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Sede didattico residenziale

V corso di formazione per l’accesso alla qualifica iniziale


della carriera prefettizia

DAL TERRORISMO POLITICO ALLE NUOVE FORME DI


TERRORISMO GLOBALE: STRUMENTI DI CONOSCENZA E DI
CONTRASTO IN AMBITO NAZIONALE ED EUROPEO

Consigliere: Dott.ssa Lorenza SIPIONE Anno 2017

1
Abstract

Uno dei problemi drammaticamente attuali è quello legato al terrorismo. Si


tratta di un problema che riguarda non soltanto il territorio nazionale, ma anche i
confini extranazionali, dato che non esiste praticamente alcun regime del mondo che
non vi abbia fatto ricorso o che non l’abbia subita. Il presente lavoro mira ad affrontare
la questione della prevenzione del terrorismo dal punto di vista giuridico, sia in
termini di collaborazione internazionale sia in termini di produzione di strumenti
giuridici appositi. A tal riguardo l’Onu, su scala globale, la Comunità europea su scala
regionale e l’Italia hanno compiuto numerosi sforzi per approntare, nonostante le
difficoltà, una normativa ugualmente accettabile dalla comunità internazionale nel suo
complesso. Scopo, dunque, del presente lavoro è di cercare di rispondere in modo
sistematico al problema del terrorismo cui oggi il nostro Paese è tenuto in termini
civili e democratici, dopo avere fatto un’accurata analisi del passaggio dal terrorismo
politico della prima metà del secolo XX sino alle nuove forme di terrorismo globale.

2
INDICE

I. Pag. 3 – LA NOZIONE DI TERRORISMO

II. Pag. 5 – EVOLUZIONE STORICA DEL TERRORISMO

III. Pag. 6 – LEGISLAZIONE ANTITERRORISMO

IV. Pag. 9 – IL TERRORISMO POLITICO IN ITALIA

V. Pag. 13 -LE LEGISLAZIONI SPECIALI ANTITERRORISMO

VI. Pag. 14 – IL 1978 E IL SEQUESTRO MORO

VII. Pag. 18 – LA FINE DEL TERRORISMO POLITICO IN ITALIA

VIII. Pag. 19 – LA DIREZIONE CENTRALE DELLA POLIZIA DI PREVENZIONE

IX. Pag. 21 –IL COMITATO DI ANALISI STRATEGICA ANTITERRORISMO

(C.A.S.A.)

X. Pag. 22 – EUROPOL, EUROJUST, PIANO D’AZIONE,STRATEGIA

UE,PROGRAMMA DI STOCCOLMA

XI. Pag 24 – IL NUOVO TERRORISMO GLOBALE

XII. Pag. 29 – LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE FRA LE FORZE DI

POLIZIA E L’INTELLIGENCE

XIII. Pag . 31 - L’INTELLIGENCE ITALIANA

XIV. Pag. 33 - L’ITALIA APPROVA LA LEGGE PER COMBATTERE LA

RADICALIZZAZIONE

XV. Pag. 36 – COME SCONFIGGERE IL NUOVO TERRORISMO?

XVI. Pag. 37 – IL RUOLO DEI LUOGHI DI CULTO

3
I. LA NOZIONE DI TERRORISMO

La definizione teorica di terrorismo è particolarmente controversa. Nel corso


dei secoli il termine terrorismo è stato utilizzato con riferimento alla strategia dei
Governi per sottomettere la popolazione; poi, all’uso sistematico della violenza ai
danni delle entità statali da parte di organizzazioni clandestine con finalità politiche.
Alcuni hanno sostenuto che il terrorismo sia un fenomeno complesso in quanto
legato all’ambito criminologico, all’ambito politico e connesso ai concetti di guerra,
di propaganda e di religione1. Altri, hanno teorizzato che bisogna guardare alle
motivazioni, alla personalità e alla strategia del terrorista: i gruppi terroristici di
matrice separatista sono mossi da ragioni politiche, come l’indipendenza del proprio
territorio da una nazione cui non sentono di appartenere o il cambiamento dell’ordine
sociale; altri gruppi, nazionalisti di stampo religioso appaiono più pericolosi perché
spesso privi di un chiaro piano politico2. Di conseguenza, il termine terrorismo
significa cose differenti per persone differenti. Questa è anche almeno in parte la
ragione per cui il terrorismo non è mai stato definito in modo soddisfacente.

I Governi cercano di lasciar fuori i soggetti istituzionali da ogni definizione


di terrorismo e rigettano l’idea che possa anche esistere un collegamento causale tra
atti terroristici sponsorizzati dagli Stati e il terrorismo dei soggetti non istituzionali.
Inoltre, i Governi rifiutano di prendere in considerazione le cause del terrorismo e
di affrontarle. L’assenza di una politica normativa coerente, lungimirante e organica
sul terrorismo è in linea con l’approccio ad hoc adottato dai Governi con
riferimento ai mezzi necessari per reagire efficacemente contro il terrorismo sul
piano giuridico internazionale. Di conseguenza, la cooperazione interstatuale in
materia penale per prevenire, controllare e reprimere il terrorismo rimane
frammentaria, limitata e inefficace.

Nei Paesi occidentali si ritiene che un atto terroristico sia caratterizzato


dall'uso indiscriminato della violenza contro una popolazione civile, con l'intento di

1
A.SCHMID,Frameworks for conceptualising terrorism,in Terrorism and Political Violence vol
16,n.2,2004.
2
W.LAQUEUR,Il nuovo terrorismo,Corbaccio,Milano 2002, pp 102-103

4
diffondere il panico e di coartare un governo o un'autorità politica internazionale.
All'origine del terrorismo, si aggiunge, ci sono sempre motivazioni ideologiche o
politiche (e questo lo differenzia da comportamenti criminosi motivati da ragioni
private, come la ricerca del guadagno o la vendetta personale). Ma questa
interpretazione resta altamente problematica e non è accolta da molti autori.
Anzitutto, essa non tiene conto della condizione in cui si trovano i popoli oppressi
dalla violenza di forze occupanti, dal momento che la nozione di terrorismo viene
circoscritta alla condotta illecita di soggetti non istituzionali. Anche rispetto a questo
approccio limitato, i Governi hanno omesso di sviluppare un efficace regime
giuridico internazionale volto a prevenire, controllare e reprimere il terrorismo. Essi
hanno, invece, almeno finora, preferito un approccio confuso consistente nello
sviluppare convenzioni distinte per materia che si riferiscono solo ad alcune
particolari manifestazioni di violenza.

Trattasi di un problema, dunque, di non poco momento, se si considera che la


minaccia terroristica ha preso piede a livello internazionale in maniera sempre più
intensa, specie negli ultimi anni. Basti ricordare i tragici fatti di Parigi del
13.11.2015, quelli di Bruxelles del 22.3.2016, del 14 luglio 2016 avvenuti a Nizza,
quelli di Manchester del 22.5.2017, del 22.3.2017 e del 3.6.2017 verificatisi a
Londra, da ultimo quelli di Barcellona del 17.08.2017.

II.EVOLUZIONE STORICA DEL TERRORISMO

Il terrorismo va analizzato anzitutto nella sua evoluzione storica. Trattasi di un


fenomeno noto fin dall'antichità (basti pensare alle congiure di palazzo ai tempi
dell'Impero romano) e nel Medioevo, ove il terrorismo ha avuto un suo precedente
nel tirannicidio, rinverdito nel Rinascimento (emblematica l'uccisione nel 1537 a

5
Firenze di Alessandro de' Medici da parte di Lorenzino de' Medici, che poi nella
sua Apologia rivendicò il gesto come doverosa difesa della libertà repubblicana) e,
nel corso delle guerre religiose del sec. XVI, dalle teorie dei monarcomachi luterani,
calvinisti e cattolici (che trovarono per esempio attuazione nell'assassinio del re di
Francia Enrico IV, nel 1610, a opera del fanatico cattolico Ravaillac). Dopo la svolta
rappresentata dal giacobinismo robespierrista, il terrorismo rimase appannaggio degli
eserciti, da quelli napoleonici a quelli avversi a Napoleone, e delle forze
della Restaurazione (“terrore bianco”), ma nelle aree del dissenso cessò di essere
teorizzato soltanto come strumento di liberazione da un despota per divenire invece
elemento di una più ampia lotta politica. In questo senso il terrorismo appare un
fenomeno radicato nell'Ottocento, quando si diffuse l'immagine del rivoluzionario in
armi pronto, se necessario, ad agire anche isolatamente. Come tale fu rivendicato
dai populisti russi, che lo giustificarono in quanto reazione obbligata alle misure
repressive estreme del potere zarista, e assunse il senso specifico di ribellione da
parte di minoranze organizzate che passavano dalla cospirazione all'intervento
armato. Sempre più, pertanto, venne differenziandosi sia dalle forme di violenza
estrema messe in atto dagli apparati statali nel quadro di un sistema giuridico o anche
in violazione di esso, sia dalla guerra condotta da eserciti regolari, sia dalla
guerriglia. Nel corso del sec. XIX il terrorismo s'intrecciò con le teorie
insurrezionaliste anarchiche ed ebbe particolare diffusione con la serie di attentati
compiuti da giustizieri anarchici contro regnanti di vari Paesi (da quello contro lo zar
Alessandro I nel 1866 a quelli contro il re d'Italia Umberto I del 1878 e 1900).
Contemporaneamente si sviluppò un terrorismo nazionalista, rivoluzionario o
controrivoluzionario, esploso in luoghi diversi dell'Europa continentale (dall'attentato
parigino di F. Orsini contro Napoleone III del 1858 alla lotta armata dei separatisti
irlandesi), dei Balcani e del Medio Oriente, dove crebbe negli anni della prima guerra
mondiale a opera di varie organizzazioni (Mano Nera serba, Organizzazione
rivoluzionaria interna macedone, sionisti palestinesi).

III.LEGISLAZIONE ANTITERRORISMO

Nell’ordinamento giuridico italiano, né tanto meno in alcun trattato delle


Nazioni Unite né nei trattati multilaterali, è rintracciabile una chiara definizione di

6
terrorismo. Va, inoltre, considerato che la normativa nazionale relativa ai reati di
terrorismo è frutto di varie disposizioni stratificatesi nel tempo, frutto di interventi a
volte occasionali ed emergenziali. Dal punto di vista storico si può dire che il termine
terrorismo viene introdotto nel nostro ordinamento solo nel 1978 quando viene
inserito nel codice penale l’art.289 bis, che punisce il sequestro di persona a scopo di
terrorismo o di eversione3. Infatti, il codice penale italiano, che risale al 1930,
sanzionava i “Delitti contro la personalità interna” ed è stato modificato in risposta
all’aggressione terroristica degli anni ‘70 e ’80 mediante la “legislazione
dell’emergenza”.4 Agli interventi normativi in parola seguirono le leggi di
attuazione delle Convenzioni e dei Trattati internazionali sottoscritte dall’Italia (in
sede ONU, Consiglio d’Europa ed Unione Europea). Il Codice penale italiano, non
aveva, quindi, una previsione specifica relativa al fenomeno terroristico. La
repressione sul fronte giudiziario è stata effettuata facendo ricorso agli strumenti
giuridici vigenti al Codice penale del 1930 che, nella gerarchia dei beni
giuridicamente protetti dalla Parte Speciale, collocava i delitti politici, ossia i
“Delitti contro la personalità interna dello Stato”5. Le disposizioni in esso racchiuse
sono espressione del periodo storico in cui vengono elaborate e del modello
politico di Stato totalizzante ed autoritario, espressione del regime fascista.

Il fenomeno terroristico poteva assumere rilevanza penale sulla base delle


seguenti fattispecie incriminatrici: reato di associazione sovversiva (art.270 ),
propaganda ed apologia sovversiva o antinazionale (art.272), insurrezione armata
contro i poteri dello Stato (art 284), cospirazione politica mediante accordo( art
304),banda armata: formazione e partecipazione (art 306).L’impianto autoritario ne
ha reso problematica l’applicazione alla luce delle censure di legittimità
costituzionale sollevate successivamente all’entrata in vigore della Carta
Fondamentale nel 1948. In particolare, l’assetto normativo del Codice penale,
limitatamente a tali fattispecie di reato, ha posto problemi di compatibilità in

3
Articolo introdotto con l’art. 2 d. l. del 21 marzo 1978, n.59 convertito con modifiche della legge
18 maggio 1978, n.191 ”Norme penali e processuali per la prevenzione e la repressione di reati
gravi”
4
V.M.CHIAVARIO, Commento al d. l. 15 dicembre 1979 in Legisl. Pen ,1981,32)
5
V. Digesto UTET 583 e ss. Codice Penale Commentato Lattanzi, Fiandaca e Musco, Diritto
penale, Parte Speciale vol.1, Bologna 1999,1; MARCONI,I Delitti contro la personalità dello Stato,
Profili storico-sistematici, Milano 1984

7
riferimento agli artt.18 e 21 Cost, che presidiano i valori giuridici della libertà di
associazione e di manifestazione del pensiero. Si è, pertanto, palesata la necessità di
chiarire entro che limiti le fattispecie di reato potessero ritenersi integrate.
L’ampiezza dell’attività terroristica agli inizi degli anni ’70 ha reso necessaria
l’introduzione di una legislazione specifica detta legislazione dell’emergenza, in
virtù dell’eccezionalità della situazione di pericolo per la sicurezza dei cittadini e
delle istituzioni. Nella specie all’indomani del sequestro dell’onorevole Aldo Moro,
con d. l. 21 marzo 1978 n.59 ( convertito con modificazioni nella legge 18 maggio
1978,n.191) fu inserito l’art.289 bis c.p. il cui comma 1 recita:” Chiunque per
finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, sequestra una persona è
punito con la reclusione da 25 a 30 anni”. All’intervento normativo in esame ben
presto fece seguito l’adozione di un nuovo decreto legge n.625 del 1979 convertito
nella legge 15 del 19806 con cui il codice penale ancora una volta venne novellato,
stavolta con l’introduzione del reato di associazione con finalità di terrorismo o di
eversione dell’ordine democratico tramite l’art.270 bis c. p. 7
, in cui la finalità di
terrorismo è elemento costitutivo del reato ed è oggetto del dolo specifico.

Anche la legislazione internazionale ha operato sotto la spinta emotiva dei


gravi atti commessi dai gruppi terroristici. Ciò ha fatto si che anche l’approccio
tenuto risentisse di una forte estemporaneità e mancasse quindi di organicità e
sistematicità. Anche l’intervento delle Nazioni Unite in tal senso, considerato il più
importante a livello internazionale risente di un approccio parcellizzato e ritagliato
sulla repressione di singoli reati frutto delle azioni terroristiche.

A seguito degli attentati terroristici dell’11 settembre 2011 gli ultimi


interventi legislativi nazionali hanno invece introdotto il reato di terrorismo
internazionale con particolare riguardo ai reati finanziari ad esso collegati. A tal
riguardo vengono in rilievo le leggi n.438 del 15 dicembre 2001 e n.431 del 14
dicembre 2001 e la ratifica della Convenzione contro gli attentati terroristici

6
V.MAZZANTI, La Legge 6 febbraio 1980, n.15 contro il terrorismo, in Giust.pen.,1980,III,235;
7
L’art. 270 bis c.p. è stato modificato ex art.1 l,15 dicembre 2001, n.438

8
mediante esplosivi e la Convenzione per la repressione del finanziamento al
terrorismo8.

La legge 438/2001 è volta ad adeguare la normativa italiana, orientata sulla


minaccia del terrorismo interno, alla grave emergenza del terrorismo internazionale.
Il Parlamento approvando la legge 438/2001 ha riscritto l’art.270 bis c.p. inserendovi
la finalità di terrorismo anche internazionale ( la nuova norma è ora intitolata “
Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione
dell’ordine democratico”). L’impossibilità di applicare il vecchio art.270 bis c.p. ad
organizzazioni operanti in Italia con finalità di terrorismo oltre i confini del nostro
Stato, avrebbe potuto rendere il territorio italiano una sorta di oasi di impunità per
tali organizzazioni, in quanto la loro condotta sarebbe stata priva di rilevanza penale.
La normativa interna ha anche rafforzato l’attività di indagine della polizia
giudiziaria in ordine ai delitti commessi con finalità di terrorismo, disciplinando
l’attività di infiltrazione della polizia e le intercettazioni preventive di comunicazioni
o di conversazioni, anche oltre i limiti previsti dal codice penale.

IV.IL TERRORISMO POLITICO IN ITALIA

Almeno nei prima metà degli anni ‘900 nello scenario globale il terrorismo
assume caratteristiche politiche in quanto collegato a precise linee ideologiche.

Il caso italiano è emblematico in tal senso. Per circa tutto il periodo che va
dalla fine degli anni ’60 agli inizi degli anni ’80, l’Italia è stata costellata da una serie
di attacchi terroristici provenienti da fazioni estremistiche di sinistra e di destra.

La lunga durata del terrorismo italiano ha, così, attirato l'attenzione di molti
studiosi che hanno cercato di analizzare le cause di tale fenomeno. L'Italia sembra
essere il solo grande Paese europeo dove il terrorismo politico abbia avuto una così
lunga cittadinanza, con l'eccezione dell'Irlanda del Nord e dei Paesi Baschi, in cui

8
Pubblicata in G.U 14 dicembre 2001, n. .290 che ha convertito il d. l. 12 ottobre 2001,n.369

9
però la problematica ha risentito di cause etniche e religiose. Anomalia italiana è il
diffuso sospetto che negli anni settanta una parte della recente storia patria sia stata
influenzata da iniziative di elementi dei servizi segreti e di gruppi politici
extraparlamentari, interessati alla destabilizzazione del sistema politico italiano e a
condizionare la tenuta democratica del Paese. Il periodo in questione è meglio noto
con il termine “Anni di piombo”, con riferimento all'omonimo film del 1981
di Margareth von Trotta il cui titolo richiama il piombo delle pallottole.

Il terrorismo in Italia, comunque, fallì nei propri obiettivi: i gruppi di estrema


sinistra, di matrice in genere marxista-leninista, videro sfumare la possibilità di
sovvertire l'ordinamento statale attraverso la lotta armata.

Sconfitti furono anche i gruppi di estrema destra che a loro volta intendevano
cambiare la formula politica governatrice per un venticinquennio, terrorizzando
l'opinione pubblica al fine di dimostrare l'incapacità della democrazia a governare
l'ordine pubblico, e l'esigenza di instaurare un regime autoritario.

Per anni di piombo in Italia si intende un periodo storico coincidente con gli
anni settanta e gli anni ottanta del XX secolo, in cui si verificò un’estremizzazione
della dialettica politica che si tradusse in violenze di piazza, nell’attuazione della
lotta armata e di atti di terrorismo.

L’inizio di questo periodo storico viene collocato da alcuni nella cosiddetta


contestazione del Sessantotto, da altri nella strage di piazza Fontana.

Il primo atto della strategia della tensione che caratterizzò quegli anni fu la
9
strage di piazza Fontana avvenuta a Milano il 12 dicembre 1969 .

9
Strategia della tensione in Dizionario giuridico Treccani

10
Il periodo si caratterizza soprattutto per diverse stragi che apparvero insensate
e talvolta senza colpevoli. Tra il 1968 e il 1974 in Italia furono compiuti 140
attentati, tra i quali:

 12 dicembre 1969: strage di piazza Fontana a Milano (17 morti e 88 feriti; il

più cruento di quegli anni, e il secondo più sanguinoso di sempre in Italia dopo la
strage di Bologna del 1980.)

 22 luglio 1970: strage di Gioia Tauro (6 morti e 66 feriti).

 31 maggio 1972: strage di Peteano a Gorizia (3 morti e 2 feriti).

 17 maggio 1973: strage della Questura di Milano (4 morti e 52 di feriti).

 28 maggio 1974: strage di piazza della Loggia a Brescia (8 morti e 102

feriti).

 4 agosto 1974: strage dell' Italicus (strage sull'espresso Roma-Brennero, 12

morti e 105 feriti).

 2 agosto 1980: strage della stazione di Bologna (85 morti e 200 feriti).

L'inizio degli anni di piombo si sovrappone al periodo della contestazione


studentesca, che interessò l'Italia e l'Europa.

Il 1969 fu un anno ancora denso di contestazioni. Dopo le proteste


studentesche arrivarono le lotte dei lavoratori per i rinnovi contrattuali, con forti
contrasti nei posti di lavoro e nelle fabbriche. Era il cosiddetto «autunno caldo».

Il 25 aprile di quell'anno scoppiò un ordigno a Milano, al padiglione FIAT


della Fiera provocando diversi feriti gravi, e una bomba viene ritrovata all'Ufficio
Cambi della Stazione Centrale. Qualche mese dopo, il 9 agosto vengono fatte
scoppiare otto bombe su diversi treni, che provocarono 12 feriti.

Il 19 novembre, durante una manifestazione a Milano dell'Unione Comunisti


Italiani morì l’agente di polizia Antonio Annarumma, colpito da un tubo d'acciaio

11
mentre si trovava alla guida di un fuoristrada.10 11
Per diversi storici è la prima
vittima degli anni di piombo.

Il 12 dicembre avvennero in Italia, nell'arco di 53 minuti, 5 attentati. Il più


grave fu la strage di piazza Fontana: a Milano una bomba esplosa nella sede della
Banca Nazionale dell'Agricoltura provocò 17 morti e 88 feriti.

Le stragi contribuirono a far precipitare il clima già agitato. Se già c'erano


turbolenze e manifestazioni di piazza che degeneravano in guerriglia urbana, il
livello dello scontro si alzò sempre di più e, mentre per gli attentati vengono accusate
persone che poi si riveleranno estranee, come Pietro Valpreda, qualcuno cominciò a
parlare di «stragi di Stato»

Nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970 l'ex comandante fascista Junio Valerio
Borghese, a capo del Fronte Nazionale, tentò un colpo di Stato passato alla storia
come «Golpe Borghese» e che, per motivi non chiariti, venne improvvisamente
annullato mentre era in fase di avanzata esecuzione.

Nel quadro di quella che verrà poi definita da alcuni storici come strategia della
tensione, la società sembra sempre più divisa e si formano gruppi che fanno politica
extraparlamentare e non rifiutano la violenza. Negli ambienti più estremi si passa alla
clandestinità e alla lotta armata. Nella società si genera sempre più un clima di
insicurezza e pericolo, anche perché non vengono compiuti soltanto attentati
clamorosi, ma si verifica uno stillicidio continuo di attacchi contro obiettivi minimi,
singoli cittadini, forze dell'ordine, fattorini di banca, in esecuzione di disegni talvolta
rimasti ignoti e misteriosi. Tra le forze governative e nell'opinione pubblica moderata
prende piede la teoria degli opposti estremismi. Questa teoria fu avallata in seguito a
un rapporto del prefetto di Milano, Libero Mazza, scritto successivamente agli
scontri avvenuti in città il 12 dicembre 1970 tra militanti del MS e le forze

10
M.CAPANNA Formidabili quegli anni, Milano, Rizzoli, 1988
11
I.MONTANELLI E M.CERVI l’Italia degli anni di piombo,Milano,Rizzoli,1991

12
dell'ordine: il testo del documento12, diventato pubblico quattro mesi dopo, scatenò
dure polemiche soprattutto dalla stampa e dagli uomini politici di sinistra.

A Milano il 3 marzo 1972 le Brigate Rosse compiono il loro primo sequestro di


persona, rapendo l'ingegner Idalgo Macchiarini, dirigente della Sit-Siemens, che
prelevato di fronte allo stabilimento, sarà fotografato con un cartello al collo con
scritto: «Mordi e fuggi. Niente resterà impunito. Colpiscine uno per educarne cento.
Tutto il potere al popolo armato!» e sottoposto ad un interrogatorio (chiamato dalle
Brigate Rosse «Processo Proletario nel Carcere del Popolo») di quindici minuti sui
processi di ristrutturazione in corso nella fabbrica. A questa azione ne seguiranno
altre, in un crescendo di intensità e di rilevanza delle persone rapite. A Genova il 18
aprile 1974 l'obiettivo si sposta verso persone che sono parte delle strutture delle
istituzioni; nella loro logica di attacco allo Stato, rapiscono Mario Sossi, un
magistrato che l'anno precedente era stato PM nel processo che portò alla condanna
dei membri del gruppo terroristico Gruppo XXII Ottobre. Sossi fu rilasciato a Milano
il 23 maggio 1974.

Pochi mesi dopo, i brigatisti Renato Curcio e Alberto Franceschini furono


arrestati dai carabinieri del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, e c'erano le
condizioni tecniche per eliminare il nascente terrorismo, anche se mancò la volontà
politica: ciò era impedito dal fatto che tutta la sinistra (sia socialista che comunista)
non era intimorita dalla nascita e dallo sviluppo della propaganda armata, bensì era
intimorita da eventuali prevaricazioni della polizia contro i manifestanti, al punto da
organizzare cortei contro le forze dell'ordine di cui si chiedeva il disarmo. I politici
firmatari di appelli e manifesti – presenti anche nella DC – parlavano di
«fantomatiche» Brigate Rosse, enfatizzando invece la minaccia dei gruppi neofascisti
e neonazisti.

V.LE LEGGI SPECIALI ANTITERRORISMO

12
Il Giornale d’Italia di Roma e La Notte di Milano, pubblicano il documento della
Prefettura di Milano indirizzato al Ministro dell’Interno Franco Restivo (Palermo 1911 –
Francavilla di Sicilia 1976), intitolato “Situazione dell’ordine pubblico – Formazioni
estremiste extra-parlamentari”,16 aprile 1971. Era stato scritto il 22 dicembre 1970 dal
prefetto Libero Mazza (Pisa 1910 – Milano 2000) e da allora verrà indicato appunto come
“rapporto Mazza”.

13
I partiti di governo – la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista Democratico
Italiano, il Partito Repubblicano Italiano, il Partito Liberale Italiano e il Partito
Socialista Italiano – rafforzati dal sostegno del Partito Comunista, trovarono l'intesa
politica per elaborare una serie di leggi per far fronte alla situazione di crisi che il
Paese stava vivendo.

In ragione dell'emergenza terrorismo, si producono alcuni significativi


interventi legislativi, sottoposti anche al vaglio della Corte costituzionale, che
rafforzano, tra l'altro, i poteri di intervento delle forze di polizia, ma sempre nel
rispetto delle riserve di legge e di giurisdizione, previste dalla Costituzione.

Significativa è l'approvazione della legge Reale (n. 152 del 22 maggio 1975),
che introdusse una serie di misure repressive.
La legge in questione suscitò molte polemiche e fu sottoposta a referendum, attuato
l'11 giugno 1978, da cui emerse il favore da parte dell'opinione pubblica: il 76,46%
votò per il mantenimento e il 23,54% per l'abrogazione[17].

Nel 1978 seguirà l'istituzione di corpi speciali con finalità antiterrorismo: il


GIS (Gruppo di intervento speciale) dei carabinieri, il NOCS (Nucleo operativo
centrale di sicurezza) della polizia e, più avanti, i reparti SVATPI (Scorta Valori Anti
Terrorismo Pronto Impiego, in seguito divenuti ATPI) della Guardia di Finanza.

Nel 1980 verrà emanata la legge Cossiga, dal nome dell’allora Ministro
dell’Interno (legge n. 15 del 6 febbraio), che prevede condanne sostanziali per chi
venga giudicato colpevole di terrorismo ed estende ulteriormente i poteri della
polizia. Tale legge, dopo che furono sollevati alcuni dubbi di costituzionalità, è stata
considerata conforme a Costituzione dai giudici della Consulta.
Anche questo provvedimento fu sottoposto a referendum abrogativo, tenutosi il 17
maggio 1981, da cui risultò invece il favore dell'opinione pubblica per questa legge:
l'85,12% infatti votò per il mantenimento della legge e solo il 14,88% per
l'abrogazione..

VI. IL 1978 E IL SEQUESTRO MORO

14
L'inizio del 1978 fu segnato da un avvenimento che provocò nelle file della
destra eversiva una reazione che avrebbe avuto ripercussioni sensibili anche nei
successivi anni: la strage di Acca Larentia . La sera del 7 gennaio, Franco Bigonzetti
e Francesco Ciavatta, giovani missini della sezione Acca Larentia nel quartiere
Tuscolano a Roma, furono uccisi a colpi di mitraglietta Skorpion sparati da un
gruppo armato successivamente rivendicatosi come «Nuclei Armati per il
Contropotere Territoriale». La sera stessa, in seguito agli scontri con le forze
dell'ordine, anche un terzo giovane attivista del Fronte della Gioventù, Stefano
Recchioni, fu ucciso da un colpo di pistola sparato ad altezza d'uomo dal capitano dei
carabinieri Edoardo Sivori. Questo fatto segnò l'inizio di un'offensiva del terrorismo
nero (protagonista il gruppo armato dei NAR) non solo contro le forze antifasciste
ma anche contro lo Stato, considerato corresponsabile di quel fatto di sangue. Tra
gennaio e febbraio varie organizzazioni di sinistra uccisero anche Carmine De Rosa
(sorvegliante FIAT a Cassino), l'agente Fausto Dionisi a Firenze e il notaio
Gianfranco Spighi a Prato, mentre le BR assassinarono il consigliere di Cassazione
Riccardo Palma (Roma, 14 febbraio) e il maresciallo Rosario Berardi (Torino, 10
marzo).

Il 16 marzo 1978 avvenne l'agguato di via Fani a Roma, con lo sterminio della
scorta, il sequestro e il successivo assassinio dell'allora presidente della Democrazia
Cristiana Aldo Moro, consumato il 9 maggio 1978 da un commando delle Brigate
Rosse, che definirono l'azione come «attacco al cuore dello Stato».

Il 18 marzo 1978 due giorni dopo il rapimento Moro vengono assassinati a


Milano Fausto Tinelli e Lorenzo «Iaio» Iannucci, all'epoca diciottenni, frequentanti il
Centro Sociale Leoncavallo, uccisi da otto colpi di pistola a opera di estremisti di
destra e successivamente rivendicato anche dai NAR.

In seguito all'omicidio, il 10 maggio 1978, l'allora Ministro dell'Interno


Francesco Cossiga si dimise. Il generale dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa
fu incaricato il 10 agosto successivo (con decreto dell'allora Presidente del Consiglio
Andreotti) di coordinare la lotta contro il terrorismo. Dalla Chiesa impiegò tecniche
innovative nelle indagini sul terrorismo ed ottenne notevoli risultati. Nel 1982 fu

15
inviato in Sicilia come Prefetto per la lotta alla mafia ma, privo delle risorse e del
sostegno politico del quale aveva goduto nel precedente incarico, fu totalmente
lasciato solo e cadde assassinato dalla mafia a Palermo, assieme alla giovane moglie,
Emanuela Setti Carraro, il 3 settembre 1982.

Dal giugno 1978 al dicembre 1981 aumentarono gli agguati, le uccisioni e i


ferimenti terroristici. Le statistiche segnalarono una continuità di attentati mai
conosciuta in Europa: il numero delle organizzazioni armate attive in Italia era
passato da 2 nel 1969 a 91 nel 1977, e a 269 nel 1979. In quello stesso anno si
registrò la cifra record di 659 attentati. Tuttavia l'anno con più vittime fu il 1980 in
cui morirono 125 persone, di cui 85 nella strage della Stazione Centrale di Bologna.

Probabilmente, secondo per risonanza internazionale solo al sequestro Moro, fu


il sequestro del generale statunitense James Lee Dozier ad opera delle Brigate Rosse,
che coincise nel tempo con il periodo considerato comunemente come conclusivo di
un ciclo degli anni di piombo. Il sequestro Dozier destò scalpore per la capacità delle
Brigate Rosse di colpire un obiettivo militare tanto significativo: il generale era
infatti all'epoca vice comandante della NATO nel Sud Europa e venne sequestrato a
Verona il 17 dicembre 1981. Fu poi liberato a Padova il 28 gennaio 1982 da
un'azione dei N.O.C.S.

Lentamente verso il finire del decennio gli episodi di violenza scemarono. In


particolare crollò il sostegno alle Brigate Rosse dopo l'assassinio dell'operaio Guido
Rossa nel 1979. Rossa aveva denunciato un suo collega sorpreso a distribuire
materiale di propaganda delle BR. Gli anni di piombo stavano terminando, l'opinione
che la lotta armata potesse portare al cambiamento dell'assetto costituzionale dello
Stato stava cessando. Lo scrittore Bifo Berardi, già esponente della sinistra
extraparlamentare, affermava che alla fine del decennio Settanta il realismo del
capitale riprendeva il posto di comando, con il trionfo delle politiche neoliberiste, la

16
vita sociale veniva nuovamente sottomessa alla produttività, la competizione
economica veniva santificata come unico criterio di progresso 13.

Nel corso degli anni 80 comunque gli episodi di violenza andarono scemando,
anche a causa del crollo del sostegno alle Brigate Rosse, a seguito dell'assassinio
dell'operaio comunista Guido Rossa nel 1979.

Il terrorismo politico successivo, soprattutto di matrice rossa, limitò quindi i


suoi obiettivi, cercando di influire nei processi politici e sociali e mantenere una certa
pressione sulle libertà decisionali democratiche. Questo terzo ciclo del terrorismo
politico, pur estremamente discontinuo e disomogeneo, arriva a mietere vittime fino
all'inizio del XXI secolo.

La stagione dell'eversione politica, attiva in Italia già dai primi anni del
dopoguerra, si espanse in Sardegna a metà degli anni '60 e si concluse negli anni '80,
fine degli anni di piombo anche nella penisola.

I contatti tra i banditi locali dell'anonima sarda e i militanti di organizzazioni


eversive di estrema sinistra e attive nel terrorismo rosso, quali Brigate Rosse e Nuclei
Armati Proletari, furono in parte aiutate dalla detenzione di militanti estremisti di
sinistra nei carceri di massima sicurezza dell'isola, in maniera similare ai soggiorni
obbligati dei mafiosi meridionali nel Settentrione, che influenzarono la nascita
della Mala del Brenta.

I movimenti terroristici e paramilitari più famosi, nati nell'isola,


furono Barbagia Rossa, Movimento Armato Sardo e Comitato di Solidarietà con il
Proletariato Prigioniero Sardo Deportato, nella maggior parte di ideologia
comunista e indipendentista, nell'arco di un decennio rivendicarono diversi attentati,
omicidi e sequestri di persona.

13
F.B. BERARDI, Il sapiente, il mercante, il guerriero, Derive Approdi, 2004

17
A diversi anni di distanza dagli avvenimenti degli omicidi a sfondo politico, sul
finire degli anni '90 ha iniziato a riaffacciarsi sullo sfondo extraparlamentare il
cosiddetto terrorismo risorgente di matrice comunista che portò alla ricostruzione di
organi eversivi scioltisi con la fine degli anni di piombo, come le Nuove BR.

In questa ottica avvengono gli omicidi di Massimo D'Antona, consulente per


il ministero del Lavoro, il 20 maggio 1999 e di Marco Biagi, il 19 marzo 2002,
rivendicati da parte dei nuclei ricostituiti delle Brigate Rosse nel tentativo di
influenzare lo scenario sociopolitico come accaduto durante gli anni di piombo.
L'ultima vittima, Emanuele Petri, agente della Polfer, ucciso il 2 marzo 2003 nel
corso di uno scontro a fuoco a bordo di un treno nel quale viaggiavano i capi della
nuova organizzazione eversiva: Nadia Desdemona Lioce e Mario Galesi. Nel 2003 il
gruppo viene ufficialmente sciolto dopo l'arresto della Lioce e la morte di Galesi e i
conseguenti arresti degli altri membri. Nel 2005 la sentenza definitiva condanna
all'ergastolo la Lioce.

VII. LA FINE DEL TERRORISMO POLITICO IN ITALIA

La fine degli anni di piombo non significò la fine del terrorismo ma il


succedersi di singoli attentati e singoli episodi tendenti ad agire sui conflitti sociali e
politici che non riuscì più a mettere in pericolo la forma costituzionale-parlamentare
dello Stato.

Le azioni terroristiche del triennio 1978-1981 intimorirono l'opinione pubblica


e diedero l'impressione che fosse in atto qualcosa di inarginabile: qualcuno,
drammatizzando, parlò di soglia della guerra civile. In realtà (ma lo si capì solo a
posteriori) quegli attacchi terroristici erano colpi di coda pericolosi, ma senza
prospettive: il generale Carlo Alberto dalla Chiesa era stato investito delle più ampie
responsabilità per la lotta al terrorismo e mise presto a segno qualche colpo di grande
efficacia.

Il 29 maggio 1982 fu approvata definitivamente la legge n. 304, che prevedeva


forti sconti di pena per chi avesse dato «contributi utili alla lotta contro l'eversione».

18
Per le organizzazioni terroristiche fu una legge devastante, poiché molti militanti
iniziarono a collaborare con i giudici rivelando i nomi dei complici.

Da quel momento, fino al 1988, ci furono altri colpi di coda, ma si trattava


comunque di episodi relativamente isolati. L'idea che la lotta armata potesse essere
un mezzo per risolvere i conflitti sociali, aveva perso alquanto credito anche nelle ali
estreme di entrambi gli schieramenti politici.

VIII.LA DIREZIONE CENTRALE DELLA POLIZIA DI PREVENZIONE

In un simile scenario nazionale, nel 1981 la Direzione Centrale della Polizia


di Prevenzione viene istituita presso il Dipartimento di Pubblica Sicurezza del
Ministero dell’Interno; essa svolge attività di analisi, di indirizzo e di
coordinamento info-operativo fornendo, altresì, supporto specialistico alle Digos,
presenti presso ciascuna Questura, in materia di terrorismo e di eversione nonché in
ordine a fenomeni sociali ( ivi comprese le manifestazioni sportive) e politici che
possono avere riflessi sull'ordine e sulla sicurezza pubblica del Paese.

Riorganizzata nel 2004 in relazione al nuovo quadro di esigenze connesse al


riacutizzarsi della minaccia terroristica, sia nazionale che internazionale, la Direzione
Centrale della Polizia di Prevenzione si articola nel Servizio Informazioni Generali
e nel Servizio Centrale Antiterrorismo.

Tale nuovo assetto ha introdotto importanti modifiche, ovvero:

- l'accentuazione del profilo operativo del Servizio Centrale Antiterrorismo


attraverso il rapporto diretto con le 26 sezioni "Antiterrorismo" presso le Digos;

- la separazione dell'area dell'illegalità politica da quella eversivo-terroristica,


per una migliore e più approfondita conoscenza di tali ambiti.

Dalla Direzione centrale della Polizia di Prevenzione dipende il N.O.C.S., un


reparto speciale della Polizia di Stato. Esso è in grado di agire in tempi strettissimi su
tutto il territorio nazionale; è deputato a svolgere operazioni ad alto rischio come la
liberazione d'ostaggi e la cattura di criminali di elevata pericolosità. Si occupa,

19
inoltre, di: protezione di personalità estere in visita sul territorio italiano e protezione
temporanea, ad alto rischio, di soggetti istituzionali nazionali; operazioni di
prevenzione in eventi con elevata soglia di pericolo; addestramento e qualificazione
di personale operativo di uffici di Polizia specializzati, nazionali ed esteri.

Il N.O.C.S. nasce nel 1978, a seguito di un decreto dell’allora Ministro


dell'Interno, Francesco Cossiga, per contrastare il terrorismo in Italia e si specializza
in operazioni ad alto rischio quali liberazione di ostaggi, cattura di pericolosi
criminali o servizi di sicurezza e scorta per alte cariche dello Stato.

Il N.O.C.S., in alcuni casi, è intervenuto in passato insieme al GIS (Gruppo


intervento speciale) dell'Arma dei carabinieri, che differisce però dal primo, in
quanto corpo militare e appartenente dal 2004 alle forze speciali italiane specializzate
ormai in operazioni fuori area.

Per iniziativa del Prefetto Emilio Santillo, nacque nel 1974, l'Ispettorato
generale per l'azione contro il terrorismo (IGAT). Dopo il successo di alcune
operazioni delle Teste di cuoio tedesche, l'allora ministro degli interni Francesco
Cossiga il 24 ottobre 1977 emanò un decreto[2], con cui ordinò la creazione di
UN.I.S., Unità Interventi Speciali, per affiancare le investigazioni antiterrorismo, con
azioni di "commando", da parte:

1. dei carabinieri che attinsero dal 1º Battaglione carabinieri paracadutisti


"Tuscania" (poi diventato reggimento);

2. della Polizia di Stato che specializzò ulteriormente alcune unità create per
appoggiare le azioni antiterrorismo, che organicamente furono inserite nell'UCIGOS.

 I NOCS assursero alla ribalta della cronaca mondiale con l'operazione con la

quale a Padova il 28 gennaio 1982 liberarono il generale James Lee Dozier


sequestrato dalle Brigate Rosse. L'operazione fu condotta dal giovane capitano
Edoardo Perna. Il presidente americano Ronald Reagan volle congratularsi
personalmente con Perna e gli conferì un'alta onorificenza. Seguirono negli anni altri
interventi per la liberazione di sequestrati in mano alla criminalità comune. Si
ricordano gli interventi nel corso dei sequestri di Dante Belardinelli nel 1989

20
(conflitto a fuoco con i rapitori), Augusto De Megni nel 1991 (liberato l'ostaggio dai
NOCS) e Giuseppe Soffiantini (conflitto a fuoco il 17 ottobre 1997 con i
sequestratori nel corso del quale rimase ucciso l'ispettore Samuele Donatoni14.

IX.IL COMITATO DI ANALISI STRATEGICA ANTITERRORISMO


(C.A.S.A)

Nell'ambito dell'azione nazionale di contrasto al terrorismo, il Direttore


Centrale della Polizia di Prevenzione, che è a capo della Direzione centrale della
Polizia di Prevenzione, presiede il C.A.S.A. (Comitato di Analisi Strategica
Antiterrorismo), tavolo permanente composto da alti rappresentanti delle Forze di
Polizia a competenza generale (Polizia di Stato ed Arma dei Carabinieri), dalle
Agenzie di Informazione (A.I.S.I. ed A.I.S.E.) e, per i contributi specialistici, dalla
Guardia di Finanza e dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria. La
presenza del DAP si spiega alla luce delle informazioni che possano essere carpite
nell’ambito dell’ambiente carcerario, terreno fertile per la radicalizzazione e la
preparazione di attentati terroristici. Al 6 maggio del 2004 risale l’adozione di
procedure e di linee organizzative in relazione al Piano nazionale per la gestione
degli eventi di natura terroristica nonché alle modalità di funzionamento dell’Unità di
Crisi.
Per l’attuazione di detto piano, al fine di assicurare la compiutezza del circuito
informativo e la valutazione della minaccia terroristica, nonché di gestire
l’emergenza per gli aspetti di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, il
Ministero dell’Interno si avvale dell’Unità di Crisi e del Comitato di Analisi
Strategica Antiterrorismo (C.A.S.A.).
L’Unità di Crisi , prevista all’art. 6 del D. Lgs. 6 maggio 2002 n. 8, conv. nella
Legge n. 133/2002, assolve in occasione di emergenze derivanti da eventi che
coinvolgono diversi “aspetti della sicurezza”, una duplice funzione:
• accertare e qualificare la notizia;

14
^ Sequestro Soffiantini, nuova perizia Donatoni ucciso da fuoco amico, La Repubblica, Data
pubblicazione 22-06-2005. URL consultato il 20 settembre 2008.

21
• coordinare l’attivazione delle appropriate misure di emergenza.

Il Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo (C.A.S.A.) è, quindi, importante


strumento, a livello nazionale, di condivisione e valutazione delle informazioni
relative alla minaccia terroristica interna ed internazionale tra polizia giudiziaria e i
servizi di intelligence.

X. EUROPOL,EUROJUST,PIANO D’AZIONE, STRATEGIA UE,


PROGRAMMA DI STOCCOLMA

A livello europeo, con il Trattato di Amsterdam siglato nel 1997 ed entrato in


vigore nel 1999 si assiste alla comunitarizzazione del terzo pilastro (tutte le
Istituzioni comunitarie hanno appieno un ruolo nel processo decisionale),
concernente la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, compiendo
un passo importante verso l’adozione di strategie comuni nella lotta al terrorismo e
conferendo un ruolo di rilievo all’Europol. Nello stesso anno il Consiglio di
Tampere, inoltre, proponeva l’istituzione di Eurojust (poi effettivamente istituita nel
2001), un’unità composta di pubblici ministeri, magistrati o funzionari di polizia di
pari competenza distaccati da ogni Stati membro in conformità del proprio sistema
giuridico. L’Eurojust dovrebbe avere il compito di agevolare il coordinamento tra
le autorità nazionali responsabili dell’azione penale, di prestare assistenza nelle
indagini, riguardanti i casi di criminalità organizzata, in particolare sulla base
dell’analisi di Europol e di cooperare con la rete giudiziaria europea.

Da ultimo con il Trattato di Lisbona, entrato in vigore nel 2009, venivano


introdotte alcune modifiche in quei settori rilevanti per la lotta al terrorismo. Il
Trattato introduceva, infatti, l’Alto rappresentante per la politica estera, che stabiliva
principi e obiettivi comuni per l’azione esterna dell’Unione Europea.

Sotto il profilo operativo si può affermare, però che la lotta al terrorismo in


ambito europeo si potenzia in modo organico solo dopo l’attentato del 2001 alle
Twin Towers avvenuto a New York, quando poco dopo una settimana dal tragico
evento, il Consiglio Europeo stabiliva che la lotta al terrorismo diventava un

22
obiettivo prioritario dell’Unione europea. A tal riguardo il Consiglio Europeo
procedeva all’adozione di un Piano di Azione con il quale intendeva fronteggiare la
minaccia del terrorismo internazionale15. Il programma in questione si componeva
di 5 punti: rafforzare la cooperazione giudiziaria e di polizia, attuare le misure
stabilite al Consiglio di Tampere, istituire squadre investigative comuni e una più
stretta collaborazione con le istituzioni statunitensi, sviluppare gli strumenti giuridici
internazionali, coordinare l’azione globale dell’Unione Europea. Il Piano d’azione
del 2001 veniva rivisitato e aggiornato nel 2004 dopo gli attentati di Madrid e nel
2005, a seguito degli attentati di Londra, quando viene predisposta la Strategia
dell’Unione europea contro il terrorismo allo scopo di fronteggiare il problema
terroristico in maniera completa e globale.

Il programma antiterrorismo dell’Unione europea si articola in 4 punti: la


prevenzione, la protezione, il perseguimento e la risposta.

Quanto alla prevenzione, la Strategia dell’Ue si prefigge lo scopo di contrastare


il fenomeno della radicalizzazione e del reclutamento di nuove leve a livello europeo
ed internazionale tramite Internet16. In tal senso, l’Unione intende lavorare per
rimuovere le condizioni che favoriscono la radicalizzazione: le anomalie
governative, la carenza di prospettive economiche e occupazionali, la
modernizzazione rapida ed incontrollata, con particolare attenzione all’uso di
Internet, quale mezzo di incitazione alla violenza in tempo reale17

Per attuare il secondo punto, relativo alla protezione, l’Europa ha intenzione di


potenziare i controlli dei trasporti aerei, terrestri e marittimi, di aumentare il grado
di sicurezza, soprattutto quando il trasporto implica la presenza di viaggiatori,
attraverso l’introduzione di informazioni biometriche nelle carte di identità, per
verificare l’autenticità dei documenti.

15
Conclusioni e Piano di Azione del Consiglio Europeo straordinario del 21.9.2001
16
Consiglio dell’Unione europea, Strategia Antiterrorismo dell’Unione Europea 14469/3/05
,Bruxelles, novembre 2005,p.8
17
Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio, Reclutamento per
attività terroristiche –Affrontare i fattori che contribuiscono alla radicalizzazione violenta

23
Per quanto concerne il perseguimento, quale terzo elemento cardine della
Strategia dell’UE contro il terrorismo, grande importanza viene data alla
collaborazione fra le forze di polizia e autorità giudiziarie sia nazionali che europee.
Infine, quanto alla risposta l’Ue si impegna a stabilire le modalità di intervento in
situazioni di crisi ed emergenza, ad assicurare attentati terroristici e risarcimento alle
vittime di attentati terroristici e alle famiglie delle vittime, oltre che a collaborare con
organizzazioni internazionali, quindi in concerto e tramite le Nazioni Unite.

Un ulteriore slancio alla politica antiterrorismo dell’Ue è stato dato


dall’adozione del Programma di Stoccolma che stabilisce una serie di obiettivi che
dovevano essere realizzati nel periodo 2010-2014. Il programma sottolinea
l’importanza di agire per contrastare l’estremismo violento, l’attività di proselitismo
che viene svolta in Internet e il finanziamento al terrorismo e invita gli Stati a
potenziare le capacità operative delle autorità competenti in materia e la
cooperazione a livello locale tra istituzioni e società civile.

XI.IL NUOVO TERRORISMO GLOBALE

Quando il terrorismo ha assunto valenza internazionale?18 La prima


espressione di questo fenomeno si ebbe in Europa nel settembre 1972, quando il
gruppo Settembre Nero attaccò la delegazione israeliana alle Olimpiadi di Monaco.19
La fine del blocco sovietico e l’affermarsi del processo di globalizzazione hanno
reso anacronistiche le classiche lotte politiche e ideologiche, ma sono la causa
dell’emergere di nuove forme di terrorismo internazionale più fluide che sono andate
a esacerbare il fenomeno del colonialismo e dell’invasore occidentale. Il terrorismo
si è sempre manifestato con diverse forme, diversificandosi di volta in volta solo
riguardo a metodi e strumenti adottati. Con l’ accrescersi dei mezzi utili ad infliggere
danni alla società, anche l’impatto del terrorismo si è fatto più rilevante. In momenti
di crisi nazionale come quello sperimentato dall’America dopo l’11 settembre 2001,
l’interesse per il fenomeno da parte da parte della comunità internazionale si è reso
più evidente. Tale tragedia è stata profondamente sentita perché ha frantumato il mito
18
B.M. JENKINS International Terrorism: a new Mode of conflict in International Terrorism
and World Security a cura di D.Carlton e C.Schaerf, Croom Helm, London 1975
19
QUIRICO S. L’Unione Europea e il terrorismo, Storia concetti e istituzioni in PAST n.2
2013 pag.17

24
di invulnerabilità dei Paesi occidentali, particolarmente sviluppati sotto il profilo
economico. E’ importante notare che tutti i tipi di attività criminale transnazionale
hanno beneficiato dei vantaggi della globalizzazione.20

Tuttavia, gli Stati non hanno previsto le conseguenze della globalizzazione,


sicché le modalità di cooperazione interstatuale in materia penale sono rimaste
frammentarie e sostanzialmente inefficaci rispetto ai nuovi metodi impiegati dalla
criminalità transnazionale. E’ opportuno precisare che la globalizzazione è
caratterizzata dall’eliminazione delle barriere temporali e spaziali e dall’accresciuto
accesso pubblico all’informazione, alla tecnologia e alle comunicazioni21. La
globalizzazione ha particolarmente favorito i gruppi terroristici, permettendo ai
membri e ai sostenitori di tali gruppi di attraversare i confini statali, di acquisire e
trasferire equipaggiamenti, ottenere informazioni, comunicare l’uno con l’altro,
trasferire fondi a livello transnazionale con molta più facilità, potendo contare sui
media per divulgare in tutto il mondo messaggi, cause ed operazioni. La
globalizzazione ha anche permesso ai gruppi terroristici di creare insieme delle reti
dando loro la possibilità di sviluppare alleanze strategiche con altri gruppi impegnati
nella criminalità transnazionale, di sviluppare sinergie e di massimizzare le rispettive
capacità. Lo scopo del nuovo terrorismo è quello di selezionare i propri obiettivi con
lo scopo di esasperare la paura collettiva e dimostrare la vulnerabilità del potere
governativo e la sua incapacità di provvedere alla sicurezza ed all’incolumità
pubblica. Nella cultura politica occidentale si è affermata l'idea che il «terrorismo
globale» esprima la volontà dei Paesi non occidentali - in modo particolare del
mondo islamico - di annientare la civiltà occidentale assieme ai suoi valori
fondamentali: la libertà, la democrazia, lo Stato di diritto, l'economia dei mercati. E
si sostiene che il terrorismo esprima la volontà profondamente irrazionale di ottenere
questo risultato nel modo più spietato, distruttivo e violento, senza il minimo rispetto
per la vita. La figura del terrorista suicida, affermatasi in Palestina, sarebbe
l'espressione emblematica dell'irrazionalità, del fanatismo e del nichilismo terrorista,
perché la vita del kamikaze perde ai suoi stessi occhi ogni valore. Alla base del

20
M.CHERIF BASSIOUNI Beware Patriotism when it seeks to take away rights, Chicago
Tribune,30 dicembre 2001,paragrafo 2,4
21
T. FRIEDMAN, The Lexus and the Olive Tree: Understanding Globalization (2000)

25
terrorismo palestinese ed islamico - nucleo generatore di ogni altro terrorismo - ci
sarebbe l'odio teologico contro l'Occidente, diffuso dalle scuole coraniche
fondamentaliste. Secondo questo punto di vista nessun'altra «causa» starebbe alla
base del fenomeno, e sarebbe addirittura errato andare alla ricerca delle ragioni
politiche, economiche o sociali del terrorismo.

Si tratta ovviamente di tesi infondate e cariche di rischi. La motivazione


religiosa è l’epifenomeno. In realtà il terrorismo è un fenomeno assai meno
irrazionale di quanto si pensi o si voglia far credere. Occorrerebbe anzitutto tenere
presente che il terrorismo, nelle forme che si sono imposte negli anni novanta del
secolo scorso, ha trovato un impulso determinante nel «trauma globale» che la guerra
del Golfo del 1991 ha provocato nel mondo non occidentale, anzitutto nel mondo
islamico, colpito nel cuore dei suoi luoghi sacri, della sua civiltà e della sua religione.
Si è trattato di una guerra, come ha sostenuto con forza Fatema Mernissi22, che ha
mostrato la soverchiante, invincibile potenza degli Stati Uniti e l'estrema fragilità del
mondo arabo-islamico e della sua millenaria tradizione. E che ha consentito alle
armate statunitensi di insediarsi stabilmente in Arabia Saudita e in altri paesi arabo-
mussulmani del Golfo, a cominciare dal Kuwait, e ha definitivamente annientato le
aspettative di riscatto del popolo palestinese, sottoponendolo a un irreversibile
etnocidio.

Il luogo comune occidentale secondo il quale l'Occidente è stato aggredito dal


terrorismo islamico - in particolare con l'attentato dell'11 settembre 2001 alle Torri
Gemelle a New York - alimenta l'idea che l'uso della forza militare da parte degli
Stati Uniti e della Gran Bretagna è soltanto una replica difensiva, necessaria per la
sopravvivenza dell'Occidente e dei suoi valori di fronte all'emergere di una nuova
barbarie.

In realtà, il terrorismo, che si è sviluppato all'interno del mondo arabo-


islamico - incluso il terrorismo suicida - è una risposta strategica all'egemonia del
mondo occidentale; è una rivolta contro la soverchiante potenza dei suoi strumenti di
distruzione di massa e all'esteso controllo militare che esercita sui territori dei paesi

22
F.MERNISSI Islam e democrazia Casa editrice Giunti, 2002

26
che sono stati storicamente la culla dell'Islam. Ed è anche, sullo sfondo, una protesta
contro le crescenti disparità in potere e ricchezza che oppongono il direttorio delle
grandi potenze industriali alla grande maggioranza dei Paesi deboli e poveri, alla
quale appartengono in larga parte i Paesi a prevalente confessione islamica.

L'analista statunitense Robert Pape ha sostenuto che la variabile determinante


nella genesi del fenomeno terroristico, in particolare di quello suicida, non è il
fondamentalismo religioso, e nemmeno la povertà o il sottosviluppo: si tratta in
realtà, nella grande militare maggioranza dei casi, di una risposta organizzata a ciò
che viene percepito come uno stato di occupazione del proprio paese. Per
«occupazione militare» si deve intendere non solo e non tanto la conquista del
territorio, quanto la presenza invasiva e la pressione ideologica di una potenza
straniera che si propone di trasformare in radice le strutture sociali, economiche e
politiche del paese occupato23. L'obiettivo delle organizzazioni terroristiche di
matrice islamica, secondo Pape, consisterebbe essenzialmente nel liberare il mondo
islamico dalla oppressione straniera. In particolare, per quanto riguarda l'occupazione
dell'Iraq, Pape sostiene che la presenza prolungata e massiccia degli eserciti
occidentali nei Paesi musulmani aumenta giorno dopo giorno la probabilità di un
secondo, altrettanto micidiale «11 settembre». Quanto espresso non significa affatto
aderire alla tesi di un indebolimento dello Stato nazione messo in crisi dalla
globalizzazione. Anzi: lo Stato è l ‘unico che può garantire su ogni territorio
l’equilibrio tra la libertà, l’uguaglianza e la solidarietà. In tal senso la funzione dello
Stato è quella di tutelare il diritto alla sicurezza come nuovo valore di libertà in tutte
le parti della Nazione, soprattutto nei momenti di crisi maggiore o di fronte ad
evenienze eccezionali o fatti inauditi come la strage dell’11 settembre o l’escalation
della criminalità organizzata agevolata dalla globalizzazione24. Occorre, dunque, un
nuovo modo di esser e fare lo Stato, incarnando una diversa capacità di coinvolgere

23
R.PAPE Dying to Win: The Strategic Logic of Suicide Terrorism. New York: Random
House, 2005

24
P.CERI, La società vulnerabile, quale sicurezza, quale libertà Laterza 2003, pag. VII

27
tutti i soggetti del sistema anche nello svolgimento delle funzioni essenziali come
quelle relative alla sicurezza, promuovendo coordinamento, raccordo e
collaborazione e ogni tipo di sinergia, eventualmente pure negoziandola25.

Di certo un’efficace azione di contrasto richiede un’approfondita


precomprensione del fenomeno, come era stato intuito, già negli anni ’70, da Vittorio
Occorsio, un magistrato italiano, che aveva partecipato al processo per la Strage di
Piazza Fontana e ai processi a Ordine Nuovo. A ciò si aggiunge l’esigenza di
elaborare una interpretazione uniforme delle norme sostanziali e dei principali istituti
processuali, che costituisce banco di prova della capacità dell’ ordinamento di
contrastare il fenomeno senza deroghe agli standard di garanzia dei diritti
fondamentali e senza cedimenti alla logica del “diritto penale del nemico”.

XII.LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE FRA LE FORZE DI POLIZIA


E DI INTELLIGENCE

Negli ultimi decenni la cooperazione a livello di law enforcement e di


intelligence è significativamente aumentata. Si tratta di importanti forme di
cooperazione internazionale che tuttavia non sono ancora considerate equivalenti
alle altre forme di cooperazione giudiziaria in materia penale. Tant’è che non vi
sono trattati, come in materia di mutua assistenza giudiziaria, applicabili alla

25
C.MOSCA, Il prefetto rappresentante dello Stato al servizio dei cittadini, Rubbettino,2010
pag 55 e seguenti laddove viene evidenziato, tra l’altro che rappresentare una nuova statualità
significa farsi artefice del riconoscimento dei diritti prestatuali di cui all’art.2 Cost. accreditando tale
nuova concezione presso la pluralità degli altri soggetti, dal momento che il senso profondo della
democrazia è proprio basato sulla partecipazione e condivisione di tutte le autonomie non solo
territoriali, pure funzionali e sociali, nel rafforzamento delle funzioni sociali, quelle che poi tutelano
la sostanza dell’unitarietà del sistema ordinamentale

28
cooperazione tra intelligence e Law enforcement, né vi sono quelli di ricerca e di
condivisione delle informazioni tra organi di Stati diversi. Del resto anche le stesse
legislazioni nazionali degli Stati democratici hanno evitato di concentrare le attività
dei Servizi di intelligence e quelle di Law enforcement, in unici organismi, nel
rispetto delle libertà costituzionali, evitando in questo modo un tipo di
organizzazione propria dei sistemi dittatoriali di “stato di polizia/polizia segreta”. Il
controllo sulle attività degli uffici di intelligence è stato demandato a specifici organi
istituzionali, previsti dalle leggi in materia: Comitati di controllo, Uffici di
coordinamento istituzionali, etc.

A seguito dei fatti dell’ 11 settembre 2001, gli Stati Uniti sono stati i
destinatari di una notevole quantità di informazioni da parte dei Paesi richiesti di
fornirle. Di conseguenza, questa pratica dello scambio di informazioni, si è
notevolmente diffusa in molti Paesi di tutto il mondo. I fatti dell’11 settembre 2001
hanno ovviamente reso necessario uno scambio di notizie maggiore di quanto non si
facesse prima, in una situazione di sostanziale vuoto legislativo, non essendovi
alcuna convenzione multilaterale che regolamentasse il flusso di informazioni. Le
esperienze di contrasto della criminalità transnazionale, incluso il terrorismo,
rivelano che la prima e più importante tappa nella prevenzione è la cooperazione tra
i servizi segreti e le forze dell’ordine. Tale cooperazione è utile non solo ai fini della
prevenzione, ma anche come deterrente, poiché garantisce che gli autori dei reati
siano effettivamente perseguiti. I sistemi nazionali ripartiscono le funzioni proprie
dei servizi di sicurezza e delle forze dell’ordine tra organismi concorrenti
riducendone pertanto l’efficacia singola e combinata. Inoltre, ognuna di queste
agenzie nazionali tende a sviluppare separatamente delle relazioni ad hoc con gli enti
ad essa equivalenti in un numero ristretto di Paesi; così qualsiasi informazione che
venga condivisa tra le agenzie omologhe di Paesi diversi incorre negli stessi
impedimenti burocratici interni di condivisione delle informazioni e di cooperazione.
Nel diritto penale internazionale sono state finora sviluppate 6 modalità di
cooperazione internazionale. Si tratta di estradizione, assistenza giudiziaria,
trasferimento di procedimenti penali, riconoscimento di sentenze penali straniere,
trasferimento di detenuti, sequestro e confisca di beni. Queste sei modalità non sono
contenute in un’unica convenzione internazionale che le integri in modo da renderle

29
più efficaci. Per servirsi di queste sei modalità di cooperazione interstatuale gli Stati
hanno anche bisogno di una legislazione nazionale. Queste sei modalità, tuttavia non
sono contenute in un’unica convenzione internazionale che le integri in modo da
renderle più efficaci. Sono invece sparse fra le disposizioni di una serie di
convenzioni regionali multilaterali, 26come anche di numerosi trattati bilaterali.27

Per servirsi di queste sei modalità di cooperazione interstatuale, gli Stati hanno
anche bisogno di una legislazione nazionale; ma, ad eccezione di Austria, Germania,
Italia e Svizzera, nessun altro Stato ha una legislazione organica28. L’assenza a livello
sia multilaterale che nazionale, di regimi dell’esecuzione che integrino le sei modalità
sopra menzionate ha reso la cooperazione interstatuale in materia penale ingombrante,
lenta e spesso inefficace.

Di conseguenza, è auspicabile che gli Stati accrescano la raccolta e lo scambio


di informazioni relative a tutte le forme di attività criminale .Queste ed altre forme di
criminalità necessitano di un livello di raccolta e scambio di informazioni molto
elevato, il che richiede un rafforzamento dei poteri dell’Interpol (l’Organizzazione
internazionale di polizia criminale dedita alla cooperazione di polizia e al contrasto
del crimine internazionale) e di Europol al fine di conferire a tali organi un ruolo
molto più attivo.

XIII.L’INTELLIGENCE ITALIANA

Il termine intelligence non deriva dall'inglese ma dal latino


(intus+legere=leggere fra le righe). L'intelligence analizza, interpreta e produce
valutazioni su dati e informazioni catturate in giro per il mondo. I servizi segreti sono
le agenzie operative. In Italia ce ne sono due: AISI e AISE.

26
Vedi ad es. Convenzione inter –americana sull’estradizione O.A.S. T:S No.60 (25.2.1981);
Convenzione europea sull’estradizione , 13.12.1957; Convenzione inter-americana sulla mutua
assistenza in materia penale O:A.S.T.S No75 (23.5.19929.Vedi anche I-IIEKKEHART MULLER-
RAPPARD & M.CHERIF BASSIOUNI, European Inter-State Cooperation in Criminal Matters (2d
ed.1991).La Lega degli Stati Arabi ha una convenzione sull’estradizione e una sulla mutua assistenza
giudiziaria.
27
Vedi U.N: Model Treaty on Extradition G.A. RES.116 UN .GAOR 45th Sess.,Annex,211-
15;U.N .Model Treaty on Mutuale Legal Assistance in Criminal Matters G.A, Res 117,45th Sess.
Annex 215-19,U.N. Doc. A/Res/117 (1990)
28
M.CHERIF BASSIOUNI, Extradition Reform Legislation in the United States 1981-1983
Akron L. Rev. 495-574 (1984)

30
C’è un anno che ha cambiato il mondo dell’intelligence nazionale: il 2007. Fu
allora che venne introdotta la legge n.127 che cambiò il mondo delle Agenzie. I
militari di fatto furono estromessi dall’intelligence, da allora in mano ai civili. Ad
occuparsi di tutto c’è ora l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza che vede al vertice
operativo il presidente del Consiglio dei Ministri. Quest'ultimo ha frequenti incontri
con il CISR (consiglio interministeriale per la sicurezza della repubblica). A fare le
veci del premier c'è l'autorità delegata (attualmente guidata da Marco Minniti).
L'organo che coordina tutto l'aspetto operativo dell'intelligence è il DIS
(Dipartimento informazioni per la sicurezza) che gestisce i due rami più importanti,
l'AISE (Agenzia per le informazioni e la sicurezza estera) e l'AISI (per le faccende
nazionali). Queste ultime due hanno sostituito nel 2007 l'ex Sisde e Sismi che oggi
non esistono più. Le informazioni che arrivano in possesso dei dipartimenti nazionali
sono classificate in 4 livelli di segretezza: riservato, riservatissimo, segreto e
segretissimo. I militari quindi non fanno parte dei servizi di intelligence, anche se il
Parlamento ha recentemente approvato una legge che permette ai servizi segreti di
utilizzare all'occorrenza le forze speciali militari italiane. Questo prima era vietato in
quanto i militari potevano utilizzare un'intelligence tecnico militare solo per
difendere i contingenti impegnati in missioni all'estero. La precedente riforma risale
al 1977, in piena guerra fredda. La legge di 38 anni fa prevedeva l’esistenza di due
servizi segreti differenti: il Servizio segreto di informazione militare (SISMI) alle
dipendenze del ministero della Difesa e il Servizio Segreto di informazione civile
(SISDE) guidato dal ministero degli Interni. Il primo si occupava principalmente dei
“problemi” internazionali, il secondo di contrasto al “terrorismo” e all’eversione. Il
controllo di governo e Parlamento su entrambi rami dell’intelligence era però
piuttosto limitato. Oggi invece il premier ha il compito di nominare i direttori e i
vicedirettori di ogni agenzia, coordinare le politiche dell’informazione per la
sicurezza, impartire direttive e, sentito il CISR, emanare le disposizioni utili ad
organizzare l’intero sistema.

Gli agenti dei servizi italiani AISE e AISI hanno delle garanzie funzionali che
li tutelano per alcuni tipi di reato (ad es. entrare in una casa per piazzare delle
microspie senza l'autorizzazione del Pm). Si sta discutendo sulla possibilità di

31
ampliare queste garanzie funzionali soprattutto durante la minaccia concreta di atti
terroristici.

I dipartimenti e le agenzie lavorano per prevenire gli attentati. Nel momento


stesso in cui avviene un atto terroristico sul suolo italiano finisce il compito (svolto
male) dell'intelligence e tutto finisce nelle mani delle forze dell'ordine.

L'intelligence ha varie classificazioni, quattro per l'esattezza, divise a seconda


delle fonti dalle quali ottenere informazioni. HUMINT (human intelligence) = non è
una fonte di sola Intelligence diretta, ma anche di informazioni di pregnante valore
"contro-spionistico". In questo caso le informazioni vengono ottenute da persone.
L'esempio più classico è il terrorista che viene catturato e decide di collaborare.
SIGINT (signals intelligence) = è l'attività di raccolta delle informazioni attraverso le
intercettazioni. E' la più costosa ma allo stesso tempo la più efficace. Fra i tanti
compiti c'è anche quello più tecnico dell'analisi dello spettro delle comunicazioni
(localizzazione dei cellulari e interpretazione dei segnali dei radar). IMINT (imagery
intelligence) = è l'attività di raccolta di informazioni mediante l'analisi di fotografie
aeree o satellitari OSINT (open source intelligence) = è l'attività di raccolta di
informazioni mediante la consultazione di fonti di pubblico accesso (il web e i
giornali). Questa attività è la meno costosa ed è quella che fornisce maggiori
informazioni. Il terrorista ricercato può essere individuato attraverso le prime due
attività, HUMINT e SIGINT.

XIV.L’ITALIA APPROVA LA LEGGE PER COMBATTERE LA


RADICALIZZAZIONE

In data 19.7.2017 la Camera dei Deputati con 251 voti favorevoli ha


approvato l’istituzione del Centro nazionale sulla radicalizzazione (CRAD) presso il
Dipartimento delle libertà civili e dell’immigrazione del Ministero dell’Interno. Con
il compito di dare attuazione al Piano strategico nazionale, sono istituiti i Centri di
coordinamento regionali sulla radicalizzazione (CCR), presso le Prefetture dei
capoluoghi di regione. Inoltre, la normativa in oggetto prevede l’istituzione in
Parlamento di un Comitato per il monitoraggio dei fenomeni di radicalizzazione e
dell’estremismo violento di matrice jihadista. Il Comitato svolge attività di

32
monitoraggio dei fenomeni della radicalizzazione e dell’estremismo violento di
matrice jihadista sul territorio nazionale, con particolare attenzione alle
problematiche inerenti alle donne e ai minori e svolge la sua attività anche attraverso
l’audizione di figure istituzionali, di componenti della magistratura e delle forze di
polizia, di ministri di culto e di operatori sociali.
L’obiettivo di tale testo di legge è quello di impedire che giovani musulmani nati e
cresciuti in Italia si radicalizzino e compiano attentati terroristici. Per la prima volta
nel nostro Paese si assiste all’introduzione di una strategia ad hoc sulla prevenzione
della radicalizzazione.

La legge prevede, ancora, l’istituzione di Centri di coordinamento regionali


sulla radicalizzazione (CCR), presso le Prefetture e di un Comitato per il
monitoraggio dei fenomeni di radicalizzazione e dell’estremismo violento di matrice
jihadista. Contempla, inoltre, un sistema di prevenzione anche in ambito scolastico e
carcerario con una serie di interventi di comunicazione e un apposito piano contro
la radicalizzazione nelle carceri e nelle scuole e nelle Università.

Tale atto normativo si fonda sulla consapevolezza che alcuni giovani europei
vengono affascinati e decidono di raggiungere Daesh (l’altro nome dell’ISIS: Stato
Islamico dell’Iraq e della Siria) o altri gruppi terroristici.

La lettura di tale fenomeno, tuttavia, non può basarsi unicamente su


considerazioni socioeconomiche.
Alcuni studiosi concordano su questo. Non si tratta più solo di giovani di periferia, ai
margini della società. Ci sono certamente individui psicologicamente fragili, ma nei
gruppi jihadisti ci sono anche donne, adolescenti, convertiti e giovani di classe
media, provenienti da famiglie normalmente costituite.
Se non unicamente economico, il problema europeo è di tipo ideologico. In
mancanza di utopie e ideali, i giovani sono quindi alla ricerca di qualcosa in cui
credere. Siamo di fronte a “terroristi di vocazione”29 che devono cioè appagare un
bisogno interiore, spirituale. La conversione alla jihad diventa una reazione alla
disintegrazione dell’identità sociale. Chi sente, come i giovani che si avvicinano al

29
A.ORSINI: La radicalization des terroristes de vocation, Commentaire

33
terrorismo, di non appartenere alla realtà in cui vive, spesso ricostruisce la propria
identità sociale attraverso un’ideologia radicale.

C’è poi un altro elemento fondamentale da considerare: una dimensione


nichilista che accomuna i giovani che hanno scelto la strada del terrorismo islamico.
A differenza del terrorismo politico, negli ultimi 20 anni gli attentatori sono sempre
morti - suicidi o durante l’intervento delle forze dell’ordine.
“È una crisi spirituale, di giovani che non hanno valori 30. Se vuoi combattere contro
l’ordine mondiale non sai più a chi rivolgerti, poiché anche l’estrema sinistra oggi si
concentra su temi e problemi non più globali, ma locali. L’unica causa rivoluzionaria
è Daesh, che quindi suscita un forte fascino”.

Un aspetto che unisce l’Europa al mondo arabo: l’assenza di un’utopia


politica che indichi la via d’uscita dalla crisi. Crisi economica e identitaria in Europa,
fallimento delle primavere arabe al di là del Mediterraneo, cioè di quell’insieme di
rivolte e proteste con cui i giovani musulmani e cristiani del mondo arabo
chiedevano un cambiamento in termini di giustizia e di libertà. Il testo normativo
approvato il 19 luglio scorso rappresenta un approccio nuovo nei confronti del
terrorismo per il nostro Paese, ma rodato in tutta Europa e in molti Paesi
mediorientali, dove è opinione comune che una strategia basata solamente sulla
repressione sia incompleta. Monitoraggio, inchieste, lavoro d’intelligence, arresti ed
espulsioni sono la spina dorsale del contrasto al terrorismo. E’ poco realistico
pensare che si possa sempre stanare il prossimo commando o individuare il prossimo
lupo solitario prima che colpiscano. È per questo che alla repressione sono ormai da
anni affiancate misure di prevenzione della radicalizzazione. Si cerca cioè di evitare
che giovani musulmani siano attratti dalle sirene del Califfato o di de-radicalizzare
soggetti che già lo sono stati, in casi estremi anche foreign fighters di ritorno o
condannati per terrorismo da poco rilasciati. Dal testo viene fuori la nuova strategia
che, coordinata centralmente da un organo apposito e da un comitato parlamentare,
ma implementata a livello locale, pone in essere una serie di iniziative volte a
impedire che giovani musulmani nati e cresciuti nel nostro Paese voltino le spalle

O.ROY La paura dell’Islam pubblicato dal Corriere della Sera nella collana IL dibattito delle
30

idee conversazioni con Nicolas Truong

34
alla nostra società e si radicalizzino. Si vuole, dunque, contrapporre al messaggio
jihadista non solo un contrasto poliziesco, ma un vero e proprio muro culturale,
coinvolgendo varie parti dello Stato (fondamentale per esempio il ruolo della scuola)
e della società civile (in primis comunità islamiche, ma anche il mondo
dell’accoglienza e le società di Internet). La legge dedica giustamente un’attenzione
speciale alla radicalizzazione su Internet e nelle carceri. Ma i fronti su cui lavorare
sono molteplici. Ed è chiaro che la legge porta una parte della responsabilità della
prevenzione della radicalizzazione a tutta la società e non solo alle forze dell’ordine
o di intelligence. E’ una rivoluzione culturale per il nostro Antiterrorismo, che si
deve aprire maggiormente all’interazione con vari partner non usuali, ma anche per
la nostra società tutta, che proprio perché non ha ancora visto le drammatiche
dinamiche di radicalizzazione e polarizzazione sociale viste Oltralpe, deve adoperarsi
perché non si replichino anche nel nostro Paese.

XV.COME SCONFIGGERE IL NUOVO TERRORISMO ?

Per fermare i terroristi ci sarebbe una sola strategia: impedire che essi ricavino
vantaggi dalle loro azioni e far capire loro in anticipo che non otterranno alcun
beneficio dalle loro imprese sanguinarie. Ma per spezzare il corto-circuito di cause
ed effetti che alimenta il terrorismo internazionale sarebbe necessario intervenire con
misure molto più energiche di quelle che sono state usate finora. Occorrerebbe
infliggere ai terroristi punizioni severe, «inabilitare» i suoi militanti, decidere misure
preventive e sanzionatorie, senza soffermarsi e attardarsi sul comprendere le stesse
ragioni dell’agire dei terroristi; piuttosto negarle, respingerle al fine di evitare che
vengano utilizzate a fondamento di nuovi attacchi terroristici in una spirale senza
fine. È altrettanto rilevante, inoltre, definire le misure concrete che devono essere
prese per sconfiggerlo, facendogli mancare le giustificazioni ideali e il sostegno
popolare. Sia nel microcosmo palestinese, sia su scala mondiale il terrorismo
funziona perché le repliche strategiche che gli sono state opposte - la repressione
etnocida della seconda Intifada, la guerra in Afghanistan, la guerra in 'Iraq - sono
state prospettate come proposte risolutive del problema. Sono in realtà delle repliche
sanguinarie quanto lo sono gli attentati terroristici - e moralmente altrettanto
deprecabili - e per di più motivate non dalla disperata volontà di un popolo di

35
resistere all'oppressione, ma dalla spietata volontà di una grande potenza (o di un suo
alleato militarmente efficientissimo e dotato di armi nucleari, come Israele) di
imporre al mondo una logica di potenza. In questo modo non si fa, in realtà, che
trascinare i contendenti in una spirale di odio, di paura, di distruzione e di morte che
rischia di condurci ad una guerra terroristica globale e senza fine.

XVI. IL RUOLO DEI LUOGHI DI CULTO


In tale quadro, deve ritenersi che il ruolo dell’Imam e della moschea sia centrale, in
modo tale da trasmettere un Islam calato nel paesaggio culturale europeo. Uno
strumento risolutivo del fenomeno sarebbe anche quello di produrre un dibattito
all’interno della comunità musulmana su come vivere l’Islam in Europa, conciliando
la tradizione religiosa ai valori della società come il rapporto tra uomo e donna, tra
culture diverse o il rapporto con lo spazio pubblico. Gli Imam, però, in genere sono
conservatori, non conoscono la società e non danno ai giovani le chiavi per vivere la
loro fede in una società moderna. Così come oggi accade per la Chiesa cattolica, nei
Paesi europei c’è una crisi nel reperimento di candidati a ricoprire il ruolo di imam.
Queste figure sono infatti scarsamente retribuite, non hanno molto potere nella
moschea, e per questo i giovani locali - laureati, maggiormente integrati nelle
rispettive società - non aspirano a questa professione. Di conseguenza, le moschee
“importano imam dal terzo mondo, importando così anche una visione dell’Islam
conservatrice e non calata nella realtà europea". Un’ulteriore risposta al terrorismo
potrebbe essere quella per cui l’Europa non può mancare al compito di integrare
positivamente chi fugge dal Medio Oriente e dall’Africa.
Tutto questo non può chiaramente prescindere dal fornire a queste persone le basi per
la comprensione della cultura europea, in modo tale da creare un terreno comune per
imparare a vivere insieme.
Se anche Isis sarà sconfitto - e per la sua caduta definitiva occorrerà tempo, perché
ogni attore coinvolto nella lotta contro Daesh ha rivalità regionali che impediscono
una efficace battaglia comune - sarà indispensabile fornire ai giovani quella nuova
“spiritualità” fatta di utopie e ideali, per non farli cadere in una nuova forma di
jihadismo e radicalismo, che possa sfociare in un nuovo sviluppo del fenomeno
terroristico.

36
BIBLIOGRAFIA

1. A.SCHMID, Frameworks for conceptualising terrorism,in Terrorism and


Political Violence vol 16,n.2,2004.

2.W.LAQUEUR,Il nuovo terrorismo, Corbaccio, Milano 2002,pp 102-103

3 Articolo introdotto con l’art. 2 d .l. del 21 marzo 1978, n.59 convertito con
modifiche della legge 18 maggio 1978,n.191”Norme penali e processuali per la
prevenzione e la repressione di reati gravi”
4.V .Digesto UTET 583 e ss. Codice Penale Commentato Lattanzi, Fiandaca e
Musco ,Diritto penale, Parte Speciale vol.1 ,Bologna 1999,1;MARCONI,I Delitti
contro la personalità dello Stato, Profili storico- sistematici ,Milano 1984

5 V.M.CHIAVARIO, Commento al d. l. 15 dicembre 1979 in Legisl.


Pen,1981,32)

6 V. MAZZANTI, La Legge 6 febbraio 1980, n.15 contro il terrorismo, in


Giust.pen.,1980,III,235;

7. L’art. 270 bis c.p. è stato modificato ex art.1 l,15 dicembre 2001, n.438

8 Pubblicata in G.U 14 dicembre 2001, n..290 che ha convertito il d. l. 12


ottobre 2001,n.369

9 Strategia della tensione in Dizionario giuridico Treccani

10 M. CAPANNA Formidabili quegli anni, Milano, Rizzoli,1988

11 I .MONTANELLI E M.CERVI l’Italia degli anni di


piombo,Milano,Rizzoli,1991

37
12 Il Giornale d’Italia di Roma e La Notte di Milano, pubblicano il documento della
Prefettura di Milano indirizzato al Ministro dell’Interno Franco Restivo (Palermo 1911 –
Francavilla di Sicilia 1976), intitolato “Situazione dell’ordine pubblico – Formazioni
estremiste extra-parlamentari”,16 aprile 1971. Era stato scritto il 22 dicembre 1970 dal
prefetto Libero Mazza (Pisa 1910 – Milano 2000) e da allora verrà indicato appunto come
“rapporto Mazza”.

13 F. B. BERARDI, Il sapiente, il mercante, il guerriero, Derive Approdi,


2004

14 Sequestro Soffiantini, nuova perizia Donatoni ucciso da fuoco amico, La


Repubblica, Data pubblicazione 22-06-2005. URL consultato il 20 settembre 2008

15 Conclusioni e Piano di Azione del Consiglio Europeo straordinario del


21.9.2001

16 Consiglio dell’Unione europea, Strategia Antiterrorismo dell’Unione


Europea 14469/3/05, Bruxelles,novembre 2005,p.8

17 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio,


Reclutamento per attività terroristiche –Affrontare i fattori che contribuiscono alla
radicalizzazione violenta

18 B.M .JENKINS International Terrorism: a new Mode of conflict in


International Terrorism and World Security a cura di D. Carlton e C. Schaerf, Croom
Helm, London 1975

19 QUIRICO S. L’Unione Europea e il terrorismo, Storia concetti e istituzioni


in PAST n.2 2013 pag.17
20 M. CHERIF BASSIOUNI Beware Patriotism when it seeks to take away
rights, Chicago Tribune,30 dicembre 2001, paragrafo 2,4

21 FRIEDMAN, The Lexus and the Olive Tree: Understanding Globalization,2000

38
22 F.MERNISSI Islam e democrazia Casa editrice Giunti,2002

23 R.PAPE Dying to Win: The Strategic Logic of Suicide Terrorism. New


York: Random House, 2005

24 P.CERI, La società vulnerabile, quale sicurezza, quale libertà Laterza


2003, pag. VII

25 C.MOSCA, Il prefetto rappresentante dello Stato al servizio dei


cittadini ,Rubbettino,2010 pag. 55

26 Vedi ad es. Convenzione inter –americana sull’estradizione O.A.S. T: S


No.60 (25.2.1981); Convenzione europea sull’estradizione, 13.12.1957;
Convenzione inter-americana sulla mutua assistenza in materia penale O:A.S.T.S
No75 (23.5.19929.

27 Vedi anche I-IIEKKEHART MULLER-RAPPARD & M. CHERIF


BASSIOUNI, European Inter-State Cooperation in Criminal Matters (2d ed.1991).La
Lega degli Stati Arabi ha una convenzione sull’estradizione e una sulla mutua
assistenza giudiziaria

28 Vedi U.N: Model Treaty on Extradition G.A. RES.116 UN .GAOR 45th


Sess.,Annex,211-15;U.N .Model Treaty on Mutuale Legal Assistance in Criminal
Matters G.A, Res 117,45th Sess. Annex 215-19,U.N. Doc.A/Res/117 (1990)

29 A. ORSINI: La radicalization des terroristes de vocation,


Commentaire

30 O.ROY La paura dell’Islam pubblicato dal Corriere della Sera nella


collana IL dibattito delle idee conversazioni con Nicolas Truong

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