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UNITÀ 1

LA SCIENZA
GRECO-ROMANA

:,

1■ Le innovazioni scientifiche
Nello Scenario abbiamo evidenziato come una delle caratteristiche del nuovo sapere el-
lenistico sia la divaricazione tra scienza e filosofia: a differenza dei grandi filosofi del V- ' I im
IV secolo a.C., infatti, gli scienziati dell'età ellenistica non si occupano di filosofia e, a er-
loro volta, i nuovi filosofi trascurano l'indagine scientifica. Cli
!:!.
Scienza, In tal modo, l'indagine scientifica si separa sia dalla filosofia (e dalla religione) sia dalla tecni- CD:,
filosofia ca, ai cui procedimenti non fa ricorso, se non eccezionalmente. l'.astronomia, per esempio, si N
e
e tecnica (0
configura prevalentemente come geometria (cui sono ricondotti i moti celesti) e la medicina
al
n
come anatomia e fisiologia (e non come terapeutica). Gli scienziati, infatti, svolgendo le loro o
indagini nell'ambiente del Museo alessandrino e in rapporto con gli interessi della corte, ma o ..,
I

non con quelli del mondo produttivo, non awertono esigenze di carattere pratico. 3
e
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l'.uomo di scienza ellenistico sviluppa, insomma, un sapere eminentemente teorico. Pa- e
rallelamente, la figura del tecnico - fiorita nel V-IV secolo a.C. - scade a mero pratico,
privo di basi teoriche: tale per esempio diventa per molti aspetti la figura del medico.
Lo sviluppo l'.impostazione rigorosamente teorica consente comunque alla scienza di acquisire fonda-
delle discipline mentali risultati. Sino ad Aristotele, il fondamento del sapere era stato cercato nella filo-
scientifiche
sofia. Suddiviso il sapere in ambiti ben circoscritti, gli scienziati cercano ora i fondamen-
ti delle loro conoscenze specialistiche all'interno delle rispettive discipline, non più nella
filosofia, così come ne cercano il valore e l'unità nella coerenza dell'organizzazione logica
e non più in riscontri tecnico-pratici. In questo modo, si approfondiscono gli strumenti
formali delle varie scienze (come dimostra in maniera eminente la matematica).
La geometria di Euclide Nel periodo aureo della scienza alessandrina (III-II secolo
a.C.) si afferma soprattutto la razionalità della matematica, rappresentata in particolare
da Euclide e Apollonia di Perga (oltre ai quali si dovrebbero ricordare Nicomede, Dio-
de e Archimede, che però occupa un posto a sé).
Della vita di Euclide si sa pochissimo, salvo che fu attivo intorno al 300 a.C. e insegnò
ad Alessandria durante il regno di Tolomeo I Sotere. La sua opera principale, Elementi
(in 13 libri; altri due sono spuri), si occupa della geometria. Oltre a essi, tuttavia, scris-
se lavori di matematica, di astronomia, di ottica, che ci sono giunti solo in parte: note-
voli sono quelli che tracciano le linee della cosiddetta ottica geometrica.
Gli Elementi Gli Elementi non sono un'opera in cui Euclide esponga nuove scoperte matematiche,
bensì un meraviglioso trattato che presenta, logicamente sistemate e talora rielaborate e
integrate, tutte le nozioni fino ad allora acquisite dai Greci nella geometria elementare e
nell'aritmetica. Diciamo geometria elementare, perché non vi sono analizzate le «curve
superiori», per esempio le coniche, che avevano già interessato vari studiosi e di cui Eucli-
de stesso si occupò in altri lavori; limitata, inoltre, è la trattazione della geometria solida.
L'aspetto più interessante degli Elementi è il metodo deduttivo di straordinario rigore
con cui è organizzata la scienza geometrica. Soltanto la critica più moderna ha potuto
individuarvi qualche imperfezione; di fatto, l'esposizione di Euclide è quella ancor og-
gi seguita nello studio scolastico di numerosi argomenti.
I principi Il metodo deduttivo Euclide stabilisce una netta distinzione fra le basi del suo edifi-
cio scientifico e le conseguenze logicamente dedotte da esse. Le basi comprendono: le
Nì definizioni relative agli enti geometrici primitivi o «termini» (per esempio il punto, la
o
V)
retta, il piano); i postulati, enunciati relativi a questi enti (fra i quali famoso il quinto,
e::: quello delle parallele: «Si postula che se una retta che taglia due rette determina dallo
ou stesso lato angoli interni minori di due angoli retti, prolungando le due rette, esse si in-
e:::
LU
o... contreranno dalla parte dove i due angoli sono minori di due retti»); e le «nozioni co-
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muni» (enunciati di carattere generale e universalmente evidenti, come per esempio:
«l'intero è maggiore della parte»), spesso denominate «assiomi». Seguono le definizioni
di concetti derivati, le dimostrazioni di teoremi e le risoluzioni di problemi.
Assiomi Euclide sembra attribuire agli assiomi e ai postulati un'evidenza intuitiva (noetica) che
e postulati
ne garantirebbe la verità; questa poi si riverserebbe - tramite le dimostrazioni - sulle
proposizioni derivate. Un postulato, però, lo lascia alquanto perplesso: si tratta del po-
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E stulato delle parallele, cui il matematico evita di fare appello finché non si rende asso-
o
a:: lutamente indispensabile. Fin dall'antichità si accenderanno sulla sua evidenza parec-
Q)
o chie discussioni, che daranno luogo in tempi moderni al sorgere della cosiddetta geo-
·e; metria non euclidea. Le dimostrazioni sono fornite da Euclide per assurdo, per esau-
,._Q)
(.'.) stione P,- P2, U5, 3] e, infine, per costruzioni grafi.che.

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o,._

N
e
Platone
ed Euclide
Molto si è discusso circa l'influenza di Platone su Euclide. Che un'influenza vi sia stata
è indiscutibile. Ma la concezione euclidea della matematica non può dirsi interamen-
te platonica, perché recepisce i risultati conseguiti da tutti i maggiori indirizzi filosofi-
Q)
·e; ci greci: dai pitagorici ai sofisti, da Platone ad Aristotele (la cui influenza riguarda, in
IJ)

Q) particolare, la logica e le procedure del metodo deduttivo). Per la complessità di queste


o
~ componenti, l'opera di Euclide va considerata non tanto come la creazione di un singo-
o
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o lo uomo, quanto come il prodotto conclusivo di uno dei più ampi movimenti di pen-
i.i: siero scientifico-filosofico che l'umanità abbia conosciuto.
Apollonio di Perga Apollonio, nato a Perga in Panfilia intorno al 260 a.C., studiò a
lungo nel Museo, sotto la guida dei successori di Euclide, insegnò a Pergamo e, infine,
tornò ad Alessandria, dove probabilmente tenne qualche corso. Si occupò di matema-
tica e di astronomia, scrivendo su vari argomenti. Egli deve, però, la sua fama a un trat-
tato in otto libri sulle coniche (ellissi, parabola, iperbole).
Sebbene già prima di lui molti matematici si fossero occupati dell'argomento, Apollo-
nio non si limita (come Euclide) a risistemare logicamente i loro risultati, ma fornisce
contributi nuovi e originalissimi, che lo collocano tra i maggiori geometri mai vissuti.
Il suo rigore dimostrativo non è inferiore a quello di Euclide. Lo studio della sua ope-
ra esercitò una forte influenza sui matematici moderni per quanto riguarda la creazio-
ne della geometria analitica.
Le coniche Lo studio delle coniche guidò il grande astronomo Keplero (1571-1630), nella formu-
lazione delle leggi intorno ai pianeti. Apollonio, al contrario, non ebbe l'idea di appli-
carle allo studio dei moti celesti, forse per un'influenza platonica che voleva cali moti
circolari; per questa ragione, mantenne la teoria dei moti epiciclici ed epicentrici, per-
fezionandone la descrizione dal punto di vista geometrico.
L'ipotesi L'astronomia di Aristarco I due maggiori astronomi del periodo alessandrino furo-
eliocentrica no Aristarco di Samo e Ipparco di Nicea.
Aristarco, nato verso il 310 a.C., fu discepolo di Stratone di Lampsaco e come lui stu-
dioso di fisica. Egli è però celebre, perché per primo prospettò l'ipotesi eliocentrica.
Purtroppo, l'opera in cui esponeva cale ipotesi è andata perduta: ne abbiamo soltanto
qualche notizia indiretta, specialmente da Archimede (che tuttavia non ne comprese
il valore). Di lui si conserva, invece, un'opera antecedente, che riguarda lo studio del-
le dimensioni del Sole e della Luna e le loro distanze dalla Terra. In particolare, vi si af-
ferma che la distanza tra la Terra e le stelle fisse è tanto grande che, al confronto, il dia-
metro dell'orbita annuale della Terra attorno al Sole «sta come il centro di una sfera al-
la sua superficie», cioè possiede un valore del tutto trascurabile.
Non conosciamo gli argomenti con cui Aristarco tentò di provare l'ipotesi eliocentrica.
Dall'altra sua opera, tuttavia, risulta che egli procedeva in modo rigorosamente scientifi- e ::::,
co, separando le proposizioni-base del proprio ragionamento dalle deduzioni che ne di- o- ~

scendono: le prime sono ricavate dal!' osservazione, purtroppo generalmente imprecisa; le I


seconde sono dedotte per via matematica. In ogni caso, l'ipotesi non ebbe seguito, forse ,
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anche perché venne attaccata dagli stoici per motivi religiosi. Ipparco, infatti, considerato
il più grande astronomo dell'antichità, segue di nuovo l'ipotesi geocentrica.
Astronomia Ipparco Nato verso il 194 e morto verso il 120 a.C., Ipparco fu legato solo indiretta-
e geometria mente al Museo di Alessandria. Trascorso qualche tempo in questa città, infatti, egli pas- LI "'
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sò il resto della sua vita a Rodi. Studioso scrupolosissimo, utilizzò non soltanto i risultati e
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di un secolo e mezzo di lavoro ali' osservatorio di Alessandria, ma anche quelli molto più !J.
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antichi dei Babilonesi. Inoltre, eseguì lui stesso con meticolosa precisione numerose os- :I
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servazioni astronomiche, servendosi di apparecchi ottici appositamente inventati. 0
(C
Riuscì così a compilare un catalogo delle stelle fisse, 850 circa, dando per ciascuna di cil
n
esse la latitudine, la longitudine e lo splendore (suddiviso - con una ripartizione dive- oI
nuta poi classica - in sei gradi). Sempre al fine di perfezionare i propri calcoli astrono- o
mici, creò quel ramo della geometria sferica, che doveva trasformarsi nella trigonome- 3
0
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tria. Scoprì, fra l'altro, la precessione degli equinozi. 0

Gli epicicli Il sistema astronomico Il sistema astronomico di Ipparco respinge la teoria delle sfe-
re di Eudosso, che non spiega le variazioni della distanza fra i singoli pianeti e la Terra.
Riprende invece, parzialmente, l'ipotesi di Eraclide Pontico sull'eccentricità e la sup-
posizione che i pianeti ruotino attorno a un corpo, esso stesso in rotazione. Senonché,
mentre Eraclide li immagina come ruotanti intorno al Sole, supposto esso pure in ro-
tazione, Ipparco afferma più generalmente che tanto essi quanto il Sole e la Luna si
muovono lungo cerchi (di raggio minore), ruotanti lungo un'orbita circolare (di raggio
molto maggiore) situata attorno alla Terra. Tali cerchi minori sono da lui chiamati epi-
cicli - da epi, che significa "soprà' -, perché sovrapposti a un altro cerchio (l'orbita cir-
colare, di cui abbiamo parlato).
Questo modello riusciva a spiegare bene il moto del Sole. Come vedremo, esso fu
integralmente assorbito dal sistema di Tolomeo, che sfruttò, oltre all'ipotesi degli
epicicli, anche quella dell'eccentricità, supponendo la Terra spostata fuori dal centro
dell'orbita circolare lungo la quale ruotano gli epicicli. Il complicarsi delle ipotesi mi-
rava a spiegare il moto apparente dei corpi celesti, senza rinunciare al modello circo-
lare di tale moto. Si trattava insomma, come nel caso di Eudosso, di teorie geometri-
che più che di teorie fisiche.
Le carte Geografia Tra tutte le scienze, la geografia fu quella che ricevette maggior impulso dalle
geografiche imprese di Alessandro Magno e quella che, fin dall'inizio, stette più a cuore all'autorità re-
gia, che finanziava il Museo. Particolare importanza scientifica e pratica ebbe in effetti la co-
struzione delle carte geografiche, dietro cui si intrecciavano interessi militari ed economici.
La prima carta era stata tracciata da Anassimandro. Dopo di lui, quasi tutti i filosofi na-
turalisti e poi gli storici come Erodoto, i navigatori come Pitea contribuirono a preci-
sarne i lineamenti. Il primo studioso che diede alla geografia l'impianto di vera e pro-
pria scienza fu Dicearco (Messina IV secolo a.C.), allievo di Aristotele, che poté valer-
si dei risultati messi a sua disposizione da decine e decine di anni di viaggi e conquiste.
Eratostene e la carta del mondo Il maggior geografo della scuola alessandrina fu pe-
rò Eratostene, che nacque a Cirene verso il 280 a.C. e morì ad Alessandria verso il 195
a.C. Uomo di vasti interessi (il suo nome occupa un degno posto anche nella storia del-
la matematica), bibliotecario del Museo, lettore infaticabile di tutti i resoconti di viaggio
c<ì
scritti da condottieri e navigatori, egli incarna perfettamente il dotto alessandrino.
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V) Le dimensioni Egli mirò, anzitutto, a costruire la carta del mondo. Da onesto studioso iniziò la propria
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ou della Terra
opera con un breve resoconto storico delle ricerche geografiche antecedenti; affrontò poi
"' a::: il problema della forma della Terra, sostenendone con serie argomentazioni la sfericità;
w
o...
f infine, tentò di calcolarne le dimensioni. Per raggiungere questo scopo, si valse di os-
servazioni astronomiche compiute contemporaneamente ad Alessandria e a Siene (città
egiziane che egli considerava, sbagliando di poco, sullo stesso meridiano). Conoscendo
con sufficiente esattezza la distanza tra le due località, egli ricavò la lunghezza del raggio
della Terra (252.000 stadi; lo stadio corrisponde all'incirca a 155-160 metri), rivelatasi
poi inferiore al vero di appena un centinaio di chilometri. Si trattava di un' approssima-
o zione notevolissima, se teniamo conto degli strumenti che Eratostene aveva a sua dispo-
E sizione. Dall'analogia fra gli andamenti delle maree negli oceani, egli arguì poi che que-
~
Q) sti sono collegati l'uno all'altro, cosicché l'Europa, l'Asia e l'Africa, prese insieme, costi-
tuirebbero una specie di grande isola circumnavigabile.
Anche le sue descrizioni delle terre abitate sono molto interessanti e rappresentano
il frutto di vastissime letture. Esse, tuttavia, non mirano ad arricchire le conoscenze
sull'uomo (un'esigenza che aveva invece guidato Erodoto nelle sue Storie), né ad ap-
o
N profondirle. Tra le scienze dell'età ellenistica, insomma, nessuna concerne l'uomo, se si
e:
Q)
·;:; esclude la medicina, che però non elaborò alcuna concezione generale.
VI
Q) Specializzazioni La medicina La medicina poté avvalersi della grande tradizione ippocratica, raccolta
o
..;= proprio dai medici alessandrini in un prezioso corpus. Essi furono, in effetti, i veri ere-
o
VI
o di della grande scuola di Cos, ma svilupparono una spiccata tendenza alla specializza-
ii: zione, promuovendo per la prima volta la separazione tra il lavoro del chirurgo, quello
del ginecologo, quello dell'odontoiatra ecc. Nell'ambiente del Museo, d'altra parte, la
ricerca fu approfondita non tanto in funzione della terapia, quanto in funzione di una
conoscenza teorica del corpo umano. Risultati di grande rilievo si ebbero nell' anato-
mia e nella fisiologia, grazie ad accurate dissezioni dei cadaveri (e talvolta grazie a vivi-
sezioni condotte sui condannati a morte).
li cervello Erofilo Le maggiori scoperte sono legate ai nomi di Erofilo e di Erasistrato, vissuti en-
trambi nella prima metà del III secolo a.C. Il miglior lavoro di Erofilo fu un ampio stu-
dio sul cervello (purtroppo, se ne hanno solo testimonianze indirette, dato che la sua
opera andò perduta). Non solo egli corresse l'errore di Aristotele (che aveva attribuito
al cuore la funzione del cervello), tornando alla vecchia teoria di Alcmeone, ma conse-
guì risultati nuovi e notevolissimi: descrisse con molta esattezza le meningi; distinse il
cervello dal cervelletto; studiò i seni cerebrali chiamati poi torcular Herophili; suddivise
i nervi in motori e sensori. Si occupò pure del sistema circolatorio, del!' apparato geni-
to-urinario, dell'intestino (a lui si deve il nome di "duodeno"). La sua medicina aveva
una netta impronta empirica ed era quasi libera da pregiudizi teorici.
Il sistema Erasistrato Erasistrato si occupò a fondo, oltreché di anatomia, anche di fisiologia, consi-
vascolare derata per la prima volta come distinta area di indagine. Compì vasti studi sul sistema va-
scolare dell'uomo e degli animali; descrisse l'aorta, l'aorta discendente e l'arteria polmona-
re. Tuttavia, cadde nell'errore di supporre che esistessero nel corpo vasi speciali per lo «spi-
rito vitale», da lui identificato con l'aria. Fu uno dei maggiori diagnostici dell'antichità.
Dagli approfondimenti teorici degli alessandrini nacque la medicina «dogmatica», alla
quale presto si contrappose quella «empirica», che ebbe il suo maggior esponente in Fi-
lino di Cos. La contrapposizione tra i due orientamenti, già manifestatasi dopo la mor-
te di Ippocrate, si protrasse per secoli e coinvolse anche teorie filosofiche.

LE IDEE
1. In che cosa consiste la novità degli Elementi di Euclide?
2. Da che cosa è caratterizzato il suo metodo?
3. Da che cosa è caratterizzato il metodo scientifico di Ipparco? e
::i
4. In che modo Eratostene calcolò il diametro terrestre? ~

...
o,


Scienza e tecnica nel mondo antico
Archimede Legato solo in parte alla scuola di Alessandria fu Archimede, una delle "'' .. .. 'li
maggiori personalità della storia del pensiero scientifico. In lui, come in Euclide, si ma-
r-
nifesta nel modo migliore la razionalità tipica del periodo ellenistico. e
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Gli studi Nato a Siracusa nel 287 a.C., Archimede studiò a lungo ad Alessandria presso i con- n
e la formazione

tinuatori di Euclide. Per alcuni di essi (Conone di Samo, Eratostene) nutrì sempre :J
N
o
la più viva stima e amicizia; non senza nutrire avversione per un certo tipo di cultu- <O
ra prettamente accademica e pedante. Ristabilitosi a Siracusa, continuò a mantener- ciln
si in contatto con gli studiosi di Alessandria, per sottoporre al loro controllo scien- oI
tifico i propri lavori, prima di stenderne la redazione definitiva. Non istituì alcuna a3
scuola, preferendo coltivare la scienza con l'animo dell'ingegnere, piuttosto che con o
:J
quello del professore. o
Legato da parentela e amicizia a Gerone II, re di Siracusa, sentì sempre il dovere di met-
tere a sua disposizione, per il bene della città, la propria perizia tecnica, sia in opere di
pace sia in opere di guerra. È nota la mirabile collaborazione data alla difesa della città
durante l'assedio dei Romani. Alla caduta di Siracusa, venne brutalmente ucciso da un
soldato dell'esercito invasore (212 a.C.).
Le scoperte Gli interessi scientifici Archimede si interessò di vari campi della scienza: dall'arit-
metica (alla quale è dedicato il curioso libretto l'Arenario, in cui si dimostra la pos-
sibilità di scrivere numeri molto alti, come per esempio quello dei granelli di sabbia
necessari per riempire tutto il globo celeste, che Archimede ritiene finito), alla geo-
metria (studio della celebre spirale, chiamata oggi «spirale di Archimede»; quadratu-
ra del cerchio e della parabola; confronto fra il volume della sfera e quello del cilin-
dro circoscritto ecc.); dallo studio dei baricentri a quello dei galleggianti e delle leve;
dalle ricerche sul metodo delle dimostrazioni matematiche alle indagini astronomi-
che (che vennero concluse con la costruzione di un celebre planetario, portato a Ro-
ma da Marcello dopo la caduta di Siracusa e lì conservato e ammirato per vari seco-
li). La fama di Archimede, comunque, è legata soprattutto alle sue scoperte geome-
triche (calcolo di aree e volumi), rigorosamente dimostrate con l'ausilio del metodo
di esaustione, e alle scoperte di statica, che segnarono la nascita di questa importan-
te branca della meccanica.
Metodo Il metodo scientifico A causa del metodo di esaustione ~ P2, US, 3) adottato, Archime-
e intuizione de è stato interpretato come intransigente campione del più strenuo rigorismo e, quindi,
come avversario dichiarato di quanti di fronte alla lentezza e pesantezza del metodo pro-
ponevano il ricorso a più rapidi procedimenti intuitivi (basaci sulla scomposizione delle
aree in infinite corde, dei volumi in infiniti fogli infinitamente sottili ecc.).
In effetti, la realtà storica è ben diversa. È infatti venuta alla luce una preziosa lettera di
Archimede a Eratostene, nella quale il grande siracusano spiega con chiarezza come si
valga sì del metodo di esaustione, per dare alle proprie scoperte una base logicamente
sicura, ma preferisca ricorrere a metodi intuitivi (di carattere misto: matematico e mec-
canico) nella fase inventiva.
Egli fu dunque rigorista e insieme intuizionista, riassumendo in sé l'indirizzo eudossia-
('<"') no, basato sul metodo di esaustione, e quello democriteo, basato sull'infinita divisibili-
o
V) tà delle figure geometriche. La capacità di valersi dei due metodi (uno per la fase dimo-
ne'.
ou strativa, l'altro per quella inventiva) dimostra quanto poco accademica fosse la mentali-
ne'. tà di Archimede, pronto a utilizzare tutte le risorse conoscitive dell'uomo e lontano dal-
w
o... lo stereotipo del dotto alessandrino. Il metodo di Archimede, poiché introduce ipotesi
da cui si deducono conseguenze logiche da verificare con l'esperienza, può essere con-
siderato nella fisica un'anticipazione di quello galileiano.
Gli espedienti L'uso della tecnica Archimede fu un genio anche nel campo della meccanica. In
tecnici Egitto inventò una pompa a spirale, per il sollevamento dell'acqua del Nilo; per Cero-
ne ideò un complesso sistema di pulegge, per varare una galea di eccezionale grandez-
o za; costruì efficientissime macchine, capaci di lanciare pesanti proietti contro i soldati
E
~ romani durante la difesa di Siracusa (la leggenda gli attribuì anche l'invenzione dei fa-
(I) mosi specchi ustori).
o
·u(I) Anche alcune delle sue teorie nell'ambito della statica e dell'idrostatica sembrano aver
.... tratto origine dalla ricerca di un espediente tecnico, per la soluzione di problemi con-
0
creti: la ricerca di un mezzo per stabilire la purezza dell'oro, di cui era costituita la coro-
-
....o
oN
e:
na di Cerone, lo condusse per esempio alla scoperta del fondamentale concetto di pe-
so specifico. Di fronte al successo ottenuto con un sistema di leve e pulegge, pare che
(I)
·uV)
egli stesso, stupito, esclamasse: «Datemi un punto d'appoggio e solleverò il mondo!».
(I) l'unione Di risultaci, nel campo della tecnica, se ne possedevano già molti nel III secolo a.C.
o di scienza Proprio Alessandria era diventata in quell'epoca un florido centro, oltreché di speciali-
-+= e tecnica
o
V) sti nelle varie scienze, anche di valentissimi tecnici: tali, per esempio, furono l' architet-
..Q
LL to Dinocrate, che diresse la costruzione della nuova città, e il suo successore, Sostrato
di Cnido, artefice del celebre faro. Ma Archimede è qualcosa di più: in lui per la prima
volta scienza e tecnica si fondono, con sorprendenti vantaggi per entrambe.
La tecnica nel mondo antico Luso, in matematica, di qualche ingegnosa macchi-
na per la soluzione approssimata di problemi complessi era già stato introdotto - secon-
do attendibili testimonianze - da Archita e da Eudosso. l'.originalicà di Archimede con-
siste nell'intrecciare abilmente considerazioni teoriche e invenzioni pratiche, attingendo
dall'esperienza varie nozioni (concernenti la leva, il momento statico, il peso specifico),
che egli poi precisa ed elabora scientificamente, e dalla teoria suggerimenti per la costru-
zione di nuove efficientissime macchine capaci di risolvere problemi pratici.
Ma perché tale metodo, destinato a costituire la base principale della civiltà tecnica mo-
derna, non ebbe nell'antichità maggiori sviluppi, rimanendo circoscritto a qualche ca-.
so isolato? Per quale motivo non si sviluppò, nel mondo antico, nemmeno un abbozzo
di civiltà meccanica, mentre ve ne erano le premesse?
I pregiudizi Nel caso particolare di Archimede, va tenuto presente che in lui, accanto a un' eccezio-
nale genialità tecnica, permaneva un atteggiamento filosofico inconciliabile con essa. Lo
testimonia Plutarco, allorché - dopo aver parlato dei prodigi tecnici di Archimede - elo-
gia la nobiltà del suo ingegno, che rifiutò di comporre trattati riguardanti la meccanica
e altre questioni pratiche.
Indicazioni più ampie in proposito si possono acquisire esaminando l'opera del più
grande ingegnere alessandrino: Erone.
Erone Pochissimo si sa della vita di Erone, che visse probabilmente tra il I secolo a.C.
e il I secolo d.C. ; è noto soltanto che insegnò ad Alessandria, dove diresse la scuola di
meccanica fondata nel III secolo a.C. da Ctesibio. Sono invece giunte a noi quasi com-
plete le sue opere: le Definizioni, la Metrica, il Traguardo, 1'Elevatore ecc. Da esse risulta
che fu un bravo matematico, ma soprattutto un valentissimo meccanico.
La formula Le scoperte di Erone furono molte. In geometria dobbiamo a lui la famosa formula per
di Erone
il calcolo dell'area di un qualsiasi triangolo, quando se ne conoscano i lati. In mecca-
nica, gli dobbiamo varie integrazioni alle nozioni già possedute da Archimede e Ctesi-
bio intorno alle macchine semplici, all'idrostatica, alla dilatazione dei gas, nonché in- e
::,
r
numerevoli e ingegnose applicazioni. Le sue opere, inoltre, danno un quadro abbastan- o-
za completo dell'ordinamento dei corsi nella scuola meccanica da lui diretta, molto si- ...
mile a quello degli attuali politecnici. •
Criteri pratici Scienza, tecnica, esperienza Spregiatore delle astrattezze dei filosofi e completamen-
te rivolto alla pratica, Erone attribuisce alla meccanica un'importanza scientifica fonda-
mentale. Egli non accetta, come Archimede, il modo di procedere di Euclide, basato su
definizioni puramente astratte e privo di riferimenti alle effettive operazioni del disegna- ._,!-
I -...;;..........,•~• •
re, e si affida a criteri pratici, operativi. Inoltre, amplia il campo della matematica, giun- o
,...
V,
gendo a proporre la misura di aree e volumi di corpi definiti solo empiricamente. Infine, n
iD'
quando dimostra un teorema per via astratta, sente l'esigenza di illustrarlo con esempi nu- ::;
N
merici, applicando con speditezza efficienti metodi di approssimazione. Porta, insomma, o
anche nella matematica la sua mentalità di meccanico pratico. ..,
<O
Cl)
n
La tecnica Lopera di Erone sollecita le stesse domande poste nel caso di Archimede: Erone si im- o I
e i mezzi di
pegnò non a trasformare i mezzi di produzione, ma quasi soltanto a fabbricare curiosi e o
produzione
complicati dispositivi, che dovevano divertire i raffinati signori del suo tempo (in par- 3 o
::;
ticolare, macchine per teatri automatici mossi da forza idraulica). o
In altri termini, la tecnica alessandrina non fu concepita come strumento per innalza-
re il tenore di vita e il benessere generale. Essa così finì per isterilirsi e morire, senza la-
sciare alcuna seria impronta. Neanche i Romani, malgrado il loro spirito pratico, furo-
no in grado di raccoglierne l'eredità.
Tecnica e schiavitù In realtà, il mondo ellenistico non sentiva il bisogno di inventa-
re nuove macchine utili, poiché poteva già disporre - sufficientemente a buon merca-
to - di quella grande macchina naturale, che era la schiavitù. Ricordiamo, a tal pro-
posito, che Marco Terenzio Varrone, descrivendo gli strumenti con i quali si lavora la
terra, riferisce testualmente che «alcuni li dividono in tre categorie: strumenti parlan-
ti, strumenti semiparlanti e strumenti muti. I primi sono gli schiavi, i secondi i buoi,
Schiavitù e gli ultimi gli strumenti inanimati». Queste parole confermano con rude chiarezza
e progresso come la schiavitù fosse effettivamente concepita come vera e propria macchina e po-
tecnico
tesse quindi distogliere dalla ricerca di altre macchine, meno comode ed efficienti.
A ciò aggiungiamo che fu un mondo più di consumi che di produzione, al quale i be-
ni di consumo e la forza umana necessaria a produrli affluivano dai paesi di volta in
volta conquistati, oltre che dallo sfruttamento dei ceti inferiori.
Ecco perché gli uomini di cultura dell'antichità - ricchi o legati alle classi dominanti -
ebbero un atteggiamento contemplativo e non operativo: tra le immagini dell'uomo da
essi delineate o idealizzate si trovano il soldato e l'uomo politico, il mago e il medico,
lo scienziato e il filosofo, ma quasi mai il lavoratore e il tecnico, che saranno un pro-
dotto dell'esperienza storica e culturale moderna.

FISSIAMO LE IDEE
1. Quali sono i caratteri peculiari del metodo scientifico di Archimede?
2. Che cosa contraddistingue il suo rapporto con la tecnica?
3. Quali peculiarità presenta l'atteggiamento scientifico di Erone?
4. Che cosa limitò una più intensa relazione tra scienza e tecnica nel mondo antico?

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Matematica e scienze naturali nel dominio di Roma
o
V)
In seguito alla diffusione della cultura ellenistica, tra l'ultimo secolo della repubblica e
Q:'.

. ou il primo del principato, anche Roma fu coinvolta da un certo interesse per le ricerche
Q:'.
w scientifiche. Scienze, tecniche e arti furono stimolate anche dalle opere pubbliche pro-
o...
mosse dagli imperatori e dall'estendersi delle iniziative dello Stato, che aumentavano la
richiesta di funzionari e tecnici.
Nell'ambito delle scienze e, in particolare, delle tecniche, lo spirito romano - per le sue
stesse inclinazioni pratiche - avrebbe potuto raggiungere risultati apprezzabili. Senon-
ché, la prima conseguenza della crisi di cui abbiamo parlato fu una progressiva dimi-
nuzione dell'impegno nelle ricerche particolari. Si ebbero però delle eccezioni che ri-
o masero, appunto, non altro che eccezioni.
E
o
c.:: Uno sviluppo mancato Tale crisi neutralizzò pressoché interamente l'impulso alla
Q)
o concretezza, tipico dello spirito romano, influenzando il modo di affrontare il fonda-
·uQ) mentale problema dell'utilizzazione delle scoperte scientifiche nel campo tecnico della
...
l'.) produzione. La trattazione sistematica di questo problema, infatti, generalmente pre-

-...o
oN
e
suppone l'esistenza di una società in progresso, o meglio, di una società capace di com-
prendere l'importanza di ogni accrescimento dei mezzi di produzione e seriamente de-
cisa a impegnare in esso tutte le proprie energie.
Q)
·uVI Società La società in crisi dell'impero romano non possedette questa forza interna, lasciando-
Q) e tecnica si sfuggire la possibilità di sfruttare nel campo tecnico la scienza alessandrina e di da-
o
..:: re inizio per mezzo di essa - con un millennio di anticipo - a quel tipo di civiltà mec-
oVI
..Q canizzata che sarà poi prodotta dall'era moderna. Eppure, dobbiamo francamente ri-
u.. conoscere che questa possibilità esisteva, se almeno ci limitiamo a considerare l'aspet-
to teorico del problema. È difficile infatti negare che la scienza alessandrina contenes-
se i principi teorici di una vera e propria ingegneria, nel senso moderno del termine.
Scienza Accentuando sempre più le sue tendenze religiose, invece, la società dell'impero finì per
e misticismo rivestire le stesse ricerche scientifiche particolari di uno spirito mistico. Ciò segnò il
trionfo di quelle che abbiamo chiamato "nuove filosofie a carattere apertamente religio-
so" e la fine della scienza propriamente detta.
La matematica nel mondo romano I Romani non si occuparono molto della ma-
tematica, scienza astratta per eccellenza. Neppure Alessandria, però, seppe mantenere
in questa scienza l'altissimo livello che aveva raggiunto nel III e II secolo a.C.
La geometria, in particolare, continua a essere coltivata, ma più per mantenere viva la
n conoscenza delle scoperte già compiute, che non per raggiungerne altre e far così pro-
gredire la scienza.
Pappo Merita soprattutto di venire ricordato Pappo (III secolo d.C.), autore di una celebre Col-
a lezione in otto libri (il primo dei quali e, parzialmente, il secondo sono andati perduti).
1, Essa fornisce un quadro completo dei progressi matematici compiuti dai tempi di Apol-
lonio in poi. Particolare interesse rivestono alcune ricerche sugli isoperimetri e alcune sco-
perte equivalenti a teoremi assai importanti della moderna geometria proiettiva. Nello
studio delle aree e dei volumi, Pappo dimostra i due celebri teoremi solitamente, ma ine-
sattamente, indicati come «teoremi di Guidino» (matematico del XVII secolo).
Nel campo della ricerca dei principi va inoltre ricordato Gemino (I secolo a.C.), cui si
deve, tra l'altro, un tentativo di dimostrare il postulato euclideo delle parallele sulla ba-
se della nozione di equidistanza.
Le equazioni Diofanto Ma il pensatore più originale di quest'epoca, davvero degno di stare accan-
indeterminate
to ai maggiori matematici dell'antichità, non si occupò di geometria, bensì di un ramo
poco coltivato dai Greci: l'algebra. Si tratta di Diofanto, vissuto nella seconda metà del
III secolo d.C. La sua opera principale, l'Aritmetica, in tredici libri (dei quali però pos-
sediamo soltanto i primi sei e un frammento del settimo), contiene un approfondito
studio delle equazioni algebriche, con particolare riferimento alle cosiddette equazioni
indeterminate - che ancora oggi portano il nome di «equazioni diofantee» -, di cui si e
~
~
cercano le soluzioni in numeri razionali. La trattazione è semplificata dall'introduzione o,
di opportuni simboli per le incognite. 1- •
I..:interesse di Diofanto per le questioni numeriche si allontana notevolmente dalla tra- ,.J-...;;::.
dizione greca, prevalentemente geometrica. La sua abilità nel ricorrere ai più sottili ar-
tifici per risolvere i problemi algebrici fa supporre che egli sia stato istruito in questo
particolare campo di ricerche da maestri già specializzati nell'argomento. Per spiegare
tali fatti, è stata avanzata l'ipotesi che l'opera di Diofanto costituisca il frutto di fecon-
di contatti tra i matematici greci e quelli indiani. ,...
o
Senza alcun dubbio, egli esercitò nei secoli successivi una grande influenza sugli Arabi, V>
di cui è noto il vivissimo interesse per le ricerche algebriche. Nel XVII secolo, fu molto ~- CD
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studiato da P. Fermat, che si fece editore e commentatore dei suoi scritti. N
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Tolomeo La storia dell'astronomia ci riporta ad Alessandria, che permane il maggior .,
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CD
n
centro dell'epoca per le ricerche scientifiche particolari. Qui ci imbattiamo in uno dei oI
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nomi più noti di tutta la storia della scienza antica: Tolomeo. o
Di Claudio Tolomeo sappiamo solo che visse nel II secolo d.C. ad Alessandria e che si 3
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occupò di astronomia matematica e di astronomia fisica, di geografia e di magia. La sua o
principale opera astronomica aveva per titolo Composizione matematica, ma passò al-
la storia con quello arabo di Almagesto (forse dal greco meghiste, che significa "la massi-
ma") . Scrisse anche un trattato di Geografia in otto libri, sei dei quali rivolti a determi-
nare la latitudine e la longitudine di circa ottomila località. Esso conclude la tradizione
alessandrina della geografia fisica, animata da intendimenti completamente diversi da
quelli della geografia descrittiva. Gli interessi fisici di Tolomeo sono anche dimostrati
dalla sua Ottica, dove annuncia i risultati dei suoi studi sulla rifrazione.
La teoria L'astronomia di Tolomeo In astronomia Tolomeo non introduce idee originali, ma ·
geocentrica
espone in forma ordinata e sistematica una teoria geocentrica direttamente ispirata a
quella di Ipparco, che mirava a spiegare - come già sappiamo - il moto apparente dei
pianeti con un complicato meccanismo di epicicli ed eccentrici. Tolomeo, però, imma-
gina che ogni pianeta sia fisso , anziché su di un cerchio, sopra una sfera epiciclica (l'idea
delle sfere celesti era stata introdotta da Eudosso) .
Il moto La spiegazione fisica del moto delle sfere è di carattere aristotelico: Tolomeo, infatti,
delle stelle fisse la ottiene ammettendo l'esistenza di una sfera esterna dell'universo (la cosiddetta sfera
motrice) priva di stelle, che darebbe il moto diurno alla sfera delle stelle fisse e poi al-
le successive sfere planetarie. Alla sfera delle stelle fisse egli dovette però aggiungere un
altro moto, da Occidente a Oriente, per spiegare la precessione degli equinozi; dovette
inoltre aggiungere altre due sfere planetarie a quelle già presupposte.
Mentre la teoria delle sfere epicicliche è presentata da Tolomeo come essenzialmente
matematica e quindi con un netto carattere ipotetico, l'immobilità della Terra è inve-
ce presentata come principio fisico dimostrabile. Il principale argomento (prettamente
aristotelico) di questa dimostrazione è la simmetria delle forze dell'universo, che do-
vrebbe trattenere la Terra al centro.
Il sistema Ciò attesta la compiutezza della descrizione di Tolomeo, che non spiega solamente il
tolemaico moto apparente dei pianeti, ma dà un'immagine dell'intero universo. Questa imma-
gine - il famoso «sistema tolemaico» -, sostenuta da un poderoso apparato di rilievi
compiuti con appositi strumenti (era cui un primordiale astrolabio) e di argomentazio-
ni matematiche, doveva dominare nella storia della cultura fino al XVI secolo ed esse-
re soppiantata con molte difficoltà.
Astronomia Nonostante la cautela nel mantenere il sapere nei limiti dell'osservazione, Tolomeo cer-
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e astrologia cò di dare un fondamento scientifico anche all'astrologia, cioè alla credenza che gli
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astri influenzino la vita terrestre e quella umana in particolare. A questo scopo si rife-
c.:::
ou ce alla dottrina della «simpatia universale», per cui ogni corpo è al centro di forze vitali
"" c.::: strettamente intrecciate tra di loro. Frutto di cali speculazioni - nelle quali si avvertono
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le influenze delle dottrine orientali e delle nuove filosofie religiose - è il famoso Tetra-
biblion o Opus quadripartitum, che farà cesto per gli astrologi medievali.
L'ingegneria di Vitruvio Le iniziative di età imperiale - come la costruzione di stra-
de, l'elevazione di edifici e monumenti, lo sfruttamento di miniere - furono possibili gra-
zie ali' opera di tecnici e lavoratori di notevole abilità, ma non si giunse comunque a supe-
rare i limiti che bloccarono l'ingegneria alessandrina (di cui abbiamo discusso a proposito
o
E di Archimede ed Ero ne). D' alcronde, a causa del ruolo puramente esecutivo che ricopriva-
~ no, tali tecnici non avevano l'occasione di sviluppare una visione generale del loro sapere.
Q)

o
Il De Uno dei pochi autori latini che abbia scritto opere di ingegneria di qualche pregio fu Vi-
·v architedura truvio, ingegnere militare del tempo di Giulio Cesare e di Augusto. È vero che, non co-
f!! noscendo con certezza l'epoca in cui visse Erone, non possiamo stabilire se Vicruvio sia
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e
stato a lui anteriore o posteriore; certamente fu posteriore a Ctesibio, di cui riferisce mol-
te invenzioni (la pompa premente, una balestra ad aria compressa, l'argano idraulico) nel
suo De architectura. Vitruvio cercò di elevare il tono della sua esposizione, tratteggiando
Q)
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anche la figura intellettuale e morale dell'architetto, secondo i moduli del saggio stoico.
Q)
In effetti, Vicruvio non è padrone sicuro della materia di cui tratta: non solo non rie-
o
sce a portare alcun contributo nuovo, ma spesso suscita l'impressione di non compren-
'5Il)
dere bene egli stesso le ricerche dei Greci che si sforza di esporre (infatti, più che negli
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LL aspetti costruttivi riesce nella presentazione di quelli ornamentali). Questo poiché la
vera tecnica non si identifica con la pura e semplice pratica. Essa è scienza applicata e,
come tale, richiede dai suoi cultori una profonda preparazione scientifica.
Forse più originali di Vitruvio furono gli agrimensori romani, chiamaci anche gromati-
ci dalla groma, che era lo strumento usato nella misurazione dei terreni. A essi erano af-
fidati molteplici compiti: costruire accampamenti, fondare città e colonie, misurare le
altezze dei monti e le larghezze dei fiumi nelle campagne militari, far applicare le leggi
agrarie e stabilire confische e tributi. Infine, furono fondare apposite scuole per istruire
questi funzionari imperiali nella geometria - intesa nel suo aspetto pratico -, nel diritto,
nell'arte militare e nei rituali religiosi che accompagnavano le loro opere.
ti, La geografia Un settore di ricerca cui i Romani erano particolarmente interessati è la
:ra geografi.a, perché direttamente legata al dominio politico. In questo senso, aveva mo-
1l- strato di intenderla Polibio e, dopo di lui, Strabone.
1n Strabone Strabone (63 a.C. circa - 24 d.C.), nato ad Amasea, nel Ponto, da una famiglia di san-
:te gue misto greco-asiatico, fu fortemente influenzato dallo spirito romano (come dimostra
la decisione con cui sostenne il dominio politico di Roma). Egli compì lunghi viaggi e
1te scrisse un ampio trattato di geografi.a in diciassette libri. Questo trattato dimostra il nuo-
·e- vo tipo di interessi che lo animava: brevissima è la parte dedicata ali' aspetto matematico
.te della geografi.a; ricchissime e diffuse sono invece le notizie sugli usi, le istituzioni, la sto-
o- ria dei paesi di volta volta presi in esame. La differenza tra l'indagine di Strabone e quella
compiuta dai geografi. alessandrini di qualche secolo prima non potrebbe essere maggiore.
il Plinio Notizie di geografi.a si trovano nella citata enciclopedia di Varrone e, più tardi, nell' ope-
a- ra di Plinio il Vecchio (23-79 d.C.). Dei suoi numerosi scritti soltanto la Naturalis hi-
:v1 storia è giunta fino a noi. Essa ha un carattere enciclopedico, trattando di cosmologia,
o- geografia, antropologia, zoologia, botanica, medicina, magia e arte. Plinio non rive-
.e- la alcuna originalità, ma una notevolissima curiosità per i fenomeni naturali e grande
chiarezza nell'esposizione delle scoperte altrui.
:r- La medicina La medicina Nell'interesse dell'ambiente romano per i fenomeni naturali- studiati sem-
;li a Roma
pre con metodo descrittivo, mai con metodo matematico - si inquadra anche la medicina.
·e-
In Alessandria, dopo i grandi medici di cui abbiamo parlato, non ci furono più figure pa- e
tli ::::,
ragonabili a Erofilo e a Erasistrato. Tutto si limita a discussioni fra medici razionalisti (pro-
o- •
10
-a-
pensi a cercare le cause occulte delle malattie) e medici empirici, influenzati dalla filosofia ... ~
scettica. La disputa si concluse con l'affermarsi di un indirizzo eclettico.
A Roma la medicina cominciò a essere praticata con una certa serietà nel I secolo a.C.,
a- con l'arrivo di Asclepiade di Bitinia. Non si può dire che egli sia stato un grande scien-
a- ziato, ma ebbe il merito di far sorgere nell'ambiente romano un vivo interesse per que-
e- sti studi. Basti ricordare, a conferma di ciò, l'opera De re medica composta nel I secolo
to d.C. da un patrizio romano, Aulo Cornelio Celso. Di medicina si erano occupati Var-
r-
a- rone e Plinio il Vecchio; esiste anche una Medicina Plinii, di ignoto autore. Tuttavia il e
V,
grande medico della scuola romana fu Galeno. n
e. in"
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La vita N
Galeno Claudio Galeno nacque a Pergamo nel 129 d.C. Dopo aver frequentato da e
O- e le opere
giovane le lezioni delle varie scuole filosofiche della città, studiò medicina ad Alessan- ..,
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aa (1)
dria, iniziando poi la pratica della professione a Pergamo come medico dei gladiatori. n
o
>1- Intorno al 160 si recò a Roma, dove ebbe grande successo e divenne medico di corte e ..,
I

iel o
consigliere di Marco Aurelio. Ritornato a Pergamo nel 192, morì nel 200 circa. 3
io Galeno lasciò una gran quantità di scritti (in greco). Ne sono conservati un'ottantina,
e
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e
non solo di clinica e terapia (la cui opera principale è Sul metodo di curare, compendia-
e-
ta in seguito nella celebre Ars medica), ma anche di anatomia (Aiuti anatomici) e di fi-
ri-
siologia (di cui si ricordano Sulle facoltà naturali, Sulla funzione delle parti, Sui tempe-
~li ramenti) . Inoltre, ci sono prevenuti commenti a opere di Ippocrate e di Platone e saggi
la
di filosofia e di logica, tra cui Il miglior medico è anche filosofo.
e,
Le finalità scientifiche di Galeno L'ampia produzione di Galeno manifesta losco-
:1- po principale della sua attività: ridare dignità scientifica alla medicina, ridottasi ormai
tf- a pratica terapeutica, e conferirle una vera portata culturale, quale aveva avuto nella tra-
le dizione greca culminata con Ippocrate. Per questa ragione, egli insiste sulle qualità mo-
g1 rali e intellettuali del medico, che non solo deve tenersi aggiornato sugli sviluppi delle
re conoscenze anatomiche e fisiologiche, ma anche perfezionare le proprie capacità logi-
o, che, così da riuscire a stabilire precisi legami sia tra i fatti osservati sia tra questi ultimi
e i principi generali della sua scienza.
Un'organica Da buon ippocratico, Galeno non considera la medicina solo come scienza della salute,
visione ma come centro di un'organica visione del mondo. Il medico non è un semplice spe-
del mondo
cialista, ma deve possedere una conoscenza complessiva dell'uomo e del suo ambien-
te. In questo senso, gli occorre un ampio studio delle altre scienze e della filosofia in
particolare. Di facto, Galeno fonda la sua dottrina sull'intera tradizione greca, non so-
lo quella scientifica (con speciale riguardo per Ippocrate), ma anche quella filosofica (in
particolare Platone, Aristotele e gli stoici).
La causa finale Galeno e la tradizione scientifica Da Aristotele Galeno riprende la dottrina delle
quattro cause, rilevando l'importanza della causa finale nella spiegazione dei fenomeni
della vita (e respingendo le interpretazioni materialistiche, specie epicuree, come par-
ziali). Egli amplia poi tale finalismo in una prospettiva provvidenzialistica, riprenden-
do le dottrine del Timeo platonico, e insiste sull'unità di ogni cosa e dell'intero univer-
so, rifacendosi al concetto stoico del pneuma. Questa visione ha per Galeno anche un
significato ideologico, di conferma dell'unità del dominio romano e delle provviden-
zialità del governo imperiale (come si è detto, fu consigliere di Marco Aurelio).
Gli interessi medici Particolarmente ampia e precisa fu la conoscenza che Galeno
ebbe dell'anatomia umana, basata sugli scritti della scuola alessandrina, ma anche su
C'()
estese e accurate osservazioni personali. Egli poté solo di rado praticare la dissezione,
o
V)
e mai la vivisezione. La sua attività di chirurgo dei gladiatori gli permise, però, mol-
a,::
ou 1.'.anatomia te osservazioni. Su queste basi Galeno mise a punto una descrizione del sistema ner-
a,:: voso, vascolare, muscolare e osseo, destinata a rimanere insuperata fino al XVI seco-
w
o...
4 lo. Notevole, in particolare, fu la sua conoscenza degli organi interni, come il cervel-
lo (ritenuto centro del sistema nervoso sensoriale), il cuore e il fegato (sede della fun-
zione emopoietica).
La fisiologia di Galeno si fonda ampiamente sull'anatomia, il cui principio ispiratore è
però quello della causa finale intesa in senso apertamente teologico e religioso. Secondo
Galeno, la natura ha prodotto tutte le cose secondo un piano, per cui ogni parte del mon-
e do è strettamente legata alle altre, e nel corpo umano in particolare ogni parte risulta or-
E ganizzata, cioè in stretto collegamento con le altre. Il medico ha allora la possibilità di ve-
~
Q) rificare tale principio, prendendolo come guida delle proprie ricerche.
e
·u Le facoltà Organi e funzioni Galeno sviluppa concretamente la propria dottrina, affermando che
...
Q)

C)
naturali ogni organo è dotato di una facoltà naturale, che gli fa svolgere la funzione che gli è pro-
pria. Egli ne indica quattro come primarie, quali cause (efficienti) delle trasformazioni e
e alterazioni fondamentali, cui è soggetto il corpo: quella che produce il caldo (thermati-
N
e
Q)
ke'), quella che produce il freddo (.psyktike'), quella che produce l'umido (xerantike') e quel-
·uIl)
la che produce il secco (hygrantike'). Dal loro vario combinarsi deriva la strutturazione di
Q) ossa, cartilagini, nervi, carne, nelle loro diverse forme (muscoli, polmoni, reni).
e
-g Di fatto, lo sviluppo e il funzionamento di ciascun organo è presieduto da una facoltà più
Il)
determinata a esso peculiare: quella pulsativa per il cuore, quella emopoietica per il fegato,
..2
u.. e così via. Si tratta ovviamente (e Galeno sembra esserne consapevole) di nomi che riassu-
mono il funzionamento concreto degli organi, cioè il loro finalismo. Le facoltà sono infat-
ti per Galeno manifestazioni di principi vitali, illustrate a partire dalle dottrine dell'anima
di Platone e di Aristotele (unificate tra loro) e della concezione stoica del pneuma.
I centri di comando dell'organismo e i temperamenti Galeno ammette tre
centri di comando dell'intero organismo: il fegato , sede dello spirito naturale, che go-
verna l'alimentazione, la formazione del sangue e il suo ricambio; il cuore, sede dello
spirito vitale, che governa la circolazione del sangue e il calore; il cervello, sede dello spi-
rito animale, che dirige il movimento e la sensibilità. Per l'importanza data ai vari tipi
di spirito (o pneuma), la medicina di Galeno fu detta "pneumatica".
Gli umori Galeno riprende e completa la dottrina di origine ippocratica dei temperamenti, ricollegan-
dola alle sue matrici pitagoriche ed empedoclee e interpretandola in base al concetto di cau-
sa materiale. Il corpo, dunque, è composto per Galeno dai quattro elementi e dalle quattro
qualità fissate dalla tradizione greca: terra/solido; acqua/liquido; aria/freddo; fuoco/caldo; a
essi, o meglio a certe loro combinazioni, corrispondono i quattro wnori principali: sangue,
bile gialla, bile nera, flegma. Il temperamento di ogni corpo è determinato dalla mescolan-
za delle qualità elementari e dei rispettivi elementi (non dagli umori, che da tale mescolanza
derivano); da essa- conforme alla dottrina delle facoltà- deriva la struttura di ossa, cartila-
gini, carne, nervi ecc., dei vari organi e, quindi anche la quantità e l'equilibrio degli umori.
Umori I temperamenti sono legati al volgere delle stagioni (secondo la dottrina ippocratica
e stagioni
dell'influenza ambientale), sicché il rapporto qualità-elementi-umori dà luogo a una
quadripartizione: sangue/umido/caldo/primavera; bile gialla/secco/caldo/estate; bile
nera/secco/freddo/autunno; flegma/freddo/umido/inverno. Essa indica alcune condi-
zioni di variabilità nella classificazione dei tipi - sanguigno, bilioso, collerico, flegmati-
co -, che ha avuto un'influenza fondamentale sulla medicina e sulla psicologia successi-
ve. In ogni caso, il temperamento del corpo condiziona tutta la vita dell'individuo, es-
sendo alla base di tutta una serie di caratteri organici e, di riflesso, psicologici.
Salute Clinica e terapia Sulla dottrina dei temperamenti si fondano la clinica e la terapia
e malattia
di Galeno, che rappresentano un raffinamento di quelle ippocratiche. La salute sta
nell'equilibrio degli umori; la malattia nella loro alterazione materiale o fisiologica. e
::::,
La malinconia (cioè un insieme di turbe psichiche, che oggi si direbbe depressione), per ~

fare un esempio che ha molto rilievo nella concezione di Galeno, è dovuta a un ecces-
so di bile nera (mélaina, "nerà'; cholé, "bile"). La terapia sta nel ricomporre gli squilibri
...
o-
i.
umorali, in modo da consentire l'esplicarsi della naturale capacità di guarigione dell' or-
ganismo (la famosa vis medicatrix naturae).
[alterazione degli equilibri umorali può essere prodotta dall'alimentazione, dal clima e
da altri fattori esterni e interni. Per questa ragione, nella terapia dovrà entrare la consi-
derazione di diverse condizioni. Le alterazioni psichiche, in particolare, dipendono dal-
r-
le stesse cause delle malattie organiche: l'individuo che ne è colpito non è considerato e
V,
responsabile (anche se ciò, per Galeno, non esclude interventi anche punitivi, al fine di !:!.
CD
contenere certe manifestazioni) e la loro cura non spetta al filosofo, ma al medico (che ::::,
N
diventa cosl «il miglior filosofo»). o
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-,
CD
n
FISSI LE IDEE o
..,
I

1. Quali furono le ragioni del mancato sviluppo tecnologico in epoca romana? o


3
2. Quali sono le caratteristiche principali del!' astronomia tolemaica? o
::::,
3. Quale scopo si proponeva la medicina di Galeno? o
4. Quali relazioni ha intrattenuto con la tradizione?
5. Su quali principi si fonda la sua attività clinica e terapeutica?

- SINTESI
Quali sono le caratteristiche delle innovazioni scientifiche nel mondo ellenistico?
MP1 Nel mondo ellenistico si verifica una divaricazione fra filosofia e scienza. Mentre i filosofi
~,.,. concentrano la loro attenzione sull'uomo, gli scienziati, favoriti dai sovrani ellenistici che
mettono a loro disposizione centri di studio ... continua su CD-Rom

J1a ATTIVITÀ PER LO STUDIO


11!11 per prepararsi all'interrogazione
e alla verifica scritta ••• su CD-Rom

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