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Gabriele Balducci
2 POTENZIOMETRIA 77
2.1 Elettrodi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77
2.2 Il potenziale elettrodico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
2.2.1 Il caso di due o piu’ coppie redox . . . . . . . . . . . . . . 86
2.3 La legge di Nernst . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89
2.4 Potenziali standard e costante di equilibrio . . . . . . . . . . . . 92
2.4.1 Costanti di equilibrio per reazioni redox . . . . . . . . . . 93
2.4.2 Costanti di equilibrio per reazioni non redox . . . . . . . . 96
1
2.4.3 Il potenziale standard misura la tendenza alla riduzione . 98
2.5 Misura dei potenziali elettrodici ed elettrodi di riferimento . . . . 100
2.6 Il potenziale di giunto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107
2.7 Elettrodo a vetro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112
2.8 La potenziometria come tecnica analitica . . . . . . . . . . . . . 116
2.8.1 Potenziometria diretta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116
2.8.2 Elettrodi combinati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119
2.8.3 Titolazioni potenziometriche . . . . . . . . . . . . . . . . 121
2.8.4 Analisi delle curve di titolazione . . . . . . . . . . . . . . 125
2
Capitolo 1
IL TRATTAMENTO
“RIGOROSO”
DELL’EQUILIBRIO
3
tenete ben presente che un trattamento veramente rigoroso dell’equilibrio chi-
mico non puo’ prescindere dal considerare l’attivita’, e non la concentrazione
formale delle varie specie chimiche coinvolte. Cio’ rende le cose notevolmente
piu’ complesse di quanto possano sembrare in questa sede.
Cio’ premesso, e quindi chiarito bene il limite di tutto quanto seguira’, spe-
ro che il metodo che verra’ introdotto vi lasci una sensazione di certezza e
concretezza riguardo l’analisi di un sistema chimico di equilibrio.
aA + bB = cC + dD (1.1)
c d
[C] [D]
K = a b
(1.2)
[A] [B]
8
[Br− ] Cr2 O72− [H + ]
K = 2 (1.3)
BrO3− [Cr3+ ]
4
Per la dissoluzione del cloruro d’argento in acqua:
AgCl(s) = Ag + + Cl−
+ −
K = Ag Cl (1.4)
si avra’:
Hg 2+ PN2 O2
K = 2 4
(1.5)
N O3− [H + ]
La concentrazione del mercurio metallico (un liquido puro) e’ stata omessa; per
il biossido di azoto (un gas) e’ stata usata la pressione parziale invece della
concentrazione molare; infine, la concentrazione dell’acqua (il solvente) e’ stata
omessa.
K = PCO2 (1.6)
5
1.3 Due concentrazioni di equilibrio da trovare:
il bilancio di massa basato sulla stechiome-
tria
9. Passiamo a un caso leggermente piu’ complicato, che servira’ per introdurre
un ingrediente fondamentale dei calcoli di equilibrio noto come “bilancio di
massa”.
Consideriamo l’autoionizzazione dell’acqua:
H2 O = H + + OH −
KW = H+ OH − (1.7)
+
H = OH − (1.8)
KW = H+ OH − (legge dell’azione di massa)
+ −
H = OH (bilancio di massa)
12. In questo caso semplicissimo, il sistema puo’ essere risolto facilmente per
via analitica. Sostituendo la seconda equazione nella prima:
6
2
KW = H+
+ p
H = KW
= 1.0 × 10−7
−
+
OH = H
= 1.0 × 10−7
Un altro esempio
2
K = PCO PCO2 (1.9)
16. Assumiamo, per semplicita’, di partire dai soli reagenti, cioe’ al momento
in cui la reazione inizia ad avvenire, l’ambiente di reazione contiene solo ossido
di zinco e carbone. Inoltre, sempre per semplicita’, assumiamo che i due rea-
genti siano presenti in eccesso rispetto alla quantita’ che se ne consuma fino al
raggiungimento dell’equilibrio.
17. Come nel caso precedente, fino a questo punto abbiamo una relazione (la
legge dell’azione di massa) e due incognite (le pressioni parziali di equilibrio):
ci serve dunque una seconda relazione (indipendente dalla prima) fra le due
incognite.
7
Questa seconda relazione si ottiene come visto nel caso precedente applican-
do il bilancio di massa: siccome monossido di carbonio e biossido di carbonio
non sono inizialmente presenti e vengono prodotti in rapporto 2 : 1 da un unico
processo, ne segue che i numeri di moli di queste due sostanze devono stare in
tale rapporto in qualsiasi momento della reazione, dall’istante iniziale fino al
raggiungimento dell’equilibrio. In particolare, cio’ deve valere anche all’equili-
brio. Quindi, detto nCO il numero di moli di monossido di carbonio e nCO2 il
numero di moli di biossido di carbonio all’equilibrio, dovra’ essere:
nCO = 2nCO2
nCO RT 2nCO2 RT
= 2
V V
PCO = 2PCO2 (1.11)
che e’ la seconda relazione (indipendente dalla legge dell’azione di massa) cer-
cata.
Abbiamo cosi’ ottenuto anche in questo caso un sistema di 2 equazioni in 2
incognite:
2
K = PCO PCO2
PCO = 2PCO2
18. Anche questa volta il sistema puo’ essere risolto facilmente per via analitica.
Sostituendo la seconda equazione nella prima:
2
K = (2PCO2 ) PCO2
2
= 4PCO P
2 CO2
3
= 4PCO 2
3 K
PCO =
2
4
31
K
PCO2 =
4
Infine, sostituendo l’espressione ora trovata per PCO2 nella seconda equazio-
ne del sistema:
PCO = 2PCO2
13
K
= 2
4
8
(Ricordate che K e’ nota).
19. Come gia’ detto, la cosa importante da capire non e’ la soluzione analitica
del sistema (vedrete che nella maggior parte dei casi i sistemi a cui si giunge nei
problemi di equilibrio NON sono risolvibili per via analitica), ma il fatto che,
sfruttando il bilancio di massa, si ottiene una relazione che, unitamente a quella
della legge dell’azione di massa, consente di scrivere un sistema di equazioni che
risolve in modo rigoroso il problema di equilibrio.
2N O2(g) = N2 O4(g)
Supponendo nota la costante di equilibrio K per la reazione, calcolare le
pressioni parziali PN O2 e PN2 O4 dei due ossidi di azoto all’equilibrio.
22. Come nel caso della sezione precedente, le incognite da trovare sono due.
La legge dell’azione di massa fornisce una prima relazione:
PN2 O4
K = (1.12)
PN2 O2
Ci serve una seconda relazione. Anche in questo caso utilizziamo il bilancio
di massa.
23. Indichiamo con n◦N O2 il numero di moli iniziale di biossido di azoto, con
nN O2 e nN2 O4 il numero di moli di biossido di azoto e tetraossido di diazoto,
rispettivamente, all’equilibrio.
Il punto centrale da realizzare e’ che la massa si conserva, cioe’ non puo’ ne’
sparire, ne scaturire dal nulla.
Una parte del monossido di azoto presente inizialmente si trasforma in
tetraossido di diazoto. Quindi si puo’ ben dire quanto segue:
9
Quindi:
ovvero:
n◦N O2 = nN O2 + 2nN2 O4
RT RT RT
n◦N O2 = nN O2 + 2nN2 O4
V V V
PN◦ O2 = PN O2 + 2PN2 O4
PN2 O4
K = (legge dell’azione di massa)
PN2 O2
PN◦ O2 = PN O2 + 2PN2 O4 (bilancio di massa)
26. Anche in questo caso il sistema puo’ essere risolto per via analitica. Rica-
vando PN2 O4 dalla prima equazione e sostituendo nella seconda si ha:
PN2 O4 = KPN2 O2
PN◦ O2 = PN O2 + 2KPN2 O2
2KPN2 O2 + PN O2 − PN◦ O2 = 0
p
−1 + 1 + 8KPN◦ O2
PN O2 =
4K
(Nella soluzione dell’equazione quadratica si prende solo la soluzione col segno
positivo per ovvi motivi: quali?)
Infine, sostituendo a ritroso:
PN2 O4 = KPN2 O2
p !2
−1 + 1 + 8KPN◦ O2
= K
4K
10
27. Al di la’ della soluzione analitica di questo problema, la cosa importante
da realizzare e’ che anche in questo caso il principio di conservazione della mas-
sa (il bilancio di massa) consente di scrivere una relazione indipendente fra le
incognite da trovare che, assieme all’espressione della legge dell’azione di mas-
sa, costituisce un sistema di equazioni tramite il quale il problema puo’ essere
risolto in modo rigoroso.
28. Riassumiamo quanto visto per il bilancio di massa:
• Il bilancio di massa e’ una diretta conseguenza del principio di conser-
vazione della massa: in pratica, in una reazione chimica, gli atomi non
possono ne’ sparire ne’ generarsi dal nulla.
• Se non e’ nota alcuna quantita’ iniziale, una (o piu’) relazioni di bilancio
di massa fra le concentrazioni (o pressioni parziali) di equilibrio possono
essere scritte basandosi sulla stechiometria della(e) reazione(i)
• Se si conosce la quantita’ iniziale di uno o piu’ reagenti, si possono scrivere
altrettanti bilanci di massa, ciascuno dei quali esprime la conservazione
della quantita’ di quel dato reagente.
K1
A + 2B = C + 3D
K2
2X + 3B = 5Y + Z
11
Come vedete, la specie B partecipa ad entrambe le reazioni. Quando il
sistema raggiunge l’equilibrio, entrambe le reazioni sono all’equilibrio e le due
espressioni della legge dell’azione di massa valgono contemporaneamente:
[C] [D]3
K1 = 2
[A] [B]
5
[Y ] [Z]
K2 = 2 3
[X] [B]
K1 = 1.5
K2 = 2.5
◦
CA = 1.0 mol/L
◦
CB = 1.0 mol/L
◦
CC = 0.0 mol/L
◦
CD = 0.0 mol/L
◦
CX = 1.0 mol/L
CY◦ = 0.0 mol/L
CZ◦ = 0.0 mol/L
in 7 incognite: due equazioni sono le leggi dell’azione di massa e poi ci sono 5 bilanci di massa
basati sulla stechiometria delle due reazioni e sulle quantita’ iniziali dei reagenti: sapreste
scrivere il sistema completo? Provateci, non e’ difficile; altrimenti guardate come si fa alla
sezione 1.12.9. Il sistema deve poi essere risolto per via numerica.
12
[X] = 0.749 mol/L
[Y ] = 0.629 mol/L
[Z] = 0.126 mol/L
Notate come le due espressioni della legge dell’azione di massa sono entrambe
verificate (provate a fare il calcolo con la vostra calcolatrice):
0.208 × 0.6243
1.5 =
0.792 × 0.2072
0.6295 × 0.126
2.5 =
0.7492 × 0.2073
HA = H + + A−
Tuttavia, questa non e’ l’unica reazione indipendente che avviene nella so-
luzione. Infatti, bisogna considerare anche l’autoionizzazione dell’acqua:
H2 O = H + + OH −
13
A− + H2 O = AH + OH −
H + + A− = HA
H2 O = H + + OH −
−
A + H2 O = AH + OH −
Quindi solo due qualsiasi delle tre reazioni su scritte sono indipendenti; in
altre parole, delle tre reazioni considerate, dobbiamo prenderne due soltanto:
la scelta e’ completamente arbitraria, visto che ciascuna delle tre reazioni puo’
essere espressa come combinazione delle altre due (provateci).
38. Scegliamo come reazioni indipendenti la ionizzazione acida e l’autoionizza-
zione dell’acqua. Le incognite da trovare (cioe’ le concentrazioni di equilibrio)
sono 4:
[HA]
[A− ]
[H + ]
[OH − ]
(naturalmente, assumiamo di essere in soluzione diluita in modo che la concen-
trazione dell’acqua sia identica a quella dello stato di riferimento (acqua pura)
e quindi non compaia nelle leggi dell’azione di massa)
39. Avendo 4 incognite da trovare ci servono 4 equazioni indipendenti che le
leghino.
Due equazioni ci vengono fornite dall’espressione delle leggi dell’azione di
massa per le due reazioni:
[A− ] [H + ]
KA =
[HA]
+
KW = H OH −
Una terza equazione proviene dal bilancio di massa per l’acido debole. La
◦
quantita’ iniziale di acido debole introdotta in soluzione (CHA ) si ripartisce fra
−
le specie HA e A , quindi deve essere in ogni istante, compreso lo stato di
equilibrio:
◦
CHA = [HA] + A−
14
di ioni idrogeno sia in ogni istante uguale alla somma delle concentrazioni di
ioni ossidrile e A− . In definitiva:
H+ = OH − + A−
40. Con il bilancio di carica il problema e’ risolto: siamo arrivati ad un sistema
di 4 equazioni in 4 incognite:
[A− ] [H + ]
KA = (1.13)
[HA]
+
KW = H OH − (1.14)
◦
CHA = [HA] + A− (1.15)
+
H = OH − + A− (1.16)
41. Da questo punto in poi il problema diventa puramente algebrico.
E’ istruttivo vedere come si potrebbe risolvere il sistema ottenuto.
Ricaviamo [A− ] dalla 1.16 ed esprimiamo [OH − ] in funzione di [H + ] sfrut-
tando la 1.14:
A− = H + − OH −
KW
= H+ −
[H + ]
◦
[HA] = CHA − A−
◦
+ KW
= CHA − H −
[H + ]
[A− ] [H + ]
KA =
[HA]
KW
[H + ] − [H +] [H + ]
KA =
◦ KW
CHA − [H + ] − [H +]
2
[H + ] − Kw
KA =
◦ KW
CHA − [H + ] − [H +]
3
[H + ] − Kw [H + ]
KA =
◦ [H + ] − [H + ]2 − K
CHA W
15
+ 3 + 2
H − Kw H + − KA CHA
◦
H + KA H + − KW = 0
+ 3 2
H + KA H + − H + (KA CHA
◦
+ KW ) − KA KW = 0
Come detto, per scrivere l’equazione del bilancio di carica bisogna fare
l’appello di tutte le cariche positive e negative, e uguagliare i due conteggi:
H + + Ag + + 3 Al3+ + 2 M g 2+ = OH − + Cl− + 2 SO42−
+ HS − + 2 S 2− + 3 P O43−
44. Notate come per gli ioni polivalenti la concentrazione e’ stata moltiplicata
per la carica dello ione, come abbiamo sottolineato al punto 42.
16
al tempo stesso semplice (per lo meno nell’impostazione del sistema di equazioni
risolvente).
46. Scrivere il sistema di equazioni per la risoluzione esatta del problema e’
quasi sempre molto semplice; invece, la risoluzione analitica del sistema non
e’ quasi mai possibile: bisogna cioe’ ricorrere a metodi numerici (ma cio’ oggi
non costituisce un problema, vista la disponibilita’ dei computer).
47. Vediamo di fissare il procedimento con cui si affronta un problema di equi-
librio per punti:
• o avete sbagliato qualcosa voi (le equazioni non sono tutte indipendenti,
avete dimenticato qualche bilancio di massa etc.)
• oppure il problema era mal posto (mancava qualche costante di equilibrio,
qualche concentrazione iniziale etc.)
17
non partecipano ad un altro gruppo. In questo caso, il problema puo’ essere sud-
diviso in due (o piu’) sottoproblemi, ciascuno risolvibile in modo indipendente
dagli altri.
50. Rientrano in questa categoria moltissimi problemi relativi ad equilibri di
solubilita’ in acqua.
Ad esempio, consideriamo l’equilibrio di solubilita’ del cloruro di argento in
acqua.
L’equazione che descrive il processo di solubilizzazione del cloruro d’argento
in acqua e’:
AgCl(s) = Ag + + Cl−
La corrispondente espressione della legge dell’azione di massa e’:
KSP = Ag + Cl−
51. Tuttavia, siccome siamo in soluzione acquosa, c’e’ sicuramente un’altra
reazione indipendente rappresentata da:
H2 O = H + + OH −
la cui espressione della legge dell’azione di massa e’:
KW = H+ OH −
52. In totale, le concentrazioni di equilibrio da trovare sono 4:
[Ag + ]
[Cl− ]
[H + ]
[OH − ]
Oltre alle due espressioni della legge dell’azione di massa su scritte, ci sono
i due bilanci di massa determinati dalla stechiometria dei due processi:
−
Ag + = Cl
+
H = OH −
Come gia’ detto in generale, arriviamo ad un sistema di 4 equazioni nelle 4
incognite:
+ −
KSP = Ag Cl
+
KW = H OH −
−
Ag + = Cl
+
H = OH −
(Notate che il bilancio di carica, in questo caso, non costituisce un’equazione
indipendente poiche’ e’ ottenuto sommando le due equazioni del bilancio di
massa:
18
+
Ag = Cl−
+
H = OH −
+ +
H + Ag = OH − + Cl−
)
53. Ora, se osservate il sistema di equazioni ottenuto, e’ facile rendersi conto
che le incognite [Ag + ] e [Cl− ] compaiono solo nella prima e nella terza equa-
zione, mentre le incognite [H + ] e [OH − ] solo nella seconda e nella quarta. In
altri termini, [Ag + ] e [Cl− ] possono essere trovate indipendentemente da [H + ]
e [OH − ], sfruttando solo la prima e la terza equazione (2 equazioni per 2 inco-
gnite); l’analogo vale per [H + ] e [OH − ], che possono essere trovate utilizzando
solamente la seconda e la quarta equazione.
54. In definitiva, il problema originario puo’ essere ripartito nei due seguenti
sottoproblemi indipendenti:
KSP = Ag + Cl−
+
Ag = Cl−
KW = H+ OH −
+ −
H = OH
AgCl(s) = Ag + + Cl−
H2 O = H + + OH −
sono disaccoppiate.
In generale, ci si puo’ rendere conto molto facilmente se due reazioni so-
no disaccoppiate: condizione sufficiente e’ che nessun partecipante alla prima
compaia nella seconda e viceversa.
19
57. Vediamo un caso semplicissimo in cui bilancio di carica e di massa sempli-
cemente coincidono.
Consideriamo il caso gia’ visto dell’autoionizzazione dell’acqua:
H2 O = H + + OH −
Questo e’ un problema di due incognite e quindi servono due equazioni.
Naturalmente, la prima e’:
KW = H+ OH −
H+ = OH −
E il bilancio di carica? E’ banale rendersi conto che consiste in:
H+ = OH −
cioe’ la stessa equazione ottenuta col bilancio di massa.
58. Come vedete, il trattamento quantitativo dell’equilibrio e’ assolutamente
“ben definito”: non troverete mai equazioni che “avanzano” o equazioni che
“mancano”. Se il problema e’ ben posto e se non commettete errori, alla fine
arriverete sempre ad un sistema che contiene un numero di equazioni uguale al
numero di incognite: ne’ piu’, ne’ meno.
HA = H + + A−
−
A + H2 O = AH + OH −
H2 O = H + + OH −
Come abbiamo gia’ detto nella sezione 1.5.2, tuttavia, solo 2 delle tre equa-
zioni sono indipendenti: qualsiasi delle 3 puo’ essere espressa come somma delle
altre due, previo eventuale cambiamento del verso.
Verifichiamolo.
Per l’autoionizzazione dell’acqua:
20
HA = H + + A−
A− + H2 O = AH + OH −
H2 O = H + + OH −
H2 O = H + + OH −
H + + A− = HA (inversa della ionizzazione acida)
A− + H2 O = AH + OH −
H2 O = H + + OH −
AH + OH − = A− + H2 O (inversa della ionizzazione basica)
HA = H + + A−
61. Tutto cio’ trova il perfetto parallelo a livello delle espressioni della legge
dell’azione di massa: cioe’, delle tre equazioni matematiche che esprimono la
legge dell’azione di massa per le tre reazioni, solo 2 sono indipendenti. In termini
matematici, questo vuol dire che se 2 equazioni sono soddisfatte, la terza lo
e’ automaticamente, e quindi non costituisce alcun vincolo addizionale per le
incognite da trovare.
Parallelamente alle combinazioni delle equazioni chimiche si avranno le se-
guenti possibilita’.
Per l’autoionizzazione dell’acqua, moltiplicando membro a membro (ricor-
date che la costante di ionizzazione basica della base coniugata e’ data da
KW /KA ):
[A− ] [H + ]
KA =
[HA]
KW [HA] [OH − ]
=
KA [A− ]
+
KW = H OH −
KW = H+ OH −
[A− ] [H + ]
KA =
[HA]
KW [HA] [OH − ]
=
KA [A− ]
21
Per la ionizzazione acida di HA, ancora dividendo membro a membro:
KW = H+ OH −
KW [HA] [OH − ]
=
KA [A− ]
[A ] [H + ]
−
KA =
[HA]
1.
[A− ] [H + ]
KA =
[HA]
KW [HA] [OH − ]
=
KA [A− ]
◦
CHA = [HA] + A− (bilancio massa)
+
H = OH − + A− (bilancio carica)
2.
[A− ] [H + ]
KA =
[HA]
+
KW = H OH −
◦
CHA = [HA] + A− (bilancio massa)
+
H = OH − + A− (bilancio carica)
3.
+
KW = H OH −
KW [HA] [OH − ]
=
KA [A− ]
◦
CHA = [HA] + A− (bilancio massa)
+
H = OH − + A− (bilancio carica)
22
1.10 Piu’ di una equazione di bilancio di massa
63. Come gia’ accennato, mentre il bilancio di carica, esprimendo l’elettroneu-
tralita’ della soluzione, e’ unico, i bilanci di massa possono produrre piu’ di
un’equazione indipendente.
64. Il seguente esempio illustra questo aspetto.
Consideriamo una soluzione acquosa in cui viene introdotta una concentra-
◦
zione formale CHA dell’acido debole HA (costante KA ) e una concentrazione
◦
formale CB della base debole B (costante KB ).
Ricaviamo il sistema di equazioni risolvente.
E’ facile verificare che le equazioni chimiche indipendenti sono 3. Ad esempio,
possiamo prendere le seguenti:
HA = H + + A−
HA + B = BH + + A−
H2 O = H + + OH −
[A− ] [H + ]
KA =
[HA]
KA KB [A− ] [BH + ]
=
KW [HA] [B]
KW = H + OH −
◦
CHA = [HA] + A−
◦
CB = [B] + BH +
23
Infine, la sesta equazione e’ il bilancio di carica per l’intera soluzione:
+
H + BH + = OH − + A−
H2 O = H+ +OH −
t=0 0 0
[A− ] [H + ]
KA =
[HA]
+
KW = H OH −
◦
CHA = [HA] + A−
+
H = OH − + A−
24
H2 O = H+ +OH −
◦
CHA
t=0 2 0
Ora ci poniamo la seguente domanda: quale sara’ il sistema risolvente per
questo nuovo problema?
La differenza rispetto a prima sta solo nelle concentrazioni iniziali, quindi le
due espressioni della legge dell’azione di massa e il bilancio di carica restano
immutati.
Il nuovo bilancio di massa si ottiene ragionando nel modo seguente. A t = 0
si ha una certa concentrazione della specie HA e della specie A− . Durante
il raggiungimento dell’equilibrio, queste due specie si interconvertono (a priori,
non sappiamo chi si converte in chi, ne’ quanto di chi si converte in chi); tuttavia,
e questo e’ un punto che vi prego di farvi estremamente chiaro, possiamo ben
dire che la concentrazione totale della specie A, sia sottoforma di HA che
sottoforma di ione A− , deve restare costante in ogni istante. Allora, all’inizio
la concentrazione totale di specie A e’:
◦
CHA C◦
+ HA = [HA] + A−
2 2
◦
CHA = [HA] + A−
HA = H+ +A− HA = H+ +A−
◦ ◦ ◦
◦ CHA CHA CHA
t = 0 CHA 0 0 t=0 2 2 2
=⇒
H2 O = H+ +OH − H2 O = H+ +OH −
◦
t=0 0 0 CHA
t=0 2 0
25
Ebbene, abbiamo appena verificato che, da queste due diverse condizioni
iniziali si deve necessariamente arrivare a concentrazioni di equilibrio identiche.
Per dirla ancora in un altro modo: risolvere il primo problema oppure il
secondo e’ del tutto equivalente (per quanto riguarda la questione di trovare le
concentrazioni di equilibrio).
69. Estendiamo ora quanto appena visto in modo un po’ piu’ generale.
Sempre partendo dalle concentrazioni iniziali del punto 66, ricaviamo delle
nuove condizioni iniziali facendo reagire idealmente una frazione generica f di
acido debole. Chiaramente, se una frazione f di HA reagisce, dalla stechiometria
◦
della reazione si vede che si formera’ una concentrazione pari a f CHA sia di
+ −
ioni H che di ioni A ; la concentrazione di HA rimasto sara’ invece pari a
◦
(1 − f ) CHA . Le nuove condizioni iniziali saranno rappresentate da:
HA = H+ +A−
◦ ◦ ◦
t=0 (1 − f ) CHA f CHA f CHA
H2 O = H+ +OH −
◦
t=0 f CHA 0
Ora si puo’ ripetere il ragionamento di prima. Le espressioni della legge
dell’azione di massa restano immutate, e cosi’ pure il bilancio di carica.
Per il bilancio di massa, si ha:
conc. iniziale di
+ conc. iniziale di A− = [HA] + [A− ]
HA
◦ ◦
(1 − f ) CHA + f CHA = [HA] + [A− ]
◦
CHA = [HA] + [A− ]
e quindi otteniamo di nuovo la stessa equazione per il bilancio di massa.
Il sistema e’ identico e identica deve pertanto essere la soluzione.
70. Abbiamo cosi’ verificato che per risolvere il problema di equilibrio:
HA = H+ +A−
◦
t=0 CHA 0 0
H2 O = H+ +OH −
t=0 0 0
siamo liberi di modificare arbitrariamente le condizioni iniziali nel modo piu’
sopra descritto: abbiamo la garanzia che la soluzione sara’ sempre la stessa.
71. Notate che “modificare arbitrariamente le condizioni iniziali” non significa
che si puo’ fare cio’ che si vuole: come mostrato prima, la modifica deve consi-
stere nello spostamento arbitrario di una reazione verso destra o verso sinistra
nel rispetto della stechiometria e della conservazione della massa. Solo
cosi’, infatti, l’equazione del bilancio di massa e quindi l’intero sistema risolvente
rimangono invariati.
72. La proprieta’ ora introdotta con l’esempio considerato e’ di carattere com-
pletamente generale.
26
In qualsiasi problema di equilibrio le condizioni iniziali (cioe’ le con-
centrazioni iniziali di non equilibrio delle specie partecipanti) posso-
no essere modificate arbitrariamente con il procedimento visto
senza che cio’ modifichi in alcun modo le concentrazioni finali di
equilibrio.
73. Per quanto strana possa sembrarvi questa proprieta’, qui introdotta in modo
abbastanza formale, la avete certamente gia’ utilizzata senza troppe giustifica-
zioni.
74. Ad esempio, se dovete calcolare il pH di una soluzione contenente un’u-
gual concentrazione iniziale pari a C ◦ di un acido debole HA e di N aOH, il
ragionamento che siete abituati a fare e’ molto probabilmente il seguente.
HA +OH − = A− +H2 O
t=0 C◦ C◦ 0
H2 O = H+ +OH −
t=0 0 C◦
Da queste condizioni iniziali, voi ne costruite altre, equivalenti a quelle date,
facendo procedere la reazione di neutralizzazione completamente verso destra:
HA +OH − = A− +H2 O
t=0 0 0 C◦
H2 O = H+ +OH −
t=0 0 0
e ragionate sulla seconda versione del problema, ottenendo, per quanto discus-
so in questa sezione, lo stesso risultato che avreste ottenuto considerando le
condizioni iniziali date.
75. A conclusione di questa sezione vorrei sottolineare il fatto che la costruzione
di condizioni iniziali equivalenti viene spesso sfruttata per offrire un ragiona-
mento piu’ semplice, ma ha il risvolto negativo di allontanare dalla chimica che
effettivamente ha luogo in un sistema.
Tanto per restare nell’esempio della neutralizzazione dell’acido debole con
la base forte, lo scenario chimico reale non e’ che tutto l’acido prima reagisce
e poi, in un secondo tempo, la base coniugata riforma parzialmente l’acido
di partenza (uso le frecce per mettere meglio in evidenza quanto detto):
27
HA + OH − −→ A− + H2 O
→
A− + H2 O ←− AH + OH −
HA + OH − = A− + H2 O
1.12 Esempi
Concludiamo questa parte con una serie di esempi che mettono in evidenza
l’applicazione del procedimento per punti visto alla sezione 1.6.
B + H2 O = BH + + OH −
H2 O = H + + OH −
BH + = B + H+
28
2. Trovare le reazioni indipendenti.
E’ facile rendersi conto che delle tre reazioni rappresentate sopra, solo due
sono indipendenti. Ad esempio, la ionizzazione acida di BH + si ottiene
sommando l’autoionizzazione dell’acqua con l’inversa della ionizzazione
basica:
H2 O = H + + OH −
+ −
BH + OH = B + H2 O
BH + = B + H+
[BH + ] [OH − ]
KB =
[B]
+
KW = H OH −
◦
CB = [B] + BH +
H + + BH + = OH −
[BH + ] [OH − ]
KB =
[B]
+
KW = H OH −
◦
CB = [B] + BH +
+ +
H + BH = OH −
29
1.12.2 Solubilizzazione del fluoruro di calcio: I
77. Scrivere il sistema risolvente per la saturazione di una soluzione acquosa
con CaF2 .
78. Con questo esempio e il seguente mettiamo in evidenza come il trattamento
di un sistema chimico di equilibrio dipenda prima di tutto dalle conoscenze
chimiche di cui si dispone.
79. Supponiamo dapprima di ignorare che lo ione fluoruro ha caratteristiche
basiche non trascurabili. Sotto queste ipotesi, l’unica reazione da considerare
e’:
CaF2(s) = Ca2+ + 2F −
− 2
KSP = Ca2+ F
2 Ca2+ = F−
e abbiamo finito.
(Notate che il bilancio di massa su scritto coincide con il bilancio di carica)
KSP
CaF2(s) = Ca2+ + 2F −
KF −
F − + H2 O = HF + OH −
KW
H2 O = H + + OH −
30
2
KSP = Ca2+ F−
[HF ] [OH − ]
KF − =
[F − ]
+
KW = H OH −
Attenzione al bilancio di massa. Non possiamo dire, come nel caso preceden-
te, che la concentrazione di equilibrio di ioni fluoruro e’ il doppio di quella degli
ioni calcio, perche’ una frazione degli ioni fluoruro si e’ trasformata in acido
fluoridrico a causa della ionizzazione basica (che prima ignoravamo). Quindi:
2 Ca2+ 6= F −
(in particolare, sara’: 2 Ca2+ > [F − ], per il motivo appena detto)
Pero’ possiamo dire che il rapporto 1 : 2 deve valere fra la concentrazione di
ioni calcio e la concentrazione di tutta la specie F , sia essa sotto forma di ione
F − che sottoforma di HF . Cioe’:
2 Ca2+ = F − + [HF ]
H + + 2 Ca2+ = OH − + F −
In definitiva:
2
KSP = Ca2+ F−
[HF ] [OH − ]
KF − =
[F − ]
+
KW = H OH −
2+ −
2 Ca = F + [HF ]
+ 2+
H + 2 Ca = OH − + F −
31
1.12.4 Solubilizzazione del solfuro di zinco
82. Scrivere il sistema di equazioni da cui si possono calcolare le concentrazioni
di equilibrio di tutte le specie che si formano in una soluzione saturata con ZnS.
Considerare che:
• lo ione solfuro e’ una base debole diprotica
• lo ione zinco puo’ dare idrolisi acida per stadi successivi fino a formare lo
ione tetraidrossozincato: Zn (OH)2− 4
KSP
ZnS(s) = Zn2+ + S 2−
KS 2−
S 2− + H2 O = HS − + OH −
KHS −
HS − + H2 O = H2 S + OH −
K1
Zn2+ + H2 O = ZnOH + + H +
K2
ZnOH + + H2 O = Zn (OH)2(aq) + H +
K3 −
Zn (OH)2(aq) + H2 O = Zn (OH)3 + H +
− K4 2−
Zn (OH)3 + H2 O = Zn (OH)4 + H +
KW
H2 O = H + + OH −
84. Notate che:
• la specie Zn (OH)2(aq) scritta sopra non e’ idrossido di zinco solido, ma
uno ione zinco(II) coordinato da due leganti OH − in soluzione
• quelle scritte sopra sono tutte e sole le reazioni indipendenti. Qualsiasi
altra, ad esempio la ionizzazione acida dell’acido solfidrico: H2 S = HS − +
H + , e’ combinazione di quelle gia’ scritte. Convincetevene.
Le incognite da trovare sono 10:
2+
Zn
2−
S
[HS − ]
[H2 S]
[ZnOH + ]
h i
Zn (OH)2(aq)
h i
−
Zn (OH)3
h i
2−
Zn (OH)4
[H + ]
[OH − ]
32
e quindi servono 10 equazioni indipendenti.
8 equazioni sono fornite dalle espressioni della legge dell’azione di massa per
le 8 reazioni su scritte.
Per il bilancio di massa, analogamente all’esempio precedente, non possiamo
dire che:
2+
Zn = S 2− (1.17)
perche’ sia gli ioni zinco che gli ioni solfuro vengono in parte consumati dalle
reazioni su scritte.
Pero’ possiamo dire che la concentrazione di tutta la specie Zn, sottoforma
di tutte le specie chimiche che la contengono, deve essere uguale alla concen-
trazione di tutta la specie S, sottoforma di tutte le specie chimiche che la
contengono; cioe’:
h i
Zn2+ + ZnOH + + Zn (OH)2(aq)
h i h i
− 2−
+ Zn (OH)3 + Zn (OH)4 = S 2− + HS − + [H2 S]
h i h
2−
i
H + + 2 Zn2+ + ZnOH + = OH − + Zn (OH)− 3 + 2 Zn (OH)4
+2 S 2− + HS −
2+ 2−
KSP = Zn S
[HS − ] [OH − ]
KS 2− =
[S 2− ]
[H2 S] [OH − ]
KHS − =
[HS − ]
[ZnOH + ] [H + ]
K1 =
[Zn2+ ]
h i
Zn (OH)2(aq) [H + ]
K2 =
[ZnOH + ]
h i
−
Zn (OH)3 [H + ]
K3 = h i
Zn (OH)2(aq)
h i
Zn (OH)2−4 [H + ]
K4 = h i
−
Zn (OH)3
+
KW = H OH −
h i
2+ +
Zn + ZnOH + Zn (OH)2(aq)
33
h i h i 2−
− 2−
+ Zn (OH)3 + Zn (OH)4 = S + HS − + [H2 S]
+ 2+ h i h
2−
i
H + 2 Zn + ZnOH + = OH − + Zn (OH)− 3 + 2 Zn (OH)4
+2 S 2− + HS −
H2 A = H + + HA−
HA −
= H + + A2−
H2 O = H + + OH −
Verificate che tutte le altre reazioni che si possono pensare sono ottenibi-
li come combinazione di queste (ad esempio, la ionizzazione basica di AH − :
AH − + H2 O = H2 A + OH − , e cosi’ via).
Le incognite da trovare sono 5:
[H2 A]
−
[HA
2− ]
A
[H + ]
[OH − ]
◦
CH 2A
= [H2 A] + HA− + A2−
H+ OH − + HA− + 2 A2−
=
(Notate il fattore 2 che moltiplica A2− )
In definitiva:
34
[HA− ] [H + ]
K1 =
[H2 A]
2− +
A [H ]
K2 =
[HA− ]
+
KW = H OH −
◦
CH 2A
= [H2 A] + HA− + A2−
+
H = OH − + HA− + 2 A2−
H3 A = H + + H2 A−
H2 A− = H + + HA2−
HA2− = H + + A3−
H2 O = H + + OH −
Per favore, rendetevi ben conto che avremmo potuto scegliere come reazioni
indipendenti anche le seguenti:
H3 A = H + + H2 A−
H2 A− + H2 O = H3 A + OH −
HA2− + H2 O = H2 A− + OH −
A3− + H2 O = HA2− + OH −
35
Per il bilancio di massa il ragionamento e’ il seguente. Non possiamo con-
servare ogni singola concentrazione iniziale, perche’ ciascuna specie di partenza
H3 A, N aH2 A, N a2 HA e N a3 A si ripartisce fra tutte le specie chimiche con-
tenenti il frammento A in soluzione. Pero’ possiamo ben dire che la somma di
tutte le concentrazioni iniziali delle specie contenenti il frammento A si conserva;
cioe’:
◦
CH 3A
◦
+ CN ◦ ◦
aH2 A + CN a2 HA + CN a3 A = [H3 A] + H2 A− + HA2− + A3−
H + + N a+ = OH − + H2 A− + 2 HA2− + 3 A3−
◦
CN ◦ ◦
aH2 A + 2CN a2 HA + 3CN a3 A = N a+
(non dovrebbero esserci dubbi sul significato dell’equazione su scritta)
Quindi, l’equazione del bilancio di carica assume la forma:
H + + CN
◦ ◦ ◦
aH2 A + 2CN a2 HA + 3CN a3 A = OH − + H2 A− + 2 HA2− + 3 A3−
[H2 A− ] [H + ]
K1 =
[H3 A]
HA2− [H + ]
K2 =
[H2 A− ]
3− +
A [H ]
K3 = 2−
H
+ A
KW = H OH −
◦
CH A + CN◦
aH2 A
◦ ◦
+ CN a2 HA + CN a3 A = [H3 A] + H2 A− + HA2− + A3−
+
3
H + ◦
CN aH2 A +
◦
2CN ◦
a2 HA + 3CN a3 A = OH − + H2 A− + 2 HA2− + 3 A3−
36
1.12.7 Soluzione tampone
88. Scrivere il sistema di equazioni da cui si possono calcolare le concentrazioni
di equilibrio di tutte le specie presenti in una soluzione tampone preparata
◦ ◦
sciogliendo in acqua concentrazioni formali CHA e CN aA dell’acido debole HA
e del suo sale sodico N aA. La costante di ionizzazione acida di HA e’ KA .
Questo problema non presenta nulla di nuovo rispetto a quelli gia’ visti.
Ci sono solo 2 reazioni indipendenti. Possiamo scegliere quelle rappresentate
da:
HA = H + + A−
H2 O = H + + OH −
◦ ◦
CHA + CN aA = [HA] + A−
e quello di carica:
H + + CN
◦
aA = OH − + A−
◦ +
dove CN aA e’ la concentrazione degli ioni N a , assumendo, come e’ lecito
assumere, che la ionizzazione del sale N aA sia completa
In definitiva:
[A− ] [H + ]
KA =
[HA]
+
KW = H OH −
◦ ◦
CHA + CN aA = [HA] + A−
+ ◦
H + CN aA = OH − + A−
37
sale completamente solubile M (N O3 )3 (M 3+ e’ un generico ione metallico
trivalente).
Le costanti di ionizzazione acida dell’acido debole sono, rispettivamente, K1
e K2 .
Il dianione dell’acido debole reagisce con lo ione metallico trivalente per dare
un complesso di stechiometria (1 : 1):
M 3+ + L2− = M L+
H2 L = H + + HL−
HL− = H + + L2−
M 3+ + L2− = M L+
H2 O = H + + OH −
A voi verificare che queste sono tutte e sole le reazioni indipendenti: qualsiasi
altra reazione e’ esprimibile come combinazione di queste.
Le incognite da trovare sono 7:
[H2 L]
−
[HL
2− ]
L 3+
M
[M L+ ]
[H + ]
[OH − ]
N O3− ◦
= 3CM(N O3 ) 3
◦
CH 2L
= [H2 L] + HL− + L2− + M L+
38
e una per il frammento M :
3+
◦
CM(N O3 ) = M + M L+
3
H + + 3 M 3+ + M L+ = ◦
OH − + 3CM(N O3 ) + HL
−
+ 2 L2−
3
◦
(il termine 3CM(N O3 )3 rappresenta la concentrazione di carica negativa dovuta
agli ioni nitrato, come detto prima).
Il sistema finale e’ dunque:
[HL− ] [H + ]
K1 =
[H2 L]
2− +
L [H ]
K2 =
[HL− ]
[M L+ ]
K =
[M 3+ ] [L2− ]
+
KW = H OH −
◦
CH 2L
= [H2 L] + HL− + L2− + M L+
3+
◦
CM(N O3 )3= M + M L+
+
3+ +
H +3 M + ML = OH − + 3CM(N ◦
O3 )3 + HL
−
+ 2 L2−
K1
A + 2B = C + 3D
K2
2X + 3B = 5Y + Z
◦
Supponiamo di conoscere le concentrazioni iniziali di tutti i reagenti: CA ,
◦ ◦
CB e CX .
39
Obiettivo: ricavare il sistema di equazioni risolvente.
Le incognite da trovare sono 7:
[A]
[B]
[C]
[D]
[X]
[Y ]
[Z]
[D] = 3 [C]
[Y ] = 5 [Z]
concentrazione di A concentrazione di C
=
consumata prodotta
40
concentrazione
concentrazione ini- concentrazione di C
− di A rimasta =
ziale di A all’equilibrio
all’equilibrio
◦
CA − [A] = [C]
concentrazione di X concentrazione di Z
= 2×
consumata prodotta
concentrazione
concentrazione ini- concentrazione di Z
− di X rimasta = 2×
ziale di X all’equilibrio
all’equilibrio
◦
CX − [X] = 2 [Z]
concentrazione di C
consumo totale di B = 2×
prodotta
concentrazione di Z
+3 ×
prodotta
= 2 [C] + 3 [Z]
41
Infine, resta da osservare che la concentrazione totale di B consumata in en-
trambe le reazioni e’ semplicemente uguale alla differenza fra la concentrazione
iniziale di B e la concentrazione di B rimasta all’equilibrio. Quindi:
◦
CB − [B] = 2 [C] + 3 [Z]
[C] [D]3
K1 = 2
[A] [B]
5
[Y ] [Z]
K2 = 2 3
[X] [B]
[D] = 3 [C]
[Y ] = 5 [Z]
◦
CA − [A] = [C]
◦
CX − [X] = 2 [Z]
◦
CB − [B] = 2 [C] + 3 [Z]
Come gia’ osservato, tenete presente che le equazioni per il bilancio di mas-
sa su scritte non sono le uniche possibili, ma sono fra loro indipendenti. Ad
esempio, al posto della:
◦
CA − [A] = [C]
◦ 1
CA − [A] = [D]
3
42
92. Questo metodo, tuttavia, ha lo svantaggio, a cui abbiamo gia’ accennato,
che molto raramente il sistema di equazioni a cui si arriva e’ risolvibile per via
analitica: praticamente sempre bisogna ricorrere ad una soluzione numerica, il
che vuol dire che bisogna conoscere un algoritmo per la soluzione numerica di
sistemi non lineari e programmare questo algoritmo in un computer. Tutto cio’
non sempre e’ facile o agevole.
93. In questa e nelle sezioni seguenti introdurremo un metodo approssimato per
trattare i problemi di equilibrio.
Lapalissianamente, un metodo approssimato non e’ rigoroso, e questo rap-
presenta il suo svantaggio.
Tuttavia, il metodo che introdurremo ha l’enorme vantaggio di consentire il
trattamento di un problema di equilibrio in modo estremamente veloce e senza
alcun bisogno di ricorrere a metodi numerici: cio’ che serve e’ semplicemente un
foglio di carta e una matita.
A questo va aggiunto che le approssimazioni del metodo introducono degli
errori che generalmente sono trascurabili per tutti gli scopi usuali.
H3 C C1
11
O H
43
O O
H3 C C1 = H3 C C1 + H+
11 1
O H O−
[A− ] [H + ]
KA =
[HA]
+
KW = H OH −
◦
CHA = [HA] + A−
+
H = OH − + A−
KA 1.8 × 10−5
=
KW 1.0 × 10−14
= 1.8 × 109
[A− ] [H + ]
KA =
[HA]
◦
CHA = [HA] + A− (1.18)
+ −
H = A (1.19)
99. Vedete che il bilancio di massa per la concentrazione totale del frammento
A e’ rimasta invariata, mentre il bilancio di carica afferma ora che le concen-
trazioni di equilibrio degli ioni idronio e degli ioni acetato sono uguali; questo
44
e’ perfettamente in accordo con l’ipotesi fatta: se trascuriamo l’autoprotolisi
dell’acqua, non ci sono ioni OH − da considerare e gli ioni idrogeno e acetato si
formano solo dall’equilibrio di ionizzazione dell’acido acetico; le loro concentra-
zioni rimangono in ogni istante nel rapporto stechiometrico di 1 : 1 (questo non
sarebbe vero se si considerasse anche l’autoionizzazione dell’acqua, perche’ in
tal caso gli ioni acetato si formerebbero solo dall’acido acetico, mentre gli ioni
idronio si formerebbero sia dall’acido acetico che dall’acqua).
Notate che il bilancio di carica e’ diventato identico (sotto l’ipotesi fatta) al
bilancio di massa per le specie H + e A− derivante dalla stechiometria dell’unica
reazione che le produce.
L’approssimazione dell’equilibrio prevalente ha semplificato il problema ori-
ginario da un problema di 4 equazioni in 4 incognite ad un problema di solo
3 equazioni in 3 incognite. Anche la soluzione del sistema diventa molto piu’
semplice. La terza equazione esprime [A− ] in funzione di [H + ]. Sostituendo la
terza equazione nella seconda ed isolando [HA] si ottiene:
[HA] = ◦
CHA − H+
Sostituendo le espressioni per [A− ] e [HA] cosi’ trovate nella prima equazione
e riordinando si arriva facilmente a:
2
H+ + KA H + − KA CHA
◦
= 0
che e’ un’equazione di secondo grado, risolvibile con carta e matita (se ritornate
alla soluzione rigorosa della sezione 1.5.2 vedrete che in quel caso l’equazione
finale era di terzo grado).
45
la concentrazione (o pressione parziale) di un partecipante alla reazione
e’ nulla allora la reazione evolvera’ necessariamente nel verso che porta
alla sua formazione. Se nessuna concentrazione iniziale e’ nulla, si deve
valutare il quoziente di reazione e confrontarlo con la costante di equilibrio.
Oppure, sfruttando la proprieta’ discussa alla sezione 1.11, a partire dalle
condizioni iniziali date si possono costruire nuove condizioni iniziali in cui
una o piu’ concentrazioni iniziali siano nulle e quindi il verso della reazione
sia inequivocabile.
4. Ora scegliete un’incognita: potrebbe essere la concentrazione di un com-
ponente all’equilibrio oppure la quantita’ di un componente che viene con-
sumata o prodotta per il raggiungimento dello stato di equilibrio. Siete
completamente liberi nella scelta dell’incognita
5. A questo punto utilizzate la stechiometria della reazione per esprimere
tutte le concentrazioni di equilibrio in funzione dell’incognita che avete
scelto; riportate tali concentrazioni su una riga successiva, contraddistinta
da t = ∞ (questa notazione sta ad indicare che e’ trascorso tutto il tempo
necessario al raggiungimento dell’equilibrio)
6. Se un partecipante alla reazione e’ un solido o un liquido puro, oppure e’ il
solvente di una soluzione diluita, non serve considerarlo, poiche’ esso non
entra nella legge dell’azione di massa (punto 6)
HA = H + + A−
46
2. Scriviamo la riga delle condizioni iniziali:
HA = H+ +A−
◦
t=0 CHA 0 0
HA = H+ +A−
◦
t=0 CHA 0 0
◦
t = ∞ CHA −x x x
6. Nella reazione in esame non ci sono partecipanti che siano solidi o liquidi
puri.
7. Ora inseriamo le espressioni trovate per le concentrazioni di equilibrio nella
legge dell’azione di massa:
[H + ] [A− ]
KA =
[HA]
xx
= ◦
CHA − x
Riordiniamo:
47
x2
KA = ◦
CHA −x
◦
KA (CHA − x) = x2
◦
KA CHA − KA x = x2
x2 + KA x − KA CHA
◦
= 0
p
−KA ± 2 + 4K C ◦
KA A HA
x =
2
p
−KA + 2 + 4K C ◦
KA A HA
x =
2 q
2
−1.8 × 10−5 + (1.8 × 10−5 ) + 4 × 1.8 × 10−5 × 0.1
=
2
= 1.33 × 10−3 mol/L
9. Non resta che sostituire a ritroso per trovare le altre concentrazioni di equi-
librio. La concentrazione di equilibrio degli ioni A− e’ banalmente uguale
al valore numerico appena trovato. Per la concentrazione di equilibrio
dell’acido acetico indissociato si avra’:
◦
[HA] = CHA −x
= 0.1 − 1.33 × 10−3
= 9.867 × 10−2 mol/L
48
Condizioni iniziali
105. Al punto 102 (punto 2 della procedura generale) abbiamo sottolineato
l’importanza di capire bene cosa significa “condizioni iniziali” di un sistema di
equilibrio. Lo ripetiamo in questa sezione e cerchiamo di chiarirlo ulteriormente
con un esempio.
L’istante t = 0 a cui tutte le reazioni di un sistema chimico iniziano ad avve-
nire (in tale istante, in generale, il sistema NON e’ all’equilibrio) va interpretato
nel modo seguente: tutti i componenti del sistema chimico sono stati messi a
contatto e il sistema e’ omogeneo, ma nessuna reazione e’ ancora iniziata.
Il concetto non e’ puramente teorico, ma ha delle implicazioni “concrete”
sull’impostazione dei calcoli. Per esemplificare, consideriamo il caso in cui un
volume VA◦ di una soluzione contenente il reagente A in concentrazione formale
◦
CA viene mescolato con un volume VB◦ di una soluzione contenente il reagente
◦
B in concentrazione formale CB .
A e B reagiscono secondo la seguente equazione:
A+B = C
◦ ◦
∗ CA VA
CA =
VA + VB◦
◦
◦ ◦
∗ CB VB
CB =
VA◦ + VB◦
A +B = C
◦
CA VA◦ CB◦
VB◦
t=0 VA◦ +VB◦ VA◦ +VB◦ 0
◦
CA VA◦ CB◦
VB◦
t=∞ VA◦ +VB◦ −x VA◦ +VB◦ −x x
49
HA = H+ +A−
◦
t = 0 CHA 0 0
t=∞ x ? ?
HA = H+ +A−
◦
t = 0 CHA 0 0
◦ ◦
t=∞ x CHA − x CHA −x
[H + ] [A− ]
KA =
[HA]
◦ ◦
(CHA − x) (CHA − x)
=
x
(CHA ◦
− x)2
=
x
◦ 2
KA x = (CHA − x)
KA x = C ◦ 2HA + x2 − 2CHA
◦
x
x2 − x (2CHA
◦
+ KA ) + C ◦ 2HA = 0
q
2
◦
2CHA + KA ± ◦
(2CHA + KA ) − 4C ◦ 2HA
x =
2
In questo caso, delle 2 possibili soluzioni, quella corrispondente al segno po-
sitivo davanti al radicale va scartata. Infatti il valore numerico di x sarebbe
◦
maggiore di CHA e cio’ ovviamente non puo’ essere perche’ x e’ la concentra-
zione di equilibrio dell’acido indissociato e quindi deve essere minore del suo
valore iniziale!
Quindi:
q
◦
2CHA + KA − ◦
(2CHA + KA )2 − 4C ◦ 2HA
x =
2 q
2 × 0.1 + 1.8 × 10−5 − (2 × 0.1 + 1.8 × 10−5 )2 − 4 × 0.12
=
2
−2
= 9.867 × 10 mol/L
50
che coincide col risultato trovato in precedenza con l’altra scelta dell’incognita.
Naturalmente, per la concentrazione comune degli ioni H + e A− , si avra’:
+ − ◦
H = A = CHA −x
= 0.1 − 9.87 × 10−2
= 1.33 × 10−3 mol/L
51
ioni idrogeno e degli ioni acetato. Gli ioni ossidrile non partecipano alla reazione
di ionizzazione acida dell’acido acetico e quindi non sono stati considerati.
Tuttavia, sfruttando l’approssimazione dell’equilibrio prevalente, ci siamo
ricavati un valore (approssimato) per la concentrazione di equilibrio degli ioni
H +.
Ora: alla sezione 1.5.1 si era visto che quando un sistema, per quanto com-
plesso, raggiunge lo stato di equilibrio, tutte le reazioni sono all’equilibrio e
per ciascuna vale la legge dell’azione di massa. Nel caso presente, cio’ significa
che, all’equilibrio, la legge dell’azione di massa per l’autoionizzazione dell’acqua
deve essere valida (anche se abbiamo ignorato questa reazione nell’ambito del-
l’approssimazione dell’equilibrio prevalente). In buona sostanza, possiamo dire
che deve valere la seguente relazione:
KW = H+ OH −
KW
OH − =
[H + ]
1.0 × 10−14
=
1.33 × 10−3
= 7.52 × 10−12 mol/L
−
H+ = A
52
Cio’ e’ equivalente ad assumere che tutti gli ioni idrogeno della soluzione
provengano solo dalla ionizzazione dell’acido acetico, mentre quelli provenienti
dall’autoionizzazione dell’acqua siano in quantita’ trascurabile.
Per ovvi motivi stechiometrici, la concentrazione di ioni OH − e’ anche nu-
mericamente uguale alla concentrazione di quella parte degli ioni H + che pro-
vengono dall’autoionizzazione dell’acqua. Quindi siamo ora in grado di valu-
tare quantitativamente la validita’ dell’approssimazione di aver trascurato la
concentrazione degli ioni idrogeno provenienti dall’autoionizzazione dell’acqua:
53
x2
KA = ◦
CHA −x
◦
KA (CHA − x) = x2
◦
KA CHA − KA x = x2
x2 + KA x − KA CHA
◦
= 0
p
−KA ± 2 + 4K C ◦
KA A HA
x =
p 2
2 + 4K C ◦
−KA + KA A HA
x =
2 q
−1.8 × 10−5 + (1.8 × 10−5 )2 + 4 × 1.8 × 10−5 × 1.0 × 10−7
=
2
−8
= 9.95 × 10 mol/L
KW
OH − =
[H + ]
1.0 × 10−14
=
9.95 × 10−8
= 1.01 × 10−7 mol/L
+
H da acqua = 1.01 × 10−7 > H + da acido acetico = 9.95 × 10−8
54
K → 0
K → ∞
KA
= 1.8 × 109
KW
e cio’ consente di applicare l’approssimazione dell’equilibrio prevalente.
Tuttavia, se e’ vero che la costante di ionizzazione KA e’ grande rispetto al-
la costante KW , il suo valore numerico “assoluto” e’ pur sempre molto piccolo:
1.8 × 10−5 (≈ un centomillesimo). Cio’ significa che la reazione di ionizzazio-
ne acida dell’acido acetico e’ comunque molto poco spostata verso destra (pur
rimanendo molto piu’ spostata verso destra della reazione di autoionizzazione
dell’acqua). Cio’ consente di applicare l’approssimazione K → 0 che stiamo
trattando.
In conclusione: sono molti i casi in cui una costante e’ molto piu’ grande
delle altre (→ equilibrio prevalente), ma il suo valore numerico rimane comunque
piccolo (K → 0).
Ovviamente, il caso in cui una costante di equilibrio contemporaneamente sia
molto maggiore delle altre e abbia un valore numerico molto grande in assoluto
non pone alcun problema di “paradosso”: sia l’approssimazione dell’equilibrio
prevalente che l’approssimazione K → ∞ sono applicabili “senza riserve”.
55
Il caso K → 0
120. Riprendiamo il problema della ionizzazione dell’acido acetico (concentra-
◦
zione iniziale: CHA = 0.1 mol/L, KA = 1.8 × 10−5 ).
Abbiamo gia’ visto che l’approssimazione dell’equilibrio prevalente e il me-
todo della tabella portano a:
HA = H+ +A−
◦
t=0 CHA 0 0
◦
t = ∞ CHA −x x x
◦ ◦
CHA −x ≈ CHA
HA = H+ +A−
◦
t = 0 CHA 0 0
◦
t = ∞ CHA x x
x2
KA = ◦
CHA
x2 = ◦
CHA KA
p
x = ◦
CHA KA
p
= 0.1 × 1.8 × 10−5
= 1.34 × 10−3 mol/L
121. Confrontate questo valore con il valore ottenuto applicando solo l’appros-
simazione dell’equilibrio prevalente (punto 103): i due valori differiscono solo di
una unita’ sulla terza cifra significativa. Il valore piu’ approssimato differisce
per meno dell’1% dal valore meno approssimato:
1.34 × 10−3 − 1.33 × 10−3
100 × = 0.75 %
1.33 × 10−3
Cio’ e’ ampiamente accettabile per tutti gli scopi comuni.
122. Facciamo alcune considerazioni:
56
• Analogamente a quanto visto al punto 110, possiamo inserire il valore ap-
prossimato ottenuto per la concentrazione di equilibrio degli ioni H + nella
legge dell’azione di massa per l’autoionizzazione dell’acqua per trovare la
concentrazione di equilibrio degli ioni OH − :
H2 O = H + + OH −
KW = H + OH −
KW
OH − =
[H + ]
1.0 × 10−14
=
1.34 × 10−3
= 7.46 × 10−12 mol/L
da confrontare col valore 7.52 × 10−12 mol/L trovato con la sola appros-
simazione dell’equilibrio prevalente (punto 110). I due valori differiscono
per meno dell’1%:
7.46 × 10−12 − 7.52 × 10−12
100 × = −0.80%
7.52 × 10−12
1.34 × 10−3
= 1.34 × 10−2
0.1
x2
KA = ◦
CHA
x2 = C ◦ KA
pHA
x = C ◦ KA
p HA
= 1.0 × 10−4 × 1.8 × 10−5
= 4.24 × 10−5 mol/L
57
◦
In questo caso x e’ solo circa la meta’ di CHA , il che rende inapplicabile
l’approssimazione.
4.24 × 10−5
= 0.4
1.0 × 10−4
Il caso K → ∞
123. Per illustrare questo caso non possiamo trattare la ionizzazione dell’acido
acetico perche’ la costante di ionizzazione KA non e’ certo un numero grande.
124. Consideriamo invece la neutralizzazione dell’acido acetico con idrossido
di sodio. L’idrossiodo di sodio e’ completamente ionizzato e la specie che
effettivamente reagisce con l’acido acetico e’ lo ione ossidrile:
HA + OH − = A− + H2 O
KA
K =
KW
(la reazione e’ l’inversa della ionizzazione basica dello ione acetato: K = 1/KB =
1/ (KW /KA ) = KA /KW ).
A causa del termine KW = 1.0 × 10−14 al denominatore, il valore della
costante e’ molto grande:
1.8 × 10−5
K =
1.0 × 10−14
= 1.8 × 109
E’ anche facile rendersi conto che in questo sistema di equilibrio ci sono solo
due reazioni indipendenti:
HA + OH − = A− + H2 O
H2 O = H + + OH −
K 1.8 × 109
=
KW 1.0 × 10−14
= 1.8 × 1023
58
◦ ◦
Indichiamo con CHA e COH − la concentrazione iniziale di acido acetico e
◦
CHA = 0.1 mol/L
◦
COH − = 0.08 mol/L
x
K = ◦ ◦
(CHA − x) COH − − x
Kx2 − x {K (CHA
◦ ◦
+ COH ◦ ◦
− ) + 1} + KCHA COH − = 0
q
◦ ◦ ◦ ◦ 2 ◦ C◦
K CHA + COH − + 1 ± K CHA + COH − +1 − 4K 2 CHA OH −
x =
2K
1 1.8 × 109 × (0.1 + 0.8) + 1
=
2 × 1.8 × 109
q
2 2
± {1.8 × 109 × (0.1 + 0.8) + 1} − 4 × (1.8 × 109 ) × 0.1 × 0.8
x1 = 0.0799999977777781 mol/L
x2 = 0.100000002777777 mol/L
(il motivo per cui riporto il risultato con cosi’ tante cifre apparira’ chiaro fra
breve)
Chiaramente, x2 va scartata. Infatti x e’ la concentrazione di equilibrio
degli ioni A− e quindi non puo’ essere maggiore della concentrazione iniziale
di acido acetico (non si possono formare piu’ ioni A− delle molecole di HA messe
inizialmente a reagire!).
Rimane quindi solo x1 . Possiamo quindi trovare tutte le concentrazioni di
equilibrio:
59
−
A = 0.0799999977777781 mol/l
≈ 0.080 mol/l
◦
[HA] = CHA − x1
= 0.1 − 0.08
= 0.02 mol/L
−
◦
OH = COH − − x1
= 0.08 − 0.0799999977777781
= 2.22 × 10−9 mol/L
H2 O = H + + OH −
+
KW = H OH −
+ KW
H =
[OH − ]
1.0 × 10−14
=
2.22 × 10−9
= 4.50 × 10−6 mol/L
HA +OH − = A− +H2 O
◦ ◦
t=0 CHA COH − 0
◦ ◦ ◦
t = ∞ CHA − COH − 0 COH −
◦ ◦
(naturalmente, se avessimo supposto CHA < COH − tutto sarebbe stato di con-
60
Vedete quindi che, praticamente senza fare calcoli, abbiamo trovato le con-
centrazioni di equilibrio (approssimate) di 2 delle 4 specie chimiche da determi-
nare:
◦ ◦
[HA] = CHA − COH −
= 0.1 − 0.08
= 0.02 mol/L
−
◦
A = COH −
= 0.08 mol/L
HA = H + + A−
[H + ] [A− ]
KA =
[HA]
[HA]
H+ = KA −
[A ]
◦ ◦
CHA − COH −
= KA ◦
COH −
0.1 − 0.08
= 1.8 × 10−5
0.08
= 4.50 × 10−6 mol/L
H2 O = H + + OH −
+
KW = H OH −
61
KW
OH − =
[H + ]
1.0 × 10−14
=
4.50 × 10−6
= 2.22 × 10−9 mol/L
2.22 × 10−9
= 2.78 × 10−8
0.08
◦
CHA = 1.0 × 10−7 mol/L
◦
COH − = 0.8 × 10−7 mol/L
62
Prima di tutto, vedete che le concentrazioni di equilibrio ”esatte” degli io-
ni H + e OH − sono confrontabili con quelle prodotte dall’autoionizzazione
dell’acqua, il che rende inapplicabile l’approssimazione dell’equilibrio pre-
valente: confrontate i valori della colonna “esatto” con quelli della colonna
“solo eq. prevalente”.
L’ulteriore approssimazione di assumere la reazione completa (K → ∞)
non cambia di molto la situazione (osservate, pero’ che, curiosamente, i
valori ottenuti con l’approssimazione dell’equilibrio prevalente PIU’ K →
∞ sono leggermente migliori: cio’ e’ probabilmente dovuto al fatto che
l’assunzione K → ∞ rende “un po’ meno ingiustificata” l’approssimazione
dell’equilibrio prevalente perche’, in pratica, considerando una costante di
equilibrio effettivamente infinita, rafforza la base stessa per l’assunzione
dell’equilibrio prevalente).
63
problema di equilibrio
??
??
??
??
??
??
??
??
??
??
?
trattamento (piu’) ap-
trattamento “rigoroso”
prossimato
• legge dell’azione
di massa
approssimazione dell’e-
• bilanci di massa quilibrio prevalente
• bilancio di carica
sistema di equazioni
non lineare (richie-
ulteriori semplificazioni
de quasi sempre un ??
approccio numerico) ??
??
??
??
??
??
??
??
??
??
?
K→0 K→∞
64
La capacita’ tamponante
130. Per capacita’ (o potere) tamponante di una soluzione si intende la mi-
sura di quanto efficacemente la soluzione e’ in grado di contrastare le variazioni
di pH provocate dall’aggiunta di un acido o una base forte.
131. La soluzione considerata non deve essere necessariamente una soluzione
tampone: come vedremo meglio fra poco, ad esempio, soluzioni con pH molto
alto o molto basso (tipicamente soluzioni contenenti acidi forti o basi forti in
elevata concentrazione) presentano un elevato potere tamponante.
132. In questa sezione definiremo in modo quantitativo la capacita’ tamponante
e vedremo da quali parametri sperimentali dipende la capacita’ tamponante di
una soluzione tampone.
133. Data una soluzione qualsiasi, se aggiungiamo ∆CB moli per litro di una
base forte e indichiamo con ∆pH la corrispondente variazione di pH osservata,
allora una misura della capacita’ tamponante β puo’ essere convenientemente
espressa con il rapporto:
∆CB
β =
∆pH
134. Il significato di β e’:
quanta base forte si deve aggiungere alla soluzione per provocare una
variazione unitaria di pH
∆CA
β = −
∆pH
Questo al solo scopo di avere una definizione che a maggiore potere tampo-
nante associ un numero maggiore.
Per chiarire meglio.
Se l’aggiunta di una concentrazione 0.15 mol/L di un acido forte alla so-
luzione S1 produce una variazione di pH pari a −0.94 e la stessa aggiunta di
acido forte alla soluzione S2 provoca una variazione di pH pari a −0.45, signi-
fica chiaramente che S1 ha un potere tamponante minore di S2 . Se pero’ non
introducessimo il segno meno nella definizione di β per il caso dell’aggiunta di
un acido, si avrebbe:
65
0.15
β1 =
−0.94
= −0.16
0.15
β2 =
−0.45
= −0.33
e quindi:
β1 > β2
cioe’ l’ordine dei valori di β sarebbe opposto all’ordine del potere tamponante
delle due soluzioni.
Viceversa, introducendo il segno negativo, si ha:
0.15
β1 = −
−0.94
= 0.16
0.15
β2 = −
−0.45
= 0.33
∆CB
β =
∆pH
∆CA
= −
∆pH
137. Se l’aggiunta di acido o base forte e la corrispondente variazione di pH
fossero legate da una relazione lineare, allora la definizione appena scritta sa-
rebbe sufficiente, perche’ darebbe sempre lo stesso risultato indipendentemente
dal valore dell’aggiunta.
Invece, la relazione fra variazione di pH e aggiunta di un acido o una base
forte alla soluzione, in generale, non e’ lineare (basta che pensiate solo al fat-
to che, a parita’ di aggiunta, la variazione di pH dipende prima di tutto dal
contenuto della soluzione!).
138. Per questo motivo e’ opportuno definire la capacita’ tamponante non in
termini di incrementi finiti, ma considerando incrementi infinitesimi. In altre
parole, la definizione piu’ opportuna di potere tamponante viene espressa con
una derivata:
66
∆CB dCB
β= lim =
∆pH→0 ∆pH dpH
∆CA dCA
β= lim − =−
∆pH→0 ∆pH dpH
139. Non fatevi intimorire: la situazione e’ identica a quella che sicuramente
avete gia’ incontrato quando avete definito la velocita’ v in un moto unidimen-
sionale. Se l’accelerazione e’ nulla, allora lo spazio percorso ∆s varia linearmente
con il tempo impiegato a percorrerlo ∆t e la velocita’ lineare (costante) puo’
essere definita come:
∆s
v =
∆t
[1] Adam Hulanicki. Reactions of acids and bases in Analytical Chemistry. PWN, Warszawa,
2nd edition, 1980.
67
E’ facile rendersi conto che ci sono solo due reazioni indipendenti. Fra tutte
le possibili, scegliamo le seguenti:
HA = A− + H +
H2 O = H + + OH −
[H + ] [A− ]
KA =
[HA]
+
KW = H OH −
CT = [HA] + A− (bilancio di massa per l’acido debole)
C + H+ = OH − + A− (bilancio di carica)
144. E’ importante osservare che il sistema appena scritto e’ valido sia per
l’aggiunta di una base forte, che per l’aggiunta di un acido forte. Nel secondo
caso, sara’ C < 0.
Infatti, le prime tre equazioni sono totalmente indipendenti dalla natura di
cio’ che viene aggiunto (cioe’ se si tratta di una base forte o di un acido forte).
L’unica equazione che dipende da cosa si aggiunge alla soluzione e’ la quarta.
Se si aggiunge una base forte, allora l’equazione per il bilancio di carica
e’ quella scritta sopra, con C = [BH + ], perche’ la base forte, per ipotesi, e’
completamente ionizzata e quindi, in questo caso, C e’ il contributo alla carica
positiva dovuto alla base forte completamente protonata (oppure al catione
metallico, se aggiungiamo un idrossido, come N aOH).
Se si aggiungesse un acido forte HX, invece, l’equazione per il bilancio di
carica sarebbe:
+
H = C + OH − + A−
C + H+ = OH − + A−
con C < 0.
In definitiva: il sistema di equazioni su scritto descrive sia il caso dell’ag-
giunta di una base forte quando C > 0, che quello dell’aggiunta di un acido
forte, quando C < 0.
68
145. Da quanto detto al punto precedente segue anche che, una volta ricavata
la relazione C = C (pH) nello scenario che stiamo considerando, la definizione
della capacita’ tamponante puo’ essere scritta sempre col segno positivo, visto
che nel caso dell’aggiunta di un acido forte si ha gia’ C < 0. Infatti, per il caso
dell’aggiunta di un acido forte, si avra’:
dC (pH) d
C (pH) < 0 ⇒ =− |C (pH)|
dpH dpH
che fornisce, come vogliamo, un risultato non negativo.
146. A questo punto possiamo ricavare la funzione C = C (pH). Dall’espressio-
ne della legge dell’azione di massa per la ionizzazione dell’acido debole ricaviamo
[HA]:
[H + ] [A− ]
[HA] =
KA
[H + ] [A− ] −
CT = + A
KA
−
[H + ]
A 1+ = CT
KA
− CT
A =
[H + ]
1+ KA
CT
A− =
KA +[H + ]
KA
CT KA
A− =
KA + [H + ]
C + H+ = OH − + A−
KW CT KA
C + H+ = +
[H + ] KA + [H + ]
KW CT KA
C = +
− H+ +
[H ] KA + [H + ]
69
La relazione cercata fra C e il pH si otterrebbe a questo punto semplicemente
sostituendo al posto della concentrazione degli ioni idrogeno (nel seguito indicata
con h per semplicita’) la sua espressione in termini di pH:
h = 10−pH
KW CT KA
C (h) = −h+
h KA + h
70
2.0
KW C T KA
C (h (pH)) = h(pH) − h (pH) + KA +h(pH)
1.5
h (pH) = 10−pH
1.0
C (h (pH))
0.5
-0.5
-1.0
0 2 4 6 8 10 12 14
pH
dC (h (pH))
β =
dpH
dC dh
=
dh dpH
Come detto, la relazione fra h e pH e’ ovviamente:
h = 10−pH
e quindi:
dh d
= 10−pH
dpH dpH
71
d f (x) d f (x)
10 = ln (10) × 10f (x) ×
dx dx
e quindi:
dh d
= 10−pH
dpH dpH
= ln (10) × 10−pH × (−1)
= − ln (10) × h
dC dC
β= = − ln (10) × h ×
dpH dh
Resta da fare la derivata di C rispetto ad h:
d KW CT KA
β = − ln (10) × h × −h+
dh h KA + h
!
KW CT KA
= − ln (10) × h × − 2 − 1 − 2
h (KA + h)
!
KW CT KA h
= ln (10) +h+
h (KA + h)2
72
2.5
2.0
KW C T KA h
1.5 β (h (pH)) = ln (10) +h+
β (h (pH))
h (KA +h)2
h (pH) = 10−pH
1.0
0.5
0.0
0 2 4 pKA 6 8 10 12 14
pH
9
H+ = C −
10 OH
da cui si vede che la concentrazione di ioni H + da aggiungere e’ diretta-
mente proporzionale alla concentrazione di ioni OH − presente in soluzio-
ne (ovviamente, si sarebbe potuto fare un discorso analogo se si avesse voluto
incrementare il pH di un’unita’ mediante aggiunta di una base forte).
Quanto appena detto ci consente di concludere che:
73
Come nel caso precedente, in queste condizioni la soluzione NON e’ una so-
luzione tampone nel senso da noi definito: e’ stata aggiunta una concentrazione
molto elevata di acido forte (ricordate che limh→∞ C (h) = −∞, punto 147, e
un valore di C negativo significa che e’ stato aggiunto un acido forte, punto 144)
e quindi la concentrazione di base debole A− e’ a tutti gli effetti nulla.
La capacita’ tamponante tende a infinito semplicemente perche’ la concen-
trazione di ioni H + tende ad infinito e quindi per far cambiare il pH di poco,
bisogna aggiungere molto acido forte o base forte.
In modo perfettamente parallelo a quanto detto nel caso precedente: se in
una soluzione acida concentrata la concentrazione di ioni H + e’ CH + e vogliamo
diminuire il pH di un’unita’, allora dobbiamo aumentare CH + di 10 volte, cioe’
dobbiamo aggiungere una concentrazione di acido forte (ioni H + ) pari a:
H+ = 9 CH +
Kw 1 × 10−14
=
h 1 × 10−5
= 1 × 10−9
h = 1 × 10−5
CT KA h 1.0 × 1 × 10−5 × 1 × 10−5
2 = 2
(KA + h) (1 × 10−5 + 1 × 10−5 )
= 0.25 = 2.5 × 10−1
CT KA h
β ∝ 2
(KA + h)
e studiarne il comportamento.
Intanto osserviamo che l’espressione semplificata di β tende ad annullarsi
per valori estremi di pH. Infatti si vede facilmente che:
74
CT KA h
lim = 0
h→±∞ (KA + h)2
KA
Ne segue che la funzione (semplificata) e quindi la capacita’ tamponante della
soluzione presenta un massimo per h = KA , ovvero per pH = pKA (figura 1.3).
Ma quando pH = pKA , dall’equazione di Henderson-Hasselbalch segue che
la concentrazione dell’acido debole e della sua base coniugata devono essere
uguali. Quindi in queste condizioni, diversamente dai due casi precedenti, la
soluzione e’ proprio una soluzione tampone nel senso che abbiamo definito.
Abbiamo cosi’ dimostrato la tesi che avevamo dichiarato al punto 140:
la capacita’ tamponante di una soluzione tampone e’ massima quan-
do l’acido debole e la sua base coniugata sono presenti in concentra-
zioni uguali
152. Inoltre possiamo osservare ancora la cosa seguente:
CT KA KA
β(h=KA ) ≈ 2
(KA + KA )
2
CT KA
=
(2KA )2
2
CT KA
= 2
4KA
CT
=
4
75
cioe’: la massima capacita’ tamponante di una soluzione tampone e’ diretta-
mente proporzionale alla somma delle concentrazioni dell’acido debole e della
sua base coniugata (CT ).
153. Da quanto visto in tutta questa sezione, possiamo concludere quanto
segue.
Una soluzione tampone sara’ tanto piu’ efficiente:
76
Capitolo 2
POTENZIOMETRIA
154. La potenziometria e’ una tecnica analitica che si basa sulla misura della
differenza di potenziale in una cella elettrochimica in condizioni di equili-
brio. Nel seguito vedremo come tale differenza di potenziale possa essere messa
in relazione con la concentrazione dell’analita di interesse. Specificheremo fra
breve cosa significhi “condizioni di equilibrio”: per il momento e’ sufficiente
dire che in una cella elettrochimica all’equilibrio non circola corrente elettrica.
Questo e’ essenziale: la circolazione di corrente elettrica sarebbe infatti inevi-
tabilmente accompagnata da reazioni elettrodiche, che farebbero variare la
concentrazione della specie al cui dosaggio si e’ interessati.
Per cominciare, svilupperemo alcuni concetti fondamentali che useremo in
seguito per la discussione degli aspetti piu’ propriamente analitici di questa
tecnica sperimentale.
2.1 Elettrodi
155. Per gli scopi presenti, possiamo definire elettrodo (o sistema elettrodi-
co o semicella) un sistema costituito da un conduttore elettronico in contatto
con un conduttore elettrolitico. I conduttori elettronici sono quelli in cui la cor-
rente elettrica e’ dovuta al movimento di elettroni: tipici conduttori elettronici
sono tutti i metalli. Nei conduttori elettrolitici, invece, la corrente elettrica e’
trasportata da ioni: l’esempio immediato e’ quello di una soluzione salina.
Nel seguito considereremo sempre sistemi elettrodici costituiti da un metallo
immerso in una soluzione che contiene una o piu’ specie ioniche.
Un aspetto fondamentale dei sistemi elettrodici e’ la presenza di una o piu’
coppie redox: una coppia redox e’ costituita da due specie chimiche che si
interconvertono per acquisto o perdita di elettroni.
Ad esempio, le due specie chimiche Cu2+ e Cu possono trasformarsi l’una
nell’altra per acquisto o perdita di due elettroni:
Cu2+ + 2e = Cu
77
di elettroni (lo ione Cu2+ nell’esempio) si chiama forma ossidata e la specie
piu’ ricca di elettroni (il rame metallico nel nostro esempio) si chiama forma
ridotta. Il processo in cui la forma ossidata acquista elettroni per trasformarsi
nella forma ridotta viene detto riduzione, mentre il processo inverso, nel quale
la forma ridotta perde elettroni per trasformarsi nella forma ossidata, viene detto
ossidazione. Una coppia redox si indica generalmente specificando la forma
ossidata e quella ridotta (in questo ordine), separate da un segno di frazione:
la coppia redox appena vista viene percio’ indicata con Cu2+ /Cu. La reazione
che interconverte i due membri di una coppia redox si chiama generalmente
semireazione redox (o reazione elettrodica). Una semireazione redox e’
sempre rappresentata da un’equazione del tipo:
riduzione
/
forma ossidata + elettroni = forma ridotta
o
ossidazione
Come si vede, una stessa specie puo’ far parte di piu’ di una coppia redox
(lo ione F e2+ e’ la forma ossidata della coppia F e2+ /F e e la forma ridotta
della coppia F e3+ /F e2+ ); inoltre, ad una semireazione possono partecipare altre
specie oltre ai due membri della coppia redox implicata (nella semireazione che
interconverte i due membri della coppia redox M nO4− /M n2+ compaiono anche
H2 O e H + ).
156. I piu’ comuni sistemi elettrodici possono essere classificati sulla base dello
stato di aggregazione della coppia redox che li caratterizza:
78
• Elettrodi in cui una o entrambe le forme della coppia redox si trovano
sotto forma di un sale insolubile. Un esempio di questo tipo e’ il cosiddetto
elettrodo ad AgCl/Ag (figura 2.1C), in cui la reazione elettrodica e’:
Come si vede, AgCl (la forma ossidata) e’ un sale insolubile, che si trova
depositato su un filo di Ag (la forma ridotta). Osserviamo comunque che
e’ necessaria la presenza di ioni Cl− in soluzione affinche’ la semireazione
elettrodica possa avvenire.
Un altro esempio di questo tipo di sistema elettrodico e’ l’elettrodo a
calomelano. “Calomelano” e’ il nome tradizionale del cloruro di mercurio
(I), Hg2 Cl2 , un sale poco solubile. La semireazione che caratterizza questo
elettrodo e’:
In questo caso, la forma ridotta della coppia redox (Hg), si trova allo stato
liquido. Da un punto di vista pratico, l’elettrodo a calomelano e’ costituito
da un filo di P t posto in intimo contatto con una pasta ottenuta amalga-
mando Hg2 Cl2(s) e Hg(l) , il tutto immerso in una soluzione contenente
ioni Cl− .
• Elettrodi in cui un membro della coppia redox si trova allo stato gassoso.
Un esempio e’ rappresentato da un filo di P t immerso in una soluzione sa-
tura di H2 e contenente una certa concentrazione di ioni H + (figura 2.1D);
la coppia redox e’ H + /H2 :
2H + + 2e = H2 (aq)
79
Ag
Ag + + e = Ag
Ag +
Pt
Ag
AgCl(s)
Cl−
Pt
H2 (g)
2H + + 2e = H2(g)
H+
80
non viceversa), si chiama potenziale elettrodico e si indica generalmente con
il simbolo E.
Lo scopo della discussione che segue e’ quello di giustificare in modo semplice
cio’ che abbiamo appena enunciato.
158. Tanto per fissare le idee, consideriamo un sistema elettrodico particolar-
mente semplice: un filo di Ag immerso in una soluzione di AgN O3 .
Prima di venire immerso nella soluzione, il filo di argento e’ elettricamente
neutro, cioe’ la sua carica elettrica risultante e’ nulla. A questo proposito,
conviene pensare il filo di Ag come costituito da un reticolo fisso di ioni Ag +
permeato dal “gas” degli elettroni di valenza (ogni atomo di argento contribuisce
un elettrone di valenza): il fatto che inizialmente il filo sia elettricamente neutro
significa semplicemente che ogni ione Ag + del reticolo e’ neutralizzato dal suo
elettrone di valenza.
Inizialmente, la neutralita’ elettrica vale anche per la soluzione, dove ogni
ione Ag + e’ neutralizzato da un corrispondente controione N O3− .
Appena si immerge il filo di argento nella soluzione, la semireazione elet-
trodica relativa alla coppia redox Ag + /Ag comincia ad avvenire. Tale reazione
consiste di due processi che sono uno l’inverso dell’altro:
riduzione: Ag + + e → Ag
ossidazione: Ag → Ag + + e
159. Ciascuno di questi due processi provoca dei cambiamenti nella concentra-
zione e nella distribuzione della carica elettrica fra metallo e soluzione.
La riduzione tende a produrre un eccesso di carica positiva nel filo metallico
e un corrispondente eccesso di carica negativa nella soluzione: infatti, man mano
che ioni argento (cioe’ particelle con carica elettrica positiva) abbandonano la
soluzione per depositarsi sul metallo, questo si carica positivamente (ogni ione
Ag + “nuovo arrivato” non ha un elettrone di valenza che lo neutralizzi); d’altro
canto, nella soluzione rimangono ioni N O3− (cioe’ particelle con carica elettrica
negativa) in eccesso.
E’ chiaro, inoltre, che la riduzione provoca altresi’ una diminuzione della
concentrazione di ioni Ag + nella soluzione.
La ossidazione tende a produrre effetti contrari a quelli della riduzione.
Ogni atomo di argento che abbandona il metallo passando in soluzione come
ione monopositivo, lascia sul filo di argento il suo elettrone di valenza, cioe’
una carica negativa; inoltre, gli ioni Ag + che passano in soluzione non sono
neutralizzati da alcun controione e quindi determinano un accumulo di carica
positiva nella soluzione.
Per quanto riguarda i cambiamenti di concentrazione, e’ ovvio che l’ossi-
dazione tende a produrre un aumento della concentrazione di ioni Ag + nella
soluzione.
160. La cosa importante e’ che la riduzione e l’ossidazione avvengono contempo-
raneamente e quindi i cambiamenti netti nella distribuzione della carica elettrica
e nella concentrazione dipenderanno dalla velocita’ relativa dei due processi.
Se inizialmente la riduzione e’ piu’ veloce dell’ossidazione, cio’ significa che,
nell’unita’ di tempo, sono piu’ gli ioni Ag + che dalla soluzione si depositano sul
metallo che non quelli che dal metallo passano in soluzione; conseguentemente,
il metallo assumera’ una carica netta positiva (e la soluzione una corrispondente
carica netta negativa) e la concentrazione di ioni Ag + in soluzione diminuira’.
81
Ad esempio, se in 1 s 10 ioni Ag + si depositano sul metallo e solo 7 atomi
di Ag lo abbandonano per andare in soluzione, si e’ avuto un passaggio netto
di 3 ioni Ag + dalla soluzione al metallo; conseguentemente, sul metallo si e’
accumulata una carica positiva netta pari a +3 e nella soluzione si e’ accumulata
una carica netta negativa pari a −3 (cioe’ ci sono 3 ioni N O3− non neutralizzati
da corrispondenti ioni Ag + ); inoltre, la concentrazione di ioni Ag + in soluzione
ha avuto un calo netto corrispondente alla scomparsa di 3 ioni Ag + .
Se l’ossidazione e’ inizialmente piu’ veloce della riduzione, cio’ vuol dire che,
nell’unita’ di tempo, sono piu’ gli ioni Ag + che dal metallo vanno in soluzione che
non quelli che dalla soluzione si depositano sul metallo; la conseguenza e’ che,
in questo caso, il metallo assumera’ una carica netta negativa (e la soluzione
una corrispondente carica netta positiva) e la concentrazione di ioni Ag + in
soluzione aumentera’.
161. I cambiamenti dovuti al fatto che le velocita’ iniziali della riduzione e
dell’ossidazione sono (in generale) diverse non continuano pero’ all’infinito. In-
fatti vedremo fra un momento che, proprio a causa di questi cambiamenti, il
processo inizialmente piu’ veloce viene progressivamente rallentato e quello ini-
zialmente piu’ lento viene progressivamente accelerato finche’, inevitabilmente,
si raggiunge la situazione in cui le due velocita’ diventano uguali.
E’ questa la condizione di equilibrio dinamico, che caratterizza tutte le
reazioni chimiche: da questo momento in poi la separazione di carica e la
concentrazione in soluzione rimangono costanti nel tempo.
162. Per comprendere bene come mai le velocita’ della riduzione e della ossida-
zione, inizialmente diverse, inevitabilmente finiscano per uguagliarsi, facciamo
riferimento alle figure 2.2 e 2.3. Nella figura 2.2 e’ schematizzato un elettrodo
ad Ag + /Ag a diversi istanti di tempo: la freccia diretta verso destra rappresenta
la velocita’ di ossidazione mentre quella diretta verso sinistra rappresenta la ve-
locita’ di riduzione (il verso delle frecce e’ stato fatto arbitrariamente coincidere
con la direzione di movimento degli ioni Ag + : cioe’, l’ossidazione produce un
flusso di ioni Ag + dalla sbarretta metallica alla soluzione, mentre la riduzione
causa il movimento degli ioni Ag + dalla soluzione al metallo).
La figura 2.3 mostra l’andamento temporale delle velocita’ di ossidazione
e riduzione (grafico superiore) e dell’accumulo di carica elettrica nel metallo e
nella soluzione (grafico inferiore) corrispondenti alla situazione rappresentata
nella figura 2.2.
Supponiamo che a t = 0 l’ossidazione sia piu’ veloce della riduzione: nella
figura 2.2 la freccia verso destra e’ piu’ lunga della freccia verso sinistra. Nel
grafico superiore della figura 2.3 si ha (per t = 0): vox > vred . Naturalmente,
per t = 0, la carica elettrica risultante nel metallo e nella soluzione e’ nulla:
guardate il grafico inferiore della figura 2.3.
Ora vediamo cosa succede dopo che e’ trascorso un piccolo intervallo di
tempo (t = t1 nelle figure 2.2 e 2.3).
In base a quanto gia’ detto al punto 160, siccome la velocita’ di ossidazione
e’ maggiore della velocita di riduzione, sul metallo si e’ accumulato un eccesso
di carica negativa e nella soluzione si trova un corrispondente eccesso di carica
positiva (guardate il grafico inferiore della figura 2.3 per t = t1 ). Tutti sap-
piamo che cariche elettriche dello stesso segno si respingono e cariche di segno
opposto si attraggono. Sulla base di questa semplice considerazione, giungiamo
alla conclusione che la separazione di carica venutasi a creare ostacolera’ la rea-
zione di ossidazione e facilitera’ quella di riduzione. Infatti per uno ione Ag +
82
/Ag + + e− /Ag + + e− /
Ag o Ag o Ag o Ag + + e−
Ag ⊖ Ag ⊖ Ag
⊖
⊖ ⊖ ⊖
⊖ ⊖ ⊕
⊕ ⊕
⊕ ⊕
Ag + Ag + ⊕ Ag + ⊕ ⊕
/Ag + + e− /
Ag o Ag o Ag + + e−
⊖ Ag ⊖
⊖⊖ ⊖ Ag
⊖
⊖ ⊖
⊖ ⊖⊖
⊖ ⊖⊖
⊕ ⊕⊕
⊖ ⊖ ⊕ ⊕
⊕ ⊕ ⊕
⊕ ⊖
⊕ ⊕ ⊕⊕
Ag + ⊕ ⊕ Ag + ⊕ ⊕
t = t 3 > t2 t→∞
83
vox
vox , vred
t→∞
da qui in poi: equilibrio
vred
0 t1 t2 t3
q > 0 −→
qsoluzione
qmetallo , qsoluzione
t→∞
da qui in poi: equilibrio
q=0
←− q < 0
qmetallo
0 t1 t2 t3
tempo
84
sara’ ora piu’ difficile lasciare un elettrone (negativo) sul metallo che contiene
un eccesso di carica negativa e andare in soluzione dove si trova un eccesso di
carica positiva (che lo “respinge”). Viceversa, sara’ piu’ facile per uno ione Ag +
abbandonare la soluzione (esso sara’ “spinto” dall’eccesso di carica positiva) e
depositarsi sul metallo (che lo “attirera’ ” grazie all’eccesso di carica negativa).
Vediamo quindi che la separazione di carica prodotta inizialmente provoca pro-
prio un rallentamento del processo piu’ veloce (l’ossidazione) e un’accelerazione
del processo piu’ lento (la riduzione), come avevamo preannunciato.
163. Oltre all’effetto della separazione di carica, c’e’ da considerare anche quello
dell’ aumento di concentrazione di ioni Ag + in soluzione (l’effetto della concen-
trazione non e’ rappresentato nella figura 2.2 per non appesantirla troppo). In
generale, la velocita’ di un processo chimico cresce al crescere della concentra-
zione dei reagenti. Nel caso dell’ossidazione, il reagente e’ l’argento metallico,
la cui concentrazione rimane costante (sapreste dimostrarlo?). Nel caso della
riduzione, invece, il reagente e’ lo ione Ag + , la cui concentrazione in soluzione e’
aumentata (nell’ipotesi che stiamo considerando): cio’ provochera’, per quanto
appena detto, un corrispondente aumento della velocita’ della riduzione (il pro-
cesso inizialmente piu’ lento). La velocita’ dell’ossidazione non risente invece di
effetti di concentrazione (perche’ la concentrazione dell’argento metallico non
varia): anche i cambiamenti di concentrazione tendono quindi a “livellare” le
velocita’ della riduzione e dell’ossidazione.
Cercate di ritrovare quanto appena detto nelle figure. Per t = t1 , nella
figura 2.2 la freccia verso destra (che rappresenta l’ossidazione) e’ diventata un
po’ piu’ corta mentre la freccia verso sinistra (che rappresenta la riduzione) e’
diventata un po’ piu’ lunga (notate pero’ che la freccia verso destra rimane
sempre piu’ lunga di quella verso sinistra); inoltre, nella sbarretta metallica si
e’ accumulata della carica negativa e nella soluzione si e’ accumulata una carica
positiva di uguale entita’. Non dovrebbe essere difficile trovare la corrispondenza
fra la figura 2.2 e i grafici della figura 2.3 (sempre per t = t1 ).
164. Col trascorrere del tempo, la sbarretta di argento continua a caricarsi
negativamente e la soluzione positivamente; inoltre, la concentrazione di ioni
Ag + continua a crescere: cio’ fa si’ che la velocita’ dell’ossidazione continui a
diminuire mentre quella della riduzione continui ad aumentare (figure 2.2 e 2.3,
t = t2 , t = t3 ). E’ inevitabile che queste due velocita’ finiscano per diventare
uguali (figure 2.2 e 2.3, t → ∞). In tali condizioni il numero di ioni Ag + che
abbandonano il metallo nell’unita’ di tempo a causa dell’ossidazione e’ uguale
a quello degli ioni Ag + che dalla soluzione si depositano sul metallo a causa
della riduzione: ne segue che l’eccesso di carica negativa sul filo di argento, il
corrispondente eccesso di carica positiva nella soluzione e la concentrazione di
ioni Ag + smettono di variare, e la differenza di potenziale fra metallo e soluzione
(in questo esempio negativa) raggiunge un valore asintotico costante. Il sistema
elettrodico ha raggiunto l’equilibrio e la differenza di potenziale che si e’ cosi’
stabilita fra il filo di argento e la soluzione e’ cio’ che si definisce potenziale
elettrodico.
E’ importante osservare che, in condizioni di equilibrio, l’ossidazione e la
riduzione non si sono fermate, ma continuano ad avvenire entrambe alla stessa
velocita’ (con riferimento alla figura 2.2, le frecce non sono scomparse, ma sono
diventate della stessa lunghezza).
165. Nell’esempio considerato, abbiamo fatto l’ipotesi che, inizialmente, l’ossi-
dazione fosse piu’ veloce della riduzione: provate a ripetere il ragionamento nel
85
caso opposto in cui la riduzione sia inizialmente piu’ veloce dell’ossidazione.
Per inciso: e se le due velocita’ iniziali sono identiche? Nulla di nuovo: signi-
fica semplicemente che il sistema si trova gia’ all’equilibrio; non si avra’ alcun
accumulo di carica ne’ variazioni di concentrazione: il potenziale elettrodico in
questo caso sara’ pari a 0.00 V .
166. Vale la pena di osservare che la separazione di carica e le variazioni di
concentrazione che si verificano in soluzione in seguito al raggiungimento del-
l’equilibrio elettrodico sono piccolissime. Ad esempio, se la concentrazione in
soluzione di ioni Ag + in un elettrodo ad Ag + /Ag e’ 0.1 mol/L, la variazione
di tale concentrazione dovuta ai fenomeni discussi implicati nel raggiungimento
dell’equilibrio e’ totalmente trascurabile. In altre parole, non pensiate che se im-
mergiamo una sbarretta di Ag metallico in una soluzione 0.1 mol/L di AgN O3 ,
la concentrazione di ioni Ag + in soluzione diventa 0.11 mol/L o 0.09 mol/L !
In generale, la separazione di carica elettrica e’ un processo molto costoso dal
punto di vista energetico e quindi e’ sufficiente che si crei una separazione di
carica piccolissima affinche’ un sistema elettrodico raggiunga l’equilibrio.
167. Abbiamo discusso il caso di un elettrodo ad Ag + /Ag, ma gli stessi argo-
menti si applicano in modo identico a qualsiasi altro sistema elettrodico. Provate
a descrivere da soli cio’ che accade quando si immerge un filo di P t in una so-
luzione contenente concentrazioni date di ioni F e2+ e F e3+ . L’unica variante,
in questo caso, e’ che nessuno dei due membri della coppia redox si deposita
sull’elettrodo, il cui unico scopo e’ quello di fornire elettroni alla forma ossidata
o accettarne dalla forma ridotta:
F e3+ + e = F e2+
2+
Fe = F e3+ + e
86
Siccome ci servira’ nel seguito, analizziamo un po’ in dettaglio questa situa-
zione; come vedrete, pero’, non ci sara’ bisogno di introdurre alcun concetto
nuovo.
169. Tanto per fissare le idee, consideriamo una semicella costituita da un filo
di P t immerso in una soluzione contenente le due coppie redox F e3+ /F e2+ e
Sn4+ /Sn2+ . Come visto nella sezione precedente, i membri di ciascuna coppia
scambiano elettroni con il metallo inerte, interconvertendosi e generando una
separazione di carica fra metallo e soluzione:
F e3+ + e = F e2+
Sn4+ + 2e = Sn2+
170. Quindi, in questo caso, ci sono tre processi che avvengono contempo-
raneamente (le due semireazioni elettrodiche e la reazione redox). Ciascun
processo puo’ avvenire in due direzioni opposte e ciascuna direzione tende a
produrre una separazione di carica di un certo tipo fra metallo e soluzione (la
situazione e’ graficamente schematizzata nella figura 2.4). Per ciascuna delle
due semireazioni elettrodiche, come abbiamo gia’ visto, il verso della riduzione
tende a localizzare un eccesso di carica positiva sul metallo e un corrispondente
eccesso di carica negativa nella soluzione; il verso dell’ossidazione tende a fare
esattamente il contrario.
171. La reazione redox coinvolgente le due coppie in soluzione non modifi-
ca direttamente la separazione di carica metallo-soluzione; tuttavia, siccome
fa variare le concentrazioni di F e3+ , F e2+ , Sn4+ e Sn2+ , influisce sulla ve-
locita’ delle semireazioni elettrodiche (punto 163) e quindi influenza anch’essa
indirettamente la separazione di carica metallo-soluzione.
Quindi, ciascuno dei tre processi influenza la separazione di carica metallo-
soluzione e, a sua volta, come abbiamo visto in dettaglio nella sezione preceden-
te, la separazione di carica ha un effetto sulla velocita’ relativa di ogni singolo
verso in cui ciascuno dei tre processi puo’ avvenire.
172. La cosa essenziale da realizzare e’ che tutti i processi in gioco “vedono”
la medesima separazione di carica (che e’ dovuta semplicemente all’eccesso o
difetto di elettroni che si viene a stabilire sul filo di P t, indipendentemente dal
contributo dovuto a ogni singolo processo): dovrebbe a questo punto essere chia-
ro che, quando l’intero sistema della semicella raggiunge l’equilibrio, ciascuno
dei tre processi sara’ all’equilibrio separatamente (cioe’ la velocita’ dei due versi
di ciascun processo sara’ la stessa) e la separazione di carica metallo-soluzione
(cioe’, in ultima analisi, il potenziale elettrodico), sara’ tale da soddisfare
contemporaneamente la condizione di equilibrio per ciascun singolo
processo.
87
fase metallica soluzione
e F e3+
F e2+
F e2+
2e Sn4+
Sn2+
Sn2+
2e Sn4+
Figura 2.4: Schematica rappresentazione dei vari processi che avvengono in una
semicella contenente le due coppie redox F e3+ /F e2+ e Sn4+ /Sn2+ . All’interfac-
cia metallo/soluzione avvengono contemporaneamente i seguenti processi (dal-
l’alto verso il basso): F e3+ + e → F e2+ ; F e2+ → F e3+ + e; Sn4+ + 2e → Sn2+
e Sn2+ → Sn4+ + 2e. In soluzione, avvengono i seguenti processi (parte destra
della figura): 2F e3+ +Sn2+ → 2F e2+ +Sn4+ e 2F e2+ +Sn4+ → 2F e3+ +Sn2+ .
88
173. Quanto visto in questo caso particolare di due sole coppie redox ha vali-
dita’ completamente generale: in un sistema elettrodico puo’ essere presente un
numero qualsiasi di coppie redox; ci sara’ un corrispondente numero di semirea-
zioni elettrodiche (in cui i membri di ciascuna coppia redox scambiano elettroni
con il metallo della semicella) e di reazioni redox (in cui la forma ossidata di una
certa coppia acquista elettroni dalla forma ridotta di un’altra coppia e vicever-
sa). Tutti questi processi sono fra loro collegati nel senso che ciascuno influisce
sugli altri e dagli altri e’ influenzato e questa influenza reciproca avviene a causa
della separazione di carica fra metallo e soluzione. L’intero sistema elettrodi-
co raggiunge una condizione di equilibrio in cui ogni singolo processo si trova
in uno stato di equilibrio dinamico: in tali condizioni, il potenziale elettrodico
sara’ necessariamente tale da soddisfare contemporaneamente la condizione
di equilibrio per tutte le semireazioni elettrodiche e le reazioni redox presenti in
soluzione.
174. La situazione e’ perfettamente analoga al caso di piu’ equilibri simultanei
in soluzione: se una specie chimica e’ coinvolta in piu’ reazioni, la sua con-
centrazione finale di equilibrio dovra’ essere necessariamente tale da soddisfare
simultaneamente tutte le leggi dell’azione di massa relative a tutte le reazioni a
cui partecipa.
aA + bB + cC + · · · + ne = xX + yY + zZ + · · ·
89
il potenziale elettrodico, che per i sistemi elettrodici e’ una grandezza fisica
addizionale che deve essere considerata come fattore determinante dello stato
di equilibrio.
177. Analogamente a quanto avviene per la legge dell’azione di massa, an-
che nell’equazione di Nernst ciascun termine di concentrazione e’ in realta’
un rapporto adimensionale fra la concentrazione di una data specie e la sua
concentrazione in uno stato di riferimento, secondo la seguente tabella:
stato di aggregazione stato di riferimento
soluti in fase liquida soluzione ideale a concentrazione 1 mol/L
gas gas ideale alla pressione di 1 bar
solidi/liquidi puri solidi/liquidi puri alla pressione di 1 bar
Siccome per i soluti e i gas la concentrazione/pressione di riferimento e’ uni-
taria, il valore del rapporto che compare nella legge di Nernst e’ numericamente
uguale alla concentrazione/pressione misurabile per il dato componente. Nel
caso di solidi o liquidi puri il rapporto adimensionale e’ rigorosamente unitario
se la pressione e’ di 1 bar ed e’ vicinissimo all’unita’ in un vasto range di pres-
sioni (poiche’ le variazioni di pressione non hanno una grande influenza sulle
fasi condensate).
178. E ◦ si chiama potenziale standard e dall’espressione 2.1 si vede che
rappresenta la differenza di potenziale fra metallo e soluzione quando la con-
centrazione di tutte le specie che partecipano alla semireazione e’ unitaria. E ◦
non dipende quindi dalla concentrazione, ma solo dalla particolare coppia redox
considerata. Ogni coppia redox ha un valore di E ◦ che la caratterizza: molto
spesso, per indicare il potenziale standard di una particolare coppia redox, si
usa il simbolo E ◦ con il simbolo della coppia redox come indice. Ad esempio,
per indicare il potenziale standard della coppia redox F e3+ /F e2+ si scrivera’:
EF◦ e3+ /F e2+ ; oppure, per una generica coppia redox Ox/Rid: EOx/Rid
◦
.
Vale la pena di sottolineare che la legge di Nernst e’ una relazione termodina-
mica che vale esclusivamente in condizioni di equilibrio e quindi le concentrazioni
che in essa compaiono devono essere quelle corrispondenti a una condizione di
equilibrio.
L’equazione di Nernst rappresenta il fondamento delle applicazioni analitiche
della potenziometria: in ultima analisi, essa consente di risalire dal potenziale
elettrodico alla concentrazione in soluzione.
179. A titolo di esempio, scriviamo la legge di Nernst per alcuni sistemi elet-
trodici.
• In un sistema elettrodico all’equilibrio costituito da un filo di P t immerso
in una soluzione di ioni F e2+ e F e3+ la semireazione:
F e3+ + e = F e2+
RT [F e3+ ]
E = EF◦ e3+ /F e2+ + ln
F [F e2+ ]
90
• Come per la legge dell’azione di massa, ed esattamente per gli stessi mo-
tivi, anche nell’equazione di Nernst non compaiono le concentrazioni di
solidi, liquidi puri o la concentrazione del solvente in soluzioni diluite.
Un esempio di questo tipo e’ costituito dall’elettrodo Ag + /Ag, in cui la
reazione elettrodica e’:
Ag + + e = Ag
RT
E ◦
= EAg + /Ag + ln [Ag + ]
F
14
◦ RT Cr2 O72− [H + ]
E = ECr 2− + ln
[Cr3+ ]2
3+
2 O7 /Cr 6F
AgCl + e = Ag + Cl−
◦ RT 1
E = EAgCl/Ag + ln
F [Cl− ]
◦ RT −
= EAgCl/Ag − ln Cl
F
91
• Analogamente alla legge dell’azione di massa, anche nella legge di Nernst
se una specie in soluzione si trova in equilibrio con una fase gassosa, la
sua concentrazione e’ sostituita dalla pressione parziale nella fase gassosa.
E’ questo il caso dell’elettrodo a idrogeno, in cui si ha:
2H + + 2e = H2
e quindi:
2
◦ RT [H + ]
E = EH + /H + ln
2
2F pH2
F e3+ + e = F e2+
4+
Sn + 2e = Sn2+
Ciascuna coppia e’ caratterizzata dal proprio potenziale standard: EF◦ e3+ /F e2+ e
◦
ESn 4+ /Sn2+ . Ebbene, siccome la semicella ha raggiunto le condizioni di equi-
3+
RT Fe
E = EF◦ e3+ /F e2+
+ ln
F [F e2+ ]
4+
◦ RT Sn
E = ESn4+ /Sn2+ + ln
2F [Sn2+ ]
92
2.4.1 Costanti di equilibrio per reazioni redox
182. Quanto appena detto ci consente di ricavare immediatamente una impor-
tantissima relazione che lega la costante di equilibrio di una reazione redox ai
potenziali standard delle due coppie redox che la costituiscono.
Come accennato al punto 169, una reazione redox e’ sempre scomponibile
in due semireazioni che avvengono in versi opposti: una procede nel verso della
riduzione e l’altra in quello dell’ossidazione. Ciascuna semireazione coinvolge
una coppia redox: nella reazione redox completa, la forma ossidata di una coppia
redox acquista elettroni dalla forma ridotta dell’altra coppia; si produce cosi’ la
forma ridotta della prima coppia e la forma ossidata della seconda coppia:
Restiamo nell’esempio delle due coppie F e3+ /F e2+ e Sn4+ /Sn2+ . In questo
caso, la reazione redox completa (e bilanciata) e’:
3+ 4+
RT Fe RT Sn
EF◦ e3+ /F e2+ + ln = ◦
ESn4+ /Sn2+ + ln
F [F e2+ ] 2F [Sn2+ ]
Ora facciamo qualche passaggio algebrico per raggruppare i termini di con-
centrazione.
Moltiplichiamo ambo i membri per 2:
3+ 4+
RT Fe RT Sn
2EF◦ e3+ /F e2+ +2 ln = ◦
2ESn4+ /Sn2+ + ln
F [F e2+ ] F [Sn2+ ]
Per il termine contenente le concentrazioni degli ioni F e, sfruttiamo la
proprieta’ dei logaritmi per cui: a ln b = ln ba :
3+ 2 4+
RT Fe RT Sn
2EF◦ e3+ /F e2+ + ln 2 = ◦
2ESn4+ /Sn2+ + ln
F [F e2+ ] F [Sn2+ ]
2
◦ RT [F e3+ ]
Sottraiamo 2ESn4+ /Sn2+ e F ln [F e2+ ]2
da entrambi i membri:
93
4+ 3+ 2
RT Sn RT Fe
2EF◦ e3+ /F e2+ − ◦
2ESn4+ /Sn2+ = ln − ln
F [Sn2+ ] F [F e2+ ]2
4+ 2+ 2
RT Sn Fe
ln 2 = 2EF◦ e3+ /F e2+ − 2ESn
◦
4+ /Sn2+
F [Sn ] [F e3+ ]
2+
4+ 2+ 2
Sn Fe 2F ◦ ◦
ln = EF e3+ /F e2+ − ESn4+ /Sn2+
[Sn2+ ] [F e3+ ]2 RT
K
2F e3+ + Sn2+ = 2F e2+ + Sn4+
2F ◦ ◦
K = exp EF e3+ /F e2+ − ESn4+ /Sn2+
RT
−1
1 2F ◦ ◦
= exp EF e3+ /F e2+ − ESn 4+ /Sn2+
K RT
2F ◦
K′ = exp ESn4+ /Sn2+ − EF◦ e3+ /F e2+
RT
K′
2F e2+ + Sn4+ = 2F e3+ + Sn2+
94
della seconda coppia (chiaramente si dovra’ bilanciare l’equazione in modo tale
che il numero di elettroni acquistati dall’ossidante e ceduti dal riducente sia lo
stesso). Quindi:
Ebbene, generalizzando le espressioni viste prima per le due coppie F e3+ /F e2+
e Sn4+ /Sn2+ , la costante di equilibrio per la reazione redox e’ data da:
nF ◦ ◦
K = exp EOx1 /Rid1 − EOx2 /Rid2 (2.3)
RT
la coppia che si riduce (nel verso diretto dell’equazione cosi’ come e’ scritta ora)
e’ la coppia Ox2 /Rid2 e quella che si ossida e’ la coppia Ox1 /Rid1 . Quindi la
relazione fra la costante di equilibrio K ′ e i potenziali standard va scritta nel
modo seguente:
′ nF ◦ ◦
K = exp EOx2 /Rid2 − EOx1 /Rid1 (2.4)
RT
1
K′ =
K
come deve essere.
95
2.4.2 Costanti di equilibrio per reazioni non redox
184. In molti casi la condizione di equilibrio per un sistema elettrodico consente
di ricavare relazioni fra potenziali standard e costanti di equilibrio di reazioni
non redox. In generale cio’ avviene quando una specie chimica e’ contempo-
raneamente coinvolta nella semireazione elettrodica e in una o piu’ reazioni in
soluzione.
185. Chiariamo subito con un esempio. Consideriamo un sistema elettrodico
costituito da un filo di argento ricoperto di AgCl e immerso in una soluzio-
ne contenente una certa concentrazione di ioni cloruro: si tratta dell’elettrodo
descritto al punto 156.
La semireazione elettrodica e’:
◦ RT 1
E = EAgCl/Ag + ln
F [Cl− ]
Tuttavia, in un sistema come quello descritto, deve esserci anche una certa
concentrazione di equilibrio di ioni Ag + , dovuta alla ionizzazione del cloruro
d’argento:
KSP
AgCl(s) = Ag + + Cl−
Questo significa che nella semicella e’ presente anche la coppia redox Ag + /Ag
e quindi, all’equilibrio, deve valere anche:
Ag + + e = Ag (s)
RT
E = ◦
EAg / Ag + ln Ag +
F
RT 1 RT
◦
EAgCl/Ag + ln = ◦
EAg / Ag + ln Ag +
F [Cl− ] F
RT RT 1
ln Ag + − ln = ◦
EAgCl/Ag ◦
− EAg / Ag
F F [Cl− ]
RT RT
ln Ag + + ln Cl− = ◦
EAgCl/Ag ◦
− EAg / Ag
F F
RT +
ln Ag + ln Cl− = ◦
EAgCl/Ag ◦
− EAg / Ag
F
F
ln Ag + Cl− = ◦
EAgCl/Ag − EAg◦
/ Ag
RT
96
+
−
F ◦ ◦
Ag Cl = exp EAgCl/Ag − EAg/ Ag
RT
F ◦ ◦
KSP = exp EAgCl/Ag − EAg/ Ag
RT
che fornisce una relazione fra i potenziali redox delle coppie AgCl/Ag e Ag + /Ag
e il prodotto di solubilita’ per la dissoluzione del cloruro d’argento, una reazione
non redox.
186. Osservate, tuttavia, che alla base di questa sezione e’ lo stesso concetto
visto alla sezione precedente. Infatti, la dissoluzione del cloruro d’argento puo’
essere sempre vista come la reazione redox fra le due coppie AgCl/Ag e Ag + /Ag,
in cui la specie Ag (s) compare ad entrambi i membri dell’equazione chimica e
viene percio’ “semplificata”:
coppia Ag + /Ag
coppia AgCl/Ag
AgCl(s) = Ag + + Cl−
187. Un’ultima osservazione. La relazione che lega i potenziali standard alle
costanti di equilibrio puo’ essere anche usata per ricavare il potenziale standard
di una coppia redox.
Consideriamo il seguente esempio.
Una semicella all’equilibrio e’ costituita da un filo d’argento ricoperto di
Ag2 CrO4 immerso in una soluzione contenente ioni CrO42− . Sapendo che il
prodotto di solubilita’ del cromato d’argento e’ KSP = 2.0 × 10−12 e che il
potenziale standard della coppia Ag + /Ag e’ EAg ◦
+ /Ag = 0.799 V , calcolare il
97
Le concentrazioni degli ioni CrO42− e Ag + sono legate dalla legge dell’azione
di massa relativa alla dissoluzione del sale poco solubile:
+ 2
KSP = Ag CrO42−
RT
E = ◦
EAg + /Ag + ln Ag +
F s
◦ RT KSP
= EAg + /Ag + ln
F CrO42−
◦ RT KSP
= EAg + /Ag + ln
2F CrO42−
RT RT
= ◦
EAg + /Ag + ln KSP − ln CrO42−
2F 2F
◦ RT RT 1
= EAg+ /Ag + ln KSP + ln
2F 2F CrO42−
da cui, per confronto con l’espressione del potenziale elettrodico basata sulla
coppia Ag2 CrO4 /Ag, si ricava:
◦ ◦ RT
EAg2 CrO4 /Ag
= EAg + /Ag + ln KSP
2F
8.314 × 298
= 0.799 + ln 2.0 × 10−12
2 × 96485
= 0.453 V
K
Ox1 + Rid2 = Rid1 + Ox2
vale:
98
nF ◦ ◦
K = exp EOx1 /Rid1 − EOx2 /Rid2
RT
da cui si deduce immediatamente che, dei due versi in cui si puo’ scrivere la
reazione redox fra le due coppie, quello che vede la riduzione dello ione M nO4−
(forma ossidata della coppia M nO4− /M n2+ ) a spese dello ione I − (forma ridotta
della coppia I2 /I − ) e’ il verso termodinamicamente favorito:
2 5
M n2+ [I2 ]
K = 2 16 10
M nO4− [H + ] [I − ]
nF ◦ ◦
= exp EMnO− /Mn2+ − EI2 /I −
RT 4
10 × 96485
= exp (1.507 − 0.620)
8.314 × 298.15
= 8.75 × 10149
99
2.5 Misura dei potenziali elettrodici ed elettrodi
di riferimento
192. Consideriamo un elettrodo ad Ag + /Ag, il cui potenziale elettrodico di
equilibrio e’ dato da:
Ag + + e = Ag
◦ RT +
E = EAg + /Ag + ln Ag
F
+
F ◦
Ag = exp E − EAg+ /Ag
RT
il che suggerirebbe un impiego immediato di questo elettrodo per la determi-
nazione della concentrazione di ioni Ag + in una soluzione: immergiamo nella
◦
soluzione da analizzare un filo di Ag, misuriamo E e T , i valori di EAg + /Ag , R e
100
⊕
M
Ag
⊖
M
Ag +
101
potenziale data da ∆E2 = E(S)−E(M ). Il puntale ⊖ e’ equipotenziale e quindi
non ci sono altri contributi alla differenza di potenziale totale che il voltmetro
misura.
In sostanza, indicando con ddp la differenza di potenziale totale misurata dal
voltmetro, si ha (in base alla seconda proprieta’ del potenziale elettrico prima
accennata):
Vediamo quindi che il voltmetro misura la differenza fra i due termini (E(Ag)−
E(S)) e (E(M ) − E(S)). In base alla definizione che abbiamo dato di potenziale
elettrodico (punto 157), riconosciamo nel termine (E(Ag) − E(S)) il potenzia-
le elettrodico del sistema Ag + /Ag; analogamente, il termine (E(M ) − E(S))
rappresenta il potenziale elettrodico dell’elettrodo costituito dal metallo M im-
merso in una soluzione contenente ioni Ag + (non e’ banale, ne’ importante ai
fini della discussione, sapere qual’e’ la reazione elettrodica (o le reazioni elettro-
diche) che caratterizza(no) questo secondo elettrodo). Se indichiamo questi due
potenziali elettrodici con la notazione usuale EAg+ /Ag e EM/Ag+ , otteniamo:
102
⊕ ⊖
ponte salino
voltmetro
103
voltmetro
⊕ ⊖
Pt
pH2 = 1.0 atm
Figura 2.7:
potenziali “assoluti”
z }| {
EOss 1 /Rid 1 − EOss 2 /Rid 2 = EOss 1 /Rid 1 − EOss 2 /Rid 2 + ESHE − ESHE
= EOss 1 /Rid 1 − ESHE − EOss 2 /Rid 2 − ESHE
| {z }
potenziali relativi
3+
RT Fe
Eass = EF◦ e3+ /F e2+ ,ass + ln
F [F e2+ ]
3+
RT Fe
Eass − ESHE = EF◦ e3+ /F e2+ ,ass − ESHE + ln
F [F e2+ ]
3+
RT Fe
Erel = EF◦ e3+ /F e2+ ,rel + ln
F [F e2+ ]
104
O
_ E
(E − ERIF )
(E − ESHE ) _ ERIF
(ERIF − ESHE )
_ ESHE
105
Ag Pt
AgCl Hg2 Cl2 /Hg
Cl− Cl−
KCl
studente che abbia una statura relativa di −8 cm sara’ piu’ basso dello studente
di riferimento di 8 cm. Appare evidente che definire la statura relativa in que-
sto modo e’ equivalente ad assegnare allo studente di riferimento una statura
relativa nulla (esattamente come abbiamo fatto per il potenziale dell’SHE). E’
chiaro inoltre che la statura relativa di uno studente sara’ diversa per diverse
scelte dello studente di riferimento. Infine, e’ sempre possibile convertire una
statura relativa riferita ad un certo studente nella statura relativa riferita ad
uno studente diverso: se la statura relativa di Marco rispetto a Ottavia e’ 23 cm
e la statura relativa di Ottavia rispetto ad Andrea e’ 4 cm, allora la statura
relativa di Marco rispetto al “riferimento” Andrea sara’ (23 + 4) = 27 cm (vi
appare chiaro il parallelo con la figura 2.8?)
201. L’elettrodo standard a idrogeno non e’ molto comodo da usare in pratica.
Per questo motivo, vengono usati come riferimenti altri elettrodi piu’ semplici da
costruire e utilizzare. Due elettrodi di riferimento molto usati sono l’elettrodo
ad AgCl/Ag e quello a calomelano, che abbiamo gia’ visto al punto 156. Essi
sono schematicamente illustrati nella figura 2.9.
Come abbiamo visto a pagina 91, il potenziale dell’elettrodo ad AgCl/Ag e’
dato da:
◦ RT −
E = EAgCl/Ag − ln Cl
F
da cui si vede che, una volta fissata la concentrazione di ioni Cl− in soluzione,
il potenziale elettrodico e’ costante (questa e’ la condizione per poter usare
l’elettrodo come riferimento). Il modo piu’ banale di fissare la concentrazione di
ioni Cl− e’ quello di saturare la soluzione con un sale come KCl: in presenza di
un corpo di fondo di KCl indisciolto siamo certi che la soluzione e’ satura e che,
pertanto, la concentrazione di ioni Cl− al suo interno e’ costante (a temperatura
costante).
L’elettrodo a calomelano e’ basato sulla semireazione (punto 156):
106
◦ RT − 2
E = EHg2 Cl2 /Hg
− ln Cl
2F
(Hg2 Cl2 e’ solido e Hg e’ un liquido puro, quindi le loro concentrazioni non
compaiono)
Anche in questo caso il potenziale dipende dalla sola concentrazione di ioni
Cl− , che puo’ essere facilmente mantenuta costante operando con una soluzione
satura di KCl.
Da quanto detto dovrebbe essere evidente la praticita’ di costruzione e uso
di questi due elettrodi rispetto all’elettrodo standard ad idrogeno.
202. Facciamo il punto della situazione.
107
la soluzione dell’elettrodo di riferimento deve essere tenuta separata da quella
dell’elettrodo di cui si vuole misurare il potenziale relativo (da qui in poi non
useremo piu’ l’aggettivo “relativo”). Provate ad immaginare di voler misurare il
potenziale di un elettrodo ad Ag + /Ag rispetto ad un riferimento a calomelano
senza che le soluzioni delle due semicelle siano separate: gli ioni Ag + del sistema
elettrodico Ag + /Ag reagirebbero con gli ioni Cl− del riferimento precipitando
come AgCl e cio’, come minimo, farebbe variare la concentrazione di ioni Cl−
e quindi il potenziale del riferimento. Se da un lato le soluzioni dei due elet-
trodi di una cella devono in generale essere separate per i motivi appena detti,
dall’altro, tuttavia, esse devono essere in contatto elettrico, perche’ altrimenti
non e’ possibile misurare la differenza di potenziale fra i due metalli. Infatti,
affinche’ un voltmetro possa misurare una differenza di potenziale fra due punti,
bisogna che essi siano elettricamente connessi. “Contatto elettrico” significa per
noi che deve esserci la possibilita’ che una corrente elettrica fluisca da una cella
all’altra.
204. L’obiettivo di separare le due semicelle mantenendole pero’ in contatto
elettrico puo’ essere realizzato in vari modi. Quello classico e’ l’uso di un cosid-
detto ponte salino (figura 2.6): si tratta di un tubo ad “U” contenente una
soluzione elettrolitica (ad esempio KN O3 ) molto concentrata (la soluzione si
trova generalmente in forma di gelatina, per evitare che fuoriesca dal tubo). Il
ponte salino viene sistemato capovolto con le due estremita’ ciascuna immersa
in una delle due soluzioni delle semicelle da accoppiare. In questo modo, le due
soluzioni elettrodiche non si mescolano, pur tuttavia esse sono elettricamente
connesse grazie al movimento degli ioni presenti nel gel.
Un altro mezzo di separazione molto usato e’ un setto poroso, cioe’, in
pratica, una parete divisoria dotata di pori aventi dimensioni molecolari: in
questo caso gli ioni e le molecole di solvente delle due semicelle attraversano
effettivamente la separazione (che quindi consente il contatto elettrico), ma lo
fanno talmente lentamente che il mescolamento delle due soluzioni per la du-
rata della misura e’ del tutto trascurabile. A questo proposito e’ opportuno
accennare alla realizzazione commerciale di moltissimi elettrodi di riferimento.
Per evidenti questioni di praticita’ di impiego, gli elettrodi di riferimento sono
costruiti come illustrato nella figura 2.10: l’elettrodo e’ contenuto in una pro-
vetta sul fondo della quale si trova un setto poroso avente un diametro di circa
1 mm. In pratica, immergendo la provetta nella soluzione test che contiene il
secondo elettrodo si realizza una cella elettrochimica completa (figura 2.10) in
cui il contatto elettrico fra le due semicelle e’ costituito dal setto poroso sul
fondo della provetta contenente l’elettrodo di riferimento. La provetta e’ chiusa
alla sommita’ con un coperchio da cui esce un cavo connesso al metallo di cui
e’ fatto l’elettrodo: a questo cavo viene connesso il puntale ⊖ del voltmetro
quando si effettua la misura della differenza di potenziale nella cella. General-
mente, la provetta contiene anche un foro laterale (chiuso con un tappo) che
si puo’ utilizzare per rinnovare saltuariamente la soluzione in cui e’ immerso
l’elettrodo di riferimento. Durante le misure, il tappo deve essere aperto per
meglio consentire il passaggio degli ioni attraverso il setto poroso.
Simili ai setti porosi sono le membrane semipermeabili: si tratta di
materiali che macroscopicamente assomigliano a fogli di carta o naylon, ma la
cui struttura microscopica e’ tale per cui solo certi ioni o certe molecole possono
passarvi attraverso.
205. La necessaria separazione fra le due soluzioni comporta una complicazione
108
voltmetro
⊕ ⊖ elettrodo
di riferimento
coperchio
tappo di gomma
filo di
argento
soluzione satura
di KCl
deposito di
AgCl
setto
soluzione test poroso
109
voltmetro
⊕ ⊖
M1 M2
H+
S1 S2
Cl−
HCl HCl
C1 > C2
110
Cl− , negativi, sono “sospinti” da S1 e “attirati” da S2 ). Quindi, il processo
inizialmente piu’ veloce viene rallentato e quello inizialmente piu’ lento viene
accelerato (dove avete gia’ sentito questa storia?): inevitabilmente si arrivera’
ad una situazione in cui le velocita’ di migrazione degli ioni H + e Cl− diventano
uguali. Da questo momento in poi, la differenza di potenziale fra S1 ed S2 , cioe’
il potenziale di giunto, smette di aumentare.
206. Se ci riflettete un istante, vi renderete conto che il meccanismo con cui
si instaura il potenziale elettrodico e quello con cui si stabilisce il potenziale
di giunto sono pressocche’ identici: in entrambi i casi ci sono due processi che
avvengono inizialmente a velocita’ diversa; a causa di cio’ si crea una separazione
di carica fra due fasi; ma proprio questa separazione di carica opera nel senso di
rallentare il processo inizialmente piu’ veloce ed accelerare quello che all’inizio
era piu’ lento; l’epilogo ineluttabile e’ che le velocita’ dei due processi finiscono
per diventare identiche. Da questo punto in poi la separazione di carica smette
di aumentare (anche se i due processi responsabili della sua creazione continuano
ad avvenire).
C’e’ tuttavia una differenza sostanziale fra lo stato finale di un sistema elet-
trodico e quello di due soluzioni separate da un setto poroso: mentre in un
elettrodo si raggiunge uno stato di vero e proprio equilibrio (inteso in senso
chimico), nel caso del potenziale di giunto lo stato in cui si viene a trovare il
sistema e’ approssimabile ad uno stato stazionario. Per apprezzare la differenza
pensate a questo: un elettrodo che abbia raggiunto l’equilibrio rimarra’ in quello
stato indefinitamente (se non intervengono perturbazioni esterne); nel caso delle
due soluzioni di HCl a diversa concentrazione poste in contatto con un setto
poroso, invece, il potenziale di giunto si instaura dopo un tempo brevissimo,
ma se avessimo la pazienza di aspettare per un tempo molto lungo (tanto piu’
lungo quanto piu’ stretti sono i pori del setto), vedremmo che lo stato delle
due soluzioni in realta’ cambia lentamente: la concentrazione in S1 diminuisce e
quella in S2 aumenta. Uno stato di equilibrio vero e proprio si raggiunge anche
in questo caso, ma dopo un tempo lunghissimo: lo stato di equilibrio finale con-
siste, chiaramente, nel fatto che le due soluzioni raggiungono il medesimo valore
di concentrazione (notate che in questo stato di equilibrio finale il potenziale di
giunto e’ nullo: quindi il potenziale di giunto e’ un fenomeno legato a condizioni
di non-equilibrio). Siccome in genere la durata di una misura potenziometrica
e’ molto minore del tempo che impiegherebbero le due soluzioni a mescolarsi
completamente, tutto funziona come se la migrazione ionica attraverso il setto
si trovasse in condizioni effettivamente stazionarie.
207. Ora che abbiamo visto come si stabilisce il potenziale di giunto, torniamo
alla figura 2.11 e consideriamo la cella elettrochimica completa: non ci interessa
la natura dei due metalli M1 ed M2 (potrebbero essere due fili di argento ricoper-
ti di AgCl, cosicche’ avremmo a che fare con due semicelle ad AgCl/Ag). Cio’
che vogliamo capire e’ che cosa misura il voltmetro in questa cella. Ripetendo il
ragionamento fatto al punto 193, possiamo decomporre la differenza di poten-
ziale totale letta dallo strumento nei vari contributi parziali che si incontrano
andando dal puntale ⊕ al puntale ⊖.
Con ovvio significato dei simboli si ha:
111
V
RIF1 RIF2
HCl
soluzione 0.1 mol/L
test
membrana di vetro
112
strato idratato
strato idratato
porzione
“secca”
100 nm
EG
membrana di vetro
113
Quando la membrana di vetro e’ a contatto con due soluzioni acquose da
entrambi i lati, le due facce vengono idratate per una profondita’ di circa
5 − 100 nm. Nei due strati idratati si stabilisce un equilibrio di adsorbimen-
to/desorbimento degli ioni H + , presenti nella soluzione acquosa, e degli ioni
N a+ o Li+ che occupano le posizioni reticolari dello scheletro di silicato co-
stituente la membrana. E’ questo equilibrio che determina lo stabilirsi di una
differenza di potenziale fra ciascuna faccia della membrana e la soluzione con
cui essa e’ a contatto.
Va osservato che la membrana deve assicurare il passaggio di corrente elet-
trica: nella parte non idratata (“secca”), la conducibilita’ e’ assicurata dalla
migrazione interstiziale dei cationi presenti nel vetro (N a+ , Li+ etc).
La differenza di potenziale fra la faccia della membrana a contatto con la
soluzione di HCl 0.1 M e quest’ultima e’ sempre costante (perche’ la soluzione
e’ sempre la stessa). Per contro, la differenza di potenziale fra l’altra faccia
della membrana e la soluzione test dipendera’ dal pH della soluzione test, per-
che’ l’equilibrio di adsorbimento degli ioni H + dipende dalla loro attivita’ in
soluzione aH + . Si trova che tale differenza di potenziale dipende linearmente
dal pH della soluzione test tramite un’espressione formalmente identica a quella
della legge di Nernst. Ne segue che la differenza di potenziale attraverso l’intera
membrana, cioe’ EG , e’ data da:
RT
EG = K+ ln aH +
F
= K + BT pH
ddp = K ′ + BT pH
114
RIF1 (AgCl/Ag)
RIF2 (AgCl/Ag)
V
V
KCl(sol.sat.)
setto poroso
membrana di vetro
soluzione
test
ddp = K ′ + BT pH
115
N aOH ), allora il piccolo catione puo’ competere favorevolmente con i
protoni nell’equilibrio di adsorbimento alla membrana di vetro, causando
un errore nella sua risposta. Tale errore puo’ essere minimizzato agendo
opportunamente sulla composizione della membrana di vetro. General-
mente, il campo di pH entro cui un elettrodo a vetro fornisce risposte
attendibili viene specificato dal costruttore.
◦ RT +
EAg+ /Ag = EAg + /Ag + ln Ag
F
116
voltmetro
⊕ ⊖
Ag
soluzione elettrodo di
test riferimento
Ag +
◦ RT +
ddp = EAg + /Ag + ln Ag − Erif + Egiunto
F
RT + ◦
ln Ag = ddp − EAg + /Ag + Erif − Egiunto
F
F
ln Ag + = ddp − EAg◦
+ /Ag + Erif − Egiunto
RT
+ F
◦
Ag = exp ddp − EAg + /Ag + Erif − Egiunto
RT
117
caso, il termine Egiunto rappresenta sicuramente una possibile fonte di errore,
tanto piu’ in quanto compare in un termine esponenziale. D’altro canto, per
la cella mostrata, c’e’ da aspettarsi che i potenziali di giunto che si originano
alle due estremita’ del ponte salino siano di segno contrario e tendano quindi a
cancellarsi.
211. La cella di figura 2.15 puo’ essere adoperata per la determinazione analitica
di moltissimi ioni metallici: basta semplicemente cambiare il metallo dell’elet-
trodo indicatore. Ad esempio, se invece di un filo di argento utilizziamo un filo
di rame, possiamo dosare gli ioni Cu2+ . In questo caso il potenziale elettrodico
dell’elettrodo indicatore e’ dato da:
◦ RT 2+
ECu2+ /Cu = ECu2+ /Cu + ln Cu
2F
◦ RT −
E = EAgCl/Ag − ln Cl
F
Questa relazione dice che, se la concentrazione di ioni Cl− e’ mantenuta
costante, allora il potenziale elettrodico rimarra’ costante e su questo si basa
l’impiego dell’elettrodo ad AgCl/Ag come riferimento. Tuttavia, la relazione
su scritta puo’ essere intesa anche in senso “analitico” considerando la con-
centrazione di ioni Cl− come un’incognita da trovare misurando il potenziale
elettrodico.
Al solito, si dovra’ allestire una cella come quella mostrata in figura 2.16 e mi-
surare la differenza di potenzaile fra l’elettrodo indicatore e quello di riferimento
(che potrebbe essere anch’esso un elettrodo ad AgCl/Ag!):
118
voltmetro
⊕ ⊖
Ag
AgCl
soluzione elettrodo di
test riferimento
Cl−
119
I R
I R
'!&3"%$#
'!&2"%$#
I R
'!&4"%$#
I R
'!&1"%$#
120
isolata inserendola all’interno di uno stretto tubo in vetro (indicato in grigio
nella figura). Un altro cambiamento che si e’ verificato nel passaggio da 2 a 3
riguarda il setto poroso, che si e’ ridotto ad una finestrella avente le dimensioni
di 1 − 2 mm. Di nuovo: solo la forma sta cambiando, ma le varie parti e la loro
connessione rimangono inalterate.
Nello stadio 4 la metamorfosi si e’ conclusa: l’elettrodo combinato e’ com-
pletato da un coperchio superiore da cui escono i cavi collegati al riferimento e
all’elettrodo indicatore. Inoltre, e’ stato aggiunto un piccolo raccordo in vetro
con tappo che serve per aggiungere soluzione (all’occorrenza) nella semicella di
riferimento.
A questo punto, dovrebbe esservi chiaro che l’elettrodo combinato immerso
nella soluzione test dello stadio numero 4 e’ perfettamente equivalente alla cella
“convenzionale” dello stadio numero 1 da cui siamo partiti (questo e’ sottoli-
neato dal grande segno di uguaglianza che connette lo stadio 1 allo stadio 4 in
figura 2.17).
121
buretta
voltmetro
agitatore
buretta
voltmetro
agitatore
Figura 2.18: Titolazione di ioni Cl− con AgN O3 seguita per via potenziometrica
con una cella elettrochimica “convenzionale” (parte superiore) o con un elettrodo
combinato (parte inferiore). E’ stata evidenziata la corrispondenza fra elettrodo
indicatore ed elettrodo di riferimento nei due setup sperimentali.
122
ddp
123
Come per il termine Erif , cio’ determina solo una traslazione verticale della
curva di titolazione, senza alcuna conseguenza nella determinazione del punto
finale.
216. Qualsiasi titolazione puo’ essere seguita per via potenziometrica: e’ suf-
ficiente disporre di un elettrodo indicatore il cui potenziale dipenda dalla con-
centrazione di una delle specie chimiche che partecipano alla reazione su cui la
titolazione e’ basata. Citiamo qualche ulteriore esempio.
• E’ ovvio che, come la titolazione degli ioni Cl− con AgN O3 , anche quella
degli altri alogenuri puo’ essere seguita per via potenziometrica utilizzando
lo stesso elettrodo indicatore. E’ inoltre possibile dosare miscele di aloge-
nuri: ad esempio, per una miscela di ioni Cl− e I − titolata con AgN O3
si ottiene una curva di titolazione potenziometrica con due punti di flesso
corrispondenti al punto di equivalenza per ciascun alogenuro.
• Tutte le titolazioni acido base possono essere seguite per via potenziome-
trica. In linea di principio, un elettrodo indicatore appropriato potrebbe
essere l’elettrodo a H + /H2 (andate a riverderlo nella figura 2.1): come
mostrato a pagina 92, il suo potenziale dipende dalla concentrazione di
ioni idrogeno in soluzione. In pratica, tuttavia, le titolazioni di neutra-
lizzazione vengono seguite con l’elettrodo a vetro, di gran lunga piu’
comodo da utilizzare e universalmente adoperato per misurare il pH delle
soluzioni.
• Molte titolazioni complessometriche possono essere convenientemente se-
guite per via potenziometrica. In queste titolazioni un catione metallico
viene fatto reagire con un opportuno agente complessante (l’EDTA e’ un
complessante molto usato). Il modo piu’ banale di seguire la titolazione
per via potenziometrica e’ quindi quello di introdurre nella soluzione una
sbarretta del metallo il cui catione viene titolato.
• Un’altra classe di titolazioni che puo’ essere seguita per via potenziome-
trica e’ quella delle titolazioni redox. Prendiamo ad esempio la titolazione
di ioni F e2+ con soluzione standard di Cr2 O72− . La reazione analitica e’
l’ ossidazione del F e2+ a F e3+ ad opera dello ione Cr2 O72− in ambiente
acido:
Nel corso della titolazione il rapporto fra la concentrazione dello ione F e3+
e quella dello ione F e2+ passa da un valore iniziale molto piccolo ad un
valore molto grande dopo il punto di equivalenza (quando praticamente
tutti gli ioni F e2+ sono stati ossidati). Se immergiamo un filo di platino
nella soluzione, otteniamo un sistema elettrodico il cui potenziale dipende
proprio dal rapporto delle concentrazioni dei due ioni ferro (pagina 90) e
che quindi puo’ essere sfruttato per seguire la titolazione:
RT [F e3+ ]
E = EF◦ e3+ /F e2+ + ln
F [F e2+ ]
124
2.8.4 Analisi delle curve di titolazione
217. Come abbiamo detto, al termine di una titolazione potenziometrica ci ri-
troviamo con una tabella in cui, per ogni valore del volume di soluzione titolante,
abbiamo riportato la corrispondente differenza di potenziale letta sul voltmetro.
La prima cosa da fare e’ costruire un grafico in cui si riporta la differenza di
potenziale in funzione del volume di titolante.
Una volta costruita la curva di titolazione, si pone il problema della deter-
minazione del punto finale, corrispondente al flesso della curva.
La cosa piu’ semplice e’ quella di stimare ad occhio la posizione del flesso.
Quando il salto della curva in corrispondenza al punto finale e’ sufficientemente
netto, la precisione del risultato ottenibile con questo sistema e’ sicuramente
comparabile con quella fornita da metodi piu’ sofisticati.
Fra i tanti metodi grafici sviluppati a questo scopo, citiamo i seguenti due.
218. Allo scopo di aumentare la precisione (ad esempio quando il salto in cor-
rispondenza del punto finale non e’ molto netto) si possono elaborare nume-
ricamente i dati ottenuti ricavando la derivata prima e seconda della curva di
titolazione. Al termine dell’esperienza si e’ in possesso di una sequenza di N
coppie di valori (Vi , ddp i ). Allora e’ possibile costruire una sequenza di (N − 1)
coppie di valori (Vi′ , (∆ddp/∆V )i ), con:
125
12
pH o ddp
11
1
10
8 5
2
7
5 4
4 3
3
0 5 10 15 20 25 30 35 40
volume titolante
Figura 2.20: Metodo grafico per la determinazione del punto finale in una
titolazione potenziometrica
12
pH o ddp 4 5 1
11
2
10
7 3
6 6
4 5
1
7 8
3
0 5 10 15 20 25 30 35 40
volume titolante
Figura 2.21: Metodo grafico per la determinazione del punto finale in una
titolazione potenziometrica
126
ddp i+1
ddp i
(Vi+1 − Vi )
Vi +Vi+1
Vi 2
Vi+1
Vi + Vi+1
Vi′ =
2
∆ddp ddp i+1 − ddp i
=
∆V i Vi+1 − Vi
i = 1 · · · (N − 1)
Notate che (∆ddp/∆V )i e’ la pendenza della retta che passa per i punti di
coordinate (Vi , ddp i ) e (Vi+1 , ddp i+1 ), e quindi rappresenta un’approssimazione
alla derivata prima della curva di titolazione nel punto medio fra Vi e Vi+1 , cioe’
(Vi + Vi+1 )/2. La cosa e’ illustrata nella figura 2.22.
Siccome la curva di titolazione ha un andamento sigmoide, la sua derivata
prima mostrera’ un picco pronunciato in corrispondenza al punto finale, che
ne consente una piu’ facile determinazione. (Per rendervi conto di come la
derivata prima di una sigmoide sia una funzione a picco, considerate come varia
la pendenza di una retta tangente alla curva y(x) in figura 2.23 al variare di x)
Il procedimento puo’ essere ripetuto per ottenere la derivata seconda. A
partire dalle (N − 1) coppie di valori (Vi′ , (∆ddp/∆V )i ) e’ possibile ricavare
(N − 2) coppie di dati (Vi′′ , (∆2 ddp/∆V 2 )i ), con:
Vi′ + Vi+1
′
Vi′′ =
2
∆ddp ∆ddp
2
∆ ddp
∆V − ∆V
i+1 i
= ′
∆V 2 i Vi+1 − Vi′
i = 1 · · · (N − 2)
127
y(x)
dx
dy
d2 y
dx2
128
250
0
ddp
-250
-500
1000
ddp
500
dV
d
2000
1000
dV 2 ddp
0
d2
-1000
-2000
V
p1
ddp(V ) = + p4 V 3 + p5 V 2 + p6 V + p7
1 + exp (p2 (V − p3 ))
Questa relazione esprime la differenza di potenziale misurata ddp come fun-
zione del volume di titolante V . I termini p1 . . . p7 sono dei parametri: mentre
129
le caratteristiche generali della funzione sono determinate dalla sua forma ana-
litica, il suo aspetto particolare e’ determinato dal valore numerico dei parame-
tri. Per comprendere cosa significhi cio’, facciamo un semplicissimo parallelo.
Sappiamo tutti che la funzione:
y(x) = mx + q
rappresenta una retta nel piano cartesiano. Questa (cioe’ quella di essere una
retta) e’ una caratteristica insita nel modello analitico, indipendente dal parti-
colare valore dei parametri, che in questo caso sono m, la pendenza, e q, l’inter-
cetta. La forma che abbiamo scritto sopra rappresenta una (doppia) infinita’ di
rette: possiamo individuare una particolare retta di questo insieme assegnando
due particolari valori a m e q.
Cerchiamo di comprendere in modo qualitativo come e’ fatto il modello pro-
posto per approssimare le curve di titolazione. A questo scopo, e’ utile riscriverlo
come somma di due parti:
p1
y1 (V ) =
1 + exp (p2 (V − p3 ))
y2 (V ) = p4 V 3 + p5 V 2 + p6 V + p7
ddp(V ) = y1 (V ) + y2 (V )
130
2
y1 (V )
6
y2 (V )
6
ddp(V )
4
2
0
0 10 20 30
V
131
che realizza un algoritmo tramite il quale i valori dei parametri vengono ite-
rativamente affinati finche’ l’accordo fra modello e dati sperimentali risulta il
migliore possibile; a questo punto, il programma risolve l’equazione:
d2
ddp(V ) = 0
dV 2
fornendo cosi’ il valore del volume finale.
Nella figura 2.25 e’ illustrato il procedimento di ottimizzazione di cui stiamo
parlando applicato ad un caso reale. Per maggior chiarezza, i termini ottimizzati
y1 (V ) e y2 (V ) sono mostrati separatamente nei primi due grafici; nel terzo
grafico i circoletti sono i punti sperimentali mentre la linea continua e’ il grafico
della funzione ddp(V ) = y1 (V ) + y2 (V ) con i valori ottimizzati dei parametri.
Osservate come i dati sperimentali descrivano una sigmoide compresa all’incirca
fra 2 e 6, mentre la funzione y1 (V ), come detto prima, e’ compresa fra 0 e ≈ 1.5:
il termine y2 (V ) trasla la sigmoide portandola sui punti sperimentali. Osservate
ancora che l’accordo del modello con i dati sperimentali e’ piuttosto buono solo
in un intervallo limitato e centrato intorno al punto finale: al di fuori di questo
intervallo (si vede particolarmente bene per V → 0) la funzione analitica non
segue affatto i dati sperimentali. Questo non e’ un problema, visto che siamo
interessati solo al punto di flesso della curva di titolazione e quindi ci basta che
la funzione coincida il piu’ possibile con la curva di titolazione solo in un intorno
del flesso.
132
Appendice A
Il raggiungimento
dell’equilibrio in un sistema
elettrodico
0
voss = voss + koss q (A.1)
0
vrid = vrid − krid q (A.2)
Nelle due espressioni su scritte, koss e krid sono delle costanti positive e q e’
la carica elettrica in eccesso presente sul metallo (chiaramente, ad ogni istante
133
di tempo, la carica q sul metallo e’ bilanciata da una carica di uguale entita’
ma di segno opposto presente in soluzione). Inizialmente, a t = 0, non c’e’
separazione di carica fra metallo e soluzione; in tale condizione si ha q = 0 e
0 0 0 0
quindi voss = voss e vrid = vrid : voss e vrid sono cioe’ i valori iniziali di voss e vrid ,
rispettivamente. Col trascorrere del tempo, sul metallo si accumula un eccesso
di carica elettrica: se q > 0, allora voss viene aumentata di (koss q) rispetto al suo
valore iniziale e vrid viene diminuita di (krid q) rispetto al suo valore iniziale; si
ha il viceversa, se q < 0. Le due espressioni dicono quindi matematicamente cio’
che abbiamo gia’ illustrato a parole (punto 162): un eccesso di carica elettrica
positiva sul metallo accelera l’ossidazione e rallenta la riduzione; il viceversa vale
se sul metallo e’ presente un eccesso di carica negativa. Le costanti moltiplicative
koss e krid esprimono la sensibilita’ di ciascuna velocita’ ad un determinato
eccesso di carica sul metallo: maggiore e’ il loro valore, e maggiore sara’ l’effetto
di accelerazione o rallentamento sulla corrispondente velocita’ per un dato valore
di q.
Chiaramente, le equazioni A.1 e A.2 sono ben lungi dal rappresentare anche solo
lontanamente la complessita’ di un sistema elettrodico (ad esempio, abbiamo vo-
lutamente tralasciato di rappresentare la dipendenza dalla concentrazione); cio’
non di meno, esse possiedono le caratteristiche minime che servono ad illustrare
l’evoluzione del sistema.
Assegniamo ora dei valori numerici ai vari parametri e proviamo a seguire
l’evoluzione del sistema nel tempo.
Poniamo, ad esempio:
0
voss = 10
0
vrid = 5
koss = 2
krid = 2
Questa scelta corrisponde alla situazione che abbiamo prima descritto (pun-
to 162), in cui a t = 0 l’ossidazione e’ piu’ veloce della riduzione.
Per seguire l’evoluzione temporale del sistema elettrodico, consideriamo un in-
tervallo di tempo ∆t = 0.1 e calcoliamo i valori che assumono voss , vrid e q dopo
un tempo pari a ∆t, 2∆t, 3∆t . . .
0 0
A t = 0, come abbiamo gia’ visto, si ha: voss = voss , vrid = vrid e q = 0.
Quando e’ trascorso un tempo pari a ∆t = 0.1, un numero di moli di atomi
0
di Ag pari a voss ∆t = voss ∆t = 10 × 0.1 = 1 hanno abbandonato il metallo
+
sotto forma di ioni Ag : per effetto dell’ossidazione, quindi, sul metallo si e’
creata una carica negativa pari a 1 mole di elettroni; chiamiamo qoss tale carica,
per sottolineare che e’ l’eccesso di carica dovuto al solo processo di ossidazione.
Nello stesso tempo, un numero di moli di ioni Ag + dato da vrid ∆t = vrid 0
∆t =
5 × 0.1 = 0.5 si e’ depositato sul metallo dalla soluzione: questo processo crea
quindi sul metallo una carica positiva qrid = +0.5. L’eccesso di carica risultante
sul metallo e’ dato dalla somma algebrica di qoss e qrid , cioe’: q = qoss +
qrid = −1 + 0.5 = −0.5. Vediamo quindi che, siccome abbiamo supposto che
l’ossidazione sia inizialmente piu’ veloce della riduzione, sul metallo si accumula
carica negativa (e nella soluzione si crea una corrispondente carica positiva). La
134
carica q accumulatasi sul metallo determina a sua volta un cambiamento di voss
0
e vrid secondo le equazioni A.1 e (A.2): voss = voss + koss q = 10 + 2 × (−0.5) = 9
0
e vrid = vrid − krid q = 5 − 2 × (−0.5) = 6. Troviamo cosi’ che, dopo un tempo
pari a ∆t = 0.1, il processo inizialmente piu’ veloce (l’ossidazione) e’ rallentato,
mentre quello piu’ lento (la riduzione) e’ accelerato, come avevamo gia’ detto in
precedenza.
A questo punto siamo pronti per calcolare i valori di voss , vrid e q dopo un
tempo pari a 2∆t, a partire dai valori che abbiamo appena calcolato al tempo ∆t.
Durante questo secondo intervallo di tempo, l’ossidazione produce sul metallo
una carica negativa data da: qoss = −voss ∆t = −9 × 0.1 = −0.9 e la riduzione
crea nel filo metallico una carica positiva pari a qrid = vrid ∆t = 6 × 0.1 = 0.6.
La carica risultante sul metallo sara’ data ora dalla somma algebrica di tre
termini: la carica che si era gia’ accumulata durante il primo intervallo di tempo
(chiamiamola q(t=∆t) ), il contributo negativo dell’ossidazione relativo al secondo
intervallo di tempo e il contributo positivo della riduzione nello stesso intervallo
di tempo. In simboli: q = q(t=∆t) + qoss + qrid = −0.5 − 0.9 + 0.6 = −0.8.
I valori di voss e vrid al tempo t = 2∆t si ricavano sempre dalle espressioni (A.1)
e (A.2):
0
voss = voss + koss q = 10 + 2 × (−0.8) = 8.4
0
vrid = vrid − krid q = 5 − 2 × (−0.8) = 6.6
Come si vede, dopo un tempo pari a 2∆t, sul filo di Ag continua ad accumularsi
carica negativa; contemporaneamente, voss continua a diminuire e vrid continua
ad aumentare.
Sulla base di quanto appena visto, possiamo ora generalizzare le formule per il
calcolo di q, voss e vrid . A un dato tempo, si calcolano qoss e qrid utilizzando
i valori di voss e vrid , rispettivamente, calcolati nello step precedente. Poi si
calcola q sommando i valori correnti di qoss e qrid e il valore di q allo step
precedente. Infine, si aggiornano i valori di voss e vrid con il valore di q appena
ottenuto.
Indicando con l’indice n lo step “corrente”, corrispondente percio’ al tempo
t = n∆t, il calcolo puo’ venire cosi’ illustrato:
(n=0) 0
voss = voss
(n=0) 0
vrid = vrid
(n=0)
qoss = 0
(n=0)
qrid = 0
(n=0)
q = 0
n n−1
qoss = −voss ∆t
0
= −(voss + koss q n−1 )∆t
n n−1
qrid = vrid ∆t
0
= (vrid − krid q n−1 )∆t
n n−1 n n
q = q + qoss + qrid
135
n 0
voss = voss + koss q n
n 0
vrid = vrid − krid q n
n = 1, 2, 3 . . .
136
0.0
-0.2
-0.5
q
-0.8
-1.0
-1.2
0 0.5 1 1.5 2
t
Figura A.1:
137
10.0
9.0 voss
8.0
v
7.0
6.0 vrid
5.0
0 0.5 1 1.5 2
t
Figura A.2:
138
la soluzione conterra’ un eccesso di carica positiva di uguale valore. A causa
di questa separazione di carica, fra metallo e soluzione esiste una differenza di
potenziale elettrico che abbiamo chiamato potenziale elettrodico.
Provate a ripetere i calcoli cambiando i parametri: ad esempio, costruite una
tabella analoga per il caso in cui la riduzione sia inizialmente piu’ veloce del-
l’ossidazione. Una scelta opportuna dei parametri potrebbe essere:
0
voss = 4
0
vrid = 9
koss = 3
krid = 2
∆t = 0.1
139
Appendice B
Il programma icee
221. Nel capitolo 1 abbiamo visto che tutti i problemi di equilibrio possono
essere trattati in modo esatto; scrivere il sistema di equazioni che fornisce tutte
le concentrazioni di equilibrio e’ (o dovrebbe essere) abbastanza semplice. Una
volta scritto il sistema, tuttavia, la sua risoluzione solo raramente puo’ essere
condotta per via analitica: la maggior parte delle volte, invece, si deve ricorrere
a metodi numerici.
222. In questa sezione presentero’ il programma icee, che serve proprio a
risolvere un sistema non lineare per via numerica.
223. Questa sezione e’ cio’ che comunemente viene chiamato un “tutorial”: cioe’
non vi esporro’ le istruzioni dettagliate del programma, ma piuttosto cerchero’
di mettervi in grado di usarlo attraverso degli esempi concreti di difficolta’ cre-
scente. Vi consiglio di leggere questa sezione in aula computer e di provare “dal
vivo” tutti gli esempi, seguendo le istruzioni.
Sono convinto che l’uso del programma icee possa contribuire molto posi-
tivamente alla comprensione di tutti gli argomenti che vengono trattati nel
corso.
224. icee e’ un acronimo che sta per “ I c ompute e quilibria, e xactly!” e
si pronuncia: “ais-i:”.
140
226. In questa sede descrivero’ l’uso dell’interfaccia grafica, ma tenete presente
che il programma icee e’ completamente indipendente da questa interfaccia;
in altre parole, esso non necessita di alcuna “sovrastruttura”; tuttavia, per
utilizzare direttamente il programma icee, e’ necessario conoscere qualcosa del
sistema operativo Unix e normalmente gli utenti dell’aula computer (cioe’ gli
studenti del corso di studio in chimica) mancano totalmente o quasi di questo
requisito.
227. In pratica, l’interfaccia grafica icee-gui vi consente di:
=⇒ preparare l’input per il programma icee
=⇒ lanciare il programma icee sull’input preparato
=⇒ vedere l’output sia in forma di testo che in forma grafica
usando praticamente solo il mouse.
141
Figura B.1: La finestra iniziale di icee-gui
KA 1.8 × 10−5
◦
CAH 0.1
KW 1 × 10−14
KA 1.8 × 10−5
KW 1 × 10−14
◦
e facendo assumere a CAH 200 valori equispaziati nell’intervallo [0.001, 1.0].
In tal modo, si ottengono 200 soluzioni del sistema in corrispondenza ai 200
◦
valori di CAH . Si puo’ poi riportare in grafico, ad esempio, la concentrazione di
equilibrio degli ioni idrogeno in funzione della concentrazione formale di acido
debole. Sullo stesso grafico, si puo’ rappresentare l’espressione approssimata che
abbiamo ricavato a lezione:
143
Figura B.2: Un esempio dell’uso di icee in modalita’ “parameter scan”
p
H+ = ◦
KA CAH
Il confronto dei due grafici mostra fino a che punto sono valide l’approssima-
zione dell’equilibrio prevalente e l’assunzione KA → 0 per questo problema
(figura B.2).
B.4 Tutorial
242. Iniziamo ora il tutorial vero e proprio: imparerete ad usare icee-gui (e
icee) attraverso una serie di esempi. Potete provare direttamente gli esempi
che seguono in aula computer.
AH = A− + H +
H2 O = OH − + H +
144
I parametri di questo problema sono: la costante di ionizzazione acida KA , la
◦
concentrazione formale dell’acido debole CAH e la costante di autoionizzazione
dell’acqua KW .
Il sistema per trovare le 4 concentrazioni di equilibrio e’:
[A− ] [H + ]
KA =
[AH]
+
KW = H OH −
◦
CAH = [AH] + A− (bilancio di massa per A)
+
H = OH − + A− (bilancio di carica)
Le equazioni
245. Prima di tutto dobbiamo riscrivere le equazioni, le incognite e i parametri
del sistema in “computerese”.
Ad esempio, le concentrazioni non possono essere rappresentate con parentesi
quadrate come siamo abituati a fare sul foglio di carta, perche’ le parentesi
quadrate sono simboli “speciali” per un computer. Inoltre, non abbiamo a
disposizione apici o pedici.
In generale, per quanto riguarda l’uso di icee-gui, per la rappresentazione
simbolica di incognite e parametri tenete presente che:
Nel caso presente, possiamo adottare la seguente mappa per passare dai simboli
usati piu’ sopra a quelli “digeribili” dal computer:
[AH] ⇒ AH
[A− ] ⇒ A
[H + ] ⇒ H
[OH − ] ⇒ OH
KA ⇒ KA
KW ⇒ KW
◦
CAH ⇒ C0
Ora possiamo scrivere le 4 equazioni del sistema nelle prime 4 righe dell’area
“Equations” di icee-gui.
246. Prima, pero’, vanno fatte alcune precisazioni.
145
(espressione al primo membro) = 0
[A− ] [H + ]
KA =
[AH]
[A− ] [H + ]
KA − = 0
[AH]
[AH] KA − A− H + = 0
146
Figura B.3: La finestra di icee-gui dopo aver digitato le equazioni
Portate il cursore nella prima riga clickando con il mouse (bottone sinistro) e
digitate la prima equazione (ricordate: solo il primo membro, NON digitate
anche “=0”).
Naturalmente, se vi serve, potete usare le freccine per spostare il cursore e/o can-
cellare con il tasto di backspace. Oppure potete posizionare il cursore clickando
col mouse.
Dopo che avete digitato le equazioni, la finestra di icee-gui dovrebbe essere
come mostrato nella figura B.3.
Le incognite
248. Ora dobbiamo dire ad icee chi sono le incognite nel sistema. A questo
scopo useremo l’area “Variables”. Anche ora va fatta qualche precisazione.
249. In generale, il sistema da risolvere puo’ avere piu’ di una soluzione. Ad
esempio, il sistema per l’equilibrio di autoionizzazione dell’acqua:
147
H+ OH − = KW
+
H = OH −
[H + ] = 1. × 10−7 [H + ] = −1. × 10−7
e
[OH − ] = 1. × 10−7 [OH − ] = −1. × 10−7
Solo una delle possibili soluzioni ha significato fisico, ma questo icee non lo
sa. Allora, possiamo “suggerire” ad icee di convergere, fra tutte le possibili
soluzioni di un dato sistema, solo su quell’unica che ha significato fisico. A
questo scopo, per ciascuna incognita, spcifichiamo anche un limite minimo e un
limite massimo entro cui il suo valore finale deve essere compreso.
Per questo motivo, nell’area “Variables” di icee-gui ogni riga contiene 3 campi:
nel primo scriverete il simbolo dell’incognita, mentre riempirete il secondo e il
terzo campo con, rispettivamente, il valore minimo e massimo ammissibili per
quell’incognita.
Vedremo fra un’attimo come fare per il problema che stiamo trattando.
250. Prima, pero’, e’ opportuno aggiungere ancora qualcosa che riguarda
l’algoritmo usato per le risoluzione del sistema.
L’algoritmo usato da icee per risolvere il sistema non lineare e’ chiamato meto-
do di Newton-Raphson. Senza entrare nei dettagli, e’ sufficiente dire che questo
metodo e’ un cosiddetto metodo “iterativo”: cioe, si scelgono dei valori ini-
ziali per le incognite e l’algoritmo affina iterativamente questi valori facendoli
convergere alla (o meglio: “ad una”) soluzione del sistema.
La convergenza e’ tanto piu’ rapida (cioe’ il numero di iterazioni da compiere e’
tanto minore) quanto piu’ i valori iniziali di partenza sono vicini alla soluzione.
Nel caso dei sistemi risolventi i nostri problemi di equilibrio sarebbe facile as-
segnare alle incognite valori approssimati vicini a quelli corretti, ma questo,
come abbiamo visto a lezione parlando dei metodi approssimati, presuppone
un’analisi caso per caso (approssimazione dell’equilibrio prevalente, K → 0 o
K → ∞).
Tradurre quest’analisi approssimata del problema in un algoritmo generale,
pero’, e’ molto complicato (almeno per me).
148
251. Allora come si comporta icee? In un modo molto “grezzo”:
1 per dire ad icee di accettare per quella variabile solo le soluzioni com-
prese entro l’intervallo (e quindi, ad esempio, scartare soluzioni negative,
se la variabile e’ una concentrazione)
2 per permettere ad icee di scegliere per la variabile dei valori di partenza
in un intervallo “ragionevole”
254. Bene: alla luce di quanto detto, vediamo cosa scrivere nell’area “Varia-
bles”.
Le nostre incognite sono AH, A, H e OH.
149
Cominciamo con AH: che intervallo di variazione specifichiamo per essa?
E’ la concentrazione di equilibrio dell’acido indissociato, quindi sicuramente
dovra’ essere positiva: possiamo dare come valore minimo 0.
Quale potra’ essere il suo valore massimo? Qui dovete mettere in campo quello
che avete imparato! La concentrazione di equilibrio dell’acido indissociato di-
pende, in generale, dal valore della costante di equilibrio e dalla concentrazione
iniziale: pero’, in tutti i casi, possiamo dire che la concentrazione di equilibrio
(finale) di acido indissociato non potra’ mai esser maggiore della concen-
trazione iniziale di acido posta in soluzione. La concentrazione iniziale di
acido debole l’abbiamo chiamata (in computerese) C0: bene, possiamo scrivere
C0 nel terzo campo della riga per AH.
255. Notate: potete esprimere l’estremo superiore dell’intervallo di variazione
della variabile AH in forma simbolica! Questo e’ utilissimo: se fate piu’ calcoli
in cui variate la concentrazione iniziale di acido debole, non serve che ogni
volta cambiate questo valore: esso viene aggiornato automaticamente al valore
selezionato per C0 (che viene specificato nell’area “Parameters”).
In definitiva, le cose da scrivere nella prima riga sono:
campo n.1 campo n.2 campo n.3
AH 0 C0
Per la seconda variabile, A, valgono le stesse considerazioni: anch’essa dovra’
essere positiva e minore di C0:
campo n.1 campo n.2 campo n.3
A 0 C0
256. La terza variabile e’ la concentrazione di equilibrio degli ioni idronio, H.
Anche qua si ragiona allo stesso modo. H dovra’ essere positiva. Inoltre, il suo
valore massimo dipende dalla costante di ionizzazione acida:
se KA → 0
la concentrazione di equilibrio degli ioni idronio tende ad essere quella
dell’acqua pura, 1 × 10−7 mol/L
se KA → ∞
la concentrazione di equilibrio degli ioni idronio sara’ praticamente
coincidente con C0, perche’ tutto l’acido si sara’ dissociato.
Si potrebbe quindi dare come estremo superiore C0. Ma attenzione: se voglia-
mo risolvere il sistema anche per valori di C0 molto piccoli (10−7 ,10−8 o minori)
la concentrazione di equilibrio degli ioni idronio potrebbe essere maggiore di
C0, perche’ in tal caso il contributo dell’acqua (≈ 10−7 ) sarebbe predominante.
Allora, un limite piu’ generale e’ non “C0”, ma “C0 + 10−7” (10−7 e’ il massimo
valore della concentrazione di ioni idrogeno prodotti dall’acqua in questo siste-
ma: ne siete ben convinti?). Se poi vogliamo mantenerci ancora piu’ in generale,
possiamo non assumere che il prodotto ionico dell’acqua abbia necessariamente
un valore di 10−14 : possiamo quindi esprimere la massima
√ concentrazione di
ioni idronio prodotti dall’acqua semplicemente come KW . In questo modo, ad
esempio, potremmo calcolare le concentrazioni di equilibrio per un acido debole
in un solvente protico non acquoso, ad esempio l’acido acetico, per il quale la co-
stante di autoprotolisi vale 3.5 × 10−15 (chiaramente, in questo caso, dovremmo
conoscere la costante di ionizzazione acida dell’acido debole in quel solvente).
150
La radice quadrata in computerese si indica con sqrt() (“sqrt” sta per “square
root”). In definitiva, per la riga corrispondente all’incognita H possiamo scrivere:
campo n.1 campo n.2 campo n.3
H 0 C0+sqrt(KW)
Resta la variabile OH, la concentrazione di equilibrio degli ioni ossidrile. Qui le
cose sono piu’ semplici. Il limite inferiore e’ ovviamente 0. Il limite superiore e’
sicuramente 10−7 , o meglio, se non vogliamo assumere Kw = 10−14 , sqrt(KW)
(gia’ scritto in computerese). Non dovrebbero esserci dubbi in proposito: il
sistema che stiamo simulando e’ costituito da un acido in soluzione acquosa.
In questo sistema, la concentrazione di ioni ossidrile non potra’ essere MAI
maggiore di sqrt(KW), cioe’ mai maggiore della loro concentrazione di equilibrio
in acqua pura.
Quindi, per OH scriveremo:
campo n.1 campo n.2 campo n.3
OH 0 sqrt(KW)
257. Bene: ora digitate tutto quanto nelle righe dell’area “Variables”: alla fine
la finestra sara’ come mostrato nella figura B.4.
I parametri
258. Ci siamo quasi. Restano da specificare i valori dei parametri. Vogliamo
lanciare icee in modalita’ “single shot”, quindi dobbiamo specificare un singolo
valore per ciascun parametro.
Ad esempio, facciamo il calcolo per:
◦
CAH = 0.1
KA = 1 × 10−5
KW = 1 × 10−14
151
Figura B.4: La finestra di icee-gui dopo aver riempito l’area “Variables”
152
Figura B.5: La finestra di icee-gui dopo aver riempito l’area “Parameters”
153
icee propone dei valori default (cioe’ predefiniti) per queste regolazioni. Questi
valori predefiniti vanno bene per casi “normali”, ma potreste avere la necessita’
di cambiarli se vi avventurate su terreni “pericolosi”.
154
D’altro canto, se si fissa tolf ad un valore troppo grande, si
rischia di ottenere risultati senza senso. Considerate questa
equazione del sistema che stiamo studiando:
KW-H*OH
KW e’ 1 × 10−14 e quindi dei valori accurati di [H + ] e
[OH − ] dovranno essere tali che la differenza su scritta sia
almeno minore (in valore assoluto) di 1 × 10−14 . Se fissiamo
tolf=1e-5 il test di convergenza sarebbe superato anche
con valori completamente senza senso per le due incognite.
In generale, tolf dovrebbe essere abbastanza piu’ picco-
lo della piu’ piccola costante di equilibrio che compare nel
sistema. Ad ogni modo questo e’ un parametro che va
regolato caso per caso, molto spesso per tentativi.
2 un secondo criterio di convergenza e’ basato sulla seguente
considerazione. Se siamo arrivati alla soluzione del sistema
e continuiamo ad iterare, i valori delle incognite da un’ite-
razione alla successiva rimangono identici. Allora il secondo
criterio di convergenza e’:
“se la somma delle variazioni subite dalle incognite
passando da un’iterazione alla successiva e’ minore
di una soglia prefissata, mi dichiaro contento del
risultato raggiunto e mi fermo”
Questa seconda soglia di convergenza e’ il parametro tolx.
Anche qui si deve trovare un compromesso: un valore trop-
po piccolo spinge l’accuratezza, ma allunga il tempo di ca-
lolo; un valore troppo “lasco” rischia di produrre risultati
senza senso.
icee assume di aver fatto un buon lavoro quando almeno uno
(e’ indifferente quale) dei due criteri di convergenza viene sod-
disfatto.
go!
261. Siamo pronti per lanciare il calcolo! Prima pero’, salviamo il lavoro fatto
finora: in seguito, se ci servira’, potremo ricaricarlo per usarlo come punto di
partenza per altri calcoli.
Clickate sul bottone “save” e digitate il nome di un file in cui salvare il vostro
input. Attenti: in Unix e’ meglio non mettere spazi nei nomi dei files. Se volete
separare le parole, usate l’underscore. Inoltre, per una semplice questione di
ordine, usate l’estensione icee, che vi ricorda subito cosa contiene il file. Ad
esempio: “weak_acid.icee” potrebbe essere una buona scelta del nome.
262. Ed ora: rullo di tamburi. Clickate “go!”.
Sembra che non sia successo nulla, ma se guardate a fianco dell’area “Equations”
vedrete che e’ comparso il bottone “view icee output”. Clickate il bottone:
compare una finestra che contiene il vostro risultato (potete allargare la finestra
trascinandone il bordo con il mouse).
155
Figura B.6: Il risultato!
156
Il contenuto della finestra e’ mostrato nella figura B.6.
263. Quello che vedete e’ l’output generato da icee. C’e’ una riga che vi ricorda
cosa significa l’acronimo icee.
Poi icee vi ripresenta le equazioni che ha letto dall’input che avete preparato:
“the system was:”.
Vi ripropone i valori che avevate assegnato ai parametri: “the parameters were:”.
E finalmente vi mostra il risultato del calcolo: “the refined values of the variables
are:”.
Per ultimo, icee vi mostra quanto vale ciascun primo membro delle equazioni
con i valori trovati per le incognite: “the residuals are:”. Come avevo accennato,
questi dovrebbero essere teoricamente nulli. Vedete che in realta’ non sono nulli,
ma hanno comunque valori molto piccoli. Se i residui non sono molto piccoli,
c’e’ qualcosa che non va.
264. Ma vediamo un po’ ’sti risultati e cerchiamo di valutarli chimicamente.
Quanto acido debole si e’ dissociato? Assai poco, in realta’:
AH = 0.0990049875
OH = 1.00501249e-11
157
Clickate “view icee output”. Questa volta il risultato e’:
158
Clickate “go!” e guardate il risultato clickando “view icee output”:
AH = 1e-12
p
H+ = ◦
CAH KA
159
KA ≫ KW
◦
CAH non troppo piccola
KA → 0
p ◦
CAH KA − [H + ]teorica
err = 100
[H + ]teorica
A questo punto potremmo lanciare vari calcoli con icee per diversi valori di KA
◦
e CAH e calcolare con la calcolatrice tascabile l’errore come mostrato sopra.
268. Tuttavia possiamo fare in modo che icee calcoli direttamente l’errore per
noi.
A questo scopo aggiungiamo una quinta incognita al problema dell’acido debole:
l’errore che vogliamo far calcolare ad icee. Questa “finta” incognita e’ legata
alla concentrazione di equilibrio degli ioni idronio dalla relazione su scritta, che
quindi e’ la quinta equazione richiesta visto che ora le incognite sono diventate
5.
Notate che tutto cio’ e’ perfettamente lecito, dal punto di vista matematico:
aggiungiamo un’incognita e un’equazione indipendente; i conti tornano: ora
risolviamo un sistema di 5 equazioni per 5 incognite. Per icee non c’e’ alcun
problema.
Mettiamo l’equazione da aggiungere nella forma richiesta:
p
err × H + teorica = 100 ◦
CAH KA − H + teorica
p
err × H + teorica − 100 ◦
CAH KA − H + teorica = 0
e traduciamo in computerese:
ERR*H-100*(sqrt(C0*KA)-H)
160
269. Siamo pronti. Facciamo un calcolo con:
C0 = 0.1
KA = 1e-05
KW = 1e-14
Il risultato e’:
161
C0 ERR
0.1 0.50
0.01 1.59
0.001 5.12
0.0001 17.05
0.00001 61.77
AH*KA-A*H
KW-H*OH
C0-(AH+A)
H-(OH+A)
Incognite:
AH 0 C0
A 0 C0
H 0 C0+sqrt(KW)
OH 0 sqrt(KW)
273. Ora vogliamo ottenere con la modalita’ “parameter scan”cio’ che abbiamo
fatto alla fine della sezione precedente: cioe’ vogliamo vedere come le 4 concen-
trazioni di equilibrio dipendono dalla concentrazione iniziale di acido. Quindi:
fissiamo KW e KA ai valori gia’ visti, e richiediamo ad icee di variare C0 entro un
certo range.
274. Allora: l’input per KA e KW resta identico a quello visto prima.
Invece, nella riga corrispondente a C0, specificheremo nei 3 campi successivi al
primo, rispettivamente, il valore minimo, il valore massimo e il numero di valori
da calcolare entro tali limiti.
L’inserimento di valori numerici in tutti e 4 i campi della riga relativa ad un
parametro segnala al programma che si richiede la modalita’ “parameter scan”.
162
Ad esempio: se volessimo fare 250 calcoli (cioe’ volessimo ottenere 250 solu-
zioni del sistema) in
corrispondenza a 250 valori di C0 equispaziati nell’inter-
vallo 10−11 : 10−1 , dovremmo riempire la riga corrispondente a C0 nel modo
seguente:
Griglie logaritmiche
276. In definitiva, l’area relativa ai parametri andrebbe riempita cosi’:
163
1.000000000 × 10−11
1.111111112 × 10−02
2.222222223 × 10−02
3.333333334 × 10−02
4.444444445 × 10−02
5.555555556 × 10−02
6.666666667 × 10−02
7.777777778 × 10−02
8.888888889 × 10−02
1.000000000 × 10−01
Vedete che fra 10−11 e 1.1 × 10−2 non c’e’ nemmeno un punto: e questo non ci
va bene!
Per avere una griglia di punti distribuiti in modo migliore si deve costruire una
cosiddetta griglia logaritmica: cioe’, invece che considerare un intervallo del
parametro C0, consideriamo un intervallo del logaritmo (decimale) di C0.
Se C0 varia fra 1.0 × 10−11 e 1.0 × 10−1 , il suo logaritmo variera’ fra −11 e −1.
Allora, se applichiamo la stessa formula di suddivisione all’intervallo [−11 : −1]
otteniamo:
−1 − (−11)
xi = −11 + i ×
9
i = 0, · · · , 9
Ora i valori di C0, dati da 10log (C0) , sono distribuiti molto meglio! (guardate la
seconda colonna)
277. Come si puo’ usare una griglia logaritmica per C0 nel nostro input?
Ci sono almeno due modi per raggiungere lo scopo.
primo modo Questo e’ il modo piu’ scomodo, perche’ bisogna modifica-
re un po’ quanto gia’ scritto. Invece di C0 consideriamo
come parametro il suo logaritmo (lo chiameremo LOG_C0
per chiarezza). Questo implica che modifichiamo le equa-
zioni e le variabili in modo tale che al posto di C0 compaia
10^LOG_C0 (in icee l’elevamento a potenza si scrive col
simbolo ^ (in inglese: caret)).
164
Quindi l’input per icee diventa:
Equazioni:
AH*KA-A*H
KW-H*OH
10^LOG_C0-(AH+A)
H-(OH+A)
Variabili:
AH 0 10^LOG_C0
A 0 10^LOG_C0
H 0 10^LOG_C0+sqrt(KW)
OH 0 sqrt(KW)
Parametri:
C0 10^LOG_C0
KA 1.0e-5
KW 1.0e-14
LOG_C0 -11 -1 250
278. Quanto appena detto sulla griglia logaritmica e’ di carattere molto genera-
le. Nello studio della dipendenza degli equilibri da un parametro, molto spesso
si ha interesse a scansionare il parametro attraverso molti ordini di grandez-
za e in tal caso l’uso di griglie logaritmiche e’ praticamente obbligatorio, se si
vogliono ottenere risultati significativi.
279. Modificate l’input per icee in modo da usare la griglia logaritmica (usate
il secondo modo descritto sopra). In definitiva:
165
Equazioni:
AH*KA-A*H
KW-H*OH
C0-(AH+A)
H-(OH+A)
Variabili:
AH 0 C0
A 0 C0
H 0 C0+sqrt(KW)
OH 0 sqrt(KW)
Parametri:
C0 10^LOG_C0
KA 1.0e-5
KW 1.0e-14
LOG_C0 -11 -1 250
go!
280. Ora, finalmente!, clickate il bottone “go!”.
Come nel caso della modalita’ “single shot” non succede nulla di eclatante: pero’,
in alto a destra, sono comparsi tre bottoni: “view icee results”, “edit gnuplot command file”
e “plot”.
Tanto per provare, clickate il bottone “plot”: compare una finestra con un
grafico. Di che grafico si tratta? Per capire come saltano fuori i grafici di icee
dovete avere ancora un po’ di pazienza e seguire questo tutorial.
281. Chiudete la finestra che mostra il grafico portando il mouse al suo interno
e digitando “q” (la lettera “q” minuscola).
282. Innanzitutto vediamo l’output di icee. Clickate sul bottone “view icee results”.
Compare una finestra come quella mostrata nella figura B.7.
Descriviamo l’output di icee per la modalita’ “parameter scan”.
Come nel caso “single shot”, vengono riproposte le equazioni (“the system
was:”).
Poi vengono mostrati i parametri (“the parameters were:”). Notate che la
riga corrispondente al parametro LOG_C0 vi dice che tale parametro e’ stato
scansionato nell’intervallo [−11 : −1]:
Notate ancora che C0 era definito in termini del parametro scansionato LOG_C0
come 10^LOG_C0: quindi anche C0 e’ variato di conseguenza. Tuttavia per esso
viene riportato solo l’ultimo valore assunto (nel nostro caso 10(−1) = 0.1).
Infine, vengono riportati i risultati veri e propri. Potete vedere una serie di
colonne di numeri. La prima colonna (LOG_C0) e’ la serie di valori del parametro
scansionato: vanno da −11 a −1 e ce ne sono 250, come avevamo richiesto.
Le altre 4 colonne sono i valori delle 4 incognite (ogni colonna e’ identificata dal
simbolo dell’incognita a cui si riferisce) corrispondenti ai valori del parametro
scansionato.
166
Figura B.7: L’output di icee in modalita’ “parameter scan”
167
Ad esempio, la prima riga di numeri dice che, per LOG_C0 = −11, la soluzione
del sistema e’:
AH 9.90148122e-14
A 9.90098519e-12
H 1.00004951e-07
OH 9.99950498e-08
e cosi’ via.
http://www.gnuplot.info
http://www.gnuplot.info/documentation.html
http://www.gnuplot.info/help.html
285. gnuplot e’ un programma molto articolato che consente di fare cose estre-
mamente complesse. Per quanto riguarda l’uso di gnuplot dall’interno di icee,
ci limiteremo ad un minimo di informazioni.
gnuplot esegue il suo compito basandosi su delle istruzioni che icee gli passa.
Voi avete accesso a e potete modificare queste istruzioni attraverso il bottone
“edit gnuplot command file”.
Ora elencheremo e spiegheremo i principali comandi di gnuplot usati in icee.
286. Quando viene lanciato in modalita’ “parameter scan” icee prepara un fi-
le minimale di comandi per gnuplot. Clickate su “edit gnuplot command file”:
compare una finestra di testo che contiene il file di comandi per gnuplot pre-
parato da icee:
reset
set terminal x11
set output
unset key
plot ’/tmp/icee-4073.out’ using ($1):($2) with lines linetype 3
168
Innazitutto, ogni riga contiene un singolo comando. Alcuni comandi sono costi-
tuiti da un’unica stringa (ad esempio reset), altri contengono piu’ parole (ad
esempio set terminal x11).
Spieghiamo il significato dei comandi contenuti nel file minimale, poi ne spie-
gheremo altri che potete aggiungere per far fare a gnuplot cio’ che vi serve.
287. Il comando che inizia con plot e’ quello che dice a gnuplot cosa e come
plottare e lo consideriamo in modo piu’ dettagliato. La sintassi di questo co-
mando e’ molto ricca, ma per quello che ci riguarda possiamo considerarne solo
una parte.
Il comando plot serve per plottare o il contenuto di un file oppure una funzione
definita in precedenza nel file di comandi per gnuplot (vedremo fra un po’ come
si possono definire funzioni arbitrarie nel file di comandi per gnuplot).
169
icee scrive i suoi risultati (quelli che avete visto clickando sul bottone “view icee results”)
in un file temporaneo. Il nome di questo file e’ quello che compare racchiuso fra
apici dopo la keyword “plot”. Quindi:
dice a gnuplot come deve plottare le due colonne spcificate. “with lines” vuol
dire che deve unire punti successivi con una linea; “linetype 3” vuol dire che
deve usare la linea di tipo 3, che col terminal “x11” (quello settato col comando
set terminal x11) e’ una linea di colore blu.
170
Quando si usa “with lines”, si puo’ anche specificare lo spessore della linea,
come in:
Un’alternativa alla linea continua che potreste voler utilizzare certe volte e’
quella di usare dei punti, che possono essere di forma e dimensioni diverse. Per
plottare con dei punti invece che con una linea continua dovete cambiare il
frammento su scritto con, ad esempio:
290. Ora, per prendere un po’ di dimestichezza con gnuplot, proviamo ad otte-
nere il plot della concentrazione di ioni idrogeno in funzione della concentrazione
iniziale di acido debole. Se guardate il file dei dati, vedrete che la colonna della
concentrazione di equilibrio degli ioni idrogeno e’ la quarta. Allora modificate
il comando plot cosi’:
171
Quando gnuplot presenta un grafico, seleziona automaticamente, basandosi sui
punti da plottare, i valori massimo e minimo da considerare su ciascuno dei due
assi cartesiani. Si puo’ pero’ richiedere dei ranges esplicitamente. I comandi
sono:
reset
set terminal x11
set output
unset key
plot ’/tmp/icee-4048.out’ using ($1):($4) with lines linetype 3
Clickate su “replot now” e voila’. Come prima, adesso si vede chiaramente che:
293. Per imparare una funzionalita’ molto utile di gnuplot, vediamo ora
come potremmo plottare non la concentrazione di ioni idrogeno, ma il pH della
soluzione in funzione di LOG_C0. Nella specifica delle colonne da plottare si
possono eseguire anche delle trasformazioni matematiche sui valori numerici.
Abbiamo visto che la quarta colonna del file dei dati prodotti da icee e’ quella
della concentrazione di equilibrio degli ioni idronio. Il pH e’ definito come:
172
pH = − log H +
Quindi, per avere un plot del pH vs LOG_C0, basterebbe fare il logaritmo de-
cimale negativo dei valori contenuti nella quarta colonna di dati. Cio’ si puo’
ottenere molto semplicemente con gnuplot: basta modificare il comando “plot”
nel modo seguente:
(sqrt() vuol dire radice quadrata, come per icee, mentre, diversamente da
icee, l’elevamento a potenza per gnuplot e’ indicato con il doppio asterisco
“**” come nel linguaggio Fortran; sin() vuol dire seno, ma per il nostro corso
questa funzione non vi servira’ mai, credo)
Allora, modificate l’input per gnuplot nel modo seguente:
reset
set terminal x11
set output
unset key
plot ’/tmp/icee-4048.out’ using ($1):(-log10($4)) with lines linetype 3
Notate che abbiamo commentato le istruzioni sui ranges, che ora non sono ap-
propriate: commentare invece che cancellare puo’ essere utile perche’ i commenti
possono essere “scommentati” se servono nuovamente.
173
Figura B.8: L’andamento del pH in funzione della concentrazione iniziale di
acido.
reset
set terminal x11
set output
unset key
plot ’/tmp/icee-4048.out’ using ($1):(-log10($4)) with lines linetype 3
174
Clickate su “replot now”: ora si vede molto meglio (figura B.8). In particolare,
vedete che per valori molto bassi di LOG_C0 il pH tende a 7, come deve essere.
294. A lezione abbiamo visto che il grado di dissociazione di un acido debole
aumenta al diminuire della sua concentrazione iniziale. Ora possiamo verificare
questa affermazione “in pratica”.
Il grado di dissociazione e’ definito cosi’:
[A− ]
α = ◦
CAH
[A− ]
=
[AH] + [A− ]
I valori di [A− ] sono contenuti nella terza colonna, mentre quelli per [AH] nella
seconda.
Allora, per ottenere un plot del grado di dissociazione in funzione di LOG_C0,
bastera’ dire a gnuplot:
reset
set terminal x11
set output
unset key
plot ’/tmp/icee-4048.out’ using ($1):($3/($2+$3)) with lines linetype 3
175
Figura B.9: L’andamento del grado di dissociazione in funzione della
concentrazione iniziale di acido.
176
L’uso dell’approssimazione dell’equilibrio prevalente e del fatto che KA → 0
permette di ottenere, per la concentrazione degli ioni idronio in questa soluzione,
la seguente espressione:
p
H+ = ◦
CAH KA
p
pH = − log ◦
CAH KA
Ora vogliamo plottare sullo stesso grafico in funzione di LOG_C0 sia il pH calco-
lato in modo “esatto” da icee che quello calcolato in modo approssimato con
la formula su scritta.
Cominciamo a vedere come scrivere la formula approssimata per gnuplot.
gnuplot consente di definire variabili e funzioni arbitrarie nel suo file di input.
La sintassi e’ estremamente intuitiva. Ad esempio, posso definire la variabile
KA ed assegnarle il valore 1 × 10−5 scrivendo semplicemente:
KA=1.0e-5
(Le regole per i nomi delle variabili in gnuplot sono le stesse viste per i nomi
delle variabili in icee al punto 245)
Oltre a semplici variabili, gnuplot consente di definire delle funzioni. Ad
esempio, per definire la funzione:
◦
p
pH (CAH ) = − log ◦
CAH KA
pH(C0)=-log10(sqrt(C0*KA))
Notate che questo C0 non ha nulla a che fare con il C0 che avevamo definito per
icee.
In realta’, per fare il confronto con i valori “esatti”, dobbiamo scrivere la funzione
che lega il pH approssimato non alla concentrazione iniziale di acido debole, ma
al suo logaritmo. Quindi l’espressione piu’ appropriata e’:
pH(LOG_C0)=-log10(sqrt((10**LOG_C0)*KA))
Anche qui, LOG_C0 non c’entra nulla con il LOG_C0 che avevamo definito in icee:
semplicemente usiamo lo stesso nome perche’ il significato delle due variabili e’
esattamente lo stesso.
177
In definitiva, la formula approssimata da plottare viene definita in gnuplot con
queste due righe:
KA=1.0e-5
pH(LOG_C0)=-log10(sqrt((10**LOG_C0)*KA))
Dobbiamo aggiungere ancora qualcosa. Per maggiore chiarezza, la variabile in-
dipendente della funzione pH l’abbiamo chiamata LOG_C0. Per la definizione
delle funzioni gnuplot assume che la variabile indipendente si chiami “x”. In-
vece di x si puo’ usare un nome qualsiasi (come abbiamo fatto), pero’ bisogna
dire a gnuplot che si usa quel nome invece di “x”. Questo si fa con il comando:
set dummy LOG_C0
che informa gnuplot del fatto che la “dummy variable” (si potrebbe tradurre
con “variabile fittizia”, in pratica e’ la variabile indipendente di una funzione)
non e’ piu’ x ma LOG_C0.
Resta un’ultima cosa: come si dice a gnuplot che deve plottare sia i dati prodotti
da icee che la funzione appena definita?
gnuplot puo’ produrre un numero qualsiasi di plots sullo stesso grafico.
Per il primo si usa il comando “plot” che abbiamo gia’ visto, mentre per tutti i
successivi si usa il comando “replot”, che e’ identico al comando “plot”, salvo
che il suo nome dice a gnuplot che deve plottare su un grafico che contiene gia’
altri plots.
Quindi, nel nostro caso, dovremo scrivere:
plot ’/tmp/icee-4048.out’ using ($1):(-log10($4)) with lines linetype 3
replot pH(LOG_C0) with lines linetype 2
Notate che, per distingure meglio i due plots, plottiamo la funzione pH(LOG_C0)
con una linea continua di tipo diverso da quella usata per i dati (linetype 2).
Ora potete introdurre le modifiche nella finestra del file di comandi per gnuplot:
reset
set terminal x11
set output
KA=1.e-5
pH(LOG_C0)=-log10(sqrt((10**LOG_C0)*KA))
set dummy LOG_C0
unset key
plot ’/tmp/icee-4048.out’ using ($1):(-log10($4)) with lines linetype 3
replot pH(LOG_C0) with lines linetype 2
Clickate “replot now” e dovreste ottenere il grafico mostrato nella figura B.4.
178
Come gia’ visto, il pH “esatto” cresce al diminuire della concentrazione iniziale
dell’acido, ma poi si appiattisce su un asintoto a pH = 7 (il pH non puo’
diventare basico: in fin dei conti, stiamo aggiungendo un acido all’acqua!)
◦
La formula approssimata e’ una retta nel piano pH vs log CAH :
p
pH ◦
= − log CAH KA
1 ◦ 1
pH = − log CAH − log KA
2 2
1
Y = − X +Q
2
ponendo:
Y = pH
◦
X = log CAH
1
Q = − log KA
2
◦
Potete vedere che l’approssimazione regge fino a circa CAH = 1 × 10−4 . Poi,
−9 ◦ −4
nell’intervallo 1 × 10 < CAH < 1 × 10 , il pH “esatto” e’ maggiore di quello
◦
approssimato. Per CAH < 1 × 10−9 , il pH“esatto” e’ praticamente costante (=
7) mentre quello calcolato in modo approssimato continua a crescere linearmente
diventando paradossalmente basico!
296. Terminiamo questo (lunghissimo) esempio presentando altre tre funziona-
lita’ di gnuplot che possono tornare utili.
gnuplot consente di tracciare delle frecce (con o senza punta) e posizionare delle
stringhe di testo sul grafico. Anche la sintassi di questi comandi e’ estremamente
intuitiva.
Per tracciare una freccia (“arrow”) si deve specificare il punto di partenza e
quello di arrivo. Il comando:
definisce la freccia numero 1 che parte dal punto di coordinate (−3.5, 2) e arriva
al punto di coordinate (−3.5, 8). La specifica “nohead” richiede che non venga
disegnata la punta della freccia (quindi, in questo caso, si ottiene un semplice
segmento). Se si vuole la punta, basta omettere la keyword “nohead”.
Frecce successive devono avere un numero di identificazione diverso. Cosi’, se
volessimo definire una seconda freccia, scriveremmo:
e cosi’ via.
179
Siccome gnuplot ricorda tutte le frecce tracciate, e’ buona norma in un file di
comandi azzerare la memoria delle frecce prima di definire quelle che si vogliono.
Cio’ si realizza con il comando “unset arrow”. Quindi, il frammento relativo
alle due frecce viste sopra sarebbe:
unset arrow
set arrow 1 from -3.5,2 to -3.5,8 nohead
set arrow 2 from -11,5 to -2,5
definisce la label numero 1, il cui testo e’ “This is a label” che verra’ posizio-
nata sul grafico in corrispondenza al punto di coordinate (−6, 7), appoggiata a
sinistra.
Anche per le stringhe vale quanto detto per le frecce: conviene sempre azzerare
la memoria di gnuplot prima di definire le nostre stringhe. Cio’ si fa con il
comando “unset label”.
Tanto per prendere pratica, proviamo ad abbellire il grafico che abbiamo pro-
dotto indicando “chi e’ chi”.
Quando si vogliono tracciare frecce o posizionare stringhe su un grafico di
gnuplot, e’ utile attivare una griglia, che consente di capire meglio le coor-
dinate da utilizzare. Cio’ si ottiene con il comando “set grid”. (Come vi
sarete gia’ accorti, il terminale “x11” e alcuni altri mostra in basso a sinistra le
coordinate del punto dove si trova il pointer: quindi, in questo caso, non serve
tracciare alcuna griglia; ma facciamolo lo stesso, per prendere pratica)
Allora, inserite il comando “set grid” nel file dei comandi di gnuplot:
reset
set terminal x11
set output
KA=1.e-5
pH(LOG_C0)=-log10(sqrt((10**LOG_C0)*KA))
set dummy LOG_C0
set grid
unset key
plot ’/tmp/icee-4048.out’ using ($1):(-log10($4)) with lines linetype 3
replot pH(LOG_C0) with lines linetype 2
e ritracciate il grafico.
180
Ora vogliamo posizionare la stringa “calcolo esatto” con una freccia che indichi
il plot relativo al calcolo esatto e la stringa “calcolo approssimato” con una
freccia che indichi il plot relativo al calcolo approssimato.
Avendo la griglia siamo facilitati. Ad esempio, possiamo posizionare la prima
stringa al punto di coordinate (−4, 7), appoggiandola a sinistra e la relativa
freccia possiamo tracciarla dal punto (−4.1, 6.9) al punto (−5.8, 6.1). La seconda
stringa possiamo appoggiarla a destra contro il punto di coordinate (−8, 5)
tracciando la relativa freccia da (−7.9, 5.1) a (−7, 5.9).
I corrispondenti comandi per gnuplot sono:
unset label
set label 1 "calcolo esatto" at -4,7 left
set label 2 "calcolo approssimato" at -8,5 right
unset arrow
set arrow 1 from -4.1,6.9 to -5.8,6.1
set arrow 2 from -7.9,5.1 to -7,5.9
reset
set terminal x11
set output
KA=1.e-5
pH(LOG_C0)=-log10(sqrt((10**LOG_C0)*KA))
set dummy LOG_C0
unset label
set label 1 "calcolo esatto" at -4,7 left
set label 2 "calcolo approssimato" at -8,5 right
unset arrow
set arrow 1 from -4.1,6.9 to -5.8,6.1
set arrow 2 from -7.9,5.1 to -7,5.9
set grid
unset key
plot ’/tmp/icee-4048.out’ using ($1):(-log10($4)) with lines linetype 3
replot pH(LOG_C0) with lines linetype 2
181
297. Infine, vediamo come si puo’ dire a gnuplot di indicare le grandezze
rappresentate sui due assi cartesiani.
Nel nostro caso, stiamo riportando LOG_C0 sull’asse x e il pH sull’asse y. Le
labels sugli assi si specificano con i seguenti due comandi:
Finite di inserire questi due comandi. Il file completo di comandi per gnuplot
relativo a questo esempio e’:
reset
set terminal x11
set output
KA=1.e-5
pH(LOG_C0)=-log10(sqrt((10**LOG_C0)*KA))
set dummy LOG_C0
unset label
set label 1 "calcolo esatto" at -4,7 left
set label 2 "calcolo approssimato" at -8,5 right
unset arrow
set arrow 1 from -4.1,6.9 to -5.8,6.1
set arrow 2 from -7.9,5.1 to -7,5.9
# set grid
unset key
plot ’/tmp/icee-4048.out’ using ($1):(-log10($4)) with lines linetype 3
replot pH(LOG_C0) with lines linetype 2
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Figura B.10: Il grafico con gli “abbellimenti”.
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