenza /o viene trasmesso in
uscita modificato secondo il fattore H(fo). In particolare, se H(fo) = O, il fasore
ei 21r/ot non viene trasmesso in uscita. Pertanto le componenti fasoriali dell'uscita
sono (al più) quelle presenti nel segnale d'ingresso.
5Ciò si verifica, in particolare, so I duo PlllgnnliKUIIOsommabili oppure a quadrato sornrnabil!l
(segnali di energia).
154 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA TRASJ<,ORMATA DI FOURIER
7) Modulazione generalizzata:
È la proprietà duaJe della convoluzione e viene espressa nel seguente modo:
La proprietà è valida tutte le volte che i segnali v1(t), v2(t) e v1(t )v2(t) ammetta-
no trasformata di Fourier e la convoluzione tra Vi(/) e V2(f) risulti ben definita.
8) Derivazione:
Se v(t) è una funzione derivabile e dotata di trasformata di Fourier V(l) e se
dv(t)/dt è a sua volta dotata di trasformata di Fourier, allora vale la relazione:
9) Integrazione:
Se v(t) ammette trasformata di Fourier, V(!), ed esiste la trasformata di
Fourier della funzione integrale di v(t), t
00 v(T)dr, allora essa è legata a V(!)
dalla relazione
[
00
v(r)dr ~ ;~J
+ ½· V{0)6(f).
Si noti che l'operazione di integrazione nel dominio del tempo non dà luogo ad
una mera operazione di divisione per j21rf in frequenza. Questa proprietà può
essere vista come un corollario della proprietà 6), dal momento che la funzione
integrale J~ 00 v(r)dr coincide con [v * L1](t).
Osserviamo che [repTv] (t) e [samprv) (t) possono essere ottenuti, rispettiva-
mente, come prodotto di convoluzione e prodotto (ordinario) di v(t} e del treno
campionatore ideale c½-(t)= z::t~oo
'5(t - kT), i.e.
[v* 8r)(t),
(5.20)
v(t) · 8r(t).
Di conseguenza, una volta nota (se esiste) la trasformata di Fourier V(f) di v(t), è
immediato calcolare la trasformata di Fourier sia della versione replicata di passo
'l' che della versione campionata con passo T del segnale v(t). Infatti, applicando,
riHpettivamente, la proprietà di convoluzione e ta,proprietà di modulazione gene-
mlizzata ed utilizzando la trasformata del treno campionatore, troviamo
del segnale ii(t) ad un generico intervallo [to,to +T) di lunghezza pari al periodo,
c:on ciò intendendo
v(t) =={ ii(t), se t_E [to,_to+ T),
O, altrimenti,
fornisce sempre un possibile generatore.
Se v(t) è un arbitrario generatore e ricorriamo alla rappresentazione
ii(t) = [repTv] (t),
possiamo utilizzare la prima delle due trasformate in (5.21), ottenendo, b tal
modo, la trasformata di Fourier del segnale periodico ii(t) nella forma
V(!)=½
k~oo V (t) 6 (1- ;) ,
dove V(f) rappresenta la tra.sformata del segnale generatore utilizz1:1.Lo.
Poiché la precedente espressione vale indipendentemente dallo specifico gene-
ratore v(t) scelto, ne consegue che, pur cambiando v(t) e quindi V(!), i valori
di V(f) in corrispondenza ai punti k/T sono sempre i medesimi. La precedente
relazione evidenzia anche che un segnale periodico ha uno spettro a righe: la riga
k-esima corrisponde alla frequenza k/T (all'impulso di Dirac. collocato in k/T)
ed ha area~· V (f ).
Poichè di un segnale periodico si definisce anche lo sviluppo in serie di Fourier,
è naturale chiedersi quale sia il legame esistente tra il suo sviluppo in serie e la
sua trasformata di Fourier. Dall'espressione
+oo
ii(t) = L Vk ei 2,r:f.t
k=-oo
è immediato dedurre la trasformata di Fourier del segnale ii(t)
Vk=;y;·V(t),
kEZ. (5.22)
Da un punto di vista operativo è quindi possi~ile calcolare i coefficienti delJa serie
di Fourier utilizzando la (5.22). Tale procedura risulta utile tutte le volte che sia
nota la trasformata di Fourier di un opportuno generatore di tì{t).
5.5. CONVERSIONE DAL CONTINUO AL DISCRETO 157
Il problema può quindi essere riformulato come quello di stabilire se e sotto quali
ipotesi sia possibile ricostruire va(t) a partire da [samprva] (t).
Ricordando che ad un campionamento nel tempo corrisponde una replicazione
in frequenza, il legame tra !sampTva] (t) e la sua trasformata di Fourier è dato da
T1 Tk)= fc
+oo ( +oo
[samPTva] (t) ~ L Va f - L V,.(! - kfc), (5.23)
k=-oo k=-oo
ri.ti. IL TEOREMA DEL CAMPIONAMENTO 159
1_:(;J
00
Il e-J 21rftdt = T1 · sinc (/T1)
··-----------
11Vnlh, pena di evidenziare come il teorema del campiono.mento ideai.e si estenda facilmente
nl 1·11Nodi segnali a valori co:nplessi a condizione di assumere come frequenza di Nyquiat IN =
/I~ -- /l 1 , dove B 1 e B2 rappresentano, rispettivamente, l'estremo inferiore e l'estremo superiore
• 1h11 Hll(>)IC>rto di JV.,(f)I,di campionare con frequenza. di campionamento le > IN e di utilizza.re
11111111.ro
cli ricostruzione la cui risposta in frequenza sia del tipo
Hr(/) = T · n ( I - ~~)) ,
Sfruttando, ora, il fatto che la finestra rettangolare è una funzione pari, si trova
f
k=-oc
v(k) sinc c-/T).
La precedente formula di ricostruzione, espressa nel dominio del tempo, va sotto
il nome di formula di interpolazione ideale o formula di Shannon.
=
avendo posto p(t) <'-1(t) - <'-1(t -T), calcoliamo la trasformata di Fourier di
VsH(t). A tal fine, riscrivendo VSH(t) nella forma
5. 7 Quantizzazione e codifica
L'operazione di quantizzazione trasforma un segnale a tempo discreto e ampiezza
reale v(k), k E Z, in un segnale v(k), k E Z, •a tempo discreto e ampiezza che
varia in un insiemo finito Q e R, i.e.
5.7. QUANTIZZAZIONE E CODIFICA 163
Gli elementi -01,... ,VM, sono solitamente chiamati livelli di restituzione del
quantizzatore e sono elencati, senza perdita di generalità, in ordine crescente.
In particolare, -01e VM sono i livelli di restituzione esterni, mentre i rimanenti
valori, -02,... , iìM-1, sono i livelli di restituzione interni. La cardinalità Mdi Q
ò, di norma, una potenza di 2, ovvero M = 2n con n intero positivo.
Un quantizzatore realizza una mappa senza memoria, non lineare e a tempo
discreto,
iì(k) = Q[v(k)), kEZ.
-a
-2a
-3a
I11oltreun sistema di questo tipo consente di ottenere una versione non distorta del
Htignaleu(t) quando ad esso risulti sovrapposto un "disturbo" il cui conte:mto in
frequenza sia tutto esterno alla banda [- h, IL].Chiameremo banda passante e
handa oscura del filtro passa-basso ideale {5.25), rispettivamente, gli intervalli di
fr1iq11enze(-h, h) e (-oo,-h)U(h, +oo). Nella banda oscura l'ampiezza della
riHpm;tain frequenza del filtro è identicamente nulla, mentre in banda passante
11Hsnme un valore costante (diverso da zero).
Con riferimento alla stabilità BIBO, invece, è sufficiente osservare che HLPFU)
non è una funzione continua e quindi non può essere la trasformata di Fourier di
un segnale sommabile. Ma poiché, come evidenziato nella Proposizione 2.4.1, la
1mmmabilità della risposta impulsiva è condizione necessaria e sufficiente per la
i,;tabilità BIBO di un sistema LTI, ne consegue che il filtro in esame non è BIBO
stabile.
I filtri ideali possono essere solo approssimati nella pratica ed i filtri fisica-
mente realizzabili si discostano dal comportamento ideale in quanto
1+6
Operando con filtri a risposta impulsiva reale, la cui risposta in frequenza ha.
1tmpiezza che è una funzione pari, in generale prendiamo in considerazione solo le
frequenze positive per cui tale condizione è verificata. In conformità con questa
Hcelta, l'ampiezza di ts.le intervallo (contenuto in lR+) è nota in letteratura come
(larghezza di) banda monolatera a 3 dB del filtro. In questo esempio specifico
hi larghezza di banda monola.tera a 3 dB coincide con B3.
Mr ==maxJH(f)J
/'?:.O
= max
f'?:,O
A(/);
Chiaramente Ba = h - /1,
170 CAPITOLO 5. LA SERJE E LA TRASI<'UHMATA DI FOURJER
D'altra parte
Da ciò segue
&u = 1: 1:
00
lu(t)l 2 dt = 00
IU(f)l 2df.
Sv.(J) ==IU(/)12
viene chiamata densità spettrale di energia (ESD, dall'inglese energy spectral
~ensity): essa, infatti, rappresenta la distribuzione dell'energia del se_gnaleallu
diverse frequenze. Per meglio comprendere questo fatto osserviamo che se il
segnale di energia u(t) viene applicato come ingresso ad un sistema (complesso)
LTI con risposta in frequenza
-
H(f) = II (f- lo)' /o E R, 6./ E IRh
26.f
!UJ. CARATTERIZZAZIONE ENERGETICA DEI SEGNALI 171
l'energia del segnale in uscita (ovvero quella del segnale di ingresso nell'intervallo
di frequenze (/o - 6./, /o+ 6./)), è data da
1 +00 _
-oo
IH(f)l 2 IU(f)l 2 d/ =
/,fo+t:,.J
Ja-fl.J
IU(f)l 2 df =
J,fo+t:,.f
Jo-fl.J
Su(f)df
e• pertanto
TER
Ru(r)
rOCJ
==.f_00 u(t) u(I. - r)dt, TER,
172 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA Tll.ASl<'Oll.MATA DI FOURIER
e pertanto
Su1u2 (!) ==U1(f)U2(!).
La densità spettrale di energia mutua tra i segnali u1(t) e u2(t) rappresenta la
distribuzione in frequenza dell'energia mutua, l"u1u2 , tra u1(t) e u2(t). Inobe, è
facile verificare che se u1(t) e u2(t) sono segnali di energia e u(t) = u 1(t) + u2(t),
allora la densità spettrale di energia di u è data da
Ru 1 u2 (r) == lim
1 f+Tu1(t)u2(t - r)dt, JR.
T-->+oo 2T -T
TE
n,41u 2 (r) misura il grado di similitudine tra u1 {t) e u2(t-r). Va tuttavia eviden-
:1.iatoche la funzione di mutua correlazione, nel caso di segnali di potenza, non
e'!a l'igore interpretabile come un prodotto scalare. Per u1(t) = u2(t) = u(t) la
l'unzione di mutua correlazione degenera nella funzione di auto-correlazione
di u(t), i.e.
1
Ru(r) == lim -T
J_+T
u(t)u(t - r)dt, TE JR.,
T-++oo 2 -T
,;: (/) _ .
11m U1T(/)fhi(J)
'-'u1u2 -
T--++oo
2T ,
Infine, è facile verificare che se u1(t) e u2(t) sono segnali di potenza e u(t) =
,. 1 (t) + u 2 (t) è un segnale di potenza, allora la densità spettrale di potenza di u
\ data da
1 B99
S,.,(f)df = 0.99 · eu= 0.99 · 1+00
Su(f)df (5.26)
-B99 -oc
L:: 9
S.,(f)df = 0.99 · 'Pu = 0.99 · 1-: Su(/)dJ (5.27)
cd fu= A 2T. Si verifica facilmente che tale equazione può essere risolta rispetto
a BggT ottenendo BfJ9T ~ 10.28 ovvero B99 ~ 10,j,2 8•
,I.
L -)t, .1 ~ c:c:1.ic.. + lc.os ( ln S,i) ~
( 1 r,1--f)
iv) v(t) ={
A sin(21rfot), t E [ 2}0 ,t};J,k pari,
O, t E [¼o, Wo],
k dispari.
Vt
v(t) = To.
i) Si determini lo sviluppo in serie di Fourier esponenziale di v(t).
dv(t) R R
~ +L v(t) = L u(t).
i) Calcolare la risposta in frequenza del sistema e tracciarne il diagramma di
Bode.
,r,,10. ESERCIZI DI RIEPILOGO 177
y3(t) v(t)
LPF 1----i 2 Re(·)
ej21r/ot
ovvero
1. u(t) viene moltiplicato per un fasore ottenendo
2cos(2'1T/ot+ <{))
-
u(t)
HPF
y3(t)~
-~
2 cos(21rfit) 2 cos(21rht)
,,vvero
risposta in frequenza
HLPFU) = II(2~L)
' B:::;;IL :5 !1 + h,
ottenendo v(t).
È richiesto di
dv(t) R
- dt + -L v(t) = -RL u(t).
Supponiamo che il sistema venga sollecitato dal segnale di ingresso
u(t) = 2_
r.t
sin(rrt), t E lii.
lv) Si calcoli l'espressione della densità spettrale mutua dei due segnali di in-
gresso ed uscita.
u(t) v(t)
H1(jw)
s(t) s(t)
s(t) = repr[II(~)],
Hi(jw) A II(w ~ ~) + A II(w; ~),
H2(jw) = II(; )·
I) I)ctcrminare, in termini di T, la massima pulsazione che può essere presente
11ullospettro del segnale u(t) affinché v(t) sia proporzionale a u(t) (ovvero
allinché il sistema complessivo sia equivalente ad un amplificatore).
Il) J\HHmnendoche u(t) sia a banda limitata, con banda che soddisfi il vincolo
dPlerminato al punto i), si esprima il guadagno del sistema complessivo
( 1,vvero la costante di proporzionalità di cui al punto i)) in termini di A e
'/'.
182 CAPITOLO 5. LA SERIE E LA 'l'RASl<'OHMATA DI FOURIEU.
cos(2t)
è data da
. )
H( JW = 2e-j3w II (w)
4 , w E lR.
u(k) v(k)
Sistema a tempo discreto
ingresso uscita
l.l11earità:
1111sistema a tempo discreto è lineare se per esso vale il principio di sovrap-
degli effetti ovvero se Hoclclit;fit
1111.~ixione la seguente condizione: se all'ingresso
11!1l(A:)conisponde l'uscita v( 1)(A:)11n.ll'inp;rmiso
u( 2)(k) corrisponde l'uscita v( 2)(A:),
184 CAPITOLO 6. SIS'l'BMl A TEMPO DISCRETO
Tempo-Invarianza: ,'I
un sistema dinamico a tempo discreto viene detto tempo-invariante se 11·
traslazione nel tempo delle cause provoca la medesima traslazione nel tempo ·
degli effetti. Diciamo che il sistema è tempo-invariante (ricordando, però, 11
precisazione fatta prima sulla situazione in cui ci siano altre cause agenti stil'I
sistema, oltre all'ingresso u(k)) se per ogni coppia ingresso/uscita (u, v) e per ognl
d E Z, la risposta del sistema all'ingresso [udu](k) = u(k-d) è [o-dv](k)= v(k-d), ·
,,
Causalità:
un sistema a tempo discreto viene detto causale o non anticipatorio se:
ogni causa non viene mai preceduta dal corrispondente effetto. In altre parole,
un sistema è causale se per ogni istante k E Z l'uscita del sistema al tempo k ti
indipendente dall'evoluzione del segnale in ingresso negli istanti successivi a le,
I diversi concetti di stabilità sono già stati introdotti nel Capitolo 2 per l
sistemi LTI a tempo continuo e, da un punto di vista formale, si estendono In
modo diretto al caso discreto. I dettagli matematici delle specifiche tipologie
di stabilità per sistemi a tempo discreto verranno presi in esame più avanti 1101
capitolo.
. l M-1
v~k) =M L u(k - i), k EZ.
i=O
Pet'tanto l'uscita v(k) è una funzione esplicita di u(k - i), i= O, ... ,m, ovvero
l! una combinazione lineare dei valori assunti dall'ingresso all'istante corrente e
in alcuni istanti precedenti: per questo motivo parliamo di modello a media
mobile (MA, dall'inglese moving average). Il modello MA descritto dalla (6.3)
è chiaramente LTI e causale.
D'altra parte, se m = O l'equazione (6.1) diventa
n
Lai v(k - i) = bou(k), kEZ,
i=O
1! otteniamo un cosiddetto modello autoregressivo (AR, dall'inglese autore-
grcssive). In tal caso, infatti, l'uscita v al tempo k è ottenuta, una volta noto il
mmpione u(k), mediante regressione sui valori assunti dall'uscita negli n istanti
prncedenti, k - 1, k - 2, ... , k - n.
Ogni sistP.ma descritto dall'equazione (6.2) può sempre essere pensato come
In serie del modello MA
m
z(k) = Lbiu(k - i), k EZ,
i=O
e,del modello AR n
Laiv(k - i)= z(k), k E Z. (6.4)
i=O
Pm questo motivo i modelli (6.2) sono anche noti in letteratura come modelli
nutoregressivi a media mobile (ARMA, dall'inglese autoregressive-moving
nverage).
o, equivalentemente, mediante la
m b n-1
v(k) = L .....!..u(k + n - ì) - L ai v(k + n - i), k < -n. (6.6)
i=O a.,. i-O lln
111icadel sistema su Z+. È facile rendersi conto del fatto che il calcolo di v(k)
p11rk ~ O richiede unicamente la conoscenza di v( - I), v ( - 2), ... , v ( -n) e dei
vnlori assunti dalla successione di ingresso u(k) per k ~ -m. Pertanto possiamo
pm1sare ai valori assunti da v( k) negli n istanti antecedenti k = O e ai valori di
n( k) negli m istanti antecedenti k = O come alle "condizioni iniziali" del sistema,
, lai momento che esse riassumono lo "stato" del sistema al tempo k = O come
mnseguenza delle sollecitazioni a cui è stato sottoposto negli istanti k < O. La
rm1trizionedella successione di ingresso u( k) agli istanti non negativi _rappresenta,
i11vece,la seconda causa agente sul sistema, ovvero l"'ingresso forzante", In tal
111odopossiamo ancora una volta pensare alla successione di uscita v(k) come
somma di una componente di evoluzione libera v,, che rappresenta la risposta del
siHtema a partire dalle assegnate condizioni iniziali quando il segnale di ingresso
sia nullo per k E Z+, e di una componente di evoluzione forzata VJ, che rap-
iiresenta la risposta del sistema quando esso viene sollecitato dalla sequenza di
i11gressou(k)1L1 (k) a partire· da condizioni iniziali (su ingresso ed uscita) identi-
mmente nulle. Come ved::-emonel seguito, la risposta forzata è sempre esprimibile
mediante un prodotto di convoluzione (discreto).
Nel caso particolare in cui u(-1) = u(-2) = ... = u(-m) = O, si ottiene la
, lccomposizione
v(k) = vt(k) + v1(k), kEZ+,
dove vi tiene conto delle sole condizioni iniziali sull'uscita, ovvero rappresenta la
soluzione dell'equazione:
n
Laiv(k - i) = O, (6.7)
i=O
lecitato in ingresso da
m
z(k) = L bi u(k - i), kEZ.
i=O
Tenuto conto del fatto che l'uscita del sistema (6.4) dipende, per k ~ O, solo da
z(k), per k ~ O, e dall'insieme delle condizioni iniziali
v,mdo n e radici tutte non nulle. Se >.1,>..2, ... , Àr sono le r $ n soluzioni (com-
plrn1se)distinte della (6.9), note come radici caratteristiche dell'equazione, e
l'·I ,/L2,,,,, µr E N rappresentano le rispettive molteplicità (Er=l µ, = n), la com-
ponente di evoluzione libera dell'uscita può essere espressa nella forma:
(6.10)
por opportuni coefficienti (complessi) c;,e,funzioni della specifica scelta delle con-
di:t.iuni iniziali. Valgono anche per le equazioni alle differenze a coefficienti reali
I" medesime considerazioni fatte, nel Capitolo 2, in relazione alle eventuali radici
c·omplesse (e ai relativi coefficienti) dell'equazione caratteristica.
Le successioni
... '
kµ;-l
{ ---, ·Ài
k} , i E {1,2, ... ,r},
(µi - l). kEZ
kt . >,k
i!
= kli! p k ej9k - ke k [ (Ok) .. (Ok)]
- l! p cos + J sm , k E Z,
ke k k' -k
1,·>-, e,·>-, e= o,1, ... , µ - 1,
kt k A·'
l! p cos(0k), ;, l Hin((JA:), f = o,1, ... ,µ, - l.
192 CAPITOLO 6. SISTEMI A TEMPO DISCRETO
e quindi essere visto come la versione campionata (ad istanti interi) del modo
continuo ti eµt, t E R, con µ = ln p + j8. Questa semplice osservazione ci sarà
utile, nel seguito, per l'analisi della stabilità asintotica.
vt(k) = c1(-I)'\
dove c1 è una costante da definire. Il vincolo V-1 = w(-1) -eh ci port,n
all'espressione finale
v(k) .- v(k - 2) = O, k ~ O.
6.3. MODELLI DESCRITTI DA EQUAZIONI ALLE DIFFERENZE 193
Le condizioni iniziali del sistema sono v(-1) = V-1 e v(-2) = "'-2· L'equazione
caratteristica del sistema è
z 2 -1 = O
le cui radici (entrambe semplici) sono >.1= 1 e >.2= -1. Pertanto l'evoluzione
libera del sistema è descritta, in generale, dalla seguente successione:
z2 - z + ~ = (z - ~ r =0
ed ha un'unica radice >..1= ½di molteplicità 2. Pertanto l'evoluzione libera del
sistema è descritta, in generale, dalla seguente successione:
1 1 1
ve(k) = c1 2k + c2 k 2k = (c1 + c2 k) 2k,
dove c1 e c2 sono costanti da determinare. I vincoli
Si noti che, dal momento che il sistema è causale, e l'unica causa e.gente,
ovvero l'ingresso impulsivo, agisce all'istante k = O, la risposta impuls:va, in
quanto effetto corrispondente, è nulla per k < O. Per questo motivo la risposta
impulsiva è univocamente determinata dalla sua restrizione su Z+, ovvero da
h(k),k E Z+-
+oo
[v1* v2](k) ,;, L v1(k - i)v2(i)
i=-oo
+oo
= L v1(i)v2(k - i), k E .Z. (6.11)
i=-oo
k k
VJ(k) = L h(k - i)u(i) = Eh(i)u(k - i). (6.13)
i=O i=O
Il fatto che h(k) sia nulla per k < O, eventualmente assieme all'ipotesi che il
segnale di ingresso sia nullo per k < O, porta immediatamente alle due equazioni
presenti nell'enunciato. •
1, per k = O,
h(k) = { -2, per k 2::1, k dispari,
2, per k ~ 1, k pari.
rale successione si può riscrivere in forma compatta nel seguente modo:
,,vvero
v(O) = u(O).
I'.-r k =l abbiamo
v(l) + v(O) = u(l)-:-- u(O),
,,vvero
v(l) = u{l) - u(O) - u(O) = u(l) - 2u(0).
I 11ir k = 2 abbiamo
v(2) + v(l) = u{2) - u(l),
,,vvero
v(2) = u(2) - u(l) - u(l) +2u(0) = u(2) - 2u(l) + 2u(0).
I 11ir k = 3 abbiamo
v(3) + v(2) = u(3) - u(2),
,,vvero
v(3) = u(3) - u(2) - u(2) + 2u(l) - 2u(0) = u(3) - 2u{2) + 2u(l) - 2u(0).
I11 definitiva
k-1
v(k) = v1(k) = u(k) + 2 2)-il-iu(i), kEZ.
i=O
Per k = 3 abbiamo
h(3) - h(l) = 0(2) + 20(1) = o,
ovvero
h(3) = h(l) = 1.
Per k = 4 abbiamo
h(4) - h(2) = '5(3)+ 2<5(2)= o,
ovvero
h(4) = h(2) = 2.
In pratica si nota che per valori di k~ 3 il secondo membro dell'equazione alle
differenze è identicamente nullo e quindi la risposta impulsiva (ovvero l'UBcita
forzata in corrispondenza all'impulso discreto) si aggiorna secondo l'equazione
che altro non è che l'equazione alle differenze omogenea associata, ovvero l'equazio-
ne che regola la dinamica di evoluzione libera del sistema. Pertanto
o, k $ o,
h(k) = { 1, k ~ 1, k dispari,
2, k ~ 1, k pari,
ovvero
h(k) = G+ c-1t½) 6-1(k- 1).
1 m
h(k) =-
ao
E bio(k -
i=O
i).
1) In virtù della causalità del sistema, la risposta impulsiva è nulla per k < O.
2) L'ingresso impulsivo è non nullo solo all'istante k = O, tuttavia, poiché
t
t==O
bi 8(k _ i)I =
k==j
bj, j E {0,1, ... ,m},
(6.15)
NI' '/1/, ~n
m-n r JL;-l kt
h(A:)= L di 8(k-i)+ L L di,t >.fti" L1(k- m+n-1), {6.16)
i==O i==l l==O .
z 2 -1 = O,
a cui corrispondono le due radici ca.ratteristiche >.1= 1 e >.2= -1. Di con-
seguenza, la risposta impulsiva può essere espressa come combinazione lineare,
secondo opportuni coefficienti, dei due modi lk e (-1)" a cui va aggiunto un
termine impulsivo che tenga conto del valore assunto dalla risposta impulsiva
all'istante k = O. Abbiamo, allora, per la h(k) un'espression~ generale del tipo
h(0) = do= O,
h(l) = d1,o- d2,o= 1,
h(2) = d1,o+ d2,o= 2,
otteniamo subito
In altre parole,
6.4. STABILITÀ DI MODELLI ARMA 201
lim Vt(k) = 0.
k-++oo
• BIBO stabile se esso risponde con uscita limitata ad ogni segnale di in-
gresso limitato, ovvero per ogni segnale di ingresso u(k), k E .Z,per il quale
esiste Mu tale eh.e Ju(k)I < M,., per ogni k E .Z, la corrispondente uscita
v(k) soddisfa lv(k)I < Mv per ogni k E .Z, per un opportuno Mv-
Ì)immediato rendersi conto del fatto che i modi sono tutti convergenti a zero se
e solo se In Pi < O per ogni i, ovvero Pi = IÀi I < 1, per ogni i.
Analogamente, in virtù della PropoHizione 6.3.6, è possibile estendere la.carat-
terizzazione della stabilità BIBO ottm111t;unel caso continuo e affermare che uri
202 CAPITOLO 6. SISTl~Ml A TEMPO DISCRETO
Kistema LTI causale e a tempo discreto è BIBO stabile se e solo se la sua risposta
impulsiva h(k), k e Z, è sommabile, ovvero
+oo
L lh(k)I < +oo.
k=O
Dalle espressioni de:.-ivate per la risposta impulsiva di un sistema LTI causale
e a tempo discreto descritto dalla (6.2), ne consegue che tale sistema è BIBO
stabile se e solo se i modi elementari che compaiono con coefficiente non nullo
nell'espressione della risposta impulsiva sono tutti convergenti a zero. Ovvia.-
mente, come immediata conseguenza della precedente analisi, la stabilità asinto•
tica implica la stabilità BIBO mentre il viceversa non è in generale vero.
Chiaramente il sistema così definito risulta LTI e la risposta impulsiva del sistema·
coincide proprio con h(k),·dal momento che [h * 8](k) = h(k).
Come nel c8.'lo continuo, questo approccio permette di descrivere una clas110
piì1 ampia di sistemi LTI. Inoltre, come per i sistemi LTI a tempo continuo, le
proprietà di causalità e stabilità BIBO (la cui definizione coincide con quella clntn
pm i sistemi (6.2) nella Definizione 6.4.1) possono essere caratterizzate in termini
della risposta impulsiva.
Si dimostra facilmente, infatti, che un sistema LTI a tempo discreto di rispoHtl~
impulsiva h(k), k E Z, è
• causale se e solo se
h(k) = O, V k < O;
ti.6. TRASFORMATA ZETA 203
Valgono anche per il caso discreto le medesime considerazioni fatte nel caso
continuo relativamente alla connessione in serie o in parallelo di sistemi LTI (di
m;segnata risposta impulsiva). Infatti, siano E 1 e E2 due sistemi LTI, rispettiva-
111entedi risposta impu~siva h1 e h2. Allora il sistema ottenuto ponendo !:2 in
Ht!riea E1 è LTI ed ha risposta impulsiva h = h2 * h1, Analogamente, il sistema
ottenuto ponendo E 1 e E2 in parallelo è LTI ed ha risposta impulsiva h = h1-h2.
Si può inoltre dimostrare che la causalità (la stabilità BIBO) dei due sistemi
componenti assicura la medesima proprietà. del sistema serie o parallelo. Tuttavia
ìi importante sottolineare che in generale non vale il viceversa, dal momento che
iI 8istema può possedere tali proprietà senza che necessariamente le possiedano
,mtrambi i sistemi.
{zEC:lzl>r}, r E lR+.
come conseguenza del principio di identità delle serie di potenze, è possibile sta-
bilire una corrispondenza biunivoca tra successioni causali (con ciò intendendo,
come nel caso continuo, le successioni nulle per k < O) e le loro trasformate zeta.
I) Linearità:
La trasformata zeta è linea.re in virtù della linearità della sommatoria. Per-
tanto se Vi(z) = Z[vi(k)], i = 1, 2, allora, per ogni scelta dei coefficienti a1 e a:.,
in e, si ha
Z[a1v1(k) + a2v2(k)J= ai Vi(z) + a2 Vi(z).
Inoltre, se la RdC di Vj_(z) contiene lzl > r1 e la RdC di V2(z) contiene !zl> r2,
allora la R.rlCrli a1Vi.(z) + a2½(z) contiene lzl > r, dover== max{r1, r2}.
2) Moltiplicazione per k o k2 :
Se v(k), k E Z, è dotata di trasformata zeta, V(z), per lzl > r, allora la
successione k · v(k), k E Z, ammette trasformata zeta, a sua volta, per lzJ> r ed
essa vale
dV(z)
Z[k·v(k)J =-z· ~-
Inoltre, anche la successione k2 ·v(k), k E Z, ammette trasformata zeta per lzl > r
ed essa vale
z [k2. v(k)] = z. dV(z) + z2. d2V(z).
dz dz2
La regione di convergenza contiene certamente l'insieme lzl > max{r1, r2}, dove
izl> ri è la regione di convergemm di v;(z), i= 1, 2.
206 CAPITOLO 6. SISTEMI A TEMPO DISCRETO
La RdC in questo caso è lzl> O. Si noti che per i< O, Z[6(k - i)) = O.
b) Gradino unitario discreto.
La trasformata della funzione gradino v ( k) = iL 1( k) si ottiene facilmente
mediante calcolo esplicito:
+oo 1 z
2(6-1(k)l = E 1- z-k = 1 -z _1 = -,
z-1
per lz-1 1< 1 ovvero lzl > 1.
k=O
Si noti, infatti, che per ogni fissato z il cui modulo sia maggiore di 1, la serie che
definisce la trasformata zeta di L1(k) è la serie geometrica di ragione z- 1.
c) Successione esponenziale causale.
Sia v(k) = >l·6_1(}:),con ,\ numero complesso. La trasformata zeta di v si
ottiene dalla trasformata zeta del gradino sfruttando la proprietà 5), di moltipli-
ca.zione per una successione esponenziale, prima illustrata. È infatti sufficiente
sostituire alla variabile z l'espressione f, ottenendo in tal modo
+oo .! Z
Z[v(k)] = L >..k<L1(k) z-k = ~ = --, .
k=O :x-1 Z-A
AeJ(6ik+tl>)+ Ae-J(l.lk+<f,) ]
Z[v(k)] Z [ 2 cL1(k)
z [(k)k-.t]= (z - >.)Hl'
f. ).
z
dove si ricorda che, per definizione di coefficiente binomiale, (:) = O per .le< i .
dove
(k) = k(k - 1) ... (k - i+ 1)
P.t li >.t
è un polinomio di grado i (privo di-termine noto) nella variabile temporaie k. È
naturale, allora, chieci.ersiquale relazione sussista tra la famiglia dei modi
e la famiglia di successioni
,k
I\,
(k)
1"'
,k-1 ( k)
, ... , µ-1"'
,k-µ+l
.
Chiaramente i modi sono stati definiti per ogni k E Z, mentre le successioni ele-
mentari ora elencate divengono "attive" ad istanti non negativi diversi. Tuttavia
è possibile dimostrare che se siamo interessati solo al comportamento per k E Z+,
le combinazioni lineari delle due famiglie sono del tutto equivalenti. Come ve-
dremo a questa seconda famiglia di successioni elementari sarà conveniente far
riferimento per antitrasformare una assegnat.11. funzione razionale propria ll(z).
n
~ai
(
z-iv(z) + l~i-1 v(l)z-i-l ) n
= ~bi z-iu(z), (6.18)
Poniamo
n
d(z) - Lai z71-i,
i=O
n -1 n -1
-p(z) - :EaiL v(i)zn-ì-l ==Lai L v(.t)zn-i-t,
i=O t=-i i=l l=-i
n
n(z) - Ebi zn-i,
i=O
210 CAPITOLO 6. SIS'l'EMI A TEMPO DISCRETO
dove, in questo caso, ao,bm :/:O mentre am = O. Si ottiene, quindi, al posto della
(6.18) la seguente equazione
dw può essere resa polinomiale moltiplicando ambo i membri per zm. Anche in
questo caso si giunge ad un'espressione del tipo (6.20) dove, però, il polinomio
d(z) non coincide più con il polinomio coinvolto nell'equazione caratteristica del
sistema, ovvero:
n
"""'a
L...., t zn-i I
i=O
6.9. L'ANTITRASFORMATA ZETA 211
con n(z) E C[z] polinomio di grado al piì1 v + Li=l µi. Si noti che, se V(z)
presenta almeno un polo Ài # O, la R.dC di tale funzione contiene l'insieme
{z E C: lzl > max{l.>.il,i = 1,2, ... ,n}}. Se, invece, V(z) presenta solo poli
nell'origine, la ima RdC coincidn col pinuo complesso privato dell'origine. Infine,·
212 CAPITOLO 6. SISTEMIA TEMPO DISCRETO
z
(z - Ài)t'+I =z [(k) k-t]
f. >.i
e
~
zi = Z[6(k - i)].
Pertanto V(z) è la trasformata zeta della seguente successione causale:
Per concludere, val la pena sottolineare che se i poli >.idella V(z) sono sem-
plici, per determinare i coefficienti C;. = C;.,oche compaiono nella precedente
decomposizione-è sufficiente applicare la tecnica del limite già illustrata nel caso
delle antitrasformate di LA.piace,ovvero
Calcoliamo, mediante l'algoritmo ora illustrato, la funzione del tempo di cui essa
è trasformata. Poniamo
Vi ( ) . V(z) z- 1
1 z = -z- = z2(z + 2)(z + 1) ·
La decomposizione in frazioni parziali della Vi(z) porta, dopo semplici conti,
all'espressione;
Vi(z) = 5/4 _ 1/2 + 3/4 __ 2__
z z2 z +2 z +1
Pertanto
V(z) = 514 _ 1/2 + 3/4z _ ~,
z z+2 z+l
è la trasformata zeta della successione
(k) 5 1 3 ,. ,.
V = t5(k) - i(k -1) + 4(-2) d-1(k)-:-- :l(-1) 6-1(k).
•
6.10 Risposta in frequenza
Anche per un sistema a tempo discreto (reale) LTI e BIBO stabile è possibile far
vedere che ad una sollecitazione sinusoidale in ingresso corrisponde una risposta
sinusoidale (di regime :;:iermanente,nel caso in cui il sistema sia causale e il segnale
applicato sia una successione sinusoidale causale) in uscita. In particolare, si può
facilmente dimostrare che se
H(e:19)
+oo
== L h(k)
k=-oo
e-,k,
9 (6.21)
per 0 = 0o. Anche in questo caso, in alternat,iva alla variabile 0 è possibile far uso
della frequenza numerica 11= fJ/(2rr) o 1:1posso,con abuso di notazione, si utilizza
l'espressione H(11)al ;>osto di H(,i 2ir 11),
214 CAPITOLO 6. SIS'l'l!JMl A TEMPO DISCRETO
Alla luce della precedente definizione, è immediato rendersi conto del fatto che
la risposta in frequenza di un sistema a tempo discreto è una funzione periodica
di periodo 21rrispetto alla variabile 0 e 1 rispetto alla variabile v. Inoltre essa~
una funzione continua come conseguenza del fatto che la risposta impulsiva del
sistema è sommabile; su tale considerazione si tornerà nel paragrafo seguente.
Osserviamo infine che, per un sistema a tempo discreto LTI BIBO stabile
e causale la risposta in frequenza può essere calcolata 3 come la restrizione alla ·,
circonferenza unitaria della funzione di trasferimento del sistema, ovvero
"()
H(e} ) = H(z)lz=ei9, 0 E JR.
111questo secondo caso l'equazione di analisi deve essere interpretata nel senso
d1•1lnconvergenza in media quadratica, analogamente a quanto visto per i segnali
11 tempo continuo. Se la sequenza v(k), k E Z, è sommabile, invece, la serie nella
(fL22) converge uniformemente ad una funzione continua.
Le formule di analisi e di sintesi possono essere riscritte in modo equivalente
riferimento alla frequenza numerica, rispettivamente, come
1·1111
+oo
V(ej2m,) =L v(k) e-j2-rrvk
k=-oo
1
I'
+1/2
v(k) = V(eJ2m')ej2-rrvkdv. (6.24)
-1/2
l•:vidP.nt.PmP.nt.P.lA. DTFT è nna funzione periodica di periodo 27T rispetto alla
variabile 0 e di periodo 1 rispetto alla variabile v.
La DTFT gode di proprietà analoghe a quelle già viste per la trasformata di
lt'o11rierdi un segnale a tempo continuo. In particolare, valgono le proprietà 1),
:.!) e 5) del paragrafo 5.3.3 a patto di sostituire la variabile k alla variabile t e
111.frequenza numerica va quella analogica f; nella 4) dobbiamo anche assumere
l'lw il ritardo sia un intero relativo mentre nella 6) il prodotto di convoluzione
diventa la sommatoria di convoluzione.
Inoltre, dal confronto delle equazioni (6.21) e (6.22), si deduce che la risposta
111frequenza di un sistema LTI BIBO stabile è la DTFT della corrispondente
riHposta impulsiva. Tenuto conto del fatto che il sistema è BIBO stabile la risposta
111frequenza risulta quindi essere, come già si è evidenziato nel precedente para-
p,mfo, una funzione continua.
Va anche osservato che, in situazioni di interesse pratico, può sussistere l'esi-
di considerare la trasformata di Fourier a tempo discreto per segnali, come,
~\t!IIZa
11.desempio, il gradino, che non sono né sommabili né a quadrato sommabile. Per
i ,;egnali di potenza, in analogia a quanto già visto nel caso continuo, è possibile
i111.rodurreil concetto di trasformata di Fourier al limite.
Vogliamo concludere questo paragrafo presentando alcuni esempi che coinvol-
1',(mola trasformata di Fourier a tempo discreto.
V(eJ2'11'v)
- 1
- 1 - >.e-i2m,'
mentre non converge per J>.! > 1. Per À = 1 la successione esponenziale ·causale
si riduce al gradino unitario e andrebbe calcolata come trasformata di Fourier al
limite.
l'ammontare del debito residuo, l'estinzione del debito viene descritta mediante
l'equazione alle differenze
4. v(k) = 5 + u(k);
5. v(k) =~ 1(k)u(k);
6. v(k) = L1(u(k));
7. v(k) + (k - l)v(k - 1) = u(k - 1);
8. v(k) = E~=-oo(0.5)k-iu(i);
9. v(k) = Ef=_(0.5)ku(i).
00
6.12. ESERCIZI DI RIEPILOGO 219
ii) Calcolare l'UBcita del sistema quando v(-1) = 1 e u(k) = W(k) - 6(k - 2).
_u_(k )-·l.___h_1
(·_) _h_2(
)-·.__I
___.1---_z(_k ·_)
__.-_v(_k)
220 CAPITOLO 6. SISTEMI A TEMPO DlSCRE'l'O
conO<a<b<l.
:•f
Capitolo 7
Acqua calda
Serbatoio
Ts(k)
Acqua fredda
[ Ts(k+I)]
TM(k + l)
= [l-a
-b
a][Ts(k)]+[O]T,*
1 TM(k) b S·
(7.3)
Ts(k) ]
x(k) := [ T.~(k)
e u(k) = Ts,
il modello (7.3) può essere descritto in modo compatto nella forma
Il vettore x(k) prende il nome di vettore di stato, mentre il vettore u(k) (che
in questo caso specifico è fissato ad un valore costaJ1te) rappresenta l'ingresso
ovvero la variabile libera del nostro problema. L'uscita del sistema, ovvero la.
grandezza misurata, che indichiamo come al solito con il simbolo v(k) è natural-
mente la temperatura del serbatoio e vale pertanto
(6.2) e, del resto, come vedremo in seguito, modelli ARMA propri (strettamente
propri) possono essere descritti mediante modelli di stato propri (strettamente
propri) e viceversa.
La rappresentazione della dinamica di funzionamento di un modello di-stato a
tempo discreto può essere illustrata attraverso uno schema a blocchl del seguente
tipo, dove z- 1 rappresenta il sistema "a ritardo unitario" o "ritardatore ad un
passo" (cfr. paragrafo 6.6).
xe(k) = Akxo,
k-1
x 1 (k) = L Ak-1-i Bu(i),
i=O
v,{k) = CAkxo,
k-1
v1(k) = L CAk-l-iBu(i) + Du(k).
i=O
Poiché questa relazione vale per ogni i E {1, 2, ... , m}, la successione a valori
matriciali (in R.pxm)
avente Hi(k) come colonna i-esima, prPnde il nome di risposta iinpulsiva del
sistema e l'evoluzione forzata dell'uscita, determinata in precedenza, può essere
vista come la convoluzione discreta della successione di ingresso con la risposta
impulsiva del sistema, i.e.
k
v 1(k) = E H(k - i)u(i) = [H * u](k), k_EZ+,
i=O
in virtù della causalità del sistema e assumendo che la sollecitazione in ingresso
assuma valori non nulli solo per k E Z+· Val la pena di evidenziare come
quest'ultima ipotesi sia necessaria al fine di non includere nell'evoluzione forzata
anche il contributo dei campioni dell'ingresso u{k) per k < O, contributo di cui
già si tiene conto, attraverso lo stato iniziale x(O), nell'evoluzione libera.
V k E Z+.
. [1-lJ
A1 = O l .
Osservando che
[1-3]
A13 = O 1 , A1 = 4 [ 1
O -41
1 ,
Aik 1 -kJ
= [O 1 ' V k E Z+·
230 CAPITOLO 7. MODELLI DI STA'l'O A TEMPO DISCRETO
Di conseguenza,
V k E Z+.
••
Esempio 7.4.3 Sia
[n questo caso la valutazione delle prime potenze della matrice A non è di molto
iiuto al fine di estrapolare un'espressione generica di Ak. Tuttavia una sem-
>lice valutazione del polinomio caratteristico della matrice, ovvero 6.A(z) ==
let(z/2 - A) = z 2 - 5z + 6 = (z - 2)(z - 3) evidenzia come la matrice abbia
lue autovalori reali disti:LUe sia, quindi, certamente diagonalizzabile, con ciò
ntendendo che A può essere ridotta in forma diagonale mediante una trasfor-
nazione di similitudine. È noto che ogni matrice T che effettua la trasfor-
uazione di similitudine su A che la rende diagonale ha per colonne le coordinate
.i una famiglia di autovettori corrispondenti agli autovalori che compaiono sdla
iagonale (ovviamente presi nell'ordine opportuno). Possiamo, quindi, assumere
ome matrice T di trasformazione la matrice (non singolare)
T = [~ !)'
1e ha in prima colonna un autovettore di A relativamente a >.1 = 2 e in seconda
>lonna un autovettore di A relativamente a À2 = 3, ne consegue che
Per risolvere il problema del calcolo della potenza generica di una assegnata
•
1trice A siamo ricorsi, nell'ultimo esempio, ad una trasformazione di similitu-
1e che ci ha permesso di trasformare la matrice A in una matrice diagonale,
· la quale il calcolo della potenza generica è molto semplice. È noto che non
.t(~le matrici sono diagonalizzabili, tuttavia esiste una forma canonica, di cui la.
uttura diagonale rappresenta una caso particolare, a cui è poHHibilericondurre
7.4. FORMA DI JORDAN ED EVOLUZIONE LIBERA 231
ogni matrice quadrata (sia essa a coefficienti reali che a coefficienti complessi) e
per la quale il calcolo della potenza risulta particolarmente semplice. Tale forma
canonica è nota come forma di Jordan di una matrice.
À.1
A= [
in cui cia.scun blocco diagonale À.j è un miniblocco di J ordan con ciò inten-
dendo una matrice quadrata del tipo
per qualche Àj E C.
J
232 CAPITOLO 7. MODELLI DI STA'l'O A TEMPO DISCRETO
dove
J,.J
e Ji,l è l'i-esimo miniblocco di Jordan relativo all'i-esimo autovalore, Ài, di di-
mensione ni,l, ovvero
1
Ji,l == E cn;,tXn;,l.
Inoltre vale
r r 81, r Bi
J = T- 1 AT,
vale, inoltre,
). 1
>. 1
J>,.= EC"x",
). 1
).
234 CAPITOLO 7. MODELLI DI STA'.l'OA TEMPO DISCRETO
( k ),\k-v+I
v-1
(7.13)
o(k) o(k- 1)
~t= ~~
o(k) o(k- 1)
o(k)
o o o 1 o
o o 1 o o o o 1
o o 1
(Jo)2 = 1 (Jo)3=
o o 1
o o o u
o o
o
= O può essere interpretato come un sottocaso del ca.so precedcnl.u,
1A onor del vero, il ca..'O>..
lnfotti, la ben nota proprietà (:) = O per t > k e il fatto che le potenze k-esime di O sie.no
l.11\.t,cnnllc ad eccezione della potenze. O-esima, che vale sempre 1, assicurano che, per >.= O,
(~)>.,k-t = 6(k - €). Tuttavia., per maggior chiarezza, abbiamo pruforito tmttare i due cmii
H(ll)llml,I\IIIC!lte.
7.4. FORMA Dl ,TOR.DAN ED EVOLUZIONE LIBERA
(Jo)"-1
l~ ~
= o oo ~0~1(Jot
Notiamo, infine, che per i~ 11si ha (J0 )i = O e, pertanto, per ogni valore di k si
può scrivere (J>.)knella forma
Facendo uso, allora, dell'espressione di (Jo )', ricavata nella prima parte della
dimostrazione, si ottiene la (7.13). •
J
J1
J = r- 1 AT= [
J;,,,l
·
2 Una matrice scalare è una matrice diagonale i cui elementi diagonali sono tutti ugi:o.litro.
loro. Viene chiamata. in tal modo perchè sì comporta, rispetto al prodotto per altre matrici,
'Jsattamente come uno sca'.are giacché (>.I)· M = M · (>.I) = >.· M per ogni matrice c111ndmt"
M.
3 Due matrici quadrate di ugual dimensione M1 e M2 commutano se M, · M~ = M~, Mi.
236 CAPITOLO 7. MODELLI DI STA'l'OA 'I'EMPO DISCRETO
dove ciascuna, matrice (Ji)k è, a sua volta, una matrice diagonale a blocchi, il cui
blocco diagonale i-esimo è una matrice (di dimensione ni,t) del tipo
À~
'
(7.15)
,\f (t),\~-l
À~
i
(Ji,l)k = (7.16)
o(k) o(k- 1)
o(k)
se >.i= O.
dove
(k) = k(k - 1) ... {k - i+ 1)
Pt i! _>.t
è un polinomio di grado f. (privo di. termine noto) nella variabile temporale k. Di
fatto, la famiglia di modi elementari
\k
A 1
(k)
1
,k-1
A ., ... ,
( k)
µ-l ,k-µ+1
A
sono equivalenti per k E Z+, giacché le combinazioni lineari delle due fa.miglio
portano alle medesime successioni.
238 CAPITOLO 7. MODELLI DI STATO A TEMPO DISCRETO
Per quanto concerne l'autovalore nullo, invece, gli impulsi '5(k - l) che com-
paiono nella descrizione della dinamica di evoluzione libera di un modello di
stato non trovano un immediato equivalente nella famiglia di modi associati
all'evoluzione libera di un modello ARMA, dal momento che, come già eviden-
ziato, l'equazione caratteristica associata ad un modello ARMA non ammettè O
come radice caratteristica 4 .
Per concludere vogliamo valutare quanti e quali sono i modi distinti coinvolti
nell'espressione dell'evoluzione libera dello stato (e quindi pure dell'uscita, anche
se può accadere che non tutti siano effettivamente presenti), al variare di x:i in
IR".
Come è evidente dalle (7.15)-(7.16), ogni miniblocco di Jordan J;,1. di di-
mensione ni,t relativo all'autovalore Ài individua 7¼,t' = dimJi,t modi elementari
:!istinti e linearmente indipendenti. Chiaramente, se prendiamo due miniblocchi
li Jordan relativi aJ medesimo autovalore ,\;, il numero di modi elementari di-
1tinti individuati dai due miniblocchi coincide con la dimensione del più grande
lei due miniblocchi. In definitiva, il massimo numero di modi elementari distinti
l.'lsociati all'autovalore A; è pari alla dimensione del più grande miniblocco di
lordan relativo a Ài e quindi, nella ipotesi di ordinamento dei miniblocchi della
orma di Jordan di A, a ni,1·
Nel complesso, il numero totale di modi elementari distinti individuati dalla
. A' e pan . a ...--r
nat nce L....i=I ni,I·
4 111realtà, si potrebbero introdurre anche nel caso dei modelli ARMA i modi impulsivi, in
mero pari a. m - n e nel solo ca110in cui m sia. maggiore di n, tutta.via quost1Lstrada porterebbe
un'inutile complicazione nell'analisi dell'evoluzione libera dei modelli ARMA.
7.5. STUDIO NEL DOMINIO DELLE TRASFORMATE 239
Osserviamo che sia l'Espressione della trasformata zeta dello stato che l'espres-
sione della trasformata zeta dell'uscita constano di due termini: uno in cui com-
eri 11no in rni comp;ue I.a t.msfor-
pa.re h1.connizione iniziale x 0 (e non l'ingTP..<if!o)
mata zeta dell'ingresso (e non la condizione iniziale xo). Ma allora, se indi-
chiamo, come di consueto, con xe e ve le componenti di evoluzione libera dello
stato e dell'uscita e con x f e v f le componenti di evoluzione forzata dello stato e
dell'uscita, si ottiene
La matrice razionale
H(z) =C(zln - A)- 1B +D (7.21)
prende il nome di matrice di trasferimento del modello di stato. È immediato
riconoscere in H (z) la tra.sformata zeta della riposta impulsiva.del sistema, ovvero
H(z) = Z[H(k)].
Infine, si noti che
• asintoticamente stabile se, per ogni scelta della condizione inizia.le x(O),
l'evoluzione libera dello stato del sistema Xt(k) converge a zero 88intotica,-
mente, i.e.
lim Xt(k)
k--++oo
= O;
• semplicemente stabile se, per ogni scelta. della condizione inizia.le x(O),
l'evoluzione libera dello sta.to del sistema. x,(k) è una funzione limitata, con
ciò intendendo che esiste M E R+ tale cbe
che compaiono in Jk, ovvero tutti i modi elementaxi del sistema, convergano a
zero.
Analogamente, l'unico modo perché xt(k) risulti sempre limitata, qualunque
sia Xo, è che tutte le successioni elementari che compaiono in Jk, ovvero tutti i
modi elementari del sistema, siano limitati.
Pertanto, alla luce dell'analisi del carattere dei modi elementari di un modello
di stato discreto, fornita nella Proposizione 7.4.8, possiamo ottenere la seguente
caxatterizzazione delle proprietà di stabilità asintotica e semplice per un modello
di stato a tempo discreto.
iv) tutti i modi elementari che compaiono (pesati da coefficiente non nullo)
nell'espressione della risposta. impulsiva H(k), k E Z-,.,HOJJO convergenti;
7.6. STABILITÀ DEI MODELLI DI S'l'ATO A TEMPO DISCRETO 24:1
v) i poli della matrice di trasferimento del sistema H(z) hanno tutti modulo
minore di 1 (equivalentemente, la regione di convergenza di H(z) contlemi
il cerchio unitario).
Che legame esiste, allora, tra stabilità interna ed esterna? Come evidenziato
prima, la stabilità asintotica di un modello di stato è legata alla collocazione
degli zeri del polinomio 6.A(z), mentre la stabilità BIBO è completamente de-
terminata dai poli della funzione di trasferimento H(z). Come abbiamo avuto
modo di sottolineare alla fine del precedente paragrafo, in generale i poli della
H(z) rappresentano un sottoinsieme dell'insieme degli zeri di 6.A(z), dal mo-
mento che i poli di H(z) coincidono con gli zeri del polinomio al denominatore
in una rappresentazione irriducibile e la rappresentazione
dove (vi, v2, ... , vl) rappresenta il sottospazio vettoriale generato dai vettori
v1, v2, ... , vi, è immediato rendersi conto che ci troviamo nel caso a) e quindi
il sistema è semplicemente stabile. Valutiamo ora la stabilità BIBO. Il calcolo
della funzione di trasferimento porta a H (z) = z~ 1 , da cui si deduce che il sistema
non è BIBO stabile. •
Consideriamo la matrice di trasferimento H(z) e supponiamo che la sua re-
gione di convergenza inchula. il cerchio unitario, situazione che corrisponde, come
chiarito nel paragrafo precedente, al caso in cui i poli di H (z) siano contenuti
nella regione {z E C: lzl < I} e quindi il sistema sia BIBO stabile. Se sostitu-
iamo alla variabile z la variabile ei8 nell'espressione della matrice di trasferimento
(equivalentemente, valutiamo la matrice di trasferimento nei punti della circon-
ferenza unitaria) otteniamo la cosiddetta risposta in frequenza del modello di
~tato a tempo discreto:
7.7. ESEMPIO DEL SERBATOIO (CONTINUAZIONE) 241)
T = [ .>.1-
-b
1 >.2-b- 1],
è una possibile matrice di trasformazione. Corrispondentemente si trova
246 CAPITOLO 7. MODELLI DI STATO A TEMPO DISCRETO
L'equazione di aggiornamento dello stato del sistema può essere allora riscritta
nella forma
lim x(k)
k-+oo
= [Tr~],
s
comunque scelte le condizioni iniziali, è necessario che l'effetto delle condizioni
inziali tenda asintoticamente al vettore nullo. Se così non fosse, infatti, condizioni
iniziali distinte produrrebbero limiti distinti, dal momento che i termini di evo-
luzione libera nell'espressione di x(k) saxebbero diversi pur rimanendo uguali i
termini di evoluzione forzata. Ciò significa che \>.il< 1 per i = 1, 2. È possi-
bile dimostrare, con semplici conti, che la matrice del sistema è asintoticamente
stabile se e solo se b < 1.
Se il sistema è asintoticamente stabile, allora, dalla precedente espressione
della x(k), si ottiene
k [ ,\~-1
k.!!~oo x(k) = T [} i~]r- x(O) + T
1 -'1~ 1
= T [~ o ] r-1 [o)T*
0 x;.~I b S·
7.8. RELAZIONE TRA MODELLI ARMA E MODELLI DI STATO 247
Per completare il conto e verificare che il limite così ottenuto coincide con [~i]
è sufficiente sostituire alle matrici Te r- 1 e alle due radici, >.1e >.2,le esprE!lsionl
prima determinate.
Si vuole costruire un modello di stato che "realizzi" il modello ARMA ora asse-
gnato, con ciò intendendo che l'insieme delle possibili evoluzioni ingresso-uscita
(u(k), v(k)), k E Z+, del modello di stato in condizioni di pura evoluzione forzata
(ovvero ipotizzando che lo stato iniziale sia nullo) coincidono con le possibili
evoluzioni ingresso-uscita del modello ARMA in evoluzione forzata sull'orizzonte
temporale Z+ (nelle ipotesi che la sollecitazione di ingresso sia nulla per k < Oe
le condizioni iniziali sull'uscita siano a loro volta nulle) 5 • A tal fine, introduciamo
una alla volta le variabili di stato con la seguente filosofia. Riscriviamo la (7.24)
nella forma
M M
v(k) - 2>iv(k- i)+ Lbi u(k -i)
i=l i=O
M M )
= ( - ~a; v(k - i)+ ~bi u(k - i) + bou(k),
e poniamo
M M
x1(k) ==- Ea;v(k - i)+ Eb1 u(k - i),
i=l i=l
5 11concetto di realizzazione di un modello ARMA attraverso un modello di stato po~rebhti
essere definito in una forma più "forte", richiedendo che l'insieme di tutte le possibili evolu:tfonl
ingre11so-uscita (u(k), v(k)), k E Z+, del modello di stato coincidano con le evoluzioni ingroHHo-
uscita del modello ARMA ~ull'orizzontc tomporaic Z+- La soluzione esplicita. di tu.lo problu1111i,
tuttavia, richiodcrubbe il r:cor110o.Iconunl,Ludi 11HHervabilità.
di un modello di st1ito, argo1111111t,o
che osuhi dagli ohi11Uividel corNo,
248 CAPITOLO 7. MODELLI DI STATO A TEMPO DISCRETO
cosi che
v(k) = x1 (k) + bou(k).
Abbiamo ottenuto, in tal modo, l'equazione d'uscita. A questo punto poiché
vogliamo esprimere ogni componente dello stato aJ tempo k + 1 in fun~ione
dell'ingresso e dello stato al tempo k, poniamo
M M
x1(k+l) = -:r:a.v(k+l-i)+Lbiu(k+I-i)
i=l i=l
III tal modo si determinano esattamente M variabili di stato, pari alla memoria
del sistema, e
<Incui segue
A =
o
-aM-1 1
-aM O 0 ...... o
bi - boa1
b2 - boa2
B =
bu-1 - boaM-1
bM - boaM
e = [1 o o O] E IR1xM, D = [bo}E IR.
Si noti che il modello ARMA e il modello di stato così determinato hanno la
medesima funzione di trasferimento, risultato del resto implicito nel concetto
di realizzazione di stato precedentemente introdotta. In questo caso specifico,
inoltre, il polinomio d(z) che compare nell'equazione caratteristica associata al
modello AR.l\iIAè legato al polinomio caratteristico del modello di stato ora de--
terminato, .6.A(z), dalla relazione
.6.A(z) = zM-n · d(z).
La soluzione del problema inverso a quello or ora descritto, ovvero il passaggio
da un modello di stato SISO ad un modello ARMA di cui esso sia realizzazione,
è pressocchè immediata. Se (A, B, C, D) è la quaterna di matrici descrittive il
sistema e poniamo
M-1
.6.A(z) = zM + E aiz'
i=O
M
Cadj(zlM - A)B + D · .6.A(z) = 1:)izi,
i=O
è immediato rendersi conto che il modello ARMA
M M
v(k) + I>i v(k - i)= L bi u(k - i), k E Z+,
i=I i~n
250 CAPITOLO 7. MODELLI DI STATO A TEMPO DISCRETO
7. 9 Esercizi di riepilogo
Esercizio 7 .1 Dati i seguenti modi elementari
A= [o 1 o]
o 2 I e
B=m-
O 1 2
i) Si determini la forma di Jordan della matrice A, i modi elementari del
sistema e il loro carattere (convergente/limitato/non limitato);
ii) si determini, facendo uso delle trasformate zeta, l'evoluzione forzata dello
stato del sistema in corrispondenza al segnale di ingresso
1, k = o,
u(k) = { -3, k = I,
o, k > I.
iii) Si determini per quali condizioni iniziali x(O) l'evoluzione libera dello stato
è interamente contenuta in una retta passante per l'origine.
i) per quale valore minimo di n tra i modi di E ci possono essere (~) sin(k-1)
e (~)2k-l7
ii) Se i modi distinti del sistema sono (tutti e soli) 2k, (~) 21c-1 , (~) c;,k-2 ,
(-l)k, m (-1/- 1, qual'è il massimo valore di n compatibile-con le ipotesi
sul sistema?
i) Si determini per quali valori di a in JRil modello ARMA dato può essere
rappresentativo di un sistema causale e per tali valori se ne determini una
realizzazione di stato Ea = (Aa,Ba,Ca,Da),
Si determini
i) il modello ARMA descrittivo del sistema complessivo;
ii) l'espressione della generica evoluzione libera del sistema;
iii) la risposta impulsiva del sistema;
iv) una realizzazione di stat.o del sistema.
Capitolo 8
_=):
i(t)
L
= iL(t)
+
v(t) = vc(t)
C dvc(t) = C dx2(t)
XI (t) = dt dt '
L dx1(t)
VL(t) = dt '
VR(t) = R x1(t).
dx1(t)
u(t) = L ---;J,t + Rx1(t) + x2(t),
x1(t) = C dx2(t)
dt ,
dx1(t) = R l 1
dt
- L x1(t) - L x2(t) + L u(t),
dx2(t) = 1
C x1(t).
dt
L'ui;cita si ricava immediatamente una volta che si osservi che v(t) = vc(t) e si
trova, quindi,
v(t) = x2(t).
Il modello complessivo, espresso in forma matriciale, risulta, allora,
ugresso (per tempi non negativi) rappresentano, infatti, le due cause agenti ·sul
istema, mentre evoluzione di stato x{t) e evoluzione di uscita v(t), per t E IR+,
nppresentano i corrispondenti effetti. Poiché il sistema è lineare, e vale per esso
principio di sovrapposizione degli effetti, adottando il medesimo ragionamento
-ortato avanti nel Capitolo 7 per i modelli di stato discreti, possiamo decomporre
iii l'evoluzione di stato che l'evoluzione di uscita, per t ~ O, in una componente
i evoluzione libera e in una componente di evoluzione forzata. In altre parole,
01:1siamo esprimere x(t) e v(t) nella forma:
x(t) = xe(t) + x,(t),
v(t) = Vt(t) + v,(t), t E R.+,
.>vexe e Vt rappresentano, rispettivamente, le componenti di evoluzione libera
elio stato e dell'uscita, mentre Xf e Vf rappresentano, rispetti'llamente, le
11nponenti di evoluzione forzata dello stato e dell'uscita.
Ntii 11eguenticapitoli ci occuperemo del problema di determinare delle espres-
Jni esplicite per ciascuna di queste quattro componenti.
onseguentemente, l'uscita è
uHsiimpulsivi con punto di applicazione l'origine, come condizione iniziale si considera sempre
foro dello stato all'istante t = o-. Tuttavia, tradizionalmente nella Tooria dei Sistemi, la
lh-.10110
iniziale viene sempre indicate. con il simbolo x(O). Resta into1mche, ove necessario,
1md1·è.in realtà. inteso come ]f(O-).
8.3. DINAMICA DI EVOLUZIONE LIBERA
Vogliamo dimostrare che tali espressioni valgono anche nel caso in cui n ah,
un intero positivo generico, a condizione di attribuire un opportuno significato
all'espressione eAt, t E IR+, nel caso in cui A sia una matrice.
A= [ O -1 O
1 o o] R E 3 x 3•
O O 2
Per valutare l'espressione dell'esponenziale di A facciamo ricorso all'espressione
della generica potenza i-esima della matrice A, già determinata in precedenza:
Ai= [ O
O
o
l (-1);
O
oO_ ,
21
l
Sfruttando la definizione di matrice esponenziale si trova, allora,
+oo ti
}:1·-:i o o
o
o
2i
l .,
ti-=
i.
i=O
o
i.
+oo
1)-1)' · -:i
i=O
_ ti
i.
o
+oo . ti
o o ~2'·
L.. -.,
l
i=O t.
= o .
e2t
A= [ O
1 -1
1
o]
O E R3x3 1
O O 3
~-l
·
3'
Vi E Z+·
[I °]';
+oo
-i
., o
i=O
+oo ti
E1--.,
i. i:::O i.
~ ~
eAt
= 1 o -= o
o 3i i. i=O i.
+oo . ti
o o '°"3'·-
L, .,
l
i,;O i.
= o '
e3t
ove abbiamo sfruttato il fatto che
~ ~ ~ ~ ~ t ~ ~~
'"'i.
~
i==O
-.,
i.
='°'i.- = '"'
L,
i=l
.,
i.
L..., --
i=l
(.
i -
1)' =
.
t. '°'--
~
i=l
(. 1)1 t. '°'-
~1
i -
k'
'
= ~
k=O '
= t. i.
•
Andiamo ora ad analizzare le proprietà dell'esponenziale di un'assegnata ma-
ice. Successivamente verificheremo, come promesso, che le espressioni prima
mrtate dell'evoluzione libera dello stato e dell'uscita. nel caso scalare, si esten-
1110 al caso n > l, a condizione di interpretare eAt come l'esponenziale della
itrice A. Val la pena sottolineare che delle proprietà qui di seguito elencate
lo le prime due sono rilevanti al fine di determinare le espressioni di Xt(t) e
(t). Le rimanenti proprietà saranno, invece, di fondamentale importanza per
~plicita derivazione dei "modi elementari" del sistema in termini della forma di
rdnn della matrice A del sistema, argomento del successivo paragrafo 8.3.3.
8.3. DINAMICA DI EVOLUZIONE LII3ERA 201
Infatti,
(+LA' ti)
I
00
•
1
i=O i. t=O
:t =
d At
A . eAt = eAt • A.
Infatti,
d At
~ = -d (+oc
L A' ti)= +oc
- E Ai ti-1
i-= A.
+oc
E Ai-1 --
ti-1
= AeAt_
dt dt i=O i! i=l i! i=l (i - 1)!
come pure
t2 t3 ) ( t2 t3 )
e<-A)t. eAt ( I,. - A t + A2 2! - A3 3! +... I,.+ A t + A2 2! + A3 3!+ ...
Infatti è immediato rendersi conto del fatto che Ai= >.iIn e quindi
mentre
+()0 . ti 2 t2
= ~ (Ai+ A2)' i! = In+ (Ai + A2)t + (Ai + A2) 2! + ...
2 2 t2
= In+ (Ai + A2 ) t + (A 1 + A1A2 + A2A1 + A2) 2! + ....
È allora immediato verificare che le tre espressioni coincidono tra loro se e solo se
A1A2 = A2A1 situazione in cui, di fatto, le matrici si comportano come scalari e,
di conseguenza, anche i rispettivi esponenziali si comportano come gli esponenziali
di valori scalari.
7) Esponenziale di un miniblocco di Jordan:
Consideriamo il miniblocco di Jordan di dimensione v relativo al numero
complesso À, i.e. la matrice
À 1
À 1
J,.= (8.7)
À 1
À
L'esponenziale di J) è
t2 Àt
tv-1
---e)..t
2! e (v - l)!
e"t te"t
eJ>,.I = (8,8)
1 t
1
04 CAPITOLO 8. MODELLI DI STATO A TEMPO CONTINUO
o o 1
1o)2 = 1 (Jo)3 =
o o 1
o o o o
o o
o
o o o 1
o o o
(Jo)"-1 = o (Jo)" = O.
o o
o
. conseguenza
La dimostrazione segue banalmente dal fatto che la potenza i-esima della matrice
Aè
V i E Z+.
(A.J'
9) Relazione di similarità:
Siano A1 e A2 due matrici appartenenti a cnxn e simili, con ciò intendendo
che esiste una matrice TE cnxn non singolare tale che A2 = r- 1A1T. Allora gli
esponenziali delle due matrici sono legati tra loro dalla seguente relazione:
Infatti,
tER+ (8.11)
x(O) = eAt:xol
t=O
= lnXO = Xo.
Per quanto concerne l'espressione dell'uscita si ha
ve(t) = Cx.e(t), tER+,
e quindi
t ER+-
I
•
Si pone, a questo punto, il problema della valutazione effettiva dell'esponen-
ziale di una assegnata matrice A. A tal fine ci vengono incontro le proprietà
dell'esponenziale prima elencate e la forma di Jordan della matrice. Infatti è
immediato rendersi conto del fatto che, poiché il calcolo dell'esponenziale di una
matrice in forma di Jordan è banale (in base alle proprietà 7) e 8)) e poiché ogni
111ntriceè simile ad una matrice in forma di Jordan, sfruttando la proprietà 9)
11tt,e11iamoimmedia.tamente il seguente risultato.
.J
8.3. DINAMICA DI EVOLUZIONE LIBERA 207
dove
e Ji,k
J,J
è il k-esimo miniblocco di Jordan relativo all'autovalore Ài, di dimensione
ni,k· Allora
dove ciascuna matrice eJ,t è, a sua volta, una matrice diagonale a blocchi, il cui
blocco diagonale k-esimo è
tn;,1c-l
e>..,t te>..,t t2 À·t
-,-----,--, _e>..,t
2! e' (ni,k - 1)!
e>..,t te>-,t
(8.12)
Nel seguito, per semplicità., supporremo sempre che i miniblocchi di Jordan re-
lativi al medesimo autovalore siano ordinati da quello di dimensione massima a
quello di dimensione minima.
tempo discreto, in realtà non tutti i modi elementari sono effettivamente presenti
nell'espressione dell'evoluzione libera dell'uscita, per effetto della presenza della
matrice C. In generale, infatti, solo un sottoinsieme dei modi elementari risul-
terà "osservabile", ovvero rilevabile dall'analisi dell'evoluzione libera dell'uscita,
interpretata come "osservazione del sistema".
Se A è una matrice reale, gli eventuali autovalori complessi vanno a coppie
coniugate e, come già sottolineato in relazione ai modelli di stato a tempo di-
1-1creto,se nella forma di Jordan di A c'è un miniblocco di Jordan di dimensione
k relativo all'autovalore complesso u + jw, esiste anche un miniblocco di Jordan
cli dimensione k relativo all'autovalore coniugato u - jw. Di conseguenza, se A
è reale, i suoi modi complessi vengono a loro volta a coppie complesse coniugate
e vengono pure combinati con coefficienti complessi coniugati, così da garantire
un'espressione finale reale. Pertanto è sempre possibile sostituire· alla coppia di
modi complessi e<a+jw)t, e<r,-jw)t, la coppia cii modi reali eat cos(wt), eat sin(wt).
Analogo discorso vale per i modi complessi del tipo te<a+jw)t, Ì!"e(a-jw)t.
Per quanto concerne la determinazione dei modi distinti coinvolti nell'espres-
sione dell'evoluzione libera di stato, al variare di xo in lRn, con ragionamenti del
tutt.o analoghi a quelli addotti nel caso di modelli di stato discreti, possiamo dire
che il massimo numero di modi elementari distinti associati iµl'autovalore >.iè
pari alla dimensione del più grande miniblocco di Jordan relativo a Ài e quindi,
nelle ipotesi di ordinamento dei miniblocchi della forma di Jordan di A, a ni,l·
Pertanto, il numero totale di modi elementari distinti individuati dalla matrice A
è pari a I:i=l ni,l· Riprenderemo questo tema nel seguito, quando discuteremo
la stabilità dei modelli di stato.
o .
e3t
l
La matrice A non si trova in forma di Jordan, ma ha una struttura molto simile
iilla Muaforma di Jordan. Vediamo come saxemmo pervenuti all'espressione di
cAr. adottando i ragionamenti prima illustrati sulla forma di Jordan. Osserviamo
che A ha due autovalori distinti, Àt = 1 e >.2= 3, di molteplicità algebriche,
l'i1-1pcttivamente,µ1 = 2 e 11.2 = 1. Un rapido conto evidenziu che la dimensione
8.3. DINAMICA DI EVOLUZIONE LIBERA
1 1
J= [ O 1 O .
o]
O O 3
La matrice T che lega A e J la si determina imponendo AT = T J (e, ovviamente,
detT-:/= O), da cui segue che una possibile matrice di cambio di base è
T= [ O
-1 1 o]
1 O .
O O 1
Pertanto per ogni condizione iniziale xo l'evoluzione libera di stato si può espri-
mere come
O
O
l [x1(D)l
x2(0) ,
e3t xa(O)
o, equivalentemente, come
~
0
~i[:~~~~ l·
1 X3(0)
e quindi gli autovalori della matrice sono >.1= 1 e >.2= 4 e sono entrambi
semplici. Pertanto, la forma di Jordan di A è
./=[,~
~]-
270 CAPITOLO 8. MODELLI DI STATO A TBMPO CONTINUO
•
~-4 Evoluzione forzata
:::onsideriamoil consueto modello di stato
dx(t) = Ax(t) + Bu(t), (8.13)
dt
v(t) = Cx(t) + Du(t), t E li+, (8.14)
(8.15)
t E R+, (8.16)
Tenendo conto del fatto che la condizione iniziale x(O) è nulla e sfruttando
l'invertibilità dell'esponenziale e la banale proprietà eAt . e-Ar = eA(t-r), ot-
teniamo
•
Nell'eventualità in cui il segnale di ingresso presenti componenti impulsive
collocate nell'origine, è necessario modificare opportunamente le precedenti fol'-
mule in modo da tenerne conto. All'atto pratico, ciò si riduce a sostituire o- a O
come estremo inferiore di integrazione in (8.15) e (8.16).
La colonna i esima della roatricP. cli funzioni
(8.17)
rappresenta la risposta forzata dell'uscita in corrispondenza all'ingresso u(t) =
eio(t) (ei l'i-esimo vettore della base canonica in lRm). Si trova, infatti, in b1um
alla precente proposizione, che l'uscita forzata corrispondente a tale ingres110vnlo
pm· t e R+.
72 CAPITOLO 8. MODELLI DI STA'I'OA 'l'EMPO CONTINUO
'er tale ragione, la matrice H(t), t E IR+, prende il nome di risposta impul-
lva del sistema e l'evoluzione forzata dell'uscita, determinata in precedenza,
uò essere vista come la convoluzione della funzione di ingresso con la risposta
npulsiva del sistema, i.e.
v 1(t) = [H * u](t), t E R+
In definitiva, le equazioni generali che descrivono l'evoluzione di stato e l'evolu-
one di uscita del sistema, a partire da una generica condizione iniziale e in
resenza di un generico ingresso, sono le seguenti:
Con ragionamenti del tutto analoghi a quelli addotti in precedenza, sia per
i modelli di stato a tempo discreto che per i modelli ingresso/uscita a tempo
continuo, possiamo facilmente pervenire alle seguenti proposizioni.
dx(t)
dt
= Ax(t) = [O1 O]
-1 X
(t)
'
t ER+·
dx(t)
dt = Ax(t) = [o o]
0 0 x(t), tER+
Osserviamo che sia l'espressione della trasformata di Laplace dello stato che
l'espressione della tra.sformata di Laplace dell'uscita constano di due termini:
uno in cui compare la condizione iniziale xo (e non l'ingresso) ed uno in cui com-
pare la trasformata di Laplace dell'ingresso (e non la condizione iniziale x 0 ). Ma
t\lluni. è immediato riconoscere nei primi termini le trasformate di Laplace delle
componenti di evoluzione libera e nei secondi Letrasformate di Laplace delle com-
ponenti di evoluzione forzata. Se, infatti, indichiamo, come di consueto, con Xt
e ve Lecomponenti di evoluzione libera dello stato e dell'uscita e con X/ e le v,
componenti di evoluzione forzata dello stato e dell'uscita, si ottiene
La matrice razionale
H(s) ==C(sln -A)- 1B +D (8.24)
prende il nome di matrice di trasferimento del modello di stato. Essa mette in
relazione tra loro la trasformata di Laplace dell'ingresso e quella della componente
forzata dell'uscita e pertanto ha dimensioni p x m. È immediato riconoscere in
H(s) la trasformata di Laplace (unilatera) della riposta impulsiva del sistema,
ovvero
H(s) = l:[H(t)].
H (s) è una matrice razionnJ.cpropria, somma di una componeulti ni.z.iunalestret-
tamente propria, C(sl,., -A)- 1B, e di un termine costante, D.
Poiché la matrice di trasferimento è una trasformata di Laplace, ha senso
chiedersi quale sia la sua regione di convergenza. In base a quanto visto nel
Capitolo 3 sulla trasformata di Laplace e dal momento che operiamo con un
Ristema causale, è immediato rendersi conto che la regione di convergenza di H (s)
(intersezione della regione di convergenza di tutte le sue componenti) è Re(s) >
Re(p), dove p è il polo a parte reale massima tra i poli di H (s) {equivalentemente,
delle sue componenti). Infine, con ragionamenti analoghi a quelli portati avanti
nel caso discreto, si dimostra che, in generale,
[nfine, possiamo notare, ancora una volta, la consistenza della nomenclatura adot-
tata, dal momento che chiamiamo il modello di stato generico proprio e di fatto
la sua matrice di trasferimento è una matrice razionale propria, e, in partico-
lare, chiamiamo strettamente proprio un modello di stato quando D = O, ovvero
quando la sua matrice di trasferimento è una matrice razionale strettamente pro-
pria.
iii) la risposta impulsiva del sistema H(t), t E R+, ha tutte le componenti hi3(t)
sommabili, ovvero
roolhi3(t)ldt < oo,
lo V i,j; (8.26)
iv) tutti i modi elementari che compaiono (pesati da coefficiente non nullo)
nell'espressione della risposta impulsiva H(t), t E R+, sono convergenti;
v) i poli della matrice di trasferimento del sistema H (s) sono tutti & parte
reale minore di zero (ovvero la regione di convergenza di H(s) include 1'888e
immaginario).
. R 1 /R.24
>.1' 2 = -2L ± 2V-"f:i- Le'
i quindi due modi esponenziali reali distinti, ovvero
t E JR.
:>er.6.= O abbiamo una radice reale di molteplicità algebrica 2,
'-=-~-
>er capire se a tale radice associamo un solo modo oppure 2 dobbiamo valutare
ft molteplicità geometrica dell'autovalore>.. A tal fine si tratta di valutare
ì])-
~ immediato rendersi conto del fatto che tale matrice ha rango 1 e quindi La
r1olteplicità geometrica di >.è pari ad 1. Pertanto la forma di Jordan di A è
J- o À1]_
_ [À -
[-io -i!1].
8.9. MODELLI INGRESSO/USCITA E MODELLI DI STATO 270
t E R.
.. R±j~
(j ± JW = - 2L 2Vw - V'
e quindi i due modi sin'lsoidali modulati esponenzialmente
Per riscrivere l'equazione (8.28) sotto forma di modello di stato è sufficiente in-
trodurre le funzioni
. 1 d'- 1v(t)
Xi(t) = bo dti-l I i = 1, ... , n.
280 CAPITOLO 8. MODELLI DI STATO A TEMPO CONTINUO
(8.29)
d:r.,-1(t}
dt = Xn(t),
dove
x(t) = [x1(t) ... Xn(t)f,
la matrice A, di dimensioni n x n, e i vettori Be C, di dimensioni n x 1 e 1 x n,
sono, rispettivamente, dati da:
o 1 o o
o o 1 o o
A = B=
o o
1 o
-ao -ai -a2 ... ... -an-1 1
e = [ bo o o o ].
Nel caso più generale, in cui disponiamo <li 1m generico sistema LTI cause.le
la cui dinamica è descritta da una equazione differenziale ordinaria, lineare e a
coefficienti costanti, di ordine n del tipo:
più complessa perché deve coinvolgei-e oltre alle derivate delle uscite anche11
derivate degli ingresei. Non vogliamo entrare nel dettaglio del procedimento, tut•
tavia vogliamo presentare il· modello di stato a cui si può sempre pervenire nel
caso generale, in cui i coefficienti bi, i = 1, 2, ... , n, siano potenzialmente non
nulli. Si ottiene, in t.al caso, un modello del tipo
dx(t)
dt = Ax(t) + Bu(t),
v(t) = Cx(t) + Du(t),
o 1 o o
o o 1 o o
A= B=
o o
1 o
-ao -a1 -a2 ... ... -o.n-1 1
mentre
C [ bo - aobn b1 - a1bn
D = [bn] E JR.
Si noti che il modello ingresso/uscita e il modello di stato così determinato
hanno la medesima funzione di trasferimento e, inoltre, detto d(s) il polinomio
che compare nell'equazione caratteristica associata al modello ingresso/uscita,
esso coincide con il polinomio caratteristico del modello di stato ora determinato,
LlA(s).
La soluzione del :;noblema inverso a quello or ora descritto, ovvero il passaggio
da un modello di stato SISO ad un modello ingresso/uscita dotato della medesima
funzione di trasferimento, è pressocchè immediata. Se (A, B, C, D) è la quaterna
di matrici descrittive il sistema e poniamo
n-1
LlA(s) sn + L aii
i=O
n
Cadj(sln-A)B+D·LlA(s) = L'.bisi,
i=O
è immediato rendersi conto che il modello ingresso/uscita
forniHcela l'i1:1p0Hta
desiderata.
82 CAPITOLO 8. MODELLI DI STATO A 'I'EMPO CONTINUO
+
u(t) I
1----o+
e v(t)
dx(t) =A () t E IR+,
dt X t,
dove
n
2
A-rn 1
4
i) Si determinino i modi elementari del sistema e se ne determini il carattere
(convergente/limitato/ non limitato};
8.11. ESERCIZI DI RIEPILOGO
- x(O) = [2 -1 lf;
- x(O) = [1 1 2 f ;
- x(O) = [1 O Of .
u(t) ,
m I
() x(t)I C)
iv) Si determini per quali valori dei parametri me k1 è sempre possibile assicu-
rare che, detto t = Ol'istante in cui la forza di trazione esterna si annulla, la
velocità al tempo t = 10 s è non superiore al 10 % della velocità all'istante
t =0.
I
[J
m1
I [J
M[J m2
I
I
[J
u(t) I
x1(t) x2(t)
t •1(t)
....---------.----,----o+
+
u(t) - R v(t)
e
88 CAPITOLO 8. MODELLI DI STATO A 'fEMPO CONTINUO
- u(t) = sin(wt);
- u(t) = sin{wt)(L1(t);
- u(t) = L1(t);
- u(t) =t 6-1 (t).
vi) Si discuta la stabilità interna e la stabilità. BIBO del modello di stato de-
terminato al punto precedente.
ii) Supponendo che la prima automobile stia inseguendo le. seconda e voglia
mantenere invariata la distanza reciproca ad un valore fissato d", la forza
motrice applicata alla prima automobile viene assunta funzione lineare dello
scostamento della distanza effettiva delle due automobili da quella deside-
rata, ovvero
u1(t) = k(v(t) - d*),
con k costante reale positiva. .Questa legge di controllo rappresenta un
particolare tipo di "controllo in retroazione" . Si determinino le equazioni
descrittive del nuovo modello di stato evidenziandone ingressi ed uscite.