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Democrazia a parole e censura nei fatti

Credo che tutti gli italiani, chi più chi meno, conoscano l’articolo 21 della
Costituzione: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con
la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere
soggetta ad autorizzazioni o censure”. E’ fin troppo chiaro il messaggio che i Padri
Costituenti ci hanno lasciato: la stampa non è censurabile perché fa parte integrante
dell’organizzazione sociale. E’ un concetto chiaro, che non bisognerebbe più
affrontare poiché dal 27 dicembre 1947, giorno della promulgazione della nostra
Carta Costituzionale, e dalla sua entrata in vigore il primo gennaio 1948 sono passati
più di settanta anni. Purtroppo, però, viviamo ad Aversa, una città in cui, forse, non
tutti gli abitanti sono stati informati della promulgazione della Costituzione Italiana.
In una frangia della popolazione la parola “democrazia” è stata sostituita dal
famigerato termine “censura”. Una parola subdola, come subdole sono le persone che
lo attuano o tentano di attuare. E sì, perché la censura si può esprimere in tanti modi.
Giudicare sempre con estrema severità ogni articolo di giornale o servizio
radiotelevisivo è censura, indiretta, ma sempre censura. Biasimare, riprovare i
giornalisti per quanto loro scrivono, è censura. Censurare eliminando tutto quanto
non ritenuto conforme ai propri “desiderata” è pura censura. Ad Aversa da qualche
tempo si è sviluppata una nuova forma di censura da parte di qualche amministratore
pubblico: ignorare sistematicamente notizie, mezzi di comunicazione e giornalisti che
non scrivono, trasmettono e pubblicano quello che fa loro piacere. L’aggravante
“aversana” è che questi “signori” fanno di tutto perché la maggioranza della
popolazione ignori quanto sgradito ai “potenti”. Per esperienza personale posso dire
che, senza nessun tipo di “scuorno”, ma con una vera e propria faccia di “cuorno”,
personaggi “influenti” in campo commerciale, per tentare (inutilmente) di bloccare
quanto non gradiscono, non hanno nessuna vergogna a minacciare di ostacolare in
ogni modo la sponsorizzazione dei mezzi di comunicazione “non allineati”. Tenuto
conto che di “pecore” il mondo è pieno, non ci sarebbe da meravigliarsi che questi
ricattatori/censori ottengano il risultato sperato. Non sanno però che le comunicazioni
dei “capoccioni” spessissimo sono intercettate dalle forze dell’ordine (con tutto
quello che segue…). Ovviamente questi comportamenti sono borderline rispetto alla
vera criminalità. Le vere censure “criminali” sono quelle che, come accaduto al
collega Mario de Michele (al quale va tutta la nostra solidarietà e quella dell’intera
redazione), utilizzano minacce, violenze e pistole per bloccare le notizie che non
piacciono ai boss e ai colletti bianchi (molto più pericolosi dei boss). Per questo
bisogna ricordare a certi personaggi che la stampa va rispettata. I giornalisti devono
essere rispettati. I media, sgraditi o non sgraditi che siano, non possono essere
ricattati, ostacolati, minacciati, boicottati perché chi lo fa commette un vero e proprio
reato. E’ meglio che certi personaggi se lo inculchino nelle loro zucche (spesso
vuote) e che pensino a governare, a prendere decisioni, a occuparsi dei problemi per
risolverli non solo per nasconderli o sminuirli, accusando i giornalisti di ogni sorta di
colpe. Lo scaricabarile in Italia non funziona più. Censore avvisato mezzo salvato!

UGO PERSICE PISANTI

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