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L’insegnamento di Analisi dei Sistemi intende fornire allo studente gli strumenti
e le metodologie per la caratterizzazione dei sistemi dinamici lineari e lo studio
delle loro proprietà strutturali. Esso si colloca nell’ambito delle discipline dell’in-
gegneria che costituiscono il settore scientifico disciplinare chiamato Automatica.
Nel nuovo assetto degli studi della Facoltà di Ingegneria della Seconda Univer-
sità degli Studi di Napoli, l’insegnamento di Analisi dei Sistemi risulterà il primo
modulo fra quelli del settore dell’Automatica, ed è posto, insieme a quello di
Controlli Automatici, al secondo anno del corso degli studi fra gli insegnamenti
che caratterizzano le classi di Ingegneria Elettronica ed Informatica. Nella classe
di Ingegneria Informatica è inserito un orientamento di Automazione Industria-
le in cui sono previsti gli insegnamenti di Tecnologie dei Sistemi di Controllo,
Controlli Automatici II ed Azionamenti ed Elettronica Industriale del settore
scientifico disciplinare Automatica. Tali insegnamenti, congiuntamente all’uso
delle tecnologie informatiche, consentiranno al laureato in Ingegneria Informatica
con orientamento Automazione Industriale di operare su impianti automatizzati.
Impianti automatizzati sono presenti in ogni ambiente industriale: meccanico,
aeronautico, automobilistico, manifatturiero, chimico, ovvero in ogni ambiente in
cui il governo di un determinato processo per ottenere una risposta desiderata o
una produzione di beni viene effettuata senza il diretto intervento dell’uomo. Si
può, quindi, affermare che il compito dell’ingegnere dell’automazione è quello di
comprendere e governare processi naturali o artificiali allo scopo di fornire pro-
dotti utili alla società. Poiché il primo passo è quello di comprendere e descrivere
un processo naturale, un impianto o in termini del tutto generali un sistema,
l’insegnamento di Analisi dei Sistemi fornirà allo studente gli strumenti operati-
vi necessari per la modellazione, la descrizione delle proprietà e l’individuazione
delle informazioni utili per il governo di un sistema.
G. De Maria
i
Indice
iii
iv Indice
Bibliografia 192
1.1 Introduzione
Con il termine sistema, che deriva dal greco riunire - comporre, generalmente si
intende un insieme di elementi materiali connessi e coordinati in modo da for-
mare un complesso organico soggetto a determinate regole. Al termine sistema
si fa seguire un aggettivo che caratterizza l’insieme di elementi, ad esempio in
medicina parliamo di sistema immunitario, sistema circolatorio; in astronomia
di sistema solare; in economia di sistema monetario, sistema economico naziona-
le. Nel campo dell’ingegneria lo studente diventerà familiare con la terminologia
sistema meccanico, sistema elettrico, sistema di elaborazione delle informazioni,
a seconda che le grandezze fisiche implicate siano meccaniche, elettriche oppu-
re informazioni numeriche o alfanumeriche, intendendo con ciò un complesso di
apparati interconnessi in cui si individua una relazione causa/effetto. Con il ter-
mine causa si intende la sollecitazione (ingresso o variabile di governo) imposta
al sistema, mentre con il termine effetto il prodotto (uscita o variabile di uscita)
generato dal sistema conseguentemente alla sollecitazione imposta. Ad esempio,
consideriamo un sistema meccanico costituito da una trave fissata ad un’estre-
mità (vedi Fig. 1.1) e supponiamo di caricare l’estremità libera con forze costanti
di entità crescente pari a F1 , F2 , . . ., che individueremo come causa o ingresso.
Se dopo l’applicazione della forza Fi si aspetta che la trave si fermi e si mi-
sura, all’equilibrio, lo spostamento yi , che individueremo come effetto o uscita,
dell’estremità libera rispetto alla posizione in assenza di sollecitazione, e si ripor-
1
2 Capitolo 1. Modellistica dei sistemi dinamici
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
F
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
y
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
x
t0
t
iniziale y(t0 ) e velocità iniziale nulla. Si noti che qualsivoglia movimento, nelle
suddette condizioni iniziali può essere ottenuto dalla banca dati accedendo ad
essa con la coppia di dati (y(t0 ), F ). Si comprende facilmente che tale approccio
è inapplicabile, per l’ovvio motivo della non realizzabilità, e poco utile, per man-
canza di generalità, sia perché ricavato in particolari condizioni, velocità iniziale
nulla dell’estremità libera, sia perché riferito alla specifica trave, con assegnata
geometria e massa, per cui si è effettuato l’esperimento. Per ottenere il modello
dinamico del sistema considerato che descriva il movimento y = y(t) in modo del
tutto generale, ovvero un modello che tenga conto della geometria e della massa
della trave in forma parametrica, quindi valido per tutte le travi incastrate ad
un’estremità, e per generiche condizioni iniziali y(t0 ) e ẏ(t0 ) –posizione e velocità
iniziale dell’estremità libera– bisogna abbandonare l’approccio puramente speri-
mentale, descritto precedentemente, e ricorrere alle leggi della fisica ed in questo
caso a quelle che descrivono il comportamento dei mezzi continui. Tale approccio
conduce alla formulazione del modello dinamico in termini di un’equazione dif-
ferenziale alle derivate parziali con annesse equazioni differenziali ordinarie che
tengono conto delle condizioni al contorno. Tale formulazione risulta essere com-
pleta nel senso che descrive il movimento e la condizione di equilibrio, quindi
contiene in sé anche il modello statico, dell’estremità libera dell’insieme di tutte
le travi incastrate ad un’estremità
" #
∂2 ∂ 2 y(x, t) ∂ 2 y(x, t)
EI(x) + m(x) = F (x, t)
∂ x2 ∂ x2 ∂ t2
causa effetto
o S o
sollecitazione uscita
yn
t0 t
3. verificare che tali variabili fisiche siano disponibili per effettuare misure o
se mediante osservazioni sull’uscita è possibile ricostruire tali variabili;
f − β(ν1 − ν2 ) = 0
Passiamo ora alla modellistica dei sistemi elettrici elementari. Diciamo su-
bito che si troverà una piena corrispondenza tra elementi meccanici ed elementi
elettrici, a patto di considerare al posto della velocità la corrente e al posto della
forza la tensione, mentre il ruolo della posizione è svolto dalla carica elettrica.
1
v−
χ=0
C
dove C è detta capacità del condensatore e si misura in Farad
variazione di carica C
capacità = = [F]
variazione di tensione V
Poiché, nella pratica, nei sistemi con cui avremo a che fare le grandezze sono
sempre variabili nel tempo, quello che è di interesse in un sistema elettrico com-
plesso non è tanto la carica ma la corrente elettrica, cioè la derivata temporale
della carica, allora è più utile considerare la relazione di equilibrio delle correnti
4
Si noti l’analogia con l’elemento elastico, in cui alla posizione corrisponde la carica e alla
rigidezza k corrisponde l’inverso della capacità 1/C.
12 Capitolo 1. Modellistica dei sistemi dinamici
x2 x1 1
f − k(x1 − x2 ) = 0 V = k(x1 − x2 )2
2
Molla traslatoria
α1
α2
C
k 1
C − k(α1 − α2 ) = 0 V = k(α1 − α2 )2
2
Molla rotatoria
risponde con una tensione proporzionale alla corrente che scorre in esso, secondo
la relazione di equilibrio5
v − Ri = 0
dove R è detta resistenza del resistore e si misura in Ohm
variazione di tensione V
resistenza = = [Ω]
variazione di corrente A
Un resistore, analogamente ad uno smorzatore meccanico, dissipa energia elet-
tromagnetica sotto forma di calore. In particolare, la funzione di dissipazione di
Rayleigh per un resistore di resistenza R in cui scorre una corrente i vale
1
D = Ri2
2
Le caratteristiche dei sistemi meccanici elementari sono riassunte in Tab. 1.1,
mentre quelle degli elementi elettrici sono riassunte in Tab. 1.2. In Tab. 1.3 sono
riportate i sistemi elementari dissipativi elettrici e meccanici.
i L
v di 1
v−L =0 T = Li2
dt 2
Induttore
C
i
v dv 1 1 2
i−C =0 V = Cv 2 = χ
dt 2 2C
Condensatore
i R
v 1
v − Ri = 0 D = Ri2
2
Resistore
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
x
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
k M
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
di calcolare tutti gli stati futuri del sistema, supponendo noti tutti gli ingressi
futuri e le equazioni che descrivono il sistema.
Strettamente legato a questo concetto è quello di funzione di stato
Una funzione di stato è ogni funzione scalare delle variabili di stato e del tempo il
cui valore ad ogni istante di tempo è completamente determinato dai valori delle
variabili di stato in quell’istante e dal tempo stesso.
Funzioni di stato sono, ad esempio, l’energia cinetica e l’energia potenziale.
Una funzione di stato che si rivela molto utile per la determinazione di modelli
matematici di sistemi fisici reali è la cosiddetta funzione di Lagrange o Lagran-
giana. La Lagrangiana è definita come la differenza fra l’energia cinetica totale
T e l’energia potenziale totale V di un sistema.
Esempio 1.1 Si consideri il sistema massa-molla in Fig. 1.5. Tale sistema meccanico
è costituito da due elementi, un elemento di inerzia di massa M e un elemento elastico
1.2. Elementi di modellistica di sistemi dinamici 15
v
L
Esempio 1.2 Si consideri il sistema elettrico in Fig. 1.6, dove v è la tensione ai capi
del condensatore di capacità C e i è la corrente nell’induttore di induttanza L. Dalle
relazioni in Tab. 1.2, si trova subito che l’energia cinetica totale del sistema è
1
T (i) = Li2
2
mentre, ricordando che la carica del condensatore è pari a χ = Cv, quella potenziale
è
1 2
V (χ) = χ
2C
6
Nel seguito indicheremo con f˙(t) la derivata temporale di f (t), cioè f˙(t) = df
dt
e con f (n) (t)
n
la derivata n−ma, cioè f (n) (t) = ddtnf .
16 Capitolo 1. Modellistica dei sistemi dinamici
1 2 1 2
L(χ, i) = T (i) − V (χ) = Li − χ
2 2C
Notiamo esplicitamente che la corrente i nell’induttore è la stessa che circola nel
condensatore e quindi è pari alla derivata temporale della carica nel condensatore,
quindi si ha i = χ̇ e la Lagrangiana diventa
1 1 2
L(χ, χ̇) = Lχ̇2 − χ
2 2C
che formalmente è identica a quella trovata per il sistema massa-molla.
A questo punto non rimane che generalizzare le leggi del moto. A tale scopo
faremo riferimento al Principio di Hamilton, secondo cui
1.2. Elementi di modellistica di sistemi dinamici 17
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
y
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
k
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
u
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
M
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
β
xxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
Con il simbolo Fi sono state indicate tutte e sole le forze generalizzate che agiscono
sulle variabili generalizzate e che non derivano da un potenziale (non conserva-
tive)7 . Il principio di Hamilton, in altre parole, afferma che un sistema effettua
moti che minimizzano una funzione dipendente dai vari tipi di energia che entrano
in gioco nel sistema: cinetica, potenziale e fornita dall’esterno.
Facendo uso del calcolo delle variazioni è possibile determinare il minimo
dell’integrale nel principio di Hamilton e quindi le equazioni che il moto di un
sistema dinamico deve soddisfare. Tali equazioni sono dette di Eulero-Lagrange e
sono costituite dal sistema di l equazioni differenziali ordinarie (dove l è il numero
di gradi di libertà del sistema)8
Esempio 1.3 Dato il sistema meccanico in Fig. 1.7, in cui si individuano i tre ele-
menti massa, molla e smorzatore (tutti traslatori) sottoposti alla forza u, vogliamo
determinare le equazioni del suo modello dinamico. Il primo passo è quello dell’indi-
viduazione delle coordinate generalizzate. Nel caso in esame è chiaro che la posizione
del sistema è completamente individuata dalla posizione della massa M , quindi q = y.
Le variabili di stato sono allora q e q̇. Il passo successivo è quello della determinazio-
ne delle energie cinetica e potenziale totali oltre alla funzione di dissipazione totale.
Applicando le relazioni in Tab. 1.1 e Tab. 1.3, si ha
1 1 1
T = M q̇ 2 , V = kq 2 , D = β q̇ 2
2 2 2
La funzione Lagrangiana vale dunque
1 1
L(q, q̇) = T − V = M q̇ 2 − kq 2
2 2
Calcoliamo ora i singoli termini che compaiono nell’equazione (1.2)
M q̈ + β q̇ + kq = u
Esempio 1.4 Dato il circuito elettrico in Fig. 1.8, in cui si individuano i tre elementi
induttore, condensatore e resistore sottoposti alla tensione u, vogliamo determinare
le equazioni del suo modello dinamico. Il primo passo è quello dell’individuazione
delle coordinate generalizzate. Ricordando che la “posizione in un circuito elettrico è
rappresentata dalla carica dei condensatori, si ha che q = χ. Le variabili di stato sono
allora q e q̇. Osservando che q è legata alla corrente nell’induttore da una relazione
di derivata temporale (i = χ̇), si ritrova che la corrente in un induttore è variabile
di stato di un circuito elettrico. Il passo successivo è quello della determinazione
9
Lo stesso risultato può essere ottenuto anche applicando il secondo principio della dinamica
e le relazioni di equilibrio per i tre elementi costituenti il sistema.
1.2. Elementi di modellistica di sistemi dinamici 19
C
R
v
L
u
i
delle energie cinetica e potenziale totali, oltre alla funzione di dissipazione totale.
Applicando le relazioni energetiche di Tab. 1.2 e Tab. 1.3, si ha
1 1 2 1
T = Lq̇ 2 , V = q , D = Rq̇ 2
2 2C 2
La funzione Lagrangiana vale dunque
1 1 2
L(q, q̇) = T − V = Lq̇ 2 − q
2 2C
Calcoliamo ora i singoli termini che compaiono nell’equazione (1.2)
x1 = q, x2 = q̇
M q̈ + β q̇ + kq = u
ẋ1 = x2 (1.3)
k β 1
ẋ2 = − x1 − x2 + u (1.4)
M M M
che costituiscono la forma normale dell’equazione differenziale del secondo ordine da
cui siamo partiti.
e quindi
Z t
xi (t) = xi (t0 ) + fi (x1 , . . . , xn , u1 , . . . , ur , τ )dτ , i = 1, . . . , n .
t0
y(t) = g(u(t), t) ,
in altre parole, il sistema non ha memoria del passato e quindi non ammette
alcuna variabile di stato né alcuna equazione di stato.
1.3. La rappresentazione ingresso–stato–uscita 23
In tal caso, si può affermare che se la sollecitazione u(t) genera l’uscita y(t),
la stessa sollecitazione traslata nel tempo u(t − T ) genera la stessa uscita
traslata nel tempo y(t − T ).
• Sistemi stocastici. Sono quei sistemi in cui alcune o tutte tra le variabili
di stato, uscita o ingresso sono di tipo aleatorio.
Notiamo esplicitamente che abbiamo finora fatto l’ipotesi che nei sistemi dinamici
finora esaminati l’effetto in un generico istante di tempo non dipende dai valori
della sollecitazione successivi a tale istante. Tale proprietà è detta di causalità.
In generale, non tutti i sistemi godono di tale proprietà, ma lo studio dei sistemi
non causali sarà oggetto soprattutto dei corsi di Telecomunicazioni, nei quali si
studieranno anche i sistemi stocastici.
10
Ad esempio, la deflessione y della trave descritta nel Paragrafo 1.1, in ogni istante di tempo
è funzione dell’ascissa x.
24 Capitolo 1. Modellistica dei sistemi dinamici
x2 = C ẋ1 ,
Se siamo interessati all’evoluzione della sola tensione ai capi del resistore, allora il
modello matematico va arricchito di un’ulteriore equazione, detta equazione di uscita,
che metta in relazione tale variabile con lo stato del sistema ed eventualmente con
1.4. I sistemi lineari tempo invarianti 25
R i1 A x2 L B
i2
y1
u1 x1 y2 u2
C R
ẋ = Ax + Bu (1.7)
y = Cx + Du , (1.8)
u1 = Ri1 + x1 .
u2 = x2 + i2 .
26 Capitolo 1. Modellistica dei sistemi dinamici
Tenendo conto della relazione di equilibrio del condensatore, per il primo principio di
Kirchhoff al nodo A vale la relazione
i1 = C ẋ1 − x2 ,
Ri2 = x1 + Lẋ2 .
In particolare, per sistemi con un solo ingresso ed una sola uscita (SISO), la
rappresentazione i–s–u assume la forma semplificata
ẋ = Ax + bu
y = cT x + du
k β
x
Essendo interessati all’evoluzione della sola posizione del veicolo, scegliamo come
uscita la posizione della massa M (y = x) e otteniamo l’equazione
M ÿ + β ẏ + ky = β u̇ + ku
ẋ = Ax + bu
y = cT x + du
y = cT x + du
ẏ = cT Ax + cT bu + du̇
ÿ = cT A2 x + cT Abu + cT bu̇ + dü
..
.
(n)
y = cT An x + cT An−1 bu + · · · + cT bu(n−1) + du(n)
Moltiplicando ora la prima identità per an , la seconda per an−1 e cosı̀ via fino alla
penultima, moltiplicata per a1 , e sommando, i termini contenenti lo stato x si
annullano in virtù del teorema di Caley–Hamilton, e quindi resta solo un legame
fra ingresso (e sue derivate) e uscita (e sue derivate), che può essere espresso nella
forma voluta:
dove
b0 = d (1.10)
b1 = cT b + a1 d
b2 = cT Ab + a1 cT b + a2 d
..
.
bn = cT An−1 b + a1 cT An−2 b + · · · + an d
x = T −1 z .
ż = T ẋ = T (Ax + Bu) = T Ax + T Bu = T AT −1 z + T Bu ,
30 Capitolo 1. Modellistica dei sistemi dinamici
y = CT −1 z + Du
ż = Âz + B̂u
y = Ĉz + Du ,
dove la matrice dinamica, quella degli ingressi e quella delle uscite sono legate alle
corrispondenti matrici della rappresentazione i–s–u di partenza dalle relazioni
 = T AT −1 , B̂ = T B, Ĉ = CT −1 .
bn b2 b1 b0
Come spesso accade, la soluzione di un problema che non può essere ottenuta
per via diretta viene trovata ribaltando l’ottica da cui si osservano i dati. Nel
1876 Lord Kelvin osservò che, supponendo di avere a disposizione la derivata n–
esima y (n) è possibile tramite integratori ricavare le derivate di ordine più basso.
Queste derivate possono essere mandate in ingresso ad un dispositivo che realizzi
la funzione F , la cui uscita sarà proprio y (n) , il che ci permette di chiudere il
ciclo, come illustrato in Fig. 1.12. In questa maniera la simulazione è ottenuta
utilizzando solo integratori.
Dopo questa premessa siamo in grado di presentare la nuova forma di rappre-
sentazione i–s–u. Illustriamo il metodo con un esempio sufficientemente generale
da non complicare poi la successiva generalizzazione.
Si consideri un sistema la cui rappresentazione i–u sia
... ...
y +a1 ÿ + a2 ẏ + a3 y = b0 u +b1 ü + b2 u̇ + b3 u (1.12)
32 Capitolo 1. Modellistica dei sistemi dinamici
F y (n−1) , y (n−2) , . . . , ẏ, u, t
u
Supponiamo ora che le condizioni iniziali nelle (1.12), (1.13) siano nulle. In
questa ipotesi è possibile sfruttare la linearità delle equazioni per ottenere un’e-
quazione che definisca l’uscita y della (1.12) in funzione delle variabili ausiliarie ξ
ottenute dalla (1.13). Infatti l’ingresso applicato alla (1.12) è una combinazione
lineare (ricordando che l’operatore di derivazione è lineare) di quello applicato
alla (1.13), quindi l’uscita y sarà esprimibile come
...
y = b0 ξ +b1 ξ̈ + b2 ξ˙ + b3 ξ (1.14)
ẋ1 = x2
ẋ2 = x3
ẋ3 = −a3 x1 − a2 x2 − a1 x3 + u
y = (b3 − b0 a3 )x1 + (b2 − bo a2 )x2 + (b1 − b0 a1 )x3 + b0 u
1.5. Passaggi tra le forme di rappresentazione 33
d3 b0
dt3
d2 b1
dt2
y
d b2
dt
...
u ξ R ξ̈ R ξ˙ R ξ
b3
−a1
−a2
−a3
Si noti che ancora una volta la matrice dinamica è in forma compagna, questa
volta però orizzontale inferiore, e che la rappresentazione è duale rispetto alla
forma canonica di osservazione, nel senso che valgono le relazioni Ac = ATo ,
bc = co , cc = bo e dc = do , dove i pedici “c” e “o” sono riferiti alle variabili in
forma canonica di controllo e osservazione rispettivamente.
34 Capitolo 1. Modellistica dei sistemi dinamici
replacemen b0
b1
y
b2
u ẋ3 R x3 R x2 R x1
b3
−a1
−a2
−a3
ẋ1 = −3x1
ẋ2 = 2x1 − 4x2 + u
y = x1 + x2
ÿ + 7ẏ + 12y = u̇ + 3u .
1.6. Linearizzazione 35
ż1 = z2
ż2 = −12z1 − 7z2 + u
y = 3z1 + z2 ,
avendo avuto cura di usare un diverso simbolo per le variabili di stato. Da una
semplice ispezione delle equazioni della rappresentazione i–s–u originaria si nota che
l’ingresso u non ha alcun effetto sulla variabile di stato x1 , difatti istante per istante
tale variabile vale x1 (t) = e−3t x10 e quindi risulta indipendente da u. Al contrario, è
evidente dalle equazioni della forma canonica di controllo, che l’ingresso è in grado
di influenzare entrambe le variabili di stato. Infatti, z1 è l’integrale di z2 che dipende
direttamente dall’ingresso u. Se ne deduce che la struttura interna dei due siste-
mi è completamente differente, ciononostante presentano lo stesso comportamento
ingresso–uscita. La situazione può essere visualizzata graficamente esaminando i due
schemi a blocchi in Fig. 1.15, dove si nota che nel sistema originario la variabile di
stato x1 evolve solo in virtù di una eventuale condizione iniziale ma non in virtù del-
l’ingresso u, che invece influenza entrambe le variabili di stato del secondo sistema
realizzato in forma canonica di controllo.
1.6 Linearizzazione
Fino a questo punto ci siamo occupati solo di sistemi lineari e stazionari, ma va
sottolineato che a rigore nessun sistema fisico può rientrare in questa classe13 .
13
In realtà nessun sistema fisico è descrivibile con relazioni di tipo esclusivamente logico–ma-
tematico.
36 Capitolo 1. Modellistica dei sistemi dinamici
−3 2
u R x2 y
−4
u R z2 R z1 y
3
−7
−12
Esempio 1.10 Per ricavare il modello dinamico di un pendolo senza attrito (vedi
Fig. 1.16), fissiamo come coordinata generalizzata l’angolo θ e troviamo le energie
cinetica e potenziale
1 2
T = J θ̇ , V = mgh = mgl(1 − cos θ)
2
dove J = ml2 è il momento di inerzia della massa m che ruota attorno al punto di
sospensione. I termini dell’equazione di Eulero-Lagrange, con q = θ, sono
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
C
l
θ
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
m
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
∂L(θ, θ̇)
= −mgl sin θ,
∂θ
E quindi l’equazione del moto risulta
g C
θ̈ + sin θ =
l J
La descrizione del sistema risulta quindi non lineare. È noto d’altra parte che nell’i-
potesi di piccoli valori dell’angolo θ è lecito approssimare la funzione seno con il suo
argomento:
g C
θ̈ + θ =
l J
e quindi la descrizione è stata resa lineare.
Si pone ora il problema di generalizzare questo modo di procedere, per poter
affrontare casi in cui la linearizzazione sia meno banale dell’esempio presentato.
Per risolverlo, conviene riconsiderare l’approssimazione del seno con il suo argo-
mento adottata nell’esempio. Da un punto di vista matematico l’approssimazione
è permessa dallo sviluppo in serie di Mc Laurin della funzione seno:
x3 x5
sin x = x − + − ···
3! 5!
secondo la quale sin x = x + o(x2 ). Questa considerazione ci fornisce una me-
todologia per estendere la linearizzazione ai casi più complessi, formalizzando il
problema come segue.
Si consideri il sistema non lineare e stazionario con rappresentazione i–s–u
ẋ = f (x, u), x(0) = x0
y = g(x, u)
38 Capitolo 1. Modellistica dei sistemi dinamici
∂g ∂g
g(z, v) = g(x̂, û) + δx + δu + o(k(δx, δu)k)
∂x x=x̂ ∂u x=x̂
u=û u=û
Ora poniamo
∂f ∂f
A(t) = , B(t) = (1.15)
∂x x=x̂ ∂u x=x̂
u=û u=û
∂g ∂g
C(t) = , D(t) = (1.16)
∂x x=x̂ ∂u x=x̂
u=û u=û
Va sottolineato che tale equazione può ammettere più soluzioni, quindi in cor-
rispondenza di un ingresso costante il sistema potrebbe ammettere più punti di
equilibrio. Alla domanda verso quale punto di equilibrio il sistema si porta sarà
possibile rispondere solo dopo che nel capitolo successivo avremo introdotto il
concetto di stabilità.
In conclusione, la ricerca di un modello lineare e stazionario che descriva
l’evoluzione di piccoli spostamenti intorno a un punto di equilibrio si sviluppa nei
seguenti passi:
Esempio 1.11 Il moto di rollio di un natante (Fig. 1.17) cui sia applicata una
coppia trasversale (conseguenza ad esempio di un’onda) è descritto dall’equazione
differenziale
1
J α̈ + β α̇ + mgb 1 + tan2 α sin α − mga sin α = u (1.18)
2
u(t)
M
G a α
b
ẋ1 = x2
mgb 1 mga β 1
ẋ2 = − 1 + tan2 x1 sin x1 + sin x1 − x2 + u
J 2 J J J
y = x1
Per quanto riguarda i vettori di ingresso e di uscita, osserviamo che essi non necessi-
tano di linearizzazione in quanto la funzione f dipende linearmente da u e la funzione
g dipende linearmente da x, quindi il modello linearizzato può essere scritto come
! !
0 1 0
δẋ = mg β δx + 1 δu
J (a − b) − J J
δy = 1 0 δx
1.7. Comandi MATLAB 41
>> [V,D]=eig(A);
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
k1 β k2 xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
m1 m2 xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx f1 f2 xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxx
xxxxx
C ωa αa
ra
Ja
k ωc αc
Jc
αb rb ωb
>> S = ss(A,B,C,D);
1.8 Esercizi
Esercizio 1.1 Determinare le equazioni del moto del sistema meccanico rappresen-
tato in Fig. 1.18.
u2
iR R R
iC y2 x2 = y1
vR
x1 L
u1 C
Esercizio 1.3 Applicando i principi di Kirchhoff, determinare una i–s-u del sistema
elettrico in Fig. 1.20.
y
px m
ϕ
py
x l
0 x
M u
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
i
i 1
π
C v N.L. 0 v
u −π
tratto di
sinusoide
Esercizio 1.6 Determinare una rappresentazione i–s–u del circuito in Fig. 1.22 con
C = 1 F, quindi determinare √ il sistema linearizzato attorno ai punti di equilibrio
corrispondenti all’ingresso û = 2/2 V.
Esercizio 1.7 Determinare la proprietà di stabilità dei punti di equilibrio del sistema
ẋ1 = x2
ẋ2 = −2u sin x1 − x2 + u
y = x1
in corrispondenza dell’ingresso û = 1.
45
46 Capitolo 2. Analisi dei sistemi a tempo continuo
La definizione che ora daremo è la più generale possibile (se la funzione f (t) è
una funzione ordinaria1 ) ed è la cosiddetta trasformata di Laplace bilatera 2
Z +∞
F (s) = f (t)e−st dt . (2.1)
−∞
definito da Z
1 α+j∞
f (t) = F (s)est ds (2.2)
2πj α−j∞
• Linearità
L[k1 f1 (t) + k2 f2 (t)] = k1 F1 (s) + k2 F2 (s)
• Coniugazione
F (s∗ ) = F ∗ (s)
• Cambiamento di scala
• Traslazione in t
L[f (t − T )] = e−sT F (s)
• Traslazione in s
L[es0 t f (t)] = F (s − s0 )
• Derivata in t
d
L f (t) = sF (s)
dt
• Derivata in s
d
L[−tf (t)] = F (s)
ds
• Integrale in t. Se f (t) = 0, t < 0, allora
Z t
1
L f (τ )dτ = F (s)
0 s
• Convoluzione3
Z +∞
L f (τ )g(t − τ )dτ = F (s)G(s)
−∞
48 Capitolo 2. Analisi dei sistemi a tempo continuo
wT (t)
− T2 0 T
2 t
Esempio 2.1 La funzione finestra rettangolare di durata T (il cui grafico è riportato
in Fig. 2.1) è definita come
(
1 −T /2 < t < T /2
wT (t) = (2.3)
0 altrove
Ancora facendo riferimento alla definizione (2.1), la sua trasformata di Laplace sarà
data da
Z +∞ Z +∞ +∞
−st 1 1 1
L[δ−1 (t)]= δ−1 (t)e dt = e dt = − e−st
−st
= lim − e−st + =
−∞ 0 s 0 t→+∞ s s
s=α+jω 1 −αt 1 1
= lim − e (cos ωt − j sin ωt) + =
t→+∞ s s s
per ogni α > 0; infatti solo in tal caso si ha che il limite di sopra tende a zero.
Dunque, l’ascissa di convergenza della trasformata di Laplace del gradino unitario è
proprio 0.
Esempio 2.3 Il segnale δ−1 (t − T ) non è altro che un gradino unitario il cui istante
di inizio non è 0 ma T , per cui la sua trasformata di Laplace può essere calcolata a
partire da quella del gradino e applicando la proprietà di traslazione in t
1 −sT
L[δ−1 (t − T )] = L[δ−1 (t)]e−sT = e .
s
Esempio 2.4 Determiniamo la trasformata del segnale esponenziale eat δ−1 (t), con
esponente in generale complesso, cioè a ∈ C. Per la proprietà di traslazione in s
applicata alla trasformata del gradino si ha
1
L[eat δ−1 (t)] = L[δ−1 (t)]|s=s−a = .
s−a
ejω0 t − e−jω0 t
L[sin(ω0 t)δ−1 (t)] = L[δ−1 (t) ] = per la linearità
2j
1 1
= L[δ−1 (t)ejω0 t ] − L[δ−1 (t)e−jω0 t ] = per la traslaz. in s
2j 2j
1 1 1 1
= − =
2j s − jω0 2j s + jω0
1 2jω0 ω0
= 2 = 2
2
2j s + ω0 s + ω02
che è analitica per ogni s con parte reale positiva, infatti le sole singolarità del-
la funzione F (s) sono due poli sull’asse immaginario in ±jω0 , dunque l’ascissa di
convergenza è ancora una volta 0. Con passaggi del tutto analoghi si trova che la
trasformata del coseno è pari a
1 1 s
L[cos(ω0 t)δ−1 (t)] = L[δ−1 (t)ejω0 t ] + L[δ−1 (t)e−jω0 t ] = 2
2 2 s + ω02
rappresentata in Fig. 2.2 per diversi valori del parametro n. È facile verificare
che tale successione gode delle tre proprietà
lim wn (0) = +∞
n→+∞
5
Per una definizione rigorosa del termine distribuzione si faccia riferimento, ad esempio, a [5].
2.1. La trasformata di Laplace 51
wn (t)
4
n=4
2
n=2
1
n=1
1
− 12 − 14 − 18 1
8
1
4 2 t
6
Con la locuzione “quasi ovunque” si intende “dovunque tranne su un insieme di misura
nulla”.
52 Capitolo 2. Analisi dei sistemi a tempo continuo
Esempio 2.6 In base alla Proposizione 2.2 è facile calcolare la trasformata di Laplace
dell’impulso Z +∞
L[δ(t)] = δ(t)e−st dt = e−0s = 1
−∞
analitica in tutto C, che quindi è il suo dominio di convergenza.
Vediamo ora che relazione esiste tra l’impulso unitario e il gradino unitario.
Dalla proprietà del campionamento discende che
Z (
t 0 t<0
δ(τ )dτ =
−∞ 1 t≥0
7
Iterando il ragionamento che ha portato alla Proposizione 2.3, si potrebbero introdurre
anche i simboli δ−2 (t), per indicare la funzione “rampa” tδ−1 (t) e δ−3 (t), per indicare la funzione
“parabola” t2 δ−1 (t).
2.1. La trasformata di Laplace 53
f (t)
0 1 t
d
f (t)
dt
δ(t)
1
0 t
−δ(t − 1)
Quando tale valore è nullo, le due definizioni sono equivalenti per segnali nulli
per t < 0, e le proprietà della trasformata unilatera e bilatera coincidono. In
generale, tuttavia, alcune proprietà vanno enunciate in maniera opportuna.
• Derivata in t
+ d
L f (t) = sF (s) − f (0− )
dt
54 Capitolo 2. Analisi dei sistemi a tempo continuo
L L−1
• Convoluzione8
Z t
L+ f (t − τ )g(τ )dτ = F (s)G(s)
0
la cui soluzione può calcolarsi una volta nota la trasformata del segnale di ingresso
F (s) come
F (s)
Y (s) = n n−1
.
s + a1 s + · · · + an−1 s + an
Per calcolare, infine, la soluzione nel dominio del tempo y(t) occorre antitrasfor-
mare la soluzione nel dominio di Laplace Y (s).
Un tale procedimento richiede, come si vede, due passi fondamentali, un primo
passo di trasformazione secondo Laplace e un successivo passo di antitrasforma-
zione. Se alcuni esempi del primo sono già stati affrontati, nulla si è ancora detto
riguardo al secondo problema. Dato che nella pratica la maggior parte dei segnali
di ingresso ha per trasformata una funzione razionale fratta e visto che, come si
intuisce già dall’esempio e come vedremo più in dettaglio nel seguito, le operazioni
algebriche di soluzione nel dominio di Laplace coinvolgono sempre e solo funzioni
razionali fratte, sarà di interesse per questo corso la sola antitrasformazione di
funzioni razionali fratte, cioè del tipo
n(s)
Y (s) =
d(s)
dove n(s) e d(s) sono polinomi nella variabile complessa s a coefficienti reali. Per
il teorema fondamentale dell’algebra le radici di tali polinomi possono essere reali
e/o a coppie complesse e coniugate, in numero pari al grado del polinomio stesso.
Le radici di d(s) si dicono poli della funzione razionale fratta, mentre le radici di
n(s) si dicono zeri.
56 Capitolo 2. Analisi dei sistemi a tempo continuo
k
Y (s) = .
s−p
Ricordando la trasformata dell’Esempio 2.4 si deduce che l’antitrasformata cer-
cata è
y(t) = kept δ−1 (t) .
A questo caso banale è possibile ricondurre anche il caso più complesso in cui
d(s) abbia più radici semplici reali; è sufficiente riferirsi allo sviluppo in fratti
semplici della funzione razionale fratta, cioè
n
X ri
Y (s) = , (2.9)
i=1
s − pi
dove n è il grado del denominatore d(s) le cui n radici sono pi e ri sono i cosiddetti
residui, calcolabili in questo caso come
n(s)
ri = (s − pi ) , i = 1, . . . , n . (2.10)
d(s) s=pi
Esempio 2.8 Risolviamo la seguente equazione differenziale del secondo ordine, con
condizioni iniziali nulle
ÿ + 5ẏ + 6y = u(t)
con ingresso u(t) = δ(t) − 3 δ−1 (t). Trasformando secondo Laplace si ottiene
1 3 s−3
Y (s) = 2
1− = .
s + 5s + 6 s (s2 + 5s + 6)s
Come si vede, il denominatore di terzo grado ha tre radici in 0, −2 e −3, per cui la
Y (s) si scompone in fratti semplici come
r1 r2 r3
Y (s) = + +
s s+2 s+3
2.2. Risposta dei sistemi lineari tempo invarianti 57
Consideriamo ora il caso in cui i poli siano ancora semplici, ma non necessa-
riamente reali. In tal caso lo sviluppo in fratti semplici è ancora del tipo (2.9),
ma saranno presenti anche poli e residui complessi. In particolare, dato che i po-
linomi n(s) e d(s) sono sempre a coefficienti reali, è possibile dimostrare che sia i
poli che i corrispondenti residui appaiono sempre a coppie complesse e coniuga-
te. Prendiamo allora in esame il problema dell’antitrasformazione della generica
coppia
r r∗
Y (s) = +
s − p s − p∗
la cui corrispondente funzione del tempo è, come al solito
∗t
y(t) = rept + r ∗ ep δ−1 (t).
dove pi sono i poli reali, i cui corrispondenti residui ri sono ancora dati dal-
la (2.10), αi e ωi sono parte reale e parte immaginaria dell’i-ma coppia di poli
58 Capitolo 2. Analisi dei sistemi a tempo continuo
Non rimane che affrontare il caso più generale di poli multipli. A tale scopo
è utile richiamare dall’Appendice C la trasformata notevole
tn at 1
L e δ−1 (t) = .
n! (s − a)n+1
Iniziamo a trattare il caso di un polo reale di molteplicità k, cioè una funzione
razionale fratta che ammetta la scomposizione in fratti semplici del tipo
k
n(s) r1 rk−1 rk X rl
Y (s) = k
= k
+ · · · + 2
+ = .
(s − p) (s − p) (s − p) s − p l=1 (s − p)k−l+1
2.2. Risposta dei sistemi lineari tempo invarianti 59
Il caso più generale possibile di poli multipli sia reali che complessi e coniugati
può essere affrontato in maniera analoga ma qui non verrà riportato, solo che la
funzione del tempo che si otterrà antitrasformando conterrà sia termini esponen-
ziali che coseni moltiplicati per potenze di t. Inoltre, abbiamo sempre considerato
funzioni razionali fratte con grado del numeratore minore o uguale del grado del
denominatore (per un motivo che sarà chiaro tra breve), ma nel caso ciò non sia
vero, la soluzione conterrà termini impulsivi e derivate successive della funzione
impulsiva, che però non abbiamo definito. Preferiamo, invece, presentare due
esempi riepilogativi.
10
Si ricorda che la fase di un numero complesso va espressa in radianti per poterla sommare
alla variabile temporale nell’argomento del coseno.
2.2. Risposta dei sistemi lineari tempo invarianti 61
da cui si vede che ciò che mette in relazione ingresso e uscita del sistema non è
altro che il rapporto di polinomi
Y (s) b0 sn + b1 sn−1 + · · · + bn−1 s + bn
W (s) = = n . (2.19)
U (s) s + a1 sn−1 + · · · + an−1 s + an
La funzione W (s) prende il nome di funzione di trasferimento (f.d.t.) del sistema
e costituisce a tutti gli effetti una rappresentazione ingresso–uscita del sistema
stesso. Inoltre, da un punto di vista operativo, riveste un’importanza notevo-
le, visto che permette di ricavare con estrema facilità la trasformata dell’uscita
corrispondente ad un dato ingresso u(t). Infatti, vale la seguente
Questo metodo basato sulla trasformata di Laplace, per come è stato presen-
tato, sembra non permettere il calcolo della risposta del sistema quando le condi-
zioni iniziali non sono nulle. Invece, nel caso in cui siano assegnate le condizioni
62 Capitolo 2. Analisi dei sistemi a tempo continuo
adj(sI − A)
Φ(s) = (sI − A)−1 = , (2.26)
det(sI − A)
per cui è evidente che tra il polinomio caratteristico e ciascun elemento dell’aggiunta
vi è in comune il fattore (s − 1)2 , e di conseguenza il polinomio minimo di I è s − 1.
Risulta chiaro che ciò è valido per la matrice identità di ordine qualunque.
lim W (s) .
s→∞
L’esempio mostra come la presenza di una parte non controllabile nel sistema
determina il cosiddetto fenomeno della cancellazione nel calcolo della sua f.d.t.
Tuttavia, non è vero il viceversa, cioè se nella funzione di trasferimento di un
sistema LTI si verifica il fenomeno della cancellazione non è detto che il sistema
non sia controllabile. Questo perché la f.d.t. è solo una rappresentazione i–u
del sistema e non ci dà informazioni sufficienti sulla sua struttura interna. Per
convincersene si consideri il seguente esempio.
Nel capitolo precedente abbiamo detto che per costruzione una realizzazione in forma
canonica di controllo non può presentare parti non controllabili (poiché l’ingresso
agisce su ogni variabile di stato). Ciononostante, nella sua funzione di trasferimento
si verifica una cancellazione, infatti
s+1 1
W (s) = cT (sI − A)−1 b = = .
(s + 1)(s + 2) s+2
Si può dimostrare che in tal caso il sistema è non osservabile, nel senso che alcune
variabili di stato non influenzano l’uscita.
A questo punto appaiono indispensabili degli strumenti che ci consentano
di determinare le proprietà di controllabilità e osservabilità di un sistema. È
evidente che tali strumenti devono basarsi sulla rappresentazione i–s–u del sistema
ottenuta applicando le leggi della fisica ai vari sottosistemi che compongono il
sistema originario e non su quella ottenuta da una rappresentazione i–u che non
conserva la struttura interna del sistema. Supposte note le matrici (A, B, C, D) di
tale rappresentazione i–s–u, si può dimostrare che valgono le seguenti proprietà.
Si noti che la matrice C è quadrata nel caso di sistemi con un solo ingresso, per
cui si può affermare che un sistema ad un solo ingresso risulta controllabile se e
solo se det(C) 6= 0.
66 Capitolo 2. Analisi dei sistemi a tempo continuo
Si noti che la matrice O è quadrata nel caso di sistemi con una sola uscita, per
cui si può affermare che un sistema ad una sola uscita risulta osservabile se e solo
se det(O) 6= 0.
Esempio 2.15 Verifichiamo che il sistema dell’Esempio 2.13 sia non controllabile,
calcolando la sua matrice di controllabilità
!
0 0
C= .
1 −4
Il rango è 1 < 2, dunque, come avevamo già osservato, il sistema risulta non control-
labile. Verifichiamo invece che il sistema dell’Esempio 2.14 risulta controllabile ma
non osservabile, calcolando le sue matrici di controllabilità e osservabilità.
!
0 1
C=
1 −3
Im(s) periodico
aperiodico
aperiodico divergente
convergente
0 costante Re(s)
pseudo-periodico
divergente
pseudo-periodico
convergente
Il sistema ammette una coppia di autovalori complessi e coniugati a parte reale nulla,
a cui corrisponde un andamento puramente sinusoidale. Per ottenere l’andamento
effettivo delle due variabili di stato nel dominio del tempo dobbiamo antitrasformare
le due funzioni razionali fratte ricavate. Ricordando le trasformate notevoli del seno
e del coseno, otteniamo
Come si vede, il sistema evolve nonostante non sia applicato alcun forzamento esterno,
e,
p in particolare, oscilla all’ampiezza costante di 0.1 m con una pulsazione pari a
k/M = 10 rad/s pari alla parte immaginaria dell’autovalore della matrice dinamica.
Tale pulsazione è detta pulsazione naturale del sistema massa-molla, in quanto è
l’unica pulsazione a cui il sistema può oscillare in assenza di ingresso, qualunque
siano le condizioni iniziali.
70 Capitolo 2. Analisi dei sistemi a tempo continuo
Calcoliamo ora l’evoluzione libera del sistema a partire dalle stesse condizioni iniziali
ma con un coefficiente di attrito pari a β = 10 Ns/m. La matrice dinamica diventa
!
0 1
A=
−100 −10
Nota l’evoluzione libera dello stato, per calcolare l’evoluzione libera dell’uscita
basta tener conto dell’equazione di uscita (2.22) (sempre con u = 0) e ottenere
l’espressione
yl (t) = CeAt x0 . (2.34)
detta risposta impulsiva e viene di solito indicata col simbolo w(t). A rigori,
occorrerebbe precisare che la trasformata di Laplace della risposta impulsiva non
può ritenersi “uguale” alla f.d.t., in quanto quest’ultima è sempre il rapporto delle
trasformate di Laplace di due funzioni del tempo (uscita e ingresso del sistema),
con le loro dimensioni, ma non è la trasformata di Laplace di alcuna funzione del
tempo, a rigori andrebbe sempre scritto
Se poi la risposta impulsiva del sistema è nulla per t < 0, cioè il sistema è causale
e il segnale di ingresso è applicato a partire da t = 0, allora occorre riferirsi alla
proprietà di convoluzione della trasformata di Laplace unilatera15
Z t Z t
y(t) = w(t) ∗ u(t) = w(t − τ )u(τ )dτ = u(t − τ )w(τ )dτ . (2.41)
0 0
Questa formula può essere interpretata come la sovrapposizione dei contributi che
l’ingresso presente τi secondi prima fornisce all’uscita, ciascuno pesato tramite la
risposta impulsiva. Dunque, la risposta impulsiva fornisce al sistema una sorta
di “memoria” di quanto il sistema “ricorda” degli ingressi precedenti. Cosı̀ un
sistema con una risposta impulsiva che si esaurisce in breve tempo “ricorderà”
15
Nel resto del capitolo si farà riferimento sempre a sistemi causali.
2.2. Risposta dei sistemi lineari tempo invarianti 73
poco degli ingressi precedenti; viceversa, un sistema con una risposta impulsiva
non trascurabile per intervalli di tempo lunghi fornirà in un istante contributi
all’uscita che dipendono fortemente dall’ingresso applicato anche molto tempo
prima. Il caso estremo di un sistema con risposta impulsiva pari ad un impulso di
Dirac di area K, quindi di durata nulla, in ogni istante avrà un’uscita che dipende
esclusivamente dall’ingresso applicato nello stesso istante. Un sistema siffatto,
come abbiamo visto nel Capitolo 1, si dice istantaneo o algebrico o adinamico e,
se lineare, altro non è che un semplice guadagno di valore pari a K, difatti la sua
f.d.t. è W (s) = L[w(t)]/L[δ(t)] = L[Kδ(t)] = K. È interessante notare che se
il sistema fosse stato non causale nella sommatoria avremmo dovuto considerare
anche τi negativi e quindi avremmo trovato che l’uscita ad un certo istante t
dipende anche da campioni dell’ingresso in istanti di tempo futuri (t − τi > t),
cioè il sistema oltre a “ricordare” deve anche “prevedere”, da cui il nesso con la
proprietà di causalità.
Dal confronto tra l’equazione (2.39) con l’equazione (2.38) si deduce che l’e-
spressione della risposta impulsiva di un sistema LTI. Ricordando che la risposta
impulsiva nell’uscita altro non è che l’antitrasformata della f.d.t., è immediato
trovare che
w(t) = CeAt B + Dδ(t), t≥0 (2.42)
da cui si evince che la risposta impulsiva di un sistema LTI non strettamente
proprio (con D 6= 0) contiene termini impulsivi. Dalla (2.42) si vede anche che
la risposta impulsiva è combinazione lineare dei modi propri di evoluzione del
sistema. Vediamolo con un esempio.
dove abbiamo sfruttato la (B.6) visto che A è diagonale. Nel caso generale la A va
prima diagonalizzata e, se ciò non è possibile, occorre utilizzare la forma generale
di diagonalizzazione di una matrice, detta forma di Jordan. Tuttavia qui non verrà
trattata, in quanto, in virtù della relazione che c’è tra w(t) e W (s), la risposta impul-
siva può essere calcolata anche antitrasformando la f.d.t. e quindi non è necessario
74 Capitolo 2. Analisi dei sistemi a tempo continuo
ricorrere all’espressione in forma chiusa direttamente nel dominio del tempo (2.42).
Verifichiamolo nel caso in esame
7s + 17
w(t) = L−1 [W (s)] = L−1 [cT (sI − A)−1 b + d] = L−1 +1 =
(s + 1)(s + 3)
5 2
= L−1 + + δ(t) = 5e−t + 2e−3t + δ(t) .
s+1 s+3
e quindi la risposta nel dominio del tempo conterrà solo i modi propri del sistema,
in quanto il modo proprio dell’ingresso è “bloccato” dallo zero nell’origine presente
nella f.d.t.
y(t) = (e−t − e−2t )δ−1 (t)
ẋ = −ax + (b − a)u
y = x+u
Immaginiamo di applicare in ingresso un segnale cha sia funzione a sua volta dello
stato del sistema, ad esempio della forma
c
u(t) = − x(t)
b−a
Con tale scelta, il sistema ha la nuova rappresentazione i–s–u
ẋ = −(a + c)x
b−a−c
y = x
b−a
76 Capitolo 2. Analisi dei sistemi a tempo continuo
1 1
0.8 0.8
0.6 0.6
x(t)
x(t)
0.4 0.4
0.2 0.2
0 0
0 2 4 6 8 10 0 2 4 6 8 10
t t
0 0
−0.05 −0.5
u(t)
u(t)
−0.1 −1
−0.15 −1.5
−0.2 −2
0 2 4 6 8 10 0 2 4 6 8 10
t t
Figura 2.6: Evoluzione libera e forzamento del sistema controllato nel caso b = 1.5
(sinistra) e nel caso b = 1.05 (destra)
Si vede dunque che esiste sempre un valore della costante c tale da far assumere al
polo del nuovo sistema un qualunque valore. Ciò significa che con la scelta fatta
dell’ingresso u, siamo in grado di portare lo stato del sistema ad assumere qualunque
tipo di comportamento vogliamo. Naturalmente è chiaro che ciò è possibile solo finché
b 6= a, inoltre quanto più b è vicino ad a (cioè lo zero è vicino al polo del sistema),
tanto più l’ingresso deve crescere in ampiezza a parità di valori dello stato. Questo
significa che occorre un forzamento più elevato per modificare il comportamento dello
stato. In Fig. 2.6, dove sono riportati gli andamenti dello stato (evoluzione libera
a partire da x(0) = 1) e dell’ingresso per i valori dei parametri a = 1, c = 0.1 nei
due casi b = 1.5 e b = 1.05, si nota che nel caso in cui lo zero è più vicino al polo,
l’ingresso assume valori più elevati, mentre gli andamenti dello stato sono identici.
Esempio 2.20 Il modello linearizzato della dinamica laterale del Boeing 767 può
2.2. Risposta dei sistemi lineari tempo invarianti 77
Im(s)
0
−1
−2
−2 −1 0 1
Re(s)
s2 + 0.3251s + 2.297
W (s) = −2.11
(s + 1.155)(s − 0.004583)(s2 + 0.3449s + 2.147)
dove si vede che la coppia di poli complessi e coniugati relativi alla dinamica dell’im-
bardata è molto prossima ad una coppia di zeri (vedi Fig. 2.7), ciò significa che se
volessimo controllare l’angolo di imbardata agendo sugli alettoni avremmo bisogno
di coppie molto elevate. Difatti negli aerei l’imbardata non viene controllata agendo
sugli alettoni ma sul timone.
che coincide, in effetti, con la sola evoluzione libera, come era prevedibile visto che
la prima equazione del sistema ha la forma
u y
G(s)
ua
ub + + y
−
uc
per cui l’andamento di x1 (t) non può essere influenzato affatto dall’ingresso18 u(t).
Per calcolare l’antitrasformata della seconda variabile di stato occorre effettuare la
decomposizione in fratti semplici
2s + 2 1/3 1 4/3
X2 (s) = = + −
s(s + 2)(s + 3) s s+2 s+3
Visto che l’equazione di uscita è y(t) = x2 (t), la risposta nell’uscita è già stata
trovata.
ya
u yb
yc
u = ua ya = ub yb = y u y
Ga (s) Gb (s) ⇔ Gb (s)Ga (s)
In questa sede assumeremo che tutti i sistemi negli schemi a blocchi sono SISO
e di conseguenza tutte le variabili sono scalari, tuttavia le regole di connessione che
troveremo sono facilmente estendibili al caso più generale di sistemi multivariabili
(si veda ad es. [1]).
Il caso di connessione più semplice tra due sistemi è la connessione serie o
cascata, che si verifica quando l’uscita di un sistema coincide con l’ingresso di un
altro sistema. Con riferimento alla Fig. 2.11, è immediato comprendere che
ua ya
Ga (s)
u + y u y
⇔ Ga (s) + Gb (s)
ub yb +
Gb (s)
u + ua ya y
Ga (s)
− u Ga (s) y
⇔
yb 1 + Ga (s)Gb (s)
ub
Gb (s)
u + ua ya y
Ga (s)
+ u Ga (s) y
⇔
yb ub 1 − Ga (s)Gb (s)
Gb (s)
Y (s) Ga (s)
G(s) = = . (2.49)
U (s) 1 − Ga (s)Gb (s)
In entrambi i casi, affinché la f.d.t. ad anello chiuso sia sempre ben definita
deve verificarsi una condizione di congruenza e cioè
lim G(s) = ∞
s→∞
x1
x̃0 δε
ε
x0
x(t)
x̃(t) 0 x2
x1
x̃0 δε
ε
x(t) x0
0 x2
x̃(t)
a parte reale negativa. Nel caso in cui l’uscita di un sistema LTI rimane limitata
qualunque sia l’ingresso limitato applicato, si dice che il sistema è stabile BIBO.21
Dunque, vale la seguente
Facciamo notare che una tale proprietà è una caratteristica propria del sistema,
infatti è stata enunciata per qualunque ingresso.
x1
x̃0 δε
ε
x0
x̃(t)
x(t)
0 x2
Dato un ingresso nominale ũ(t) e una condizione iniziale nominale x̃0 , sia x̃(t) il
movimento risultante del sistema. Allora si pongono le seguenti definizioni:
• x̃(t) si dice stabile se, per ogni ε > 0, esiste un δε > 0 tale che, per tutti gli
stati iniziali tali che
kx0 − x̃0 k < δε ,
risulta
kx(t) − x̃(t)k ≤ ε ∀t ≥ 0 .
Le tre situazioni sono rappresentate graficamente nelle Figg. 2.15, 2.16, 2.17,
rispettivamente. Inoltre, è chiaro che esse comprendono anche il caso particolare
di un movimento costante x̄, cioè di un punto di equilibrio (x̄˙ = 0).
86 Capitolo 2. Analisi dei sistemi a tempo continuo
Per comprendere come è possibile che esistono sistemi instabili con autovalori
sull’asse immaginario e nessun autovalore a parte reale positiva, analizziamo il
seguente esempio.
u + v s−1 z 1 y
− s+2 s2 −1
da cui si vede che alcune variabili di stato divergono per t → +∞, e quindi il sistema
è instabile24 .
Concludiamo il paragrafo accennando alla relazione che c’è tra stabilità BIBO
e stabilità sotto perturbazioni. Nel caso di sistemi completamente controllabili e
osservabili i poli del sistema e gli autovalori della matrice dinamica coincidono, per
cui è evidente che la stabilità BIBO e quella asintotica si equivalgono. Laddove si
ha a che fare con sistemi comprendenti una parte non controllabile e/o una parte
non osservabile, ciò non è più vero. Di conseguenza, se per determinare la stabilità
esterna è sufficiente sempre riferirsi alla f.d.t., per poter stabilire la proprietà di
stabilità interna occorre riferirsi ad una rappresentazione i–s–u che conservi la
“struttura interna” del sistema. Ciò significa che tale rappresentazione non deve
essere quella ottenuta a partire dalla f.d.t. tramite una delle forme canoniche,
ma deve necessariamente essere ottenuta a partire da informazioni riguardanti i
singoli sottosistemi componenti il sistema in esame, in termini di interconnessioni
tra blocchi di cui si conoscono rappresentazioni i–u o anche i–s–u. Per ulteriori
dettagli circa tale problema si veda anche il Paragrafo 2.7.1. Cerchiamo di fissare
le idee con un esempio.
ẋ1 = −2x1 − 3v
z = x1 + v
det(sI − A) = s3 + 2s2 − 3
√
che ha le tre radici −3/2 ± j 3/2 e 1, e quindi il sistema è internamente instabile.
La coesistenza di due proprietà di stabilità cosı̀ diverse si giustifica osservando che il
sistema non è completamente controllabile. In particolare l’ingresso u non è capace di
eccitare la dinamica instabile presente nel sistema del II ordine a causa della presenza
dello zero nel sistema del I ordine che la “maschera”. Tuttavia, tale dinamica è
eccitabile da condizioni iniziali opportune sulle variabili di stato x2 e x3 . È questo
uno dei motivi per cui sistemi stabili BIBO ma internamente instabili non possono
funzionare correttamente nella pratica. Un altro motivo è che spesso si trascurano
alcuni ingressi invece presenti nel sistema, dai quali è possibile che le dinamiche
instabili siano controllabili. Tale argomento verrà comunque approfondito nel corso
di Controlli Automatici.
25
La scelta del tipo di forma canonica per le realizzazioni dei singoli sottosistemi è
assolutamente ininfluente sulle proprietà strutturali del sistema complessivo.
90 Capitolo 2. Analisi dei sistemi a tempo continuo
Che tale condizione non sia in generale sufficiente, si può vederlo tramite l’esem-
pio: p(s) = s3 + s2 + 4s + 30 le cui radici sono s = −3 e s = 1 ± j3. Tuttavia, la
condizione necessaria è di estrema utilità in quanto ci consente di affermare che
se nel polinomio in esame c’è qualche variazione di segno, allora certamente c’è
qualche radice nel semipiano destro. Resta da analizzare il caso di un polinomio
con coefficienti tutti dello stesso segno e di grado superiore al secondo. Ci viene
in aiuto il criterio di Routh che fornisce una condizione necessaria e sufficiente
per l’appartenenza al semipiano sinistro delle radici di un polinomio, e quindi per
la stabilità asintotica o quella BIBO se applicato, rispettivamente, al polinomio
minimo della matrice dinamica o al denominatore della f.d.t.
Dato un polinomio
con coefficienti tutti dello stesso segno (altrimenti per quanto detto già si può
affermare che il sistema in esame è instabile) la tabella di Routh si costruisce
26
Studi recenti non si limitano alla stabilità ma alla D-stabilità, cioè l’appartenenza delle
radici a regioni del piano complesso più articolate del semipiano sinistro.
2.4. Stabilità dei sistemi dinamici 91
n a0 a2 a4 · · ·
n − 1 a1 a3 a5 · · ·
..
.
0
gli elementi della riga i − 2, noti gli elementi delle due righe precedenti, sono dati
da
h h
1 i+1
k1 ki+1
li = − = (k1 hi+1 − h1 ki+1 )/k1
k1
dove gli elementi necessari al calcolo e non definiti nelle righe precedenti vanno
considerati nulli.
Una volta completata la tabella (le righe corrispondenti agli indici 0 e 1 avran-
no un solo elemento) i coefficienti di Routh saranno gli elementi della prima co-
lonna della tabella e il numero delle loro variazioni di segno è pari al numero
delle radici a parte reale positiva, mentre il numero delle loro permanenze di se-
gno è pari al numero di radici a parte reale negativa. Quando compare qualche
coefficiente di Routh nullo, allora la tabella non è ben definita (tale caso sarà
affrontato più avanti). Di conseguenza si può affermare che
4 1 3 5
3 2 4
2
1
0
ed essendo finite le colonne delle prime due righe, l’ultimo elemento della terza riga
è nullo e non viene riportato e la tabella risulta
4 1 3 5
3 2 4
2 1 5
1
0
L’unico elemento della quarta riga (visto che le due righe precedenti hanno solo due
colonne) è
2 4
1 5
c1 = − = −6
1
e cosı̀ per la quinta
1 5
−6 0
d1 = − =5
−6
Quindi la tabella completa è
4 1 3 5
3 2 4
2 1 5
1 −6
0 5
e i coefficienti di Routh sono
1, 2, 1, −6, 5
che mostrano due permanenze e due variazioni, il che implica due radici a parte
reale positiva e due a parte reale negativa. Difatti, applicando il comando roots in
MATLAB, si calcola che le radici sono
0.2878 ± j1.4161
−1.2878 ± j0.8579
Nel primo caso per completare la tabella si sostituisce al termine nullo un valore
ε > 0 piccolo a piacere.
p(s) = s3 + 3s + 4
è
3 1 3
2 0 4
1
0
Si sostituisce al posto di 0 un numero ε > 0 e si completa la tabella secondo le regole
già esposte
3 1 3
2 ε 4
1 3ε − 4 si noti che non si è diviso per ε
0 4
Passando ora al limite per ε → 0+ la sequenza dei segni dei coefficienti di Routh è
+ + −+
e quindi il polinomio ha una radice a parte reale negativa e due a parte reale positiva;
nella fattispecie −1, 0.5 ± j1.9365.
Se fossimo interessati alla sola stabilità, già potremmo concludere che il sistema
che ammette tale polinomio come polinomio minimo della matrice dinamica o come
denominatore della f.d.t. è instabile in quanto non verifica la condizione necessaria,
tuttavia possiamo usare il criterio di Routh anche semplicemente per determinare il
28
Si può dimostrare che solo righe di indice dispari possono annullarsi.
2.4. Stabilità dei sistemi dinamici 95
numero delle radici a parte reale positiva. Dunque passiamo alla costruzione della
tabella di Routh
5 1 −5 4
4 3 −15 12
3 0 0
2
1
0
A questo punto la costruzione della tabella non può essere proseguita e quindi oc-
corre introdurre la cosiddetta equazione ausiliaria, definita dai coefficienti della riga
precedente a quella nulla
3s4 − 15s2 + 12 = 0
ottenuta utilizzando solo potenze pari a partire dall’indice della riga di cui si utiliz-
zano i coefficienti. Si dimostra che le soluzioni di questa equazione sono le radici
simmetriche rispetto all’origine del polinomio di partenza. Il fatto che ci siano solo
potenze pari di s ci permette di risolvere l’equazione rispetto alla variabile σ = s2 .
Nel nostro esempio l’equazione ausiliare può essere risolta facilmente
1 ⇒ s1,2 = ±1
3σ 2 − 15σ + 12 = 0 ⇒ σ1,2 =
4 ⇒ s = ±2
3,4
In conclusione delle 5 radici del polinomio iniziale, 2 sono a parte reale positiva
(+1, +2) e due a parte reale negativa (−1, −2), la quinta è a parte reale negativa
perché nella tabella parziale non c’era alcuna variazione di segno nella prima colonna.
• se il modello linearizzato è stabile, allora nulla si può dire del sistema non
lineare
96 Capitolo 2. Analisi dei sistemi a tempo continuo
Per comprendere il senso della parola “localmente”, ricordiamo che i sistemi non
lineari possono ammettere anche più punti di equilibrio sotto lo stesso ingresso.
A seconda della proprietà di stabilità di ciascuno di essi e delle condizioni iniziali,
il sistema si porterà verso l’uno o l’altro di essi. In particolare, per ogni punto di
equilibrio asintoticamente stabile esiste una regione dello spazio di stato, detta
dominio di attrazione, tale che se le condizioni iniziali appartengono a tale regione,
lo stato del sistema si porterà verso il punto di equilibrio corrispondente.
ẋ1 = x2
ẋ2 = −g/r sin x1 − β/J x2 + 1/J u
per cui ci sono due punti di equilibrio distinti, corrispondenti al pendolo con la massa
posta nel punto più basso (x̂1 = 0) della sua traiettoria e al pendolo con la massa
posta nel punto più alto (x̂1 = π):
x̂1a 0 x̂1b π
x̂a = = , x̂b = = ,
x̂2a 0 x̂2b 0
i cui autovalori sono le radici del polinomio s2 + β/J s + g/r, che sono tutte e due
a parte reale negativa visto che tutti i parametri fisici sono positivi. Di conseguenza
possiamo concludere che il punto di equilibrio x̂a è asintoticamente stabile.
Linearizzando attorno al punto di equilibrio x̂b si ottiene il sistema lineare
!
0 1 0
δẋb = δxb + δu
g/r −β/J 1/J
i cui autovalori sono le radici del polinomio s2 + β/J s − g/r, che sono una a parte
reale negativa e una a parte reale positiva. Di conseguenza possiamo concludere che
2.5. Risposta a regime permanente 97
il punto di equilibrio x̂b è instabile. Dato che il sistema presenta un solo punto di
equilibrio stabile, si può concludere anche che esso è “globalmente” asintoticamente
stabile, nel senso che il sistema, sotto l’ingresso û = 0 si porterà in x̂a a partire da
qualunque condizione iniziale, eccetto che nel caso in cui x(0) = x̂b , perché il sistema
rimarrebbe in tale punto. Infatti, in teoria, anche se instabile, un punto di equilibrio
è sempre un movimento ammissibile per un sistema dinamico, è sufficiente che le
condizioni iniziali siano esattamente pari al punto di equilibrio stesso e l’ingresso
sia pari a quello nominale. Il problema è che, in pratica, una condizione simile è
inattuabile.
u(t) = ū ,
per poter effettuare il calcolo che ci siamo proposti, occorre riscrivere l’espressio-
ne della risposta (2.44) per un istante di tempo generico t0 6= 0 e poi far tendere
t0 a −∞
Z t
x(t) = eA(t−τ ) Bu(τ )dτ + eA(t−t0 ) x0
t0
Siccome gli autovalori di A sono tutti a parte reale negativa, il secondo termine
98 Capitolo 2. Analisi dei sistemi a tempo continuo
Z t Z t−t0 Z +∞
A(t−τ ) Aσ
xr (t) = lim e B ūdτ = lim e B ūdσ = eAσ Bdσū =
t0 →−∞ t0 t0 →−∞ 0 0
h i+∞
= A−1 eAσ B ū = −A−1 B ū = [Φ(s)]s=0 B ū (2.52)
0
Esempio 2.28 Calcoliamo la risposta indiciale del sistema LTI con f.d.t.
9 − 9s
W (s) =
s2 + 4s + 3
Per definizione, dobbiamo calcolare la risposta ad un gradino unitario a partire da
condizioni iniziali nulle, per cui la risposta coincide con la risposta forzata, che vale
1 9 − 9s 3 9 6
Y (s) = W (s) = = − +
s s(s + 1)(s + 3) s s+1 s+3
29
Si noti che A è invertibile dato che non può avere alcun autovalore nullo per l’ipotesi di asin-
d At
totica stabilità. Inoltre, si tenga presente che dt e = AeAt , come peraltro già implicitamente
dimostrato nel Paragrafo 2.2.4.
30
Si osservi che tale valore, in generale, può anche non risultare finito, ad esempio quando
la W (s) ha un polo nell’origine. Ma nell’ipotesi di asintotica stabilità del sistema ciò non è
possibile.
2.6. Risposta indiciale di sistemi del I e II ordine 99
y(t)
1
−1
0 2 4 6 8 10 12
t
Figura 2.19: Grafico della risposta indiciale del sistema dell’Esempio 2.28
dove si vede che il primo termine coincide con la risposta a regime permanente,
mentre gli altri due con la risposta transitoria, in quanto si estinguono al passare del
tempo, grazie al fatto che il sistema gode della proprietà di asintotica stabilità. Dal
grafico di Fig. 2.19 si vede che nei primi istanti della sua evoluzione la risposta si
discosta molto da un segnale costante, che invece è quello che rimane dopo circa 8
secondi.
Sarà in base a tale definizione che nel Capitolo 4 affronteremo il calcolo della
risposta a regime permanente per un’altra classe di segnali di ingresso, quelli
sinusoidali.
100 Capitolo 2. Analisi dei sistemi a tempo continuo
y
max
(1+0.01ε)y
∞
y
(1−0.01ε)y ∞
∞
y(t) 0.5y∞
0 T
r TM T
aε
t
Ts
• valore di regime y∞ che è pari al guadagno statico del sistema, come già
trovato nel Paragrafo 2.5
• valore massimo ymax definito come il massimo dell’uscita
• sovraelongazione percentuale s% definita come
ymax − y∞
s% = 100
y∞
0.8
0.6
y(t)/µ
0.4
0.2
0
0 2 4 6
t/τ
0.8
0.6
y(t)/µ
0.4
0.2
0
0 5 10 15
t
Figura 2.22: Risposta indiciale di un sistema del II ordine con poli reali
Sistemi del II ordine. Prima consideriamo il caso di un sistema con f.d.t. con
due poli reali
µ
G(s) = , τ1 ≥ τ2 > 0 ,
(1 + sτ1 )(1 + sτ2 )
la cui risposta indiciale nel dominio di Laplace vale
che è quella di un sistema del primo ordine. In altre parole, in un sistema di questo
tipo gli effetti delle dinamiche veloci oltre a scomparire rapidamente pesano meno
di quelli dovuti alle dinamiche lente.
2.6. Risposta indiciale di sistemi del I e II ordine 103
ζ=0.1
ζ=0.2
1.5
ζ=0.3
ζ=0.4
ζ=0.5
1
y/µ
ζ=0.6
ζ=0.7
0.5 ζ=0.8
ζ=0.9
ζ=1
0
0 5 10 15
ωnt
Figura 2.23: Risposta indiciale di un sistema del II ordine con poli complessi e
coniugati
Passiamo ora al caso di un sistema con f.d.t. con due poli complessi e coniugati
µωn2
G(s) = , ωn > 0, 0 < ζ < 1
s2 + 2ζωn s + ωn2
che nel dominio di Laplace ha risposta indiciale
µωn2 µ r r∗
Y (s) = = + +
s(s2 + 2ζωn s + ωn2 ) s s − p s − p∗
dove il polo p è pari a q
p = −ζωn + jωn 1 − ζ 2
e quindi se fosse ζ < 0 il sistema sarebbe instabile perché avrebbe poli con parte
reale positiva. Il residuo r, in base alle (2.13),(2.14) si calcola come
µω 2 µ
n
|r| = [(s − p)Y (s)]s=p = = p
p(p − p∗ ) 2 1 − ζ2
q q
ζ
arg(r) = − arg −2ωn2 1 − ζ 2 − j2ζωn2 1 − ζ 2 = π − atan p
1 − ζ2
e dunque la risposta indiciale nel dominio del tempo vale
q !
1 −ζωn t 2
y(t) = µ 1 + p e cos ω n 1 − ζ t + arg(r) δ−1 (t) .
1 − ζ2
Il diagramma temporale, riportato in Fig. 2.23 per diversi valori dello smorza-
mento, rivela la presenza di sovraelongazione per ζ < 1 e si può dimostrare che
104 Capitolo 2. Analisi dei sistemi a tempo continuo
y(t)
2
0
0 2 4 6
t
vale
− √ ζπ
s% = 100e 1−ζ 2
4.6 4
Ta1 ≃ , Ta2 ≃ ,
ζωn ζωn
10s + 6
W (s) =
s2 + 3s + 2
vale
y(t) = (3 + 4e−t − 7e−2t )δ−1 (t) ,
2.7. Il problema della realizzazione 105
PSfrag R
u C y
R z R
u C C y
− O
−
e f (e) e O
+
+
f (e)
Es
−Es
I(s)
V (s)
replacemen
Z0 (s)
I(s) I0 (s)
I1 (s)
Z1 (s) −
U1 (s)
I2 (s) E(s)
Z2 (s)
+
U2 (s)
Y (s)
In (s)
Zn (s)
Un (s)
Ora consideriamo lo schema di Fig. 2.30. Per quanto detto prima E(s) = 0,
quindi
Ui (s)
Ii (s) = , i = 1, . . . , n
Zi (s)
Y (s)
I0 (s) = .
Z0 (s)
Essendo inoltre I(s) = 0 avremo
n
X
Ii (s) = −I0 (s)
i=1
2.7. Il problema della realizzazione 109
R0
R1
−
U1 (s)
+
R2
U2 (s)
Y (s)
Rn
Un (s)
e quindi
n
X Z0 (s)
Y (s) = − Ui (s) . (2.62)
i=1
Zi (s)
Dalla (2.62) si deduce che scegliendo opportunamente le impedenze Zi (s), i =
0, . . . , n è possibile realizzare delle unità operazionali elementari che ci consenti-
ranno di realizzare una qualunque funzione di trasferimento.
La prima configurazione è illustrata in Fig. 2.31. In questo caso le impedenze
operazionali sono Zi (s) = Ri , i = 0, . . . , n e quindi dalla (2.62) otteniamo
n
X R0
Y (s) = − Ui (s) ,
i=1
Ri
R1
−
U1 (s)
+
R2
U2 (s)
Y (s)
Rn
Un (s)
la cui antitrasformata è
n Z t
X 1
y(t) = y0 − ui (τ )dτ ,
i=1
Ri C 0
u s+2 z=v 1 y
s+1 s+2
u 1 z=v s+2 y
s+2 s+1
strutturali 32 siano le stesse del sistema originario. Già nell’Esempio 1.9 abbiamo
visto come due i–s–u di uno stesso sistema possono avere proprietà strutturali di-
verse. Di conseguenza, nel realizzare33 un sistema di cui sia assegnato lo schema
a blocchi dei sottosistemi componenti, se si vogliono preservare le proprietà strut-
turali del sistema di partenza, è necessario realizzare prima i singoli sottosistemi
e poi provvedere a connetterli tra loro cosı̀ come indicato dallo schema a blocchi.
Tale procedimento garantisce che le variabili di stato della rappresentazione i–s–u
che si trova hanno pieno significato fisico, nel senso che di ciascuna di esse è noto
il sottosistema a cui appartiene, e di conseguenza la i–s–u complessiva possiede
le stesse proprietà strutturali del sistema originario.
Vediamo, dunque, un esempio che metta in evidenza come due sistemi possano
avere la stessa funzione di trasferimento ma proprietà strutturali diverse, per cui
il “procedimento di realizzazione a singoli sottosistemi” è necessario ai fini della
determinazione di queste ultime.
Esempio 2.31 Dati i due sistemi in Fig. 2.33, è evidente che essi hanno la stessa
funzione di trasferimento pari a
1
G(s) = .
s+1
Innanzitutto, notiamo che in entrambi i casi è presente una cancellazione polo-zero,
e ciò ci consente di prevedere che i sistemi complessivi non possono essere completa-
mente controllabili e osservabili. Allora, determiniamo le realizzazioni dei due sistemi
seguendo il procedimento prima esposto. Iniziamo dallo schema a blocchi in alto.
Le i–s–u dei due blocchi si ottengono applicando, ad esempio, la forma canonica di
controllo
dove con x1 si è indicato lo stato del sottosistema a sinistra e con x2 quello del
sottosistema a destra. Tenendo conto della connessione serie z = v, si ottiene la
i–s–u complessiva
! ! ! !
ẋ1 −1 0 x1 1
= + u
ẋ2 1 −2 x2 1
!
x1
y = (0 1)
x2
R
R
R
R C
- R C
- R
- C
U (s) Rc
+
+
+
Y (s)
R1
- C
+
U1 (s) U2 (s) R2 Y (s)
U (s) + 1 1 1 Y (s)
− − −
+
1 + sRC 1 + sRC 1 + sRC
R
Rc
Esempio 2.32 Si consideri lo schema di Fig. 2.34, in cui sono riconoscibili tre blocchi
del tipo in Fig. 2.35. Con le notazioni usate in precedenza l’impedenza operazionale
Z0 (s) è data dal parallelo fra condensatore e resistore
1
R sC R
Z0 (s) = 1 = 1 + sRC
R + sC
dove τ = RC e K = R/Rc .
d=[3 0 2 5];
fornisce il risultato
>> -2 + 2i
-2 - 2i
(s + 1)(s2 + 3s + 4) = s3 + 4s2 + 7s + 4
>> 1 4 7 4
mentre il rapporto
>> q =
>> 1 1 3
e il polinomio resto
34
Si dice monico un polinomio che ha il termine di grado massimo pari a 1.
116 Capitolo 2. Analisi dei sistemi a tempo continuo
>> r =
>> 0 0 0 -2
>> r =
>> -2 2.5 -0.5
i poli corrispondenti
>> p =
>> -3 -2 0
>> k =
>> [ ]
>> W = tf(n,d);
dove n e d sono i vettori dei coefficienti dei polinomi n(s) e d(s), rispettivamente.
L’applicazione, invece, dei comandi ss e tf a variabili di tipo sistema, deter-
mina la conversione tra un tipo di rappresentazione e l’altro. Per connettere tra
di loro più sistemi, in MATLAB gli operatori + e * quando applicati a variabili di
tipo sistema rappresentano le connessioni in parallelo e in serie, rispettivamente.
Inoltre per risolvere la connessione in retroazione è possibile adoperare l’operato-
re / o, in alternativa, il comando feedback. Se, ad esempio, si vuole determinare
la f.d.t. della serie tra S1 ed S2 in retroazione negativa con S3 si può usare la
sintassi
2.9. Esercizi 117
>> tf(S2*S1/(1+S2*S1*S3));
o equivalentemente
>> feedback(S2*S1,S3,-1);
>> [y,t,x]=impulse(W);
>> [y,t,x]=lsim(W,u);
Si tenga presente che se i comandi per il calcolo della risposta vengono usati
omettendo i parametri di uscita, essi producono un grafico della risposta, che
altrimenti dovrebbe essere generato tramite il comando grafico plot. Ad esempio,
per tracciare il diagramma temporale della risposta nell’uscita memorizzata nella
variabile y, basta digitare
>> plot(t,y)
2.9 Esercizi
Esercizio 2.1 Determinare la trasformata di Laplace delle seguenti funzioni del tem-
po
Esercizio 2.2 Determinare la f.d.t. e una rappresentazione i–s–u del sistema la cui
rappresentazione i–u è
...
2 y +4ẏ + 6y = 2ü − 4u̇
Esercizio 2.3 Determinare una rappresentazione i–s–u del sistema la cui risposta
impulsiva è
w(t) = (2te−t + 3e−4t )δ−1 (t)
Esercizio 2.4 Determinare la risposta nell’uscita del sistema la cui f.d.t. è35
1
W (s) =
s2 + 3s + 3
al segnale di ingresso u(t) = f1 (t) come definito nell’Esercizio 2.1.
Esercizio 2.8 Determinare i valori di k per cui il sistema rappresentato in Fig. 2.39
è esternamente stabile. Per un valore a scelta di k 6= 0, trovare la risposta al segnale
di ingresso u(t) = 5.
2.9. Esercizi 119
−5
s+3 + y(t)
u(t) + 1
s2
- 2 +
4
s+1 + y(t)
u(t) +
2 +
+ −
s
k
s+2
Esercizio 2.9 Determinare i valori di k tali che il sistema rappresentato in Fig. 2.40
è stabile BIBO e quelli per cui è stabile internamente.
Esercizio 2.10 Determinare la proprietà di stablità dei punti di equilibrio del sistema
dell’Esercizio 1.6.
Esercizio 2.11 Nel sistema meccanico in Fig. 2.41, la molla non lineare ha energia
potenziale pari a V = 1/4kx4 , con k = 1000 N/m. Assegnata la massa M = 1 kg,
determinare il valore del parametro β tale che il sistema linearizzato attorno al punto
di equilibrio corrispondente all’ingresso û = 8 N abbia un coefficiente di smorzamento
ζ = 0.3.
- s+3 s+6
s+3
s−2
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
x
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
β
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
u
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
molla non lineare M
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
Esercizio 2.13 Determinare una rappresentazione i–s–u del circuito in Fig. 2.42.
Esercizio 2.14 Determinare una rappresentazione i–s–u del circuito in Fig. 2.43.
Esercizio 2.15 Determinare i valori di k tali che il sistema in Fig. 2.44 è asintotica-
mente stabile, e scelto un valore di k 6= 0 a piacere la risposta a regime al segnale di
ingresso u(t) = 5δ−1 (t − 5).
Esercizio 2.17 Dato il sistema LTI in Fig. 2.46 con RC = 0.5 s e RC2 = 1 s,
determinare i valori di k tali che il sistema è esternamente stabile e una sua rappre-
sentazione i–s–u.
35
Avendo assegnato solo la f.d.t., le condizioni iniziali si intendono nulle.
36
Non si consideri la forza di gravità.
2.9. Esercizi 121
R
C
R
- R
- C
U (s) +
R +
R Y (s)
R
-
R
R
L
- R
- C
U (s) +
+
Y (s)
trovare b e c tali che il sistema abbia un tempo di assestamento all’1% di circa 9.2 s
e una sovraelongazione del 20%.
122 Capitolo 2. Analisi dei sistemi a tempo continuo
u(t)
s+2 - + y(t)
s2 + 4s
s+5
k
s−4
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxxxxxxxxxxxx xxxxx xxxxx
xxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxx
k2
k1 k1
m
f
β
xxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxx
k2 xxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx xxxxx
xxxxx xxxxx
R
R
- v(t) k y(t)
u(t) s+5
R +
C
C2
R
z(t) -
R
+
In questo capitolo viene affrontata l’analisi dei sistemi a tempo discreto, in cui la
variabile indipendente non può variare con continuità ma è costretta ad assumere
valori in un insieme discreto1 . La variabile dipendente, al contrario, (l’evoluzione
dello stato o dell’uscita del sistema) può ancora assumere valori con continuità.
La successione seguita nella trattazione è strettamente connessa a quanto fatto
per i sistemi a tempo continuo: descrizione dei sistemi nel dominio del tempo,
analisi in un dominio trasformato, mentre l’analisi in frequenza è rimandata al
capitolo successivo. Importante è evidenziare che, se anche la forma di sistema
discreto più ovvio che si possa pensare deriva dalla discretizzazione di un sistema
continuo, esistono sistemi intrinsecamente discreti, come si vedrà nel prossimo
paragrafo.
125
126 Capitolo 3. Analisi dei sistemi a tempo discreto
f (t)
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
uk xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
T
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxx
0 a a+T a + kT a + (k + 1)T b t
Come per le equazioni differenziali, anche per le equazioni alle differenze si pongo-
no problemi di esistenza e unicità della soluzione e di definizione delle condizioni
iniziali. Vale la seguente
2
Da ora in poi si useranno indifferentemente le notazioni yk e y(k).
3.1. Le equazioni alle differenze 127
Ancora una volta il numero di condizioni iniziali richieste è pari all’ordine dell’e-
quazione. Ad esempio l’equazione yk+2 = yk è di ordine 2 e richiede per essere
risolta le condizioni iniziali y0 = a e y1 = b.
Per quanto riguarda l’esistenza e l’unicità della soluzione la situazione è mol-
to più semplice del suo analogo continuo, in quanto queste due proprietà sono
assicurate solo dalla definitezza della funzione f . Ancora una volta consideriamo
equazioni lineari
e in particolare stazionarie
Esiste una stretta affinità fra la teoria delle equazioni differenziali lineari e quella
delle equazioni alle differenze. In particolare ancora una volta si definisce un’e-
quazione omogenea associata all’equazione alle differenze completa e la soluzione
generale sarà pari alla soluzione generale dell’omogenea associata e una soluzione
particolare dell’equazione completa.
Il nome “equazione alle differenze” è dovuto al fatto che questo tipo di equa-
zione può essere rappresentata facendo uso degli operatori di differenza, che sono
definiti nel seguente modo:
Ad esempio l’equazione
Nel seguito però non faremo uso degli operatori di differenza, per cui assumeremo
la forma generale dell’equazione alle differenze la (3.2) come rappresentazione
ingresso–uscita di sistemi LTI a tempo discreto.
128 Capitolo 3. Analisi dei sistemi a tempo discreto
yk+1 = yk + T uk+1
• Integrazione per trapezi, in cui l’area nel singolo intervallo [kT, (k + 1)T ] è
approssimata da un trapezio piuttosto che da un rettangolo (vedi Fig. 3.2)
T
yk+1 = yk + (uk + uk+1 ) (3.3)
2
y(k + 1) = (1 + aT )y(k)
Esempio 3.2 Si consideri ad esempio la Letter Chain, che si formula nel seguente
modo: si supponga di ricevere una lettera che contenga un elenco di sei nomi e
indirizzi. La lettera chiede di spedire 1 e alla prima persona dell’elenco, poi di
riscrivere la lettera cancellando il primo nome e aggiungendo il proprio in coda e
spedirne cinque copie ad altrettanti amici. La lettera assicura che in questo modo si
può ricevere una cifra che arriva fino a 15625 e. Possiamo analizzare questo processo
in termini di equazioni alle differenze. Posto infatti y(k) il numero di lettere al passo
k, in cui la lettera che si è ricevuta corrisponde a y(0) = 1, al passo successivo si
produrranno 5 lettere, quindi y(1) = 5, ognuna delle quali ne genererà altre 5 e cosı̀
via; in generale si avrà
y(k + 1) = 5y(k) .
3.1. Le equazioni alle differenze 129
uk+1 xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
uk xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
T
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx
t0 t1 t2 tk tk+1
t
y(k) = 5k .
Secondo le istruzioni della lettera al sesto passo il proprio nome sarà passato in cima
alla lista, quindi, nell’ipotesi che la catena non sia stata interrotta, si riceveranno
y(6) = 56 = 15625 lettere, ognuna contenente 1 e, ottenendo cosı̀ 15625 e.
• se la banca non paga interessi la somma sarà (nell’ipotesi che non avvengano
prelievi) semplicemente un accumulo di capitale secondo la legge
d(k + 1) = (1 + I)d(k) − U
ID
U= .
1 − (1 + I)−n
dove la prima equazione è un sistema di equazioni alle differenze tutte del primo
ordine e le matrici A, B, C, D hanno la stessa denominazione di quelle della i–s–u
dei sistemi a tempo continuo (1.7),(1.8).
uk ξk+2 ξk+1 ξk
−a1
−a2
se si effettuano le posizioni
si ha
x1 (k + 1) = x2 (k)
x2 (k + 1) = −3x2 (k) − 2x1 (k) + 5u(k)
y(k) = x1 (k)
Supponiamo ora che le condizioni iniziali nelle (3.6), (3.7) siano nulle. In
questa ipotesi è possibile sfruttare la linearità delle equazioni per ottenere una
132 Capitolo 3. Analisi dei sistemi a tempo discreto
b0
yk
b1 − b0 a1
uk x2k+1 x2k x1k
b2 − b0 a2
−a1
−a2
equazione che definisca l’uscita y della (3.6) in funzione delle variabili ausiliarie
ξ ottenute dalla (3.7). Infatti l’ingresso applicato alla (3.6) è una combinazione
lineare di quello applicato alla (3.7), quindi l’uscita y sarà esprimibile come
yk = b0 ξk+2 + b1 ξk+1 + b2 ξk . (3.8)
La realizzazione della (3.7) può essere ottenuta ricavando ξk+2 in funzione dei
valori passati ξk+1 e ξk e dell’ingresso uk
ξk+2 = uk − a1 ξk+1 − a2 ξk , (3.9)
il cui schema a blocchi corrispondente è quello di Fig. 3.3, dove si vede che per la
realizzazione sono necessari gli elementi di ritardo unitario, i quali forniscono in
uscita, istante per istante, il valore dell’ingresso all’istante di tempo precedente.
È chiaro quindi che le eventuali condizioni iniziali vanno inserite proprio come
uscite all’istante iniziale di tali blocchi.
Per determinare ora l’uscita, osserviamo che le variabili ξk , ξk+1 , ξk+2 sono
disponibili all’uscita degli elementi di ritardo, quindi si ottiene lo schema a blocchi
illustrato in Fig. 3.4.
A questo punto la rappresentazione i–s–u è ottenuta semplicemente ponendo
x1k = ξk , x2k = ξk+1 , che soddisfano le equazioni
x1 (k + 1) = x2 (k)
x2 (k + 1) = −a2 x1 (k) − a1 x2 (k) + u(k)
y(k) = (b2 − b0 a2 )x1 (k) + (b1 − b0 a1 )x2 (k) + b0 u(k)
che in forma matriciale diventano
! !
0 1 0
xk+1 = xk + uk
−a2 −a1 1
3.1. Le equazioni alle differenze 133
rk +
ek uk u(t) Processo y(t) yk
-
Calcolatore D/A t. continuo A/D
T
uk u(t) Processo y(t) yk
ZOH t. continuo
yk = (b2 − b0 a2 b1 − b0 a1 )xk + b0 uk .
u(t)
uk
uk+1
t0 t1 tk tk+1 t
Indicando con fk = f (kT ) il valore della generica funzione f (t) al k−mo istante
di campionamento, ed effettuando la sostituzione σ = (k + 1)T − τ , si ha
Z T
xk+1 = eAT xk + eAσ dσBuk = Ad xk + Bd uk
0
3.1. Le equazioni alle differenze 135
dove3, Z T
AT
Ad = e , Bd = eAσ dσB
0
sono le matrici della rappresentazione i–s–u cercata. Per il calcolo di eAT con-
viene diagonalizzare A, per cui eAT = U eΛT U −1 , dove Λ e U sono le matrici
degli autovalori e degli autovettori di A, rispettivamente (vedi Appendice B).
È altresı̀ evidente che le matrici dell’equazione di uscita sono identiche a quella
dell’equazione a tempo continuo (3.11) essendo questa algebrica. Vediamo un
esempio.
det(λI − A) = λ2 + 5λ + 6 = 0 ⇒ λ1 = −2, λ2 = −3
Di conseguenza, risulta
! ! !−1 !
AT ΛT −1 1 1 e−2T 0 1 1 0.97 0.08
Ad = e = Ue U = =
−2 −3 0 e−3T −2 −3 −0.47 0.59
Poiché la matrice A è invertibile, la matrice degli ingressi del sistema a dati campionati
ha l’espressione notevole
!−1 ! ! !
−1 0 1 0.97 − 1 0.08 0 0.004
Bd = A (Ad − I)B = =
−6 −5 −0.47 0.59 − 1 1 0.078
3
Nel caso in cui A non ha autovalori nell’origine, risulta Bd = [A−1 eAσ ]T0 B = A−1 (eAT −I)B.
136 Capitolo 3. Analisi dei sistemi a tempo discreto
0.25
0.2
yk
0.15
y(t),
0.1
0.05
0
0 1 2 3
t, k
Le matrici dell’equazione algebrica di uscita non cambiano, quindi la i–s–u del sistema
a dati campionati è
! !
0.97 0.08 0.004
xk+1 = xk + uk
−0.47 0.59 0.078
yk = ( 1 1 ) xk
In Fig. 3.8 è mostrata la risposta indiciale del sistema a tempo continuo sovrapposta a
quella del corrispondente sistema a dati campionati. Come si vede, in corrispondenza
degli istanti di campionamento, le due risposte coincidono.
3.2 La trasformata Z
In questo paragrafo presentiamo un operatore che è l’analogo discreto della tra-
sformata di Laplace nel continuo. In particolare, data la sequenza {xk }, se ne
definisce la Z–trasformata come
+∞
X
X(z) = Z{xk } = xk z −k , r0 ≤ |z| ≤ R0 (3.12)
k=−∞
Come si può notare, la regione di convergenza è una corona circolare con cen-
tro nell’origine del piano complesso e, si può dimostrare, diventa l’esterno di un
cerchio se la sequenza è nulla per k < a. Di seguito vengono enunciate alcune pro-
prietà della trasformata Z che sono di interesse per l’analisi del comportamento
dinamico dei sistemi discreti.
3.2. La trasformata Z 137
• Linearità.
Z[αa(k) + βb(k)] = αA(z) + βB(z)
• Scalatura in z.
Z[r −k a(k)] = A(rz)
• Valore finale. Se A(z) converge per |z| > 1 e tutti i poli di (z − 1)A(z)
sono interni al cerchio unitario, allora
la sua Z–trasformata è
+∞
X
Z[δk ] = δk z −k = 1z 0 = 1
k=−∞
Anche la convoluzione nel discreto è più semplice del suo analogo nel continuo.
Basta infatti risolvere l’equazione
C(z) = A(z)B(z)
· · · + c−2 z 2 + c−1 z + c0 + c1 z −1 + c2 z −2 + · · · =
= (· · · + a−2 z 2 + a−1 z + a0 + a1 z −1 + a2 z −2 + · · ·) ·
(· · · + b−2 z 2 + b−1 z + b0 + b1 z −1 + b2 z −2 + · · ·)
Esempio 3.9 Nell’Esempio 3.8 abbiamo calcolato la trasformata della sequenza gra-
dino unitario senza calcolarne la regione di convergenza, facciamolo ora applicando
3.2. La trasformata Z 139
P+∞ k
la definizione e ricordando la somma della serie geometrica di ragione r: k=0 r =
1/(1 − r), convergente se |r| < 1
+∞
X 1 z
Z[δ−1 (k)] = z −k = = , |z| > 1
k=0
1 − z −1 z−1
Se invece trasformiamo (
−1 k < 0
x(k) =
0 k≥0
otteniamo
−1 +∞
!
X
−k
X
k z
X(z) = −z =− z −1 = , |z| < 1
k=−∞ k=0
z−1
+∞
X
+
Z [x(k)] = xk z −k (3.13)
k=0
n−1
X
Z + [a(k + n)] = z n A(z) − z n a(k)z −k , n>1
k=0
• Convoluzione4 .
k
X
Z + [ak ∗ bk ] = Z + aj bk−j = A(z)B(z)
j=0
4
Pk Pk
Si noti che per sequenze nulle per k < 0, si ha ak ∗ bk = j=0
aj bk−j = j=0
ak−j bj .
140 Capitolo 3. Analisi dei sistemi a tempo discreto
si riscrive
+∞
X
z −1 yj z −j = z−1 Y (z) ,
j=−∞
T
Y (z) = z −1 Y (z) + U (z) + z −1 U (z)
2
Lo stesso risultato lo si ottiene Z–trasformando la (3.14) e sfruttando la proprietà
di traslazione nel tempo. In definitiva, risulta
T 1 + z −1
Y (z) = U (z) ,
2 1 − z −1
da cui ricaviamo una funzione di trasferimento discreta
Y (z) T 1 + z −1 T z+1
W (z) = = −1
= .
U (z) 2 1−z 2 z−1
uk + +
yk
T /2
+ +
uk−1 yk−1
z −1 z −1
b0 + b1 z −1 + · · · + bm z −m b0 z n + b1 z n−1 + · · · + bm z n−m
W (z) = = . (3.17)
1 + a1 z −1 + · · · + an z −n z n + a1 z n−1 + · · · + an
Continueremo a chiamare poli e zeri del sistema le radici dei polinomi al deno-
minatore e al numeratore della f.d.t. Possiamo ora dare un significato fisico alla
variabile z: siano tutti nulli i coefficienti della (3.17) tranne b1 = 1; allora si ha
W (z) = z −1
yk = uk−1 ,
uk yk
+
T /2
+
z −1
+ +
che confrontate con la (3.18) ci dicono che la f.d.t. di un sistema tempo discreto
può essere ricavata a partire dalla sua rappresentazione i–s–u con la formula
W (z) = C(zI − A)−1 B + D . (3.21)
Da tale espressione si vede che anche nel caso discreto i poli della f.d.t. coincidono
con gli autovalori della matrice dinamica A se non ci sono cancellazioni tra le
radici del numeratore e del denominatore. D’ora in poi assumeremo sempre
verificata tale ipotesi e cioè che la realizzazione del sistema sia sempre minima.
Dall’esame delle equazioni appena ricavate, si vede che la risposta, sia nel-
lo stato che nell’uscita, è somma del termine di evoluzione libera, dovuta alle
condizioni iniziali, e della risposta forzata, dovuta all’ingresso.
Si può inoltre dimostrare che antitrasformando si ottengono le risposte nel
dominio del tempo nella forma5
k−1
X
x(k) = Ak−i−1 Bu(i) + Ak x0 , k≥0 (3.22)
i=0
k−1
X
y(k) = C Ak−i−1 Bu(i) + Du(k) + CAk x0 , k≥0 (3.23)
i=0
5
Per k = 0 il contributo delle sommatorie non va considerato.
3.3. Risposta dei sistemi lineari tempo invarianti 143
z2 +z z 2 − 2z + 1
−z 2 +2z −1 1 + 3z −1 + 5z −2 + 7z −3 + · · ·
3z −1
−3z +6 −3z −1
5 −3z −1
−5 +10z −1 −5z −2
7z −1 −5z −2
e quindi
y0 = T /2
y1 = 3T /2
y2 = 5T /2
.. .. ..
. . .
yk = kT + T /2
Un secondo metodo per calcolare l’antitrasformata è usare lo sviluppo in frat-
ti semplici, analogamente a quanto fatto con Laplace. La differenza principale
rispetto a quanto fatto in precedenza è che conviene espandere in fratti semplici
rispetto a z la funzione F (z)/z. Per comprendere il perché calcoliamo le seguenti
trasformate notevoli.
Esempio 3.12 Volendo calcolare la risposta di un sistema tempo discreto che esegue
l’algoritmo di integrazione per trapezi con periodo di campionamento T ad un segnale
di ingresso esponenziale con r = 0.5, si ha
T 1 + z −1 1 T z2 + z
Y (z) = W (z)U (z) = =
2 1 − z −1 1 − 0.5z −1 2 (z − 1)(z − 0.5)
Tenendo conto della trasformata del gradino unitario, la risposta nel dominio di z
vale
z+1 z z2 + z
Y (z) = W (z)U (z) = =
z−1z−1 (z − 1)2
che dà luogo all’espansione
e quindi, tenendo conto della trasformata della rampa unitaria riportata in Appendi-
ce D, la risposta nel dominio del tempo vale
Y (z) A A∗ Az A∗ z
= + ⇒ Y (z) = +
z z − p z − p∗ z − p z − p∗
Esempio 3.14 La risposta indiciale del sistema a tempo discreto del secondo ordine
con poli complessi e coniugati in 0.71e±j1.93
z+1
W (z) =
z 2 + 0.5z + 0.5
3.3. Risposta dei sistemi lineari tempo invarianti 147
vale
z2 + z
Y (z) = .
(z − 1)(z 2 + 0.5z + 0.5)
Scomponendo in fratti semplici Y (z)/z, si ottiene
z z0.53ej2.78 z0.53e−j2.78
Y (z) = + +
z − 1 z − 0.71ej1.93 z − 0.71e−j1.93
che antitrasformata dà
yk = 1 + 1.06(0.71)k cos(1.93k + 2.78) δ−1 (k)
k m pk , km r k cos(θk), m = 0, 1, 2, . . .
dette modi propri di evoluzione del sistema, dove p è il generico autovalore reale
di A e rejθ è il generico autovalore complesso di A. Ancora una volta i coefficienti
della combinazione lineare sono costituiti dai residui delle scomposizioni in fratti
semplici, per cui possono essere anche nulli, nel caso siano radici dei polinomi a
numeratore. In tale eventualità è chiaro che l’insieme di condizioni iniziali scelto
6
Che ipotizzeremo, se non diversamente indicato, coincidenti con i poli del sistema, cioè le
radici del denominatore della sua f.d.t.
148 Capitolo 3. Analisi dei sistemi a tempo discreto
Im(z)
periodico
pseudoperiodico
divergente
pseudoperiodico
convergente costante
alternante 1
0 Re(z)
aperiodico
aperiodico convergente aperiodico
aperiodico convergente divergente
divergente alternante
alternante
non è in grado di eccitare tutti i modi del sistema, tuttavia si può dimostrare che è
sempre possibile eccitare tutti i modi della struttura con una scelta di opportune
condizioni iniziali.
In virtù della (3.20), anche l’evoluzione libera nell’uscita
Yl (z) = zC(zI − A)−1 x0
sarà combinazione lineare degli stessi termini. In particolare, ciascun modo di evo-
luzione possiede un andamento tipico che dipende solo dalla posizione nel piano
complesso dell’autovalore corrispondente e dalla sua molteplicità. Tali andamenti
sono riassunti in Fig. 3.11. Notiamo che, a differenza dei modi di evoluzione dei
sistemi a tempo continuo, compare un andamento cosiddetto alternante, legato
alla presenza di autovalori reali negativi.
3.4 Stabilità
Per quanto riguarda la stabilità BIBO, si può dimostrare che si ritrova come
condizione necessaria e sufficiente la sommabilità della risposta impulsiva, cioè
Proposizione 3.1 Un sistema LTI con risposta impulsiva w(k) è stabile BIBO
se e solo se
+∞
X
|w(k)| < +∞
k=−∞
3.4. Stabilità 149
nW (z) nU (z)
Y (z) = W (z)U (z) =
dW (z) dU (z)
quindi, i poli di Y (z) sono i poli di U (z) (radici di dU (z)) e quelli del sistema
(radici di dW (z)). Affinché l’uscita sia limitata, nell’espansione in fratti semplici
di Y (z)/z devono comparire solo termini con poli di modulo minore di 1. Infatti,
se il polo è reale (p), ad esso corrisponde nel dominio del tempo una funzione del
tipo pk convergente se |p| < 1; se il polo è complesso (rejθ ) ad esso corrisponde
nel dominio del tempo una funzione del tipo r k cos(θk) convergente se |r| < 1. Di
conseguenza, nell’ipotesi di ingresso limitato, le radici di dU (z) saranno tutte in
modulo minore di 1, per cui saranno i poli del sistema a dover essere di modulo
minore di 1. In conclusione vale la seguente proposizione
Analogamente al caso dei sistemi a tempo continuo, anche per i sistemi a tempo
discreto si può introdurre il concetto di stabilità sotto perturbazioni o stabilità
interna. Dall’analisi dei modi di evoluzione, risulta chiaro che
3. stabile se gli autovalori della matrice dinamica sono in modulo non maggiore
di uno e quelli di modulo unitario sono di molteplicità unitaria come radici
del polinomio minimo.
Anche nel caso tempo discreto si trova, dunque, che la stabilità asintotica e quella
BIBO sono equivalenti, nel caso di un sistema completamente controllabile e
osservabile.
A questo punto per stabilire la proprietà di stabilità esterna o quella di sta-
bilità interna, occorre un metodo che consenta di stabilire se le radici di un
150 Capitolo 3. Analisi dei sistemi a tempo discreto
|1 + s|
< 1 ⇔ |1 + s|2 < |1 − s|2 ⇔ (1 + a)2 + b2 < (1 − a)2 + b2
|1 − s|
dunque, abbiamo trovato che la trasformazione (3.27) non fa altro che trasforma-
re la regione del piano complesso in z appartenente al cerchio di raggio unitario e
centro nell’origine nel semipiano sinistro del piano complesso in s (vedi Fig. 3.12).
Dunque, stabilire se le radici del polinomio p(z) hanno modulo minore di 1 è equi-
valente a stabilire se le radici del polinomio a numeratore di p(z)|z=(1+s)/(1−s) sono
a parte reale negativa. E sappiamo che tale problema si risolve con l’applicazione
del criterio di Routh.
7
Il denominatore della f.d.t. per la stabilità BIBO, il polinomio minimo della matrice dinamica
per la stabilità interna.
8
Si tratta della trasformazione bilineare corrispondente alla regola di integrazione per trapezi.
3.5. Comandi MATLAB 151
per quanto detto, le sue radici sono di modulo minore di 1 se e solo se le radici del
polinomio a numeratore ottenuto ponendo z = (1 + s)/(1 − s) sono a parte reale
negativa
3 1.114 2.902
2 3.078 0.906
1 2.574
0 0.906
ha sicuramente tutte radici a parte reale negativa e quindi p(z) ha tutte radici in
modulo minore di 1.
Uz
y(+∞) = lim y(k) = lim (z − 1)Y (z) = lim (z − 1)W (z) = [W (z)]z=1 U
k→+∞ z→1 z→1 z−1
dove il valore [W (z)]z=1 è il guadagno statico del sistema.
>> plot(t,y,’o’)
per evitare che il MATLAB interpoli tra un campione e l’altro del vettore y. In
alternativa, si può usare il comando
>> stem(t,y)
che traccia una linea verticale in corrispondenza di ogni campione del vettore y.
Infine, se si vuole ottenere il grafico dell’uscita di un organo di tenuta di ordine
0 alimentato da una sequenza i cui campioni sono memorizzati nella variabile x,
allora si può adoperare il comando
>> stairs(x)
3.6 Esercizi
Ts
uk u(t) 3 y(t) yk
ZOH s2 + 3s + 2
Esercizio 3.2 Determinare una rappresentazione i–s–u del sistema in Fig. 3.13, con
Ts = ln(3/2) s.
3.6. Esercizi 153
z
z + 0.4 + yk
uk
4
z − 0.4 +
z + 0.6
Esercizio 3.4 Determinare la risposta del sistema in Fig. 3.14, all’ingresso u(k) =
(0.5)k δ−1 (k).
uk + ek vk v(t) y(t) yk
vk = vk−1 + Hek−1 ZOH ẏ = −ay + bv
- Ts
Esercizio 3.5 Determinare i valori di H tali che il sistema in Fig. 3.15, con Ts = 0.5 s,
a = b = ln(25), è asintoticamente stabile.
uk z + 0.4 1 yk
+ +
2
z + z − 0.1 z + 0.3
- +
uk z + z + 0.1 yk
z − 0.5 - 2
z −z+1
Esercizio 3.6 Determinare la proprietà di stabilità BIBO del sistema in Fig. 3.16 e
la risposta a regime al segnale di ingresso u(k) = 2.
Esercizio 3.7 Determinare i valori di H tali che il sistema in Fig. 3.17 è stabile BIBO
e, per un valore a scelta di H 6= 0, la risposta indiciale.
Consideriamo una funzione f (t) di variabile reale a valori complessi, cioè l’appli-
cazione
f : t ∈ R 7→ f (t) ∈ C
155
156 Capitolo 4. Analisi dei sistemi nel dominio della frequenza
e sono numeri complessi, per cui sono definite le successioni dei moduli {|Fn |},
detta spettro di ampiezza del segnale, e delle fasi {arg(Fn )}, detta spettro di fase
del segnale, i quali hanno un diagramma discreto per cui si dice che un segnale
periodico ha lo spettro a righe.
Un caso notevole è quello in cui il segnale f (t) assume solo valori reali, allora
i suoi coefficienti di Fourier sono tali che
f (t)
1
−T /2 −T /4 0 T /4 T /2 t
0.6
0.4
Fn
0.2
−0.2
0 2 4 6 8 10
n
3
Si noti che in corrispondenza di una discontinuità il segnale presenta una variazione finita
in un intervallo di tempo nullo.
158 Capitolo 4. Analisi dei sistemi nel dominio della frequenza
f(t)
3
1
5 10 15 20 25 30
t
Esempio 4.1 Sviluppiamo in serie di Fourier il segnale a onda quadra definito grafi-
camente in Fig. 4.1. I coefficienti di Fourier sono calcolabili applicando la (4.2)
Z Z ( 1
1 T /2
−jnω0 t 1 T /4
−jnω0 t 2 n=0
Fn = f (t)e dt = e dt = 1 sin(nπ/2)
T −T /2 T −T /4 2 nπ/2 n ∈ Z − {0}
Come si vede, i coefficienti sono tutti reali e inoltre per n pari sono tutti nulli, e
infine, dalla Fig. 4.2 si può osservare come decrescono in ampiezza al crescere di n.
somma di una costante più due segnali sinusoidali, il suo periodo è il minimo comune
multiplo dei due periodi T1 = 3 s e T2 = 2.5 s, quindi T = 15 s (in Fig. 4.3 ne
sono riportati due periodi), infatti la pulsazione fondamentale ω0 = 2π/15 è tale che
2π/3 = 5ω0 e 4π/5 = 6ω0 . Calcoliamo i suoi coefficienti di Fourier
Z T
1
F0 = f (t)dt = 3
T 0
4.2. Trasformata di Fourier 159
il 3 non dà alcun contributo, cosı̀ come tutti i termini con n 6= 5 e n 6= 6, in quanto
integrali di funzioni sinusoidali calcolati su un numero intero di periodi. Per n = 5
l’unico termine che dà contributo è il segnale sinusoidale di periodo T1 moltiplicato
per j sin(5ω0 t)
Z T Z T
j 2 j
F5 = − sin (5ω0 t)dt = − 1 − cos(10ω0 t) dt = −j0.5 .
T 0 2T 0
In conclusione, lo spettro del segnale ha un numero finito di righe, come del resto
era prevedibile visto che è costituito dalla sovrapposizione di un numero finito di
sinusoidi.
Cosı̀ come per la trasformata di Laplace, anche per quella di Fourier è stato
introdotto un simbolo particolare per indicare l’operazione di trasformazione
F (−ω) = F ∗ (ω)
Dunque, anche un segnale non periodico può essere visto come sovrapposizione
(continua) di armoniche opportunamente pesate tramite lo spettro di ampiezza
|F (ω)| e sfasate tramite lo spettro di fase arg(F (ω)). Anche in tal caso si può
definire la larghezza di banda del segnale come la differenza ωs − ωi tra l’estremo
superiore e l’estremo inferiore dell’intervallo per cui F (ω) 6= 0; se ωs < +∞ il
segnale si dice a banda limitata 5 .
La trasformata di Fourier gode di proprietà molto simili a quelle della tra-
sformata di Laplace, vediamone alcune6
• Linearità
F[k1 f1 (t) + k2 f2 (t)] = k1 F1 (ω) + k2 F2 (ω)
• Dualità
1
F (ω) = F[f (t)] ⇒ f (−ω) = F[F (t)]
2π
5
Si può dimostrare che in tal caso il segnale deve necessariamente avere durata illimitata.
6
Per le dimostrazioni si veda, ad esempio, [5].
4.2. Trasformata di Fourier 161
• Coniugazione
F[f ∗ (t)] = F ∗ (−ω)
• Traslazione in t
F[f (t − t0 )] = F (ω)e−jωt0
• Traslazione in ω o modulazione
F[ejω0 t f (t)] = F (ω − ω0 )
• Cambiamento di scala
• Derivata in t
d
F f (t) = jωF (ω)
dt
• Derivata in ω
d
F[−jtf (t)] = F (ω)
dω
• Simmetria
• Convoluzione
Z +∞
F[f (t) ∗ g(t)] = F f (τ )g(t − τ )dτ = F (ω)G(ω)
−∞
• Prodotto
1
F[f (t)g(t)] = F (ω) ∗ G(ω)
2π
• Uguaglianza di Parseval Se f (t) è a quadrato integrabile
Z +∞ Z +∞
1
|f (t)|2 dt = |F (ω)|2 dω
−∞ 2π −∞
Esempio 4.3 Iniziamo dalla funzione finestra di durata T definita dalla (2.3)
Z +∞ Z +T /2 +T /2
−jωt −jωt 1 sin(ωT /2)
F[wT (t)] = wT (t)e dt = e dt = − e−jωt =T
−∞ −T /2 jω −T /2 ωT /2
il cui spettro, come si vede, è reale e pari ed inoltre è a banda illimitata, mentre il
segnale ha durata limitata. Notiamo che, in base alla proprietà di dualità è possibile
subito affermare che lo spettro di un segnale di tipo sinc()7 è a banda limitata ed ha
la forma di una finestra.
Esempio 4.4 Per il calcolo dello spettro di un impulso di Dirac ci serviremo della
proprietà di campionamento (2.4)
Z +∞
F[δ(t)] = δ(t)e−jωt dt = e−jω0 = 1 .
−∞
Ancora una volta, per dualità, si ha che la trasformata della costante unitaria è
l’impulso di area 2π centrato nell’origine, di conseguenza, applicando la proprietà di
modulazione si ha
F[ejω0 t ] = 2πδ(ω − ω0 ) .
per cui gli spettri di segnali puramente sinusoidali sono “a righe” e, visto che un
segnale periodico è sviluppabile in serie di Fourier e quindi è sovrapposizione di segnali
sinusoidali, la sua trasformata di Fourier sarà, per linearità, un treno infinito di impulsi
e quindi ancora a righe, ma stavolta le righe sono degli impulsi.
4.2. Trasformata di Fourier 163
1 0.25
0.2
0.5
0.15
|F(ω)|
f(t)
0
0.1
−0.5
0.05
−1 0
−1 −0.5 0 0.5 1 0 50 100 150 200 250
t ω
Figura 4.4: Segnale in banda base (nero) e in banda traslata (grigio) nel dominio
del tempo (sinistra) e della frequenza (destra) relativi all’Esempio 4.6
In generale, il prodotto nel dominio del tempo di un segnale per una sinusoide, in
frequenza consiste in una traslazione dello spettro del segnale di partenza di una
quantità pari alla pulsazione del segnale sinusoidale (detto “portante”). Per questo
il segnale originario si dice anche “in banda base”, mentre la sua versione modulata
si dice “in banda traslata”. In Fig. 4.4 sono riportati tali segnali nel dominio nel
tempo e, per le sole pulsazioni positive, i relativi spettri di ampiezza, nel caso α = 5
e ω0 = 150. È questo il principio su cui si basano le trasmissioni radio, e tutte le
conseguenze di questa proprietà saranno approfondite nei corsi di Telecomunicazioni.
cioè l’uscita è pari allo stesso segnale esponenziale (in generale complesso) po-
sto in ingresso, moltiplicato per una costante (complessa) pari alla funzione di
trasferimento calcolata in s0 . Questo fatto significa che le funzioni esponenziali
complesse sono delle autofunzioni per sistemi LTI, nel senso che come una ma-
trice non ruota i suoi autovettori, cosı̀ un sistema lineare non modifica segnali di
ingresso esponenziali. Naturalmente, l’uscita calcolata nella (4.11) è un segnale
ben definito solo se la W (s) è ben definita in s0 , cioè s0 non deve essere un polo
del sistema e, ricordando che i poli di W (s) sono gli autovalori della matrice di-
namica A, s0 non deve essere un autovalore della matrice A. Inoltre, va osservato
che tale equazione è valida solo se il segnale di ingresso è applicato da −∞. Se
cosı̀ non fosse, la (4.11) sarebbe valida solo “asintoticamente”, nel senso che la
differenza fra l’uscita effettiva e quella calcolata con la (4.11) tenderebbe a zero
per t → +∞. In altre parole, la formula (4.11) va intesa come risposta a regime
8
I risultati possono essere estesi al caso di sistemi instabili con un’opportuna scelta delle
condizioni iniziali (vedi, ad esempio,[2]).
4.3. Risposta esponenziale 165
permanente cosı̀ come definita nel Paragrafo 2.5 tramite la (2.55). Per chiarire le
idee facciamo un esempio.
ẋ = −3x + u, x(0) = x0
y = x
con u(t) = et δ−1 (t). La funzione di trasferimento del sistema è banalmente W (s) =
1
s+3 , che ha un polo in −3 diverso dall’esponente del segnale di ingresso e inoltre,
essendo il polo negativo, il sistema è asintoticamente stabile. Verifichiamo che la
differenza fra l’uscita effettiva e l’uscita calcolata con la (4.11) tende asintoticamente
a zero. Applicando la formula (2.45), l’uscita effettiva vale
Z t Z t t
1 4τ
y(t) = e−3(t−τ ) eτ dτ + x0 e−3t = e−3t e4τ dτ + x0 e−3t = e−3t e + x0 e−3t
0 0 4 0
1 1 1 −3t
= e−3t [e4t − 1] + x0 e−3t = et + x0 − e , t≥0.
4 4 4
e quindi la differenza fra i due risultati vale (x0 − 1/4)e−3t , che tende a zero per
t → +∞. È importante sottolineare che se pure avessimo scelto semplicemente
x(0) = 0, la (4.11) non sarebbe stata verificata, perché sarebbe rimasto sempre un
termine del tipo e−3t . Tuttavia si intuisce che una scelta opportuna9 della condizione
iniziale rende la (4.11) valida ∀t ∈ R.
Dall’equazione (4.11) si può anche osservare che se s0 coincide con uno zero
della f.d.t. (cioè W (s0 ) = 0) allora l’uscita risulta identicamente nulla (sem-
pre asintoticamente), effetto che abbiamo già indicato nel Paragrafo 2.2.5 come
proprietà bloccante degli zeri.
Concludiamo il paragrafo riportando il risultato analogo alla (4.11) per la
risposta esponenziale nello stato ad un ingresso u(t) = U es0 t
x(t) = Φ(s0 )BU es0 t = Φ(s0 )Bu(t) = (s0 I − A)−1 Bu(t) . (4.12)
9
Si verifichi come tale scelta sia, in generale, x0 = (s0 I − A)−1 BU .
166 Capitolo 4. Analisi dei sistemi nel dominio della frequenza
dove rk sono i residui dei modi propri del sistema corrispondenti ai poli pk ed
r è il residuo del modo proprio dell’ingresso corrispondente alle radici ±jω0 del
denominatore di Y (s), che vale
s W (jω0 )AU
r = [(s − jω0 )Y (s)]s=jω0 = W (s)AU =
s + jω0 s=jω0 2
Antitrasformando secondo la (2.12), si ottiene (nell’ipotesi di poli semplici, ma
non è strettamente necessario)
n
X
y(t) = rk epk t + |W (jω0 )|AU cos(ω0 t + arg(W (jω0 ))
k=1
da cui
P
si vede che la differenza tra questa funzione e la y(t) espressa dalla (4.14)
vale nk=1 rk epk t , che tende a zero per t → +∞, grazie all’ipotesi di asintotica
stabilità del sistema.
In conclusione, la (4.14) rappresenta effettivamente la risposta a regime per-
manente di un sistema LTI ad un segnale sinusoidale, e si può affermare che
questa è ancora un segnale sinusoidale del tipo AY sin(ω0 t + φY ) e tale che
AY
= |W (jω0 )|, φY = arg(W (jω0 )) .
AU
4.4. Risposta sinusoidale 167
+∞
X
y(t) = An |W (jnω0 )| cos(nω0 t + ϕn + arg(W (jnω0 ))) .
n=1
s+1
W (s) = ,
s2 + s + 10
10
Si considera il caso di un segnale a media nulla, tanto la risposta ad una costante era già
stata calcolata nel Paragrafo 2.5.
168 Capitolo 4. Analisi dei sistemi nel dominio della frequenza
10
y(t), u(t)
0
−5
−10
0 5 10 15
t
Figura 4.5: Ingresso (grigio) e uscita (nero) del sistema dell’Esempio 4.8
Nel secondo esempio verificheremo che nel caso non lineare la risposta a segnali
sinusoidali può essere non sinusoidale, per cui si dice che i sistemi non lineari
hanno un effetto “distorcente” sui segnali di ingresso, nel senso che la forma
del segnale sinusoidale di ingresso viene cambiata anche notevolmente in uscita.
Ad esempio, speciali circuiti non lineari, detti appunto “distorsori”, venivano
utilizzati negli anni ‘70 dai musicisti rock per generare particolari effetti acustici
con la chitarra elettrica.
11
Si noti come tale intervallo è circa pari al tempo di assestamento del sistema, una cui stima
è proprio Ta2 = 4/ζωn = 8 s.
4.4. Risposta sinusoidale 169
15
10
y(t), u(t)
5
0 10 20 30
t
Figura 4.6: Ingresso (grigio) e uscita (nero) del sistema dell’Esempio 4.9
ẏ + 2.5yu = 0, y(0) = 1 ,
Z t Z t
dy
= −2.5cosτ dτ ⇒ log y(t) − log y(0) = −2.5 sin t
0 y 0
si ottiene
il cui andamento è riportato in Fig. 4.6 assieme a quello del segnale di ingresso,
dove si vede chiaramente che il segnale di uscita, nonostante sia periodico, è non
sinusoidale, e quindi ha uno spettro a infinite righe.
Dall’ultimo esempio si deduce anche che, in generale, i sistemi non lineari sono
in grado di generare armoniche non presenti nel segnale di ingresso, al contrario
dei sistemi LTI, i cui segnali di uscita possono contenere solo armoniche già
presenti nel segnale di ingresso. Questo concetto sarà chiarito e approfondito nel
prossimo paragrafo.
170 Capitolo 4. Analisi dei sistemi nel dominio della frequenza
definita per valori non negativi di ω e tali che jω non sia un polo di W (s); ciò
è certamente verificato per qualunque ω se il sistema è asintoticamente stabile,
infatti, in tal caso, la W (s) ha tutti i poli a parte reale negativa. Si vede subito
che la conoscenza di W (jω) per ω > 0 consente di conoscere anche W (−jω),
infatti si ha
W (−jω) = W ∗ (jω) .
|W (jω)|dB
Mr
Mr − k
Ma + k
Ma
0 ωi ωr ωs ωi′ ωa ωs′ ω
• Passa-tutto se ωi = 0 e ωs = +∞
• Arresta-tutto se ωi′ = 0 e ωs′ = +∞
• Passa-basso se ωi = 0 e ωs < +∞
• Arresta-alto se ωi′ > 0 e ωs = +∞
• Passa-alto se ωi > 0 e ωs = +∞
• Arresta-basso se ωi′ = 0 e ωs < +∞
• Passa-banda se ωi > 0 e ωs < +∞
4.5. Risposta armonica di un sistema LTI 173
|W (jω)|dB
|W (0)|dB
|W (0)|dB − k
0 2πBk ω
Anche per il diagramma delle fasi è possibile definire dei parametri caratteristici,
che possono essere trovati, ad esempio, in [1].
In particolare, per i sistemi passa-basso, si usa definire la banda passante a
−k dB rispetto al valore del modulo a frequenza zero17 , cioè Bk si definisce come
il minimo valore della frequenza tale che
Come si vede anche in Fig. 4.8, è chiaro che se Mr = |W (j0)| allora tale definizio-
ne coincide con quella già data nel caso generico. Il valore più spesso adoperato
nella pratica per −k è pari a −3 dB, che equivalgono
√ a un rapporto fra ampiez-
za dell’uscita e ampiezza dell’ingresso di circa 2/2, cioè, a quella frequenza,
l’ampiezza del segnale di uscita è pari circa al 70% dell’ampiezza del segnale di
ingresso. Chiariamo meglio questo concetto. Abbiamo detto che il modulo della
funzione di riposta armonica rappresenta il rapporto tra l’ampiezza AY del segna-
le di uscita e quella AU del segnale di ingresso, dunque se alla generica pulsazione
ω0 esso vale x dB, allora vale la relazione
AY AY x
= |W (jω0 )|dB = x ⇒ 20 log 10 = x ⇒ AY = 10 20 AU
AU
dB AU
√
e, in particolare, per x = −3 si ha proprio AY ≃ 0.707AU ≃ 2/2AU .
Per fissare i concetti finora esposti può essere utile presentare un esempio di
risposta in frequenza di un filtro realizzato con un circuito elettrico.
17
Si fa notare come tale valore sia pari al valore assoluto del guadagno statico del sistema.
174 Capitolo 4. Analisi dei sistemi nel dominio della frequenza
0 0
−10 −20
[deg]
[dB]
−20 −40
arg(W)
|W|
−30 −60
−40 −80
−50 −100
2 4 6 8 10 2 4 6 8 10
ω [rad/s] x 10
5 ω [rad/s] x 10
5
Figura 4.9: Risposta in frequenza del sistema del I ordine (scala lineare)
0 0
−10 −20
[deg]
|W| [dB]
−20 −40
arg(W)
−30 −60
−40 −80
−50 0 5
−100 0 5
10 10 10 10
log10 ω [rad/s] log10 ω [rad/s]
Figura 4.10: Risposta in frequenza del sistema del I ordine (scala logaritmica)
Esempio 4.10 Si consideri il circuito RC di Fig. 2.25, la cui f.d.t. del primo ordine,
già ricavata nell’Esempio 2.30, è
1
W (s) = =, con R = 100 Ω e C = 1 µF
1 + sRC
con una costante di tempo τ = RC = 10−4 s. Essendo il sistema asintoticamente
stabile, la sua risposta armonica si ottiene dalla (4.16)
1
W (jω) = ,
1 + jωτ
i cui diagrammi dei moduli in dB e delle fasi in gradi sono riportati in Fig. 4.9
in scala lineare, cioè in funzione di ω, mentre in Fig. 4.10 sono riportati in scala
logaritmica, cioè in funzione di log10 ω. Il vantaggio della scala logaritmica è evidente
in quanto si riesce ad apprezzare meglio l’andamento delle grandezze su un intervallo
4.5. Risposta armonica di un sistema LTI 175
−20
|W| [dB]
−40
−60
−80 0 1 2
10 10 10
log ω
10
Figura 4.11: Risposta in frequenza del sistema dell’Esempio 4.11 con β = 1 Ns/m
di pulsazioni molto elevato (da 0.1 rad/s a 106 rad/s). Dalle figure si vede che il
massimo del modulo si raggiunge per ω = 0 e vale 1 (0 dB), mentre la banda a
−3 dB (B3 = ωs /2π) si ottiene risolvendo l’equazione18
√ √
2 1 = 2 ⇔ 1 + ω 2 τ 2 = 2 ⇔ ωs = 1 ⇔ B3 = 1
|W (jωs )| = ⇔ s
2 1 + jωs τ 2 τ 2πτ
Inoltre, nel diagramma in scala logaritmica si nota come il modulo rimane pratica-
mente costante fino alla pulsazione di taglio superiore (la diminuzione, per definizione
di ωs è inferiore a 3 dB), a partire dalla quale inizia a diminuire costantemente di circa
20 dB ogni decade, cioè un intervallo in cui la pulsazione varia di un fattore 10.
1 1/M
W (jω) = = 2 ,
k + βjω − M ω 2 ωn − ω 2 + j2ζωn ω
p √
dove ωn = k/M e ζ = β/(2 kM ). In presenza di attrito (β = 1 Ns/m), il
diagramma del modulo della funzione di risposta armonica è riportato in Fig. 4.11.
Questo può essere cosı̀ interpretato: se applichiamo al carrello una forza costante (a
frequenza nulla) di 1 N il carrello si sposta di 0.01 m (|W (j0)| = 0.01 = −40 dB).
18
La pulsazione di taglio superiore in questo caso è detta anche pulsazione a −3 dB, più spesso
indicata col simbolo ω3 .
176 Capitolo 4. Analisi dei sistemi nel dominio della frequenza
150
100
|W| [dB]
50
−50
−100 0 1 2
10 10 10
log ω
10
Figura 4.12: Risposta in frequenza del sistema dell’Esempio 4.11 con β = 0 Ns/m
19
Si ricordi√che ω3 = 2πB3 ⇒ B3 = ω3 /(2π).
20
Per ζ = 2/2 risulta ω3 = ωn .
4.5. Risposta armonica di un sistema LTI 177
|W (jω)| w(t)
1
1 Ts
−2πB 0 2πB ω 0 Ts t
dove
ζh′ sono gli smorzamenti delle coppie di zeri complessi e coniugati di moltepli-
cità mh di W (s)
τini ωn′2m
h
h
in altri termini, K è il guadagno statico del sistema privato degli zeri e dei poli
nell’origine.
diagrammi asintotici.
180 Capitolo 4. Analisi dei sistemi nel dominio della frequenza
40
K>0
30 0
20log |K|
10
[deg]
[dB]
20 −50
arg(W)
|W|
10 −100
0 −150
K<0
−10 −1 0 1 −1 0 1
10 10 10 10 10 10
log10 ω [rad/s] log10 ω [rad/s]
K costante di guadagno
con k ∈ Z.
40 200
k=−2 k=2
20 k=−1 100
[deg]
k=1
[dB]
0 0
arg(W)
|W|
k=1
k=−1
−20 −100
k=2 k=−2
−40 −1 0 1
−200 −1 0 1
10 10 10 10 10 10
log ω [rad/s] log10 ω [rad/s]
10
10
0
0
−20 a
[deg]
−20 db/decade
−10 b
[dB]
−40
−20
arg(W)
|W|
−40 −80
−50 −2 0 2
−100 −2 0 2
10 10 10 10 10 10
log10 ωτ log10 ωτ
Figura 4.16: Diagramma di Bode del termine binomio (1 + jωτ )−1 , per τ > 0 (in
grigio il diagramma reale, in nero il diagramma asintotico)
Dunque, i moduli, come funzioni della variabile log10 ω, sono rette che passano per
l’origine e hanno pendenza 20k dB/decade; le fasi, invece, sono rette orizzontali
di ordinata 90◦ k. In Fig. 4.15 sono riportati i relativi diagrammi per diversi valori
dell’esponente k.
25
Si ricorda che stiamo considerando solo le pulsazioni positive.
182 Capitolo 4. Analisi dei sistemi nel dominio della frequenza
Per capire come sono fatti i diagrammi, iniziamo a considerare il caso di un ter-
mine binomio relativo ad un polo negativo di molteplicità 1 della f.d.t. (τ > 0 e
k = −1). Con riferimento alla Fig. 4.16 (dove è riportato il diagramma in funzione
della variabile normalizzata log10 ωτ ), si nota che il diagramma dei moduli parte
da 0 dB e fino a che ω < 1/τ si mantiene praticamente costante, e a partire da
ω = 1/τ inizia a decrescere con una pendenza quasi costante di −20 dB/decade.
Infatti, le approssimazioni asintotiche ci dicono che per valori di ω << 1/τ il
modulo vale 0 dB e per valori superiori è una retta di pendenza −20 dB/decade.
Dunque il diagramma asintotico cambia “improvvisamente” aspetto nel punto
1/τ che per questo si chiama punto di rottura. Passiamo ad analizzare il dia-
gramma delle fasi. Esso parte da 0◦ e poi decresce fino al valore asintotico di
−90◦ . Tuttavia, al contrario di quello dei moduli, nell’intervallo delle ω intorno
a 1/τ esso si discosta molto dalla approssimazione asintotica indicata con ‘a’ in
Fig. 4.16. Per questo motivo, nella pratica si adotta una approssimazione diversa
costituita da una retta (indicata con ‘b’ in Fig. 4.16) inclinata di −45◦ /decade
che parte dal punto di rottura sinistro 0.1/τ e termina nel punto di rottura destro
10/τ .
Per un generico termine binomio a denominatore, cioè del tipo (1 + jωτ )k con
τ > 0, k < 0, i diagrammi di Bode si ottengono moltiplicando per |k| le ordinate
di quelli appena visti, mentre quelli di un termine a numeratore, cioè del tipo
(1 + jωτ )k con τ > 0, k > 0, si ottengono moltiplicando per |k| le ordinate e
ribaltando rispetto all’asse delle ascisse quelli appena visti. Nel caso τ < 0 il
diagramma dei moduli rimane identico a quello per τ > 0, mentre quello delle
fasi si ottiene ribaltando rispetto all’asse delle ascisse quello per τ > 0. Cosı̀,
ad esempio, i diagrammi di Bode del termine (1 + jωτ )−2 , τ < 0 sono quelli in
Fig. 4.17.
10 200
0
150
[deg]
−10 −40 db/decade
[dB]
+90°/decade
−20 100
arg(W)
|W|
−30
50
−40
0
−50 −2 0 2 −2 0 2
10 10 10 10 10 10
log10ωτ log10ωτ
Figura 4.17: Diagramma di Bode del termine binomio (1 + jωτ )−2 , per τ < 0 (in
grigio il diagramma reale, in nero il diagramma asintotico)
!
2ζ ω 2 k q
1+ jω − 2 = 20k log10 (1 − ω 2 /ωn2 )2 + 4ζ 2 ω 2 /ωn2
ωn ωn
dB
! !
k
2ζ ω2 2ζ ω2
arg 1 + jω − 2 = k arg 1 + jω − 2
ωn ωn ωn ωn
20
ζ=0.1 0 ζ=0.1
10 ζ=0.3 ζ=0.3
ζ=0.5
[deg]
−50
0
[dB]
ζ=0.7 ζ=0.5
ζ=1
−10 ζ=0.7
−100
arg(W)
|W|
ζ=1 −90°/decade
−20 b
−150
−30 −40 dB/decade a
−40 −1 0 1
−200 −2 0 2
10 10 10 10 10 10
log10 ω/ωn log10 ω/ωn
2
Figura 4.18: Diagramma di Bode del termine trinomio (1+ ω2ζn jω − ωω2 )−1 , per ζ =
n
{0.1, 0.3, 0.5, 0.7, 1} (in grigio il diagramma reale, in nero il diagramma asintotico)
√
Infatti, si ritrova che per ζ = ± 2/2 risulta ωr = 0, mentre per ζ = ±0.5
il diagramma interseca l’asse delle ascisse in corrispondenza della pulsazione
naturale.
L’approssimazione asintotica è costituita dalla retta orizzontale di ordinata
nulla fino a ωn e, da tale pulsazione in poi, dalla retta inclinata di −40 dB/decade,
dunque per il diagramma dei moduli del termine trinomio il punto di rottura è
ωn . Si noti come, a differenza del caso precedente, il diagramma reale si può
discostare sensibilmente da quello asintotico, specialmente per valori piccoli di
ζ. Passando al diagramma delle fasi, si osserva che per valori molto piccoli di
ω (ω << ωn ) il termine trinomio si può approssimare con il numero reale 1 e
quindi la sua fase vale 0◦ , mentre per valori grandi di ω, si può ritenere che la
parte reale tenda a −ω 2 /ωn2 e la parte immaginaria a 2ζω/ωn , dunque al crescere
di ω la parte reale tende a prevalere sull’immaginaria (il rapporto ω/ωn è elevato
al quadrato) e va verso valori sempre più negativi, mentre la parte immaginaria
va verso valori di segno pari a sign(ζ), ma molto più piccoli della parte reale.
In definitiva, la fase del numero complesso può essere approssimata alla fase del
numero reale −sign(ζ), e quindi per ζ > 0 vale −180◦ . Inoltre, per ω = ωn e ∀ζ è
evidente che la fase vale −90◦ sign(ζ), quindi un primo diagramma approssimato
è quello indicato con ‘a’ in Fig. 4.18. Mentre, per ottenere un’approssimazione
asintotica migliore nell’intervallo di pulsazioni intorno a ωn si può usare, anche
in questo caso, una retta inclinata di −90◦ /decade che parte dal punto di rottura
sinistro 0.1ωn e termina nel punto di rottura destro 10ωn , come il diagramma ‘b’
riportato in Fig. 4.18.
2
k
Per un generico termine trinomio a denominatore, cioè 1 + ω2ζn jω − ωω2
n
con ζ > 0, k < 0, i diagrammi di Bode si ottengono moltiplicando per |k| le
ordinate di quelli appena visti, mentre quelli di un termine a numeratore, cioè
4.6. Diagrammi di Bode 185
80 0
+80 dB/decade
60
−100
[deg]
°
−180 /decade
[dB]
40
arg(W)
−200
|W|
20
0 −300
ζ=−0.2 ζ=−0.2
−20 −1 0 1 −2 0 2
10 10 10 10 10 10
log ω/ω log10 ω/ωn
10 n
ω2 2
Figura 4.19: Diagramma di Bode del termine trinomio (1 + ω2ζn jω − 2 ) ,
ωn per
ζ < 0 (in grigio il diagramma reale, in nero il diagramma asintotico)
2
k
1 + ω2ζn jω − ωω2 con ζ > 0, k > 0, si ottengono moltiplicando per |k| le ordinate
n
e ribaltando rispetto all’asse delle ascisse quelli appena visti. Nel caso ζ < 0, il
diagramma dei moduli rimane identico a quello per ζ > 0, mentre quello delle
fasi risulta ribaltato rispetto all’asse delle ascisse. Cosı̀, ad esempio, i diagrammi
2
2ζ ω2
di Bode del termine 1 + ωn jω − 2
ωn
, ζ < 0 sono quelli riportati in Fig. 4.19.
Concludiamo il paragrafo fornendo un algoritmo per il tracciamento dei dia-
grammi di Bode di una f.d.t. generica con l’uso di matita e squadrette.
prolungamento, l’asse delle ordinate28 nel punto 20 log10 |K| e quello delle ascisse
1
nel punto29 |K| n0 −m0 .
45sign(τi′ )miper i termini binomi di molteplicità mi a numeratore
′
90sign(ζh )mh per i termini trinomi di molteplicità mh a numeratore
ljs =
−45sign(τi )ni per i termini binomi di molteplicità ni a denominatore
−90sign(ζh )nh per i termini trinomi di molteplicità nh a denominatore
ljd = −ljs
Passo 2. Si tracci il primo segmento del diagramma che è una semiretta orizzon-
tale e che interseca, eventualmente con il suo prolungamento, l’asse delle ordinate
nel punto ϕ0 definito fase iniziale (limω→0 arg(W (ω)))
(
90◦ (m0 − n0 ) se K > 0
ϕ0 = ◦ ◦
90 (m0 − n0 ) − 180 se K < 0
28
Assumeremo d’ora in avanti che l’asse delle ordinate interseca quello delle ascisse nel punto
di pulsazione 1 rad/s.
29
Infatti, |K(jω)m0 −n0 | = 1 ⇔ ω m0 −n0 = |K|−1 ⇔ ω = |K|−1/(m0 −n0 ) .
4.6. Diagrammi di Bode 187
20s(1 + s/0.5)
W (s) =
(1 + s/2)2 (1 + s/100 + s2 /1002 )
• Singolarità nell’origine
m0 = 1, n0 = 0
• Costante di guadagno
40
+40 dB/dec
−40 dB/dec
20
[dB]
0
|W|
+20 dB/dec
−20
−40 −2 −1 0 1 2 3
10 10 10 10 10 10
log ω [rad/s]
10
+45°/dec −45°/dec
100
[deg]
−90°/dec
−180°/dec
0
arg(W)
−100 −90°/dec
−200 −2 −1 0 1 2 3
10 10 10 10 10 10
log10 ω [rad/s]
Figura 4.20: Diagramma di Bode dell’Esempio 4.12 (in grigio il diagramma reale,
in nero il diagramma asintotico)
che, per ogni pulsazione θ, può essere interpretata come quel numero complesso
il cui modulo è il rapporto tra l’ampiezza della risposta nell’uscita ad un segnale
sinusoidale e l’ampiezza dell’ingresso, ed il cui argomento è lo sfasamento tra i due
segnali. Difatti, la risposta ad un segnale sinusoidale U cos(θ0 k) si può scrivere
come
y(k) = |W (ejθ0 )|U cos θ0 k + arg(W (ejθ0 )) . (4.20)
4.8. Comandi MATLAB 189
Si osservi che, analogamente al caso tempo continuo, anche nel caso tempo
discreto la risposta armonica viene calcolata valutando la f.d.t. del sistema sulla
frontiera della regione del piano complesso all’interno della quale si trovano i
poli di un sistema asintoticamente stabile, nella fattispecie il cerchio di raggio
unitario, la cui circonferenza ha appunto equazione z = ejθ .
y(k) = 5|W (ej2 )| sin(2k + arg(W (ej2 ))) = 4.32 sin(2k − 2.24) .
>> bode(W)
>> [m,f,w]=bode(W)
>> w=logspace(-2,3,500);
Per averlo, invece, a spaziatura lineare con passo di 0.1 rad/s basterebbe usare
l’operatore : nel seguente modo30
30
La notazione esponenziale xey equivale a x10y .
190 Capitolo 4. Analisi dei sistemi nel dominio della frequenza
>> w=1e-2;0.1:1e3;
4.9 Esercizi
Esercizio 4.2 Dato il circuito in Fig. 4.21 con R = 100 kΩ, progettare il valore di
capacità C in modo che un segnale di ingresso sinusoidale alla pulsazione di 100 rad/s
venga attenuato in uscita di 40 dB.
Esercizio 4.3 dato il sistema in Fig. 4.22 con RC = 1 s, determinare ω tale che
l’uscita del sistema risulti attenuata di 20 dB rispetto al segnale di ingresso u(t) =
20 cos(ωt).
Esercizio 4.4 Dato il sistema in Fig. 4.23, determinare il valore di k in modo che il
sistema abbia una banda a −3 dB pari ad 1 Hz. Come varia la banda al crescere di
k? E il guadagno statico?
4.9. Esercizi 191
R
- C
u(t) + y(t)
R y(t)
- 2
u(t) + s+4
Esercizio 4.5 Dato il sistema meccanico dell’Esempio. 1.3 con k = 1000 N/m, de-
terminare i valori di M e β in modo che il sistema abbia una frequenza di risonanza
pari a 100 Hz e un coefficiente di smorzamento pari a 0.2.
Esercizio 4.6 Dato il sistema in Fig. 4.24 con u(t) = A sin(ω0 t) e a = 2, determinare
il valore di p > 0 tale che l’uscita del sistema sia identicamente nulla ∀A. Rispondere
allo stesso quesito nel caso a = 0.5.
Esercizio 4.7 Determinare la risposta nell’uscita del sistema in Fig. 4.25, ai segnali
di ingresso u1 (t) = 5 e u2 (t) = sin(5t).
16s − 4 100
G3 (s) = , G4 (s) =
s2 + 55s + 250 (s − 1)(s2+ 10s + 25)
192 Capitolo 4. Analisi dei sistemi nel dominio della frequenza
replacemen kR
R y(t)
- 1
u(t) + s+1
u(t)
1 + + 2s + 2 y(t)
s + p2
2
s+a
-
Esercizio 4.9 Determinare la banda passante a −3 dB del sistema con f.d.t. G3 (s)
definita nell’Esempio 4.8.
Esercizio 4.10 Con l’ausilio dei diagrammi di Bode determinare in modo approssima-
to la risposta nell’uscita del sistema in Fig. 4.26, ai segnali di ingresso u1 (t) = sin(t)
e u2 (t) = 100 cos(200t + π/3).
4.9. Esercizi 193
u2 (t)
u1 (t) 1 + y(t)
+ +
s+3
+
s+3
−
s+6
u1 (t)
+ 400 y(t)
s2 + 20s + 400
u2 (t) +
[1] A. Balestrino, G. Celentano, Teoria dei Sistemi, vol. III, Liguori, Napoli,
1982.
[2] P. Bolzern, R. Scattolini, N. Schiavoni, Fondamenti di Controlli Automatici,
McGraw-Hill, Milano, 1998.
[3] A. Cavallo, R. Setola, F. Vasca, La nuova guida a Matlab, Simulink e Control
Toolbox, Liguori, Napoli, 2002.
[4] S. Chiaverini, F. Caccavale, L. Villani, L. Sciavicco, Fondamenti di Sistemi
Dinamici, McGraw-Hill, Milano, 2003.
[5] M. Codegone, Metodi Matematici per l’Ingegneria, Zanichelli, Bologna, 1995.
[6] O. I. Elgerd, Control System Theory, Mc Graw-Hill, New York, 1967.
[7] E. Fornasini, G. Marchesini, Appunti di Teoria dei Sistemi, Edizioni Libreria
Progetto, Padova, 1992.
[8] G. F. Franklin, J. D. Powell, A. Emami-Neaini, Feedback Control of Dynamic
Systems, Addison Wesley, Reading, MA, 1986.
[9] G. F. Franklin, J. D. Powell, Digital Control of Dynamic Systems, Addison
Wesley, Reading, MA, 1980.
[10] R. Guidorzi, Teoria dei Sistemi: Esercizi e Applicazioni, Zanichelli, Bologna,
1991.
[11] T. Kailath, Linear Systems, Prentice-Hall, Englewood Cliffs, N.J., 1980.
[12] G. Marro, Controlli Automatici, Zanichelli, Bologna, 1984.
195
APPENDICE A
Numeri complessi
a = Re(z)
b = Im(z)
197
198 Appendice A. Numeri complessi
Im(z)
b z
ρ
θ
0 a Re(z)
e quelle inverse
p
|z| = a2 + b2 (A.3)
cos θ = a/ρ (A.4)
sin θ = b/ρ (A.5)
1
A rigori il piano di Gauss comprende anche il punto all’infinito, vedi, ad esempio, [5].
A.4. Forma esponenziale di un numero complesso 199
|z1 z2 | = 1
arg(z1 z2 ) = arg(z1 ) + arg(z2 ) (A.12)
cioè il modulo del loro prodotto è ancora 1, mentre l’argomento è la somma degli
argomenti. Questo comportamento somiglia al comportamento di un esponenziale
reale ex , x ∈ R, infatti ex1 ex2 = ex1 +x2 .
In base a tale analogia è possibile rappresentare i numeri complessi di modulo
unitario nella forma esponenziale
ejω − e−jω
sin ω = (A.21)
2j
jω
e + e−jω
cos ω = (A.22)
2
che si ottengono facilmente dalla (A.13) sommandole e sottraendole la sua coniu-
gata.
APPENDICE B
201
202 Appendice B. Elementi di algebra delle matrici
Il prodotto di una matrice per uno scalare dà una matrice i cui elementi sono
quelli della matrice di partenza moltiplicati per lo scalare: se B = kA,
bij = kaij
Infine la differenza fra due matrici è definita come la somma della prima e delle
seconda moltiplicata per lo scalare −1: C = A − B ⇒ cij = aij − bij .
Ricordiamo che la somma gode delle proprietà commutativa e associativa:
A+B = B+A
(A + B) + C = A + (B + C)
B.3. Prodotto di matrici 203
B.4 Trasposizione
Se A è una matrice m × n la sua trasposta B, indicata con il simbolo B = AT è la
matrice che si ottiene scambiando le righe e le colonne della matrice di partenza
bij = aji .
Una matrice si dice simmetrica se A = AT , antisimmetrica se A = −AT . Una
matrice quadrata (n × n) è sempre decomponibile in una parte simmetrica (A +
AT )/2 e una antisimmetrica (A − AT )/2. Proprietà della trasposta sono
(AB)T = B T AT
(ABC)T = C T B T AT
(A + B)T = AT + B T (B.3)
B.5 Determinante
Il determinante di una matrice A n × n, indicato conPi simboli |A| o det(A) è
uno scalare definito dall’espansione di Laplace |A| = nj=1 aij γij , ∀i = 1, . . . , n.
γij è detto cofattore, γij = −1i+j |M |ij e Mij , detto minore della matrice data,
è la matrice che si estrae da quella di partenza eliminando la riga i–esima e la
colonna j–esima. In questo modo il determinante di una matrice di ordine n è
definito tramite n determinanti di ordine n − 1 che a loro volta saranno definiti
con determinanti di ordine n−2 e cosı̀ via. La trasposta della matrice dei cofattori
prende il nome di matrice aggiunta:
adj(A) = {γij }T .
204 Appendice B. Elementi di algebra delle matrici
Una matrice il cui determinante sia nullo è detta singolare, altrimenti è non
singolare.
Proprietà del determinante. Se una riga (o una colonna) di una matrice
è moltiplicata per uno scalare α, allora il determinante è α |A|, quindi
|αA| = αn |A|
B.6 Rango
Il rango di una matrice è il massimo numero di righe o colonne linearmente
indipendenti della matrice. In particolare, se una matrice ha rango r, allora
tutte le possibili sottomatrici (r + 1) × (r + 1) estraibili dalla matrice data hanno
determinante nullo.
B.7 Inversa
Sia A una matrice n×n non singolare; allora la sua inversa, indicata con il simbolo
A−1 esiste ed è definita come
adj(A)
A−1 =
|A|
e gode della proprietà
A−1 A = AA−1 = In ,
dove In è la matrice identità di ordine n.
Valgono le proprietà
(AB)−1 = B −1 A−1
se entrambe le matrici sono invertibili, e inoltre
dove tr(A) indica la traccia della matrice, cioè la somma degli elementi sulla
diagonale principale; inoltre
n
Y
λi = |A|
i=1
quindi una matrice è singolare se e solo se ha almeno un autovalore nullo.
Λ = U −1 AU
2. Derivata.
Sia data una matrice A(t) funzione di uno scalare t; allora la sua derivata
rispetto a t è definita elemento per elemento:
dA daij (t)
=
dt dt
3. Integrale.
Analogamente l’integrale è definito elemento per elemento:
Z Z
A(t)dt = aij (t)dt
4. Matrice Jacobiana.
Sia dato una funzione vettoriale di un vettore, f (x); allora la matrice
jacobiana si definisce come
( )
df ∂fi
=
dx ∂xj
APPENDICE C
F (s) f (t)
1
1(t) (gradino unitario in t = 0)
s
1
t (rampa unitaria in t = 0)
s2
1 tn
sn+1 n!
1 −sT
e 1(t − T ) (gradino unitario in t = T )
s
1
1 − e−sT 1(t) − 1(t − T ) (finestra di durata T )
s
207
208 Appendice C. Tabella di trasformate di Laplace
F (s) f (t)
1
e−at
s+a
1 tn −at
e
(s + a)n+1 n!
ω
sin ωt
s2 + ω2
s
cos ωt
s2 + ω2
2ωs
t sin ωt
(s2 + ω 2 )2
s2 − ω 2
t cos ωt
(s2 + ω 2 )2
s sin φ + ω cos φ
sin(ωt + φ)
s2 + ω 2
ω
e−at sin ωt
(s + a)2 + ω 2
s+a
e−at cos ωt
(s + a)2 + ω 2
q
1 1 −ζωn t
p e sin ω n 1 − ζ 2t
s + 2ζωn s + ωn2
2
ωn 1 − ζ2
1 1
(1 − cos ωt)
s(s2 + ω2) ω2
APPENDICE D
Tabella di trasformate Z
F (z) f (k)
z
1(k) (gradino unitario in k = 0)
z−1
z
k (rampa unitaria in k = 0)
(z − 1)2
z(z + 1)
k2 (parabola unitaria in k = 0)
(z − 1)3
z
rk
z−r
zr
kr k
(z − r)2
209
210 Appendice D. Tabella di trasformate Z
F (z) f (k)
z(1 − r)
1 − rk
(z − 1)(z − r)
z sin a
sin ak
z2 − (2 cos a)z + 1
z(z − cos a)
cos ak
z2 − (2 cos a)z + 1
z(z − r cos b)
r k cos bk
z2 − 2r(cos b)z + r 2
zr sin b
r k sin bk
z2 − 2r(cos b)z + r 2
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