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It.J.Fresh.Ichthyol.

Italian Journal of Freshwater Ichthyology, 2016 vol. 3 2016(3): 83-88


Atti XV Congresso Nazionale Associazione Italiana Ittiologi Acque Dolci – Gorizia (GO)

“PESCI GATTO AFRICANI” NELLE ACQUE DEL PIEMONTE (OSTEICHTHYES,


CLARIIDAE)

AIR-BREATHING CATFISH SPECIES IN THE WATERS OF THE PIEDMONT REGION,


NW ITALY (OSTEICHTHYES, CLARIIDAE)

TOMMASO SCANZIO 1, MARINO PREARO 1, GIOVANNI A. C. BALMA2, CLAUDIO FOGLINI 1,


ALESSIO FERRARESE 3, ALESSANDRA PUCCI 4, GIOVANNI B. DELMASTRO2*

1. Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta


2. Museo Civico di Storia Naturale di Carmagnola *corresponding author: gbdelmastro@gmail.com
3. Associazione Vivere i Parchi, Candia C.se
4. Città Metropolitana di Torino, Servizio Pianificazione e Gestione Rete Ecologica, Aree Protette e
Vigilanza Ambientale

Prole chiave: Italia, pesci d’acqua dolce alieni, ripopolamento, laghetti di pesca sportiva.

Keywords: Italy, alien freshwater fishes, restocking, sport fishing ponds.

Riassunto
In Italia da circa trent’anni pesci gatto appartenenti alla famiglia Clariidae sono
frequentemente rilasciati nei laghetti di pesca sportiva. Ad oggi non sono noti casi di specie
che abbiano popolazioni naturalizzate. Nella bibliografia ittiologica italiana abbiamo
rinvenuto un certo numero di segnalazioni di specie di claridi, tuttavia non sappiamo se queste
siano state sempre verificate con la necessaria attenzione.
Alcuni esemplari provenienti da acque private e pubbliche del Piemonte sono stati studiati
con lo scopo di giungere alla loro corretta determinazione. Questo materiale appartiene
prevalentemente alla specie Clarias (Clarias) gariepinus (Burchell, 1822) mentre un solo
esemplare è riconducibile ad un ibrido intergenerico Heterobranchus x Clarias: quest’ultimo
non era mai stato citato prima per il territorio italiano.

Abstract
In Italy over the last three decades air-breathing catfish taxa belonging to the family Clariidae
have often been released in ponds and small lakes devoted to recreational fishing activity;
until now cases of self-sustaining populations have not been reported. While some species
have been reported in the Italian ichthyological literature, it seems that few of these records
have been scientifically verified.
Some catfish specimens collected in the Piedmont Region, both in private and public water
bodies, were here studied with the aim to correctly identify them. This material mainly
belongs to the species Clarias (Clarias) gariepinus (Burchell, 1822), while a single large
specimen was identified as an intergeneric hybrid Heterobranchus x Clarias: this last
specimen represents the first record for Italy.

Introduzione
Nessun taxon di siluriformi (Ordine Siluriformes) è autoctono in Italia, dove, a partire dai
primi anni del novecento, sono state prima introdotte specie della famiglia Ictaluridi, poi,
verso la metà degli anni ’50, Siluridi e una trentina di anni più tardi i Claridi.

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Questi ultimi (Clariidae) sono identificati con il termine di “pesce gatto africano” sebbene la
famiglia sia anche originaria in una ampia fascia meridionale del continente asiatico (Berra,
1981).
Caratteristiche essenziali dei Clariidi sono: presenza di 4 paia di barbigli, una lunga pinna
dorsale ed anale, la prima costituita da soli raggi molli (solitamente oltre 30) che si estende
dall’apice della pettorale alla caudale (quest’ultima è arrotondata), un insolito apparato
respiratorio accessorio, detto organo soprabranchiale, osservato per la prima volta nel 1802
dal famoso biologo Geoffroy Saint-Hilaire, considerato uno dei fondatori dell’anatomia
comparata. L’organo soprabranchiale, di forma arborescente, è unito al secondo, terzo e
quarto arco branchiale in posizione dorso-caudale e permette a questi pesci gatto di utilizzare
l’aria atmosferica e quindi di sopravvivere per un lungo periodo in caso di acque scarsamente
ossigenate o addirittura in assenza di acqua (Jayaram, 1980; Teugels, 1986; 1996). Le
principali caratteristiche del genere Clarias sono riassunte da Teugels (1982).
Già l’ittiologo piemontese Tortonese (1934), che ha studiato una piccola collezione di specie
africane conservate nel Museo Zoologico di Torino, ha evidenziato le difficoltà che si
incontrano nella corretta identificazione di questi pesci. Da allora sono state condotte ampie
revisioni su alcuni gruppi, prima fra tutte quella di Teugels (1986) sui Clarias africani, che
però non hanno interessato le specie asiatiche dello stesso genere, dove tuttora permane una
certa difficoltà nel definire i vari taxa che lo rappresentano in questa vasta regione del mondo.
Anche a proposito dei diversi claridi utilizzati in acquacoltura, sebbene sia esiguo il numero
delle specie più comunemente allevate, la corretta determinazione può risultare problematica
per la presenza di ibridi, che com’è noto presentano caratteri intermedi tra le specie parentali.

Materiali e metodi
Abbiamo esaminato 12 esemplari adulti di “pesce gatto africano” di lunghezza totale (TL)
compresa tra 320 e 630 mm e provenienti da tre diverse località del Piemonte centro-
occidentale: 9 exx. sono stati pescati con lenza, da maggio 1996 a luglio 1999, nel laghetto
“L’isola del pescatore” nel territorio comunale di Borgaro Torinese (TO) (collez. Ittiol.
Balma-Delmastro); con lo stesso metodo nell’agosto 2011 sono stati catturati 2 soggetti in un
laghetto nel comune di Caramagna Piemonte (CN), mentre l’ultimo esemplare della nostra
serie è stato pescato con nassa in un canale presso la palude del lago di Candia (TO) in data
23 agosto 2014 (collez. Ittiol. Balma-Delmastro).

Risultati
In base ai caratteri riscontrati sugli esemplari dei bacini di Borgaro e Caramagna, primo fra
tutti l’elevato numero di branchiospine sul primo arco branchiale, compreso tra 58 e 77,
riteniamo di poter ascrivere tutto questo materiale alla specie Clarias (Clarias) gariepinus
(Burchell, 1822). In effetti, secondo Teugels (1986), il numero di branchiospine è il più
importante carattere che discrimina questo taxon dalle altre specie del genere: C. (C.)
gariepinus, diffuso in Asia Minore ed in gran parte dell’Africa, ne possiede un numero più
elevato, con alta correlazione tra questo e la lunghezza standard. Inoltre, su questi 11 soggetti
(320-570 mm LT) abbiamo riscontrato la presenza di 61-71 raggi sulla pinna dorsale e 46-53
su quella anale; il raggio spinoso delle pettorali presenta seghettatura solo sul lato esterno.
L’esemplare (630 mm LT) ritrovato in una nassa in prossimità della palude del lago di Candia
appartiene sicuramente ad una specie diversa, dal momento che mostra caratteristiche
differenti per importanti caratteri diagnostici, primi fra tutti il numero di branchiospine (=45),
quello dei raggi della pinna dorsale (=49) e l’evidente presenza di una seconda pinna dorsale
(adiposa, con base di 87 mm) di lunghezza pari ad un terzo della prima dorsale raggiata (245
mm); nella pinna anale abbiamo contato 44 raggi. I barbigli più lunghi giungono a malapena
alla base delle PP ed il raggio spinoso di queste ultime mostra leggera seghettatura sul lato

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esterno ed interno. Il soggetto, prima della fissazione in formalina, presenta una tinta di fondo
grigiastra, più scura sulle parti dorsali, dove si nota una diffusa maculazione nerastra; il capo
è nerastro.
Riteniamo che l’esemplare rappresenti un ibrido intergenerico Heterobranchus x Clarias, uno
dei possibili incroci tra specie diverse di Claridi non di rado utilizzati negli impianti di
itticoltura (Legendre et al., 1992; Borode & Oyintoke, 2005) e che talora vengono citati con il
termine di “Heteroclarias” (Ovie & Eze, 2013).

Discussione
Nelle acque interne italiane l’introduzione di “pesci gatto africani”, per lo più rilasciati in
bacini privati per soddisfare le richieste dei pescatori sportivi, è un fatto noto da qualche
decennio (Jelli, 1991; Melotti et al., 1995; Gherardi et al., 2007) ma generalmente poco
considerato, per lo meno rispetto al frequente uso che si fa di questi pesci quale materiale
“pronto pesca”: nel 1988 si ipotizza che siano stati rilasciati oltre 80 t di Clarias gariepinus nel
laghi di pesca sportiva italiani (Melotti et al., 1989); qualche anno più tardi il consumo medio
annuo sale a 150-200 t (Melotti et al., 1995) e presumiamo che da allora questa cifra sia
ulteriormente aumentata.
Nella nostra Penisola, il genere Clarias è citato da diversi autori, prevalentemente per le sue
regioni settentrionali (Marconato et al., 2000), per la provincia di Venezia (Marconato et al.,
2000a) e più in generale per la regione Veneto (Marconato et al., 2001); nelle acque del
modenese questo taxon è riportato da Sala et al. (2000; 2004), mentre Alessio et al. (1995) lo
elencano tra i pesci del lago di Massaciuccoli. La specie più ricorrente nel panorama
bibliografico italiano è sicuramente Clarias gariepinus, l’unico Claride riportato per l’Italia da
Gherardi et al. (2007), citato per il Nord e Centro Italia da Nocita & Zerunian (2007), per il
Po ed il suo bacino rispettivamente da Gherardi et al. (2010) e da Puzzi et al. (2010), per il
lago di Garda da Confortini (1996), per le acque lombarde da Razzetti et al. (2002; 2013);
Melotti et al. (1989) indicano il 1986 come l’anno d’introduzione in Italia di C. gariepinus.
Qualche citazione si riferisce poi ad un’altra specie di origine africana, Clarias anguillaris
(Linnaeus, 1758), riportato per il Garda da Ciutti et al. (2014), ancora per il Garda ed il
Tevere da Bianco (1995) e per le acque venete da Turin (1999, Clarias anguillarum(sic!)).
L’ultima specie che abbiamo rinvenuto nella nostra indagine bibliografica, questa volta
asiatica ed acclimatata negli stati Uniti (Hensley & Courtenay, 1980), è Clarias batrachus
(Linnaeus, 1758), “introdotto dopo il 1990 nel bacino padano” (Gandolfi, 2010). Non
sappiamo se e quanto siano state verificate le segnalazioni di Clariidae appena riportate per la
nostra Penisola. A proposito della rimanente parte del continente europeo, è stata riportata
l’immissione di due specie: Clarias gariepinus in Olanda, Repubblica Ceca e Slovacchia e
Clarias batrachus nel Regno Unito (Elvira, 2001): per tutti questi casi si tratterebbe di
acclimatazione “probabilmente non avvenuta”.

Conclusioni
Gli esemplari di “pesce gatto africano” provenienti dal Piemonte che abbiamo considerato in
questo lavoro confermano come in Italia i claridi siano prevalentemente – anche se non
totalmente -circoscritti a certe acque private adibite a pesca sportiva. La cattura
dell’esemplare da noi attribuito all’ibrido intergenerico Heterobranchus x Clarias risulta
interessante sia perché, come è stato precedentemente evidenziato, rappresenta la prima
segnalazione a noi nota per l’Italia, sia perché quest’ultima si riferisce ad acque pubbliche,
dove molto difficilmente il soggetto è stato rilasciato dall’uomo. L’ipotesi più verosimile è
che questo esemplare sia stato introdotto in un bacino di pesca sportiva della zona e che vi sia
poi sfuggito, riuscendo a raggiungere il reticolo idrografico. Inoltre, considerate le dimensioni
del grosso soggetto raccolto in prossimità della palude del lago di Candia, non possiamo

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completamente escludere la possibilità che l’animale sia riuscito a sopravvivere al rigore dei
nostri inverni (così come non siamo neppure in grado di suffragare questa ipotesi con alcuna
prova). D’altro canto secondo Melotti et al. (1989; 1995) l’introduzione in Italia di C.
gariepinus non comporterebbe alcun rischio di acclimatazione dal momento che la specie non
è in grado di resistere e sopravvivere a temperature inferiori a 14°-15° C, che invece vengono
spesso raggiunte dalle acque presenti nelle aree a clima temperato delle nostre latitudini.
Ritornando nuovamente a considerare la dozzina di esemplari che abbiamo studiato in
occasione di questo lavoro, risulta oltremodo interessante il fatto che sia stata individuata più
di una specie di Clariidae in un campione pur molto ridotto, sia di esemplari che di siti
indagati. L’immissione di questi siluriformi nelle nostre acque adibite a pesca sportiva è
certamente realizzata con materiale proveniente dagli impianti di acquacoltura piuttosto che
con soggetti selvatici prelevati in natura: poiché i taxa di questa famiglia ed i loro ibridi
utilizzati negli allevamenti ittici sono abbastanza numerosi, le specie che si potrebbero quindi
potenzialmente rinvenire nelle nostre acque a seguito di ripopolamenti con “pesce gatto
africano” risultano altrettanto diversificate.
Riteniamo che la loro corretta identificazione sarebbe sempre raccomandabile, anche e
soprattutto in considerazione delle possibili disparate strategie di adattamento che i vari taxa
potrebbero mettere in atto nei nostri ambienti acquatici d’immissione.

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