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Lezioni di Topografia
Parte IV - Cenni di fotogrammetria
Il Sistema GPS
A. Manzino
getto
Dipartimento di Georisorse e Territorio
Politecnico di Torino, dicembre 2000
otto editore
DISPENSE DI TOPOGRAFIA
A. MANZINO
PARTE IV
CENNI DI FOTOGRAMMETRIA – Il sistema GPS
i
13.15 IL CALCOLO DELL'ORIENTAMENTO RELATIVO . . . . . . . . . . . . . 30
Le equazioni dell'orientamento relativo asimmetrico 30
Le equazioni dell'OR simmetrico 32
13.16 LA LINEARIZZAZIONE DELLE EQUAZIONI DI OR SIMMETRICO . . . 34
13.17 EQUAZIONI DI COLLINEARITÀ NEL SISTEMA ESTERNO XYZ . . . 34
13.18 L'ORIENTAMENTO ASSOLUTO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
ii
Combinazioni «iono free» L3 75
Wide lane 76
Narrow lane L1,1 77
15.8 TECNICHE TRADIZIONALI DEL TRATTAMENTO DEI DATI GPS . . .78
15.9 IL PROGETTO DI UN RILIEVO STATICO GPS . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
Scelta del numero e della distribuzione dei vertici della rete 79
L'ubicazione delle stazioni del rilievo 79
Finestra di osservazione, durata delle sessioni di misura e intervallo di
campionamento 80
Numero di ricevitori disponibili e tipo 80
Il collegamento tra varie sessioni di misura 81
Trattamento delle misure GPS 81
I parametri logistici 82
La progettazione con programmi commerciali 82
Qualche cosa di più 86
La progettazione con programmi scientifici 87
Un esempio di progetto di una rete GPS: la rete eseguita per il tracciamento
della linea Alta Velocità Bologna Firenze 87
Requisiti fondamentali e le scelte adottate 87
Il collegamento fra le sessioni di misura 89
I parametri di ingresso ed i risultati della simulazione 90
La rete di infittimento 91
iii
PARTE IV – CENNI DI FOTOGRAMMETRIA
Il sistema GPS
Nel corso di Topografia è previsto vengano fornite delle nozioni di base di Foto-
grammetria, disciplina insegnata in uno specifico corso del piano di studi. In questa
sede ci limiteremo dunque a dare dei concetti che possono permettere un succes-
sivo approfondimento nel corso previsto.
La Fotogrammetria è quella tecnica che consente la ricostruzione della forma e delle
dimensioni di un oggetto quando di questo si abbiano a disposizione almeno due
«immagini» riprese da due punti distinti nello spazio.
Le immagini possono essere di tipo fotografico o numerico, noi ci concentreremo
sulle prime.
Il tipo di proiezione che ne ha dato origine può essere idealizzato in vari schemi: in
questa sede si fa l'ipotesi che le immagini siano fotografiche e che siano proiezioni
centrali non deformate, perciò metriche dell'oggetto.
Da qui nasce la desinenza «metria» o «metrica» della disciplina e l'uso del termine
fotogrammi (non fotografie) del materiale utilizzato. Il primo scopo è in effetti di
tipo metrico: la ricostruzione della forma e delle dimensioni: ciò si traduce, con lin-
guaggio cartografico, nell'esigenza di utilizzare e rappresentare in scala un
«modello» dell'oggetto da ricostruire.
A seconda che l'oggetto sia il terreno (le riprese in questo caso vengono normal-
mente eseguite da un velivolo) od un monumento, una casa, un pezzo meccanico,
ecc. si è soliti parlare di fotogrammetria aerea o terrestre, quest'ultima è detta più
correttamente fotogrammetria (degli oggetti) dei vicini.
Cerchiamo di comprendere i concetti della fotogrammetria nell'ipotesi teorica ma
1
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
non restrittiva che sfrutta il modello geometrico teorico della proiezione centrale e
vediamo ora il motivo per cui sono necessari due fotogrammi.
Considereremo sempre nel seguito solo i problemi relativi alla fotogrammetria aerea.
S
β α
D' C'
O Centro nodale
Hm
D
Superficie fisica
B
C
A
Una sezione della camera da presa è idealizzata in figura 13.1 da un triangolo di ver-
tice O, centro nodale dell'obbiettivo e di altezza c: distanza focale (o distanza prin-
cipale) della camera da presa.
Il centro della proiezione è il punto nodale O ed il piano di proiezione è il piano di
appoggio dell'emulsione fotografica, piano che può essere inclinato in vario modo
nello spazio.
Due punti A e B sul terreno emettono un raggio luminoso che da origine ai punti
immagine α e β sul fotogramma.
Al termine della presa, ipotizziamo di sviluppare e stampare detto fotogramma, di
riposizionarlo nella stessa posizione spaziale (sul piano di appoggio della camera)
che aveva al momento della presa e di proiettare in qualche modo verso il centro O
i punti immagine α e β .
Questi raggi proiettivi sono rivolti ancora verso le direzioni che sul terreno avevano
i punti A e B ma, se non disponiamo di un'informazione precisa della posizione del
terreno rispetto alla camera, non sappiamo a priori dove riposizionare nello spazio
oggetto i punti A e B, che possono giacere a qualsiasi altezza lungo queste rette.
Si intuisce allora che è necessario conoscere almeno un modello altimetrico del ter-
reno, tuttavia l'altezza del terreno fa parte del problema che ci siamo imposti di
risolvere all'origine, cioè la ricostruzione della forma e delle dimensioni
dell'oggetto. Non sembra a questo punto vicina alcuna soluzione.
Facciamo l'ipotesi che sia lecita l'approssimazione del piano topografico per rappre-
sentare i punti A e B che su questo si proiettano dunque in A'' e B '', se non cono-
scessimo nulla dell'altimetria dell'oggetto, i due raggi proiettivi andrebbero a cadere
invece in A ' e B ', generando così un'immagine variamente deformata che anch'essa
è una proiezione centrale e non una proiezione topografica dell'oggetto.
2
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
π1 A' 1
π2 A" 2
C1 Base
b C2
r'
r"
L
A M
Fig. 13.2
3
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
il terreno: è così idealmente possibile ricostruire il luogo dei punti intersezione dei
raggi omologhi che chiamiamo modello.
Con le ipotesi precedenti, è possibile ricavare le coordinate dell'intersezione delle
rette r 1 e r 2 cioè le 3 coordinate del punto A nello spazio con semplici relazioni di
geometria analitica.
Sino ad alcuni anni or sono queste operazioni si eseguivano con strumenti analogici
meccanici, che permettevano di stabilire la posizione di qualunque punto A in uno
spazio oggetto ridotto in scala opportuna rispetto al terreno.
Abbiamo finora utilizzato esplicitamente o implicitamente alcune ipotesi: chia-
riamo meglio quali sono le condizioni che ci permettono di ricostruire la forma e le
dimensioni dell'oggetto:
1. Potere ricostruire la metrica della proiezione centrale: tale operazione è
detta orientamento interno (O.I.)
2. Potere ricostruire per intersezione dei raggi omologhi (il modello del ter-
reno) in qualsiasi sistema di riferimento ed a scala voluta. Queste opera-
zioni vengono definite orientamento esterno (O.E.).
Tali operazioni sono spesso eseguite in due passi: attraverso un'operazione
definita di orientamento relativo (O.R.) ed una seconda definita orienta-
mento assoluto (O.A.).
Lo strumento che soddisfa e risolve i punti 1. e 2. è chiamato restitutore.
In ordine cronologico i primi strumenti restitutori furono costruiti dal triestino
Edoardo Von Orel verso la fine del 1800 seguito dall'austriaco Scheimpflug nel
1898. Via via nel tempo migliorò la precisione ottica e meccanica, ma il principio
di funzionamento si manteneva analogico sino all'avvento dei calcolatori elettro-
nici. Gli ultimi pionieri degli strumenti analogici furono gli italiani Umberto Nistri
ed Ermenegildo Santoni.
Dalla fine degli anni 60, con l'avvento del calcolatore elettronico compaiono i
primi stereocomparatori elettronici e poi i primi restitutori analitici: i nomi più
prestigiosi nella ricerca sono il finlandese Helava e l'italiano Giuseppe Inghilleri.
Nel 1981 il finlandese Tapani Sarjakoski pone i primi concetti di fotogrammetria
digitale detta anche soft phogrammetry, le prime realizzazioni di strumenti digitali
sono di qualche anno più tardi.
Con quest'ultima tecnica le operazioni sono svolte tramite l'utilizzo di immagini
digitali (o rese digitali), attraverso un calcolatore ed un paio di occhiali polarizzati o
con l'uso di uno stereoscopio.
È tuttavia estremamente riduttivo identificare la fotogrammetria digitale come la
tecnica che si prefigge gli scopi fotogrammetrici con il solo uso di un calcolatore e
di immagini digitali, in quanto questa nuova tecnica si preannunzia foriera di
nuove e impensabili applicazioni in svariate discipline della misura.
Nei cenni di fotogrammetria che faremo nel corso parleremo tuttavia solo di foto-
grammetria analitica e degli strumenti restitutori analitici.
Gli strumenti analitici, strutturalmente semplici, compatti e precisi, consistono
nella loro essenza in due carrelli sui quali sono appoggiati i fotogrammi (diaposi-
4
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
5
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
a b c d
c Reperes
P Punto principale
1^ punto nodale
2^ punto nodale
a b
a b c d
c Reperes
P Punto principale
1^ punto nodale
2^ punto nodale
a b
Fig. 13.3
6
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
7
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
log S
BLU (B ) VERDE (V ) ROSSO (R )
8
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
lastre di vetro, la sensibilità delle pellicole è minore, visto che di solito non vi sono
moti relativi tra l'oggetto e la camera.
Le camere sono a fuoco fisso, ma questo può essere eventualmente variato con l'uso
di anelli calibrati; anche l'obbiettivo può essere intercambiato ma, come detto, è
praticamente esente da distorsioni.
Queste camere possono essere montate su cavalletto o su un teodolite (si chiamano
così foto-teodoliti).
Il rapporto tra la distanza dell'oggetto e la distanza focale della camera è ridotto
(non siamo più sempre nel caso iperfocale), ciò impone di fare in modo che tutte le
parti dell'oggetto siano sufficientemente a fuoco: la profondità di campo si regola in
questo caso attraverso l'apertura del diaframma.
H
i
Rt= 0,2L
R1= 0,6L
a L b
K= SBANDAMENTO
c d
9
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
Rt
1
3
RI
Consideriamo un sistema di assi: fissiamo un asse locale X nella direzione della base
di presa, cioè nella direzione dei centri di presa, l'asse Z sia diretto secondo la verti-
cale nel punto O 1 (o, ad esempio, secondo la normale al piano d'appoggio del foto-
gramma 1 della camera), l'asse Y sia ortogonale ai due precedenti ed i tre assi
formino un sistema destrorso.
Definiamo rotazione ω o ro l l i o la rotazione attorno all'asse X, rotazione ϕ o bec-
cheggio quella attorno all'asse Y ed infine sbandamento κ la rotazione attorno
all'asse Z.
Supponiamo ora di dover eseguire la cartografia di un territorio comunale che ha
un perimetro come quello indicato in figura 13.7 e che il territorio sia pianeggiante.
Per poter eseguire una cartografia in scala 1:2000 è conveniente utilizzare una scala
media dei fotogrammi 1:8000; da questo valore, considerando una distanza princi-
pale c=150 mm si ricava una quota relativa di volo di 1200 m ( = 0.15 m ⋅ 8000 ) .
Decidiamo di coprire il territorio con una serie di fotogrammi ripresi lungo la dire-
zione Est Ovest e viceversa: una tale serie di fotogrammi viene definita strisciata.
Il volo avviene di solito nelle ore a cavallo del mezzogiorno solare per evitare che
ombre molto lunghe danneggino la comprensione dei particolari al suolo. Sce-
gliamo dunque la direzione delle strisciate, ad esempio la direzione E/O, perché il
pilota non sia infastidito dal sole verso sud durante il volo.
Per ricoprire uniformemente tutto il territorio, per poterlo «restituire» occorre che
ogni punto del terreno sia ripreso almeno da due fotogrammi.
Per fare ciò e diminuire al massimo il numero dei fotogrammi necessari, è teorica-
mente sufficiente che il ricoprimento di un fotogramma col successivo della stri-
sciata sia di 0.5 L, costruendo così delle «tessere», dei modelli, di dimensione
(L x 0.5 L) con i quali si ricopre tutta l'area interessata.
In realtà le cose non stanno così: prima di tutto il terreno non è esattamente pia-
neggiante, le prese poi non sono mai esattamente nadirali.
10
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
Se cioè, per l'accidentalità del terreno o l'inclinazione della camera, una striscia di
terreno fosse ripresa solo da un fotogramma, di questa zona non si riuscirebbe mai
a costruirne la cartografia.
Prudenza vuole dunque che, in terreni pianeggianti, il ricoprimento longitudinale
Rl fra i fotogrammi sia circa del 60%, cioè che si abbia un ricoprimento fra i
modelli successivi di una strisciata di almeno il 10%.
Anche fra le successive strisciate vale questa regola di prudenza (vedasi la fig. 13.6
per le strisciate 2 e 3) ed anzi il valore aumenta al 20% nei terreni pianeggianti.
Questo valore maggiore è causato dallo sbandamento dell'aereo e dalla difficoltà del
pilota e del navigatore a trovare correttamente una seconda direzione di volo paral-
lela a quella seguita nella strisciata precedente.
Con questi dati possiamo ora ricavare progettare l'interasse delle strisciate i e la
base di presa b:
i = ( 1 – R t )L 13.2
b = ( 1 – R l )L 13.3
La scala media del fotogramma è espressa dalla 13.1. Nell'esempio proposto in precedenza:
H
n = ---- = 1200 ⁄ 0.15 = 8000
c
variabili a seconda della qualità della presa e delle procedure di orientamento che
precedono la restituzione.
11
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
La tabella 13.1 propone i valori standard della scala media dei fotogrammi (1/n ) e
della quota relativa di volo H in funzione della scala della carta.
Si noti che il rapporto «scala carta/scala fotogramma» varia dai valori 8:1 ai valori
0.8:1 al diminuire della scala della carta; ciò è fondamentalmente dovuto al fatto
che nelle piccole scale è fondamentale poter distinguere ad esempio vari tipi di vie
di comunicazione strade, ferrovie, canali, ecc. Tali oggetti sono riportati sulla carta
in forma simbolica date le loro dimensioni ma hanno una notevole importanza.
All'aumentare della quota inoltre, a causa della foschia, risulta più difficoltosa
l'interpretazione di ogni particolare del terreno.
Tab.13.1
Le condizioni meteorologiche
Le condizioni ideali di presa sono tali per cui normalmente in un anno in Italia non
vi sono più di 30 giornate adatte agli scopi di presa fotogrammetrica. Si devono
verificare infatti le condizioni:
– Assenza di nubi sotto e sopra la quota di volo (per poter osservare ogni
parte a terra o per la presenza di forti ombre).
– Assenza di foschia: per migliorare la qualità dell'immagine e per poter rico-
noscere bene i particolari a terra. Per questi motivi si usano spesso partico-
lari filtri gialli che però riducono l'energia luminosa in entrata, richiedendo
un maggior tempo di esposizione.
– Assenza di vento forte: per evitare forti angoli di deriva che difficilmente
possono essere corretti e che hanno spesso andamento casuale.
– Inclinazione dei raggi solari maggiore di 30°, onde evitare nette e lunghe
ombre che non permettono di riconoscere particolari a terra.
– Le condizioni vegetative infine o di copertura di nevi devono essere tali da
poter osservare correttamente il terreno, recinzioni, bordi di strade, ecc.
12
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
Per poter eseguire questi voli, il velivolo utilizzato deve avere particolari caratte-
ristiche, principalmente la stabilità; per questo motivo si adattano ad esempio i
jet ma questi, per l'elevata velocità di stallo, sono più usati per voli ad alta
quota, dove il trascinamento dell'immagine incide in quantità minore.
Normalmente si utilizzano i bimotori, più stabili dei monomotori (che tra l'altro
devono prevedere una correzione di deriva a causa del momento angolare di rota-
zione dell'elica), che hanno una velocità minima operativa attorno ai 200 km/h.
L'aereo deve essere pluriposto per consentire la salita di pilota, navigatore e
fotografo ed avere un posto ausiliario occupato dalla camera da presa, deve per-
mettere l'alloggiamento di accessori ed almeno di un magazzino di ricambio.
L'aereo deve possedere buona autonomia, superiore a 5 ore di volo, deve con-
sentire quote operative di volo anche di 5000-6000 m: in tal caso un aereo
pressurizzato è più comodo per l'equipaggio che non deve utilizzare le scomode
maschere ad ossigeno.
L'aereo deve essere dotato di tutti i dispositivi telefonici di dialogo tra pilota e
navigatore e può disporre anche di dispositivi ausiliari come ad esempio ricevi-
tori GPS navigazionali o geodetici; nel primo caso questi strumenti permettono
di eseguire il volo secondo quanto progettato in ufficio, nel secondo consen-
tono di determinare le coordinate dei punti di presa da inserire in una proce-
dura di triangolazione aerea per arrivare infine a determinare i parametri di
orientamento esterno di ciascun fotogramma.
13
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
z y
R2
π
R1 P
x
R3
R4
c
Fig. 13.7
La figura 13.7 schematizza la camera da presa. Per costruzione, l'asse del sistema
ottico che passa per O, punto nodale esterno della camera da presa, dovrebbe essere
normale al piano della camera π ed ancora coincidere con l'intersezione con gli assi
x ed y individuati dai repères R 1R 3 ed R 4R 2. Anche se ciò non avvenisse, le coordi-
nate di questi punti devono permettere la conoscenza del sistema (x y ) e la posi-
zione del punto P.
y
v
R2
x
R3
R1
L
v (A)
A R4
u
u (A)
Individuati gli assi x ed y ed un asse z normale a π , con le ipotesi (di taratura) che
abbiamo accennato definire l'orientamento interno equivale a definire il punto:
x(0) = x(P) = 0
y(0) = y(P) = 0 13.6
z(0) = – c
14
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
Nel modello descritto nella 13.7 si considerano due fattori di scala perché il film si
deforma in genere in maniera maggiore e diversa nella direzione del trascinamento
della pellicola.
I parametri da determinare sono dunque 5: λ x ,λ y ,α ,∆x ,∆y oppure 6 se si desidera
tenere conto di una possibile non ortogonalità degli assi u e v o degli assi x ed y.
Le misure a disposizione sono quelle che possono farsi sulle marche R 1 …R 4 . In
totale si hanno perciò 8 misure e 5 (o 6) incognite: il problema si risolve con l'uso
dei minimi quadrati. Le coordinate dei repères sono note con elevata precisione dal
certificato di calibrazione della camera. La distanza principale è poi riportata su
questa e su ogni fotogramma.
Dall'abbinamento di due mono-comparatori si ottiene uno strumento detto stereo-
comparatore, su due carrelli sono appoggiati i fotogrammi 1 e 2 mobili nelle dire-
zioni (u 1 , v 1 ) (u 2 , v 2 ) e consentono di misurare le coordinate (x 1 , y 1 ) di A ' e
(x2 ,y 2 ) del suo omologo A''.
Il meccanismo di collimazione indicato schematicamente in figura è una croce
simile ad un reticolo del teodolite, in realtà l'organo di puntamento è, come accen-
nato, costituito da un puntino di minuscole dimensioni (ad esempio 10 µ m) posto
nell'ottica, in prossimità dei due oculari ed è detto marca.
Con la visione binoculare, se i due fotogrammi non sono stati ripresi con prese for-
temente inclinate fra loro (per riprese aeree non lo sono) si può così osservare tridi-
mensionalmente tutto un intorno del punto A. Si innesca cioè il meccanismo della
visione stereoscopica. Grazie al doppio sistema di collimazione, quando la marca di
sinistra indica un punto A ' e quella di destra il suo omologo A ", l'osservatore ha
l'impressione di vedere fuse entrambe le marche in un unico punto posto nello spa-
zio tridimensionale osservato.
15
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
v2
v1
AII
AI
u2
u1
γ
y
~ 65mm
b=
16
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
17
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
La collimazione stereoscopica
L'immagine stereoscopica che si osserva quando contemporaneamente dai due
occhi arrivano zone omologhe, non è altro che la visione di quello che avevamo
definito modello: luogo dei punti intersezione dei raggi omologhi. Questo modello
non è dunque qualcosa di ideale ma è ben visibile.
Osservare un oggetto stereoscopicamente è poca cosa rispetto agli scopi che ci
siamo prefissi, occorre per lo meno eseguire due altre operazioni: indicare un punto
preciso all'interno del modello e, scelti due punti, misurare fra questi distanza, disli-
vello ecc…
Questa seconda operazione può essere eseguita ancora meglio fissando un sistema
di coordinate (E ,N) cartografiche per la planimetria ed un sistema ortometrico (Q)
per le quote e misurando queste tre coordinate per qualsiasi punto collimato. In
realtà il sistema di riferimento «proprio» alla fotogrammetria è un sistema carte-
siano tridimensionale.
Ai fini metrici «indicare» un punto preciso significa «collimare» e misurare le coor-
dinate del punto. La prima operazione è simile a quella che si esegue con il reticolo
di un teodolite ma in questo caso il punto da collimare è stato impresso su due
immagini distinte. Per risolvere il problema è necessario che in ciascun percorso
ottico che porta alle due immagini sia visibile al posto del tradizionale reticolo, un
puntino o marca.
Questi due puntini, neri o luminosi (vedi fig. 13.8) possono essere inseriti in prossimità
degli oculari o vicino alle immagini, in ogni caso devono essere a fuoco con queste.
Quando la collimazione è eseguita con una certa precisione, quando cioè le due
marche sono in prossimità dei due punti omologhi P ' e P '', il cervello, che già
fonde l'immagine sottostante in un unico modello plastico, tende a fondere anche
l'immagine delle due marche in un'unica marca, che tridimensionalmente è situata
poco sopra o poco sotto il particolare collimato P.
Il punto P si ritiene collimato quando in entrambe le immagini le marche si
sovrappongono con esattezza al particolare. In questo caso avremo la sensazione che
un'unica marca sia appoggiata al particolare collimato.
Collimato il particolare del terreno rimane la misura delle coordinate.
Questa operazione (ed il tracciamento stesso della carta) avveniva un tempo in
maniera diretta sul modello nei restitutori analogici in quanto l'intersezione dei
raggi omologhi era materializzata dall'intersezione di due bacchette di acciaio o
dalla fusione di due immagini complementari.
Negli strumenti analitici non occorre ricostruire meccanicamente il modello per
determinare le coordinate, queste sono determinabili analiticamente in funzione
dei punti collimati o meglio viceversa, in funzione delle coordinate di un punto P,
sono ricavabili le coordinate P ' e P '' dei punti omologhi di P (se esistono) su cia-
scun fotogramma.
18
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
x E E0
y = λ R N – N 13.10
0
z Q Q 0
cioè:
19
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
y' y
x'
+K
x
+K
z
La rotazione K attorno a z produce la trasformazione:
z' z=z'
+Φ
y'
x"
+Φ
x'
20
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
La rotazione Φ attorno a y ' è positiva da x ' verso x '' ma, secondo la convenzione
degli assi stabilita è osservata da y ' come una rotazione oraria cioè:
z"' z"
y"'
+Ω
y'=y"
+Ω
x"=x"'
La rotazione Ω da y ' a y" è vista da x" come rotazione antioraria. Si ha cioè:
E x x
N = R R R y = R y 13.13
Ω Φ K
Q z z
Questa non è l'unica matrice di rotazione che si può ricavare in funzione dei tre
angoli cardanici Ω , Φ ,K ma cambia cambiando le convenzioni sulle rotazioni posi-
tive od invertendo l'ordine delle rotazioni. Ad esempio per R=R K R Φ R Ω si ha:
cos K cosΦ cosK sinΦ sinΩ – sinK cosΩ cosK sinΦ cosΩ + sinK sinΩ
R K ΦΩ = sin K cosΦ sinK sinΦ cosΩ – cosK sinΩ sinK sinΦ cosΩ – cosK sinΩ 13.14b
– sinΦ cosΦ sinΩ cosΦ cosΩ
(per brevità non sono state messe in evidenza le componenti di x , x', x", x'").
21
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
Si può scrivere:
x = R TK R ΦT RΩT ( E,N,Q ) T
cioè:
R Ω–1Φ K = R TK R ΦT RΩT
E –E0 x
N – N = mR –1 y 13.17
0
Q –Q0 z
m
------ = ( 1 + ε ) 13.18
m0
U = Ũ ( I + dU ) 13.19
d Ω ⋅ d Ω = d α ⋅ d β = 0 per α , β = Ω , Φ ,K
La matrice (I+dU) assume la forma:
1 – dK dΦ
I + dU = dK 1 d Ω 13.21
dΦ – d Ω 1
22
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
1 dK – dΦ
( I + dU ) –1
= – dK 1 dΩ = ( I – dU ) T = ( I + dR ) 13.22
dΦ – dΩ 1
Le 13.17 divengono:
E –E0 x
N – N = ( 1 + ε )m Ũ ( I + dU ) y
0 0
Q –Q0 z
Definiamo:
u x
v = m Ũ y
0
w z
E u x E0
N = ( I + ε ) v + dU y + N 13.23b
0
Q w z Q0
le quantità a sinistra sono valori noti mentre a destra compaiono le solo sette inco-
gnite ε ,dΩ ,dΦ ,dK ,E 0 ,N 0 ,Q 0 . In queste incognite le equazioni sono state rese ora
lineari.
Dopo aver ricavato questi quattro parametri si procede per iterazioni successive
aggiornando U ed il fattore di scala m attraverso le 13.18 e 13.19 e ponendo alla
prima iterazione (indichiamo con l'apice ' questa iterazione):
23
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
z
y
Q Negativa (immagine speculare)
_
P' c
x
Diapositiva
c
P' N
r'
P'
Fig. 13.10
1 Da qui in poi faremo l'ipotesi che il sistema ( E , N , Q) sia un sistema cartesiano ortogonale, ciò è
valido ragionevolmente solo all'interno di una coppia di fotogrammi. È possibile tuttavia tener
conto delle opportune correzioni.
24
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
Ep – E1 E' – E E' – E
------------------- = -----------------1- ; E p = E 1 + ( Q p – Q 1 ) -----------------1- 13.25a
Q p – Q1 Q' – Q 1 Q' – Q 1
Np – N1
------------------ N ' – N1 N' – N
Q – Q - = ------------------ - ; N p = N 1 + ( Q p – Q 1 ) ------------------1- 13.25b
Q' – Q 1 Q' – Q 1
p 1
O1 BASE O2
π1 c _ π2
Q P'
P"
N
r'
r"
P
Ep
Qp
Np
E
Fig. 13.11
ovvero:
x (P )
x ( P ' ) = – c ----------- 13.27
z (P )
y (P )
y ( P ' ) = – c ---------- 13.28
z (P )
Le coordinate (x , y, z) di P possono essere ricavate dalla 13.10 (λ =1); in particolare
x(P) sarà la somma dei prodotti della prima riga di R per (E-E 0), (N-N 0), (Q -Q 0);
y(P) sarà la somma dei prodotti della seconda riga di R per gli stessi termini e così
via. Si ottiene, definendo per brevità x(P')=x', y(P')=y'.
25
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
r 11 ( E p – E 1 ) + r 12 ( N p – N 1 ) + r 13 ( Q p – Q 1 )
x' = – c ------------------------------------------------------------------------------------------------
- 13.29
r 31 ( E p – E 1 ) + r 32 ( N p – N 1 ) + r 33 ( Q p – Q 1 )
r 21 ( E p – E 1 ) + r 22 ( N p – N 1 ) + r 23 ( Q p – Q 1 )
y' = – c ------------------------------------------------------------------------------------------------
- 13.30
r 31 ( E p – E 1 ) + r 32 ( N p – N 1 ) + r 33 ( Q p – Q 1 )
In queste equazioni troviamo a sinistra una quantità misurabile: le coordinate (x ' , y')
del punto P' nel sistema interno; a destra troviamo le coordinate del punto di presa,
le coordinate del punto osservato a terra e gli angoli di assetto (Ω 1, Φ 1, K 1) espressi
j
indirettamente dai termini r i .
Note le coordinate di un certo numero di punti a terra e misurate le «coordinate
fotogramma» (x y z ) di questi punti, è possibile ricavare le sei incognite: coordi-
nate del punto di presa ed assetto (Ω , Φ , K) della camera. Questa procedura viene
definita «space resection» o «vertice di piramide».
Consideriamo ora anche il fotogramma di destra: anche per esso è possibile scrivere
equazioni analoghe alle 13.29 e 13.30 cioè:
s 1 ( E p – E 2 ) + s 12 ( N p – N 2 ) + s 13 ( Q p – Q 2 )
x'' = – c ----------------------------------------------------------------------------------------------- 13.31
s 3 ( E p – E 2 ) + s 32 ( N p – N 2 ) + s 33 ( Q p – Q 2 )
s 2 ( E p – E 2 ) + s 22 ( N p – N 2 ) + s 23 ( Q p – Q 2 )
y'' = – c ----------------------------------------------------------------------------------------------- 13.32
s 3 ( E p – E 2 ) + s 32 ( N p – N 2 ) + s 33 ( Q p – Q 2 )
j
dove s i sono i termini della matrice S già definita.
Attraverso le equazioni 13.29…13.32 si può pensare di ricavare le incognite: assetto
angolare e coordinate dei punti di presa per ciascun fotogramma. Vediamo quante
equazioni del tipo 13.29÷13.32 possiamo scrivere per ogni punto collimato e quante
sono le incognite coinvolte.
Per ogni punto osservato su due fotogrammi possiamo scrivere 4 equazioni nelle
misure (x ', y ') e (x ", y "): chiamando p il numero dei punti abbiamo 4p equazioni
di misura.
Per ogni coppia di fotogrammi, cioè per ogni modello, abbiamo sempre 12 inco-
gnite: (E1, N 1, Q 1), (Ω 1, Φ 1, K 1), (E 2, N 2, Q 2), (Ω 2, Φ 2, K 2); inoltre sono pre-
senti le tre coordinate incognite (E ,N,Q)P di ogni punto P collimato.
Può sembrare che si risolva il problema non appena:
12 + 3p ≤ 4p 13.33
26
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
2 Si vedano le 13.15 e si esprimano (E'-E1), (N ' - N 1), (q'- q1) in funzione di (x , y,z) e di R -1.
27
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
Z=z1
Y=y1
O2
BASE "b"
O1
X=x1
c
c π2
π1
28
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
come premesso, l'intersezione dei raggi omologhi avviene per qualunque valore del
modulo di b il quale fissa la scala del modello. Possiamo cioè vincolare il settimo
parametro stabilendo per b un valore convenzionale, ad esempio:
b = b x2 + b y2 + b z2 = 100 mm 13.36
questo valore è abbastanza vicino a quanto distano sulle diapositive i punti di presa
nel caso si usino fotogrammi di dimensione 230 x 230 mm2 e ricoprimenti longi-
tudinali Rl = 60%. Si ha infatti:
b = 230 ( 1 – 0.6 )mm ≅ 100 mm 13.37
Con questo artificio si usa dire che le «coordinate modello» (XYZ) dei punti, od il
modello stesso, è in scala 1:1 con le coordinate fotogramma.
Vediamo quali sono le incognite rimaste che non dipendono dal datum. Essendo
gli angoli di assetto della prima camera uguali a zero si può scrivere:
ϕ 2 = ϕ 2 – ϕ 1 = ∆ϕ
ω 2 = ω 2 – ω 1 = ∆ω
κ 2 = κ 2 – κ 1 = ∆κ
inoltre rimangono incognite le tre coordinate di O2 (13.35) fra le quali sussiste tut-
tavia la relazione di dipendenza 13.36, dunque sono rimaste solo cinque incognite
indipendenti come già ci aspettavamo: la procedura analitica per determinare que-
sti parametri è detta calcolo dell'orientamento relativo asimmetrico.
29
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
Z Y
z1
y1 X
O2
BASE "b"
O1
x1 c
c
π2
π1
30
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
Z O2
Y O1
ζ
η
O2 P2
b (bx,by,bz) P1
O1
ξ
P1 P2 r2
X
r1 Parallase
r2
r1 Q2
Q1
In un sistema ξηζ parallelo agli assi (X Y Z), ricordando la 13.10 si può scrivere:
x ξ
y = D ( ω , ϕ , κ ) η
2 2 2
ζ
c 2 2
dove D è la matrice di rotazione che dipende dagli angoli di assetto del fotogramma 2.
j
Chiamando con δ i i termini di D -1 si ricava:
ξ
x
j
η = [δ i ] y 13.41
ζ
2 –c 2
Sviluppando si ottiene:
bx ( y1 ζ2 + c η2 ) – by ( x1 ζ2 + c ξ2 ) + bz ( x1 η2 – y1 ξ2 ) = 0 13.43
31
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
Z= ζ 1
Y= η1
O2 X= ξ 1
O1 b=bx
P1 P2
r1 r2
Fig. 13.15
ξ1 x1
η = S –1 ( ϕ , κ ) y 13.43a
1 1 1 1
ζ1 –c
ξ2 x2
η = D –1 ( ω , ϕ , κ ) y 13.43b
2 2 2 2 2
ζ2 –c
32
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
Occorre anche qui linearizzare le equazioni rispetto alle cinque incognite di assetto
(ϕ 1, k 1, ω 2, ϕ 2, k 2) e risolvere ai minimi quadrati il sistema.
Per risolvere l'OR servono almeno le misure a cinque coppie di punti omologhi.
Per stabilizzare numericamente la soluzione è bene che questi si trovino in posizioni
opportune all'interno del modello (posizioni di Von Gruber).
Normalmente si procede alla misura di almeno sette coppie di punti, la soluzione
numerica è più stabile, scegliendo opportune zone del modello.
3 4
ϕ2 ϕ1
1 2
κ2 κ1
ω1/2 5
33
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
che deve ulteriormente essere linearizzata nelle incognite (ϕ 1,κ 1,ω 1,ϕ 2,κ 2).
La linearizzazione, primo passo del processo iterativo ai minimi quadrati, fornisce i
termini a i …a i della matrice disegno A.
1 5
∂g
a i1 = -------- = – ( k 1 x 1 + y 1 ) ⁄ ( – ϕ 1 x 1 – c ) 2
∂ϕ 1
∂g
a i2 = ------- = x 1 ⁄ ( ϕ 1 x 1 + c )
∂ k1
∂g – [ – c ( – ϕ 2 x 2 + ω 2 y2 – c ) + ( k2 x 2 + y 2 + ω 2 c )y 2 ]
a i3 = --------- = --------------------------------------------------------------------------------------------------------------
∂ω 2 ( – ϕ 2 x 2 + ω 2 y2 – c ) 2
∂g x2 ( k2 x2 + y2 + ω2 c )
a i4 = -------- = ---------------------------------------------
∂ϕ 2 ( – ϕ 2 x2 + ω 2 y2 – c )
∂g
a i5 = ------- = x2 ⁄ ( k 2 x2 + y 2 + ω 2 c )
∂ k2
34
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
r 11 ( X – X 1 ) + r 12 ( Y – Y 1 ) + r 13 ( Z – Z 1 )
x ' = – c ---------------------------------------------------------------------------------------- 13.48
r 31 ( X – X 1 ) + r 32 ( Y – N 1 ) + r 33 ( Z – Z 1 )
r 21( X – X 1 ) + r 22 ( Y – Y 1 ) + r 23 ( Z – Z 1 )
y ' = – c -------------------------------------------------------------------------------------------
- 13.49
r 31 ( X – X 1 ) + r 32 ( Y – Y 1 ) + r 33 ( Z PY – Z 1 )
s 11 ( X – X 1 ) + s 12 ( Y – Y 1 ) + s 13 ( Z – Z 1 )
x '' = – c --------------------------------------------------------------------------------------
- 13.50
s 31 ( X – X 1 ) + s 32 ( Y – N 1 ) + s 33 ( Z – Z 1 )
s 21 ( X – X 1 ) + s 22 ( Y – Y 1 ) + s 23 ( Z – Z 1 )
y '' = – c ----------------------------------------------------------------------------------------
- 13.51
s 31 ( X – X 1 ) + s 32 ( Y – Y 1 ) + s 33 ( Z P – Z 1 )
O1 O2
( X1Y1 Z1 ) ( X2 Y 2 Z 2 )
r1 r2
P ( X p Yp Zp )
Fig. 13.17
35
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
YP – Y1 η σ 21x 1 + σ 22 y 1 – σ 23 c
----------------- - = (def )T y1
= ----1- = ------------------------------------------- 13.53b
ZP – Z1 ζ1 σ 31x 1 + σ 32 y 1 – σ 33 c
j
I valori σ i sono i termini della matrice S -1.
Dopo l'orientamento relativo questi termini sono tutti noti, ne deriva che i valori
T x1 e T y1 definiti nelle 13.47 e 13.52 sono quantità note. Anche per il fotogramma
di destra si può scrivere:
XP – X2 ξ
----------------- = ----2 = T x2 = noto 13.54a
ZP – Z2 ζ2
YP – Y2 η
----------------- = ----2- = T y2 = noto 13.54b
ZP – Z2 ζ2
X P = T x2 ( Z P – Z 2 ) + X 2 13.55b
Y '' P = T y2 ( Z P – Z 2 ) + Y 2 13.57b
36
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
Questa equazione viene utilizzata in alternativa alle equazioni 13.42 o 13.45 per
eseguire l'orientamento relativo simmetrico od asimmetrico: per ogni coppia di
punti omologhi è necessario scrivere l'equazione:
pi = 0 13.60
X E –E0
Y = λC N –N 13.61
0
Z Q –Q0
∑ Ei ∑ Ni
i=1 i=1
Ẽ 0 = ------------- = E G ; Ñ 0 = -------------- = N G 13.62
n n
La quota approssimata Q˜ 0 può essere ricavata come:
q
∑Q j
j=1
Q̃ 0 = H̃ + -------------- = Q G + H 13.63
q
dove H̃ è la quota relativa di volo ed Ei Ni e Q j sono le coordinate dei punti di
appoggio.
37
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
mentre essendo il modello in scala 1:1 e definendo la scala media del fotogramma
1/m, si può porre:
1 c
λ̃ = ---- = ----- 13.65
m H̃
Lo sbandamento K può assumere valori molto diversi da zero che dipendono
dall'andamento della strisciata rispetto agli assi (E , N ): per trovare un valore
approssimato è possibile seguire due strade: determinarlo graficamente su una car-
tografia a piccola scala, o risolvere la 13.61 solo per la parte planimetrica; questa via
permette anche di trovare i valori di λ̃ e di Ẽ 0 , Ñ 0 . Si può scrivere infatti:
X = λ C cos K – sin K E – Ẽ 0
Y sin K cos K 13.66
N – Ñ 0
Si pone ora:
38
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
E –E0 X
N – N = mC –1 Y 13.67
0
Q –Q0 Z
con m=1/λ . Ricaviamo la formula inversa definendo:
C –1 = C T = B
E
E X 0
N = mB Y + N
0
Q Z Q0
In modo simile a quanto ricavato nelle 13.18, 13.19 e 13.22 linearizziamo partendo
dalla definizione:
m
------ = 1 + ε
m0
B = B̃ ( I + dB )
con:
( I + dB ) –1 = ( I + dB ) T = ( I + dC )
La 13.23a diviene:
E –E0 X X
N – N = m B̃ [ I + e ] Y + dB Y
0 0
Q –Q0 Z Z
Definiamo ancora:
u X
v = m B̃ Y 13.68
0
w Z
E
E 0 u u
N = N + [ I + ε ] v + dB v 13.69
0
Q Q0 w w
Q = Q0 +ε w –dΩ v – dΦ u 13.70c
39
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
Si possono utilizzare le sole prime due equazioni per i punti planimetrici e la sola
terza per i punti altimetrici.
I valori approssimati delle traslazioni valgono:
Ẽ 0 X0
Ñ 0 = m 0 B̃ Y 0 13.71
Z0
Q̃ 0
40
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
load m.dat
load ap.dat
[ir,ic]=size(m)
mo=m(1:ir,1:3)
te=m(1:ir,4:6)
ap(7)=ap(7)/200*pi
ap(6)=ap(6)/200*pi
ap(5)=ap(5)/200*pi
for ite=1:1:2
r=cardano(ap(5),ap(6),ap(7))
iri=0;
ipl=0;
ial=0;
for i=1:1:ir
u=ap(4)*r*mo(i,1:3)'
if te(i,1) ~= -9999
iri=iri+1;
ipl=ipl+1;
a(iri,1)=1;
a(iri,2)=0;
a(iri,3)=0;
a(iri,4)=u(1)/1000;
a(iri,5)=0;
a(iri,6)=u(3)/1000;
a(iri,7)=-u(2)/1000;
b(iri)=te(i,1)-u(1)-ap(1);
pl(1,ipl)=b(iri)
iri=iri+1;
a(iri,1)=0;
a(iri,2)=1;
a(iri,3)=0;
a(iri,4)=u(2)/1000;
a(iri,5)=-u(3)/1000;
a(iri,6)=0;
a(iri,7)=u(1)/1000;
b(iri)=te(i,2)-u(2)-ap(2);
pl(2,ipl)=b(iri)
end;
if te(i,3) ~= -9999
iri=1+iri;
ial=ial+1;
a(iri,1)=0;
a(iri,2)=0;
a(iri,3)=1;
a(iri,4)=u(3)/1000;
a(iri,5)=u(2)/1000;
a(iri,6)=-u(1)/1000;
41
CONCETTI DI FOTOGRAMMETRIA ANALITICA
a(iri,7)=0;
b(iri)=te(i,3)-u(3)-ap(3);
al(ial)=b(iri)
end;
end;
n=inv(a'*a);
l=a'*b';
delta=n*l
ap(1)=ap(1)+delta(1);
ap(2)=ap(2)+delta(2);
ap(3)=ap(3)+delta(3);
ap(4)=ap(4)*(1+delta(4)/1000);
ap(5)=ap(5)+delta(5)/1000;
ap(6)=ap(6)+delta(6)/1000;
ap(7)=ap(7)+delta(7)/1000;
end
pause
clc,
sprintf(' Traslazioni: %6.3f (m) %6.3f (m) %6.3f
(m)',ap(1),ap(2),ap(3))
disp(' Scala '),ap(4)
disp(' Assetto (gon)')
ap(5:7)*200/pi
disp(' sqm planimetrico'),std(pl(1,1:3)),std(pl(2,1:3))
disp(' sqm altimetrico'),std(pl(1,1:3))
std(al)
function y = cardano(o,f,k)
%CARDANO Serve a generare una matrice di rotazione 3x3 cardanica
% in funzione degli angoli omega, fi e cappa
y(1,1)=cos(f)*cos(k);
y(1,2)=-cos(f)*sin(k);
y(1,3)=sin(f);
y(2,1)=cos(o)*sin(k)+sin(o)*sin(f)*cos(k);
y(2,2)=cos(o)*cos(k)-sin(o)*sin(f)*sin(k);
y(2,3)=-sin(o)*cos(f);
y(3,1)=sin(o)*sin(k)-cos(o)*sin(f)*cos(k);
y(3,2)=sin(o)*cos(k)+cos(o)*sin(f)*sin(k);
y(3,3)=cos(o)*cos(f);
end
File m.dat
42
0.303532 0.595068 0.034298 3321.65 1167.56 579.48
0.192638 0.602834 0.034116 3402.84 2061.10 576.80
0.303848 0.403493 0.026903 1776.75 1196.79 493.19
0.204120 0.434574 0.036672 -9999. -9999. 574.62
File ap.dat
-1400 3600 300 8000 0 0 300
14. I RESTITUTORI ANALITICI
V2 y2
V1
y1 x1
ξ1
P2 x2
P1 η1
u2
u1
Osservatore
Fig. 14.1
Nella figura è riportato lo schema di uno stereo comparatore nel quale la parte
ottica è fissa ed i due carrelli si spostano in modo indipendente. È possibile, a
scelta, costruire stereo comparatori con un unico carrello che trasporta entrambi i
fotogrammi lungo due guide (u,v ). Uno dei due fotogrammi, ad esempio quello di
sinistra, si muove su due altre guide (∆ u1, ∆ v1) appoggiate al carrello portalastre.
Anche in questo caso l'ottica è fissa.
È possibile infine collimare due punti omologhi e misurarne le coordinate, attra-
verso la misura dello spostamento di un unico carrello portalastre (u , v) e lo sposta-
mento dell'ottica di collimazione su uno dei due carrelli, ad esempio il carrello
sinistro, sul quale l’ottica si muove di una quantità misurabile (ξ1,η1).
43
I RESTITUTORI ANALITICI
rotazione
Magnete
0
1 giro
14.2 STEREOPLOTTER
Ciò che distingue costruttivamente uno stereocomparatore da un restitutore è la
presenza in questo, di motori (servomotori), che comandano gli spostamenti di
uno o più carrelli, o dell'ottica nel caso di strumenti ad ottica mobile. Questi
motori, governati da un calcolatore, permettono di «controllare» in frazioni di
secondo, il movimento di uno o di entrambi i carrelli.
A seconda del numero di questi motori si parla di strumenti a quattro controlli,
a due controlli o ad un controllo. Per la presenza di questi motori, che il calco-
latore sposta secondo una logica prestabilita, gli strumenti vennero chiamati
anche «stereoplotter».
Gli strumenti a quattro controlli vengono detti «strumenti in cui il dato primario è
il vettore coordinate terreno» od anche strumenti Helava, dal nome di chi ha con-
cepito il primo prototipo ed ottenuto il brevetto nel 1957.
Gli strumenti a meno di due controlli, vengono detti «semplificati» od impropria-
mente «strumenti in cui i dati primari sono le coordinate fotogramma», od anche
strumenti Inghilleri, dal nome dell'Italiano (professore al Politecnico di Torino) che
ne studiò e brevettò il funzionamento.
Di per sé è l'insieme encoder-servomotore che permette di «controllare» o di «attuare»
44
I RESTITUTORI ANALITICI
Eu Mu
Ua
Ev
Mv
Ub
TELAIO
Fig. 14.3
45
I RESTITUTORI ANALITICI
Mu Mv (1e2 )
Eu Ev (1e2 )
G1 G2 G3
( u1 , v1 ) (u 2 , v 2 )
Fig. 14.4
Esaminiamo lo schema di figura 14.5 che rappresenta uno strumento a quattro controlli.
Allo strumento sono collegati due volantini che ruotano i generatori di impulsi: G1
e G2 che trasmettono i segnali al calcolatore. Vi è poi un terzo generatore di impulsi
rotativo a pedaliera G3 ed un pulsante a pedale P anch'essi connessi al calcolatore
(poniamo ad esempio un personal).
u1 v1 u2 v2
2 2
1 3 1 3
4 4
G1 G2 G3
S δ D P UCC
G1 G2
G3 P
Fig. 14.5
46
I RESTITUTORI ANALITICI
47
I RESTITUTORI ANALITICI
48
I RESTITUTORI ANALITICI
sinistra si riportino automaticamente sul primo punto (u11, v11) utilizzato per
l'orientamento relativo, il carrello di destra si sposti sino a collimare il suo omologo
di coordinate (u21,v21) e sul monitor appaiano ora le coordinate modello del primo
punto usato (X 1,Y 1, Z 1) per l'orientamento relativo.
Spostandosi con i volantini G1, G2 e G3 di una certa quantità (ad esempio di 50 m,
50 m, 50 m) si leggeranno sul monitor tre nuove coordinate: (X, Y, Z).
Utilizzando le equazioni di collinearità 13.48 e 13.49, note le coordinate del primo
punto di presa X1=0, Y1=0, Z1=0 ed i termini rij è possibile ricavare immediata-
mente le coordinate (x1,y1) del punto 1 sul fotogramma di sinistra, da queste, attra-
verso l'inversione delle 13.7 si passa alle coordinate carrello (u1, v1). Allo stesso
modo, per mezzo delle equazioni 13.50 e 13.51, note le coordinate (X 2 , Y 2 , Z 2 ) del
secondo punto di presa nel sistema modello ed i termini s i j si possono ricavare
direttamente le coordinate (x2 ,y2 ) e da queste le coordinate (u2 , v2 ).
Dopo tutti questi calcoli, che avvengono in pochi millesimi di secondo, l'UCC è in
grado di spostare in tempo reale il carrello sinistro di quantità (∆u1∆v1) e quello destro
di valori (∆u2∆v2); tali spostamenti portano le marche a collimare un punto fittizio di
coordinate (X Y Z) che sono appunto le coordinate che appaiono sul monitor.
Si è parlato di un punto «fittizio» perché non è detto che a queste coordinate
modello corrisponda un punto reale appartenente alla superficie del modello.
Può essere che il punto sia sopra la superficie o sotto la superficie dell’oggetto, ciò
corrisponde visivamente ad osservare le marche disgiunte; nel caso più favorevole in
cui il punto non sia molto discosto dalla superficie del modello, si osserva un'unica
marca «volare» o «sprofondare» l'oggetto.
Con il solo movimento del volantino G3, che corrisponde ad uno spostamento
nella coordinata Z modello, è tuttavia possibile fondere le due marche in un punto
di coordinate P = (X , Y, Z ’). In alternativa, ed in modo più complesso, è possibile
cercare, con i movimenti dei volantini G1 e G2 , un punto di coordinate (X”, Y ”, Z)
posto sulla superficie del modello.
È ora possibile dunque esplorare entrambi i fotogrammi e tutta la superficie del
modello con soli tre comandi: G1 G2 e G 3; (non ha più senso allora attivare o disatti-
vare l'interruttore δ che consentiva il movimento separato dei due fotogrammi).
49
I RESTITUTORI ANALITICI
50
I RESTITUTORI ANALITICI
v
∆v1
∆v1 ∆u1
Mv1 2 2
1 3 1 3
Ev1 (u, v )
Ev 4 4 (u1, v1 )
∆u1 G1 G2 G3
G1 P UCC
Eu1 Mu1 G2
G3 u
PANT
Eu
Fig. 14.6
51
I RESTITUTORI ANALITICI
52
I RESTITUTORI ANALITICI
O1 b O2
X1 Y1 Z1 X2 Y2 Z2
COORDINATE COORDINATE
P ( X, Y, Z ) Z = cost.
Fig. 14.7
Consideriamo ora la camera di sinistra: sono noti tutti i termini rij della matrice di
rotazione R. A partire dalle coordinate terreno (X , Y, Z ) è ora possibile utilizzare le
equazioni 13.48 e 13.49 e ricavare le coordinate (x',y') nel sistema interno del foto-
gramma di sinistra.
Da queste coordinate, attraverso l'inversione delle 13.7 si passa poi alle coordinate
carrello (u 1 , v 1 ). Infine dalle coordinate (u 1 , v 1 ) si ricavano gli spostamenti
(∆ u 1 , ∆ v 1 ) che i due servomotori devono imporre al carrello di sinistra affinché si
collimi il punto fittizio di coordinate P ≡ ( X ,Y ,Z ) .
L' UCC è in grado di comandare in tempo reale questi spostamenti e di trasmettere
al computer la posizione dei carrelli e del generatore G3 perché questo possa con-
temporaneamente calcolare le coordinate modello (X Y Z ) e le parallassi
(∆ u 1 , ∆ v 1 ) da dare al carrello di sinistra.
Dal punto di vista geometrico l'operazione descritta corrisponde al calcolo delle
coordinate del punto P ' date le coordinate di P e di O1 e gli angoli di assetto della
camera di sinistra.
Ad ogni spostamento del carrello portalastre a Z =costante, il calcolatore deve
comandare in tempo reale due spostamenti al carrello di sinistra.
Viceversa, anche per ogni spostamento del valore Z col volantino G3, il calcolatore
deve imporre due spostamenti (∆ u 1 , ∆ v 1 ) al carrello di sinistra.
Dopo l'orientamento relativo, con il movimento del solo volantino G3, è possibile
portare le marche a coincidere in qualsiasi punto (della superficie) del modello. Ciò
53
I RESTITUTORI ANALITICI
N–N η σ 12 x 1 + σ 22 y 1 – σ 23 c
t N1 = ----------------1- = ----1- = -------------------------------------------
- = noto 14.3
Q – Q1 ζ1 σ 31 x 1 + σ 32 y 1 – σ 33 c
E–E
t E2 = ----------------2- = ........................ = noto 14.4
Q – Q2
N–N
t N2 = ----------------2- = ........................ = noto 14.5
Q – Q2
La 13.58 diviene:
Q ( t N1 + t N2 ) – t N1 Q 1 – t N2 Q 2 + N 1 + N 2
N = ---------------------------------------------------------------------------------------------
- 14.6
2
e la 13.55 diviene:
E = t E1 ( Q – Q 1 ) + E 1 14.7
54
15. IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
55
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
questi passaggi, una visibilità minima di cinque ore. Sono disposti su sei piani orbi-
tali, inclinati ciascuno di 60° di longitudine e questi piani sono tutti inclinati di 55°
di inclinazione rispetto all'equatore.
Fig. 15.1 – Segmento satellitare: un satellite della costellazione NAVSTAR GPS. Si notino i
pannelli solari e le antenne trasmittenti.
56
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
57
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
Come nel caso dei distanziometri ad onde, possiamo misurare con quest’onda, la
distanza stazione satellite; in questo caso le onde portanti inviate sono radioonde ed il
sistema è «ad una via» cioè l’onda è solo ricevuta e non ritorna all’apparato emettitore.
La posizione del punto a terra è ricavabile dalla misura di varie distanze tra la sta-
zione ed i satelliti in vista, distanze teoricamente misurabili tra i centri di fase delle
rispettive antenne.
Per raggiungere lo scopo è necessario conoscere la posizione spazio temporale di
ogni satellite della costellazione, ciò avviene grazie alla conoscenza delle effemeridi.
_d
Rj
__
P
_r
X
Fig. 15.2
58
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
1 1 0 0 0 1 1 1 1 0 1 0 0 0 1 1
codice trasmesso
1 1 0 0 0 1 1 1 1 0 1 0 0 0 1 1
codice ricevuto
1 1 0 0 0 1 1 1 1 0 1 0 0 0 1 1
segnale generato
dal ricevitore
dt
t
1/1000 sec
1
Fig. 15.3
Ciò è idealmente ottenibile ammessa identica la scala dei tempi dei satelliti e dei
ricevitori, cioè ipotizzando l’esistenza di un «filo» ideale che unisca l'orologio del
ricevitore a quello dei satelliti, in tale caso è possibile calcolare correttamente questo
intervallo.
Ammettiamo per ora che tutti i satelliti abbiano un'unica scala dei tempi (hanno
orologi molto precisi), ma dobbiamo ammettere che esiste come quarta incognita
una traslazione tra la scala dei tempi di tutta la costellazione e quella del ricevitore:
Per risolvere il problema serve perciò un altro dato: la misura ad un quarto satellite.
Dalla figura 15.2 si comprende anche che la stessa posizione del punto P sarà più
o meno precisa a seconda della posizione dei satelliti nella volta celeste. Se per
assurdo tutti i satelliti fossero ben visibili allo zenit, certamente la posizione di P
sarebbe ben precisa sulla sola coordinata Z l o c a l e , ma poco precisa nelle altre
coordinate. Ciò è quantificabile attraverso degli indici detti «DOP» di cui si par-
lerà al §15.9.
59
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
60
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
0 0
-1
Segnale modulato
Quando il ricevitore rileva una inversione di fase significa che il codice è passato da
+1 a -1 (o da uno a zero). Questo è il sistema con il quale modernamente oggi si
trasmettono dati sulle frequenze radio e televisive.
Fino ad alcuni anni fa le portanti radio e televisive erano sfruttate per trasmettere la
sola informazione radio e televisiva. Da un certo numero di anni a questa parte,
grazie alla scoperta di questi metodi satellitari di trasmissione dei dati, si è pensato
che, senza spesa, era possibile portare anche una informazione digitale sull’onda
radio, modulandola con un’onda quadra.
Supponiamo di ricevere il complesso segnale, risultato della modulazione, con un
ricevitore digitale che sappia ricevere l’onda modulata e sappia misurare uno sfasa-
mento. Tutte le volte che il ricevitore digitale rileva uno sfasamento, misura una
parte di un numero digitale ed è in grado di ricevere un messaggio, ad esempio il
messaggio televideo.
Se si volesse depurare l’onda dal messaggio occorrerebbe «demodularla»: conoscendo
il messaggio digitale è possibile rimodulare ancora l’onda di partenza con un messag-
gio identico: le fasi ove subivano una inversione (il segno della fase è –1) modulate
ancora con l’onda quadra di partenza (che ha segno –1) ritornano a sfasamento nullo.
Questo sistema si presta a trasmettere più di una informazione (più di un segnale
digitale), a patto di avere a disposizione un ricevitore che riesca a filtrare segnali solo
di una particolare frequenza.
Si possono modulare portanti ad esempio con un’onda quadra di frequenza 100
MHz se nel ricevitore ho un demodulatore tarato sulla frequenza 100 MHz. Se il
61
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
S ( L2 ) = A P P ( t )D ( t ) cos ( 2π f L2 t + ϕ L2 ) 15.2
Osserviamo prima il segnale in L2: ha una ampiezza AP e una frequenza fL2. Que-
sto segnale sinusoidale è modulato solo dal messaggio D e dal codice P.
Nelle 15.1 e 15.2, davanti alla quantità sin(…) e cos(…), vi sono i termini D(t ) e
P(t). Questi valori P e D possono essere solo dei numeri +1 o –1.
Anche i codici sono funzione del tempo t perché hanno una loro frequenza (il cod-
ice P ha frequenza f0 e il codice messaggio D ha frequenza di 50Hz).
Il segnale in L1 è più complicato perché ha una parte sfasata di π/2. La parte sfasata
come L2 è modulata anch’essa dal codice P e dal messaggio D, come L2, la parte
che dipende dal seno è modulata sempre dal messaggio D e dal codice C/A, un
numero +1 o +1 che dipende dal tempo ed ha frequenza f (C/A)= f 0/10.
Una parentesi qui va fatta per capire perché i ricevitori GPS hanno un alto costo.
Uno dei parametri di costo è il numero di osservazioni che possono ricevere. I ricevi-
tori marini, palmari, di dimensioni prossime ad una calcolatrice, ricevono normal-
mente il codice D ed il codice C/A. questi ricevitori permettono il posizionamento
con precisione dell’ordine di grandezza di ±20 m, più che sufficiente per non per-
dersi, il costo è dell’ordine di un milione di lire.
I ricevitori che riescono a de-modulare la quantità sin ( 2 π f L1 + ϕ 1 ) si chiamano
ricevitori a ricezione della fase e costano attorno a 10-20 M£. I ricevitori che rice-
vono entrambe le frequenze costano attorno a 20-25 M£; i ricevitori che ricevono
entrambi i segnali di frequenza e riescono a ricavare il codice P, costano ciascuno
attorno ai 25-30 M£.
62
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
63
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
Il problema è ora capire come si può determinare il tempo di volo ∆ t (delay time)
che è l’intervallo di tempo tra la trasmissione e la ricezione del segnale.
Ciò è possibile grazie al fatto che il ricevitore dispone, in memoria, di una copia
identica del segnale dei codici (C/A o P). Questa informazione binaria, nota al rice-
vitore, permette di iniziare un processo di correlazione tra il segnale ricevuto ed un
identico segnale generato dal ricevitore. La correlazione avviene in modo elettron-
ico (non numerico) ed in tempo reale: il risultato è la misura ∆ t che consente di
massimizzare la correlazione fra i due segnali (a meno dell’effetto Doppler debita-
mente conteggiato).
L’ipotesi per una misura corretta di ∆t è che i due segnali siano riferiti ad un’unica
scala dei tempi, siccome non esiste un collegamento fisico tra l’orologio del satellite e
quello del ricevitore, gli orologi hanno scale dei tempi e precisioni diverse. Ammesso
che l’orologio del satellite sia privo di errore, il tempo di volo può essere misurato a
meno di un certa incognita dT di asincronismo dell’orologio del ricevitore.
Ad ogni misura di codice il valore ∆ t è misurato a meno di un errore dT incognito,
perciò per il posizionamento pseudorange sono necessarie osservazioni contempo-
ranee ad almeno quattro satelliti per determinare le tre coordinate X, Y, Z del punto
ed il valore dT di asincronismo.
64
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
Lo scarto quadratico medio teorico σ 0 (il valore minimo) delle misure di pseudo-
range è di circa 1%, 2% della lunghezza d’onda del segnale. Per il codice C/A σ 0, è
di circa ±(3÷6) m, per il codice P è di circa (30÷60) cm. Questi sqm sono di entità
minore rispetto agli errori e che dovranno essere debitamente considerati.
Va sottolineato che tali valori rappresentano i limiti inferiori per il posizionamento
in tempo reale con misure di codice; con misure di fase e in postprocessing è possi-
bile migliorare notevolmente le precisioni di posizionamento, anche di oggetti in
movimento.
Esplicitando il termine e della 15.3, l’equazione dello pseudorange diviene:
P ik = c ∆t ik = ρ ik + c ( dt k – dTi ) + d ion + d trop 15.4
Essendo la frequenza f :
∂ϕ
f = ------ 15.6
∂t
Si prenda ora una scala dei tempi di riferimento (R ), rispetto alla quale l’orologio
del ricevitore ha un errore dT e quello del satellite un errore dt:
65
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
f f
Φ oss (T ) = ---- ρ ik + ---- ( d trop – d ion ) + f ( dt k – dT i ) 15.8
c c
In realtà la 15.8 esprime uno sfasamento misurato sulla frequenza di lunghezza
k
d’onda λ 1 o λ 2, a meno di un numero intero N i ( T 0 ) di cicli che intercorrono tra
il centro di fase dell’antenna del satellite ed il centro di fase dell’antenna del ricevi-
k
tore. Come nel caso dei distanziometri ad onde, questo numero N i ( T 0 ) , inco-
gnito a priori, viene chiamato ambiguità. L’equazione completa della fase è allora la
seguente:
f f
Φ oss (T ) = ---- ρ ik + ---- ( d trop – d ion ) + f ( dt k – dT i ) +
c c 15.9
k k
+ MP i + CF i + N i ( T0 ) + N i (T 0 –T)
Differentemente che nel caso dei distanziometri, il sistema di misura è in questo
caso dinamico: se pure non si muove il ricevitore, in un secondo il satellite percorre
circa quattromila metri.
La misura della fase sarebbe allora del tutto inutile se non fosse possibile misurare,
all’interno del ricevitore, di quanto si è spostato il satellite dall’istante di accensione
T0 all’epoca di misura T. Il ricevitore ha la possibilità di contare il numero intero
k
N i (T 0 – T ) che rappresenta il numero di volte che la fase, a causa del moto del
satellite, si è azzerata tra gli istanti T0 e T. Per tale motivo, anche se le misure ven-
gono memorizzate ad intervalli regolari di diversi secondi, una perdita di contatto
ricevitore-satellite anche di pochi millisecondi annullerebbe la possibilità di questo
conteggio.
Nell’equazione compaiono anche gli errori sistematici MP e CF. Il primo rappre-
senta l’errore di multipercorso o multipath, il secondo un eventuale errore geome-
trico del centro di fase dell’antenna del ricevitore. Per una gran parte di misure
tradizionali questi errori possono essere trascurati; mediati od eliminati, perciò non
appariranno in seguito.
Moltiplicando l’equazione 15.9 per la lunghezza d’onda λ =c / f, (λ 1 o λ 1) l’equa-
zione assume unità di misura metriche:
L = λΦ = ρ ik + d trop – d ion + c ( dt k – dT i ) +
15.10
k k
+ λ N i ( T 0 ) + λ N i (T 0 – T )
Confrontando l’equazione con la 15.4 notiamo che è invertito il segno del ritardo
ionosferico. Ciò si deve al fatto che la ionosfera si comporta in modo diverso
66
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
d ion ( 1 ) = I ik = K 1I ik 15.11
f 12 77 2
d ion ( 2 ) = I ik -----1- = I ki ------ = K 2 I ki 15.12
f2 60
La 15.10 diviene:
k k
L 1 ,1 = ρ ik + d trop – K 1 ,2 I ki + c ( dt k – dT i ) + λ 1 ,2 N i 1 ,2 + λ N i 1 ,2 (T ) 15.13
Gli indici 1, 2 indicano le due frequenze del segnale. Come nell’equazione dello
pseudorange le incognite geometriche sono ancora le tre coordinate Xi , Yi , Zi , cioè
la posizione tridimensionale del centro di fase dell’antenna, che compaiono nel ter-
mine ρ ik :
ρ ik = ( X k – Xi ) 2 + ( Y k – Yi ) 2 + ( Z k – Zi ) 2 15.14
k
Nell’equazione della fase compare una quarta incognita, l’ambiguità intera N i ; il ter-
k
mine N i (T 0 – T ) , come detto, è invece una quantità nota misurata dal ricevitore.
67
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
68
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
eliminabili. La maniera più seguita attualmente per eliminare la gran parte di tali
errori è la tecnica della differenziazione, che tratteremo con estensione.
Cataloghiamo fra gli errori «di osservazione» tutto ciò che non è né sistematico né
accidentale, cioè:
– Errore di multipercorso (multipath). L’ipotesi di partenza è che il segnale
emesso dal satellite giunga direttamente al centro di fase. Non sempre è
così, per lo meno per una piccola parte del segnale: vi può essere un osta-
colo prossimo all’antenna del ricevitore che devia una parte del segnale che
arriva in tal caso all’antenna in maniera indiretta. Il valore misurato dal
ricevitore dello sfasamento può differire di una quantità massima di π/2
dal valore teorico della formula 15.9. L’errore di multipath dipende dalla
posizione degli ostacoli, dalla loro riflettività ai segnali GPS e anche
dall’altezza apparente del satellite (se il satellite fosse allo zenit l’errore
sarebbe teoricamente nullo).
– Vi sono degli errori dipendenti dall’elettronica del ricevitore. Quando
abbiamo parlato di come si misura lo sfasamento all’interno del ricevitore si
è visto che elettronicamente avviene una correlazione in tempo reale.
Quando qualcosa non funziona nella correlazione o perché il segnale è
«sporco», cioè rumoroso, o per problemi dell’elettronica, la misura differi-
sce da quella ideale.
– Vi sono errori di osservazione dovuti allo spostamento del centro di fase
dell’antenna. Questo centro è infatti un punto teorico, elettronico, non
meccanico, che cambia, in funzione della frequenza (il centro di fase per L1
può non coincidere con il centro di fase per L2: in pratica le antenne sono
costruite in modo tale che i due centri di fase coincidano) e dell’angolo di
elevazione secondo il quale viene ricevuto il segnale. Questi cambiamenti
sono spesso trascurabili per misure mediate nel tempo. Per osservazioni
istantanee (per il posizionamento cinematico di precisione) tale errore
potrebbe essere non trascurabile.
– Un altro famoso errore di osservazione è il cycle slip, cioè la perdita del con-
tatto stazione-satellite, ciò fa si che dall’epoca di misura successiva alla per-
dita del segnale si introduca una nuova incognita, un nuovo numero intero
N ’ da calcolare. In senso stretto il salto di fase, è una perdita di segnale, non
un «errore».
– Vi sono infine le interferenze elettromagnetiche. Causano in caso favorevole
una rumorosità del segnale, per cui anche le misure di fase e di codice hanno
sqm intrinseco maggiore ed, in caso sfavorevole, la perdita del segnale di fase
o di codice. Ciò avviene in vicinanza di un elettrodotto, presso una stazione
radar, o più frequentemente, come si è verificato a Torino, esiste una trasmit-
tente radio o televisiva che emette dei segnali in banda L2 o peggio L1. Al
Politecnico si pensò dapprima che il segnale di disturbo fosse un’armonica di
un segnale radio, tuttavia si verificò che il segnale di disturbo era emesso nella
banda fondamentale L1. In tal caso un tipo di protezione può essere abbassare
l’antenna in un punto fisicamente nascosto dal segnale di disturbo, con tale
espediente si aumenta purtroppo l’influenza del multipath.
69
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
70
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
In termini metrici, utilizzando cioè la 15.10 e non la 15.9, questa differenza vale:
k
λ ∆Φ il = ( ρ ik – ρ lk ) – c (dT i – dT l ) + λ ∆N ilk 15.16
Φ ik
k
∆ ilk 1 – 1 0 0 Φ l
j = = AΦ 15.17
∆ il 0 0 1 – 1 Φ ij
j
Φ l
Ipotizzando che la matrice di varianza covarianza delle fasi grezze sia una
costante per la matrice identità, cioè C ΦΦ = σ 2 I si ottiene, per propagazione
della covarianza:
C ∆∆ = AC ΦΦ A T = 2 σ 2 I
In questo modo si è dimostrato che le differenze singole sono incorrelate, ed il loro
scarto quadratico medio σ ∆2 è 2 volte maggiore dello scarto quadratico medio
delle fasi grezze.
Una differenza prima è costruibile anche con un ricevitore e due satelliti, si indica
in tal caso con il simbolo ∇ (nabla) ed elimina errori diversi. Ad esempio la diffe-
renza prima ai satelliti elimina gli errori comuni del ricevitore, oltre agli errori
atmosferici.
71
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
kj
∇∆ il = ∆ ilk – ∆ ill = [ ( ρ ik – ρ lk ) – ( ρ ij – ρ lj ) ] + (∆N ilk – ∆N ilj ) λ 1,2 15.18
Sono scomparsi ora anche gli errori di orologio dei ricevitori, mentre è rimasta una
differenza seconda di un numero intero, moltiplicata per la lunghezza d’onda del
segnale utilizzato.
Quante equazioni di differenza seconda si possono scrivere con due ricevitori, (i, l )
e quattro satelliti (k, j, s, t)? La risposta è solo tre osservazioni indipendenti; una qua-
lunque quarta differenza doppia può essere solo una combinazione lineare delle
precedenti tre.
Ci domandiamo ora se queste tre differenze doppie sono ancora fra loro incorrelate.
In termini matriciali le tre differenze doppie valgono:
k
kj ∆ il
∇∆ il 1 – 1 0 0 ∆ ilj
js
∇∆ il = 0 1 – 1 0 s = A ∆ 15.19
∆
∇∆ st 0 0 1 – 1 il
il ∆ sil
con C ∆ = 2 σ 2 I .
Applicando la legge di propagazione della covarianza si ha:
1 –1 ⁄ 2 0
C ∇∆∇∆ = 4 σ 2 – 1 ⁄ 2 1 – 1 ⁄ 2 15.20
0 –1 ⁄ 2 1
∆Φ
∆
Ts Tempo T
72
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
nel tempo variano poco e, per come sono state scritte, all’apparire di un salto di fase,
dovuto ad un problema legato ad uno dei due ricevitori o ad uno dei due satelliti, è
possibile ancora risalire alla comprensione di dove è avvenuto il cycle slip.
Di per sé queste differenze doppie, dovrebbero essere «abbastanza lisce», dipen-
dendo dal moto apparente dei satelliti k e j rispetto alla base (i-l ).
In realtà queste quantità varano anche a causa del fatto che differenziando non si
eliminano completamente i biases, ma solo in gran parte. Quando interviene un
salto di fase, all’epoca Ts , la differenza doppia varia di una quantità intera inco-
gnita. Se il contatto con il satellite venisse ripristinato subito dopo, potrebbe essere
possibile «ricucire» questo salto di fase, cioè misurare di quanto è variata nel tempo
la differenza doppia. Se il contatto riprendesse dopo parecchio tempo, i biases
sarebbero tali da non permettere di risalire con affidabilità al valore del salto di
fase.Per comprendere che è avvenuto un salto di fase la tecnica è eseguire una diffe-
renza nel tempo di differenze doppie, cioè costruire una differenza tripla.
Teoricamente tale valore dovrebbe essere circa nullo per rilievi statici e per epoche
molto vicine. Nelle differenze terze non esiste più come incognita l’ambiguità.
La loro matrice di varianza covarianza è simile a quella delle differenze doppie, ma
il rumore è 2 2 volte maggiore di quello delle fasi grezze. Le differenze terze si
usano spesso in due casi: in fase di pre-processamento per individuare a che epoca
avviene un salto di fase e, possibilmente per «ricucirlo». Le differenze terze sono uti-
lizzate anche per ottenere, sempre in pre-trattamento, un posizionamento approssi-
mato di precisione. Con l’uso delle differenze terze gli unici parametri incogniti
sono le coordinate dei vertici della rete (a meno delle coordinate di un vertice di
riferimento).
73
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
f 2
L 2 = ρ ik – ---1 I ik + ( d trop ) ik + c (dt k – dT i ) + λ 2n 2ik 15.24
f2
ρ ik f 1 ( d trop ) ik
Φ 2 = ----- – --------- I + ----------------- + f 1 (dt k – dT i ) + n 2ik 15.26
λ2 f2 λ1 λ2
I codici P1 e P2 valgono:
P 1 = ρ ik + I ik + ( d trop ) ik + c (dt k – dT i ) 15.27
f 12 k
P2 = ρ ik + -----2 I i + ( d trop ) ik + c (dt k – dT i ) 15.28
f2
Quando si combinano due fasi occorre tenere conto che:
Φ αβ = αΦ 1 + βΦ 2 15.29
Dalla 15.29 risulta che se N 1 e N 2 sono le ambiguità intere delle due portanti:
N αβ = α N 1 + β N 2 15.32
74
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
c f f
L αβ = ---------------------- α L 1 ----1 + β L 2 ----2-
α f 1 + β f 2 c c
α f1 β f2
L αβ = L 1 --------------------- - = aL 1 + bL 2
- + L 2 ---------------------
α f1 + β f2 α f1 + β f2
L αβ = aL 1 + bL 2 15.33
α f1 β f2
a = ---------------------
-; b = ---------------------
- 15.34
α f1 + β f2 α f1 + β f2
σ ( L αβ ) = λ αβ α 2 + β 2 ⋅ σ Φ2 15.35
75
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
f 12
a ρ – aI + α ( … ) + b ρ – b ------ I + b(…) = 1ρ + 0 ⋅ I
f 22
a + b = 1
f 12
a + b ------
f 22
= 0
Si ricava:
f 12 f 12
a = -----------------
- = 2.5457; b = – -----------------
- = – 1.5457; 15.40
f 12 – f 22 f 12 – f 22
e, dalle 15.34:
α = f1 ; β = –f2 15.41
ρ f ρ I f f I
Φ 3 = ----- – -----1 ⋅ ----- – ----- + -----2 ⋅ -----1 ----- + … 15.45
λ 1 f 2 λ 2 λ 1 f 1 f 2 λ 1
Si ha:
f
f 3 = f 1 – -----2 ⋅ f 2 = f 0 154 – ----------- = 33.22078 f 0
120 2
f1 154
c
λ 3 = --- = 11.35cm
f3
Wide lane
Prendiamo in considerazione la combinazione:
L W = L 1 ,–1 15.46
76
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
cioè:
α = + 1; β = –1
fW = f1 – f2
c
L W = ------------ = 86.25cm
34 f 0
1 154 120
L W = λ W Φ W = ------------- ( L 1 f 1 – L 2 f 2 ) = --------- L 1 – --------- L 2 15.47
f1 – f2 34 34
Dalle 15.23 e 15.24 si ha:
–f1 f 12
L W = ρ + ------------- - I + c ( dT – dt ) + d trop + λ W n W + ε
- + ----------------------- 15.48
f1 – f 2 f 2 ( f 1 – f 2 )
con:
f1 f2
λ W n W = -------------- n 1λ 1 – -------------- n2 λ 2 15.49
f1 – f 2 f1 – f 2
cioè:
α = β = 1
c
f N = f 1 + f 2 ⇒ λ N = --------------------------------- = 10.70cm 15.51
( 120 + 154 )f 0
1 1 120 154
L N = λ N Φ N = ------------- L 1 f 1 + ------------- L 2 f 2 = --------- L 1 – --------- L 2 15.52
f1 + f2 f1 + f2 274 274
Dalle equazioni 15.23 e 15.24 si ottiene ancora:
f1 f 12
L N = ρ + I ------------- - + c (dT – dt ) + d trop + λ N n N + ε
- + ----------------------- 15.53
f1 + f 2 f 2 ( f 1 + f 2 )
con:
f1 f2
λ N n N = – ------------- n 1 λ 1 + ------------------ n 2 λ 2 15.54
f1 – f2 ( f1 + f2 )
Si noti infine che la quantità:
f1 f2
- ( L 1 – L 2 ) = κ L4
L W – L N = + 2 -------------- 15.55
f 1 – f 22
2
77
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
78
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
Questo è il posizionamento a singola base più preciso, dopo aver fissato le ambi-
guità ed utilizzando la misura iono free.
79
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
accertare la compatibilità della scelta con una serie di requisiti specifici delle sta-
zioni GPS. In particolare si deve avere: la mancanza di ostacoli al di sopra dei 20° di
elevazione per tutto il giro di orizzonte per evitare ostruzioni dei segnali provenienti
da alcuni satelliti; la facile accessibilità del punto per ridurre i tempi di messa in sta-
zione; l'assenza di strutture riflettenti per un raggio di 10-15 m dall'antenna per
evitare problemi di multipercorso (multipath); l'assenza di fonti di disturbo nella
ricezione del segnale (ripetitori, cavi ad alta tensione ecc.) per mantenere un buon
rapporto segnale-rumore. Quest'ultima va comunque verificata con una prova di
ricezione sul campo: si sono sovente verificati, infatti grossi problemi di ricezione in
zone apparentemente ideali.
80
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
posizionamento assoluto dei vertici della rete anche in assenza di collegamenti con
stazioni permanenti.
Per quanto riguarda il tipo di ricevitore è ovviamente da preferirsi quello a doppia
frequenza, ma il suo utilizzo diventa particolarmente consigliabile per basi superiori
a 15-20 km se si vuole contenere l'effetto ionosferico.
81
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
Infine, per realizzare una progettazione rigorosa di una rete GPS è necessario tener
conto delle correlazioni tra le componenti cartesiane delle basi stimate contempora-
neamente. Tali correlazioni derivano dalla configurazione geometrica della rete spa-
ziale globale, costituita dai satelliti e dalle stazioni, continuamente variabile nella
sessione di misura. Anche queste possono essere calcolate a partire un programma
di compensazione raffinata utilizzato però in modalità di simulazione.
I parametri logistici
È indispensabile pianificare le misure della rete in modo da cercare di minimizzare i
tempi richiesti per gli spostamenti dei ricevitori per passare dalle stazioni di una ses-
sione a quelle della successiva.
Tale problema diventa importante quando in una stessa giornata si vogliono rile-
vare più sessioni, soprattutto per diminuire i tempi di attesa richiesti per l'occupa-
zione da parte di tutti i ricevitori delle nuove stazioni.
La soluzione può essere trovata per via analitica (second order design) [Baldi et al.,
1989], ma molto spesso, soprattutto per reti di elevata estensione, va calibrata
tenendo conto del diverso grado di accessibilità dei punti, della viabilità delle strade
di accesso ecc.
82
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
le coordinate approssimate (ad una decina di km) del luogo e, grazie alle effemeridi,
quanti satelliti passeranno nelle ventiquattro ore del giorno stabilito per il rilievo.
Vogliamo determinare quale potrà essere il momento migliore per eseguire il
rilievo, nell’ipotesi che altre considerazioni quali la dimensione della rete, la lun-
ghezza media delle basi ecc., mi permettono di ricavare a priori che dovrebbe essere
sufficiente acquisire dati per circa un’ora con almeno cinque satelliti. Occorre sce-
gliere la finestra temporale migliore per l’acquisizione dal punto di vista della preci-
sione ottenibile del rilievo.
Il posizionamento assoluto, eseguito sia con misure di pseudorange che di fase, deriva
in definitiva dalla conoscenza delle distanze stazione-satellite. Ipotizzando che queste
distanze ρ si possano conoscere con una precisione data a priori, ad esempio:
σ ρ = ± ura ,
(ura sta per User Range Accuracy, parametro noto a priori dalle effemeridi inviate),
ciò permette di progettare a priori il rilievo in funzione della precisione finale delle
coordinate del punto a terra. Si ricordi che, quando si progetta una rete ai minimi
quadrati, occorre stabilire le coordinate approssimate dei punti della rete, le misure
che si faranno e la loro precisione.
Non occorre eseguire materialmente le misure, è possibile ricavare ugualmente la
matrice di varianza covarianza delle coordinate dei punti incogniti, a meno di una
2
costante σ 0 . Anche in questo caso, stabilito che si conoscono a priori le coordinate
approssimate dei satelliti ad una certa ora, e la precisione delle distanze stazione
satelliti, è possibile ricavare la matrice di varianza covarianza dei parametri relativi
al posizionamento del punto P.
Tale matrice è di dimensione quattro in quanto le incognite coinvolte sono le coor-
dinate (X ,Y,X) del punto ed un offset di tempo τ .
Supponiamo di aver ricavato tale matrice in un sistema di riferimento cartesiano
locale che indichiamo con lettere minuscole (x,y,z); l’asse z rappresenta all’incirca
l’altimetria ed il piano xy la planimetria della rete:
σ xx σ xy σ xz σ xτ
σ yy σ yz σ yτ
C xx = 15.57
σ zz σ zτ
simm σ ττ
dove la traccia di una matrice indica la somma degli elementi diagonali della stessa.
Si ha poi:
PDOP = σ xx + σ yy + σ zz ; HDOP = σ xx + σ yy 15.59
83
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
Tanto più piccolo è il valore di questi indici tanto maggiore è la precisione nel posi-
zionamento assoluto. Le case costruttrici consigliano di progettare rilievi con
PDOP<7.
I valori di questi indici dipendono dalla buona disposizione dei satelliti in vista e dal
loro numero. In figura 15.5a è dato l'andamento degli indici DOP per un vertice sito
a Torino in una finestra che va dalle ore 14 alle ore 18 del giorno 17/9/1996.
16 16
12
12
8
8
P DoP
4
4 VD oP
PDoP H DoP
HDoP VD oP 0
16 17 18 19 20
Fig. 15.5 – Indici DOP non tenendo conto e considerando le ostruzioni del segnale.
26
18
27
25
3
29
25
19
2
14
28
22
14
31 29
84
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
La figura 15.6 mostra lo sky plot relativo al vertice precedente. Lo sky plot permette di
valutare l'effetto di ostruzioni, presenti in una stazione e rilevate dal sopralluogo, sugli
indici DOP, quali vegetazione, edifici ecc. In figura 15.5b, è riportata la variazione degli
indici DOP, tenendo conto delle ostruzioni, evidenziate nella figura 15.6.
È bene ricordare che, in caso di ostruzione, occorrerà verificare sugli estremi di una
base la contemporanea presenza di almeno quattro satelliti comuni.
I programmi commerciali non dispongono quindi di un modulo di simulazione
che consenta di sviluppare il progetto di un'intera campagna o almeno di una ses-
sione, ma consentono solo di valutare la migliore finestra di osservazione.
Come premesso, la durata di acquisizione è legata non solo agli indici DOP ma
anche alla lunghezza della base, alla precisione richiesta, al tipo di trattamento, agli
effetti ionosferici ecc. Con l'uso di programmi commerciali la scelta di questi e di
molti altri parametri di progetto segue criteri empirici, peraltro ben consolidati. Ad
esempio, per rilievi statici alcune case costruttrici forniscono dei grafici come,
quello riportato in figura 15.7 , che legano i tempi di osservazione massimi al
numero di satelliti in vista (almeno uno per quadrante) ed alla lunghezza della base.
Tempi (minuti)
3 satelliti
135 (Per h nota a priori)
90 4 satelliti
60 6 satelliti
30
0
0 5 10 15 20
Lunghezza della base (km)
Fig. 15.7 – Grafico dei tempi di osservazione in funzione dei satelliti in vista e della lunghezza delle basi.
Nei rilievi rapido statici la tabella 15.1 fornisce il tempo minimo di osservazione, in
minuti, richiesto in relazione al numero di satelliti e per basi di lunghezza massima
di una decina di km; alcuni ricevitori determinano automaticamente sul posto il
tempo minimo necessario al rilievo rapido statico.
85
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
Sessione 1
Sessione 2
Sessione 3
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IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
Un esempio di progetto di una rete GPS: la rete eseguita per il tracciamento della linea
Alta Velocità Bologna Firenze
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IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
88
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
Le lunghezze del periodo di acquisizione per la rete principale è stata di due ore per
basi minori di 10 km, di tre ore per basi tra i 10 e i 30 km e di 4 ore per basi supe-
riori. L'intervallo di campionamento è stato di 15 secondi.
Per la rete di inquadramento si è scelto di mantenere fisso un ricevitore per tutta la
campagna, non solo per rendere possibile il collegamento con stazioni permanenti,
ma anche per poter controllare le basi comuni fra più sessioni. Il vertice scelto allo
scopo è il vertice 30 di figura 15.9.
SESSIONI
+ 105
1
2
3
4
+ 116
5
6
7
8
+ 130
9
+ 140
+ 30
+ 151
+ 260
+ 169
+ 282
89
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
– la stima delle precisioni dei tre parametri di rotazione tra le varie sessioni,
grazie alla disposizione del punto 30 fuori linea.
La figura mostra che nelle ultime sessioni sono state misurate delle basi più lunghe
che nelle prime. Queste hanno il compito di irrigidire la rete, poiché il GPS ha pre-
cisione relativa migliore all'aumentare della lunghezza delle basi, previa una durata
più elevata delle misure.
σ ∆z = ± ( 7 + 3 ⋅ 10 –6 D )mm 15.62
90
IL SISTEMA DI RILIEVO GPS
La rete di infittimento
I vertici della rete di infittimento sono stati collegati a quelli della rete principale
più vicini in modo tale che le lunghezze delle basi non fossero superiori a 10 km.
Tale scelta ha ristretto ulteriormente l'ubicazione dei vertici di inquadramento.
I tempi di ricezione, previsti con l'uso di ricevitori a singola frequenza sono stati di
un'ora e mezza per basi minori di 5 km e di due ore per basi minori di 10 km,
l'intervallo di acquisizione previsto di 15 secondi.
Il rilievo GPS ha coinvolto complessivamente nove vertici di inquadramento, sedici
vertici di infittimento e quarantotto vertici di orientamento.
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