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Vito Napolitano
Anno Accademico
2015–2016
Primi elementi di geometria analitica piana.
Rette e Coniche
BOZZA
Vito Napolitano
Seconda Università degli Studi di Napoli
1
PREFAZIONE
Queste note raccolgono parte delle lezioni del corso di Algebra Lin-
eare e Geometria Analitica dei corsi di Laurea in Ingegneria Civile–Edile-
Ambientale e Scienze e Tecniche dell’edilizia da me svolto presso la Seconda
Università degli Studi di Napoli negli a.a. 2014/2015 e 2015/2016.
Tali note non hanno alcuna pretesa di completezza, infatti già la man-
canza di figure evidenzia questo fatto. Esse sono state scritte con il solo scopo
di offrire un ulteriore supporto agli studenti per lo studio degli argomenti
svolti a lezione corredandoli di esempi e esercizi svolti.
Non spiego a chi non si sforza di capire, non aiuto chi non si sforza
di esprimersi, non ripeto a chi, dato un angolo, non è in grado di
trarre gli altri tre.
Confucio (7:8–sull’ottusità)
Indice
3
4 INDICE
3 La circonferenza 49
3.1 Definizione e richiami . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49
3.2 Equazione della circonferenza . . . . . . . . . . . . . . . 50
3.2.1 Circonferenze con equazione incompleta ossia con al-
meno uno dei coefficienti a, b, c nullo . . . . . . . . . . 52
3.2.2 Intersezione di una retta con una circonferenza . . . . 53
3.3 Rette tangenti a una circonferenza . . . . . . . . . . . . . . . 54
3.3.1 Equazione della retta tangente ad una circonferenza in
un suo punto (Formula dello sdoppiamento) . . . . . . 54
3.3.2 Polarità rispetto ad una circonferenza . . . . . . . . . 55
3.3.3 Due proprietà della polarità e determinazione delle due
tangenti a una circonferenza per un punto ad essa esterno 57
3.3.4 Altri modi per determinare la o le rette tangenti a una
circonferenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
3.4 Rappresentazioni parametriche di una circonferenza . . . . . 58
3.4.1 Una proprietà della circonferenza e la letteratura classica 60
3.5 Esercizi e complementi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62
3.5.1 Antipolarità rispetto a una circonferenza . . . . . . . . 68
3.5.2 Equazione della circonferenza in coordinate polari. . . 69
3.5.3 Equazione della circonferenza e riferimento canonico . 69
4 Ellisse 71
4.1 Definizione e prime proprietà . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71
4.1.1 Eccentricità e direttrici di una ellisse. Proprietà delle
direttrici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74
4.1.2 L’equazione della retta tangente a un’ellisse in un suo
punto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75
4.1.3 Proprietà focali delle ellissi . . . . . . . . . . . . . . . 77
4.2 Costruzione dell’ellisse per punti. Equazioni parametriche
dell’ellisse. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
4.3 Ulteriori considerazioni sull’ellisse e commenti . . . . . . . . . 80
4.3.1 Brevi considerazioni analitiche sulla forma dell’ellisse . 80
4.3.2 Centro e assi di un’ellisse . . . . . . . . . . . . . . . . 81
INDICE 5
5 Iperbole 85
5.1 Definizione e prime proprietà . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
5.2 Eccentricità e direttrici di un’iperbole. . . . . . . . . . . . . . 89
5.3 Retta tangente all’iperbole in un suo punto . . . . . . . . . . 90
5.4 Proprietà focali dell’iperbole. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92
5.5 Asintoti di un’iperbole. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92
6 Parabola 93
6.1 Definizione e equazione canonica della parabola. . . . . . . . 93
6.2 Eccentricità della parabola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
6.3 Equazione della retta tangene a una parabola. . . . . . . . . . 95
6.4 Proprietà focali della parabola. . . . . . . . . . . . . . . . . . 97
6.5 La scala delle eccenticità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98
7 Coniche 99
7.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
7.2 Classificazione delle curve del secondo ordine . . . . . . . . . 99
7.2.1 Riepilogo sulla classificazione delle coniche . . . . . . . 107
7.2.2 Ancora sulla classificazione delle coniche non degeneri:
esempi e ulteriori considerazioni . . . . . . . . . . . . 107
7.2.3 Una caratterizzazione delle e coniche non degeneri. . . 115
7.2.4 Equazione polare di una conica. . . . . . . . . . . . . . 116
7.2.5 Tangenti a una conica non degenere. . . . . . . . . . . 118
7.2.6 Cenni sulla Polarità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119
7.2.7 Conclusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 120
6 INDICE
Capitolo 1
7
8 CAPITOLO 1. PUNTI E VETTORI NEL PIANO CARTESIANO
−−→
corde rappresentano lo stesso vettore AB. Ciò ci ha permesso di introdurre
le definizioni di vettori congruenti e di vettore libero: un vettore (libero) u
ha infinite rappresentazioni (realizzazioni ) geometriche, ossia può essere ap-
plicato in un qualunque punto O dello spazio e corrisponde allora al vettore
(geometrico) di punto iniziale O che definisce u e la struttura di spazio vet-
toriale munito di prodotto scalare dei vettori geometrici con punto iniziale
O (vettori applicati (o tangenti allo spazio) in O) dello spazio si estende a
quella di tutti i vettori dello spazio. Da qui deriva un’attenzione speciale per
gli spazi vettoriali VO3 (R), V 2 (R) e V 1 (R) che, rispettivamente, definiscono
O O
tutte le direzioni dello spazio ordinario, o tutte le direzioni di un piano dello
spazio ordinario o infine la direzione di una retta dello spazio ordinario.
Nelle considerazioni coi vettori liberi per la somma di vettori è conve-
niente definire la somma tra vettori geometrici consecutivi:
−−→ −−→ −→
(◦) Per ogni terna di punti A, B, C dello spazio ordinario: AB + BC := AC.
Essa fornisce la diagonale del parallelogramma di lati AB e AC e quindi
equivale alla somma prima richiamata ma offre il vantaggio di non ricorrere
allo spazio dei vettori applicati in un punto fissato dello spazio per sommare
vettori liberi. Infatti per sommare due vettori liberi si sposta parallelamente
a sé stesso uno dei due vettori3 in modo che il suo punto iniziale coincida col
punto finale dell’altro ed allora il vettore somma è il vettore che congiunge
il punto iniziale del vettore che non è stato spostato con il punto finale del
vettore spostato. Recuperiamo cosı̀ una delle idee alla base della definizione
di somma di vettori ossia come somma di due spostamenti consecutivi: per
attraversare a piedi una piazza di forma quadrangolare (come ad esempio
Piazza Vittorio Emanuele III ad Aversa) per percorrere meno metri ed essere
cosı̀ più rapidi conviene ovviamente attraversarla diagonalmente.
Un vettore libero si disegna con una freccia orientata diretta secondo una
delle sue realizzazioni geometriche e lunga quanto una delle sue realizzazioni
senza necessariamente specificare punti iniziale e finale.
Di solito un vettore libero si denota con una lettera dell’alfabeto latino in
−−→
grassetto: a, b, c et cetera, e se AB è una sua rappresentazione geometrica
ed occorre far riferimento ad essa lo si denota o con xAB oppure con lo stesso
−−→
simbolo del vettore geometrico AB che lo rappresenta in quella posizione.
−−→
Pertanto capiterà di trovare la somma di vettori indicati con AB e non
3
Ossia si considera la realizzazione geometrica di tale vettore passante per il punto
finale dell’altro vettore. Realizzazione che esiste per il V postulato di Euclide.
1.1. RICHIAMI SUI VETTORI GEOMETRICI E SU ALCUNE LORO APPLICAZIONI IN GEOMETRIA
applicati nello stesso punto come pure di calcolare il loro prodotto scalare,
con ciò intendendo che essi sono solo le realizzazioni più convenienti del
vettori liberi che essi definiscono.
−−→
La notazione AB risente dell’origine fisica della nozione di vettore. In ge-
−−→
ometria si preferisce denotare il vettore AB con B − A. In queste note,
adopereremo indifferentemente l’una o l’altra di tale rappresentazione per il
vettore applicato in A e con punto (estremo) finale B. La motivazione di tale
notazione è dovuta all’azione di un vettore libero. Un vettore libero agisce
−−→
nel seguente modo: se u è associato alla realizzazione geometrica AB allora
il vettore u agisce su A spostandolo nel punto B, in formule A + u = B, da
cui B − A definisce u. Quindi sommando un vettore a un punto si ottiene
un punto.
Osserviamo che la proprietà4 (◦) usando l’osservazione di sopra sul modo
di agire di un vettore libero si può scrivere nel seguente modo:
(A + u) + v = A + (u + v).
Poiché C − A = (H − A) + (C − H) e B − A = (H − A) + (B − H), le
due relazioni di ortogonalità di sopra si riscrivono:
4
Osserviamo che tale proprietà, come equivalentemente la somma definita con la regola
del parallelogramma, caratterizza i vettori tra tutte le grandezze dotate di lunghezza e
direzione
5
È ovvio che tale punto esiste.
10 CAPITOLO 1. PUNTI E VETTORI NEL PIANO CARTESIANO
(B − H) · [(H − A) + (C − H)] = 0
(H − C) · [(H − A) + (B − H)] = 0
ne segue
(B − H) · (H − A) = −(B − H) · (C − H))
(H − C) · (H − A) = −(H − C) · (B − H)).
Da cui
(B − H)(H − A) + (H − C) · (H − A) = 0
quindi
(H − C + B − H) · (H − A) = 0.
Ma (H − C) + (B − H) = C − B
e quindi
(H − A) · (C − B) = 0,
B − A = 2(Q − A) , C − A = 2(P − A)
C − Q = (Q − A) − (C − A) = (Q − A) − 2(P − A)
P − B = (P − A) − (B − A) = (P − A) − 2(Q − A).
6
In lunghezza.
1.2. COORDINATE CARTESIANE NEL PIANO 11
ossia
||(Q − A)||2 + 4||(P − A)||2 − 4(Q − A)(P − A) =
||(P − A)||2 + 4||(Q − A)||2 − 4(Q − A)(P − A)
da cui |AB| = |AC|.
c2 = a2 + b2 − 2ab cos γ.
Cosı̀, ogni punto del piano determina un unico vettore applicato in O(0, 0)
e viceversa ogni vettore applicato in O determina un unico punto del piano,
che coincide col punto finale di tale vettore.
8
Vedremo infatti che le coppie (x, y) in R2 hanno significato non duplice ma triplice.
9
D’ora in poi il riferimento cartesiano sarà anche denotato semplicemente con xOy
14 CAPITOLO 1. PUNTI E VETTORI NEL PIANO CARTESIANO
posizione da A a B, definito10 da
B − A := (x2 − x1 , y2 − y1 ).
Quindi, dal punto di vista vettoriale una coppia (x1 , x2 ) rappresenta o un
vettore posizione di un punto P (x1 , x2 ) o un vettore posizione tra due punti
−−→
diversi da O: ciò traduce il fatto che spostando un vettore OP (= P − O)
nel piano, conservando sempre la stessa direzione e verso, il vettore cambia
solo posizione, ma non le sue caratteristiche fondamentali: verso, direzione
−−→
e lunghezza! Quindi gli infiniti vettori paralleli a OP , con stessa lunghezza e
−−→
verso concorde, rappresentano lo stesso vettore OP . Le componenti (x1 , x2 )
−−→
di tale vettore OP rappresentano le direzioni dei segmenti che danno tutti
tali vettori. Infatti, si consideri il punto A(a1 , a2 ) del piano, lo si sposti fino
al punto (a1 + x1 , a2 ) e da questo fino al punto (a1 + x1 , a2 + x2 ), il vettore
−−→
posizione da (a1 , a2 ) a (a1 + x1 , a2 + x2 ) è parallelo al vettore OP con stesso
verso e lunghezza, e quindi sono lo stesso vettore.
2 (R) con lo spazio vettoriale R2
L’identificazione dello spazio vettoriale VO
(tramite la coordinazione nella base ortonormale (i, j)) permette di passare
dal linguaggio dei vettori a quello dei punti individuati dalla loro coppia
ordinata di coordinate, e di trasportare il calcolo di VO 2 (R) a quello dello
2
spazio vettoriale R e viceversa. Ad esempio la somma di due vettori appli-
−−→ −−→
cati nell’ origine: OP = (x1 , y1 ) e OQ = (x2 , y2 ) coincide con la somma di
−−→ −−→
coppie ordinate: OP + OQ = (x1 + x2 , y1 + y2 ).
−−→
Per il vettore posizione OP useremo indifferentemente una delle due no-
−−→ −−→
tazioni: OP = xi+yj oppure OP = (x, y). La seconda notazione ovviamente
−−→
rappresenta anche uno qualsiasi degli infiniti vettori paralleli a OP e con
−−→
verso e modulo uguale a quello di OP (vettore libero) che può quindi essere
sommato a vettori non applicati in O. Per evidenziare questa doppia natura
−−→
il vettore OP si denota come abbiamo già visto con rP quando lo pensiamo
svincolato dal punto di applicazione per poter usarlo nei calcoli con vettori
non applicati in O. In ogni caso, scriviamo rP = xi + yj, in quanto i e j sono
le direzioni di due rette e solo per convenienza li rappresentiamo applicati in
O.
Ovviamente in ogni punto di R2 possiamo considerare lo spazio dei vet-
tori di R2 in esso applicati, e tutti questi spazi vettoriali11 sono tra loro
isomorfi essendo isomorfi a R2 .
10
È B − A = rB − rA = (x2 − x1 , y2 − y1 ).
11
Tali spazi vettoriali sono anche detti spazi tangenti a R2 .
1.3. ESERCIZI 15
1.3 Esercizi
ESERCIZIO 1.3.1 Determinare un vettore parallelo al vettore u = (1, 3)
e di norma 3.
SOLUZIONE. Un vettore parallelo a u è del tipo ku ossia linearmente dipendente da u.
Da p √ √
3 = ||ku|| = |k| (1, 3)(1, 3) = |k| 1 + 9 = |k| 10
segue
9
k=±
10
9 27
e quindi un vettore parallelo a u è il vettore ( , ).
10 10
1
ESERCIZIO 1.3.3 Verificare se i vettori a = (12, 3) e b = (−2, − ) sono
2
paralleli.
SOLUZIONE. Disegnando i punti nel piano xOy si vede che i quattro punti formano un
parallelogramma se C = D +(B −A). Pertanto D = C −(B −A) = (5, 2)−(5, 1) = (0, −1).
Ricordiamo ancora una volta che due vettori di un piano sono linearmente
dipendenti (indipendenti) se sono paralleli (non paralleli).
!
x2 − x1 y2 − y1
A, B e C non sono allineati se e solo se det 6= 0.
x3 − x1 y3 − y1
(1.1)
- A, B e C sono allineati (ossia appartengono alla stessa retta) se e solo se
−−→ −→
AB e AC sono linearmente dipendenti. Quindi
!
x2 − x1 y2 − y1
A, B e C sono allineati se e solo se det = 0. (1.2)
x3 − x1 y3 − y1
ESEMPIO 1.4.1 Verificare che i tre punti A(1, 3), B(2, 7) e C(3, −3) sono
vertici di un triangolo.
−−→ −→
Poiché i vettori posizione AB = (1, 4) e AC = (2, −6) sono indipendenti
non essendo proporzionali si ha che i tre punti A, B e C non sono allineati e
quindi sono vertici di un triangolo.
(xM − x1 , yM − y1 ) = (x2 − xM , y2 − yM )
da cui
1.4. PRIME NOZIONI DI GEOMETRIA CARTESIANA IN UN PIANO19
2xM = x1 + x2 , 2yM = y1 + y2
e quindi
x1 + x2 y1 + y2
M( , ). (1.3)
2 2
ESEMPIO 1.4.2 Determinare il punto medio del segmento di estremi
A(1, −2) e B(5, 6).
1+5 −2 + 6
Si ha: xM = , yM = = (3, 2). Quindi M (3, 2).
2 2
1.4.3 Baricentri
Il baricentro di un triangolo è il punto di incontro delle tre mediane del
triangolo, si prova che esso è il punto G di coordinate
x1 + x2 + x3 y1 + y2 + y3
G=( , ).
3 3
Più in generale definiamo baricentro di un poligono convesso di vertici
Pi (xi , yi ), per i = 1, . . . n, il punto di coordinate
x1 + x2 + · · · xn y1 + y2 + · · · + yn
( , ).
n n
1.4.4 Esercizi
ESERCIZIO 1.4.1 Siano A, B e C come nell’esempio 1.4.1 determinare
il quarto vertice D del parallelogramma di vertici A, B, C, D.
−−→
SOLUZIONE. Il vertice D è il punto del piano tale che il vettore CD rappresenta lo stesso
−→ −→
vettore di AB si ottiene sommando alle coordinate di C(3, −3) il vettore AB = (1, 4) e cosı̀
D ha coordinate (3 + 1, −3 + 4) = (4, 1). Pertanto il quarto vertice del parallelogramma è
D(4, 1).
Caso (i). (Rotazione degli assi) Sia O = O0 = (0, 0), (i, j) sia il riferimento
(ortonormale) di vettori del sistema di riferimento xOy e (i0 , j0 ) sia il riferi-
mento (ortonormale) di vettori del sistema di riferimento x0 Oy 0 . In tale caso
ciascuno dei due riferimenti si ottiene per rotazione dall’altro. Sia ϕ l’angolo
(di rotazione) tra x e x0 nel verso della rotazione (che per comodità supponi-
amo nel verso antiorario e supponiamo che i due sistemi di assi cartesiani
siano orientati allo stesso modo) da x a x0 , ossia l’angolo tra i e i0 . Dobbiamo
innanzitutto determinare la matrice inversa della matrice (quadrata d’ordine
2) di cambiamento di base da (i, j) a (i0 , j0 ):
−−→
Poiché le coordinate (x, y) sono le coordinate del vettore OP nella base
−−→0
(i, j) e le (x0 , y 0 ) sono le coordinate del vettore OP nella base (i0 , j0 ) si ha
! ! !
x0 cos ϕ sin ϕ x
=
y0 − sin ϕ cos ϕ y
ossia (
x0 = cos ϕ · x + sin ϕ · y
(1.5)
y 0 = − sin ϕ · x + cos ϕ · y,
che sono le formule che forniscono le coordinate del punto P nel sistema di
riferimento ottenuto ruotando quello di partenza di un angolo ϕ.
La matrice A−1 (di cambiamento di base dalla (i0 , j0 ) alla (i, j)) è anche
!
−1 cos(−ϕ) − sin(−ϕ)
essa una matrice di rotazione, essendo A = , il
sin(−ϕ) cos(−ϕ)
segno ”meno” vuol dire che la rotazione avviene in verso opposto.
Ovviamente, si hanno le formule inverse:
(
x = cos ϕ · x0 − sin ϕ · y 0
. (1.6)
y = sin ϕ · x0 + cos ϕ · y 0
NOTA. Le (1.6) sono molto utili negli esercizi, infatti dato un sottoinsieme
di punti le cui cooordinate soddisfano un’equazione in x e y (ad esempio una
retta), grazie alle formule (1.6), sostituendo tali formule alla x e y si ottiene
l’equazione dello stesso insieme di punti nel nuovo riferimento, ossia nelle
nuove indeterminate x0 e y 0 .
Si ha: √
x0 = (cos π/3) · 2 + (sin π/3) · 6 = 2 + 3
√
y 0 = −(sin π/3) · 2 + (cos π/3) · 6 = 3 − 3
√ √
quindi le coordinate di P nel nuovo riferimento sono (2 + 3, 3 − 3).
1.6 Trasformazioni
Una trasformazione (affine) del piano cartesiano è una funzione F : R2 → R2
della forma:
F (x) = Ax + a, con a ∈ R2
x + x0 = 2xC , y + y 0 = 2yC
da cui
x0 = −x + 2xC , y 0 = −y + 2yC
che in forma matriciale dà vita alla trasformazione del piano (simmetria di
centro C)
! ! ! !
x0 −1 0 x xC
= +2
y0 0 −1 y yC
ossia !! ! !
x x xC
F = −I2 +2
y y yC
d(F (x), F (y)) = d(x, y) ossia ||F (x) − F (y)|| = ||x − y||
per ogni x, y ∈ R2 .
Si osservi che per ogni trasformazione del piano si ha: a = F (0).
Se a = 0, la trasformazione(lineare) F (x) = Ax è ortogonale se det(A) =
±1 ed è una rotazione se det(A) = 1.
16
Cosı̀ il punto con coordinate polari (ρ, ϕ) ha anche coordinate polari (−ρ, ϕ + π).
26 CAPITOLO 1. PUNTI E VETTORI NEL PIANO CARTESIANO
La prima equazione dice che ϕ a meno di multili di 2π è uno tra 5π/6 o 7π/6, il fatto
che il seno è positivo ci dice che ϕ è proprio il primo valore: ϕ = 5π/6.
5π
Cosı̀ un insieme di coordinate polari di P è (4, + 2kπ), k ∈ Z. E quindi per quanto
6
abbiamo convenuto (ossia a meno di multipli di 2π e raggio polare positivo) le coordinate
5π
polari di P sono (4, ). Se invece non vogliamo attenerci a tali restrizioni, si ha che un
6
altro insieme di coordinate polari di P è
5π 11π
(−4, ) + (2k + 1)π = (−4, + 2kπ), k ∈ Z
6 6
π
che conviene scrivere (−4, − + 2kπ), k ∈ Z.
6
Una retta di un piano (e quindi dello spazio) è determinata da due suoi punti
distinti o da un punto e da un vettore ad essa parallela. Quindi se A e B
sono due punti di una retta r i punti X di r sono tali che X − A e B − A
sono linearmente dipendenti. Allo stesso modo se A è un punto di una retta
r e u è un vettore parallelo alla retta allora i punti X di r sono tali che
X − A e u sono linearmente dipendenti. Ed ancora, poiché i vettori di un
piano formano uno spazio vettoriale di dimensione due, l’insieme dei vettori
ortogonali (ossia il complemento ortogonale) a una direzione formano una
direzione e pertanto una retta di un piano è anche determinata assegnando
un punto e una direzione ad essa perpendicolare: se A è un punto della retta
r perpendicolare al vettore n allora i punti X di r sono tali che il vettore
X − A è ortogonale al vettore n, ossia (X − A) · n = 0.
27
28 CAPITOLO 2. RETTE IN UN PIANO CARTESIANO
(x − x1 , y − y1 ) = t(x2 − x1 , y2 − y1 ), t ∈ R
ossia
(
x = x1 + t(x2 − x1 )
,t ∈ R (2.1)
y = y1 + t(y2 − y1 )
che si dicono equazioni parametriche della retta passante per i due punti A
e B.
Il vettore B − A definisce un vettore contenuto nella retta, in particolare
parallelo alla retta, pertanto una retta è data assegnando un suo punto e
la sua direzione, ossia un punto A(x1 , y1 ) ed un vettore u = (u1 , u2 ) ad
essa parallelo, abbiamo cosı̀ che un punto X appartiene alla retta per A e
direzione [u] se e solo se X − A = tu che equivale a X = A + tu da cui
(
x = x1 + tu1
,t ∈ R (2.2)
y = y1 + tu2
che si chiamano equazioni parametriche della retta. Le componenti del
vettore1 u si chiamano numeri direttori della retta, e se la retta è denotata
con r useremo vr oppure → −
r per denotare il vettore che genera la direzione
di r, ossia il vettore le cui componenti sono una coppia di numeri direttori
di r.
NOTA. (Segmento di estremi A e B.) La rappresentazione parametrica di
una retta offre anche il vantaggio di poter descrivere i segmenti di retta,
infatti se nella (2.1) assumiamo t ∈ [0, 1] abbiamo le equazioni del segmento
di estremi A(x1 , y1 ) (corrispondente a t = 0) e B(x2 , y2 ) (corrispondente a
t = 1).
1
E quindi, nel caso precedente, del vettore B − A.
2.1. RAPPRESENTAZIONE ALGEBRICA DI UNA RETTA IN UN PIANO29
(iii)
x − x1 y − y1
= , se x2 6= x1 e y2 6= y1 . (2.4)
x2 − x1 y2 − y1
ax + by + c = 0,
!
x − x1 y − y1
det = 0. (2.6)
x 2 − x 1 y2 − y1
3
La dimostrazione completa del teorema 2.1.2 è discussa a lezione.
2.1. RAPPRESENTAZIONE ALGEBRICA DI UNA RETTA IN UN PIANO31
• y = y1 se y1 = y2 .
• x = x1 se x1 = x2 .
x − x1 y − y1
• = se x1 6= x2 e y1 6= y2 .
x2 − x1 y2 − y1
a b c
Si osservi che se6 si ha 0
= 0 = 0 le due rette coincidono.
a b c
Due rette r e r0 sono perpendicolari (ortogonali) se tali sono le loro di-
→
−
rezioni, ossia7 se →
−
r · r0 = 0 pertanto
6
Ovviamente supponiamo c, c0 6= 0, altrimenti già è noto che le due rette coincidono.
7
Il che equivale anche a nr · nr0 = 0.
2.2. INTERSEZIONE TRA DUE RETTE 33
ESEMPIO
( 2.1.1 Calcolare gli angoli formati dalle rette r : x + 3y − 1 = 0
x = 1−t
es: .
y = −7 + 2t
Si ha →
−
r = (−3, 1) e →
−
s = (−1, 2). Pertanto i due angoli θ sono dati da
√
→
− →
− (−3, 1) · (−1, 2) 5 2
cos θ = ± cos r s = ± √
d √ = ±√ √ = ± .
1+9 1+4 10 5 2
π 3π
Si ottiene θ1 = e θ2 = .
4 4
!
a b
Se ab0 − a0 b = 0 , ossia rg = 1,
a0 b0
! !
a b a b | −c
– le due rette coincidono se e solo se rg = rg =
a0 b0 a0 b0 | −c0
a b c
1 ossia se e solo se 0
= 0 = 0.
a b c
– le due rette non hanno alcun punto in comune, ossia sono parallele se
!
a b | −c
rg =2
a0 b0 | −c0
a b c
ossia se e solo se = 0 6= 0 .
a0 b c
NOTA. Si osservi che nelle argomentazioni di sopra si è supposto c 6= 0 e
c0 6= 0, infatti nel caso (c, c0 ) = (0, 0) il sistema che rappresenta l’intersezione
delle due rette essendo omogeneo è compatibile e pertanto le due rette o si
intersecano solo nell’origine del riferimento (se la matrice incompleta di tale
sistema è invertibile) oppure coincidono (se la matrice incompleta di tale
sistema ha rango 1).
Cfr la formula di Cramer che permette di scrivere l’n–pla A−1 c come n–pla di n
9
ax + by = −c
ax by
+ =1
−c −c
x y
c + =1
−a − cb
x y
+ =1
−5 3
(P − P0 ) · n = 0.
(rP − r0 ) · n = 0 ⇔ rP · n = r0 · n.
r · n = d. (2.12)
2.4. FASCI DI RETTE 37
TEOREMA 2.4.1 Tutte e sole le rette del fascio di centro il punto di in-
tersezione delle rette10 r e s sono rappresentate da un’equazione del tipo
λ(x − x0 ) + µ(y − y0 ) = 0.
Essa rappresenta quindi la generica retta del piano passante per il punto
P (x0 , y0 ).
Determinare una retta del fascio di centro P (o in parole più semplici
una retta del piano passante per P ) vuol dire determinare una coppia di
numeri reali λ e µ, non entrambi nulli, e quindi occorre assegnare un’altra
condizione alla retta oltre al passaggio per P . Questa ulteriore condizione
può essere ad esempio il parallelismo11 o l’ortogonalità 12 ad un’altra retta.
Cosı̀, se r : ax + by + c = 0 e P (x0 , y0 ) ∈
/ r:
– la retta per P parallela a r è rappresentata dall’equazione:
a(x − x0 ) + b(y − y0 ) = 0.
b(x − x0 ) − a(y − y0 ) = 0.
u1 (x − x0 ) + u2 (y − y0 ).
ESEMPIO 2.4.1 È noto, dalle nozioni di geometria classica del piano, che
l’asse di un segmento di estremi A e B è la retta passante per il punto medio
del segmento e ad esso perpendicolare. Quindi è la retta passante per il punto
11
Ossia, le due rette hanno la stessa direzione.
12
Ossia, le due rette hanno direzioni ortogonali, cioè l’una è il complemento ortogonale
dell’altra.
2.5. DISTANZA PUNTO–RETTA E DISTANZA RETTA–RETTA. BISETTRICI.39
1+3 3+5
MAB = ( , ) = (2, 4).
2 2
Poiché B − A = (2, 2), l’equazione dell’asse è
2(x − 2) + 2(y − 4) = 0
ossia
x + y − 6 = 0.
(Q − P ) · (H − P )
(H − P ).
||H − P ||2
Cosı̀
(Q − P ) · (H − P )
d(P, r) = ||H − P || = || (H − P )|| =
||H − P ||2
|(Q − P ) · nr |
=
||nr ||
| − ax0 − by0 − c|
√ =
a2 + b2
|ax0 + by0 + c|
√ .
a2 + b2
|ax0 + by0 + c|
d(P, r) = √ . (2.14)
a2 + b2
Si noti, come il risultato ottenuto non dipende dal punto Q scelto su r.
Grazie alla formula (2.14) siamo in grado di calcolare le bisettrici degli
angoli formati da due rette (cf sezione (2.5.1)), le aree dei triangoli, paral-
lelogrammi et cetera.
Infine, se r ed s sono due rette del piano,
– se r ∩ s 6= ∅ la loro distanza d(r, s) è zero;
– se r ∩ s = ∅ (ossia r e s sono parallele) la loro distanza d(r, s) è data dalla
distanza di un punto di una di esse dall’altra retta.
2.5. DISTANZA PUNTO–RETTA E DISTANZA RETTA–RETTA. BISETTRICI.41
(
x = t
ESEMPIO 2.5.1 Siano r : 2x − y + 5 = 0 e s : Le
y = 2t + 8
due rette sono parallele infatti →
−
r = (1, 2) e →
−s = (1, 2) (e cosı̀ →
−
r e→−s sono
linearmente dipendenti essendo uguali) pertanto la loro distanza è non nulla.
Sia P il punto di s ottenuto in corrispondenza del valore t = 0, ossia P (0, 8),
allora
|2 · 0 + (−1) · 8 + 5| 3
d(r, s) = d(P, r) = √ =√ .
4+1 5
|3x + 4y − 5| |x − y + 2|
√ = √
9 + 16 1+1
√
2|3x + 4y − 5| = 5|x − y + 2|
√
2(3x + 4y − 5) = ±5(x − y + 2)
√ √
2(3x + 4y − 5) = 5(x − y + 2) oppure 2(3x + 4y − 5) = −5(x − y + 2)
e √ √ √
(3 2 + 5)x + (4 2 − 5)y − 5( 2 − 2) = 0.
42 CAPITOLO 2. RETTE IN UN PIANO CARTESIANO
14
Che si ottiene con entrambe le sostituzioni suggerite prima.
2.6. ESERCIZI E COMPLEMENTI 43
7.3 I punti A(1, 2), B(2, −2) e C(−3, −4) determinano un triangolo; scrivere
le equazioni dei lati, delle parallele ai lati condotte per i vertici opposti e delle
mediane. Determinare l’intersezione delle mediane.
Poiché B−A = (1, −4) e C−A = (−4, −6) non sono proporzionali i tre punti effettivamente
sono vertici di un triangolo. Determiniamo le equazioni dei lati:
x−1 y − 2
AB : = 0 ⇔ 4x + y − 6 = 0,
1 −4
x−1 y−2
AC : = 0 ⇔ x − 4y + 2 = 0.
−4 −6
Ricordiamo che l’equazione della retta per il punto (x0 , y0 ) e parallela alla retta ax +
by + c = 0 è data da: a(x − x0 ) + b(y − y0 ) = 0, cosı̀ la retta per C paralella ad AB ha
equazione 4(x + 3) + 1(y + 4) = 0 ossia 4x + y + 16 = 0. Analogamente si ha che la retta
per B paralela ad AC ha equazione x − 4y − 10 = 0 e la retta per A parallela a BC ha
equazione 2x − 5y + 8 = 0.
I tre punti medi dei lati sono dati rispettivamente da MAB (3/2, 0), MAC (−1, −1)
e MBC (−1/2, −3). Le tre mediane sono le rette AMBC : 10x − 3y − 4 = 0, BMAC :
x + 3y + 4 = 0 e CMAB : 8x − 9y − 12 = 0.
7.4 Determinare le equazioni delle rette passanti per il punto P (5, −3) e
parallela e perpendicolare alla retta r : 3x + y − 5 = 0.
Si tratta di determinare tra le rette del fascio di centro P quelle che soddisfano alle due
condizioni assegnate.
La retta per P parallela a r è 3(x − 5) + 1 · (y + 3) = 0) ossia 3x + y − 12 = 0.
La retta per P perpendicolare a r è (x − 5) − 3 · (y + 3) = 0) ossia x − 3y − 14 = 0.
7.5 Trovare le equazioni delle altezze del triangolo di vertici A(0, 0), B(3, 0)
e C(2, 2).
Osserviamo che il lato AB è l’asse delle x ossia la retta y = 0 cosı̀ l’altezza per C è la retta
per C perpendicolare all’asse delle x cioé x = 2.
2
L’altezza per B è la retta passante per B con vettore normale C − A = ossia la
2
retta 2(x − 3) + 2y = 0 i.e. x + y − 3 = 0.
−1
L’altezza per A è la retta passante per A con vettore normale C − B = ossia la
2
retta −(x − 0) + 2(y − 0) = 0 i.e. x − 2y = 0.
7.8 Determinare la lunghezza delle tre altezze del triangolo di vertici A(1, 2),
B(−1, 2) e C(−2, −3).
Si tratta di determinare le distanze di ogni vertice dal lato ad esso opposto. Poiché il lato
AB è orizzontale la distanza di C da esso si ottiene senza ricorrere alla formula distanza
punto retta. Infatti tale lunghezza coincide con la distanza di C dal punto (−2, 2) ed è
quindi hC = |2 − (−3)| = 5. Negli altri due casi occorre determinare prima le equazioni
dei lati AC e BC e poi usare la formula della distanza.
x−1 y−2
La retta AC è = da cui 5x − 3y + 1 = 0.
−2 − 1 −3 − 2
Con la stessa formula si ha che la retta BC è 5x − y + 7 = 0.
7.11 Determinare l’area del triangolo di vertici A(3, 1), B(2, 3) e O(0, 0).
1
Detto H il piede dell’altezza per O sulla retta AB, l’area del triangolo è |OH||AB|. La
2
x−3 y−1
retta AB ha equazione = ossia 2x + y − 7 = 0. Allora
2−3 3−1
√
| − 7| 7 5
|OH| = √ = .
5 5
√
√ 1√ 7 5 7
Inoltre |Ab| = 5. Quindi A(ABO) = 5· = .
2 3 2
7.12 Determinare l’area del quadrilatero di vertici A(2, 3), B(4, 5), C(7, 6)
e D(6, −3.
Si divida il quadrilatero in due triangoli, ad esempio nei triangoli ABC e ACD, e si proceda
come nell’esercizio precedente.
L’equazione di una retta ` parallela alla retta r è del tipo 5x + 12y + c = 0 con c ∈ R.
Pertanto
|5(−2) + 12(1) + c| |c + 2|
d(A, `) = √ = .
25 + 144 13
Ma d(A, `) = 1 pertanto
|c + 2|
=1
13
da cui c = −15 o c = 11. Pertanto ci sono due rette parallele a r e a distanza 1 da A:
5x + 12y − 15 = 0 e 5x + 12y + 11 = 0.
si incontrano in un punto.
Occorre provare che le tre rette appartengono ad un fascio proprio ossia che il determinante
della matrice dei coefficienti delle tre equazioni è nullo e che due sue colonne non sono
proporzionali (i.e. che tale matrice ha rango 2). Allora:
3 −1 5
2 3 2 = 57 − 57 = 0
1 −4 3
5
7.17 In coordinate polari l’equazione r = rappresenta una retta. De-
sin ϕ
terminare l’equazione in coordinate cartesiane di tale retta.
È r sin ϕ = 5 e quindi y = 5.
7.18 Sia dato il punto A(1, 2). Determinare ( le equazioni parametriche della
x = 3+t
retta passante per A e parallela alla retta .
y = 2−t
ha la stessa direzione [(1, −1)] della retta assegnata pertanto ha equazioni
La retta richiesta
x = 1+t
parametriche: .
y = 2−t
16
In pratica basta sostituire x con 2x0 − x e y con 2y0 − y, evitando cosı̀ il ricorso agli
apici.
48 CAPITOLO 2. RETTE IN UN PIANO CARTESIANO
Capitolo 3
La circonferenza
49
50 CAPITOLO 3. LA CIRCONFERENZA
Ne segue che due circonferenze distinte hanno al più due punti in comune.
Un punto è interno a una circonferenza se la sua distanza dal centro è
minore del raggio, è esterno se la sua distanza dal centro è maggiore del
raggio, appartiene alla circonferenza se la sua distanza dal centro è uguale
al raggio.
Una retta è secante a una circonferenza se la sua distanza dal centro è
minore del raggio, è esterna se la sua distanza dal centro è maggiore del
raggio,è tangente alla circonferenza se la sua distanza dal centro è uguale al
raggio.
Se t è una retta tangente alla circonferenza l’unico punto comune alla
retta e alla circonferenza si dice punto di contatto.
Se C è il centro di una circonferenza, t una retta ad essa tangente nel
punto P allora la retta OP è perpendicolare alla retta tangente.
Infine, ricordiamo che per un punto di una circonferenza passa una e una
sola retta tangente. Per un punto esterno passano due rette tangenti.
|CP | = r (3.1)
e quindi, essendo q
|CP | = (x − x0 )2 + (y − y0 )2
se, e solo se,
q
(x − x0 )2 + (y − y0 )2 = r, (3.2)
da cui
3.2. EQUAZIONE DELLA CIRCONFERENZA 51
(x − x0 )2 + (y − y0 )2 = r2 . (3.3)
Le equazioni (3.3) e (3.2) hanno lo stesso insieme di soluzioni, cosı̀ come ogni
equazione ottenuta dalla (3.3) moltiplicando ambo i membri per uno stesso
numero reale non nullo.
x2 + y 2 + ax + by + c = 0, (3.4)
dove
a b
x0 = − , y 0 = − , (3.6)
2 2
e quindi s
a2 b2 1p 2
r= + − c(= a + b2 − 4c). (3.7)
4 4 2
Quest’ultima relazione implica che
a2 b2
+ − c > 0. (3.8)
4 4
Pertanto ogni circonferenza di un piano xOy è rappresentata da un’equazione
del tipo (3.4) con a, b, c reali e soddisfacenti la (3.8).
x2 + y 2 = r 2 .
3.2. EQUAZIONE DELLA CIRCONFERENZA 53
Nella prima sezione del capitolo abbiamo richiamato il fatto che una retta
ha al più due punti in comune con una circonferenza. Questa affermazione si
prova facilmente coi metodi della geometria cartesiana. In un piano xOy si
consideri una circonferenza Γ : x2 +y 2 +mx+ny+p = 0 e sia r : ax+by+c = 0
una retta del piano. Gli eventuali punti comuni a Γ e r, ossia i punti di
intersezione della retta con la circonferenza, sono tali che le loro coordinate
soddisfano il sistema:
(
x2 + y 2 + mx + ny + p = 0
(3.11)
ax + by + c = 0
Ax2 + Bx + C = 0 (3.12)
1
Ossia due soluzioni reali e coincidenti.
54 CAPITOLO 3. LA CIRCONFERENZA
a b
(x0 + )(x − x0 ) + (y0 + )(y − y0 ) = 0, (3.14)
2 2
ossia
a b a b
x0 x + y0 y + x + y − x20 − y02 − x0 − y0 = 0,
2 2 2 2
a b
aggiungendo e sottraendo x0 e y0 a primo membro si ottiene
2 2
x + x0 y + y0
x0 x + y0 y + a +b − x20 − y02 − ax0 − by0 = 0
2 2
ossia
x + x0 y + y0
x 0 x + y0 y + a +b − (x20 + y02 + ax0 + by0 ) = 0.
2 2
Ma P (x0 , y0 ) appartiene a Γ, quindi x20 + y02 + ax0 + byo + c = 0 cioè
−(x20 + y02 + ax0 + byo ) = c. Pertanto l’ultima equazione diviene:
x + x0 y + y0
x0 x + y0 y + a +b + c = 0,
2 2
che coincide con la (3.13) e quindi si è provato quanto richiesto.
3.3. RETTE TANGENTI A UNA CIRCONFERENZA 55
al posto di x2 il termine x0 x;
al posto di y 2 il termine y0 y;
al posto di x il termine 21 (x + x0 );
al posto di y il termine 12 (y + y0 ).
Resta cosı̀ definita una biiezione tra l’insieme dei punti del piano diversi da
C e l’insieme delle rette del piano non passanti per C, che associa ad ogni
punto P diverso da C la sua polare `P . Tale biiezione si dice polarità rispetto
a Γ (o definita d aΓ).
a b
x0 x + y0 y + x + y + δ = 0 (3.17)
2 2
con
a a
δ = −(x0 + )x0 − (y0 + )y 0 . (3.18)
2 2
a b
Consideriamo ora il vettore H − C. Da una parte è H − C = (x0 + , y 0 + ).
2 2
Dall’altra, essendo parallelo (e concorde) al vettore P − C si ha H − C =
a b
ρ(P − C), (ρ > 0), ossia H − C = (ρ(x0 + ), ρ(y0 + )), e quindi
2 2
a a b b
x0 = − + ρ(x0 + ) e y 0 = − + ρ(y0 + ).
2 2 2 2
Sostituendo nella (3.18) si ha
a b a2 b2 a b
δ= x 0 + y0 + + − ρ[(x0 + )2 + (y0 + )2 ].
2 2 4 4 2 2
3.3. RETTE TANGENTI A UNA CIRCONFERENZA 57
a b a 2 b
Da P − C = (x0 + , y0 + ) segue ||P − C||2 = (x0 + ) + (y0 + )2 .
2 2 2 2
Ma H − C = ρ(P − C), cosı́ tenendo conto di (3.15) si ha
a b
ρ[(x0 + )2 + (y0 + )2 = ||H − C|| · ||P − C|| = r2
2 2
e quindi
a b a2 b2
δ= x0 + y0 + + − r2 .
2 2 4 4
a2 b2
essendo r2 = + − c, si ha
4 4
a b
δ= x0 + y0 + c
2 2
sostituendo tale valore di δ nella (3.17) si ottiene la (3.16).
ossia se e solo se P ∈ πQ . 2
Ne segue che le rette tangenti a Γ per un punto P ad essa esterno sono le
due rette congiungenti P con i punti di intersezione T1 e T2 di πP con Γ.
y = y0 + r sin ϕ.
e cosı̀ P appartiene a Γ.
Tra tutte le figure piane aventi lo stesso perimetro, determinare quelle aventi
area massima.
Altri problemi, simili ai precedenti, si trovano narrati in diversi testi
dell’Antichità e del Medioevo. Il primo che viene alla mente è quello che si
trovò ad affrontare Orazio Coclite quando ebbe a ritirare il premio asseg-
natogli dalla gente di Roma per la sua eroica difesa della città. Tito Livio
racconta che, quando i repubblicani estromisero Tarquinio il Superbo dal
potere, gli Etruschi mossero contro Roma guidati da Porsenna. L’esercito
etrusco arrivò fino al Gianicolo ed avrebbe potuto entrare in città attraver-
sando il Tevere sul ponte Sublicio. Visto tale pericolo, Orazio Coclite or-
dinò ai soldati di abbattere il ponte mentre egli stesso, con l’aiuto di un
manipolo, avrebbe tenuto a bada gli avversari. La battaglia infuriò finché
i contendenti furono sorpresi dal frastuono provocato dal crollo del ponte e
dalle urla dei soldati romani; approfittando di quegli attimi concitati, Coclite
si gettò nel fiume e, nonostante fosse bersagliato dagli arcieri nemici e tratto
a fondo dal peso della propria armatura, nuotando riuscı̀ ad arrivare vivo
sull’altra sponda del Tevere. Grati per aver salvato la città dall’invasione,
i romani dedicarono a Coclite una statua; inoltre, volendogli assegnare una
ricompensa meno simbolica, pensarono di lasciargli un terreno. Tuttavia
la cittadinanza non stabilı̀ quanto tale terreno dovesse esser grande: l’unica
clausola imposta a Coclite fu che egli avrebbe potuto prendere possesso di un
appezzamento avente perimetro tracciabile con l’aratro in un’unica giornata
di lavoro. Evidentemente anche il problema di aratura che si trovò ad af-
frontare Orazio Coclite era di tipo isoperimetrico: egli opportunisticamente
avrebbe voluto massimizzare l’area dellappezzamento, ma era costretto a sot-
tostare al vincolo dell’unica giornata di lavoro (che, a conti fatti, si traduce
in un vincolo sulla lunghezza dell’arco tracciato dallaratro).
Saxo Grammaticus, letterato danese del XII secolo, narra una storia
molto simile a quella di Didone a proposito di Iwar, figlio del leggendario
re vichingo Ragnar Lodbrok. La leggenda narra che Ragnar, condannato a
morte dopo essere stato catturato in battaglia, venne gettato in una fossa
piena di serpenti velenosi cosı̀ come ordinato dal re Ella di Northumbria. I
quattro figli di Ragnar cercarono di vendicare la morte del padre invadendo
il regno di Ella, però furono costretti a ritirarsi a causa della superiorità nu-
merica dell’ esercito degli Angli. Il giovane Iwar si recò da Ella per chiedere
un guidrigildo per l’assassinio del padre; come risarcimento venne stabilito
che Iwar acquisisse la proprietà di tanta terra quanta ne potesse essere rac-
chiusa da una pelle di bue. Proprio come Didone, Iwar ricavò una lunga
corda dalla pelle e la distese al suolo in forma di circonferenza, delimitando
62 CAPITOLO 3. LA CIRCONFERENZA
cosı̀ un’area vastissima di cui acquis la proprietà: su tale terreno Iwar fondò
una nuova citt (che alcune fonti identificano con York).
Chiudiamo queste brevi considerazioni storiche, che mostrano come nel
passato la conoscenza di risultati della matematica del tempo appartenesse
non solo agli studiosi di scienze, rimandando il lettore all’articolo di Guglielmo
Di Meglio Il problema isoperimetrico classico, storia e mito disponibile in
rete (cfr Matematicamente.it n.13 Agosto 2010 da cui abbiamo tratto anche
alcune considerazioni precedenti) che alla fine offre un’idea su quanto terreno
potesse racchiudere Didone con la pelle del toro: più o meno 15 campi di
calcio.
a(x + 3) + by = 0
ossia
ax + by + 3a = 0.
|3a + b + 3a|
√ =3
a2 + b2
64 CAPITOLO 3. LA CIRCONFERENZA
cioé
|6a + b|
√ =3
a2 + b2
da cui
e quindi
27a2 + 12a − 8 = 0
∆
ed essendo = 62 · 7
4
si ha
√ √
−6 ∓ 6 7 −2 ∓ 2 7
a= = .
27 9
ossia
√ √ √ √
((2 + 2 7)x + 9y − 3(2 + 2 7) = 0 e (2 7 − 2)x + 9y + 3(2 7 − 2) = 0.
(x + 1)2 + (y − 3)2 = 25
ossia
x2 + y 2 + 2x − 6y − 15 = 0.
ESERCIZIO 3.5.6 Verificare che i tre punti A(2, 3), B(−1, 1) e C(2, −2)
non sono allineati e determinare l’equazione della circonferenza passante per
essi.
6x + 4y − 11 = 0.
1
Asse di [AC]: Il punto medio del segmento [AC] è MAC (2, ) pertanto l’asse
2
è:
1
−5(y − ) = 0
2
ossia
1
y= .
2
66 CAPITOLO 3. LA CIRCONFERENZA
3 1
ossia I( , ).
2 2
1√
Il raggio è quindi r = ||A − I|| = 26.
2
Pertanto la circonferenza ha equazione:
3 1 26
(x − )2 + (y − )2 =
2 2 4
ossia
x2 + y 2 − 3x − y − 4 = 0.
1 7
ossia C(− , ).
2 2
5√
r
1 7
Il raggio è r = ||C − O|| = (− )2 + ( )2 = 2.
2 2 2
Pertanto la circonferenza ha equazione:
1 7 25
(x + )2 + (y − )2 =
2 2 2
ossia
x2 + y 2 + x − 7y = 0.
3.5. ESERCIZI E COMPLEMENTI 67
segue
5α2 − 16α + 12 = 0,
che ha come soluzioni α1 = 65 e α2 = 2, pertanto ci sono due circonferenze del
tipo richiesto, ossia di raggio 4 e centri C1 ( 56 , 18
5 ) e C2 (2, 6) rispettivamente,
e sono rappresentate dalle equazioni:
6 18
(x − )2 + (y − )2 = 16 e (x − 2)2 + (y − 6)2 = 16
5 5
ossia
`p : x0 x + y0 y − 2(x + x0 ) + 3(y + y0 ) − 3 = 0
ossia
`p : (x0 − 2)x + (y0 + 3)y − 2x0 + 3y0 − 3 = 0
coincida con la retta x + 2y − 1 = 0.
Ciò accade se e solo se le due rette hanno equazioni proporzionali, ossia
se e solo se
x0 − 2 y0 + 3 −2x0 + 3y0 − 3
= = .
1 2 −1
Ne segue
(
2x0 − y0 − 7 = 0
x0 − 3y0 + 5 = 0
68 CAPITOLO 3. LA CIRCONFERENZA
|2 − 6 + k|
√ =2
13
da cui √
|k − 4| = 13
e quindi √
k = 4 ± 2 3.
Le rette richieste sono due e la loro equazione è:
√ √
2x + 3y + 4 + 2 3 e 2x + 3y + 4 + 2 3.
`P : 2x + 3y − (x + 2) + 2(y + 3) − 1 = 0
3.5. ESERCIZI E COMPLEMENTI 69
ossia
x + 5y + 3 = 0.
Il centro della circonferenza è il punto P (1, −2), quindi l’antipolare di P ,
ossia la simmetrica della retta `p rispetto a C, è la retta
2 − x + 5(−4 − y) + 3 = 0
ossia
x + 5y + 15 = 0.
−a = ρ0 cos θ0 , −b = ρ0 sin θ0
inoltre
c = a2 + b2 − r2 = ρ20 − r2
e cosı̀ la (3.20) diviene
x02 + y 02 = r2 .
Tale riferimento (ossia con origine nel centro della circonferenza) si dice
riferimento canonico della circonferenza.
Capitolo 4
Ellisse
|P F1 | + |P F2 | = 2a. (4.1)
Anche la lunghezza del segmento F1 F2 è una costante che denotiamo con
2c. Ciò comporta che
c ≤ a. (4.3)
71
72 CAPITOLO 4. ELLISSE
0 ≤ c < a. (4.4)
Le formule (4.2) determinano i fuochi F −1 e F2 nel sistema di coordinate
che abbiamo scelto:
a2 − c2 := b2 . (4.12)
Per la (4.12) l’uguaglianza (4.11) può essere scritta cosı̀:
b2 x2 + y 2 x2 = a2 b2 . (4.13)
Poichè b > 0 e a > 0 l’uguaglianza (4.13) diventa:
x2 y 2
+ 2 = 1. (4.14)
a2 b
a a2
d= = . (4.18)
ε c
DEFINIZIONE 4.1.7 Sul piano di una ellisse ci sono due rette parallele al
semiasse minore entrambe a distanza d data dalla formula (4.18) dal centro
dell’ellisse1 . Queste due rette si dicono direttrici dell’ellisse.
1
Il centro di un’ellisse è il punto di intersezione dei suoi due assi.
4.1. DEFINIZIONE E PRIME PROPRIETÀ 75
x2 f 2 (x)
+ = 1. (4.20)
a2 b2
L’uguaglianza in (4.20) è verificata identicamente nella x. Deriviamo
ambo i membri dell’uguaglianza (4.20)
2x 2f (x)f 0 (x)
+ = 0. (4.21)
a2 b2
Da cui
b2 x
f 0 (x) = − . (4.22)
a2 f (x)
76 CAPITOLO 4. ELLISSE
b2 x0
f 0 (x0 ) = − . (4.23)
a 2 y0
b2 x0
y = y0 − (x − x0 ). (4.24)
a2 y0
Eliminando il denominatore:
x20 y02
Ma P0 (x0 , y0 ) appartiene all’ellisse, quindi + = 1 e quindi l’equazione
a2 b2
(4.26) diviene
xx0 yy0
+ 2 = 1. (4.27)
a2 b
x0 y0
n1 = , n2 = .
a2 b2
2
Nota come Equazine della tangente con la formula dello sdoppiamento
4.1. DEFINIZIONE E PRIME PROPRIETÀ 77
TEOREMA 4.1.5 Ogni raggio di luce uscente da uno dei due fuochi dell’ellisse
viene riflesso dall’ellisse in direzione dell’altro fuoco (ossia in un raggio che
passa per l’altro fuoco).
Questi due teoremi sono equivalenti per la legge di riflessione che afferma
che l’angolo di riflessione è uguale all’angolo di incidenza.
DIMOSTRAZIONE DEL TEOREMA 4.1.6. Consideriamo un sistema
di coordinate canonico per l’ellisse sia P0 (x0 , y0 ) un suo punto. Siano F1 e
F2 i due fuochi dell’ellisse e Q il punto in cui la perpendicolare per P0 alla
tangente all’ellisse in P0 interseca la retta F1 F2 . Il segmento [M N ] è diretto
lungo il vettore normale n della retta tangente. Per provare che questo
segmento è sulla bisettrice dell’angolo F1 P0 F2 è sufficiente provare che
cos(F1d
P0 N ) = cos(F2d
P0 N ). (4.28)
L’uguaglianza in coseni (4.28) è equivalente alla seguente uguaglianza
per prodotti scalari:
−−−→ −−−→
P0 F1 · n P0 F2 · n
= . (4.29)
|P0 F1 | |P0 F2 |
Avendo fissato il riferimento canonico per l’ellisse, si ha F1 (−c, 0) e
−−→
F2 (c, 0). Pertanto possiamo calcolare le componenti dei vettori P0 Fi , i = 1, 2:
! !
−−−→ −c − x0 −−−→ c − x0
P0 F1 = , P0 F2 = . (4.30)
−y0 −y0
78 CAPITOLO 4. ELLISSE
x20 y02
+ 2 =1
a2 b
a2 + cx0 a2 − cx0
|P0 F1 | = , |P0 F2 | = . (4.35)
a2 a2
−−−→ −−−→
P0 F1 · n 1 P0 F2 · n 1
=− e =− (4.36)
|P0 F1 | a |P0 F1 | a
x2 y 2
+ 2 = 1. (4.37)
a2 b
y = P1 M = Q1 Q = OQ · sin t = b sin t.
In tal modo,
(
x = a cos t
. (4.38)
y = b sin t
ossia
bp 2
y=± a − x2 . (4.39)
a
Per la simmetria è sufficiente se consideriamo solo la parte nel primo
bp 2
quadrante: x ≥ 0 e y = a − x2 .
a
Per x = 0 si ha y0b, quindi il punto B(0, b) è il punto più a sinistra del
grafico in questione. È evidente che aumentando la x il radicando diminuisce
5
Tale descrizione è stata richiamata nel film ”Agorà” nella scena in cui la matematica
astronoma e filosofa Ipazia, personaggio principale del film, cerca una nuova descrizione
della traiettoria dei pianeti avendo intuito i limiti del modello Tolemaico.
4.3. ULTERIORI CONSIDERAZIONI SULL’ELLISSE E COMMENTI 81
6
Abbiamo trascurato la concavità per non appesantire troppo la discussione
82 CAPITOLO 4. ELLISSE
da cui
r(a + c cos θ) = a2 − c2 .
Da c = aε e b2 = a2 − c2 si ottiene allora
ar(1 + ε cos θ) = b2
ossia
4.4. COMPLEMENTI ED ESERCIZI 83
b2
r(1 + ε cos θ) = (4.40)
a
che è l’equazione canonica dell’ellisse in coordinate polari.
NOTA. L’equazione polare r(1+cos θ) = k rappresenta un’ellisse se 0 < ε < 1
(o meglio |ε| < 1). In generale essa rappresenta sempre una conica7 come
vedremo nei prossimi capitoli.
L’equazione polare dell’ellisse trova applicazioni in meccanica.
b2 b2
rp = e ra = .
a(1 + ε) a(1 − ε)
Essendo b2 = a2 (1 − ε2 ) otteniamo
7
Una parabola per ε = 1 e un’iperbole se ε > 1.
84 CAPITOLO 4. ELLISSE
Capitolo 5
Iperbole
|P F1 | − |P F2 | = 2a (5.2)
Questi punti costituiscono il ramo destro dell’iperbole.
I punti dell’altro sottoinsieme sono quelli per ui la (5.1) si scrive
|P F2 | − |P F1 | = 2a. (5.3)
85
86 CAPITOLO 5. IPERBOLE
c ≥ a. (5.5)
Il caso c = a in (5.5) corrisponde ad un’iperbole degenere. In questo caso
la diseguaglianza: |F1 F2 | ≥ ||P F1 | − |P F2 || diventa l’uguaglianza |F1 F2 | =
||P F1 | − |P F2 || che dà vita a due sottocasi.
Nel primo sottocaso la |F1 F2 | = ||P F1 | − |P F2 || si scrive:
|F1 F2 | = |P F1 | − |P F2 |. (5.6)
|F1 F2 | = |P F2 | − |P F1 |. (5.7)
l’uguaglianza (5.7)significa che il triangolo F1 P F2 si riduce al segmento
[F2 P ], ossia il punto P giace sulla semiretta sinistra dell’asse x con origine
in F1 .
Cosı̀ se c = a l’iperbole degenere è l’unione di due semirette disgiunte e
con versi opposti dell’asse x.
Un altro caso degenere si presenta quando a = 0. In tal caso i rami
dell’iperbole si rettificano e unendoli giacciono sull’asse y.
Entrambi questi casi sono di solito esclusi ponendo:
|P F1 | − |P F2 | = ±2a. (5.12)
Sostituiamo le due espressioni (5.10) e (5.11) nella (5.12).
q q
y 2 + (x + c)2 − y 2 + (x − c)2 = ±2a. (5.13)
Isoliamo la prima radice
q q
y 2 + (x + c)2 = ±2a + y 2 + (x − c)2 . (5.14)
Elevando al quadro ambo i membri della (5.14) e riducendo i termini
simili si ha:
q
±4a y 2 + (x − c)2 = 4a2 − 4xc. (5.15)
Effettuando ulteriori calcoli, in modo simile a quanto fatto per l’ellisse,
si eprviene a
a2 − c2 = −b2 (5.17)
la (5.16) diventa
x2 y 2
− 2 = 1. (5.19)
a2 b
|x| ≥ a. (5.20)
a a2
d= = . (5.22)
ε c
DEFINIZIONE 5.2.2 Nel piano di un’iperbole ci sono due due rette per-
pendicolari al suo asse reale e a distanza d data dalla (5.22) dal suo centro
(ossia l’intersezione degli assi reale e immaginario). Queste due rette sono
le direttrici dell’iperbole.
a2 a2 + cx
|M H1 | = | + x| = | |. (5.24)
c c
1
Evidentemente abbiamo considerato il riferimento canonico per l’iperbole in questione.
90 CAPITOLO 5. IPERBOLE
a2 a2 + cx
|M F1 | = | + x| = | |. (5.25)
c a
Cosı̀
|M F1 | c
= = ε. (5.26)
|M H1 | a
Il punto P può cambiare la sua posizione sull’iperbole, cosı̀ il numeratore
e il denominatore della frazione cambiano, ma il valore della frazione non
cambia, pertanto
x2 f 2 (x)
− =1 (5.27)
a2 b2
2
Ricorda y0 = f (x0 ) perché P appartiene all’iperbole.
5.3. RETTA TANGENTE ALL’IPERBOLE IN UN SUO PUNTO 91
2x 2f 0 (x)f (x)
− =0 (5.28)
a2 b2
da cui
b2 x
f 0 (x) = . (5.29)
a2 f (x)
Quindi,
b2 x0
f 0 (x0 ) =
a2 f (x0 )
da cui, essendo y0 = f (x0 ),
b2 x0
f 0 (x0 ) = . (5.30)
a2 y0
Pertanto,
b2 x0
y= (x − x0 ) + y0
a2 y0
da cui eliminando i denominatori
TEOREMA 5.4.1 Ogni raggio di luce uscente da uno dei due fuochi
dell’iperbole viene riflesso dall’iperbole in direzione dell’altro fuoco (ossia in
un raggio che passa per l’altro fuoco).
Parabola
|DF | = p. (6.1)
Poiché il punto O è il punto medio del segmento [DF ] per la (6.1) si ha:
p
|DO| = |OF | = . (6.2)
2
La (6.2) ci permette di determinare le coordinate di D e F :
93
94 CAPITOLO 6. PARABOLA
Per la (6.3) si ha
r
p
|P F | = y 2 + (x − )2 . (6.5)
2
La distanza di P da d si ottiene in maniera ancora più semplice:
p
d(P, d) = x + . (6.6)
2
sostituendo (6.5) e(6.6) nella (6.4)si ottiene
r
p p
y 2 + (x − )2 = x + . (6.7)
2 2
Elevando a quadrato ambo i membri della (6.7) si ha
p p
y 2 + (x − )2 = (x + )2 . (6.8)
2 2
Sviluppando i calcoli si arriva alla formula
y 2 = 2px. (6.9)
p > 0. (6.10)
Per la (6.10) dall’equazione (6.9) deriviamo
x ≥ 0. (6.11)
6.2. ECCENTRICITÀ DELLA PARABOLA 95
px − y0 y + px0 = 0. (6.19)
!
p
Allora il vettore normale della retta tangente è: n =
−y0
6.4. PROPRIETÀ FOCALI DELLA PARABOLA. 97
TEOREMA 6.4.1 Ogni raggio di luce uscente dal fuoco della parabola
viene riflesso dalla parabola in direzione parallela all’asse della parabola.
TEOREMA 6.4.2 Per ogni retta tangente a una parabola, il triangolo for-
mato dal punto di tangenza P , il fuoco F e il punto N in cui questa retta
tangente interseca l’asse della parabola è un triangolo isoscele, ossia vale la
|P F | = |N F | .
Coniche
7.1 Definizione
DEFINIZIONE 7.1.1 Una curva del secondo ordine o conica di un
piano è una curva rappresentata in un sistema di coordinate cartesiano da
un’equazione polinomiale di secondo grado del tipo:
TEOREMA 7.1.1 Per ogni curva del secondo ordine (i.e. conica) di un
piano esiste un riferimento cartesiano ortogonale2 tale che in esso la conica
è data da un’equazione della forma (7.1).
99
100 CAPITOLO 7. CONICHE
Trasponendo4 si ottiene
ove B =t M AΓ M .
Da B =t M AΓ M segue rgB = rgA e quindi
B0 =t M0 A0 M0
e quindi
d 2 e d2 e2
λ(x + ) + λ0 (y + 0 )2 + (f − − 0 ) = 0. (7.5)
λ λ λ λ
Consideriamo la traslazione
(
x = x̃ − λd
(7.6)
y = ỹ − λe0
d2 e2
Effettuando tale traslazione e ponendo f˜ = f − − la curva ha nel
λ λ
nuovo riferimento equazione:
λx̃2 + λ0 ỹ 2 + f˜ = 0. (7.7)
dove i coefficienti λ e λ0 sono positivi.
L’equazione (7.7) fornisce la suddivisione delle curve di tipo ellittico in
tre sottotipi:
- il caso di un’ellisse: se f˜ < 0,
- il caso di un’ellisse immaginaria: se f˜ > 0,
Con abuso di notazione e per convenienza scriviamo 2d al posto di d0 e 2e al posto di
6
0
e . E’ chiaro che in generale sono diversi da quelli dell’equazione (7.1).
104 CAPITOLO 7. CONICHE
- il caso di un punto: se f˜ = 0.
Nel caso di un’ellisse, si perviene facilmente all’equazione (4.14).
x̃2 ỹ 2
Nel caso dell’ellisse immaginaria, si perviene all’equazione 2 + 2 = −1 che
a b
è priva di soluzioni. In questo caso l’equazione descrive l’insieme vuoto.
Il caso di un punto spesso è detto il caso di una coppia di rette immaginarie e
intersecanti, noi preferiamo dire però che l’equazione descrive il punto x̃ = 0
e ỹ = 0.
Curve di tipo iperbolico. Supponiamo λ > 0, λ0 < 0 (essendo simile la
discussione nel caso λ < 0, λ0 > 0). L’equazione (7.4) può scriversi nella
forma:
d 2 e d2 e2
λ(x + ) − λ̃0 (y − )2 + (f − + ) = 0, (7.8)
λ λ̃0 λ λ̃0
dove −λ0 = λ̃0 > 0.
d2 e2
Poniamo f˜ = f − + e effettuiamo la traslazione
λ λ̃0
(
x = x̃ − λd
(7.9)
y = ỹ + λ̃e0
per avere
ỹ 2 + 2dx + f˜ = 0. (7.13)
DEFINIZIONE 7.2.3 Una conica degenere è una curva del secondo or-
dine la cui equazione si ottiene come prodotto di due equazioni lineari in x
e y (a coefficienti eventualmente complessi), è quindi o il vuoto o un punto
o l’unione di due rette (eventualmente coincidenti). Una conica non de-
genere è una curva del secondo ordine di equazione ax2 + 2bxy + cy 2 +
2dx + 2ey + f = 0 tale che il polinomio ax2 + 2bxy + cy 2 + 2dx + 2ey + f è
irriducibile.
7
Ad esempio x2 + y 2 = (x + iy)(x − iy).
7.2. CLASSIFICAZIONE DELLE CURVE DEL SECONDO ORDINE 107
Coniche
Punto
Coniche degeneri
Coppia di rette (parallele,
intersecanti o coincidenti)
Ellisse
Coniche non degeneri Parabola
Iperbole
Osserviamo che essendo la conica non degenere almeno uno dei due autovalori
λ e λ0 di A0 e’ non nullo. Inoltre se uno dei due autovalori e’ nullo deve
essere d · e 6=0 altrimenti la conica trasformata rappresenterebbe il vuoto o
una conica degenere.
Possiamo riassumere quanto fatto precedentemente con le proposizioni
di seguito presentate.
108 CAPITOLO 7. CONICHE
−1 1
y = √ x0 + √ y 0
2 2
La conica diviene allora
3 02 1 02 1 1
x + y + √ x0 + √ y 0 − 6 = 0.
2 2 2 2
7.2. CLASSIFICAZIONE DELLE CURVE DEL SECONDO ORDINE 109
Effettuando la traslazione
1
√
√
0 2 2 0 2
x =X− 3 y =X−
2
6
1
√
√
0 2 2 0 2
y =Y − 1 y =Y −
2
2
si ottiene
3 2 1 2 19
X + Y =
2 2 3
da cui
9 2 3
X + Y 2 = 1.
38 38
x = − √25 X + √1 Y
(
5 .
y = √15 X + √2 Y
5
2 6
5Y 2 − √ X + √ Y + 2 = 0
5 5
ossia
5√ 2 √
X= 5Y + 3Y + 5
2
che ha asse di simmetria orizzontale e si può studiare coi metodi dell’analisi
elementare per tracciare il grafico. Tuttavia siamo interessati all’equazione
canonica, allora la traslazione
√
X = x0 + 5 − 109√5
(
Y = y 0 − 5√
3
5
λx2 + λ0 y 2 = γ oppure λy 2 + γx = 0, γ 6= 0.
x2 + 4y · x + (y 2 + 6y − 3) = 0)
SOLUZIONE.
Come
già previsto dalla traccia dell’esercizio la matrice AΓ =
3 0 −2 !
3 0
0 −1 0 è non invertibile e A0 = ha determinante
0 −1
−2 0 1
negativo (e quindi Γ è un’ iperbole) ed è già diagonale (come era del resto
prevedibile mancando il termine xy). Il centro ha coordinate
0
−1
3 0
−2 0 −2 0
2
x0 = = , y0 = = 0.
−3 3 −3
Gli autospazi di A0 sono x = 0 e y = 0. Pertanto gli assi sono x = 2/3 e
y = 0.
da cui segue che Γ è una conica. Per come abbiamo fissato il riferimento è
d 6= 0. Pertanto9 ε > 0, d 6= 0 e cosı̀ la conica è non degenere essendo la sua
matrice invertibile. 2
x2 y 2
± 2 = 1 oppure y 2 = 2px
a2 b
e quindi è o un’ellisse11 o un’iperbole o una parabola per quanto visto nei
capitoli dedicati a queste tre curve si ha che per ciascuna di esse esiste sempre
una retta D e un punto F che soddisfano la (7.15). Pertanto il teorema 7.2.2
si inverte e visto anche quanto appena detto per la circonferenza si ha:
PF
= ε. (7.18)
d(F, D)
Sia P il generico punto della conica. Poniamo r = P F e consideriamo
un sistema di coordinate polari con asse polare una retta orizzontale per F
(orientata nel verso positivo a destra), origine in F e ascissa angolare θ, e la
direttrice D sia a destra di F a distanza d da F . Allora d(F, D) = d − r cos θ
e quindi la (7.18) diventa
r
ε=
d − r cos θ
da cui
ε·d
r= . (7.19)
1 + ε cos θ
Proviamo che per l’ellisse ritroviamo la stessa equazione presentata nel
capitolo dedicato a tale conica, ossia determiniamo l’equazione polare dell’ellisse
tramite i coefficienti della sua equazione canonica.
• Ellisse.
Essendo
ε·d c p
a= 2
, ε = , b = a 1 − ε2
1−ε a
l’equazione polare dell’ellisse è
a(1 − ε2 )
r= . (7.20)
1 + ε cos θ
Con opportuni calcoli essa diventa:
b2
a
r=
1 + ε cos θ
ossia
b2
r(1 + ε cos θ) = .
a
r=a
xy0 + yx0 x + x0 y + y0
axx0 + 2b + cyy0 + 2d + 2e + e = 0. (7.21)
2 2 2
e quindi
a b d x0
(x, y, 1) b c e y0 = 0. (7.23)
d e f 1
7.2. CLASSIFICAZIONE DELLE CURVE DEL SECONDO ORDINE 119
ossia
3x − 10y + 27 = 0.
xx0 + yy0 x + x0 y + y0
axx0 + 2b + cyy0 + 2d + 2e + e = 0. (7.24)
2 2 2
Svolgendo i calcoli tale equazione diviene:
7.2.7 Conclusione
Tra le varie forme che l’equazione Γ : ax2 + 2bxy + cy 2 + 2dx + 2ey + f = 0
può assumere troviamo le
xy = k e x2 − y 2 = a2
123