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Appunti di
Algebra Lineare e Geometria
Niero Luca
Corso di Laurea in Ing. Aerospaziale
A.A. 2020/2021
1
1
Note d’uso
Gli appunti sono stati prodotti sulla base delle fonti citate in ultima pagina
(testi o docenti), selezionate con cura in modo da evitare erroneità.
Tali appunti NON devono essere sostitutivi di libri e professori, poiché si
prefiggono solamente di fare un recap della materia, possibilmente in modo
chiaro e corretto, per uno studio di revisione a fine corso.
L’invito è sempre quello di acquistare i testi citati per avere una visione
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CONTENTS 2
Contents
1 Vettori 6
1.1 Definizione e caratteristiche di un vettore. Vettori particolari . 6
1.2 Somma di vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.3 Prodotto di uno scalare per un vettore . . . . . . . . . . . . . 8
1.4 Combinazione lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.4.1 Dipendenza ed indipendenza lineare . . . . . . . . . . . 9
1.5 Componenti di un vettore. Versori fondamentali . . . . . . . . 10
1.6 Prodotto scalare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.6.1 Proiezione ortogonale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
1.7 Prodotto vettoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
1.8 Prodotto misto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2 Piani e rette 16
2.1 Piani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
2.2 Parallelismo tra piani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
2.3 Rette . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
2.4 Posizioni reciproche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
2.4.1 Posizioni tra rette e rette . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
2.4.2 Posizioni tra rette e piani . . . . . . . . . . . . . . . . 23
2.5 Fasci di piani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
2.6 Distanze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
2.6.1 Distanza tra due punti . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
2.6.2 Distanza di punto da un piano . . . . . . . . . . . . . . 25
2.6.3 Distanza di un punto da una retta nel piano . . . . . . 25
2.6.4 Distanza di un punto da una retta nello spazio . . . . . 26
2.6.5 Distanza tra piani paralleli . . . . . . . . . . . . . . . . 26
2.6.6 Distanza tra rette sghembe . . . . . . . . . . . . . . . . 26
4 Spazi Vettoriali Rn 42
4.1 Spazio vettoriale su R . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
4.2 Sottospazi vettoriali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
4.2.1 Sottospazi impropri e propri . . . . . . . . . . . . . . . 43
4.2.2 Sottospazi notevoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
4.3 Costruzione di sottospazi vettoriali di Rn . . . . . . . . . . . . 44
4.3.1 Copertura lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
4.3.2 Soluzioni di sistemi lineari omogenei . . . . . . . . . . 44
4.4 Indipendenza lineare. Base e dimensione . . . . . . . . . . . . 45
4.4.1 Dipendenza ed indipendenza lineare . . . . . . . . . . . 45
4.4.2 Spazio delle righe e delle colonne . . . . . . . . . . . . 45
4.4.3 Basi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
4.4.4 Dimensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
7 Autovettori e autovalori 60
7.1 Diagonalizzazione di un enfomorfismo . . . . . . . . . . . . . . 60
7.1.1 Diagonalizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60
7.1.2 Autovettori e autovalori . . . . . . . . . . . . . . . . . 60
7.1.3 Autospazio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60
7.2 Ricerca analitica degli autovettori . . . . . . . . . . . . . . . . 62
7.3 Diagonalizzabilità di un endomorfismo . . . . . . . . . . . . . 63
9.2 Quadriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77
9.2.1 Quadriche non degeneri . . . . . . . . . . . . . . . . . 77
9.2.2 Quadriche degeneri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
9.3 Sfere e circonferenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
9.4 Circonferenze nello spazio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
1 VETTORI 6
1 Vettori
1.1 Definizione e caratteristiche di un vettore. Vettori
particolari
Fissato un punto O del piano o dello spazio, si definisce vettore v applicato
in O qualsiasi segmento orientato OP ~ , al variare del punto P nel piano o
nello spazio. Il vettore v si può denotare anche ~v .
commutativa, u + v = v + u;
associativa, (u + v) + w = u + (v + w);
u + 0 = u, ∀u;
∀u 6= 0, ∃(−u) : u + (−u) = 0.
1u = u;
(a + b)u = au + bu;
a(u + v) = au + av.
1 VETTORI 9
a1 u1 + a2 u2 + · · · + an un = 0
Il modulo può essere ricavato dalle componenti applicando due volte il teo-
rema di Pitagora p
|u| = x2 + y 2 + z 2
Dati u = (x1 , y1 , z1 ) e v = (x2 , y2 , z2 ) si ha
u + v = (x1 + x2 , y1 + y2 , z1 + z2 )
Dati m ∈ R e u = (x, y, z) si ha
u · v = |u||v| cos θ
commutativa, u · v = v · u;
u(v + w) = u · v + u · w.
u · u = |u|2 ;
u · v = x1 x2 + y1 y2 + z1 z2
1 VETTORI 12
anticommutativa, u ∧ v = −v ∧ u;
u ∧ (v + w) = u ∧ v + u ∧ w
u · (v ∧ w)
dalla definizione segue che u·(v∧w) = 0 se e solo se uno dei due vettori
è nullo oppure se i tre vettori sono complanari (e quindi linearmente
dipendenti);
2 Piani e rette
2.1 Piani
Per individuare un piano α nello spazio si possono assegnare:
Caso (a)
Siano P0 = (x0 , y0 , z0 ) e u = (a, b, c); se P è un generico punto di α, il vettore
~ − OP
(OP ~ 0 ) è parallelo ad α e quindi ortogonale a u.
Caso (b)
É facile ricondursi al primo caso definendo come u il vettore v ∧ w.
Caso (c)
Nell’ultimo caso si cerca il piano passante per tre punti non allineati. Basta
ricondursi al caso (b) definendo v = (OP ~ 1 − OP~ 0 ) e w = (OP~ 2 − OP~ 0 ). É
facile osservare che il piano è parallelo a questi due vettori e quindi ricondursi
alle regole dei casi precedenti per il calcolo del piano.
Se due piani non sono paralleli, ossia se non esiste coefficiente che soddisfa
il parallelismo dei vettori ortogonali, allora si dicono incidenti. Due piani
incidenti sono sempre tali che
α∩β =r
2.3 Rette
Per individuare una retta r nello spazio si possono assegnare:
Caso (a)
Nel primo caso siano P0 = (x0 , y0 , z0 ) e u = (l, m, n).
~ − OP
Un punto P = (x, y, z) appartiene ad r se e solo se i vettori (OP ~ 0) e u
sono paralleli, ossia se e solo se esiste t ∈ R tale che
~ − OP
(OP ~ 0 ) = tu
da cui segue
x − x0 y − y0 z − z0
= =
l m n
Eguagliando due coppie di tali rapporti si possono ricavare le equazioni di
due piani di cui r è intersezione; il sistema lineare
(
x−x0
l
= y−y
m
0
x−x0
l
= z−z
n
0
Caso (b)
Nel secondo caso sono dati due piani incidenti α : ax + by + cz + d = 0 e
β : a0 x + b0 y + c0 z + d0 = 0, che hanno intersezione la retta r; le coordinate
dei punti di r sono le soluzioni del sistema
(
ax + by + cz + d = 0
a0 x + b 0 y + c 0 z + d 0 = 0
Caso (c)
Nell’ultimo caso si vuole determinare la retta passante per P0 (x0 , y0 , z0 ) e
P1 (x1 , y1 , z1 ). Si può ricondurre lo studio al caso (a) cercando la retta pas-
sante per uno dei due punti e parallela al vettore (OP ~ − OP ~ 0 ) = (l, m, n). Si
ottengono le equazioni parametriche
x = x0 + t(x1 − x0 )
y = y0 + t(y1 − y0 )
z = z0 + t(z1 − z0 )
Quanto visto finora per le rette nello spazio può ripetersi per analogia nel
piano, ricordando che nel piano la scelta del riferimento permette di iden-
tificare i vettori applicati nell’origine con coppie ordinate di numeri reali;
per ottenere quindi una rappresentazione parametrica di r passante per P0 e
parallela a u = (l, m) basta sopprimere la coordinata z nell’equazione para-
metrica tridimensionale (
x = x0 + lt
y = y0 + mt
dalla quale eliminando il parametro t si ottiene la rappresentazione carte-
siana della retta nel piano
ax + by + c = 0
λ(ax + by + cz + d) + µ(a0 x + b0 y + c0 z + d0 ) = 0
al variare di λ, µ ∈ R.
Si può osservare che l’equazione definisce un piano ben preciso a meno di un
fattore di proporzionalità per ogni coppia di valori (λ, µ) 6= (0, 0) tramite le
variabili x, y, z. Si distinguono due casi:
ax + by + cz + k = 0
al variare di k.
2 PIANI E RETTE 25
2.6 Distanze
2.6.1 Distanza tra due punti
Dati due punti P = (x, y, z) e A = (x0 , y 0 , z 0 ), si definisce la loro distanza
come
~ − OA|
~ = (x − x0 )2 + (y − y 0 )2 + (z − z 0 )2
p
d(P, A) = |OP
3.2 Vettori
Sono di particolare importanza le matrici che hanno soltanto una riga o
soltanto una colonna. Si dicono rispettivamente vettore riga e vettore
colonna.
a11
a21
A = .. , B = a11 a12 · · · a1n
.
am1
A + (−A) = (0);
commutativa, A + B = B + A;
associativa, (A + B) + C = A + (B + C);
(k + m)A = kA + mA;
(km)A = k(mA).
3 MATRICI E SISTEMI LINEARI 30
(AB)C = A(BC);
k(AB) = (kA)B;
t (AB) =t B t A.
Si può osservare che non sempre il prodotto tra matrici gode della proprietà
commutativa.
3 MATRICI E SISTEMI LINEARI 31
Am An = An Am
AB = BA = I
3.7 Determinanti
Ad ogni matrice quadrata A di ordine n è possibile associare un numero,
detto determinante e indicato det(A), e calcolato a partire dagli elementi
di A.
A = (a)
det(A) = a
Nel caso di matrici di ordine 2, il numero ad − bc è il determinante di A:
a b
A=
c d
a b
det(A) = = ad − bc
c d
Se l’ordine è 3 si ha che
a b c
A = d e f
g h i
e f d f d e
det(A) = a − b
g i + c g h
h i
É comodo scegliere come riga o colonna fissata quella con più zeri possibili.
Un caso particolare è la matrice triangolare, la quale ha come determinante
la produttoria degli elementi della diagonale principale.
Valgono le seguenti proprietà:
AX = B
dove
a11 a12 ··· a1n
a21 a22 ··· a2n
A = ..
.. .. ..
. . . .
am1 am2 · · · amn
è la matrice dei coefficienti,
x1
x2
X = ..
.
xn
Un sistema può avere una sola o infinite soluzioni: si dice allora che il sistema
è compatibile. Se non ne ha alcuna, allora è detto incompatibile.
Un sistema omogeneo, ovvero i cui termini noti sono tutti nulli, è sempre
compatibile poiché ammette sempre soluzione banale (0, 0, . . . , 0).
Un sistema lineare AX = B può essere riscritto come
x1 c1 + · · · + xn cn = B
scambio di righe Ri → Rj ;
4 Spazi Vettoriali Rn
4.1 Spazio vettoriale su R
Fissato un n ∈ N, sia Rn l’insieme delle n-uple ordinate di numeri reali: un
elemento u di Rn è costituito da n numeri reali (x1 , x2 , . . . , xn ), elementi detti
componenti di u. A seconda dei casi si identifica u come vettore colonna
o vettore riga, ossia si identifica Rn con Rn,1 o con R1,n .
Si definisce l’operazione di somma tra elementi di Rn :
u + v = v + u;
(u + v) + w = u + (v + w);
∃0 : u + 0 = u, ∀u ∈ Rn ;
∀u 6= 0, ∃(−u) : u + (−u) = 0;
1u = u;
(a + b)u = au + bu;
a(u + v) = au + av.
1) V 6= Φ;
2) ∀u, v ∈ V, u + v ∈ V;
3) ∀u ∈ V, ∀k ∈ R, ku ∈ V.
4.4.3 Basi
Sia V un sottospazio vettoriale di Rn . Un insieme ordinato di vettori B =
(u1 , . . . , uk ) ∈ V si dice una base per V se:
Dalla definizione si può subito osservare che nessuna base può contenere il
vettore nullo, in quanto esso non può mai far parte di una combinazione di
vettori linearmente indipendenti.
I vettori riga (o colonna) della matrice identità In sono una base di Rn detta
base canonica e denotata B = (e1 , . . . , en ).
É possibile dimostrare che, data una base B = (u1 , . . . , uk ) di V sottospazio
di Rn , per ogni vettore v ∈ V i coefficienti che permettono di esprimerlo
come combinazione lineare dei vettori della base sono unici. Inoltre vale
che i coefficienti che permettono di esprimere qualsiasi vettore di Rn come
combinazione lineare dei vettori della base canonica sono le componenti del
vettore stesso. Si ha infatti
4.4.4 Dimensioni
Sia V un sottospazio di Rn ; si dice dimensione di V, e si indica con dim(V), il
numero di elementi in una sua qualunque base. Se V = 0 allora dim(V) = 0.
Per ogni matrice M ∈ Rm,n si ha che rg(M ) = dimR(M ) = dimC(M ).
5 OPERAZIONI SUI SOTTOSPAZI E SPAZI VETTORIALI ASTRATTI47
mettere in evidenza gli aspetti della teoria che non dipendono dalla
scelta di una base specifica;
somma u + v di u, v ∈ V;
prodotto ku di k ∈ K con u ∈ V.
u + v = v + u;
(u + v) + w = u + (v + w);
∃0 : u + 0 = u, ∀u ∈ Rn ;
∀u 6= 0, ∃(−u) : u + (−u) = 0;
1u = u;
(a + b)u = au + bu;
a(u + v) = au + av.
p(x) = a0 + a1 x + a2 x2 + · · · + an xn
1) W 6= Φ;
2) ∀u, v ∈ W, u + v ∈ W ;
3) ∀u ∈ W, ∀k ∈ K, ku ∈ W .
se V = L(u1 , . . . , up ), allora n ≤ p.
6 APPLICAZIONI LINEARI E CAMBIAMENTI DI BASE 51
A(u + v) = Au + Av;
k(Au) = A(ku).
fA (u + v) = fA (u) + fA (v);
1) f (u + v) = f (u) + f (v);
ker(A) = {v ∈ Rn |Av = 0}
Im(A) = {w ∈ Rm |∃v ∈ Rn : Av = w}
v 7→ Av 7→ BAv
(a1 , · · · , an ) 7→ a1 v1 + · · · + an vn
è un isomorfismo.
In particolare l’isomorfismo f manda ogni elemento della base canonica di Kn
in un elemento della base data di V. Dunque si può usare f per identificare
Kn con V. Si ottengono risultati analoghi a quelli visti nello spazio Rn , in
particolare:
se V = L(u1 , . . . , up ), si ha n ≤ p.
u = x01 e01 +· · ·+x0n e0n = x01 (a11 e1 +· · ·+an1 en )+· · ·+x0n (a1n e1 +· · ·+ann en ) =
= x1 e1 + · · · + xn en
da cui
x1 x01
x2 x0
2
.. = P
..
. .
xn x0n
6 APPLICAZIONI LINEARI E CAMBIAMENTI DI BASE 59
M (P X 0 ) = QY 0
da cui Q−1 M P X 0 = Y 0 ; com’è noto, dopo aver fissato le due basi, la matrice
associata ad f è univocamente determinata. Di conseguenza Q−1 M P è la
matrice di f rispetto alle nuove basi.
Nel caso particolare in cui lo spazio di partenza coincida con quello di arrivo,
cioè V = W , si può fissare la stessa base. Si avrà quindi
M 0 = P −1 M P
7 Autovettori e autovalori
7.1 Diagonalizzazione di un enfomorfismo
7.1.1 Diagonalizzazione
Sia V un K-spazio vettoriale di dimensione finita n.
Un endomorfismo f : V → V si dice diagonalizzabile o semplice se esiste
una base B = (u1 , . . . , un ) di V rispetto alla quale la matrice di f è diago-
nale, ossia una matrice avente elementi tutti nulli meno che sulla diagonale
principale. In altri termini, la matrice di f è diagonalizzabile se è simile ad
una matrice diagonale.
Se f è diagonalizzabile, sia B = (u1 , . . . , un ) una base rispetto alla quale la
matrice di f è la matrice diagonale
λ1 0 · · · 0
0 λ2 · · · 0
D = ..
.. . . ..
. . . .
0 . . . 0 λn
allora si ha f (u1 ) = λ1 u1 , f (u2 ) = λ2 u2 , . . . , f (un ) = λn un , cioè ciascun
vettore della base viene trasformato dall’endomorfismo f in un multiplo
di se stesso; viceversa, se ciascun vettore della base B viene trasformato
dall’endomorfismo f in un multiplo di se stesso, la matrice di f rispetto a B
è diagonale.
7.1.3 Autospazio
Si dice autospazio relativo all’autovalore λ l’insieme
Vλ = {u ∈ V|f (u) = λu}
7 AUTOVETTORI E AUTOVALORI 61
f (0) = 0 = λ0
M u = λu
u · v = v · u;
u · (v + w) = u · v + u · w;
u · u ≥ 0, ∀u e u · u = 0 ⇔ u = 0.
e cosı̀ via.
8 MATRICI ORTOGONALI E FORME QUADRATICHE 69
Per capire la forma del luogo rappresentato, si possono eseguire due tipi di
operazioni.
9.1.3 Rotazione
Se nell’equazione compare un termine in xy, con un’opportuna rotazione lo si
può rimuovere; si osserva infatti che i termini di secondo grado dell’equazione
costituiscono una forma quadratica in x, y associata alla matrice simmetrica
a11 a12
A=
a21 a22
Per esempio, nell’equazione C : x2 + y 2 − 2xy − x − y = 0 si ha
1 −1
A=
−1 1
una matrice ortogonale speciale che diagonalizza A è
√ √
1/ √2 1/√2
P =
−1/ 2 1/ 2
√ √
x 1/ √2 1/√2 X
La rotazione data da P è = e l’equazione
y −1/ 2 1/ 2 Y
√
canonica di C diventa 2X 2 = 2Y (una parabola).
Alla fine di queste operazioni si trova in ogni caso un’equazione con termini
X 2 o Y 2 o entrambi e al più un termine costante. Vale il teorema seguente.
Detti λ1 , λ2 gli autovalori della matrice A esiste nel piano un sistema di rifer-
imento rispetto al quale l’equazione standard di secondo grado assume una
delle seguenti forme (equazioni canoniche):
1) λ1 X 2 + λ2 Y 2 = γ;
2) λ1 X 2 = 2γY .
x2
=1
a2
9.2 Quadriche
Analogamente alla definizione di conica, una quadrica Q è il luogo dei punti
(x, y, z) dello spazio R3 che soddisfano un’equazione del tipo
dove si suppongono i primi sei coefficienti non tutti nulli, in modo da avere
un’equazione di secondo grado. I termini di secondo grado costituiscono una
forma quadratica in x, y, z associata alla matrice simmetria M ∈ R3,3 . Detti
λ1 , λ2 , λ3 gli autovalori di M , si ottiene l’analogo teorema nello spazio. Data
una quadrica Q, esiste nello spazio un sistema di riferimento R(O, X, Y, Z)
rispetto al quale C si rappresenta con una equazione di uno dei seguenti tipi
(equazioni canoniche):
1) λ1 X 2 + λ2 Y 2 + λ3 Z 2 = γ;
2) λ1 X 2 + λ2 Y 2 = 2γZ.
X2 Y 2
Z= + 2 paraboloide ellittico
a2 b
(x − a)2 + (y − b)2 = R2
o
x2 + y 2 − 2ax − 2by + d = 0
dove d = a2 + b2 − R2 .
9 EQUAZIONI DI SECONDO GRADO IN DUE O TRE VARIABILI 83
dove, assumento
√ d = a2 + b2 + c2 − R2 > 0, la sfera ha centro C(a, b, c) e
raggio R = a2 + b2 + c2 − d.
Se d(C, α) < R, l’intersezione S ∩ α è una circonferenza di cui si può ricavare
il centro C 0 e il raggio r; infatti C 0 è il punto di intersezione tra il piano con
la retta perpendicolare
p ad esso condotta per il centro della sfera, dunque per
Pitagora r = R − d(C, α)2 .
2
Corso
Corso: Algebra Lineare e Geometria (e fondamenti di Calcolo Numerico)
Carico: 10 CFU
Docenti: Cumino C., Guerra M.
Bibliografia
Materiale didattico fornito dal Politecnico di Torino;