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Lezioni di Topografia
Parte IV - Cenni di fotogrammetria
Il Sistema GPS
A. Manzino

getto
Dipartimento di Georisorse e Territorio
Politecnico di Torino, dicembre 2000

otto editore
DISPENSE DI TOPOGRAFIA

PARTE IV – CENNI DI FOTOGRAMMETRIA


IL SISTEMA GPS

A. MANZINO

Otto Editore P.zza Vittorio Veneto 14 – 10123 Torino


www.otto.to.it
INDICE

PARTE IV
CENNI DI FOTOGRAMMETRIA – Il sistema GPS

13. CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA ..........................1

13.1 DEFINIZIONI E CONCETTI DI BASE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .3


13.2 LE OPERAZIONI DI ACQUISIZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .5
13.3 CARATTERISTICHE DELLE CAMERE AEREE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .5
13.4 IL MATERIALE FOTOGRAFICO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .7
13.5 CAMERE DA PRESA TERRESTRI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .8
13.6 LA PRESA FOTOGRAMMETRICA E IL PROGETTO DEL VOLO . . . . . . .9
Altri parametri di progetto del volo 11
Le condizioni meteorologiche 12
13.7 L'ORIENTAMENTO INTERNO (OI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .13
13.8 LA VISIONE STEREOSCOPICA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .16
La collimazione stereoscopica 18
13.9 MATRICE DI ROTAZIONE NELLO SPAZIO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .19
La linearizzazione delle equazioni di rotazione nello spazio 22
13.10 EQUAZIONI DI COLLINEARITÀ NEL SISTEMA DI RIFERIMENTO
INTERNO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

13.11 L'ORIENTAMENTO ESTERNO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27


13.12 L'ORIENTAMENTO RELATIVO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
13.13 L'ORIENTAMENTO RELATIVO ASIMMETRICO (ORA) . . . . . . . . . 28
13.14 L'ORIENTAMENTO RELATIVO SIMMETRICO (ORS) . . . . . . . . . . 29

i
13.15 IL CALCOLO DELL'ORIENTAMENTO RELATIVO . . . . . . . . . . . . . 30
Le equazioni dell'orientamento relativo asimmetrico 30
Le equazioni dell'OR simmetrico 32
13.16 LA LINEARIZZAZIONE DELLE EQUAZIONI DI OR SIMMETRICO . . . 34
13.17 EQUAZIONI DI COLLINEARITÀ NEL SISTEMA ESTERNO XYZ . . . 34
13.18 L'ORIENTAMENTO ASSOLUTO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

14. I RESTITUTORI ANALITICI ..............................................................43

14.1 SCHEMI DI FUNZIONAMENTO MECCANICO E DI MISURA . . . . . . .43


14.2 STEREOPLOTTER . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .44
14.3 LE PROCEDURE DI ORIENTAMENTO INTERNO . . . . . . . . . . . . . . . .47
14.4 LE PROCEDURE DI ORIENTAMENTO RELATIVO . . . . . . . . . . . . . . .48
Il ciclo RT dopo l’orientamento relativo negli strumenti «Helava» 48
14.5 LE PROCEDURE DI ORIENTAMENTO ASSOLUTO . . . . . . . . . . . . . . .49
14.6 OPERAZIONI ESEGUIBILI IN UNO STRUMENTO RESTITUTORE A
QUATTRO CONTROLLI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .50

14.7 STRUMENTI DEL TIPO «INGHILLERI» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .51


14.8 IL CICLO RT DEGLI STRUMENTI A DUE CONTROLLI . . . . . . . . . . .52
14.9 L'ORIENTAMENTO ASSOLUTO E LA RESTITUZIONE PER GLI STRUMENTI
A DUE CONTROLLI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .54

15. IL SISTEMA DI RILIEVO GPS ............................................................55

15.1 INTRODUZIONE: COS’È IL GPS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .55


Concetti di base del posizionamento 57
15.2 IL SEGNALE GPS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .60
15.3 PERCHÉ IL SEGNALE È COSÌ COMPLESSO? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .63
15.4 TIPI DI MISURE RICAVABILI DAL SEGNALE GPS . . . . . . . . . . . . . . .64
L’equazione dello pseudorange 64
L’equazione della fase 65
15.5 GLI ERRORI DEL POSIZIONAMENTO GPS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .67
15.6 LA TECNICA DELLA DIFFERENZIAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .70
Le equazioni delle differenze prime di fase (ai ricevitori) 70
Le equazioni delle differenze seconde di fase 71
Le equazioni delle differenze terze di fase 73
15.7 LA RIDUZIONE DI BIASES CON COMBINAZIONI DI OSSERVABILI
GREZZE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73
Combinazione «geometry and clock free» L4 75

ii
Combinazioni «iono free» L3 75
Wide lane 76
Narrow lane L1,1 77
15.8 TECNICHE TRADIZIONALI DEL TRATTAMENTO DEI DATI GPS . . .78
15.9 IL PROGETTO DI UN RILIEVO STATICO GPS . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
Scelta del numero e della distribuzione dei vertici della rete 79
L'ubicazione delle stazioni del rilievo 79
Finestra di osservazione, durata delle sessioni di misura e intervallo di
campionamento 80
Numero di ricevitori disponibili e tipo 80
Il collegamento tra varie sessioni di misura 81
Trattamento delle misure GPS 81
I parametri logistici 82
La progettazione con programmi commerciali 82
Qualche cosa di più 86
La progettazione con programmi scientifici 87
Un esempio di progetto di una rete GPS: la rete eseguita per il tracciamento
della linea Alta Velocità Bologna Firenze 87
Requisiti fondamentali e le scelte adottate 87
Il collegamento fra le sessioni di misura 89
I parametri di ingresso ed i risultati della simulazione 90
La rete di infittimento 91

BIBLIOGRAFIA inerente il posizionamento GPS ...................................92

iii
PARTE IV – CENNI DI FOTOGRAMMETRIA
Il sistema GPS

13. CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

Nel corso di Topografia è previsto vengano fornite delle nozioni di base di Foto-
grammetria, disciplina insegnata in uno specifico corso del piano di studi. In questa
sede ci limiteremo dunque a dare dei concetti che possono permettere un succes-
sivo approfondimento nel corso previsto.
La Fotogrammetria è quella tecnica che consente la ricostruzione della forma e delle
dimensioni di un oggetto quando di questo si abbiano a disposizione almeno due
«immagini» riprese da due punti distinti nello spazio.
Le immagini possono essere di tipo fotografico o numerico, noi ci concentreremo
sulle prime.
Il tipo di proiezione che ne ha dato origine può essere idealizzato in vari schemi: in
questa sede si fa l'ipotesi che le immagini siano fotografiche e che siano proiezioni
centrali non deformate, perciò metriche dell'oggetto.
Da qui nasce la desinenza «metria» o «metrica» della disciplina e l'uso del termine
fotogrammi (non fotografie) del materiale utilizzato. Il primo scopo è in effetti di
tipo metrico: la ricostruzione della forma e delle dimensioni: ciò si traduce, con lin-
guaggio cartografico, nell'esigenza di utilizzare e rappresentare in scala un
«modello» dell'oggetto da ricostruire.
A seconda che l'oggetto sia il terreno (le riprese in questo caso vengono normal-
mente eseguite da un velivolo) od un monumento, una casa, un pezzo meccanico,
ecc. si è soliti parlare di fotogrammetria aerea o terrestre, quest'ultima è detta più
correttamente fotogrammetria (degli oggetti) dei vicini.
Cerchiamo di comprendere i concetti della fotogrammetria nell'ipotesi teorica ma

1
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

non restrittiva che sfrutta il modello geometrico teorico della proiezione centrale e
vediamo ora il motivo per cui sono necessari due fotogrammi.
Considereremo sempre nel seguito solo i problemi relativi alla fotogrammetria aerea.

S
β α
D' C'

O Centro nodale

Hm

D
Superficie fisica
B
C
A

A' A" B' B"


Piano Topogr.
Sup. di Riferimento

Fig. 13.1 – La geometria della presa.

Una sezione della camera da presa è idealizzata in figura 13.1 da un triangolo di ver-
tice O, centro nodale dell'obbiettivo e di altezza c: distanza focale (o distanza prin-
cipale) della camera da presa.
Il centro della proiezione è il punto nodale O ed il piano di proiezione è il piano di
appoggio dell'emulsione fotografica, piano che può essere inclinato in vario modo
nello spazio.
Due punti A e B sul terreno emettono un raggio luminoso che da origine ai punti
immagine α e β sul fotogramma.
Al termine della presa, ipotizziamo di sviluppare e stampare detto fotogramma, di
riposizionarlo nella stessa posizione spaziale (sul piano di appoggio della camera)
che aveva al momento della presa e di proiettare in qualche modo verso il centro O
i punti immagine α e β .
Questi raggi proiettivi sono rivolti ancora verso le direzioni che sul terreno avevano
i punti A e B ma, se non disponiamo di un'informazione precisa della posizione del
terreno rispetto alla camera, non sappiamo a priori dove riposizionare nello spazio
oggetto i punti A e B, che possono giacere a qualsiasi altezza lungo queste rette.
Si intuisce allora che è necessario conoscere almeno un modello altimetrico del ter-
reno, tuttavia l'altezza del terreno fa parte del problema che ci siamo imposti di
risolvere all'origine, cioè la ricostruzione della forma e delle dimensioni
dell'oggetto. Non sembra a questo punto vicina alcuna soluzione.
Facciamo l'ipotesi che sia lecita l'approssimazione del piano topografico per rappre-
sentare i punti A e B che su questo si proiettano dunque in A'' e B '', se non cono-
scessimo nulla dell'altimetria dell'oggetto, i due raggi proiettivi andrebbero a cadere
invece in A ' e B ', generando così un'immagine variamente deformata che anch'essa
è una proiezione centrale e non una proiezione topografica dell'oggetto.

2
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

Dunque una proiezione dell'immagine su un piano ed anche l'immagine stessa,


rappresenta l'oggetto ad una scala media variabile da zona a zona. Questa scala
media, chiamando Hm l'altezza media relativa di presa sarà uguale anche a:
1 c
--- = ------- 13.1
n Hm
che si ottiene per similitudine considerando i triangoli OCD e OC 'D '.

13.1 DEFINIZIONI E CONCETTI DI BASE


Supponiamo ora di riprendere un oggetto, il terreno, con una coppia di foto-
grammi secondo la sezione schematizzata in figura 13.2.
I due fotogrammi 1 e 2 hanno in comune la zona di terreno che va dal punto L al
punto M, le due camere sono poste in posizione distinta ed a priori incognita
nello spazio.
Uno stesso punto A ha dato origine al punto A' sul fotogramma 1 ed al punto A'' sul
fotogramma 2; questi punti comuni sulle due immagini si chiamano punti omologhi.
La distanza fra le due camere da presa (in genere è una camera unica che riprende
l'oggetto al tempo t 1 in c 1 ed al tempo t 2 in c 2) misurata rispetto ai due punti
nodali del sistema ottico si chiama base di presa.
I raggi r ' ed r '' sono detti raggi omologhi (RO) e possono essere visti come raggi
uscenti dal punto A o raggi proiettanti i punti A ' e A '' dai due centri di proiezione
c 1 e c 2 verso l'intersezione degli stessi sul terreno in A.

π1 A' 1
π2 A" 2
C1 Base
b C2

r'
r"

L
A M

MODELLO µ Carta da disegno

Fig. 13.2

Ora ipotizziamo di partire dai fotogrammi 1 e 2 facendo scomparire il terreno dalla


nostra vista, pensiamo anche di conoscere la posizione dei punti c 1 e c 2 e la giaci-
tura dei piani π 1 e π 2 e di poter proiettare ciascuna coppia di punti omologhi verso

3
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

il terreno: è così idealmente possibile ricostruire il luogo dei punti intersezione dei
raggi omologhi che chiamiamo modello.
Con le ipotesi precedenti, è possibile ricavare le coordinate dell'intersezione delle
rette r 1 e r 2 cioè le 3 coordinate del punto A nello spazio con semplici relazioni di
geometria analitica.
Sino ad alcuni anni or sono queste operazioni si eseguivano con strumenti analogici
meccanici, che permettevano di stabilire la posizione di qualunque punto A in uno
spazio oggetto ridotto in scala opportuna rispetto al terreno.
Abbiamo finora utilizzato esplicitamente o implicitamente alcune ipotesi: chia-
riamo meglio quali sono le condizioni che ci permettono di ricostruire la forma e le
dimensioni dell'oggetto:
1. Potere ricostruire la metrica della proiezione centrale: tale operazione è
detta orientamento interno (O.I.)
2. Potere ricostruire per intersezione dei raggi omologhi (il modello del ter-
reno) in qualsiasi sistema di riferimento ed a scala voluta. Queste opera-
zioni vengono definite orientamento esterno (O.E.).
Tali operazioni sono spesso eseguite in due passi: attraverso un'operazione
definita di orientamento relativo (O.R.) ed una seconda definita orienta-
mento assoluto (O.A.).
Lo strumento che soddisfa e risolve i punti 1. e 2. è chiamato restitutore.
In ordine cronologico i primi strumenti restitutori furono costruiti dal triestino
Edoardo Von Orel verso la fine del 1800 seguito dall'austriaco Scheimpflug nel
1898. Via via nel tempo migliorò la precisione ottica e meccanica, ma il principio
di funzionamento si manteneva analogico sino all'avvento dei calcolatori elettro-
nici. Gli ultimi pionieri degli strumenti analogici furono gli italiani Umberto Nistri
ed Ermenegildo Santoni.
Dalla fine degli anni 60, con l'avvento del calcolatore elettronico compaiono i
primi stereocomparatori elettronici e poi i primi restitutori analitici: i nomi più
prestigiosi nella ricerca sono il finlandese Helava e l'italiano Giuseppe Inghilleri.
Nel 1981 il finlandese Tapani Sarjakoski pone i primi concetti di fotogrammetria
digitale detta anche soft phogrammetry, le prime realizzazioni di strumenti digitali
sono di qualche anno più tardi.
Con quest'ultima tecnica le operazioni sono svolte tramite l'utilizzo di immagini
digitali (o rese digitali), attraverso un calcolatore ed un paio di occhiali polarizzati o
con l'uso di uno stereoscopio.
È tuttavia estremamente riduttivo identificare la fotogrammetria digitale come la
tecnica che si prefigge gli scopi fotogrammetrici con il solo uso di un calcolatore e
di immagini digitali, in quanto questa nuova tecnica si preannunzia foriera di
nuove e impensabili applicazioni in svariate discipline della misura.
Nei cenni di fotogrammetria che faremo nel corso parleremo tuttavia solo di foto-
grammetria analitica e degli strumenti restitutori analitici.
Gli strumenti analitici, strutturalmente semplici, compatti e precisi, consistono
nella loro essenza in due carrelli sui quali sono appoggiati i fotogrammi (diaposi-

4
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

tive). Questi possono essere mossi in maniera indipendente e sono collegati ad


organi di misura che trasmettono al calcolatore il valore di queste traslazioni.
Almeno uno di questi carrelli ha spostamenti (u,v) comandabili attraverso due servo-
motori gestiti da un calcolatore. Su questi carrelli «portalastre» vengono osservati i
punti del terreno attraverso un'ottica binoculare, ciò permette di «collimare» contem-
poraneamente in ciascuna immagine due punti omologhi. L'organo di collimazione è
costituito da un puntino scuro (o luminoso) di poche decine di mm per ogni oculare,
l'immagine reale è messa a fuoco su entrambe le immagini fotografiche.
La fotogrammetria analitica ha permesso di compiere operazioni che quella analo-
gica non consentiva, come ad esempio ricavare in modo semiautomatico piani quo-
tati, sezioni, profili, consente l'utilizzo di fotogrammi fortemente inclinati, l'uso di
camere da presa con distorsioni elevate ma con curva di distorsione nota e permette
di stimare statisticamente gli errori eseguiti nelle varie fasi del processo produttivo.

13.2 LE OPERAZIONI DI ACQUISIZIONE


L'elemento essenziale per l'acquisizione delle «informazioni metriche primarie»
dell'oggetto è la camera da presa, per questo la precisione del metodo dipende in
primo luogo da questo componente.
La camera deve consentire la registrazione delle informazioni metriche e permet-
tere di riattingerle senza (in teoria o con minime) deformazioni. La «precisione»,
il valore, della camera consiste anche nella stabilità dei parametri geometrici nel
tempo: considerando le forti sollecitazioni meccaniche che subisce durante il
volo si usa rideterminare le caratteristiche metriche della camera al più ogni due
anni. Questa operazione fornisce un documento definito certificato di calibra-
zione della camera.
La precisione del prodotto finale, in genere una cartografia, dipende anche dal
metodo di attuazione delle prese, dalla quota di volo, dalla velocità del velivolo (se
questo non è dotato di dispositivi anti-trascinamento), e da molti altri parametri di
«acquisizione primaria». Dipende ad esempio dalle emulsioni adottate e da tutta la
fase di trattamento fotografico successiva.

13.3 CARATTERISTICHE DELLE CAMERE AEREE


La prima caratteristica della camera è il suo obbiettivo: l'effetto della distorsione
radiale è corretto sino a valori residui di 3÷5 µm; della distorsione residua se ne cono-
sce l'andamento (la curva di distorsione), attraverso il certificato di calibrazione.
Anche le distorsioni tangenziali e le aberrazioni cromatiche sono ridotte pratica-
mente a zero grazie a particolari e complicati accoppiamenti di lenti.
Il formato usuale della camera è di 230 x 230 mm2; la camera è a fuoco fisso di 150 mm
per le camere più comuni (grandangolari) o di 300 mm per le camere a campo normale.
Per scopi cartografici il terreno si trova sempre a distanza iperfocale (tutti gli oggetti
ripresi sono cioè a fuoco).

5
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

Il magazzino, intercambiabile in pochi secondi, è costituito da 120÷150 m di pelli-


cola (poliestere indeformabile) per permettere la presa di blocchi anche di 600 foto-
grammi senza ricambi.
Per eliminare deformazioni meccaniche della pellicola, questa, all'istante della
presa, è spianata su una piastra piana, forata e collegata ad una pompa aspirante.
Alcune camere sono dotate di un dispositivo che muove micrometricamente la pel-
licola durante l'apertura dell'otturatore, in modo tale da compensare il movimento
apparente del terreno rispetto all'immagine. Questo dispositivo anti-trascinamento
è quasi necessario quando si vola a bassa quota o ad alta velocità.
Le camere aeree dispongono in mezzeria di ogni lato (camere Zeiss) od ai vertici di
ogni spigolo (camere Wild) delle marche fiduciali o repères, che sono aperture alla
luce di dimensioni di circa un decimo di mm che all'atto dello scatto impressio-
nano ciascun fotogramma con forma particolare.

a b c d

c Reperes
P Punto principale

1^ punto nodale
2^ punto nodale

a b
a b c d

c Reperes
P Punto principale

1^ punto nodale
2^ punto nodale

a b

Fig. 13.3

L'incrocio di queste marche o repères individua un sistema di assi (x , y ) che è il


sistema di riferimento interno del fotogramma. Le coordinate di questi quattro
punti sono misurate con precisione e scritte sul certificato di calibrazione della
camera.
L'incrocio degli assi congiungenti i repères individua, a meno di piccoli sposta-
menti riportati anch'essi nel certificato di calibrazione, il punto principale della
camera P, definito come la proiezione del punto nodale interno del corpo ottico sul

6
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

piano dell'immagine (fig. 13.3).


In ogni camera e quindi per ogni presa, vengono fotografati anche 5 elementi che si
trovano sui bordi del fotogramma e sono:
a. un altimetro con sensibilità di 10 m ed sqm σ = ± 20÷50 m;
b. una livella sferica;
c. un contatore del numero di diapositive e del numero di strisciata;
d. la data e l'ora di volo;
e. il valore della distanza principale c .
Alcune camere hanno la possibilità di visualizzare come informazioni supplemen-
tari i parametri di assetto angolare, ma questi hanno in genere scarsa precisione e
richiedono strumenti ausiliari costosi per il calcolo.

13.4 IL MATERIALE FOTOGRAFICO


Il materiale fotografico può essere così schematizzato:
1. un supporto resistente, inerte e trasparente di spessore da 8 a 20 decimi di
mm di policarbonato di polietilene;
2. uno strato di materiale sensibile di 5÷30 µ m;
3. un piccolo strato adesivo tra i materiali 1. e 2.;
4. uno strato superficiale protettivo sopra il materiale sensibile;
5. un successivo strato «antialo» atto a eliminare riflessi nocive posto sullo
strato protettivo.
La luce visibile ha lunghezza d'onda compresa tra i 400 µ m e i 720 µ m, il materiale
sensibile può coprire tutto questo spettro nonché parte delle radiazioni ultraviolette
e dell'infrarosso vicino.
Possiamo così suddividere le pellicole:
a. bianco e nero (B/N) negativo (1 strato gelatinoso)
b. ortocromatico o pancromatico) (1 strato gelatinoso)
c. colore negativo (3 strati)
d. colore invertibile (3 strati)
e. infrarosso bianco e nero negativo (IR - B/N) (1 strato)
f. infrarosso falso colore (IR - FC) (3 strati)
Di solito non si utilizza direttamente (tranne che per camere terrestri) la pellicola
sviluppata ma, anche per prudenza, una stampa.
Per evitare aberrazioni dovute a riproiezioni ottiche, la stampa avviene sempre «per
contatto» per mezzo di un cromografo.
Nel caso che lo sviluppo ottenga un negativo, occorre per contatto utilizzare un secondo
negativo, nel caso in cui lo sviluppo ottenga già un positivo, come nelle pellicole «colore
invertibile» occorre utilizzare per contatto lo stesso tipo di pellicola invertibile.

7
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

log S
BLU (B ) VERDE (V ) ROSSO (R )

0,4 0,5 0,6 0,7 µm

Fig. 13.4 – Sensibilità allo spettro di una pellicola a colori.

Il prodotto finale di precisione della stampa è comunque una diapositiva, mentre i


positivi su carta sono utilizzati per scopi accessori. Le pellicole IR-B/N hanno un
materiale sensibile anche alla parte dello spettro sino a 0.9 µm. La stampa di queste
ultime avviene ovviamente su normali pellicole B/N. La sensibilità di una pellicola
alle radiazioni luminose si valuta attraverso la curva sensitometrica. In figura 13.4 è
riportata la curva sensitometrica di tre strati sensibili RGB (Red Green Blue) di una
pellicola a colori.
λ 1 = (0.5÷0.7) µ m per il verde, λ 2 = (0.6÷0.7) µ m per il rosso, λ 3 = (0.7÷0.9) µ m
per l'infrarosso.
Tutti gli strati sono poi in parte sensibili anche al blu λ 0 = (0.4÷0.5) µ m che viene
eliminato attraverso un filtro giallo sull'obbiettivo.
Nella fase di sviluppo è possibile fare in modo che la parte sensibilizzata all'infra-
rosso, normalmente invisibile, si colori di rosso, mentre gli oggetti rossi compaiono
in colore verde e quelli verde in blu ed i blu in nero. La pellicola è particolarmente
utilizzata per fotointerpretazione e per indagini fitopatologiche, la vegetazione
infatti riflette più luce infrarossa che luce verde, come siamo abituati invece ad
osservarla.

13.5 CAMERE DA PRESA TERRESTRI


Diamo solo alcune caratteristiche delle camere usate per la fotogrammetria degli
oggetti vicini: una prima distinzione può essere fatta dividendole in camere metri-
che e semimetriche. Il primo aggettivo indica che l'obbiettivo ha distorsioni trascu-
rabili (ad esempio 10 µ m al massimo), il secondo indica che l'obbiettivo ha
deformazioni anche maggiori ma curva di distorsione nota (calcolata di solito a
fuoco f = ∞ ).
Ci occupiamo brevemente delle prime: il formato è minore di quello delle camere
aeree, i formati massimi sono 13 x 18 cm2, si usano supporti in poliestere ma anche

8
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

lastre di vetro, la sensibilità delle pellicole è minore, visto che di solito non vi sono
moti relativi tra l'oggetto e la camera.
Le camere sono a fuoco fisso, ma questo può essere eventualmente variato con l'uso
di anelli calibrati; anche l'obbiettivo può essere intercambiato ma, come detto, è
praticamente esente da distorsioni.
Queste camere possono essere montate su cavalletto o su un teodolite (si chiamano
così foto-teodoliti).
Il rapporto tra la distanza dell'oggetto e la distanza focale della camera è ridotto
(non siamo più sempre nel caso iperfocale), ciò impone di fare in modo che tutte le
parti dell'oggetto siano sufficientemente a fuoco: la profondità di campo si regola in
questo caso attraverso l'apertura del diaframma.

13.6 LA PRESA FOTOGRAMMETRICA E IL PROGETTO DEL VOLO


In figura 13.5 riportiamo lo schema di ripresa aerea: l'aereo vola ad un'altezza rela-
tiva media dal suolo H e scatta due fotogrammi: all'epoca t 1 la camera si trova in
O 1 ed all'epoca t 2 la camera apre l'otturatore in O 2.

ϕ =BECCHEGGIO 230 mm ω = ROLLIO


c 150 mm
O1 BASE O2
Asse x Asse y
b

H
i

Rt= 0,2L
R1= 0,6L

a L b

K= SBANDAMENTO

c d

Fig. 13.5 –Definizioni di base.

9
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

Rt
1

3
RI

Fig. 13.6 – Copertura per strisciate parallele di un territorio da cartografare.

Consideriamo un sistema di assi: fissiamo un asse locale X nella direzione della base
di presa, cioè nella direzione dei centri di presa, l'asse Z sia diretto secondo la verti-
cale nel punto O 1 (o, ad esempio, secondo la normale al piano d'appoggio del foto-
gramma 1 della camera), l'asse Y sia ortogonale ai due precedenti ed i tre assi
formino un sistema destrorso.
Definiamo rotazione ω o ro l l i o la rotazione attorno all'asse X, rotazione ϕ o bec-
cheggio quella attorno all'asse Y ed infine sbandamento κ la rotazione attorno
all'asse Z.
Supponiamo ora di dover eseguire la cartografia di un territorio comunale che ha
un perimetro come quello indicato in figura 13.7 e che il territorio sia pianeggiante.
Per poter eseguire una cartografia in scala 1:2000 è conveniente utilizzare una scala
media dei fotogrammi 1:8000; da questo valore, considerando una distanza princi-
pale c=150 mm si ricava una quota relativa di volo di 1200 m ( = 0.15 m ⋅ 8000 ) .
Decidiamo di coprire il territorio con una serie di fotogrammi ripresi lungo la dire-
zione Est Ovest e viceversa: una tale serie di fotogrammi viene definita strisciata.
Il volo avviene di solito nelle ore a cavallo del mezzogiorno solare per evitare che
ombre molto lunghe danneggino la comprensione dei particolari al suolo. Sce-
gliamo dunque la direzione delle strisciate, ad esempio la direzione E/O, perché il
pilota non sia infastidito dal sole verso sud durante il volo.
Per ricoprire uniformemente tutto il territorio, per poterlo «restituire» occorre che
ogni punto del terreno sia ripreso almeno da due fotogrammi.
Per fare ciò e diminuire al massimo il numero dei fotogrammi necessari, è teorica-
mente sufficiente che il ricoprimento di un fotogramma col successivo della stri-
sciata sia di 0.5 L, costruendo così delle «tessere», dei modelli, di dimensione
(L x 0.5 L) con i quali si ricopre tutta l'area interessata.
In realtà le cose non stanno così: prima di tutto il terreno non è esattamente pia-
neggiante, le prese poi non sono mai esattamente nadirali.

10
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

Se cioè, per l'accidentalità del terreno o l'inclinazione della camera, una striscia di
terreno fosse ripresa solo da un fotogramma, di questa zona non si riuscirebbe mai
a costruirne la cartografia.
Prudenza vuole dunque che, in terreni pianeggianti, il ricoprimento longitudinale
Rl fra i fotogrammi sia circa del 60%, cioè che si abbia un ricoprimento fra i
modelli successivi di una strisciata di almeno il 10%.
Anche fra le successive strisciate vale questa regola di prudenza (vedasi la fig. 13.6
per le strisciate 2 e 3) ed anzi il valore aumenta al 20% nei terreni pianeggianti.
Questo valore maggiore è causato dallo sbandamento dell'aereo e dalla difficoltà del
pilota e del navigatore a trovare correttamente una seconda direzione di volo paral-
lela a quella seguita nella strisciata precedente.
Con questi dati possiamo ora ricavare progettare l'interasse delle strisciate i e la
base di presa b:
i = ( 1 – R t )L 13.2

b = ( 1 – R l )L 13.3

La scala media del fotogramma è espressa dalla 13.1. Nell'esempio proposto in precedenza:
H
n = ---- = 1200 ⁄ 0.15 = 8000
c

L = 0.23n = 1800m, i = 1400m, b = 720m


Seguendo questa strada si può determinare il numero teorico minimo di foto-
grammi necessari a ricoprire tutto il territorio. Si avrà:
S
n = ------------------------------------------2- 13.4
( 1 – R l ) ( 1 – R t )L

Altri parametri di progetto del volo


Un parametro di progetto importantissimo è la scala media dei fotogrammi (e, data
la camera, la quota relativa di volo) in funzione della scala e dello scopo della carta.
Non è pensabile ad esempio di ottenere una cartografia (di precisione standard) in
scala 1:2000 utilizzando voli ad alta quota (6000 m): esiste un preciso rapporto tra
lo sqm delle coordinate ricavabili fotogrammetricamente e la quota relativa di volo.
La precisione altimetrica dipende direttamente dal rapporto base di presa/distanza
dall'oggetto, la base di presa dipende poi in genere dal ricoprimento longitudinale
che si desidera.
Per prese aeree, con valori standard R l = 0.6, lo sqm altimetrico che si raggiunge
con camere grandangolari assume i valori:
σ 2 = ( 0.4 ÷ 2 )H ⁄ 10000 13.5

variabili a seconda della qualità della presa e delle procedure di orientamento che
precedono la restituzione.

11
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

La tabella 13.1 propone i valori standard della scala media dei fotogrammi (1/n ) e
della quota relativa di volo H in funzione della scala della carta.
Si noti che il rapporto «scala carta/scala fotogramma» varia dai valori 8:1 ai valori
0.8:1 al diminuire della scala della carta; ciò è fondamentalmente dovuto al fatto
che nelle piccole scale è fondamentale poter distinguere ad esempio vari tipi di vie
di comunicazione strade, ferrovie, canali, ecc. Tali oggetti sono riportati sulla carta
in forma simbolica date le loro dimensioni ma hanno una notevole importanza.
All'aumentare della quota inoltre, a causa della foschia, risulta più difficoltosa
l'interpretazione di ogni particolare del terreno.

Tab.13.1

n =1 – Scala carta m =1 – Scala fotogramma H (c =150 mm)

500 3.000 – 4.000 500 m (900 m CON C=300 mm)

1.000 5.000 – 6.000 800 m

2.000 7.500 – 9.000 1.200 m

5.000 12.000 – 18.000 2.200 m

10.000 18.000 – 25.000 3500 m

25.000 25.000 – 40.000 5.000 m

50.000 40.000 – 50.000 6.000 m

Le condizioni meteorologiche
Le condizioni ideali di presa sono tali per cui normalmente in un anno in Italia non
vi sono più di 30 giornate adatte agli scopi di presa fotogrammetrica. Si devono
verificare infatti le condizioni:
– Assenza di nubi sotto e sopra la quota di volo (per poter osservare ogni
parte a terra o per la presenza di forti ombre).
– Assenza di foschia: per migliorare la qualità dell'immagine e per poter rico-
noscere bene i particolari a terra. Per questi motivi si usano spesso partico-
lari filtri gialli che però riducono l'energia luminosa in entrata, richiedendo
un maggior tempo di esposizione.
– Assenza di vento forte: per evitare forti angoli di deriva che difficilmente
possono essere corretti e che hanno spesso andamento casuale.
– Inclinazione dei raggi solari maggiore di 30°, onde evitare nette e lunghe
ombre che non permettono di riconoscere particolari a terra.
– Le condizioni vegetative infine o di copertura di nevi devono essere tali da
poter osservare correttamente il terreno, recinzioni, bordi di strade, ecc.

12
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

Per poter eseguire questi voli, il velivolo utilizzato deve avere particolari caratte-
ristiche, principalmente la stabilità; per questo motivo si adattano ad esempio i
jet ma questi, per l'elevata velocità di stallo, sono più usati per voli ad alta
quota, dove il trascinamento dell'immagine incide in quantità minore.
Normalmente si utilizzano i bimotori, più stabili dei monomotori (che tra l'altro
devono prevedere una correzione di deriva a causa del momento angolare di rota-
zione dell'elica), che hanno una velocità minima operativa attorno ai 200 km/h.
L'aereo deve essere pluriposto per consentire la salita di pilota, navigatore e
fotografo ed avere un posto ausiliario occupato dalla camera da presa, deve per-
mettere l'alloggiamento di accessori ed almeno di un magazzino di ricambio.
L'aereo deve possedere buona autonomia, superiore a 5 ore di volo, deve con-
sentire quote operative di volo anche di 5000-6000 m: in tal caso un aereo
pressurizzato è più comodo per l'equipaggio che non deve utilizzare le scomode
maschere ad ossigeno.
L'aereo deve essere dotato di tutti i dispositivi telefonici di dialogo tra pilota e
navigatore e può disporre anche di dispositivi ausiliari come ad esempio ricevi-
tori GPS navigazionali o geodetici; nel primo caso questi strumenti permettono
di eseguire il volo secondo quanto progettato in ufficio, nel secondo consen-
tono di determinare le coordinate dei punti di presa da inserire in una proce-
dura di triangolazione aerea per arrivare infine a determinare i parametri di
orientamento esterno di ciascun fotogramma.

13.7 L'ORIENTAMENTO INTERNO (OI)


Diremo ora in cosa consiste, ed in seguito perché e come si realizza.
La metrica che governa la presa è quella della proiezione centrale, dunque eseguire
l'orientamento interno consiste, dopo lo sviluppo della diapositiva, nel conoscere
e/o determinare i parametri che sulla diapositiva idealizzano e ricostruiscono la
metrica della proiezione centrale; questi sono in sintesi le coordinate del punto
nodale esterno in un sistema di assi interni alla camera (x,y,z).
Nel caso di aberrazioni non trascurabili occorre conoscere questi valori per mezzo
di una curva di distorsione.

13
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

z y
R2
π
R1 P
x
R3
R4
c

Fig. 13.7

La figura 13.7 schematizza la camera da presa. Per costruzione, l'asse del sistema
ottico che passa per O, punto nodale esterno della camera da presa, dovrebbe essere
normale al piano della camera π ed ancora coincidere con l'intersezione con gli assi
x ed y individuati dai repères R 1R 3 ed R 4R 2. Anche se ciò non avvenisse, le coordi-
nate di questi punti devono permettere la conoscenza del sistema (x y ) e la posi-
zione del punto P.

y
v
R2
x
R3
R1
L
v (A)
A R4

u
u (A)

Fig. 13.8a – Misura al mono-comparatore delle coordinate di un punto.

Individuati gli assi x ed y ed un asse z normale a π , con le ipotesi (di taratura) che
abbiamo accennato definire l'orientamento interno equivale a definire il punto:

x(0) = x(P) = 0

y(0) = y(P) = 0 13.6

z(0) = – c

14
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

e, per ogni punto A, poter misurare le coordinate x (A ), y (A ) in questo sistema;


tutto ciò è possibile ad esempio con uno strumento che si chiama mono-compara-
tore, il cui funzionamento schematico è illustrato in figura 13.8.
In sintesi lo strumento è un coordinatometro di precisione, consente cioè di misu-
rare con precisione le coordinate «carrello» (u , v ) di un punto A collimato attra-
verso un sistema di collimazione L . Esistono due guide rigorosamente ortogonali
sulle quali (o rispetto alle quali) è possibile misurare la posizione del punto
A ≡ ( u, v ) . La diapositiva è in genere appoggiata in un modo casuale rispetto a
queste guide, ne consegue che occorre capire come risalire dalle coordinate carrello
(u,v) alle coordinate lastra (x,y).
La risposta è semplice: il modello fisico geometrico che lega i due sistemi è la roto-
traslazione con doppia variazione di scala:
λ
 x  =  x   cosα sinα   u  +  ∆x  13.7
 y  λ y   – sinα cosα   v   ∆y 

Nel modello descritto nella 13.7 si considerano due fattori di scala perché il film si
deforma in genere in maniera maggiore e diversa nella direzione del trascinamento
della pellicola.
I parametri da determinare sono dunque 5: λ x ,λ y ,α ,∆x ,∆y oppure 6 se si desidera
tenere conto di una possibile non ortogonalità degli assi u e v o degli assi x ed y.
Le misure a disposizione sono quelle che possono farsi sulle marche R 1 …R 4 . In
totale si hanno perciò 8 misure e 5 (o 6) incognite: il problema si risolve con l'uso
dei minimi quadrati. Le coordinate dei repères sono note con elevata precisione dal
certificato di calibrazione della camera. La distanza principale è poi riportata su
questa e su ogni fotogramma.
Dall'abbinamento di due mono-comparatori si ottiene uno strumento detto stereo-
comparatore, su due carrelli sono appoggiati i fotogrammi 1 e 2 mobili nelle dire-
zioni (u 1 , v 1 ) (u 2 , v 2 ) e consentono di misurare le coordinate (x 1 , y 1 ) di A ' e
(x2 ,y 2 ) del suo omologo A''.
Il meccanismo di collimazione indicato schematicamente in figura è una croce
simile ad un reticolo del teodolite, in realtà l'organo di puntamento è, come accen-
nato, costituito da un puntino di minuscole dimensioni (ad esempio 10 µ m) posto
nell'ottica, in prossimità dei due oculari ed è detto marca.
Con la visione binoculare, se i due fotogrammi non sono stati ripresi con prese for-
temente inclinate fra loro (per riprese aeree non lo sono) si può così osservare tridi-
mensionalmente tutto un intorno del punto A. Si innesca cioè il meccanismo della
visione stereoscopica. Grazie al doppio sistema di collimazione, quando la marca di
sinistra indica un punto A ' e quella di destra il suo omologo A ", l'osservatore ha
l'impressione di vedere fuse entrambe le marche in un unico punto posto nello spa-
zio tridimensionale osservato.

15
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

v2
v1

AII
AI
u2
u1

Fig. 13.8b – Schema di uno stereo comparatore.

13.8 LA VISIONE STEREOSCOPICA


Il cervello umano elabora in millisecondi le immagini che contemporaneamente
giungono dai due occhi e riesce a valutarne la distanza e le dimensioni plastiche
grazie al fatto che ciascun punto dell'oggetto giunge ai due occhi sotto differenti
angoli, in particolare, per oggetti distanti più di 4-5 volte la distanza interpupil-
lare (variabile da 55 a 75 mm) si riesce a percepire la terza dimensione tanto è
più grande l'angolo γ (detto parallasse angolare) che sottende da P i due centri
pupillari (fig. 13.9).
Al di là di una certa distanza, al di sotto di un valore di γ attorno a 5 mgon,
l'oggetto appare piatto.

γ
y

~ 65mm
b=

Fig. 13.9 – Visione stereoscopica dell'uomo.

16
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

In particolare si può scrivere:


b dγ b
γ ≅ --; ------ = – ---2- 13.8
y dy y
la precisione della profondità di campo dy è funzione del quadrato della distanza
del punto e della sensibilità parallattica angolare dγ :
y2
dy = – ---- dγ 13.9
b
In particolare per la distanza della visione distinta di 250 mm si ha:
65
γ ≅ --------- = 0.26 .
250
Se con percorsi ottici portiamo separatamente all'occhio sinistro una porzione di
immagine ripresa dal punto di presa C 1 (fig. 13.2) e all'occhio destro la porzione
omologa ripresa dalla camera nella posizione C 2 se le due zone omologhe sono
riprese da fotogrammi pressoché nadirali, dopo piccole traslazioni dei fotogrammi,
il cervello fonde entrambe le immagini provenienti dai due occhi e percepisce la tri-
dimensionalità dell'oggetto proprio come se i due occhi si trovassero tra loro alla
distanza della base b.
Un semplice strumento che consente questa visione separata e ingrandita è lo stere-
oscopio. La parallasse angolare è molto più accentuata nella visione di immagini
aeree rispetto alla visione ad occhio nudo. Si ha infatti (fig. 13.5) per ricoprimenti
longitudinali del 60%:
b ( 1 – 0.6 )L 0.4L
γ ≅ ---- = ------------------------ = ------------------- ≅ 0.65
H H  0.15
---------- L
 0.23

Si comprende che questa visione esalta in modo non naturale la profondità


dell'oggetto e, quando questo è il terreno, permette di stimarne con maggior preci-
sione l'andamento altimetrico.
Ciò è ancora più necessario in fase di restituzione quando si desidera descrivere
questo andamento attraverso un disegno a curve di livello.
Anche se parecchi test di misura hanno dato risultati di precisione eccellenti anche
rinunciando all'aiuto della visione stereoscopica, si preferisce utilizzare la visione
stereoscopica per questi altri motivi:
– l'occhio umano ed il cervello è meno «annoiato» durante l'osservazione di
un modello plastico con conseguente riduzione di gravi errori di misura;
– l'osservazione di piccoli particolari sui quali l'immagine sfuma con diversi
contrasti il colore è più precisa se fatta in stereoscopia;
– l’occhio, (il cervello in realtà), in tempo reale esegue una sorta di con-
fronto-correlazione dei toni di colore, tale complessa procedura oggigiorno
è eseguita dai restitutori digitali ma si perde completamente in monoscopia
con l'uso di mono-comparatori analitici.

17
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

La collimazione stereoscopica
L'immagine stereoscopica che si osserva quando contemporaneamente dai due
occhi arrivano zone omologhe, non è altro che la visione di quello che avevamo
definito modello: luogo dei punti intersezione dei raggi omologhi. Questo modello
non è dunque qualcosa di ideale ma è ben visibile.
Osservare un oggetto stereoscopicamente è poca cosa rispetto agli scopi che ci
siamo prefissi, occorre per lo meno eseguire due altre operazioni: indicare un punto
preciso all'interno del modello e, scelti due punti, misurare fra questi distanza, disli-
vello ecc…
Questa seconda operazione può essere eseguita ancora meglio fissando un sistema
di coordinate (E ,N) cartografiche per la planimetria ed un sistema ortometrico (Q)
per le quote e misurando queste tre coordinate per qualsiasi punto collimato. In
realtà il sistema di riferimento «proprio» alla fotogrammetria è un sistema carte-
siano tridimensionale.
Ai fini metrici «indicare» un punto preciso significa «collimare» e misurare le coor-
dinate del punto. La prima operazione è simile a quella che si esegue con il reticolo
di un teodolite ma in questo caso il punto da collimare è stato impresso su due
immagini distinte. Per risolvere il problema è necessario che in ciascun percorso
ottico che porta alle due immagini sia visibile al posto del tradizionale reticolo, un
puntino o marca.
Questi due puntini, neri o luminosi (vedi fig. 13.8) possono essere inseriti in prossimità
degli oculari o vicino alle immagini, in ogni caso devono essere a fuoco con queste.
Quando la collimazione è eseguita con una certa precisione, quando cioè le due
marche sono in prossimità dei due punti omologhi P ' e P '', il cervello, che già
fonde l'immagine sottostante in un unico modello plastico, tende a fondere anche
l'immagine delle due marche in un'unica marca, che tridimensionalmente è situata
poco sopra o poco sotto il particolare collimato P.
Il punto P si ritiene collimato quando in entrambe le immagini le marche si
sovrappongono con esattezza al particolare. In questo caso avremo la sensazione che
un'unica marca sia appoggiata al particolare collimato.
Collimato il particolare del terreno rimane la misura delle coordinate.
Questa operazione (ed il tracciamento stesso della carta) avveniva un tempo in
maniera diretta sul modello nei restitutori analogici in quanto l'intersezione dei
raggi omologhi era materializzata dall'intersezione di due bacchette di acciaio o
dalla fusione di due immagini complementari.
Negli strumenti analitici non occorre ricostruire meccanicamente il modello per
determinare le coordinate, queste sono determinabili analiticamente in funzione
dei punti collimati o meglio viceversa, in funzione delle coordinate di un punto P,
sono ricavabili le coordinate P ' e P '' dei punti omologhi di P (se esistono) su cia-
scun fotogramma.

18
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

13.9 MATRICE DI ROTAZIONE NELLO SPAZIO


Consideriamo una generica trasformazione di rototraslazione nello spazio:

 x  E   E0 
 y = λ R  N –  N  13.10
     0
 z  Q  Q 0 

il è il fattore di scala, R è la matrice di rotazione tra il sistema (x , y, z), ad esempio il


sistema interno, ed il sistema (E , N , Q ), ad esempio il sistema esterno. È formata
dai coseni direttori:
R = [ cos E • x ] = [ r ji ] i,j = 1…3 13.11

cioè:

 cos Ex cos Ey cos Ez 


R =  cos Nx cos Ny cos Nz = f ( Ω , Φ ,K ) 13.12
 
 cos Qx cos Qy cos Qz

ma fra questi 9 elementi solo 3 sono indipendenti potendosi esprimere R in fun-


zione degli angoli di rotazione cardanici ( Ω , Φ ,K ) , rollio, beccheggio e sbanda-
mento. Per ricavare questi nove valori partiamo da un sistema (x , y, z ) e diamo in
ordine le rotazioni Ω , Φ ,K (tab. 13.2).

19
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

Tab.13.2 – Effetti delle rotazioni

ASSE DI ROTAZIONE PIANO CHE RUOTA ROTAZIONE NOME

z x' y' K Sbandamento

y' x x' Φ Beccheggio

x" y'z' Ω Rollio

x"//E y"//N; z'//Q

Per convenzione assumiamo positive le rotazioni antiorarie K da x verso x'; Φ da x'


verso x"; Ω da y ' verso y".
Usiamo anche la convenzione di una terna di assi destrorsa secondo la regola delle
tre dita della mano destra: le rotazioni vanno perciò osservate dalla direzione con-
traria dell'asse di rotazione.

y' y

x'
+K
x

+K
z
La rotazione K attorno a z produce la trasformazione:

 x'   cos K sin K 0   x  x


 y '  =  – sin K cos K 0   y  = R  y 
     K 
 z'   0 0 1 z    z

z' z=z'


y'

x"

x'

20
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

La rotazione Φ attorno a y ' è positiva da x ' verso x '' ma, secondo la convenzione
degli assi stabilita è osservata da y ' come una rotazione oraria cioè:

 x ''   cos Φ 0 – sin Φ  x'   x' 


 y ''  =  0 1 0   y '  = R Φ  y ' 
  
  
 z ''   sin Φ 0 cos Φ   z '   z' 

z"' z"

y"'
+Ω
y'=y"

+Ω
x"=x"'
La rotazione Ω da y ' a y" è vista da x" come rotazione antioraria. Si ha cioè:

 x '''  1 0 0   x ''   x '' 


 y '''  =  0 cos Ω sin Ω  y ''  = R  y '' 
     Ω 
 z '''   0 – sin Ω cos Ω  z ''   z '' 

con (x'",y'",z'") paralleli e coincidenti con (E,N,Q).In definitiva possiamo


scrivere:

E  x  x 
N  = R R R  y  = R  y  13.13
  Ω Φ K   
Q  z  z 

cos K cosΦ – cosΦ sinK sinΦ 


RΩ R Φ R K = cosΩ sin K + sinΩ sinΦ cosK cosΩ sin K – sinΩ sinΦ sin K – sinΩ cosΦ 
 13.14a
 
sinΩ sin K – cosΩ sinΦ cosK sinΩ cosK + cosΩ sinΦ sin K cosΦ cosΩ 

Questa non è l'unica matrice di rotazione che si può ricavare in funzione dei tre
angoli cardanici Ω , Φ ,K ma cambia cambiando le convenzioni sulle rotazioni posi-
tive od invertendo l'ordine delle rotazioni. Ad esempio per R=R K R Φ R Ω si ha:
cos K cosΦ cosK sinΦ sinΩ – sinK cosΩ cosK sinΦ cosΩ + sinK sinΩ 
R K ΦΩ = sin K cosΦ sinK sinΦ cosΩ – cosK sinΩ sinK sinΦ cosΩ – cosK sinΩ 13.14b

– sinΦ cosΦ sinΩ cosΦ cosΩ 

Per le proprietà delle matrici di rotazione possiamo scrivere:


x = R TK x '; x ' = R ΦT x ''; x '' = R ΩT x ''' = R ΩT ( E,N,Q ) T

(per brevità non sono state messe in evidenza le componenti di x , x', x", x'").

21
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

Si può scrivere:
x = R TK R ΦT RΩT ( E,N,Q ) T

cioè:
R Ω–1Φ K = R TK R ΦT RΩT

Si può verificare che:


R Ω–1Φ K = R KT Φ Ω
In seguito useremo le convenzioni della matrice 13.14a R Ω Φ K .

La linearizzazione delle equazioni di rotazione nello spazio


Per risolvere un sistema trascendente come le equazioni 13.10 occorre partire prima
dalla sua linearizzazione e, per prima cosa si vedrà come si può linearizzare una
qualsiasi matrice R nelle incognite Ω,Φ ,K.
Invertendo le 13.10 si ha:

 E –E0  x
 N – N  = mR –1  y  13.17
 0  
 Q –Q0  z

dove abbiamo definito m =1/λ ; si definisce ancora:


R –1 = R T = U
Poniamo di conoscere la scala m a meno di un infinitesimo ε e la matrice di rota-
zione U a meno di infinitesimi dU, cioè:

m
------ = ( 1 + ε ) 13.18
m0

U = Ũ ( I + dU ) 13.19

La matrice dU dipenderà dalle quantità dΩ , dΦ , dK. Prendiamo in esame la 13.14b


e poniamo:
cos ( dΩ ) = cos ( dΦ ) = cos ( dK ) = 1

sin ( dΩ ) = dΩ ; sin ( dΦ ) = dΦ ; sin ( dK ) = dK 13.20

d Ω ⋅ d Ω = d α ⋅ d β = 0 per α , β = Ω , Φ ,K
La matrice (I+dU) assume la forma:

 1 – dK dΦ 
I + dU =  dK 1 d Ω 13.21
 
 dΦ – d Ω 1 

22
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

Questa matrice non è ortonormale: il determinante differisce dall'unità di infinite-


simi del secondo ordine, di quantità che abbiamo ammesso di poter trascurare.
Ammesso di conseguenza che det ( I + dU ) ≅ 1 è facile calcolarne l'inversa trascu-
rando ancora i termini differenziali del secondo ordine d α ⋅ d β .

 1 dK – dΦ 
( I + dU ) –1 
= – dK 1 dΩ  = ( I – dU ) T = ( I + dR ) 13.22

 dΦ – dΩ 1 

Le 13.17 divengono:

 E –E0   x
 N – N  = ( 1 + ε )m Ũ ( I + dU ) y 
 0 0  
 Q –Q0   z

Sviluppando e trascurando il termine ε ⋅ dU :

 E –E0  x x x


 N – N  = m Ũ  y  + m Ũ dU  y  + m ε Ũ  y 
 0 0   0   0  
 Q –Q0  z z z

Raccogliendo il termine m 0 Ũ si ha:

 E –E0   x  x


 N – N  = m Ũ  ( I + ε )  y  + dU  y   13.23a
 0 0     
 Q –Q0   z  z 

Definiamo:

 u  x
 v  = m Ũ  y 
  0  
 w  z

E  u  x   E0 
 N  = ( I + ε )  v  + dU  y  +  N  13.23b
       0
Q  w  z   Q0 

le quantità a sinistra sono valori noti mentre a destra compaiono le solo sette inco-
gnite ε ,dΩ ,dΦ ,dK ,E 0 ,N 0 ,Q 0 . In queste incognite le equazioni sono state rese ora
lineari.
Dopo aver ricavato questi quattro parametri si procede per iterazioni successive
aggiornando U ed il fattore di scala m attraverso le 13.18 e 13.19 e ponendo alla
prima iterazione (indichiamo con l'apice ' questa iterazione):

m 0' = m; U˜ ' = U 13.24

23
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

13.10 EQUAZIONI DI COLLINEARITÀ NEL SISTEMA DI RIFERIMENTO INTERNO

z
y
Q Negativa (immagine speculare)

_
P' c
x
Diapositiva
c
P' N

r'

P'

Fig. 13.10

Osserviamo la figura 13.10, in particolare il sistema di riferimento esterno (E, N, Q)


ed il sistema di riferimento interno (x,y,z) di un fotogramma.1
Il punto P del terreno ha dato origine al punto P ' sulla negativa, immagine specu-
lare del terreno; per comodità di trattazione considereremo di qui in poi le coordi-
nate (x,y) misurate invece sulla diapositiva: nel sistema interno: allora un punto P'
avrà coordinate (x,y,- c).
Consideriamo ora una coppia di diapositive (fig. 13.11). Le coordinate dei punti di
presa O1 e O2 sono:
O 1 ≡ ( E 1 , N 1,Q 1 ) ; O 2 ≡ ( E 2 , N 2,Q 2 )
e le coordinate di P' e P" sono:
P ' ≡ ( E ' , N ',Q ' ) ; P '' ≡ ( E '' , N '',Q '' )
Ciascun fotogramma ha assetto angolare rispetto al sistema esterno individuato
dagli angoli (Ω 1, Φ 1, K 1) e (Ω 2, Φ 2, K 2) rispettivamente.

1 Da qui in poi faremo l'ipotesi che il sistema ( E , N , Q) sia un sistema cartesiano ortogonale, ciò è
valido ragionevolmente solo all'interno di una coppia di fotogrammi. È possibile tuttavia tener
conto delle opportune correzioni.

24
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

Chiamiamo con R e S le matrici di rotazione (ricavate da questi angoli di assetto)


che permettono di trasformare le coordinate (E ,N,Q) nelle coordinate (x , y, z). Le
equazioni della retta r' nel sistema esterno (E ,N,Q) sono:

 Ep – E1 E' – E E' – E
 ------------------- = -----------------1- ; E p = E 1 + ( Q p – Q 1 ) -----------------1- 13.25a
 Q p – Q1 Q' – Q 1 Q' – Q 1

Np – N1
 ------------------ N ' – N1 N' – N
 Q – Q - = ------------------ - ; N p = N 1 + ( Q p – Q 1 ) ------------------1- 13.25b
Q' – Q 1 Q' – Q 1
 p 1

e nel sistema interno (x,y,z):


x(P) – 0 y(P) – 0 z (P ) – 0
--------------------- = --------------------- = ------------------- 13.26
x(P ') – 0 y(P ') – 0 –c

O1 BASE O2

π1 c _ π2
Q P'
P"

N
r'
r"

P
Ep
Qp
Np
E

Fig. 13.11

ovvero:
x (P )
x ( P ' ) = – c ----------- 13.27
z (P )

y (P )
y ( P ' ) = – c ---------- 13.28
z (P )
Le coordinate (x , y, z) di P possono essere ricavate dalla 13.10 (λ =1); in particolare
x(P) sarà la somma dei prodotti della prima riga di R per (E-E 0), (N-N 0), (Q -Q 0);
y(P) sarà la somma dei prodotti della seconda riga di R per gli stessi termini e così
via. Si ottiene, definendo per brevità x(P')=x', y(P')=y'.

25
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

r 11 ( E p – E 1 ) + r 12 ( N p – N 1 ) + r 13 ( Q p – Q 1 )
x' = – c ------------------------------------------------------------------------------------------------
- 13.29
r 31 ( E p – E 1 ) + r 32 ( N p – N 1 ) + r 33 ( Q p – Q 1 )

r 21 ( E p – E 1 ) + r 22 ( N p – N 1 ) + r 23 ( Q p – Q 1 )
y' = – c ------------------------------------------------------------------------------------------------
- 13.30
r 31 ( E p – E 1 ) + r 32 ( N p – N 1 ) + r 33 ( Q p – Q 1 )
In queste equazioni troviamo a sinistra una quantità misurabile: le coordinate (x ' , y')
del punto P' nel sistema interno; a destra troviamo le coordinate del punto di presa,
le coordinate del punto osservato a terra e gli angoli di assetto (Ω 1, Φ 1, K 1) espressi
j
indirettamente dai termini r i .
Note le coordinate di un certo numero di punti a terra e misurate le «coordinate
fotogramma» (x y z ) di questi punti, è possibile ricavare le sei incognite: coordi-
nate del punto di presa ed assetto (Ω , Φ , K) della camera. Questa procedura viene
definita «space resection» o «vertice di piramide».
Consideriamo ora anche il fotogramma di destra: anche per esso è possibile scrivere
equazioni analoghe alle 13.29 e 13.30 cioè:
s 1 ( E p – E 2 ) + s 12 ( N p – N 2 ) + s 13 ( Q p – Q 2 )
x'' = – c ----------------------------------------------------------------------------------------------- 13.31
s 3 ( E p – E 2 ) + s 32 ( N p – N 2 ) + s 33 ( Q p – Q 2 )

s 2 ( E p – E 2 ) + s 22 ( N p – N 2 ) + s 23 ( Q p – Q 2 )
y'' = – c ----------------------------------------------------------------------------------------------- 13.32
s 3 ( E p – E 2 ) + s 32 ( N p – N 2 ) + s 33 ( Q p – Q 2 )
j
dove s i sono i termini della matrice S già definita.
Attraverso le equazioni 13.29…13.32 si può pensare di ricavare le incognite: assetto
angolare e coordinate dei punti di presa per ciascun fotogramma. Vediamo quante
equazioni del tipo 13.29÷13.32 possiamo scrivere per ogni punto collimato e quante
sono le incognite coinvolte.
Per ogni punto osservato su due fotogrammi possiamo scrivere 4 equazioni nelle
misure (x ', y ') e (x ", y "): chiamando p il numero dei punti abbiamo 4p equazioni
di misura.
Per ogni coppia di fotogrammi, cioè per ogni modello, abbiamo sempre 12 inco-
gnite: (E1, N 1, Q 1), (Ω 1, Φ 1, K 1), (E 2, N 2, Q 2), (Ω 2, Φ 2, K 2); inoltre sono pre-
senti le tre coordinate incognite (E ,N,Q)P di ogni punto P collimato.
Può sembrare che si risolva il problema non appena:
12 + 3p ≤ 4p 13.33

cioè per un numero di punti p ≥ 12 . In realtà scrivendo queste 4.p equazioni e


facendo un'analisi del rango della matrice si troverebbe sempre (anche per un
numero elevato di p ) una deficienza di rango rd = 7 che si può sanare solo attra-
verso la conoscenza di coordinate (E p, N p , Q p ) di punti nel sistema esterno. Deve
cioè essere fissato il datum, attraverso la conoscenza di sette parametri indipendenti:
ciò può essere fatto misurando le coordinate planimetriche di due punti e le coordi-
nate altimetriche di tre punti non allineati.
Questi sette parametri noti, inseriti nelle 13.29÷13.32 permettono di risolvere il problema.

26
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

Quasi sempre, per migliorare precisione ed affidabilità dei risultati, si misurano a


terra le coordinate dei punti in numero superiore di quello strettamente necessario
(l'operazione si chiama appoggio a terra o anche appoggio). Ciò permette di risol-
vere ai minimi quadrati il sistema di equazioni 13.29 ÷13.32 ricavando i dodici
parametri, coordinate del punto di presa e assetto angolare del modello definiti
parametri di orientamento esterno; l'operazione stessa è definita «orientamento
esterno». Una volta ricavati questi parametri è possibile invertire le 13.29÷13.322 e,
date le coordinate (x ', y ') e (x ", y ") ricavare le coordinate (E , N , Q ) di qualunque
punto all'interno del modello.

13.11 L'ORIENTAMENTO ESTERNO


Eseguire l'orientamento esterno significa ricavare 12 parametri per ogni modello:
queste dodici incognite possono essere ricavate attraverso l'appoggio a terra; note le
coordinate terreno di alcuni punti, le 13.29÷13.32 si linearizzano. Le equazioni di
collinearità si risolvono poi ai minimi quadrati con le solite procedure. È possibile
tuttavia spezzare il problema in due parti, cioè ricavando prima 5 incognite indipen-
denti dal datum ed in seguito le altre sette che dipendono solo dal datum.
La prima operazione è chiamata orientamento relativo, la seconda orientamento
assoluto.
Per ricavare 5 incognite indipendenti dal datum in un problema di per se stesso di
12 incognite, la soluzione seguita è quella di fissare arbitrariamente il datum cioè di
fissare tutti e solo sette parametri che definiscono e dipendono dal sistema di riferi-
mento che si desidera fissare. Questi sette parametri possono essere visti come i sei
gradi di libertà di un corpo rigido (una terra cartesiana ortogonale) nello spazio
(X 0,Y 0,Z 0,Ω , Φ , K) più un fattore di scala λ.
Sono questi i parametri che permettono di passare da questo riferimento arbitrario
(X , Y, Z ) al sistema esterno (E , N , Q ) per mezzo di una rototraslazione con varia-
zione di scala.
Vi sono tradizionalmente due modi per fissare il datum, questi modi che permet-
tono di ricavare le rimanenti cinque incognite indipendenti vengono definiti
«orientamento relativo asimmetrico» ed «orientamento relativo simmetrico». Il
sistema di riferimento che si fissa, e si ipotizza noto a priori, ha assi indicati conven-
zionalmente con (X ,Y,Z).

13.12 L'ORIENTAMENTO RELATIVO


Eseguire l'orientamento relativo significa geometricamente far si che il modello,
luogo dei punti intersezione dei raggi omologhi, possa formarsi.
Questa intersezione avviene se i raggi r' e r" (fig. 13.11) non sono sghembi.

2 Si vedano le 13.15 e si esprimano (E'-E1), (N ' - N 1), (q'- q1) in funzione di (x , y,z) e di R -1.

27
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

Se trasliamo rigidamente il piano π 2 rispetto a π 1 lungo la linea di base O1O2 otter-


remmo un «modello» del terreno non più in scala 1:1 con il terreno ma in scala λ
definita dal rapporto (O'1O'2)/(O1O2) tra la «base del modello» e la base di presa.
Intuitivamente eseguire l'orientamento relativo consiste dunque nell'orientare il
piano π 2 rispetto al piano π 1 nella loro stessa posizione relativa che avevano al
momento della presa in modo tale che per qualsiasi coppia di punti omologhi P' e
P " le rette r ' ed r" non siano sghembe (fig. 13.11). Vedremo di seguito che questa
condizione, scritta per almeno 5 coppie di punti distinti permetterà di risolvere il
problema in termini analitici. La condizione è detta di complanarità in quanto
esprime il fatto che le rette r ' ed r " e la base O1O2 devono giacere nello stesso
piano.

13.13 L'ORIENTAMENTO RELATIVO ASIMMETRICO (ORA)


Prima di giungere alle equazioni dell'orientamento relativo (l'OR) vediamo quali
sono le due modalità convenzionali con cui si fissa il datum che sono dette orienta-
mento relativo asimmetrico e orientamento relativo simmetrico. Questi aggettivi si
riferiscono all'assetto angolare dei piani π 1 e π 2 e ricordano le procedure che si ese-
guivano nei restitutori analogici.
Nell'OR simmetrico di realizza l'intersezione dei raggi omologhi attraverso la rota-
zione di entrambe le camere dello strumento analogico, nel caso dell'orientamento
asimmetrico la camera di sinistra (una delle due in genere) rimane fissa sia per posi-
zione che angolarmente; la ricerca dell'intersezione dei raggi omologhi avviene
attraverso la rotazione e la traslazione della sola seconda camera del restitutore ana-
logico. L'intersezione dei raggi omologhi, nei restitutori analogici, consiste nell'eli-
minazione della parallasse in cinque zone del modello secondo lo schema e in zone
suggerite da Von Gruber (fig. 13.16). Esaminiamo il primo caso.

Z=z1

Y=y1
O2
BASE "b"
O1
X=x1

c
c π2
π1

Fig. 13.12 – Come si fissa il datum nell' OR asimmetrico.

Stabiliamo l'origine del sistema (X Y Z ) nel centro di presa O1 del fotogramma di


sinistra e facciamo in modo che il sistema interno della camera (x 1, y 1, z 1) coincida

28
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

con il sistema relativo (X Y Z ). In questo modo vincoliamo automaticamente sei


parametri a zero:
[ X 01 ,Y 01 ,Z 01 ] = 0; [ ω1 , ϕ1 , κ1 ] = 0 13.34

Osserviamo la figura 13.12 e chiamiamo con (b x ,b y ,b z ) le componenti del vettore


base b cioè:
X ( 02 ) = bx ; Y ( 02 ) = by ; Z ( 02 ) = bz 13.35

come premesso, l'intersezione dei raggi omologhi avviene per qualunque valore del
modulo di b il quale fissa la scala del modello. Possiamo cioè vincolare il settimo
parametro stabilendo per b un valore convenzionale, ad esempio:

b = b x2 + b y2 + b z2 = 100 mm 13.36

questo valore è abbastanza vicino a quanto distano sulle diapositive i punti di presa
nel caso si usino fotogrammi di dimensione 230 x 230 mm2 e ricoprimenti longi-
tudinali Rl = 60%. Si ha infatti:
b = 230 ( 1 – 0.6 )mm ≅ 100 mm 13.37

Con questo artificio si usa dire che le «coordinate modello» (XYZ) dei punti, od il
modello stesso, è in scala 1:1 con le coordinate fotogramma.
Vediamo quali sono le incognite rimaste che non dipendono dal datum. Essendo
gli angoli di assetto della prima camera uguali a zero si può scrivere:
ϕ 2 = ϕ 2 – ϕ 1 = ∆ϕ
ω 2 = ω 2 – ω 1 = ∆ω
κ 2 = κ 2 – κ 1 = ∆κ

inoltre rimangono incognite le tre coordinate di O2 (13.35) fra le quali sussiste tut-
tavia la relazione di dipendenza 13.36, dunque sono rimaste solo cinque incognite
indipendenti come già ci aspettavamo: la procedura analitica per determinare que-
sti parametri è detta calcolo dell'orientamento relativo asimmetrico.

13.14 L'ORIENTAMENTO RELATIVO SIMMETRICO (ORS)


Nel caso di OR simmetrico fissiamo il sistema di riferimento come è visibile in
figura 13.13; come nel caso precedente stabiliamo l'origine in O1 ma in questo caso
fissiamo l'asse X lungo la direzione della base cioè:
X ( 02 ) = bx ; Y ( 02 ) = Z ( 02 ) = 0 13.38

Anche in questo caso poniamo convenzionalmente:


b x = b = 100 mm

29
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

Z Y
z1
y1 X
O2
BASE "b"
O1
x1 c
c
π2
π1

Fig. 13.13 – Come si fissa il datum nell' OR simmetrico.

Rimane ancora da stabilire la posizione del piano Y Z ; ciò si ottiene facendo in


modo che l'asse y appartenga al piano (X Y ) che equivale a dire imporre una rota-
zione ω 1 attorno all'asse X nulla:
y ∈ ( XY ) ⇒ ω 1 = 0 13.39

Le cinque incognite rimanenti sono allora:


( ϕ , κ )1 ; ( ω , ϕ , κ )2 13.40

La procedura che porta alla loro determinazione è detta dell'OR simmetrico.

13.15 IL CALCOLO DELL'ORIENTAMENTO RELATIVO


In entrambi i casi di orientamento relativo arriviamo a scrivere le equazioni
dell'orientamento esprimendo la condizione che i due raggi omologhi r ' e r " (fig.
13.12 ) debbono essere complanari con la base di presa. Esaminiamo il calcolo
dell'orientamento asimmetrico.

Le equazioni dell'orientamento relativo asimmetrico


Consideriamo i punti omologhi P 1 e P 2 (fig. 13.14a),(x 1= x 1; y 1= y 1; z 1= -c) sono
le coordinate di P 1; (b x ; b y ; b z ) le coordinate di O 2; occorre determinare nel
sistema (X Y Z ) le coordinate di P 2 di cui sono note solo le coordinate nel riferi-
mento interno:
P 2 ≡ ( x 2 ;y 2 ;– c )
Possiamo tuttavia ricavare queste coordinate che chiamiamo ( ξ 2 ;η 2 ;ζ 2 ) in fun-
zione dell'assetto della seconda camera rispetto alla prima ( ω 2 ;ϕ 2 ;κ 2 ) , ricavando
che ω 1 = ϕ 1 = κ 1 = 0 .

30
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

Z O2
Y O1
ζ
η
O2 P2
b (bx,by,bz) P1
O1
ξ
P1 P2 r2
X
r1 Parallase

r2
r1 Q2
Q1

Fig. 13.14a – 13.14b

In un sistema ξηζ parallelo agli assi (X Y Z), ricordando la 13.10 si può scrivere:

x ξ
 y  = D ( ω , ϕ , κ )  η 
  2 2 2
ζ 
 c 2 2

dove D è la matrice di rotazione che dipende dagli angoli di assetto del fotogramma 2.
j
Chiamando con δ i i termini di D -1 si ricava:
ξ
  x
j
 η  = [δ i ] y  13.41
ζ   
2  –c  2

Esprimiamo attraverso la forma del determinante la complanarità di r1, r2 e b:


1 1 1 1
bx x1 ξ2
0 bx x1 bx + ξ2
= 0 ⇒ by y1 η2 = 0 13.42
0 by y1 by + η2
bz –c ζ2
0 bz –c bz + ζ2

Sviluppando si ottiene:
bx ( y1 ζ2 + c η2 ) – by ( x1 ζ2 + c ξ2 ) + bz ( x1 η2 – y1 ξ2 ) = 0 13.43

e utilizzando la 13.31 si ha:


bx [ y 1 (δ 31 x 2 + δ 32 y 2 – δ 33 c ) + c (δ 21 x 2 + δ 22 y 2 – δ 23 c ) ] +
– by [ x 1 (δ 31 x 2 + δ 32 y2 – δ 33 c ) + c (δ 11 x 2 + δ 21 y 2 – δ 13 c ) ] +
+ b z [ x 1 (δ 21 x 2 + δ 22 y 2 – δ 23 c ) – y 1 (δ 11 x 2 + δ 21 y 2 – δ 13 c ) ] = 0

31
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

In questa equazione compaiono le misure (x 1 y 1), (x 2 y 2) mentre i parametri inco-


gniti nascosti in δ ij sono gli angoli (ω 2 ϕ 2 k 2).
Sono incognite inoltre le componenti (b x b y b z ) anche se fra esse può essere scritta
la relazione 13.36. È evidente che questa è verificata per qualsiasi costante moltipli-
cativa del primo membro: si può porre ad esempio b x =100 mm.
Per risolvere le cinque incognite occorre scrivere le equazioni per almeno cinque
coppie di punti omologhi: in realtà, adottando il procedimento dei minimi qua-
drati occorre misurare normalmente da 7 a 15 punti omologhi. Le equazioni non
sono lineari nei parametri (e così come sono scritte neppure le misure), occorre
linealizzarle e seguire per la risoluzione le procedure classiche viste al capitolo 8.

Le equazioni dell'OR simmetrico

Z= ζ 1
Y= η1

O2 X= ξ 1
O1 b=bx

P1 P2

r1 r2

Fig. 13.15

Consideriamo i punti omologhi P 1 e P 2, le loro coordinate nel sistema (X Y Z )


dipendono dall'assetto delle due camere; chiameremo S e D le due matrici di rota-
zione delle camere di sinistra e di destra3; si avrà:

 ξ1   x1 
 η  = S –1 ( ϕ , κ )  y  13.43a
 1 1 1  1 
 ζ1   –c 

 ξ2   x2 
 η  = D –1 ( ω , ϕ , κ )  y  13.43b
 2 2 2 2  2 
 ζ2   –c 

3 Si ricordi che S-1=ST e D-1 = DT.

32
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

La condizione di complanarità di O 1P1 O 2P2 e di O 1O2 può scriversi:


1 1 1 1
bx ξ1 ξ2
0 bx ξ1 bx + ξ2
= 0 η1 η2 = 0 13.44
0 0 η1 η2
0 ζ1 ζ2
0 0 ζ1 ζ2

che si traduce in:


bx ( η1 ζ2 – ζ1 η2 ) = 0 13.45

e, visto che b x >0 ed è a priori nota, nell'ipotesi ζ 1ζ 2≠0 si ha:


η1 η2
----- – ----- = 0
ζ1 ζ2
j j
Chiamando al solito δ i i termini di D-1 e σ i i termini di S-1 si può scrivere:
δ 21 x 1 + δ 22 y 1 – δ 23 c σ 21 x 2 + σ 22 y 2 – σ 23 c
- = 0
--------------------------------------------- – ----------------------------------------------- 13.46
δ 31 x 1 + δ 32 y 1 – δ 33 c σ 31 x 1 + σ 32 y 2 – σ 33 c

Occorre anche qui linearizzare le equazioni rispetto alle cinque incognite di assetto
(ϕ 1, k 1, ω 2, ϕ 2, k 2) e risolvere ai minimi quadrati il sistema.
Per risolvere l'OR servono almeno le misure a cinque coppie di punti omologhi.
Per stabilizzare numericamente la soluzione è bene che questi si trovino in posizioni
opportune all'interno del modello (posizioni di Von Gruber).
Normalmente si procede alla misura di almeno sette coppie di punti, la soluzione
numerica è più stabile, scegliendo opportune zone del modello.

3 4
ϕ2 ϕ1

1 2

κ2 κ1

ω1/2 5

Fig. 13.16 – Posizione dei punti di OR secondo Von Gruber.

In figura 13.16 è riportata schematicamente la planimetria di un modello (di


dimensioni 0,6 L x L) nel suo interno nel caso di OR simmetrico vediamo quali

33
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

zone servono per ricavare ciascuno dei cinque parametri angolari.


Si può dimostrare che i punti 1 e 2 stabilizzano bene le soluzioni di k 2 e k 1 rispetti-
vamente, i punti 3 e 4 sono molto utili al calcolo di ϕ 2, ϕ 1 rispettivamente ed il
punto 5 stabilizza la soluzione rispetto al parametro ω 2.

13.16 LA LINEARIZZAZIONE DELLE EQUAZIONI DI OR SIMMETRICO


Torniamo alle equazioni 13.46, gli angoli di assetto incogniti sono scritti con le let-
tere greche minuscole (ϕ 1,κ 1,ω 1,ϕ 2,κ 2).
Nell'orientamento relativo, simmetrico ed asimmetrico, specie per riprese aeree, è
verosimile attendersi che questi angoli siano prossimi a zero; con ciò si ritengono
corrette le approssimazioni 13.20, valide a rigori per le quantità differenziali. Le
matrici S -1 e D -1 assumono allora la forma 13.22 e le 13.46 possono scriversi:
k1 x1 + y1 k2 x2 + y2 + c ω2
g: = ----------------------
- – ----------------------------------- = 0 13.47
– ϕ 1 x 1 – c ϕ 2 x 2 + ω 2 y2 – c

che deve ulteriormente essere linearizzata nelle incognite (ϕ 1,κ 1,ω 1,ϕ 2,κ 2).
La linearizzazione, primo passo del processo iterativo ai minimi quadrati, fornisce i
termini a i …a i della matrice disegno A.
1 5

∂g
a i1 = -------- = – ( k 1 x 1 + y 1 ) ⁄ ( – ϕ 1 x 1 – c ) 2
∂ϕ 1
∂g
a i2 = ------- = x 1 ⁄ ( ϕ 1 x 1 + c )
∂ k1

∂g – [ – c ( – ϕ 2 x 2 + ω 2 y2 – c ) + ( k2 x 2 + y 2 + ω 2 c )y 2 ]
a i3 = --------- = --------------------------------------------------------------------------------------------------------------
∂ω 2 ( – ϕ 2 x 2 + ω 2 y2 – c ) 2
∂g x2 ( k2 x2 + y2 + ω2 c )
a i4 = -------- = ---------------------------------------------
∂ϕ 2 ( – ϕ 2 x2 + ω 2 y2 – c )
∂g
a i5 = ------- = x2 ⁄ ( k 2 x2 + y 2 + ω 2 c )
∂ k2

Il termine noto  è calcolato secondo la 13.46, in cui i termini δ ij sono espressi


nella loro forma corretta 13.14a.

13.17 EQUAZIONI DI COLLINEARITÀ NEL SISTEMA ESTERNO XYZ


In precedenza si sono ricavate le equazioni di (x' y'), (x" y") in funzione delle coor-
dinate esterne (E N Q) (equazioni 13.29÷13.32).
Queste equazioni possono essere scritte anche nel sistema modello (X , Y, Z ). Se R
ed S sono ora definite come matrici di rotazione degli angoli di assetto dell'orienta-
mento relativo si può scrivere:

34
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

r 11 ( X – X 1 ) + r 12 ( Y – Y 1 ) + r 13 ( Z – Z 1 )
x ' = – c ---------------------------------------------------------------------------------------- 13.48
r 31 ( X – X 1 ) + r 32 ( Y – N 1 ) + r 33 ( Z – Z 1 )

r 21( X – X 1 ) + r 22 ( Y – Y 1 ) + r 23 ( Z – Z 1 )
y ' = – c -------------------------------------------------------------------------------------------
- 13.49
r 31 ( X – X 1 ) + r 32 ( Y – Y 1 ) + r 33 ( Z PY – Z 1 )

s 11 ( X – X 1 ) + s 12 ( Y – Y 1 ) + s 13 ( Z – Z 1 )
x '' = – c --------------------------------------------------------------------------------------
- 13.50
s 31 ( X – X 1 ) + s 32 ( Y – N 1 ) + s 33 ( Z – Z 1 )

s 21 ( X – X 1 ) + s 22 ( Y – Y 1 ) + s 23 ( Z – Z 1 )
y '' = – c ----------------------------------------------------------------------------------------
- 13.51
s 31 ( X – X 1 ) + s 32 ( Y – Y 1 ) + s 33 ( Z P – Z 1 )

Si desidera ora al contrario scrivere le relazioni di collinearità nel sistema esterno


(X Y Z), del tutto analoghe alle 13.25a e 13.25b. Lo scopo è quello di arrivare al
calcolo delle coordinate modello (X Y Z) attraverso l'intersezione dei raggi omo-
loghi r ' e r ". Otterremo infine l'equazione della parallasse Y o «parallasse vera»
nel sistema (X Y Z).

O1 O2
( X1Y1 Z1 ) ( X2 Y 2 Z 2 )

( X' Y' Z' ) ( X" Y" Z" )

r1 r2

P ( X p Yp Zp )

Fig. 13.17

Come per le equazioni 13.25 scriviamo:


XP – X1 X' – X YP – Y1 Y' – Y
----------------- = ----------------1- ; ----------------- = ----------------1- 13.52
ZP – Z1 Z ' – Z1 ZP – Z1 Z ' – Z1
Le quantità (X ' - X 1), (Y ' - Y 1), (Z ' - Z 1) per il primo fotogramma e per il secondo
fotogramma (X "- X 2 ), (Y "- Y 2 ), (Z"- Z 2 ) sono state indicate con (ξ 1,η 1,ζ 1) e con
(ξ 2 ,η 2 ,ζ 2 ). Usando le 13.43 si può scrivere:
XP – X1 ξ1 σ 11x 1 + σ 12 y 1 – σ 13c
- = (def )T x1
----------------- = ---- = ------------------------------------------ 13.53a
ZP – Z1 ζ1 σ 31x 1 + σ 32 y 1 – σ 33 c

35
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

YP – Y1 η σ 21x 1 + σ 22 y 1 – σ 23 c
----------------- - = (def )T y1
= ----1- = ------------------------------------------- 13.53b
ZP – Z1 ζ1 σ 31x 1 + σ 32 y 1 – σ 33 c
j
I valori σ i sono i termini della matrice S -1.
Dopo l'orientamento relativo questi termini sono tutti noti, ne deriva che i valori
T x1 e T y1 definiti nelle 13.47 e 13.52 sono quantità note. Anche per il fotogramma
di destra si può scrivere:
XP – X2 ξ
----------------- = ----2 = T x2 = noto 13.54a
ZP – Z2 ζ2

YP – Y2 η
----------------- = ----2- = T y2 = noto 13.54b
ZP – Z2 ζ2

Dalle TX 1 e TX 2 possiamo ora ricavare le coordinate XP :


X P = T x1 ( Z P – Z 1 ) + X 1 13.55a

X P = T x2 ( Z P – Z 2 ) + X 2 13.55b

e sottraendo ricavare in modo univoco la coordinata ZP :


( Z P – Z 1 )T x1 – T x2 ( Z P – Z 2 ) + X 1 – X 2 = 0

Infine, anche le quantità (X 1 Y 1 Z 1), (X 2 Y 2 Z 2 ) sono note dopo l'orientamento


relativo; si ricava allora:
T x1 Z 1 – T x2 Z 2 + X 2 – X 1
Z P = -------------------------------------------------------- 13.56
T x1 – T x2

La coordinata XP si ricava sostituendo ZP in una delle 13.55. Si ottiene dunque:


Y ' P = T y1 ( Z P – Z 1 ) + Y 1 13.57a

Y '' P = T y2 ( Z P – Z 2 ) + Y 2 13.57b

Sommando e dividendo per due si ricava:


Z ( T y1 + T y2 ) – T y1 Z 1 – T y2 Z 2 + Y 1 + Y 2
Y = -------------------------------------------------------------------------------------------
- 13.58
2
I valori 13.57a e 13.57b sono noti dopo il calcolo di ZP e dovrebbero a priori coinci-
dere: non ha senso in teoria calcolarne il valor medio Y = (Y ' P + Y '' P ) ⁄ 2 ; ciò non
avviene mai numericamente se la procedura di orientamento relativo è eseguita con
un numero di punti omologhi maggiore dei cinque indispensabili.
La differenza dei valori Y ' P – Y '' P = p rappresenta la distanza tra le rette r ' ed r "
nel sistema (X Y Z) nel caso che queste rette siano sghembe.
Il valore di p è detto parallasse Y o parallasse vera e vale:
p = Y '' P – Y ' P = ( Y 2 – Y 1 ) + Z P ( T y2 – T y1 ) + T y1 Z 1 – T y2 Z 2 13.59

36
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

Questa equazione viene utilizzata in alternativa alle equazioni 13.42 o 13.45 per
eseguire l'orientamento relativo simmetrico od asimmetrico: per ogni coppia di
punti omologhi è necessario scrivere l'equazione:
pi = 0 13.60

13.18 L'ORIENTAMENTO ASSOLUTO


Dopo l'orientamento relativo è possibile ricavare le coordinate di un qualsiasi punto
P nel sistema modello (X Y Z) attraverso le 13.55, 13.56 e 13.57. In questo sistema le
coordinate del punto nodale della prima camera valgono: (X1, Y1, Z1)= (0,0,0).
Rimane da trasformare queste coordinate nel sistema definito dagli assi (E, N, Q):
come al solito il passaggio consiste in una rototraslazione con variazione di scala.
Con notazione analoga alla formula 13.10, chiamando ora con C la matrice di rota-
zione, si ha:

X   E –E0 
 Y  = λC  N –N  13.61
   0
Z   Q –Q0 

La matrice C è funzione degli angoli cardanici Ω , Φ , K.


Si noti che essendo λC ≠ 0 per il punto di coordinate (X = 0, Y = 0, Z = 0) deve
valere E = E 0, N = N 0, Q = Q 0, ciò significa che il vettore traslazione è (come ci si
aspettava) formato dalle coordinate (E , N, Q) del primo punto di presa.
Per risolvere le 13.61 occorre al solito linearizzare queste espressioni in funzione
delle sette incognite (E 0, N 0, Q 0, Ω , Φ , K , λ ) e costruire un sistema normale da
risolvere secondo le procedure dei minimi quadrati: le misure sono le coordinate
modello (Xi , Yi , Zi ), le quantità note i valori (E , N , Q ) dei punti di appoggio a
terra. La linearizzazione presuppone di conoscere i valori approssimati
( E˜0 ,N˜ 0 ,Q˜ 0 ,Ω̃ ,K̃ ,λ̃ ) .
Fra questi, i valori ( E˜0 ,N˜ 0 ) possono essere dedotti da una cartografia sulla quale si
cerca di ricavare la proiezione del punto di presa del fotogramma di sinistra. In
alternativa si usano le formule:
n n

∑ Ei ∑ Ni
i=1 i=1
Ẽ 0 = ------------- = E G ; Ñ 0 = -------------- = N G 13.62
n n
La quota approssimata Q˜ 0 può essere ricavata come:
q

∑Q j
j=1
Q̃ 0 = H̃ + -------------- = Q G + H 13.63
q
dove H̃ è la quota relativa di volo ed Ei Ni e Q j sono le coordinate dei punti di
appoggio.

37
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

Nell'ipotesi di riprese aeree, il rollio ed il beccheggio del veivolo sono contenuti


entro ±5° e si può porre:
Ω̃ = Φ̃ = 0 13.64

mentre essendo il modello in scala 1:1 e definendo la scala media del fotogramma
1/m, si può porre:
1 c
λ̃ = ---- = ----- 13.65
m H̃
Lo sbandamento K può assumere valori molto diversi da zero che dipendono
dall'andamento della strisciata rispetto agli assi (E , N ): per trovare un valore
approssimato è possibile seguire due strade: determinarlo graficamente su una car-
tografia a piccola scala, o risolvere la 13.61 solo per la parte planimetrica; questa via
permette anche di trovare i valori di λ̃ e di Ẽ 0 , Ñ 0 . Si può scrivere infatti:

 X  = λ C  cos K – sin K   E – Ẽ 0 
Y   sin K cos K    13.66
 N – Ñ 0

Si pone ora:

a = λ cos K , b = λ sin K , aẼ 0 – bÑ 0 = X 0 , bẼ 0 + aÑ 0 = Y 0


Il problema è lineare nelle nuove incognite a, b, X 0, Y 0. Come in tutti i problemi
lineari le 13.66 possono allora risolversi partendo dai valori approssimati uguali a
zero: ã = b̃ = X˜ 0 = Y˜0 = 0 . Ricavate le stime a , b, X 0, Y 0, da queste si otten-
gono i valori approssimati da introdurre nelle 13.61 linearizzate.
Per risolvere le 13.61 servono almeno sette misure indipendenti, ad esempio le coor-
dinate (E ,N) di due punti e le tre coordinate (Q j ) di tre punti non allineati.
In realtà per controllare le misure e per valutare la precisione raggiunta si usano
spesso sei punti di appoggio planolatimetrici disposti ai bordi del modello.
Similmente all'orientamento relativo è bene che questi punti siano uniformemente
distribuiti nella zona perimetrale del modello o per lo meno nella zona perimetrale
all'area da restituire.
Spesso non si usano punti di coordinate note nelle tre componenti ma alcuni sono
noti solo in planimetria ed altri solo in altimetria.
In questo caso, pur essendo possibile utilizzare ancora le 13.61 inserendo come
incognite le quote Q i dei punti planimetrici e la planimetria (E j N j ) dei punti alti-
metrici, è più agevole utilizzare le formule inverse nelle quali compaiono esplicita-
mente le coordinate (E , N,Q) dei punti di appoggio.
La linearizzazione delle 13.61 avviene come si è proceduto al §13.9.
L'inversa della 13.61 si scrive:

38
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

 E –E0  X
 N – N  = mC –1  Y  13.67
 0  
 Q –Q0  Z
con m=1/λ . Ricaviamo la formula inversa definendo:
C –1 = C T = B

E
E X  0
 N  = mB  Y  +  N 
     0
Q  Z   Q0 

In modo simile a quanto ricavato nelle 13.18, 13.19 e 13.22 linearizziamo partendo
dalla definizione:
m
------ = 1 + ε
m0

B = B̃ ( I + dB )
con:
( I + dB ) –1 = ( I + dB ) T = ( I + dC )
La 13.23a diviene:

 E –E0   X  X  
 N – N  = m B̃ [ I + e ]  Y  + dB  Y  

 0 0     
 Q –Q0   Z  Z  
 

Definiamo ancora:

 u X 
 v  = m B̃  Y  13.68
  0  
 w Z 

E
E   0  u  u
N  =  N  + [ I + ε ]  v  + dB  v  13.69
   0    
Q   Q0   w  w

Esplicitando le 13.69 si può scrivere:


E = E0 +ε u – dΦ w +dK v 13.70a

N = N0 +ε v +dΩ w +dK u 13.70b

Q = Q0 +ε w –dΩ v – dΦ u 13.70c

39
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

Si possono utilizzare le sole prime due equazioni per i punti planimetrici e la sola
terza per i punti altimetrici.
I valori approssimati delle traslazioni valgono:

 Ẽ 0   X0 
 
 Ñ 0  = m 0 B̃  Y 0  13.71
   Z0 
 Q̃ 0

Riportiamo qui di seguito il listato di un programma scritto in formato matlab


che, dopo aver letto i dati coordinate modello e coordinate terreno dal file m.dat
ed i valori approssimati dal file ap.dat esegue l'orientamento assoluto come
descritto precedentemente.

40
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

load m.dat
load ap.dat
[ir,ic]=size(m)
mo=m(1:ir,1:3)
te=m(1:ir,4:6)
ap(7)=ap(7)/200*pi
ap(6)=ap(6)/200*pi
ap(5)=ap(5)/200*pi
for ite=1:1:2
r=cardano(ap(5),ap(6),ap(7))
iri=0;
ipl=0;
ial=0;
for i=1:1:ir
u=ap(4)*r*mo(i,1:3)'
if te(i,1) ~= -9999
iri=iri+1;
ipl=ipl+1;
a(iri,1)=1;
a(iri,2)=0;
a(iri,3)=0;
a(iri,4)=u(1)/1000;
a(iri,5)=0;
a(iri,6)=u(3)/1000;
a(iri,7)=-u(2)/1000;
b(iri)=te(i,1)-u(1)-ap(1);
pl(1,ipl)=b(iri)
iri=iri+1;
a(iri,1)=0;
a(iri,2)=1;
a(iri,3)=0;
a(iri,4)=u(2)/1000;
a(iri,5)=-u(3)/1000;
a(iri,6)=0;
a(iri,7)=u(1)/1000;
b(iri)=te(i,2)-u(2)-ap(2);
pl(2,ipl)=b(iri)
end;
if te(i,3) ~= -9999
iri=1+iri;
ial=ial+1;
a(iri,1)=0;
a(iri,2)=0;
a(iri,3)=1;
a(iri,4)=u(3)/1000;
a(iri,5)=u(2)/1000;
a(iri,6)=-u(1)/1000;

41
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA

a(iri,7)=0;
b(iri)=te(i,3)-u(3)-ap(3);
al(ial)=b(iri)
end;
end;
n=inv(a'*a);
l=a'*b';
delta=n*l
ap(1)=ap(1)+delta(1);
ap(2)=ap(2)+delta(2);
ap(3)=ap(3)+delta(3);
ap(4)=ap(4)*(1+delta(4)/1000);
ap(5)=ap(5)+delta(5)/1000;
ap(6)=ap(6)+delta(6)/1000;
ap(7)=ap(7)+delta(7)/1000;
end
pause
clc,
sprintf(' Traslazioni: %6.3f (m) %6.3f (m) %6.3f
(m)',ap(1),ap(2),ap(3))
disp(' Scala '),ap(4)
disp(' Assetto (gon)')
ap(5:7)*200/pi
disp(' sqm planimetrico'),std(pl(1,1:3)),std(pl(2,1:3))
disp(' sqm altimetrico'),std(pl(1,1:3))
std(al)

function y = cardano(o,f,k)
%CARDANO Serve a generare una matrice di rotazione 3x3 cardanica
% in funzione degli angoli omega, fi e cappa
y(1,1)=cos(f)*cos(k);
y(1,2)=-cos(f)*sin(k);
y(1,3)=sin(f);
y(2,1)=cos(o)*sin(k)+sin(o)*sin(f)*cos(k);
y(2,2)=cos(o)*cos(k)-sin(o)*sin(f)*sin(k);
y(2,3)=-sin(o)*cos(f);
y(3,1)=sin(o)*sin(k)-cos(o)*sin(f)*cos(k);
y(3,2)=sin(o)*cos(k)+cos(o)*sin(f)*sin(k);
y(3,3)=cos(o)*cos(f);
end

File m.dat

42
0.303532 0.595068 0.034298 3321.65 1167.56 579.48
0.192638 0.602834 0.034116 3402.84 2061.10 576.80
0.303848 0.403493 0.026903 1776.75 1196.79 493.19
0.204120 0.434574 0.036672 -9999. -9999. 574.62

File ap.dat
-1400 3600 300 8000 0 0 300
14. I RESTITUTORI ANALITICI

14.1 SCHEMI DI FUNZIONAMENTO MECCANICO E DI MISURA


Dal punto di vista strutturale i restitutori analitici sono simili agli stereo-compara-
tori: due carrelli porta-fotogrammi (chiamati anche «portalastre») si muovono
lungo due coppie di assi (u 1, v 1), (u 2 , v 2 ), permettendo di osservare e misurare le
«coordinate carrello» di un punto P1 e del suo omologo P2 su entrambe le imma-
gini (vedi fig. 14.1).

V2 y2
V1
y1 x1
ξ1
P2 x2
P1 η1

u2
u1

Osservatore

Fig. 14.1

Nella figura è riportato lo schema di uno stereo comparatore nel quale la parte
ottica è fissa ed i due carrelli si spostano in modo indipendente. È possibile, a
scelta, costruire stereo comparatori con un unico carrello che trasporta entrambi i
fotogrammi lungo due guide (u,v ). Uno dei due fotogrammi, ad esempio quello di
sinistra, si muove su due altre guide (∆ u1, ∆ v1) appoggiate al carrello portalastre.
Anche in questo caso l'ottica è fissa.
È possibile infine collimare due punti omologhi e misurarne le coordinate, attra-
verso la misura dello spostamento di un unico carrello portalastre (u , v) e lo sposta-
mento dell'ottica di collimazione su uno dei due carrelli, ad esempio il carrello
sinistro, sul quale l’ottica si muove di una quantità misurabile (ξ1,η1).

43
I RESTITUTORI ANALITICI

Per comprendere il funzionamento dei restitutori ci riferiremo in seguito per ora al


primo schema meccanico descritto, nel quale l'ottica è fissa ed i due carrelli sono fra
loro mobili in modo indipendente.
Negli strumenti comparatori moderni, l'organo che traduce in misura elettrica lo
spostamento meccanico, è l'encoder. Gli encoder possono essere di tipo rotativo se la
quantità da misurare è una rotazione o di tipo lineare nel caso si voglia misurare lo
spostamento di un carrello. In entrambi i casi, gli encoder funzionano da «genera-
tore d'impulsi» elettrici, di segno positivo o negativo secondo la direzione dello
spostamento o del verso della rotazione. Il calcolatore collegato conta questi
impulsi, con il loro segno e traduce il conteggio in una misura di posizione che
accumula in un contatore. Dal punto di vista elettrico gli encoder sono delle pic-
cole dinamo: attraverso la rotazione completa del loro asse forniscono un certo
numero d'onde di corrente (positiva o negativa) dipendenti dalla quantità e dalla
posizione degli avvolgimenti che circondano il magnete e dalla rotazione imposta
all'asse (fig. 14.2).

rotazione

Magnete
0
1 giro

Fig. 14.2 – Gli encoder.

14.2 STEREOPLOTTER
Ciò che distingue costruttivamente uno stereocomparatore da un restitutore è la
presenza in questo, di motori (servomotori), che comandano gli spostamenti di
uno o più carrelli, o dell'ottica nel caso di strumenti ad ottica mobile. Questi
motori, governati da un calcolatore, permettono di «controllare» in frazioni di
secondo, il movimento di uno o di entrambi i carrelli.
A seconda del numero di questi motori si parla di strumenti a quattro controlli,
a due controlli o ad un controllo. Per la presenza di questi motori, che il calco-
latore sposta secondo una logica prestabilita, gli strumenti vennero chiamati
anche «stereoplotter».
Gli strumenti a quattro controlli vengono detti «strumenti in cui il dato primario è
il vettore coordinate terreno» od anche strumenti Helava, dal nome di chi ha con-
cepito il primo prototipo ed ottenuto il brevetto nel 1957.
Gli strumenti a meno di due controlli, vengono detti «semplificati» od impropria-
mente «strumenti in cui i dati primari sono le coordinate fotogramma», od anche
strumenti Inghilleri, dal nome dell'Italiano (professore al Politecnico di Torino) che
ne studiò e brevettò il funzionamento.
Di per sé è l'insieme encoder-servomotore che permette di «controllare» o di «attuare»

44
I RESTITUTORI ANALITICI

lo spostamento imposto dal calcolatore: quest’ultimo comanda la fornitura di una


quantità di corrente necessaria allo spostamento del motore di un valore ∆u o ∆v e
quindi di un certo numero di giri del motore; tuttavia sino a che l'encoder non ha
registrato la posizione u0 che si desiderava raggiungere, al motore continuerà ad essere
fornita corrente. Questo modo di funzionare, permette di eliminare, per quanto pos-
sibile, l'influenza di inevitabili giochi meccanici dei carrelli.
La figura 14.3 mostra lo schema di un carrello porta lastra che scorre su due coppie
di guide indipendenti. Lo spostamento v tra il telaio e le guide (ua ub ) è imposto
dal motore Mv e misurato dall'encoder Ev.

Eu Mu

Ua

Ev

Mv

Ub
TELAIO

Fig. 14.3

Lo spostamento u tra il carrello Ua ed il piatto portalastra è eseguito dal motore Mu


e misurato dall'encoder Eu.
Il dialogo tra i motori, gli encoder ed il computer avviene tramite un'interfaccia che
nei personal assume l'aspetto di una scheda di espansione. Negli strumenti a quat-
tro controlli questa scheda ha il compito del controllo dei carrelli: per ogni carrello
legge ed attua gli spostamenti (u1,v1) ed (u2 ,v2 ) (vedi fig. 14.4) attraverso gli enco-
der Eu Ev ed i servomotori Mu ed Mv.
Compito di questa scheda è tradurre l'informazione digitale (u1, v1) ed (u2 , v2 ) pro-
veniente dal calcolatore in tensione da dare ai motori. Suo compito è terminare
l'erogazione quando i segnali Eu Ev confermano l'attuazione dello spostamento
voluto. Compito di questa scheda è anche tradurre in informazione numerica gli
impulsi provenienti dai generatori G1, G2, G3 (che verranno descritti in seguito) e
trasmettere questi numeri al calcolatore.

45
I RESTITUTORI ANALITICI

Mu Mv (1e2 )

Eu Ev (1e2 )

G1 G2 G3

( u1 , v1 ) (u 2 , v 2 )

Fig. 14.4

Esaminiamo lo schema di figura 14.5 che rappresenta uno strumento a quattro controlli.
Allo strumento sono collegati due volantini che ruotano i generatori di impulsi: G1
e G2 che trasmettono i segnali al calcolatore. Vi è poi un terzo generatore di impulsi
rotativo a pedaliera G3 ed un pulsante a pedale P anch'essi connessi al calcolatore
(poniamo ad esempio un personal).

u1 v1 u2 v2
2 2

1 3 1 3

4 4
G1 G2 G3

S δ D P UCC

G1 G2

G3 P

Fig. 14.5

All'accensione del calcolatore e del restitutore l'ottica sta collimando un qualunque


punto ed il deviatore δ si trova nella posizione D.
Il calcolatore interpreta le rotazioni (o gli impulsi) che gli giungono dai volantini
G1 e G2 come ordini di spostamento del carrello di destra di una quantità ∆ u1 ∆ v1
proporzionale alla rotazione dei volantini; comanda perciò il carrello di destra di
muoversi di detta quantità. La costante di proporzionalità è selezionabile dall'ope-

46
I RESTITUTORI ANALITICI

ratore, i movimenti del carrello vengono verificati ed aggiornati ad una frequenza di


circa 50 Hz. In tal modo all'operatore che agisce sui volantini G1 e G2 apparirà a
tutti gli effetti di comandare direttamente i movimenti del carrello di destra.
Allo stesso modo spostando il deviatore δ nella posizione S sarà possibile spostare
con i volantini G1 e G2 il carrello di sinistra. Con i movimenti dei volantini e l'uso
del deviatore δ è possibile collimare un qualsiasi punto P ' sull'immagine posta sul
carrello di sinistra ed il suo omologo P '' con i movimenti del carrello di destra.
Stabilita una posizione di zero per entrambi i carrelli, che è quella dell'accensione
del restitutore, gli encoder possono trasmettere al calcolatore gli spostamenti
avvenuti a partire dall'accensione, che sono le coordinate (u 1 ,v 1 ); ( u 2 ,v 2 ) di
entrambi i carrelli.
Tali coordinate sono visualizzate in «tempo reale» (RT) sul monitor del calcolatore
o su un display del restitutore.
I calcoli in «tempo reale», cioè in modo apparentemente continuo per l'occhio
umano, hanno permesso l'avvento dei restitutori analitici.
Ciò non è avvenuto immediatamente con la comparsa dei calcolatori elettronici,
ma dopo un periodo di sviluppo dell'elettronica e delle velocità di calcolo che ha
permesso di compiere il ciclo RT permettendo il passaggio dalle coordinate terreno
alle coordinate carrello e di imporre tali coordinate ai carrelli dello strumento con
tempi complessivi minori di un decimo di secondo.

14.3 LE PROCEDURE DI ORIENTAMENTO INTERNO


L'operazione avviene così: il programma richiede il valore della distanza principale,
le coordinate dei repères come pure i parametri della curva di distorsione
dell'obbiettivo e la posizione del punto principale di simmetria (queste grandezze si
possono desumere dal certificato di calibrazione) e memorizza questi valori in un
«file della camera da presa».
I due volantini G1 e G2 trasmettono al calcolatore l'ordine che si vuole spostare il
carrello di sinistra di ∆ u1∆ v 1 o quello di destra di ∆ u2 ∆ v2 a seconda della posi-
zione del deviatore δ ; il calcolatore comanda alla unità di controllo di eseguire que-
sti spostamenti che permettono di portare l'ottica di osservazione (la marca) di
sinistra o di destra sui repères 1,2,3 e 4 (vedi fig. 14.5).
A collimazione avvenuta si preme la pedaliera P ed il calcolatore memorizza le coor-
dinate carrello dei repères di entrambi i fotogrammi.
È possibile allora eseguire i calcoli di orientamento interno che permettono il pas-
saggio dal sistema carrello (u1,v1) ed (u2 ,v2 ) al sistema interno (x1, y1) ed (x2 , y2 ).
Dopo di ciò, attraverso le formule 13.7 il calcolatore calcola in «tempo reale» le
coordinate (x,y ) che visualizza sullo schermo per qualsiasi punto collimato.
Osservando l'ordine di grandezza degli scarti che possono andare da pochi µm a poche
decine di µm a seconda dello strumento restitutore, si accetta o meno l'orientamento.
Il valore delle deformazioni di scala e di affinità e più ancora la differenza tra le due foto di
questi valori è un criterio di giudizio del materiale fotografico e dei processi di stampa.

47
I RESTITUTORI ANALITICI

14.4 LE PROCEDURE DI ORIENTAMENTO RELATIVO


L'operazione di collimazione di punti omologhi è eseguita in questo modo: utiliz-
zando i volantini G1 e G2 si porta una marca su una zona prescelta di un foto-
gramma. Si cerca di fare la stessa cosa per la seconda marca. Si può notare che,
quando le due zone osservate sono distanti, le immagini si «sdoppiano» e non si rie-
sce ad osservare in stereoscopia.
Utilizzando il deviatore δ ed in seguito ancora i volantini, si dispone l'altro carrello
in modo che la seconda marca appaia fusa con la prima e sembri provenire dallo
stesso particolare.
Prima di ciò, avvicinando le zone omologhe, il cervello «fonde» le immagini, vale a
dire si osserva tridimensionalmente l'oggetto, ma non sono ancora fuse le marche,
che sono due puntini neri separati da due quantità ∆ u, ∆ v.
Spostando uno dei due fotogrammi di una quantità ∆ v, sembrano fondersi anche le
marche, ma sembra che un unico punto sia sul particolare ad una quota superiore,
(la marca «vola») od inferiore, (la marca «sprofonda») di quella del punto da colli-
mare. Spostando uno dei fotogrammi di una quantità ∆ u (parallasse di quota), ecco
che infine che alla vista appare una sola marca che sembra essere «appoggiata» al
punto che si osserva tridimensionalmente, come se fosse parte dello stesso corpo.
A questo punto con la pedaliera P si trasmettono al calcolatore le coordinate
(u1, v1); (u2 , v2 ) dei carrelli. Il calcolatore, attraverso i parametri di orientamento
interno, trasforma per ogni carrello le coordinate (u , v ) nelle coordinate (x , y ) e le
memorizza in una frazione di secondo.
Questa operazione deve ripetersi per almeno cinque punti del modello, individuati
nelle «zone di VonGruber». Non occorre che i punti siano di coordinate note,
l'unica caratteristica opportuna è che siano ben collimabili sia planimetricamente
sia altimetricamente e ben visibili su entrambi i fotogrammi. Ove vi fosse una parte
del fotogramma in cui ciò non avviene, è per lo meno necessario che le condizioni
precedenti siano rispettate sui bordi dell'area da restituire.
Normalmente l'orientamento avviene dopo la collimazione di un numero di punti
compreso tra sette e venti.
Attraverso le equazioni dell'orientamento relativo asimmetrico o di quello simme-
trico 13.46 , il calcolatore è in grado di fornire, ai minimi quadrati, i cinque
parametri incogniti e gli scarti (la parallasse residua) su tutti i punti utilizzati 13.55.
Si accetta l'orientamento quando le parallassi residue sono al di sotto di una certa
tolleranza, inizia in tal caso il ciclo «real time» del restitutore.

Il ciclo RT dopo l’orientamento relativo negli strumenti «Helava»


Dopo aver convalidato i risultati di orientamento relativo, il calcolatore cambia
istantaneamente il significato dei volantini G1 e G2, disattiva il deviatore δ ed attiva
il volantino G3.
La rotazione dei tre volantini G1, G2 e G3 assume il significato di uno spostamento
nello spazio X, Y, e Z delle coordinate modello.
Per semplicità espositive supponiamo ad esempio che i servomotori del carrello di

48
I RESTITUTORI ANALITICI

sinistra si riportino automaticamente sul primo punto (u11, v11) utilizzato per
l'orientamento relativo, il carrello di destra si sposti sino a collimare il suo omologo
di coordinate (u21,v21) e sul monitor appaiano ora le coordinate modello del primo
punto usato (X 1,Y 1, Z 1) per l'orientamento relativo.
Spostandosi con i volantini G1, G2 e G3 di una certa quantità (ad esempio di 50 m,
50 m, 50 m) si leggeranno sul monitor tre nuove coordinate: (X, Y, Z).
Utilizzando le equazioni di collinearità 13.48 e 13.49, note le coordinate del primo
punto di presa X1=0, Y1=0, Z1=0 ed i termini rij è possibile ricavare immediata-
mente le coordinate (x1,y1) del punto 1 sul fotogramma di sinistra, da queste, attra-
verso l'inversione delle 13.7 si passa alle coordinate carrello (u1, v1). Allo stesso
modo, per mezzo delle equazioni 13.50 e 13.51, note le coordinate (X 2 , Y 2 , Z 2 ) del
secondo punto di presa nel sistema modello ed i termini s i j si possono ricavare
direttamente le coordinate (x2 ,y2 ) e da queste le coordinate (u2 , v2 ).
Dopo tutti questi calcoli, che avvengono in pochi millesimi di secondo, l'UCC è in
grado di spostare in tempo reale il carrello sinistro di quantità (∆u1∆v1) e quello destro
di valori (∆u2∆v2); tali spostamenti portano le marche a collimare un punto fittizio di
coordinate (X Y Z) che sono appunto le coordinate che appaiono sul monitor.
Si è parlato di un punto «fittizio» perché non è detto che a queste coordinate
modello corrisponda un punto reale appartenente alla superficie del modello.
Può essere che il punto sia sopra la superficie o sotto la superficie dell’oggetto, ciò
corrisponde visivamente ad osservare le marche disgiunte; nel caso più favorevole in
cui il punto non sia molto discosto dalla superficie del modello, si osserva un'unica
marca «volare» o «sprofondare» l'oggetto.
Con il solo movimento del volantino G3, che corrisponde ad uno spostamento
nella coordinata Z modello, è tuttavia possibile fondere le due marche in un punto
di coordinate P = (X , Y, Z ’). In alternativa, ed in modo più complesso, è possibile
cercare, con i movimenti dei volantini G1 e G2 , un punto di coordinate (X”, Y ”, Z)
posto sulla superficie del modello.
È ora possibile dunque esplorare entrambi i fotogrammi e tutta la superficie del
modello con soli tre comandi: G1 G2 e G 3; (non ha più senso allora attivare o disatti-
vare l'interruttore δ che consentiva il movimento separato dei due fotogrammi).

14.5 LE PROCEDURE DI ORIENTAMENTO ASSOLUTO


Dopo l’attivazione del ciclo RT dell’orientamento relativo è possibile, con i movi-
menti dei tre volantini, collimare i punti d'appoggio Ai (i=1…n), leggere e memo-
rizzare le loro coordinate modello attraverso la pressione del pedale P.
Poniamo di aver memorizzato in un file le coordinate degli stessi punti nel sistema
esterno (in genere si usano le coordinate cartografiche per la planimetria e le quote
ortometriche per l'altimetria).
Attivando la procedura d'orientamento assoluto, il calcolatore è allora in grado di
ricavare i parametri di rototraslazione spaziale attraverso le formule 13.57 e seguenti
o, viceversa, attraverso la 13.64 è possibile ricavare le coordinate terreno di un qual-
siasi punto collimato sul modello.

49
I RESTITUTORI ANALITICI

Si noti che sono ricavabili in particolare le coordinate (E 1 N 1 Q 1) ed (E 2 N 2 Q 2 )


dei due punti di presa e le matrici di rotazione complessive degli angoli d'assetto nel
sistema esterno R= SC ; S= DC della camera di sinistra e di destra (vedi fig. 13.11 e
formule seguenti).
La procedura di calcolo fornisce gli scarti sui punti di appoggio utilizzati che vanno
attentamente valutati in funzione primaria della scala della carta e delle richieste di
capitolato, per considerare accettabile o meno l'orientamento eseguito.
Consideriamo in tolleranza gli scarti residui; il calcolatore cambia ancora una volta
improvvisamente il significato dei tre volantini G1 G 2 e G 3: il volantino G1 modi-
fica ora la coordinata terreno E, il volantino G 2 la coordinata N ed infine in volan-
tino G 3 la quota Q. Le coordinate modello (X , Y, Z ) del punto sul quale si sono
fermati i due carrelli (o meglio le due marche) vengono immediatamente trasfor-
mate in coordinate terreno (E , N, Q).
Esaminiamo le equazioni 13.29÷13.31: dopo l'orientamento assoluto è noto ogni
j j
termine r i ed s i delle matrici R ed S e sono note anche le coordinate (E 1 N 1 Q 1)
ed (E 2 N 2 Q 2 ) dei due punti di presa.
Con una opportuna rotazione dei volantini è ora possibile imporre una tripletta di
coordinate (E ,N,Q) a piacere.
Attraverso le 13.29÷13.31 il calcolatore passa immediatamente da queste coordinate
alle coordinate (x 1,y 1) e (x 2 ,y 2 ); da queste ultime passa alle (u 1v 1) e (u 2 v 2 ), muo-
vendo in tempo reale i carrelli delle quantità (∆ u 1∆ v 1); (∆ u 2 ∆ v 2 ) come descritto
per il ciclo RT dell’orientamento relativo.

14.6 OPERAZIONI ESEGUIBILI IN UNO STRUMENTO RESTITUTORE A QUATTRO


CONTROLLI

La possibilità di muoversi nello «spazio terreno» (E,N,Q) permette di comandare per


mezzo del calcolatore l'inseguimento di una traiettoria prefissata, lasciando all'opera-
tore la misura di quanto la superficie del modello si discosti da questa traiettoria.
È possibile ad esempio imporre il valore di una coordinata: Q =cost, disattivando
così temporaneamente la possibilità di variare la quota. L'operatore, spostandosi
abilmente nello spazio (E , N ) e tenendo le marche fuse ed appoggiate all'oggetto,
percorrerà una isoipsa o curva di livello (tale operazione è possibile anche con stru-
menti a due controlli). Lungo questo percorso il calcolatore, in modo più o meno
complesso, memorizza su un file la traiettoria (E(t), N(t), Q=cost) seguita. (Il para-
metro t è in genere legato allo spazio od al tempo).
È volendo possibile fissare due coordinate, od anche farle calcolare ed imporre dal
calcolatore.
È questo il caso in cui si desidera determinare a distanza planimetrica costante le
quote Q i di un profilo che unisce i punti P1= (E1N1) e P2= (E2 N2 ). In questo
stesso modo è possibile costruire un modello delle altezze del terreno (DTM) di
passo regolare (∆ E, ∆ N).
L'operatore su ogni punto ha il compito di regolare il solo volantino G3 sino ad

50
I RESTITUTORI ANALITICI

«appoggiare» la marca sul terreno, e informa con il pedale l'avvenuta collimazione.


Con questi strumenti è possibile in alcuni casi misurare l'aggetto di fabbricati. Suppo-
niamo ad esempio che sia visibile il piede di un edificio; dopo averlo collimato, alzan-
dosi in quota con il volantino G3, si misura il punto fittizio che ha le stesse coordinate
planimetriche ma che è situato sul tetto o sull'aggetto. Spostandosi ora sulla gronda o
sul bordo dell'aggetto è possibile determinarne l'ingombro planimetrico.

14.7 STRUMENTI DEL TIPO «INGHILLERI»


Il concetto che governa il funzionamento degli strumenti Inghilleri (così vengono
definiti i restitutori con due o un solo controllo) è semplice: è possibile realizzare il
ciclo real time anche con due motori ed anche con un solo; come realizzarlo è più
complesso.
Di questi strumenti spieghiamo solo il funzionamento.

v
∆v1
∆v1 ∆u1
Mv1 2 2

1 3 1 3
Ev1 (u, v )

Ev 4 4 (u1, v1 )

∆u1 G1 G2 G3
G1 P UCC
Eu1 Mu1 G2
G3 u
PANT
Eu

Fig. 14.6

I due motori sono indicati con Mu1 e Mv1 in figura 14.6.


Poniamo di avere un unico carrello portalastra sul quale è solidalmente sistemato il
fotogramma di destra che è possibile muovere attraverso il pantografo PANT lungo
gli assi (u , v ). Lo spostamento del carrello è misurabile dagli encoder (Eu, Ev). Su
questo carrello principale è posato un carrello secondario che regge il fotogramma
di sinistra e che è asservito dai motori (Mu1 e Mv1) comandati indirettamente dai
generatori di impulsi G1 e G2. Le quantità (∆ u1, ∆ v1), spostamenti relativi del car-
rello di sinistra rispetto al sistema (u,v) sono misurate dagli encoder (Eu1, Ev1).
L'orientamento interno avviene in maniera simile a quella descritta al §14.3. Attra-
verso i movimenti del pantografo si collimano i repères 1,2,3,4 del fotogramma di
destra e si memorizzano le coordinate (u 2 , v 2 )= (u , v ) dei quattro punti attraverso
la pressione del pedale P.
Le marche 1,2,3 e 4 del fotogramma di sinistra si collimano con gli spostamenti del
pantografo e con i movimenti (∆ u1, ∆ v1) del carrello di sinistra comandati indiret-

51
I RESTITUTORI ANALITICI

tamente ai motori (Mu1 e Mv1) attraverso i generatori G1 e G2.


Alla pressione del pedale P il calcolatore legge le coordinate (∆ u1, ∆ v1) e le somma
alle coordinate (u,v):
( u 1 ,v 1 ) = ( u + ∆u 1 , v + ∆v 1 ) 14.1

È possibile eseguire i calcoli di orientamento interno che consentono di passare dal


sistema (u 1 ,v 1 ), (u 2 ,v 2 ) al sistema interno (x 1 ,y 1 ), (x 2 , y 2 ) e viceversa.
I criteri di accettazione sono identici a quelli già descritti per gli strumenti a quattro
controlli.
Anche l'acquisizione delle coordinate fotogramma per l'orientamento relativo è
simile alla fase analoga descritta negli strumenti «Helava». La collimazione stereo-
scopica avverrà con l'uso contemporaneo del pantografo PANT e dei generatori G1
e G2; l'acquisizione e la memorizzazione delle coordinate è comandata dalla pres-
sione del pedale P.
Dopo aver collimato un numero di punti adeguato, posti nelle zone descritte in
precedenza, il calcolatore è in grado di fornire ai minimi quadrati, i cinque
parametri incogniti e gli scarti sui punti utilizzati. Se si accetta l'orientamento inizia
il ciclo RT dello strumento.

14.8 IL CICLO RT DEGLI STRUMENTI A DUE CONTROLLI


Ipotizziamo che il carrello che porta le due lastre sia fermo, l'ottica di destra collima
un generico punto di coordinate (u 2 , v 2 )= (u , v ) note, come note di conseguenza
sono le coordinate lastra dello stesso punto (x 2 ,y 2 ). Poniamo ad esempio di cono-
scere il valore medio z della coordinata modello z di tutti i punti usati per l'orienta-
mento relativo. Improvvisamente il calcolatore disattiva i volantini G1 e G2 ed
attiva il generatore G3 che ha un preciso significato: la rotazione di G3 corrisponde
ad uno spostamento della coordinata modello z.
All'atto dell'accensione del ciclo RT, tale coordinata sul volantino G3 è ad esempio
posta uguale al valore z, che viene visualizzato sul monitor del calcolatore.
Ruotando G3 la coordinata z assume il generico valore z.
È ora possibile ricavare le altre due coordinate del punto fittizio collimato
P ≡ ( X ,Y ,Z ) infatti, dopo l'orientamento relativo i valori t x2 e t y2 espressi dalle
13.54 ed i valori tx 1 e ty 1 delle 13.55 sono quantità note.
Sono noti anche i valori (X1 Y1 Z1) e (X 2 Y 2 Z 2 ) dei due punti di presa.
Attraverso le 13.58 è possibile ricavare la coordinata Y del punto collimato e per
mezzo della 13.55a o 13.55b si ricava la coordinata X.
Questi calcoli avvengono in millesimi di secondo e sullo schermo appaiono con-
temporaneamente le tre coordinate (X ,Y,Z).
Dal punto di vista geometrico l'operazione descritta corrisponde al calcolo delle
coordinate (X ,Y ) dell'intersezione della retta r" di coseni direttori noti con il piano
Z=costante.

52
I RESTITUTORI ANALITICI

O1 b O2
X1 Y1 Z1 X2 Y2 Z2

P' ( x1, y1 ) P" ( x2, y2 )

COORDINATE COORDINATE

CARRELLO CARRELLO NOTE


INCOGNITE

P ( X, Y, Z ) Z = cost.

Fig. 14.7

Consideriamo ora la camera di sinistra: sono noti tutti i termini rij della matrice di
rotazione R. A partire dalle coordinate terreno (X , Y, Z ) è ora possibile utilizzare le
equazioni 13.48 e 13.49 e ricavare le coordinate (x',y') nel sistema interno del foto-
gramma di sinistra.
Da queste coordinate, attraverso l'inversione delle 13.7 si passa poi alle coordinate
carrello (u 1 , v 1 ). Infine dalle coordinate (u 1 , v 1 ) si ricavano gli spostamenti
(∆ u 1 , ∆ v 1 ) che i due servomotori devono imporre al carrello di sinistra affinché si
collimi il punto fittizio di coordinate P ≡ ( X ,Y ,Z ) .
L' UCC è in grado di comandare in tempo reale questi spostamenti e di trasmettere
al computer la posizione dei carrelli e del generatore G3 perché questo possa con-
temporaneamente calcolare le coordinate modello (X Y Z ) e le parallassi
(∆ u 1 , ∆ v 1 ) da dare al carrello di sinistra.
Dal punto di vista geometrico l'operazione descritta corrisponde al calcolo delle
coordinate del punto P ' date le coordinate di P e di O1 e gli angoli di assetto della
camera di sinistra.
Ad ogni spostamento del carrello portalastre a Z =costante, il calcolatore deve
comandare in tempo reale due spostamenti al carrello di sinistra.
Viceversa, anche per ogni spostamento del valore Z col volantino G3, il calcolatore
deve imporre due spostamenti (∆ u 1 , ∆ v 1 ) al carrello di sinistra.
Dopo l'orientamento relativo, con il movimento del solo volantino G3, è possibile
portare le marche a coincidere in qualsiasi punto (della superficie) del modello. Ciò

53
I RESTITUTORI ANALITICI

significa trovare l'intersezione di r" con il modello al variare di Z e trovare di conse-


guenza il punto P ' al variare dell'inclinazione della retta r '. Otticamente questa
operazione appare come se la marca di destra fosse ferma sul punto indicato nel
fotogramma di destra, mentre la marca di sinistra si allontana o si avvicina alla
marca di destra, sino alla coincidenza, al variare del valore di Z , comandato dal
volantino G3.

14.9 L'ORIENTAMENTO ASSOLUTO E LA RESTITUZIONE PER GLI STRUMENTI A


DUE CONTROLLI

Le operazioni di collimazione dei punti di appoggio, di memorizzazione delle coor-


dinate modello e terreno, il calcolo dei sette parametri di orientamento, avvengono
come descritto nelle pagine precedenti per gli strumenti «Helava».
Dopo aver accettato i risultati della procedura, sono ricavabili le coordinate (E 1, N 1, Q 1)
e (E 2 , N 2 , Q 2 ) dei due punti di presa e le matrici di rotazione R ed S complessive,
costruite grazie agli angoli di assetto nel sistema esterno (Ω 1,Φ 1,K 1) e (Ω 2 , Φ 2 , K 2 ).
Il calcolatore cambia ancora il significato del volantino G3: una sua rotazione corri-
sponde ad una variazione di quota Q nel sistema esterno: nell'istante di accetta-
zione dell'orientamento, questa quota e le coordinate E, N che appaiono sul video
sono i valori rototraslati delle coordinate (X ,Y,Z) che apparivano un istante prima.
Possiamo riscrivere le equazioni 13.53÷13.59 nel sistema esterno.
Le tangenti di direzione sono indicate ora con il simbolo tE, tN.
Si ha ad esempio:
E–E ξ σ 11 x 1 + σ 12 y 1 – σ 13 c
t E1 = ----------------1- = ----1 = ------------------------------------------ = noto 14.2
Q – Q1 ζ1 σ 31 x 1 + σ 32 y 1 – σ 33 c

N–N η σ 12 x 1 + σ 22 y 1 – σ 23 c
t N1 = ----------------1- = ----1- = -------------------------------------------
- = noto 14.3
Q – Q1 ζ1 σ 31 x 1 + σ 32 y 1 – σ 33 c

E–E
t E2 = ----------------2- = ........................ = noto 14.4
Q – Q2

N–N
t N2 = ----------------2- = ........................ = noto 14.5
Q – Q2
La 13.58 diviene:
Q ( t N1 + t N2 ) – t N1 Q 1 – t N2 Q 2 + N 1 + N 2
N = ---------------------------------------------------------------------------------------------
- 14.6
2
e la 13.55 diviene:
E = t E1 ( Q – Q 1 ) + E 1 14.7

Queste coordinate sono calcolate in frazioni di secondo e sullo schermo appaiono


assieme alla coordinata Q .

54
15. IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

15.1 INTRODUZIONE: COS’È IL GPS


Del sistema di rilievo GPS si forniranno solo alcune nozioni, lasciando gli appro-
fondimenti al corso di Ingegneria Geodetica.
Il GPS è un sistema di navigazione, basato sulla emissione di segnali radio emessi
da una costellazione di satelliti artificiali. Il nome completo del sistema è NAV-
STAR GPS, che è l'acronimo di NAVigation Satellite Timing And Ranging Global
Positioning System.
Il sistema è stato progettato per permettere in ogni istante del giorno il posiziona-
mento in ogni zona del globo.
Con il termine «GPS» non si intende dunque il solo ricevitore, o la costellazione,
ma tutto il sistema; questo a sua volta può essere suddiviso in tre sottosistemi defi-
niti segmenti.
I tre segmenti sono:
– la costellazione satellitare (vi sono attualmente 24 satelliti attivi in orbita più
due di riserva)
– il segmento di controllo, cioè la serie di stazioni a terra della NASA che possono
controllare e manovrare la costellazione
– il segmento di utilizzo, cioè gli utenti, civili e militari che hanno a disposizione
uno o più ricevitori.
L'utenza ha a disposizione uno strumento passivo: un ricevitore ed una antenna. La
posizione che l’utente ricaverà in base alla ricezione, memorizzazione e alla succes-
siva elaborazione dei segnali ricevuti, sarà relativa al centro elettromagnetico, cioè al
centro di fase dell'antenna.
Il concetto è completamente innovativo rispetto agli strumenti topografici tradizio-
nali: un posizionamento tridimensionale nello spazio e nel tempo. Il segmento
satellitare, è costituito da 24 satelliti, posti a circa 20200 km da terra, cioè a circa 3
volte il raggio terrestre: ciò significa satelliti «alti», non influenzati da attrito atmo-
sferico o ad anomalie del campo gravimetrico terrestre.
A queste distanze da terra i satelliti non sono geostazionari, cioè la loro posizione,
rispetto ad un punto solidale con la terra, cambia nel tempo. Il loro periodo orbi-
tale è di 12 ore siderali: in 24 ore passano due volte sull'osservatore ed hanno, in

55
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

questi passaggi, una visibilità minima di cinque ore. Sono disposti su sei piani orbi-
tali, inclinati ciascuno di 60° di longitudine e questi piani sono tutti inclinati di 55°
di inclinazione rispetto all'equatore.

Fig. 15.1 – Segmento satellitare: un satellite della costellazione NAVSTAR GPS. Si notino i
pannelli solari e le antenne trasmittenti.

La costellazione è stata progettata in questo modo per garantire che, in qualunque


punto del globo, (Global Positioning) ed in qualunque momento del giorno, un
utente possa osservare (radio osservare) almeno quattro satelliti.
Ciò è molto importante per l'utenza civile, ma ancor più per quella militare che ha
la necessità di posizionare i mezzi in tempo reale, in qualunque punto del globo. A
bordo dei satelliti vi sono anche dei sensori che servono a localizzare in qualunque
punto del globo il livello di radioattività.
I satelliti compiono le seguenti funzioni:
– trasmettono diverse informazioni agli utilizzatori attraverso l'invio di due
segnali molto complessi;
– ricevono e memorizzano delle informazioni, (non dall'utenza ma) dal seg-
mento di controllo, abilitato al comando;
– mantengono un segnale di tempo accurato grazie a quattro orologi atomici,
due al cesio e due al rubidio;
– eseguono piccole manovre di correzione d'orbita e perciò devono essere for-
niti di una certa quantità di carburante.
Il segmento di controllo è costituito da cinque stazioni della NASA che sono dispo-

56
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

ste su tutto il globo, grossomodo attorno all'equatore. Queste stazioni hanno lo


scopo di «tracciare», cioè seguire in maniera continua, ogni satellite GPS, e di ela-
borare i dati ricevuti da questi satelliti per calcolare le effemeridi, cioè la posizione
spazio - temporale di ogni satellite. Un'altra funzione è il controllo degli orologi dei
satelliti attraverso degli orologi MASER ancora più precisi di quelli a bordo dei
veicoli spaziali.
Il segmento di controllo può imporre eccezionalmente correzioni d'orbita ma ha lo
scopo ordinario di caricare almeno due volte al giorno nuovi dati sui satelliti. Fra
questi dati, i più importanti sono le effemeridi predette, cioè la previsione delle
orbite satellitari nelle future 12 o 24 ore. Queste effemeridi sono quelle che ogni
satellite trasmette a terra nel messaggio navigazionale.
Del segmento di utilizzo, si è già parlato, si sottolinea ancora che quello che nor-
malmente si ricava è la posizione assoluta o relativa del centro di fase dell'antenna,
posta di solito su un treppiede.
Al di sotto dell'antenna può essere alloggiato in uno stesso contenitore, anche il
ricevitore o, viceversa, questo può essere collegato esternamente. Il ricevitore imma-
gazzina dei dati che poi sono scaricati in ufficio su computer.
Le applicazioni del metodo GPS sono numerosissime, quasi inelencabili: terrestri,
marine, aeree e spaziali, per il posizionamento in tempo reale e non; e riguardano
anche aspetti di ricerca che coinvolgono la geofisica, la geodesia, l’elettronica e
molte altre discipline.
Un sottoprodotto del posizionamento GPS è il tempo: non è lo scopo primario di
misura del segnale; ma questo dato si è rivelato di fondamentale importanza, per-
ché permette di disporre, in tutto il mondo, di un'unica scala dei tempi, grazie alla
costellazione GPS.
Si distinguono due tipi di posizionamento: si parla di posizionamento statico se il
punto che sta ricevendo si mantiene fisso rispetto al corpo terrestre. Si parla di posi-
zionamento cinematico nel caso in cui l'antenna si sposti su un oggetto in moto
(nave, aereo, macchina ecc.) Il sistema è nato proprio per l’uso navigazionale,
quindi cinematico.
Si distinguono vari tipi di trattamento dei dati, ma principalmente questi possono
essere elaborati in due modi: con particolari accorgimenti è alcune volte possibile
eseguire un posizionamento in tempo reale, in altri casi il trattamento dei dati e
quindi il posizionamento avviene al termine delle osservazioni (in post processing).
All’utenza militare interessa fondamentalmente il posizionamento in tempo reale e
cinematico di precisione. Per i militari degli USA e degli stati della NATO è impor-
tante inoltre che altre nazioni non possano utilizzare il sistema per dirigere aerei o
missili, per tale motivo recentemente è stato «degradato» il segnale GPS attraverso
le tecniche dette «S/A» ed «A/S». Ai fini civili, quando cioè non si desideri contem-
poraneamente il tempo reale e l’elevata precisione tale degradazione è ininfluente.

Concetti di base del posizionamento


Ci domandiamo come è possibile arrivare al posizionamento: è stato risposto
«attraverso la ricezione di onde elettromagnetiche».

57
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

Come nel caso dei distanziometri ad onde, possiamo misurare con quest’onda, la
distanza stazione satellite; in questo caso le onde portanti inviate sono radioonde ed il
sistema è «ad una via» cioè l’onda è solo ricevuta e non ritorna all’apparato emettitore.
La posizione del punto a terra è ricavabile dalla misura di varie distanze tra la sta-
zione ed i satelliti in vista, distanze teoricamente misurabili tra i centri di fase delle
rispettive antenne.
Per raggiungere lo scopo è necessario conoscere la posizione spazio temporale di
ogni satellite della costellazione, ciò avviene grazie alla conoscenza delle effemeridi.

_d

Rj
__
P

_r
X

Fig. 15.2

In figura 15.2 vediamo schematizzato il problema: Stabiliamo dapprima un sistema


cartesiano geocentrico: il centro di massa terrestre è il naturale riferimento di tutti i
satelliti, l'asse Z è orientato verso l'asse di istantanea rotazione del globo (l'asse di
rotazione polare), e il piano ZY è diretto a piacere su un meridiano di riferimento.
Desideriamo trovare la posizione di un punto P, cioè il vettore r che unisce il cen-
tro di massa al punto di misura. L'ipotesi è che si conoscano le effemeridi dei satel-
liti, la posizione nel sistema geocentrico di un qualsiasi satellite j in un generico
istante di misura, cioè il vettore R j.
Poniamo di sapere ricavare il vettore che unisce il centro di fase dell'antenna rice-
vente con quello dell'antenna GPS. Il vettore posizione di P è dato allora dalla dif-
ferenza dei vettori R-d. Rimane da comprendere ora come si misura il vettore
stazione-satellite.
Per ricavare le componenti di tale vettore è sufficiente misurare tre quantità scalari
indipendenti. Come nel piano è possibile ricavare le coordinate X e Y di un punto P
misurando le distanze da almeno due punti noti, nello spazio si possono ricavare le
tre coordinate di un punto con la misura di almeno tre distanze da tre satelliti
(punti) di «coordinate note».

58
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

Perché allora si debbono osservare almeno quattro satelliti? Il motivo è intrinseco


alla misura: le misure di distanza sono funzioni di quantità temporali; il posiziona-
mento è cioè di tipo spazio temporale: ciò che si ricava sono le quattro coordinate del
punto P, o, volendone ricavare solo alcune, non è in ogni caso possibile disgiungere
la coordinata temporale da qualsiasi altra coordinata spaziale. Le incognite sono
quindi (X ,Y,Z,t ).
Il principio che lega la misura della distanza all'intervallo di tempo impiegato dal
segnale a raggiungere il ricevitore ci richiama il principio di funzionamento dei
distanziometri ad impulsi.
Il satellite emette un «impulso», che in realtà è un segnale più complesso, e, dal
tempo di volo (tempo trascorso tra emissione e ricezione) si determina la distanza tra
la stazione e ciascun satellite ricevuto.

1 1 0 0 0 1 1 1 1 0 1 0 0 0 1 1
codice trasmesso

1 1 0 0 0 1 1 1 1 0 1 0 0 0 1 1
codice ricevuto

1 1 0 0 0 1 1 1 1 0 1 0 0 0 1 1
segnale generato
dal ricevitore
dt
t
1/1000 sec
1

Fig. 15.3

Ciò è idealmente ottenibile ammessa identica la scala dei tempi dei satelliti e dei
ricevitori, cioè ipotizzando l’esistenza di un «filo» ideale che unisca l'orologio del
ricevitore a quello dei satelliti, in tale caso è possibile calcolare correttamente questo
intervallo.
Ammettiamo per ora che tutti i satelliti abbiano un'unica scala dei tempi (hanno
orologi molto precisi), ma dobbiamo ammettere che esiste come quarta incognita
una traslazione tra la scala dei tempi di tutta la costellazione e quella del ricevitore:
Per risolvere il problema serve perciò un altro dato: la misura ad un quarto satellite.
Dalla figura 15.2 si comprende anche che la stessa posizione del punto P sarà più
o meno precisa a seconda della posizione dei satelliti nella volta celeste. Se per
assurdo tutti i satelliti fossero ben visibili allo zenit, certamente la posizione di P
sarebbe ben precisa sulla sola coordinata Z l o c a l e , ma poco precisa nelle altre
coordinate. Ciò è quantificabile attraverso degli indici detti «DOP» di cui si par-
lerà al §15.9.

59
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

Come per i distanziometri ad impulsi, basterebbe in teoria anche solo un impulso,


ad esempio un'onda quadra di 10 ns per misurare ogni distanza: questo impulso
giunge dopo un intervallo ∆ t a terra, la quantità v ∆ t misura la distanza voluta.
Il segnale GPS è molto più complesso: è un segnale sinusoidale modulato in
maniera impulsiva. Il segnale GPS contiene cioè un treno di impulsi.
È necessario infatti che attraverso questo segnale si sia in grado di:
a. riconoscere da quale satellite ci giunge l’impulso: siccome le frequenze delle
portanti sono identiche per tutti i satelliti; un treno di impulsi ad onda
quadra, (che mantiene il vantaggio del segnale impulsivo) modula in modo
diverso, la portante di ogni satellite. Questa onda contiene fra l’altro, in
notazione binaria, il nome del satellite emittente. Questa informazione che
modula il segnale di fase di ogni satellite si chiama codice, od anche codice
pseudo-casuale. È possibile modulare il segnale di fase con più di un codice a
varie frequenze.
L’aggettivo «casuale» è dovuto al fatto che la media di tutti questi codici è
zero, ma di fatto il segnale non è per nulla casuale, perché contiene
all’interno un messaggio: un numero più o meno complesso a seconda del
tipo di codice: C/A, P od Y, D. Il codice definito C/A permette di ricono-
scere ogni satellite.
b. occorre capire quale parte del treno d’onda si inizia a ricevere. Ogni codice
ha una lunghezza d’onda propria: se all’interno del codice non vi sono parti
che si ripetono (per questo uso è necessario che sia «casuale»), la ricezione
di una piccola parte del codice permette di misurare, all’interno della lun-
ghezza d’onda del codice, con quale sfasamento o con quale ritardo il seg-
nale impulsivo giunge al ricevitore.
Vi sono molti altri motivi che giustificano la complessità dell’intero segnale GPS,
uno di questi è l’utilizzo militare del sistema.

15.2 IL SEGNALE GPS


Il segnale è formato da tre parti che sono:
– due onde portanti: L1 e L2;
– due codici detti C/A e P (quest’ultimo è quasi sempre sostituito da un cod-
ice definito Y);
– un altro codice detto messaggio D.
Portanti: esistono due frequenze portanti (carrier): sono onde sinusoidali che, come
nel caso dei distanziometri EODM «portano» segnali di frequenza diversa, questi
segnali sono i codici.
Ogni parte del segnale, codici e portanti, sono generati a partire da multipli o sotto-
multipli della frequenza dell’oscillatore. L’oscillatore ha frequenza f 0=10.24 MHz.
La portante L1 ha frequenza f1=154 f0 pari alla lunghezza d’onda λ1=19 cm, la por-
tante L2 ha frequenza f2=120 f0, pari alla lunghezza d’onda λ2=24 cm. Facciamo per
ora l’ipotesi di avere una sola onda portante ed una sola onda modulante.

60
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

Il codice C/A (Coarse Acquisition) ha frequenza f C/A =f 0 /10 pari a λ C/A=300 m, e


si ripete ogni ms; il codice P (Precision) ha frequenza f P=f 0, pari a λ P =30 m, ma si
ripete identico a sé stesso solo ogni settimana.
Il messaggio D ha frequenza f 0/204800 pari a 50 Hz.
Osserviamo la figura 15.4: vi è un’onda portante e un’onda quadra, un codice, che
la modula. Il risultato della modulazione è un’inversione di fase della portante.

Onda portante Codice


1

0 0

-1
Segnale modulato

Fig. 15.4 – La modulazione dell’onda portante con un codice.

Quando il ricevitore rileva una inversione di fase significa che il codice è passato da
+1 a -1 (o da uno a zero). Questo è il sistema con il quale modernamente oggi si
trasmettono dati sulle frequenze radio e televisive.
Fino ad alcuni anni fa le portanti radio e televisive erano sfruttate per trasmettere la
sola informazione radio e televisiva. Da un certo numero di anni a questa parte,
grazie alla scoperta di questi metodi satellitari di trasmissione dei dati, si è pensato
che, senza spesa, era possibile portare anche una informazione digitale sull’onda
radio, modulandola con un’onda quadra.
Supponiamo di ricevere il complesso segnale, risultato della modulazione, con un
ricevitore digitale che sappia ricevere l’onda modulata e sappia misurare uno sfasa-
mento. Tutte le volte che il ricevitore digitale rileva uno sfasamento, misura una
parte di un numero digitale ed è in grado di ricevere un messaggio, ad esempio il
messaggio televideo.
Se si volesse depurare l’onda dal messaggio occorrerebbe «demodularla»: conoscendo
il messaggio digitale è possibile rimodulare ancora l’onda di partenza con un messag-
gio identico: le fasi ove subivano una inversione (il segno della fase è –1) modulate
ancora con l’onda quadra di partenza (che ha segno –1) ritornano a sfasamento nullo.
Questo sistema si presta a trasmettere più di una informazione (più di un segnale
digitale), a patto di avere a disposizione un ricevitore che riesca a filtrare segnali solo
di una particolare frequenza.
Si possono modulare portanti ad esempio con un’onda quadra di frequenza 100
MHz se nel ricevitore ho un demodulatore tarato sulla frequenza 100 MHz. Se il

61
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

segnale viene modulato contemporaneamente con un altro segnale di frequenza 2


MHz e nel ricevitore dispongo anche di un demodulatore che riceve alla frequenza
di 2 MHz, posso ricevere due messaggi.
Ciò è dovuto al fatto che queste onde sono a frequenza molto diversa ed essendo
pseudocasuali, nel senso «a media zero», in media, non interferiscono tra di loro.
Anche nel sistema GPS, alle portanti si fa «portare» più di un segnale di codice.
Nei satelliti GPS vi sono quattro orologi atomici, ma il segnale di frequenza è
unico. Con questa frequenza fondamentale f0=10.23MHz si generano tutte le fre-
quenze multiple e sottomultiple delle fasi e dei codici.
Come si vede i codici hanno tutti frequenza molto diversa fra di loro, ciò permette
di ricevere ogni codice senza alcun problema nella demodulazione.
Il messaggio D è un altro codice, molto importante che contiene il messaggio navi-
gazionale, cioè le effemeridi dei satelliti: la loro posizione, lo stato di salute dei
satelliti, le informazioni sugli orologi a bordo dei satelliti.
La descrizione analitica e completa del segnale nelle due frequenze è data
dalle formule:
S ( L1 ) = A C C ( t )D ( t ) sin ( 2π f L1 t + ϕ L1 ) + A P P ( t )D ( t ) cos ( 2π f L1t + ϕ L1 ) 15.1

S ( L2 ) = A P P ( t )D ( t ) cos ( 2π f L2 t + ϕ L2 ) 15.2

Osserviamo prima il segnale in L2: ha una ampiezza AP e una frequenza fL2. Que-
sto segnale sinusoidale è modulato solo dal messaggio D e dal codice P.
Nelle 15.1 e 15.2, davanti alla quantità sin(…) e cos(…), vi sono i termini D(t ) e
P(t). Questi valori P e D possono essere solo dei numeri +1 o –1.
Anche i codici sono funzione del tempo t perché hanno una loro frequenza (il cod-
ice P ha frequenza f0 e il codice messaggio D ha frequenza di 50Hz).
Il segnale in L1 è più complicato perché ha una parte sfasata di π/2. La parte sfasata
come L2 è modulata anch’essa dal codice P e dal messaggio D, come L2, la parte
che dipende dal seno è modulata sempre dal messaggio D e dal codice C/A, un
numero +1 o +1 che dipende dal tempo ed ha frequenza f (C/A)= f 0/10.
Una parentesi qui va fatta per capire perché i ricevitori GPS hanno un alto costo.
Uno dei parametri di costo è il numero di osservazioni che possono ricevere. I ricevi-
tori marini, palmari, di dimensioni prossime ad una calcolatrice, ricevono normal-
mente il codice D ed il codice C/A. questi ricevitori permettono il posizionamento
con precisione dell’ordine di grandezza di ±20 m, più che sufficiente per non per-
dersi, il costo è dell’ordine di un milione di lire.
I ricevitori che riescono a de-modulare la quantità sin ( 2 π f L1 + ϕ 1 ) si chiamano
ricevitori a ricezione della fase e costano attorno a 10-20 M£. I ricevitori che rice-
vono entrambe le frequenze costano attorno a 20-25 M£; i ricevitori che ricevono
entrambi i segnali di frequenza e riescono a ricavare il codice P, costano ciascuno
attorno ai 25-30 M£.

62
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

15.3 PERCHÉ IL SEGNALE È COSÌ COMPLESSO?


Il primo motivo della complessità è dovuta al fatto che è un sistema multiutente:
24 satelliti in orbita devono servire un numero imprecisato di utenti: non possono
dunque «dialogare» con l’utente, ma trasmettere solo delle informazioni, e ricevere
solo quelle delle stazioni di controllo (Colorado Springs, Hawaii, Ascencion, Diego
Garcia e Kwajalein).
La master Control Station di Colorado Springs ha la chiave di accesso a tutta la
costellazione. Con misure ad una via si evita inoltre che l’utenza militare riveli la
propria posizione attraverso l’emissione di onde radio.
È necessario, specie per scopi militari, il posizionamento in tempo reale: cioè la
distanza stazione satellite ad almeno quattro satelliti deve essere calcolata «istanta-
neamente» dal ricevitore; non solo, ma ogni satellite deve essere istantaneamente
riconoscibile, avere cioè un codice che ne indica il nome: il codice C/A, diverso per
ogni satellite, individua appunto la provenienza del segnale.
Il posizionamento in tempo reale è tanto più preciso quanto più precisa è la misura
dello sfasamento eseguita sul codice. Questa precisione, similmente ai distanziome-
tri, è una frazione della lunghezza d’onda del segnale. In questo caso lo scarto qua-
dratico medio teorico sulla singola misura è di ±1/100 della lunghezza d’onda del
segnale. Per tale motivo oltre al codice C/A esiste il codice P, di frequenza dieci volte
maggiore. Questo codice è stato recentemente crittografato con un codice noto
solo agli stati dell’Alleanza Atlantica, per non permettere ad altre nazioni di poter
dirigere con precisione missili od oggetti in rapido movimento sfruttando il sistema
di navigazione GPS.
L’utenza civile è tuttavia in grado di servirsi del sistema per il posizionamento sta-
tico e cinematico, ma non più per il posizionamento cinematico «veloce» di preci-
sione in tempo reale.
In presenza del codice P, (che è riapparso recentemente per pochi giorni), si può
arrivare ad una precisione teorica di posizionamento di ±30 cm.
Non è possibile aumentare la precisione del posizionamento diminuendo via via la
lunghezza d’onda del segnale: come per i distanziometri ad onde, anche qui, e con
maggiore importanza, si ha a che fare con il ritardo atmosferico del segnale. Il seg-
nale GPS deve attraversare tutti gli strati atmosferici: allo scopo suddivideremo
questi effetti in due parti, denominate ritardo ionosferico e ritardo troposferico.
I problemi di rifrazione atmosferica, in particolare il ritardo del segnale dovuto alla
ionosfera, ha suggerito ai progettisti del sistema di utilizzare due frequenze.
A differenza della troposfera, la ionosfera influisce sul ritardo radio in maniera
dipendente dalla frequenza del segnale: le due frequenze portanti subiscono un
diverso ritardo che può essere misurato, valutando da un lato la reale influenza della
ionosfera sul segnale e depurando infine le osservazioni dall’errore ionosferico.

63
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

15.4 TIPI DI MISURE RICAVABILI DAL SEGNALE GPS


Due tipi di misure è possibile effettuare dalla ricezione del segnale GPS: un tipo di
misura detta pseudorange sui codici, C/A o P (in realtà è possibile eseguire una
misura approssimata anche sul messaggio D) e una misura su ciascuna delle fasi: la
fase sulla frequenza L1 e quella sulla frequenza L2.
Dal punto di vista geometrico pseudorange e fase hanno identico contenuto geo-
metrico: la distanza stazione satellite.
Le equazioni che si scriveranno saranno volte a esprimere lo pseudorange o la fase
come funzione della distanza stazione satellite, di errori di osservazione e di misura.
È possibile, anche se spesso poco utile, eseguire anche misure Doppler.

L’equazione dello pseudorange


Partiamo dall’equazione dello pseudorange, partiamo cioè dalle misure che possono
essere eseguite sul codice C/A o P.
Il segnale di codice viene emesso in un certo istante t dal satellite k e viene ricevuto
in un altro istante T dal ricevitore i. Nelle equazioni che seguono, i pedici fanno
riferimento ai ricevitori e gli apici ai satelliti:
P ik = c ∆t ik = ρ ik + e 15.3

La misura dello pseudorange è uguale al tempo di volo ∆t ik per la costante c. In


realtà questo prodotto non rappresenta la distanza (il range) stazione-satellite (per-
ciò il termine pseudo), in quanto il segnale non si propaga in questo modo ideale.
La misura P rappresenta la distanza stazione satellite a meno di errori «e » che si
possono in qualche modo calcolare o stimare. Questi errori possono essere di
modello, sistematici, accidentali e saranno valutati in seguito.

Il problema è ora capire come si può determinare il tempo di volo ∆ t (delay time)
che è l’intervallo di tempo tra la trasmissione e la ricezione del segnale.
Ciò è possibile grazie al fatto che il ricevitore dispone, in memoria, di una copia
identica del segnale dei codici (C/A o P). Questa informazione binaria, nota al rice-
vitore, permette di iniziare un processo di correlazione tra il segnale ricevuto ed un
identico segnale generato dal ricevitore. La correlazione avviene in modo elettron-
ico (non numerico) ed in tempo reale: il risultato è la misura ∆ t che consente di
massimizzare la correlazione fra i due segnali (a meno dell’effetto Doppler debita-
mente conteggiato).
L’ipotesi per una misura corretta di ∆t è che i due segnali siano riferiti ad un’unica
scala dei tempi, siccome non esiste un collegamento fisico tra l’orologio del satellite e
quello del ricevitore, gli orologi hanno scale dei tempi e precisioni diverse. Ammesso
che l’orologio del satellite sia privo di errore, il tempo di volo può essere misurato a
meno di un certa incognita dT di asincronismo dell’orologio del ricevitore.
Ad ogni misura di codice il valore ∆ t è misurato a meno di un errore dT incognito,
perciò per il posizionamento pseudorange sono necessarie osservazioni contempo-
ranee ad almeno quattro satelliti per determinare le tre coordinate X, Y, Z del punto
ed il valore dT di asincronismo.

64
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

Lo scarto quadratico medio teorico σ 0 (il valore minimo) delle misure di pseudo-
range è di circa 1%, 2% della lunghezza d’onda del segnale. Per il codice C/A σ 0, è
di circa ±(3÷6) m, per il codice P è di circa (30÷60) cm. Questi sqm sono di entità
minore rispetto agli errori e che dovranno essere debitamente considerati.
Va sottolineato che tali valori rappresentano i limiti inferiori per il posizionamento
in tempo reale con misure di codice; con misure di fase e in postprocessing è possi-
bile migliorare notevolmente le precisioni di posizionamento, anche di oggetti in
movimento.
Esplicitando il termine e della 15.3, l’equazione dello pseudorange diviene:
P ik = c ∆t ik = ρ ik + c ( dt k – dTi ) + d ion + d trop 15.4

Il termine P ik rappresenta la misura eseguita nel ricevitore, la parte destra della


seconda equazione indica a cosa corrisponde la quantità misurata nel modello fisico
geometrico.
I termini d ion e d trop esprimono gli errori (i ritardi) troposferici e ionosferici. Il
primo termine può valere anche 100 m o150m; il secondo termine è dell’ordine di
qualche metro: nel caso in cui si utilizzi il codice C/A l’errore troposferico può
essere trascurato, Si trascura, rispetto alla precisione del codice, anche l’errore dt k ,
non tanto per l’esiguità del valore ma grazie al fatto che la maggior parte di questa
correzione è nota, in quanto trasmessa dai satelliti nel messaggio di navigazione.
I termini dt k , dTi sono gli errori di orologio del satellite k e del ricevitore i rispetto
ad una scala dei tempi di riferimento (R) per tutto il sistema.

L’equazione della fase


L’equazione della fase è più complessa. Ciò che il ricevitore misura, come nel caso
dei distanziometri a misura della fase, è uno sfasamento. Anche nel caso dello pseu-
dorange si misura un valore ∆ t che può essere ricondotto ad un valore di sfasa-
mento, ma solo in modo indiretto.
Per definizione, ciò che si misura è la fase generata dal ricevitore i , al tempo del
ricevitore T, meno la fase ricevuta dal ricevitore i ma generata dal satellite k al
tempo del satellite t:
gen ( k )
Φ oss (T ) = ϕ gen ( i ) (T ) – ϕ ric ( i ) (t ) 15.5

Essendo la frequenza f :
∂ϕ
f = ------ 15.6
∂t

ed ammettendo che la frequenza f non cambi nell’intervallo (T-t) si ha:


ϕ gen ( k )(t ) = ϕ gen ( k ) (T ) – f (T – t )
gen ( k )
Φ oss (T ) = ϕ gen ( i ) (T ) – ϕ ric (i)
(T ) + f (T – t )

Si prenda ora una scala dei tempi di riferimento (R ), rispetto alla quale l’orologio
del ricevitore ha un errore dT e quello del satellite un errore dt:

65
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

ϕ gen ( k)(T ) = ϕ R (T ) – f dt k ; ϕ gen ( i) (T ) = ϕ R (T ) – f dTi


Φ oss (T ) = f (T – t ) + f ( dt k – dTi ); Φ oss (T ) = f ∆t ik + f ( dt k – dTi )

Ricordando l’equazione 15.3 che possiamo riscrivere:


ρ k ( d trop – d ion )
∆t ik = -----i- + -----------------------------
- 15.7
c c

f f
Φ oss (T ) = ---- ρ ik + ---- ( d trop – d ion ) + f ( dt k – dT i ) 15.8
c c
In realtà la 15.8 esprime uno sfasamento misurato sulla frequenza di lunghezza
k
d’onda λ 1 o λ 2, a meno di un numero intero N i ( T 0 ) di cicli che intercorrono tra
il centro di fase dell’antenna del satellite ed il centro di fase dell’antenna del ricevi-
k
tore. Come nel caso dei distanziometri ad onde, questo numero N i ( T 0 ) , inco-
gnito a priori, viene chiamato ambiguità. L’equazione completa della fase è allora la
seguente:
f f
Φ oss (T ) = ---- ρ ik + ---- ( d trop – d ion ) + f ( dt k – dT i ) +
c c 15.9
k k
+ MP i + CF i + N i ( T0 ) + N i (T 0 –T)
Differentemente che nel caso dei distanziometri, il sistema di misura è in questo
caso dinamico: se pure non si muove il ricevitore, in un secondo il satellite percorre
circa quattromila metri.
La misura della fase sarebbe allora del tutto inutile se non fosse possibile misurare,
all’interno del ricevitore, di quanto si è spostato il satellite dall’istante di accensione
T0 all’epoca di misura T. Il ricevitore ha la possibilità di contare il numero intero
k
N i (T 0 – T ) che rappresenta il numero di volte che la fase, a causa del moto del
satellite, si è azzerata tra gli istanti T0 e T. Per tale motivo, anche se le misure ven-
gono memorizzate ad intervalli regolari di diversi secondi, una perdita di contatto
ricevitore-satellite anche di pochi millisecondi annullerebbe la possibilità di questo
conteggio.
Nell’equazione compaiono anche gli errori sistematici MP e CF. Il primo rappre-
senta l’errore di multipercorso o multipath, il secondo un eventuale errore geome-
trico del centro di fase dell’antenna del ricevitore. Per una gran parte di misure
tradizionali questi errori possono essere trascurati; mediati od eliminati, perciò non
appariranno in seguito.
Moltiplicando l’equazione 15.9 per la lunghezza d’onda λ =c / f, (λ 1 o λ 1) l’equa-
zione assume unità di misura metriche:
L = λΦ = ρ ik + d trop – d ion + c ( dt k – dT i ) +
15.10
k k
+ λ N i ( T 0 ) + λ N i (T 0 – T )
Confrontando l’equazione con la 15.4 notiamo che è invertito il segno del ritardo
ionosferico. Ciò si deve al fatto che la ionosfera si comporta in modo diverso

66
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

sull’onda portante e sull’onda modulante: il ritardo di gruppo (cioè sull’onda modu-


lante) è uguale e di segno opposto al ritardo di fase (cioè sull’onda portante).
Il valore metrico del ritardo ionosferico è in prima approssimazione inversamente
proporzionale al quadrato della frequenza della portante, cioè, per le due frequenze:

 d ion ( 1 ) = I ik = K 1I ik 15.11

 f 12 77 2
 d ion ( 2 ) = I ik -----1- = I ki  ------ = K 2 I ki 15.12
 f2  60

La 15.10 diviene:
k k
L 1 ,1 = ρ ik + d trop – K 1 ,2 I ki + c ( dt k – dT i ) + λ 1 ,2 N i 1 ,2 + λ N i 1 ,2 (T ) 15.13

Gli indici 1, 2 indicano le due frequenze del segnale. Come nell’equazione dello
pseudorange le incognite geometriche sono ancora le tre coordinate Xi , Yi , Zi , cioè
la posizione tridimensionale del centro di fase dell’antenna, che compaiono nel ter-
mine ρ ik :

ρ ik = ( X k – Xi ) 2 + ( Y k – Yi ) 2 + ( Z k – Zi ) 2 15.14
k
Nell’equazione della fase compare una quarta incognita, l’ambiguità intera N i ; il ter-
k
mine N i (T 0 – T ) , come detto, è invece una quantità nota misurata dal ricevitore.

15.5 GLI ERRORI DEL POSIZIONAMENTO GPS


Nelle equazioni di pseudorange e di fase abbiamo introdotto degli «errori» che pos-
sono superare lo sqm teorico di misura. È di fondamentale importanza allora com-
prenderne l’influenza. Li dividiamo in tre tipi:
a. I puri errori accidentali di misura. Sono quelli che abbiamo già visto,
dell’ordine di 1%-2% della lunghezza d’onda. Sul codice C/A il puro errore
strumentale è di ±(3÷6) m, sul codice P è di ±(30÷60)cm, sulle portanti L1
e L2 è di ±(2÷4) mm.
Oltre a questi errori strumentali esistono:
b. Errori sistematici o di modello (biases);
c. Errori di osservazione in senso lato.
Gli errori sistematici non cambiano di segno, sono comuni alle misure di range e di
fase e sono così suddivisi:
b1.Errori di orologio: orologi dei satelliti e dei ricevitori. È possibile dividere
l’errore di un orologio in due parti: un asincronismo, cioè una traslazione
nell’asse dei tempi rispetto a un riferimento ideale ed una (in) stabilità che
dipende dal tempo. L’errore dell’orologio del ricevitore in termini metrici
c ∆ T può valere ad esempio anche 100m e più.
b2.Errori di orbita: nelle equazioni precedenti abbiamo ipotizzato di conoscere
le effemeridi dei satelliti. Le effemeridi sono note con precisione diversa a

67
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

seconda a seconda che siano predette (broadcast) o calcolate a posteriori


(precise). Nel primo caso possiamo ipotizzare errori ε x , ε y, ε z di qualche
centinaia di metri, nel secondo si raggiungono precisioni metriche. Questi
errori si scaricano direttamente nel posizionamento assoluto sulle coordi-
nate incognite del ricevitore ma hanno minore importanza nel posiziona-
mento differenziale.
Chiamando δb la variazione della base a terra, δr l’errore d’orbita, r la
distanza terra satellite e b la base, si è visto empiricamente che:
δr δb
----- = ------
r b
b3.Errori atmosferici: sono già stati suddivisi in errori troposferici dtrop ed errori
ionosferici dion. Sono comuni alle equazioni del range e della fase ma men-
tre gli errori ionosferici dipendono dalla frequenza (della portante), gli
errori troposferici sono identici per entrambe le frequenze. I valori massimi
di questi errori sono:
max dtrop = 4÷10 m
max dion= 100÷200 m
L’errore troposferico a sua volta può essere diviso in una componente secca
ed una componente umida.
k
b4.Ambiguità delle portanti: di per sé il termine N i ( T 0 ) (bias di ambiguità)
non è un errore sistematico: è una quantità incognita, ma questa quantità
intera viene calcolata come un qualunque numero reale in un processo ai
minimi quadrati e poi «fissato» forzatamente all’intero più prossimo e pro-
babile. Se questa quantità intera viene calcolata con un certo errore, tale
errore si scarica sistematicamente sul posizionamento.
L’entità di molti bias è in genere superiore alla lunghezza d’onda della fase. Se non
si trovasse il modo di eliminare l’effetto degli errori sistematici, le equazioni che
abbiamo scritto, specie quella della fase, sarebbero inutilizzabili dal punto di vista
metrico. Le vie seguite allo scopo sono due: modellizzazione e differenziazione .
Modellizzare vuol dire cercare un modello fisico matematico del fenomeno che sia
ragionevole e poi applicarlo per eliminare gran parte dell’errore. Ad esempio per
l’errore dt dell’orologio del satellite facciamo l’ipotesi che questo errore vari nel
tempo con una legge quadratica del tipo: dt =a0+a1t +a2t2 in tutto l’arco di tempo
di misura. Ciò avviene a scapito dell’introduzione di altre tre incognite: a0, a1, a2
ma, in un intervallo di tempo nel quale si possono avere anche un migliaio di osser-
vazioni, la ridondanza globale non diminuisce di molto.
Ciò che rimane dopo l’applicazione del modello è un errore residuo, certamente
molto minore dell’errore di partenza (diversamente il modello sarebbe poco
adatto). L’errore residuo avrà segno alterno, e dunque in parte sarà mediato da
molte misure.
Questo esempio applicato all’errore di orologio può essere fatto per gli errori
d’orbita e solo in parte per gli errori atmosferici. Dunque gli errori sistematici, pur
essendo di due o tre ordini di grandezza degli errori accidentali sono in gran parte

68
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

eliminabili. La maniera più seguita attualmente per eliminare la gran parte di tali
errori è la tecnica della differenziazione, che tratteremo con estensione.
Cataloghiamo fra gli errori «di osservazione» tutto ciò che non è né sistematico né
accidentale, cioè:
– Errore di multipercorso (multipath). L’ipotesi di partenza è che il segnale
emesso dal satellite giunga direttamente al centro di fase. Non sempre è
così, per lo meno per una piccola parte del segnale: vi può essere un osta-
colo prossimo all’antenna del ricevitore che devia una parte del segnale che
arriva in tal caso all’antenna in maniera indiretta. Il valore misurato dal
ricevitore dello sfasamento può differire di una quantità massima di π/2
dal valore teorico della formula 15.9. L’errore di multipath dipende dalla
posizione degli ostacoli, dalla loro riflettività ai segnali GPS e anche
dall’altezza apparente del satellite (se il satellite fosse allo zenit l’errore
sarebbe teoricamente nullo).
– Vi sono degli errori dipendenti dall’elettronica del ricevitore. Quando
abbiamo parlato di come si misura lo sfasamento all’interno del ricevitore si
è visto che elettronicamente avviene una correlazione in tempo reale.
Quando qualcosa non funziona nella correlazione o perché il segnale è
«sporco», cioè rumoroso, o per problemi dell’elettronica, la misura differi-
sce da quella ideale.
– Vi sono errori di osservazione dovuti allo spostamento del centro di fase
dell’antenna. Questo centro è infatti un punto teorico, elettronico, non
meccanico, che cambia, in funzione della frequenza (il centro di fase per L1
può non coincidere con il centro di fase per L2: in pratica le antenne sono
costruite in modo tale che i due centri di fase coincidano) e dell’angolo di
elevazione secondo il quale viene ricevuto il segnale. Questi cambiamenti
sono spesso trascurabili per misure mediate nel tempo. Per osservazioni
istantanee (per il posizionamento cinematico di precisione) tale errore
potrebbe essere non trascurabile.
– Un altro famoso errore di osservazione è il cycle slip, cioè la perdita del con-
tatto stazione-satellite, ciò fa si che dall’epoca di misura successiva alla per-
dita del segnale si introduca una nuova incognita, un nuovo numero intero
N ’ da calcolare. In senso stretto il salto di fase, è una perdita di segnale, non
un «errore».
– Vi sono infine le interferenze elettromagnetiche. Causano in caso favorevole
una rumorosità del segnale, per cui anche le misure di fase e di codice hanno
sqm intrinseco maggiore ed, in caso sfavorevole, la perdita del segnale di fase
o di codice. Ciò avviene in vicinanza di un elettrodotto, presso una stazione
radar, o più frequentemente, come si è verificato a Torino, esiste una trasmit-
tente radio o televisiva che emette dei segnali in banda L2 o peggio L1. Al
Politecnico si pensò dapprima che il segnale di disturbo fosse un’armonica di
un segnale radio, tuttavia si verificò che il segnale di disturbo era emesso nella
banda fondamentale L1. In tal caso un tipo di protezione può essere abbassare
l’antenna in un punto fisicamente nascosto dal segnale di disturbo, con tale
espediente si aumenta purtroppo l’influenza del multipath.

69
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

15.6 LA TECNICA DELLA DIFFERENZIAZIONE


In alcuni casi i bias sono di difficile modellizzazione, ad esempio la componente
umida dell’errore troposferico. In questo caso gli errori di modello residui potreb-
bero essere ancora più dannosi dell’errore d’osservazione stesso. Per valutare esatta-
mente l’influenza della troposfera è necessario conoscere con elevata precisione la
temperatura, la pressione e l’umidità relativa, non solo del punto di misura, ma di
tutta la troposfera attraversata dal punto di misura verso la direzione dei satelliti
osservati.
Questo errore tuttavia è correlato spazialmente, cioè è molto simile per punti vicini
sulla superficie terrestre.
Spostiamo per ora il problema del posizionamento dall’assoluto al relativo, il che
significa che ha meno importanza la conoscenza della posizione assoluta di un
punto sulla superficie terrestre ma è più importante conoscere la posizione relativa
di un ricevitore rispetto al secondo, che è data dalla differenza vettoriale dei vettori
R i ed R j delle due posizioni geocentriche e viene chiamata «base».
Il vettore differenza (la base) dipende dalla differenza delle osservazioni di due rice-
vitori verso ciascun satellite.
Ipotizziamo che le osservazioni dei due ricevitori siano affette da un certo numero
di errori sistematici, in maniera metricamente identica sui due ricevitori. Questi
biases sono in tal caso automaticamente eliminati nella differenza delle osservazioni
dei ricevitori.
L’ipotesi è ragionevole quanto più i punti a terra (della rete di misura) sono vicini
rispetto alla distanza stazione satellite. Ciò vale quindi in parte anche per reti di
qualche centinaio di km.
Nel posizionamento differenziale le quantità che si tratteranno non saranno allora
pseudorange e fasi, ma differenze di pseudorange e differenze di fasi, misurate da
almeno due stazioni a terra.
Il posizionamento assoluto sarà ancora eseguibile con precisione attraverso una
operazione di inquadramento, vincolando la rete locale in una più vasta rete nazio-
nale (ad esempio la rete IGM95 o la rete IGS) le cui coordinate sono note con mag-
gior precisione in un sistema globale.
Nel trattamento differenziale possiamo utilizzare differenze di codice (C / A o P ) o
di fase (L1, L2) o combinazioni di queste quantità, di seguito parliamo solo di dif-
ferenze di fase in quanto, come premesso, il post-trattamento (post processing)
delle fasi porta al posizionamento di precisione.

Le equazioni delle differenze prime di fase (ai ricevitori)


Consideriamo due ricevitori che indichiamo con i ed l ed un satellite k. Le osserva-
k k
bili sono le fasi Φ i e Φ l e la differenza di queste quantità si chiama differenza
k
prima o singola, si indica con ∆Φ il o genericamente con ∆Φ . Il simbolo ∆ «diritto»
indica mnemonicamente che vi sono due ricevitori a terra ed un satellite comune in
vista. Per definizione vale:
k k k
∆Φ il = Φ i – Φ l 15.15

70
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

In termini metrici, utilizzando cioè la 15.10 e non la 15.9, questa differenza vale:
k
λ ∆Φ il = ( ρ ik – ρ lk ) – c (dT i – dT l ) + λ ∆N ilk 15.16

La lunghezza d’onda λ è quella del segnale L1, L2 o quella di combinazioni intere


delle due fasi.
In questa differenza scompare l’errore troposferico e l’errore ionosferico, (abbiamo
ammesso che siano identici per entrambi ricevitori), scompare anche l’errore
dell’orologio del satellite k ed ogni altro errore sistematico (l’errore di orbita ε ad
esempio) relativo al satellite k. Rimangono ancora fra le incognite le differenze di
interi, ∆N ilk .
Per il posizionamento assoluto o relativo è necessario osservare almeno quattro
satelliti, in questo caso, avendo cioè due stazioni e quattro satelliti, è possibile scri-
vere quattro differenze singole ∆.
È facile vedere che queste quattro osservazioni sono fra loro incorrelate. Prendiamo
allo scopo solo due differenze singole: la prima tra i ricevitori i ed l ed il satellite k,
la seconda tra i ricevitori i, l ed il satellite j. Queste due differenze singole valgono,
in termini matriciali:

Φ ik
 k
 ∆ ilk   1 – 1 0 0  Φ l 
 j =    = AΦ 15.17
 ∆ il  0 0 1 – 1  Φ ij
 j
Φ l 

Ipotizzando che la matrice di varianza covarianza delle fasi grezze sia una
costante per la matrice identità, cioè C ΦΦ = σ 2 I si ottiene, per propagazione
della covarianza:
C ∆∆ = AC ΦΦ A T = 2 σ 2 I
In questo modo si è dimostrato che le differenze singole sono incorrelate, ed il loro
scarto quadratico medio σ ∆2 è 2 volte maggiore dello scarto quadratico medio
delle fasi grezze.
Una differenza prima è costruibile anche con un ricevitore e due satelliti, si indica
in tal caso con il simbolo ∇ (nabla) ed elimina errori diversi. Ad esempio la diffe-
renza prima ai satelliti elimina gli errori comuni del ricevitore, oltre agli errori
atmosferici.

Le equazioni delle differenze seconde di fase


Consideriamo ora due ricevitori che indichiamo con i ed l ed due satelliti k e j. Le
j
osservabili sono le differenze prime di fase ∆ ilk e ∆ il e la differenza che formiamo,
kj
che si chiama differenza seconda o doppia, si indica con ∆ il o genericamente con
∇∆Φ . Il simbolo ∇∆ indica mnemonicamente che vi sono due ricevitori a terra e
due satelliti comuni in vista per ogni differenza seconda.
Per definizione la differenza seconda vale (in unità metriche):

71
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

kj
∇∆ il = ∆ ilk – ∆ ill = [ ( ρ ik – ρ lk ) – ( ρ ij – ρ lj ) ] + (∆N ilk – ∆N ilj ) λ 1,2 15.18

Sono scomparsi ora anche gli errori di orologio dei ricevitori, mentre è rimasta una
differenza seconda di un numero intero, moltiplicata per la lunghezza d’onda del
segnale utilizzato.
Quante equazioni di differenza seconda si possono scrivere con due ricevitori, (i, l )
e quattro satelliti (k, j, s, t)? La risposta è solo tre osservazioni indipendenti; una qua-
lunque quarta differenza doppia può essere solo una combinazione lineare delle
precedenti tre.
Ci domandiamo ora se queste tre differenze doppie sono ancora fra loro incorrelate.
In termini matriciali le tre differenze doppie valgono:
k
kj  ∆ il 
 ∇∆ il   1 – 1 0 0   ∆ ilj 
 js 
 ∇∆ il  =  0 1 – 1 0   s  = A ∆ 15.19
  ∆
 ∇∆ st   0 0 1 – 1  il 
il  ∆ sil 

con C ∆ = 2 σ 2 I .
Applicando la legge di propagazione della covarianza si ha:

 1 –1 ⁄ 2 0 
C ∇∆∇∆ = 4 σ 2  – 1 ⁄ 2 1 – 1 ⁄ 2 15.20
 
 0 –1 ⁄ 2 1 

∆Φ

Ts Tempo T

Fig. 15.5 – Andamento delle doppie differenze di fase nel tempo.

Le differenze doppie sono fra loro correlate: il coefficiente di correlazione ha valore


– 0 .5. Il rumore (lo scarto quadratico medio) delle differenze doppie è pari a due volte
il rumore delle fasi grezze. Le differenze doppie hanno tuttavia delle buone proprietà:

72
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

nel tempo variano poco e, per come sono state scritte, all’apparire di un salto di fase,
dovuto ad un problema legato ad uno dei due ricevitori o ad uno dei due satelliti, è
possibile ancora risalire alla comprensione di dove è avvenuto il cycle slip.
Di per sé queste differenze doppie, dovrebbero essere «abbastanza lisce», dipen-
dendo dal moto apparente dei satelliti k e j rispetto alla base (i-l ).
In realtà queste quantità varano anche a causa del fatto che differenziando non si
eliminano completamente i biases, ma solo in gran parte. Quando interviene un
salto di fase, all’epoca Ts , la differenza doppia varia di una quantità intera inco-
gnita. Se il contatto con il satellite venisse ripristinato subito dopo, potrebbe essere
possibile «ricucire» questo salto di fase, cioè misurare di quanto è variata nel tempo
la differenza doppia. Se il contatto riprendesse dopo parecchio tempo, i biases
sarebbero tali da non permettere di risalire con affidabilità al valore del salto di
fase.Per comprendere che è avvenuto un salto di fase la tecnica è eseguire una diffe-
renza nel tempo di differenze doppie, cioè costruire una differenza tripla.

Le equazioni delle differenze terze di fase


Consideriamo ora due differenze doppie al tempo T1 ed al tempo T2. La differenza
di due differenze doppie nel tempo:
kj kj kj
δ ∆ il = ∆ il ( T2 ) – ∆ il ( T 1 ) 15.21
kj
si indica con δ ∆ il ed è per definizione una differenza terza o tripla. L’equazione delle
differenze terze può essere scritta:
kj
δ ∇∆ il = δ [ (ρ ik – ρ lk ) – ( ρ ij – ρ lj ) ] 15.22

Teoricamente tale valore dovrebbe essere circa nullo per rilievi statici e per epoche
molto vicine. Nelle differenze terze non esiste più come incognita l’ambiguità.
La loro matrice di varianza covarianza è simile a quella delle differenze doppie, ma
il rumore è 2 2 volte maggiore di quello delle fasi grezze. Le differenze terze si
usano spesso in due casi: in fase di pre-processamento per individuare a che epoca
avviene un salto di fase e, possibilmente per «ricucirlo». Le differenze terze sono uti-
lizzate anche per ottenere, sempre in pre-trattamento, un posizionamento approssi-
mato di precisione. Con l’uso delle differenze terze gli unici parametri incogniti
sono le coordinate dei vertici della rete (a meno delle coordinate di un vertice di
riferimento).

15.7 LA RIDUZIONE DI BIASES CON COMBINAZIONI DI OSSERVABILI GREZZE


È possibile ridurre o eliminare alcuni bias con particolari combinazioni di codici
o/e di fase senza ricorrere alla differenziazione. La strada che si segue normalmente
è in realtà duplice, cioè utilizzare le differenze (doppie o triple) di queste particolari
combinazioni.
Le combinazioni di osservabili grezze di fase (non di codice) assumono una lun-
ghezza d’onda teorica diversa in genere da λ 1 o λ 2, per tale motivo di volta in volta

73
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

andrà chiarito se ha senso parlare ancora di ambiguità intera e calcolata la lun-


ghezza d’onda del segnale risultante.
Riscriviamo le due equazioni di fase 15.13 in termini metrici 15.23 e 15.24 ed in
termini adimensionali 15.25 e 15.26 e scriviamo anche le due equazioni di cod-
ice 15.27 e 15.28:
ρ I (ζ + E )
Φ 1 = ----- – ----- + f 1 ( dt – dT ) + ----------------- + n 1
λ1 λ1 λ1

L 1 = ρ ik – I ik + ( d trop ) ik + c (dt k – dT i ) + λ 1 n 1ik 15.23

f 2
L 2 = ρ ik –  ---1  I ik + ( d trop ) ik + c (dt k – dT i ) + λ 2n 2ik 15.24
 f2 

In queste equazioni abbiamo conglobato in un unico intero n l’ambiguità incognita


N (T 0) e l’ambiguità misurata N (t ); sono per ora ancora trascurati altri bias come
multipath, errore di effemeridi, errori dei centri di fase delle antenne, ecc. Le stesse
equazioni alla fase si scrivono:
ρ ik I ik ( d trop ) ik
Φ 1 = ----- – ----- + ----------------- + f 1 (dt k – dT i ) + n 1ik 15.25
λ1 λ1 λ1

ρ ik f 1 ( d trop ) ik
Φ 2 = ----- – --------- I + ----------------- + f 1 (dt k – dT i ) + n 2ik 15.26
λ2 f2 λ1 λ2

I codici P1 e P2 valgono:
P 1 = ρ ik + I ik + ( d trop ) ik + c (dt k – dT i ) 15.27

f 12 k
P2 = ρ ik + -----2 I i + ( d trop ) ik + c (dt k – dT i ) 15.28
f2
Quando si combinano due fasi occorre tenere conto che:
Φ αβ = αΦ 1 + βΦ 2 15.29

La frequenza del segnale sintetico così ottenuto diviene:


f αβ = α f 1 + β f 2 15.30

e la sua lunghezza d’onda risulta:


c c
λ αβ = --- = ---------------------- 15.31
fc α f1 + β f2

Dalla 15.29 risulta che se N 1 e N 2 sono le ambiguità intere delle due portanti:
N αβ = α N 1 + β N 2 15.32

se α e β sono interi, anche se Nαβ è un numero intero.

74
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

Dalla 15.31 appare che: λ αβ → ∞ per α f 1 = – β f 2 Inoltre, in termini metrici,


L αβ = λ αβ Φ αβ

c f f
L αβ =  ---------------------- α L 1 ----1 + β L 2 ----2-
 α f 1 + β f 2 c c

α f1 β f2
L αβ = L 1 --------------------- - = aL 1 + bL 2
- + L 2 ---------------------
α f1 + β f2 α f1 + β f2

L αβ = aL 1 + bL 2 15.33

α f1 β f2
a = ---------------------
-; b = ---------------------
- 15.34
α f1 + β f2 α f1 + β f2

Lo sqm dell’osservazione sintetica 15.33 vale:

σ ( L αβ ) = λ αβ α 2 + β 2 ⋅ σ Φ2 15.35

Combinazione «geometry and clock free» L4


Se esaminiamo le 15.23, 15.24 e la 15.33 notiamo che nella combinazione L4 defi-
nita da a =1, b= –1:
L4 = L1 – L2 15.36

Scompaiono il range ρ ik , gli errori di orologio, gli errori troposferici e rimangono le


ambiguità e gli errori ionosferici:
f2
L 4 = – I  1 – -----12- + λ 1 n 1 – λ 2 n 2 15.37
 f  2

Il termine in parentesi vale – 0.646944444 I.


Questa quantità può dunque essere usata per la stima del modello ionosferico.
Anche in termini di codici si ha:
f2
P 4 = P 1 – P 2 = I  1 – -----12- 15.38
 f2

(Esercizio: può essere interessante il confronto di L4 e P4).


La 15.31 mostra α =– β , cioè α f 1= – β f 2, pertanto:
λ4 = ∞ 15.39

Combinazioni «iono free» L3


Dalle equazioni 15.23 e 15.24 prendiamo in esame solo il range ρ ik e l'errore iono-
sferico; cerchiamo una combinazione L3 tale per cui si annulli (almeno al primo
ordine) l'errore ionosferico e compaia solo il range ρ ik , cioè:
L 3 = aL 1 + bL 2 = 1 ρ + Φ I + ( … )

75
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

f 12
a ρ – aI + α ( … ) + b ρ – b ------ I + b(…) = 1ρ + 0 ⋅ I
f 22

a + b = 1

 f 12
a + b ------
f 22
= 0

Si ricava:
f 12 f 12
a = -----------------
- = 2.5457; b = – -----------------
- = – 1.5457; 15.40
f 12 – f 22 f 12 – f 22

e, dalle 15.34:
α = f1 ; β = –f2 15.41

L 3 = ρ + d trop – c (dt k – dT i ) + αλ 1 n 1 + βλ 2 n2 15.42

Allo stesso modo la combinazione analoga del codice risulta:


P 3 = ρ + d trop + c (dt k – dT i ) 15.43

(Esercizio: esaminare le quantità L3 – P3 )


Essendo α e β numeri reali, la quantità N3 non è un numero intero. Per tale motivo
non ha significato fisico la lunghezza d'onda λ3 del segnale iono free, anche se è
possibile calcolarla in questo modo:
esaminiamo le equazioni di fase 15.25 e 15.26; combinandole con i coefficienti
α 1=1 e β = (–f 2/f 1) si annulla l'effetto ionosferico.
f
Φ 3 = Φ 1 – -----1 Φ 1 15.44
f2

ρ f ρ I f f I
Φ 3 =  ----- – -----1 ⋅ ----- – ----- + -----2 ⋅ -----1 ----- + … 15.45
 λ 1 f 2 λ 2 λ 1 f 1 f 2 λ 1

Si ha:

f
f 3 = f 1 – -----2 ⋅ f 2 = f 0  154 – ----------- = 33.22078 f 0
120 2
f1  154 

c
λ 3 = --- = 11.35cm
f3

Wide lane
Prendiamo in considerazione la combinazione:
L W = L 1 ,–1 15.46

76
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

cioè:
α = + 1; β = –1

fW = f1 – f2

c
L W = ------------ = 86.25cm
34 f 0

1 154 120
L W = λ W Φ W = ------------- ( L 1 f 1 – L 2 f 2 ) = --------- L 1 – --------- L 2 15.47
f1 – f2 34 34
Dalle 15.23 e 15.24 si ha:
–f1 f 12
L W = ρ +  ------------- -  I + c ( dT – dt ) + d trop + λ W n W + ε
- + ----------------------- 15.48
 f1 – f 2 f 2 ( f 1 – f 2 ) 

con:
f1 f2
λ W n W = -------------- n 1λ 1 – -------------- n2 λ 2 15.49
f1 – f 2 f1 – f 2

Narrow lane L1,1


Prendiamo la combinazione:
L n = L 1 ,1 15.50

cioè:
α = β = 1

c
f N = f 1 + f 2 ⇒ λ N = --------------------------------- = 10.70cm 15.51
( 120 + 154 )f 0

1 1 120 154
L N = λ N Φ N = ------------- L 1 f 1 + ------------- L 2 f 2 = --------- L 1 – --------- L 2 15.52
f1 + f2 f1 + f2 274 274
Dalle equazioni 15.23 e 15.24 si ottiene ancora:
f1 f 12
L N = ρ + I  ------------- -  + c (dT – dt ) + d trop + λ N n N + ε
- + ----------------------- 15.53
 f1 + f 2 f 2 ( f 1 + f 2 ) 

con:
f1 f2
λ N n N = – ------------- n 1 λ 1 + ------------------ n 2 λ 2 15.54
f1 – f2 ( f1 + f2 )
Si noti infine che la quantità:
f1 f2
- ( L 1 – L 2 ) = κ L4
L W – L N = + 2 -------------- 15.55
f 1 – f 22
2

77
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

è detta segnale ionosferico ed è proporzionale alla combinazione geometry free.


Il codice narrow lane vale:
f1 f 12
ρ N = ρ ik + I  -------------- + ------------------------ + c (dT – dt ) + d trop + E 15.56
 f1 + f 2 f 2 ( f 1 + f 2 )

15.8 TECNICHE TRADIZIONALI DEL TRATTAMENTO DEI DATI GPS


Poniamo di aver eseguito una campagna di misure; per semplicità ipotizziamo di
aver avuto a disposizione solo due ricevitori: ciò che si desidera è il posizionamento
relativo di ogni punto della rete che raggiunge in media precisioni di 10–6, 10–7, o
10–8 per basi corte (sino decine di km), medie (centinaia di km) o lunghe (migliaia
di km). Il trattamento dei dati avviene in genere dopo averli scaricati dalla memoria
del ricevitore al computer e lo scopo è ricavare le coordinate relative delle due sta-
zioni, cioè le componenti di ogni «base» misurata della rete (dx ,dy,dz).
Normalmente i passi che si seguono sono i seguenti:
Come in tutti i problemi ai minimi quadrati non lineari si parte da valori approssi-
mati dei parametri. Cosa sono i parametri incogniti? Non solo le coordinate del
secondo punto rispetto al primo (le componenti della base), ma anche le ambiguità
incognite, o le differenze seconde di ambiguità.
La posizione approssimata del punto si ricava dallo pseudorange, cioè con uno dei due
codici: se o con il codice C/A o, meglio ancora con il codice P se non crittografato.
È possibile spingerci al trattamento differenziale dei codici. Normalmente, ricavati i
valori approssimati dei parametri, si usano le differenze triple di fase, che non con-
tengono come incognite le ambiguità di fase. Il posizionamento è già un posiziona-
mento di precisione, submetrica e spesso subdecimetrica.
Le differenze triple, consentendo un buon posizionamento, possono cioè consen-
tire la determinazione delle ambiguità iniziali. Attraverso le coordinate (le compo-
nenti della base) ricavate dalle differenze triple è possibile calcolare un valore reale
approssimato delle ambiguità, o meglio delle differenze doppie di ambiguità. Que-
ste operazioni possono essere eseguite utilizzando entrambe le frequenze o, meglio
ancora, la combinazione L 3 delle frequenze L 1 ed L 2. Tale combinazione non è
influenzata dal bias ionosferico.
Si costruiscono ora le differenze doppie e si ricavano ai minimi quadrati le compo-
nenti delle basi e le ambiguità. Tali ambiguità sono così ricavate come numeri reali
(trattamento float): in realtà la natura di questi numeri è intera. Se è possibile stabi-
lire con affidabilità che le ambiguità ricavate sono stime corrette dei rispettivi valori
interi, queste ambiguità «vengono fissate ad intero». Se cioè ad esempio viene rica-
vato fra gli altri il numero 12.015+ / - 0.03 e la sua precisione indica che è la stima
del numero intero 12, questi numeri reali vengono corretti e riportati ai valori
interi. L’ultimo passo è il ricalcolo delle componenti della base alle differenze dop-
pie, escludendo dalle incognite le ambiguità oramai ricavate e fissate ad intero. Se il
ricevitore dispone di due frequenze si utilizza la combinazione L 3 delle due fre-
quenze. Tale soluzione viene chiamata soluzione iono free.

78
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

Questo è il posizionamento a singola base più preciso, dopo aver fissato le ambi-
guità ed utilizzando la misura iono free.

15.9 IL PROGETTO DI UN RILIEVO STATICO GPS


I primi parametri di ingresso per il progetto di una rete GPS sono le dimensioni
della zona da rilevare e la precisione dei parametri incogniti richiesta; i principali
obbiettivi che si vogliono raggiungere nella fase di progettazione di una rete (geode-
tica classica o) GPS sono:
– minimizzare tempi e costi del rilievo;
– ottenere una precisione dei parametri incogniti uniforme e compatibile con
gli scopi del rilievo stesso;
– ottenere una buona affidabilità dei risultati.
Il rilievo GPS differisce sostanzialmente da un rilievo topografico classico poiché
non richiede intervisibilità tra i punti e non è legato alle condizioni meteorologi-
che. Ciò per alcuni aspetti semplifica molto la fase di progettazione, che tuttavia
viene modificata introducendo una serie di nuovi parametri specifici del metodo.
Diamo qui di seguito un elenco dei principali parametri di progetto, ricordando
che molto spesso essi sono dipendenti tra loro e che l'ordine con il quale sono trat-
tati non ne indica una priorità.

Scelta del numero e della distribuzione dei vertici della rete


Il numero e la distribuzione delle stazioni definiscono la lunghezza media dei lati
della rete a terra e la sua forma. La prima spesso è vincolata a requisiti «tecnici»
legati all'opera da rilevare; è comunque buona norma cercare di mantenere i lati
dello stesso ordine di grandezza, per facilitare le procedure di compensazione dei
dati. Inoltre, ove è possibile, le dimensioni medie dei lati saranno funzione anche
del tipo di ricevitori utilizzati (singola o doppia frequenza) e del metodo di rilievo
(statico o rapido statico).
Ovviamente, se il numero dei vertici è superiore al numero di ricevitori a disposi-
zione, è necessario rilevare la rete con più sessioni di misura. Per sessione si intende
l'intervallo di tempo nel quale più stazioni ricevono contemporaneamente i segnali
emessi dagli stessi satelliti.
Per quanto riguarda la forma della rete a terra è importante sottolineare che nel caso
di trattamento di osservazioni GPS questa non è fondamentale: per ogni sessione è
infatti la rete spaziale, che coinvolge anche i satelliti, che deve essere ben configu-
rata. D'altra parte, il trattamento congiunto di tutte le sessioni, cioè il trattamento
multi sessione, deve prevedere la rioccupazione di alcune stazioni in sessioni diffe-
renti per garantire il legame tra queste.

L'ubicazione delle stazioni del rilievo


L'ubicazione delle stazioni avviene in un primo tempo utilizzando una carta della
zona a scala opportuna. Essa è poi confermata da un attento sopralluogo che deve

79
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

accertare la compatibilità della scelta con una serie di requisiti specifici delle sta-
zioni GPS. In particolare si deve avere: la mancanza di ostacoli al di sopra dei 20° di
elevazione per tutto il giro di orizzonte per evitare ostruzioni dei segnali provenienti
da alcuni satelliti; la facile accessibilità del punto per ridurre i tempi di messa in sta-
zione; l'assenza di strutture riflettenti per un raggio di 10-15 m dall'antenna per
evitare problemi di multipercorso (multipath); l'assenza di fonti di disturbo nella
ricezione del segnale (ripetitori, cavi ad alta tensione ecc.) per mantenere un buon
rapporto segnale-rumore. Quest'ultima va comunque verificata con una prova di
ricezione sul campo: si sono sovente verificati, infatti grossi problemi di ricezione in
zone apparentemente ideali.

Finestra di osservazione, durata delle sessioni di misura e intervallo di campionamento


Come già detto il disegno di una rete GPS è legato al numero e alla distribuzione in
cielo dei satelliti in vista contemporaneamente da tutte le stazioni coinvolte in ogni
sessione di misura. Pertanto le finestre di osservazione prescelte saranno quei periodi
del giorno ove siano visibili da tutte le stazioni il massimo numero di satelliti con la
miglior configurazione geometrica (in teoria almeno un satellite in ogni quadrante
della sfera celeste). All'interno di una finestra di osservazione è possibile rilevare
una o più sessioni.
La lunghezza del periodo di acquisizione dei dati per ogni sessione, infatti, dipende
principalmente dalle dimensioni delle basi considerate, dalla precisione richiesta,
dal numero e dalla configurazione geometrica dei satelliti in vista e dal metodo di
rilievo.
In generale tale periodo diminuisce al diminuire della lunghezza delle basi, al dimi-
nuire della precisione richiesta e all'aumentare del numero dei satelliti in vista.
Infine, per il trattamento dei dati in modalità statica, gli intervalli di campiona-
mento (intervallo di memorizzazione delle osservazioni di fase nel ricevitore) comu-
nemente adottati sono: 15 secondi, 30 secondi, un minuto. La scelta tra tali valori
dipende dalle precisioni richieste e dalla lunghezza della sessione.

Numero di ricevitori disponibili e tipo


Ovviamente all'aumentare del numero di ricevitori disponibili aumenta la produt-
tività del rilievo: sarà sufficiente un'unica sessione di misura disponendo di tanti
ricevitori quanti sono i punti da rilevare. Più realisticamente, però, il rilievo deve
essere suddiviso in più sessioni: difficilmente, infatti, si hanno a disposizione più di
4-6 ricevitori e si hanno spesso invece molti più punti da rilevare.
Per reti di precisione è buona norma mantenere fisso almeno un ricevitore per più
sessioni di misura, ove possibile per tutta la campagna. In tal modo non solo si
rende attuabile il collegamento con stazioni permanenti (in generale la loro grande
distanza dai vertici della rete richiede lunghi periodi di acquisizione) per l'eventuale
inquadramento della rete, ma si facilita la misura di basi comuni a sessioni diverse
aumentando la sua affidabilità e controllabilità. La disponibilità di un ricevitore
fisso consente comunque di stimare la posizione assoluta di una stazione con
misure (smoothed phase pseudorange) acquisite su un lungo periodo che permet-
tono di mediare gli effetti della Selective Availability: ciò consente di migliorare il

80
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

posizionamento assoluto dei vertici della rete anche in assenza di collegamenti con
stazioni permanenti.
Per quanto riguarda il tipo di ricevitore è ovviamente da preferirsi quello a doppia
frequenza, ma il suo utilizzo diventa particolarmente consigliabile per basi superiori
a 15-20 km se si vuole contenere l'effetto ionosferico.

Il collegamento tra varie sessioni di misura


Indipendentemente dal trattamento prescelto per le osservazioni GPS di ogni ses-
sione (singola base o multi base), i risultati di questo andranno poi compensati
congiuntamente.
La scelta quindi di quante e quali basi esuberanti siano da misurare è essenziale per
soddisfare le richieste di precisione e affidabilità previste (ricordiamo che dati n
punti, per il loro posizionamento relativo si devono rilevare al minimo n-1 basi
indipendenti). Ovviamente, all'aumentare delle misure esuberanti migliora la robu-
stezza della rete.
D'altra parte, fissato il numero di ricevitori a disposizione, all'aumentare delle basi
aumenta il numero di sessioni della campagna e quindi aumentano i tempi e i costi
richiesti per il rilievo.
Da esperienze ripetute da vari gruppi di ricerca [Dominici et al., 1994; Dominici et
al., 1995; Bitelli et al., 1996; Barbarella et al., 1996] si è concluso che una buona
scelta che bilancia entrambe le esigenze è quella di fissare il rapporto k tra le basi
osservate e quelle indispensabili il più prossimo possibile a 2 e comunque non infe-
riore a 1.5.
Si pone poi il problema della distribuzione delle misure esuberanti: per ottenere
una precisione uniforme dei parametri di interesse (posizione relativa dei punti) è
infatti indispensabile avere una buona ridondanza locale oltre che globale (per
ridondanza locale si intende il contributo di ogni singola misura alla ridondanza
globale). Una soluzione, anche se non rigorosa, che assicura una uniforme ridon-
danza locale è la equi-rioccupazione delle stazioni.
Particolare cura va invece posta nella scelta di tale distribuzione se si utilizzano effe-
meridi inviate e si vogliono stimare i parametri relativi a variazione di sistema di
riferimento (rotazione e scala); in tal caso la forma della rete a terra torna ad essere
importante per assicurare la stimabilità di tali parametri; torneremo comunque più
avanti su tale punto.

Trattamento delle misure GPS


Sulla base delle precisioni richieste può essere necessario un trattamento «fine» dei
dati (compensazioni multibase e multisessione e modellizzazione dei bias). In tal
caso occorre prevedere l'uso di programmi «non commerciali» e di informazioni
accessorie quali le effemeridi precise, la rotazione del polo, modelli atmosferici, ecc.
La scelta del tipo di trattamento dei dati coinvolge la fase di progetto in quanto
programmi di compensazione raffinati, consentendo un adeguato controllo degli
effetti dei bias, migliorano la precisione della rete; inoltre permettono di non pena-
lizzare l'uso di ricevitori di diverso tipo e di trattare adeguatamente eventuali lati di
lunghezza disomogenea.

81
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

Infine, per realizzare una progettazione rigorosa di una rete GPS è necessario tener
conto delle correlazioni tra le componenti cartesiane delle basi stimate contempora-
neamente. Tali correlazioni derivano dalla configurazione geometrica della rete spa-
ziale globale, costituita dai satelliti e dalle stazioni, continuamente variabile nella
sessione di misura. Anche queste possono essere calcolate a partire un programma
di compensazione raffinata utilizzato però in modalità di simulazione.

I parametri logistici
È indispensabile pianificare le misure della rete in modo da cercare di minimizzare i
tempi richiesti per gli spostamenti dei ricevitori per passare dalle stazioni di una ses-
sione a quelle della successiva.
Tale problema diventa importante quando in una stessa giornata si vogliono rile-
vare più sessioni, soprattutto per diminuire i tempi di attesa richiesti per l'occupa-
zione da parte di tutti i ricevitori delle nuove stazioni.
La soluzione può essere trovata per via analitica (second order design) [Baldi et al.,
1989], ma molto spesso, soprattutto per reti di elevata estensione, va calibrata
tenendo conto del diverso grado di accessibilità dei punti, della viabilità delle strade
di accesso ecc.

La progettazione con programmi commerciali


Con questo termine intendiamo la fase di progetto che è possibile gestire attraverso
l'uso di programmi commerciali. Tali programmi, salvo casi particolari, sono costi-
tuiti da tre moduli: un primo modulo di progettazione satellitare, un secondo di
compensazione a singola base ed un terzo di compensazione della rete per basi indi-
pendenti. Alcuni permettono poi la trasformazione delle coordinate WGS84 nel
sistema cartografico nazionale.
La fase di progettazione consiste nel prevedere la precisione nel posizionamento
assoluto di un punto singolo della rete a partire dalle posizioni approssimate dei
satelliti (almanacco), dalla posizione approssimata del punto e dall'identificazione
di eventuali ostacoli alla visibilità dei satelliti. È evidente che il nostro scopo è
quello di soddisfare i requisiti di precisione in termini di posizionamento relativo
dei vertici della rete, tuttavia è possibile dimostrare che un'analisi rivolta allo studio
della precisione del posizionamento assoluto è utile anche per tale scopo, soprat-
tutto quando le dimensioni della rete sono limitate (qualche decina di chilometri).
I parametri di progetto sono gli indici DOP (dilution of precision: decremento di
precisione) [Manzino, 1996], in particolare sono usati i valori PDOP, HDOP e
VDOP che sono indici di precisione rispettivamente nella determinazione delle tre
coordinate, delle coordinate planimetriche e della sola altimetria.
Si è visto che per ricavare la posizione dei punti a terra (assoluta o relativa) si parte
dall’idea di conoscere la posizione dei satelliti ad un dato istante. Grazie alle effeme-
ridi trasmesse dai satelliti nel messaggio navigazionale D possiamo quindi prevedere
in un dato giorno dell’anno quanti satelliti saranno visibili in un certo istante in un
certo punto della superficie ed in che posizione apparenti.
Se dovessimo fare un rilievo, ad esempio a Vercelli, già conosceremmo ad esempio

82
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

le coordinate approssimate (ad una decina di km) del luogo e, grazie alle effemeridi,
quanti satelliti passeranno nelle ventiquattro ore del giorno stabilito per il rilievo.
Vogliamo determinare quale potrà essere il momento migliore per eseguire il
rilievo, nell’ipotesi che altre considerazioni quali la dimensione della rete, la lun-
ghezza media delle basi ecc., mi permettono di ricavare a priori che dovrebbe essere
sufficiente acquisire dati per circa un’ora con almeno cinque satelliti. Occorre sce-
gliere la finestra temporale migliore per l’acquisizione dal punto di vista della preci-
sione ottenibile del rilievo.
Il posizionamento assoluto, eseguito sia con misure di pseudorange che di fase, deriva
in definitiva dalla conoscenza delle distanze stazione-satellite. Ipotizzando che queste
distanze ρ si possano conoscere con una precisione data a priori, ad esempio:
σ ρ = ± ura ,

(ura sta per User Range Accuracy, parametro noto a priori dalle effemeridi inviate),
ciò permette di progettare a priori il rilievo in funzione della precisione finale delle
coordinate del punto a terra. Si ricordi che, quando si progetta una rete ai minimi
quadrati, occorre stabilire le coordinate approssimate dei punti della rete, le misure
che si faranno e la loro precisione.
Non occorre eseguire materialmente le misure, è possibile ricavare ugualmente la
matrice di varianza covarianza delle coordinate dei punti incogniti, a meno di una
2
costante σ 0 . Anche in questo caso, stabilito che si conoscono a priori le coordinate
approssimate dei satelliti ad una certa ora, e la precisione delle distanze stazione
satelliti, è possibile ricavare la matrice di varianza covarianza dei parametri relativi
al posizionamento del punto P.
Tale matrice è di dimensione quattro in quanto le incognite coinvolte sono le coor-
dinate (X ,Y,X) del punto ed un offset di tempo τ .
Supponiamo di aver ricavato tale matrice in un sistema di riferimento cartesiano
locale che indichiamo con lettere minuscole (x,y,z); l’asse z rappresenta all’incirca
l’altimetria ed il piano xy la planimetria della rete:
 σ xx σ xy σ xz σ xτ 
 σ yy σ yz σ yτ 
C xx =   15.57
 σ zz σ zτ 
 
 simm σ ττ 

È possibile dunque prevedere quale sarà la precisione secondo gli assi (x , y, z ) e


l’asse dei tempi del punto P. Gli indici DOP sono definiti come la radice quadrata
di somme di elementi diagonali della matrice C. Il termine DOP indica «Dilui-
zione di (Of ) Precisione». Precisamente l’indice GDOP è definito:
GDOP = σ xx + σ yy + σ zz + σ ττ 15.58

dove la traccia di una matrice indica la somma degli elementi diagonali della stessa.
Si ha poi:
PDOP = σ xx + σ yy + σ zz ; HDOP = σ xx + σ yy 15.59

83
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

VDOP = σ zz ; TDOP = σ ττ 15.60

Tanto più piccolo è il valore di questi indici tanto maggiore è la precisione nel posi-
zionamento assoluto. Le case costruttrici consigliano di progettare rilievi con
PDOP<7.
I valori di questi indici dipendono dalla buona disposizione dei satelliti in vista e dal
loro numero. In figura 15.5a è dato l'andamento degli indici DOP per un vertice sito
a Torino in una finestra che va dalle ore 14 alle ore 18 del giorno 17/9/1996.

Data: 17.9.1996 Latitude : 45 3 10 D ata: 17.9.1996 Latitude : 45 3 10


STA ZIONE DI TORINO Dilution of Precision
E levCutoff: 20° Longitude : 7 35 0 ElevC utoff: 20° Longitude : 7 35 0
STA ZIONE DI TORINO D ilution of Prec ision
20

16 16

12
12

8
8

P DoP
4

4 VD oP
PDoP H DoP

HDoP VD oP 0
16 17 18 19 20

0 HDoP VDoP P DoP


16 17 18 19 20
H DoP VD oP PDoP

Fig. 15.5 – Indici DOP non tenendo conto e considerando le ostruzioni del segnale.

Il posizionamento di precisione è ottenuto con un trattamento differenziale dei dati


di fase: gli indici DOP non forniscono dunque un'informazione sulla precisione
del posizionamento relativo dei vertici della rete, ma aiutano a scegliere la finestra
di osservazione.
Tutti i programmi commerciali inoltre forniscono un grafico polare delle orbite dei
satelliti riferito al punto di stazione (sky plot); la distanza dal polo rappresenta l'ele-
vazione decrescente del satellite e l'angolo di direzione è l'azimut del satellite.

STAZIONE DI TORINO SKY PL O T E levCutoff: 20° Longitude : 7 35 0

26

18

27
25
3
29
25

19

2
14

28
22
14
31 29

Fig. 15.6 – Sky plot.

84
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

La figura 15.6 mostra lo sky plot relativo al vertice precedente. Lo sky plot permette di
valutare l'effetto di ostruzioni, presenti in una stazione e rilevate dal sopralluogo, sugli
indici DOP, quali vegetazione, edifici ecc. In figura 15.5b, è riportata la variazione degli
indici DOP, tenendo conto delle ostruzioni, evidenziate nella figura 15.6.
È bene ricordare che, in caso di ostruzione, occorrerà verificare sugli estremi di una
base la contemporanea presenza di almeno quattro satelliti comuni.
I programmi commerciali non dispongono quindi di un modulo di simulazione
che consenta di sviluppare il progetto di un'intera campagna o almeno di una ses-
sione, ma consentono solo di valutare la migliore finestra di osservazione.
Come premesso, la durata di acquisizione è legata non solo agli indici DOP ma
anche alla lunghezza della base, alla precisione richiesta, al tipo di trattamento, agli
effetti ionosferici ecc. Con l'uso di programmi commerciali la scelta di questi e di
molti altri parametri di progetto segue criteri empirici, peraltro ben consolidati. Ad
esempio, per rilievi statici alcune case costruttrici forniscono dei grafici come,
quello riportato in figura 15.7 , che legano i tempi di osservazione massimi al
numero di satelliti in vista (almeno uno per quadrante) ed alla lunghezza della base.

Tempi (minuti)
3 satelliti
135 (Per h nota a priori)

90 4 satelliti

60 6 satelliti

30

0
0 5 10 15 20
Lunghezza della base (km)

Fig. 15.7 – Grafico dei tempi di osservazione in funzione dei satelliti in vista e della lunghezza delle basi.

Nei rilievi rapido statici la tabella 15.1 fornisce il tempo minimo di osservazione, in
minuti, richiesto in relazione al numero di satelliti e per basi di lunghezza massima
di una decina di km; alcuni ricevitori determinano automaticamente sul posto il
tempo minimo necessario al rilievo rapido statico.

Tab.15.1 – Tempi minimi di osservazione, per numero dei satelliti in vista,


per basi < 10 km nei rilievi rapido statici.

N° SATELLITI TEMPO MINIMO (MINUTI)


4 >20
5 10-20

85
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

Qualche cosa di più


Per valutare l'influenza del disegno della rete (schema delle basi e collegamento tra
sessioni di misura) sulla precisione delle coordinate dei punti, verificare la raggiun-
gibilità di una uniforme precisione dei parametri da stimare e valutare l'affidabilità
della rete è possibile utilizzare programmi più sofisticati, ad esempio NETGPS
[Crespi et al., 1993; Betti et al, 1994], in modalità di simulazione.
Tale programma permette di eseguire la compensazione minimi quadrati della più
generale rete di basi GPS, misurate in una o più sessioni, considerando come osser-
vabili le componenti cartesiane delle basi stimate da precedenti compensazioni di
misure GPS e utilizzando un corretto modello stocastico che tiene conto delle cor-
relazioni tra queste quando siano rilevate in una stessa sessione di misura. La
matrice di covarianza delle osservazioni è pertanto diagonale a blocchi, ogni blocco
è relativo ad una singola sessione ed è ottenuto dalla precedente compensazione
delle misure GPS (fig. 15.8).

Sessione 1

Sessione 2

Sessione 3

Fig. 15.8 – Esempio di matrice di covarianza delle osservazioni in NETGPS.

NETGPS permette inoltre di valutare la stabilità del sistema di riferimento GPS


tra sessioni diverse quando si utilizzino le effemeridi inviate (broadcast). Tale
sistema di riferimento, infatti, viene realizzato praticamente dalle posizioni delle
stazioni fisse di tracciamento dei satelliti e dalle operazioni di tracciamento mede-
sime; dal punto di vista analitico ciò corrisponde ad una compensazione di
misure GPS in cui le incognite geometriche sono le posizioni dei satelliti. Per-
tanto, per il generico utilizzatore, il sistema di riferimento GPS è definito dalla
conoscenza della posizione dei satelliti e quindi errori relativi alle effemeridi si
traducono in incertezze sul sistema di riferimento. Per tale motivo le componenti
cartesiane delle basi misurate in sessioni diverse possono essere praticamente rife-
rite a sistemi di riferimento diversi se si utilizzano le effemeridi inviate (le effeme-
ridi precise assicurano precisioni tali da rendere superfluo tale problema). La
valutazione dell'eventuale «diversità» dei sistemi di riferimento adottati in ses-
sioni differenti si ottiene stimando i parametri di rotazione e la scala tra il sistema
di riferimento relativo ad una qualsiasi sessione di misura e quello relativo ad una

86
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

sessione assunta come riferimento. È comunque importante sottolineare che la


stimabilità di tali parametri è assicurata se e solo se tutte le sessioni (per lo meno
a due a due) hanno in comune almeno tre stazioni (ovvero due basi) non alline-
ate: ciò comporta un'accurata scelta, in fase di progettazione, della distribuzione
delle basi comuni a diverse sessioni.
Come già detto, l'uso di NETGPS in fase di simulazione permette di migliorare la
progettazione della rete rispetto al solo utilizzo di programmi commerciali. È infatti
possibile determinare quale sia lo schema di basi da rilevare che permetta sia il rag-
giungimento delle precisioni richieste per le coordinate dei punti che una buona
uniformità di tali precisioni. In altre parole la simulazione con NETGPS consente
di ottimizzare il numero di misure ridondanti ottenendo una uniforme ridondanza
locale. Inoltre è possibile valutare se, sulla base dello schema prescelto, siano stima-
bili eventuali variazioni di sistema di riferimento tra sessioni diverse. Infine è possi-
bile determinare il grado di affidabilità della rete: tale parametro è indispensabile
per la successiva identificazione di errori grossolani.

La progettazione con programmi scientifici


Attualmente sono disponibili programmi scientifici di compensazione dati GPS
che consentono un trattamento molto raffinato delle misure. In particolare viene
attuata una modellizzazione fine dei biases (orbita, propagazione atmosferica, oro-
logi) eliminando effetti sistematici residui. Inoltre la campagna GPS viene compen-
sata globalmente (multi base e multi sessione) considerando un corretto modello
stocastico.
Tali programmi, se utilizzati in modalità di simulazione, possono risolvere molti dei
problemi legati alle scelte dei parametri della fase di progetto. Ad esempio, essi pre-
vedono la generazione sintetica di osservazioni GPS. È così possibile valutare e con-
trollare l'influenza sulle stime dei parametri geometrici di vari fattori quali: la
costellazione satellitare, i biases, l'intervallo di campionamento, il tipo di segnale
disponibile, la rumorosità del segnale, la presenza di cycle slips. Al variare delle
scelte si generano dati sintetici diversi ed il loro trattamento permette un confronto
tra le stime ottenibili. Inoltre molti altri elementi citati vengono determinati sulla
base dei risultati ottenuti in fase di simulazione. Con una serie di prove e riprove si
individua il migliore schema di basi da rilevare, quali e quante misure esuberanti sia
più conveniente osservare, la più idonea durata delle sessioni.
È bene comunque sottolineare che la realizzazione della fase di progetto utilizzando
metodi di analisi così sofisticati richiede molto tempo e molto lavoro. È quindi
buona norma valutare, sulla base delle precisioni richieste dal rilievo, quali siano gli
strumenti più idonei per completare tale fase, bilanciando sforzi e costi con qualità
dei risultati.

Un esempio di progetto di una rete GPS: la rete eseguita per il tracciamento della linea
Alta Velocità Bologna Firenze

Requisiti fondamentali e le scelte adottate


Il progetto di una linea ferroviaria e di grandi opere viarie in genere comporta rile-
vanti operazioni di inquadramento e di infittimento, a cui seguono in genere un

87
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

accurato rilievo di dettaglio e la costruzione di una cartografia a grande scala. Il


tracciamento avviene una volta stabilito il percorso dell'opera, appoggiandosi alle
reti precedentemente rilevate. Per la linea AV Bologna Firenze le prime due opera-
zioni sono state condotte con tecniche GPS mentre il tracciamento, anche per la
considerevole lunghezza delle tratte in galleria, è totalmente eseguito con l'uso di
strumenti di precisione tradizionali: teodoliti e distanziometri EODM. Tale scelta
ha consentito di alleggerire proprio le fasi di rilievo tradizionalmente più precise e
complesse. L'utilizzo congiunto di misure GPS e misure classiche richiede la cono-
scenza dei parametri di trasformazione da un sistema di coordinate geodetiche (φ ,
λ ,h) ad un sistema di coordinate naturali (φ , λ ,H). Senza entrare nei dettagli rela-
tivi alla soluzione di tale problema, si è scelto di eseguire il rilievo altimetrico tra-
mite livellazione geometrica in modo da ottenere direttamente la quota ortometrica
H , mentre per quello planimetrico si sono utilizzate congiuntamente GPS e tec-
niche classiche e si è determinata una trasformazione dalle coordinate (ϕ , λ ) ad un
sistema di coordinate cartografiche (ε , ν ) compatibile con il sistema naturale in un
limitato intorno dei punti da tracciare.
Seguiamo ora le fasi di progetto (eseguito nella tarda primavera del 1994) per la sola
rete di inquadramento GPS. Per comprendere meglio le scelte e le metodologie pro-
gettuali adottate, è bene sottolineare che all'epoca del progetto non era disponibile il
software di simulazione descritto ed inoltre non erano facilmente disponibili
all'utenza civile le effemeridi precise, che ora sono reperibili a Berna via rete internet.
La linea si snoda per circa 82 km quasi allineata in direzione nord-sud. Ricordando
che il GPS non richiede l'intervisibilità tra i punti di stazione, si è scelto di posizio-
nare i vertici della rete prevalentemente lungo il tracciato, tenendo presente la
necessità di disporre di almeno un vertice GPS a tutti gli imbocchi delle gallerie.
Ciò ha limitato molto le possibilità di scelta delle posizione dei vertici: sono stati
previsti otto vertici, ad una distanza media di 10-15 km, lungo il percorso ed un
vertice ausiliario fuori percorso per poter valutare la stabilità del sistema di riferi-
mento anche in direzione est-ovest (§ 4). Si è previsto l'uso di quattro ricevitori a
doppia frequenza e nove sessioni di misura, superiori al minimo indispensabile al
rilievo per le ragioni che in seguito esporremo. Ogni stazione è stata rioccupata
almeno tre volte.
Ad ogni vertice delle reti di inquadramento ed infittimento sono stati associati altri
due vertici GPS, posti a distanze medie di 500 m e 1 km, indispensabili per orien-
tare le poligonali rilevate con teodoliti ed EODM per il tracciamento in galleria (il
vertice più vicino è utile solamente nel caso di condizioni di scarsa visibilità). Tutti
i vertici di rete (di inquadramento e di infittimento) sono stati materializzati
costruendo pilastrini di c.a. dotati di una adeguata fondazione, mentre i caposaldi
di orientamento sono stati annegati al livello del terreno su una fondazione di
cemento armato.
L'ubicazione di tutte le stazioni di rete e di orientamento è stata scelta in prima
analisi con una carta 1:5000 del tracciato ed è stata poi confermata da un sopral-
luogo che ha accertato i requisiti descritti al § 2. In nessun caso si sono avuti pro-
blemi dovuti alla presenza di fonti di disturbo nel segnale (buoni rapporti
segnale-rumore), mentre la presenza di ostacoli al di sopra i 20° nell'intorno di una
stazione ha richiesto un'accurata verifica del miglior sito di ricezione.

88
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

Le lunghezze del periodo di acquisizione per la rete principale è stata di due ore per
basi minori di 10 km, di tre ore per basi tra i 10 e i 30 km e di 4 ore per basi supe-
riori. L'intervallo di campionamento è stato di 15 secondi.
Per la rete di inquadramento si è scelto di mantenere fisso un ricevitore per tutta la
campagna, non solo per rendere possibile il collegamento con stazioni permanenti,
ma anche per poter controllare le basi comuni fra più sessioni. Il vertice scelto allo
scopo è il vertice 30 di figura 15.9.

SESSIONI
+ 105
1
2
3
4
+ 116
5
6
7
8
+ 130
9

+ 140
+ 30

+ 151

+ 260

+ 169

+ 282

Fig. 15.9 – La distribuzione delle basi per ogni sessione.

Il collegamento fra le sessioni di misura


La scelta della sovrapposizione tra le varie sessioni di misura ha permesso di rag-
giungere i seguenti scopi:
– una buona rigidità globale (rapporto k di circa 1.6);
– il controllo al termine di ogni giornata di lavoro delle basi ripetute, grazie
ad una buona rioccupazione dei siti (a parte i vertici 30 e 140 tutti gli altri
vertici sono stati rioccupati tre volte);
– l'aggancio alla rete internazionale per mezzo della misura continua sul
punto 30 e per lunghi periodi sul punto 140;

89
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

– la stima delle precisioni dei tre parametri di rotazione tra le varie sessioni,
grazie alla disposizione del punto 30 fuori linea.
La figura mostra che nelle ultime sessioni sono state misurate delle basi più lunghe
che nelle prime. Queste hanno il compito di irrigidire la rete, poiché il GPS ha pre-
cisione relativa migliore all'aumentare della lunghezza delle basi, previa una durata
più elevata delle misure.

I parametri di ingresso ed i risultati della simulazione


La simulazione è stata condotta attraverso il programma NETGPS descritto al § 4
e, come premesso ha coinvolto solo i vertici della rete di inquadramento.
Il programma prevede, in modalità di simulazione, la lettura delle coordinate
approssimate dei vertici in un sistema cartesiano ortogonale, la lettura di un elenco
di basi da misurare e di ipotesi di precisione sulle componenti cartesiane delle basi.
Allo scopo, le coordinate approssimate dei vertici di rete, dedotte da una cartografia
alla scala 1:5000, e le loro quote ortometriche di progetto, sono state trasformate
per poter passare ad un sistema di riferimento cartesiano locale con asse z diretto
secondo la normale ellissoidica del punto baricentrico 140.
In simulazione non sono ipotizzabili a priori correlazioni fra le basi e neppure fra le
componenti di una stessa base. I valori σ ∆x, σ ∆y , σ ∆z introdotti sono stati:
σ ∆x = σ ∆y = ± ( 4 + 2 ⋅ 10 –6 D )mm 15.61

σ ∆z = ± ( 7 + 3 ⋅ 10 –6 D )mm 15.62

dove D è la distanza inclinata (slope) di una base di componenti (∆ x , ∆ y, ∆ z).


In un riferimento locale è ragionevole pesare le componenti delle basi in maniera
diversificata per la parte altimetrica in quanto per motivi geometrici (indice
VDOP) e fisici (effetti di propagazione nell'atmosfera) l'altimetria è spesso più
imprecisa.
L'ipotesi che la precisione a priori delle componenti cartesiane delle basi sia legata
alla lunghezza della base stessa deriva dall'esperienza di misura e dalle indicazioni di
tutte le case costruttrici.
I valori σ ∆x, σ ∆y , σ ∆z adottati per la simulazione tengono conto anche del fatto che
per tutti i vertici di rete si è adottato il centramento forzato su pilastrini di c. a.
I risultati della simulazione mostrano una ridondanza relativa (numero di equa-
zioni/numero di incognite) di circa 1.6: fra le incognite figurano i 32 parametri di tra-
sformazione di sistema di riferimento.
I valori degli sqm dei singoli parametri di rotazione (ω , φ , κ ) sono molto simili per
ogni sessione di misura: i valori medi sono w = ± 2 ⋅ 10 –6 , φ = ± 8 ⋅ 10 –6 ,
κ = ± 5 ⋅ 10 –6 .
Gli sqm delle coordinate (l'origine è il vertice 140) hanno valori medi di ±4.4 cm
in planimetria e di ±10.3 cm in altimetria.
Gli sqm delle componenti compensate hanno valori medi molto uniformi di ±2.7
cm in planimetria e di ±5.6 cm in altimetria per le basi lungo il percorso. Tali valori

90
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS

aumentano leggermente inserendo nel conteggio anche i collegamenti al punto 30


che coinvolge basi medie di circa 40 km.
Le ridondanze locali infine sono ben distribuite per ogni sessione, anche se met-
tono in evidenza la minore rigidità della rete dal punto di vista altimetrico. Ciò era
attendibile ed è dovuto in parte alle ipotesi di peso ed in parte alla conformazione
della rete.

La rete di infittimento
I vertici della rete di infittimento sono stati collegati a quelli della rete principale
più vicini in modo tale che le lunghezze delle basi non fossero superiori a 10 km.
Tale scelta ha ristretto ulteriormente l'ubicazione dei vertici di inquadramento.
I tempi di ricezione, previsti con l'uso di ricevitori a singola frequenza sono stati di
un'ora e mezza per basi minori di 5 km e di due ore per basi minori di 10 km,
l'intervallo di acquisizione previsto di 15 secondi.
Il rilievo GPS ha coinvolto complessivamente nove vertici di inquadramento, sedici
vertici di infittimento e quarantotto vertici di orientamento.

91
BIBLIOGRAFIA
inerente il posizionamento GPS

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