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1
Abstract
2
INDICE
(C.A.S.A.)
UE,PROGRAMMA DI STOCCOLMA
POLIZIA E L’INTELLIGENCE
RADICALIZZAZIONE
3
I. LA NOZIONE DI TERRORISMO
1
A.SCHMID,Frameworks for conceptualising terrorism,in Terrorism and Political Violence vol
16,n.2,2004.
2
W.LAQUEUR,Il nuovo terrorismo,Corbaccio,Milano 2002, pp 102-103
4
diffondere il panico e di coartare un governo o un'autorità politica internazionale.
All'origine del terrorismo, si aggiunge, ci sono sempre motivazioni ideologiche o
politiche (e questo lo differenzia da comportamenti criminosi motivati da ragioni
private, come la ricerca del guadagno o la vendetta personale). Ma questa
interpretazione resta altamente problematica e non è accolta da molti autori.
Anzitutto, essa non tiene conto della condizione in cui si trovano i popoli oppressi
dalla violenza di forze occupanti, dal momento che la nozione di terrorismo viene
circoscritta alla condotta illecita di soggetti non istituzionali. Anche rispetto a questo
approccio limitato, i Governi hanno omesso di sviluppare un efficace regime
giuridico internazionale volto a prevenire, controllare e reprimere il terrorismo. Essi
hanno, invece, almeno finora, preferito un approccio confuso consistente nello
sviluppare convenzioni distinte per materia che si riferiscono solo ad alcune
particolari manifestazioni di violenza.
5
Firenze di Alessandro de' Medici da parte di Lorenzino de' Medici, che poi nella
sua Apologia rivendicò il gesto come doverosa difesa della libertà repubblicana) e,
nel corso delle guerre religiose del sec. XVI, dalle teorie dei monarcomachi luterani,
calvinisti e cattolici (che trovarono per esempio attuazione nell'assassinio del re di
Francia Enrico IV, nel 1610, a opera del fanatico cattolico Ravaillac). Dopo la svolta
rappresentata dal giacobinismo robespierrista, il terrorismo rimase appannaggio degli
eserciti, da quelli napoleonici a quelli avversi a Napoleone, e delle forze
della Restaurazione (“terrore bianco”), ma nelle aree del dissenso cessò di essere
teorizzato soltanto come strumento di liberazione da un despota per divenire invece
elemento di una più ampia lotta politica. In questo senso il terrorismo appare un
fenomeno radicato nell'Ottocento, quando si diffuse l'immagine del rivoluzionario in
armi pronto, se necessario, ad agire anche isolatamente. Come tale fu rivendicato
dai populisti russi, che lo giustificarono in quanto reazione obbligata alle misure
repressive estreme del potere zarista, e assunse il senso specifico di ribellione da
parte di minoranze organizzate che passavano dalla cospirazione all'intervento
armato. Sempre più, pertanto, venne differenziandosi sia dalle forme di violenza
estrema messe in atto dagli apparati statali nel quadro di un sistema giuridico o anche
in violazione di esso, sia dalla guerra condotta da eserciti regolari, sia dalla
guerriglia. Nel corso del sec. XIX il terrorismo s'intrecciò con le teorie
insurrezionaliste anarchiche ed ebbe particolare diffusione con la serie di attentati
compiuti da giustizieri anarchici contro regnanti di vari Paesi (da quello contro lo zar
Alessandro I nel 1866 a quelli contro il re d'Italia Umberto I del 1878 e 1900).
Contemporaneamente si sviluppò un terrorismo nazionalista, rivoluzionario o
controrivoluzionario, esploso in luoghi diversi dell'Europa continentale (dall'attentato
parigino di F. Orsini contro Napoleone III del 1858 alla lotta armata dei separatisti
irlandesi), dei Balcani e del Medio Oriente, dove crebbe negli anni della prima guerra
mondiale a opera di varie organizzazioni (Mano Nera serba, Organizzazione
rivoluzionaria interna macedone, sionisti palestinesi).
III.LEGISLAZIONE ANTITERRORISMO
6
terrorismo. Va, inoltre, considerato che la normativa nazionale relativa ai reati di
terrorismo è frutto di varie disposizioni stratificatesi nel tempo, frutto di interventi a
volte occasionali ed emergenziali. Dal punto di vista storico si può dire che il termine
terrorismo viene introdotto nel nostro ordinamento solo nel 1978 quando viene
inserito nel codice penale l’art.289 bis, che punisce il sequestro di persona a scopo di
terrorismo o di eversione3. Infatti, il codice penale italiano, che risale al 1930,
sanzionava i “Delitti contro la personalità interna” ed è stato modificato in risposta
all’aggressione terroristica degli anni ‘70 e ’80 mediante la “legislazione
dell’emergenza”.4 Agli interventi normativi in parola seguirono le leggi di
attuazione delle Convenzioni e dei Trattati internazionali sottoscritte dall’Italia (in
sede ONU, Consiglio d’Europa ed Unione Europea). Il Codice penale italiano, non
aveva, quindi, una previsione specifica relativa al fenomeno terroristico. La
repressione sul fronte giudiziario è stata effettuata facendo ricorso agli strumenti
giuridici vigenti al Codice penale del 1930 che, nella gerarchia dei beni
giuridicamente protetti dalla Parte Speciale, collocava i delitti politici, ossia i
“Delitti contro la personalità interna dello Stato”5. Le disposizioni in esso racchiuse
sono espressione del periodo storico in cui vengono elaborate e del modello
politico di Stato totalizzante ed autoritario, espressione del regime fascista.
3
Articolo introdotto con l’art. 2 d. l. del 21 marzo 1978, n.59 convertito con modifiche della legge
18 maggio 1978, n.191 ”Norme penali e processuali per la prevenzione e la repressione di reati
gravi”
4
V.M.CHIAVARIO, Commento al d. l. 15 dicembre 1979 in Legisl. Pen ,1981,32)
5
V. Digesto UTET 583 e ss. Codice Penale Commentato Lattanzi, Fiandaca e Musco, Diritto
penale, Parte Speciale vol.1, Bologna 1999,1; MARCONI,I Delitti contro la personalità dello Stato,
Profili storico-sistematici, Milano 1984
7
riferimento agli artt.18 e 21 Cost, che presidiano i valori giuridici della libertà di
associazione e di manifestazione del pensiero. Si è, pertanto, palesata la necessità di
chiarire entro che limiti le fattispecie di reato potessero ritenersi integrate.
L’ampiezza dell’attività terroristica agli inizi degli anni ’70 ha reso necessaria
l’introduzione di una legislazione specifica detta legislazione dell’emergenza, in
virtù dell’eccezionalità della situazione di pericolo per la sicurezza dei cittadini e
delle istituzioni. Nella specie all’indomani del sequestro dell’onorevole Aldo Moro,
con d. l. 21 marzo 1978 n.59 ( convertito con modificazioni nella legge 18 maggio
1978,n.191) fu inserito l’art.289 bis c.p. il cui comma 1 recita:” Chiunque per
finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, sequestra una persona è
punito con la reclusione da 25 a 30 anni”. All’intervento normativo in esame ben
presto fece seguito l’adozione di un nuovo decreto legge n.625 del 1979 convertito
nella legge 15 del 19806 con cui il codice penale ancora una volta venne novellato,
stavolta con l’introduzione del reato di associazione con finalità di terrorismo o di
eversione dell’ordine democratico tramite l’art.270 bis c. p. 7
, in cui la finalità di
terrorismo è elemento costitutivo del reato ed è oggetto del dolo specifico.
6
V.MAZZANTI, La Legge 6 febbraio 1980, n.15 contro il terrorismo, in Giust.pen.,1980,III,235;
7
L’art. 270 bis c.p. è stato modificato ex art.1 l,15 dicembre 2001, n.438
8
mediante esplosivi e la Convenzione per la repressione del finanziamento al
terrorismo8.
Almeno nei prima metà degli anni ‘900 nello scenario globale il terrorismo
assume caratteristiche politiche in quanto collegato a precise linee ideologiche.
Il caso italiano è emblematico in tal senso. Per circa tutto il periodo che va
dalla fine degli anni ’60 agli inizi degli anni ’80, l’Italia è stata costellata da una serie
di attacchi terroristici provenienti da fazioni estremistiche di sinistra e di destra.
La lunga durata del terrorismo italiano ha, così, attirato l'attenzione di molti
studiosi che hanno cercato di analizzare le cause di tale fenomeno. L'Italia sembra
essere il solo grande Paese europeo dove il terrorismo politico abbia avuto una così
lunga cittadinanza, con l'eccezione dell'Irlanda del Nord e dei Paesi Baschi, in cui
8
Pubblicata in G.U 14 dicembre 2001, n. .290 che ha convertito il d. l. 12 ottobre 2001,n.369
9
però la problematica ha risentito di cause etniche e religiose. Anomalia italiana è il
diffuso sospetto che negli anni settanta una parte della recente storia patria sia stata
influenzata da iniziative di elementi dei servizi segreti e di gruppi politici
extraparlamentari, interessati alla destabilizzazione del sistema politico italiano e a
condizionare la tenuta democratica del Paese. Il periodo in questione è meglio noto
con il termine “Anni di piombo”, con riferimento all'omonimo film del 1981
di Margareth von Trotta il cui titolo richiama il piombo delle pallottole.
Sconfitti furono anche i gruppi di estrema destra che a loro volta intendevano
cambiare la formula politica governatrice per un venticinquennio, terrorizzando
l'opinione pubblica al fine di dimostrare l'incapacità della democrazia a governare
l'ordine pubblico, e l'esigenza di instaurare un regime autoritario.
Per anni di piombo in Italia si intende un periodo storico coincidente con gli
anni settanta e gli anni ottanta del XX secolo, in cui si verificò un’estremizzazione
della dialettica politica che si tradusse in violenze di piazza, nell’attuazione della
lotta armata e di atti di terrorismo.
Il primo atto della strategia della tensione che caratterizzò quegli anni fu la
9
strage di piazza Fontana avvenuta a Milano il 12 dicembre 1969 .
9
Strategia della tensione in Dizionario giuridico Treccani
10
Il periodo si caratterizza soprattutto per diverse stragi che apparvero insensate
e talvolta senza colpevoli. Tra il 1968 e il 1974 in Italia furono compiuti 140
attentati, tra i quali:
più cruento di quegli anni, e il secondo più sanguinoso di sempre in Italia dopo la
strage di Bologna del 1980.)
feriti).
2 agosto 1980: strage della stazione di Bologna (85 morti e 200 feriti).
11
mentre si trovava alla guida di un fuoristrada.10 11
Per diversi storici è la prima
vittima degli anni di piombo.
Nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970 l'ex comandante fascista Junio Valerio
Borghese, a capo del Fronte Nazionale, tentò un colpo di Stato passato alla storia
come «Golpe Borghese» e che, per motivi non chiariti, venne improvvisamente
annullato mentre era in fase di avanzata esecuzione.
Nel quadro di quella che verrà poi definita da alcuni storici come strategia della
tensione, la società sembra sempre più divisa e si formano gruppi che fanno politica
extraparlamentare e non rifiutano la violenza. Negli ambienti più estremi si passa alla
clandestinità e alla lotta armata. Nella società si genera sempre più un clima di
insicurezza e pericolo, anche perché non vengono compiuti soltanto attentati
clamorosi, ma si verifica uno stillicidio continuo di attacchi contro obiettivi minimi,
singoli cittadini, forze dell'ordine, fattorini di banca, in esecuzione di disegni talvolta
rimasti ignoti e misteriosi. Tra le forze governative e nell'opinione pubblica moderata
prende piede la teoria degli opposti estremismi. Questa teoria fu avallata in seguito a
un rapporto del prefetto di Milano, Libero Mazza, scritto successivamente agli
scontri avvenuti in città il 12 dicembre 1970 tra militanti del MS e le forze
10
M.CAPANNA Formidabili quegli anni, Milano, Rizzoli, 1988
11
I.MONTANELLI E M.CERVI l’Italia degli anni di piombo,Milano,Rizzoli,1991
12
dell'ordine: il testo del documento12, diventato pubblico quattro mesi dopo, scatenò
dure polemiche soprattutto dalla stampa e dagli uomini politici di sinistra.
12
Il Giornale d’Italia di Roma e La Notte di Milano, pubblicano il documento della
Prefettura di Milano indirizzato al Ministro dell’Interno Franco Restivo (Palermo 1911 –
Francavilla di Sicilia 1976), intitolato “Situazione dell’ordine pubblico – Formazioni
estremiste extra-parlamentari”,16 aprile 1971. Era stato scritto il 22 dicembre 1970 dal
prefetto Libero Mazza (Pisa 1910 – Milano 2000) e da allora verrà indicato appunto come
“rapporto Mazza”.
13
I partiti di governo – la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista Democratico
Italiano, il Partito Repubblicano Italiano, il Partito Liberale Italiano e il Partito
Socialista Italiano – rafforzati dal sostegno del Partito Comunista, trovarono l'intesa
politica per elaborare una serie di leggi per far fronte alla situazione di crisi che il
Paese stava vivendo.
Significativa è l'approvazione della legge Reale (n. 152 del 22 maggio 1975),
che introdusse una serie di misure repressive.
La legge in questione suscitò molte polemiche e fu sottoposta a referendum, attuato
l'11 giugno 1978, da cui emerse il favore da parte dell'opinione pubblica: il 76,46%
votò per il mantenimento e il 23,54% per l'abrogazione[17].
Nel 1980 verrà emanata la legge Cossiga, dal nome dell’allora Ministro
dell’Interno (legge n. 15 del 6 febbraio), che prevede condanne sostanziali per chi
venga giudicato colpevole di terrorismo ed estende ulteriormente i poteri della
polizia. Tale legge, dopo che furono sollevati alcuni dubbi di costituzionalità, è stata
considerata conforme a Costituzione dai giudici della Consulta.
Anche questo provvedimento fu sottoposto a referendum abrogativo, tenutosi il 17
maggio 1981, da cui risultò invece il favore dell'opinione pubblica per questa legge:
l'85,12% infatti votò per il mantenimento della legge e solo il 14,88% per
l'abrogazione..
14
L'inizio del 1978 fu segnato da un avvenimento che provocò nelle file della
destra eversiva una reazione che avrebbe avuto ripercussioni sensibili anche nei
successivi anni: la strage di Acca Larentia . La sera del 7 gennaio, Franco Bigonzetti
e Francesco Ciavatta, giovani missini della sezione Acca Larentia nel quartiere
Tuscolano a Roma, furono uccisi a colpi di mitraglietta Skorpion sparati da un
gruppo armato successivamente rivendicatosi come «Nuclei Armati per il
Contropotere Territoriale». La sera stessa, in seguito agli scontri con le forze
dell'ordine, anche un terzo giovane attivista del Fronte della Gioventù, Stefano
Recchioni, fu ucciso da un colpo di pistola sparato ad altezza d'uomo dal capitano dei
carabinieri Edoardo Sivori. Questo fatto segnò l'inizio di un'offensiva del terrorismo
nero (protagonista il gruppo armato dei NAR) non solo contro le forze antifasciste
ma anche contro lo Stato, considerato corresponsabile di quel fatto di sangue. Tra
gennaio e febbraio varie organizzazioni di sinistra uccisero anche Carmine De Rosa
(sorvegliante FIAT a Cassino), l'agente Fausto Dionisi a Firenze e il notaio
Gianfranco Spighi a Prato, mentre le BR assassinarono il consigliere di Cassazione
Riccardo Palma (Roma, 14 febbraio) e il maresciallo Rosario Berardi (Torino, 10
marzo).
Il 16 marzo 1978 avvenne l'agguato di via Fani a Roma, con lo sterminio della
scorta, il sequestro e il successivo assassinio dell'allora presidente della Democrazia
Cristiana Aldo Moro, consumato il 9 maggio 1978 da un commando delle Brigate
Rosse, che definirono l'azione come «attacco al cuore dello Stato».
15
inviato in Sicilia come Prefetto per la lotta alla mafia ma, privo delle risorse e del
sostegno politico del quale aveva goduto nel precedente incarico, fu totalmente
lasciato solo e cadde assassinato dalla mafia a Palermo, assieme alla giovane moglie,
Emanuela Setti Carraro, il 3 settembre 1982.
16
vita sociale veniva nuovamente sottomessa alla produttività, la competizione
economica veniva santificata come unico criterio di progresso 13.
Nel corso degli anni 80 comunque gli episodi di violenza andarono scemando,
anche a causa del crollo del sostegno alle Brigate Rosse, a seguito dell'assassinio
dell'operaio comunista Guido Rossa nel 1979.
La stagione dell'eversione politica, attiva in Italia già dai primi anni del
dopoguerra, si espanse in Sardegna a metà degli anni '60 e si concluse negli anni '80,
fine degli anni di piombo anche nella penisola.
13
F.B. BERARDI, Il sapiente, il mercante, il guerriero, Derive Approdi, 2004
17
A diversi anni di distanza dagli avvenimenti degli omicidi a sfondo politico, sul
finire degli anni '90 ha iniziato a riaffacciarsi sullo sfondo extraparlamentare il
cosiddetto terrorismo risorgente di matrice comunista che portò alla ricostruzione di
organi eversivi scioltisi con la fine degli anni di piombo, come le Nuove BR.
18
Per le organizzazioni terroristiche fu una legge devastante, poiché molti militanti
iniziarono a collaborare con i giudici rivelando i nomi dei complici.
19
inoltre, di: protezione di personalità estere in visita sul territorio italiano e protezione
temporanea, ad alto rischio, di soggetti istituzionali nazionali; operazioni di
prevenzione in eventi con elevata soglia di pericolo; addestramento e qualificazione
di personale operativo di uffici di Polizia specializzati, nazionali ed esteri.
Per iniziativa del Prefetto Emilio Santillo, nacque nel 1974, l'Ispettorato
generale per l'azione contro il terrorismo (IGAT). Dopo il successo di alcune
operazioni delle Teste di cuoio tedesche, l'allora ministro degli interni Francesco
Cossiga il 24 ottobre 1977 emanò un decreto[2], con cui ordinò la creazione di
UN.I.S., Unità Interventi Speciali, per affiancare le investigazioni antiterrorismo, con
azioni di "commando", da parte:
2. della Polizia di Stato che specializzò ulteriormente alcune unità create per
appoggiare le azioni antiterrorismo, che organicamente furono inserite nell'UCIGOS.
I NOCS assursero alla ribalta della cronaca mondiale con l'operazione con la
20
(conflitto a fuoco con i rapitori), Augusto De Megni nel 1991 (liberato l'ostaggio dai
NOCS) e Giuseppe Soffiantini (conflitto a fuoco il 17 ottobre 1997 con i
sequestratori nel corso del quale rimase ucciso l'ispettore Samuele Donatoni14.
14
^ Sequestro Soffiantini, nuova perizia Donatoni ucciso da fuoco amico, La Repubblica, Data
pubblicazione 22-06-2005. URL consultato il 20 settembre 2008.
21
• coordinare l’attivazione delle appropriate misure di emergenza.
22
obiettivo prioritario dell’Unione europea. A tal riguardo il Consiglio Europeo
procedeva all’adozione di un Piano di Azione con il quale intendeva fronteggiare la
minaccia del terrorismo internazionale15. Il programma in questione si componeva
di 5 punti: rafforzare la cooperazione giudiziaria e di polizia, attuare le misure
stabilite al Consiglio di Tampere, istituire squadre investigative comuni e una più
stretta collaborazione con le istituzioni statunitensi, sviluppare gli strumenti giuridici
internazionali, coordinare l’azione globale dell’Unione Europea. Il Piano d’azione
del 2001 veniva rivisitato e aggiornato nel 2004 dopo gli attentati di Madrid e nel
2005, a seguito degli attentati di Londra, quando viene predisposta la Strategia
dell’Unione europea contro il terrorismo allo scopo di fronteggiare il problema
terroristico in maniera completa e globale.
15
Conclusioni e Piano di Azione del Consiglio Europeo straordinario del 21.9.2001
16
Consiglio dell’Unione europea, Strategia Antiterrorismo dell’Unione Europea 14469/3/05
,Bruxelles, novembre 2005,p.8
17
Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio, Reclutamento per
attività terroristiche –Affrontare i fattori che contribuiscono alla radicalizzazione violenta
23
Per quanto concerne il perseguimento, quale terzo elemento cardine della
Strategia dell’UE contro il terrorismo, grande importanza viene data alla
collaborazione fra le forze di polizia e autorità giudiziarie sia nazionali che europee.
Infine, quanto alla risposta l’Ue si impegna a stabilire le modalità di intervento in
situazioni di crisi ed emergenza, ad assicurare attentati terroristici e risarcimento alle
vittime di attentati terroristici e alle famiglie delle vittime, oltre che a collaborare con
organizzazioni internazionali, quindi in concerto e tramite le Nazioni Unite.
24
di invulnerabilità dei Paesi occidentali, particolarmente sviluppati sotto il profilo
economico. E’ importante notare che tutti i tipi di attività criminale transnazionale
hanno beneficiato dei vantaggi della globalizzazione.20
20
M.CHERIF BASSIOUNI Beware Patriotism when it seeks to take away rights, Chicago
Tribune,30 dicembre 2001,paragrafo 2,4
21
T. FRIEDMAN, The Lexus and the Olive Tree: Understanding Globalization (2000)
25
terrorismo palestinese ed islamico - nucleo generatore di ogni altro terrorismo - ci
sarebbe l'odio teologico contro l'Occidente, diffuso dalle scuole coraniche
fondamentaliste. Secondo questo punto di vista nessun'altra «causa» starebbe alla
base del fenomeno, e sarebbe addirittura errato andare alla ricerca delle ragioni
politiche, economiche o sociali del terrorismo.
22
F.MERNISSI Islam e democrazia Casa editrice Giunti, 2002
26
che sono stati storicamente la culla dell'Islam. Ed è anche, sullo sfondo, una protesta
contro le crescenti disparità in potere e ricchezza che oppongono il direttorio delle
grandi potenze industriali alla grande maggioranza dei Paesi deboli e poveri, alla
quale appartengono in larga parte i Paesi a prevalente confessione islamica.
23
R.PAPE Dying to Win: The Strategic Logic of Suicide Terrorism. New York: Random
House, 2005
24
P.CERI, La società vulnerabile, quale sicurezza, quale libertà Laterza 2003, pag. VII
27
tutti i soggetti del sistema anche nello svolgimento delle funzioni essenziali come
quelle relative alla sicurezza, promuovendo coordinamento, raccordo e
collaborazione e ogni tipo di sinergia, eventualmente pure negoziandola25.
25
C.MOSCA, Il prefetto rappresentante dello Stato al servizio dei cittadini, Rubbettino,2010
pag 55 e seguenti laddove viene evidenziato, tra l’altro che rappresentare una nuova statualità
significa farsi artefice del riconoscimento dei diritti prestatuali di cui all’art.2 Cost. accreditando tale
nuova concezione presso la pluralità degli altri soggetti, dal momento che il senso profondo della
democrazia è proprio basato sulla partecipazione e condivisione di tutte le autonomie non solo
territoriali, pure funzionali e sociali, nel rafforzamento delle funzioni sociali, quelle che poi tutelano
la sostanza dell’unitarietà del sistema ordinamentale
28
cooperazione tra intelligence e Law enforcement, né vi sono quelli di ricerca e di
condivisione delle informazioni tra organi di Stati diversi. Del resto anche le stesse
legislazioni nazionali degli Stati democratici hanno evitato di concentrare le attività
dei Servizi di intelligence e quelle di Law enforcement, in unici organismi, nel
rispetto delle libertà costituzionali, evitando in questo modo un tipo di
organizzazione propria dei sistemi dittatoriali di “stato di polizia/polizia segreta”. Il
controllo sulle attività degli uffici di intelligence è stato demandato a specifici organi
istituzionali, previsti dalle leggi in materia: Comitati di controllo, Uffici di
coordinamento istituzionali, etc.
A seguito dei fatti dell’ 11 settembre 2001, gli Stati Uniti sono stati i
destinatari di una notevole quantità di informazioni da parte dei Paesi richiesti di
fornirle. Di conseguenza, questa pratica dello scambio di informazioni, si è
notevolmente diffusa in molti Paesi di tutto il mondo. I fatti dell’11 settembre 2001
hanno ovviamente reso necessario uno scambio di notizie maggiore di quanto non si
facesse prima, in una situazione di sostanziale vuoto legislativo, non essendovi
alcuna convenzione multilaterale che regolamentasse il flusso di informazioni. Le
esperienze di contrasto della criminalità transnazionale, incluso il terrorismo,
rivelano che la prima e più importante tappa nella prevenzione è la cooperazione tra
i servizi segreti e le forze dell’ordine. Tale cooperazione è utile non solo ai fini della
prevenzione, ma anche come deterrente, poiché garantisce che gli autori dei reati
siano effettivamente perseguiti. I sistemi nazionali ripartiscono le funzioni proprie
dei servizi di sicurezza e delle forze dell’ordine tra organismi concorrenti
riducendone pertanto l’efficacia singola e combinata. Inoltre, ognuna di queste
agenzie nazionali tende a sviluppare separatamente delle relazioni ad hoc con gli enti
ad essa equivalenti in un numero ristretto di Paesi; così qualsiasi informazione che
venga condivisa tra le agenzie omologhe di Paesi diversi incorre negli stessi
impedimenti burocratici interni di condivisione delle informazioni e di cooperazione.
Nel diritto penale internazionale sono state finora sviluppate 6 modalità di
cooperazione internazionale. Si tratta di estradizione, assistenza giudiziaria,
trasferimento di procedimenti penali, riconoscimento di sentenze penali straniere,
trasferimento di detenuti, sequestro e confisca di beni. Queste sei modalità non sono
contenute in un’unica convenzione internazionale che le integri in modo da renderle
29
più efficaci. Per servirsi di queste sei modalità di cooperazione interstatuale gli Stati
hanno anche bisogno di una legislazione nazionale. Queste sei modalità, tuttavia non
sono contenute in un’unica convenzione internazionale che le integri in modo da
renderle più efficaci. Sono invece sparse fra le disposizioni di una serie di
convenzioni regionali multilaterali, 26come anche di numerosi trattati bilaterali.27
Per servirsi di queste sei modalità di cooperazione interstatuale, gli Stati hanno
anche bisogno di una legislazione nazionale; ma, ad eccezione di Austria, Germania,
Italia e Svizzera, nessun altro Stato ha una legislazione organica28. L’assenza a livello
sia multilaterale che nazionale, di regimi dell’esecuzione che integrino le sei modalità
sopra menzionate ha reso la cooperazione interstatuale in materia penale ingombrante,
lenta e spesso inefficace.
XIII.L’INTELLIGENCE ITALIANA
26
Vedi ad es. Convenzione inter –americana sull’estradizione O.A.S. T:S No.60 (25.2.1981);
Convenzione europea sull’estradizione , 13.12.1957; Convenzione inter-americana sulla mutua
assistenza in materia penale O:A.S.T.S No75 (23.5.19929.Vedi anche I-IIEKKEHART MULLER-
RAPPARD & M.CHERIF BASSIOUNI, European Inter-State Cooperation in Criminal Matters (2d
ed.1991).La Lega degli Stati Arabi ha una convenzione sull’estradizione e una sulla mutua assistenza
giudiziaria.
27
Vedi U.N: Model Treaty on Extradition G.A. RES.116 UN .GAOR 45th Sess.,Annex,211-
15;U.N .Model Treaty on Mutuale Legal Assistance in Criminal Matters G.A, Res 117,45th Sess.
Annex 215-19,U.N. Doc. A/Res/117 (1990)
28
M.CHERIF BASSIOUNI, Extradition Reform Legislation in the United States 1981-1983
Akron L. Rev. 495-574 (1984)
30
C’è un anno che ha cambiato il mondo dell’intelligence nazionale: il 2007. Fu
allora che venne introdotta la legge n.127 che cambiò il mondo delle Agenzie. I
militari di fatto furono estromessi dall’intelligence, da allora in mano ai civili. Ad
occuparsi di tutto c’è ora l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza che vede al vertice
operativo il presidente del Consiglio dei Ministri. Quest'ultimo ha frequenti incontri
con il CISR (consiglio interministeriale per la sicurezza della repubblica). A fare le
veci del premier c'è l'autorità delegata (attualmente guidata da Marco Minniti).
L'organo che coordina tutto l'aspetto operativo dell'intelligence è il DIS
(Dipartimento informazioni per la sicurezza) che gestisce i due rami più importanti,
l'AISE (Agenzia per le informazioni e la sicurezza estera) e l'AISI (per le faccende
nazionali). Queste ultime due hanno sostituito nel 2007 l'ex Sisde e Sismi che oggi
non esistono più. Le informazioni che arrivano in possesso dei dipartimenti nazionali
sono classificate in 4 livelli di segretezza: riservato, riservatissimo, segreto e
segretissimo. I militari quindi non fanno parte dei servizi di intelligence, anche se il
Parlamento ha recentemente approvato una legge che permette ai servizi segreti di
utilizzare all'occorrenza le forze speciali militari italiane. Questo prima era vietato in
quanto i militari potevano utilizzare un'intelligence tecnico militare solo per
difendere i contingenti impegnati in missioni all'estero. La precedente riforma risale
al 1977, in piena guerra fredda. La legge di 38 anni fa prevedeva l’esistenza di due
servizi segreti differenti: il Servizio segreto di informazione militare (SISMI) alle
dipendenze del ministero della Difesa e il Servizio Segreto di informazione civile
(SISDE) guidato dal ministero degli Interni. Il primo si occupava principalmente dei
“problemi” internazionali, il secondo di contrasto al “terrorismo” e all’eversione. Il
controllo di governo e Parlamento su entrambi rami dell’intelligence era però
piuttosto limitato. Oggi invece il premier ha il compito di nominare i direttori e i
vicedirettori di ogni agenzia, coordinare le politiche dell’informazione per la
sicurezza, impartire direttive e, sentito il CISR, emanare le disposizioni utili ad
organizzare l’intero sistema.
Gli agenti dei servizi italiani AISE e AISI hanno delle garanzie funzionali che
li tutelano per alcuni tipi di reato (ad es. entrare in una casa per piazzare delle
microspie senza l'autorizzazione del Pm). Si sta discutendo sulla possibilità di
31
ampliare queste garanzie funzionali soprattutto durante la minaccia concreta di atti
terroristici.
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monitoraggio dei fenomeni della radicalizzazione e dell’estremismo violento di
matrice jihadista sul territorio nazionale, con particolare attenzione alle
problematiche inerenti alle donne e ai minori e svolge la sua attività anche attraverso
l’audizione di figure istituzionali, di componenti della magistratura e delle forze di
polizia, di ministri di culto e di operatori sociali.
L’obiettivo di tale testo di legge è quello di impedire che giovani musulmani nati e
cresciuti in Italia si radicalizzino e compiano attentati terroristici. Per la prima volta
nel nostro Paese si assiste all’introduzione di una strategia ad hoc sulla prevenzione
della radicalizzazione.
Tale atto normativo si fonda sulla consapevolezza che alcuni giovani europei
vengono affascinati e decidono di raggiungere Daesh (l’altro nome dell’ISIS: Stato
Islamico dell’Iraq e della Siria) o altri gruppi terroristici.
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A.ORSINI: La radicalization des terroristes de vocation, Commentaire
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terrorismo, di non appartenere alla realtà in cui vive, spesso ricostruisce la propria
identità sociale attraverso un’ideologia radicale.
O.ROY La paura dell’Islam pubblicato dal Corriere della Sera nella collana IL dibattito delle
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alla nostra società e si radicalizzino. Si vuole, dunque, contrapporre al messaggio
jihadista non solo un contrasto poliziesco, ma un vero e proprio muro culturale,
coinvolgendo varie parti dello Stato (fondamentale per esempio il ruolo della scuola)
e della società civile (in primis comunità islamiche, ma anche il mondo
dell’accoglienza e le società di Internet). La legge dedica giustamente un’attenzione
speciale alla radicalizzazione su Internet e nelle carceri. Ma i fronti su cui lavorare
sono molteplici. Ed è chiaro che la legge porta una parte della responsabilità della
prevenzione della radicalizzazione a tutta la società e non solo alle forze dell’ordine
o di intelligence. E’ una rivoluzione culturale per il nostro Antiterrorismo, che si
deve aprire maggiormente all’interazione con vari partner non usuali, ma anche per
la nostra società tutta, che proprio perché non ha ancora visto le drammatiche
dinamiche di radicalizzazione e polarizzazione sociale viste Oltralpe, deve adoperarsi
perché non si replichino anche nel nostro Paese.
Per fermare i terroristi ci sarebbe una sola strategia: impedire che essi ricavino
vantaggi dalle loro azioni e far capire loro in anticipo che non otterranno alcun
beneficio dalle loro imprese sanguinarie. Ma per spezzare il corto-circuito di cause
ed effetti che alimenta il terrorismo internazionale sarebbe necessario intervenire con
misure molto più energiche di quelle che sono state usate finora. Occorrerebbe
infliggere ai terroristi punizioni severe, «inabilitare» i suoi militanti, decidere misure
preventive e sanzionatorie, senza soffermarsi e attardarsi sul comprendere le stesse
ragioni dell’agire dei terroristi; piuttosto negarle, respingerle al fine di evitare che
vengano utilizzate a fondamento di nuovi attacchi terroristici in una spirale senza
fine. È altrettanto rilevante, inoltre, definire le misure concrete che devono essere
prese per sconfiggerlo, facendogli mancare le giustificazioni ideali e il sostegno
popolare. Sia nel microcosmo palestinese, sia su scala mondiale il terrorismo
funziona perché le repliche strategiche che gli sono state opposte - la repressione
etnocida della seconda Intifada, la guerra in Afghanistan, la guerra in 'Iraq - sono
state prospettate come proposte risolutive del problema. Sono in realtà delle repliche
sanguinarie quanto lo sono gli attentati terroristici - e moralmente altrettanto
deprecabili - e per di più motivate non dalla disperata volontà di un popolo di
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resistere all'oppressione, ma dalla spietata volontà di una grande potenza (o di un suo
alleato militarmente efficientissimo e dotato di armi nucleari, come Israele) di
imporre al mondo una logica di potenza. In questo modo non si fa, in realtà, che
trascinare i contendenti in una spirale di odio, di paura, di distruzione e di morte che
rischia di condurci ad una guerra terroristica globale e senza fine.
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BIBLIOGRAFIA
3 Articolo introdotto con l’art. 2 d .l. del 21 marzo 1978, n.59 convertito con
modifiche della legge 18 maggio 1978,n.191”Norme penali e processuali per la
prevenzione e la repressione di reati gravi”
4.V .Digesto UTET 583 e ss. Codice Penale Commentato Lattanzi, Fiandaca e
Musco ,Diritto penale, Parte Speciale vol.1 ,Bologna 1999,1;MARCONI,I Delitti
contro la personalità dello Stato, Profili storico- sistematici ,Milano 1984
7. L’art. 270 bis c.p. è stato modificato ex art.1 l,15 dicembre 2001, n.438
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12 Il Giornale d’Italia di Roma e La Notte di Milano, pubblicano il documento della
Prefettura di Milano indirizzato al Ministro dell’Interno Franco Restivo (Palermo 1911 –
Francavilla di Sicilia 1976), intitolato “Situazione dell’ordine pubblico – Formazioni
estremiste extra-parlamentari”,16 aprile 1971. Era stato scritto il 22 dicembre 1970 dal
prefetto Libero Mazza (Pisa 1910 – Milano 2000) e da allora verrà indicato appunto come
“rapporto Mazza”.
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22 F.MERNISSI Islam e democrazia Casa editrice Giunti,2002
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