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SECONDA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI

Dipartimento di Matematica e Fisica

Primi elementi di geometria analitica piana.


Rette e Coniche
BOZZA PROVVISORIA

Vito Napolitano

Appunti per i corsi di Laurea in Ingegneria Civile–Edile–Ambientale e in


Scienze e Tecniche e dell’Edilizia della Seconda Università degli Studi di
Napoli.
2

Anno Accademico
2015–2016
Primi elementi di geometria analitica piana.
Rette e Coniche
BOZZA

Vito Napolitano
Seconda Università degli Studi di Napoli
1

PREFAZIONE

Queste note raccolgono parte delle lezioni del corso di Algebra Lin-
eare e Geometria Analitica dei corsi di Laurea in Ingegneria Civile–Edile-
Ambientale e Scienze e Tecniche dell’edilizia da me svolto presso la Seconda
Università degli Studi di Napoli negli a.a. 2014/2015 e 2015/2016.
Tali note non hanno alcuna pretesa di completezza, infatti già la man-
canza di figure evidenzia questo fatto. Esse sono state scritte con il solo scopo
di offrire un ulteriore supporto agli studenti per lo studio degli argomenti
svolti a lezione corredandoli di esempi e esercizi svolti.

Aversa, 16 Febbraio 2015. Vito Napolitano


2

Non spiego a chi non si sforza di capire, non aiuto chi non si sforza
di esprimersi, non ripeto a chi, dato un angolo, non è in grado di
trarre gli altri tre.

Confucio (7:8–sull’ottusità)
Indice

1 Punti e vettori nel piano cartesiano 7


1.1 Richiami sui vettori geometrici e su alcune loro applicazioni
in geometria classica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.1.1 Vettori geometrici e vettori liberi . . . . . . . . . . . . 7
1.2 Coordinate cartesiane nel piano . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.3 Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
1.4 Prime nozioni di geometria cartesiana in un piano . . . . . . 17
1.4.1 Condizione di allineamento di tre punti . . . . . . . . 18
1.4.2 Punto Medio di un segmento . . . . . . . . . . . . . . 18
1.4.3 Baricentri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
1.4.4 Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
1.5 Cambiamento di riferimento. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
1.6 Trasformazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
1.7 Coordinate polari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
1.8 Scopo della Geometria Analitica . . . . . . . . . . . . . . . . 26

2 Rette in un piano cartesiano 27


2.1 Rappresentazione algebrica di una retta in un piano . . . . . 28
2.1.1 Equazioni parametriche di una retta . . . . . . . . . . 28
2.1.2 Equazione cartesiana di una retta. . . . . . . . . . . . 29
2.1.3 Posizioni particolari di una retta rispetto agli assi . . . 31
2.1.4 Condizione di parallelismo e ortogonalità tra due rette
di R2 . Angoli formati da due rette. . . . . . . . . . . . 32
2.2 Intersezione tra due rette . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
2.3 Altre forme dell’equazione di una retta . . . . . . . . . . . . . 35
2.3.1 Equazione della retta in forma segmentaria (o Equazione
con la doppia intersezione.) . . . . . . . . . . . . . . . 35
2.3.2 Equazione canonica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

3
4 INDICE

2.3.3 Forma vettoriale normale . . . . . . . . . . . . . . . . 36


2.4 Fasci di rette . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
2.5 Distanza punto–retta e distanza retta–retta. Bisettrici. . . . . 39
2.5.1 Bisettrici degli angoli formati da due rette . . . . . . . 41
2.6 Esercizi e complementi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

3 La circonferenza 49
3.1 Definizione e richiami . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49
3.2 Equazione della circonferenza . . . . . . . . . . . . . . . 50
3.2.1 Circonferenze con equazione incompleta ossia con al-
meno uno dei coefficienti a, b, c nullo . . . . . . . . . . 52
3.2.2 Intersezione di una retta con una circonferenza . . . . 53
3.3 Rette tangenti a una circonferenza . . . . . . . . . . . . . . . 54
3.3.1 Equazione della retta tangente ad una circonferenza in
un suo punto (Formula dello sdoppiamento) . . . . . . 54
3.3.2 Polarità rispetto ad una circonferenza . . . . . . . . . 55
3.3.3 Due proprietà della polarità e determinazione delle due
tangenti a una circonferenza per un punto ad essa esterno 57
3.3.4 Altri modi per determinare la o le rette tangenti a una
circonferenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
3.4 Rappresentazioni parametriche di una circonferenza . . . . . 58
3.4.1 Una proprietà della circonferenza e la letteratura classica 60
3.5 Esercizi e complementi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62
3.5.1 Antipolarità rispetto a una circonferenza . . . . . . . . 68
3.5.2 Equazione della circonferenza in coordinate polari. . . 69
3.5.3 Equazione della circonferenza e riferimento canonico . 69

4 Ellisse 71
4.1 Definizione e prime proprietà . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71
4.1.1 Eccentricità e direttrici di una ellisse. Proprietà delle
direttrici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74
4.1.2 L’equazione della retta tangente a un’ellisse in un suo
punto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75
4.1.3 Proprietà focali delle ellissi . . . . . . . . . . . . . . . 77
4.2 Costruzione dell’ellisse per punti. Equazioni parametriche
dell’ellisse. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
4.3 Ulteriori considerazioni sull’ellisse e commenti . . . . . . . . . 80
4.3.1 Brevi considerazioni analitiche sulla forma dell’ellisse . 80
4.3.2 Centro e assi di un’ellisse . . . . . . . . . . . . . . . . 81
INDICE 5

4.3.3 Ellisse come proiezione o sezione . . . . . . . . . . . . 81


4.3.4 Tangenti ad un’ellisse condotte da un punto esterno . 81
4.3.5 Diametri di un’ellisse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82
4.3.6 Equazione di un’ellisse in coordinate polari . . . . . . 82
4.4 Complementi ed esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83

5 Iperbole 85
5.1 Definizione e prime proprietà . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
5.2 Eccentricità e direttrici di un’iperbole. . . . . . . . . . . . . . 89
5.3 Retta tangente all’iperbole in un suo punto . . . . . . . . . . 90
5.4 Proprietà focali dell’iperbole. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92
5.5 Asintoti di un’iperbole. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92

6 Parabola 93
6.1 Definizione e equazione canonica della parabola. . . . . . . . 93
6.2 Eccentricità della parabola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
6.3 Equazione della retta tangene a una parabola. . . . . . . . . . 95
6.4 Proprietà focali della parabola. . . . . . . . . . . . . . . . . . 97
6.5 La scala delle eccenticità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98

7 Coniche 99
7.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
7.2 Classificazione delle curve del secondo ordine . . . . . . . . . 99
7.2.1 Riepilogo sulla classificazione delle coniche . . . . . . . 107
7.2.2 Ancora sulla classificazione delle coniche non degeneri:
esempi e ulteriori considerazioni . . . . . . . . . . . . 107
7.2.3 Una caratterizzazione delle e coniche non degeneri. . . 115
7.2.4 Equazione polare di una conica. . . . . . . . . . . . . . 116
7.2.5 Tangenti a una conica non degenere. . . . . . . . . . . 118
7.2.6 Cenni sulla Polarità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119
7.2.7 Conclusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 120
6 INDICE
Capitolo 1

Punti e vettori nel piano


cartesiano

1.1 Richiami sui vettori geometrici e su alcune loro


applicazioni in geometria classica
1.1.1 Vettori geometrici e vettori liberi
Nella parte di algebra dedicata agli spazi vettoriali abbiamo studiato i vettori
geometrici, provando che l’insieme di tutti i vettori geometrici con lo stesso
punto iniziale formano uno spazio vettoriale in cui la somma di vettori è
definita con la regola del parallelogramma e la moltiplicazione per uno scalare
che definisce un vettore di lunghezza multipla di quello di partenza e con
−−→
stessa direzione. Un vettore geometrico AB dello spazio ordinario1 (o di un
suo piano o di una sua retta) è un segmento orientato dello spazio dal punto
−−→
A (punto iniziale) al punto B (punto finale). La direzione del vettore AB è
indicata tracciando una freccia dal punto A al punto B (da qui il termine
segmento orientato). Ogni segmento [AB] è associato a due vettori diversi:
−−→ −−→ −−→ −−→
AB e BA (vettore opposto di AB). La lunghezza2 del vettore geometrico AB
è la lunghezza del segmento [AB].
−−→
Spostando un vettore AB nello spazio (o in un piano o su una retta) con-
servando sempre la stessa direzione e verso, il vettore cambia solo posizione,
ma non le sue caratteristiche fondamentali: verso, direzione e lunghezza.
−−→
Quindi gli infiniti vettori paralleli a AB con stessa direzione e verso con-
1
Lo spazio ordinario è denotato con E o E3 o semplicemente R3 .
2
Spesso detta anche modulo, intensità o norma.

7
8 CAPITOLO 1. PUNTI E VETTORI NEL PIANO CARTESIANO

−−→
corde rappresentano lo stesso vettore AB. Ciò ci ha permesso di introdurre
le definizioni di vettori congruenti e di vettore libero: un vettore (libero) u
ha infinite rappresentazioni (realizzazioni ) geometriche, ossia può essere ap-
plicato in un qualunque punto O dello spazio e corrisponde allora al vettore
(geometrico) di punto iniziale O che definisce u e la struttura di spazio vet-
toriale munito di prodotto scalare dei vettori geometrici con punto iniziale
O (vettori applicati (o tangenti allo spazio) in O) dello spazio si estende a
quella di tutti i vettori dello spazio. Da qui deriva un’attenzione speciale per
gli spazi vettoriali VO3 (R), V 2 (R) e V 1 (R) che, rispettivamente, definiscono
O O
tutte le direzioni dello spazio ordinario, o tutte le direzioni di un piano dello
spazio ordinario o infine la direzione di una retta dello spazio ordinario.
Nelle considerazioni coi vettori liberi per la somma di vettori è conve-
niente definire la somma tra vettori geometrici consecutivi:
−−→ −−→ −→
(◦) Per ogni terna di punti A, B, C dello spazio ordinario: AB + BC := AC.
Essa fornisce la diagonale del parallelogramma di lati AB e AC e quindi
equivale alla somma prima richiamata ma offre il vantaggio di non ricorrere
allo spazio dei vettori applicati in un punto fissato dello spazio per sommare
vettori liberi. Infatti per sommare due vettori liberi si sposta parallelamente
a sé stesso uno dei due vettori3 in modo che il suo punto iniziale coincida col
punto finale dell’altro ed allora il vettore somma è il vettore che congiunge
il punto iniziale del vettore che non è stato spostato con il punto finale del
vettore spostato. Recuperiamo cosı̀ una delle idee alla base della definizione
di somma di vettori ossia come somma di due spostamenti consecutivi: per
attraversare a piedi una piazza di forma quadrangolare (come ad esempio
Piazza Vittorio Emanuele III ad Aversa) per percorrere meno metri ed essere
cosı̀ più rapidi conviene ovviamente attraversarla diagonalmente.
Un vettore libero si disegna con una freccia orientata diretta secondo una
delle sue realizzazioni geometriche e lunga quanto una delle sue realizzazioni
senza necessariamente specificare punti iniziale e finale.
Di solito un vettore libero si denota con una lettera dell’alfabeto latino in
−−→
grassetto: a, b, c et cetera, e se AB è una sua rappresentazione geometrica
ed occorre far riferimento ad essa lo si denota o con xAB oppure con lo stesso
−−→
simbolo del vettore geometrico AB che lo rappresenta in quella posizione.
−−→
Pertanto capiterà di trovare la somma di vettori indicati con AB e non
3
Ossia si considera la realizzazione geometrica di tale vettore passante per il punto
finale dell’altro vettore. Realizzazione che esiste per il V postulato di Euclide.
1.1. RICHIAMI SUI VETTORI GEOMETRICI E SU ALCUNE LORO APPLICAZIONI IN GEOMETRIA

applicati nello stesso punto come pure di calcolare il loro prodotto scalare,
con ciò intendendo che essi sono solo le realizzazioni più convenienti del
vettori liberi che essi definiscono.
−−→
La notazione AB risente dell’origine fisica della nozione di vettore. In ge-
−−→
ometria si preferisce denotare il vettore AB con B − A. In queste note,
adopereremo indifferentemente l’una o l’altra di tale rappresentazione per il
vettore applicato in A e con punto (estremo) finale B. La motivazione di tale
notazione è dovuta all’azione di un vettore libero. Un vettore libero agisce
−−→
nel seguente modo: se u è associato alla realizzazione geometrica AB allora
il vettore u agisce su A spostandolo nel punto B, in formule A + u = B, da
cui B − A definisce u. Quindi sommando un vettore a un punto si ottiene
un punto.
Osserviamo che la proprietà4 (◦) usando l’osservazione di sopra sul modo
di agire di un vettore libero si può scrivere nel seguente modo:
(A + u) + v = A + (u + v).

NOTA. In queste note ci riferiremo spesso ai vettori liberi usando solo il


termine vettore.
Chiudiamo questa sezione di richiami sui vettori (geometrici e liberi) con
alcuni risultati di geometria piana classici provati col linguaggio vettoriale.

ESEMPIO 1.1.1 Le altezze di un triangolo sono concorrenti.


SOLUZIONE. Si consideri un triangolo di vertici A, B, C, e sia H il punto
di intersezione5 delle altezze condotte da C ad AB e da B ad AC, rispetti-
vamente. L’asserto è provato se dimostriamo che AH ⊥ BC .
Per come abbiamo definito H si ha:
HB ⊥ AC ⇔ (B − H) · (C − A) = 0
e
CH ⊥ AB ⇔ (H − C) · (B − A) = 0.

Poiché C − A = (H − A) + (C − H) e B − A = (H − A) + (B − H), le
due relazioni di ortogonalità di sopra si riscrivono:
4
Osserviamo che tale proprietà, come equivalentemente la somma definita con la regola
del parallelogramma, caratterizza i vettori tra tutte le grandezze dotate di lunghezza e
direzione
5
È ovvio che tale punto esiste.
10 CAPITOLO 1. PUNTI E VETTORI NEL PIANO CARTESIANO

(B − H) · [(H − A) + (C − H)] = 0

(H − C) · [(H − A) + (B − H)] = 0

ne segue

(B − H) · (H − A) = −(B − H) · (C − H))

(H − C) · (H − A) = −(H − C) · (B − H)).

Da cui

(B − H)(H − A) + (H − C) · (H − A) = 0

quindi

(H − C + B − H) · (H − A) = 0.

Ma (H − C) + (B − H) = C − B
e quindi

(H − A) · (C − B) = 0,

che è quanto si voleva. 2

ESEMPIO 1.1.2 Un triangolo ABC con due mediane uguali6 è isoscele.


SOLUZIONE. Siano P e Q, rispettivamente, i punti medi di AC e AB. Per
ipotesi ||P − B|| = ||C − Q||. Dobbiamo provare che |AB| = |AC|. Per come
abbiamo definito P e A abbiamo:

B − A = 2(Q − A) , C − A = 2(P − A)

C − Q = (Q − A) − (C − A) = (Q − A) − 2(P − A)
P − B = (P − A) − (B − A) = (P − A) − 2(Q − A).
6
In lunghezza.
1.2. COORDINATE CARTESIANE NEL PIANO 11

Poiché ||P − B|| = ||C − Q||, si ha

||(Q − A) − 2(P − A)||2 = ||(P − A) − 2(Q − A)||2

ossia
||(Q − A)||2 + 4||(P − A)||2 − 4(Q − A)(P − A) =
||(P − A)||2 + 4||(Q − A)||2 − 4(Q − A)(P − A)
da cui |AB| = |AC|.

ESEMPIO 1.1.3 (Talete) Gli angoli alla circonferenza che sottendono un


diametro sono retti.

ESEMPIO 1.1.4 (Carnot) Siano A, B, C i vertici di un triangolo di lati


|AB| = c, |CB| = a e |AC| = b e sia γ l’angolo del triangolo racchiuso dai
lati AC e BC. Allora

c2 = a2 + b2 − 2ab cos γ.

ESEMPIO 1.1.5 Le diagonali di un parallelogramma si bisecano scam-


bievolmente.
SOLUZIONE. Siano a e b due vettori che rappresentano i lati adiacenti di
un parallelogramma e con punto iniziale il punto comune ai due lati. Le due
diagonali del parallelogramma sono allora a − b e a + b. Il vettore di punto
iniziale quello finale di b e punto finale il punto medio della diagonale a − b

1 1
b + (a − b) = (a + b)
2 2
che è anche la metà di a + b e quindi le due diagonali si bisecano scambievol-
mente.

ESEMPIO 1.1.6 Le diagonali di un rombo (i.e. un parallelogramma coi


lati uguali) sono ortogonali (i.e perpendicolari l’una all’altra).

1.2 Coordinate cartesiane nel piano


Nella sezione dedicata al significato geometrico dello spazio vettoriale nu-
merico Rn , n ≤ 3, (cfr sezione algebra) abbiamo visto che esso ha una
doppia natura, infatti i suoi elementi o rappresentano le coordinate dei punti
12 CAPITOLO 1. PUNTI E VETTORI NEL PIANO CARTESIANO

di un piano7 dello spazio (ordinario) o le coordinate dei punti dello spazio


stesso oppure un vettore numerico. E nel secondo caso i suoi elementi hanno
ancora un doppio significato: vettori applicati in un punto O oppure liberi
(ossia individuati da due punti diversi da O).
Siamo arrivati a tale conclusione, dopo aver provato che i vettori (liberi)
di un piano (o dello spazio) formano uno spazio vettoriale sul campo dei
numeri reali di dimensione 2 (di dimensione 3 nel caso dello spazio), fissando
un riferimento cartesiano monometrico ortogonale nel piano o nello spazio.
D’ora in poi ci riferiremo al caso piano.

DEFINIZIONE 1.2.1 Un sistema di coordinate cartesiano (o riferimento)


di un piano è una coppia (O, (e1 , e2 )) dove O è un punto del piano e (e1 , e2 )
una base dello spazio vettoriale costituito dai vettori del piano ( ossia due
vettori indipendenti del piano). Il punto O si dice origine del sistema di
coordinate. Il vettore X − O che collega O con un punto X del piano è detto
raggio vettore (o vettore posizione) del punto X e si denota di solito
con rX .

I vettori e1 e e2 sono liberi, tuttavia sono spesso rappresentati con le


loro realizzazioni geometriche applicate in O e si considerano anche le rette
che contengono tali realizzazioni geometriche (e orientate di solito concorde-
mente con e1 e e2 ) che sono dette assi (cartesiani) del sistema di coordinate.

DEFINIZIONE 1.2.2 Le coordinate di un punto X in un sistema di co-


ordinate cartesiano sono le coordinate del suo raggio vettore rX nella base
(e1 , e2 ).

DEFINIZIONE 1.2.3 Un sistema di coordinate cartesiano è monomet-


rico ortogonale (o sistema di coordinate rettangolari) se la base
(e1 , e2 ) è ortonormale (e quindi sugli assi è fissata una stessa unità di misura).
−−→
Il raggio vettore rX scritto nella forma OX è un vettore geometrico
la cui posizione nello spazio è fissata. Scritto invece nella forma rX è un
vettore libero e con esso possiamo fare varie operazioni di algebra vettoriale:
somma di vettori liberi, prodotto scalare, prodotto per un numero. Ma la
sua missione speciale è che rX è un vettore puntato verso X e ciò lo può fare
solo se il punto iniziale è l’origine.
7
Se n = 2.
1.2. COORDINATE CARTESIANE NEL PIANO 13

Ritorniamo alla natura multipla8 di R2 , ripetendo quanto fatto in un


modo più geometrico e per visualizzare meglio le coordinate di un punto in
un piano con un sistema di coordinate cartesiane. Fissando un riferimento
cartesiano ortogonale nel piano, ossia per quanto appena detto consideriamo
due rette perpendicolari (estensioni delle realizzazioni geometriche di due
versori del piano) intersecanti in un punto O, queste due rette sono orien-
tate nel verso delle realizzazioni geometriche che estendono, e per comodità
le supporremo una orizzontale (asse x o delle ascisse) e una verticale (asse y
o delle ordinate), e su di esse penseremo fissata una stessa unità di misura9 .
Cosı̀, la coppia ordinata di numeri reali (a, b) individua il punto che è a dis-
tanza a dalla retta verticale e a distanza b dalla retta orizzontale (il segno
di a e b posizionerà il punto a destra oppure a sinistra della retta y e sopra
o sotto la retta x, a seconda di come sono state orientate le due rette. Ovvi-
amente la coppia (0, 0) individua il punto di intersezione di tali due rette).
Viceversa, dato un punto P del piano, la retta per P parallela alla retta y
individua un punto sulla retta x corrispondente al numero reale a e la retta
per P parallela alla retta x interseca la retta y in un punto corrispondente
al numero b, e cosı̀ il punto P individua la coppia ordinata di numeri reali
(a, b).

Pertanto, ogni punto del piano determina un’unica coppia ordinata di


numeri reali e viceversa ogni coppia ordinata di numeri reali determina un
unico punto del piano.

Inoltre, una volta fissato il riferimento cartesiano ortogonale resta definito


lo spazio vettoriale VO 2 (R) i cui elementi i vettori −−→
OP sono i segmenti orien-
tati applicati in O (i.e. i vettori posizione dei punti del piano). Le due rette
fissate all’inizio, orientate e munite di una stessa unità di misura definiscono
due versori i e j tali che le coordinate del punto P coincidono con il vettore
−−→ 2 (R) e cosı̀ le coordinate di un punto
coordinato di OP nella base (i, j) di VO
P del piano sono le componenti del vettore applicato in O e punto finale P .

Cosı̀, ogni punto del piano determina un unico vettore applicato in O(0, 0)
e viceversa ogni vettore applicato in O determina un unico punto del piano,
che coincide col punto finale di tale vettore.

Infine, dati due punti A(x1 , y1 ) e B(x2 , y2 ), essi individuano il vettore

8
Vedremo infatti che le coppie (x, y) in R2 hanno significato non duplice ma triplice.
9
D’ora in poi il riferimento cartesiano sarà anche denotato semplicemente con xOy
14 CAPITOLO 1. PUNTI E VETTORI NEL PIANO CARTESIANO

posizione da A a B, definito10 da

B − A := (x2 − x1 , y2 − y1 ).
Quindi, dal punto di vista vettoriale una coppia (x1 , x2 ) rappresenta o un
vettore posizione di un punto P (x1 , x2 ) o un vettore posizione tra due punti
−−→
diversi da O: ciò traduce il fatto che spostando un vettore OP (= P − O)
nel piano, conservando sempre la stessa direzione e verso, il vettore cambia
solo posizione, ma non le sue caratteristiche fondamentali: verso, direzione
−−→
e lunghezza! Quindi gli infiniti vettori paralleli a OP , con stessa lunghezza e
−−→
verso concorde, rappresentano lo stesso vettore OP . Le componenti (x1 , x2 )
−−→
di tale vettore OP rappresentano le direzioni dei segmenti che danno tutti
tali vettori. Infatti, si consideri il punto A(a1 , a2 ) del piano, lo si sposti fino
al punto (a1 + x1 , a2 ) e da questo fino al punto (a1 + x1 , a2 + x2 ), il vettore
−−→
posizione da (a1 , a2 ) a (a1 + x1 , a2 + x2 ) è parallelo al vettore OP con stesso
verso e lunghezza, e quindi sono lo stesso vettore.
2 (R) con lo spazio vettoriale R2
L’identificazione dello spazio vettoriale VO
(tramite la coordinazione nella base ortonormale (i, j)) permette di passare
dal linguaggio dei vettori a quello dei punti individuati dalla loro coppia
ordinata di coordinate, e di trasportare il calcolo di VO 2 (R) a quello dello
2
spazio vettoriale R e viceversa. Ad esempio la somma di due vettori appli-
−−→ −−→
cati nell’ origine: OP = (x1 , y1 ) e OQ = (x2 , y2 ) coincide con la somma di
−−→ −−→
coppie ordinate: OP + OQ = (x1 + x2 , y1 + y2 ).
−−→
Per il vettore posizione OP useremo indifferentemente una delle due no-
−−→ −−→
tazioni: OP = xi+yj oppure OP = (x, y). La seconda notazione ovviamente
−−→
rappresenta anche uno qualsiasi degli infiniti vettori paralleli a OP e con
−−→
verso e modulo uguale a quello di OP (vettore libero) che può quindi essere
sommato a vettori non applicati in O. Per evidenziare questa doppia natura
−−→
il vettore OP si denota come abbiamo già visto con rP quando lo pensiamo
svincolato dal punto di applicazione per poter usarlo nei calcoli con vettori
non applicati in O. In ogni caso, scriviamo rP = xi + yj, in quanto i e j sono
le direzioni di due rette e solo per convenienza li rappresentiamo applicati in
O.
Ovviamente in ogni punto di R2 possiamo considerare lo spazio dei vet-
tori di R2 in esso applicati, e tutti questi spazi vettoriali11 sono tra loro
isomorfi essendo isomorfi a R2 .
10
È B − A = rB − rA = (x2 − x1 , y2 − y1 ).
11
Tali spazi vettoriali sono anche detti spazi tangenti a R2 .
1.3. ESERCIZI 15

Nelle considerazioni di geometria questa doppia (anzi tripla) natura di


R2 : vettoriale e geometrica, svolge un ruolo fondamentale.
OSSREVAZIONE. In VO 2 (R) dire che due vettori sono linearmente dipen-

denti (indipendenti) equivale a dire che hanno la stessa direzione (direzioni


diverse). E quindi due vettori di un piano sono linearmente dipendenti (in-
dipendenti) se sono paralleli (non paralleli).
NOTA. In queste note ci riferiremo sempre a sistemi monometrici ortogonale
e spesso anziché scrivere dato nel piano un sistema monometrico ortogonale
scriveremo semplicemente: dato nel piano un riferimento cartesiano xOy
oppure dato il piano xOy.

1.3 Esercizi
ESERCIZIO 1.3.1 Determinare un vettore parallelo al vettore u = (1, 3)
e di norma 3.
SOLUZIONE. Un vettore parallelo a u è del tipo ku ossia linearmente dipendente da u.
Da p √ √
3 = ||ku|| = |k| (1, 3)(1, 3) = |k| 1 + 9 = |k| 10
segue
9
k=±
10
9 27
e quindi un vettore parallelo a u è il vettore ( , ).
10 10

ESERCIZIO 1.3.2 Dati i vettori a = 2.0i + 2.0j e b = 2.0i − 4.0j calcolare


la norma e la direzione (ossia l’angolo che forma con l’asse delle x) del
vettore somma.
p √ √
SOLUZIONE. È a+b = 4.0i−2.0j, ||a+b|| = (4.0)2 + (−2.0)2 = 20 = 2 5. L’angolo
che il vettore somma forma con l’asse delle x è dato da:

(a + b) · i 2 5
cos θ = √ =
2 5·1 5
che corrisponde, essendo il vettore nel IV quadrante ad un angolo la cui misura in gradi
sessagesimali è circa 333, 5◦ .

1
ESERCIZIO 1.3.3 Verificare se i vettori a = (12, 3) e b = (−2, − ) sono
2
paralleli.

SOLUZIONE. Si perché a = −6b.


16 CAPITOLO 1. PUNTI E VETTORI NEL PIANO CARTESIANO

ESERCIZIO 1.3.4 In un piano con un sistema di coordinate cartesiane


rettangolari xOy sono dati i vettori
• P − O di modulo (norma) 6 e formante un angolo di 2π
3 con l’asse delle x
(i.e. con la direzione positiva dell’asse x)
• Q − O di modulo 2 e formante un angolo di π/4 con l’asse delle x.
Determinare ||(P − O) + 2(Q − O)|| e ||P − Q||
− −→
SOLUZIONE. Osserviamo che se del vettore OP sono noti la sua norma r e l’angolo θ che
12 −−

esso forma con l’asse delle x allora OP = (r cos θ, r sin θ). Pertanto

2π 2π 1 3
P − O = (6 cos , 6 sin ) = (− , )
3 3 2 2
e √ √
π π
Q − O = (2 cos , 2 sin ) = ( 2, 2)
4 4
p √ √
da cui ||(P − O) + 2(Q − O)|| = 17 + 2 2( 3 − 1).
√ √ √ p √ √
Da P − Q = rP − rQ = ( −1−2 2
2
, 3−22
2
) segue ||P − Q|| = 5 + 2 − 6.

ESERCIZIO 1.3.5 Calcolare il punto finale del vettore di componenti


(3, −1) e punto iniziale A(2, 4).

SOLUZIONE. È B = A + (3, −1) = (5, 3).

ESERCIZIO 1.3.6 Calcolare le coordinate del punto D tale che il quadri-


latero di vertici A(−1, −2), B(4, −1), C(5, 2) e D formano un parallelo-
gramma.

SOLUZIONE. Disegnando i punti nel piano xOy si vede che i quattro punti formano un
parallelogramma se C = D +(B −A). Pertanto D = C −(B −A) = (5, 2)−(5, 1) = (0, −1).

ESERCIZIO 1.3.7 Calcolare il valore di a in modo che i vettori u = 3i+4j


e v = ai − 2j formano un angolo di π/4.

SOLUZIONE. Per la formula dell’angolo tra due vettori si ha:


(3, 4) · (a, −2) 3a − 8
cos(π/4) = √ = √
5 · a2 + 4 5 · a2 + 4

2 3a − 8
= √
2 5 · a2 + 4
da cui
1 9a2 − 48a + 64
=
2 25(a2 + 4)
12 −
−→
Equivalentemente OP = r cos θi + r sin θj
1.4. PRIME NOZIONI DI GEOMETRIA CARTESIANA IN UN PIANO17

25a2 + 100 = 18a2 − 96a + 128


e quindi
7a2 + 96a − 28 = 0.

Tale equazione di secondo grado in a ha = 2500 pertanto
4
−48 ± 50
a= .
7
Pertanto ci sono due valori di a: −14 e 2/7.

ESERCIZIO 1.3.8 Se (u, v) è una base ortonomale di R2 , calcolare:


(i) u · u;
(ii) u · v;
(iii) v · u;
(iv) v · v.

1.4 Prime nozioni di geometria cartesiana in un


piano
Fino a quando l’Algebra e la Geometria hanno proceduto separatamente, il
loro progresso è stato lento e le loro applicazioni limitate. Ma quando
queste due Scienze si sono unite (mediante la geometria analitica), esse
hanno tratto l’una dall’altra una nuova vitalità, e da allora in poi hanno
marciato velocemente verso la perfezione... – J.L. Lagrange (1738–1813)

Si consideri un piano dello spazio ordinario, e fissiamo in esso un rifer-


imento cartesiano ortogonale xOy. Le coordinate di un punto P del pi-
−−→
ano sono quindi la coppia ordinata (x, y) con (x, y) = cB (OP ) nella base
B = (i, j), essendo i il versore posizione da (0, 0) a (1, 0) e j il versore po-
sizione da (0, 0) a (0, 1).
Ricordiamo che una direzione in R2 è un sottospazio vettoriale 1-
dimensionale: [u], con u ∈ R2 \ {(0, 0)}. Le componenti del vettore u che
generano la direzione sono i suoi numeri direttori.
La lunghezza del segmento13 [AB] è per definizione la norma del vettore
−−→
posizione AB: Se A(x1 , y1 ), B(x2 , y2 ), allora
−−→
q
|AB| := ||AB|| := (x2 − x1 )2 + (y2 − y1 )2 .
13
Quindi la distanza tra i punti A e B.
18 CAPITOLO 1. PUNTI E VETTORI NEL PIANO CARTESIANO

Ricordiamo ancora una volta che due vettori di un piano sono linearmente
dipendenti (indipendenti) se sono paralleli (non paralleli).

1.4.1 Condizione di allineamento di tre punti


Se A(x1 , y1 ), B(x2 , y2 ) e C(x3 , y3 ) sono tre punti di R2 , essi danno vita ai
−−→ −→
due vettori posizione AB = (x2 − x1 , y2 − y1 ) e AC = (x3 − x1 , y3 − y1 ), e
quindi
- A, B e C non sono allineati (ossia non appartengono alla stessa retta) se e
−−→ −→
solo se AB e AC sono linearmente indipendenti. Pertanto

!
x2 − x1 y2 − y1
A, B e C non sono allineati se e solo se det 6= 0.
x3 − x1 y3 − y1
(1.1)
- A, B e C sono allineati (ossia appartengono alla stessa retta) se e solo se
−−→ −→
AB e AC sono linearmente dipendenti. Quindi

!
x2 − x1 y2 − y1
A, B e C sono allineati se e solo se det = 0. (1.2)
x3 − x1 y3 − y1

ESEMPIO 1.4.1 Verificare che i tre punti A(1, 3), B(2, 7) e C(3, −3) sono
vertici di un triangolo.
−−→ −→
Poiché i vettori posizione AB = (1, 4) e AC = (2, −6) sono indipendenti
non essendo proporzionali si ha che i tre punti A, B e C non sono allineati e
quindi sono vertici di un triangolo.

1.4.2 Punto Medio di un segmento


Siano A(x1 , y1 ) e B(x2 , y2 ) due punti del piano cartesiano, e sia M (xM , yM ) il
punto medio del segmento che essi individuano, allora i due vettori posizione
−−→ −−→
AM e M B rappresentano lo stesso vettore e quindi la coppia di componenti
−−→ −−→
di AM è uguale a quella di M B, ossia

(xM − x1 , yM − y1 ) = (x2 − xM , y2 − yM )

da cui
1.4. PRIME NOZIONI DI GEOMETRIA CARTESIANA IN UN PIANO19

2xM = x1 + x2 , 2yM = y1 + y2

e quindi
x1 + x2 y1 + y2
M( , ). (1.3)
2 2
ESEMPIO 1.4.2 Determinare il punto medio del segmento di estremi
A(1, −2) e B(5, 6).

1+5 −2 + 6
Si ha: xM = , yM = = (3, 2). Quindi M (3, 2).
2 2

1.4.3 Baricentri
Il baricentro di un triangolo è il punto di incontro delle tre mediane del
triangolo, si prova che esso è il punto G di coordinate
x1 + x2 + x3 y1 + y2 + y3
G=( , ).
3 3
Più in generale definiamo baricentro di un poligono convesso di vertici
Pi (xi , yi ), per i = 1, . . . n, il punto di coordinate
x1 + x2 + · · · xn y1 + y2 + · · · + yn
( , ).
n n

1.4.4 Esercizi
ESERCIZIO 1.4.1 Siano A, B e C come nell’esempio 1.4.1 determinare
il quarto vertice D del parallelogramma di vertici A, B, C, D.
−−→
SOLUZIONE. Il vertice D è il punto del piano tale che il vettore CD rappresenta lo stesso
−→ −→
vettore di AB si ottiene sommando alle coordinate di C(3, −3) il vettore AB = (1, 4) e cosı̀
D ha coordinate (3 + 1, −3 + 4) = (4, 1). Pertanto il quarto vertice del parallelogramma è
D(4, 1).

ESERCIZIO 1.4.2 Determinare una direzione perpendicolare al vettore


posizione di A(1, 3) e B(4, 5).

SOLUZIONE. La direzione richiesta è associata al complemento ortogonale della direzione


−→
[AB] = [(3, 2)]. Ovviamente, [(3, 2)]⊥ = [(2, −3)], che è la direzione cercata.
20 CAPITOLO 1. PUNTI E VETTORI NEL PIANO CARTESIANO

1.5 Cambiamento di riferimento.


Spesso dopo aver riferito una figura piana ai due assi cartesiani x e y è
utile considerare un secondo sistema di assi cartesiani X e Y legato in modo
particolare alla figura. Nasce cosı̀ l’esigenza di vedere come sono legate le
coordinate vecchie (x, y) con quelle nuove (X, Y ) di uno stesso punto.
Si distinguono tre casi:
(i) I due riferimenti hanno la stessa origine ma gli assi x, y e X, Y hanno
direzioni diverse.
(ii) I due sistemi di riferimento hanno origini diverse e gli assi x, y sono
paralllei a x0 , y 0 .
(ii) I nuovi assi sono in posizione generale rispetto ai vecchi.
Il primo caso è più vicino a quanto abbiamo studiato nella parte di Al-
gebra lineare, infatti si tratta di determinare la relazione tra i coordinati di
uno stesso vettore in due diversi base dello spazio vettoriale VO 2 (R).

Formule di cambiamento di base in uno spazio vettoriale finitamente genera-


bile. Se B e B 0 sono due basi ordinate di uno spazio vettoriale V , detta A la matrice le cui
colonne sono i coordinati dei vettori di B 0 in B, se u è un vettore dello spazio vettoriale
dato, siano x = cB (u) e x0 = cB 0 (u) si ha:

x = Ax0 e x0 = A−1 x. (1.4)

Caso (i). (Rotazione degli assi) Sia O = O0 = (0, 0), (i, j) sia il riferimento
(ortonormale) di vettori del sistema di riferimento xOy e (i0 , j0 ) sia il riferi-
mento (ortonormale) di vettori del sistema di riferimento x0 Oy 0 . In tale caso
ciascuno dei due riferimenti si ottiene per rotazione dall’altro. Sia ϕ l’angolo
(di rotazione) tra x e x0 nel verso della rotazione (che per comodità supponi-
amo nel verso antiorario e supponiamo che i due sistemi di assi cartesiani
siano orientati allo stesso modo) da x a x0 , ossia l’angolo tra i e i0 . Dobbiamo
innanzitutto determinare la matrice inversa della matrice (quadrata d’ordine
2) di cambiamento di base da (i, j) a (i0 , j0 ):

i0 = cos ϕ · i + sin ϕ · j, j0 = − sin ϕ · i + cos ϕ · j


Cosı̀14
! !
cos ϕ − sin ϕ cos ϕ sin ϕ
A= e A−1 =
sin ϕ cos ϕ − sin ϕ cos ϕ
14
La matrice A si dice matrice di rotazione d’angolo ϕ.
1.5. CAMBIAMENTO DI RIFERIMENTO. 21

−−→
Poiché le coordinate (x, y) sono le coordinate del vettore OP nella base
−−→0
(i, j) e le (x0 , y 0 ) sono le coordinate del vettore OP nella base (i0 , j0 ) si ha
! ! !
x0 cos ϕ sin ϕ x
=
y0 − sin ϕ cos ϕ y

ossia (
x0 = cos ϕ · x + sin ϕ · y
(1.5)
y 0 = − sin ϕ · x + cos ϕ · y,
che sono le formule che forniscono le coordinate del punto P nel sistema di
riferimento ottenuto ruotando quello di partenza di un angolo ϕ.
La matrice A−1 (di cambiamento di base dalla (i0 , j0 ) alla (i, j)) è anche
!
−1 cos(−ϕ) − sin(−ϕ)
essa una matrice di rotazione, essendo A = , il
sin(−ϕ) cos(−ϕ)
segno ”meno” vuol dire che la rotazione avviene in verso opposto.
Ovviamente, si hanno le formule inverse:
(
x = cos ϕ · x0 − sin ϕ · y 0
. (1.6)
y = sin ϕ · x0 + cos ϕ · y 0
NOTA. Le (1.6) sono molto utili negli esercizi, infatti dato un sottoinsieme
di punti le cui cooordinate soddisfano un’equazione in x e y (ad esempio una
retta), grazie alle formule (1.6), sostituendo tali formule alla x e y si ottiene
l’equazione dello stesso insieme di punti nel nuovo riferimento, ossia nelle
nuove indeterminate x0 e y 0 .

ESEMPIO 1.5.1 Determinare le coordinate del punto P (2, 6) nel riferi-


mento cartesiano ottenuto ruotando quello di partenza di un angolo di
ampiezza (corrispondente a) π/3.

Si ha: √
x0 = (cos π/3) · 2 + (sin π/3) · 6 = 2 + 3

y 0 = −(sin π/3) · 2 + (cos π/3) · 6 = 3 − 3
√ √
quindi le coordinate di P nel nuovo riferimento sono (2 + 3, 3 − 3).

ESEMPIO 1.5.2 Determinare le coordinate del punto P sapendo che nel


riferimento cartesiano ottenuto ruotando quello di √
partenza
√ di un angolo di
ampiezza (corrispondente a) π/4 ha coordinate ((3 2)/2, 2/2).
22 CAPITOLO 1. PUNTI E VETTORI NEL PIANO CARTESIANO

Stavolta si usano le formule inverse: :


√ √
x = (cos π/4) · (3 2)/2 − (sin π/4) · 2 = 1
√ √
y = +(sin π/4) · (3 2)/2 + (cos π/4) · 2 = 2
quindi le coordinate di P nel vecchio riferimento erano (1, 2).
Caso (ii). (Traslazione degli assi) Anche in questa sezione supporremo gli
assi omonimi equiorientati e i riferimenti entrambi ortogonali. Siano xOy e
x0 O0 y 0 i due riferimenti e supponiamo x parallelo a x0 e y parallelo a y 0 . Sia
P un punto arbitrario del piano cartesiano, e nel riferimento xOy sia O0 (a, b)
−−→ −−→ −−→
e P (x, y). Si ha: O0 P = OP − OO0 = (x − a, y − b), pertanto le coordinate
del punto P nel riferimento x0 O0 y 0 sono la coppia ordinata di numeri reali
(x − a, y − b). Poiché nel nuovo riferimento le coordinate si denotano con x0
e y 0 abbiamo le formule della traslazione di assi
(
x0 = x − a
. (1.7)
y0 = y − b

le quali forniscono quindi le coordinate del punto P nel riferimento traslato


x0 O0 y 0 a partire da quelle nel vecchio riferimento.
Le formule inverse sono date da
(
x = x0 + a
. (1.8)
y = y0 + b

Caso (iii) (Cambiamento generale di assi.) Se il nuovo sistema cartesiano si


ottiene dal vecchio prima traslando quest’ultimo e poi ruotandolo abbiamo
un cambiamento che non conserva né le origini né le direzioni.
Per quanto precede, mediante la traslazione abbiamo per le coordimnate
dei due sistemi el formule:
(
x = x0 + a
(1.9)
y = y0 + b

e ruotando poi gli assi si perviene alle formule:


(
x = cos ϕ · x0 − sin ϕ · y 0 + a
. (1.10)
y = sin ϕ · x0 + cos ϕ · y 0 + b
1.6. TRASFORMAZIONI 23

Osserviamo infine che in molte questioni non occorre specificare le entrate


delle matrici e pertanto l’espressione di un cambiamento del riferimento la
scriviamo cosı̀
(
x0 = a11 x + a12 y + a
. (1.11)
y 0 = a21 x + a22 y + b

1.6 Trasformazioni
Una trasformazione (affine) del piano cartesiano è una funzione F : R2 → R2
della forma:

F (x) = Ax + a, con a ∈ R2

Ad esempio, sia C(xC , yC ) un punto del piano (cartesiano) e P (x, y) un


punto del piano diverso da C, il simmetrico di P rispetto a C è il punto
P 0 tale che C è il punto medio del segmento P P 0 , pertanto dette (x0 , y 0 ) le
coordinate di P 0 si ha

x + x0 = 2xC , y + y 0 = 2yC

da cui

x0 = −x + 2xC , y 0 = −y + 2yC

che in forma matriciale dà vita alla trasformazione del piano (simmetria di
centro C)
! ! ! !
x0 −1 0 x xC
= +2
y0 0 −1 y yC

ossia !! ! !
x x xC
F = −I2 +2
y y yC

con I2 matrice identica di R2,2


!.
x
Sia d’ora in poi x = . Di seguito diamo alcune definizioni.
y
1. Una trasformazione del piano F (x) = Ax + a conserva l’orientamento se
det(A) > 0 e inverte l’orientamento se det(A) < 0
24 CAPITOLO 1. PUNTI E VETTORI NEL PIANO CARTESIANO

2. Una traslazione di passo a del piano è una trasformazione del tipo


! !
x a
Fa (x) = I2 + = x + a.
y b

3. Una trasformazione del piano F (x) = Ax + a è un movimento euclideo se


A è ortogonale.
4. Una trasformazione F : R2 → R2 è un’isometria se conserva le distanze,
ossia se

d(F (x), F (y)) = d(x, y) ossia ||F (x) − F (y)|| = ||x − y||

per ogni x, y ∈ R2 .
Si osservi che per ogni trasformazione del piano si ha: a = F (0).
Se a = 0, la trasformazione(lineare) F (x) = Ax è ortogonale se det(A) =
±1 ed è una rotazione se det(A) = 1.

TEOREMA 1.6.1 Una trasformazione F : R2 → R2 del piano è


un’isometria se e solo se è la composta di una traslazione e di una trasfor-
mazione ortogonale. Ne segue che l’insieme delle isometrie del piano coin-
cide con l’insieme dei movimenti euclidei del piano.

Poiché esula dai limiti di queste note, non riportiamo la classificazione


dettagliata delle isometrie del piano che risale agli studi del matematico
svizzero Eulero.

1.7 Coordinate polari


Nei problemi del piano che coinvolgono rotazioni talvolta è più conveniente
usare al posto delle coordinate cartesiane rettangolari un sistema basato
sulla direzione e la distanza di un punto dall’origine: le coordinate polari.
Sia π un piano, si consideri un punto O, detto polo ed una retta ori-
entata x, detta asse polare. Dato un punto P restano definita la distanza
OP = ρ, detta15 raggio vettore di P e, a meno di multipli di 2π, l’angolo
15
Purtroppo questo scalare ha lo stesso nome che spesso si dà al vettore posizione P − O
e quindi occorre prestare attenzione per non confondere le due nozioni. Altrimenti si può
usare il termine raggio polare del punto P .
1.7. COORDINATE POLARI 25

ϕ, detto anomalia o ascissa angolare, compreso tra la semiretta positiva x


e la semiretta OP . Viceversa, quando sono noti ρ e ϕ rimane individuato il
punto P come intersezione della circonferenza di centro O e raggio ρ con una
semiretta per O che forma con x l’angolo ϕ. La coppia ordinata di numeri
(ρ, ϕ) costituisce le coordinate polari di P .
Per avere tutti i punti del piano basta far variare ϕ da 0 a 2π e ρ da 0 a
+∞ oppure, come spesso si fa, ϕ da −π a +π e ρ da −∞ +∞, convenendo16
allora che i raggi vettori negativi siano sulla semiretta opposta a quella pos-
itiva di anomalia ϕ.
Se nel piano è fissato un sistema di coordinate cartesiane, allora facendo
coincidere l’asse x con l’asse polare, il punto origine O col polo e l’asse y
perpendicolare all’asse polare si ha subito che

x = ρ cos ϕ, y = ρ sin ϕ (1.12)


da cui si ricavano le formule inverse
p
x2 + y 2


 ρ=
. (1.13)
 cos ϕ = √ x y y

2 2
, sin ϕ = √ , tan ϕ = x
x +y x2 +y 2

Si osservi che dato ρ per ottenere l’angolo di rotazione ϕ abbiamo bisogno


di entrambe le equazioni in seno e coseno: nel senso che ciascuna di esse, come
quella della tangente, fornisce informazioni sull’angolo ma solo entrambe
individuano il quadrante del piano in cui P si trova.
Ricapitolando le coordinate polari (ρ, ϕ) di un punto P sono soggette
all’ ambiguità che se (ρ, ϕ) è una coppia di coordinate polari per P allora
tali sono : (ρ, ϕ + 2kπ) e (−ρ, ϕ + (2k + 1)π) per ogni intero k (positivo o
negativo). Infine ρ = 0 se P coincide con l’origine, in tal caso l’asse polare
è indeterminato: ρ = 0 insieme con ogni valore di ϕ soddisfa (1.12) e dà
l’origine.

ESERCIZIO 1.7.1 Trovare le coordinate polari del punto P (−2 3, 2).

SOLUZIONE. È ρ2 = 12 + 4 = 16. Usando la soluzione positiva ρ = 4 abbiamo
 √ √
−2 3 3
 cos ϕ = 4
=− 2
(1.14)
2 1
sin ϕ = =

4 2

16
Cosı̀ il punto con coordinate polari (ρ, ϕ) ha anche coordinate polari (−ρ, ϕ + π).
26 CAPITOLO 1. PUNTI E VETTORI NEL PIANO CARTESIANO

La prima equazione dice che ϕ a meno di multili di 2π è uno tra 5π/6 o 7π/6, il fatto
che il seno è positivo ci dice che ϕ è proprio il primo valore: ϕ = 5π/6.

Cosı̀ un insieme di coordinate polari di P è (4, + 2kπ), k ∈ Z. E quindi per quanto
6
abbiamo convenuto (ossia a meno di multipli di 2π e raggio polare positivo) le coordinate

polari di P sono (4, ). Se invece non vogliamo attenerci a tali restrizioni, si ha che un
6
altro insieme di coordinate polari di P è
5π 11π
(−4, ) + (2k + 1)π = (−4, + 2kπ), k ∈ Z
6 6
π
che conviene scrivere (−4, − + 2kπ), k ∈ Z.
6

1.8 Scopo della Geometria Analitica


Il problema fondamentale della Geometria Analitica consiste nel rappre-
sentare i luoghi geometrici (curve, superfici, ...) mediante equazioni a più
variabili, e nel dedurre le loro proprietà a partire da quelle delle equazioni
corrispondenti.
La stretta connessione che passa fra curva ed equazione dà luogo ad
una serie di problemi fondamentali, che possono distribuirsi nei due gruppi
seguenti.
I. Definire e studiare le curve partendo dalle equazioni rappresentative; classi-
ficare le curve secondo la natura delle equazioni, dedurre da queste la forma,
le principali proprietà delle curve corrispondenti, assegnare possibilmente
una semplice costruzione della curva.
II. Definita una curva mediante una costruzione geometrica (o meccanica) o
mediante una proprietà di quella, scrivere l’equazione rappresentativa in un
sistema prefisso di coordinate....
Nei prossimi capitoli vedremo questa connessione nel caso della retta e
della prima classe di curve note sin dai tempi più antichi: le sezioni coniche.
Capitolo 2

Rette in un piano cartesiano

Una retta di un piano (e quindi dello spazio) è determinata da due suoi punti
distinti o da un punto e da un vettore ad essa parallela. Quindi se A e B
sono due punti di una retta r i punti X di r sono tali che X − A e B − A
sono linearmente dipendenti. Allo stesso modo se A è un punto di una retta
r e u è un vettore parallelo alla retta allora i punti X di r sono tali che
X − A e u sono linearmente dipendenti. Ed ancora, poiché i vettori di un
piano formano uno spazio vettoriale di dimensione due, l’insieme dei vettori
ortogonali (ossia il complemento ortogonale) a una direzione formano una
direzione e pertanto una retta di un piano è anche determinata assegnando
un punto e una direzione ad essa perpendicolare: se A è un punto della retta
r perpendicolare al vettore n allora i punti X di r sono tali che il vettore
X − A è ortogonale al vettore n, ossia (X − A) · n = 0.

Il linguaggio vettoriale descrive cosı̀ l’insieme dei punti di una retta.


Esprimendo queste condizioni di dipendenza lineare e ortogonalità in termini
di componenti vedremo che l’insieme dei punti del piano che appartengono
a una retta è l’insieme delle soluzioni di un’equazione lineare non identica
in due incognite e a coefficienti reali (equazione cartesiana di una retta)
oppure che entrambe le coordinate dei punti di una retta si esprimono in
funzione di uno stesso parametro reale (equazioni parametriche di una retta)
espressione questa che evidenzia la biiettività tra l’insieme dei punti di una
retta e l’insieme dei numeri reali.

27
28 CAPITOLO 2. RETTE IN UN PIANO CARTESIANO

2.1 Rappresentazione algebrica di una retta in un


piano
2.1.1 Equazioni parametriche di una retta
Sia r la retta passante per i due punti distinti A e B, allora per ogni punto
X di tale retta si ha che X − A e B − A sono linearmente dipendenti, essendo
i tre punti allineati, pertanto tali vettori sono proporzionali ossia esiste uno
scalare t ∈ R tale che X − A = t(B − A). Cosı̀ se A(x1 , y1 ), B(x2 , y2 ) e
X(x, y) si ha:

(x − x1 , y − y1 ) = t(x2 − x1 , y2 − y1 ), t ∈ R
ossia
(
x = x1 + t(x2 − x1 )
,t ∈ R (2.1)
y = y1 + t(y2 − y1 )
che si dicono equazioni parametriche della retta passante per i due punti A
e B.
Il vettore B − A definisce un vettore contenuto nella retta, in particolare
parallelo alla retta, pertanto una retta è data assegnando un suo punto e
la sua direzione, ossia un punto A(x1 , y1 ) ed un vettore u = (u1 , u2 ) ad
essa parallelo, abbiamo cosı̀ che un punto X appartiene alla retta per A e
direzione [u] se e solo se X − A = tu che equivale a X = A + tu da cui
(
x = x1 + tu1
,t ∈ R (2.2)
y = y1 + tu2
che si chiamano equazioni parametriche della retta. Le componenti del
vettore1 u si chiamano numeri direttori della retta, e se la retta è denotata
con r useremo vr oppure → −
r per denotare il vettore che genera la direzione
di r, ossia il vettore le cui componenti sono una coppia di numeri direttori
di r.
NOTA. (Segmento di estremi A e B.) La rappresentazione parametrica di
una retta offre anche il vantaggio di poter descrivere i segmenti di retta,
infatti se nella (2.1) assumiamo t ∈ [0, 1] abbiamo le equazioni del segmento
di estremi A(x1 , y1 ) (corrispondente a t = 0) e B(x2 , y2 ) (corrispondente a
t = 1).
1
E quindi, nel caso precedente, del vettore B − A.
2.1. RAPPRESENTAZIONE ALGEBRICA DI UNA RETTA IN UN PIANO29

2.1.2 Equazione cartesiana di una retta.


La dipendenza lineare dei due vettori B − A e X − A si può tradurre in
termini di proprietà di matrici, infatti due vettori dello spazio vettoriale R2
sono linearmente dipendenti se la matrice che li ammette come righe ha
determinante nullo. Siano A(x1 , y1 ), B(x2 , y2 ) e X(x, y), allora: i vettori
numerici X − A, B − A sono linearmente dipendenti se e solo se
!
x − x1 y − y1
det = 0. (2.3)
x 2 − x 1 y2 − y1

L’equazione (2.3) equivale a una delle seguenti tre equazioni:

(i) y = y1 se y2 = y1 (cioè se i due punti hanno la stessa ordinata).

(ii) x = x1 se x2 = x1 , (ossia se i due punti hanno la stessa ascissa).

(iii)
x − x1 y − y1
= , se x2 6= x1 e y2 6= y1 . (2.4)
x2 − x1 y2 − y1

L’equazione (2.4) si scrive nella forma ax+by +c = 0 ponendo a = y2 −y1


e b = −(x2 − x1 ). Ne segue che, in generale, i punti della retta passante per
A e B soddisfano con le loro coordinate un’equazione lineare non identica
del tipo ax + by + c = 0 (infatti per a = 0, b = 1, c = −y1 ritroviamo il caso
(i), per a = 1, b = 0 e c = −x1 ritroviamo il caso (ii) e per a 6= 0, b 6= 0,
a = y2 − y1 , b = x1 − x2 il caso (iii)).

Si osservi che il vettore B − A è uguale al vettore (−b, a), quindi una


coppia di numeri direttori per la retta di equazione ax + by + c = 0 è (−b, a).

Inoltre il vettore nr = (a, b) essendo perpendicolare a B − A è perpendi-


colare alla direzione della retta e quindi alla retta. Pertanto il vettore (a, b)
dei coefficienti dell’equazione che rappresenta una retta è perpendicolare alla
retta2 .
2
Si perviene a ciò anche partendo dalla terza osservazione fatta nella premessa del
capitolo: se A(x1 , y1 ) è un punto della retta r perpendicolare al vettore n = (n1 , n2 ) allora
X(x, y) ∈ r se e solo se (n · (X − A) = 0 ossia n1 (x − x1 ) + n2 (y − y1 ) = 0, e quindi le
coordinate dei punti di una retta soddisfano un’equazione del tipo ax + by + c = 0 con
a = n1 , b = n2 e c = −n1 x1 − n2 y1 .
30 CAPITOLO 2. RETTE IN UN PIANO CARTESIANO

Queste considerazioni, conducono ai seguenti due teoremi di rappresen-


tazione per le rette del piano cartesiano3 .

TEOREMA 2.1.1 (Rappresentazione parametrica di una retta) Una retta


r di R2 è rappresentata da un’equazione del tipo: X = P + t→

r , con t ∈ R e
P un punto di r, ossia da due equazioni del tipo.
(
x = x1 + tu1
, con t ∈ R, →

r = (u1 , u2 ) e P (x1 , y1 ). (2.5)
y = y1 + tu2

TEOREMA 2.1.2 (Rappresentazione cartesiana di una retta) Ogni retta


del piano si rappresenta con un’equazione della forma

ax + by + c = 0,

con a, b, c ∈ R e nr = (a, b) 6= (0, 0) rappresenta un vettore perpendicolare


alla retta. Questa prende il nome di equazione cartesiana della retta.
Viceversa, ogni equazione del tipo ax + by + c = 0 con (a, b) 6= 0 rappre-
senta una retta del piano.

Poiché equazioni lineari proporzionali sono equivalenti si ha che:


Due equazioni cartesiane rappresentano la stessa retta di R2 se e solo se
sono proporzionali.

Chiudiamo questa sezione osservando che abbiamo anche ottenuto la for-


mula per l’equazione della retta passante per due punti: Nel piano carte-
siano la retta passante per i punti A(x1 , y1 ) e B(x2 , y2 ) è rappresentata
dall’equazione lineare:

!
x − x1 y − y1
det = 0. (2.6)
x 2 − x 1 y2 − y1

(che diviene y = y1 se i due punti hanno la stessa ordinata (i.e. y1 = y2 ) e


x = x1 se i due punti hanno la stessa ascissa (i.e. x1 = x2 )), ossia

3
La dimostrazione completa del teorema 2.1.2 è discussa a lezione.
2.1. RAPPRESENTAZIONE ALGEBRICA DI UNA RETTA IN UN PIANO31

Equazione della retta per due punti.

Siano A(x1 , y1 ) e B(x2 , y2 ) due punti del piano cartesiano. La retta AB ha


equazione:

• y = y1 se y1 = y2 .

• x = x1 se x1 = x2 .
x − x1 y − y1
• = se x1 6= x2 e y1 6= y2 .
x2 − x1 y2 − y1

2.1.3 Posizioni particolari di una retta rispetto agli assi


Abbiamo visto che un’equazione lineare non identica di primo grado in due
incognite rappresenta, in un fissato riferimento cartesiano ortogonale, una
retta del piano. Sia ax + by + c = 0, (a, b) 6= (0, 0), una tale equazione, si ha:
– Se a = 0, una coppia di numeri direttori della retta4 è (1, 0) e la retta
−b
è rappresentata da un’equazione del tipo y = k (con k = ). Poiché la
c
direzione di tale retta è quella della retta x tale retta è orizzontale.

– Se b = 0, una coppia di numeri direttori della retta (0, 1) e la retta è


−c
rappresentata da un’equazione del tipo x = h (con h = ). Poiché la
b
direzione di tale retta è quella della retta y tale retta è verticale.
– Se c = 0 la retta contiene il punto (0, 0), ossia passa per l’origine del
riferimento cartesiano. E la retta coincide con l’asse x se a = 0 e con l’asse
y se b = 0.

– Se a 6= 0, b 6= 0, la retta è obliqua (ossia forma con la retta x un angolo


diverso da 0 e π/2). Più precisamente, forma5 un angolo acuto con la retta
x se ab < 0, ossia se a e b sono discordi, forma un angolo ottuso con la retta
x se ab > 0, ossia se a e b sono concordi.
Essendo a 6= 0, l’equazione ax + by + c = 0 può scriversi nella forma
a c
y = − x − e quindi y = mx + n, con m = (−b)/a e n = (−c)/a. Il
b a
numero m si dice coefficiente angolare della retta. Il coefficiente angolare
è la tangente trigonometrica dell’angolo che la retta forma con l’asse delle
x, e quindi quando è positivo la retta forma un angolo acuto con la retta
4
Infatti [(−b, 0)] = [(b, 0)] = [(1, 0)].
5
Si ricordi che gli assi cartesiani sono orientati e che gli angoli sono tracciati in senso
antiorario.
32 CAPITOLO 2. RETTE IN UN PIANO CARTESIANO

x del riferimento. Quando la retta è scritta in tale forma (forma esplicita


dell’equazione della retta) una coppia di numeri direttori è (1, m) e un vettore
ad essa ortogonale è n = (−m, 1).
Quest’ultima rappresentazione della retta, ossia y = mx+n è molto utile
in pratica, specialmente nell’ambito dell’analisi elementare delle funzioni di
una variabile reale y = f (x), però non rappresenta tutte le rette del piano
(infatti non descrive quelle verticali) a differenza della forma ax + by + c = 0
che invece rappresenta tutte le rette del piano.

Chiudiamo questa breve sezione sull’analisi dei coefficienti dell’equazione


di una retta con la seguente osservazione: possiamo visualizzare l’andamento
di una retta del piano solo guardando i coefficienti dell’equazione ax+by+c =
0 che la rappresenta. Se uno dei coefficienti delle incognite è nullo la retta è
orizzontale o verticale, se entrambi sono non nulli e discordi la retta forma
un angolo acuto con l’asse delle x e quindi ha andamento crescente e se
entrambi i coefficienti delle incognite sono non nulli e concordi la retta forma
un angolo ottuso con l’asse delle x e quindi ha andamento decrescente.

2.1.4 Condizione di parallelismo e ortogonalità tra due rette


di R2 . Angoli formati da due rette.
Due rette sono parallele se hanno la stessa direzione, cosı̀ la retta r rap-
presentata da ax + by + c = 0 ((a, b) 6= 0) e la retta s rappresentata da
a0 x + b0 y + c0 = 0 ((a0 , b0 ) 6= 0) sono parallele se e solo se i vettori (−b, a) e
(−b0 , a0 ) sono l’uno multiplo dell’altro, e quindi se e solo se i vettori (a, b) e
(a0 , b0 ) sono proporzionali. Ne segue che:

Due rette r : ax + by + c = 0 e s : a0 x + b0 y + c0 = 0 sono parallele se e solo


se !
a b a b
rg 0 0 = 1, ossia, se e solo se 0 = 0 . (2.7)
a b a b

a b c
Si osservi che se6 si ha 0
= 0 = 0 le due rette coincidono.
a b c
Due rette r e r0 sono perpendicolari (ortogonali) se tali sono le loro di-


rezioni, ossia7 se →

r · r0 = 0 pertanto
6
Ovviamente supponiamo c, c0 6= 0, altrimenti già è noto che le due rette coincidono.
7
Il che equivale anche a nr · nr0 = 0.
2.2. INTERSEZIONE TRA DUE RETTE 33

Due rette r : ax + by + c = 0 e s : a0 x + b0 y + c0 = 0 sono perpendicolari


(ortogonali) se e solo se
aa0 + bb0 = 0. (2.8)

Nella parte di algebra lineare dedicata allo studio di Rn abbiamo visto


che la formula che dà l’angolo tra due vettori fornisce proprio l’angolo che
essi racchiudono CAMBIARE forseee (angolo pi picolo di 180 e cosi retteil pi
piccolo). Date due rette non parallele, per definire l’angolo tra esse ci avvar-
remo della definizione di angolo tra le loro direzioni e indicheremo entrambi
gli angoli (supplementari) che intervengono8 .
Pertanto, date due rette r ed s, gli angoli formati da r e s sono dati da:

−r ·→ −s
cos θ = ± cos →

rd→

s =± → . (2.9)
|| r || ||→
− −s ||

ESEMPIO
( 2.1.1 Calcolare gli angoli formati dalle rette r : x + 3y − 1 = 0
x = 1−t
es: .
y = −7 + 2t

Si ha →

r = (−3, 1) e →

s = (−1, 2). Pertanto i due angoli θ sono dati da


− →
− (−3, 1) · (−1, 2) 5 2
cos θ = ± cos r s = ± √
d √ = ±√ √ = ± .
1+9 1+4 10 5 2
π 3π
Si ottiene θ1 = e θ2 = .
4 4

2.2 Intersezione tra due rette


In un piano xOy i punti di una retta sono quindi le soluzioni dell’equazione
cartesiana che la rappresenta, cosı̀ studiare l’intersezione di due rette significa
studiare il sistema delle due equazioni cartesiane che le rappresentano.
Ricordiamo che se Ax = c è un sistema di equazioni lineari con A matrice
reale quadrata d’ordine n e c ∈ Rn , allora:
– Se A è invertibile il sistema è compatibile e ha l’unica soluzione x = A−1 c.
– Se A non è invertibile, per il teorema di Rouché–Capelli si ha che il sis-
tema è compatibile se rg(A) = rg(A|c) ed ha ∞n−rg(A) soluzioni, mentre è
incompatibile se rg(A) 6= rg(A|c).
8
Ciò dipende ovviamente anche da quale retta si considera come primo lato dell’angolo.
34 CAPITOLO 2. RETTE IN UN PIANO CARTESIANO

Studiare quindi l’intersezione di due rette vuol dire studiare l’insieme


delle soluzioni di un sistema di due equazioni lineari in due incognite. Siano
r : ax + by + c = 0 e s : a0 x + b0 y + c0 = 0 due rette, consideriamo il sistema:
! ! !
a b x −c
= . (2.10)
a0 b0 y −c0
!
a b
Per quanto precede, se det = ab0 − a0 b 6= 0 le due rette r e s si
a0 b0
intersecano in un solo punto le cui coordinate sono date da9 :
! !
−c b a −c
det det
−c0 b0 bc0 − b0 c a0 −c0 ca0 − c0 a
x= ! = ey= ! = .
a b ab0 − a0 b a b ab0 − a0 b
det det
a0 b0 a0 b0

!
a b
Se ab0 − a0 b = 0 , ossia rg = 1,
a0 b0
! !
a b a b | −c
– le due rette coincidono se e solo se rg = rg =
a0 b0 a0 b0 | −c0
a b c
1 ossia se e solo se 0
= 0 = 0.
a b c
– le due rette non hanno alcun punto in comune, ossia sono parallele se
!
a b | −c
rg =2
a0 b0 | −c0

a b c
ossia se e solo se = 0 6= 0 .
a0 b c
NOTA. Si osservi che nelle argomentazioni di sopra si è supposto c 6= 0 e
c0 6= 0, infatti nel caso (c, c0 ) = (0, 0) il sistema che rappresenta l’intersezione
delle due rette essendo omogeneo è compatibile e pertanto le due rette o si
intersecano solo nell’origine del riferimento (se la matrice incompleta di tale
sistema è invertibile) oppure coincidono (se la matrice incompleta di tale
sistema ha rango 1).
Cfr la formula di Cramer che permette di scrivere l’n–pla A−1 c come n–pla di n
9

rapporti di determinanti, tutti aventi per denominatore det A.


2.3. ALTRE FORME DELL’EQUAZIONE DI UNA RETTA 35

2.3 Altre forme dell’equazione di una retta


In questa sezione presenteremo altre equazioni che rappersentano una retta
e in tutte non compare il parametro t.

2.3.1 Equazione della retta in forma segmentaria (o Equazione


con la doppia intersezione.)
Sia ax + by + c = 0 una retta con tutti e tre i coefficienti a, b, c non nulli.
Effettuiamo i seguenti calcoli:

ax + by = −c

ax by
+ =1
−c −c

x y
c + =1
−a − cb

Poniamo p = −c/a e q = −c/b


Si ha
x y
+ =1
p q

che è l’equazione in forma segmentaria della retta. I numeri p e q rappresen-


tano la lunghezza dei segmenti (entrambi con un estremo in O) che la retta
intercetta sui due assi cartesiani: p sull’asse x e q sull’asse y, come è facile
convincersene intersecando la retta coi due assi cartesiani.

ESEMPIO 2.3.1 Sia r : 3x − 5y + 15 = 0, dividendo tutto per −15 si ha

x y
+ =1
−5 3

la retta taglia sull’asse x il segmento di estremi O e il punto (−5, 0) (e quindi


di lunghezza 5 ) e sull’asse y il segmento di estremi O e (0, 3) (e quindi di
lunghezza tre).
36 CAPITOLO 2. RETTE IN UN PIANO CARTESIANO

2.3.2 Equazione canonica


Siano r una retta del piano cartesiano → −r = (u1 , u2 ) con u1 6= 0 e u2 6= 0
allora nelle (2.5) possiamo rivavarci la t da entrambe le equazioni:
x − x0 y − y0
t= , t=
u1 u2
e cosı̀ si ha che l’equazione della retta passante per il punto P (x0 , y0 ) e di
direzione → −
r = (u1 , u2 ) , u1 , u2 6= 0 è
x − x0 y − y0
= , (2.11)
u1 u2
che è detta equazione canonica della retta.

2.3.3 Forma vettoriale normale


In computer grafica spesso è necessario lavorare coi vettori normali a superfi-
cie (ossia il vettore normale al piano tangente della superficie). Ad esempio,
uno specchio riflette la luce in modo che la direzione incidente, il vettore nor-
male e la direzione di riflessione sono complanari e l’angolo tra la direzione
incidente e il vettore normale è uguale all’angolo tra la normale e la direzione
riflettente. Per effettuare calcoli in questo caso occorre saper determinare il
vettore normale alla superficie.
Per abituarci all’uso dei vettori normali, presentiamo la forma normale
della retta.
Sia r una retta del piano e n 6= 0 un vettore ortogonale a r. Se P0 è un
punto di r allora per ogni punto P di r si ha:

(P − P0 ) · n = 0.

Se denotiamo con rP il vettore posizione di un punto P di r, ossia rP = P −O,


e con r0 := P0 − O il vettore posizione del punto P0 , allora
(P − P0 ) = (P − O) − (P0 − O) = rP − r0 , quindi

(rP − r0 ) · n = 0 ⇔ rP · n = r0 · n.

Ma r0 ·n = d ∈ R e cosı̀, scrivendo rP = r, abbiamo l’equazione vettoriale


normale della retta nel piano

r · n = d. (2.12)
2.4. FASCI DI RETTE 37

2.4 Fasci di rette


Un fascio improprio di rette è l’insieme di tutte le rette del piano che hanno
la stessa direzione.
Detta [(−b, a)] tale direzione, si ha che tutte e sole le rette del piano del
fascio improprio di direzione [(−b, a)] sono rappresentate da un’ equazione
del tipo
ax + by + k = 0,
ossia ciascuna di esse si ottiene in corrispondenza di un valore assegnato di
k.
Il fascio proprio di rette di centro un punto P del piano è l’insieme di tutte
le rette del piano passanti per P .
Se r : ax + by + c = 0 e s : a0 x + b0 y + c0 = 0 sono!due rette che si
a b
intersecano in esattamente un punto, ossia det 6= 0, si prova,
a0 b0
come conseguenza del Teorema di Rouché–Capelli, il seguente:

TEOREMA 2.4.1 Tutte e sole le rette del fascio di centro il punto di in-
tersezione delle rette10 r e s sono rappresentate da un’equazione del tipo

λ(ax + by + c) + µ(a0 x + b0 y + c0 ) = 0, (2.13)

con (λ, µ) ∈ R2 − {(0, 0)}.

Sussiste inoltre il seguente

TEOREMA 2.4.2 Siano r : ax + by + c = 0, r0 : a0 x + b0 y + c0 = 0


e r00 : a00 x + b00 y + c00 = 0 tre rette del piano cartesiano. Allora, r, r0 e
r00 appartengono
 ad
 uno stesso fascio (proprio o improprio) se e solo se
a b c
det  a0 b0 c0  = 0.
 
a00 b00 c00

NOTA. Nel Teorema 2.4.2, la condizione di annullamento del determinante


dà un fascio improprio se le prime due colonne di tale determinante sono
proporzionali altrimenti un fascio proprio.
10
Dette generatrici del fascio.
38 CAPITOLO 2. RETTE IN UN PIANO CARTESIANO

Se è noto il centro del fascio proprio allora l’equazione (2.13) si ottiene


immediatamente. Infatti, se P (x0 , y0 ) è un punto del piano, due rette pas-
santi per esso sono x − x0 = 0 e y − y0 = 0 pertanto le rette del fascio
proprio di rette del piano di centro P sono rappresentate da un’equazione
che è combinazione lineare di queste due rette, cosı̀ l’equazione delle rette di
tale fascio è del tipo:

λ(x − x0 ) + µ(y − y0 ) = 0.

Essa rappresenta quindi la generica retta del piano passante per il punto
P (x0 , y0 ).
Determinare una retta del fascio di centro P (o in parole più semplici
una retta del piano passante per P ) vuol dire determinare una coppia di
numeri reali λ e µ, non entrambi nulli, e quindi occorre assegnare un’altra
condizione alla retta oltre al passaggio per P . Questa ulteriore condizione
può essere ad esempio il parallelismo11 o l’ortogonalità 12 ad un’altra retta.
Cosı̀, se r : ax + by + c = 0 e P (x0 , y0 ) ∈
/ r:
– la retta per P parallela a r è rappresentata dall’equazione:

a(x − x0 ) + b(y − y0 ) = 0.

– la retta per P perpendicolare a r è rappresentata dall’equazione:

b(x − x0 ) − a(y − y0 ) = 0.

Infine, la retta r per P (x0 , y0 ) perpendicolare al vettore u = (u1 , u2 ) ha


equazione:

u1 (x − x0 ) + u2 (y − y0 ).

ESEMPIO 2.4.1 È noto, dalle nozioni di geometria classica del piano, che
l’asse di un segmento di estremi A e B è la retta passante per il punto medio
del segmento e ad esso perpendicolare. Quindi è la retta passante per il punto
11
Ossia, le due rette hanno la stessa direzione.
12
Ossia, le due rette hanno direzioni ortogonali, cioè l’una è il complemento ortogonale
dell’altra.
2.5. DISTANZA PUNTO–RETTA E DISTANZA RETTA–RETTA. BISETTRICI.39

medio di AB perpendicolare al vettore B − A. Determiniamo l’equazione


dell’asse del segmento di estremi A(1, 3) e B(3, 5). Il punto medio di AB è

1+3 3+5
MAB = ( , ) = (2, 4).
2 2
Poiché B − A = (2, 2), l’equazione dell’asse è

2(x − 2) + 2(y − 4) = 0

ossia

x + y − 6 = 0.

2.5 Distanza punto–retta e distanza retta–retta.


Bisettrici.
Sia r : ax + by + c = 0 una retta e P (x0 , y0 ) un punto non appartenente ad
r, vogliamo calcolare la distanza13 di P da r. Se conduciamo la retta per P
perpendicolare ad r otteniamo un punto H (che è la proiezione ortogonale
di P su r) la distanza di P da r è per definizione la distanza di P da H.
Vogliamo ora trovare una formula che fornisce la distanza punto–retta.
Sia Q(x1 , y1 ) un punto su r e sia nr = (a, b) il vettore normale di r,
evidentemente nr è parallelo al vettore H − P e cosı̀ H − P = αnr , per un
opportuno numero reale α.
Per il teorema della proiezione di P Q su H − P si ha che H − P è la
componente (Q − P )|| di Q − P parallela a H − P :

(Q − P ) · (H − P )
(H − P ).
||H − P ||2

Cosı̀
(Q − P ) · (H − P )
d(P, r) = ||H − P || = || (H − P )|| =
||H − P ||2

|(Q − P ) · (H − P )| |(Q − P ) · αnr |


= =
||H − P || |α|||nr ||
13
Se P ∈ r tale distanza è ovviamente zero
40 CAPITOLO 2. RETTE IN UN PIANO CARTESIANO

|(Q − P ) · nr |
=
||nr ||

|(x1 − x0 , y1 − y0 ) · (a, b)|


√ =
a2 + b2

|ax1 + by1 − ax0 − by0 |


√ =
a2 + b2

(poiché Q ∈ r si ha ax1 + by1 = −c)

| − ax0 − by0 − c|
√ =
a2 + b2

|ax0 + by0 + c|
√ .
a2 + b2

In definitiva, la distanza d(P, r) di un punto P (x0 , y0 ) da una retta r :


ax + by + c = 0 è data dalla formula

|ax0 + by0 + c|
d(P, r) = √ . (2.14)
a2 + b2
Si noti, come il risultato ottenuto non dipende dal punto Q scelto su r.
Grazie alla formula (2.14) siamo in grado di calcolare le bisettrici degli
angoli formati da due rette (cf sezione (2.5.1)), le aree dei triangoli, paral-
lelogrammi et cetera.
Infine, se r ed s sono due rette del piano,
– se r ∩ s 6= ∅ la loro distanza d(r, s) è zero;
– se r ∩ s = ∅ (ossia r e s sono parallele) la loro distanza d(r, s) è data dalla
distanza di un punto di una di esse dall’altra retta.
2.5. DISTANZA PUNTO–RETTA E DISTANZA RETTA–RETTA. BISETTRICI.41
(
x = t
ESEMPIO 2.5.1 Siano r : 2x − y + 5 = 0 e s : Le
y = 2t + 8
due rette sono parallele infatti →

r = (1, 2) e →
−s = (1, 2) (e cosı̀ →

r e→−s sono
linearmente dipendenti essendo uguali) pertanto la loro distanza è non nulla.
Sia P il punto di s ottenuto in corrispondenza del valore t = 0, ossia P (0, 8),
allora
|2 · 0 + (−1) · 8 + 5| 3
d(r, s) = d(P, r) = √ =√ .
4+1 5

2.5.1 Bisettrici degli angoli formati da due rette


La bisettrice di un angolo è l’insieme dei punti del piano equidistanti dai
due lati dell’angolo, pertanto grazie alla formula (2.14) siamo in grado di
determinarla, o meglio di determinarle, date che due rette formano quattro
angoli le bisettrici sono due (e sono tra loro perpendicolari).
Procediamo con un esempio che ci renderà chiaro come calcolarle in gen-
erale.

ESEMPIO 2.5.2 Siano r : 3x + 4y − 5 = 0 e s : x − y + 2 = 0 due rette.


Determinare le bisettrici degli angoli che esse formano.
I punti P (x, y) del piano appartengono a una delle bisettrici se d(P, r) =
d(P, s) e quindi

|3x + 4y − 5| |x − y + 2|
√ = √
9 + 16 1+1


2|3x + 4y − 5| = 5|x − y + 2|


2(3x + 4y − 5) = ±5(x − y + 2)

√ √
2(3x + 4y − 5) = 5(x − y + 2) oppure 2(3x + 4y − 5) = −5(x − y + 2)

e quindi le due bisettrici sono


√ √ √
(3 2 − 5)x + (4 2 + 5)y − 5( 2 + 2) = 0

e √ √ √
(3 2 + 5)x + (4 2 − 5)y − 5( 2 − 2) = 0.
42 CAPITOLO 2. RETTE IN UN PIANO CARTESIANO

2.6 Esercizi e complementi


Per disegnare una retta r : ax + by + c = 0, con a 6= 0 e b 6= 0, sul piano
cartesiano basta determinare due suoi punti. Se c 6= 0 allora il primo punto
si ottiene ponendo x = 0 nell’equazione della retta e risolvendo rispetto a y si
c
ottiene l’ordinata di tale punto: (0, − ) ed il secondo si ottiene analogamente
b
c
ponendo y = 0: (− , 0). Se invece c = 0 un punto della retta è già noto:
a
l’origine14 del riferimento (0, 0), un’altro punto si ottiene dando un valore
a piacere ad una delle incognite (i,e. si cerca il punto con una coordinata
assegnata) e risolvendo rispetto all’altra.
Negli esercizi supporremo di lavorare in un piano xOy ossia in un piano in
cui è fissato un riferimento monometrico ortogonale.
Si consiglia di verificare il risultato dopo aver risolto l’esercizio, ad esem-
pio se si cerca una retta per un punto, una volta trovata l’equazione della
retta è utile verificare se il punto appartiene all’equazione data, e cosı̀ via.
Inoltre, nei problemi di aree di triangoli e quadrilateri, si suggerisce di dis-
egnare le figure in modo da chiarire le idee su come procedere.
Esercizi
7.1 I tre punti (1, −1), (3, 2) e (4, y) sono allineati. Calcolare y e confrontare
il valore con quello dedotto dalla figura.
I tre punti sono allineati se e solo se i vettori (3, 2) − (1, −1) =(2, 3) e (4, y)
− (1, −1) =
2 3
(3, y + 1)) sono linearmente dipendenti cioé se e solo se det = 0, ossia
3 y+1
2y + 2 − 9 = 0 e quindi y = 7/2. La seconda parte dell’esercizio è lasciata al lettore.

7.2 Determinare almeno sei punti della retta (di equazione) x + 2y + 3 = 0


e verificare che sono allineati.
L’esercizio ha il solo scopo di impratichirsi con la formula (1.2) trattandosi di una semplice
verifica. Per determinare un punto della retta basta assegnare un valore ad una delle due
incognite. Cosı̀ per y = 0 otteniamo il√punto A(−3, 0), per y√ = √ −1 il punto B(−1, −1),
per y = 1 il punto C(−5, 1), per y = 2 il punto D(−3 − 2 2, 2), per x = 0 il punto
E(0, −3/2) e per x = 1 il punto F (1, −2).
Si passa poi a verificare che la (1.2) è soddisfatta per tutte e dieci le terne di punti
distinte da essi determinate. Ad esempio, i punti B, C, D sono allineati perché
 
−4
√ √ 2
det = 0.
−2 − 2 2 2+1

14
Che si ottiene con entrambe le sostituzioni suggerite prima.
2.6. ESERCIZI E COMPLEMENTI 43

7.3 I punti A(1, 2), B(2, −2) e C(−3, −4) determinano un triangolo; scrivere
le equazioni dei lati, delle parallele ai lati condotte per i vertici opposti e delle
mediane. Determinare l’intersezione delle mediane.
Poiché B−A = (1, −4) e C−A = (−4, −6) non sono proporzionali i tre punti effettivamente
sono vertici di un triangolo. Determiniamo le equazioni dei lati:

x−1 y − 2
AB : = 0 ⇔ 4x + y − 6 = 0,
1 −4


x−1 y−2
AC : = 0 ⇔ x − 4y + 2 = 0.
−4 −6

Per la retta BC occorre il vettore C − B = (−5, −2) e cosı̀



x−2 y + 2
BC : = 0 ⇔ 2x − 5y − 14 = 0.
−5 −2

Ricordiamo che l’equazione della retta per il punto (x0 , y0 ) e parallela alla retta ax +
by + c = 0 è data da: a(x − x0 ) + b(y − y0 ) = 0, cosı̀ la retta per C paralella ad AB ha
equazione 4(x + 3) + 1(y + 4) = 0 ossia 4x + y + 16 = 0. Analogamente si ha che la retta
per B paralela ad AC ha equazione x − 4y − 10 = 0 e la retta per A parallela a BC ha
equazione 2x − 5y + 8 = 0.

I tre punti medi dei lati sono dati rispettivamente da MAB (3/2, 0), MAC (−1, −1)
e MBC (−1/2, −3). Le tre mediane sono le rette AMBC : 10x − 3y − 4 = 0, BMAC :
x + 3y + 4 = 0 e CMAB : 8x − 9y − 12 = 0.

Il punto di intersezione delle mediane è il baricentro di cui abbiamo dato la formula.


Tuttavia, visto che non abbiamo dato la dimostrazione della formula del baricentro per
convincerci della sua validità calcoliamo l’intersezione delle mediane e proveremo che tale
punto coincide con quello della formula del baricentro15 . Il baricentro del triangolo è allora
G(0, −4/3).
Risolviamo il sistema delle equazioni delle prime due mediane:

10x −3y = 4 0 −40 4
: x= = 0, y = =− ,
x +3y = −4 33 33 3
ossia le coordinate del punto G.
Risolviamo adesso il sistema delle equazioni della prima e terza mediana:

10x −3y = 4 0 88 4
: x= = 0, y = =− ,
8x −9y = 12 −66 −66 3
ancora il punto G.
Infine, il sistema delle equazioni della seconda e terza mediana:

x +3y = −4 0 44 4
: x= = 0, y = =− ,
8x −9y = 12 −33 −33 3
15
Un altro modo è calcolare il baricentro e verificare che appartiene alle tre mediane.
44 CAPITOLO 2. RETTE IN UN PIANO CARTESIANO

che fornisce ancora il punto G.

7.4 Determinare le equazioni delle rette passanti per il punto P (5, −3) e
parallela e perpendicolare alla retta r : 3x + y − 5 = 0.
Si tratta di determinare tra le rette del fascio di centro P quelle che soddisfano alle due
condizioni assegnate.
La retta per P parallela a r è 3(x − 5) + 1 · (y + 3) = 0) ossia 3x + y − 12 = 0.
La retta per P perpendicolare a r è (x − 5) − 3 · (y + 3) = 0) ossia x − 3y − 14 = 0.

7.5 Trovare le equazioni delle altezze del triangolo di vertici A(0, 0), B(3, 0)
e C(2, 2).
Osserviamo che il lato AB è l’asse delle x ossia la retta y = 0 cosı̀ l’altezza per C è la retta
per C perpendicolare all’asse delle x cioé x = 2.  
2
L’altezza per B è la retta passante per B con vettore normale C − A = ossia la
2
retta 2(x − 3) + 2y = 0 i.e. x + y − 3 = 0.  
−1
L’altezza per A è la retta passante per A con vettore normale C − B = ossia la
2
retta −(x − 0) + 2(y − 0) = 0 i.e. x − 2y = 0.

7.6 Calcolare la distanza del punto (−1, 3) dalla retta 4x − y = 0.



|4(−1) − 1(3)| 7 17
d= √ = .
17 17

7.7 Quanto dista l’origine dalla retta x + y − 3 = 0.


Si tratta di calcolare la distanza dell’origine O(0, 0) dalla retta assegnata:

| − 3| 3 2
d = d(O, x + y − 3 = 0) = √ = .
2 2

7.8 Determinare la lunghezza delle tre altezze del triangolo di vertici A(1, 2),
B(−1, 2) e C(−2, −3).
Si tratta di determinare le distanze di ogni vertice dal lato ad esso opposto. Poiché il lato
AB è orizzontale la distanza di C da esso si ottiene senza ricorrere alla formula distanza
punto retta. Infatti tale lunghezza coincide con la distanza di C dal punto (−2, 2) ed è
quindi hC = |2 − (−3)| = 5. Negli altri due casi occorre determinare prima le equazioni
dei lati AC e BC e poi usare la formula della distanza.
x−1 y−2
La retta AC è = da cui 5x − 3y + 1 = 0.
−2 − 1 −3 − 2
Con la stessa formula si ha che la retta BC è 5x − y + 7 = 0.

7.9 Determinare l’equazione della traslata della retta r : x + y + 1 = 0 nei


riferimenti traslati con origine O0 (3, 5) e C(1, −2) rispettivamente.
2.6. ESERCIZI E COMPLEMENTI 45

x = X +3
La traslazione di passo O0 − O ha equazione pertanto la retta traslata
y = Y +5
è X + 3 + Y + 5 + 1 = 0 ossia X + Y + 9 = 0.

x = X +1
La traslazione di passo C − O ha equazione pertanto la retta traslata
y = Y −2
è X + 1 + Y − 2 + 1 = 0 ossia X + Y = 0.

7.10 Determinare l’equazione della simmetrica della retta r : x + y + 1 = 0


rispetto alla retta x = 3. 
x = 6−X
La simmetria di asse x = 3 a equazione pertanto la simmetrica di r ha
y = Y
equazione 6 − X + Y + 1 = 0 ossia X − Y − 7 = 0.

7.11 Determinare l’area del triangolo di vertici A(3, 1), B(2, 3) e O(0, 0).
1
Detto H il piede dell’altezza per O sulla retta AB, l’area del triangolo è |OH||AB|. La
2
x−3 y−1
retta AB ha equazione = ossia 2x + y − 7 = 0. Allora
2−3 3−1

| − 7| 7 5
|OH| = √ = .
5 5

√ 1√ 7 5 7
Inoltre |Ab| = 5. Quindi A(ABO) = 5· = .
2 3 2
7.12 Determinare l’area del quadrilatero di vertici A(2, 3), B(4, 5), C(7, 6)
e D(6, −3.
Si divida il quadrilatero in due triangoli, ad esempio nei triangoli ABC e ACD, e si proceda
come nell’esercizio precedente.

7.13 Stabilire per quali valori di k ∈ R le rette r : 2x − ky + 1 = 0 e


s : (k + 1)x + ky − 1 = 0 sono:
a. parallele;
b. coincidenti.
Due rette sono parallele se e solo se hanno la stessa direzione ossia se i vettori dei numeri
direttori sono proporzionali:
 
2 −k
det =0
k+1 k
da cui k = 0 e k = −3.
Poiché rette coincidenti hanno equazioni proporzionali, in particolare esse sono paral-
lele quindi vanno studiati solo i casi k = 0 e k = −3. Per k = 0 si hanno due rette verticali
distinte mentre per k = −3 le due rette coincidono. Cosı̀ r e s coincidono se e solo se
k = −3.

7.14 Determinare l’equazione della retta parallela alla retta r : 5x + 12y −


11 = 0 e a distanza 1 dal punto (−2, 1).
46 CAPITOLO 2. RETTE IN UN PIANO CARTESIANO

L’equazione di una retta ` parallela alla retta r è del tipo 5x + 12y + c = 0 con c ∈ R.
Pertanto
|5(−2) + 12(1) + c| |c + 2|
d(A, `) = √ = .
25 + 144 13
Ma d(A, `) = 1 pertanto
|c + 2|
=1
13
da cui c = −15 o c = 11. Pertanto ci sono due rette parallele a r e a distanza 1 da A:
5x + 12y − 15 = 0 e 5x + 12y + 11 = 0.

7.15 Provare che le tre rette



 3x
 −y +5 = 0
2x +3y +2 = 0 ,
 x −4y +3 = 0

si incontrano in un punto.
Occorre provare che le tre rette appartengono ad un fascio proprio ossia che il determinante
della matrice dei coefficienti delle tre equazioni è nullo e che due sue colonne non sono
proporzionali (i.e. che tale matrice ha rango 2). Allora:
3 −1 5

2 3 2 = 57 − 57 = 0

1 −4 3

e poiché le prime due colonne non sono proporzionali si ha quanto richiesto.

7.16 Scrivere l’equazione della retta ` : 7x − 3y + 2 = 0 in coordinate polari.


È x = r cos ϕ, y = sin ϕ Pertanto l’equazione di ` in coordinate polari è

r(7 cos ϕ − 3 sin ϕ) + 2 = 0.

5
7.17 In coordinate polari l’equazione r = rappresenta una retta. De-
sin ϕ
terminare l’equazione in coordinate cartesiane di tale retta.
È r sin ϕ = 5 e quindi y = 5.

7.18 Sia dato il punto A(1, 2). Determinare ( le equazioni parametriche della
x = 3+t
retta passante per A e parallela alla retta .
y = 2−t
 ha la stessa direzione [(1, −1)] della retta assegnata pertanto ha equazioni
La retta richiesta
x = 1+t
parametriche: .
y = 2−t

7.18 Determinare la simmetrica della retta y − 2x − 3 = 0 rispetto al punto


C(−1, 3).
2.6. ESERCIZI E COMPLEMENTI 47

x = −2 − x0
L’equazione della simmetria di centro C è: , quindi la simmetrica rispetto
y = 6 − y0
a C della retta è 6 − y 0 − 2(−2 − x0 ) − 3 = 0 da cui 2x0 − y 0 + 7 = 0 ossia, eliminando16
gli apici che servono solo per effettuare i calcoli, y = 2x + 7.

7.10 Determinare la simmetrica della retta y = 2x + 5 rispetto all’origine.


La simmetrica della retta assegnata è −y = −2x + 5 e quindi y = 2x − 5.

7.18 Determinare la simmetrica della retta y = 2x + 5 rispetto al punto


P (−1, 3).
Si osservi che il punto P appartiene alla retta, e quindi la simmetrica rispetto a P coincide
con essa (infatti essendo la retta simmetrica rispetto a un punto è parallela alla retta data
e contiene il punto P come la retta data) e ciò lo deduciamo anche analiticamente: la
simmetrica rispetto a P è 6 − y = 2(−2 − x) + 5 da cui −y = −2x − 6 − 4 + 5 ossia
y = 2x + 5.

16
In pratica basta sostituire x con 2x0 − x e y con 2y0 − y, evitando cosı̀ il ricorso agli
apici.
48 CAPITOLO 2. RETTE IN UN PIANO CARTESIANO
Capitolo 3

La circonferenza

3.1 Definizione e richiami


DEFINIZIONE 3.1.1 Una circonferenza è l’insieme dei punti di un piano
aventi tutti la stessa distanza da un punto dato.

Il punto si dice centro e la distanza si dice raggio. Una corda di una


circonferenza è un segmento che unisce due punti della stessa. Un diametro
è una corda passante per il centro.
Alcune proprietà delle corde di una circonferenza
Sia data una circonferenza. Allora:
- L’asse di una corda è un diametro.
- La retta perpendicolare condotta dal centro ad una corda dimezza la corda
stessa.
- La congiungente il punto medio di una corda col centro è perpendicolare
alla corda.
- I punti medi di tutte le corde parallele tra loro appartengono allo stesso
diametro.
Sempre dalla geometria classica sappiamo che una retta ha al più due
punti in comune con una circonferenza, e da ciò segue che tre punti di una
circonferenza non sono mai allineati.
Teorema Per tre punti non allineati passa una e una sola circonferenza.

49
50 CAPITOLO 3. LA CIRCONFERENZA

Cenni di dimostrazione. Se A, B e C sono i tre punti non allineati allora il centro O


della circonferenza è l’intersezione degli assi di due delle te corde AB, AC, BC, ad esempio
dei segmenti [AB] e [BC] ed il raggio è la lunghezza del segmento [OA]

Ne segue che due circonferenze distinte hanno al più due punti in comune.
Un punto è interno a una circonferenza se la sua distanza dal centro è
minore del raggio, è esterno se la sua distanza dal centro è maggiore del
raggio, appartiene alla circonferenza se la sua distanza dal centro è uguale
al raggio.
Una retta è secante a una circonferenza se la sua distanza dal centro è
minore del raggio, è esterna se la sua distanza dal centro è maggiore del
raggio,è tangente alla circonferenza se la sua distanza dal centro è uguale al
raggio.
Se t è una retta tangente alla circonferenza l’unico punto comune alla
retta e alla circonferenza si dice punto di contatto.
Se C è il centro di una circonferenza, t una retta ad essa tangente nel
punto P allora la retta OP è perpendicolare alla retta tangente.
Infine, ricordiamo che per un punto di una circonferenza passa una e una
sola retta tangente. Per un punto esterno passano due rette tangenti.

3.2 Equazione della circonferenza


In un piano dello spazio fissiamo un riferimento monometrico ortogonale,
ossia consideriamo un piano xOy dello spazio.
Sia Γ una circonferenza di centro C(x0 , y0 ) e raggio r, dalla definizione
di circonferenza segue che un punto P (x, y) appartiene a Γ se e solo se

|CP | = r (3.1)
e quindi, essendo q
|CP | = (x − x0 )2 + (y − y0 )2
se, e solo se,
q
(x − x0 )2 + (y − y0 )2 = r, (3.2)
da cui
3.2. EQUAZIONE DELLA CIRCONFERENZA 51

(x − x0 )2 + (y − y0 )2 = r2 . (3.3)

Le equazioni (3.3) e (3.2) hanno lo stesso insieme di soluzioni, cosı̀ come ogni
equazione ottenuta dalla (3.3) moltiplicando ambo i membri per uno stesso
numero reale non nullo.

DEFINIZIONE 3.2.1 L’equazione (3.3) è l’equazione canonica ( o


pitagorica) della circonferenza.

La (3.3) sviluppando i calcoli si scrive nella forma

x2 + y 2 + ax + by + c = 0, (3.4)
dove

a = −2x0 , b = −2y0 , c = x20 + y02 − r2 . (3.5)


Dalle (3.5) si ricava

a b
x0 = − , y 0 = − , (3.6)
2 2
e quindi s
a2 b2 1p 2
r= + − c(= a + b2 − 4c). (3.7)
4 4 2
Quest’ultima relazione implica che

a2 b2
+ − c > 0. (3.8)
4 4
Pertanto ogni circonferenza di un piano xOy è rappresentata da un’equazione
del tipo (3.4) con a, b, c reali e soddisfacenti la (3.8).

TEOREMA 3.2.1 L’equazione (3.4) con a, b, c soddisfacenti la (3.8) rap-


presenta una circonferenza.
a b
DIMOSTRAZIONE. La circonferenza di centro (− , − ) e raggio r =
s 2 2
a 2 b2
+ − c ha equazione (3.3) che è identica alla (3.4).
4 4

Ovviamente ogni equazione del tipo


52 CAPITOLO 3. LA CIRCONFERENZA

λ(x2 + y 2 ) + +µax + νby + θ = 0, (3.9)

con λ 6= 0 e µ, ν, θ numeri reali rappresenta una circonferenza se e solo


se

µ2 + ν 2 − 4λθ > 0. (3.10)

NOTA. Se nell’equazione della circonferenza (3.4) a2 +b2 = 4c si ha r = 0


e quindi un punto si può vedere come caso degenere della circonferenza (la
circonferenza si riduce al centro) pertanto nella (3.8) alcuni ammettono anche
il caso = 0 ossia a2 + b2 − 4c ≥ 0.

3.2.1 Circonferenze con equazione incompleta ossia con al-


meno uno dei coefficienti a, b, c nullo
Se (a, b, c) = (0, 0, 0) l’equazione (3.4) si riduce a x2 + y 2 = 0 ossia la circon-
ferenza da essa rappresentata è degenere (ha centro (0, 0) e raggio nullo) e
si riduce al punto (0, 0).

Sia quindi (a, b, c) 6= (0, 0, 0)

• c = 0: la circonferenza passa per l’origine (0, 0) del sistema di riferimento.

• b = 0: il centro appartiene all’asse delle x in quanto ha coordinate


C(−a/2, 0), ed è sul semiasse positivo delle x se a < 0, sul semiasse neg-
ativo delle x se a > 0.
Se è b = c = 0 la circonferenza è tangente all’asse delle y nell’origine.

• a = 0: il centro appartiene all’asse delle y in quanto ha coordinate


C(0, −b/2) ed è sul semiasse positivo delle y se b < 0, sul semiasse nega-
tivo delle y se b > 0.
Se è a = c = 0 la circonferenza è tangente all’asse delle x nell’origine.

• a = b = 0: in tal caso il centro della circonferenza è l’origine del riferimento


ed è −c = r2 . Pertanto la (3.4) si scrive nella forma

x2 + y 2 = r 2 .
3.2. EQUAZIONE DELLA CIRCONFERENZA 53

3.2.2 Intersezione di una retta con una circonferenza

Nella prima sezione del capitolo abbiamo richiamato il fatto che una retta
ha al più due punti in comune con una circonferenza. Questa affermazione si
prova facilmente coi metodi della geometria cartesiana. In un piano xOy si
consideri una circonferenza Γ : x2 +y 2 +mx+ny+p = 0 e sia r : ax+by+c = 0
una retta del piano. Gli eventuali punti comuni a Γ e r, ossia i punti di
intersezione della retta con la circonferenza, sono tali che le loro coordinate
soddisfano il sistema:

(
x2 + y 2 + mx + ny + p = 0
(3.11)
ax + by + c = 0

Poiché (a, b) 6= (0, 0) nella seconda equazione di (3.11) è possibile es-


primere una delle incognite in funzione dell’altra, ad esempio se b 6= 0 è
a c
y = − − e cosı̀ sostituendo tale espressione nella prima equazione di
b b
(3.11) si ottiene, dopo opportuni calcoli, un’equazione di secondo grado nella
sola incognita x:

Ax2 + Bx + C = 0 (3.12)

le cui soluzioni reali, quando esistono, forniscono le ascisse dei punti


comuni a r e Γ. Ma tale equazione ha al più due soluzioni reali, pertanto
una retta e una circonferenza hanno al più due punti in comune.
In particolare, se:

- se ∆ = B 2 −4AC > 0 l’equazione (3.12) ha due soluzioni distinte e pertanto


la retta r è secante in quanto interseca Γ in due punti distinti.

- se ∆ = B 2 − 4AC = 0 l’equazione (3.12) ha una sola soluzione1 e pertanto


la retta r è tangente in quanto interseca Γ in un solo punto.

- se ∆ = B 2 − 4AC < 0 l’equazione (3.12) non ha soluzioni reali e pertanto


la retta r è esterna in quanto non interseca Γ.

1
Ossia due soluzioni reali e coincidenti.
54 CAPITOLO 3. LA CIRCONFERENZA

3.3 Rette tangenti a una circonferenza


3.3.1 Equazione della retta tangente ad una circonferenza in
un suo punto (Formula dello sdoppiamento)
In questa sezione proveremo che l’equazione della retta tangente ad una
circonferenza rappresentata dall’equazione (3.4) in un suo punto P (x0 , y0 ) è
x + x0 y + y0
x0 x + y0 y + a +b + c = 0. (3.13)
2 2

Infatti, sia Γ una circonferenza di equazione (3.4) e sia P (x0 , y0 ) un punto di


Γ. La retta tangente a Γ in P è la retta passante per P perpendicolare alla
a b
retta CΓ P , essendo CΓ (− , − ) il centro di Γ. Pertanto il vettore normale
2 2  a 
x0 +
 2 
nr della retta tangente è proporzionale al vettore  , ne segue che
 
 b 
y0 +
2
la retta tangente a Γ in P ha equazione

a b
(x0 + )(x − x0 ) + (y0 + )(y − y0 ) = 0, (3.14)
2 2
ossia
a b a b
x0 x + y0 y + x + y − x20 − y02 − x0 − y0 = 0,
2 2 2 2
a b
aggiungendo e sottraendo x0 e y0 a primo membro si ottiene
2 2
x + x0 y + y0
x0 x + y0 y + a +b − x20 − y02 − ax0 − by0 = 0
2 2
ossia
x + x0 y + y0
x 0 x + y0 y + a +b − (x20 + y02 + ax0 + by0 ) = 0.
2 2
Ma P (x0 , y0 ) appartiene a Γ, quindi x20 + y02 + ax0 + byo + c = 0 cioè
−(x20 + y02 + ax0 + byo ) = c. Pertanto l’ultima equazione diviene:
x + x0 y + y0
x0 x + y0 y + a +b + c = 0,
2 2
che coincide con la (3.13) e quindi si è provato quanto richiesto.
3.3. RETTE TANGENTI A UNA CIRCONFERENZA 55

L’equazione (3.13) si dice equazione della retta tangente ottenuta con la


regola dello sdoppiamento in quanto si ottiene dall’equazione (3.4) ponendo:

al posto di x2 il termine x0 x;
al posto di y 2 il termine y0 y;
al posto di x il termine 21 (x + x0 );
al posto di y il termine 12 (y + y0 ).

3.3.2 Polarità rispetto ad una circonferenza

Sia Γ una circonferenza di centro C e raggio r e siano P un punto di α


diverso da C ed H un punto della semiretta CP di origine C e contenente
P , tale che

|CH| · |CP | = r2 . (3.15)

La retta polare di P rispetto a Γ è la retta πP passante per H e perpendicolare


a CP .
Ovviamente la retta πP non passa per C. Inoltre, fissata comunque una
retta ` del piano esiste uno ed un sol punto P tale che ` sia la polare di P
rispetto a Γ, ossia tale che ` = πP .
Detto infatti H il piede della perpendicolare condotta da C a `, il punto P
ha per polare ` se appartiene alla semiretta CH di origine C e soddisfa la
(3.15). Queste condizioni determinano univocamente P che si dice polo di `
rispetto a Γ.

Resta cosı̀ definita una biiezione tra l’insieme dei punti del piano diversi da
C e l’insieme delle rette del piano non passanti per C, che associa ad ogni
punto P diverso da C la sua polare `P . Tale biiezione si dice polarità rispetto
a Γ (o definita d aΓ).

Se P appartiene a Γ, la sua polare `p è la retta tangente a Γ in P , infatti


dalla (3.15) segue |CH| = r.

Se P è esterno a Γ la sua retta polare `p è secante la circonferenza Γ.

Se P è interno alla circonferenza la sua retta polare `p è esterna alla circon-


ferenza Γ.
56 CAPITOLO 3. LA CIRCONFERENZA

Equazione della polare di un punto


Sia Γ una circonferenza di equazione (3.4), P (x0 , y0 ) un punto del piano di-
verso da C, ed H(x0 , y 0 ) il punto della semiretta CP come in (3.15). Provi-
amo che:
l’equazione della polare di P è
x + x0 y + y0
x0 x + y0 y + a +b + c = 0. (3.16)
2 2
Si osservi che tale equazione è formalmente identica all’equazione (3.13)
che è l’equazione della polare di P quando P appartiene a Γ. Passiamo ora
a provare che per ogni punto la sua polare ha equazione (3.16).
Lapolare di P essendo perpendicolare a CP ha come vettore normale
a
x0 +
 2 
nr =  , pertanto ha equazione
 
 b 
y0 +
2
a b
(x0 + )(x − x0 ) + (y0 + )(y − y 0 ) = 0,
2 2
che può scriversi

a b
x0 x + y0 y + x + y + δ = 0 (3.17)
2 2
con
a a
δ = −(x0 + )x0 − (y0 + )y 0 . (3.18)
2 2
a b
Consideriamo ora il vettore H − C. Da una parte è H − C = (x0 + , y 0 + ).
2 2
Dall’altra, essendo parallelo (e concorde) al vettore P − C si ha H − C =
a b
ρ(P − C), (ρ > 0), ossia H − C = (ρ(x0 + ), ρ(y0 + )), e quindi
2 2
a a b b
x0 = − + ρ(x0 + ) e y 0 = − + ρ(y0 + ).
2 2 2 2
Sostituendo nella (3.18) si ha

a b a2 b2 a b
δ= x 0 + y0 + + − ρ[(x0 + )2 + (y0 + )2 ].
2 2 4 4 2 2
3.3. RETTE TANGENTI A UNA CIRCONFERENZA 57

a b a 2 b
Da P − C = (x0 + , y0 + ) segue ||P − C||2 = (x0 + ) + (y0 + )2 .
2 2 2 2
Ma H − C = ρ(P − C), cosı́ tenendo conto di (3.15) si ha
a b
ρ[(x0 + )2 + (y0 + )2 = ||H − C|| · ||P − C|| = r2
2 2
e quindi
a b a2 b2
δ= x0 + y0 + + − r2 .
2 2 4 4
a2 b2
essendo r2 = + − c, si ha
4 4
a b
δ= x0 + y0 + c
2 2
sostituendo tale valore di δ nella (3.17) si ottiene la (3.16).

3.3.3 Due proprietà della polarità e determinazione delle due


tangenti a una circonferenza per un punto ad essa es-
terno
TEOREMA 3.3.1 Se P èsterno a Γ, la sua polare è la retta che congiunge
i punti di contatto T1 e T2 delle due tangenti t1 e T2 condotte da P a Γ.

DIMOSTRAZIONE. Se t1 e t2 sono le due tangenti condotte da P a Γ e T1 e


T2 i loro rispettivi punti i contatto con Γ, restano individuati i due triangoli
rettangoli P T1 C e P T2 C. Detto K il punto in cui la retta congiungente T1
e T2 interseca la semiretta CP , per il primo teorema di Euclide applicato al
triangolo P T1 C si ha: |CK| · |CP | = r2 e quindi per la (3.15) K coincide
con H e cosı̀ la retta T1 T2 coincide con πP . 2

TEOREMA 3.3.2 (Teorema di reciprocità delle polari) Siano P e Q due


punti del piano diversi da C, allora P ∈ πQ se e solo se Q ∈ πp .
x + x1
DIMOSTRAZIONE. Siano P (x1 , y1 ) e Q(x2 , y2 ) e x1 x + y1 y + a +
2
y + y1
b + c = 0 la polare di P .
2
Si ha Q ∈ πP se e solo se
x2 + x1 y2 + y1
x1 x2 + y1 y2 + a +b +c=0
2 2
58 CAPITOLO 3. LA CIRCONFERENZA

ossia se e solo se P ∈ πQ . 2
Ne segue che le rette tangenti a Γ per un punto P ad essa esterno sono le
due rette congiungenti P con i punti di intersezione T1 e T2 di πP con Γ.

3.3.4 Altri modi per determinare la o le rette tangenti a una


circonferenza
La perpendicolarità di una tangente a una circonferenza Γ, di centro C, nel
punto di contatto T con la semiretta CT permette di determinare la tangente
(o le tangenti) ad una circonferenza in un suo punto (o da un punto esterno)
anche nel seguente modo.
Sia P (x0 , y0 ) un punto del piano esterno o appartenente ad una circonferenza
Γ di centro C(α, β) e raggio r, una retta t per P è tangente a Γ se e solo se la
distanza di C da t è uguale al raggio, ossia d(C, t) = r. Pertanto si considera
l’equazione del fascio di rette di centro P : a(x − x0 ) + b(y − y0 ) = 0, tra
tutte le rette del fascio la tangente (o le tangenti) sono quelle corrispondenti
ai valori della coppia (delle coppie) (a, b) ottenuti risolvendo

|aα + bβ − (ax0 + by0 )|


√ =r
a2 + b2

Si può risolvere lo stesso problema in via più algebrica imponendo che


l’equazione risolvente del sistema tra l’equazione della circonferenza e quella
della generica retta del piano passante per P abbia discriminante uguale a
zero.

3.4 Rappresentazioni parametriche di una circon-


ferenza
In un piano xOy si consideri una circonferenza Γ di centro C(x0 , y0 ) e raggio
r. Per ogni punto P (x, y) di Γ resta determinato il vettore (libero) P − C =
(x−x0 , y −y0 ) che ha norma r. Detto H il punto di intersezione del diametro
della circonferenza parallelo all’asse delle x, il vettore H − C è parallelo al
vettore i ed ha norma r. Pertanto H − C = r(1, 0) = (r, 0). Allo stesso modo
detto T il punto di intersezione del diametro della circonferenza parallelo
all’asse y , il vettore T − C è parallelo al versore j ed ha norma r, ossia
T − C = (0, r).
3.4. RAPPRESENTAZIONI PARAMETRICHE DI UNA CIRCONFERENZA59

Detto ϕ l’angolo compreso tra H − C e P − C si ha:


(x − x0 , y − y0 ) · (r, 0) r(x − x0 )
cos ϕ = =
r·r r2
da cui
x = x0 + r cos ϕ.
D’altra parte, per le posizioni fatte, l’angolo compreso tra P − C e T − C
è π/2 − ϕ, pertanto
(x − x0 , y − y0 ) · (0, r) r(y − y0 )
cos(π/2 − ϕ) = =
r·r r2
e cosı̀, essendo cos(π/2 − ϕ) = sin ϕ,

y = y0 + r sin ϕ.

Posto, per comodità, t = ϕ risulta dunque che le coordinate di P soddis-


fano le:
(
x = x0 + r cos t
. (3.19)
y = y0 + r sin t
Inversamente se le coordinate di un punto soddisfano le (3.19) per un
opportuno valore di t si ha

||P − C|| = (x − x0 )2 + (y − y0 )2 = r2 (cos2 t + sin2 t) = r2

e cosı̀ P appartiene a Γ.

DEFINIZIONE 3.4.1 Le equazioni (3.19) con t ∈ [0, 2π] si dicono equazioni


parametriche della circonferenza di centro (x0 , y0 ) e raggio r.

NOTA. Alcuni autori preferiscono lasciare il simbolo ϕ nelle equazioni para-


metriche della circonferenza (3.19) per definire una seconda rappresentazione
parametrica della circonferenza di centro e raggio assegnati: infatti essi pon-
ϕ
gono t = tan per avere, con le formule di bisezione (per ϕ 6= π(mod. 2π)),
2
1 − t2 2t
x − x0 = r 2
, y − y0 = r .
1+t 1 + t2
Per i limiti di questo corso le equazioni parametriche di una circonferenza
sono quelle date in (3.19) ossia quelle con t = ϕ.
60 CAPITOLO 3. LA CIRCONFERENZA

3.4.1 Una proprietà della circonferenza e la letteratura clas-


sica
La circonferenza sia per la sua forma che per le sue proprietà ha da sempre
affascinato le persone di cultura di ogni tempo e non solo i matematici. Una
di queste sue proprietà, che mostra le conoscenze matematiche degli uomini
di cultura del passato, è legata al famoso problema di Didone.
Didone fu la mitica fondatrice della città di Cartagine, della quale si
hanno notizie da alcuni storici romani; tuttavia il resoconto più noto delle
vicende che la videro protagonista è quello messo in poesia da Virgilio in
[Eneide, V, libro I, versi 335-368: .... la gran cittade e l’alta rocca de la nuova
Cartago, che dal fatto Birsa nomossi, per l’astuta merce che per fondarla,
fér di tanto sito quanto cerchiar di bue potesse un tergo....].
La principessa fenicia Didone fuggı̀ con alcuni fedelissimi dalla città na-
tale di Tiro dopo aver scoperto che il re Pigmalione (suo fratello) aveva
assassinato suo marito Sicheo; dopo un lungo viaggio approdò sulle coste
dell’Africa settentrionale (in Libia). Qui contattò il re locale Iarba per
l’acquisto di un appezzamento di terra su cui costruire una nuova città: egli,
per tutta risposta, le affidò una pelle di toro e le disse che poteva prendere
tanto terreno quanto tale pelle potesse racchiuderne. Virgilio non descrive
dettagliatamente come Didone risolse il problema della pelle di toro; tuttavia
la tradizione tramanda che la principessa, senza perdersi d’animo, escogitò
un astuto stratagemma per accaparrarsi un terreno quanto più vasto fosse
possibile, includente la collina su cui costruire la rocca. Didone ordinò che la
pelle fosse tagliata in listarelle sottili, le quali fossero legate insieme ai capi
per formare una lunga corda. Con tale corda, la principessa fece congiungere
le rive dai lati opposti dell’altura, acquisendo cosı̀ la proprietà della collina
ed un comodo sbocco sul mare; inoltre viene specificato che Didone fece dis-
porre la corda a forma di semicerchio in modo da racchiudere la maggior
area possibile. Questo racconto, oltre a mettere in luce tutta l’astuzia della
futura regina di Cartagine, ebbe gli ingredienti necessari ad alimentare la
curiosità dei matematici: infatti porta con sè la questione del perché Didone
avesse scelto proprio la forma semicircolare per delimitare quella che riteneva
essere la maggior superficie possibile. Ecco cosı̀ spiegati l’origine ed il nome
del problema di Didone:
Tra tutte le curve della stessa lunghezza aventi estremi su una retta asseg-
nata, determinare quelle che delimitano con la retta la figura piana d’area
maggiore.
Il problema di Didone è collegato al famoso problema isoperimetrico:
3.4. RAPPRESENTAZIONI PARAMETRICHE DI UNA CIRCONFERENZA61

Tra tutte le figure piane aventi lo stesso perimetro, determinare quelle aventi
area massima.
Altri problemi, simili ai precedenti, si trovano narrati in diversi testi
dell’Antichità e del Medioevo. Il primo che viene alla mente è quello che si
trovò ad affrontare Orazio Coclite quando ebbe a ritirare il premio asseg-
natogli dalla gente di Roma per la sua eroica difesa della città. Tito Livio
racconta che, quando i repubblicani estromisero Tarquinio il Superbo dal
potere, gli Etruschi mossero contro Roma guidati da Porsenna. L’esercito
etrusco arrivò fino al Gianicolo ed avrebbe potuto entrare in città attraver-
sando il Tevere sul ponte Sublicio. Visto tale pericolo, Orazio Coclite or-
dinò ai soldati di abbattere il ponte mentre egli stesso, con l’aiuto di un
manipolo, avrebbe tenuto a bada gli avversari. La battaglia infuriò finché
i contendenti furono sorpresi dal frastuono provocato dal crollo del ponte e
dalle urla dei soldati romani; approfittando di quegli attimi concitati, Coclite
si gettò nel fiume e, nonostante fosse bersagliato dagli arcieri nemici e tratto
a fondo dal peso della propria armatura, nuotando riuscı̀ ad arrivare vivo
sull’altra sponda del Tevere. Grati per aver salvato la città dall’invasione,
i romani dedicarono a Coclite una statua; inoltre, volendogli assegnare una
ricompensa meno simbolica, pensarono di lasciargli un terreno. Tuttavia
la cittadinanza non stabilı̀ quanto tale terreno dovesse esser grande: l’unica
clausola imposta a Coclite fu che egli avrebbe potuto prendere possesso di un
appezzamento avente perimetro tracciabile con l’aratro in un’unica giornata
di lavoro. Evidentemente anche il problema di aratura che si trovò ad af-
frontare Orazio Coclite era di tipo isoperimetrico: egli opportunisticamente
avrebbe voluto massimizzare l’area dellappezzamento, ma era costretto a sot-
tostare al vincolo dell’unica giornata di lavoro (che, a conti fatti, si traduce
in un vincolo sulla lunghezza dell’arco tracciato dallaratro).
Saxo Grammaticus, letterato danese del XII secolo, narra una storia
molto simile a quella di Didone a proposito di Iwar, figlio del leggendario
re vichingo Ragnar Lodbrok. La leggenda narra che Ragnar, condannato a
morte dopo essere stato catturato in battaglia, venne gettato in una fossa
piena di serpenti velenosi cosı̀ come ordinato dal re Ella di Northumbria. I
quattro figli di Ragnar cercarono di vendicare la morte del padre invadendo
il regno di Ella, però furono costretti a ritirarsi a causa della superiorità nu-
merica dell’ esercito degli Angli. Il giovane Iwar si recò da Ella per chiedere
un guidrigildo per l’assassinio del padre; come risarcimento venne stabilito
che Iwar acquisisse la proprietà di tanta terra quanta ne potesse essere rac-
chiusa da una pelle di bue. Proprio come Didone, Iwar ricavò una lunga
corda dalla pelle e la distese al suolo in forma di circonferenza, delimitando
62 CAPITOLO 3. LA CIRCONFERENZA

cosı̀ un’area vastissima di cui acquis la proprietà: su tale terreno Iwar fondò
una nuova citt (che alcune fonti identificano con York).
Chiudiamo queste brevi considerazioni storiche, che mostrano come nel
passato la conoscenza di risultati della matematica del tempo appartenesse
non solo agli studiosi di scienze, rimandando il lettore all’articolo di Guglielmo
Di Meglio Il problema isoperimetrico classico, storia e mito disponibile in
rete (cfr Matematicamente.it n.13 Agosto 2010 da cui abbiamo tratto anche
alcune considerazioni precedenti) che alla fine offre un’idea su quanto terreno
potesse racchiudere Didone con la pelle del toro: più o meno 15 campi di
calcio.

3.5 Esercizi e complementi


Di seguito, supporremo fissato nel piano un sistema di riferimento monomet-
rico ortogonale ossia in tutti gli esercizi supponiamo fissato un piano xOy.
Inoltre, anziché scrivere la circonferenza (o retta) di equazione f (x, y) = 0
scriveremo la circonferenza (o retta) f (x, y) = 0 ossia, come usuale, per
motivi di brevità di espressione identifichiamo la curva con la sua equazione.

ESERCIZIO 3.5.1 Verificare che l’equazione 3x2 +3y 2 +12x−18y +9 = 0


rappresenta una circonferenza. Determinare il centro e raggio di tale circon-
ferenza.

SOLUZIONE. Dividendo per 3 ambo i membri dell’equazione si ha x2 +


y 2 + 4x − 6y + 3 = 0 che è un’equazione di secondo grado nelle incognite
x e y coi coefficienti dei termini di secondo grado uguali e mancante del
termine misto xy. Poiché a2 + b2 − 4c = 16 + 36 − 12 = 40 > 0 essa
rappresenta quindi una circonferenza. Il centro è il punto C(−2, 3) e il
1p 2 1√ √
raggio r = a + b2 − 4c = 40 = 10.
2 2
ESERCIZIO 3.5.2 Dire se la retta x − y + 1 = 0 è secante, tangente o
esterna alla circonferenza x2 + y 2 − 4x + 1 = 0.

SOLUZIONE. La circonferenza data ha centro C(2, 0) e raggio r = 3. La
distanza del centro della circonferenza dalla retta assegnata è

|1 · 2 + (−1) · 0 + 1| 3 2
d= √ =
2 2
ed essendo essa maggiore del raggio la retta è esterna.
3.5. ESERCIZI E COMPLEMENTI 63

ESERCIZIO 3.5.3 Verificare che il punto P (2, 1) appartiene alla circon-


ferenza Γ : x2 +y 2 −4x+2y +1 = 0 e scrivere l’equazione della retta tangente
a Γ in P .

SOLUZIONE. Usiamo la condizione di appartenenza: 4 + 1 − 8 + 2 + 1 = 0


e pertanto P appartiene a Γ. La retta tangente in un punto di una circon-
ferenza coincide con la retta polare del punto e quindi è:
x+2 y+1
2x + y − 4 +2 +1=0
2 2
ossia
y − 1 = 0.

ESERCIZIO 3.5.4 Scrivere le equazioni delle tangenti condotte dal punto


P (−3, 0) alla circonferenza x2 + y 2 − 6x − 2y + 1 = 0.

SOLUZIONE. Prima verifichiamo che il punto P è esterno alla circonferenza,


ossia che la sua distanza dal centro è maggiore del raggio. Il centro è il punto
C(3, 1) e il raggio è r = 3. si ha
p √
d(P, C) = ||C − P || = ||(6, 1)|| = 62 + 12 = 37 > 3

pertanto P è esterno alla circonferenza.


Per calcolare le tangenti condotte da P usando il metodo della retta po-
lare nel calcolo delle intersezioni di essa con al circonferenza i calcoli vengono
laboriosi e quindi procediamo con un altro metodo che si basa sulla seguente
proprietà della retta tangente ad una circonferenza: una retta tangente a
una circonferenza ha distanza r dal centro della circonferenza. Pertanto le
rette tangenti richieste sono le rette del fascio di centro P che distano 3 dal
centro. Il fascio di rette di centro P (−3, 0) ha equazione

a(x + 3) + by = 0

ossia

ax + by + 3a = 0.

Le rette che distano 3 da C(3, 1) soddisfano la

|3a + b + 3a|
√ =3
a2 + b2
64 CAPITOLO 3. LA CIRCONFERENZA

cioé

|6a + b|
√ =3
a2 + b2

da cui

(6a + b)2 = 9(a2 + b2 )

e quindi

27a2 + 12ab − 8b2 = 0.

Quest’ultima è un’equazione omogenea di secondo grado in a e b. Ovvi-


amente b 6= 0 sennò a = 0 e le rette tangenti non esisterebbero. Per le
proprietà delle equazioni omogenee per risolverla basta porre b = 1 e deter-
minare a:

27a2 + 12a − 8 = 0


ed essendo = 62 · 7
4
si ha
√ √
−6 ∓ 6 7 −2 ∓ 2 7
a= = .
27 9

Pertanto le due rette tangenti in P alla circonferenza sono2 :


√ √ √ √
2+2 7 2+2 7 2 7−2 2 7−2
−( )x + y − ( )=0e( )x + y + ( )=0
9 3 9 3

ossia
√ √ √ √
((2 + 2 7)x + 9y − 3(2 + 2 7) = 0 e (2 7 − 2)x + 9y + 3(2 7 − 2) = 0.

ESERCIZIO 3.5.5 Determinare l’equazione della circonferenza con centro


C(−1, 3) e passante per il punto P (2, 1).
2
Ricordiamo che abbiamo posto b = 1.
3.5. ESERCIZI E COMPLEMENTI 65

SOLUZIONE. Si tratta di determinare l’equazione della circonfeenza di cen-


tro C(−1, 3) e raggio r = ||P − C||.
Calcoliamo quindi il raggio:

r = 9 + 16 = 5.

L’equazione richiesta è quindi

(x + 1)2 + (y − 3)2 = 25

ossia

x2 + y 2 + 2x − 6y − 15 = 0.

ESERCIZIO 3.5.6 Verificare che i tre punti A(2, 3), B(−1, 1) e C(2, −2)
non sono allineati e determinare l’equazione della circonferenza passante per
essi.

SOLUZIONE. Poiché i vettori B − A = (−3, −2) e C − A = (0, −5) sono


linearmente indipendenti i tre punti A, B e C non sono allineati. Anche
in questo caso si tratta di determinare l’equazione della circonferenza con
centro e raggio assegnati. Infatti il centro è il punto I di intersezione di due
dei tre assi dei segmenti [AB], [BC] e [AC] ed il raggio è r = ||A − I||.
1
Asse di [AB]: Il punto medio del segmento [AB] è MAB ( , 2) pertanto l’asse
2
è:
1
−3(x − ) − 2(y − 2) = 0
2
ossia

6x + 4y − 11 = 0.

1
Asse di [AC]: Il punto medio del segmento [AC] è MAC (2, ) pertanto l’asse
2
è:
1
−5(y − ) = 0
2
ossia
1
y= .
2
66 CAPITOLO 3. LA CIRCONFERENZA

Il centro I è allora la soluzione del sistema lineare


(
6x + 4y − 11 = 0
y − 12 = 0

3 1
ossia I( , ).
2 2
1√
Il raggio è quindi r = ||A − I|| = 26.
2
Pertanto la circonferenza ha equazione:
3 1 26
(x − )2 + (y − )2 =
2 2 4
ossia
x2 + y 2 − 3x − y − 4 = 0.

ESERCIZIO 3.5.7 Scrivere l’equazione della circonferenza che passa per


l’origine O(0, 0) ed è tangente nel punto P (2, 1) alla retta x − y − 1 = 0.

SOLUZIONE. La circonferenza richiesta ha per centro il punto di inter-


sezione C dell’asse del segmento [OP ] con la retta per P perpendicolare alla
tangente x − y − 1 = 0 e per raggio r = ||C − P ||.
Asse del segmento [OP ]. MOP (1, 1/2), P −O = (2, 1): 2(x−1)+1(y−1/2) =
0 ossia 4x + 2y − 5 = 0.
Retta per P perpendicolare a x − y − 1 = 0: (x − 2) + (y − 1) = 0 ossia
x + y − 3 = 0.
Il centro è allora la soluzione del sistema lineare:
(
4x +2y −5 = 0
x +y −3 = 0

1 7
ossia C(− , ).
2 2
5√
r
1 7
Il raggio è r = ||C − O|| = (− )2 + ( )2 = 2.
2 2 2
Pertanto la circonferenza ha equazione:
1 7 25
(x + )2 + (y − )2 =
2 2 2
ossia
x2 + y 2 + x − 7y = 0.
3.5. ESERCIZI E COMPLEMENTI 67

ESERCIZIO 3.5.8 Determinare le equazioni delle circonferenza di raggio


4 passanti per il punto A(−2, 6) e aventi l’ordinata del centro il triplo della
relativa ascissa.

SOLUZIONE. Il centro C della/e circonferenza/e richieste è del tipo: C(α, 3α).


Da
q p
4 = r = ||C − A|| = (α + 2)2 + (3α − 6)2 = 10α2 − 32α + 40

segue
5α2 − 16α + 12 = 0,
che ha come soluzioni α1 = 65 e α2 = 2, pertanto ci sono due circonferenze del
tipo richiesto, ossia di raggio 4 e centri C1 ( 56 , 18
5 ) e C2 (2, 6) rispettivamente,
e sono rappresentate dalle equazioni:
6 18
(x − )2 + (y − )2 = 16 e (x − 2)2 + (y − 6)2 = 16
5 5
ossia

5x2 + 5y 2 − 4x − 36y − 8 = 0 e x2 + y 2 − 4x − 12y + 24 = 0.

ESERCIZIO 3.5.9 Determinare le coordinate del polo P della retta x +


2y − 1 = 0 rispetto alla circonferenza x2 + y 2 − 4x + 6y − 3 = 0.

SOLUZIONE. Cerchiamo il punto P (x0 , y0 ) tale che la sua polare

`p : x0 x + y0 y − 2(x + x0 ) + 3(y + y0 ) − 3 = 0

ossia
`p : (x0 − 2)x + (y0 + 3)y − 2x0 + 3y0 − 3 = 0
coincida con la retta x + 2y − 1 = 0.
Ciò accade se e solo se le due rette hanno equazioni proporzionali, ossia
se e solo se
x0 − 2 y0 + 3 −2x0 + 3y0 − 3
= = .
1 2 −1
Ne segue
(
2x0 − y0 − 7 = 0
x0 − 3y0 + 5 = 0
68 CAPITOLO 3. LA CIRCONFERENZA

La matrice di tale sistema ha determinante −5 6= 0 e quindi ha una sola


soluzione data da
26 17
x0 = , y0 =
5 5
che sono le coordinate del polo P della retta data.

ESERCIZIO 3.5.10 Determinare le rette parallele alla retta 2x + 3y = 0


e tangenti alla circonferenza x2 + y 2 − 2x + 4y − 1 = 0.

SOLUZIONE. Le rette richieste hanno equazione del tipo 2x + 3y + k = 0


e la loro distanza dal centro della circonferenza è uguale al raggio, pertanto
avendo il centro coordinate (1, −2) e essendo il raggio r = 2 si ha:

|2 − 6 + k|
√ =2
13
da cui √
|k − 4| = 13
e quindi √
k = 4 ± 2 3.
Le rette richieste sono due e la loro equazione è:
√ √
2x + 3y + 4 + 2 3 e 2x + 3y + 4 + 2 3.

3.5.1 Antipolarità rispetto a una circonferenza


Sia Γ una circonferenza di centro C e P un punto del piano, l’antipolare di
P rispetto a Γ è la retta r0 simmetrica della polare rP di P rispetto al centro
C di Γ.
Associando ad ogni punto del piano la sua antipolare si definisce una
biiezione tra l’insieme dei punti del piano e l’insieme delle rette del piano
(antipolarità rispetto alla circonferenza Γ).

ESERCIZIO 3.5.11 Determinare l’equazione dell’antipolare del punto P (2, 3)


rispetto alla circonferenza x2 + y 2 − 2x + 4y − 1 = 0.

SOLUZIONE. La polare `p di P ha equazione

`P : 2x + 3y − (x + 2) + 2(y + 3) − 1 = 0
3.5. ESERCIZI E COMPLEMENTI 69

ossia
x + 5y + 3 = 0.
Il centro della circonferenza è il punto P (1, −2), quindi l’antipolare di P ,
ossia la simmetrica della retta `p rispetto a C, è la retta

2 − x + 5(−4 − y) + 3 = 0

ossia
x + 5y + 15 = 0.

3.5.2 Equazione della circonferenza in coordinate polari.


Sia Γ una circonferenza di equazione x2 + y 2 + 2ax + 2by + c = 0, sostituendo
in essa le (1.12) si ha

ρ2 + 2ρ(a cos θ + b sin θ) + c = 0. (3.20)

Siano (ρ0 , θ0 ) le coordinate polari del centro di Γ, allora

−a = ρ0 cos θ0 , −b = ρ0 sin θ0

inoltre
c = a2 + b2 − r2 = ρ20 − r2
e cosı̀ la (3.20) diviene

ρ2 − 2ρρ0 cos(θ − θ0 ) + ρ20 − r2 = 0. (3.21)

che è l’equazione in coordinate polari della circonferenza scritta in funzione


delle coordinate polari del suo centro e del raggio r.
Se il centro coincide con il polo del sistema di coordinate polari, i.e.
ρ0 = 0, la (3.21) diviene
ρ = r. (3.22)

3.5.3 Equazione della circonferenza e riferimento canonico


Sia Γ : x2 + y 2 + ax + by + c = 0 una circonferenza di un piano munito di un
a b
riferimento cartesiano. Il suo centro è quindi il punto C(− , − ) ed il suo
2 2
1p 2 2
raggio è dato da a + b − 4c.
2
70 CAPITOLO 3. LA CIRCONFERENZA

Consideriamo il sistemadi riferimento x0 Cy 0 , le formule di cambiamento


a
 x = x0 −

di riferimento sono allora : 2 . L ’equazione di Γ in questo
b
 x = y0 −

2
nuovo riferimento diviene pertanto

x02 + y 02 = r2 .

Tale riferimento (ossia con origine nel centro della circonferenza) si dice
riferimento canonico della circonferenza.
Capitolo 4

Ellisse

4.1 Definizione e prime proprietà


DEFINIZIONE 4.1.1 L’ellisse è l’insieme dei punti di un piano tali che
la somma delle distanze di ciascuno di essi da due punti fissati F1 e F2 del
piano è costante ed è la stessa per tuti i punti dell’insieme. I punti F1 e F2
si dicono fuochi dell’ellisse.

Sia E un ellisse di fuochi F1 e F2 e come sistema di riferimento nel piano


che contiene l’ellisse scegliamo come asse delle x la retta congiungente i
due fuochi. L’origine del riferimento O sia il punto medio del segmento
di estremi F1 e F2 , e come asse y si consideri la retta del piano passante
per O e perpendicolare all’ asse x (e orientiamo tali rette). Abbiamo cosı̀
costruito una base ortonormale per le coordinate dei punti (costituita dai
vettori generatori normalizzati delle direzioni degli assi). |P F1 | + |P F2 | è
uguale a una costante che non dipende dalla posizione del punto P sull’ellisse.
Denotiamo con 2a tale costante, allora

|P F1 | + |P F2 | = 2a. (4.1)
Anche la lunghezza del segmento F1 F2 è una costante che denotiamo con
2c. Ciò comporta che

|F1 O| = |OF2 | = c, |F1 F2 | = 2c. (4.2)


Per la diseguaglianza triangolare si ha |F1 F2 | ≤ |P F1 | + |P F1 | da cui

c ≤ a. (4.3)

71
72 CAPITOLO 4. ELLISSE

Il caso c = a corisponde a una ellisse degenere. In questo caso la


diseguaglianza triangolare |F1 F2 | ≤ |P F1 | + |P F1 | diventa l’uguiaglianza:
|F1 F2 =≤ |P F1 | + |P F1 | e P F1 F2 collassa nel segmento [F1 F2 ]. Poiché
P ∈ [F1 F2 ], una ellisse degenere di fuochi F1 e F2 è il segmento [F1 F2 ]. Il
caso dell’ellisse degenere viene usualmente escluso ponendo

0 ≤ c < a. (4.4)
Le formule (4.2) determinano i fuochi F −1 e F2 nel sistema di coordinate
che abbiamo scelto:

F1 (−c, 0), F2 (c, 0). (4.5)


Avendo determinato le coordinate dei fuochi e conoscendo quelle del
punto P = P (x, y) otteniamo el seguenti relazioni epr i segmenti [P F1 ] e
[P F2 ]:
q q
|M F1 | = y 2 + (x + c)2 , |M F2 | = y 2 + (x − c)2 . (4.6)

L’equazione canonica dell’ellisse. Sostituendo la (4.6) nell’uguaglianza


(4.1) che definisce l’ellisse:
q q
y 2 + (x + c)2 + y 2 + (x − c)2 = 2a. (4.7)

Isolando il primo radicale e elevando a quadrato l’espressione ottenuta si


ha:
q
y 2 + (x + c)2 = 4a2 + y 2 + (x − c)2 − 4a y 2 + (x − c)2 . (4.8)
Svluppando i quadrati e raccoglendo i termini simili si ottiene:
q
4a y 2 + (x − c)2 = 4a2 − 4xc. (4.9)
Dividendo per 4 nella (4.9) ed elevando ambo i membri al quadrato
dell’ugauglianza ottenuta si ha:

a2 (y 2 + (x − c)2 ) = a4 − 2a2 cx + x2 c2 . (4.10)


Effettuando i calcoli si ottiene:

x2 (a2 − c2 ) + y 2 a2 = a2 (a2 − c2 ). (4.11)


4.1. DEFINIZIONE E PRIME PROPRIETÀ 73

Entrambi i membri dell’uguaglianza (4.11) contengono la quantità a2 −c2 .


Per la (4.4) tale quantità è positiva, e pertanto la possiamo scrivere come
quadrato di un numero b > 0:

a2 − c2 := b2 . (4.12)
Per la (4.12) l’uguaglianza (4.11) può essere scritta cosı̀:

b2 x2 + y 2 x2 = a2 b2 . (4.13)
Poichè b > 0 e a > 0 l’uguaglianza (4.13) diventa:

x2 y 2
+ 2 = 1. (4.14)
a2 b

DEFINIZIONE 4.1.2 L’equazione (4.14) è l’equazione canonica dell’ellisse.

TEOREMA 4.1.1 Le coordinate di ogni punto P (x, y) dell’ellisse deter-


minato dall’equazione iniziale (4.7) soddisfano l’equazione (4.14).

DIMOSTRAZIONE. Consiste in tutti i calcoli fatti precedentemente che


dalla (4.7) hanno portato alla (4.14). 2
L’equazione canonica (4.14) fornisce le seguenti due importanti diseguaglianze

|x| ≤ a |y| ≤ b. (4.15)

TEOREMA 4.1.2 L’equazione canonica (4.14) di un’ellisse è equivalente


all’equazione iniziale (4.7).

DIMOSTRAZIONE. È svolta a lezione. 2


Consideriamo di nuovo le diseguaglianze (4.15). Le coordinate di ogni
punto P (x, y) dell’ellisse le soddisfano.
Le prima di tali diseguaglianze diventa un uguaglianza quando il punto
P (x, y) coincide con il punto A(a, 0) oppure A0 (−a, 0). Le seconda dis-
eguaglianza delle (4.15)diventa un uguaglianza quando il punto P (x, y) co-
incide con il punto B(0, b) oppure B 0 (0, −b).

DEFINIZIONE 4.1.3 I punti A, A0 , B e B 0 sopra definiti sono i vertici


dell’ellisse. I segmenti [AA0 ] e [BB 0 ] sono gli assi dell’ellisse e i segmenti
[OA], [OA0 ], [OB] e [OB 0 ] sono i semiassi.
74 CAPITOLO 4. ELLISSE

Le costanti a, b e c soddisfano la relazione (4.12). Da essa e dalle (4.4)


ricaviamo
o < b ≤ a. (4.16)
Ciò suggerisce la seguente

DEFINIZIONE 4.1.4 Il semiasse [OA] è il semiasse maggiore dell’ellisse


e quello [OB] è il semiasse minore.

DEFINIZIONE 4.1.5 Un sistema di coordinate (O, (e1 , e2 )) con (e1 , e2 )


base ortonormale dove un’ellisse è data mediante la sua equazione canon-
ica (4.14) e dove sono soddifatte le diseguaglianze (4.16) è un sistema di
coordinate canonico dell’ellisse.

4.1.1 Eccentricità e direttrici di una ellisse. Proprietà delle


direttrici.
La forma e la grandezza di un’ellisse sono determinate dalle due costanti a e
b nella sua equazione canonica (4.14). Inoltre per la (4.12) la costante b può
essere espressa mediante la c. Moltiplicando entrambe le costanti a e c per
uno stesso numero cambia la grandezza dell’ellisse ma non la sua forma. Il
rapporto di queste due costanti
c
ε= (4.17)
a
è responsabile della forma dell’ellisse.

DEFINIZIONE 4.1.6 La quantità ε definita nella (4.17), dove a è il semi-


asse maggiore e c la semidistanza focale, è l’eccentricità di un’ellisse.

L’eccentricità (4.17) si usa per definire un’ulteriore parametro di un’ellisse.


Di solito esso è denotato con d:

a a2
d= = . (4.18)
ε c
DEFINIZIONE 4.1.7 Sul piano di una ellisse ci sono due rette parallele al
semiasse minore entrambe a distanza d data dalla formula (4.18) dal centro
dell’ellisse1 . Queste due rette si dicono direttrici dell’ellisse.
1
Il centro di un’ellisse è il punto di intersezione dei suoi due assi.
4.1. DEFINIZIONE E PRIME PROPRIETÀ 75

TEOREMA 4.1.3 (Proprietà delle direttrici.) Il rapporto della dis-


tanza di un arbitrario punto dell’ellisse da uno dei fuochi e la distanza di
questo punto dalla corrispondente direttrice è costante ed è uguale all’eccentricità
dell’ellisse.

DIMOSTRAZIONE. È svolta a lezione. 2


Supponiamo a > b.
Poiché c < a (cfr (4.12)) l’eccentricità di un’ellisse è sempre minore di 1.
Le due direttrici hanno quindi equazione x = ± aε , e si dicono rispettivamente
direttrice sinistra (quella col segno meno) e direttrice destra (quella col segno
più). Poiché ε < 1 si ha d > a e quindi le due direttrici sono esterne all’ellisse.

4.1.2 L’equazione della retta tangente a un’ellisse in un suo


punto
Si consideri un’ellisse data nella sua equazione canonica (4.14) nel suo sis-
tema di coordinate canonico. Sia P0 (x0 , y0 ) un punto dell’ellisse e si dis-
egni uan retta tangente all’ellisse passante per P0 . Vogliamo determinare
l’equazionedi tale retta.
L’ellisse è uan curva che consta di due metà: la parte sopra l’asse delle
x e quella sotto. Ciascuna di tali parte può essere vista come grafico di una
funzione y = f (x) con dominio ] − a, a[. L’equazione della retta tangente al
grafico di una funzione y = f (x) nel punto di ascissa x0 è data da.

y = y0 + f 0 (x0 )(x − x0 ). (4.19)


Per poter applicare la (4.19) a un’ellisse abbiamo bisogno della derivata
della funzione y = f (x).
Sostituiamo allora l’espressione y = f (x) nella (4.14)

x2 f 2 (x)
+ = 1. (4.20)
a2 b2
L’uguaglianza in (4.20) è verificata identicamente nella x. Deriviamo
ambo i membri dell’uguaglianza (4.20)

2x 2f (x)f 0 (x)
+ = 0. (4.21)
a2 b2
Da cui

b2 x
f 0 (x) = − . (4.22)
a2 f (x)
76 CAPITOLO 4. ELLISSE

Poiché y0 = f (x0 ) abbiamo:

b2 x0
f 0 (x0 ) = − . (4.23)
a 2 y0

Sostituiamo f 0 (x0 ) nella (4.19)

b2 x0
y = y0 − (x − x0 ). (4.24)
a2 y0

Eliminando il denominatore:

a2 yy0 + b2 xx0 = a2 y02 + b2 x0 2 . (4.25)

Dividendo ambo i membri della (4.25) per a2 b2 otteniamo:

xx0 yy0 x20 y02


+ = + 2. (4.26)
a2 b2 a2 b

x20 y02
Ma P0 (x0 , y0 ) appartiene all’ellisse, quindi + = 1 e quindi l’equazione
a2 b2
(4.26) diviene

xx0 yy0
+ 2 = 1. (4.27)
a2 b

Questa è l’equazione2 richiesta per la tangente a un’ellisse.


Possiamo riassumere quanto fatto nel seguente

TEOREMA 4.1.4 Per un’ellisse determinata dalla sua equazione canonica


(4.14) la retta ad essa tangente nel punto P (x0 , y0 ) ha equazione (4.27).

Sia n = (n1 , n2 ) il vettore normale della retta tangente in P0 all’ellisse,


poiché il riferimento canonico dell’ l’ellisse è ortonormale, abbiamo allora che

x0 y0
n1 = , n2 = .
a2 b2
2
Nota come Equazine della tangente con la formula dello sdoppiamento
4.1. DEFINIZIONE E PRIME PROPRIETÀ 77

4.1.3 Proprietà focali delle ellissi


Il termine fuoco è ben noto in ottica. È un punto dove i raggi luminosi
convergono su rifrazione in lenti o in specchi curvi. Nel caso dell’ellise as-
sumiamo che è fatto di un nastro sottiledi un qualche materiale flessibile e
pensiamo di collocare in uno dei due fuochi una sorgente luminosa e con-
sideriamo l’ellisse come una parete riflettente (ossia pensiamo l’ellisse con il
perimentro riflettente verso l’interno) . Allora:

TEOREMA 4.1.5 Ogni raggio di luce uscente da uno dei due fuochi dell’ellisse
viene riflesso dall’ellisse in direzione dell’altro fuoco (ossia in un raggio che
passa per l’altro fuoco).

Una versione geometrica di questo teorema di ottica è il seguente

TEOREMA 4.1.6 La perpendicolare a una retta tangente ad un’ellisse è


bisettrice dell’angolo formato dai segmenti che uniscono questo punto con i
due fuochi.

Questi due teoremi sono equivalenti per la legge di riflessione che afferma
che l’angolo di riflessione è uguale all’angolo di incidenza.
DIMOSTRAZIONE DEL TEOREMA 4.1.6. Consideriamo un sistema
di coordinate canonico per l’ellisse sia P0 (x0 , y0 ) un suo punto. Siano F1 e
F2 i due fuochi dell’ellisse e Q il punto in cui la perpendicolare per P0 alla
tangente all’ellisse in P0 interseca la retta F1 F2 . Il segmento [M N ] è diretto
lungo il vettore normale n della retta tangente. Per provare che questo
segmento è sulla bisettrice dell’angolo F1 P0 F2 è sufficiente provare che

cos(F1d
P0 N ) = cos(F2d
P0 N ). (4.28)
L’uguaglianza in coseni (4.28) è equivalente alla seguente uguaglianza
per prodotti scalari:
−−−→ −−−→
P0 F1 · n P0 F2 · n
= . (4.29)
|P0 F1 | |P0 F2 |
Avendo fissato il riferimento canonico per l’ellisse, si ha F1 (−c, 0) e
−−→
F2 (c, 0). Pertanto possiamo calcolare le componenti dei vettori P0 Fi , i = 1, 2:
! !
−−−→ −c − x0 −−−→ c − x0
P0 F1 = , P0 F2 = . (4.30)
−y0 −y0
78 CAPITOLO 4. ELLISSE

Inoltre per quanto visto nella sezione precedente (cfr (4.27))


 
x0
a2
n= . (4.31)
 
y0
a2

Usando (4.30) e (4.31), calcoliamo i prodotti scalari in (4.29):

−−−→ −cx0 − x20 y02 −cx0 x20 y02


P0 F1 = − = − 2− 2 (4.32)
a2 b2 a2 a b

−−−→ cx0 − x20 y02 cx0 x20 y02


P0 F2 = − = − 2 − 2. (4.33)
a2 b2 a2 a b

Poiché P0 (x0 , y0 ) appartiene all’ellisse si ha:

x20 y02
+ 2 =1
a2 b

quindi le (4.32) e (4.33) diventano

−−−→ −cx0 a2 + cx0 −−−→ cx0 a2 − cx0


P0 F1 = − 1 = − , P 0 F2 = − 1 = − . (4.34)
a2 a2 a2 a2

Calcoliamo adesso i denominatori nella (4.29):

a2 + cx0 a2 − cx0
|P0 F1 | = , |P0 F2 | = . (4.35)
a2 a2

Dalle formule (4.34) e (4.35) seguono le uguaglianze

−−−→ −−−→
P0 F1 · n 1 P0 F2 · n 1
=− e =− (4.36)
|P0 F1 | a |P0 F1 | a

Pertanto la (4.29) è provata. 2

Ne segue che anche il teorema 4.1.5 è provato stante l’equivalenza col


teorema (4.1.6).
4.2. COSTRUZIONE DELL’ELLISSE PER PUNTI. EQUAZIONI PARAMETRICHE DELL’ELLISSE.79

4.2 Costruzione dell’ellisse per punti. Equazioni


parametriche dell’ellisse.
Sia E un’ellisse, consideriamo nel piano un sistema di riferimento canonco
per E, allora E ha equazione

x2 y 2
+ 2 = 1. (4.37)
a2 b

Supponiamo a > b. Consideriamo due circonferenze di centro O(0, 0) e


raggi a e b rispettivamente. Si consideri una semiretta di origine O e sia t
l’angolo3 che essa forma con l’asse delle x. Sia P il punto di intersezione di
tale semiretta con la circonferenza di raggio a e Q il punto di intersezione
con la circonferenza di raggio b. Sia M il punto di intersezione della retta per
P parallela all’asse y con la retta per Q parallela all’asse delle x. Siano P1 e
Q1 le proiezioni4 di P e Q sull’asse delle x. Possiamo esprimere le coordinate
di M (x, y) in funzione di t, infatti

x = OP1 = OP · cos t = a cos t

y = P1 M = Q1 Q = OQ · sin t = b sin t.

In tal modo,
(
x = a cos t
. (4.38)
y = b sin t

Sostituendo questi due valori nell’equazione (4.37) si ha che essi la sod-


disfano per qualsiasi valore di t. Quindi il punto M appartiene all’ellisse.
Abbiamo quindi indicato come si può ottenere un punto dell’ellisse. Trac-
ciando una serie di semirette come descritto sopra possiamo ottenere tanti
punti dell’ellisse quanti ne vogliamo. Questo procedimento è spesso utilizzato
in pratica (congiungendo i punti ottenuti con un curvilineo si può tracciare
un’ellisse il cui profilo è abbastanza soddisfacente dal punto di vista pratico).
Le equazioni (4.38) sono le equazioni parametriche dell’ellisse.
3
La semiretta è orientata concordemente ad x e y e t è l’angolo dall’asse delle x alla
semiretta.
4
Ossia i punti di intersezione con l’asse x delle rette per P e Q perpendicolari all’asse
x.
80 CAPITOLO 4. ELLISSE

4.3 Ulteriori considerazioni sull’ellisse e commenti


Dalla definizione di ellisse deriva direttamente il procedimento seguente5
che permette di costruire un’ellisse con l’aiuto di un filo: fissiamo le due
estremità di un filo non estensibile in lunghezza uguale a 2a nei punti F1 ,
F2 e tendiamo il filo con la punta di una matita: passando lungo il filo, la
punta della matita descriverà un’ellisse con i fuochi F1 e F2 e la somma dei
raggi focali (ossia i due segmenti congiungenti un punto dell’ellisse coi due
fuochi) 2a.
Questa descrizione suggerisce la forma dell’ellisse: è una curva chiusa,
convessa simmetrica rispetto alla retta F1 F2 e rispetto alla retta perpen-
dicolare al segmento [F1 F2 e passante per il suo punto medio. La forma
dll’ellisse viene dedotta più in dettaglio analiticamente.

4.3.1 Brevi considerazioni analitiche sulla forma dell’ellisse


Per uno studio analitico della forma dell’ellisse occorre studiare la sua equazione
x2 y 2
(4.14): 2 + 2 = 1.
a b
– Essa contiene solamente termini delle potenze pari delle coordinate cor-
renti. Pertanto è simmetrica rispetto ai due assi cartesiani.
– Esprimendo nell’equazione (4.14) la y in funzione della x:
s
x2
y = ± b2 (1 − )
a2

ossia

bp 2
y=± a − x2 . (4.39)
a
Per la simmetria è sufficiente se consideriamo solo la parte nel primo
bp 2
quadrante: x ≥ 0 e y = a − x2 .
a
Per x = 0 si ha y0b, quindi il punto B(0, b) è il punto più a sinistra del
grafico in questione. È evidente che aumentando la x il radicando diminuisce
5
Tale descrizione è stata richiamata nel film ”Agorà” nella scena in cui la matematica
astronoma e filosofa Ipazia, personaggio principale del film, cerca una nuova descrizione
della traiettoria dei pianeti avendo intuito i limiti del modello Tolemaico.
4.3. ULTERIORI CONSIDERAZIONI SULL’ELLISSE E COMMENTI 81

e quindi anche la grandezza y diminuirà- Cosı̀ il punto P dell’ellisse si sop-


sta verso destra e verso il basso. Quando y = 0 si avrà x = a e cosı̀ il
punto P (x, y) dell’ellisse coinciderà con il punto A(a, 0) dell’easse x. Se x
aumenterà ancora, ossia se x > a allora il radicando diventerà negativo e cosı̀
y è una grandezza immaginaria. Pertanto il punto A è il punto più a destra
del grafico. L’arco AB rappresenta l’ellisse6 . Tracciando curve simmetriche
a questa prima rispetto agli assi delle coordinate si ottiene la traccia (grafico)
dell’ellisse.

4.3.2 Centro e assi di un’ellisse


Il punto di intersezione degli assi dell’ellisse è il centro.
Nelle nostre considerazioni il riferimento canonico per l’ellisse ha per asse
x la retta congiungente i fuochi,e quindi AA0 è l’asse maggiore. Ovviamente
può capitare di dover disporre l’ellisse in modo diverso, in particolare di
avere i due fuochi sull’asse y in tal caso b > a e l’asse maggiore è b.
Se b = a l’equazione dell’ellisse diventa x2 + y 2 = a2 ossia una cir-
conferenza di centro l’origine del sistema cartesiano e raggio a. Pertanto,
possiamo considerare la circonferenza come un caso particolare dell’ellisse.

4.3.3 Ellisse come proiezione o sezione


Grazie alle equazioni parametriche è possibile dimostrare i seguenti due teo-
remi di cui diamo solo l’enunciato.

Teorema Ogni proiezione di una circonferenza (giacente in un piano α) su


un piano arbitrario è un’ellisse.

Teorema Ogni sezione di un cilindro circolare con un piano non parallelo


al suo asse è un’ellisse

4.3.4 Tangenti ad un’ellisse condotte da un punto esterno


Se P è un punto esterno ad un’ellisse allora per esso passano due rette
tangenti all’ellisse. Nella sezione esercizi e complementi risolveremo alcuni
esercizi per mostrare come si determinano tali rette tangenti.

6
Abbiamo trascurato la concavità per non appesantire troppo la discussione
82 CAPITOLO 4. ELLISSE

4.3.5 Diametri di un’ellisse


Apollonio: i punti medi delle corde parallele di un’ellisse sono allineati
(ossia giacciono su una stessa retta).
Ogni tale retta, luogo dei punti medi di corde parallele, si chiama di-
ametro dell’ellisse. Tutti i diametri dell’ellisse passano per il centro. Se
d è un diametro, esso dà vita a una famiglia di corde ad esso parallele, il
diametro di tale famiglia si dice diametro coniugato a d.

4.3.6 Equazione di un’ellisse in coordinate polari


Sia E un’ellisse di fuochi F1 e F2 e come al solito sia 2c la distanza focale. Sia
P un punto dell’ellisse e sia assuma il riferimento di coordinate polari (ρ =
(r, θ) con polo il fuoco F2 (il fuoco a destra, e per comodit‘a pensiamo l’ellisse
con semiasse maggiore orizzontale) e raggio polare il segmento r = |F2 P |.
Sia H la proiezione (ortogonale) di P sul semiasse maggiore dell’ellisse. Per
il teorema di Pitagora applicato al triangolo rettangolo P F1 H si ha

|P F1 |2 = |F1 H|2 + |P H|2 ,

essendo |F1 H| = |F1 F2 | + |F2 H| essa si scrive

|P F1 |2 = (|F1 F2 | + |F2 H|)2 + |P H|2 .

Poiché |F1 F2 | = 2c, |F2 H| = r cos θ e |P H| = r sin θ si ha

|P F1 |2 = (2c + r cos θ)2 + r2 sin2 θ.

L’equazione (4.1) fornisce


q
(2c + r cos θ)2 + r2 sin2 θ + r = 2a

da cui

r(a + c cos θ) = a2 − c2 .

Da c = aε e b2 = a2 − c2 si ottiene allora

ar(1 + ε cos θ) = b2

ossia
4.4. COMPLEMENTI ED ESERCIZI 83

b2
r(1 + ε cos θ) = (4.40)
a
che è l’equazione canonica dell’ellisse in coordinate polari.
NOTA. L’equazione polare r(1+cos θ) = k rappresenta un’ellisse se 0 < ε < 1
(o meglio |ε| < 1). In generale essa rappresenta sempre una conica7 come
vedremo nei prossimi capitoli.
L’equazione polare dell’ellisse trova applicazioni in meccanica.

4.4 Complementi ed esercizi


Un’applicazione dell’equazione polare di un’ellisse La Terra descrive
attorno al Sole un’ellisse in cui il Sole è in uno dei due fuochi. Il punto in cui
la Terra è più vicina al Sole si chiama perielio, il punto in cui è più lontana
è detto afelio. Dato che
b2
r=
a(1 + ε cos θ)
il perielio corrisponde a θ = 0 e l’afelio a θ = π, per cui

b2 b2
rp = e ra = .
a(1 + ε) a(1 − ε)

Essendo b2 = a2 (1 − ε2 ) otteniamo

rp = a(1 − ε), ra = a(1 + ε).

Da queste equazioni ricaviamo:


1 ra − rp
a = (ra + rp ), ε = .
2 ra + rp

7
Una parabola per ε = 1 e un’iperbole se ε > 1.
84 CAPITOLO 4. ELLISSE
Capitolo 5

Iperbole

5.1 Definizione e prime proprietà


DEFINIZIONE 5.1.1 Un’ iperbole è l’insieme dei punti di un piano tali
che il valore assoluto della differenza delle distanze da due punti fissi F1 e
F2 del piano è costante ed è la stessa per ogni punto dell’insieme. I punti
F1 e F2 sono i fuochi dell’iperbole.

Sia I un’iperbole con fuochi F1 e F2 . Consideriamo un riferimento del pi-


ano il cui asse x è la retta F1 F2 , origine il punto medio O del segmento [F1 F2 ]
e aase y la retta per O perpendicolare all’asse x. Fissiamo una setssa unità
di misura sugli assi. Abbiamno cosı̀ scelto un sistema con base ortonormale.
Sia P (x, y) un punto dell’iperbole, dalla definzione 5.1.1 il valore assoluto
||P F1 | − |P F2 || è costante, che non dipende dalla posizione del punto. Sia
2a tale costante allora

||P F1 | − |P F2 || = 2a. (5.1)


Pertanto i punti dell’iperbole sono suddivisi in due sottoinsiemi. Quelli
per i quali la (5.1) si scrive

|P F1 | − |P F2 | = 2a (5.2)
Questi punti costituiscono il ramo destro dell’iperbole.
I punti dell’altro sottoinsieme sono quelli per ui la (5.1) si scrive

|P F2 | − |P F1 | = 2a. (5.3)

85
86 CAPITOLO 5. IPERBOLE

Questi punti costituiscono il ramo sinistro dell’iperbole.


Anche la lunghezza del segmento [F1 F2 ] è costante. Denotiamo tale
costante con 2c. Ciò comporta

|F1 O| = |OF1 | = c |F1 F2 | = 2c. (5.4)


Per la diseguaglianza triangolare |F1 F2 | ≥ ||P F1 | − |P F2 || e (5.2), (5.3),
(5.4) si ha

c ≥ a. (5.5)
Il caso c = a in (5.5) corrisponde ad un’iperbole degenere. In questo caso
la diseguaglianza: |F1 F2 | ≥ ||P F1 | − |P F2 || diventa l’uguaglianza |F1 F2 | =
||P F1 | − |P F2 || che dà vita a due sottocasi.
Nel primo sottocaso la |F1 F2 | = ||P F1 | − |P F2 || si scrive:

|F1 F2 | = |P F1 | − |P F2 |. (5.6)

L’uguaglianza (5.6) significa che il triangolo F1 P F2 si riduce al segmento


[F1 P ], ossia il punto P giace sulla semiretta destra dell’asse x con origine
F2 .
Nel secondo sottocaso la |F1 F2 | = ||P F1 | − |P F2 || si scrive:

|F1 F2 | = |P F2 | − |P F1 |. (5.7)
l’uguaglianza (5.7)significa che il triangolo F1 P F2 si riduce al segmento
[F2 P ], ossia il punto P giace sulla semiretta sinistra dell’asse x con origine
in F1 .
Cosı̀ se c = a l’iperbole degenere è l’unione di due semirette disgiunte e
con versi opposti dell’asse x.
Un altro caso degenere si presenta quando a = 0. In tal caso i rami
dell’iperbole si rettificano e unendoli giacciono sull’asse y.
Entrambi questi casi sono di solito esclusi ponendo:

c > a > 0. (5.8)


Le formule (5.4) determinano le coordinate dei fuochi nel sistema di co-
ordinate scelto:

F1 (−c, 0) F2 (c, 0) (5.9)


5.1. DEFINIZIONE E PRIME PROPRIETÀ 87

Avendo le coordinate dei fuochi dell’iperbole ed essendo il suo generico


punto P (x, y) abbiamo
q
|P F1 | = y 2 + (x + c)2 (5.10)
q
|P F2 | = y 2 + (x − c)2 (5.11)
L’equazione canonica dell’iperbole.
Come si è visto sopra, l’uguaglianza (5.1) che definisce un’iperbole si
divide nelle due uguaglianze (5.2) e (5.3) corrispondenti ai due rami destro
e sinistro dell’iperbole.
Consideriamo insieme queste due ultime uguaglianze

|P F1 | − |P F2 | = ±2a. (5.12)
Sostituiamo le due espressioni (5.10) e (5.11) nella (5.12).
q q
y 2 + (x + c)2 − y 2 + (x − c)2 = ±2a. (5.13)
Isoliamo la prima radice
q q
y 2 + (x + c)2 = ±2a + y 2 + (x − c)2 . (5.14)
Elevando al quadro ambo i membri della (5.14) e riducendo i termini
simili si ha:
q
±4a y 2 + (x − c)2 = 4a2 − 4xc. (5.15)
Effettuando ulteriori calcoli, in modo simile a quanto fatto per l’ellisse,
si eprviene a

x2 (a2 − c2 ) + y 2 a2 = a2 (a2 − c2 ). (5.16)


La quantità a2 − c2 compare in ambo i membri della (5.16) ed è negativa,
ponendo allora

a2 − c2 = −b2 (5.17)
la (5.16) diventa

−b2 x2 + a2 y 2 = −a2 b2 . (5.18)


Ma a > 0, b > 0 quindi possiamo dividere per −a2 b2 ed avere
88 CAPITOLO 5. IPERBOLE

x2 y 2
− 2 = 1. (5.19)
a2 b

DEFINIZIONE 5.1.2 L’equazione (5.19) è l’equazione canonica dell’iperbole.

Abbiamo cosı̀ provato il seguente

TEOREMA 5.1.1 Le coordinate di ogni punto P (x, y) dell’iperbole deter-


minata dall’equazione iniziale (5.13) soddisfano l’equazione canonica (5.19).

Dall’equazione canonica (5.19) si ricava

|x| ≥ a. (5.20)

Ragionando in maniera analoga a quanto fatto per l’ellisse si dimostra il


seguente

TEOREMA 5.1.2 L’equazione canonica (5.19) dell’iperbole è equivalente


all’equazione iniziale (5.13).

Consideriamo ancora la (5.20) che è verificata dalle ascisse dei punti


dell’iperbole. La (5.20) diventa un’uguaglianza se P coincide con A(a, 0)
oppure con A0 (−a, 0)

DEFINIZIONE 5.1.3 I punti A(a, 0) e A0 (−a, 0) sono i vertici dell’ellisse.


Il segmento [AC] è l’asse trasverso (o reale) dell’iperbole e i segmenti [OA]
e [OA0 ] sono i suoi semiassi reali.

La costante a dell’equazione (5.19)è la lunghezza del semiasse [OA]. Per


la costante b non c’è alcun segmento di lunghezza b.
Per questo motivo essa è chiamata la lunghezza del semiasse immaginario
dell’iperbole, ossia del semiasse che non esiste.

DEFINIZIONE 5.1.4 Un sistema di coordinate (O, (e1 , e2 )) con (e1 , e2 )


base ortonormale dove un’iperbole è rappresentata dalla sua equazione canon-
ica (5.19) si dice sistema di coordinate canonico di tale iperbole.
5.2. ECCENTRICITÀ E DIRETTRICI DI UN’IPERBOLE. 89

5.2 Eccentricità e direttrici di un’iperbole.


La forma e la grandezza di un’iperbole sono determinate dalle due costanti
a e b in (5.19). Per la (5.17) la costante b essere espressa in funzione di c.
Moltiplicando entrambe le costanti a e c per uno stesso numero cambia la
grandezza dell’iperbole, ma non la sua forma.
Il rapporto di queste due costanti
c
ε=. (5.21)
a
è responsabile per la forma dell’iperbole.

DEFINIZIONE 5.2.1 La quantità ε definita dalla (5.21), dove a è il semi-


asse reale e c la semidistanza focale, è l’eccentricità di un’iperbole.

L’eccentricità (5.21) permette di definire un ulteriore parametro per le


iperboli. Di solito tale parametro è denotato con d:

a a2
d= = . (5.22)
ε c

DEFINIZIONE 5.2.2 Nel piano di un’iperbole ci sono due due rette per-
pendicolari al suo asse reale e a distanza d data dalla (5.22) dal suo centro
(ossia l’intersezione degli assi reale e immaginario). Queste due rette sono
le direttrici dell’iperbole.

Ogni iperbole ha due fuochi e due direttrici, e ciascuna direttrice ha il suo


fuoco corrispondente: quello più vicino ad essa. Sia P (x, y) un punto arbi-
trario dell’iperbole, congiungiamo tale punto con il fuoco a sinistra F1 (−c, 0)
dell’iperbole e conduciamo da P la perpendicolare alla direttrice sinistra1
dell’iperbole. Sia H1 il piede di tale perpendicolare sulla direttrice e calcol-
iamo |M H1 |:

|M H1 | = |x − (−d)| = |d + x|. (5.23)


Tenendo conto della (5.22), la (5.23) si scrive:

a2 a2 + cx
|M H1 | = | + x| = | |. (5.24)
c c
1
Evidentemente abbiamo considerato il riferimento canonico per l’iperbole in questione.
90 CAPITOLO 5. IPERBOLE

D’altra parte, si ha anche (ciò è provato a lezione nella dimostrazione del


teorema 5.1.2)

a2 a2 + cx
|M F1 | = | + x| = | |. (5.25)
c a
Cosı̀

|M F1 | c
= = ε. (5.26)
|M H1 | a
Il punto P può cambiare la sua posizione sull’iperbole, cosı̀ il numeratore
e il denominatore della frazione cambiano, ma il valore della frazione non
cambia, pertanto

TEOREMA 5.2.1 (proprietà delle direttrici) Il rapporto tra la dis-


tanza di un arbitrario punto P dell’iperbole da uno dei fuochi dell’iperbole e
la distanza di P dalla direttrice corrispondente a tale fuoco è costante, ed è
uguale all’eccentricità dell’iperbole.

5.3 Retta tangente all’iperbole in un suo punto


Come per l’ellisse ci avvarremo di nozioni di calcolo differenziale. Consid-
eriamo fissato il riferimento canonico per un’iperbole, tracciamo una retta
tangente all’iperbole con vttore normale n e sia P (x0 , y0 ) il punto di con-
tatto. Il nostro scopo è scrivere l’aquazione della retta tangente all’iperbole
nel punto P . Ricordiamo che un’iperbole consiste di due rami, ciascuna
ramo è composto di due metà: una nel semipiano positivo delle y e una
nel semipiano negativo delle y. Le metà superiori (i.e. quelle nel semipiano
positivo delle y) possono essere viste come grafico di una funzione del tipo
y = f (x) definita in ] − ∞, a[∪]a, ∞[. Lo stesso accade per le due metà
inferiori dell’iperbole: ossia sono il grafico di una funzione di una variabile
reale definita in ] − ∞, a[∪]a, ∞[. Per tali funzioni è nota l’equazione della
retta tangente2 : y = f 0 (x0 )(x − x0 ) + y0 .
Pertanto, come nel caso dell’ellisse, dobbiamo calcolare f 0 (x0 ) per avere
l’equazione della retta tangente.
Nell’equazione canonica dell’iperbole sostituiamo f (x) alla y:

x2 f 2 (x)
− =1 (5.27)
a2 b2
2
Ricorda y0 = f (x0 ) perché P appartiene all’iperbole.
5.3. RETTA TANGENTE ALL’IPERBOLE IN UN SUO PUNTO 91

che è identicamente soddisfatta in x.


Deriviamo ambo i membri della (5.27)

2x 2f 0 (x)f (x)
− =0 (5.28)
a2 b2
da cui

b2 x
f 0 (x) = . (5.29)
a2 f (x)
Quindi,
b2 x0
f 0 (x0 ) =
a2 f (x0 )
da cui, essendo y0 = f (x0 ),

b2 x0
f 0 (x0 ) = . (5.30)
a2 y0
Pertanto,
b2 x0
y= (x − x0 ) + y0
a2 y0
da cui eliminando i denominatori

a2 yy0 − b2 xx − 0 = a2 y02 − b2 x20

e dividendo ambo i membri di questa uguaglianza per a2 b2 si ha


xx0 yy0 x20 y02
− = − 2,
a2 b2 a2 b
x20 y02
ma P (x0 , y0 ) appartiene all’iperbole, quindi − 2 = 1 e cosı̀
a2 b
TEOREMA 5.3.1 la retta tangente a un’iperbole di equazione canonica
x2 y 2
− 2 = 1 in un suo punto P (x0 , y0 ) ha equazione:
a2 b
xx0 yy0
− 2 = 1. (5.31)
a2 b
Ne segue che il vettore normale alla retta tangente a un’iperbole la cui
x0 y0
equazione è in forma canonicaè dato da n = ( 2 , − 2 ).
a b
92 CAPITOLO 5. IPERBOLE

5.4 Proprietà focali dell’iperbole.


Come nel caso dell’ellisse assumiamo che l’iperbole è fatto di un nastro sottile
di un qualche materiale flessibile e pensiamo di collocare in uno dei due fuochi
una sorgente luminosa e consideriamo l’iperbole come una parete riflettente
(ossia pensiamo l’iperbole con il perimetro riflettente verso l’interno) . Al-
lora:

TEOREMA 5.4.1 Ogni raggio di luce uscente da uno dei due fuochi
dell’iperbole viene riflesso dall’iperbole in direzione dell’altro fuoco (ossia in
un raggio che passa per l’altro fuoco).

Una versione geometrica di questo teorema di ottica è il seguente

TEOREMA 5.4.2 La retta tangente di un’iperbole è bisettrice dell’angolo


formato dai segmenti che uniscono il punto di tangenza con i due fuochi (ed
è interna all’angolo F1d
P F2 ).

DIMOSTRAZIONE. È svolta a lezione. 2


Questi due teoremi sono equivalenti per la legge di riflessione che afferma
che l’angolo di riflessione è uguale all’angolo di incidenza.

5.5 Asintoti di un’iperbole.


Gli asintoti di una curva sono di solito pensati come una retta a cui il grafico
della curva si avvicina all’infinito. In un sistema di coordinate canonico per
x2 y 2
un’iperbole di equzione 2 − 2 = 1 gli asintoti dell’iperbole sono dati da
a b
b
y = ± x. (5.32)
a
Non mostriamo come si ottengono le equazioni degli asintoti perché ciò
coinvolge la teoria dei limiti che è parte del programma di analisi matematica
e pertanto esula dagli scopi di questi appunti.
Capitolo 6

Parabola

6.1 Definizione e equazione canonica della parabola.


DEFINIZIONE 6.1.1 Una parabola è l’insieme dei punti di un piano
equidistanti da un punto fisso F e da una retta d del piano. Il punto F si
dice fuoco e la retta d direttrice della parabola.

Sia C una parabola di fuoco F e direttrice d. Conduciamo da F la per-


pendicolare alla retta d e sia D il piede di tale perpendicolare su F (ossia
l’intersezione di d con la retta per F ad essa perpendicolare). Assumiamo
come asse x la retta DF e sia O il punto medio del segmento [DF ]. As-
sumaimo come origine del riferimento il punto O e come asse y la retta per
O ortogonale all’asse x. Scegliendo un’unità di misura sugli assi e orien-
tandoli al solito modo restta fissato un sistema di coordinate cartesiane con
base ortonormale nel piano della parabola.
Denotiamo con p la distanza del fuoco F dalla direttrice, ossia poniamo

|DF | = p. (6.1)

Poiché il punto O è il punto medio del segmento [DF ] per la (6.1) si ha:

p
|DO| = |OF | = . (6.2)
2
La (6.2) ci permette di determinare le coordinate di D e F :

D(−p/2, 0), F (p/2, 0). (6.3)

93
94 CAPITOLO 6. PARABOLA

Sia P (x, y) un punto arbitrario della parabola, per la definizione 6.1.1 la


seguente uguaglianza è soddisfatta:

|P F | = d(P, d). (6.4)

Per la (6.3) si ha
r
p
|P F | = y 2 + (x − )2 . (6.5)
2
La distanza di P da d si ottiene in maniera ancora più semplice:
p
d(P, d) = x + . (6.6)
2
sostituendo (6.5) e(6.6) nella (6.4)si ottiene
r
p p
y 2 + (x − )2 = x + . (6.7)
2 2
Elevando a quadrato ambo i membri della (6.7) si ha
p p
y 2 + (x − )2 = (x + )2 . (6.8)
2 2
Sviluppando i calcoli si arriva alla formula

y 2 = 2px. (6.9)

DEFINIZIONE 6.1.2 L’uguaglianza (6.9) è l’equazione canonica della


parabola.

TEOREMA 6.1.1 Le coordinate dei punti della parabola determinata


dall’equazione (6.7) soddisfano l’equazione canonica (6.9).

Per la (6.1) la costante p nella formula (6.9) è non negativa. il caso p = 0


corrisponde alla parabola degenere. Per la definizione 6.1.2 è facile dedurre
che i questo caso la parabola coincide con l’asse x. Tale caso è quindi escluso
ponendo

p > 0. (6.10)
Per la (6.10) dall’equazione (6.9) deriviamo

x ≥ 0. (6.11)
6.2. ECCENTRICITÀ DELLA PARABOLA 95

TEOREMA 6.1.2 L’equazione canonica della parabola (6.9) è equivalente


all’equazione iniziale (6.7).

DIMOSTRAZIONE. È sufficiente invertire i calcoli effettuati per ottenere


l’uguaglianza (6.9) dalla (6.7). Si ossevi che il passaggio dalla (6.8) alla
(6.9) si inverte. Anche il passaggio dalla (6.7) dalla (6.8) è invertibile per la
(6.11), che segue dalla (6.9). Questa osservazione completa la dimostrazione
del teorema 6.1.2. 2

DEFINIZIONE 6.1.3 Il punto O sopra definito è il vertice della parabola,


la retta DF è l’asse della parabola.

DEFINIZIONE 6.1.4 Un sistema di coordinate (O, (e1 , e2 )), con (e1 , e2 )


base ortonormale, in cui una parabola ha equazione (6.9) è un sistema di
coordinate canonico della parabola.

6.2 Eccentricità della parabola


La definizione di parabola è sostanzialmente diversa da quelle di ellisse e
iperbole ma è simile alle proprietà di direttrice di un’ellisse e di un’iperbole
studiate nei capitoli precedenti. Comparando la definizione di parabola
coi teoremi sulle direttrici di ellisse e iperbole possiamo dare al seguente
definizione:

DEFINIZIONE 6.2.1 L’eccentricità di una parabola è per definizione uguale


a 1: ε = 1.

6.3 Equazione della retta tangene a una parabola.


Consideriamo una parabola di equazione canonica y 2 = 2px nel suo sistema
di coordinate canonico. Tracciamo una retta tangente alla parabola, e sia
P (x0 , y0 ) il punto di contatto tra la retta tangente e la parabola. Come nel
caso dell’iperbole e dell’ellisse vogliamo determinare l’equazioen della retta
tangente alla parabola nel punto P . Una parabola consiste di due metà: una
metà superiore e una metà inferiore. Ciascuna di queste due metà si può
vedere come il grafico di una funzione del tipo y = f (x) denita in ]0, inf ty[
e quindi la retta tangente. La retta tangente ha quindi equazione del tipo
y − y0 = f 0 (x0 )(x − x0 ). Dobbiamo quindi determinare f 0 (x0 ).
Consideriamo allora l’equazione
96 CAPITOLO 6. PARABOLA

(f (x))2 = 2px. (6.12)


L’uguaglianza (6.12) è verificata per ogni x. Deriviamo la (6.12)

2f 0 (x)f (x) = 2p. (6.13)


ne segue
p
f 0 (x) = . (6.14)
f (x)
Pertanto essendo f (x0 ) = y0 si ha
p
f 0 (x0 ) = . (6.15)
y0
Sostituiamo la (6.15) nell’equazione della retta tangente
p
y − y0 = (x − x0 ), (6.16)
y0
da cui

yy0 − y02 = px − px0 . (6.17)


Ma il punto P appartiene alla parabola, quindi y02 = 2px0 , quindi

yy0 = px + px0 . (6.18)


che è l’equazione della retta tangente alla parabola di equazione canonica
y 2 = 2px nelsuo punto P (x0 , y0 ). abbiamo cosı̀ ottenuto il seguente

TEOREMA 6.3.1 L’equazione della retta tangente nel punto P (x0 , y0 ) ad


una parabola rappresentata dalla sua equazione canonica y 2 = 2px è data
dalla (6.18).

Scriviamo l’equazione (6.18) nella forma:

px − y0 y + px0 = 0. (6.19)
!
p
Allora il vettore normale della retta tangente è: n =
−y0
6.4. PROPRIETÀ FOCALI DELLA PARABOLA. 97

6.4 Proprietà focali della parabola.


Come nei casi dell’ellisse e dell’iperbole assumiamo che la parabola è fatta
di un nastro sottile di un qualche materiale flessibile e pensiamo di collo-
care nel fuoco una sorgente luminosa e consideriamo la parabola come una
parete riflettente (ossia pensiamo la parabola con il perimetro riflettente
verso l’interno) . Allora:

TEOREMA 6.4.1 Ogni raggio di luce uscente dal fuoco della parabola
viene riflesso dalla parabola in direzione parallela all’asse della parabola.

Una versione geometrica di questo teorema di ottica è il seguente

TEOREMA 6.4.2 Per ogni retta tangente a una parabola, il triangolo for-
mato dal punto di tangenza P , il fuoco F e il punto N in cui questa retta
tangente interseca l’asse della parabola è un triangolo isoscele, ossia vale la
|P F | = |N F | .

DIMOSTRAZIONE. È svolta a lezione. 2


Questi due teoremi sono equivalenti per la legge di riflessione che afferma
che l’angolo di riflessione è uguale all’angolo di incidenza e per l’uguaglianza
degli angoli alterni interni di due rette parallele tagliate da una trasversale.
NOTA. Si visualizza cosı̀ il fatto che se la parabola è orientata verso il sole
allora cattura i raggi solari e tutti i raggi riflessi convergono nel fuoco. Allo
stesso modo una luce posta nel fuoco viene irradiata parallelamente all’asse
del fuoco. Le stesse leggi di riflessione valide per i raggi luminosi, si appli-
cano anche alle onde acustiche e a quelle elettro-magnetiche. Se il segnale
sonoro o elettro-magnetico arriva da una fonte abbastanza lontana, possi-
bile considerare le onde come se fossero parallele. Una superficie riflettente,
di forma parabolica, orientata in modo da avere la direttrice perpendicolare
alla direzione delle onde, è in grado di concentrarle in un unico punto.
Osservazione. Siamo abituati a incontrare la parabola nella forma y =
ax2 + bx + c, forma a cui si arriva, a partire da quella canonica qui data,
con un opportuno cambio di coordinate. Rimandiamo il lettore al capitolo
sulle coniche ovvero delle curve del secondo ordine in cui è data l’equazione
generale di una parabola in riferimenti non canonici.
98 CAPITOLO 6. PARABOLA

6.5 La scala delle eccenticità


L’eccentricità di un’ellisse è data dalla formula ε = ac (cfr 4.17) ed essendo
c < a si ha 0 < ε < 1. L’eccentricità di una parabola è per definizione uguale
ad 1: ε = 1 e l’eccentricità di un’iperbole è data dalla formula ε = ac (cfr
5.21), ed essendo c > a si ha 1 < ε < +∞.
Pertanto le eccentricità di ellissi, parabole e iperboli riempiono l’intervallo
da 0 a +∞ senza salti, ossia con continuità formando quindi la scala continua
delle eccentricità.
Capitolo 7

Coniche

7.1 Definizione
DEFINIZIONE 7.1.1 Una curva del secondo ordine o conica di un
piano è una curva rappresentata in un sistema di coordinate cartesiano da
un’equazione polinomiale di secondo grado del tipo:

ax2 + 2bxy + cy 2 + 2dx + 2ey + f = 0, (7.1)

ossia è l’insieme dei punti di un piano le cui coordinate (x, y) in un riferimento


cartesiano soddisfano l’equazione (7.1).
Poiché una trasformazione di coordinate è data da funzioni di primo
grado in x e y, la forma dell’equazione (7.1) non cambia1 sotto un cam-
biamento di riferimento anche se possono cambiare i valori dei parametri
a, b, c, d, e ed f . Ne deriva pertanto il seguente

TEOREMA 7.1.1 Per ogni curva del secondo ordine (i.e. conica) di un
piano esiste un riferimento cartesiano ortogonale2 tale che in esso la conica
è data da un’equazione della forma (7.1).

7.2 Classificazione delle curve del secondo ordine


Sia Γ una curva piana del secondo ordine data da un’equazione del tipo
(7.1) in un opportuno sistema di coordinate cartesiane associato a una base
1
Nel senso che resta sempre un’equazione di secondo grado in due variabili.
2
Ossia associato a una base ortonormale.

99
100 CAPITOLO 7. CONICHE

ortonormale. Cambiando sistema di riferimento si può arrivare ad uno in


cui l’equazione ha la sua forma più semplice.

DEFINIZIONE 7.2.1 Il problema di trovare un sistema di coordinate carte-


siano associato a una base ortonormale in cui l’equazione di secondo grado
che rappresenta una curva del secondo ordine abbia la sua forma più sem-
plice è detto il problema di ridurre un’equazione di una curva alla
sua forma canonica.

Esempi di curve del secondo ordine sono le ellissi, le iperboli e le parabole.


Le forme canoniche dell’equazione (7.1) di tali curve ci sono già note:
x2 y 2
• + 2 = 1 per le ellissi,
a2 b
x2 y 2
• − 2 = 1 per le iperboli,
a2 b
2
• y = 2px per le parabole.

DEFINIZIONE 7.2.2 Il problema di raggruppare curve del secondo ordine


attraverso la forma delle loro equazioni canoniche è detto il problema di
classificazione delle curve del secondo ordine.

Scopo di questo capitolo è mostrare la soluzione di tale problema, ossia


fornire la classificazione delle curve del secondo ordine.
Cominciamo con lo scrivere l’equazione (7.1) in forma matriciale, che come
vedremo di seguito si rivelerà molto utile per la soluzione di tale problema.
L’ equazione ax2 + 2bxy + cy 2 + 2dx + 2ey + f = 0 di una conica Γ di un
piano xOy può scriversi nella seguente forma matriciale
  
a b d x
(x, y, 1)  b c e   y  = 0. (7.2)
  
d e f 1
La matrice simmetrica d’ordine 3
 
a b d
AΓ =  b c e 
 
d e f

è la matrice della conica.


7.2. CLASSIFICAZIONE DELLE CURVE DEL SECONDO ORDINE 101

Proviamo ora la veridicità del Teorema 7.1.1 sulla forma dell’equazione


di una conica al variare del sistema di riferimento e una sua immediata
conseguenza sul rango della!matrice di una curva del secondo ordine.
m11 m12
Sia M := una matrice ortogonale d’ordine 2. Consideri-
m21 m22
amo adesso il cambiamento di coordinate
! ! !
x x0 c1
=M + ,
y y0 c2

(isometria del piano) e sia x0 O0 y 0 un nuovo sistema di riferimento legato a


tale trasformazione di coordinate3 .
 
m11 m12 c1
Posto M =  m21 m22 c2 , la trasformazione di coordinate può
 
0 0 1
scriversi
    
x m11 m12 c1 x0
 0 
 y  =  m21 m22 c2   y  .
  
1 0 0 1 1

Trasponendo4 si ottiene

(x, y, 1) = (x0 , y 0 , 1) · t M, (7.3)


Sostituendo la (7.3) nella (7.2) si ha che nel riferimento x0 O0 y 0 Γ è rappre-
sentata da
 
x0
0 0  0 
(x , y , 1)B  y  = 0,
1

ove B =t M AΓ M .
Da B =t M AΓ M segue rgB = rgA e quindi

PROPOSIZIONE 7.2.1 Il rango della matrice A di una conica Γ è tale


che tutte le coniche trasformate di Γ tramite una isometria hanno il medes-
imo rango, che è detto rango di Γ, e si denota con rg(Γ).
3
Ossia O0 e x0 , y 0 sono le immagini di O e x, y tramite l’isometria.
4
Ricordare che t (AB) =t B ·t A
102 CAPITOLO 7. CONICHE

Se A0 , B0 , M0 sono le sottomatrici ottenute da A = AΓ ,B, M cancellando


la terza riga e la terza colonna, si ha

B0 =t M0 A0 M0

e quindi

PROPOSIZIONE 7.2.2 Il rango di A0 e il segno del suo determinante5


sono proprietà comuni a ogni conica ottenuta da Γ tramite un’isometria.

Il prossimo teorema mostra che esiste un sistema di coordinate cartesiano


associato a una base ortonormale dove il parametro b dell’equazione (7.1) di
Γ è uguale a zero: b = 0.

TEOREMA 7.2.1 Sia xOy un riferimento monometrico ortogonale del pi-


ano cartesiano e Γ una conica non degenere che in tale riferimento è rap-
presentata dall’equazione ax2 + 2bxy + cy 2 + 2dx + 2ey + f = 0. Esiste un
riferimento XOY del piano cartesiano reale in cui Γ e’ rappresentata da
un’equazione del tipo: λX 2 + λ0 Y 2 + d0 X + e0 Y + f 0 = 0, ove λ e λ’ sono gli
autovalori di A0 .

DIMOSTRAZIONE. La matrice A0 è simmetrica e quindi diagonalizzabile.


Dalla simmetria di A segue che essa ammette una base ortonormale di au- !
p1,1 p1,2
tovettori. Siano λ e λ’ i due autovalori di A0 e sia P =
p2,1 p2,2
la matrice ortogonale che diagonalizza A0 , ossia la matrice
! le cui colonne
!
x X
sono i vettori della base di autovettori. La rotazione =P =
y Y
! ! !
p1,1 p1,2 X c1,1 X +c1,2 Y
=
p2,1 p2,2 Y c2,1 X +c2,2 Y
trasforma il sistema di riferimento xOy nel sistema XOY , in cui la conica Γ
ha equazione del tipo richiesto. 2
OSSERVAZIONE. In [4] si può trovare una dimostrazione di tale teorema
in cui non si ricorre al calcolo degli autovalori, infatti per determinare la
rotazione che ci ha dato la forma richiesta basta determinare l’angolo che essa
forma con l’asse delle x e per fare ciò s̀ufficiente saper risolvere un’equazione
trigonometrica lineare in seno e coseno.
5
Si ricordi che det A0 = (AΓ )3,3 .
7.2. CLASSIFICAZIONE DELLE CURVE DEL SECONDO ORDINE 103

Applichiamo ora il teorema 7.2.1 e scriviamo l’equazione della conica


nella forma6

λx2 + λ0 y 2 + 2dx + 2ey + f = 0. (7.4)


L’equazione (7.4) permette di suddividere le curve del secondo ordine in
tre tipi:
- di tipo ellittico se λ · λ0 > 0,
- di tipo iperbolico se λ · λ0 < 0,
- di tipo parabolico se λ · λ0 = 0.
Osserviamo che λ e λ0 non possono annullarsi contemporaneamente altri-
menti il grado del polinomio in (7.4) sarebbe minore di 2 contro la definizione
di curva del secondo ordine.
Curve di tipo ellittico. Supponiamo λ > 0, λ0 > 0 (essendo simile la
discussione nel caso λ < 0, λ0 < 0). L’equazione (7.4) può scriversi nella
forma:

d 2 e d2 e2
λ(x + ) + λ0 (y + 0 )2 + (f − − 0 ) = 0. (7.5)
λ λ λ λ
Consideriamo la traslazione
(
x = x̃ − λd
(7.6)
y = ỹ − λe0
d2 e2
Effettuando tale traslazione e ponendo f˜ = f − − la curva ha nel
λ λ
nuovo riferimento equazione:

λx̃2 + λ0 ỹ 2 + f˜ = 0. (7.7)
dove i coefficienti λ e λ0 sono positivi.
L’equazione (7.7) fornisce la suddivisione delle curve di tipo ellittico in
tre sottotipi:
- il caso di un’ellisse: se f˜ < 0,
- il caso di un’ellisse immaginaria: se f˜ > 0,
Con abuso di notazione e per convenienza scriviamo 2d al posto di d0 e 2e al posto di
6
0
e . E’ chiaro che in generale sono diversi da quelli dell’equazione (7.1).
104 CAPITOLO 7. CONICHE

- il caso di un punto: se f˜ = 0.
Nel caso di un’ellisse, si perviene facilmente all’equazione (4.14).
x̃2 ỹ 2
Nel caso dell’ellisse immaginaria, si perviene all’equazione 2 + 2 = −1 che
a b
è priva di soluzioni. In questo caso l’equazione descrive l’insieme vuoto.
Il caso di un punto spesso è detto il caso di una coppia di rette immaginarie e
intersecanti, noi preferiamo dire però che l’equazione descrive il punto x̃ = 0
e ỹ = 0.
Curve di tipo iperbolico. Supponiamo λ > 0, λ0 < 0 (essendo simile la
discussione nel caso λ < 0, λ0 > 0). L’equazione (7.4) può scriversi nella
forma:

d 2 e d2 e2
λ(x + ) − λ̃0 (y − )2 + (f − + ) = 0, (7.8)
λ λ̃0 λ λ̃0
dove −λ0 = λ̃0 > 0.
d2 e2
Poniamo f˜ = f − + e effettuiamo la traslazione
λ λ̃0
(
x = x̃ − λd
(7.9)
y = ỹ + λ̃e0
per avere

λx̃2 − λ̃0 ỹ 2 + f˜ = 0. (7.10)


dove i coefficienti λ e λ̃0 sono positivi.
L’equazione (7.10) fornisce la suddivisione delle curve di tipo iperbolico
in due sottotipi:
- il caso di un’iperbole: se f˜ 6= 0,
- il caso di una coppia di rette non parallele se f˜ = 0.
Nel caso di un’iperbole, si perviene facilmente all’equazione (5.19).
Nel caso di due rette intersecanti, il polinomio a primo membro dell’equazione
si scompone nel prodotto di due polinomi lineari e fornisce l’equazione :
√ q √ q
( λx̃ + λ̃0 ỹ)( λx̃ − λ̃0 ỹ) = 0 (7.11)
che descrive due rette del piano passanti per il punto x̃ = 0 e ỹ = 0.
7.2. CLASSIFICAZIONE DELLE CURVE DEL SECONDO ORDINE 105

Curve di tipo parabolico. Per le curve di questo tipo si presentano due


opzioni nell’equazione (7.4): λ = 0 e λ0 6= 0 opppure λ 6= 0 e λ0 = 0. Ma
la seconda opzione si riduce alla prima mediante la rotazione di ampiezza
π/2 di equazioni: x = −ỹ, y = x̃. Possiamo quindi assumere, senza ledere la
generalità, che λ = 0 e λ0 6= 0. Allora l’equazione (7.4) diviene

y 2 + 2dx + 2ey + f = 0. (7.12)

Applichiamo poi la traslazione x = x̃, y = ỹ − e e ponendo f˜ = f + e2


l’equazione (7.12) si scrive

ỹ 2 + 2dx + f˜ = 0. (7.13)

L’equazione (7.13) fornisce la suddivisione delle curve paraboliche in


quattro sottotipi:
il caso di una parabola: d 6= 0,
il caso di una coppia di rette parallele: d = 0 e f˜ < 0,
il caso di due rette coincidenti: d = f˜ = 0,
il caso di una coppia di rette parallele immaginarie; d = 0, f˜ > 0.
Nel caso di una parabola l’equazione (7.13) si riduce all’equazione (6.9)
e quindi descrive una parabola.
Nel caso di una coppia di rette parallele ponendo f˜ = −y02 nell’equazione
(7.13) possiamo scrive tale equazione nella forma

(ỹ + y0 )(ỹ − y0 ). (7.14)

L’equazione (7.14) descrive una coppia di rette parallele all’asse delle x


a distanza 2y0 l’una dall’altra.
Nel caso di due rette coincidenti l’equazione (7.13) si riduce alla forma ỹ 2 = 0,
che descrive una sola retta che coincide con l’asse delle y.
Infine, nel caso di una coppia di rette parallele immaginarie l’equazione (7.13)
non ha soluzioni e quindi descrive l’insieme vuoto.
È ovvio che nel caso di un punto o di una coppia di rette il polinomio
ax2 + 2bxy + cy 2 + 2dx + 2ey + f è riducibile ossia si scompone nel prodotto
106 CAPITOLO 7. CONICHE

di due polinomi lineari a coefficienti reali nelle due indeterminate x e y (a


coefficienti eventualmente complessi7 ).

DEFINIZIONE 7.2.3 Una conica degenere è una curva del secondo or-
dine la cui equazione si ottiene come prodotto di due equazioni lineari in x
e y (a coefficienti eventualmente complessi), è quindi o il vuoto o un punto
o l’unione di due rette (eventualmente coincidenti). Una conica non de-
genere è una curva del secondo ordine di equazione ax2 + 2bxy + cy 2 +
2dx + 2ey + f = 0 tale che il polinomio ax2 + 2bxy + cy 2 + 2dx + 2ey + f è
irriducibile.

Cosı̀ x2 + y 2 = 0 è una conica degenere (che si riduce a un punto: l’origine


del sistema di riferimento).

DEFINIZIONE 7.2.4 Una conica immaginaria è una curva del sec-


ondo ordine tale che il polinomio ax2 + 2bxy + cy 2 + 2dx + 2ey + f che la
rappresenta è sempre di segno costante ossia non si annulla mai e quindi
priva di punti.

Ad esempio x2 + y 2 + 1 = 0 e (x + 2y)2 + 1 = 0 sono coniche immaginarie.


Per il teorema 7.1.1 sull’invarianza del rango dele matrici associate a
una conica al variare del sistema di riferimento e per quanto visto nelal
suddivisione dei tre tipi di curve del secondo ordine, si ha
• Una conica Γ è non degenere se rg(AΓ ) = 3 ossia se det(AΓ ) 6= 0.
• Una conica Γ è degenere se rg(AΓ ) ≤ 2 ossia se det(AΓ ) = 0.
Inoltre se rg(AΓ ) = 2 la conica Γ è semplicemente degenere e se rg(AΓ ) =
1 è doppiamente degenere.

7
Ad esempio x2 + y 2 = (x + iy)(x − iy).
7.2. CLASSIFICAZIONE DELLE CURVE DEL SECONDO ORDINE 107

7.2.1 Riepilogo sulla classificazione delle coniche


Classificazione delle coniche

Coniche immaginarie: prive di punti.

Coniche

Coniche non immaginarie: degeneri o non degeneri.

Punto
Coniche degeneri
Coppia di rette (parallele,
intersecanti o coincidenti)

Ellisse
Coniche non degeneri Parabola
Iperbole

7.2.2 Ancora sulla classificazione delle coniche non degeneri:


esempi e ulteriori considerazioni

Osserviamo che essendo la conica non degenere almeno uno dei due autovalori
λ e λ0 di A0 e’ non nullo. Inoltre se uno dei due autovalori e’ nullo deve
essere d · e 6=0 altrimenti la conica trasformata rappresenterebbe il vuoto o
una conica degenere.
Possiamo riassumere quanto fatto precedentemente con le proposizioni
di seguito presentate.
108 CAPITOLO 7. CONICHE

PROPOSIZIONE 7.2.3 Se λ · λ0 6= 0 esiste un riferimento ortogonale


X 0 O0 Y 0 del piano in cui l’equazione della conica è λX 02 + λ0 Y 02 = γ, per un
opportuno numero reale γ, (e se λ · λ0 > 0 allora λ, λ0 e γ hanno lo stesso
segno).

Ricordiamo che l’equazione di una conica dopo la rotazione che annulla il


coefficiente del termine x · y è

λx2 + λ0 y 2 + 2dx + 2ey + f = 0.

ESEMPIO 7.2.1 Provare che l’equazione x2 − xy + y 2 + x − 6 = 0 rap-


presenta una conica non degenere. Dire di che tipo di conica si tratta e
determinare la sua equazione canonica.

La matrice della conica assegnata è


 
1 −1/2 1/2
A =  −1/2 1 0 ,
 
1/2 0 −6
il cui determinante e’ diverso da zero. Pertanto è una conica non degenere.
Poiché ∆ = −4A0 = b2 − 4ac = −3, si tratta di un’ellisse. Determiniamo la
sua equazione canonica. !
1 −1/2
La matrice A0 = ha come autovalori : λ = 3/2 e
−1/2 1
λ0 = 1/2. Un autovettore relativo a λ e’ (1, -1), che normalizzato diventa
1 −1
(√ ,√ ). Un autovettore relativo a λ’ e’ (1, 1) che normalizzato diventa
2 2
√1 √1
!
1 1 2 2
( √ , √2 ). Pertanto la matrice P è la seguente −1
√ √1
.
2 2 2
Consideriamo la trasformazione
1 1
x = √ x0 + √ y 0
2 2

−1 1
y = √ x0 + √ y 0
2 2
La conica diviene allora
3 02 1 02 1 1
x + y + √ x0 + √ y 0 − 6 = 0.
2 2 2 2
7.2. CLASSIFICAZIONE DELLE CURVE DEL SECONDO ORDINE 109

Effettuando la traslazione
1


0 2 2 0 2
x =X− 3 y =X−
2
6

1


0 2 2 0 2
y =Y − 1 y =Y −
2
2

si ottiene
3 2 1 2 19
X + Y =
2 2 3
da cui
9 2 3
X + Y 2 = 1.
38 38

Ancora sulla parabola


Cominciamo con l’osservare che se nell’equazione λX 2 + λ0 Y 2 + 2dX + 2eY +
f = 0 è e 6= 0, λ 6=0 e λ0 = 0 ( oppure d 6= 0, λ0 6= 0 e λ = 0) allora
l’equazione della conica assume la forma Y = AX 2 + BX + C ( oppure
X = AY 2 + BY + C ) con A 6=0.

PROPOSIZIONE 7.2.4 Esiste un riferimento ortogonale del piano in cui


la conica assegnata assume equazione Y 0 = AX 02 ( oppure X 0 = AY 02 ).

DIMOSTRAZIONE. Se λ 6= 0 e λ0 = 0 allora la traslazione


(
X = X 0 − 2A
B
0 2 ,
Y = Y +C − B 4A

trasforma il riferimento XOY nel riferimento richiesto. Se λ0 6=0 e λ = 0


allora la traslazione ( 2
X = X0 + C − B 4A ,
Y = Y 0 − 2A
B

trasforma il riferimento XOY nel riferimento richiesto. 2

ESEMPIO 7.2.2 Classificare la conica Γ : x2 + 4y 2 + 4xy + 2x + 2y + 2 = 0


e determinare la sua equazione canonica.
110 CAPITOLO 7. CONICHE
 
1 2 1
La matrice AΓ =  2 4 1  della conica è invertibile e quindi la conica
 
1 1 2
è non degenere. Poiché det A0 = 0 Γ è una parabola. Pertanto un autovalore
è nullo, e l’altro è dato da 0 + λ = tr(A0 ) = 5 e quindi λ1 = 0 e λ2 = 5.
Determiniamo la matrice P che ruota il riferimento di partenza in modo
che l’equazione della aprabola non presenti il termine xy.
Si ha:
2 1 1 2
E(0) = [(− √ , √ )], E(5) = [( √ , √ )].
5 5 5 5

Il cambiamento di riferimento (per rotazione) è quindi dato dalle:

x = − √25 X + √1 Y
(
5 .
y = √15 X + √2 Y
5

L’equazione della parabola in questo nuovo riferimento è

2 6
5Y 2 − √ X + √ Y + 2 = 0
5 5
ossia
5√ 2 √
X= 5Y + 3Y + 5
2
che ha asse di simmetria orizzontale e si può studiare coi metodi dell’analisi
elementare per tracciare il grafico. Tuttavia siamo interessati all’equazione
canonica, allora la traslazione

X = x0 + 5 − 109√5
(

Y = y 0 − 5√
3
5

riferimento canonico x0 O0 y 0 per la parabola in


porta il riferimento XOY nel √
cui essa ha equazione: x = 2 5y 02 .
0 5

NOTA. La parabola d’equazione y = ax2 + bx + c ha asse di simmetria la


retta x = −b/(2a) e un punto di massimo o minimo relativo a seconda che
−b 4ac − b2
sia a < 0 oppure a > 0, detto vertice le cui coordinate sono V ( , ).
2a 4a
Scambiando x con y si hanno l’asse di simmetria y = −b/(2a) e il vertice
7.2. CLASSIFICAZIONE DELLE CURVE DEL SECONDO ORDINE 111

per la parabola x = ay 2 + by + c con asse di simmetria parallelo all’asse delle


ascisse.
Cosı̀ la traslazione che trasforma nella forma canonica l’equazione della
parabola è quella che porta l’origine nel vertice della parabola.

Ritorniamo alla forma canonica di una conica non degenere e vediamo


coem essa si rivela utile nella determinazione di alcuni elementi notevoli delle
coniche. Abbiamo visto che in un piano esiste un riferimento cartesiano
(riferimento canonico della conica) tale che l’equazione di una conica non
degenere (e non immaginaria) è del tipo

λx2 + λ0 y 2 = γ oppure λy 2 + γx = 0, γ 6= 0.

Se la conica Γ è del primo tipo: λx2 + λ0 y 2 = γ si vede subito che


gli assi cartesiani del suo riferimento canonico sono assi di simmetria della
conica, e dunque Γ possiede un centro di simmetria (l’origine del riferimento
canonico). Diremo allora che C è una conica a centro. Una conica a centro
è e dunque un’ellisse o un’iperbole. Per la proposizione 7.2.2 si ha che Γ è a
centro se det A0 6= 0 e

PROPOSIZIONE 7.2.5 Una conica a centro è un’ellisse se det(A0 ) > 0;


una conica a centro è un’iperbole se det(A0 ) < 0 .

Un calcolo mostra che le coordinate (x0 , y0 ) del centro di simmetria, nel


vecchio riferimento, sono date da:
(AΓ )13 (AΓ )23
x0 = , y0 = .
det(A0 ) det(A0 )
Per il teorema di riduzione a forma canonica si ha inoltre che l’asse delle
ascisse del riferimento canonico è parallelo all’autospazio E(λ), corrispon-
dente al primo autovalore, e l’asse delle ordinate del riferimento canonico è
parallelo all’autospazio E(λ0 ). Conoscendo le coordinate del centro, questo
permette di ricavare le equazioni degli assi di simmetria nel vecchio riferi-
mento.
Le coniche del secondo tipo λy 2 +γx = 0, γ 6= 0 rappresentano sempre una
parabola, esse hanno un solo asse di simmetria (l’asse delle ascisse) e quindi
sono prive di centro di simmetria. Si ha: Γ è una parabola se det A0 = 0. Il
vertice di una parabola è il punto di intersezione di essa con il suo asse di
simmetria.
112 CAPITOLO 7. CONICHE

Il numero ∆Γ = b2 − 4ac = −4 det(A0 ) è il discriminante della conica.


In definitiva per determinare il tipo di una conica (non immaginaria) di
equazione assegnata in un sistema di riferimento cartesiano non canonico si
studiano il determinante della sua matrice e il suo discriminante.
Infatti si ha:
• Se det(AΓ ) = 0 la conica è degenere ed è
- semplicemente degenere (ossia l’unione di due rette distinte o un punto) se
rg(AΓ ) = 2
- doppiamente degenere (ossia l’unione di due rette coincidenti) se rg(AΓ ) =
1.

• Se det(AΓ ) 6= 0 la conica è non degenere, ed è


- un’ellisse se ∆Γ = b2 − 4ac < 0
- una parabola se ∆Γ = b2 − 4ac = 0
- un’iperbole se ∆Γ = b2 − 4ac > 0.
Siamo quindi in grado di classificare una conica di un piano cartesiano
e nel caso la conica sia a centro siamo in grado di trovare assi e centro di
simmetria procedendo come indicato sopra.
OSSERVAZIONE (Come riconoscere se una conica è immaginaria). Si prova
(ma non lo facciamo) che una conica è priva di punti reali (ossia è immagi-
naria) se sono verificate entrambe le seguenti due condizioni:

a · det(AΓ ) > 0 e A33 > 0.

Svolgiamo adesso alcuni esercizi sulle coniche prima di riprendere altre


considerazioni di natura teorica.

ESERCIZIO 7.2.1 Verificare che la conica Γ : x2 + y 2 + 4xy + 6y − 3 = 0


è semplicemente degenere e determinare le sue componenti.
 
1 2 0
SOLUZIONE. La matrice AΓ =  2 1 3  è non invertibile e quindi
 
0 3 −3
7.2. CLASSIFICAZIONE DELLE CURVE DEL SECONDO ORDINE 113

Γ è degenere. Inoltre essendo A33 = −3 6= 0 essa ha rango 2 e pertanto la


conica è semplicemente degenere.
Per determinare le sue componenti consideriamo l’equazione della conica
come equazione di secondo grado in una sola incognita e risolviamo rispetto a
tale incognita con la formula classica. Ad esempio, consideriamo l’equazione
come equazione dis econdo grado solo in x:

x2 + 4y · x + (y 2 + 6y − 3) = 0)

che ha discriminante: ∆ = 16y 2 − 4y 2 − 24y + 12 = 12(y − 1)2 allora



−4y ± 12(y − 1)
x=
2
da cui √
2x = −4y ± 2 3(y − 1)
ossia √ √
x = −2y − 2 3(y − 1) o x = −2y + 2 3(y − 1)
quindi l’equazione della conica si scompone in
√ √ √ √
(x + 2(1 + 3)y − 2 3)(x + 2(1 − 3)y + 2 3) = 0

e i due fattori lineari forniscono le due componenti della conica.

ESERCIZIO 7.2.2 Verificare che la conica Γ : 2x2 + 2y 2 + 2xy + 2x − 2y −


1 = 0 è un’ellisse. Determinare centro e assi di simmetria.
 
2 1 1
SOLUZIONE. La matrice AΓ =  1 2 −1  è invertibile quindi la con-
 
1 −1 −1
ica è non degenere ed essendo ∆Γ = −12 < 0 è un’ellisse. È det(A0 ) =
∆Γ
= 3 pertanto il centro (x0 , y0 ) ha coordinate
−4

1 2 2 1

1 −1 1 −1


x0 = = −1, y0 = − = 1.
3 3
Pertanto il centro di simmetria di Γ è il punto (−1, 1). Per gli assi di
simmetria occorrono gli autospazi di A0 .
114 CAPITOLO 7. CONICHE
!
2 1
È A0 = che ha determinante 3 e traccia 4 pertanto gli auto-
1 2
valori sono soluzioni dell’equazione di secondo grado λ2 − 4λ + 3 = 0 ossia
λ1 = 1 e λ2 = 3.
L’autospazio E(1) è l’insieme delle soluzioni dell’equazione x + y = 0
ossia E(1) = [(−1, 1)] e E(3) è l’insieme delle soluzioni di −x + y = 0 ossia
E(3) = [(1, 1)].
I due assi di simmetria sono le rette passanti per (−1, 1) e di direzione
gli autospazi E(1) e E(3) rispettivamente8 : x + y = 0 e x − y + 2 = 0.
ESERCIZIO 7.2.3 Verificare che Γ : x2 + y 2 + 2xy − 3x − 5y = 0 è una
parabola e determinare il vertice e l’asse di simmetria.
 
1 1 −3/2
SOLUZIONE. Essendo AΓ =  1 1 −5/2  invertibile e det(A0 ) =
 
−3/2 −5/2 0
0 si ha che la conica è una parabola e gli autovalori di A0 sono 0 e 2. Gli
autospazi di A0 sono:
−1 1 1 1
E(0) = [( √ , √ )] e E(2) = [( √ , √ )]
2 2 2 2
e quindi il cambiamento di riferimento che elimina il termine xy è :
−1 √1 Y
(
x = √
2
X + 2
1 √1 Y
y = √ X
2
+ 2
e la parabola in esso ha equazione

x= 2y 2 − 4y.

L’asse della parabola in questo riferimento ha equazione Y = 2 e quindi
nel riferimento originario la sua equazione è x + y − 2 = 0. per arrivare
√ a
ciò non c’è bisogno delle formule inverse, infatti sostituendo Y = 2 nelle
formule di cambiamento di riferimento di sopra si ha da
−1
(
x = √
2
X +1
1
y = √ X
2
+1
e sommando si ha l’equazione x+y −2 = 0 dell’asse. Il vertice della parabola
4ac − b2 b √ √
nel nuovo riferimento è V ( , − ) = (−2 2, 2) e cosı̀ il vertice nel
4a 2a
vecchio riferimento ha coordinate V (3, −1).
8
Si noti che il centro appartiene a E(1) e pertanto l’asse parallelo a E(1) è esso stesso.
7.2. CLASSIFICAZIONE DELLE CURVE DEL SECONDO ORDINE 115

ESERCIZIO 7.2.4 Determinare centro e assi di simmetria dell’iperbole


Γ : 3x2 − y 2 − 4x + 1 = 0.

SOLUZIONE.
 Come
 già previsto dalla traccia dell’esercizio la matrice AΓ =
3 0 −2 !
3 0
 0 −1 0  è non invertibile e A0 = ha determinante
 
0 −1
−2 0 1
negativo (e quindi Γ è un’ iperbole) ed è già diagonale (come era del resto
prevedibile mancando il termine xy). Il centro ha coordinate

0
−1

3 0

−2 0 −2 0

2
x0 = = , y0 = = 0.
−3 3 −3
Gli autospazi di A0 sono x = 0 e y = 0. Pertanto gli assi sono x = 2/3 e
y = 0.

7.2.3 Una caratterizzazione delle e coniche non degeneri.


TEOREMA 7.2.2 Siano D e F rispettivamente una retta e un punto di
un piano con F ∈ / D. Il luogo geometrico dei punti del piano P tali che il
rapporto tra la distanza di P da F e di P da D sia costante e non nullo è
una conica non degenere.

DIMOSTRAZIONE. Sia ε la costante dell’enunciato e sia Γ il luogo dei punti


del piano tali che
PF
= ε. (7.15)
d(P, D)
Nel piano consideriamo il sistema di riferimento cartesiano xOy con l’asse
delle x ortogonale a d e passante per F . Sia 2d la distanza di F da D. Sia
K il punto di intersezione intersezione tra D e l’asse delle x e il punto medio
del segmento [K, F ] sia l’origine del sistema di riferimento. Cosı̀ se F (d, 0)
allora K(−d, 0) e D ha equazione x = −d. Sia P (x, y) un punto di Γ, allora
la (7.15) diventa
p
y 2 + (x − d)2
= ε, (7.16)
x+d
da cui, con opportuni calcoli

(1 − ε2 )x2 + y 2 − 2d(ε2 + 1)x + d2 (1 − ε2 ) = 0. (7.17)


116 CAPITOLO 7. CONICHE

da cui segue che Γ è una conica. Per come abbiamo fissato il riferimento è
d 6= 0. Pertanto9 ε > 0, d 6= 0 e cosı̀ la conica è non degenere essendo la sua
matrice invertibile. 2

DEFINIZIONE 7.2.5 La costante ε si dice eccentricità della conica, la


retta D direttrice e il punto F fuoco.

Per quanto visto nella sezione precedente ed essendo e > 0 si ha:


• Γ è un’ ellisse se ε < 1
• Γ è una parabola se ε = 1
• Γ è un’iperbole se ε > 1.
Si conviene poi di assumere10 ε = 0 per la circonferenza (eventualmente
degenere in un punto) in modo che l’eccentricità descriva tutte le coniche
non degeneri. Osserviamo che se ε 6= 0 si può ottenere l’equazione della
conica a partire dall’eccentricità.
Poiché una conica non degenere ha in un opportuno sistema di riferimento
equazione

x2 y 2
± 2 = 1 oppure y 2 = 2px
a2 b
e quindi è o un’ellisse11 o un’iperbole o una parabola per quanto visto nei
capitoli dedicati a queste tre curve si ha che per ciascuna di esse esiste sempre
una retta D e un punto F che soddisfano la (7.15). Pertanto il teorema 7.2.2
si inverte e visto anche quanto appena detto per la circonferenza si ha:

TEOREMA 7.2.3 Un sottoinsieme Γ dei punti di un piano è una conica


non degenere se e solo se esistono una retta D e un punto F ∈ / D tali che
per ogni punto P ∈ Γ il rapporto tra la distanza di P da F e di P da D sia
costante.

7.2.4 Equazione polare di una conica.


Per il teorema 7.2.3 una conica non degenere è caratterizzata dalla
9
La costante ε è non negativa essendo il rapporto tra due distanze.
10
Quindi o P = F e Γ è un punto o il denominatore è infinito e quindi rifacendoci a una
terminologia del passato Γ è una cirocnferenza.
11
In questo caso supponiamo a 6= b
7.2. CLASSIFICAZIONE DELLE CURVE DEL SECONDO ORDINE 117

PF
= ε. (7.18)
d(F, D)
Sia P il generico punto della conica. Poniamo r = P F e consideriamo
un sistema di coordinate polari con asse polare una retta orizzontale per F
(orientata nel verso positivo a destra), origine in F e ascissa angolare θ, e la
direttrice D sia a destra di F a distanza d da F . Allora d(F, D) = d − r cos θ
e quindi la (7.18) diventa
r
ε=
d − r cos θ
da cui

ε·d
r= . (7.19)
1 + ε cos θ
Proviamo che per l’ellisse ritroviamo la stessa equazione presentata nel
capitolo dedicato a tale conica, ossia determiniamo l’equazione polare dell’ellisse
tramite i coefficienti della sua equazione canonica.
• Ellisse.
Essendo
ε·d c p
a= 2
, ε = , b = a 1 − ε2
1−ε a
l’equazione polare dell’ellisse è

a(1 − ε2 )
r= . (7.20)
1 + ε cos θ
Con opportuni calcoli essa diventa:
b2
a
r=
1 + ε cos θ
ossia
b2
r(1 + ε cos θ) = .
a

Infine, essendo la circonferenza x2 + y 2 = 1 un’ellisse con a = b e ε = 0,


la (7.20) diviene:
118 CAPITOLO 7. CONICHE

r=a

che è l’equazione polare della circonferenza con centro nell’origine determi-


nata nel capitolo 3.

7.2.5 Tangenti a una conica non degenere.


Se una conica non degenere è riferita a un sistema di coordinate canon-
ico abbiamo determinato l’equazione della retta tangente in un suo punto
tramite la forma di sdoppiamento. Ebbene anche in un riferimento non
canonico è possibile determinare l’equazione della tangente con una regola
analoga. Osserviamo, essendo una conica rappresentata da un’equazione di
secondo grado nelle due incognite x e y essa interseca una retta in al più
due punti oppure la contiene (se la conica è degenere) in quanto l’equazione
risolvente del sistema tra l’equazione della conica e l’equazione di una retta
è un’equazione di secondo grado in una sola incognita. Se tale equazione
risolvente ha discriminante nullo la retta è tangente. Si osservi che la con-
dizione di annullamento del discriminante dell’equazione risolvente permette
di risolvere il problema della determinazione della/e retta/e tangente/i a una
conica.
Se Γ : ax2 + 2bxy + cy 2 + 2dx + 2ey + f = 0 è una conica non degenere e
P (x0 , y0 ) è un suo punto si prova che l’equazione della retta tangente in P è

xy0 + yx0 x + x0 y + y0
axx0 + 2b + cyy0 + 2d + 2e + e = 0. (7.21)
2 2 2

Svolgendo i calcoli tale equazione diviene:

(ax0 + by0 + d)x + (bx0 + cy0 + e)y + dx0 + ey0 + f = 0 (7.22)

e quindi
  
a b d x0
(x, y, 1)  b c e   y0  = 0. (7.23)
  
d e f 1
7.2. CLASSIFICAZIONE DELLE CURVE DEL SECONDO ORDINE 119

ESEMPIO 7.2.3 Verificare che la conica Γ : x2 −xy+2y 2 −2x−y−11 = 0 è


un’ellisse, che il punto P (1, 3) appartiene a Γ e determinare la retta tangente
in P a Γ.
 
1 −1/2 −1
Poiché AΓ =  −1/2 2 −1/2  è invertibile e det(A0 ) = 7/4 > 0, Γ
 
−1 −1/2 −11
è un’ellisse.
La retta tangente in P ha equazione (cfr (7.23)):
  
1 −1/2 −1 1
(x, y, 1)  −1/2 2 −1/2   3  = 0
  
−1 −1/2 −11 1

ossia

3x − 10y + 27 = 0.

7.2.6 Cenni sulla Polarità


Nel capitolo dedicato alla circonferenza abbiamo definito la polare di un
punto rispetto a una circonferenza (che introduce una biiezione tra l’insieme
dei punti del piano e l’insieme delle rette del piano detta polarità), assumendo
come retta polare del punto P rispetto alla circonferenza la retta la cui
equazione si ottiene dalla circonferenza con la formula dello sdoppiamento.
Ciò si può fare anche per le coniche non degeneri riferite a un sistema di
coordinate canonico. Si estendo alla retta polare (e alla polarità) le proprietà
che sussistono per la circonferenza, e quindi grazie alla retta polare è possibile
determinare le rette tangenti da un punto (esterno).
Pertanto, in un riferimento non canonico chiamiamo polare di una punto
P (x0 , y0 ) rispetto a una conica non degenere Γ : ax2 + 2bxy + cy 2 + 2dx +
2ey + f = 0 la retta di equazione

xx0 + yy0 x + x0 y + y0
axx0 + 2b + cyy0 + 2d + 2e + e = 0. (7.24)
2 2 2
Svolgendo i calcoli tale equazione diviene:

(ax0 + by0 + d)x + (bx0 + cy0 + e)y + dx0 + ey0 + f = 0 (7.25)


120 CAPITOLO 7. CONICHE

e quindi la retta polare di P (x0 , y0 ) rispetto a Γ ha equazione


  
a b d x0
(x, y, 1)  b c e   y0  = 0. (7.26)
  
d e f 1
Non ci addentriamo nei dettagli né nelle giustificazioni delle affermazioni
sopra riportante, perché ciò esula dai limiti che ci siamo posti, abbiamo solo
richiamato tale nozione perché un esercizio che spesso gli studenti di ingegne-
ria, che nel proprio curriculum hanno un’esame di Scienze delle Costruzioni,
si trovano ad affrontare è quello di determinare l’antipolare di un punto
rispetto ad un’ellisse, ossia l’equazione della retta simmetrica rispetto al cen-
tro dell’ellisse della polare del punto assegnato . Esercizio che, visto quanto
fatto in queste note, è facilmente risolvibile.
Sempre per gli stessi motivi dei limiti che ci siamo posti non trattiamo gli
asintoti dell’iperbole in forma non canonica ne alcune proprietà diametrali
delle coniche.

7.2.7 Conclusione
Tra le varie forme che l’equazione Γ : ax2 + 2bxy + cy 2 + 2dx + 2ey + f = 0
può assumere troviamo le

xy = k e x2 − y 2 = a2

che evidentemente rappresentano un’iperbole. La prima, che rappresenta


un’iperbole riferita ai propri asintoti, si disegna coi metodi dell’analisi ele-
mentare ed ha come asintoti gli assi cartesiani e come assi di simmetria le
due rette y = ±x. Mentre la seconda rappresenta un’iperbole equilatera con
asintoti le rette due y = ±x e come assi gli assi cartesiani.
Chiudiamo questa sezione raggruppando le formule utili per lo studio di
una conica non degenere in forma non canonica.

Coniche non degeneri

Γ : ax2 + 2bxy + cy 2 + 2dx + 2ey + f = 0 con det(AΓ ) 6= 0

È una parabola se det(A0 ) = 0.


7.2. CLASSIFICAZIONE DELLE CURVE DEL SECONDO ORDINE 121

È a centro se det(A0 ) 6= 0 ed il centro è il punto di coordinate

(AΓ )13 (AΓ )23


x0 = , y0 = .
det(A0 ) det(A0 )

Ed è un’ellisse se det(A0 ) > 0 o un’iperbole se det(A0 ) < 0.


Gli assi di simmetria sono le due rette per il centro parallele
agli autospazi di A0 .
122 CAPITOLO 7. CONICHE
Bibliografia

[1] G. Castelnuovo, Lezioni di Geometria Analitica. Società Editrice Dante


Alighieri (1915).

[2] N.V. Efimov, Elementi di geometria analitica. Editori Riuniti - Edizioni


Mir (1975).

[3] A. Franchetta, Algebra Lineare e Geometria Analitica. Liguori Editore


(1969).

[4] R.A. Sharipov, Course of Analytical Geometry. The textboook: second


English version.(2013)

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