Le nove muse sono le bellissime giovinette, figlie di Mnemosine, la
personificazione della memoria, e di Zeus, il padre di tutti gli dei. Ognuna presiede a una forma specifica del pensiero ed è raffigurata con i simboli del suo sapere. Clio, l’ispiratrice della storia, è rappresentata con un rotolo di carte. Talia, che è la musa della poesia pastorale e della commedia, reca la maschera comica ed è incoronata con l’edera. Eràto, la musa della poesia d’amore, ha il capo incoronato di rose e di mirto. Euterpe, la protettrice della poesia lirica e della musica, è rappresentata con il flauto. Polinnina presiede alla geometria e all’oratoria e ispira gli inni in onore degli dei e degli eroi. Calliope è la musa della poesia epica e reca uno stilo e una tavoletta ricoperta di cera. Tersicore, la musa della danza, ha ghirlande di fiori e la lira. Urania, che è la patrona dell’astronomia, tiene il compasso e il mappamondo, strumenti delle sue conoscenze. Melpòmene, che presiede alla tragedia, è raffigurata con la maschera tragica e un pugnale insaguinato. Il monte Parnaso con la fonte Castalia era luogo consacrato alle nove muse come lo erano l’Elicona e la fonte Ippocrene cercata dal cavallo alato Pegaso, al loro servizio. Per i Romani esistevano divinità simili alle Muse che presiedevano ai canti e ai vaticinii: si tratta delle Camene, venerate in un boschetto presso Porta Capena, destinate in tempi successivi a essere confuse con le nove Muse, delle quali condividevano le principali caratteristiche. E per ogni poeta, sia greco sia latino, oppure più moderno, divenne quasi un obbligo iniziare la propria opera artistica con un’invocazione alle dee delle arti, che infondevano ispirazione e forza alla composizione cui l’artista si accingeva.