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La DIREZIO'i\TE ha sede presso il Prof.

Mario Talamanca, Via Marco Aurelio, 31


(tel. 738229) I 00184 Roma. L'AMMINISTRAZIONE è presso la Casa Editrice dott. A.
Giu/frè, Via Busto Arsizio, 40 - 20151 Milano tel. 38000905-38000975.
Le pubblicazioni (opere, riviste, estratti) e i manoscritti debbono essere inviati
al direttore prof. Mario Talamanca, Via Marco Aurelio, 31, I 00184 Roma.
BULLETTINO
Opera pubblicata con il contributo del C.N.R.
DELL'ISTITUTO DI
DIRITTO ROMANO
COMITATO DI DIREZIONE "VITTORIO SCIALOJA,,
Luigi Capogrossi Colognesi - Giuliana Foti T alamanca - Giovanni Gualandi
Antonio Masi - Mario Mazza - Bernardo Santalucia
DIRETTORE: MARIO TALAMANCA

TERZA SERIE - Voi. XXX


Dell'incera collezione Vol. XCI
l988

Il BULLETTINO esce annualmente e pubblica monografie originali, note e


discussioni, appunti bibliografici. L'abbonamento annuo è di L. 100.000 (estero MIL A NO
L. 150.000) da versarsi anticipatamente all'Amministrazione della Rivista. D O T T. A. G I U F F R È E DITORE
INDICE

pag.
M.TALAMANCA, Un secolo di «Bullettino»........ ....... ......... IX

ARTICOLI

F.DE MARTINO, Litem suam facere.


A.MAGDELAIN, L'acre juridique au cours de l'ancien droit romain 37
G.G.ARCHI, Milano capitale e la legislazione imperiale poscclassica 81
J.lRMSCHER, Das CIL und die juristische Epigraphik. lll
A.GUARINO, Novissima de patrum auctoritate. 117
B.ALBANESE, Sacer esto. ........... 145
A.BuRDESE, Note sull'interpretazione in diritto romano 181
B.SANTALUCIA, Note sulla repressione dei reati comuni in età repubblicana 209
A.BISCARDI, Sulla cosiddetta consensualità del contratto dotale in diritto attico . 225
W.WoLODKIEw1cz, Un dialogo di Fénelon e le critiche settecentesche al diritto romano. 237
C. VENTURlNI, La ripudianda (in margine a CTh.3, 16, 1) 253
R.MENTXAKA, Stellionatus .............. 277
P.GARBARlNO, Senatores in annis minoribus comtituti e usurae. Contributo all'esegesi di CTh.
2, 33, 2. ..................... 337
M.ZABLOCKA, Il ius trium liberorum nel diritto romano ......... 361
O.MILELLA, Il consenso del dominus e l'elemento intenzionale nel furto 391
A.CAsTRESANA, Reflexi6n sobre la significaci6n jurfdica de auctoritas, credere y pontifex a
proposito de las etimologfas de A.Pariente.............. 419
A.o'ORs, El contrato catoniano sobre el rebafio de ovejas (Cat.agr. 150) .. ...... 447
A.D1 PoRTo, La tutela della salubritas fra editto e giurisprudenza.Il ruolo di Labeone, I.
459

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Acque ....................................... .
J. MÉLÈZE-MODRZEJEWSKI, Philiscos de Milet et le jugement de Salomon: la première
référence grecque à la bible ............................. 571
© Copyright 1992 Dott. A. Giuffrè Editore, S.p.A. Milano
R.M.RAMPELBERG, Le pouvoir romain et l'application de la peine capitale aux délits de
La traduzione, l'adattamento totale o parziale, la riproduzione con qualsiasi mezzo masse (IV-Utmes siècles avant J-C) ......................... 599
(compresi i microfilm, i film, le fotocopie), nonché la memorizzazione elettronica,
sono riservati per tutti i Paesi. A.LAiou - D.SIMON, Eine Geschichte von Mlihlen und Monchen.Der Fall der Mlihlen von
Chantax ...................... . 619

Tipografia «MORI & C. S.p.A.» - 21100 VARESE - Via F. Guicciardini 66 FRANc1sco CuENA Bov, Emptio suae rei: los casos de D.19, 1, 29 y D.17, 1, 22, 3 . 677
VIII Indice

NOTE E DISCUSSIONI

L. GAROFALO - V. MANN1No - L. PEPPE, Alcuni appunti di Giuseppe Branca sulle


«convenzioni costituzionali» dell'antica Roma . . . .. . .. ... . 689
I. Nu&Ez PAZ, Algunas consideraciones en torno al repudium y al divortium . ... . .. 713

L. LORETO, Tommaso Campanella e lo ius fetiale . . 725 MARIO TALAMANCA


G. RizzELLI, In margine a Paul.Sent. 2, 26, 11 . . 733
UN SECOLO DI «BULLETTINO»
PUBBLICAZIONI PERVENUTE ALLA DIREZIONE (M. TALAMANCA). 745

Nel 1888 usciva il primo numero di questa rivista, la quale era,


ufficialmente, presentata come l'organo di un Istituto di diritto
romano, di cui - proprio nel fascicolo d'apertura - si pubblicava lo
statuto (p. 1 ss.: Statuto dell'Istituto di diritto romano, che viene qui
appresso ristampato, a p. CXLV ss.). Istituto e rivista erano stati ideati
da Vittorio Scialoja (1856-1933), allora poco più che trentenne, e da
quattro anni ordinario di diritto romano alla Sapienza romana.
La loro storia, che è soprattutto quella della rivista, si confonde
con quella del loro fondatore, sino a che quest'ultimo visse: ed è
quindi, per gran parte, la storia della romanistica italiana di un certo
periodo. Alle origini non è una storia facile da ricostruire. A parte il
profilo scientifico, nei limiti in cui soccorre il materiale pubblicato
nella rivista stessa la fonte principale di informazione sono ancora i
verbali delle «riunioni» dell'Istituto stesso, la pubblicazione dei
quali, in riassunto, iniziava, a p. 62 ss. (Sunto dei verbali delle riunioni
dell'Istituto), ma la cui frequenza, come vedremo, sarebbe andata
molto rapidamente diminuendo, fino a cessare col 1901, salvo due
residue eccezioni, nel 1928 e nel 1934 (non si può, del resto,
escludere con sicurezza che vi siano state sedute non verbalizzate, o la
cui verbalizzazione non sia stata, neppur per sunto, pubblicata: non si
hanno, però, riscontri, neppure indiretti, di una tale evenienza).
Dalle note con cui Vincenzo Arangio-Ruiz (1884-1964) e Pietro de
Francisci (1883-1971) iniziavano la terza - ed attuale - serie della
rivista (LXII, 1959, xvm ss.), risulta, però, che i due grandi maestri,
soci dell'antico Istituto, non si trovavano in migliori condizoni, ed
anche il ricorso ai ricordi personali era contenuto in limiti piuttosto
ridotti, e comunque tali ricordi non venivano completamente versati
in quelle note. Anche f:�E _gu_alcl:ie f�Q!�_�_.2�cl�ggio p_��o_��le ,__1:1.on
sono attualmente reperibili - e non lo erano evidentemente neppure ·\ Ì
·guaiidò-nellà.primavèra 1958 cessava la direzione di Salvatore Ricco-
X Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» XI

bono (1864-1958), ormai direttore soltanto di nome - i documenti 1884, professore ordinario di diritto romano alla Sapienza, e si trovava
che si sarebbero potuti tramandare da Vittorio Scialoja a Salvatore senz'altro inserito per nascita nell'«élite» politica ed intellettuale del
Riccobono, da Vincenzo Arangio-Ruiz e Pietro de Francisci a Giu­ paese: il padre era Antonio Scialoja (1817-1877), giurista ma soprat­
seppe Grosso (1906-1973) e Edoardo Volterra (1904-1984). Non tutto economista, patriota napoletano, esule e professore di economia
risulta, allo stato, reperibile neppure il testo della relazione sulla politica a Torino, dove Vittorio nasceva nel 1856, e nei governi
«storia della formazione» dell'Istituto che Vittorio Scialoja tenne, postunitari degli anni '60 e '70 ministro delle finanze e dell'istruzione
nella seduta pubblica «inaugurale», nel palazzo dei Senatori al pubblica. Nel 1877, la morte del padre aveva colto Vittorio imme­
Campidoglio, il 5 febbraio 1888 (I, 1888, 64). È molto probapile che diatamente dopo la laurea, ma la carriera accademica del giovane
già il segretario perpetuo l'avesse, e di buonora, perduto, se - Scialoja, iniziata a Camerino nel 1879, si era ciò nonostante svilup­
nell'orazione pronunciata alle onoranze del 21 aprile 1933, in Cam­ pata assai rapidamente con la chiamata a Siena nel 1881, per succedere
pidoglio - Amedeo Giannini ricorda la sua mancanza di ordine nella a Luigi Mariani, trasferitosi a Pavia. Nonostante la cattedra romana,
conservazione delle cose, suscitando la complice ilarità del pubblico nel 1884 lo Scialoja non aveva, però, ancora una posizione dominante,
(«il grande Maestro, che ha tantissime virtù, non ne possiede - dal punto di vista accademico, nella romanistica italiana, pur avendo
consentitemi di rilevare almeno un difetto - una: come collezionista bruciato - per un ingegno vivissimo, indiscutibile e indiscusso e per
non è certo un modello»: cfr. Atti Congr. intern. dir. romano Roma, II, la grande capacità realizzativa - le tappe della carriera.
Pavia, 1935, 648). Alla Sapienza, infatti, era succeduto a Nicola de Crescenzio
Va subito posto in chiaro che l'Istituto di diritto romano, voluto (1832-1895), allievo di Karl A. von Vangerow (1808-1870) e di K.
dallo Scialoja è cosa diversa dall'attuale Istituto di diritto romano e dei Mittermeier (1787-1867) a Heidelberg, il «maestro» degli anni
diritti dell'antico Oriente mediterraneo, esistente nell'ambito della universitari, figura di studioso di tenue spessore (come traspare anche
Facoltà di giurisprudenza dell'Università di Roma «La Sapienza», ché dal necrologio che lo Scialoja stesso gli avrebbe dedicato nella rivista
si trattava di una libera associazione privata, e non di un istituto uni­ - VII, 1894, 302 ss. - ispirandosi al più grande rispetto ed alla più
versitario (e, del resto, gli istituti erano, allora, inesistenti nella strut­ sincera devozione, ma non volendo eccessivamente impingere, a scopo
tura che avrebbero assunto nella nostra prassi universitaria e che ancora laudativo, sul vero): il de Crescenzio, che, insegnante privato e poi
mantengono, laddove sono sopravvissuti alla moda dipartimentale, libero docente a Napoli, era stato chiamato a Roma nel 1873 dalla
che, a ben vedere, non ha portato - in meglio - ad alcun sostanziale fiducia di Antonio Scialoja (allora ministro della pubblica istruzione),
cambiamento). Questa era già precisato in modo molto netto nelle note, era tornato alla città d'origine come ordinario nel 1882 (aprendo così
già ricordate, premesse dall'Arangio-Ruiz e dal de Francisci al primo all'allievo la strada della Sapienza), quale successore di Giuseppe
numero della terza serie della rivista (LXII, 1959, xvm ss.), in cui Polignani (1825-1882). A Roma insegnava, d'altronde, sulla cattedra
ribadivano la totale indipendenza dell'Istituto universitario da quello di istituzioni di diritto romano - dal 1875, come straordinario, e dal
dello Scialoja, e dovrebbe essere, ormai, un dato acquisito alle nostre 1879 come ordinario (non in tempo, quindi, per essere professore di
conoscenze. Rispetto a quanto sostenevano i due grandi romanisti Vittorio Scialoja, il quale s'era immatricolato nel 1873/74, anno in
dianzi ricordati, vi sono, però, alcune - e non del tutto insignificanti cui il de Crescenzio tenne per incarico anche le istituzioni) - Gaetano
- precisazioni da fare, e verranno accennate più avanti. Semeraro (1848-1923), già libero docente, nel 1874, nell'Università
di Napoli (e quivi allievo anch'egli del de Crescenzio), ed il quale
Per valutare il significato della nascita dell'Istituto e della rivista, avrebbe avuto dal 1885 al 1917 (fino, cioè, alla chiamata di Pietro
bisogna tener conto della particolare situazione di Vittorio Scialoja Bonfante, come ordinario) l'incarico di storia del diritto romano (nel
nella romanistica italiana del tempo (e, più in genere, nella scienza 1883/84 e nel 1884/85 lo stesso Semeraro era stato libero docente con
giuridica italiana, con particolare riguardo al diritto privato, la cui effetti legali della stessa disciplina). In quell'occasione (in esecuzione
dottrina era legata al diritto romano da una plurisecolare comunanza del R.D. 22 ottobre 1885, nr. 3444, sugli insegnamenti della facoltà
di fonti, di metodo, di oggetto dello studio). Lo Scialoja era, dal di giurisprudenza nelle università del regno), la materia veniva ad
XII Mario Talamanca Vn secolo di «Bullettino» XIII

assumere un'autonoma rilevanza rispetto alla generica storia del avrebbe continuato la sua attività di romanista anche a Roma, ché -
diritto, la quale assumeva il nome di storia del diritto italiano dalle oltre ad un incarico (conservato fino all'emeritazione avvenuta con
invasioni barbariche ai nostri giorni: non si trattava, in effetti, di uno l'anno ace. 1920/21) prima di Esegesi di diritto romano e poi di
sconvolgimento, perché l'intitolazione ufficiale della materia non Esegesi delle fonti del diritto (nel quale, sotto la generica dizione,
faceva che riprendere nella sostanza la descrizione del contenuto della insegnava anche diritto romano: nel 1880/81 avrebbe svolto il corso
stessa, fissato nell'art. 4 del R.D. 8 ottobre 1876, sul regolamento per sulle Instituiones di Gaio) - avrebbe mantenuto la posizione di
la facoltà di giurisprudenza («nel corso di storia del diritto è esposta «insegnante libero - dizione equivalente a quella di libero docente
principalmente la storia del diritto in Italia dalla caduta dell'Impero - con effetti legali» di diritto romano fino al 1908/09 (quando, a
Romano di Occidente fino ai moderni codici»), ma la necessità di mente dell'art. 6 della L. 19 luglio 1909, nr. 496, i corsi liberi
intervenire al livello della denominazione potrebbe far sorgere il impartiti da professori ufficiali non vennero più retribuiti, com'era
dubbio che la traccia indicata dal legislatore non fosse scrupolosa­ fino �d allora avvenuto, in base alle iscrizioni liberamente effettuate
mente seguita. Il Semeraro era personaggio di indubbio rilievo dagli studenti): era stato preside della Facoltà dal 1883 al 1885, gli
accademico: sarebbe stato preside della Facoltà di giurisprudenza dal anni in cui si concretava la vicenda romana dello Scialoja (lo sarebbe
1892 al 1896, e nominato rettore dell'Università nel 1896/1897 successivamente stato dal 1909 al 1915). Per non parlare di Francesco
avrebbe lasciato la presidenza della facoltà per un anno a Lorenzo Filomusi Guelfi (1842-1922), addottoratosi a Napoli, civilista e
Meucci (destinato anch'egli al rettorato) e poi, per l'appunto, allo filosofo del diritto, ma d'origine romanista, oltre che di Giuseppe
Scialoja, ma rimase pressoché inedito sul piano scientifico (si noti, al Polignani allievo anch'egli - ma nella città partenopea - di Nicola
riguardo, il visibile imbarazzo nel necrologio di P. BoNFANTE, in de Crescenzio, col quale aveva fatto parte della commissione del
«Ann. R. Univ. Roma», 1922/23, 304, in un contesto nettamente concorso per la cattedra romana, vinto da Vittorio Scialoja, ed autore
elogiativo, anche se ispirato ad un sincero affetto da parte dell'antico fra l'altro di una monografia romanistica (Il processo civile contumaciale
allievo: colpisce l'assenza di un necrologio nel «Bullettino»). romano, Napoli, 1872): di questo studioso lo stesso Scialoja si rico­
S'interessava ancora, del resto, di materia romanistiche, anche nosceva allievo durante le onoranze del 18 dicembre 1904, presso la
Francesco Schupfer (1833-1925), professore a Roma dal 1878, più Facoltà romana (Ricordo delle onoranze a Vittorio Scialoja pel suo 25 ° anno
orientato - nella sua attività di medievista - verso la tradizione d'insegnamento. Prato, 1905, 20), seppur non in senso romanistico
germanistica che quella civilistica, anche se - dopo aver iniziato (l'aveva avuto come professore di filosofia del diritto, dalla quale
come professore di storia del diritto a Innsbruck - dal 1866 al 1878 disciplina l'oratore medesimo ricordava come il Filomusi gli rimpro­
avevll. insegnato il diritto romano a Padova, dove la Storia del diritto verasse sempre d'esser troppo lontano), ché da questo punto di vista
era professata da Antonio Pertile (1830-1895), anch'egli romanista v'è ancora qui un commovente attaccamento al de Crescenzio, pur
d'origine. A Roma era stato chiamato per la generica storia del nella consapevolezza della diversità nei metodi e, tutto sommato, nel
diritto, di cui si è già detto, e che era stata insegnata, ai suoi tempi, valore come studioso.
da Guido Padelletti (1843-1878), il quale, romanista d'origine, vi
aveva, fra l'altro, proluso - nel 1873/74 - con un discorso che Già nella sede romana, dunque, lo Scialoja stesso doveva conqui­
spazia, con inevitabile superficialità, dal diritto romano ai giorni starsi quella posizione di preminenza, cui lo destinavano i propri
dell'autore, ma con un'innegabile prevalenza del punto di partenza meriti anzitutto nell'ambito della propria materia, ma anche al di
(Roma nella storia del diritto, in «AG», XII, 1874, 191 ss.), ed era fuori di quella. Rapido fu, del resto, il suo cursus honorum: già a partire
autore, al livello di un manuale «ad uso delle scuole», soltanto di una dalla fine del secolo fu, dal 1897 al 1907, preside della Facoltà,
Storia del diritto romano, Firenze, 1878 (2 a ed., ivi, 1886, rivista ed abbandonando la carica solo dopo aver conseguito il laticlavio nel
integrata da Pietro Cogliolo), in cui prevale la storia del diritto 1904, nell'imminenza di assumere, nel 1909, responsabilità ministe­
privato su quella del diritto pubblico. A Francesco Schupfer meglio si riali, quale titolare del dicastero di grazia e giustizia: questa parteci­
adattava, senz'altro, la nuova denominazione della materia, ma egli pazione al governo fu breve, mentre invece, nel corso della prima
XIV Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» xv

guerra mondiale, lo Scialoja tenne una condotta ispirata al patriotti­ sandro Castellini, alla cui successione il Moriani era stato chiamato),
smo tradizionale in famiglia e divenne ministro senza portafoglio per nel 1880 si era trasferito dall'Università d'origine nell'ateneo lom­
la propaganda e successivamente ministro per gli affari esteri, parte­ bardo che l'aveva visto studiare in gioventù, e dal quale nel 1894
cipando alle trattative di pace di Versailles, e poi rappresentante sarebbe tornato ad insegnare a Siena: studioso di limitato spessore al
permanente dell'Italia presso la Società delle Nazioni. livello della produzione letteraria, ma che rifuggiva dalle lotte che
La situazione in cui si trovava, nel 1888, lo Scialoja stesso non era stavano attraversando la romanistica italiana, e che è descritto come
diversa, se lo sguardo si estende al complessivo panorama della persona schiva e riservata, aliena da celebrazioni e da momenti di
romanistica italiana di allora. Vi erano gli studiosi che - un po' più tensione. A Torino, accanto al grigio Anselmi, stava Giuseppe Cade
giovani, un po' più vecchi - potrebbero dirsi della sua generazione: (1845-1917), allievo di Pasquale Stanislao Mancini, indagatore dalla
si pensi soltanto, per fare i nomi più importanti nel risveglio degli complessa personalità, soprattutto cultore - ispirato ad un sostan­
studi romanistici, a Biagio Brugi, Carlo Fadda, Silvio Perozzi, ziale eclettismo - della filosofia del diritto (della quale materia era
Contardo Ferrini: e vanno anche ricordati - per il particolare ordinario), ma interessato - oltre che al diritto positivo nonché alle
intreccio dei rapporti con lo Scialoja - Lancio Landucci e Pietro impostazioni ed ai problemi sociologici - anche alle tematiche
Cogliolo, nonché, in posizione più defilata rispetto allo svolgimento romanistiche, nell'ambito delle quali tenne per lunghi anni l'insegna­
della materia, Giuseppe Brini e Muzio Pampaloni: con essi le relazioni mento di storia del diritto romano e cui dedicò varie monografie (della
erano e sarebbero state variamente articolate, dall'amicizia (spesso sua principale opera al riguardo, Le origini del diritto romano. Ricostru­
come primus inter pares, o se si vuole il fratello maggiore) alla zione storica dei concetti che stanno a base del diritto pubblico e privato
freddezza, all'ostilità (col Landucci e col Cogliolo, suoi antagonisti nel romano, Torino, 1888, proprio nel primo numero del «Bullettino»
concorso per la chiamata romana del 1884). In ogni caso, non da apparve, a p. 236 ss., una recensione fortemente critica a firma di
costoro venivano, per l'un verso o per l'altro, i più seri ostacoli a Pietro Bonfante, l'allievo prediletto di Vittorio Scialoja).
quella supremazia cui, più o meno consapevolmente, il giovane La posizione più autorevole era, però, senz'altro quella di Filippo
studioso mirava o, comunque, si sentiva portato. Sedevano, invece, Serafini (1831-1897), ordinario a Pisa, che aveva avuto una lunga
sulle cattedre italiane personaggi che, sul piano accademico, appari­ «Schulung» nelle università tedesche ed austriache ed era stato
vano - e soprattutto si sentivano - in una posizione di superiorità soprattutto allievo a Vienna di Ludwig Arndts (1803-1874) verso il
rispetto allo Scialoja, e che avevano senz'altro contribuito al rinnova­ quale restò sempre legato da una memore devozione e di cui tradusse
mento in Italia degli studi romanistici e, in generale, giuridici: oltre in italiano la nona edizione del Lehrbuch des Pandektenrechts, traduzione
al «maestro» de Crescenzìo, a Napoli, a Pisa, Francesco Buonamici apparsa dal 1879 al 1882. Già professore a Pavia nel 1857 sotto
(1836-1921), che, allievo di Francesco del Rosso, già dal 1867 l'imperial-regio governo, e dal 1868 ordinario a Bologna, per un
ordinario di diritto commerciale e dal 1873 (anno in cui il Serafini fu breve periodo (dal 1871 al 1873) aveva insegnato, chiamato da
chiamato a Pisa) di istituzioni di diritto romano, subì senz'altro Pasquale Stanislao Mancini, alla Sapienza romana (di cui, nel
l'influenza di quest'ultimo già da professore, mantenendosi però in 1872/73, era stato anche rettore), ma si era allontanato da codesta
una posizione abbastanza equilibrata nei confronti dello Scialoja (come sede per Pisa non senza dissapori: dirigeva ormai da vent'anni quel-
avremo occasione di vedere più innanzi), e rimase sino alla morte 1'«Archivio giuridico», che rappresentava, allora, la rivista giuridica
studioso incline all'esegesi (soprattutto nella parte finale della sua italiana più avanzata sul piano scientifico, e dalla quale aveva ammi­
attività scientifica) e dalle movenze, tutto sommato, piuttosto datate nistrato, soprattutto sul piano del diritto positivo, la progressiva
nel passato. A Bologna insegnava Giuseppe Ceneri (1827-1898), familiarizzazione della scienza giuridica italiana con quella «Re­
patriota ed uomo politico di fede democratica, ma dal profilo scien­ chtswissenschaft» tedesca, la quale, nel secolo scorso, è stata senza
tifico molto limitato. A Pavia, Luigi Moriani (1845-1921), che, dubbio di gran lunga all'avanguardia della giurisprudenza continen­
allievo di Filippo Serafini a Pavia dopo essere stato studente a Siena tale: nell'ambito di quest'ultima godeva, ancora nel 1888, una fama
(dove a Piero Conticini e ad Alessandro Doveri era succeduto Ales- che gli permetteva di esser nominato socio straniero della J uristische
XVI Mario Talamanca Vn secolo di «Bullettino» XVII

Gesellschaft di Berlino, accanto ad Enrico Pessina (1828-1916), uomo dello Scialoja (chiamato a Siena) e poi professore a Modena dal 1883
politico ed avvocato, che, dopo la morte di Francesco Carrara (1805- al 1889, donde si trasferì a Genova, sede in cui avrebbe chiuso la
1888), è stato, dalla cattedra di Napoli (ricoperta dal 1871), il più propria carriera: sin da Roma, o immediatamente dopo, il Cogliolo si
grande penalista italiano della fine del secolo scorso. E sulla fama che era posto sotto la protezione del Serafini, di cui si riconosceva
godeva, fuori d'Italia, il nome del Serafini si possono anche vedere le esplicitamente allievo, e con cui intraprese da Genova, negli anni '90,
parole di A. AuDIBERT, in «NRHD», XIX, 1893, 685 s. , nell'aprire la traduzione dell'Ausfiihrliche Erla'uterung der Pandekten del Gli.ick,
la sua recensione al volume di studi in onore del giurista italiano. sulla quale si avrà l'occasione di ritornare.
Nel concorso per Roma, l'atteggiamento dello Scialoja non fu
L'iniziativa presa dallo Scialoja si colloca senza difficoltà in questa certamente conciliante, ed aveva portato ad uno scontro particolar­
cornice, già a pensare che con la stessa il giovane studioso si ponesse mente violento proprio con il Cogliolo, soprattutto in seguito alla
lo scopo - se non di raggiungere quella posizione di preminenza che dura recensione che - sulla «Rivista critica delle scienze giuridiche
gli sarebbe toccata di lì a qualche anno - di crearsi un proprio e sociali» (II, 1884, 57 ss.) - lo Scialoja stesso scrisse, con lunghi
consistente spazio al vertice degli studi romanistici e giuridici in strascici polemici, ad un'opera del Cogliolo stesso, il ponderoso primo
generale. Ma il quadro era, senz'altro, più complesso. I rapporti, non - ed unico - volume del Trattato teorico-pratico della eccezione di cosa
cattivi, di Scialoja con Filippo Serafini - che, a partire dal 1879, giudicata secondo il diritto romano e il codice civile italiano, con accenni al
aveva spesso accolto lavori del giovane romanista nella propria rivista diritto intermedio (Torino, 1883). La recensione probabilmente non
- si erano deteriorati per l'intrecciarsi difficilmente districabile di ebbe ad influire sugli esiti del concorso, ma avvelenò ulteriormente e
fattori diversi. Senza dubbio, il vecchio maestro aveva cominciato, per pesantemente i rapporti fra i due, probabilmente già tesi in prece­
tempo, a sentir minacciata la posizione di supremazia, per sé e per la denza (si può immaginare, facilmente, come lo Scialoja cercasse di
sua scuola, dall'irresistibile e rapida ascesa del giovane collega. Una non lasciare spazio, nell'ambiente giuridico della capitale, al conten­
conferma di quanto i timori fossero fondati si era avuta del resto in dente, e il contatto diretto, se non quotidiano, nella comune ambien­
una circostanza che aveva aggravato una tensione forse �ià latent:: la tazione romana poteva, ai suoi tempi, aver creato qualche motivo di
successione a Nicola de Crescenzio nella cattedra romana, dove con lo tensione, che, come spesso accade in casi del genere, trovava ora
Scialoja, vittorioso, si erano soprattutto fronteggiati Pietro Cogliolo l'occasione di manifestarsi in tutta la sua portata. Né serviva di certo
(1859-1940) e Lancio Landucci (1855-1937). Quest'ultimo era stato a placare le acque, la caustica ironia del vincitore che non aveva
allievo a Pisa del Serafini, di cui divenne il genero, e poteva vantare risparmiato il lato personale della vicenda. Non so se sia mai stato
una rapida e prestigiosa carriera: ordinario ad Urbino nel 1878, da mandato alle stampe l'epigramma - e questo genere letterario
quell'Università, libera, passò all'incarico a Padova, nel 1879, dove rientrava perfettamente nella personalità dello Scialoja, che ne com­
divenne ordinario di istituzioni di diritto romano nel 1880 (e passò poneva di sovente, anche in latino (su Scialoja epigrammista v.
alla cattedra di diritto romano nel 1885, dopo la morte di Luigi l'antico allievo F. PATETTA, in Atti Congr. intern. dir. romano Roma, II,
Bellavite, e dopo lo smacco romano), restandovi sino alla morte, cit. 658, nonché V. ARANGio-Rmz, in «Egypt. contemp. », XXIV,
deputato al parlamento dal 1900 al 1919, e senatore nel 1931 1934, 346: una commemorazione del maestro tenuta alla Société
(allorquando aveva aderito, con totalitaria convinzione, al regime royale de géographie del Cairo) - contro i suoi due antagonisti, di cui,
fascista), scrittore abbastanza fecondo, ma le cui opere hanno lasciato anche nella vecchiaia, egli si compiaceva, e di cui mi è stato tramite
scarsa traccia di sé nella romanistica attuale. Pur nato a Genova, dove diretto Edoardo Volterra, che - suo allievo a Roma negli anni '20 e così
si sarebbe svolta la maggior parte del suo insegnamento, Pietro vicino nello spirito al grande maestro - amava spesso ripeterlo: «in
Cogliolo aveva effettuato tutto il suo corso di studi a Roma, dove queste ansie, in questi crucci,/ di un pensiero mi consolo:/ se Cogliolo
aveva ottenuto la promozione, dopo il primo biennio, nel 1878/79, e è un po' Landucci, / è Landucci un gran . . . Cogliolo».
conseguito la laurea nel 1880/81, risultando quindi allievo del de Quattro anni dopo la chiamata romana (e le beffe), la tensione non
Crescenzio e del Semeraro: già nel 1881/82, era successore a Camerino appariva di certo in diminuzione: dal 1883 era cessata la collabora-
XVIII Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» XIX

zione dello Scialoja all' « Archivio giuridico » , ben prima quindi che il sarebbe stato in futuro uomo politico di spicco), ma aveva esordito,
« Bullettino » divenisse, un po' , l'organo personale dello studioso (in nel 1884, con una memoria Hncea sui fetiales, probabilmente iniziata
quegli anni, non ricchi di articoli , lo Scialoja pubblicava, dal punto e per gran parte preparata nel biennio postlaurea a Berlino. Non v'è
di vista romanistico, soprattutto negli « Studi senesi », e con articoli dubbio sulla disparità di posizione fra i due direttori: la differenza
di diritto positivo dallo sfondo romanistico anche sul « Foro italiano », d'età ed il forte carattere dello Schupfer, che difficilmente tollerava
un'impresa, si direbbe, di famiglia, dato che fondatore e magna pars d'esser contraddetto, ne facevano l'ispiratore della politica culturale
di essa era il fratello maggiore Enrico, e vi aveva partecipato anche il del periodico, e quindi anche della posizione assunta nei confronti dei
padre Antonio) . I profili personali s'intrecciano così con quelli ogget­ due enti romanistici , nella quale può aver giocato, senz'altro, un ruolo
tivi, e vanno tenuti presenti nel giudicare della vicenda che ha portato la consapevolezza romanistica del «germanista» Schupfer, legata alle
all'Istituto di diritto romano. origini ed al lungo insegnamento che si prolungava ancora nella
Sapienza romana.
L'iniziativa per la fondazione dell'Istituto e della rivista non L'iniziativa del Landucci viene, invece, menzionata nell' « Archi­
cadeva, poi , nel vuoto. Dopo una prima seduta che portava all'ap­ vio giuridico » , diretto da Filippo Serafini, la rivista più vicina al
provazione dello statuto dell'ente (tenuta il 14 luglio 1887 : I, 1888, promotore, solo al momento in cui, nella seduta inaugurale del 14
62), già nella seconda delle riunioni dell'Istituto stesso svoltasi il 23 giugno 1888, viene deliberata la fusione della Società con l'Istituto
dicembre 1887 (I, 1888 , 62 s . ), lo Scialoja non nasconde la propria dello Scialoja: il verbale di tale riunione è pubblicato in «AG » , XL,
preoccupazione per la « Società fra i Romanisti Italiani » - rectius 1888 , 5 67 ss . , senza una nota di commento o di spiegazione (e viene
« Società italiana per l'incremento degli studi romanistici » - pro­ altresì pubblicato in « BIDR » , I , 1888, 164 ss . ) . La mancanza di
mossa dal Landucci, allora professore a Padova. E , del resto, in precedenti annunci al riguardo si può spiegare col proposito del
<< RISG», IV, 1887 , 1 5 8 (si era probabilmente verso la metà del­ Landucci di non dare notizia ufficiale dell'erigenda Società. Per
l'anno, ché si tratta del primo fascicolo del secondo dei due volumi quanto riguarda la comunicazione apparsa sulla « Rivista italiana per
che, come d'abitudine per la rivista, sono usciti con la data del 1887), le scienze giuridiche », sembra evidente, dal tenore della stessa, che la
si dà una breve notizia: « il prof. Landucci , della Università di notizia è tratta dalla circolare che, per quanto fosse desideroso di
Padova, ha diretto ai cultori italiani degli studi romanistici una procedere con riservatezza, il Landucci stesso non aveva potuto
circolare, invitandoli a unirsi con esso per costituire il primo nucleo esimersi dal mandare ai colleghi romanisti (e da cui anche lo Scialoja
di una Società italiana per l'incremento degli studi romanistici». A p . 3 5 6 aveva probabilmente appreso dell'iniziativa).
dello stesso numero (il secondo dei tre fascicoli , di cui anche il terzo La concorrenza fra le due istituzioni venne, ben presto, eliminata,
porta la data di tipografia del 1887: p. 5 50) si contiene la notizia della ma, sostanzialmente, fu il Landucci a cedere, facendo confluire
fondazione dell'Istituto di Scialoja (« si è costituito a Roma per nell'Istituto antagonista gli aderenti della sua Società, che già non ne
iniziativa del prof. Vittorio Scialoja un Istituto per l'incremento degli facessero parte. Alcuni aspetti essenziali di questa vicenda non sono,
studi di diritto romano, col nome di Istituto di diritto romano»), e si dà però, molto chiari. La « seduta inaugurale » della Società per l'incre­
un sunto abbastanza ampio dello statuto. mento degli studi romanistici si tenne a Bologna il 14 giugno 1888
Né nell'uno né nell'altro caso (e sui rapporti con lo Scialoja avremo e, come si è accennato, il relativo verbale fu pubblicato sia sul
occasione di ritornare) v'è mostra di grande entusiamo da parte dello « Bullettino » che sull'«Archivio giuridico » . Nulla apparve invece
Schupfer: costui aveva fondato, nel 188 3 , la « Rivista critica delle sulla « Rivista italiana per le scienze giuridiche », a conferma di una
scienze giuridiche e sociali » , che sarebbe divenuta, nel 1886, la sostanziale distanza nei confronti di entrambe le iniziativa da parte
« Rivista italiana per le scienze giuridiche » , diretta insieme a Guido dello Schupfer: ed in questa cornice deve essere valutata l'ulteriore
Fusinato ( 1860- 19 14), il quale, figlio del poeta e patriota Arnaldo circostanza che né il Landucci né il Cogliolo hanno mai collaborato
( 18 17- 1888), veneto anch'egli e laureato a Roma nel 1880/8 1 , era alla « Rivista italiana per le scienze giuridiche », e neppure Filippo
già, in quel tempo, professore di diritto internazionale a Torino (e Serafini ed il figlio Enrico, i quali avevano, però, un proprio organo
xx Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» XXI

personale nell'«Archivio». Non si vuole, con oo, ipotizzare un miei, ordinario a Pisa di istituzioni di diritto romano, e Paolo Emilio
rapporto di particolare tensione, ma vi sono anche degli altri dati, Bensa (1858-1928), ordinario a Genova di diritto civile. La presenza
seppur non univoci, che sembrano indurre ad ipotizzare una certa di quest'ultimo può, fino ad un certo punto, stupire, perché il Bensa
reciproca freddezza: lo Schupfer, infatti, aveva collaborato all'«Archi­ non appare un privatista di formazione romanista, ché - dottore
vio giuridico», con saggi prevalentemente giusmedievistici e giusmo­ aggregato nel 1883 - era passato per l'incarico di diritto e procedura
dernistici fino al vol. VI, apparso nel 1870; la collaborazione si rarefa penale nello stesso 1883 e di contabilità di stato nel 1885, per arrivare
d'un tratto, per rapidamente cessare, dopo che Pietro Ellero era uscito a quello d'introduzione alle scienze giuridiche ed istituzioni di diritto
dalla rivista (e non vi avrebbe più scritto). Isolata è, infatti, una civile nel 1887 (con una carriera un po' lenta, sarebbe diventato
recensione apparsa nel vol. XXXI, 1883, 507 ss. (a M. PAPPENHEIM, straordinario nel 1895 ed ordinario di diritto civile nel 1906, cattedra
Launegild und Gairethinx. Ein Beitrag zur Geschichte des germanischen cui era passato, ancora come straordinario, nel 1898). L'unico punto
Rechts, Breslau, 1882), mentre l'articolo sul codice di Hammurapi, di contatto con la romanistica sembra essere la collaborazione con
apparso nel vol. LXXXIX, 1923, 72 ss. (La questione delle interpola­ Carlo Fadda - nel 1888 ancora ordinario nella sede genovese - alla
zioni nella legge dì Hammurapi), si riferisce ad un contesto accademico traduzione italiana ed alle annotazioni del Lehrbuch des Pandektenrechts
del tutto diverso, dove soltanto il nome continuava a legare la rivista di Bernhard Windscheid, la cui pubblicazione iniziò nel 1902, ma
al fondatore Filippo Serafini (e su ciò avremo occasione di ritornare). che doveva essere stata progettata agli inizi degli anni '90, quando il
La mancata collaborazione agli studi giuridici offerti al maestro pisano Fadda era ancora ordinario a Genova (così, nel necrologio del Bensa,
(Per il XXXV anno d'insegnamento di Filippo Serafini, Firenze, 1892) A. Ascou, in «Riv. dir. civ.», XX, 1928, 69, mentre M. ROTONDI,
potrebbe non esser particolarmente significativa, in quanto non sem­ Carla Fadda, in «Riv. dir. priv. », II, 1932, 62, dà addirittura come
bra che lo Schupfer partecipasse anche altrimenti a queste manifesta­ date estreme dell'opera 1888-1906: la risalenza è confermata dalla
zioni (del resto durano ancora, nella tradizione orale, i ricordi del puntuale sottolineature, contenuta nella copertina del vol. I e dei
carattere difficile del grande studioso, che si manifesta, altresì, successivi, «prima traduzione italiana consentita dall'Autore e dagli
visibilmente nelle sue vigorose polemiche), mentre l'assenza di un Editori, fatta sull'ultima Edizione tedesca», se si tien conto che il
contributo del Serafini stesso agli Studi dedicati ed offerti a Francesco Windscheid era morto nel 1892): al di là di questo commento -
Schupfer nel XXXV anno del suo insegnamento, del 1898, potrebbe, a sua tutto volto del resto al diritto positivo (ed in cui non risulta esplici­
volta, dipendere dalla data di pubblicazione di questi ultimi, di un tamente la parte avuta dall'uno o dall'altro dei coautori) - il Bensa
anno posteriore alla morte del Serafini stesso (ma resta significativa non aveva né avrebbe avuto ulteriori specifiche compromissioni col
l'assenza di Enrico Serafini, anch'egli però poco incline ad iniziative diritto romano all'infuori di un breve articolo - già frutto delle
del genere, ché sembra aver partecipato soltanto alla «Festschrift» in annotazioni al Windscheid? - apparso qualche anno più tardi (Il
onore del padre). diritto romano nella pratica. Sulle vocazioni testamentarie collettive e indi­
Nell'accennata seduta bolognese, fu lo stesso Landucci a proporre viduali, in «Il Filangeri», XX, 1895, 422 ss.), e che, non a caso, si
la fusione, «ad evitare dualismi inutili, e fors'anche perniciosi fra colloca da un punto di vista in cui l'interesse per il diritto attuale fa
scienziati aventi un intento comune», ponendo come condizione premio sul diritto romano.
irrinunciabile di togliere dall'art. 11 dello statuto dell'Istituto il
requisito della residenza a Roma per i membri del consiglio d'ammi­ Al di là del lieto fine e delle apparenze, i dubbi. La Società di
nistrazione. La fusione venne votata all'unanimità, dopo una breve Landucci, quale appare nel ricordato verbale, era organismo di una
discussione sull'opportunità di apporre altre condizioni - che ven­ certa consistenza. Alla sua testa era un comitato provvisorio presie­
nero invece trasformate in raccomandazioni - ad un ordine del duto da Filippo Serafini, l'indiscusso princeps all'epoca dei romanisti
giorno in tal senso presentato da Biagio Brugi, professore a Padova italiani: guardando a ritroso, si sarebbe forse tentati di porre accanto
(ma allievo a Pisa del Serafini), membro del comitato provvisorio della a lui soltanto Ilario Alibrandi (1823-1894), concordemente salutato
Società stessa: discussione alla quale presero parte Francesco Buona- come il precursore del metodo storico-critico, personaggio schivo e
XXII Mario Talamanca Vn secolo di «Bullettino» XXIII

provato, senz'altro, dalle vicende universitarie in cui era stato coin­ dell'Istituto di diritto romano «ad iniziativa di parecchi e in ispecie
volto dopo la riunificazione di Roma all'Italia, quando, sincero del prof. Vittorio Scialoja», pubblicando altresì lo statuto dell'ente
cattolico e profondamente fedele al pontefice romano, era stato (siamo, dunque, in epoca successiva alla seduta del 14 luglio 1887 in
costretto a dimettersi - per una coerenza forse più imposta che cui il medesimo statuto era stato approvato), mentre non dava alcun
sentita - dall'Università statale, dove, nel 1870/71, era stato anche segno apparente di conoscere l'esistenza della concorrente intrapresa
preside, nominato per decreto luogotenenziale, della Facoltà di giu­ del Landucci (cfr. A proposito del nuovo Istituto di diritto romano in Roma,
risprudenza (la carica era - in quella fase transitoria - annuale) ed in «Il Filangieri», XII, 1887, I, ed ora in Scritti giuridici, III, Milano,
a limitare la sua attività come romanista all'Accademia di conferenze 1948, 659 s.). Una cosa sembra certa, che cioè il Perozzi non era stato
storico-giuridiche, continuatrice - nella prospettiva degli ambienti originariamente coinvolto dall'iniziativa dello Scialoja: ma allora
clericali - della vecchia Sapienza pontificia, della quale nel 1878 come lo ha raggiunto la notizia dell'erigenda Istituto, forse a mezzo
l'Alibrandi stesso aveva dettato il programma (e sulle cui vicende si della notizia pubblicata nella «Rivista italiana per le scienze giuridi­
tornerà brevemente fra poco). L'Alibrandi, la cui nomina a socio che».? Ma in essa l'Istituto è dato per «costituito» («RISG», IV,
onorario dell'Istituto dello Scialoja sarebbe stata ufficializzata meno di 1887, 356), e non in fase di creazione: la contraddizione potrebbe
un mese più tardi, non aveva sicuramente preso parte diretta all'ini­ apparire non del tutto dirimente (l'approvazione dello statuto poteva
ziativa di quest'ultimo, né, sembra, a quella del Landucci. Al essere stata intesa in due modi diversi da Francesco Schupfer e da
comitato già menzionato composto, oltre che dal Brugi, dal Landucci Silvio Perozzi: il primo s'atteneva di più al profilo istituzionale, e dava
e dal Cogliolo (ma non è sicuro che non vi fossero altri membri, l'Istituto per «costituito», dato che lo statuto ne era stato approvato;
assenti dalla seduta, giacché il verbale menziona soltanto i membri il secondo pensava all'elemento personale, nel caso forse il più
presenti: data l'importanza dell'evento è, però, difficile ritenerlo) importante, e l'ente si stava ancora formando, perché era in corso
prendeva parte, e questo può sorprendere, anche Vittorio Scialoja, che l'adesione dei soci). V'è, però, un altro elemento che esclude decisa­
- in un intervento (forse programmato) - «rende omaggio alla mente questa ipotesi. Il Perozzi riproduce lo statuto dell'Istituto in
verità, dichiarando che il Professore Landucci manifestò l'idea di extenso, mentre la «Rivista» ne dava un sunto, per quanto ampio
questa Società prima ancora che quella dell'Istituto, da lui divisato, fosse. Da questa parte, non sembra vi siano grandi alternative: se non
fosse resa di pubblica ragione» (I, 1888, 166). Ciò valeva conferma di l'ha potuto leggere nella «Rivista italiana per le scienze giuridiche»,
quanto aveva asserito - nell'avanzare la proposta di fusione - lo il Perozzi ha ricevuto lo statuto dallo Scialoja, che faceva opera di
stesso Landucci, sostenendo che «fin dal primo annuncio della sua proselitismo per il suo Istituto, e vi ha con tutta probabilità aderito
proposta ne differì all'epoca del centenario del glorioso Ateneo bolo­ (un altro caso di duplice adesione ai due enti in potenziale concor­
gnese la concreta realizzazione», e che « nel frattempo è sorta in renza, oltre a quello già accennato di Vittorio Scialoja ed a quelli che
Roma, per iniziativa per Prof. Scialoja, una istituzione avente quasi si vedranno di Francesco Brandileone e di Alfredo Ascoli). Qui il
l'identico scopo della Società cioè l'Istituto di Diritto Romano» (I, 1888, problema si complica con quello delle date: indubbiamente, come
165). tante riviste di allora e di ora, «Il Filangieri» del 1887 può esser
Ai fini della cronologia bisogna prender posizione su un aspetto uscito in ritardo. Questa preoccupazione va, però, rimossa con sicu­
credo sfuggito finora all'attenzione dei - pressoché inesistenti - rezza dal dibattito: l'estratto delle otto pagine che compongono, con
cronachisti dell'Istituto di diritto romano, quello dei rapporti di la riproduzione dello statuto, l'articoletto del Perozzi porta la data del
Silvio Perozzi con l'Istituto stesso e con la Società. Alla ricordata 1887 (cfr. l'esemplare conservato nella Biblioteca dell'Istituto di
sedut� �& Bo1ogna del 14 giugno 1888, infatti, lo studioso era diritto romano della «Sapienza»: Mise. 5607). La notizia apparsa in
presente, e avremo occasione di rammentarlo ancora, fra i membri «Il Filangieri» è, quindi, abbastanza risalente, anche se successiva al
della Società. Ma era proprio il Perozzi che, con grande plauso e con 14 luglio 1887 (di quanto non sappiamo, ma lo Scialoja può essersi
caloroso invito all'adesione, aveva dato notizia in «Il Filangieri» del mosso con molta rapidità): se il Perozzi non parla della Società del
1887 dell'imminente creazione - «sta per sorgere a Roma» - Landucci, è probabilmente perché non ne era ancora a conoscenza, e
XXIV Mario Talamanca Vn secolo di «Bullettino» xxv

non aveva cioè ancora ricevuto la circolare inviata da quest'ultimo e di Landucci, perché l'iniziativa da questo presa di una Società fra i
cui parla la «Rivista italiana per le scienze giuridiche». Pensare, del Romanisti Italiani non abbia a produrre un dannoso duplicato del
resto, ad un atteggiamento reticente al riguardo andrebbe contro nostro Istituto». Da un verso, queste parole fanno escludere che il
tutto quanto è stato tramandato sul carattere del personaggio, di cui segretario perpetuo potesse far parte, a tale data, della Società del
semmai è universalmente conosciuta la ruvida ed intemperante fran­ Landucci come componente del comitato provvisorio (I, 1888, 164):
chezza: né si comprenderebbe da parte sua l'adesione - senz'altro da e, dall'altro, da esse non trapela in alcun modo che, al livello dei
ritenersi successiva - alla Società del Landucci, la quale non saprei se promotori dell'Istituto romano, si fosse disposti ad ammettere il
vada spiegata soltanto come manifestazione della volontà di aderire a carattere recenzione della propria iniziativa. D'altra parte, nel ricor­
qualsiasi iniziativa che si presentasse come vantaggiosa per gli studi dato intervento alla seduta inaugurale della Società, sempre lo Scialoja
romanistici, od anche come un tentativo di collaborare ad eliminare sembra, tra le righe, insinuare che la proposta del Landucci venisse
quella che entrambi i promotori consideravano una dannosa concor­ avanzata dopo che lo Scialoja stesso aveva «divisato» l'Istituto, ma
renza. prima che l'intento ne fosse reso «di pubblica ragione», correggendo
Indubbiamente, la conclusione cui si sta qui arrivando trova una un po' la prospettiva del suo interlocutore, che ,poneva la successione
difficoltà, ma non credo insuperabile, nell'ordine già visto in cui degli eventi in termini rigorosamente oggettivi (l'Istituto romano è
vengono date - nella «Rivista italiana per le scienze giuridiche» - «sorto», dopo che la proposta per la Società era stata resa pubblica).
le notizie relative al sorgere dei due enti. Se appare, indiscutibil­ Ancora un elemento in questo senso si può riscontrare nella
mente, difficile pensare che lo Schupfer non sapesse che cosa stavano documentazione, pubblicata sul «Bullettino», relativa alle prime
progettando i suoi colleghi romani, romanisti e non (i quali si vicende dell'istituto, e che mostra come il lavoro preparatorio per la
riunivano, però, in case private, e comunque al di fuori dell'Univer­ costituzione del nuovo ente risalisse, con tutta probabilità, ai primi
sità), la sostanziale freddezza dei rapporti fra lo stesso Schupfer e mesi del 1887, se non agli ultimi del 1886. La prima riunione
Vittorio Scialoja (su cui si avrà occasione di ritornare) non esclude che, dell'Istituto di cui abbiamo notizia ebbe luogo, infatti, il 14 luglio
da una parte, il direttore della «Rivista italiana per le scienze 1887 (I, 1888, 62), in casa di Lorenzo Meucci (1835-1905), allora
giuridiche» non si affrettasse a pubblicare sul periodico notizie straordinario di diritto amministrativo (e l'anno successivo ordinario
relative all'Istituto di cui non avesse avuto comunicazione ufficiale della stessa materia) ed incaricato di filosofia del diritto (fu rettore nel
(quale aveva avuto, probabilmente, per la Società del Landucci, 1897/1898, l'anno dopo essere stato preside della Facoltà di giuri­
ricevendo la relativa circolare), e che, dall'altra, Vittorio Scialoja non sprudenza), studioso il quale, però, fra il 1871 ed il 1875 era stato
si fosse precipitato a spedirgli, fra i primi, la circolare relativa al suo incaricato prima e straordinario poi di introduzione allo studio delle
Istituto. Può senz'altro darsi che l'articoletto del Perozzi in «Il scienze giuridiche (A. SALANDRA, in «Ann. Univ. Roma», 1906/07,
Filangieri» fosse stato, in un modo o nell'altro, la causa dell'annuncio 139, dice anche di Storia del diritto, ma ciò non risulta dagli
pubblicato nella «Rivista italiana per le scienze giuridiche». annuari), passando successivamente al diritto amministrativo, sempre
come straordinario (riceverà voti per il primo consiglio d'amministra­
Da quanto precede si può trarre, con molta probabilità, un primo zione: II, 1889, 123). Tale seduta (in cui fu approvato lo statuto
dato di qualche rilevanza ai fini dell'attuale discussione: l'Istituto predisposto dallo Scialoja) non rappresentò certamente la prima riu­
dello Scialoja non è sorto successivamente alla Società del Landucci (e nione: il sodalizio sembra già fondato, ché vi si parla di «parecchi
quindi, ma su ciò ritorneremo fra un momento, non come una emendamenti proposti dai soci» al «progetto di Statuto presentato
risposta alla stessa). Questa conclusione trova qualche conferma anche dal Prof. Vittorio Scialoja», approvati i quali «fu finalmente votato lo
dal versante di Scialoja. Bisogna tornare un po' indietro, a più di sei Statuto». Al di là del valore letterale del termine (il quale si riferisce
mesi prima della seduta bolognese del giugno 1888: nel verbale della senz'altro alla sequenza temporale inveratasi il 14 luglio 1887, a casa
già ricordata seduta dell'Istituto del 23 dicembre 1887, si legge (I, Meucci: discussione, approvazione degli emendamenti, votazione
1888, 67) che «il prof. Scialoja riferisce le trattative iniziate col prof. «finale» dello statuto), che non si debba vedere, sotto il profilo
XXVI Mario Talamanca Vn secolo di « Bullettino » XXVII

psicologico, la soddisfazione dello Scialoja, sicuramente estensore del Landucci, Venezia, 1941: v. l'estratto conservato alla Biblioteca del­
«sunto», dopo una certa laboriosità nella vicenda della definitiva l'Istituto di diritto romano della «Sapienza»: Mise. 7131 bis). A parte
costituzione dell'Istituto? E un ulteriore indizio nel senso suddetto il problema degli rapporti con Filippo Serafini, suo maestro e suocero,
può proprio trovarsi nel requisito della residenza in Roma fissato per a proposito di questa iniziativa, non meraviglia, dunque, che il
l'elezione al consiglio d'amministrazione nell'art. 11, 1 ° comma, il romanista di Padova si sentisse chiamato a svolgere un ruolo nella
quale tendeva a premunire il fondatore da ingerenze estranee, e creazione e nella gestione di una società volta a promuovere gli studi
prevedeva un'affluenza di soci extrinsecus, difficilmente ipotizzabile in romanistici. Accanto a questa generica promozione, è anche probabile
costanza di un'iniziativa volta a contrastare il progetto di romanisti che fra i motivi che avevano portato al progetto in quesione vi sia stato
non residenti in Roma di costituire una Società italiana per l'incre­ il desiderio di arginare quella che poteva apparire l'«invadenza» di
mento degli studi romanistici. Vittorio Scialoja e di limitare la posizione di preminenza che que­
L'Istituto di diritto romano non è, dunque, da considerare la st'ultimo stava assumendo nella romanistica italiana: l'esito sarebbe
reazione - e, tenuto conto degli esiti, una magistrale reazione - stata, però, del tutto diverso dall'accennato desiderio.
all'iniziativa assunta dal Landucci, voluta od almeno patrocinata da Questa notazione introduce ad un altro punto su cui si rimane un
Filippo Serafini, che ne era, naturalmente, destinato a divenire il poco perplessi: vista dai nostri giorni, alla luce delle vicende che
presidente: e, oggettivamente, non v'è di certo spazio per sostenere seguirono (e su cui si dirà fra breve), la fusione attuata mediante la
che la Società fosse, per il Landucci e la sua parte, una reazione confluenza nell'Istituto appare, sostanzialmente, una «resa» del Lan­
all'Istituto dello Scialoja. Si trattava di due iniziative indipendenti e ducci, della Società, e in definitiva di Filippo Serafini. In relazione a
che trovavano la loro origine nella generale temperie degli studi ciò, bisogna fra l'altro rilevare una significativa ambiguità termino­
romanistici e nel sempre più rigoglioso fiorire degli stessi. Per quanto logica nella verbalizzazione della seduta bolognese del 14 giugno
concerne Vittorio Scialoja, si è già detto quale ne potesse lo scopo in 1888. Per tutto il corso del verbale si parla, da parte di tutti,
generale, in cui, come sempre accade in contesti del genere, il costantemente di «fusione», termine, in effetti, equivoco, ché indica,
desiderio della promozione della disciplina professata - sempre potenzialmente, tre cose diverse: sia il confluire dell'una istituzione
presente - si frammischia inestricabilmente all'esigenza di affermare nell'altra (in entrambe le possibili direzioni) sia il fondersi delle stesse
al proposito la propria posizione. Indubbiamente, nella misura in cui in un unico e nuovo ente. Il senso della «fusione» stessa non viene
cercava consapevolmente di guadagnare - mediante la fondazione mai specificato nel verbale della seduta (una mossa politica o diplo­
dell'Istituto - uno spazio nell'ambito della romanistica italiana, lo matica?), ma nella sostanza delle cose è univoco, ché si tratta del
Scialoja sapeva di entrare in rotta di collisione con il Serafini ed il suo confluire degli aderenti alla Società nell'Istituto: lo stesso Landucci
circolo, cosa che, nel 1887, non lo preoccupava di certo, anche perché pretende alcune modifiche dello statuto dell'Istituto stesso, non offre
le ostilità erano ormai, e da non poco, incominciate: e se qualche modifiche a quello della Società, e tutti gli interventi danno per
remora o qualche scrupolo avesse potuto avere al riguardo (il che non scontato tale punto. Dalla parte dell'Istituto, invece, lo Scialoja
sarebbe, del resto, rientrato nel carattere del personaggio), ciò sarebbe indicava a tutte lettere la forma e la sostanza dell'atto: si trattava dello
potuto e dovuto, semmai, avvenire nel 1883 e nel 1884 in occasione «scioglimento della Società per gli studi romanistici e la sua fusione
del concorso per la cattedra romana. Ma, che dire degli scopi del con l'Istituto», che - si sottolinea - è «avvenuta per iniziativa del
Landucci? L'autoconsapevolezza più o meno infondata del personaggio prof. Lancio Landucci» (così il verbale della riunione del 7 luglio
trapela al di là di ogni dubbio dai suoi scritti e da tutto quanto 1888: I, 1888, 169; cfr. del resto il tenore della notizia data,
altrimenti risulta di lui: se volessimo fare della fisiognomia spicciola, precedentemente, in I, 1888, 163, sostanzialmente coincidente).
la psicologia complessiva dell'individuo, nelle sue presunzioni e nelle Era lo Scialoja ad uscire, quindi, vittorioso dalle trattative,
sue ripicche, si coglie a prima vista nel ritratto che adorna l'estratto sebbene vada precisato come, in realtà, tale vittoria avrebbe avuto -
della commemorazione, tenuta il 3 novembre 1940 al R. Istituto nella vita sostanzialmente effimera dell'Istituto - una scarsa rilevanza
Veneto (cfr. G. FERRARI DELLE SPADE, In memoria del senatore Lando pratica, ché l'egemonia dello Scialoja sulla disciplina seguiva altre vie,
rI
XXVIII Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» XXIX

quelle del suo carisma personale e della rivista, che vedremo rapida­ abbastanza alti, ché nella seconda riunione, il 23 dicembre 1887 (I,
mente rendersi indipendente dalle vicende dell'Istituto stesso. È 1888, 62) «gli aderenti» ed i «soci effettivi» superano i cinquanta
difficile stabilire perché il Landucci si sia «arreso» e in quali limiti, (gli ottanta il 29 gennaio 1888 ed i cento il 3 marzo 1888: I, 1888,
comunque, si sia accorto di farlo, anche rispetto agli sviluppi futuri. 63 s.). Se, come risulta dall'episodio del Perozzi e come ancora
L'Istituto, lo si vedrà, era disegnato, nel suo atto costitutivo, sullo vedremo, lo Scialoja si era rivolto anche al di fuori della cerchia degli
Scialoja, destinato ad assumerne a soli trentadue anni la carica di amici romani (il che era progettato fin dall'inizio, come risulta
segretario perpetuo, l'unico organo monocratico che emergeva in un dall'espressa previsione dell'art. 11 dello statuto relativa al requisito
regime sostanzialmente assembleare. Nel capitolato della fusione, si della residenza a Roma per l'appartenenza al consiglio d'amministra­
chiese, inderogabilmente, una sola modifica al livello strutturale, che zione), non sappiamo quale misura potesse aver raggiunto quella
fu, del resto subito accolta (e, di tutta evidenza, era stata concordata duplice appartenenza (alla Società ed all'Istituto), la quale è attestata
in anticipo), quella che eliminanava il requisito della residenza in in alcuni pochi casi, e non sappiamo fin dove si spingesse il «fair
Roma dei membri del consiglio d'amministrazione. Le altre condi­ play>> del «segretario perpetuo» nell'invitare i romanisti tendenzial­
zioni prospettate dal Landucci nel suo intervento furono trasformate mente disponibili a aderire all'opposta sponda. Comunque sia, il
in raccomandazioni: due riguardavano l'attività dell'ente, prevedendo nucleo sostanziale degli aderenti all'Istituto stesso, prima della fu­
concorsi a premio, e l'estensione «ad ogni parte della vita antica sione, doveva essere di «simpatizzanti» e non di romanisti «in
romana, per quanto abbia attinenza al diritto»; una quarta l'intro­ servizio permanente effettivo» , il che porta a pensare che si trattasse
duzione di una nuova categoria di soci, «con più tenue corrisposta», di una massa di manovra che lo Scialoja stesso poteva facilmente
per agevolare a più persone la possibilità di aderire all'Istituto. Nella indirizzare (e che si era forse precostituito), notazione che appare
sua risposta lo Scialoja riteneva «più difficile, od almeno intempe­ confermata, si avrà occasione di vederlo, dal risultato per le elezioni
stivo, dati i mezzi di cui attualmente dispone l'Istituto, l'accogliere le al consiglio d'amministrazione tenute subito dopo la fusione con la
rimanenti proposte», di cui egli sosteneva che le prime due «sono già Società. Si può pensare che il Landucci non fosse a conoscenza o non
comprese nello spirito dello Statuto», e che l'ultima richiedeva, per la riuscisse a valutare questi dati? È difficile ipotizzarlo. Si è che, forse,
sua natura, riflessione (e non si riesce a comprendere perché il la posizione dello Scialoja poteva apparire, in ipotesi di conflitto
segretario perpetuo non avesse fatto riferimento ai «soci aggiunti», aperto, difficilmente scalzabile, soprattutto per la presa che - e lo si
previsti dall'art. 8 dello statuto, e dei quali non si è mai avuta traccia, vedrà anche più avanti - il giovane professore di Roma aveva già
né d'altro lato è facilmente afferrabile, ove effettivamente esistesse, la cominciato ad esercitare sui propri coetanei ed ancor più sull'ultimo
valenza tattica o strategica della richiesta). «Nachwuchs» , anche quando si trattasse di persone in qualche modo
Poteva il Landucci - e chi ne condivideva più o meno totalmente legate alla «scuola» del Serafini, ormai palesemente antagonista: e,
l'impostazione, gli scopi, le simpatie - ritenere che con l'immissione nelle trattative pregresse, può darsi lo Scialoja, forte di ciò, non avesse
degli appartenenti alla Società si sarebbero potuti modificare i rap­ voluto sentire ragioni: o la confluenza o lo scontro. V'è, d'altro lato,
porti di forza dell'Istituto, che continuava comunque ad avere sede e un aspetto che potrebbe esser portato a favore dell'opinione che anche
quindi a gravitare su Roma, di modo da renderne inoffensivo ed il Landucci fosse consapevole, più o meno lucidamente, che si
eventualmente modificarne lo statuto? È difficile immaginarlo. Come trattasse sostanzialmente di una resa: come si è detto, gli indizi che si
si vedrà, il fondatore dell'Istituto sbandierava, nei «sunti» dei verbali ricavano dalla nostra documentazione immediatamente disponibile, e
delle riunioni antecedenti alla «fusione» pubblicati sulla rivista, un certamente non ricca, sono nel senso che la priorità cronologica della
elevato numero di soci e aderenti, fino a superare il «centinaio». La Società sull'Istituto non corrispondesse all'effettivo modo in cui le
collocazione anche geografica degli aderenti all'Istituto non è facile da cose si erano svolte. L'insistenza del Landucci stesso ad avere una
determinare: nella fase, per chiamarla così , costituente (fino all'ap­ «soddisfazione» sul punto potrebbe apparire come un corrispettivo,
provazione dello statuto), l'iniziativa doveva essere abbastanza ri­ formale, all'innegabile cedimento sul piano sostanziale. Infine, gio­
stretta: dopo, come si è detto, i numeri cominciano a divenire cava, probabilmente a favore di una «fusione» che fosse per l'appunto
xxx Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» XXXI

una confluenza, la circostanza che l'Istituto era ormai fondato e scuola positivistica del diritto penale ed il fondatore dell'«Archivio
possedeva uno statuto, e quindi offriva - al di là del problema giuridico» , che abbandonò quasi subito a Filippo Serafini, figura
dell'erezione in ente morale - una realtà istituzionale definitiva­ tipica di una certa cultura italiana della seconda metà del secolo
mente delineata (tant'è che si andava ad incidere sulle norme statu­ passato), e dal punto di vista romanistico di Giuseppe Ceneri, ma a
tarie della stessa). differenza di quest'ultimo scrittore fecondo, anche se neppure ai suoi
tempi la sua produzione ebbe ad esercitare una grande influenza sui
Allo stato nascente, i due progetti consociativi avevano, a prima modi in cui venne sviluppandosi la romanistica italiana. Giuseppe
vista, valenze diverse, a partire dai referenti geografici. L'Istituto, Ceneri, ordinario a Bologna. Giuseppe Cade, ordinario di filosofia del
come vedremo, si accentrava, in questa fase, a Roma (con le caratte-. diritto a Torino, dov'era incaricato di storia del diritto romano.
ristiche sociologiche viste), alla Società aderivano in grande maggio­ Achille Cattanei, ordinario a Parma (lo «spelling» Cattaneo, conser­
ranza romanisti (i giuspositivisti ed anche gli storici del diritto vato sia nel «Bullettino» che nell'«Archivio giuridico» sembra una
sembrano essere soltanto casualmente presenti), con una diffusione variante erronea di quello Cattanei, che risulta in «RISG» , IX, 1890,
abbastanza uniforme nell'Italia centro-settentrionale. Per la Società 159, e XVI, 1893, 476), autore praticamente inedito (non sembra
stessa, gli unici dati disponibili sono forniti dall'elenco (I, 1888, 164 invece possibile una confusione con il Felice Cattaneo, che agli inizi
s . ) dei soci presenti a Bologna (di quanti e quali fossero gli assenti non degli anni '80 aveva pubblicato due monografie , Gaio e le sue Istitu­
si ha traccia). Abbiamo già visto le presenze, oltre che dello Scialoja zioni, Pavia, 1880, e il Sistema del nome romano, Milano, 1883) . Emilio
da Roma, di Filippo Serafini e di Francesco Buonamici (Pisa), di Gandolfo, com'è conservato sia nel «Bullettino» che nell'«Archivio
Biagio Brugi e del promotore Lando Landucci (entrambi professori a giuridico» , pone un - direi non difficile - problema, perché in
Padova, ma di scuola pisana). E poi: Giorgio Anselmi (1817-1894), questo periodo noi conosciamo un Enrico Gandolfo, della generazione
ordinario a Torino, che ebbe un necrologio in «BIDR» VII, 1894, degi anni '50, probabilmente allievo di Giuseppe Bruzzo a Genova,
138, in cui non vien fatta risultare la confluenza, dopo la fusione, che intreccia in quegli anni un vai e vieni fra Genova e Cagliari, dove
nell'Istituto; l'esistenza stessa del necrologio potrebbe essere addotta sarà ancora ordinario nel 1903, ma di cui non risulta successivamente
in tal senso, ma bisogna anche tener conto della circostanza che un'attività letteraria nel campo della giusromanistica: è evidente che
l'Anselmi era stato collega di Antonio Scialoja nell'Università di l'Emilio è una svista per Enrico (può darsi dovuta allo scioglimento di
Torino. Alfredo Ascoli (1863-1942), allievo di Serafini a Pisa, dove si un'iniziale e comprensibile, forse, tenendo conto della scarsa celebrità
laureava nel 1884, ma che aveva proseguito gli studi a Roma con del soggetto). Antonio Longo (1862-1942), che - libero docente di
Vittorio Scialoja, divenendovi libero docente di istituzioni di diritto storia del diritto romano a Modena nel 1887 (dov'era stato allievo di
romano (a partire proprio dal 13 giugno 1888), ed in procinto di Pietro Cogliolo, e legato da amicizia con Enrico Serafini), docenza poi
ricoprire, nel 1888/1889, una cattedra romanistica a Macerata, per trasferita a Palermo - nel 1892 era divenuto professore di diritto
divenire successivamente uno dei più grandi civilisti italiani e dal amministrativo a Macerata (passando per il tramite del diritto finan­
1919 collega di Scialoja alla Sapienza romana. L'avv. Enrico Bassani, ziario romano col saggio Caratteri giuridici del!'amministrazione finan­
di cui non sono riuscito a scoprire altre tracce. Francesco Brandileone ziaria romana, apparso nel vol. XLVII dell'«Archivio giuridico» , del
(1858-1929), allievo di Francesco Pepere (1823-1903) a Napoli e di 1891), e dopo un lungo soggiorno a Pavia (durante il quale collaborò
Schupfer a Roma, allora titolare a Sassari di Storia del diritto italiano, alla traduzione italiana del Gli.ic k, intrapresa da Filippo Serafini e
ma che si professava allievo anche di Vittorio Scialoja (l'Ascoli e il Pietro Cogliolo, con la traduzione del lb. X, in collaborazione con
Brandileone sono gli unici studiosi che - oltre allo Scialoja e, con Silvio Perozzi, professore a Parma) avrebbe finito la sua carriera a
tutta probabilità, al Perozzi - positivamente risultino aver apparte­ Palermo, come titolare della detta cattedra: egli ostentava, nelle
nuto ad entrambi gli enti prima della fusione). Giuseppe Brini dediche di suoi lavori allo Scialoja (ed esistenti nella Biblioteca
(1856-1941), ordinario a Parma, a Bologna allievo - sempre devoto dell'Istituto di diritto romano della «Sapienza»), una certa familiarità
- di Pietro Ellero (1833-1933: giurista e sociologo, l'ispiratore della con quest'ultimo. Ugo Mazzola, che, secondo una notizia pubblicata
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X X X II Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» XXXIII

in «RISG», VIII, 1889, 486, da incaricato stava diventando, in quel civile a Pisa, nel 1903/1904, e che avrebbe ereditato, alla morte del
torno di tempo, straordinario a Pavia di scienza delle finanze, ma che, padre, la direzione dell'« Archivio giuridico».
nel 1887 (data della prefazione), scriveva come straordinario di scienza Non sembra che fra la versione del verbale pubblicata nel «Bul­
delle finanze e diritto finanziario a Camerino un saggio Sulla teoria lettino» e quella edita nell'«Archivio giuridico» vi siano, al propo­
delle regalie finanziarie. Prelezione di U. MAZZOLA, s.l., s.a., ispirato ad sito, differenze, a meno di una che colpisce visibilmente: tra Pac­
un'impostazione più storica che economica. Il giovanissimo Giovanni chioni e Perozzi, fuori dell'ordine alfabetico, !'«Archivio giuridico»
Pacchioni (1867-1946), probabilmente non ancora laureato, dato che inserisce - e non v'è ragione per non credervi - il nome di Enrico
non viene gratificato neppure del titolo di «dottore» (ma aveva scritto Pessina, il grande penalista napoletano, che l'anno successivo sarebbe
già due anni prima qualche recensione, nell'«Archivio giuridico», ad divenuto vice-presidente del Senato, e che, in quel torno di tempo,
opere inglesi: cfr. XXXVII, 1886, 343 ss.), allievo a Modena di era tutto preso dall'apprestamento del nostro codice penale del 1889,
Pasquale Melucci (1854-1930), una singolare figura di studioso, il codice Zanardelli, e di cui non consta, successivamente, alcun
civilista che univa al diritto la passione per l'astronomia, e di Pietro legame con l'Istituto, ma che era sensibile ai problemi storici (si veda,
Cogliolo, più che di Guglielmo Raisini (in un necrologio, apparso in ad es., il discorso La scuola storica napoletana nella scienza del diritto,
«Riv. dir. comm.», XLVII, 1947, I, 74, il suo allievo Cesare Napoli, 1882), e che avrebbe aperto la sua Enciclopedia del diritto
Grassetti, ricorda, per Modena, Contardo Ferrini accanto al Melucci, penale, con un'esposizione storica, che s'iniziava col diritto romano, a
ma il Ferrini stesso avrebbe iniziato il suo magistero nella detta cui era dedicato il vol. I, redatto da Contardo Ferrini.
Università soltanto nel 1890/91): lo fu poi anche di Vittorio Scialoja, Potrebbero colpire al proposito anche talune assenze, ma il
di cui sarebbe stato lontano successore a Camerino a partire dal giudizio sulle stesse non può non essere articolato. Talune erano
1891/92, per insegnare, poi, per circa un decennio ad Innsbruck, probabilmente casuali: si pensi a Carlo Fadda, professore a Genova ed
donde sarebbe passato a Torino ed a Milano. Silvio Perozzi, al finire a Contardo Ferrini, professore a Messina, i quali avrebbero conservato
della sua permanenza a Macerata, ché l'anno successivo avrebbe un buon rapporto con il Serafini e con l'« Archivio giuridico» accanto
insegnato a Messina: ma, come si è visto, la presenza fra i membri all'amicizia per Vittorio Scialoja. Mancava anche Luigi Moriani, e da
della Società di questo studioso dà luogo a particolari questioni ed Siena non era venuto neppure Pietro Rossi (1856-1931), allievo
apre interessanti prospettive. Vittorio Polacco (1859-1926), segreta­ prediletto del Moriani stesso (cui lo legavano antiche amicizie di
rio della seduta (ma non perché fosse il più giovane in assoluto, data famiglia), coetaneo di Vittorio Scialoja e suo collega, per qualche
la presenza di Antonio Longo, Giovanni Pacchioni ed Enrico Serafini: anno, in quell'Università, in cui svolse tutta la sua attività di studioso
probabilmente era il più giovane degli ordinari), allora sul punto di (rivolta - più che al diritto romano, coltivato perun lin1itato periodo
passare come ordinario di diritto civile da Modena a Padova, il quale della-�ua vita =- -;ua storf; delGì sua città): e ia - contemporanea assenza
- non senza interessi romanistici, anche perché allievo di Luigi dei due studiosi poireboe ai:icfie"non essere stata casuale, sebbene,
Bellavite (1821-1885), che, romanista e civilista, aveva professato a come già detto, il Moriani sia descritto da tutti come uomo schivo di
Padova il diritto romano negli ultimi cinque anni della sua vita, dopo occasioni di pubblicità e di tensione. Ancor più difficilmente è
la chiama dello Schupfer a Roma - aveva insegnato materie roma­ soltanto casuale la totale assenza di studiosi a sud di Roma o
nistiche a Camerino nel 1884/85 (ma in quell'università libera spesso provenienti dalle isole, con l'unica eccezione di Enrico Pessina, che
a civilisti e commercialisti erano affidati incarichi di materie storiche). non era di professione storico del diritto (e che probabilmente si
Guglielmo Raisini, professore a Modena dal 1870 al 1897, autore di poteva trovare a Bologna, per le celebrazioni di quell'Ateneo, anche a
un Programma di diritto romano, Bologna, 1877, dal taglio obsoleto e, causa della sua rappresentatività pubblica): non può, a stretto senso,
quanto al resto, a mia conoscenza praticamente inedito. Enrico considerarsi un'eccezione quella di Antonio Longo, che, oriundo di
Serafini (1863-1914), figlio di Filippo ed ovviamente allievo del Palermo, era però in quel tempo libero docente a Modena, e per di più
padre, che dall'anno successivo sarebbe stato professore a Macerata, in ottimi rapporti con l'ambiente serafiniano. Le comunicazioni, si
per venir poi chiamato a Modena nel 1897 ed alla cattedra di diritto pensi soprattutto alle isole, erano faticose, ma non proibitive, e
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XXXIV Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» xxxv

l'occasione - le celebrazioni bolognesi - di tutto rilievo. Napoli, tivo alla residenza dei membri del consiglio d'amministrazione (i
poi, non era così lontana, ed accanto a Nicola de Crescenzio (che modi concreti della confluenza degli appartenenti. alla Società non
gravitava nell'orbita degli Scialoja), di professori e liberi docenti ve risultano), con decisione sottoposta all'approvazione per iscritto degli
n'erano non pochi (per fare qualche nome: Francesco Saverio de Cillis, assenti. Di fronte ai numeri indicati dal segretario perpetuo, i soci che
Giulio Petroni, Domenico de Roberto, Filippo Milone , Nicola Mi­ appaiono partecipare alla vita dell'ente sono, soprattutto in questo
nutillo, Matteo di Martino, il cui decreto, data , invero del successivo periodo, pochi e, con qualche rarissima eccezione , tutti insediati a
16 giugno), e chi più chi meno avevano dato anche contributi alle Roma. Nel primo verbale del 14 luglio 1887 (I, 1888, 62), in casa
stampe: eppure l'unico professore napoletano presente era il penalista Meucci , i soci che propongono gli emendamenti poi approvati sono
Enrico Pessina. La valutazione di quest'assenza non è, però, facile: - oltre allo stesso Meucci, al tempo professore di diritto ammini­
come si vedrà, l'Italia meridionale latita , al di fuori di Napoli, anche strativo - Ettore de Ruggiero (1839-1926), ordinario di archeologia
nelle elezioni per il consiglio d'amministrazione dell'Istituto, dopo la nella Facoltà di lettere e filosofia (ma di cui sono noti gli interessi per
fusione , onde l'assenza stessa va presa non tanto come presa di la storia giuridica ed istituzionale). Luigi Cantarelli (1858-1931),
posizione per l'uno invece che per l'altro campo, quanto come allora libero docente di storia romana antica e poi incaricato di storia
manifestazione d'indifferenza per entrambi. Manca poi, anche Gae­ bizantina (ed interessato anch'egli a problemi istituzionali). Gaetano
tano Semeraro, il collega romano dello Scialoja , che appare nella Semeraro, l'ordinario di istituzioni di diritto romano. Vincenzo
vicenda dell'Istituto fin dall'inizio, e che con ogni probabilità non Natalucci (1817-1898), che era stato titolare - nella Sapienza
aveva aderito alla Società. Per concludere, la situazione non si lascia pontificia - di istituzioni di diritto civile (il che significava romano)
ridurre invero a facili schematismi, come tutte le situazioni accade­ dal 1864 al 1870, e nel 1870/1871 di istituzioni di diritto romano
miche e scientific he, sebbene si possa cogliere qualche tendenziale nella Regia Univ�rsità, venendo allontanato poi dall'insegnamento
scelta di campo o qualche diffuso disinteresse. per non aver voluto prestare il prescritto giuramento: provvide allora
ad organizzare un corso di studi giuridici e sociali, praticamente
L'Istituto, invece , gravitava su Roma. Al proposito è necessaria, un'università pontificia (con sede a palazzo d'Altemps) parallela a
però, qualche prudenza, perché non possediamo, né per il periodo quella statale , la quale, per l'intervento del governo che ne impose la
antecedente né per quello susseguente alla fusione , notizie sicure su chiusura, dovette trasformarsi nell'Accademia di conferenze storico­
chi fossero i soci, essendo limitati, nelle nostre conoscenze , a quei giuridiche (cfr., con prudenza di linguaggio, mons. F. FERRI-MAN­
nomi che emergono nei «sunti» dei verbali, nei quali - salvo un caso CINI, Vincenzo Natalucci, in « SDSD », XX, 1899, 197 s.); presiedette
piuttosto tardo, la seduta del 13 ottobre 1894 (VII, 1894, 320) - la seduta del 29 gennaio 1888 (I, 1888, 63), ma non sembra aver
non vengono mai dati i nomi dei presenti, ma soltanto di coloro che preso ulteriormente parte alla vita dell'Istituto, mentre continuò ad
intervengono nella discussione o che - qualificati come soci - essere assessore alla Congregazione degli Studi, senza mai apparire
presentano lavori, mandano libri. Un elemento di difficile valutazione scientificamente operoso (lo si rilevava anche nella accennata comme­
è dato dal già visto numero degli aderenti e dei soci effettivi morazione, a p. 194), nonostante che nel 1882/83 avesse registrato la
dell'Istituto (la terminologia varia), che lo Scialoja dà nelle varie libera docenza in Istituzioni di diritto romano nell'Università statale ,
sedute anteriori alla fusione, non senza che possa cogliersi qualche apparendo in tale veste nell'«Annuario della R. Università di Roma»
tono di trionfalismo. Poi non si sa più nulla: abbastanza alto, dopo la anche nell'anno successivo, e poi disparendone (non può, però, esser
fusione , è il numero dei «votati» per il consiglio d'amministrazione che sua la voce Accettilazione, segnata V. NATALUCCI, apparsa a col. 398
(II, 1889, 123), ma non si dà quello dei votanti (sull'analisi di questo ss. , nel vol. I del «Digesto Italiano», pubblicato a Torino nel 1884,
voto, si tornerà più avanti), né dei voti riportati. e ripubblicata con qualche ammodernamento di forma in «NDI», I,
Torniamo al periodo antecedente alla fusione, definitivamente Torino, 1937, 63 s. ). Giuseppe Gatti (1838-1914), allievo prediletto
sancita - a livello dell'Istituto - il 7 luglio 1888 (I, 1888, 169), ed amico devoto ed affettuoso di G. B. de Rossi, che, pur conti­
con l'accoglimento dell'emendamento all'art. 11 dello statuto, rela- nuando a prender parte ai lavori dell'Istituto e pubblicando nel
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t

X X XVI Mario Talamanca f Un secolo di «Bullettino » X X XVII

<< Bullettino» qualche breve saggio di carattere epigrafico, sarebbe servato nella Biblioteca dell'Istituto di diritto romano della «Sapien­
stato soprattutto attivo nell'ambito della ricordata Accademia di za»: Mise. 4036), vi appone la dedica personale ed autografa «al mio
conferenze storico-giuridiche, dove avrebbe anche tenuto l'insegna­ maestro Vittorio Scialoja etc.»: il Trincheri, abbastanza presente
mento del diritto romano dopo la morte dell'Alibrandi: dall'epigrafia, nell'Istituto e nella rivista per un paio d'anni, avrebbe poi abbando­
soprattutto cristiana, i suoi interessi si erano già venuti estendendo nato la produzione scientifica, continuando però a figurare come libero
alla storia istituzionale nell'età medievale, per la quale è particolar­ docente sino all'«Annuario» del 1921/22. Cesare Pacelli (t 1918),
mente importante l'edizione degli Statuti dei mercanti di Roma, Roma, più coetaneo che allievo di Scialoja (si era laureato in diritto civile nel
1885, sempre nell'ambito delle attività dell'Accademia. Più difficile giugno del 1880, evidentemente col Filomusi-Guelfi, con una tesi
è identificare l'ultimo partecipante che colà appare, il Siliotti: si tratta dichiarata degna di stampa e pubblicata col titolo La successione dei figli
probabilmente dell'avv. Ignazio Siliotti, che - laureatosi nel naturali. Commento storico-comparato-esegetico alla sezione IV, titolo Il,
1882/83 (prima quindi dell'arrivo dello Scialoja) - pubblica, una libro III del codice civile italiano, Roma, 1881, in cui i cenni storici fino
diecina d'anni più tardi, Del pagamento nel diritto privato italiano, I, a Giustiniano occupano le prime ventuno pagine), era libero docente
Roma-Firenze, 1897, mandandolo allo Scialoja «in segno di altissima di diritto civile dal 26 aprile 1887, ma aveva scritto anche una
stima» (così nell'esemplare all'Istituto di diritto romano della Sa­ monografia romanistica dal titolo L'exceptio non numeratae pecuniae in
pienza, collocato a «D.Va. 14.980), e che nella prefazione esalta il relazione col concetto del contratto letterale romano, Torino, 1886 (recensita
rinnovamento degli studi giuridici italiani, anche in riscatto dall'in­ piuttosto duramente da Carlo Fadda, in « RISG», II, 1886, 459 ss.)
fluenza tedesca, «per opera di scrittori valorosi di diritto romano» (p. ed avrebbe ottenuto voti nella prima elezione per il consiglio d'am­
xvr), ma non dà altra traccia di sé nell'«entourage» del «segretario ministrazione. Vito de Pirro (1862-1913), laureatosi a Roma nel
perpetuo, neppure con un'attività al livello del «Foro italiano», quale 1885/86, e poi libero docente di Diritto civile nel 1891 a Roma, e dal
si sarebbe potuta attendere da un giuspositivista. 1895 ordinario diritto civile a Parma. Dante Caporali (t 1942),
Nella seduta successiva, del 23 dicembre 1887 (I, 1887, 62 s.), allievo di Vittorio Scialoja a Siena (dove si laureava con una tesi in
quando si parla della Società del Landucci, compaiono nuovi nomi: si diritto civile, stampata a Firenze, nel 1885), libero docente a Roma
ringraziano, in un primo momento, «i sigg. Semeraro, Bonfante, di diritto civile nel 1886 (ed autore di saggi in cui, come di consueto
Trincheri, De Pirro, Caporali e Pacelli» per l'opera prestata in nel periodo, una trattazione romanistica precede quella di diritto
occasione della «costituzione dell'Istituto». Bonfante, Pacelli e Trin­ positivo o le notazioni di diritto romano sono frammiste a quelle
cheri vengono, anche, nominati in una commissione per la «compi­ civilistiche, ma anche di un lavoro esclusivamente storico, pubbli­
lazione di un progetto di regolamento», il quale non sarà mai cato, in «La legge», XV-XVI, 1886: Contributi alla teorica dell'allu­
definitivamente approvato (anche per il rapido languire della vita vione del!'alveo abbandonato e del!'isola nata per diritto romano), che
dell'Istituto) e non possono non essere soci. Non v'è bisogno d'illu­ collaborava, assieme a Carlo Manenti, alla traduzione del System
strare la figura di Pietro Bonfante (1864-1932), il più grande allievo savigniano, e che avrebbe inviato ancora nel 1930 un manuale di
di Vittorio Scialoja ed a sua volta maestro d'intere generazioni di diritto per le scuole secondarie al maestro, c�n una memore dedica
romanisti, il quale, del resto, era già professore a Camerino. Teresio (conservato nella biblioteca dell'Istituto di diritto romano dell'Uni­
Trincheri (1866-1926), laureato nel 1886/87 (e quindi potenzial­ versità di Roma «La Sapienza», collocazione D. Civ. II, 135).
mente studente dello Scialoja: ma, in quegli anni, bisogna tener conto Nella seduta del 3 marzo 1888 compare per la prima volta, e
della possibilità di seguire alternativamente un corso pareggiato), presiede, Assuero Tartufari (1824-1890), patriota, professore in gio­
libero docente di storia del diritto romano nel 1890, allievo di ventù - a Macerata (sua città natale) - di fisica e nel 1860 di «testo
Francesco Schupfer, ma non lontano neppure da Vittorio Scialoja, se civile» (e cioè di diritto romano), posto conseguito ancora sotto il
inviandogli un esemplare del volumetto Le consacrazioni di uomini in governo pontificio, poi magistrato in varie sedi (fra cui la Corte
Roma. Studio storico-giuridico, Roma, 1889, saggio dedicato «ai miei d'appello di Bologna), ed infine consigliere presso la Corte di cassa­
maestri dell'Università romana con memore riconoscenza» (ora con- zione di Roma: civilista per interessi scientifici, avrebbe preso assidua
XXXVIII Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» XXXIX

parte fino al 1889 ai lavori dell'Istituto (risultando fra l'altro eletto al prevalentemente non specialistica in senso stretto, a conferma di
primo consiglio d'amministrazione). Nella stessa seduta è presente qualche spunto dianzi accennato: da una parte, cultori di diritto
anche Felice Barnabei, che si muoveva soprattutto sul piano dell'epi­ positivo, anche se variamente interessati all'esperienza storica; dall'al­
grafia. Nelle due sedute immediatamente precedenti alla fusione tra, storici che non erano giuristi, benché attenti per gli aspetti
compaiono come soci Alfredo Ascoli, allora in corso di divenire libero istituzionali. Dei personaggi più o meno esclusivamente romanisti
docente di istituzioni di diritto romano, e Francesco Brandileone, gli che risiedevano a Roma l'unico che - a parte gli allievi agli inizi della
unici - oltre allo Scialoja e, forse, al Perozzi - a risultare, come si carriera (il Bonfante, l'Ascoli: si collocano su un piano differente il
è detto, soci dell'Istituto e della Società prima della fusione. Brandileone, perché prevalentemente giusmedievista, ed il Trincheri,
Si è già detto delle aperture al di fuori degli amici e dei colleghi perché più direttamente in connessione con lo Schupfer, a prescindere
romani, a proposito di Silvio Perozzi, socio probabilmente sia dell'I­ dal suo rapido appartarsi) - appare completamente coinvolto è
stituto che della Società. Altre notizie dirette al proposito mancano, Gaetano Semeraro. In disparte si teneva, con tutta probabilità,
ma bisogna tener conto che i dati dianzi esposti si riferivano ad Francésco Schupfer, sulla cui posizione nei confronti dello Scialoja si
un'attiva partecipazione alla vita dell'Istituto cui difficilmente pote­ avrà occasione di tornare. Forse era già socio Camilla Re (1842-1890),
vano adeguarsi i soci fuori Roma. Un altro aderente della prima ora che risulta aver ricevuto suffragi nell'elezione del primo consiglio
può essere stato Giuseppe Bruzzo (1812-1889), ordinario di istitu­ d'amministrazione (II, 1889, 123), ma che - malandato in salute -
zioni di diritto romano nell'Università di Genova, figura di studioso non sembra avere svolto altra attività nell'ambito dell'Istituto né della
inesistente sul piano delle pubblicazioni, di cui - nel necrologio rivista: era già stato attivo alla Sapienza pontificia come professore
anonimo (II, 1889, 316), che, verisimilmente risalente allo Scialoja, soprannumerario (e sostituto dell'Alibrandi stesso), ma - per la
viene a trovarsi fra quello di James Muirhead (1831-1889), uno dei fedeltà al passato regime (così G.B. DE Rossr, Elogio funebre del prof
primi soci onorari, e quello di Numa D. Fustel de Coulanges comm. Camillo Re, in «SDSD» , XI, 1890, 337) - non gli era stato
(1830-1889) - si dice che «fu uno dei Soci effettivi dell'Istituto di riconosciuto il diritto a succedere nella cattedra vacante, venendo
diritto romano fino dalla fondazione ». Nonostante possa residuare invece ad insegnare nell'università cattolica situata al palazzo d'Al­
qualche dubbio su che cosa lo Scialoja volesse intendere con «fonda­ temps e poi nell'Accademia di conferenze storico-giuridiche. Come
zione » , la notizia è con ogni probabilità da riferirsi già alla prima fase studioso, si era andato via via distogliendo dal diritto romano, dove
dell'Istituto, anteriormente alla fusione con la Società del Landucci. aveva coltivato - senz'altro a livello più modesto di quanto non
Ciò è, forse, confermato dal rilievo fuor dell'ordinario dato a questa volesse far apparire il de Rossi nel suo encomio - soprattutto quelli
scomparsa: è l'unico necrologio di italiani comparso nei primi due che adesso si chiamerebbero studi di epigrafi.a giuridica (pubblicando
numeri del «Bullettino » , e del decesso il segretario perpetuo dà - negli anni '70 - alcuni articoli nell'«Archivio giuridico »), per
notizia, con un certo rilievo che traspare anche al livello di sunto del occuparsi invece, oltre che di diritto vigente, di storia giuridica e
verbale, nella riunione del 1 ° dicembre 1888 (II, 1889, 318). Il documentaria medievale, nell'ambito della ricordata Accademia e di
Perozzi ed il Bruzzo possono, fra l'altro, essere indicativi di due tipi quegli «Studi e documenti di storia e di diritto », che ne erano
di studioso di cui lo Scialoja aveva cercato ed ottenuto il consenso. l'organo.
Giovani romanisti, da qualsiasi scuola provenienti, interessati all'af­ Un altro insegnante di «testo civile » (e, cioè, diritto romano),
fermazione della disciplina secondo i nuovi moduli che sarebbero risultava - nell'anno accademico 1869/70 - in attività di servizio,
risultati esser quelli propri del futuro della stessa; personalità di per la prima volta, nella Sapienza pontificia: Odoardo, meglio che
nessuno spessore scientifico, ma di una rispettabile collocazione acca­ Edoardo, Ruggieri, nato nel 1834, rimasto in carica per il 1870/71,
demica, le quali potevano essere gratificate dall'invito a partecipare ma poi destituito per non aver prestato il prescritto giuramento: egli
all'Istituto e venivano così, tendenzialmente, sottratte alle sugge­ avrebbe continuato a scrivere monografie di stile antiquato ed articoli
stioni provenienti dall'opposta sponda. romanistici - di mediocre valore - pubblicati in «Studi e docu­
Dai nomi sin qui fatti si vede come emerga una partecipazione menti di storia e di diritto » , di cui l'ultimo è del 1883, alcuni anni
XL Mario Talamanca
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I Un secolo di «Bullettino» XLI

prima dell'iniziativa dello Scialoja: appare attualmente del tutto fuor in consiglio d'amministrazione). In ogni modo, fra i romarnst1
di luogo la sopravvalutazione fattane - non si vede da chi, se non italiani, si sceglievano - con l'Alibrandi ed il Serafini - coloro che
dallo Scialoja - in occasione dell'iniziativa diuna sorta di indice delle in quel momento, potevano, a pieno diritto, considerarsi gli indi�
fonti della produzione romanistica italiana, su cu si avrà occasione di scussi maestri delle generazioni precedenti. Sotto questo profilo, si
tornare, ed in occasione della quale il nome del Ruggieri è posto, possono avvicinare ad essi altri soci onorari scelti al di fuori dei limiti
praticamente, sullo stesso piano di quello dell'Alibrandi o del Ferrini rigorosi della vocazione romanistica: Giambattista de Rossi (1822-
(XXXII, 1922, 237). Ma non appare coinvolto neppure Gennaro 1894), l'indiscusso signore dell'archeologia e dell'epigrafia cristiana,
Manna (1861-1932), libero docente di Istituzioni di diritto romano già membro dei Doctores collegiati philologi della Sapienza pontificia, la
dal 1885, che, scrittore non fecondo, non avrebbe mai collaborato alla cui cooptazione rappresentava, fra l'altro, la tendenza dello Scialoja ad
rivista. Né Giuseppe Galluzzi (1830-1906), già professore alla Sa­ aprire agli aspetti dell'antichistica diversi da quelli strettamente giu­
pienza pontificia di Istituzioni di diritto canonico, e ordinario poi, in ridici, e che era esponente di spicco di quell'Accademia di conferenze
quella statale (di cui fu preside nel 1871/72), di Diritto canonico, il storico-giuridiche in cui svolgeva un gran ruolo anche Ilario Alibrandi:
quale - dopo aver avuto l'incarico nel 1883/84 di Diritto romano e si noti come ai lavori di questa Accademia prendesse attiva parte, al
(nelle more della chiamata dello Scialoja) - si iscrive nel 1895/96 di sopra degli antagonismi risorgimentali, lo stesso Scialoja. Ed accanto
come libero docente con effetti legali, per l'Exsegesis in Cod. Justin. ad al de Rossi, anche se con meno spicco, Giuseppe Fiorelli (1823-1896),
Ll. julias, e l'anno successivo per Diritto romano (fino al 1901/02). d'estrazione napoletana, archeologo di grande fama - ancorché non
Un nome che contava era, senz'altro, quello, di Ilario Alibrandi, professore universitario - e benemerito degli scavi di Pompei, sena­
che, come si è detto, si teneva in disparte. Un suo articolo seguiva, tore, direttore generale per le antichità e belle arti.
però, immediatamente quello inaugurale dello Scialoja (che occupa il Gli altri italiani, che, come del resto il de Rossi ed il Fiorelli '
primo posto, probabilmente nella sua qualità di segretario perpetuo) gravitavano tutti su Roma, erano esponenti di spicco della cultura e
nel fascicolo inaugurale del «Bullettino», a testimoniare i forti della politica italiana, con interessi rivolti anche al mondo classico:
legami fra i due studiosi (si tenga conto che l'Alibrandi, assiduo come Ruggiero Bonghi (1826-1895), patriota, letterato e filosofo,
collaboratore di «Studi e documenti di storia e di diritto» fino al cultore degli studi antichi, già ministro per la pubblica istruzione,
1888, pubblicò successivamente soltanto sul «Bullettino», e non uno dei personaggi più in vista della cultura risorgimentale (con tutti
aveva - ne avrebbe - mai pubblicato nell'« Archivio giuridico», né i limiti di quella) ed Angelo Messedaglia (1820-1901), statistico ed
in altre riviste edite nello stato italiano). Egli compare tra i primi soci economista, ma anche poeta e cultore di studi classici e specificamente
onorari dell'Istituto, proposti il 2 giugno 1888 (I, 168) e proclamati, romanistici (si veda, interessante, la memoria Alcune considerazioni
dopo la votazione per corrispondenza, il 7 luglio successivo (I, 1888, sulla teoria giuridica razionale della proprietà in relazione ai recenti progressi
169 s. ). degli studi storici del diritto romano e alle dottrine dell'economia politica,
Verona, 1848, solo parzialmente pubblicata, in seguito alla distru­
Può apparire non senza qualche interesse una rapida valutazione zione degli altri fogli, in un incendio nella tipografia: cfr. l'elenco
degli orientamenti che si colgono in questa scelta di soci onorari, delle pubblicazioni annesso al necrologio di A. Bosco, in << Ann.
avvenuta - si ricordi - prima della fusione. Fra i seniores della Univ. Roma», 1901/02, 139 e nt. 1).
materia, oltre ad Ilario Alibrandi, era stato designato Filippo Serafini. Gli altri soci onorari erano stranieri, e la loro scelta mostra la
Può darsi che quest'ultima scelta rispondesse ad un fine strumentale dimensione internazionale dello Scialoja, tanto più rimarchevole in
alla fusione stessa, che ormai andava delineandosi, in modo da porre quanto, a differenza di molti giuristi e storici italiani della sua epoca
l'autorevole e più anziano romanista in una posizione in cui - al e di quella precedente, il suo curriculum - rapidissimo fino alla
livello dell'amministrazione dell'ente - fossero praticamente impos­ cattedra - non presenta soggiorni di studio all'estero. Qui si assiste
sibili occasioni di contrasto col segretario perpetuo (a norma dell'art. ad un sapiente comporsi delle esigenze generazionali, scientifiche e
11, 1 ° comma, dello statuto, i soci onorari non potevano esser eletti geopolitiche, ed i prescelti sono Franz Hofmann (1835-1897), Rudolf
XLII Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» XLIII

von Jhering (1818-1892), Theodor Mommsen (1817-1903), Alfred cultori di questa materia che erano d'estrazione germanista, proveniva
Pernice (1841-1901), Joseph Unger (1828-1913), Bernhard Wind­ dal diritto romano, al quale era rimasto sempre legato. Gli altri soci
scheid (1817-1892), Karl Eduard Zachariae von Lingenthal (1812- onorari venivano dalla Francia e dal Belgio, ed il profilo culturale era
1894), per l'area culturale tedesca ed austriaca, allora in fase di netto alquanto più basso. Si tratta di Joseph-Emil Labbé (1823-1893),
predominio: e va sottolineato il nome dell'Unger, il grande sistema­ professore a Parigi, il quale godeva, sembra, di una grande popolarità
tore del diritto privato austriaco, più civilista che romanista. Ad un quale insegnante, ma studioso molto modesto, come - nonostante
livello culturale non così elevato, rappresentano la Francia Rodolphe ogni sforzo per mascherarlo - s'intravede già dal ricordo di CH.
Dareste (1824-1911), consigliere di Cassazione, in sostanza un poli­ APPLETON, in «BIDR» , VII, 1894, 128 ss., e di Alphonse Rivier
grafo noto per i suoi estesi interessi (anche se non di rado coltivati più (1835-1898), svizzero d'origine e professore di pandette a Bruxelles,
che altro in superficie) e Gustave Amédée Humbert (1822-1894), e ci autore prevalentemente di monografie romanistiche d'intonazione
si potrebbe interrogare sulle ragioni per cui non compaia il nome di manualistica.
Fustel de Coulanges: per l'area culturale francese un personaggio di Successivamente non appaiono nomine di soci onorari, se non
spicco era, più che altro in prospettiva, l'epigrafista René Louis Victor forse quella di Max Radin (1880-1950), che - nella seduta del 3
Cagnat (1852-1937), allora all'inizio dell'età matura e destinato ad febbraio 1934 (XLII, 1934, 627 ss. ), l'ultima in assoluto - viene
essere uno dei grandi maestri della sua materia. Il Belgio era presente accolto dall'Assemblea come socio , senza specificare se effettivo od
con Pierre Willems (1840-1898), ordinario nella Facoltà di lettere onorario. Quest'ultima soluzione sembrerebbe da preferire, tenendo
dell'Università di Lovanio, ma profondo conoscitore del diritto pub­ conto della procedura seguita, ma si deve tener presente che, nella
blico romano. Né mancano referenti internazionali di paesi in cui il prima fase di vita dell'Istituto, si erano avuti due soci effettivi
diritto romano era meno fiorente, come il già ricordato James Muir­ stranieri come Charles-Louis Appleton (1846-1935), il quale invia,
head, professore a Edinburgh, e Petros Paparrigopoulos (1817-1891), come socio (seduta del 6 aprile 1889: II, 1889, 126), una monografia
addottoratosi a Heidelberg nel 1839, ai tempi di Anton Thibaut (L. SALvETON, Le nom en droit romain et en droit français, Lyon,
(1774-1840), professore di diritto civile nell'Università di Atene (il 1887-1888, la quale non risulta mai posseduta dall'Istituto di diritto
che significava, all'epoca e fino al 1946, di diritto romano e bizanti­ romano della «Sapienza») e Gustav Pescatore (1850-1916), che
no), rettore nel 1862 di quell'Università. manda come socio libri in dono, nella seduta del 3 novembre 1888
A criteri parzialmente diversi è ispirata l'altra infornata di soci (I, 1888, 255). Per entrambi non consta, a quelle date la nomina a
onorari di cui abbiamo notizia e per cui le proposte vengono avanzate soci onorari (esclusa, anzi, positivamente dal contesto per il Pesca­
il 15 novembre 1892 (VI, 1893, 83), mentre - dopo la votazione per tore): e, a dir il vero, neppure successivamente.
corrispondenza - i risultati vengono proclamati il 20 dicembre
1892: questa volta la scelta è fatta esclusivamente nell'ambito degli Torniamo all'Istituto, prima della fusione. Il quadro che se ne
storici del diritto di nazionalità straniera (un indizio che la posizione ricava mostra alcune caratteristiche abbastanza omogenee: l'Istituto
dello Scialoja non doveva più esser rafforzata in Italia?). Prevalgono i era stato tutto centrato su Roma (praticamente non compaiono, sino
grandi nomi della cultura tedesca, che affondano le loro radici nella al momento della fusione, personalità estranee alla cerchia romana), e
«Historische Schule»: Burckhard Wilhelm Leist (1819-1906), Mo­ l'egemonia romana veniva istituzionalmente sancita nell'art. 11, 1 °
ritz Voigt (1826-1905), che è noto godesse molta più fama presso di comma, con la già discussa previsione del requisito della residenza in
noi che in patria, Ernst I. Bekker (1827-1916), Hermann Fitting Roma per i consiglieri d'amministrazione. È da pensare che lo Scialoja
(1831-1918), a cavaliere fra il diritto romano e la tradizione roma­ si proponesse - al di là di questo orizzonte - soprattutto il rapporto
nistica, e più giovane Otto Lenel (1849-1935), protagonista del con i coetanei ed ancor di più con i più giovani fra i colleghi ,
trapasso della romanistica alle forme mutate dell'inizio del secolo, legittimando la propria posizione anche mediante i collegamenti con
nonché il più grande commercialista del secolo scorso, Levin Gol­ la cultura internazionale: le generazione precedenti dei romanisti
dschmidt (1829-1897), il quale, a differenza della maggior parte dei italiani sembrano destinate ad essere tagliate fuori. Così configurato
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XLIV Mario Talamanca
I Un secolo di «Bullettino» XLV

l'Istituto poteva esser pensato per servire - ma in concreto sarebbe previste dall'art. 3, lett. a, come mezzo per raggiungere gli scopi
stato il «Bullettino » a farlo - a creare per lo Scialoja se non scientifici dell'ente, e vengono distinte iri «periodiche e straordina­
l'egemonia che effettivamente ne sarebbe risultata una forte presa rie», e l'art. 10 ne sembra disciplinare la presidenza, attribuendola al
rispetto .ai romanisti che allora si affacciavano e si poteva sperare più anziano d'età dei soci presenti. In vari altri articoli (precisamente,
s'affacciassero agli studi, e sui quali - con un salto generazionale - art. 7, 8 , 9, 11, 12, 13, 14, 15), si parla poi di un'assemblea con
direttamente egli contava. In questo quadro bisogna valutare l'aper­ funzioni amministrative in senso ampio, ma tale organo non risulta né
tura verso le materie finitime, la quale poteva essere, in qualche in sé previsto né espressamente disciplinato in modo generale (si noti
limite, condizionata anche dalla contingenza che si è descritta: da una che, fra l'altro, nello statuto manca un elenco degli organi dell'ente),
parte le concorrenti scienze dell'antichità, dall'altra il diritto positivo a parte le singole attribuzioni nelle disposizioni statutarie dianzi citate
e soprattutto, ma non solo, il diritto civile - se non dipendente - (non viene, ad es., sancita neppure la frequenza delle sedute), mentre
ancora strettamente unito alla matrice romanistica (e queste caratte­ esiste una disciplina del consiglio d'amministrazione (art. 11), che è
ristiche, come vedremo, si mantennero in certi limiti, anche dopo la sempre presieduto dal più anziano d'età fra i presenti (art. 11, 3 °
fusione, nella vita concreta dell'Istituto, al di là del più ampio quadro comma), e delle cui deliberazioni, oltre che di quelle dell'assemblea,
che si era, almeno in astratto, formato). Tale contesto può apparire il segretario perpetuo deve curare l'esecuzione (art. 12).
contraddittorio, ché queste due aperture esprimono due delle fonda­ Lasciando da parte il dualismo di «riunioni » ed «assemblee»
mentali - ed apparentemente antitetiche - tendenze che hanno, da soprattutto per i suoi silenzi tale regolamentazione è, palesemente:
sempre, percorso lo studio delle fonti giuridiche romane, e in certa predisposta a potenziare la posizione del segretario perpetuo, il quale
parte lo percorrono tuttora. La sintesi avveniva nella persona dello sarebbe potuto apparire un semplice organo esecutivo all'interno della
Scialoja: ed era, bisogna subito dirlo, nel senso di assicurare comun­ complessiva struttura, ma acquistava invece un notevole spicco a
que alla specificità del diritto romano , come esperienza storica indi­ fronte di una consiglio d'amministrazione e ad un'assemblea senza un
vidua e come fenomeno essenzialmente giuridico, la supremazia. presidente fisso (perché diretti, come si è detto, dal più anziano d'età
L'impressione che già così si ricava è quella di un'istituzione che, in fra i presenti), onde restava l'unico organo monocratico dell'ente.
concreto, funzionava come strumento della forte personalità dello Forse è un eccesso d'«interpretazione» da parte di chi scrive, ma si
Scialoja, anche se dai verbali sembra emergere, già in questo periodo, direbbe che lo Scialoja evitasse una carica «monocratica » di prestigio,
qualche tensione, su cui si avrà occasione di tornare. come quella di presidente dell'Istituto (anche nella forma di presi­
A questo punto appare opportuno esaminare la struttura istitu­ dente del consiglio d'amministrazione), carica alla quale avrebbe
zionale dell'ente come risulta dallo statuto originario, il quale - ma potuto, ad es., aspirare un notabile delle generazioni passate (al quale
si deve tener conto del rapido decadere dell'attività dell'Istituto - sarebbe stato difficile opporre un diniego): si pensi, nell'ambito
rimase sempre invariato, a meno della modifica già ricordata, richiesta romano, al Semeraro, al Filomusi-Guelfi, allo stesso Schupfer, se fosse
dal Landucci per consentire alla fusione. Esso appare fra l'altro uscito dall'atteggiamento astensionista, per non parlare - su quello
piuttosto lacunoso (ed alla mancanze avrebbe potuto provvedere il nazionale - di Filippo Serafini. Egli predisponeva per sé la figura del
regolamento di cui all'art. 13) e prevede, in effetti, una struttura di segretario perpetuo, apparentemente troppo modesta per esser appe­
vertice, calcata sulla forte personalità del fondatore, la quale struttura tita da un siffatto notabile e adatta invero ad uno studioso autorevole
culmina nella figura del segretario perpetuo, nominato secondo l'art. ma giovane, carica sulla quale, proprio nella sua qualità di promotore,
12 dall'assemblea, e che, all'apparenza, ha soltanto una funzione lo Scialoja stesso poteva legittimamente avanzare le proprie pretese.
prevalentemente esecutiva (ma la cui posizione, anche sul piano E, ad ogni buon fine, v'era la norma - che si sarebbe rivelata solo
normativo, riceve una particolare impronta dalla complessiva disci­ apparentemente transitoria - dell'art. 12, 3 ° comma, che conferma
plina statutaria dell'ente). Al livello di base, dei soci, tale disciplina la «filosofia» del tutto: «fino alla costituzione in ente morale dell'I­
sembra prevedere due realtà diverse - distinte almeno sul piano stituto, l'ufficio di segretario perpetuo sarà assunto dall'attuale pro­
terminologico - le «riunioni » e l'«assemblea ». Le prime sono fessore di diritto romano dell'Università di Roma » (art. 13, 3 °
XLVI Mario Talamanca Un secolo di « Bullettino » XLVII

comma), e cioè al di là della circonlocuzione Vittorio Scialoja. Non stessa, l'irrigidimento della normativa sociale non poteva che giocare
risulta, allo stato delle nostre conoscenze, che l'Istituto abbia mai a danno dello Scialoja. La differenza che sembra potersi leggere nello
ottenuto l'erezione in ente morale così prevista, né che abbia avviato statuto fra «riunioni» ed «assemblea» non fu mai osservata, e non si
la pratica relativa. Fino alla morte lo Scialoja rimase segretario faceva differenza fra le sedute di quest'ultima e le prime: già in uno
perpetuo in virtù della norma transitoria (mai in Italia, si usa dire, v'è di quei pochi annunci (i quali, all'inizio, apparvero fra le Notizie, che
norma più durevole di una disposizione transitoria). Se ciò discendeva sarebbero rimaste - in generale e sulle vicende dell'Istituto in
inequivocabilmente dal mancato riconoscimento dell'ente, lo Scialoja particolare - una rubrica soltanto saltuariamente curata) sull'attività
in più si vide - meglio si fece - attribuire, il 23 dicembre 1887 (I, dell'Istituto è chiara codesta commistione (I, 1888, 54); e, invero, le
1888, 63), i «pieni poteri»: «al prof. Scialoja sono conferiti interi­ informazioni date dal Sunto dei verbali sono sia di carattere scientifico
nalmente pieni poteri per l'ammissione di nuovi soci e per l'ammi­ che amministrativo, ed è particolarmente importante il verbale del 7
nistrazione». L'espressione «interinalmente» usata nel sunto del luglio 1888 (I, 1888, 169), dove il consesso riunito viene, ai fini della
verbale può apparire ambigua, ma probabilmente corrispondeva al modifica dello statuto (conseguente alla fusione con la Società pro­
«wording» della delibera. Tenendo conto del contenuto dei «pieni mossa dal Landucci), qualificato come «assemblea», ma tale decisione
poteri» così attribuiti al segretario perpetuo, l'interpretazione più è stata poi ratificata (I, 1888, 163) mediante una votazione - sembra
spontanea è che essi fossero conferiti fino all'elezione del consiglio - per corrispondenza dei soci assenti da Roma (e i soci residenti a
d'amministrazione, ma non è da escludersi che l'ambiguità fosse mi­ Roma, e non presenti alla seduta?), dei cui risultati si prende atto il
rata, per permettere allo Scialoja una più ampia libertà al proposito. 5 gennaio 1889 (II, 1889, 123). La votazione per corrispondenza, pur
Nella concreta prassi dell'Istituto, lo Scialoja andò sicuramente se del tutto giustificata in un Istituto che ormai, tendenzialmente,
oltre all'astratta potenzialità della normativa, sia prima che dopo la aveva come referente l'intero territorio nazionale, non risulta in alcun
fusione. Fra l'altro, non appare dibattuta la questione - non del tutto modo dallo statuto (poteva forse esser prevista nel progetto di rego­
irrilevante - se lo statuto funzionasse anche in relazione all'Istituto lamento, mai approvato): e lo stesso segretario perpetuo se ne rendeva
quale ente di fatto: in questo senso indicava, ovviamente, la previ­ conto, se, in una notizia (inserita in IV, 1891, 329), si precisa - in
sione della norma transitoria sull'individuazione del segretario perpe­ relazione alla seconda nomina, già vista, di soci onorari - che «la
tuo fino all'erezione in ente morale. Lo Scialoja si avvarrà fino alla votazione si farà dai presenti all'assemblea; ma, per riguardo degli
morte della norma transitoria, e soltanto Salvatore Riccobono sarà un assenti, si comunicherà loro la nota dei proposti e si terrà conto della
segretario perpetuo nominato, a norma di statuto, dal consiglio maggioranza degli assenti». L'uso del termine «assemblea» risulta,
d'amministrazione (si noti come, nel 1934, non si fece ricorso alla però, anche per riunioni dal carattere meramente scientifico, come
detta norma transitoria, ancora astrattamente in vigore, in quanto non quella del 20 novembre 1890 (IV, 1891, 332) e del 14 novembre
era seguita l'erezione in ente morale dell'Istituto). Ai «pieni poteri», 1891 (IV, 1891, 332), mentre correttamente quella del 3 febbraio
di cui si è accennato esser incerto il termine finale, non si fa mai 1934, che riordina l'organigramma dell'Istituto dopo la morte di
esplicito riferimento nella documentazione apparsa sul «Bullettino», Vittorio Scialoja, è integrata intestata come assemblea (XLII, 1934,
l'unica a nostra disposizione, ma non è escluso che, più o meno 627). Un consiglio d'amministrazione viene eletto, dopo la fusione (e
implicitamente, essi fossero la giustificazione di qualche prassi praeter su questo si tornerà), ma non risulta sostituito alla scadenza statutaria
o contra legem, se di una giustificazione si sentisse il bisogno, nella vita dei cinque anni né, salvo che in un'occasione - riunione del 6 aprile
dell'Istituto che ormai s'andava completando identificando con la 1889 (II, 1889, 128), immediatamente successiva all'elezione -
persona del segretario perpetuo. Al regolamento, od ai regolamenti, operante. Ne sarà rieletto uno nuovo soltanto dopo la morte dello
cui faceva allusione l'art. 13, si pose mano il 29 gennaio 1888 (I, Scialoja, ma la fine non ne sarà diversa.
1888, 63) e se ne approvarono alcune norme fino al 7 aprile 1888 (I,
1888, 167), ma dopo la fusione se ne perdono le tracce. Forse non La fusione avrebbe potuto, astrattamente, incidere su questo
senza qualche preordinazione, dato che, nella prospettiva della fusione quadro, ma - nonostante alcune apparenze - non lo fece. Il segno
XLVIII Mario Talamanca
Tt Un secolo di «Bullettino» XLIX

di ciò si coglie già, sostanzialmente, nell'elezione per il consiglio consiglio d'amministrazione eletto il 3 febbraio 1934 (XLII, 1934,
d'amministrazione di cui, nel verbale del 1 ° dicembre 1888 (I, 1888, 627 s.) - e di Muzio Pampaloni, professore a Siena, provenienti
312) si dà notizia dell'inizio della procedura per l'elezione, che risulta anch'essi probabilmente dalla Società di Landucci. Diversa la valuta­
formalizzata - dopo la votazione per iscritto - il 5 gennaio 1889 zione per i voti ricevuti da Nicola de Crescenzio, legato da solidi
(II, 1889, 312). L'orientazione romano-centrica dell'Istituto risulta vincoli d'amicizia alla famiglia Scialoja ed al « Foro italiano», il quale,
confermata: risultarono eletti tre professori della Sapienza, Gaetano invece, con ogni verisimiglianza di quella Società non aveva fatto
Semeraro, romanista, presente nella vita dell'Istituto sin dall'origine, parte (a prescindere dal momento dell'adesione all'Istituto, che doveva
Francesco Filomusi Guelfi, civilista e filosofo del diritto, ma d'origine essere abbastanza risalente). Mentre tutti costoro erano romanisti o
romanista, nonché Saverio Scolari (1831-1893), ordinario di diritto storici del diritto italiano, non lo era Vittorio Polacco, professore di
costituzionale (e libero docente, con effetti legali, di scienza politica diritto civile a Padova (membro, però, della Società di Landucci, e
e sua letteratura), di impostazione rigorosamente positivista, interes­ non senza interessi romanistici), né Guido Fusinato, allora professore
sato alla storia del diritto, che, professore a Pisa dal 1861 al 1888 di diritto internazionale a Torino (ma proveniente da ambiente
(quando venne chiamato alla Sapienza romana), vi aveva diretto, con romano e condirettore della « Rivista italiana p('.r le scienze giuridi-
il Serafini ed il Buonamici, il Seminario storico-giuridico, interessan­ che»).
dosi della sezione di studi medievali (ma teneva anche corsi di storia Diversa ancora la collocazione di Emanuele Gianturco (1857-
del diritto, seppur con qualche disagio, come scrive, pur in un 1907), che aveva sentito Giuseppe Polignani a Napoli, e che - allora
contesto elogiativo ed affettuoso, un suo vecchio allievo: L. LANDUCCI, libero docente in quella città (nonostante avesse vinto, e rifiutato, una
Saverio Scolari, in «Arch. dir. pubbl.», VI, 1896, 7, nt. 9 [p. 35} serie di cattedre in altri atenei) - vi sarebbe divenuto ordinario nel
dell'estratto) ed alla posizione del diritto romano nella prassi e 1891, uno dei più famosi civilisti della «Jahrhundertswende» (e
nell'insegnamento. Questi ultimi due parteciparono abbastanza atti­ protagonista di una brillante carriera politica: deputato al parlamento
vamente alla vita dell'Istituto, finché ne resta traccia, e con ogni e più volte ministro, della pubblica istruzione e di grazia e giustizia);
probabilità ne facevano già parte prima della fusione. Fuori dell'U­ si trattava, probabilmente, di uno dei non molti amici, né romani né
niversità Giuseppe Gatti, epigrafista e medievista, ed Assuero Tartu­ romanisti, che avevano seguito lo Scialoja nella sua iniziativa. Dei
fari, consigliere di cassazione e civilista. L'unico non romano era il suoi interessi storici testimonia un articolo, di una certa consistenza,
pubblicato negli Scritti C. Fadda, IV, Napoli, 1906, 1 ss.) e negli
promotore dell'ormai estinta Società Landa Landucci, professore a
«Atti dell'Accademia di scienze morali e politiche di Napoli» (al vol.
Padova: Giuseppe Brini, ordinario a Parma, e proveniente anch'egli
XXXVII. I, 1906, 187 ss.), intitolato L'influenza dell'imperatrice Teo­
dalla Società ottenne voti pari a quelli dello Scolari e del Tartufari, che
dora nella legislazione giustinianea. Va rilevato come il Gianturco ed il
risultarono preferiti per maggior anzianità, nonché di Ettore de
de Crescenzio, da Napoli, fossero gli unici esponenti della cultura
Ruggiero, anch'egli escluso per tale ragione. La « massa di manovra»
meridionale coinvolti in questo votazioni, come destinatari di voti: la
del vecchio Istituto, composta prevalentemente non di romanisti (in romanistica di questa parte d'Italia sarebbe stata sensibilizzata all'i­
senso professionale), aveva, senz'altro, funzionato, a prescindere da niziativa dello Scialoja, ormai alla rivista più che all'Istituto, soltanto
qualsiasi considerazione sul rapporto, a livello numerico, fra vecchi con Salvatore Riccobono.
soci dell'ente e nuovi membri, che vi erano confluiti dalla Società. Ma neppure fra i non eletti i romani erano pochi, e si collocavano
Una maggiore consistenza di non romani si nota fra coloro che, a al di fuori delle discipline romanistiche in senso rigoroso: vi sono,
partire dal Brini, non risultarono eletti. Si tratta di Biagio Brugi, di anzitutto, professori della Sapienza: Luigi Cantarelli, vecchio membro
Francesco Buonamici, di Giuseppe Cade, di Luigi Mariani (tutti dell'Istituto; Lorenzo Meucci, nella cui casa se ne era tenuta - come
membri della Società del Landucci), di Cesare Nani (1848-1899), abbiamo visto - la prima riunione dell'Istituto; Enrico Galluppi
giusmedievista con lontani precedenti romanistici, ordinario a Torino (1841-1914), allora ordinario di procedura civile e poi consigliere di
- maestro fra gli altri di Federico Patetta, che sarebbe risultato nel stato; Luigi Maurizi, ordinario di diritto commerciale (e rettore dal
L Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» LI

1883 al 1885), il quale alle origini era, però, stato romanista (come no», ma che allo stato delle nostre conoscenze non è ulteriormente
ricorda, nel necrologio, C. VIVANTE, in «Ann. R. Univ. Roma» , qualificabile.
1898/99, 211). E , poi Giunio Sabbatini (t 1928), che aveva comin­
ciato i suoi corsi ancora nella Sapienza pontificia (supera l'esame di In quello che, come vedremo, appare il momento di massima
diritto penale, con lode, nel 1870/71), libero docente con effetti espansione dell'Istituto (al livello del concreto funzionamento della
legali - e, quindi, professore pareggiato - in procedura civile e vita istituzionale), la gestione dello stesso sembrerebbe restare -
ordinamento giudiziario dal 1882 al 1884, che, dal 1878 presente nonostante la modifica dell'art. 11 dello statuto sulla residenza dei
nella redazione del «Foro italiano» , ne divenne nel 1882 redattore membri del consiglio - nelle mani del gruppo romano (completa­
capo e, dopo un mutamento nell'impostazione del vertice, nel 1890 mente omogeneo o meno che fosse rispetto agli intenti dello Scialoja):
direttore accanto ad Enrico Scialoja (e per un paio d'anni accanto a a parte il Landucci entrato a farvi parte, i romanisti residenti fuori di
Vittorio) sino alla morte: da notare come, sino al 1890, abbia Roma ne erano stati esclusi a favore di giuristi positivi, come il
mantenuto - nella testata della rivista - la qualifica di «professore Filomusi-Guelfi (che esclusivamente tale ormai era, nonostante la sua
pareggiato» , mentre successivamente faceva premettere al nome, con origine romanistica), lo Scolari, il Tartufari (questi ultimi due pre­
altre sigle, quella di «prof. ». Egli non è stato mai attivo sul piano del valsi, per anzianità, sul Brini), e di un epigrafista accademicamente
diritto romano, ma l'amicizia con lo Scialoja durava salda, se que­ non inquadrato, come il Gatti. Ancora una volta lo Scialoja ed il
st'ultimo dedicò una molto benevola recensione al primo volume della Landucci si sarebbero potuti fronteggiare nel consiglio d'amministra­
terza edizione (fatta in collaborazione con l'avv. Luigi Biamonti) del zione, ma la lotta - comunque impari - non vi fu, perché il
consiglio stesso non sembra, come si è detto, essersi riunito più di una
Commento alle leggi sull'espropriazione per pubblica utilità, edito a Torino
volta. L'amministrazione e la gestione, in senso ampio, dell'Istituto e
nel 1913 (recensione apparsa in «Riv. dir. pubbl.» , VI, 1914, 82
del «Bullettino» rimaneva saldamente nelle mani del segretario
ss.), in cui veniva, perfino, rivalutato quel metodo esegetico, al cui
perpetuo.
superamento tanto lo Scialoja stesso aveva contribuito. Va infine Quest'aspetto porta a considerare sotto vari aspetti - l'effet-
ricordato Camillo Re, professore alla Sapienza pontificia e membro tiva vita dell'Istituto. Nel periodo, assai breve, anteriore alla fusione
dell'Accademia di conferenze storico-giuridiche. Alcuni altri nomi (dal 14 luglio 1887 al 2 giugno 1888), di cui si è già detto, l'attività
sono di giuristi pratici come gli avvocati Enrico Scialoja ed Eugenio istituzionale dell'ente appare abbastanza intensa: abbiamo otto verbali
Trompeo, nonché il sostituto procuratore generale della Cassazione di riunioni ed assemblee (si tenga conto di quanto detto precedente­
Amilcare Lanzilli. Enrico Scialoja era il fratello maggiore di Vittorio, mente a proposito della terminologia), ivi compresa la seduta pub­
ed aveva fondato, nel 1875 , il «Foro Italiano» , di cui fu direttore, in blica inaugurale del 5 febbraio 1888, in Campidoglio. Si tratta, va
vari assetti di vertice, dal 1876 al 1926; a questo periodico il fratello subito sottolineato, del periodo in cui il susseguirsi delle riunioni è
minore e più illustre - socio fondatore anch'egli (insieme al padre più serrato, anche se non è rispettata la cadenza mensile delle
Antonio) - rimase sempre molto attaccato: collaboratore e corrispon­ adunanze scientifiche fissata dopo la concessione di due locali nella
dente dall'inizio, venne a far parte del comitato scientifico nel 1895 Biblioteca Casanatense (I, 1888, 59). Dopo la fusione, bisogna,
al posto di Nicola de Crescenzio (che, dopo essere stato dal 1877 anzitutto, constatare come, fino press'a poco al termine del 1890, le
direttore della rivista, era entrato dal 1891 in tale organo allora riunioni rimangano abbastanza frequenti, e qualche volta si riesca a
creato, in seguito ad una mutazione dell'un assetto di vertice), e dopo mantenere la cadenza mensile (si noti la serie che va dal 3 novembre
la morte di Enrico ne assunse, nel 1929, la direzione. Successiva­ 1888 al 1 ° giugno 1889: in cui v'è, addirittura, una seduta extra
mente, in una delle ultime sedute documentate (7 febbraio 1901: ordinem il 13 aprile), mentre l'interruzione è ampiamente giustificata
XIII, 1901, 94), appare, e presiede (ma non prende parte alla dall'inizio dell'estate. Una tale serie non si ripete, anche se - per
discussione), un tal comm. Teodorico Bonacci, che risulta, di quei qualche tempo - le sedute sono, da un lato, relativamente numerose,
tempi, anche fra i corrispondenti ed i collaboratori del «Foro italia- dall'altro tendono ad avvenire nella data fissata: il 20 novembre 1890,
LII Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» LIII

si annuncia, esplicitamente, che l'Istituto non potrà servirsi dei locali, netta prevalenza dei romanisti gravitanti su Roma e degli altri soci
sempre presso la Biblioteca Casanatense, per alcuni mesi, dati i lavori romani, mentre, come vedremo più avanti, un ambito molto più
di restauro (IV, 1891, 332): i mesi diventano un anno, perché la ampio si ha per la collaborazione alla rivista. Lo Scialoja è sempre
seduta successiva è del 14 novembre 1891 (IV, 1891, 333 ss.), e presente, e con lui molto spesso il Semeraro, il quale, per anzianità,
quanto colpisce è come si sia - a quanto pare, senza rimpianti - non di rado presiede e quasi sempre discute. Una volta partecipa
approfittato di questa occasione extrinsecus per sospendere le riunioni l'Alibrandi, il quale, per l'appunto, presiede la seduta del 18 aprile
(ma senza influsso sulla pubblicazione della rivista). Alla ripresa, si 1889 (II, 1889, 126). Accanto a costoro va ricordato Francesco
nota immediatamente un rallentamento: dal 12 dicembre 1891 (IV, Filomusi-Guelfi, romanista - come si è detto - d'origine, spesso
1891, 334 s.) si passa al 7 maggio 1892 (V, 1892, 46 ss.), dopo di presente e non di rado presidente (ancora in due delle ultime sedute,
che le sedute riprendono una certa regolarità, nonostante l'intervallo il 22 gennaio ed il 25 maggio 1900: XI, 1898, 350, 351) e attivo,
fra il 20 dicembre 1892 (VI, 1893, 83) ed il 1 ° aprile 1893 (VI, lo si vedrà, nella discussione. Fra i cultori di diritto positivo, si
1893, 84). È il segno che inizia la fine: dopo il 10 maggio 1893 (VI, contin,ua a notare la partecipazione alle sedute del costituzionalista
1893, 84) bisogna attendere il 12 ottobre 1894 (VII, 1894, 320). Scolari, il quale presiede due sedute di seguito, jl 2 febbraio ed il 6
Quasi un presagio per il lungo silenzio successivo (di questo notevole aprile del 1889 (Il, 1889, 124 e 125) e verrà a mancare di lì a poco:
intervallo tacciono, pur sottolineando il rarefarsi delle sedute, l'Aran­ nonché, praticamente fino alla morte, del consigliere di cassazione
gio-Ruiz e il de Francisci, nella loro nota in «BIDR», LXII, 1959, Assuero Tartufari, come presidente e partecipante alla discussione.
xrx): il 22 gennaio 1900 (Xl, 1898, 350 s.), l'Istituto si riunisce nella Dei liberi docenti che gravitavano stabilmente su Roma Teresio
nuova sede, presso il Circolo giuridico di Roma, un'istituzione voluta Trincheri abbandona ben presto. Altri non sembrano mai entrati in
dall'avvocato e uomo politico Camillo Finocchiaro-Aprile (1851- contatto con l'Istituto, né hanno mai, a differenza del Trincheri,
1916), più volte ministro di grazia e giustizia, a simiglianza di altre pubblicato sul «Bullettino»: si pensi a due uomini politici come il già
sorte soprattutto nell'Italia meridionale e volta a facilitare la diffu­ ricordato Gennaro Manna, deputato e poi collega dello Scialoja al
sione tra i pratici del diritto, e soprattutto gli avvocati, delle Senato, sottosegretario alla pubblica istruzione, libero docente di
conquiste della teoria: ai soci del Circolo si vuol mettere a disposizione istituzioni di diritto romano, e Baldassarre Squitti, libero docente
la biblioteca dell'Istituto (come si dice nella successiva seduta del 25 anch'egli di istituzioni di diritto romano dal 1898 (ma già professore
maggio 1900: XI, 1898, 351 s.). Nonostante l'augurio espresso dallo pareggiato a Napoli nel 1885), deputato e sottosegretario alle poste.
Scialoja nella seduta del gennaio 1900, nel senso di una ripresa In questo periodo, del resto, si nota ancora - sempre con le
dell'attività dell'Istituto, si avranno ancora due sole sedute, il 7 limitazioni accennate, per quanto concerne le fonti - la partecipa­
febbraio ed il 13 aprile 1901 (XIII, 1901, 94 ss., 320 s.): va rilevato zione di antichisti che non sono giuristi, la quale era stata, senz'altro,
che il sunto relativo al 7 febbraio non risulta nell'indice della rivista molto più rilevante nel periodo precedente alla fusione: Ettore de
(p. 323), e può facilmente sfuggire all'attenzione (lo stesso accade per Ruggiero partecipa ancora alla seduta del 5 gennaio 1889 (Il, 1889,
gli Appunti bibliografici di p. 96 ss.). Poi, come notavano l'Arangio­ 123), nella quale sono proclamati i risultati per l'elezione al Consiglio
Ruiz e il de Francisci, una pausa che dura quasi un trentennio, fino d'amministrazione (per il quale non era, fra l'altro, risultato eletto, a
alla riunione indetta, ma non presenziata, da Vittorio Scialoja, che si parità di voti, per la più giovane età rispetto allo Scolari ed al
terrà il 16 novembre 1928 (XXXVII, 1929, 99 ss.), cui, nella nostra Tartufati), nonché a quella del 23 novembre 1890 (IV, 1891, 332),
documentazione, segue soltanto quella del 3 febbraio 1934 (XLII, dove discute del saggio sull'hereditas ed il legato, letto da Pietro
1934, 627 s.), dopo la scomparsa del fondatore. Bonfante (e pubblicato a p. 97 ss. dello stesso numero della rivista);
Delle vicende più recenti, si dirà fra non molto, vediamo ora la in «BIDR », V, 1892, 49 ss. appare, poi, la sua ampia monografia
partecipazione alle riunioni, quale risulta dai verbali, pubblicati più L'arbitrato pubblico in relazione col privato presso i Romani: successiva­
o meno in sunto nel «Bullettino». Anche nei due anni, in cui le mente è presente, e prende la parola, il 7 febbraio 1901 (XIII, 1901,
sedute rimasero relativamente frequenti, la partecipazione mostra la 94 ss.), quando si propone il problema delle infrastrutture necessarie
LIV Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» LV

per lo studio dei papiri, il quale venne ripreso nell'ultima seduta, che, , per sue esplicite dichiarazioni allievo di Carlo Fadda e di Paolo
quella del 13 aprile 1901 (ibid. , 320 s.), alla quale presero parte, Emilio Bensa a Genova, proseguiva gli studi a Roma, prima di
sembra come ospiti, Karl Julius Beloch (1854-1929), ordinario di divenire incaricato a Siena nel 1892, e ordinario a Genova nel 1896,
storia antica (il maestro di Gaetano de Sanctis), e Nicola Festa l'unico fra i vice-segretari inedito sul «Bullettino», ma in genere
(1866-1940), ordinario di letteratura greca, al fine di estendere il scrittore assai parco e di profilo modesto. Il rapporto con lo Scialoja è,
progetto della «biblioteca speciale per i papiri» , che ne permettesse però, incerto: nella prolusione senese del 1892 (Di alcuni studi ausiliari
«lo studio e l'illustrazione», anche alla Facoltà di lettere; Luigi della storia del diritto romano, in «Studi senesi» , X, 1893, 35 ss.), lo
Cantarelli è presente, anch'egli, il 5 gennaio 1889 (Il, 1889, 123), Scialoja stesso è appena nominato fra gli studiosi sulle fonti, tra
poi il 2 marzo 1889 (II, 1889, 125); Giuseppe Gatti il 2 febbraio Ferrini e Zdekauer (p. 50), e ricordato tra i professori con cui aveva
1889 (Il, 1889, 124), il 2 marzo 1889 (II, 1889, 125), il 13 aprile avuto contatti a Roma (p. 59, nt. 46). Se mai fu buono, il rapporto
1889 (II, 1889, 127), mentre se ne constata l'assenza per malattia, doveva essersi guastato. Dubbi se lo fosse stato possono, sicuramente,
attribuendogli l'incarico di dare la restituzione del testo di un'iscri­ derivare dalla constatazione che, nella biblioteca di Vittorio Scialoja
zione funeraria da pubblicare sul «Bullettino», il 18 gennaio 1890 (confluita in quella dell'Istituto della Sapienza rorµana), i non molti
(III, 1890, 174 s.): pubblicherà, ancora, in «BIDR» , XVIII, 1906, lavori del Rossello non si trovano tutti, e taluni soltanto in bozze, e
115 ss., il breve saggio La vera data della ' lex Fufia Canina ' rivelata da senza dediche: il vice-segretario del 1890 trova poi la voglia e la forza
un'iscrizione; Luigi Correra, anch'egli epigrafista ed archeologo, il 2 di partecipare, nel 1906, agli Studi C. Fadda (con un articolo
marzo 1889 (Il , 1889, 125). Tenuto conto delle vicende, in generale, intitolato Sulla condizione giuridica di Genova di fronte al diritto pubblico
dell'Istituto, non si può dire che venisse meno, specificamente, il romano e sui residui epigrafici romani, apparso nel vol. VI, a p. 1 ss.), ma
contatto con gli altri cultori delle discipline antichistiche: si è che, non appare negli Studi V. Scialoja, neppure nella tabula gratulatoria (e
probabilmente, la rarefazione delle riunioni toglie un veicolo di non ha inviato un segno di partecipazione neppure alla cerimonia della
contatto fra questi ultimi ed i romanisti, il che si può dire anche per consegna: cfr. Ricordo delle onoranze a Vittorio Scialoja pel 25 ° anno di
i giuspositivisti, nel senso che questi ultimi non avevano più occa­ insegnamento, cit., 7).
sione per interessarsi delle questioni particolari della nostra materia Successivamente (nel gruppo dei verbali pubblicato in IV, 1891,
(non certo in quello che, si tenga conto dell'epoca in cui ci troviamo, 332 ss.), il vice-segretario è Raffaello Ricci, che sottoscrive tutti i
i romanisti perdessero così di vista i problemi del diritto positivo). successivi, fino a quello pubblicato in VII, 1894, 320 s. (e si
Fra i giovani appaiono, invece, alcuni vice-segretari dell'Istituto, manifesta particolarmente attivo durante le sedute). Il personaggio
carica sconosciuta allo statuto, e che forse poteva esser prevista nel non è facilmente afferrabile: laureato nel 1890/91, pubblica un saggio
regolamento mai approvato, ma che può anche darsi sia stata creata abbastanza voluminoso (La derelizione, in « RISG», XIII, 1892, 1892
dallo Scialoja, in quanto tale nomina rientrava nell'ambito dell'auto­ ss.), rigorosamente circoscritto al diritto romano, due brevi note nel
nomia e della discrezionalità del segretario perpetuo, più che in base «Bullettino», ed alla Biblioteca dell'Istituto della Sapienza romana
ai «pieni poteri» di cui si è detto. Essi firmano, insieme al segretario esistono altri due brevi saggi, uno romanistico, sulle interpolazioni
perpetuo stesso, i sunti dei verbali: per il primo gruppo di sunti (in «Antol. giur.» , VIII, 1894/95, 337 ss.), ed uno si direbbe di
pubblicato (I, 1888, 62 ss.) appaiono, in tale veste, Pietro Bonfante dottrina dello stato (L'ideale dello stato in Italia secondo Silvio Spaventa,
e Alfredo Ascoli; per il secondo gruppo (I, 1888, 167 ss.) a quest'ul­ in «Nuova antol.» , III S., L, 1894, 3 ss.). Negli scritti il nome di
timo si accompagna, invece, Gino Segrè, che è vice-segretario, da Scialoja press'a poco non compare: nel saggio sulla derelizione (a p.
solo, per il terzo gruppo, che consta del solo verbale della seduta del 368, nt.), si adduce il pensiero di quest'ultimo (in tradizione,
3 novembre 1888 (I, 1888, 259 s.), mentre per il quarto gruppo di sembra, orale), designandolo come «il prof. ScIALOJA» (il che potrebbe
verbali (II, 1889, 123 ss.) e per il quinto (II, 1889, 272) è accom­ far pensare ad una certa presa di distanze), gli estratti esistenti nella
pagnato da Cesare Bertolini. Per il sesto gruppo di verbali (III, 1890, Biblioteca dell'attuale Istituto universitario, e provenienti dal fondo
174 ss.), v'è un solo segretario Adolfo Filippo Rossello (1860-1930), personale di Scialoja, non hanno dediche. Fino a prova in contrario,
LVI Mario Talamanca Un secolo di « Bullettino » LVII

sembrerebbe che il Ricci non rientrasse nel novero degli allievi del di Raffaello Ricci si è già detto. Si tratta, comunque, di persone che
segretario perpetuo, né un sufficiente elemento in contrario è rappre­ - al momento della partecipazione alla vita dell'Istituto - gravita­
sentato dalla circostanza che figuri come «aderente ai suoi studi» , con vano stabilmente su Roma, e che, con qualche frequenza, appaiono
una qualifica di «professore» (Studi V. Scialoja, I, Milano, 1905, vr), registrati interloquire nelle sedute dell'Istituto.
alla quale non corrisponde alcuna posizione ufficiale nella Sapienza Senza ricoprire questa cariche ufficiali, compaiono, poi, taluni
romana (né, per quanto mi risulta, altrove). Fra i romanisti allora in nomi di giovani o di persone che dovrebbero essere tali, che sarebbero
attività a Roma sembra più probabile il Semeraro che lo Schupfer, divenuti illustri o rimasti sconosciuti nella materia. Alla seduta del 10
quale possibile maestro: il che potrebbe sembrare confermato dalla maggio 1890 (III, 1890, 178) prende parte «il dott. Pacchioni», che
discussione, attestata nel verbale del 7 maggio 1892 (V, 1892, 47), abbiamo già visto membro della Società del Landucci, ma che si
su un progetto di lavoro, esposto personalmente dal Ricci, intorno riconosceva discepolo dello Scialoja, nonché un prof. Moscatelli, che
alle leges damnatae, in cui è il definitiva il Semeraro ad apparire il più va identificato con Alfredo Moscatelli, libero docente di Istituzioni di
incoraggiante verso il giovane neofita. E, se si vuole un'ulteriore diritto- romano a Bologna nel 1888. A quella del 25 maggio 1900
conferma, il Ricci non compare nell'attività del «Foro italiano» , nella (XI, 1898, 352: nel verbale si sottolinea come sia in corso di stampa
quale - anche se non loro soltanto - sono generalmente coinvolti gli il suo Vocabolario delle costituzioni latine di Giustiniano, che occuperà
allievi e gli amici dello Scialoja. tutto il vol. XII) è, invece, presente Carlo Longo (1869-19382.L
Dopo il lungo silenzio che segue all'ultimo verbale firmato dal studioso dalla forte connotazione dogmatica e profondo civilista (ma
Ricci, è Roberto de Ruggiero, figlio di Ettore, ad essere il vice­ non alieno dalla critica interpolazionistica), che, alliey:Q dello Scialoj.a
segretario (XI, 1898, 350 ss.: i verbali sono, però, del 1900), e lo sarà a Roma (dove si era laureato nel 1893), nel 1902 vi avn�bbep�eso -
ancora fino all'ultima seduta prima del 1928, quella del 13 aprile -dopo una abbastanza lunga permanenza nei ruoli della burocrazia -:
1901 (XIII, 1901, 320 s.). Il verbale del 16 novembre 1928 la libera docenza in diritto romano e storia del diritto romano, p_er poi
(XXXVII, 1929, 99 s.) è sottoscritto soltanto dal vice-segretario d1venire nel 1902/1903, professore a Messina, donde sarebbe-passato
dott. Giuseppe Messina (Scialoja, infatti, non era presente), il quale l'anno successivo a Pavia (e qui avrebbe fondato nel 1909, cori 'Alfredo
viene - in quella seduta - cooptato come socio e nominato Ascoli Pietro Bontante e Eliseo Antonio Porro, libero docente di
vice-segretario, con Valentino Capocci (il quale, seppur presente alla diritto' civile dal 1887 , la gloriosa «Rivista di diritto civile»), �eJ
seduta, , non firma, però, il verbale, a stare a quanto risulta dal cçmcludere la sua carriera all'Università di Milano, alla quale venne
«Bullettino»), ed è personaggio di cui si sono perse le tracce. chiamato dalla fondazione. La messe è, indubbiamente, scarsa, ma
Valentino Capocci (1901-1969), invece, dopo un promettente avvio bìiogna tener conto delle particolarità della verbalizzazione, nonché
nella carriera romanistica, quale allievo di Pietro Bonfante e di della rarefazione dei verbali, cui penso debba - in via di massima -
Vittorio Scialoja, ma particolarmente incline alla storia dei testi, corrispondere una rarità nelle sedute. Che queste fossero più fre­
aveva già allora praticamente abbandonato la carriera accademica per quenti, sembrerebbe potersi desumere da quanto ricordava Vincenzo
entrare come «scriptor» alla Biblioteca Vaticana, non trascurando Arangio-Ruiz (sempre in «Egypt. contemp. », XXIV, 1934, 340) di
mai però, gli originari studi di diritto romano, anche nella gravissima un «Institut de droit romain», dove «les romanistes italiens, quel­
infermità che lo accompagnò negli ultimi vent'anni della vita. Quello ques fois mème des étrangers de passage, (se) réunissaient pour des
dell'ultima seduta del 3 febbraio 1934 (XLII, 1934, 627 s.) è l'unico discussions fécondes, dont un Bulletin publiait les résultats». Que­
ad essere firmato dal solo segretario perpetuo, che è Salvatore Ricco­ st'ultimo dato svela la natura epidittica della notizia e ne inficia, però,
bono. irrimediabilmente il valore storico, ché, lo sappiamo, nel «Bulletti­
I più di questi vice-segretari sono studiosi di estrazione non no» solo di rado compaiono codesti «résultats». La realtà di cui più
romana che convenivano su Roma, allo scuola dello Scialoja: così direttamente constava all'Arangio era quella - descritta a p. 337 -
l'Ascoli, il Segrè, il Bettolini ed il Rossello: erano, invece, allievi delle «aimables causeries» a cui il maestro convitava «ses élèves », e
diretti del maestro romano Pietro Bonfante e Roberto de Ruggiero: e che nulla aveva a che fare con l'Istituto. Né Arangio è, del resto, il
LVIII Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» LIX

solo ad amplificare la portata delll'Istituto nel ricordo: commemo­ neppure preso parte all'unica seduta del consiglio d'amministrazione,
rando Roberto de Ruggiero (in «AG», CXVI, 1936, 4), Filippo di cui si ha traccia (alla quale era assente anche il Tartufari).
Vassalli vede un Istituto, «in cui intorno allo Scialoja si raccolsero per Nell'ottobre del 1894, si era verso la fine dell'attività dell'Isti­
qualche decennio tutte le forze vive degli studi del diritto romano», tuto, quale risulta dai verbali pubblicati nella rivista: ma, anche
ma lo scambio con il «Bullettino» è evidente, anche dal contesto. precedentemente, la partecipazione era stata scarsa (si deve, però,
Accanto ai vice-segretari, come altra carica non statutaria, va tener conto che negli altri verbali si dava in genere soltanto l'indica­
ricordata quella del tesoriere: nella seduta del 5 gennaio 1889 (II, zione di coloro che partecipavano alla discussione, ma non dei
1889, 123), contemporaneamente alla comunicazione dei risultati presenti, ciò che era invece avvenuto per il 13 ottobre 1894). Filippo
delle elezioni per il consiglio d'amministrazione, ad essa viene nomi­ ed Enrico Serafini (rispettivamente professori a Pisa ed a Macerata)
nato dall'assemblea, su proposta dello Scialoja, il dott. Carlo Segrè, sono presenti il 4 maggio 1889 (II, 1889, 128) e discutono un lavoro
Della carica non si ha più notizie: un qualcosa di connesso si ha dello Scialoja, che ribadisce le proprie idee. Il 18 gennaio 1890 (III,
soltanto nella notizia, contenuta nel verbale della seduta del 3 1890, 174 s . ), presiedeva Carlo Manenti (1860-1929), che - allievo
febbraio 1934 (XLII, 1934, 528), che mostra la N . D. Pia Bonfante di Scialoja a Siena - lo aveva seguito a Roma e che, libero docente
dare il resoconto, ma come semplice privata si direbbe, della gestione a Napoli di diritto ecclesiastico, era già professore di istituzioni di
del «Bullettino». Di Carlo Segrè - un fratello, od un altro parente, diritto romano a Macerata, per concludere la sua carriera - passando
di. Gino Segrè, allievo allo Scialoj�_ n1-r.issimo? - dopo una recensione per Messina e Genova - a Siena, dove giunse nel 1906 come
)
apparsa nel 1888 si pubblica lin l��oi�· La deditio e i dediticii Aeliani professore di diritto civile. All'infuori del segretario si parla, nel
(III, 1890, 19 ss.), discusso nella riunione dell'8 marzo 1890 (III, verbale, genericamente di presenti, che dovevano esser tutti molto
1890, 176), che viene attribuito, per palese svista (il nome, alla fine giovani se la presidenza del trentenne Manenti era stata assunta ai
del testo, è scritto per intero!), al più famoso Gino in L. CAEs - R. sensi dell'art. 10, nella qualità di socio più anziano presente. È
HENRION, Co/lectio bibliographica operum ad ius Romanum pertinentium, I difficile, poi, considerare una partecipazione extrinsecus quella di
S . , I, Bruxelles, 1949, 281: egli si dedica, però, successivamente alla Pietro Bonfante, allora ordinario a Messina, presente - lo si è già
storia della letteratura italiana, di cui diventa libero docente nel ricordato - alla seduta del 20 novembre 1890 (IV, 1891, 332), ché,
1899, ma è ancora presente alle onoranze del 18 dicembre 1904, anzi, quanto può colpire è che la sua partecipazione sia stata così
nell'Università di Roma (Ricordo delle onoranze a Vittorio Scialoja pel suo ridotta. Ma allora i professori, anche se provenienti da Roma,
25 ° anno d'insegnamento, cit . , 7). risiedevano prevalentemente in sede!
Nonostante la fusione con la Società di Landucci, che aveva dato Fra gli stranieri v'è una sola partecipazione: quella di Otto
una dimensione nazionale all'Istituto, la presenza di professori non Gradenwitz (1860-1935), ancora libero docente a Berlino (e di cui
romani è piuttosto scarsa (anche tenendo conto della minore mobilità non si dice esser socio), che fu presente il 13 aprile 1889 (II, 1889,
dell'epoca). Lo stesso Landucci figura, nei verbali una volta soltanto, 126), parlando - sotto la presidenza dell'Alibrandi (la cui parteci­
nella seduta del 13 ottobre 1894 (VII, 1894, 320), alla quale - non pazione non sembra essere al riguardo casuale) - di interpolazioni
si riesce a capire se per uno specifico motivo - avevano partecipato in (l'Interpolationen in den Pandekten era uscito a Berlino due anni prima):
prevalenza soci non romani (di quelli romani era presente soltanto lo lo stesso Gradenwitz partecipò, quarant'anni dopo, all'inaugurazione
Scialoja ed il vice-segretario Raffaele Ricci, già ricordato): oltre al dei corsi della scuola per l'anno ace. 1928/1929, 1'8 aprile 1929
pandettista di Padova, erano presenti il Buonamici (che presiedeva), (XXXVII, 1929, 104), ma ancora una volta si tace della sua qualità
professore a Pisa, ed il Brugi, professore anch'egli a Padova, il Ferrini, di socio.
all'inizio del suo magistero pavese ed il Riccobono, che, con quello
camerte, cominciava - non giovanissimo - un insegnamento durato Un altro modo in cui i soci potevano manifestare, anche se da
per quasi sessant'anni, e concluso alla Pontificia Università del Late­ lontano, la loro presenza nell'Istituto era l'invio in omaggio di
rano: e, del resto, si è già ricordato come lo stesso Landucci non avesse pubblicazioni, le quali dovevano confluire in quella biblioteca che
LX Mario Talamanca
r
fr
Un secolo di « Bullettino » LXI

sarebbe dovuta essere uno degli strumenti essenziali per il funziona­ Anche in questo caso si nota, progressivamente, una diminuzione
mento dell'ente ai sensi dell'art. 3, lett. b, dello statuto. Disgrazia­ nella rilevanza del fenomeno (e qui si pone il solito problema del
tamente, soprattutto a mano a mano che si va innanzi nel tempo, rapporto fra verbalizzazioni e riunioni), ma fin dall'inizio si hanno soci
risulta solo isolatamente dai verbali la qualità di socio del donante: ad che non sembrano curarsi dell'invio dei lavori all'Istituto, fra cui i
es. , nel verbale del 3 novembre 1888 (I, 1888, 259 s. ), tutti gli invii migliori allievi di Vittorio Scialoja e il segretario perpetuo in persona.
sono da parte di soci, mentre successivamente, di regola, si mescolano Di soci altrimenti non attestati, se ne recuperano - già per la fine del
nomi di studiosi che risultano come soci e di altri per cui tale qualità 1888 - due soltanto: Antonio Zocco Rosa, che sarebbe divenuto
non consta. Certamente non vale l'equazione «donante=socio», ordinario di storia del diritto romano nel 1895, e Giuseppe Vadalà
allorché la qualità non risulti esplicitamente aliunde, anche quando si Papale, che sarebbe divenuto nel 1894 ordinario di filosofia del
mescolano chiaramente - senza qualificazioni - nomi di studiosi diritto, entrambi gravitanti su Catania, e quindi in quell'Italia
che si sanno soci con altri, per cui ciò non risulta; e d'altro canto si è meridionale che, sino a quel momento, poteva sembrare abbastanza
davvero sicuri che i mittenti specificassero sempre se l'invio fosse fatto assente -(ma resta il dubbio del rapporto dei due con la Società del
a Scialoja come persona o come segretario perpetuo dell'Istituto? Landucci): ai quali va aggiunto Ludovico Zdekauer (1855-1924), di
Tenendo conto di queste avvertenze, si può tentare un quadro nascita suddito austriaco, perché originario di Praga (ma naturalizzato
riassuntivo dei doni di coloro che risultano soci: inviano libri ed altre italiano nel 1893), giusmedievista, la qualifica del quale risulta dal
pubblicazioni i soci onorari Cagnat (3 novembre 1888: I, 259), verbale del 18 gennaio 1890 (III, 1890, 175), in occasione dell'ap­
Hofmann (3 novembre 1888: I, 259), Dareste (8 marzo 1890: III, provazione di un suo lavoro per la pubblicazione sul «Bullettino»; e
175) Muirhead (2 febbraio 1889: II, 124), ed i soci effettivi: Ch. forse l'avv. Antonio Rinaldi (1840-1898), anch'egli meridionale,
Appleton (2 marzo 1889: II, 124; 6 aprile 1889: II, 126; 7 dicembre civilista, ecclesiasticista e storico del periodo intermedio, senza qua­
1889: II, 1889, 318), Ascoli (3 novembre 1888: I, 260; 6 aprile lificazione accademica, del quale non si saprebbe, altrimenti, spiegare
1889: II, 125), Barnabei (3 novembre 1888: I, 259), Bertolini (2 il necrologio apparso anonimo sulla rivista (XI, 1898, 230 ss. ), in un
marzo 1889: II, 124; 18 gennaio . 1890: III, 174), Bonfante (3 periodo in cui siffatte commemorazioni erano generalmente firmate.
novembre 1888: I, 260; 14 novembre 1891: IV, 332), Brini (3 Nei limiti ricavati dalla lettura dei verbali, la biblioteca dell'Istituto
novembre 1888: I, 259; 18 gennaio 1890: III, 174; 12 aprile 1890: non parrebbe particolarmente fornita, ma l'illazione sarebbe, cred'io,
III, 177), Carusi (18 gennaio 1890: III, 1890, ma risulterà socio troppo facile. Sicuramente i libri pervenivano anche in quei periodi in
soltanto nel 1928), Cogliolo (3 novembre 1888: I, 260), Correra (3 cui non si tenevano (o non si verbalizzavano) sedute: e non è neppur
novembre 1888: I, 260), Manenti (4 maggio 1.889: II, 128: la detto che la registrazione delle accessioni fosse senza lacune, anche
qualifica di socio è attestata, positivamente, per un momento succes­ quando le riunioni si susseguivano con una certa regolarità.
sivo; 18 gennaio 1890: III, 174), Costa (18 gennaio 1890: III, 174; V'è, poi, il problema della sorte di questa Biblioteca, di cui
14 giugno 1890: III, 178; 14 novembre 1891: IV, 333; 22 gennaio attualmente non consta, dopo che l'Istituto venne a cessare definiti­
1900: XI, 1898, 351, ma risulta socio solo in quest'ultima occasio­ vamente. Arangio-Ruiz e de Francisci avanzavano l'ipotesi (LXII,
ne); Patetta (14 novembre 1891: IV, 333, ma risulterà socio soltanto 1959, XIX) che fosse confluita in quella personale di Scialoja (a sua
nel 1934), Perozzi (3 novembre 1888: I, 260; 18 gennaio 1890: III, volta pervenuta, per lascito testamentario di quest'ultimo, all'Uni­
174), Pescatore (3 novembre 1888: I, 259; 1 ° dicembre 1888: I, 312; versità «La Sapienza» di Roma, dove ha formato l'importantissimo
18 gennaio 1890: III, 174), Rossello (14 giugno 1890: III, 179), nucleo originario dell'imponente fondo librario dell'Istituto di diritto
Gino Segrè (3 novembre 1888: I, 260), Enrico Serafini (3 novembre romano e dei diritti dell'antico Oriente mediterraneo di quest'ultimo
1888: I, 260), Tartufari (1 ° giugno 1889: II, 272), Trincheri (13 ateneo). La congettura appare non troppo fondata: qualche sondaggio
aprile 1889: II, 126, Vadalà Papale (3 novembre 1888: I, 260; 18 fatto ha mostrato che mancano, nell'attuale Biblioteca dell'Istituto
gennaio 1890: III, 174), Zocco-Rosa (3 novembre 1888: I, 260; 18 della «Sapienza», pubblicazioni che erano state inviate in omaggio
gennaio 1890: III, 174; 14 novembre 1891: IV, 332). all'Istituto di Vittorio Scialoja. Un caso importante è quello della
LXII Mario Talamanca Un secolo di « Bullettino » LXIII

collezione della rivista «Studi e documenti di storia e di diritto», quindi modi specifici di attuare tale scopo: «a) agevolare le relazioni
pubblicata a cura dell'Accademia di conferenze storico-giuridiche, di scientifiche fra i cultori del diritto romano privato e pubblico,
cui i primi numeri furono presentati nella seduta del 2 marzo 1889 compresa in questo l'economia pubblica romana; b) mettere a dispo­
(II, 1889, 125: e lo scambio continuò negli anni successivi, per i quali sizione dei cultori di questi studi i mezzi scientifici conformi all'in­
anche l'Accademia riceveva regolarmente e registrava, nella sua rivi­ dole dell'Istituto; e) promuovere e compiere lavori collettivi di diritto
sta, l'invio del «Bullettino»), e che attualmente non si trova presso la romano» (e si noti la «modernità» dell'«economia pubblica roma­
biblioteca dell'attuale Istituto della «Sapienza» (che ne possiede una na», accanto all'accentuazione dell'importanza del diritto pubblico).
copia acquistata negli anni '50); e - per rimanere nell'ambito delle E va ulteriormente ricordato come, nell'art. 3 che fissa «i mezzi pel
riviste - dell'annata 1891-92 dell' «Annuario dell'Istituto di storia conseguimento degli scopi», si preveda - oltre a riunioni variamente
del diritto romano» di Catania (V, 1892, 46), che non risulta articolate fra i soci (lett . a), alla «formazione di una biblioteca di
posseduto né per questa né per altre annate . Si veda poi il caso delle diritto romano privato e pubblico» (lett. b), all'«aiuto speciale» per
tesi inviate in dono da Charles Appleton, secondo quanto si dice nel gli autori delle opere collettive previste (lett. e) - «pubblicazioni e
verbale 7 dicembre 1889 (II, 1889, 318), tutte mai pervenute all'Isti­ sussidi di qualunque altro genere, nella misura del patrimonio, del
tuto di diritto romano della Sapienza (come, del resto, già ricordata quale l'Istituto potrà disporre» (lett . d).
e pure inviata dall'Appleton, la monografia del Salveton sul nome): Le «riunioni» scientifiche, a prescindere dal loro rapporto strut­
l'apparente eccezione di K. OuMÉ, De la transaction en droit romain et turale e funzionale con le «assemblee», rappresentavano in effetti il
dans l'ancien droit français, Paris, 1889, conferma la regola ché solo momento fortemente consociativo: ed in un'epoca che ne soffre la
l'esemplare è stato acquistato, anch'esso, nel corso degli anni '50. I sovrabbondanza, può ora colpire la mancata previsione di convegni e
casi in cui libri donati si trovino all'Istituto attuale, con provenienza congressi, nonché l'assenza di qualsiasi accenno a cicli di conferenze
dalla Biblioteca Vittorio Scialoja (come V . RrvALTA, Atticarum et volte all'esterno, come quelli che ancora attualmente connotano
Romanarum legum collatio, Ravenna, 1900, presentato dallo stesso l'attività dell'Institut de droit romain di Parigi. Tali riunioni, però,
Scialoja nella seduta del 25 maggio 1900: XI, 1898, 352), non sono difficilmente potevano coinvolgere tutti gli aderenti disseminati,
probanti, perché - a parte la possibilità di acquisti da parte dello soprattutto dopo la fusione, per l'intera Italia (lasciando da parte i soci
scienziato - era sempre possibile che gli autori mandassero due onorari residenti all'estero). Né, lo si è visto, li coinvolsero: e questo
copie, l'una personale e l'altra destinata all'Istituto. A mio avviso, è aspetto, che probabilmente non era sfuggito allo Scialoja nella sua
più probabile che i libri pervenuti alla Biblioteca dell'Istituto di progettazione, contribuiva all'egemonia del segretario perpetuo, con­
Vittorio Scialoja (in numero, ovviamente, maggiore di quanto non frontato da vecchi notabili, in sostanza non ostili, come il Semeraro ed
risulti dai pochi verbali di cui resta notizia) si siano confusi, nel il Filomusi-Guelfi, gli unici possibili frequentatori di un certo livello
momento in cui tale Istituto veniva a trovarsi, spazialmente, in che si trovavano a Roma (soprattutto dopo la morte dell'Alibrandi,
simbiosi con la Scuola di perfezionamento in diritto romano e diritti con cui il rapporto dello Scialoja stesso era ottimo). Né, d'altro lato,
dell'Oriente mediterraneo con quelli della biblioteca della Facoltà potevano fargli ombra personaggi di spicco, come Ettore de Rug­
giuridica, e quindi acquisiti alla Biblioteca centrale universitaria . giero, che, a stretto rigore, erano, però, estranei al punto d'impatto
essenziale nella materia, che si trovava - allora, come ora - nella
Ma che si faceva in queste riunioni, sia quando, nei primi anni Facoltà di giurisprudenza . Fra giuristi positivi e storici non stretta­
dell'Istituto, esse erano regolari o comunque più frequenti, sia quando mente giuristi, lo Scialoja, in tutti i campi versato e romanista
divennero soltanto saltuarie (od almeno è per noi saltuaria la docu­ d'elezione, era destinato senz'altro alla supremazia .
mentazione)? È forse opportuno ripercorrere, al proposito, gli scopi e L'impressione che si ricava dalla lettura dei verbali del 1889 e del
gli strumenti statutariamente determinati. Dopo che l'art. 1 aveva 1890 (gli unici anni in cui le riunioni si sono svolte con maggiore o
fissato nell' «incremento degli studi di diritto romano» lo scopo in minore regolarità) è di una partecipazione abbastanza attiva alle
generale dell'Istituto, l'art . 2 individua come propositi dello stesso, e discussioni, anche attraverso il tono scarno delle verbalizzazioni
LXIV Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» LXV

(meglio del loro « sunto »). Scialoja è sempre al centro del dibattito, discutono anche le recensioni, ma si tratta di un fenomeno abbastanza
in cui, insieme a Filomusi Guelfi, è proprio Gaetano Semeraro, che raro) rappresenta, un po', il «clou » scientifico delle riunioni dell'I­
spesso presiede (anche l'ultima seduta del 13 aprile 1901: XIII, 1901, stituto, anche se non sempre risulta - dal sunto - che la discussione
320), ad instaurare - sul piano scientifico - una dialettica nei sui lavori presentati stessa fosse finalizzata a tale scopo (ma, proba­
confronti del segretario perpetuo, il quale però, su tale piano, tiene - bilmente, ciò era dato per sottinteso), ed ancora più raramente che si
a quanto sembra - le distanze, non senza che la verbalizzazione fosse avuta una specifica decisione sull'inserzione del contributo nella
mostri qualche punta di sufficienza nei confronti di questi interlocu­ rivista. E si noti come dai relativi verbali emerga abbastanza presto,
tori. Qualcosa di più forse si può leggere nella secca frase: « il prof. l'inizio di una vicenda che è comune a molte riviste scientifiche, e che
Scialoja risponde sostenendo le sue idee » , con cui, il 4 maggio 1889 - in misura assai grave - affligge ancor oggi il « Bullettino » , il
(II, 1889, 128), viene verbalizzata la replica alle osservazioni di ritardo dell'uscita del volume sulla data stampata sullo stesso: il 13
Filippo ed Enrico Serafini; può esser un eccesso di dietrologia dello gennaio 1890 (III, 1890, 175) è presentata una memoria del socio
scrivente, ma sembrerebbe che la stessa secchezza non si manifesti nei Ludovico Zdekauer, di cui si annuncia la futura pubblicazione, ma
confronti di altri - meno lontani (e meno pericolosi?) - parteci­ essa risulta già apparsa in «BIDR», II, 1889, 273 ss. (per il qual
panti. volume sorge, quindi, il sospetto che sia apparso in epoca posteriore
Nel primo periodo di esistenza dell'Istituto, soprattutto dopo la alla data « ufficiale»).
fine della fase costituente (ivi compresa la fusione con la Società del La prima volta che si procede, ed esplicitamente, ad una tale
Landucci), periodo che è assai breve (ma ricco di documentazione), discussione è nella seduta del 3 marzo 1888 (I, 1888, 64), quando si
l'attività principale, così come risulta dai verbali delle riunioni presentano - tutti insieme - i lavori da inserire nel fase. 1 della
sembra consistere nella discussione dei lavori da pubblicare sull� prima annata (il che non sarebbe più accaduto). Questo non significa
rivista, e nella presentazione - senza dubbio abbastanza rapida - dei che tutti i lavori pubblicati sul « Bullettino » anche negli anni in cui
libri che gli autori od un socio diverso dall'autore offrivano in dono le riunioni si svolgevano con più frequenza risultino passare per questa
alla biblioteca dell'Istituto. È proprio sui lavori presentati per la trafila, anche se vi sono dei tratti che spingerebbero a pensare che ciò
pubblicazione nel « Bullettino » che, a quanto risulta dai verbali, si accadesse, come il rinvio ad altra seduta della discussione, che viene
accendevano, sul piano scientifico, le discussioni più vivaci, alle quali, così ad assumere una più sostanziale rilevanza (v . , però isolatamente,
come si è già accennato, partecipavano assai spesso il Semeraro ed il il verbale del 12 dicembre 1891: IV, 1891, 335), ed ancor più quanto
Filomusi-Guelfi, ma nelle quali dominava sostanzialmente Vittorio accade nella riunione del 20 novembre 1891 (V, 1891, 334), la quale
Scialoja, che di consueto chiudeva il dibattito, ribadendo - di contro segue al primo lungo periodo d'interruzione, allorché lo Scialoja
alle obiezioni - il proprio punto di vista: se ciò traspare nettamente portò, si può dire, a ratifica l'ordine di stampare dato, «durante il
anche dai « sunti » , la concisione e lo stile circospetto di questi ultimi lungo intervallo delle sedute » , per H . FITTING, Le scuole di diritto in
non lascia trasparire quali fossero i toni delle discussioni stesse, in cui Francia durante l'Xl secolo, in « BIDR » , IV, 1891, 165 ss. (tradotto
il giovane segretario perpetuo si trovava normalmente confrontato da dallo Zdekauer). E d'altronde, anche per ragioni anche di stile, lo
personaggi che, soprattutto nei primi due o tre anni di vita dell'Isti­ stesso Scialoja presentava alla discussione le sue memorie (su cui, non
tuto, erano - lo si è visto - in una posizione accademica superiore di rado, facevano osservazioni critiche i due colleghi più anziani della
a quella dello Scialoja: ma è segno del modo in cui il giovane « Sapienza » , Semeraro e Filomusi-Guelfi). In un solo caso la discus­
segretario perpetuo seppe imporsi anche sul piano politico e sociale il sione ha portato ad un esito negativo: nella seduta del 7 dicembre
fatto che egli arrivasse al laticlavio nel 1904, sei anni avanti al 1889, quando di due lavori inviati dal socio Antonio Zocco-Rosa, si
Filomusi-Guelfi, tappa codesta che avrebbe rappresentato l'avvio per accetta soltanto il primo, una recensione al vol. III della traduzione
le responsabilità ministeriali assunte, per la prima volta, nel 1909, ed francese del Marquardt, mentre si rifiuta la pubblicazione del secondo
al quale il più anziano collega sarebbe sempre rimasto estraneo. (Notizie epigrafiche e paleografiche su due nuove iscrizioni osche di Capua, e
La discussione sui lavori da pubblicare (talora si presentano e si sul nuovo papiro d'Iperide), ritenendone l'argomento non strettamente
LXVI Mario Talamanca Vn secolo di «Bullettino» LXVII

relativo alla materia dell'Istituto: il rifiuto stesso può forse spiegare extra-scientifici - Vittorio Scialoja mettesse in cantiere più ricerche
come, dopo la recensione suddetta, lo Zocco-Rosa non appaia più tra di quante ne potesse effettivamente svolgere?
i collaboratori del «Bullettino » . Quando il mancato collegamento con la rivista non dipendesse dal
Talora si discute, invece, di lavori che non risultano mai pubbli­ semplice abbandono di un progetto già formulato al proposito, si
cati: nella seduta del 7 aprile 1888 (I, 1888, 167 s . ) è riportata una tratta, indubbiamente, di un'attività particolarmente qualificata per
discussione su «una . . . memoria sull'adlectio come modo di acquisto differenziare l'Istituto, e le sue riunioni, dalla funzione di semplice
della cittadinanza municipale», presentata da Ettore de Ruggiero, preparazione del «Bullettino », ma la quale, forse per questo, appare
che non risulta pubblicata nel «Bullettino », ma probabilmente è marginale. Ed ancor più marginale resta la discussione sui libri
stata a base dell'ampia voce Allectio, pubblicata in «DE», I, Roma, ricevuti o su notizie di carattere scientifico anch'essa qualificante per
1895, 411 ss. (in effetti, nel «sunto » non si dice che la discussione un indipendente profilo dell'Istituto stesso, che anch'essa talora af­
sia stata finalizzata allo scopo dell'inserzione nella rivista, ma il fiora, in genere relatore lo Scialoja: così, nella seduta del 4 maggio
termine memoria mal si addice alla presentazione del «paper » in 1889 (II, 1889, 127 s. ), a proposito della riedizione degli Antiqua
quanto destinato a divenire una voce d'enciclopedia). Lo stesso accade summaria Codicis Theodosiani ex Codice Vaticano, fatta da Carlo Manenti
per le «ricerche » di Luigi Correra sulla condizione dei legionari nei (Senis, 1889).
castra ed argomenti connessi, su cui l'autore sollecita le osservazioni
dei colleghi (ed intervengono Scialoja, Gatti e Cantarelli), ma si tratta A chi guarda a ritroso l'attività dell'Istituto, con gli occhi del
di una ricerca mai apparsa sul «Bullettino » (e, per quanto mi risulta, giurista propenso a por;i i problemi istituzionali, viene spontanea una
anche altrove). Anche lo Scialoja svolge, 1'8 marzo 1890, una «dis­ domanda, nel momento in cui constata il rarefarsi, ed ancor più
sertazione» sulla regola nemo pro parte testatus, pro parte intestatus decedere l'assenza di riunioni che s'identificavano o di fatto fungevano da
potest, di cui viene pubblicato - «pour cause »? - un sunto abba­ assemblee. Un problema, anzitutto: come avveniva la cooptazione dei
stanza ampio (III, 1890, 176 s . ), ma che - nonostante l'affermazione nuovi soci, per i quali era prevista la deliberazione di quel consiglio
di p. 177 («questa sarà in seguito pubblicata nel Bullettino »), forse d'amministrazione che abbiamo visto funzionare una volta soltanto, e
un poco generica - non ha mai visto la luce, né nella rivista né che, a termini di statuto, doveva decadere nel 1894? Una procedura
altrove: non credo si possa pensare ad un'efficacia deterrente delle alternativa è stata seguita, al riguardo, verso la fine del periodo in cui
«varie obiezioni » del Semeraro e del Filomusi-Guelfi, bensì ad una si hanno, regolarmente, riunioni e verbalizzazioni. Il 16 maggio
modificazione degli interessi dello studioso, che si andava, forse, a 1893, nell'assemblea si verbalizza - senza indicarne i nomi - la
congiungere con l'inizio di una limitazione del tempo disponibile. Ed richiesta d'iscrizione di nuovi soci effettivi e della relativa accettazione
ancora, pur se così non chiamata, una «dissertazione » viene svolta - (VI, 1893, 84), e lo stesso accade il 16 novembre 1928 (XXXVII,
ma molto più succintamente riferita (III, 1890, 177 s . ) - il 12 aprile 1929, 99 s . ), per i nuovi soci Gaetano Scherillo, Giuseppe Grosso,
1890 sull'origine delle servitù, che dà luogo anch'essa ad un' «animata Valentino Capocci, e Mario Lauria, nonché - a differenza degli altri,
discussione» sempre col Filomusi-Guelfi ed il Semeraro, ed anche scomparso dalla circolazione - Giuseppe Messina. Tali nuovi soci, ad
questa volta non segue la pubblicazione del saggio (a dire il vero, eccezione del Lauria, già partecipano fin dall'inizio alla seduta:
neppure annunciata): e la discussione riprende la seduta successiva, 10 l'ascizione avviene alla fine, però, della seduta stessa, in una con la
maggio 1890 (III, 1890, 178), con alcune precisazioni di diritto nomina di Giuseppe Messina e Valentino Capocci a vice-segretari . Da
greco, che indubbiamente si ricollegano all'articolo del segretario un punto di vista formalistico, ciò crea delle difficoltà, soprattutto in
L'orazione di Demostene contro Callicle, tradotta ed illustrata in rapporto ordine ai vice-segretari (come verbalizzante, si è detto, risulta solo il
alla teorica delle servitù prediali, che stava per esser mandato alle stampe Messina), ed è prova di una conduzione dell'Istituto che non si
negli «Atti Torino », XXV, 1889, 1101 ss. La corrispondente ispirava a criteri di rigore. L'ammissione ad opera dell'assemblea
trattazione romanistica non risulta mai apparsa: il segno forse che - costituisce, se non una violazione, un «surplus» di garenzie rispetto
nel pieno della sua attività creativa, ma nel crescere degli impegni allo statuto, che prevedeva l'ammissione ad opera del consiglio
LXVIII Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» LXIX

d'amministrazione (art. 7), da deliberarsi in base alle norme regola­ tazione posseduta), riguardava pe r l'appunto l'ammissione dei nuovi
mentari (per quanto risulta, mai emanate), mentre all'Assemblea soci: indubbiamente, questa specificazione va posta in connessione con
stessa era riservata l'ammissione dei soci onora ri, in nume ro non la ci rcostanza che non esisteva ancora un consiglio d'amministrazione
supe riore a trenta (a rt. 9). Questo particolare modo di procedere (che sarebbe risultato eletto agli inizi del 1889), ma può darsi che il
potrebbe esse re posto in relazione alla circostanza che, dopo l'elezione segretario perpetuo continuasse ad esercitare i pote ri conferitogli nel
nel 1889 del primo consiglio d'amministrazione ed un inizio di. 1887 per immettere nell'Istituto nuovi membri in base alla circo­
attività dello stesso, non sembra che quest'organo continuasse a stanza che non vi era un collegamento esplicito fra codesti pote ri e tale
funzionare. Ma quando non si effettuano più neppure le assemblee, o assenza. Quanto può, in effetti, colpire è la circostanza che al
riunioni, come avvenivano le cooptazioni? Un solo fatto è sicuro: olt re r�guardo, apparirebbe seguito un doppio binario: da una part;, il

ai soci ammessi dall'assemblea nel 1893 e nel 1928 sono stati ammessi ricorso - probabilmente tacito - ai «pieni poteri», dall'altra al

nuovi membri dell'Istituto. Della propria qualifica, testimoniano pro edim �n�o, ipergarantisti o od ultralegalistico che dir si voglia,
� �
Vincenzo Arangio-Ruiz e Pietro de Francisci nel prendere la direzione dell amm1ss10ne da pa rte dell assemblea, seguito nel 1893 e nel 1928.
della rivista col nume ro del 1959 (LXII, 1959, XIX): gli stessi Un altro esempio di una ce rta duttilità, se la vogliamo chiamare così,
rico rdano di ave r preso parte alla seduta del 16 novembre 1928 d�lla prassi amministrativa del segretario perpetuo. D'altro lato,
(XXXVII, 1929, 99), ed a questa seduta era presente anche Roberto bisogna tener conto anche della possibilità già accennata che vi siano
de Ruggiero: e tutti e tre, per ragioni d'età, non potevano essere stati state assemblee, o riunioni, non verbalizzate od i cui verbali non sono
ammessi nella cooptazione del 1893 (in «Ann. R. Univ. Roma», apparsi sul «Bullettino». Il fatto non può esse re positivamente
1925/26, 75, Pietro de Francisci si fregiava, del resto, espressamente smentito, ma va comunque rilevato come non se ne riesca a trova re
della qualifica), mentre è dubbia la posizione di un non meglio nella nostra documentazione, una qualche traccia seppur indiretta. '
identificato avv. Giammichele, che sembrerebbe occuparsi degli Al proposito, un altro dato interessante si ricava da un'iniziativa
aspetti finanziari della rivista. Anche nella seduta del 3 febbraio 1934 presa nel 1918, ma di cui la notizia arriva alla rivista soltanto nel
(XLII, 1934, 627 ss.), risultano altri tre soci, i quali non possono - 1922: il 1 ° ottobre del 1918, in un'atmosfera vagamente retorica in
sempre per ragioni d'età - risalire al 1893 (né sono compresi nella rapporto all'imminente vittoria, un invito veniva lanciato da un

cooptazione del 1928): Emilio Albertario e Filippo Vassalli, eletti al �p.1?0 .9:i r�II1_ani�!_i,. �_1:1:idato da Vittorio Scialoja e comprendente gli
consiglio d'amministrazione, e Giuseppe Chiovenda (1872-1937), alhev1 J>lÙ m e
vista - ·p-iù aniianr -.= delmaestro (quali Pietrn
ordinario di procedura civile, presente alla seduta. Al proposito, Bonfante, Carlo Longo, Giovanni Pacchioni s�I�àtore- Riccobono
bisogna notare come la ve rbalizzazione (questa volta, a quanto appare, �i�o Seg rè, a parte Giovanni Rotondi che, 'più gfovaneea-- a1liev�
non pubblicata per sunto) sembri imprecisa, ché, in un primo 1ridiretto tramite il Bonfante, era stato cooptato corrie segretario), ma
momento, apparirebbe che, all'infuori dei presenti (Riccobono, Al­ anche alcuni dei romanisti più in vista Jelfa:- geiie razione della
be rtario, Chiovenda, Carusi, Vassalli), tutti gli altri soci fosse ro «Wendung», i quali, come Giuseppe B rini, Biagio B rugi, Emilio
residenti fuori di Roma, mentre risultano fra gli eletti al consiglio Costa, Carlo Fadda, Muzio Pampaloni, Silvio Perozzi, non si pone­
d'amministrazione Pietro de Francisci, Roberto de Ruggie ro e Fede­ vano in fo rma essenzialmente antagonista - pur nella conservazione,
rico Patetta, professori in Roma e quindi ivi residenti. e talora nella riaffermazione, di una propria posizione e indipendenza
È del tutto spontaneo pensare che, in termini difficili da precisare, - all'egemonia scialojana (si noti, a contrasto, l'assenza di un
il segretario perpetuo curasse - anche in virtù dei «pieni pote ri Landucci e di un Cogliolo, quest'ultimo ormai tendenzialmente
conferitigli nel lontano 1888, e fo rse consolidatisi a norma in via di lontano dalle tematiche romanistiche), o di altri che di una genera­
consuetudine? - l'amministrazione in senso ampio dell'Istituto, zione più giovani vi si erano, fin dagli inizi, perfettamente integrati
soppe rendo alle lacune negli o rgani statutari. A riguardo bisogna, del (come Salvatore di Marzo): e non mancano assenze difficilmente
resto, ricordare che la delega conferita allo Scialoja il 23 dicembre spiegabili: quella, ad es., di Siro Solazzi (ma si potrebbe esser tentati
1887 (I, 1888, 63), e mai revocata (a quanto appare dalla documen- di trovare una spiegazione per ciò nel maggior impegno di questo
LXX Mario Talamanca Vn secolo di «Bullettino» LXXI

studioso nel senso dell'« Interpolationenjagd », e quindi di un Index Fondazione Castelli . Ad onorare Guglielmo Castelli ( 189 1- 19 19),
Interpolationum, piuttosto che di un Index fontium), più che di Carlo allievo di Pietro Bonfante a Pavia e conclamata promessa degli studi
Manenti, ormai più impegnato sul piano del diritto privato che nella romanistici , i genitori avevano istituito una fondazione a lui intito­
ricerca romanistica. lata, eretta in ente morale nel luglio 192 2 , di cui , con vari anni di
L'invito era volto « alla compilazione di un indice dei contributi ritardo (erano già stati pubblicati i primi sette volumi della collana),
degli studiosi italiani alla scienza del diritto romano redatto secondo si dà notizia nella rivista, pubblicandone altresì lo statuto. Nella
l'ordine delle fonti », in sostanza una indice delle fonti discusse e non presentazione della Fondazione si parla di un « patronato dell'Istituto
soltanto citate, e di esso si dava nel « Bullettino » notizia (XXXII, di diritto romano » (XXXVII, 1929, 10 1), ed in effetti nell'art. 7
192 2 , 2 3 5 ss. ) soltanto quattro anni circa più tardi , quando Vincenzo dello statuto, in relazione alle pubblicazioni che costituiscono lo scopo
Arangio-Ruiz, legato da una devota amicizia allo Scialoja ma in forte della Fondazione stessa, si parla di eventuali « accordi » che il comitato
polemica con Pietro Bonfante, aveva preso, come segretario, il posto direttivo deve prendere con l'Istituto, « perché esse vengano edite e
del Rotondi immaturamente scomparso: il che è abbastanza signifi­ diffuse in correlazione con il Bollettino - sic! - dell'Istituto stesso,
cativo, tenendo conto della presenza di studiosi come Emilio Alber­ cui potranno esser espressamente ricollegate » : La formulazione è
tario e Pietro de Francisci, di sicura ortodossia bonfantiana, che vaga, ed in effetti la Fondazione ha sempre proceduto in totale
generazionalmente - e penso fosse questo il motivo che li teneva, autonomia, anche da quella competenza residuale della Facoltà di
insieme agli altri tutti di quell'età, fuori del comitato - stavano sullo giurisprudenza dell'Università di Roma, prevista dall'art . 4 (in man­
stesso piano del segretario prescelto (ma il posto era uno soltanto). La canza della nomina da parte dei coniugi Castelli e dei loro eredi , le
pubblicazione, « assunta sotto gli auspici dell"' Istituto di diritto nomine al comitato direttivo avvengono per cooptazione « e in caso
romano " e diretta dai professori firmatari di questa circolare », era estremo - sic! - saranno fatte dalla Facoltà giuridica di Roma»). È,
pensata in fase già operativa. V'è anzitutto da notare come si tratti però, difficile pensare che, almeno nel momento costituente, non vi
dell'unica intrapresa di carattere collettivo che si presenti assunta fossero contatti con l'Istituto, ma questi probabilmente erano avve­
concretamente nell'ambito o comunque nelle vicinanze dell'Istituto, e nuti solo a livello del segretario.
come iniziative del genere fossero esplicitamente previste per lo stesso Si può dire, accentuando quanto risulta già dai dati oggettivi , che
nell'art. 2 , lett. e, dello statuto: questi due profili pongono in una con l'andar del tempo emerga, al di là delle forme istituzionali , la
luce particolare l'assenza di qualsiasi notizia su un'attività al riguardo realtà effettiva dell'Istituto, che è in sostanza l'attività del suo
da parte dell'Istituto stesso, al livello degli organi statutariamente segretario perpetuo e tende, d'altronde, ad identificarsi sempre di più
decisionali, come l'assemblea ed eventualmente il consiglio d'ammi­ con la pubblicazione della rivista, la quale si manifestava come lo
nistrazione, mentre è da rilevare come, al livello di organo d'infor­ strumento essenziale per il raggiungimento degli scopi dello Scialoja
mazione (che, del resto, le era connaturale), ciò che contava era, e per la conservazione della posizione che questi aveva assunto: solo
ancora e sempre, la rivista: ed il ritardo nella pubblicazione era l'impegno personale dello Scialoja poteva, del resto, dar vita alle
probabilmente dovuto alla circostanza che soltanto nel 192 1 , con i riunioni, di cui egli costituiva l'effettivo perno. Di tempo da dedicare
vol. XXX e XXXI dedicati per l'appunto alla memoria di Giovanni all'attività scientifica in generale il segretario perpetuo ne aveva
Rotondi, era ripresa la pubblicazione della rivista stessa, e forse alle sempre meno, e su quello da riservare all'Istituto ha inciso senz'altro
difficoltà incontrate nella sostituzione del segretario. Si è sempre il desiderio di continuare il proprio lavoro scientifico personale, che
dinanzi alla stessa alternativa: difetta soltanto l'informazione su tale non dev'essere valutato semplicemente in relazione ai contributi
attività degli altri organi statutari od è quest'ultima a mancare, pubblicati, ma anche a quell'edizione italiana del Digesto, la cui
supplita da quella di un segretario perpetuo, del resto sempre più ideazione risale ai tempi del magistero senese (cfr. Novae Digestorum
coinvolto nell'attività politica e nell'impegno professionale? editionis specimen. Lib. I Tit. V. De statu hominum, Senis, 1883). A
Lo stesso interrogativo si pone per un'altra vicenda in cui, forse questa edizione (portata a compimento nel 193 1) non si fa mai
più marginalmente l'Istituto è coinvolto: si tratta, questa volta, della accenno nel « Bullettino », dove, spesso, si parla della riproduzione
LXXII Mario Talamanca Un secolo di « Bullettino» LXXIII

fototipica delle Pandette fiorentine. Vincenzo Arangio-Ruiz, che si è mano a Vittorio Scialoja, continuava, anche se, come vedremo,
già ricordato aver avuto grande familiarità con lo Scialoja, fissa nel possono esservi stati momenti di crisi già nel primo dopoguerra.
1895 l'inizio del progetto (cfr. il ricordato necrologio in «Egypt.
contemp.», XXIV, 1934, 341, 348), e la data appare attendibile È proprio nel periodo successivo alla prima guerra mondiale,
(anche se sulla completa affidabilità della stessa, qualche dubbio possa d'altronde, che si erano cominciate a porre le condizioni per un
far sorgere la circostanza che a p. 341 si ricordi contestualmente la avvicinamento dell'Istituto di Scialoja alle strutture universitarie. Vi
preparazione dello specimen del 1883): in questo senso indica anche erano, anzitutto, delle condizioni di carattere generale, e cioè il
l'ampia parte presa da Contardo Ferrini, morto nel 1902, al primo progressivo espandersi dello strumento dell'istituto dalle facoltà scien­
volume apparso nel 1908, di cui testimonia la prefazione a tale tifiche a quelle umanistiche come struttura in cui potevano cumularsi
volume che sarebbe, del resto, rimasta la prefazione dell'opera nel suo aspetti didattici, di carattere seminariale (ché la lezione tradizionale
complesso (v. Digesta lustiniani Augusti, Mediolani, 1931, v s.). Il continuava, e continua tuttora, a trovare il suo centro nella facoltà e
completamento dell'edizione seguì nel 1931, ed è per questo che vale, nei corsi di laurea), e scientifici di ricerca. Nella Facoltà di giurispru­
forse, di più il giudizio di Gino Segrè che - nel necrologio del denza della Sapienza (che in questo era stata preceduta dalla Facoltà di
maestro apparso in «Riv. dir. comm.» XXXI, 1933, I, 850 - scienze politiche, di recentissima istituzione), il primo Istituto­
attribuiva il lavoro in modo del tutto preponderante a Vittorio seminario che si venne organizzando fu, e non senza è significato,
Scialoja ed a Pietro Bonfante (e se ne veda la conferma in ARANGIO­ quello di scienze economiche, già funzionante nel 1927/28. D'altro
Rurz, le. ult. cit . ) . lato, nello specifico delle materie romanistiche, bisogna tener conto
Nelle scelte compiute dal segretario perpetuo ha, indubbiamente, dell'attività della Scuola di perfezionamento che nell'ambito di tali
giocato un ruolo decisivo la constatazione che, senz'altro, deve aver materie, allargate ai diritti orientali, era stata progettata e voluta
fatto sull'inutilità - o, se si vuole, sulla non-essenzialità - della soprattutto da Evaristo Carusi (1866-1940).
continuazione dell'attività dell'Istituto per la sua posizione al centro Quest'ultimo era stato allievo di Vittorio Scialoja (ma soprattutto
della romanistica e della scienza giuridica italiana in genere. Ai primi grande amico di Pietro Bonfante, di lui poco più anziano, e suo
potente protettore): libero docente in diritto romano nel 1892, aveva
del nostro secolo la «Wendung » era avvenuta e nessuno poteva,
rinunciato ad una cattedra all'Università - allora libera - di
d'altra parte, contestare la posizione dominante di Vittorio Scialoja fra
Perugia, per vivere a Roma, muovendosi nell'ambito dell'Accademia
gli storici del diritto antico (a prescindere da qualsiasi considerazione
di conferenze storico-giuridiche, e poi insegnando all'Apollinaris
sull'influenza che egli poteva svolgere nelle altre branche del sapere (viene concordemente dipinto come uomo di profonda fede religiosa).
giuridico). L'Istituto non serviva più, se mai l'avesse fatto, a tale Uomo dagli interessi estesi in superficie (avrebbe coltivato, con scarsa
scopo. Ma neppure la rivista ne aveva ancora necessità, se mai l'avesse fortuna, anche il diritto comune), al tempo della guerra di Libia
avuta: non v'era dubbio che - anche per essere allora la sola in Italia (1910-1911) egli scoprì - e non fu il solo in Italia - l'Islam, il
specificamente rivolta al diritto romano, e l'unica al mondo in tale mondo e i diritti orientali, venendo ad elaborare sugli stessi dottrine
specificità accanto alla «Zeitschrift der Savigny Stiftung fiir Rechtsge­ prive di qualsiasi fondamento, le quali, però, nel 1919 gli procura­
schichte, Romanistische Abteilung» - al «Bullettino» spettasse, rono - nell'ambito della Facoltà giuridica romana (di solito, ora ed
nelle pubblicazioni periodiche di giusantichistica, un «leadership» allora, assai cauta, anche rispetto alla prudenza che normalmente
incontestabile, che nessuno poteva togliergli: e, per quanto riguarda accompagna i giuristi e le loro facoltà) - una chiamata per chiara
l'aspetto finanziario, la posizione assunta dallo Scialoja nella vita fama alla cattedra di diritti dell'Oriente mediterraneo, evento che è un
politica, oltre che culturale, italiana rendeva la mediazione dell'Isti­ eufemismo dire sproporzionato ai «meriti» dello studioso: e, per uno
tuto superflua, per attingere - ove ne fosse mestieri - alle pubbli­ di quei chiasmi che caratterizzano le vicende umane, il lato peggiore
che, o private, sovvenzioni. L'Istituto veniva a cadere, anche perché della produzione del Carusi è rappresentato, per l'appunto, da quella
era sempre stato più che altro una forma: la rivista, saldamente in orientalistica. Nel solco della sua - non giovanile - passione per i
Un secolo di «Bullettino»
Mario Talamanca
LXXV
LXXIV

orientale, annessa alla Facoltà di giurisprudenza stessa: tale Sezione,


«diritti orientali», egli promosse la dianzi ricordata scuola di perfe­
non ancora ufficialmente approvata dal competente ministero, com­
zionamento in cui si mescolavano, non senza una qualche furbizia,
pare già nell'«Annuario» del 1919/20, e ne fanno parte: per i diritti
aspetti teorici ma anche pratici (come la preparazione dei quadri dei
orientali mediterranei e per le esercitazioni di storia del diritto
funzionari coloniali), molto adatti questi ultimi - soprattutto dopo
romano, l'ispiratore Evaristo Carusi; per il diritto islamico, David
l'avvento del fascismo, che con forza voleva una politica di espansione
Santillana; per la papirologia giuridica, Pietro de Francisci, professore
coloniale - a procurare appoggi e facilitazioni alla scuola stessa.
in quel tempo nell'ateneo di Perugia (allora università libera); per le
La vicenda del Carusi s'inseriva in un confronto tra la Facoltà di
esercitazioni di diritto romano, Pietro Bonfante, il potente «patron»
giurisprudenza e quella di lettere che s'era instaurato da qu�lche an°:o,
dell'ispiratore. Sull'esistenza della Sezione giuridica, e sulle sue mo­
e di cui non è qui possibile ripercorrere con qualche dettaglio la �to�ia :
dalità, non sussisteva, però, l'accordo con la Facoltà di lettere, che,
Nel 1913/14 la Scuola orientale della Facoltà di lettere che nei d1eo
anche al livello della Sezione giuridica stessa, si opponeva decisa­
anni di vita' aveva conseguito un sicuro prestigio internazionale
mente, per quanto riguarda la stragrande maggioranza degli appar­
promuoveva un incarico di diritto islamico, a�fidandolo a �avid
tenenti, all'ingresso del Carusi (cui negava qualsiasi idoneità scienti­
Santillana (1855-1931), che - singolare figura d1 profondo stud10so,
fica) nella Scuola (da considerarsi unitaria ed articolata in due sezioni).
lontana per la maggior parte della vita dai canali ufficiali dell'acca­
I contrasti proseguono fino al 1921/22, quando i filologi della Scuola
demia - soltanto nel 1912 aveva conseguito la libera docenza per la
orientale, che si ritenevano gli unici legittimi rappresentanti della
storia delle istituzioni politiche e religiose dell'Islam. Data la natura
stessa, perdono definitivamente la pazienza e prendono pubblicamente
giuridica dell'incarico, questo venne inserito, a partire ��l prin:io
posizione sulla vertenza con il loro direttore, il sommo orientalista
anno, fra quelli della Facoltà di giurisprudenza (presso cui 11 Santil­
Carlo Alfonso Nallino (1872-1938), versato anche in questioni che
lana stesso aveva conseguito, del resto, la docenza).
riguardavano la letteratura giuridica soprattutto siriaca ed islamica, il
Quest'ultima Facoltà rivendicò a sé, ben presto, la competenza pe �
quale dà alle stampe un ponderoso e documentatissimo articolo (Gli
quella che potremmo chiamare la giusori_entali�tic�, proponendo d1
. studi di Evaristo Carusi sui diritti orientali, in «Riv. stud. orient.», IX,
creare, accanto a quella filologica, una sez10ne gmrid1ca della s�uola,
1921, 53 ss.), nel quale la figura dell'ordinario per chiara fama viene
annessa per l'appunto alla Facoltà giuridica stessa. Su questa v1cend�
distrutta sul piano scientifico e su quello della deontologia professio­
s'instaurò una trattativa che era resa difficile dalle gelosie fra le parti
nale, senza alcuna pietà e non senza qualche compiacimento, forse
interessate e che sfociò in un conflitto quando, nel 1917/18, arrivò
provocato dal tono assunto, nella contesa, da parte dei giuristi,
nella FacoÌtà romana Pietro Bonfante, il più forte sostenitore del
soprattutto ad opera del Bonfante: il che - «gran bontà de' cavalieri
Carusi (che riscuoteva l'appoggio - piuttosto distacca�o - dell�
. antiqui» - non impedisce al Nallino stesso di partecipare alla
Scialoja, il quale privilegiava soprattutto i profili og?ett1v1 c?nn�ss1
raccolta di scritti in onore di quest'ultimo, con un fondamentale
alla politica internazionale, e più specificamente col?male, del_l Italia):
articolo sul c.d. Libro siro-romano del diritto, nel quale - abban­
con la durezza del carattere che gli era propria, egli_ ripropose
donati i toni aspri della polemica - ribadisce però senza mutare di
immediatamente all'attenzione dei colleghi il problema. Lo svolgersi
una virgola la sua opinione su questa raccolta che era stata un pilastro
della vicenda portò alla ricordata nomina ad ordinario di Evaristo
importantissimo nelle fantasiose costruzioni del Carusi.
Carusi (che una parte della Facoltà di giurisprudenza voleva co°:tro­
Nel 1920/21 si allontana dalla scuola Pietro de Francisci, e la
bilanciare con quella di David Santillana, la cui figura sul piano
motivazione ufficiale, data nel consiglio di facoltà dell'8 luglio 1921
scientifico aveva un spessore da cui il Carusi stesso era totalmente
è la nomina ad ordinario nell'Università di Sassari (la quale si noti che,
lontano e che trovava un sostenitore ostinato in Giuseppe Chioven­
a differenza di Perugia, era statale). Ma bisogna avvertire che lo stesso
da): e ciò portò alla rottura definitiva con la Facoltà di lettere e con la
de Francisci, proprio in quel torno di tempo, si era pubblicamente e
Scuola orientale. Da parte della Facoltà giuridica, spinta soprattutto
decisamente dissociato dall'avventurosa metodologia del Carusi (cfr. I
dal Bonfante e dal Carusi ormai presente nel collegio, si venne infatti,
diritti orientali mediterranei e la loro supposta derivazione comune, in «Riv.
ad insistere per la creazione della Sezione giuridica della Scuola
LXXVI Mario Talamanca Vn secolo di «Bullettino» LXXVII

ital. sociol.», XXV, 1921, 1 ss.; ed Ancora dei diritti orientali studioso piuttosto evanescente, allievo di Giuseppe Brini ed Emilio
mediterranei e dei loro rapporti, in «AG», LXXXVIII, 1922, 1 ss.): Costa a Bologna, che aveva, però, gravitato già nell'ambiente del­
l'illustre studioso si riferiva, d'altronde, soltanto all'aspetto storico­ l'Accademia di conferenze storico-giuridiche, prendendo, molto
giuridico, ma su quello filologico e storico in generale non v'era più tardi la docenza nel 1921 a Roma, dove, abbruzzese d'origine, aveva
nulla da distruggere dopo il devastante passaggio del Nallino. Per conti�uato a risiedere (non appare più, ma per ragioni di salute,
tagliar corto su queste vicende, la Sezione giuridica della Scuola David Santillana, che esce anche dalla Scuola orientale): la parte
orientale non riuscì a trovare attuazione, e nel 1922/23 il Carusi «colonialistica» vi viene del resto «potenziata» per l'ingresso, nel­
ripiegò su una variante che potrebbe sembrare formale (la creazione, !'anno successivo, di Camillo Manfroni, ordinario di storia e politica
cioè, della Sezione orientalistica - od orientale - della Facoltà di coloniale nella nuova Facoltà di scienze politiche.
giurisprudenza), ma che aveva il pregio di eliminare il problema della Non è il caso di seguire gli ulteriori svolgimenti della Scuola, che
convivenza di filologi e giuristi in un'unica struttura, ormai diventata è scomparsa or è qualche anno in seguito alla riforma che, nel 1982,
impossibile, si direbbe, per entrambe le parti. Nella Facoltà di ha soppresso, in un riassetto globale dei corsi postlaurea, le scuole di
giurisprudenza d'altronde, il Carusi si poteva muovere più a suo agio, perfezionamento (lasciando sopravvivere soltanto quelle di specializ­
soprattutto dopo il pensionamento di Francesco Schupfer, in virtù zazione, a carattere professionale): e, del resto, la figura del Carusi
principalmente dell'appoggio di Pietro Bonfante, uomo di indiscussa nell'ambito della Scuola stessa si va, un po' pateticamente, spe­
considerazione sul piano scientifico (e che poteva prendere, più o gnendo. L'ingresso dello Scialoja, il ricoinvolgimento del de Francisci
meno consapevolmente che ciò avvenisse, l'ostilità dei colleghi orien­ e poi anche di Riccobono e di Albertario (il quale ultimo ne avrebbe
talisti contro l'amico come un episodio della lotta che egli combatteva fatto uno strumento per la sua politica di egemonia romanistica nella
contro i «filologi»). A questa Sezione continuava, fra l'altro, a seconda metà degli anni '30) spostarono, forse, verso il diritto romano
partecipare David Santillana, che esercitava la libera docenza proprio e l'antichità classica l'equilibrio iniziale che - disegnato dal Carusi
nella Facoltà giuridica, studioso altamente apprezzato e sinceramente - era più sbilanciato dal lato orientalistico: basti vedere il discorso
rispettato, per l'indiscussa preparazione e le alte capacità, anche dai pronunciato, 1'8 aprile 1929, dal direttore, Vittorio Scialoja, per
filologi della Scuola orientale, da cui, a differenza del Carusi, era stato l'inaugurazione della nuova sede nell'ex-palazzo Carpegna, discorso in
accettato (si veda, per tutto ciò, il necrologio scrittone da un grande cui, come si dice nel breve annuncio apparso sulla rivista (XXXVII,
studioso come G. LEVI DELLA VrnA, in «Riv. stud. orient.», XII, 1929, 104), l'oratore aveva rievocato «i fasti dell'insegnamento del
1930, 453 ss.). Il che, ancora una volta, mostra la complessità delle diritto romano presso l'Università di Roma, e soprattutto la figura del
situazioni accademiche. sommo romanista, Ilario Ali brandi». I diritti orientali erano scom­
È nel 1924-25 che - in occasione dell'approvazione del nuovo parsi: il legame affettivo con l'antico allievo, che ha sempre conti­
statuto della Facoltà - la Sezione orientalistica diventa la Scuola nuato a professarsi tale, vi è, senz'altro, stato, e non si può negare che
speciale di diritto romano e dei diritti orientali (nel 1926/27 sarebbe lo Scialoja lo avesse appoggiato, anche sul piano operativo (ma
divenuta scuola di perfezionamento, con la stessa denominazione). È bisogna vedere quanto di sua spontanea iniziativa, quanto per influsso
una riorganizzazione globale della Scuola stessa, in cui entra anche di Pietro Bonfante, a parte la questione se vi fosse una totale
Vittorio Scialoja, che ne assume, almeno formalmente, la direzione, coincidenza d'interessi fra tutti i personaggi coinvolti nel progetto,
mentre vi ritorna Pietro de Francisci, ormai ordinario alla Sapienza, e sull'effettiva esistenza della quale getta luce la circostanza dianzi
vi fanno altresì il loro ingresso Ettore Pais (1856-1939), vicino al ricordata del discorso inaugurale del 1929). Ciò che si può escludere
Bonfante (e, del resto, libero docente nel 1900, a Napoli, di Storia del è che il maestro non si fosse reso, e perfettamente, conto dei limiti,
diritto romano, e comandato nella Facoltà giuridica romana per per chiamarli così, dell'allievo: lo Scialoja stesso era spirito troppo
l'Epigrafia giuridica nel 1910/11), nonché il vecchio socio dell'Isti­ acuto e penetrante per non rendersi conto, anche senza bisogno della
tuto Luigi Cantarelli, membro anch'egli della Scuola orientale: e vi demolizione effettuata dal Nallino, della nullità come orientalista
compare, per un breve periodo, Filippo Stella Maranca (1875-1964), dell'antico discepolo. Alla sua morte, nel 1940, il Carusi sarebbe stato
---------------.._.....-----�
LXXVIII Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» LXXIX

ricordato , in «Ann. R. Univ. Roma», 1940/4 1 , 585 ss. , da un Arangio-Ruiz (per fare due nomi soltanto), non sono professori alla
alliev:o me�i oc�e, A tonio Rota , che, mantenendosi nell'« entourage» Sapienza, onde l' «adunanza» medesima e l'Istituto cui essa è riferita
_ non hanno nulla a che fare con « il nuovo Istituto universitario», il
di Pier Silverio Leicht ( 1874- 1956), era giunto a ricoprire, dal
°:

1937/38, prima l'incarico di esegesi delle fonti del diritto italiano e quale non poteva che esser parte della Facoltà di giurisprudenza della
poi di diritto comune alla Sapienza, dal quale ultimo sarebbe stato Sapienza stessa. L'Istituto di diritto romano , dei diritti dell'Oriente
allontanato in seguito all'arrivo nella Facoltà romana - nel 1945/46 mediterraneo , e di storia del diritto sorgerà, invece, nel 1935/36: sarà
- di Francesco Calasso (1904- 1965), antico allievo di Francesco la donazione della biblioteca Scialo ja a favorire la creazione del
Brandileone (e per lunghi anni, dal 195 5 alla morte, preside della medesimo , che, seppur successiva all'Istituto di scienze economiche e
stessa), col quale si creò senz'altro un clima del tutto diverso nella all'Istituto di filosofia del diritto (v oluto , si penserebbe, dal preside
giusmedievistica romana: ciò a cui fa riscontro la circostanza che in Giorgio del Vecchio , l'anno precedente), è coeva a quella dell'Istituto
« BIDR» XLVII, 1940, 425 ss., si abbia un ricordo del t�tto di diritto privato e di diritto processuale civile. Il vecchio Istituto di
sconclusionato da parte di un certo Carlo Bernardini, altrimenti Scialoja non esisteva praticamente più, anche se nel 1928 sembrava
sconosciuto nelle cronache della giusantichistica italiana. dare mostra di vita (in funzione, però, soltanto della rivista): dal
La_ creazione ed il potenziamento della Scuola speciale (e, poi, di punto di vista universitario era soltanto la Scuola a funzionare ed a
perfezionamento ) furono resi possibili dalla valenza politica già ac­ catalizzare probabilmente la creazione dell'Istituto universitario , al
cennata che afferiva, comunque, all'iniziativa, e che può concorrere a quale, in corso di tempo, sarebbe stata imputata (mentre, preceden­
spieg�re il « revirement» di de Francisci e l'interesse dello Scialoja, temente, era una struttura della facoltà).
d_ovuti che fossero a sincera partecipazione a date impostazioni poli­
tiche od a ragioni di oppportunità. Comunque, anche il diritto La crisi del vecchio Istituto ebbe il suo esito finale con il
romano veniva ad averne un vantaggio, ché questo insieme di fattori segretariato perpetuo di Salvatore Riccobono . Dopo la morte del!o
può spi�gare �o me, in una situazione in cui - come sempre, di Scialoja, avvenuta il l'.1_ n()y_e_111pr_e __!?)} 1,_.si ha, abbastanza per tempo
regola, rn Italia - v'era crisi edilizia nell'università, per la scuola (il3-febbraio ·1934: XLII, 1934, 627 s.), una riunione, l'ultima, dei
fosse possibile trovare la già accennata sistemazione che sembra essere soci dell'Istituto , alla quale si è tante volte fatta allusione. Vi sono due
stata abbastanza confortevole, e che permetteva di ospitare nella stessa aspetti co ntrastanti in questa riunione: da una parte, l'esiguo numero
anche l'Istituto dello Scialoja. Di ciò è parola in un verbale che ormai di soci presenti, tutti professori alla Sapienza romana (Salvatore
abbiamo imparato a conoscere, quello del 16 novembre 1928 Riccobono , Emilio Albertario , Giuseppe Chio venda, Evaristo Carusi,
(XXXVII, 1929, 99 s.), dove si discute dell'inaugurazione dei locali Filippo Vassalli): la presenza era stata molto più elevata, e confortata
e il de Francisci fa prevalere, a quanto sembra, l'avviso che, occupand� dalla partecipazio ne di membri extrinsecus, nella seduta del 16 novem­
1 � Scuola maggior yarte degli stessi, ogni decisione debba, al pro po­ bre 1928 (XXXVII, 1929, 99 s.), già precedentemente illustrata. E
sito , esser presa di concerto con il consiglio della Scuola stessa. l'esiguità si fa ancor pià rimarchevole, se si tiene conto che dei soci
L'istituto di cui qui si parla è ancora il vecchio Istituto dello professori a Roma non partecipavano altri tre che sarebbero stati tutti
Scialoja, che viene per l'appunto contrapposto ad una struttura eletti nel consiglio d'amministrazione: Pietro de Francisci, allora
universitaria, come la Scuola, e non il « nuovo Istituto universitario» Ministro di grazia e giustizia; Roberto de Ruggiero ; Federico Patetta
nei cui locali « era peraltro riservata una saletta all'amministrazione ( 1867- 1945), che, allievo a Torino di Cesare Nani, aveva studiato a
del Bullettino», come, nelle note introduttive della III Serie della Roma con Schupfer, legandosi però a Scialoja ed al suo Istituto (a cui
rivista (LXII, 1959 , XIX) , volevano Vincenzo Arangio-Ruiz e Pietro invece l'allora professore di storia del diritto italiano non era partico­
de Francisci, il cui ricordo s'era intorbidito col tempo. Se si volesse larmente vicino), e pubblicando nella rivista, al vol. XII, del 1900
avere una conferma di ciò, basti pensare che l'Istituto che viene (tutto dedicato a tale edizione), le Adnotationes Codicum domini ]usti­
contrapposto al « Consiglio della Scuola» è quello cui è riportabile niani, e cioè la Summa Perusina, e che, chiamato a Ro ma come
l'attuale « adunanza», a cui partecipano soci che, come Riccobono ed successore di Francesco Brandileone (anch'egli un adepto dell'Istituto
LXXX Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» LXXXI

degli
delle origini) nel 1934/3� (dopo un interregno gerito da Carlo Calisse
1
scuola del Riccobono stesso), si dà l'indice dei quattro volumi
Studi («una delle più importanti raccolte di studi romanistici appars
e
�1859-_1945}), nell 'ann:ò successivo avrebbe, d'altronde, abbandonato lmente,
i�nanzi tempo l 'insegnamen to per ritornare nel suo Piemonte. Dal- in questi ultimi anni», vi si dice: il che del resto era, sostanzia
_ ne di c ns ns , di cui
1 altra, in senso in:erso, il ritorno alle forme statutarie, con l ' elezione vero). Ma il fondatore operava in una situazi o o e o

non godeva certamente il nuovo segretario perpetuo, il qua , per una


del suddet�� consig lio, di cui facevano parte, oltre ai tre nominati,
le
solo,
anch� Emih� A lbertario, Evaristo Carusi e Filippo Vassalli. La sorta di chiasmo, sarà stato spinto ad operare, praticamente, da
o, e
dominanza di Roma era, questa volta, senza eccezioni. proprio perché non godeva dell 'appoggio unanime del consigli
r ari . I risu tat n fu,
poteva senz'a ltro contare su ll'ostilità dell'Alb o e
A questa elezione si aggiunge la nomina del nuovo segretario
e t o l l
, il cui n m
però, la scomparsa, anche su l piano forma le, dell'Istitu
o e
per�etu?, nella P;rsona di Salvatore Riccobono. Il ritorno all 'antico è,
to
ta.
pero, vissu to «l espace d'un matin»: se si tiene conto del duro rimase - e rimane ancora - soltanto nella testata della rivis
Le iniziative culturali che Sal va or Ricc b n ntò di p o rre in
contrasto eh: opponeva Riccobono ad Albertario, si può forse ve dere t e o o o te
e su «Bu t in ». In tali
- nel «revival» delle stru tture statutarie (che, del resto avevano essere _ risultano da a lcune notizie appars
l lle t o
di Vi rio
iniziative, l 'Istituto di diritto romano, ancora quello
tto
r�rame�te funzionato) insi to nell ' elezione del consiglio d'arn'ministra­ e nte
z10�e (il quale solo occasionalmente era stato presente nella vita Scia loja, sembra avere una sua funzione, anche s'e svolta unicam
terse­
_
dell Isti tuto) - un tentativo di riequilibrare la situazione, nei con­ dal segretario perpetuo, accanto a lle diverse strutture che s'in
_ d fin i ivam en te
fron�i _sop�attutto della conduzione della rivista, la quale ormai cavano con esso alla Sapienza, dove aveva trova to e t
a di av ori
sede. AU]�tituto è, formalmente, riferito il programm
l
costi t�iv3:_ l u ?ic� attivi tà dell 'Istitu to stesso. Il tentativo, comunque,
espost o dal Riccob�n� l 'anno successivo
all'assunzione della carica di
non nusc1. � Istituto �ome entità diversa dal segretario perpetuo era otizia
s�l punto di scomparire anche sotto il profilo meram ente formale. segretario perpetuo (XLIII, 1935, 431 s.), senza dare alcuna n
d g i al ri rgani pr evisti
Biso!5na �l 1:ro?osito, notare che, in effetti, Salvatore Riccobono de l coinvolgimento in tale programma e l t o
: lazi n d l a n tizia
dallo statu to. V'è una certa dissonanza fra l'inti e e l o
t�°:to di npnstmarne un'attivi tà diversa dalla pubblicazion e della
to o
e degli studi
nvista, ma eh: essa, seppur ancora forma lmente imputata all 'Istituto, (Fondazione per l'incremento e la coordinazione internazional
una parte
venne 1:osta in essere, senza alcun coinvolgimento di altri organi romanistici) e quanto si legge appresso. Colpisce, in
logia del
statutan, dal solo segretario perpetuo. introduttiva, l'uso di una serie di «slogans» ispirati all 'ideo
Prim d 'Imp r Fascis ta: le
Una sit�azion� an�log� si può scorgere, l 'abbiamo già visto, anche regime (nonché il ricordo dell 'Anno o ell e o
nui à di Ricc b no in
maiuscole non sono mie): è un segno dell'ing o o
sotto la gestione di Vitton o Scialoja, e se ne sono colte tracce positive
e t
re, in à mo
_ politica (un altro segno del genere si potrebbe coglie
lto
soprattu:to n:l pnmo dopoguerra. Lo stile dei due segretari perpetui
et
gi
avanzata, nella parte finale - LIX-LX, 1956, 260 - del necr
olo o
era, p er o, di ers . N:l «Bullettino», non c ompare ricord o delle
: � e nso di
onoranze a Vi ttono Scialoja in occasione del XXV anno d'insegna­ di Salvatore di Marzo, nel che concorreva anche quel s
_ _ in m d d tu partic olar e
mento e della rel�tiva «�estschnft» (la cui esistenza non trapela solidarietà nella scu ola il qua le univa o o el tto
_ dir i indir i), o di
il maestro ai suoi a llievi, giovani o vecchi,
ett
neppure dalle rubriche bibliog rafiche della rivista, invero poco curate:
ett o
ata più m eno
un'ingenua furbizia - il dubbio è soltanto se fosse st
o
ho controllato fino al 1 �08), e la prima volta che si parla, in contesti l diri
da altri strumenta lizzata - al servizio della difesa de
tto
d_el genere, del segretano perpetuo è solo dopo la sua m orte (ed in ciò è sicura
si deve vedere una genuina manifestazione dello spirito aristocratico romano, che vien detto in pericolo fuori dell 'Italia (ed
impr vvisa - i regim nazista
l 'allusione alle misure che - n on
e
- e tutto sommato scettico - del fondatore della rivista). In
o te l
gnam n i r manis tici);
« BIDR :>, XLIII, 1935, 437 ss. (la rivista fu finita di stampare nel stava prendendo, in Germania, contro gli ins e e t o

stesso vengono, «p ur caus e»,


1?37), mv:ce, s'incontra, nell 'ambito del Notiziario, una comunica­ e i valori essenziali del diritto romano
o
di di
identificati con quelli del regime imperante. Al di là dell' epis
o o
zione dal ti tolo �e onor��ze � Salvatore Riccobono, in cui praticamente, a dell'I­
dopo alcune sobne notizie (il che va sottolineato tenendo conto dell costume, Riccobono fissa i quattro punti di un programm
va d1zi n c mple a d l Corpus
tendenza ad un'inuti le agiografia che non manca nel ramificarsi dell: stituto di diritto romano: «una nu o e o e o t e

LX X XII Mario Talamanca Vn secolo di «Bullettino» LX X XIII

Juris civilis », del rappcmo della quale con redizione italiana del Germania ed ebreo: anche qui non resta traccia di un'attività dell'I­
-stii:utoaTdìfoot di quella del segretario perpetuo , e l'iniziativa, ma
ì
Digesto, conclusa nel 193 1 (di cui il Riccobono era stato uno-oegli
artefici) nulla vien detto (ma, dal generico tenore di quanto viene la guerra è vicina, si perde (e soltanto ora è stata ripresa e realizzata
esposto al proposito sembrerebbe ricavarsi l'idea di una rifusione nella dall'amico e collega Labruna nella collana Antiqua, da lui diretta) .
« nuova edizione » più che di un completamento dell'opera intrapresa Poi, dell'Istituto nulla più, mentre cominciano ad apparire,
aU'inizio del secolo); un edizione della ·« gloriosa Glossa Bolognese », invece ' le notizie sull'attività del Riccobono Seminar of Roman Law
alla quale si vogliono apportare « contributi d'indagini ed occorrendo in America, presso il Catholic University of America, fondato già alla
finanziarii »; « edizioni di fonti giuridiche romane e medievali »; fine degli anni '20, il cui statuto è pubblicato in « BIDR », XLIII,
pubblicazioni di « raccolte di scritti di grandi romanisti italiani e 193 5 , 325 ss. , e nello stesso numero viene pubblicato un « Bulletin
stranieri » nonché « di nuove opere italiane o straniere nella lingua of the Riccobono Seminar on Roman Law in America » , che si estende
originale o tradotte » (ma avrebbe avuto, invece, vita in quegli anni da p. 328 a p. 369, constando quasi esclusivamente del Report of
soltanto la collana delle pubblicazioni del concorrente Istituto uni­ Seminars, un resoconto delle conferenze svolte e della discussione
versitario, diretta da Emilio Albertario). Per una collocazione com­ seguita� il che è segno dell'orientarsi degli interessi del segretario
plessiva dell'iniziativa, bisogna tener conto del coinvolgimento, perpetuo, anche in relazione alla situazione di stallo cui sarebbe
accanto a Pietro de Francisci, allora rettore deH'Università di Roma andato incontro , per i motivi già accennat i , un tentativo di promuo­
(oltre che eminente romanista), di Mariano d'Amelio ( 187 1- 1943), vere l' Httività dell'Istituto. Il « Bulletin », e con esso, il Report cessano:
primo presidente della Corte di cassazione, e gimista impegnato sul ma continuano a pubblicarsi - sotto il titolo Conferenze Washingto­
piano della giuscivilistica: il proposito relativo alla Glossa si saida niane - ampi riassunti dei « papers » letti al Riccobono Seminar
con la partecipazione del vertice supremo della magistratura ordinaria (XLIV, 1936- 1937 , 42 1 ss. ; XLV, 1938, 347 ss. ; XLVI, 193 9 , 344
in un atteggiamento tipico di Riccobono rispetto al << valore attuale » ss.), i quali cessano con l'inizio della guerra in Europa. Nel dopo­
dell'esperienza giuridica romana, fondato più che altro su valori che , guerra non riprendono, ma il Riccobono Seminar aveva trovato - dal
in sé considerati, sono metastorici. 1943 - la possibilità di informare delle sue attività in « Seminar . An
Dal punto di vista delle vicende dell'Istituto, quanto colpisce in Annual Extraordinay Number of " The Jurist " », pubblicato per
questa iniziativa, riferita all'Istituto stesso, è la mancanza di qualsiasi l'appunto dallo School of Canon Law, del Catholic University of
segno di vita dell'ente: l'attività programmata, e che sarebbe rimasta America , in cui si si trovano , stampate in extenso, parte delle confe­
sempre allo stato di progetto, è riferita all'Istituto, ma quest'ultimo renze tenute al Seminar: la rivista cesserà le sue pubblicazioni nel
sembra identificarsi col suo nuovo segretario perpetuo: si noti come il 1948, ma anche il Riccobono Seminar stava esaurendosi.
de Francisci appaia, nel breve « comunicato », soltanto nella sua
qualità di Rettore, non accennandosi alla sua qualità di socio e di Restava, come dicevano nel 1959 Arangio-Ruiz e de Francisci, la
consigliere d'amministrazione dell'Istituto (e, d'altronde, la sua pre­ rivista, la quale è stata il frutto praticamente unico, ma preziosissimo,
senza è particolarmente significativa in un momento in cui si stava dell'Istituto. Al proposito è significativo quanto già scriveva, nel suo
consumando una profonda, seppur breve, frattura al livello della ricordo di Vittorio Scialoja, S . RrccoBONO, in « BIDR », XLII, 1934,
politica editoriale della rivista, frattura nella quale il de Francisci era 16, rifacendosi al momento della fondazione: «per seguire e coordi­
dall'altra parte della barricata) . Dalle notizie contenute nel numero nare questo complesso movimento, gli - a Vittorio Scialoja -
successivo, sembra realizzarsi un'iniziativa fra quelle programmate: la apparve necessario - sic! - l'istituzione di un organo apposito: e
pubblicazione degli scritti di Otto Lenel, del cui piano si dà comu: sorse il Bullettino dell'Istituto di Diritto Romano, di cui lo Scialoja
.riicazione nel Notiziario (XLIV, 1936, 492 ss. ) , una sceltafortemente divenne " Segretario perpetuo " : e, attorno al " Bullettino ", insieme al
indicativa - del tutto omologa al modo di agire del Rictòbono - nel Maestro, si raccolsero i discepoli etc. ». A parte il silenzio sui rapporti
c:Ji:111a dell'epoca (al di là del grandissimo valore dello sn1di()so) ;ìn con la Società del Landucci, queste R�rolecolgono, in effetti, la
quanto si sceglieva uno dei più eminenti èultori del diritto romano in sostanza delle cose, anche se resta inspiegabile la grande confusione f
LXXXIV Mario Talamanca Vn secolo di «Bullettino» LXXXV

fatta dal nuovo segretario perpetuo fra la rivista e l'Istituto che viene non in un'astratta natura umana od in una ratio metastorica la materia
fatto scomparire dalla storia. È , del resto, ovvio che, nelle pagine che del suo «sistemare», ma proprio in quel diritto che si era fatto nella
seguiranno, il discorso sulla rivista in sé considerata deve esser storia dell'uomo.
circoscritto, e verrà fatto senza tener - in linea di massima - conto Al di là di precursori più o meno mitici, più o meno mitizzati , è
dei contenuti , ché , altrimenti , si scriverebbe una storia della roma­ verso la metà del secolo che comincia, sempre più intenso e sempre
nistica italiana e del suo contributo alla giusantichistica mondiale. più fecondo (quali che ne fossero i motivi ed i presupposti) , il contatto
Per poter valutare soddisfacentemente la portata dell'apparire del della cultura giuridica italiana con la pandettistica, ed in genere con
«Bullettino» alla fine del secolo scorso, bisogna inquadrarlo nelle la cultura giuridica tedesca, che nel secolo scorso ha avuto, in Europa,
condizioni in cui si trovava allora la romanistica italiana, anche dal una preponderanza indiscussa, la quale - raramente verificatas�
punto di vista delle riviste in cui potevano trovare spazio i contributi prima (cessata la fase iniziale della Scuola di Bologna) - resta, s1
sull'esperienza giuridica romana. Dopo la fondazione del regno d'I­ direbbe, attualmente irripetibile. Sta nella natura stessa della pan­
talia, la cultura giuridica nazionale veniva faticosamente risollevan­ dettistica il fondamento del fatto che furono i romanisti ad esser il
dosi, negli anni '70 ed '80, dalla generalmente diffusa emarginazione veicolo delle nuove impostazioni che, in Germania, si collocavano sul
rispetto al contesto europeo e dalla maggiore o minore decadenza in piano del «heutiges romisches Recht». Anche da noi, del resto, gli
cui, in misura variabile secondo i settori e le regioni, si era venuta a intrecci - tanto antichi da poter sembrare indissolubili - fra il
trovare nella prima metà del secolo. Indubbiamente, per lo stretto diritto romano (o meglio le fonti del Corpus iuris civilis) e il diritto
collegamento che, da noi, la cultura - e soprattutto quella giuridica privato positivamente applicato non erano certamente venuti meno
- ha sempre avuto con l'università, un momento essenziale in questo per l'instaurarsi, ancor recente, di una prassi codificatoria, onde, da
processo va visto nell'affermarsi dei concorsi per titoli per la copertura una parte, la funzione mediatrice dei romanisti riusciva naturalmente
delle cattedre universitarie, ciò che spingeva, inevitabilmente, gli facilitata e, dall'altra, il rinnovamento degli studi romanistici risul­
studiosi in concorso ad una produzione letteraria, la cui esistenza era tava agevolato e potenziato dalla prospettiva dell'utilità degli stessi
il presupposto necessario, benché di certo non sufficiente, per il sul piano del diritto privato attuale.
risorgimento della iuris prudentia. In quelle materie privatistiche, che Non è possibile riandare, in questa sede, le molte vie percorse da
erano - e sono - il naturale piano di confronto fra l'esperienza questo rinnovamento, che aspetta ancora d'essere studiato con appron­
romana e quella moderna l'introduzione del modello codicistico, sul dite ed estese indagini (le quali potrebbero un po' modificare il quadro
calco di quello francese, aveva comportato, nella prima metà del su cui, più o meno, tutti ci adagiamo forse un po' troppo facilmente),
secolo, l'importazione anche dei metodi dell' «école de l' exégèse» , la rinnovamento che interessava congiuntamente la romanistica e la
quale - nel perdurare di taluni motivi di stampo illuministico - era civilistica e che - nelle forme concretamente assunte - tendeva
sentita come un antidoto alle incertezze ed alle contraddizioni insite all'esaurimento verso la fine del secolo. Fra i principali protagonisti
nel diritto comune come ius controversum fondato sulle sententiae furono - pur se in modi diversi - due personaggi di cui si è già
doctorum, incertezze e contraddizioni che la giurisprudenza dei grandi parlato, Filippo Serafini e Francesco Schupfer, che, entrambi originari
tribunali non era riuscita o non riusciva più a superare, almeno nel dai territori italiani della monarchia austro-ungarica, avevano forse
giudizio dei contemporanei. Il metodo esegetico si veniva, poi, a avuto da ciò una destinazione d'elezione in quest'opera di mediazione
confrontare in Italia con una romanistica praticamente ancorata a (ed i cui rapporti con lo Scialoja, è aspetto non senza suggestioni,
forme invecchiate, su cui non era riuscita ad avere un'influenza sarebbero stati difficili o, almeno, particolari). Non s'intende, con
decisiva la critica giusnaturalistica e giusrazionalistica, né i modelli ciò, negare i meriti di altri studiosi, ed il pensiero va subito ad Ilario
sistematici del pensare il diritto da esse introdotti, destinati a Alibrandi: quest'ultimo però precorreva, se si vuole, i tempi, ché le
sopravvivere alla reazione storicistica della «Historische Schule» , la sue ricerche prefiguravano, di più, ciò che il diritto romano sarebbe
quale ne sarebbe stata, anzi , fecondata nel senso della rinnovata divenuto alla fine del secolo, nel momento in cui lo studio storico
sistematica pandettistica, che - «en principe» , almeno - trovava delle fonti romane si sarebbe completamente sganciato dalla prospet-
LXXXVI Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» LXXXVII

tiva tutto sommato, strumentale (almeno in linea ideologica o di SERAFINI, proprietario e responsabile», benché per l'ultima volta il
principio) che esso aveva nell'impostazione del Savigny e nella scuola periodico restasse intitolato come il numero iniziale, «Archivio
storica, ma lo studioso romano non ha certamente giocato, anche per giuridico di Pietro Ellero») e l'apparizione sulla rivista del primo -
un certo isolamento geografico e culturale, un ruolo rilevante nel e breve - articolo di Vittorio Scialoja (Sopra alcuni frammenti di diritto
rinnovamento della scienza giuridica in Italia. romano recentemente scoperti, in «AG», XXXIII, 1879, 35 ss.), od i
Fra lo Schupfer ed il Serafini , era indubbiamente quest'ultimo il venti che praticamente dividono tale evento dal completamento -
più importante protagonista. Nonostante avesse insegnato, dal 1860 nel 1889 - del vol. I del «Bullettino», per tracciare una base
al 1878, diritto romano nell'Università di Padova, il primo era, e analitica al giudizio sulla sua importanza: su qualche punto avremo,
sarebbe sempre rimasto, in via principale un germanista ed uno del resto, l'occasione di ritornare. È in questo periodo, del resto, verso
studioso dell'età intermedia, il più profondo indagatore dell'elemento la fine degli anni '70 che, a prescindere dagli sviluppi della giuspri­
germanico nello sviluppo del diritto in Italia (e, ovviamente, il vatistica, si affaccia, come si è visto, una serie di studiosi praticamente
principale assertore della sua rilevanza), onde il suo influsso è stato più coetanei -dello Scialoja, che, per conto loro più o meno profondamente
forse dalla cattedra che sul piano della produzione scientifica: non è, legati al Serafini, sarebbero stati i protagonisti della storia della nostra
però, senza qualche importanza il fatto che - recensendone un libro disciplina perfunghi decenni: da Carlo Fadda a Muzio Pampaloni, da
di diritto del lavoro, come attualmente si direbbe (La responsabilità de' Biagio Brugi a Silvio Perozzi, da Contardo Ferrini a Giuseppe Brini,
padroni per gli infortuni sul lavoro, Roma, 1883), in «AG» , XXXI, per lasciare da parte Lando Landucci e Pietro Cogliolo: e il magister_o
1883, 152 ss. - Carlo Fadda lo chiami ancora «il chiaro romanista»: pisano del Serafini aveva, fra l'altro, rinvigorito la vocazione romam­
si noti, fra l'altro, come questa imputazione ad uno dei due momenti stica di Francesco Buonamici.
rilevanti, sia pure con diverso impatto, nella personalità scientifica
dello studioso, potrebbe esser posta in connessione - a riprova della Vittorio Scialoja non veniva, dunque, ad operare nel vuoto, né,
temperie dell'epoca - col carattere privatistico del saggio stesso. Il qualche anno pià tardi, il «Bullettino» si sarebbe inserito in una
.
Serafini era, invece, romanista e civilista a tempo pieno, anche se realtà in cui i romanisti non avessero periodici dove poter pubblicare
aperto ad altri settori , e non di retroguardia, dell'esperienza giuridica. i loro lavori: a parte talune riviste che si stampavano prevalentemente
Già durante il suo magistero pavese, s'era imbattuto nell'«Archivio nell'Italia meridionale, e con una portata più o meno locale (l'unica di
giuridico» fondato nel 1868 da Pietro Ellero, cui cominciò imme­ un certo rilievo, anche per gli studi romanistici, era «Il Filangieri»,
diatamente a collaborare, firmando uno dei primi articoli del volume che si sarebbe, nel 1890, trasferita definitivamente a Milano, assu­
inaugurale. Nel corso di meno di due anni (e, allo stato delle nostre mendo proprio in questa occasione una maggior rilevanza per le
conoscenze, non sappiamo che cosa stesse dietro a tutto ciò, ché dal collaborazioni giusantichistiche), bisogna anzitutto tener conto del-
periodico nulla risulta), l'«Archivio giuridico» stesso divenne la 1' «Archivio giuridico», senza dubbio la più antica e per il passato la
rivista del Serafini, ormai trasferito a Bologna, e probabilmente si più importante, e poi, a Roma, la «Rivista italiana per le scienze
avviava così su un cammino certamente non identico a quello pensato giuridiche», fondata solo due anni prima, e sulla quale, come
dal suo fondatore: come vedremo accadrà anche con lo Scialoja, fu Vittorio Scialoja avrebbe fatto per il «Bullettino», dominava la
proprio la rivista ad essere, accanto al magistero ex cathedra ed alla personalità vigorosa - se non prepotente - di Francesco Schupfer,
formazione di validi allievi , lo strumento principale del rinnovamento periodico che solo col vol. LIII, del 1913 sarebbe stato posto, e
iniziato dal Serafini. sarebbe rimasto, sotto gli auspici della Facoltà di giurisprudenza
Non è, qui, possibile ripercorrere, punto per punto, quei dieci dell'Università di Roma. Questa rivista venne subito ad assumere,
anni che separano l'assunzione della direzione da parte del Serafini nell'ambito generale delle scienze giuridiche, una posizione pari e,
(«AG» , IV, 1869: ma già il precedente vol. III, sempre del 1869 - poi, anche prevalente su quella dell'«Archivio giuridico», il quale
al di sotto della firma di Pietro Ellero che ne concludeva l'articolo forse pativa più del dovuto le conseguenze di una concorrenza cui alle
Delle leggi di stampa - si chiudeva, a p. 767, con la dicitura: «FILIPPO origini non era uso e da parte di una rivista ispirata ad un'imposta-
LXXXVIII Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» LXXXIX

zione più mod erna, resa del resto possibile, sarebbe i ngiusto non vale nza attualizzante e si ve niva coniugando con la svolta verso la
_ e sa rebbe
crit ica dei test i recep it i nella compilaz ione g iust inia nea, c h
�ott_olrnearl o, da quel ge neral e migli oramento della cultu ra giurid ica
ital i ana d o��to proprio all'opera di pi onerismo di Filippo Serafini , il sfociata nell'« Inte rpolationenjagd». È soprattutto sotto quest'ultimo
quale - pm o meno consapevolmente - tendeva invece a perseve­ profilo che va riconosc iuta la portata più rilevante delle vicende che la
ra re, come direttore dell'«Archivio», in modelli ed impostazioni su romanist ica stava att raversando negli a nni '80 del secolo s cor
so, ché,
cui d i p iù pesava no le ombre del passat o: né d i certo favorì una svolta a partire dal Savigny, i romanist i tedesch i che si riconoscevano nella
il sub entrare, iure successionis, nella dir ezione della rivista di Enri co «H istorische Sc hule» aveva no sempre coltivato lo studio storico delle
Serafini alla morte del padre. A Roma, poi, con una collocazione fo nti roma ne , al quale era prevalentemente riservata la letteratura
pa rticolare, si pubblicava no anche gli «Studi e documenti di storia e saggistica e monografica, mentre il «heutiges romisches R echt»
d � d iritto», ch e, organo d ell'A ccademi a di conferenze storico-gi uri­ trovava, soprattutto, espress ione nei ma nuali d i pandette , anche se,
reciproch e
diche, ne seguiva l'impostazione - se non clerical e - di fed eltà nei ovv iament e , la due facce della r icerca non erano senza
bb r att tam t st ud iate e
confront i del pont efice , s orretta del resto fino alla morte dall' esemp io influenze (ma queste ultim e and re e o en en e

e dalla presenza d'Ilario Ali brandi. vagliate).


Dal punto di vista roma nistico, il «Bullettino» fu, però, altra La fondazione del «Bullettino», avve nuta per l'appunto alla fine
cosa. Era, in primis, una ri v ista esclusivamente d i d iritt o roma no iv i degl i a nni '80, coincise, fra di noi, con un a naloga vicenda, di cui -
comp re�i i p r�fil i del�a t radizione roma nist i ca (pa rt icolarmente �re­ se, come si d ice, Ilario Alib randi era stato il precursore - V ittorio
sen�1 ne1 p�1m1 numen), ch e si sarebbe progressivamente ampi ata agli Scialoja fu, senz'altro, il protagonista: ed il problema, certamente non
altn campi della giusantichistica: e rimase la sola fino al secondo di facile soluzione, è d i vedere se ed in qua nta misu ra egli abbia sub ito
dopog�erra, �uand o sono apparse «Iu ra» e «Labeo», o, meglio, alla a Roma l'influss o dell'Al ib randi stesso (certamente meno avvertib ile
fondaz10ne d1 «Studia _ et documenta historiae et iu ris» nel 1935 la in alt re part i d'Italia), acca nto alla v igile att enzione per
le cose di
c�i �stratta ap':r�ur� alla �iusmedievistica ha sempre assunto pro�or­ Ge rmania ed all'autonoma predisposizione d e l su o in geg no . D iversa
, d l est o , d ipe n­
z1oni pressoche 1 rnleva nt1 nel quadro complessivo. E la rivi sta era l'orientazione della romanistica precedente (la quale e r

dir_ etta da V ittorio Scialoja. deva essenzi almente dai modi d'essere della dottrina tedesca contem­
Il fatto che il «Bullettino» si rivolgesse esclusivamente al d iritto poranea, i cui risultati si trattava d i far conoscere e frutt ificare in
romano l' a
':i cinava a quella «Zeitschrift d er Savi gny Stift ung fiir Italia): l'orientamento dell'influsso che F il ippo Serafini aveva eserci­
Rechtsgeschichte, Roma nistisc he Abteilung», che - per il tram ite tato per più d i vent'anni sulla cultura giuridica italiana si cogl ie già
della «Zeitschrift fiir Rec htsgeschichte», d i cui era, insieme alla nel titolo del suo ma nuale el ementare: Istituzioni di
diritto romano
«Germa nistisc he Abteilung», la continuazione - risaliva alla «Zeit­ comparato al diritto patrio, le quali - dopo la prima edizione in due
schrift fiir geschichtl iche Rechtswissenschaft», la cui fondazione da volumi apparsa, a Firenze nel 1870-1872 (prece duta nel 1858-1859
pa�te di F r�ed rich Carl von Savi gny nel 1815 (che aveva pubbli cato nel dagli Elementi di diritto romano, a nch'essi in due volumi e pubblicati a
pnmo fasc icolo un memorabile articolo i ntroduttivo) aveva impresso Pavia, quando, ancora p rima dell'unificazione, il S erafini stesso era
una svolta decis iva all'attiv ità della «H istorisc he Schule». P er la professore in quella città sotto l'impe rial-regio governo) - giunsero,
cita d i poco
«Zeitschrift fiir Rechtgeschichte» la distinzione fra la «Romanisti­ cu rate dall'autore , fi no alla sesta ed izione nel 1897, us

sc he» e la «Germa nistisc he Abteilung» (la qual e, intesa com e una dopo la sua morte. In questo studioso, infatti , l'attenzione sulle fo nti
separazione di materia e non cronologica, lasciava - secondo una romane era indissolubilmente legata al d ir itt o pos it ivo , e
la produ­
vecchi a tradizione - la storia d ella tradizione romanistica alla prima zione strettamente romanistica, non m olt o abb on da n te (s i con fronti al
«�bt�ilung», con un'impostazione che si è perpetuata fino ai nostri riguardo l'Elenco delle pubblicazioni di Filippo Serafini, in «AG», LVIII,
mat o dal
g1orn1) aveva, nel 1880, coinciso con l'affacciarsi della nuova meto­ 1897, 522 ss., inse rito nel ricordo de llo scompa rso fir
dologia in cui lo studio storico delle fo nti roma ne, e principalmente direttore, c he era il figlio E nrico), sembra ispirata a ncora a mod elli
del Corpus iuris, era orma i distaccato anche formalmente da qualsiasi volti sostanzialmente verso il passato, anch e se va sottolineata l'at-
xc Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» X CI

en ione talora rivolta, e non brevemente, a fonti estranee al Corpus


� � suo, romanista), partecipa a questo movimento affrontando la tradu­
zuris (come, ad es. , le legg i mun icipal i epigrafiche: Nuove osservazioni zione della sesta ediz ione delle Pandekten d i He inrich Dernburg
s�lle tavole di Salpensa e di Malaga, in «AG», II, 1868, 606 ss.): (1829-1907), pubblicandone, nel 1905, in due volumi le parti
d altro �de, :erso la fi�e degl i anni '70 (proprio quando stava per spec iali riguardanti il diritto d i famiglia e le successioni, nonché le
_
�ommcia�e, m Germama, la metodologia critica ed interpolazionista), obbligazioni: l'impresa doveva esser stata progettata qualche tempo
il Ser�fim cessa, praticamente, questa attiv ità saggistica, e la sua addietro, perché, nonostante nel 1905 fosse g ià d isponibile (dal
.
attenzione per gl i s �d i storici sul d iritto romano si limita, pratica­ 1902-1903) la sett ima ediz ione dell'opera (l'ottava sarebbe apparsa -

mente, ad mterventi m forma di recension i. E sul significato di certe con il t itolo sign ificativamente d iverso d i Rbmisches Recht - nel
rubriche dell'<< Archivio giuridico» si avrà occasione di ritornare. 1911-1912, a cura d i Paul Sokolowski), la traduzione è comp iuta
sulla precedente sesta edizione, a cu i aveva collaborato J ohannes
Fu, del resto, sempre il Serafini a dar i nizio, con la traduzione già B ierma�n, e che risale al 1899-1901 (il che rappresenta il terminus post
.
ricordata del Lehrbuch des P andektenrechts del suo maestro Arndts ad quem per l'in izio dell'opera). Dal canto suo, lo Scialoja affronta la
un ti po d i intervento culturale che ebbe una certa d iffusione nell'I�alia traduz ione del System des heutigen rbmischen Rechts del Savigny: l'opera
a caval iere fra questo secolo ed il precedente, quello cioè rivolto a è pubblicata in tempi molto brevi (dal 1886 al 1888) e ha dovuto
mettere a disposizio�e del pubblico italiano, in traduzione, le grandi impegnare a fondo, a metà degl i anni '80, lo studioso ai temp i delle
_ ,
opere della pandettistica tedesca. E ancora il Serafini, che a metà più volte accennate vicende connesse alla chiamata alla Sapienza
�eg� i anni '80, affronta, in qualità di promotore e coo;dinatore romana, nonostante l'a iuto, d i cu i si è già parlato, e che egl i riconosce
(msieme a Pietro Cogl iolo, e con la collaborazione di Lando Landucc i aver avuto - ma non s i sa a quale l ivello - da Carlo Manenti e Dante
�arlo Fad�a, Con�ar�o Ferrini e Muzio Pampaloni), un'impresa p i� Caporal i (così nella prefazione del traduttore in F. C. DI SAVIGNY,
impeg��t1va ma di diversa valenza, come la traduzione dell'Ausfiihrli­ Sistema del diritto romano attuale, I, Torino, xxn).
che Erlauterung der Pandekten del Gliick: una notizia ne apparve in Già nelle opzion i così eserc itate, è visib ile la cifra dei vari
«RISG», I, 1886, 506 s. (dove si diceva che, nel corso dell'anno studios i. Con l'interesse pr inc ipalmente appuntato al presente (come
sarebbero apparsi i prim i dodici volum i, previsione del resto andata � s i ev ince dalle note già r icordate), Carlo Fadda e Paolo Emilio Bensa
vuoto, ché i primi volumi sarebbero stati pubblicati e non in numero scelgono il manuale del Wi ndsche id, in cu i trova, nell'ambito dei
di dodici, nel 1888 e la traduzione completata neÌ 1909: della cosa pandett ist i, la sua massima espressione la «Begriffsjur isprudenz»; ed
non ri �ulta traccia nell'«Archivio giurid ico», d iretto dal promotore analogamente le Pandekten del Dernburg, il cui metodo si era venuto
Serafim, �he, però, _ mancava in quel periodo d i una rubrica di notizie), spostando sempre più verso il costruttivismo, sono preferite dal
mentre si �nnunciava, altresì, la continuazione, come opera a sé Cicala, i cu i interess i erano sempre condizionati dalle tematiche della
st_ante, dell impresa, laddove veniva meno l'origi nale tedesco (inten­ teoria del diritto, anche quando si muoveva su un piano apparente­
dimento che non sappiamo se abbia ma i trovato inizio d'attuazione al mente storico. Pur tenendo conto che si tratta dell'opera del maestro
livello di lavoro preparatorio, ma che non ha sicuramente dato frutti (ma questo dato va valutato in termini di affinità intellettual i), in un
pubblici: del resto, ancora dopo l'annuncio della traduzione italiana e primo momento il Serafini scegl ie un manuale di un'estrema ch iarezza
l'ini�io della pubblicazione sono apparsi volumi dell'originale stesso). (coltivata, entro certi lim iti, a scap ito della profondità), manuale
E sempre fra gli anni '80 e gl i anni '90, come si è detto, che Carlo proven iente da un autore che, allievo di Georg Friedrich Puchta
Fadda e Paolo Emilio Bensa iniziano la versione del Lehrbuch des (1798-1846), nell'ambito della scuola storica si contraddistingue per
Pandektenrecht�s di Be�_nhard Windscheid, caratterizzata soprattutto la sua orientazione quas i esclusivamente rivolta ai problemi del
,
dalla profondita e dall importanza delle annotazioni - civili stiche - «heut iges rom isches Recht». In un secondo momento, egl i scegl ie -
de i curatori, che pur avendo terminato la traduzione non ri uscirono a autonomamente? - l'Ausfiihrliche Erlduterung del Gliick, opera di
portare a compimento le note. Anche Francesco Bernardino Cicala diseguale valenza nella sua storia durata p iù di un secolo (come già
(1877-1970), filosofo e teorico generale del diritto (ed altresì, a modo r icordato gl i ultim i volum i dell'originale tedesco sono apparsi dopo
XCII Mario Talamanca Vn secolo di «Bullettino» XCIII

l'inizio de lla traduz ione italiana) e ne l succedersi , dopo la morte dello ne parlasse, di questo sicuramente lo Scialoja non poteva non esse r
stesso Gltick, dei vari collaboratori , ma che - pi ù o meno accentua­ consapevole.
tamente - era rimasta sempre sotto l'influenza del modello imposto
da l fondat� re che ne voleva fare una summa dell'esegesi e sop rattutto L'ope ra di F ilippo Se rafin i si era, dunque, esplicata soprattutto nel
de lla dottrma accumulatas i sui test i ne l corso dei secoli , onde anche senso -di - render accessib ile in Italia la dottrina pandettist ica, e c:_on
que�ta seco��a opzione non può essere intesa ne l senso di un approccio l'occh io riv olt o più al «heut iges romisches Recht» (e,
tram ite ess�, al
r e ritto rom ano. I l che
stori co al di ritto romano nella sua specifica identità. diritto attuale) che allo studio st o ico d l di

trovava, del resto, espressione ne lle annate dell'«A hiv giuridico»


�a scelta del _ System del Sa�igny era, anche pe r V ittorio S cialoja,
rc io

motivata sostanzialmente sul piano degli interessi del presente, come fino alla metà degli anni '80 (e su ciò si tornerà fra breve) e ne lla
traspare dal la prefazione del traduttore (cfr. quanto vien detto in F.C. natura stessa della produzione romanistica del suo direttore, di cui si
DI SAVIGNY, op. cit. , xxx s.), ma non può esser guardata solt anto da è già detto. Questa caratte rist ica viene ad eme rgere anche in taluni
assett i éditor iali de lla rivista, che rispecc h iano de l
resto concezioni
questo punto di vista, ed al proposito va anc he valutata la circostanza
affermata dallo stesso Scialoja, semp re nel la prefaz ione (op. ult. cit. , anche altrove diffuse: nel primo numero diretto dal Serafini , il vol. IV
r mater ia, manca il
xvm), che l ' impresa fu assunta ad iniziativa dell'editore (l'UTET di de l 1869, dove l' indice prese nta una part iz ione pe
e tt o , in cui , o lt re a
Torino): a parte il dubbio sulla più o meno totale corrispondenza alla diritto romano (v'è una sez ione di st oria d l diri

realtà di dichiaraz ioni s iffatte, ciò può, senz'alt ro , aver con corso a lavori di o rientazione italianistica, si trova un artico lo-recensione di
determinare la sce lta, nella quale, però, debbono esser ricors i alt ri e
Guido Padelletti su ope re di carattere squ isitamente storico-giuridico
re de l P adel­
riferent is i all'epoca romana), mentre un art icolo , semp
sostanzial i , �ot�vi (alm�no al live llo dell'accettazione della propost�). t zz n la letteratura
lett i , sull'heredis institutio ex re certa, he p ur u ili a do
Dal punto di vista dell «acculturamento» in corso della scienza del
c

pandettistica si limita ad un discorso esclusiv a mente ro manistico, è


diritto p ivato , infatt i esistevan o altri manuali che, ri spett o al System,
� _ : riportat o nella sez ione di diritto civ ile e comme rcial
e. Analoga, in
avevan o il reg10, anzitutto , di esser più rec enti e, poi , di presentare
inario st or ico-g iuri ­
� un' accidentale dive rsità, la distinz ione, ne l Sem
una trattaz10ne p iù equilibrata fra la parte generale e quella speciale: rafin i , coadiuv ato da
_ dico di P isa (sor rett o dall' in iziat iva di Filipp o Se
basti pensare al Lehrbuch des Pandektenrechts di Bernhard Windscheid na st S ve rio Scolari , c he ab­
Francesco Buonamici e dal cost ituz io li a a
ve rso il qu�le si sarebbe orientato qualche anno più tardi il Fadda (� b iamo già visto attivo nella fondazione dell'Ist it u t o de llo Scialoja), fra
che - a diffe renza del System sav igniano, tradotto in francese, donde
«esegesi sul Corpus Iuris civilis» e «storia del diritto antico», la
era stata fatta una pessima, a quel che sembra, traduzione italiana - quale non corre, come potrebbe crede rsi , sullo stesso discrimen -
no� era consultabile se non ne ll'originale tedesco non sempre acces­
_ convenzionale - che attualmente separa le istituzioni dalla storia del
sibile, soprattutto ai pratici). Nel suo profondo senso storico lo diritto roman o , ma fa riflu ire ne lla storia de l di
ritto antico ese rcita­
Scfaloja si orienta pe r un'opera che rappresenta, ne lle vicende della zioni che avevano ad oggetto le tematiche p riv at istiche, al di fu ori di
sc ienza giuridica e della romanistica in particolare, un momento di un'esegesi delle font i g iust in ianee p iuttost o data
ta ne ll'orientamento
cesu ra, oltre che un classico: e non bisogna dimenticarsi che - al di e ne i metodi. E il quadro si può completare ricordando come, sempre
là de lla funz ione colleg ata dall'a. all'opera e re cep ita dal t raduttore nell'«Archivio giuridico», ebbe importanza non secondaria, negli
(nel luogo citato di p. xxx si sottolinea trattarsi di un manuale di anni che vanno dal v ol. XXXIV del 1885 a l vo
l. LII de l 1894, una
diri to civ ile) rubr ica il cui t it olo non può non apparire s ignifi
tivo: Il diritto romano
: _ -:--- anche nel System si trovano ampie tracce de l Savigny
ca

st�n co del dmtto romano (qualità che dom ina la produzione saggi­
_ nella giurisprudenza. Su questa rubrica - cu rata, con notevole rego­
st1c� sulle fonti ro�ane, all'i nfuori del Recht des Besitzes), di quel larità, fino al vol. XXXIX, del 1887, dalla direzione (e quindi
S�vigny che la d ottrma moderna non ha sufficientemente approfon­ personalmente redatta, o quanto meno sotto la diretta responsab ilità
dal v ol. XLVI, del
dito, e che, a torto o ragione, è stato sempre trascurato a favore del di Filippo Se rafini), e ripresa poi saltuariamente,
Savigny iniziatore della moderna scienza del diritto. E, ancorché non 1891, al vol. LV, del 1895, da Giovanni B ru nett i (1867-1934), alle
X CIV Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino » xcv

ori gini romanista (ed allievo del Serafini a Pisa) e poi ordi nario di ascoltato od era entrato in contatto con Giuseppe Cade e Giorg io
diritto ci vile - sare bbe interess ante soffermarsi , approfondendone i Anselmi) ma che aveva proseguito in solitudine , nella città nat ia, gli
contenuti (il che s arebbe qui , oltre che i mpo di Filippo
ssi bile, fuor di luogo): stud i v e �endo a risc uotere l'ammirazione ed il soste gno
bast� rilevare il senso che ha nel contesto attuale la sua presenza, Serafini nel concorso a cattedra per Macerata (al l o ra Univ ersit à
precisata fuori di qualsiasi possibile perplessità dall'affermazi one ini ­ libera), ' v int o nel 1880: e , in e ffetti , il Serafini stess o è
l'unico
ziale , dovuta senza dubbio alla penna del direttore , per cui «lo studi o romanist a ric ordat o nelle pa role di ri ngraz i am e n t o pronunc i ate in
del diritto romano ha da mirare essenzialmente a dar base ad una seria occ asione dei festegg iamenti del 1906, ma - n e ll a fie re zza i s o lana e
scuol a di d iritto ci vile itali ano» (p. 312). non come
nell'autoconsapevolezza dello studi oso - c ome «patron» e
Indubbiamente i tempi non erano maturi , né si può far c arico al maestro (cfr . Ricordo delle onoranze a Carlo Fadda per il XXV anno del
Serafini di non averli da s olo anticipati , né va dimenticato l'influsso suo insegnamento il XXIV febbraio MCMVI nella R. Università di Napoli,
spiegato sul discepolo itali ano dal maestro Ludwi g Arndt s (ma il Napoli , 1906, 43). È vero altresì per Silvi o Pero�zi (1857-1_93 l), che,
problema del rapporto con la romanistica te desc a, anche in relaz ione laurea tosi a Padova ne l 1879 (dove aveva s ent ito probab
ilme nte lo
alle alternati ve c he qui gli si porge vano, farebbe andare troppo Schupfer ed il Bellavite), era stato allievo a Berl�no �i H �inric h
lontano). Se non si può tral asci are , da una pa
rte , l 'opera p i oneristica Dernburg e di Alfred Pernice nel 1883/84 , in un periodo m cui a:e va
d� I lario Ali brandi , portata avanti a Roma in splendi da solitudine , già cominciato, seppur con qualche saggio soltanto, la produz10ne
bisogna r:n�ersi c onto dall'altra che i modi in c ui F ilippo Serafini romani stic a: è molto significativo di un'atmosfera culturale , e va
v��ne ad modere sulla cult ura giuri dica italiana erano, per avventura, quindi sottolineato, guanto scrisse al riguardo Emil io Alber_tario, c�e
pm che altro produtti vi per un miglioramento i n generale della cioè il Pernice non poteva consi derarsi mae stro del Per
ozzi, perche ,
c ultura gi urid ic a italiana, dal quale però non d giovan ud o o ita� i�no, i�
poteva presc indersi per all'e poca del soggiorno berlinese el e st i s
un avanzamento negli studi romanistici che non portasse a fenomeni fi o a en o c ri tic o» di
romanista berlinese non aveva «svelato il magn i c t l t
isol ati c om'era sta to quello di anzi ricordato d
ell 'Ali brandi . poi manifest ato ( così , nel necrologio del Perozzi , i� _«AG» , CVII,
Quando, dopo qualche incertezza degli inizi , Vittorio Scialoja si 1932, 88 s.). E lo è, infine , anche per Contardo Femm (1859-1902),
volse decisamente agli studi romanistici , la situazi one stava cam­ riani (ma già
che se a Pav i a pot eva essersi incontrato con Lui gi Mo
bi ando: uno dei p resupposti fondamentali di tale cambiamento lo si è do�o la laurea ottenuta nel gi ugno d e l 1880), si fo rmò a B erlino,
�ia�zi , indi cato nel generale miglioramento della c ultura gi uri dic� ancora con Alfred Pernice , e soprattutto con T he odo r Momms en e
i tahan� dovuto anche , o s oprattutto, all'opera ed all'esempio del Biag o B rugi
Karl Eduard Zachariae von L ingenthal. È soltanto i
Serafi_n 1. _ In questo clima mutato si vengono ad inserire , però, perso­
(1855-1934), c he , contemporaneamente al Landucci , si _formò � _P�s�
naggi di forte vigore intellettuale e di notevoli capacità realizzati ve alla scuola di F ilippo Serafini , e che , nonostante una carnera agli mizi
co e , � parte l Sci aloja, Carlo Fadda, S ilvio P
�, ? _ erozzi , B i agi o B rugi , meno apparis cente di quella del condiscepolo, venne , però, ad occ1:1-
e pia g10vane di tutti Contardo Ferrini (lasciando per il momento da pare un posto di grande rilievo nella romanistic a italiana (ma anc?� m
parte , ché si collocavano su un piano di minore spicco Muzio generale nelle s cienze giuri di che e soci ali , dove - oltre _ �l dmtto
Pampaloni e Giuseppe Brini , di cui a meglio inserirsi nella rinnovata civ ile - c oltivò la la teoria generale e l a filosofia del
dmtto, con
roma is ica itali a a è il p ri mo che non
� � � il secondo). Dei quattro ampie aperture d'intonazione s ociologizzante).
magg10n esponenti della ge nerazione degli anni '50 bisogna dire che Nelle vicende piuttosto complesse che, negli anni '80, contrap­
tre si sono p raticamente determina ti autonoma
mente alle scelte ro­ posero lo Scialoja all' «entourage» del Serafi?i, la p_osizi one �i questi
manistiche , e non hanno s ubito - in questo momento della carriera
quattro studiosi è stata differenziata, ma mdubbiamente e la loro
- l'i nflusso predominante di un maestro in I talia, partendo qui ndi da presenza su lla scena della romanistica italiana ed il loro c onvergere -
una posizione di pi ù o meno accentuata indipendenza.
se non sempre l'esplicito collaborare - in guanto andava face ndo lo
Ci ò vale , anzitutto, per Carlo Fadda (1853-1931 ), che ave va Scialoja che rese possibile, nel quadro generale del mutamento della
studi ato a Cagliari ed a Torino (e , in
quest'ulti ma sede , ave va metodologia dei nostri studi in corso in Germania, la svolta della
X CVI Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» XCVII

a (ma che d�l


roman istica italiana nell'ultimo decennio del secolo scorso e nel p rimo libero docente di istituzion i di diritto romano a Rom
t tto col segretano
dell'attuale, svolta che l'ha portata ad assumere una posizione punto di vista scientifico non appare . in co� �
rilevare) .
inferi ore a quella d i nessun altro paese in un a di mensione mond iale perpetuo, come abbiamo già avuto occas10ne d1 , ,
oltanto, ne cos i
della disci plina. La frattura non era stata, però, in un ver o s s
ridico»,
laborava più all'«Arch ivi o g i�
In questa svolta, come si è già più volte accennato, i l limitata. Come Scialo j a non col
1 < B llett1�0 >� (pur
determinante dello Sci aloja si svolgeva soprattutto - al livello dei così Filippo Serafini non sarebbe mai apparso s':1 � �
rapp orti p ersonal i - con l' incitamen to, c on il c onsigli o e la già visto, n1 0n1 �ell Is tituto :
avendo partec i pato, c ome s i è
alle nu

costruttiva e fu favorito, lo si è d etto, non tanto dall'Istituto anche se una sola v olta). Essa
coinvolgeva, d'altronde, 1 _ pers�nagg �
Cogliolo, 1 qua�1
dal «Bullettino». Al disegno volto alla creazione del primo più vicini al Serafini, quali Lanci? Land�cc i e Pietro
cosa sul «B�llettl �
essere s tata con temporanea l' i dea di dotarlo di una p ropria praticamente non avrebbero ma� pubbli�ato qual
(anche a non arrivare a pensare che l'Istituto fosse stato divisato no» (anche se per il secondo b isogna rilev are eh : la prod_uz�one d 1
arire proprio mtorn �
avere la rivista, megli o per avere un a rivista che n on s i pr esentasse, saggi romanistici editi in riviste, tende a scomp
all'esterno, c ome un organ o s oltanto personale del futuro s eg retario al 1888): è s oltan to n el v ol. XL,
del 1932, che appare d�l Landucc1
aveva
i (i l quale n el «Bullettmo»
perpetuo). Della rivista stessa - nella seduta del 29 gennaio 1888 (I, un nec rologio di P iet ro Ross
c , n 189 , pro­
1888, 63) - si parla già col tono d i un argomento da pubbl icato soltanto una recensione i taliani_s � ? .
ti a e alla

conosciuto (anche se nei due precedenti verbali pubblicati nulla si lusione senese d i Ludov i co Zd
ekauer, per il corso lib ero 1v 1 te n u �o),
so sc��parso, sc tto
accenna al p rop os ito). E, s e ve ne fosse s tato b isogno, nella p rassi del tutto sproporzionato ai meriti dello stud i �
e ri

scientifica precedente lo Scialoj a poteva, del resto, constatare l'impor­ ire al lettore altnment 1 1gnaro
che, oltre
in modo tale da non far p resag _ (
tanza che av eva avuto, pur s u un altro piano, !'«Archivio g iurid ic o» sc na d S n , Luig i Moriani e F ili pp o Ser�fi m �
alla T e a ie a a
I
a
in
o
foss
per il Serafin i, ed aveva visto e vedeva intorno a sé il sorgere e l'operare naturalmente al Landucci che scriveva), vi .
ero talia altn

di altre importanti rivis te, come gli «Studi e documenti di storia e di c m s d n d M ri n a P av ia, � nommato
roman isti (di essi, m e tu e te i o a i
o nec rolog io al «B�l­
a o
diritto» e la «R ivista italiana per le scienze giuridiche». soltanto Gino Segrè). Come sia arrivato quest zz 1
ta non pers egu iva la complete � �
lettino, non si può d ire»: la rivis
ppars: �ommemo�az10n�
Ma al ruolo svolto dal «Bullettino» con tribuì anche i l m omento materia, ed in quel torno d i tempo non sono �
ent1 1mportan t1 (b as ti
ed il contesto i n cui si veniva ad inserire, insieme all'Isti tuto d i cui era di colleghi _ i taliani e stranieri - ben altnm
, conte�p�raneamente
l' org ano: come g ià detto, il concorso per la chiamata romana d el 1884 pensare a Carlo Fadda, della cui morte si ?ava
aveva lasciato s trascich i profond i tra il S erafini, nonché gli all ievi più a quella di P ietro Rossi e d i
Theod or K1 pp, annunoo . m XXXI?C ·
num�ro il necrol�g10,
vicini - per vari motivi - al maestro, e lo Scialoja, che si 4-6, 1931, 105, prom ettendone per il prossimo
ra all epo�a ormai de�
manif estarono sul piano personale, ma anche su quello editoriale. La mai del resto apparso) che lo stesso Rossi, figu
collaborazione dello Scialoja alla rivista del Serafini era già cessa ta dal romanist ic� it� i n� (e �a1 �el resto d1
tutto spenta nell'ambito della
l a
o Soalo J a e che fr a
1883, quasi un lustro prima d ella progettazione del «Bullettino»: la spicco), collega a Siena, negl i anni '80, d � V 1tton :
olo scorso s 1 t eneva - come il
maestr�
firma del «segretario perpetuo» sarebbe riapparsa sull'«Archivio l' alt ro s in dal declinare del sec
ensioni, m� �nche dei
gi uridico» soltanto quarant'anni più tardi, quando nella direzione Moriani _ in d isparte, e lo si vedrà, delle t
on arte op o nel:'pure
siedeva, fra gl i altri, Pietro B onfante, suo allievo pred iletto ed ormai festeggiamenti propri del mondo accad�mico (n . �
da più di un lustro collega alla Sapienza rom ana (ed appare nel numero o Serafi m, anch q ui m compag m � de�
al volume d i onoranze a F ilipp
e
i e d eg li ev� t1, s �
in cu i, ancora più da lon tan o, fa la sua riapparizi on e sulla rivista Moriani). Indubbiam ente, col passar� degli ann _ �
a parte d1 chi . - 1
Francesco Schupfer, come si è già detto): l'articolo non è, però, possono esser marginalmente allentati - ma d
nel contenu�o. del
romanistic o: Sulla conversione in legge dei decreti-legge, in «AG», vecchi antagonismi: un punto è fermo, che,
sulla sua pos 1z10ne,
LXXXIX, 1923, 1 ss., e tratta di un progetto di legge presentato al necrologio, i l Landucci non cedeva d i un pollice
Senato dallo stesso Scialoja, assieme a quel Gennaro Manna, che era tino» non rapp s ntava nella sostanza
onde il suo ing resso nel «Bullet
re e
X CVIII Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» X CI X

una nuova resa dopo quella del 1888. Tutto sommato, potrebbe darsi verso, avrebbe privilegiato, com'era del resto naturale, la propria
che il tramite per l'operazione fosse stato Pietro Bonfante, che allora rivista come luogo in cui far apparire la propria produzione romani­
si occupava fattivamente della rivista, e che, nonostante il carattere stica e, dall'altro, avrebbe potuto scoraggiare, in modo più o meno
spigoloso, nei rapporti con la romanistica italiana aveva una posizione netto, la collaborazione del Serafini (che, del resto, già da qualche
sotto vari aspetti differenziata, ritrovandosi fra l'altro con il Landucci tempo si concentrava sull'«Archivio giuridico»), ed ancor più dei
nella direzione dell'«Archivio giuridico» (anche se si trattava di un membri del suo «entourage». È difficile, però, immaginare, sotto
fatto piuttosto formale). In questo senso indica, almeno all'apparenza, tutti i profili, una situazione così netta, anche perché il contrasto si
il fatto che nel vol. XLIV, del 1936-1937, appare un necrologio dello manifestava in altre forme, dalle quali, senz'altro, si può assumere che
ste �so La �du�:ci a �rma di Giuseppe Branca (1907- l f87), uno degli l'«ostilità» era bilaterale.
ultimi_ allievi di_ Pietro Bonfante a Roma e sempre legato nel ricordo Va anzitutto rilevato come, dopo la confluenza della Società
alla scuola del grande romanista , che - persona integerrima , di nell'Istituto, il segretario perpetuo avrebbe difficilmente potuto esi­
grande equilibrio, di spiccata lealtà e di profonda umanità - dopo mersi dal pubblicare, nell'organo dell'ente da lui condotto, contributi
una produzione romanistica di elevatissimo livello sino alla fine del di studiosi che - attivamente o meno - ne facevano parte. V'è anche
conflitto mondiale si sarebbe sempre di più volto al diritto civile verso un altro dato: fra i romanisti più vicini al Serafini, il Landucci mostrò
cui lo spingeva il senso giuridico acuto e profondo che ne contraddi­ per tutta la vita il disagio - se non il rancore - per la sconfitta patita
stingueva la personalità di studioso, ed in cui avrebbe dato contributi nel 1884 e per la posizione di preminenza che aveva, in seguito,
di grande importanza , per passare poi, dopo un'esemplare esperienza assunto lo Scialoja (in modo molto più netto e deciso di quanto non
come giudice e presidente della Corte costituzionale, alla vita politica. accadesse per il Cogliolo che pure aveva avuto col segretario perpetuo
Nel ricorrere di quest'ultimo necrologio (si tenga conto che, al il rude scontro - già ricordato - sulla res iudicata). A questi
proposito, il «Bullettino» continuava ad essere ben lontano dalla sentimenti, il Landucci dava sfogo, indirettamente, con affermazioni
completezza) può esser visto il segno di un influsso di Salvatore e soprattutto con silenzi. Riferirò soltanto quanto mi è capitato
Riccobono, che era sempre stato in buoni rapporti col Serafini e con sottocchio in qualche lettura effettuata durante la stesura di queste
l'«Archivio giuridico» ed era forse emotivamente condizionato - pagine. Lo stato d'animo del Landucci si manifesta già nel 1885, in
rispetto ad un collega più anziano - nel lontanare dei ricordi. Più un'articolo che aveva la forma di una «lettera aperta al prof. Francesco
difficile la valutazione dell'accettazione di Giuseppe Branca a compa­ Buonamici» (Di una pessima edizione del Corpus iuris civilis, in «AG»,
rire sul «Bullettino», per la prima volta, con un necrologio: se ciò XXXIV, 1885, 175). Significativa è già la prima frase («a me, primo
mostra come, almeno dalla parte della scuola di Bonfante (o di un per anzianità fra i professori di diritto romano nelle università
settore di essa), si fossero superati gli antichi steccati, resta da spiegare italiane, cui toccò la sorte d'averla a solenne e beneamato maestro,
perché egli abbia accettato, se non sollecitato, tale incarico in un spetta dar l'esempio etc.» nell'unirsi alla presa di posizione dello
momento in cui i rapporti tra le nuove fazioni venutesi da non molto stesso Buonamici contro l'edizione a cui si alludeva nel titolo), frase
a creare (e sulle quali avremo occasione di ritornare) erano particolar­ che svela, al di là di qualsiasi dubbio, lo stato d'animo dello scrittore:
mente avvelenati dalle vicende del concorso a cattedra del 193 7, nel al di là della condanna di una iniziativa editoriale sicuramente
quale riuscì indiscusso vincitore il Branca stesso. avventata (e che non ebbe seguito), lo scopo dell'intervento si coglie
Tornando al periodo iniziale del «Bullettino» , l'assenza di cui si nella chiusa dell'articolo, in cui si propone ai due romanisti pisani -
è detto non può essere stata casuale (come non doveva esser tale la «sia pure valendosi anche dell'opera di altri che loro ne sembrino
mancata collaborazione alla «Rivista italiana per le scienze giuridi­ degni» - di prendere l'iniziativa per «la pubblicazione del Corpus
che» dello Schupfer, anche con il quale i rapporti di Filippo Serafini iuris civilis»: proprio due anni prima, come si è visto, lo Scialoja aveva
e del suo «entourage» non dovevano esser, lo si è già detto, pubblicato uno specimen per una nuova edizione italiana del Digesto
particolarmente buoni): si potrebbe pensare che si trattasse dell'effetto (che avrebbe, poi, condotto a termine, soprattutto con l'aiuto del
di una presa di posizione unilaterale dello Scialoja, il quale , da un Bonfante), e bisognava togliergli di mano questa onorifica impresa.
e Mario Talamanca Un secolo di « Bullettino » CI

L'episodio dianzi riferito è del 1885, ma anche successivamente la dell'Istituto del 7 maggio 1892 (V, 1892, 47 s.) fu votato all'una­
ferita non si chiudeva. Nella produzione del Landucci è costante un nimità un ordine del giorno gratulatorio per le dette onoranze. Dal
tacere, a meno di qualche cenno obbligato (ed «understating»), modo in cui si esprime Scialoja nel dare l'annunzio dell'avvenimento,
dell'esistenza dello Scialoja: particolarmente significativo è il fatto che sembrerebbe dedursi che il segretario perpetuo ne fosse venuto a
in varie occasioni in cui Landucci riflette in generale sul diritto conoscenza tramite «una circolare, con la quale si annunzia la costi­
romano, il nome di Scialoja manchi. Si veda, as es., la commemora­ tuzione di un comitato ...», circolare che era «pervenuta all'Istitu­
zione di Filippo Serafini, in «AG», CV, 1931, 121 ss., dove si to». Di sicuro lo Scialoja non era stato contattato, neppure nella sua
ricorda, di sfuggita, il «Bullettino», ma il nome di Scialoja non qualità di segretario perpetuo, al momento della formazione del
appare nel quadro che vi si dà del rinascere degli studi romanistici, e comitato, ma sarebbe forse eccessivo trarre dal tenore letterale del
in genere giuridici, in Italia, e per tacere di lui si tace di tutti, verbale l'illazione che egli non avesse avuto comunicazione personale
all'infuori del Buonamici (del Serafini coetaneo, collega, ma, come dell'iniziativa. Il segretario perpetuo non prese comunque parte al
romanista, in certo qual modo discepolo). Parlando di Una grande volume-, al quale contribuì, invece, qualche studioso, che, seppur non
centenaria ricorrenza della civiltà latino-italica. Le Pandette di Giustiniano laureato a Roma, si è sempre professato suo allievo' (si vedano, ad es.,
(in «AG», CIX, 1933, 29 ss.), èon accenni retorici e pienamente il Pacchioni ed il Segrè), mentre non erano presenti allievi diretti
immedesimato nell'ideologia del regime, pur osannando - spesso, come Pietro Bonfante nonché Carlo Manenti (Salvatore Riccobono era
genericamente - le virtù e i fatti dell'italica gente, il Landucci non ancora nei suoi «Lehrjahre» in Germania) o indiretti come Cesare
dice una parola dell'edizione italiana del Digesto, che si era da meno Bertolini (la cui assenza è difficile da spiegare, stante i rapporti con
di due anni conclusa: e lo stesso accade nell'analogo saggio Apoteosi Padova, dove insegnavano il Landucci ed il Brugi, che, senz'essere nel
delle Pandette di Giustiniano, in «AG», CXII, 1934, 130 ss. La comitato promotore, erano particolarmente legati all'onorando: men­
dimenticanza era stata ancor più grave in un saggio precedente (Un tre per il Landucci - genero del giubilare - si trattava di una
centenario d'alto momento nella storia della civiltà. Le Pandette di Giusti­ questione di stile, l'esclusione del Brugi resta, in effetti, misteriosa).
niano {53 0-1 93 0}, in «Atti Accad. patav.», N . S . , XLVI, 1929/30, L'ordine del giorno gratulatorio fu portato a conoscenza dei convenuti
9 ss.): qui, a differenza delle precedenti occasioni, il testo edito a nel giorno fissato per le onoranze dal Buonamici, collega pisano
stampa è corredato da lunghe note, fra le quali una (p. 25, nt. 97 (p. dell'onorato, e socio dell'Istituto (V, 1892, 48): a questa presa di
69}), in cui si accenna all'edizione delle fonti, ed a quelle - maior e posizione dell'Istituto è dovuto, evidentemente, il ringraziamento
minor - del Mommsen, per il Digesto. Solo in un caso (Gli studi di contenuto nel volume degli studi inviato allo Scialoja, che suona «al
diritto romano e l'edizione italiana delle sue fonti, in Atti XI Riun. Soc. eh. s. Prof. Vittorio Scialoja. In segno di gratitudine. Pisa, 26 giugno
ital. progr. scienze, Roma, 1922, 497 ss.), né poteva farne decente­ 1892» (firmato: «avv. Filippo Serafini»): v. il volume conservato
mente a meno, v'è il ricordo di «edizioni di fonti ... parziali ... nella Biblioteca dell'Istituto di diritto romano dell'Università di
ottime, come i Digesti giustinianei iniziati a Milano ventitrè anni fa' Roma «La Sapienza», segnatura RS II S481 (1). In un momento
da quattro nostri valenti colleghi», i cui nomi, per non dover far successivo, nell'occasione della morte, il quadro non cambia. Il
quello dello Scialoja, rimangono nella penna dell'autore. necrologio del Serafini, breve ma fortemente laudativo, è firmato -
V'è, poi, la vicenda degli studi in onore. Allorché nel 1892, si in «BIDR» XI, 1898, 58 ss. - anonimamente da «Un Collega
trattò di prendere l'iniziativa delle onoranze al Serafini, il comitato Pisano», di:tro a cui è sicuramente Francesco Buonamici. È difficile
risultò composto (« RISG » , XIII, 1892, 319) da Francesco Buona­ precisare la valenza della scelta redazionale, ma essa testimonia,
mici, Pietro Cogliolo, Carlo Fadda, Luigi Moriani, Muzio Pampa­ comunque, di una difficoltà di rapporti: resta da notare il fatto che il
loni, allievi o studiosi in un modo o nell'altro collegati con !'ono­ segretario perpetuo non volesse provvedere personalmente ad una
rando. Non ne faceva parte, però, il segretario perpetuo di commemorazione di un socio onorario dell'Istituto (mentre l'aveva
quell'Istituto, di cui !'onorando stesso era membro (e per di più come fatto, per restare in Italia ed alla generazione dei vecchi studiosi, per
socio onorario). Al proposito è da ricordare che, nell'assemblea Ilario Alibrandi: VII, 1894, 120 ss., ma anche per il «maestro»
CII Mario Talamanca Un secolo di « Bullettino» CIII

Nicola de Crescenzio: ibid. , 302 ss. ) , ma come, contemporaneamente, lippo Longo, Luigi Mariani, Giovanni Pacchiani, Muzio Pampaloni,
non ritenesse opportuno procedere con un necrologio anonimo, reda­ Teresio Trincheri, Pier Paolo Zanzucchi, Antonio Zocco Rosa. Man­
zionale si direbbe, alla stessa stregua di quanto era accaduto per cano, dunque, i fedelissimi dell' «entourage» del vecchio Serafini, dal
Giorgio Anselmi (VII , 1894, 138) , dato che - già col numero del figlio Enrico a Lancio Landucci ed a Pietro Cogliolo: ma quest'ultimo
1893 - si era innovato sulla prassi originaria del costante anonimato aderì al livello - se vogliamo dire così - inferiore, quello della
dei necrologi stessi. cerimonia, mentre gli altri due erano anche qui assenti. A quest'ul­
Specularmente, le cose vanno analogamente - quasi tre lustri più timo livello aderirono anche altri romanisti, di cui non è facile
tardi - con gli studi in onore di Vittorio Scialoja, che presentano una spiegarsi l'assenza fra gli aderenti ai volumi: Giuseppe Brini ed il suo
strutturazione articolata: v'è un primo volume cui partecipano gli allievo prediletto Emilio Costa, Francesco Buonamici, Carlo Fadda,
allievi, romanisti e non, ed i primi sono in maggioranza (Carlo Arnò, Luigi Lusignani. Manca a quest'ultimo livello anche Pietro Rossi,
Alfredo Ascoli, Pietro Bonfante, Evaristo Carusi, Alfredo de Medio, alieno si è visto da celebrazioni del genere (ma la sua assenza si colora
Carlo Longo, Roberto de Ruggiero, Carlo Manenti, Antonio Marchi, di una certa singolarità nell'adesione del maestro Mariani), nonché
Salvatore Riccobono, Gino Segrè, Siro Solazzi, con in più i giusme­ altre figure del tutto scialbe, se non insignificanti, al livello della
dievisti Francesco Brandileone e Andrea Galante, professore ad storia della nostra disciplina come Enrico Gandolfo, Filippo Milone
Innsbruck, nonché il dott. Anton Francesco Sorrentino, di cui si (1843-1927), per cui si veda la commemorazione di V. ARANGIO­
perdono poi le tracce, ma che scrive di diritto romano), mentre fra i Rurz, Commemorazione del socio Filippo Milone, in «Atti Accad. Pon­
non romanisti si trovano, accanto a qualche personaggio di non tan. » , LVIII, 1928, 102 ss. , palesemente imbarazzata sul piano dei
eccessiva caratura (più che Vito de Pirro, Dante Caporali, sicura­ meriti scientifici, e Adolfo Filippo Rossello (quest'ultimo sicuramente
mente, ma anche il civilista senese Pasquale Coppa Zuccari) , alcuni socio dell'Istituto). È presente soltanto alla cerimonia il collega
dei nomi più in vista della scienza giuridica della prima metà del d'Università Gaetano Semeraro (ma questo vale anche per altri pro­
secolo (Giuseppe Chiovenda, Leonardo Coviello, Oreste Ranelletti, fessori della Sapienza romana: da Vittorio Emanuele Orlando, mini­
Arturo Rocco, Vincenzo Simoncelli, Giacomo Venezian) . V'è un stro pro tempore della pubblica istruzione, a Francesco Filomusi Guelfi,
secondo volume dedicato , invece, ai contributi degli «amici, colle­ socio dell'Istituto, a Vittorio Salandra) . Mancano completamente
ghi, ammiratori» , dove i romanisti appaiono in minoranza (Giovanni anche alcuni dei primi soci dell'Istituto, come i non giuristi Ettore de
Baviera, Biagio Brugi, Pietro Delogu, Salvatore Di Marzo, Flaminio Ruggiero e Giuseppe Gatti (Lorenzo Meucci moriva proprio in
Mancaleoni, Silvio Perozzi, oltre ai giusmedievisti Enrico Besta, quell'anno) . Il quadro era, dunque, articolato (e lo è sempre nella
Silvio Pivano, Nino Tamassia), ed appare anche una rappresenza di realtà accademica).
romanisti e storici del diritto stranieri (Charles Appleton, Robert Un discorso a parte va fatto per Francesco Schupfer: nel 1898 , lo
Caillemer, Edmond Meynial, Raymond Saleilles, Eugen Ehrlich), fra Scialoja contribuiva con quattro pagine, Sulla teoria della interpretazione
i quali, a qualsiasi causa sia dovuta, può colpire l'assenza dei grandi delle leggi, col significativo sottotitolo Nota, agli Studii giuridici dedicati
nomi della romanistica tedèsca, di cui solo Otto Lenel, socio onorario ed offerti a F. Schupfer nella ricorrenza del XXXV anno del suo insegna­
dell'Istituto, figura tra gli «aderenti» (che non hanno inviato contri­ mento (III, Torino, 1898 , 305 ss. ): il contributo, molto breve anche
buti). tenendo conto del fatto che il segretario perpetuo non accentuava mai
Per quanto riguarda le «adesioni» alle onoranze tributate allo la lunghezza dei suoi scritti, non verteva né sul diritto romano né sulla
Scialoja si debbono distinguere-due livelli: coloro che aderirono in storia del diritto, ed a questo elemento va forse ricondotto un
tempo per esser ricordati nei volumi e quanti furono presenti od significato nel contesto. Sette anni più tardi, lo Schupfer non apparve
inviarono la loro adesione alla cerimonia del 18 dicembre 1904 neppure nella tabula gratulatoria degli Studi in onore di V. Scialoja, ma,
(Ricordo delle onoranze a Vittorio Scialoja, cit . , 5 ss. ) . Ai primi, fra i come professore anziano della Facoltà (di cui il preside era per
romanisti (non si distinguono qui gli allievi), sono presenti Cesare l'appunto l'onoranda ed il cui decano Giuseppe Galluzzi, che sarebbe
Bertolini, Giovanni Brunetti, Giuseppe Cade, Giuseppe Leoni, Fi- morto poco più di un anno più tardi era forse impossibilitato ad esser
CIV Mario Talamanca Vn secolo di «Bullettino» cv

presente, ma non risulta neppure fra coloro che aderirono alla ceri­ indiretta). Il « Bullettino» si pone, anche per le ragioni che si sono
monia), intervenne - forse non se ne poteva esimere - alla cerimo­ viste, come il luogo naturale in cui convengono le forze nuove della
nia, con un'allocuzione (vedila in Ricordo delle onoranze a Vittorio romanistica italiana: è soltanto Francesco Buonamici che - fra i più
Scialoja, cit. , 7 ss. ) dai toni, tutto sommato, misurati (soprattutto se anziani (in un modo o nell'altro legati al Serafini) - venne attirato dal
paragonati a quelli degli altri oratori), nel quale ricorda che, dedicato nuovo periodico, collaborando del resto anche alla << Rivista italiana
al Giubilare, aveva « pubblicato un piccolo statuto rurale, che si per le scienze giuridiche». Dei coetanei dello Scialoja (il cui operare
credeva perduto, e che certo ha la sua importanza, specie pei rapporti può esser preso, a diversi livelli, in considerazione ai fini di una storia
intercomunali, che durerà, come documento storico, più che non della nostra disciplina), Silvio Perozzi e Contardo Ferrini, ed accanto
avrebbe potuto un mio qualunque lavoro» (op. ult. cit. , 9): la a loro Muzio Pampaloni, furono frequentatori assidui del « Bulletti­
pubblicazione è rappresentata da Gli statuti della terra di Morcone no», mentre vi fecero anche una rapida apparizione, nel primo
dell'anno 1 3 8 1 , Città di Castello, 1904, che è una semplice edizione numero (del 1888) Carlo Fadda, che si andava allontando da una
del testo senza neppure una riga di commento, dedicata « a Vittorio produzione saggistica sul diritto romano (e che, come ricorda V.
Scialoja nel venticinquesimo anno del suo insegnamento con affetto ARANGIO-RUiz, Carlo Fadda { 1 853-1 93 1 }, in «AG», CVIII, 1932,
pari alla stima» (ed anche questa parificazione non è priva di ambi­ 110, era in un rapporto se non d'antagonismo di emulazione - « gara
guità). Dell'opuscolo, di 35 pagine, esistono due copie nella Biblio­ animosa» - con lo Scialoja), e nel secondo (del 1889) Biagio Brugi,
teca dell'Istituto di diritto romano della Sapienza, entrambe prove­ il quale avrebbe, di poi, riservato la parte principale della sua
nienti dal lascito Scialoja, di cui una (Mise. 671) è quella destinata produzione storica ad atti accademici (dal R. Istituto veneto di
ufficialmente all'onorato (rilegata in marocchino rosso), e l'altra scienze, lettere ed arti e dalla R. Accademia di scienze lettere ed arti
(Mise. 303) è una semplice brossura: può esser significativo che, né in Padova alla R. Accademia dei Lincei): assente rimane soltanto
nell'una né nell'altra, sia apposta una dedica autografa dell'autore. In Giuseppe Brini, tenacemente attaccato agli atti della R. Accademia
sostanza, nella correttezza delle forme (nel contesto lo Schupfer parla delle scienze dell'Istituto di Bologna (e, del resto, presente con un
di « grande affetto» verso l'onorato e di «grande compiacimento» per solo articolo giovanile nell'«Archivio giuridico», nel lontano 1878).
le onoranze), forse la tensione - personale - fra i due studiosi Partecipava invece, nel 1888 e nel 1889, Ilario Alibrandi, a cui lo
continuava. Scialoja restò sempre legato da un particolare ed affettuosa devozione
(diffondendola, del resto, nella sua scuola), e la cui collaborazione
Sul piano strettamente romamstico, ed il paradosso è soltanto deve aver molto significato, come simbolo, per il segretario perpetuo;
apparente, questa situazione rendeva più incisiva l'influenza del mentre solo fra il 1888 ed il 1892 collaborò Ettore de Ruggiero, che,
«Bullettino», la cui pubblicazione segna un momento di netta come si è detto, nella rivista pubblicò anche la sua ampia monografia
cesura, reso del resto possibile - lo si è detto - anche dall'oggettiva L'arbitrato pubblico in relazione col privato presso i romani.
maturazione dei tempi. Vittorio Scialoja seppe, infatti, coagulare Ma erano soprattutto i più giovani, gli allievi che da Vittorio
intorno alla rivista la collaborazione delle migliori forze allora emer­ Scialoja convenivano, oltre che direttamente dalla sua scuola romana,
genti, fossero quelle dei suoi coetanei o quelle dei suoi allievi (e non da tutte le parti d'Italia a dare l'innervatura della rivista, con una
è facile determinare il preciso comporsi dei flussi, dal maestro con il frequentazione più o meno importante, più o meno esclusiva: basti
suo fascino indiscutibile verso la rivista o da quest'ultima, con la segnare le date in cui i nomi più cospicui della romanistica dell'ultimo
posizione che aveva rapidamente assunto, verso il direttore). Una cosa secolo compaiono, al livello di articoli. Già nel 1888 esordiva Pietro
colpisce chi scorra gli indici dell' «Archivio giuridico» e del « Bul­ Bonfante, il primo e forse più grande allievo del maestro. Nel 1889
lettino», per porre a confronto due riviste che, in tempi e in modi Gino Segré (1864-1942), romanista ma anche profondo civilista,
diversi, sono state protagoniste del rinnovamento della romanistica allievo i-Pavia di Luigi Moriani e di Contardo Ferrini, nonché a Roma
italiana (e, il primo, della scienza giuridica in generale, sulla quale, di Vittorio Scialoja, suscitatore - sia a Parma che a Torino - di
per la restrizione tematica, il secondo esercitava una influenza soltanto grandi vocazioni romanistiche (da Emilio Betti a Giuseppe Grosso ed
CVI Mario Talamanca Vn secolo di «Bullettino» CVII

a Giovanni Pugliese), che, nell'imperversare nella metodologia inter­ sione): per errore gli è attribuita in L. CAEs-R. HENRION, op. cit. , 264,
polazionistica, seppe sempre mantenere - sorretto dell'acutissimo la nota sui XVI ab aerario et arka salinarum Romanarum, apparsa nel
senso giuridico - una posizione di marcato equilibrio: nel numero primo numero della rivista (uscito quando Roberto aveva tredici
precedente aveva pubblicato un sunto dei commenti dei due romanisti anni), e che è invece del padre. Ancora nel 1898, Siro Solazzi
di Vienna, Leopold Pfaff, più che altro un civilista, e Franz Hofmann, (1875-1957), anch'egli allievo a Roma dello Scialoja, uno dei grandi
socio onorario dell'Istituto, al Fragmentum de formula Fabiana, mentre fautori della metodologia interpolazionistica, che egli applicava, a
appariva, nello stesso anno, l'inizio di due consistenti monografie differenza di altri, con un vivo senso per la problematica giuridica
nell'« Archivio giuridico» e nella << Rivista italiana per le scienze oltre che con inflessibile coerenza, fino a farla pervenire a quegli
giuridiche» (e l'anno precedente aveva fatto uscire su «Il Filangieri» estremi che ne facilitarono - per contrasto - il rapido declino fra gli
un articolo sulla parafrasi di Teofilo), a conferma di un inizio anni '50 e gli anni '60. E, infine, sempre in quell'anno (in contem­
veramente imponente della produzione scientifica. Sempre nel 1889, poranea con un saggio edito su «Il Filangieri»), il più giovane fra i
in contemporanea con altro saggio pubblicato nell'«Archivio giuri­ suoi colleghi, Luigi Lusignani (1887-1927), destinato ad una dram­
dico», Emilio Costa (1866-1926), allievo di Giuseppe Brini a Parma, matica fine, laureatosi a Parma sotto l'influsso · di Silvio Perozzi e
attento alle fonti letterarie (dai comici latini a Cicerone) ed alla storia Pietro Bonfante, spirito indipendente e bizzarro, la cui produzione -
della giurisprudenza (la sua «Personenmonographie» su Papiniano notevole sotto vari aspetti (soprattutto per quanto riguarda le conce­
{studio di storia interna del diritto romano} , I-IV, Bologna, 1894-1899, zioni eterodosse sulla custodia) - si troncò improvvisamente nel
nella più generale impostazione era di taglio molto moderno, benché 1905. Nel 1900 Alfredo de Medio (1875-1908), allievo a Roma di
deludente nei contenuti), autore d'altronde di ampie sintesi, che, Scialoja, provenendo dagli studi in Messina, sua città natale, dove
però, si limitava ovunque ad un piano sostanzialmente descrittivo. perì nel tragico terremoto degli inizi del secolo. Nel 1901 Salvatore
Nel 1890 Carlo Manenti, che aveva già al suo attivo vari articoli negli Di Marzo (1875-1954), letterariamente attivo soprattutto nella prima
«Studi senesi». Nel 1893, assieme ad un saggio sull'« Archivio parte della carriera (a parte i manuali istituzionali, cui non fu
giuridico», Salvatore Riccobono (1864-1958), laureatosi a Palermo, e tributata una grossa fortuna) anche perché successivamente distratto
formatosi in Germania alla scuola del Bernhard Windscheid e di dall'attività politica, formatosi a Palermo ancor prima dell'arrivo di
Alfred Pernice, e futuro direttore della rivista (di cui si è già parlato Riccobono, nella cui cerchia ebbe poi a gravitare (e seguendolo nella
e su cui avremo occasione di ritornare). E sia permesso di ricordare, sede romana, dove giunse - per decreto emesso d'ufficio dal ministro
nel 1894, la pubblicazione di un articolo del giovanissimo Giuseppe - nell'anno accademico 1935/36, già nella tarda maturità, profes­
Chiovenda (1872-1937), che, pur fra gli allievi più cari al maestro, sando le istituzioni di diritto romano): prima del 1901 aveva soprat­
era destinato a divenire il principe dei processualcivilisti italiani. Nel tutto pubblicato in «Il circolo giuridico», periodico dell'Università
1897 Carlo Longo, allievo diretto dello Scialoja (come si è già di Palermo. Nel 1904 Antonio Marchi (1873-1935), allievo a Roma
ricordato), con il Vocabolario delle costituzioni latine di Giustiniano, dello Scialoja, rivoltosi agli studi dopo anni di lunga preparazione,
mentre l'anno prima era uscito un lungo articolo-recensione nella ché pervenne alla cattedra nel 1909, rinchiudendosi poi nella sede
«Rivista italiana per le scienze giuridiche». Nel 1898 Roberto de senese, dove la sua capacità di lavoro andò, per motivi di salute,
Ruggiero (1875-1934), allievo dello Scialoja ma anche del padre gradualmente spegnendosi. Nel 1905 Giovanni Bortolucci (1881-
Ettore (l'archeologo che era stato fra i padri fondatori dell'Istituto), 1940), formatosi a Modena dove insegnavano Carlo Amò, di Scialoja
romanista e soprattutto papirologo nella prima parte della carriera allievo, ma anche Enrico Serafini e Luigi Lusignani, e passato anch'e­
(quella particolarmente dedicata agli studi storico-giuridici), ma gli sotto l'influenza del segretario perpetuo, che ne valorizzò le
soprattutto grande civilista (ed autore di un manuale di Istituzioni di tendenze verso la cultura greca e la papirologia (che l'avevano portato,
diritto civile in tre volumi - di cui la prima edizione risale al l'anno precedente, a pubblicare un breve saggio sul ius gentium
1911-12, e la settima ed ultima al 1933 - che, basato sul cod. civ. criminale greco nella «Rivista di storia antica», nonché - nel 1903
1865, è rimasto forse finora insuperato fra le opere della sua dimen- e nel 1904 - tre articoli di carattere giusgrecistico e papirologico
CVIII Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» CIX

nell'«Archivio giuridico» , dove lavori di tal genere sono rimasti nel primo dopoguerra sarebbe passato, senza ritorni, al diritto civile,
sempre piuttosto isolati), ma che, in un certo rarefarsi della produ­ dove ha portato, con somma eleganza, contributi scientifici e, soprat­
zione scientifica col progredire degli anni, venne a trovarsi piuttosto tutto, alla nuova codificazione civilistica. Nello stesso numero Gio­
appartato dalle vicende centrali della romanistica italiana. Nel 1906, vanni Rotondi ( 1885- 19 18), allievo a Pavia di Pietro Bonfante,
assieme agli studi sul sequestro apparsi nell' «Archivio giuridico» , studioso dagli amplissimi interessi e dall'operosità prodigiosa (che
Vincenzo Arangio-Ruiz, già tante volte ricordato, allievo a Napoli di può ricordare quella di Contardo Ferrini, con cui ebbe in comune la
Carlo Fadda (ed a Modena di Carlo Amò, ma in sostanza, nella sua patria lombarda, la profonda religiosità, l'interesse per gli studi
particolare cifra di studioso, privo di maestri), futuro direttore della bizantini, ma da cui si distingueva per un maggior vigore nell'ap­
rivista (e su ciò torneremo), legato da un vincolo di particolare profondimento degli aspetti tecnico-giuridici e per un uso più spre­
devozione con Vittorio Scialoja, perpetuato nel ricordo di tutta una giudicato delle tecniche interpolazionistiche), strappato prematura­
vita, tanto profondo quanto scarsa, per essere eufemistici, era l'intesa mente agli studi storico-giuridici, per i quali, mi ricordo, Vincenzo
con Pietro Bonfante. Arangio-Ruiz gli riconosceva - ancora nella vecchiaia - un poten­
ziale primato che non aveva potuto completamente realizzarsi fra i
Nel 1909 Bio11do Biondi ( 1888- 1966), giova,nissi1110 allievo a «giovani» della sua generazione: i primi suoi lavori erano apparsi
Palermo di Salvatore Riccobono, semprè fedele al maestro in vita e nel
ricordo (ed in ciò la scuola «riccoboniana» ha una sua dimensione soprattutto su «Il Filangieri», dal 1909 al 19 1 1, nonché, nel 1908 e
tutta particolare): studioso non lontano - soprattutto nei primo nel 1909, sulla «Rivista italiana per le scienze giuridiche», con la
quindicennio della sua attività - dalla critica testuale, del cui quale il maestro Bonfante manteneva un buon rapporto di collabora­
influsso sembrano, però, affievolirsi le tracce nella romanistica attuale zione. Nel vol. XXV, che concordemente è attribuito al 1912 (anno
(anche la sua opera che penso sia ormai la più citata, il Diritto romano codesto felice per l'ingresso di giovani romanisti nella rivista!), Emilio
cristiano, in tre volumi, apparsi fra il 1952 ed il 1954, si muove su un Albertario ( 1886- 1948), anch'egli allievo pavese del Bonfante, sul
piano sostanzialmente descrittivo, senza che sia particolarmente cu­ quale avremo occasione di ritornare (e che aveva già pubblicato, fra il
rata, del resto, la problematica del pensiero degli scrittori cristiani in 1910 ed il 19 1 1, su «Il Filangieri» e sui «Rendiconti dell'Istituto
materia di diritto). Dopo vari saggi editi fra il 1907 ed il 1909 sugli lombardo»: ed una recensione nel vol. XXIII, del 19 1 1, del «Bul­
«Studi senesi» e sui «Rendiconti del R. Istituto lombardo» , nel lettino»). Sempre in questo volume, giovanissimo, Emilio Betti
1910 Pietro de Francisci, futuro direttore della rivista, allievo di ( 1890- 1968), allievo a Parma di Gino Segrè, uno degli ultimi grandi
Pietro Bonfante a Pavia (ma aveva fatto in tempo a conoscervi anche signori dell'universum ius - accanto a Francesco Carnelutti ( 1879-
Contardo Ferrini), il quale, nella lunga vicenda terrena (connotata fra 1965), che però non ha mai coltivato la storia del diritto (estendendo
il 1920 ed il 1943 da una piena partecipazione alla vita politica del però la sua attenzione al diritto penale, processuale e sostanziale) -
paese - e qui vanno soprattutto ricordate le cariche di ministro di e per questo aspetto vicino a Vittorio Scialoja, dal quale lo divide­
grazia e giustizia e di rettore dell'Università di Roma - : ciò che gli vano, in modo che non potrebbe essere più profondo, le caratteristiche
costò l'epurazione, la quale lo tenne per circa cinque anni lontano dell'ingegno, nell'ultimo caratterizzato dall'intuizione rapida e ge­
dall'insegnamento), non tralasciò mai la riflessione e la produzione niale, nel primo volto ad un approfondimento progressivo dei concetti
scientifica, alla quale tornò completamente negli ultimi trent'anni, e del sistema difficilmente eguagliabile, cui si aggiungeva quell'in­
fortificato in una saggezza ed in un equilibrio - in lui congeniali - clinazione ai problemi filosofi.ci e metodologici che avrebbe dato, nella
dall'esperienza altrove, e sinceramente, sofferta. Nel vol. XXIV, il tarda maturità, i frutti più cospicui nel campo della teoria dell'inter­
quale porta, nel frontespizio, la data del 19 1 1, ma sulle copertine pretazione giuridica e dell'ermeneutica generale (mentre, come si è
cartonate - sia dei fase. 1-5, che del fase. 6 - quella del 19 12 già ricordato, nel suo positivismo il segretario perpetuo si sentiva
Filippo Vassalli ( 1885- 195 5), che, allievo a Siena di Luigi Mariani: completamente estraneo a questo tipo di problemi). Nel 19 1 3 Gu­
aveva pubblicato negli «Studi senesi» vari articoli, fra il 1907 ed il glielmo Castelli, che - giovanissimo anch'egli - contemporanea­
1909, mentre studiava già a Roma alla scuola dello Scialoja, e che già mente usciva anche su «Il Filangierti». Nel 19 1 5 Fulvio Maroi
cx Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino » CX I

(1891-1954), allievo di Gino Segrè a Parma, che, più della giusan­ Teresio Trincheri (che, comunque, pervenne alla libera docenza) e di
tichistica e della papirologia giuridica (che nell'ambito della prima Raffaele Ricci, si è già detto: nel periodo anteriore alla guerra, sono
prediligeva), avrebbe coltivato il diritto privato e il diritto agrario. assai pochi gli altri nomi rinvenuti: quello anzitutto di Francesco
Accanto alle presenze, le assenze rilevano perché limitate. Ve ne Paolo Garofalo che pubblica articoli di vario argomento dal 1901 al
una che veramente colpisce, perché l'interessato si riconosceva allievo 1903 (nei volumi XIII e XV) , ma anche nel vol. LXVI, del 1901,
dello Scialoja, quella di Carlo Amò (1868-1953), che, laureato a dell'«Archivio giuridico» , e sembra poi svanire nel nulla; di G.
Torino quando insegnavano Giuseppe Cade e Giorgio Anselmi, iniziò Notarbartolo, «alunno» del seminario giuridico di Palermo, e quindi
a pubblicare e rimase tenacemente attaccato all'« Archivio giuridico» con tutta probabilità un allievo del Riccobono (di cui non sono
(e, poi, agli atti della R. Accademia di scienze, lettere ed arti di riuscito a trovare altre tracce, né a sciogliere l'iniziale del nome), che
Modena, nonché di quella di Torino), comparendo sul « Bullettino» pubblica un saggio nel 1908 (vol. XX); e di G. L. Perugi (anche qui
soltanto nel numero dedicato alla memoria del maestro nel 1934. Pur non riesco a sciogliere le iniziali), autore di brevi note inserite nel vol.
avendo partecipato agli Studi in onore di V. Scialoja, non ha mai XXIX del 1918, e datate dalla Biblioteca estense di Modena.
pubblicato sul « Bullettino» anche Giovanni Baviera (1875-1963), Quest'ultima notazione si carica di un particolar significato se si
che, spirito indipendente in quell'ambiente palermitano in cui altri­ tiene conto di due circostanze fra di loro connesse: dall'una parte, v'era
menti dominava la personalità del Riccobono, s'era formato - oltre in quel periodo una maggiore partecipazione «dilettantistica» alla
che in Germania - a Pisa alla scuola del Buonamici, prendendovi produzione romanistica, anche e soprattutto per la vicinanza della
anche la libera docenza, ma che avrebbe gravitato successivamente su vicenda storica che aveva portato alla separazione ormai definitiva tra
Roma: scrittore in genere non molto fecondo (le sue collaborazioni alle diritto romano e diritto civile (a prescindere dal residuare, sulle
grandi riviste italiane cessano nel 1904). E , dell'ambiente catanese, è cattedre, di un non indifferente numero di romanisti non particolar­
presente soltanto con una recensione Antonio Zocco-Rosa (1860- mente qualificati secondo i nuovi « standards» , sul piano della pro­
1934), sicuramente socio dell'Istituto, che, però, interruppe i rap­ duzione scientifica); dall'altra, la rilevante presenza di questa produ­
porti in seguito al già ricordato rifiuto di un articolo, cessando a zione di qualità deteriore sulla rivista che, fino all'uscita del
quanto sembra anche dall'inviare i propri lavori (ma rimanendo « Bullettino», deteneva il « leadership» nella pubblicistica romani­
assiduo collaboratore - al di fuori altresì del campo giusantichistico stica, l'« Archivio giuridico». Nel periodo anteriore alla fondazione
- della « Rivista italiana per le scienze giuridiche» , fino al 1917, del periodico dello Scialoja, è indubbio che la rivista del Serafini
anche se negli ultimi tempi prevalentemente con recensioni: l'ultimo accoglieva la produzione dei migliori romanisti dell'epoca, anche
articolo è del 1905): assiduo nella ricerca delle fonti delle Institutiones all'inizio della carriera, com'era accaduto, fra gli altri allo Scialoja, ma
imperiali, ma sostanzialmente un «AuBenseiter» ' che ' fra l'altro ' anche a Carlo Fadda, a Contardo Ferrini (che pubblicava, però, molto
pubblicava prevalentemente , a partire dal 1891, sull' «Annuario del- anche nei « Rendiconti del R. Istituto lombardo»), per non parlare
l'Istituto di storia del diritto romano» , che egli aveva fondato come degli allievi del maestro pisano, da Muzio Pampaloni a Lando
organo del detto Istituto forse sospintovi dall'esempio dello Scialoja (e Landucci, da Biagio Brugi a Pietro Cogliolo, ed anche a Giuseppe
come una reazione al ricordato rifiuto?), ma inserendolo nelle strut­ Brini (dei romanisti per un verso o per l'altro più di spicco di quel
ture universitarie (ed essendone praticamente l'unico membro). periodo soltanto Silvio Perozzi approdò relativamente tardi, nel 1897,
all'«Archivio giuridico»). Accanto a costoro, però, ed in abbondanza
V'è, però, un'assenza generalizzata che è del più grande rilievo. contributi di personaggi di livello decisamente inferiore: di tutti si
Nonostante che, come si può evincere da quanto sin qui detto, la può dire sostanzialmente che non abbiano lasciato ricordo di sé nella
rivista fosse ampiamente aperta a coloro che si affacciavano sulle soglie letteratura di qualche tempo successiva (meritatamente o meno,
del diritto romano, del tutto scarsi sono i nomi di collaboratori che bisognerebbe accertare: ma, spesso, un fuggevole sguardo convince
abbiano interrotto la loro attività di romanisti senza dare frutti della prima alternativa), di parecchi è impossibile addirittura rico­
consistenti o senza progredire comunque nella carriera accademica. Di struire con qualche precisione chi fossero, di alcuni non è senza rilievo
CXII Mario Talamanca Vn secolo di «Bullettino» CXIII

di osservare come, pur essendo arrivati alla libera docenza ed anche senso favorevole alla stessa); nel 1874 di Giovanni Cesareo Consolo
alla cattedra, non siano mai pervenuti, pur potendolo sotto il profilo (1847-1908), che sarebbe stato ordinario di procedura civile a Messina
cronologico, alle pagine del «Bullettino». (se, come credo, possa identificarsi con lui l'avv. Giovanni Cesareo che
È indubbio che il paragone sarebbe scarsamente significativo per firma l'articolo); nel 1875 di Davide Supino (1850-1937), che sarebbe
il periodo anteriore alla fondazione della rivista dello Scialoja (che stato, dal 1878, straordinario e poi ordinario di diritto commerciale
oggettivamente coincide con lo svilupparsi della romanistica italiana nell'Università di Pisa; nel 1880 di Pio Sabbatini (1848-1920) e nel
di taglio moderno): la giovane giusantichistica muoveva allora, con 1884 di Alfredo Codacci Pisanelli (1861-1929), che sarebbero en­
qualche difficoltà, i propri passi, e non v'è molto da meravigliarsi se trambi divenuti ordinari di diritto amministrativo, terminando la
nell' «Archivio giuridico» compaiano nomi che nulla dicono all' o­ carriera l'uno a Modena, e l'altro a Roma. Un caso particolare - nel
dierno lettore e possono interessare soltanto coloro che vogliano 1885 - è quello di Alessandro Chiappelli (1857-1931), allora
approfondire la storia della disciplina in quell'epoca. Faccio dei nomi, professore - evidentemente di scuola media - a Pistoia, ma poi
senza pretesa di completezza (e si tenga conto che, non di rado, si ordinario di storia della filosofia a Napoli (il cui articolo - sulle XII
tratta di articoli in cui la parte «romanistica» s'intreccia più o meno Tavole Eraclito e Pitagora - è attribuito a Luigi Chiappelli,
profondamente con quella di diritto vigente: si noti come articoli di sicura�ente più noto ai giuristi, in L. CAEs-R.HENRION, op. cit. , 70).
tal fatta non siano mai apparsi sul «Bullettino»), senza aver potuto Quanto, però, colpisce è il proseguire di una tale differenza anche
collocare più precisamente questi personaggi, di cui spesso non consta dopo l'anno di fondazione del «Bullettino», in condizioni che vanno
neppure dell'intero nome di battesimo (do comunque tutte le coor­ abbastanza rapidamente mutando nella romanistica italiana. Ancora
dinate di cui sono venuto a conoscenza, e che praticamente sono quelle una breve rassegna di collaboratori che sono rimasti, in un modo o
che risultano dalla rivista): l'avv. Giuseppe Pantano, nel 1870; Pier nell'altro, al margine della nostra letteratura (se mai vi siano effetti­
Luigi Cecchi, Giuseppe Montanari e l'avv . Giuseppe Grossi, nel 1872 vamente entrati): Vittorio Vaturi e l'avv. Ernesto Massa, nel 1893;
(l'ultimo è recidivo nel 1879); il dott . Giuseppe Campani (da iden­ l'avv. Luigi Pulci, Carlo Moratti, di Pavia, ed il dott . Gaetano Rossi,
tificare, forse, con l'avvocato omonimo, che nel 1891, pubblica un nel 1894; il dott. Cesare Baudana Vaccolini (che, altrove, risulta
articolo processualcivilistico, con riferimenti storici, negli «Studi come avvocato, ed aveva pubblicazioni già nel decennio dal 1872 al
senesi»), e Marco Vita Levi, successivamente avvocato in Torino (ed 1882), l'avv. Cesare Burzio, e l'avv. Giulio Saviotti, di Napoli, nel
autore, nel 1881, di un libro De in integrum restitutionibus, ivi 1895; l'avv. Eugenio Barsanti, di Firenze, nel 1897 (e ricomparirà nel
stampato), nel 1878; Paolo Giusto Castellari, nel 1879; V. Punzi, F. 1899); Natale Vianello, professore di liceo ad Alessandria (che scrive
Anau, F . P. Gulli (presente anche nel 1884), nel 1880; B . Cipelli, A. di diritto greco), nel 1901; il dott. Alfredo Armuzzi, l'avv. Placido
Loru ed Enrico Negri di Lamporo, nel 1881; l'avv. Raffaele Gara­ Benigni (che ricompare nel numero seguente), il dott. Ottorino
gnani, di Bologna, e l'avv. Giuseppe Piccinelli, di Cagliari, nel 1884; Clerici, che in realtà è un avvocato di Torino, attivo sul piano del
l'avv. Michele Padula nel 1885; Oliviero Baccarini LioneUi ed il dott. diritto romano già dal 1900, con qualche pubblicazione a sé stante
G. Rosadi, nel 1886; Vittorio Castelbolognesi, di Modena, ed il dott. dell'ampiezza di un articolo di media grandezza (e che ricompare nel
Carlo Andreani, di Macerata, nel 1888. E non si dimentichino, per 1906 e nel 1907), l'avv. Azio Samarani, nel 1904; Guido d'Amario
connotare il clima, i contributi romanistici di giuspositivisti che ed il dott. prof. Vincenzo Macchioro, nel 1905; l'avv. Cristoforo
siedono su cattedre di diritto vigente, come quelli, apparsi dal 1869 Astorri (che si occupa di diritto greco, ma ha al suo attivo anche una
al 1875, di Giovanni de Gioannis Gianquinto (1821-1883), allora produzione canonistica ed ecclesiasticistica), nel 1909. Nel vol.
ordinario di diritto amministrativo nell'Università di Pisa; nel 1871 LXXXIV che chiude questa serie dell'«Archivio giuridico» (in cui,
di Giuseppe Carnazza Puglisi (1834-1908), che sarebbe divenuto bisogna dire, negli ultimi anni il diritto romano veniva decli?'a�do)
ordinario di diritto commerciale a Catania (l'identificazione è soggetta v'è un articolo che si può dire emblematico dal nostro punto d1 vista:
a qualche cautela, perché alla fine dell'articolo appare solo l'iniziale un tale Enrico Benedettini, da Pisa, scrive, a p. 252 ss., sulla
G., ma l'argomento del saggio in materia commercialistica depone in Rescissione della vendita per causa di lesione. Appunti di storia e di
CXIV Mario Talamanca Un secolo di « Bullettino » cxv

legislazione, in cui, nei § § 3-7 si passa dal diritto greco a quello pubblicato, a differenza degli altri, un articolo civilistico e romani­
bizantino, traversando quello romano. Vi sono, poi, ancora collabo­ stico sull'«Archivio giuridico»).
razioni di personaggi più qualificati, ma in altre direzioni: Lamberto È proprio in questo livello di omogenea qualità - oltre nella già
Ramponi, poi professore di istituzioni di diritto civile a Bologna e accennata circostanza che nella rivista non appaiono mai quegli
l'avv. Alessandro Sacchi, che diverrà libero docente di istituzioni di articoli un po «mélangés» di diritto romano e di diritto attuale che
diritto civile a Roma (e non senza qualche contenzioso nei confronti provengono molto spesso da non addetti ai lavori o dai più scarsi fra
della Facoltà di giurisprudenza durante gli anni '20 per l'incarico nella questi ultimi (circostanza in cui gioca, ovviamente, il fatto che il
materia che professava), scriverà varie volte fino dal 1893 al 1898. «Bullettino» è un periodico esclusivamente storico-giuridico) - che
È, del resto, da rilevare - su tutto l'arco qui preso in conside­ deve esser riconosciuta la caratteristica particolare della rivista dell'I­
razione - la collaborazione di romanisti ad un livello senz'altro stituto, alla quale non si può, di certo, attribuire un'esclusiva rispetto
superiore a quello dei personaggi dianzi visti, ma certamente inferiore alla migliore produzione della nascente romanistica italiana. A diffe­
a quello dei collaboratori del «Bullettino», come, ad es. , Antonio renza di quello che sarebbe accaduto, e lo vedremo, nel 1934, la
Longo, di cui si è già detto, e che, prima di divenire definitivamente rottura a livello scientifico e personale investiva praticamente soltanto
un amministrativista, vi pubblica dal 1886 al 1891, e Giuseppe Leoni lo Scialoja ed alcuni personaggi dell'«entourage» del Serafini, né mai
(1854-1911), professore incaricato per lunghi anni a Padova, e poi, il segretario perpetuo ebbe sempre a manifestare pubblicamente se
nell'ultimo scorcio della vita, ordinario a Macerata (che pubblica nei non reverenza, sia pure nella consapevolezza della diversità (indotta fra
suoi esordi patavini, nel 1875 e nel 1876: e farà ancora uscire un suo l'altro dai tempi), nei confronti del più anziano collega, anche se il
articolo nella «Rivista italiana per le scienze giuridiche» del 1901), tono nei confronti dell'Alibrandi era del tutto differente. Bisogna,
mentre non compaiono mai sulla rivista dello Scialoja: e così anche però, ricordare che anche il rapporto con i fedelissimi del Serafini
Antonio Vanni, che pubblica un articolo nel 1883 (e riapparirà nel diventa altrove più sfumato, se si tiene presente come - a fronte della
1888 negli «Studi senesi»), per proludere, poi, nell'inaugurazione situazione nettamente delineata sul piano del diritto romano - debba
dell'anno ace. 1892/93 nella libera Università di Urbino (con un breve essere registrata la circostanza che, già nel 1891, Lando Landucci fa la
saggio sullo Svolgimento storico del concetto di obbligazione nel diritto sua comparsa, fra i «Collaboratori e corrispondenti» del «Foro
romano, Urbino, 1893). italiano», la rivista degli Scialoja (ed in cui vengono a collaborare,
Nel «Bullettino», del resto, nonostante i rapporti del segretario anche se romanisti, tutti gli allievi e gli amici più fedeli di Vittorio),
perpetuo con Nicola de Crescenzio, non pubblicano neppure i nume­ mentre Pietro Cogliolo vi era già nel 1882 (il che potrebbe rendere
rosi liberi docenti napoletani che si occupano di diritto romano: oltre meno significativo il suo ingresso): e i due vi sarebbero rimasti, più
al conte Francesco Saverio de Cillis, che aveva pubblicato nell'«Ar­ che altro per inerzia, fino a quando, verso la fine degli anni '20,
chivio giuridico» nel 1878 (anno in cui prese la libera docenza) e nel scompare nella rivista la relativa indicazione (che aveva forse il torto
1879 (ma contemporaneamente su «Il Filangieri», allora edito a di perpetuare il ricordo di collaborazioni ormai un po' troppo lontane
Napoli), si pensi a Giulio Petroni (presente con un unico articolo su nel tempo).
«Il Filangieri» del 1899, allora edito a Milano), a Nicola Minutillo I romanisti della generazione degli anni 'SO e quelli più giovani
(presente nell'«Antologia giuridica» del 1895/96 e nel «Progresso continuarono a pubblicare, chi più chi meno, sull'«Archivio giuridi­
giuridico» del 1896, legato da vincoli di parentela al de Crescenzio ed co», e pubblicavano, del resto, nonostante l'apparente distanza fra lo
autore di una non esaltante monografia sulla bonorum possessio dopo il Scialoja e lo Schupfer, anche sulla « Rivista italiana per le scienze
diritto delle Novelle e di un manuale di istituzioni, privo di qualsiasi giuridiche»: rispetto ad essi non si può notare quella durezza nel
pregio), a Manfredi Finto (che era, precedentemente, libero docente confronto che caratterizzava i rapporti dello Scialoja con Filippo
di diritto e procedura penale) ed a Domenico de Roberto (dei quali Serafini ed il suo più immediato «entourage» (e non è possibile
non sono riuscito a constatare una produzione romanistica su riviste), stabilire a chi fra i protagonisti del confronto stesso fosse dovuta
ma anche a Filippo Longo (che professava il diritto civile, ma aveva questa flessibilità, forse ad entrambe le parti, e quali ne fossero le
CXVI Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» CXVII

motivazioni anche al livello psicologico). E questa notazione prende volumi ed il numero dei contributi che vi appaiono muta; si ha
ulteriore forza, se si tiene presente l'ampia partecipazione degli l'impressione che nella rivista vengano a sedimentare, senza un preciso
studiosi più o meno vicini a Vittorio Scialoja alla traduzione italiana lavoro di programmazione, i lavori che la posizione dello Scialoja
dell'Ausfiihrliche Erléiuterung der Pandekten del Gliick: collaborano, nell'ambito della romanistica facevano naturalmente affluire verso il
infatti, tutti i coetanei più illustri del segretario perpetuo, da Ferrini «Bullettino». Fra l'altro, dal 1901 al 1922 (il terzo volume del
a Perozzi ed a Brugi (quest'ultimo, il meno attivo, ha curato la dopoguerra) appare un solo articolo dello Scialoja, nel 1907: e le brevi
traduzione e le note di due volumi, mentre la parte del leone spetta, note che saranno pubblicate fra il 1922 ed il 1923 (dopo di che
senz'altro, al Ferrini ed alla sua enorme laboriosità); dal canto suo, il cessano i contributi del segretario perpetuo alla rivista) assommano a
Fadda, il quale si è limitato a curare, con altri quattro studiosi meno di dieci pagine.
(Antonio Castellari [1850-1931} , un processualcivilista d'imposta­ L'espandersi della romanistica italiana sotto la guida dello Scia­
zione storicizzante, lo stesso Ferrini, Carlo Manenti, ed Alfredo loja, dei suoi coetanei e dei suoi discepoli, quale si stava verificando
Ascoli), il vol. XI, assunse la direzione dell'opera, accanto al Co­ anteriqrmente all'inizio della prima guerra mondiale, poneva, del
gliolo, dopo la morte del Serafini nel 1897. Fra i più vicini al Serafini, resto, le basi per un diverso assetto della disciplina, che, pur sotto la
il Landucci si limita a curare il vol. IV, nel 1890, ed il Cogliolo alla guida indiscussa dello Scialoja, tendeva a divenire policentrica: si
direzione dell'opera (si noti l'assenza, a questo livello generazionale, pensi soltanto all'opera di maestri che stavano svolgendo i tre grandi
di Muzio Pampaloni e di Giuseppe Brini). Ma furono presenti, già a allievi nati nel 1864, anzitutto fecondissima quella di Pietro Bonfante
partire dal 1888, tre fra i più cari allievi dello Scialoja, l'Ascoli , il a Pavia, ma assai rilevanti anche quelle di Salvatore Riccobono a
Bonfante ed il Segrè che curarono insieme il vol. VI: e sia l'Ascoli che Palermo e di Gino Segrè a Parma. Su questi sviluppi si instaurò lo
il Bonfante furono tra i più fattivi collaboratori, soprattutto dopo il scoppio della guerra: apparirà ancora un numero, il vol. XXIX, che,
subingresso di Fadda nella direzione. come data del frontespizio dei fase. 1-5 , porta quella del 1916,
Nonostante tutto, era, però, nel «Bullettino» che i romanisti mentre la copertina di tali fascicoli, ma anche del fase. 6, ha quella del
italiani di quest'epoca venivano a formare - sotto la guida di coloro 1918, onde la sua vicenda si è estesa per questi tre anni. È tutto
che riconoscevano, almeno i più giovani, come maestro - una quanto appare fra il 1915, cui corrisponde il vol. XXVIII, ed il 1921,
«geschlossene Gesellschaft» . Ed era proprio nella rivista che si in cui escono due volumi , il XXX ed il XXXI, di ampiezza piuttosto
esprimeva il legame - si può dire totalitario - di Scialoja con la ridotta, dedicati alla memoria di Giovanni Rotondi . La cadenza
nuova romanistica italiana, che egli guidava con il consiglio e con la annuale sarà di poi abbastanza regolarmente mantenuta - si saltano
critica, forse ormai più che con l'esempio, assorbito com'era sempre di soltanto il 1924 ed il 1926 - fino alla scomparsa dello Scialoja. I
più dalla professione e dalla politica. primi due numeri del dopoguerra, del resto, danno l'impressione di
muoversi secondo i moduli di quelli immediatamente anteriori alla
Già negli anni precedenti alla prima guerra mondiale si può guerra stessa, mentre una maggiore strutturazione editoriale della
notare come la rivista mostri, progressivamente, la mancanza di un rivista si ha a partire dal 1922, col vol. XXXII, probabilmente in
forte lavoro di redazione, fenomeno senz'altro dovuto alla circostanza contemporanea con un maggior impegno di Pietro Bonfante anche in
che, come già si accennava, il direttore vi poteva dedicare un tempo questa direzione, il quale risulta ufficializzato soltanto soltanto nella
sempre più limitato: vi sono delle rubriche che danno al «Bullettino» seduta del 16 novembre 1928 (XXXVII, 1929, 99), e limitatamente
una sorta di continuità nel tempo, come la bibliografia di Cesare alla «amministrazione» (termine del resto ambiguo), ma che doveva
Bertolini, che comincia nel 1908 e prosegue regolarmente fino alla già durare da anni ed esser sicuramente onnicomprensivo.
tragica scomparsa dell'autore nel 1915 (l'ultima puntata uscì , po­ Accanto agli studiosi affermati ed ai vecchi maestri continuano a
stuma, nel vol. XXIX del 1918), mentre nel 1910 inizia una Rivista passare per le pagine della rivista molti fra i più promettenti dei
di papirologia giuridica a firma di Vincenzo Arangio-Ruiz che cessa col giovani romanisti: nel 1922 Andrea Guarneri Citati (1894-1943),
secondo numero due anni più tardi. Anche la dimensione dei singoli allievo di Salvatore Riccobono a Palermo, di cui tendeva ad esaurirsi
CXVIII Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino » CXIX

alla metà degli anni '30 l'impegno romanistico, anche perché lo Grosso ( 1906- 197 3), che, allievo a Torino di Gino Segrè cui fino
studioso aveva finito con l'insegnare le istituzioni di diritto privato a all'ultimo tributava, in ogni occasione, l'affetto e la devozione fissati
Palermo. Nel 1923 Guido Donatuti ( 1897- 1969), che, avviato da nella memoria, perveniva già in una precoce maturità alla rivista:
Emilio Albertario agli studi ma senza condividerne gli ultimi eccessi studioso, il quale, pur partendo dalle posizioni della metodologia
nell'«Interpolationenjagd» , schivo d'onori e di clamori avrebbe pro­ interpolazionistica, sarebbe stato uno dei protagonisti del rinnova­
seguito, in Parma sua patria d'adozione, sino alla fine dell'esistenza mento dei nostri studi, portandovi l'attenzione per la concretezza
l'attività scientifica, senza sostanziali modificazioni nel metodo. Nel della realtà storica, perseguita talora a costo di tralasciare la rigorosa
1927 Umberto Ratti ( 1905- 1932), allievo di Pietro Bonfante a coerenza e la chiarezza del discorso; nonché Silvio Romano uno degli
Roma, ma precedentemente di Salvatore Riccobono a Palermo (ed è ultimi allievi romani di Pietro Bonfante, che tentò di riprendere
significativo che questo dato sia taciuto dall'Albertario, nel suo fugacemente la fatica bibliografica di Cesare Bertolini. Ancora in
necrologio in «AG», CIX, 1933, 232: v. , invece, correttamente E. questo periodo vi sono apparizioni di persone destinate ad un più o
VOLTERRA, Umberto Ratti, in «Temi emil.» , IX, 1932, 15 3), benché, meno r.apido abbandono, come Bradamante Loreti-Lorini, nel 192 5
bisogna riconoscerlo, si fosse pienamente immedesimato nella scuola (un'allieva romana, sembra, del Bonfante); Luigi Tripiccione, avvo­
del primo e si contraddistinguesse per l'esercizio non certo moderato cato in Ancona che aveva mostrato altresì degli interessi civilistici in
della critica testuale: la sua carriera fu quanto mai rapida (laureatosi un articolo pubblicato due anni prima nell'«Archivio giuridico» , nel
a 19 anni, a 20 incaricato a Macerata, a 22 in cattedra a Siena, ed a 1927; e nel 1928 Paolo Terruzzi, avvocato in Milano e professore in
26 ordinario a Bologna, essendo passato nel frattempo per la presti­ un istituto tecnico, studioso di legislazione agraria, il quale in quel
giosa sede di Pisa), ma ahrettanto giovane . ve11ne . s�roncato . dalla torno di tempo pubblicava anche nell'«Archivio giuridico» e nella
scarlattina a soli 27 anni. NerT928 ,-Gaétano Scherillo ( 19ù5�I970), «Rivista d'Italia» . Il concentrarsi di queste apparizioni nel breve
àllievo di Ca.dò ongo a Milano (ma che aveva subito anche l'influsso
T
periodo di tre anni, dal 1925 al 1928, potrebbe dare l'impressione che
del civilista Calogero Gangi), studioso dalle tematiche e dal metodo - nel «Bullettino» - qualcosa fosse al proposito cambiato, ma forse
spesso fuori dagli usuali binari, certamente non fra gli esponenti si tratta soltanto di un effetto del caso.
estremi della critica interpolazionistica. Nel 1929, Edoardo Volterra La situazione della romanistica italiana e della sua rivista era,
( 1904- 1984), il futuro direttore, nonché Giannetta Longo ( 1904- però, senza dubbio più articolata che nel periodo anteriore. Si possono
1985), allievo di Pietro Bonfante a Roma, e nipote di Carlo Longo, notare, anzitutto, nel «Bullettino» delle assenze non prive di signi­
tipico esponente medio della metodologia interpolazionistica (nella ficato. Dopo il 1922, e fino al 1934 (il primo volume della nuova serie
quale, probabilmente, s'era più che altro imbattuto), autore di grossi diretta da Salvatore Riccobono;-e dedic�t� -alla .. me�oiEì.�-èfCVmorio
volumi manualistici tutto sommato di limitato valore, e destinato, SéiàI�};) Vi�����o Arangio-Ruiz pubblica pratiZam�iii_�;;�:::i� ne­
anche per certe particolarità del carattere, ad essere, nella vita crologio, guelfo" di Joseph ��rtsch, -ed una recensione, alla terza
accademica un «AuBenseiter» . Nel 1930 Giorgio La Pira ( 1904- edizione ci,ell'EdiCtum pe�pet��m di Otto Lenel: sono asseriifi �\loij;jimi
1977), che, allievo di Emilio Betti a Messina, lo aveva seguito a alliévi napoletani, Francesca ;Bozza. cui spettò d'inaugurare, nel
Firenze, dove prese stabilmente dimora, e dove si volse dal diritto secondo dopoguerra, l'elenco delle giusromaniste in cattedra (e ri-
romano (in cui alle rigidità dogmatiche talora manifestate agli inizi mase, per circa vent'anni, sola nel suo privilegio); Mario Lauria
sostituì , nel corso degli anni '30, una riflessione sulla giurisprudenza ( 1903-199 1), or non è guari scomparso, studioso acuto e solitario, che
romana e sui suoi metodi, che - nonostante non lievi difetti ed una si è ostinato per decenni a ricercare, nelle varie opere che ci sono
visibile superficialità - rappresentavano, in quei tempi, un precor­ pervenute dall'esperienza giuridica romana, la reductio ad unum del
rimento di orientamenti della ricerca prevalsi qualche decennio dopo) sistema; Ugo Brasiello ( 1905- 1983 ), figura anch'essa piuttosto appar­
alla prassi amministrativa e politica che lo rese noto in una cerchia di tata nel quadro della nostra disciplina, che accentuò il proprio
persone incomparabilmente più ampia di quella cui è destinata la isolamento abbandonando, a cause di vicissitudini accademiche, la
nostra fama - in senso neutro - di romanisti. Nel 1932, Giuseppe cattedra di Bologna per il Consiglio di stato, i quali pubblicano invece
cxx Mario Talamanca Vn secolo di «Bullettino» CX XI

nell'« Archivio giuridico » (ma anche nella « Rivista italiana per le presenti nella romanistica italiana, ancorché non specialistiche: l'« Ar­
scienze giuridiche »). È difficile non porre in relazione questo fatto con chivio giuridico » e la « Rivista italiana per le scienze giuridiche ».
la parte sempre maggiore che prendeva nella rivista Pietro Bonfante, Cessato con il vol. LXXXIV, del 1910 in seguito alle vicende
di cui non è necessario ricordare l'animosità e l'avversione nei con­ personali ed alla morte di Enrico Serafini, il primo era rivissuto, con
fronti dell'Arangio-Ruiz, che, nonostante tutto, verso la fine degli una quarta serie, nel 1921, garentito da un comitato di direzione al
anni '20 s'accollò, con i propri allievi napoletani, l'onere dell'indice più alto livello, fra i membri del quale Lando Landucci sedeva soltanto
delle fonti degli studi in onore del professore romano (un altro segno come ricordo di famiglia, ma il versante romanistico era bene assicu­
di come siano complesse, nell'intrecciarsi di vicende e motivazioni rato dalla presenza di Pietro Bonfante (cui sarebbero succeduti, nel
contrastanti, le situazioni universitarie). D'altro lato, lo stesso Ric­ 1933, Pietro de Francisci ed Emilio Albertario) e la collaborazione dei
cobono si chiudeva un po' nella realtà vicina degli « Annali del romanisti, non insignificante sul piano quantitativo, si mantenne su
seminario giuridico della R. Università di Palermo », e con lui anche «standards » di tutto rispetto, a parte gli interventi del Landucci
i suoi allievi, dei quali, però, Andrea Guarneri-Citati era frequente stesso.- Pur con alti e bassi sul piano quantitativo, la « Rivista italiana
sulle pagine del «Bullettino ». In effetti, neppure al livello di una per le scienze giuridiche » aveva sempre conservato un buon livello
recensione o di un necrologio, Salvatore Riccobono non avrebbe più romanistico, fino alla sospensione delle pubblicazioni nel 1921 (do­
collaborato al « Bullettino » dal 1921, in cui partecipò al vol. XXXI vuta anch'essa alle vicende personali del direttore - e « padre
(dedicato, come il vol. XXX, alla memoria di Giovanni Rotondi), al padrone » - Francesco Schupfer, ormai in età avanzatissima), e
1934, in cui, assunta la direzione della rivista, vi scrisse un articolo continua - se non accentua - il suo ruolo nella nostra disciplina,
fortemente e polemicamente programmatico già nel titolo (Interpreta­ anche con la nuova serie, iniziata nel 1926, quando - fra i cultori
zione del C.]. ), il quale apriva la rivista dopo la commemorazione dello delle nostre discipline - siedono, in direzione, Pietro Bonfante e
Scialoja, e le relative notizie biografiche, sempre ad opera del nuovo Pietro de Francisci (nonché, ma a livello molto più modesto, Evaristo
segretario perpetuo e direttore (e non può pensarsi che lo stesso non Carusi).
s'immaginasse quali ripercussioni potesse avere un siffatto atteggia­ V'è un altro punto in cui rilevare una qualche differenza, la quale
mento). È difficile che tutto questo dipenda dal rinchiudersi nell'isola mostra una diversa collocazione dell'ambiente romano nella romani­
natia e negli « Annali » (nei quali non si esaurisce, del resto, la stica mondiale. A partire un dalla fondazione e per un lungo periodo,
produzione di articoli dello studioso), ché vi va visto, credo, un la rivista aveva conservato, un carattere marcatamente italiano, ché
precorrimento della più incisiva rottura verificatasi alla metà degli anzi si sarebbero andati diradando nel tempo i contributi di studiosi
anni '30, sempre intorno al « Bullettino ». La freddezza non può esser stranieri, i quali apparivano, in quest'epoca, tradotti - o redatti -
imputata di certo ad un deterioramento dei rapporti con lo Scialoja in italiano, e provenivano, fra l'altro, da soci onorari o da persone
(cui il Riccobono rimase sempre molto legato): lo spirito critico e comunque vicine all'Istituto di diritto romano dello Scialoja. Già nel
scettico del segretario perpetuo era lontano da qualsiasi intemperanza primo numero era stato pubblicato un saggio di Eduard Zachariae von
dovuta a questioni metodologiche e di principio, bensì alla parte Lingenthal, che continuerà a collaborare nel vol. V del 1892, nonché
sempre più importante che Pietro Bonfante, incline a tale genere di un altro di Charles Appleton, che, come già detto, è qualificato
questioni ed intollerante di sua natura, veniva assumendo nella semplicemente socio: il socio onorario Theodor Mommsen appare nel
rivista; il tramite di un atteggiamento di chiusura verso il Riccobono numero seguente, in un genere letterario allora abbastanza diffuso,
può essere stato, sul piano personale, l'allievo Emilio Albertario (con quello della lettera al direttore, mentre nel numero successivo viene
cui il vecchio maestro siciliano si sarebbe trovato in contrasto anche riprodotta l'edizione del Senatus consultum de sumptibtJ! ludorum gladia­
per la chiamata romana) e su quello oggettivo la rotta di collisione in torJ!,7Eque minuendis, pubblicata nell'« Ephemeris epigraphic:a » (vol. �.·
cui lo studioso siciliano si veniva a trovare con le idee del suo grande VII, del 1888), con un sunto del relativo commento � .cm� di Pietro
coetaneo in materia di contractus. Bonfante. Sempre nel 1889 appaiono articoli di Otto Lenel e di Otto
E continuava, del resto, la concorrenza di due riviste da sempre Gradenwitz, il quale, a intervalli più o meno lunghi, rimase sempre
CXXII Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino » CXXIII

fedele al «Bullettino ». Nel 1890 è la volta di Max Conrat (Cohn), il chio, quasi, con l'inizio del «Bullettino ». La scuola romanistica di
quale continua a pubblicare, sempre in italiano, fino al 1908, ma non Roma, dunque e, conseguentemente, la rivista cominciano ad avere
risulta mai fra i soci, mentre nel 1891 appare un contributo di un'apertura di carattere europeo, anche se la frequentazione di stra­
Hermann Fitting, che - come si è già detto - sarebbe divenuto nieri a Roma, e più genericamente in Italia, dipende ancora, più o
socio onorario nel 1894, e collaborerà fino al 1896. Se nei primi anni meno parzialmente, dalle condizioni personali o nazionali degli stessi.
la presenza di studiosi stranieri è abbastanza significativa, in seguito
tende a diminuire: nel 1896, accanto all'articolo del Fitting, appare Nella vita del «Bullettino », dunque, la fase che si è qui rapida­
un nome nuovo, quello di Moritz Voigt (1826-1905), con un saggio mente vista si presenta, in sostanza, come la continuazione del ruolo
sempre tradotto in italiano e nel 1899, appaiono ben tre articoli del che la rivista aveva avuto nel periodo anteguerra, soprattutto una volta
Conrat, cui ne segue un altro nel 190 l. In quest'ultimo volume superata la fase depressiva che era dipesa dal conflitto mondiale e dalle
compare anche una nota di Esteban Jiménez, ordinario di istituzioni sempre più limitate disponibilità dello Scialoja, ma che - in tale
di diritto romano a Salamanca, sul diritto romano in Spagna (un po' continuazione - subisce, e non poteva esser altrimenti, l'influenza
un unicum nel «Bullettino », fino alle notizie sul diritto romano in delle mutate condizioni oggettive e soprattutto della crescita della
America durante la gestione di Salvatore Riccobono): un'altra colla­ romanistica italiana, che tende ormai a divenire policentrica. Con il
borazione non di alto livello è quella di Richard Hesky che pubblica, vol. XLII, del 1934, si apre, dopo la morte di Vittorio Scialoja, la
nel vol. XV, del 1903, la traduzione di un saggio già apparso nei gestione del nuovo segretario perpetuo Salvatore Riccobono. La vi­
«Wiener Studien » (lo scritto, a p. 169 ss. , dal titolo Alcune note cenda della successione a Scialoja si colloca in un momento di forte
intorno alla significazione della parola 'lex ' {Dig. XXXVIII, 8, 1 , 2}, tensione metodologica nella materia, che si stava tramutando anche in
non è registrato in L. CAEs-R. HENRION, op. cit. , 143, che invece un serrato confronto sul piano personale ed accademico. La reazione
riportano, a suo luogo, l'originale) ed un articolo inedito, ma sempre anti-interpolazionistica di Salvatore Riccobono, maturata negli annÌ
in traduzione italiana nel 1904. '10 e completamente manifestafasi iid cl�cennio successivo, aveva
Diverso l'andamento del dopoguerra. Nel 1922 appare un con­ spÌnto Emilio Albertario ad assumere una posizione sempre più netta
tributo, in italiano, di Adolf Berger (1882-1962), che aveva, però, a favore della metodologia allora- imperante (e clie nessi.in.o dei
conseguito la libera docenza in Italia (ed avrebbe continuato a contemporanei avrebbe pensato già così vicina ad un rapido declino),
pubblicare sul «Bullettino » sino al secondo dopoguerra), mentre nel il che ebbe ripercussioni anche sui rapporti personali fra i due studiosi:
1923 è il socio onorario Otto Lenel che con Intervalla insaniae pubblica bastano a dare di ciò un'idea le annotazioni fatte dall'Albertario
il primo contributo stampato nella lingua originaria. Vi faranno all'articolo introduttivo - e forse un po' troppo accentuato in un
seguito, nel 1927 e nel 1929, articoli, sempre in tedesco, ancora di atteggiamento inutilmente encomiastico - di Giovanni Baviera agli
Otto Gradenwitz, mentre nel 1929 apparve, di nuovo in italiano, un Studi in onore di Salvatore Riccobono nella copia dell'opera appartenuta
saggio di Franciszek Bossowski, professore all'Università di Wilno, e all' Albertario stesso che io posseggo avendola acquistata con alcuni
nel 1931 una nota relativamente ampia, al di fuori dell'impostazione altri libri quando gli eredi ne liquidarono, nel 1959, la biblioteca (i
critico-interpolazionistica, di Gerhard Beseler (1878-1947), De iure cui estratti sono invece pervenuti, per la lungimiranza di Edoardo
civili Tullio duce ad naturam revocando (XXXIX, 1931, 295 ss. ): gli Volterra, all'Istituto di diritto romano della Sapienza), e da cui traluce
articoli invece dell'estone Ernst Ein, dell'Università di Tartu, in un antagonismo di durezza difficilmente immaginabile.
Estonia, ma allievo di Pietro Bonfante (cui dedica il saggio), nel Il contrasto metodologico si rifletteva, d'altronde, sul piano
1931, e del moravo Jan Vazny di Brno, allievo di Riccobono, nel accademico, e procurava una nuova lacerazione nella romanistica
1932, sono di studiosi in quell'epoca operanti prevalentemente in italiana all'interno di una tradizione che si rifaceva tutta a Vittorio
Italia, ed hanno quindi un significato abbastanza diverso. L'ultimo Scialoja, ma in cui Salvatore Riccobono si opponeva a Pietro Bonfante
contributo di uno studioso straniero, durante la gestione Scialoja, è ed ai numerosi allievi di quest'ultimo, fra i quali emergeva, al di là
significativamente di Otto Gradenwitz, nel 1933, saldando un cer- dei meriti scientifici, la figura di Emilio Albertario, mentre Gino
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CXXIV Mario Talamanca I Un secolo di « Bullettino » cxxv
Segrè e la sua scuola tenevano, sotto il profilo meramente scientifico, L'affronto al vecchio romanista era stato, senz'altro grave, nono­
una posizione a sé stante, e tutto sommato contraria agli eccessi stante che, successivamente, la sua posizione tendesse ad affermarsi: al
incontrollati della critica interpolazionistica. Riccobono fu, infatti, affidata - nel 1932/33 - la supplenza di
Proprio sul piano accademico, Salvatore Riccobono ed Emilio Pietro de Francisci, nominato ministro, e dopo la morte di Pietro
Albertario si erano apertamente scontrati nelle vicende relative alla Bonfante il suo corso di esegesi fu, per quell'anno, parificato a quello
successione di Vittorio Scialoja sulla cattedra di istituzioni di diritto di diritto romano. In tale occasione, anche le onoranze al grande
romano. Il desiderio del maestro di Palermo di trasferirsi nella studioso scomparso furono oggetto di compromesso: il necrologio
capitale si era contrapposto a quello di Emilio Albertario, che sull'«Annuario» fu affidato, infatti, al Riccobono nella seduta del 21
incontrava sicuramente l'appoggio sia di Pietro Bonfante che di Pietro dicembre 1932 (probabilmente perché era il più anziano fra i profes-
de Francisci: la soluzione presa fu di compromesso, ché, nonostante sori della materia), la commemorazione ufficiale in facoltà all'Alber-
l'anzianità ed il prestigio indiscutibilmente maggiori, Salvatore Rie� tario in quella del 15 marzo 1933. E, fatto più importante in questa
cobono fu dirottato alla cattedra di esegesi delle fonti del diritto vicenda, il 29 maggio 1933, Salvatore Riccobono fu chiamato a
romano, per lui istituita, ma per una materia praticamente comple­ ricoprire la cattedra di diritto romano, conservando l'incarico di
mentare (nonostante che fosse stata inserita - presente, però, il esegesi (ma rinunciando successivamente alla supplenza del de Fran-
Riccobono, che l'avrà certamente difesa - fra le sette, nelle quali - cisci per la storia del diritto romano, che andò all'Albertario): e con
per il terz'anno - lo studente poteva scegliere sei insegnamenti, ciò va, altresì, ricordata la successione a Vittorio Scialoja nella
secondo il piano di studi consigliato dalla Facoltà; le altre erano: direzione della Scuola di perfezionamento, che era rimasta, nel
diritto civile, diritto e procedura penale, diritto romano, medicina 1931-32, senza direttore, e che egli conservò fino al pensionamento
legale, scienza delle finanze, diritto amministrativo). L'Albertario nel 1935. Il destino romano del vecchio maestro fu, però, attraversato
andava invece a ricoprire la cattedra fondamentale di istituzioni di da un'ulteriore contrarietà: egli si era deciso ad abbandonare la natia
diritto romano. La mediazione fu forse favorita da Vittorio Scialoja, Sicilia non lontano dalla pensione (e la causa di tale decisione va
per carattere meno incline agli atteggiamenti di chiusura degli altri senz'altro trovata nel desiderio di avere, dalla cattedrarnmana, ��a.
due romanisti (e soprattutto di Pietro Bonfante), ma è del tutto cassa di risonanza di maggiore portata per la crociati i���:r!i�erpola­
probabile che non corrispondesse ai suoi convincimenti: difficilmente zionistica ormai in pieno svolgimento da circi iiii · decennio), ma in
sarà stato un caso che il vecchio segretario perpetuo fosse assente nella q�esta decisione non potèva tener conto che della normativa vigente
seduta del 9 luglio 1931 in cui il compromesso venne varato. Per nel 1931, quando i professori andavano a riposo a settantacinque anni,
quanti impegni egli potesse avere, se lo avesse richiesto, la facoltà senza periodo di fuori ruolo (introdotto nel dopoguerra, in via di
sarebbe stata convocata in un giorno a lui gradito, od avrebbe rinviato compromesso fra coloro che volevano tornare al limite di età di
la decisione, nel caso di un impedimento sopraggiunto: si è che lo settantacinque anni e quelli che volevano mantenere quello più basso
Scialoja, che nutriva grande affetto per il Riccobono (il quale, con fissato, non senza qualche oggettiva giustificazione, dal fascismo). In
devozione, glielo ha sempre ricambiato fin nella più tarda vecchiaia), seguito all'improvviso abbassamento dell'età del collocamento in
non voleva avallare, con la sua presenza, una manifesta ingiustizia. pensione a settant'anni, voluto dal governo fascista, il suo magistero
Forse il compromesso sarà stato subito anche dalla Facoltà (il preside venne a cessare con il 1934/35 (sarebbe, però, ipotesi troppo mirata
era allora Giorgio Del Vecchio, filosofo del diritto), ed andava di pensare che il desiderio di accantonare il rivale possa aver g10cato,
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certamente ad incidere sul delicato gioco dell'organico: sarà soltanto tramite il de Francisci, nella decisione politica ispirata, forse alla
un caso della verbalizzazione, ma nelle due prime sedute a cui lontana, dal « largo ai giovani!»). La successione del Riccobono non
l'Albertario (il 23 novembre 1931) ed il Riccobono (il 18 dicembre passò per la facoltà (cui non rimase che prenderne atto il 24 ottobre
dello stesso anno) parteciparono non risulta alcun indirizzo di saluto 1935), perché, avvalendosi dei poteri allora posseduti, il ministro
ai nuovi colleghi (quale era, invece, d'uso nella prassi della Facoltà procedette, d'autorità, al passaggio di Emilio Albertario alla cattedra
romana). di diritto romano e di Salvatore Di Marzo, allora ordinario a Palermo,
CXXVI Mario Talamanca
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i Vn secolo di «Bullettino» CXXVII

a quella di istituzioni di diritto romano (e per quest'ultimo, che aveva seguita «all'unanimità» (p. 628) , il che del resto accade anche per la
molto rilassato la sua attività scientifica, il provvedimento sarà stato designazione dei membri del consiglio d'amministrazione (p. 627 s.).
di certo dovuto anche alla collocazione politica - fu sottosegretario È evidente che non vi sono state formali votazioni e che tutto era stato
alla pubblica istruzione e podestà di Palermo -: ciò che, del resto, lo concordato, ma ciò rende a fortiori significativa l'omissione di qualsiasi
portò all'epurazione dopo la liberazione di Roma , la quale precedeva accenno ad un consenso unanime.
di un anno soltanto l'effetto dei limiti d'età, il che può spiegare L'esordio di Riccobono come direttore non fu, del resto, conci­
l'acquiescenza ad esso dell'interessato): la situazione restava sostan­ liante: come si è già visto, la nuova serie si apriva con un articolo che
zialmente invariata, perché, se non allievo, il nuovo romanista era era una sfida alla metodologia interpolazionistica. E difficilmente ci si
senz'altro da considerare nell' «entourage» del Riccobono. sarebbe potuti attendere un altro atteggiamento, tenendo conto del
Sulla vicenda delle cattedre romane, la morte dello Scialoja carattere e delle radicate convinzioni del nuovo direttore, nonché
instaurava, poi, un ulteriore aspetto di tensione, rappresentato dalla soprattutto del sottofondo ideologico che ispirava la sua presa di
successione, più che nell'Istituto ormai spento da anni, nel «Bullet­ posizione, dove non era tanto la storia ad importare, quanto il «valore
tino» , dato che la rivista era il mezzo più idoneo a proseguire una eterno» del diritto romano. Troppo lungo satebbe disegnare, in
battaglia che si svolgeva tutta sul piano della metodologia: e che di ciò generale, la storia della romanistica italiana negli anni immediata­
fossero consapevoli i contendenti dà una - non necessaria - con­ mente precedenti alla guerra, e mi limiterò alla storia della rivista . A
ferma il modo, già visto, con cui il Riccobono apriva la nuova serie, Riccobono, che era andato in pensione nel 1935, restava, accanto
andando diritto al cuore del problema con l'articolo Interpretazione del all'insegnamento alla Lateranense, il «Bullettino»: a succedere ad
C.]. (dal contenuto, del resto, sostanzialmente ripetitivo di cose già Albertario, passato al diritto romano, nella cattedra di istituzioni di
dette e spesso generico); e del resto l'Albertario ribatteva colpo su diritto romano era stato chiamato, come si è detto, Salvatore Di
colpo, ché il suo contributo a questo numero, dedicato alla memoria Marzo, che gravitava nell'orbita del nuovo segretario perpetuo, ma la
di Vittorio Scialoja , s'intitolava La critica della critica: e, con un certo sua presenza a Roma non servì , di certo, a creare difficoltà all'Alber­
simbolismo, chiudeva praticamente il volume (era il penultimo arti­ tario, che assunse, nel 1935/36 sia la direzione della Scuola di
colo, prima di quello di Vincenzo Arangio-Ruiz sul nuovo Gaio perfezionamento che, a partire dalla creazione, quella dell'Istituto di
egiziano). I contrasti sulla nomina debbono non esser mancati, anche diritto romano. Fu soprattutto attraverso la Scuola, dove fra l'altro il
se l'aspirazione del Riccobono era difficilmente resistibile, data l'au­ Di Marzo era stato relegato all'insegnamento del diritto bizantino,
torità e l'anzianità del personaggio: forse sarebbe stato soltanto Pietro che - senza una reale proporzione ai meriti sul piano scientifico (dove
de Francisci a poterglisi opporre, stante l'indiscussa posizione di le sue opere, praticamente, sono ormai più che dimenticate inutiliz­
autorità e di prestigio in campo politico, ma l'allora ministro di grazia zabili), ma con una sapiente opera di organizzazione - l'Albertario
e giustizia , e futuro rettore dell'Università, probabilmente non poteva venne ad assumere, fra il 1935 ed il 1942, una posizione di estremo
assumere l'incarico in contrapposizione al Riccobono, proprio perché rilievo nei confronti dei giovani romanisti italiani di qualsiasi estra­
condizionato, sotto vari profili, da tale posizione. Una traccia di quei zione, i quali, in un modo o nell'altro, si trovavano - in grandissima
contrasti si rileva , a ben vedere, anche nel verbale della seduta del 3 maggioranza - a passare per Roma e per la Scuola od a far capo alla
febbraio 1934 (XLII, 1934, 627 s.): !'«unanimità» del consesso (del collana delle Pubblicazioni dell'Istituto di diritto romano e dei diritti
resto molto ristretto, stante il basso numero di partecipanti) è dell'Oriente mediterraneo (aperta - nel 1937 - con il volume di
registrata , a p. 628, soltanto per l'intitolazione della rivista a Vittorio Pasquale Voci L'errore nel diritto romano). Ed il clima che si erà venuto
Scialoja (ed è significativo che non si pensi ad intitolare l'Istituto allo a creare risulta inequivocabilmente da molte dediche di monografie
scomparso: nella versione prescelta, che è ancora l'attuale, «Vittorio prime di questi anni, anche all'infuori di tali Pubblicazioni, nonché
Scialoja» potrebbe del resto riferirsi sia a «Bullettino» che ad dalla tendenza del «maestro» ad appropriarsi come allievi dei giovani
«Istituto»). La nomina di Salvatore Riccobono a segretario perpetuo che, in un modo o nell'altro, passavano per Roma: la si veda, ancora
non viene qualificata né come avvenuta «a maggioranza» né come sul finire della guerra, visibilissima nel necrologio di Odoardo Carrelli
CXXVIII Mario Talamanca
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Je Un secolo di «Bullettino» CX XI X

(1908-1943) - allievo a Napoli di Siro Solazzi, ma poi legatosi con studioso dal taglio piuttosto particolare e nella vita accademica
un forte vincolo a Vincenzo-Arangio-Ruiz - pubblicato in «SDHI», appartato: alle altre assenze non può in genere riportarsi un particolare
X, 1944, 187 ss. (il fase. 1 della rivista, in cui queste pagine significato (tutti sappiamo che i cicli produttivi non corrispondono
appaiono, sembrerebbe edito prima della liberazione, seguita il 4 sempre alle occasioni celebrative), come ad es. a quelle di Gaetano
giugno di quell'anno, dato che in esse si tace completamente delle Scherillo o di Silvio Romano, ma anche di Giovanni Baviera, il quale
modalità della morte, che vide il giovane romanista falciato dal fuoco aveva esaurito da tempo la sua attività letteraria, come del resto
tedesco, mentre si recava, con una bandiera bianca, a parlamentare). Filippo Messina Vitrano. Né può colpire l'assenza degli avversari di
sempre, Lando Landucci, al termine del resto della vita terrena, e
La decisione del 1934, inevitabile come s'è detto, privava però Pietro Cogliolo (ma quest'ultimo, comunque, era ormai lontano da
l'Albertario della rivista: qui si deve vedere l'origine di quegli «Studia anni dalla saggistica sul diritto romano), o di studiosi che vivevano
et documenta historiae et iuris» , usciti per la prima volta nel 1935, sostanzialmente isolati, come Flaminio Mancaleoni (1867-1951), il
sotto la direzione per l'appunto dell'Albertario, come organo dell'U­ quale,- già da qualche tempo, si era, anch'egli, praticamente allonta­
niversità Lateranense (e precisamente del Pontificium Institutum nato dalla produzione scientifica (chiuso nella sua Sassari, dove era
utriusque iuris), e che si presentava espressamente come la continua­ sempre tornato dopo fugaci apparizioni a Parma ed a Napoli), ed
zione dell'omonima - ma col titolo in italiano - rivista che era stata alieno ormai da celebrazioni del genere (aveva partecipato soltanto,
di Ilario Alibrandi. Se non innestata su una vicenda che già si era nella prima maturità, alle raccolte per Vittorio Scialoja e per Carlo
cominciata a muovere per suo conto (in previsione del probabile Fadda, fra il 1905 ed il 1906).
svolgersi degli eventi al momento della scomparsa dello Scialoja), la Poi, fra il «Bullettino» e «Studia et documenta historiae et
reazione dell'Albertario stesso alla decisione del 3 febbraio 1934, con iuris», si assiste ad una ripartizione assai rigorosa. Nel «Bullettino»
la quale Salvatore Riccobono era stato nominato segretario perpetuo continuarono a pubblicare, assieme agli stranieri (e su questo aspetto
affidandogli così la rivista, era stata, si può dire, fulminea: il primo si tornerà fra un momento), solo le persone che si trovavano in un
numero del nuovo periodico storico-giuridico (e, tutto sommato, particolare rapporto col Riccobono, gli altri emigrarono, sia i giovani
romanistico) usciva, praticamente, in contemporanea al primo nu­ che i meno giovani, verso «Studia et documenta historiae et iuris»,
mero del «Bullettino» diretto dal Riccobono (il vol. XLII corri­ accanto a cui la produzione saggistica dei romanisti continuò ad essere
sponde, formalmente, all'annata del 1934, ma risulta pubblicato nel accolta soprattutto nella «Rivista italiana per le scienze giuridiche» e
1935, l'anno della prima annata degli «Studia», nella quale non nell'«Archivio giuridico». Nelle sei annate che vanno dal 1935 al
risulta una diversa data di pubblicazione effettiva). 1941 (il 1937 venne accorpato, nel vol. XLIV, al 1936), si trova
La romanistica italiana venne così ad avere due organi speciali'z­ soltanto un saggio di Giuseppe Grosso nel vol. XLIII, del 1935, che
zati, il che era senza dubbio un vantaggio, ma l'ulteriore conseguenza continuerà a pubblicare ampiamente sugli «Studia»: ed in questo
fu quella di una divisione nelle collaborazioni molto rigorosa, con volume uno degli ultimi articoli di Giovanni Bortolucci, ormai un po'
pochissime eccezioni, almeno sino alla fine della guerra. Plebiscitaria, al margine, come si è detto, delle vicende della romanistica. Nel vol.
o quasi (mancano, però, i più giovani che in generale non avevano XLIV, del 1936-1937, un articolo di Giorgio La Pira, personalità
vinto il concorso, ma si trattò, senz'altro, di una scelta di politica tutto sommato estranea alla rivalità fra le scuole (e che avrebbe, del
editoriale), fu la partecipazione degli studiosi italiani al primo volume resto, collaborato anche al primo numero di «Studia et documenta
della nuova serie del «Bullettino», diretto dal Riccobono, ma ciò si historiae et iuris», limitando la sua presenza a questa partecipazione)
doveva soltanto alla circostanza che il numero era stato dedicato alla ed un altro di Siro Solazzi, che apparteneva ormai ai seniores della
memoria di Vittorio Scialoja, al che deve ricondursi anche la circo­ materia, ed aveva sempre appalesato - anche nell'avversione al
stanza di qualche partecipazione «unica» alla rivista, come quelle di regime - un'indipendenza di carattere che ben poteva giustificare
Carlo Arnò e di Stanislao Cugia (1877-195 2), che, venuto a seguire questa presa di posizione (ma ben più copiosa era la sua collaborazione
Carlo Fadda sul continente dalla natia Sardegna, fu sempre uno alla rivista dell'Albertario, al quale l'accomunava l'intransigenza nella
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cxxx Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» CXXXI

metodologia interpolazionistica, anche se le esegesi critiche dello direttore, su cui s'era accanita - con gli ostacoli frapposti alla
studioso di Jesi avevano - sul piano della costruzione dogmatica - circolazione dei volumi degli Scritti giuridici (di cui si distrussero le
ben altra «envergure»): il che può spiegare, sotto un diverso profilo, copie non destinate ai sottoscrittori, onde essi rappresentano un'opera
l'apparizione, nel vol. XLVIII del 1941, di un articolo di Antonio non facilmente ritrovabile) - l'iniqua legislazione razziale, che -
Guarino, allievo del romanista napoletano (anch'egli, del resto, ben con il bando dalla scienza ufficiale - aveva altresì colpito Edoardo
più cospicuamente presente in «Studia»). Nel vol. XLV, del 1938, Volterra, anch'egli presente, con un saggio, nello stesso volume (in
si trova l'ultimo articolo di Carlo Longo, anche al quale va ricono­ cui, dopo un primo contributo apparso nel numero precedente, usciva
sciuta un'indiscussa indipendenza nel pensiero e negli atteggiamenti, anche l'ampia monografia sull'arra dell'allievo Massimo Massei [1915-
e nell'annata successiva (vol. XLVI, del 1939) un saggio del nipote, 1946}, immaturamente scomparso nel primo dopoguerra, che, per via
Giannetto Longo, destinato nel dopoguerra (in cui fu uno dei pochi a del maestro, doveva pure trovare trovare difficoltà a pubblicare). Qui
veder revocato il trasferimento d'ufficio a Genova, ottenuto dal si mostra un tratto di grande rilievo nella conduzione editoriale del
ministro) - pur nel perdurare della produzione letteraria - ad Riccobono, che ne fa risaltare l'indipendenza morale ed il coraggio
isolarsi dal contesto della romanistica italiana (e che, fra l'altro, personale: il venir incontro a coloro che, per qualsiasi motivo,
apparve solo isolatamente nella rivista dell'Albertario). Nel vol. trovavano difficoltà nella diffusione del loro pensiero (il che troverà
XLVII, del 1940, una recensione di Guglielmo Nocera, allo Spirito rispondenza anche nei confronti dei collaboratori stranieri). Di questa
della civiltà romana di Pietro de Francisci: il che corrisponde un po' alla accoglienza T nel «Bullettino», Volterra si mamenne grato, fino all'ul­
posizione assunta da codesto studioso, che ha sempre accentuato le tµno, ne a
corifiònri' el Riccobono, al quafè-Tavvicìnavc1, in una
manifestazioni di uno spirito naturalmente incline ad atteggiamenti devozÌone affettuòsa, la comune - anche sè diversamente motivata
eterodossi, anche sul piano culturale (in una produzione non egual­ - �vversforie néi confronti della metodologia interpolazionista: e, del
mente ripartita nel tempo, e nel periodo più vicino a noi disordinata resto, nei miei ricordi fondati su una consueri.i_dìn; -p�;s�nale ed
ed approssimativa), e che, con l'indubbia indipendenza di giudizio accademica di oltre trent'anni emerge chiaramente come fosse stato
sempre perseguita (anche per il forte desiderio d'«épater le bourgeois» complesso - e tutto sommato sempre più difficile con il progredire
con i propri atteggiamenti), si collocava allora in una posizione quasi del tempo - il rapporto fra l'Albertario ed il mio immediato
equidistante dal de Francisci (cui offriva, nel 1940, come al proprio predecessore nella direzione della rivista (uomo, senz'altro, difficile e
maestro Il potere dei comizi e i suoi limiti, edito nelle pubblicazioni non proclive a concedere la sua - anche per ciò preziosa - amicizia).
dell'Istituto romano) e dal Riccobono, alla cui «scuola cara e indi­ Al quadro così delineato corrisponde il massiccio apporto del­
menticabile», era invece dedicato Insolvenza e responsabilità sussidiaria, l'«entourage» di Riccobono: fra gli allievi meno giovani continua la
del 1942. collaborazione di Salvatore Di Marzo, di Biondo Biondi e di Andrea
Nel pieno della guerra, il vol. XLVIII del 1941, già ricordato, Guarneri Citati. Ma arrivano sulla rivista anche le nuove forze della
presenta forse qualche mutamento, seppur marginale; oltre a quello scuola, che saranno fra i protagonisti della nostra disciplina negli anni
del Guarino già ricordato, un altro articolo di esordio sulla rivista, di del secondo dopoguerra. Cesare Sanfilippo, alla appassionata e solerte
un autore relativamente maturo, Arnaldo Biscardi che - laureato a cura del quale dobbiamo il prosperare ed il perdurare di «Iura»,
Firenze, quando vi insegnavano Cugia e La Pira, e devoto a Pietro fondata all'inizio degli anni '50 insieme ad Antonio Guarino, e che
Calamandrei - non risulta abbia particolarmente atteso a Roma alla inizia la collaborazione con una recensione nel 1935 (e pubblica, però,
«corte» dell'Albertario e si poneva un po' al di fuori delle grandi un articolo soltanto nel 1948, quando il «Bullettino» riprendeva
correnti (ma era già apparso nel numero di «Studia et documenta faticosamente il suo cammino). Riccardo Orestano (1909-1988), fra i
historiae et iuris» del 1938, pubblicando del resto prevalentemente primi allievi laureati a Roma (con una tesi sulla cognitio extra ordinem)
negli «Studi senesi», in quanto incaricato in quella Università). Altre e prediletto dal maestro (nei cui confronti ebbe sempre una profonda
due presenze, più rilevanti, hanno una diversa valenza: incontriamo, reverente devozione), instancabile nel proporre - più che ad appro­
infatti, l'ultimo articolo di Gino Segrè, il grande coetaneo del fondire nella loro potenzialità - nuovi punti di vista (anche in
: 1 I

CXXXII Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» CXXXIII

s imbios i con la moderna dottrina g iurid ica, presso la quale trovava Lituania. Il fenomeno si accentua nel 1936, quando ri torna Adolf
così p iù facile accesso), pur se la sua dimensione storicizzante ven iva Berger e si aggi ungono M iroslav Bohacek (1899-1982), allievo del
sostanz ialmente a divergere dal fondamentale giusnaturalismo attra­ Riccobono a Palermo, nonché due significativi rappresentanti della
verso cu i il R iccobono guardava, a partire dalla tarda maturità, al · romanistica d' area tedesca, come Fritz Pringshe im ( 1882-1967),
diritto romano, nei suoi rapporti col d iritto positivo: ne l 1935, egli ormai alle soglie de ll 'esilio, e l ' austriaco Franz Leifer. È po i dall'A­
pubblica addirittura due articoli, e cont inuerà ad apparire fino al 1940 merica che - nel 1938 - manda il suo contributo Ernst Levy
(con la seconda puntata della sua ponderosa monografia su l matrimo­ (1881-1968), mentre - accanto alla collaborazione abituale d i Adolf
n io romano), mentre non sarà p iù presente nella terza serie. Luigi Aru Berger - ricompare nella rivi sta Gerhard Bese ler, anch'egli in
(1909-1984), allievo di Edoardo Volterra a Cagliari, ma laureatosi a rapporti non facili, per l ' indipendenza del carattere, con il regime
Roma ne l 1930/31, l'ultimo anno d i docenza d i V ittorio Scialoja (che nazionalsocialista (non avrebbe più pubblicato dopo il 1937 nella
fuprobab ilmente il suo re latore), e poi v icino al Riccòbono (trasferi­ «Zeitschrift der Savigny Stiftung fiir Rechtsgeschichte »), e legato del
tos i a Roma a partire dall 'anno success ivo), che, pur con una produ­ resto da vecchia amicizia, al d i là delle contrastanti posizioni meto­
zione romanistica certamente non scarsa, si sarebbe avviato, attraverso dologiche, al Riccobono. Continuano, del resto, in quesco vo lume i
la burocrazia (fu provved itore ag li studi ), a l Consig lio di stato, resoconti dell'attività del Riccobono Seminar of Roman Law in
appariva in una rapi da collaborazi one fr a il 1936-37 ed il 1938. Fr a America, che cesseranno, però, con il 1939 (anno in cu i va sottoli­
gli allievi deg li allievi, Carlo A lberto Masch i (1909-1982), che aveva neato l' appar ire del nome di un altro esule dalla Germania, H ans
avuto a maestro Biondo B i ondi alla Catto lica d i Milano (e ne avrebbe Julius Wolff (1908-1983}, che parlava de lla !ex Cornelia de captivis,
assunto la successione a metà deg li anni '60), e che esordiva con una ma stava maturando proprio in quegli anni il trapasso alla gi usgre­
recens ione nel 1938 pubblicando un articolo ne l 1939 (ma non è stato cistica), mentre, sempre nel 1939, comi ncia - con Erw in Seidl,
mai scrittore particolarmente fecondo d i saggi brevi). anch'egli inv iso al reg ime - la collaboraz ione deg li str an ier i anche
al
Durante questo periodo de lla gestione riccoboniana si accentua, live llo d i recensioni. Nel 1939 esordi va, ancora con una recensi
one,
d' altronde, la collaborazione d i studiosi stranieri, anche se dovuta in Adolf Plachy (1904-1987), una tipica figura di «AuBense iter», sul
buona parte a motivi contingenti, e soprattutto alla prontezza con cui quale gravavano e sarebbero gravati i dolorosi avvenimenti d i Ceco­
il nuovo segretar io perpetuo apr iva la r iv ista a coloro cui - nel paese slovacchia, prodromo dell ' imm inente conflitto mondiale, e che sa­
d'origine - era impedito, per ragioni razziali o po litiche, d i pubbli­ rebbe sempre rimasto nell '«entourage » di R iccobono (per passare,
care. Se il vo lume del 1934, dedicato alla memoria di V ittorio verso il declinare degli anni '50, a quel lo di Emilio Betti ): sarebbe
Scialoja, fu r iservato ai contributi dei colleghi italiani, nel 1935 riapparso nel 1953. Nel 1940 era la volta d i Hugo Kriiger (1861-
riprende la collaborazione Adolf Berger, che, vecch io suddito gali­ 1942), una figura da sempre a sé stante nella romanistica tedesca ed
'
ziano de lla monarchia austro-ungarica, era a llora in servizio di ploma­ m sostanza un «AuBenseiter » anch'egli (non ebbe mai la venia legendi,
.

tico presso la rappresentanza polacca a V ienna, ma che le vicende né un ordinariato, in Germania, percorrendo la carriera delle bib lio­
politiche dell 'Austria repubblicana e della patria polacca avrebbero teche), la cui persona si era collegata, alla fine del secolo scorso, con
spinto verso g li Stati Uniti, non allontandolo mai, però, dagli studi l' « affaire » della recensione delle Res mancipi et nec
mancipi d i Pietro
storico-g iuri dici (e che continuò a collaborare anche dopo la guerra Bonfante nella «Zeitschrift der Savigny Stiftung fiir Rechtsgeschi­
al la riv ista, quando i suoi interess i si erano prevalentemente volti al chte », dove - nell ' affidamento della recensione al giovane studioso
dir itto bizant ino). Ne l 1935 appaiono altresì due articoli di Vsevolod - vi fu senz'altro, da parte della direzione, la mancata percezione
Basanoff, storico delle religioni, d'orig ine russa, ma orma i comple­ dell' importanza dell'opera recensita.
tamente ambientato a Parig i, dov'era divenuto professore all 'Ecole des I nomi di studiosi italiani che non comparivano sul «Bulletti no »
hautes études; ed uno d i E lemér Balogh, studioso d i origine unghe­ erano invece frequenti nella pagine di «Studia et documenta historiae
rese (ed ag li inizi del secolo allievo a Parigi d i Pau l Fréderic G irarci), et iuris »: si va da Emilio Albertario, naturalmente, a Pietro de
professore ne l periodo fra le due guerre all'Università di Kaunas in Francisci, da Giuseppe Grosso a Guido Donatuti, da Ugo Coli a Paolo
CXXXIV Mario Talamanca Un secolo di « Bullettino » cxxxv

Frezza, da Gaetano Scherillo a Mario Lauria, nonché allo stesso lavori, coltivò sino alla fine, anche con volumi ponderosi ma con esiti
Vincenzo Arangio-Ruiz, il quale iniziava, nella nuova rivista, la incerti, il diritto ereditario romano; Giuseppe Branca; Pasquale Voci;
rassegna sull'epigrafia giuridica greca e romana, passata di poi a Giovanni Pugliese (con una recensione nel 1942, ma era allora
Giuseppe Ignazio Luzzatto ( 1907- 1977), che, allievo di Perozzi a scrittore di libri più che di articoli); Carlo Gioffredi.
Bologna, e vicino all'Albertario a Roma, è stato anch'egli comparte­ Questa rilevazione in positivo si rafforza in modo nettissimo, se la
cipe del metodo interpolazionistico negli studi esegetici sulle fonti si confronta con il dato negativo delle assenze dalla rivista diretta
tradizionali, verso i quali provava una scarsa simpatia, mentre - dall'Albertario: benché facesse parte, fin dal primo numero, della
accanto al profondo interessamento per la materia processuale - direzione collegiale della rivista (il che gli spettava per essere anch'egli
sarebbe invece divenuto il grande signore dell'epigrafia giuridica greca docente alla Lateranense), Salvatore Riccobono non pubblicò mai su di
e latina e delle problematiche provinciali, lasciando del suo ingegno essa, neppure quando, ottantacinquenne, venne chiamato nel 1949,
acuto e profondo a tutti coloro che l'hanno conosciuto un incancella­ alla morte di Emilio Albertario, alla direzione della rivista stessa con
bile ricordo, come della schiettezza e del calore umano che sapeva Arcadio Larraona, mentre assumeva la funzione di «moderator et
irradiare da sé (la rassegna sarebbe stata proseguita da Alvaro d'Ors e sponsor» Gabrio Lombardi, divenuto nel 1958 (alla morte del Ne­
poi da Mario Amelotti, che l'ha, ultimamente, trasmessa a Andreina store dei romanisti italiani) direttore insieme al Larraona stesso (ed
Magioncalda). alla elevazione alla porpora di quest'ultimo, nel 1960, unico diret­
Ma anche gli studiosi che avevano maturato dagli inizi degli anni tore, quale, di fatto, era stato praticamente anche prima): né, signi­
'30 la loro vocazione scientifica, e che per qualsiasi motivo non ficativamente, vi pubblicarono, in generale, durante la direzione
avevano fatto in tempo ad apparire sul «Bullettino», ed i giovani dell'Albertario studiosi che erano stati suoi allievi od appartenevano al
emergenti nella seconda parte del decennio, su cui, più promettenti suo «entourage», con l'unica eccezione di Andrea Guarneri Citati nel
o meno che fossero, tendeva, come si è detto, ad esercitare un 1936 (ma si trattava, nell'ambito della scuola riccoboniana, di uno
assorbente patrocinio l'Albertario (che riusciva, evidentemente, ad studioso che aveva particolarmente insistito, senza apparenti ritratta­
influire su di essi nonostante gli eventuali rapporti col Riccobono, zioni, nella metodologia interpolazionistica, venendo fra l'altro con­
talora forse resi, com'è forse accaduto, più rosei dal lontanare della finato all'insegnamento delle istituzioni di diritto civile), nonché
memoria), pubblicavano sulla rivista di quest'ultimo non sul «Bul­ quella di Mariano Scarlata Fazio, nel 1938, e di Cristoforo Cosentini,
lettino»: basti pensare ai già presenti nel primo numero del 1935 nel 1943 e nel 1945, entrambi allievi, a Catania, di Cesare Sanfilippo,
(Gian Gualberto Archi; Giuseppe Ignazio Luzzatto; Fabio Lanfranchi che, fra coloro i quali si riconoscevano in Salvatore Riccobono, è stato,
_ U.2 14- 1976}, allievo di Edoardo Volterra, trasmigrato a Rom�� in quel periodo, forse il meno inviso all'Albertario (una «Reflexwir­
kung» delle vicende del concorso del 193 7, in cui, nella scuola, il
l'Albertario, dove continuava a studiare le testimonianze giuridiche
dei retori romani; Odoardo Carrelli). E poi, via via col passare degli Sanfilippo era stato scavalcato dall'Orestano?).
anni, Enzo Nardi; Luigi de Sarlo ( 19 1 1- 1985), allievo a Firenze di La vicenda negli anni '30 del «Bullettino», insieme a quella
Stanislao Cugia, che avrebbe di poi abbastanza bruscamente interrotto correlata di «Studia et documenta historiae et iuris», non è che un
la sua produzione scientifica, ma non il più che trentennale insegna­ aspetto della rottura che attraversò in quegli anni la romanistica
mento pisano; Francesco de Martino; Pietro Beretta; Giuseppe La­ italiana ed ha una dimensione diversa di quella che si ebbe, nel 1 888,
vaggi; Carlo Castello; Rodolfo Ambrosino ( 19 10- 1958), allievo di al momento della fondazione della rivista. Diversa, anzitutto, per le
Albertario a Roma, ma che aveva saputo, prima dell'immatura dimensioni: alla fine del secolo scorso, infatti, lo scontro era stato più
scomparsa, riscuotere la stima e la simpatia dei romanisti di ogni limitato, tra Filippo Serafini ed il suo immediato «entourage» (che in
provenienza (basti pensare all'amicizia con Edoardo Volterra e Vin­ un modo o nell'altro professavano un approccio al diritto romano
cenzo Arangio-Ruiz); Ubaldo Robbe ( 1907- 1980), allievo di Solazzi irrimediabilmente sorpassato, rappresentato fra l'altro al livello della
a Napoli, ed emigrato poi a Roma presso Albertario, che, personaggio generazione più giovane non certo dagli esponenti migliori - per
scontroso e di difficile comunicativa, insolito anche nei titoli dei suoi qualità intellettuali - della dottrina romanistica) e Vittorio Scialoja,
CXXXVI Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» CXXXVII

ma intorno a quest'ultimo si veniva fondando un'unità di intenti e di Dopo il 1941, gli anni della guerra furono anni di silenzio: la
lavoro (che non escludeva le polemiche, gli scontri, le antipatie rivista riappare con l'annata del 1947 (Riccobono aveva ottantrè anni),
fisiologiche in qualsiasi contesto di scienza e di ricerca che non tenda che porta il doppio numero XLIX-L: e la doppia numerazione
all'immobilità della morte), unità che riconvolgeva anche coloro che continuerà fino al penultimo numero diretto dallo stesso Riccobono,
continuavano ad avere un rapporto d'amicizia, e di collaborazione al il LIX-LX del 1956 (anche quando, come accade nel 1948, uscirono
livello dell'«Archivio giuridico», con il vecchio maestro ed i suoi due volumi in un anno: il LI-LII ed il LIII-LIV), mentre il vol. LXI
fedeli, onde fra gli studiosi portati verso i nuovi orizzonti della del 1958, praticamente postumo, riprende la numerazione singola,
materia la frattura non ebbe ripercussioni. Diversa la situazione del nonostante il salto dell'annata 1957 che seguiva a quelli del 1949,
1934, dove non sussistevano i presupposti per un'emarginazione del 1950, 1952, 1954, 1955, e benché che, per effetto di questi salti,
non fosse stato recuperato - non che quello precedente - il «gap»
contenzioso su un piano personale, che lasciasse sostanzialmente
di numeri non usciti a seguito della guerra, e che tuttora persiste (il
intatta l'unità della disciplina, perché si trattava di uno confronto
centenario della rivista si celebra, infatti, col vol. XCI). Si tratta, in
metodologico su un punto nevralgico ed attuale della stessa e,
tutta la sua lunga esistenza e al di là delle interruzioni dovute ai
nonostante la taccia di «conservatori» che colpiva i fautori della
conflitti mondiali, del periodo in cui la rivista ha avuto l'andamento
prudenza nella metodologia critica, non si può certo - né si poteva,
più irregolare. Dal punto di vista dello spettro delle collaborazioni si
del resto - dire che Salvatore Riccobono ed i suoi allievi, che fra
nota già nel 1947 una tendenza ad ammorbidire, prima, ed a
l'altro all'inizio del secolo erano stati pienamente partecipi della prima
superare, dopo, gli irrigidimenti della seconda metà degli anni '30,
fase dell'interpolazionismo, si ponessero al di fuori di una prospettiva tendenza, che, dovuta a cause intrinseche ed estrinseche di varia
proponibile all'interno di una romanistica moderna. Indubbiamente, natura (una sciagura come quella della seconda guerra mondiale non
la disputa scientifica non importava la necessità dello scontro sul piano passa senza effetti in alcun campo), si accentua però inequivocabil­
personale ed accademico (in cui, del resto, le nuove leve facevano mente dopo la morte di uno dei grandi contendenti, Emilio Alber­
prevalentemente capo all'Albertario). Lo scontro stesso è dipeso dal tario, mancato nel 1948. Continua, ovviamente, dal 1947 al 1956 (il
carattere e dalla personalità dei contendenti: è difficile, a distanza di direttore aveva allora 92 anni) la presenza di Salvatore Riccobono, che
tanti anni, stabilire chi fra i due avversari accentuasse, soprattutto sul insiste ormai nei temi che gli sono stati più cari nella seconda parte
piano della politica editoriale, la separazione, ché bisogna altresì tener della sua carriera scientifica: nel 1947 pubblicano studiosi del suo
conto del complesso gioco di azioni e reazioni. La presenza nel «entourage» e della sua scuola, come Salvatore Di Marzo, Biondo
«Bullettino» e soprattutto l'amicizia verso il Beseler gettano, sen­ Biondi, Cesare Sanfilippo, più o meno antichi collaboratori del
z'altro, luce sul rapporto fra Albertario e Riccobono, ché mostrano «Bullettino» (e Lauro Chiazzese [1903-1957} si sarebbe aggiunto
come, almeno per quest'ultimo, le diversità sul piano ideologico o nell'annata successiva), ma si accentua la presenza dei romanisti di
metodologico non portavano necessariamente ad una chiusura (del quelle aree che - già negli ultimi anni precedenti all'interruzione
resto, il grande romanista italiano era in ottimi rapporti anche con dovuta alla guerra - avevano mantenuto una collaborazione anche se
Otto Gradenwitz, non certo sospettabile di mancanza d'entusiasmo molto limitata: anzitutto Luigi Palazzini Finetti, che, allievo a
per la critica testuale): il modo particolarmente aspro, su un piano Bologna di Edoardo Volterra (il quale, dal canto suo, avrebbe ripreso
personale, in cui si atteggiavano i rapporti fra Albertario e Riccobono a scrivere sulla rivista solo nel 1966, sotto la direzione di Pietro de
non può che esser dovuto, per buona parte, all'atteggiamento del Francisci), si sarebbe presto immerso nella prassi ed allontanato dagli
primo (e, risalendo più in là, anche di Pietro Bonfante), anche se - studi, e soprattutto del «milieu», se vogliamo dire così, napoletano.
nel clima arroventato che si era venuto creando - anche il secondo In questo volume, riprende la sua collaborazione - con una rubrica,
combatteva con durezza soprattutto per riaffermare, oltre che la fra l'altro, di carattere continuativo (Testi e documenti), la quale, se non
propria concezione del diritto romano e la propria metodologia al un'assoluta regolarità, avrebbe avuto qualche seguito (anche quando il
riguardo, le esigenze accademiche della sua scuola. redattore divenne il direttore della rivista) - Vincenzo Arangio-
CX X XVIII Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» CX X XI X

Ruiz, passato nel dopoguerra a dirigere l'«Archivio giuridico» (ma la non companra pm con le successive direzioni), Giannetto Longo,
sua assenza era dovuta a cause diverse da quelle che condizionavano amico del resto sul piano personale di Riccardo Orestano, che nel
!'«entourage» di Albertario), e vi scrive anche uno dei suoi ultimi 1958 avrà probabilmente pilotato verso la rivista anche Carlo Ca­
allievi napoletani, Francesco Paolo Bonifacio (1923-1989), che stello, che, allievo di Gaetano Scherillo (ma preso a benvolere da tutti
avrebbe lasciato il diritto romano per la Corte costituzionale (di cui i romanisti che, di volta in volta , si sarebbero succeduti sulla cattedra
sarebbe stato presidente) e il diritto pubblico positivo. Continua la genovese), aveva precedentemente frequentato «Studia et documenta
presenza di Siro Solazzi (che prosegue anche nel numero successivo), historiae et iuris»: ed ancora nel 1958 esordisce anche un allievo di
nonché quella di Antonio Guarino, e viene pubblicato anche un Gaetano Scherillo e di Giovanni Pugliese , Giuseppe Gandolfi.
saggio del primo - e carissimo - allievo di quest'ultimo, Santi di Continua, e si accentua, nel dopoguerra la presenza di studiosi
Paola (1925-1974), che - soprattutto agli inizi - manifestava un stranieri, anche al di fuori delle circostanze che si sono precedente­
atteggiamento ispirato ad una critica testuale piuttosto aggressiva. mente individuate , pur lasciando da parte, nel 1951, il vol. LV-LVI
L'allargamento si accentua successivamente: nei due volumi com­ (il Suftplementum post bellum), dove vengono ripubblicati articoli di
parsi nel 1948, appare per la prima volta, oltre a quello di Luigi de particolare importanza di romanisti in prevalenza stranieri, apparsi in
Sarlo, già collaboratore della rivista dell'Albertario, il nome di Ugo luoghi di difficile reperimento (e gli autori presenti vanno da Leopold
Coli (1892-1977), che, allievo a Bologna di Silvio Perozzi (cui, quale Wenger ad Adolf Berger, da Fritz Schulz a Fritz Pringsheim e ad
studioso, assomigliava per lo spirito d'indipendenza e la vivace Ernst Levy), accanto a due saggi italiani, uno del direttore e l'altro di
profondità dell'ingegno), proprio in quel tempo ritornava - dopo il Filippo Vassalli. Per quanto concerne, invece, i volumi della serie
lungo intervallo dovuto alle difficoltà derivanti dall'ostilità verso il normale continua , nel 1947 e nel 1948, la pubblicazione di articoli
regime - ad occuparsi più intensamente di diritto romano: dal nostro
- postumi - di Gerhard Beseler, nonché di Adolf Berger, che
osservatorio limitato più importante è la presenza di Gabrio Lom­
avrebbe collaborato sino al 1956 (ma l'assenza successiva è soltanto
bardi, che, allievo di Pietro de Francisci, precedentemente aveva
casuale , data la profonda amicizia che lo legava con Vincenzo Aran­
pubblicato sull'«Archivio giuridico», e futuro direttore di «Studia et
documenta historiae et iuris» , cui avrebbe riservato i suoi non molti gio-Ruiz); nel 1948 ritorna Ernst Levy (che avrebbe pubblicato un
saggi. Nel 1953 un momento di pausa: ricompare Arnaldo Biscardi e importante saggio anche nel primo numero della terza serie). Ancora
fa il suo esordio Mario Antonio de' Dominicis (1906-1966), allievo di più numerosi sono, però, i nuovi arrivi: nel 1947 Egon WeiB
Giannino Ferrati delle Spade , versato - con impostazioni originali (1880-1953), che apparirà anche nel numero successivo, nel 1948
- nello studio delle fonti postclassiche , e figura di grande umanità e Franz Haymann (1874-1947), con un articolo pubblicato postumo
schiettezza nelle vicende personali che lo portarono ad una tragica dalla pietas del vecchio amico Emilio Betti, che ne avrebbe curato un
fine. Poi, nel 1956, il «trend» si accentua: accanto a Franca Avonzo, altro per il numero del 1956, e Milan Bartosek (che scriverà ancora nel
poi de Marini Avonzo, allieva di Riccardo Orestano (studioso parti­ 1953), soverchiamente irrigidito in questa fase nella sua produzione
colarmente caro al nonagenario segretario perpetuo), e ad Aldo in una meccanica applicazione di un grezzo materialismo storico; nel
Pezzana, allievo di Vincenzo Arangio-Ruiz e di Edoardo Volterra (ed 1948, per la mediazione probabilmente di Gaetano Sciascia , dal
ora presidente di sezione del Consiglio di Stato, dopo aver conseguito Brasile, Alexandre Correia sr. (1890-1984), nonché Tamas Marky ,
la libera docenza in diritto romano), compaiono sulla rivista Paolo allievo di Geza Marton, che, profugo dall'Ungheria e destinato a
Prezza, allievo di Pietro Bonfante , e Gian Gualberto Archi, allievo di stabilirsi in quella nazione sudamericana , transitò brevemente per
Emilio Albertario, che recensisce - è molto significativo, vorrei dire l'Italia fra il 1947 ed il 1948 (ed è incerto a quale dei due aspetti si
quasi simbolico (e lo resterebbe, anche se la circostanza fosse invo­ dovesse la sua collaborazione); nel 1953 A. Arthur Schiller (1902-
lontaria) - il vol. VI degli Studi di diritto romano (Milano, 1953) del 1977). Negli ultimi numeri apparsi sotto la direzione di Riccobono
maestro (e nel numero successivo pubblica anche un articolo). E ormai nonagenario, nel 1956 e nel 1958 (quest'ultimo praticamente
ritorna , dopo una lunga assenza (ed è presente anche l'anno dopo, ma postumo), si può notare al riguardo un momento di riflusso, e
CXL Mario Talamanca Vn secolo di « Bullettino » CXLI

nell'ultimo numero dopo molti anni non compare neppure uno scritto maticamente, la possibilità di opinioni contrastanti fra i giuristi e di
di studiosi stranieri. un approccio topico della problematica all'interno dell'opera dello
stesso gìurista (ricorrendo, cioè, alla caratteristica fondamentale del­
Negli anni '50 si pongono le basi per superare il dissidio e con l'esperienza romana di costituire un diritto giurisprudenziale, e
esso, sostanzialmente, entrambe le posizioni in contesa. Quello che, quindi un ius controversum, che non svolge un ruolo rilevante nella
in una diversità che non può immaginarsi più profonda, accomunava polemica anti-interpolazionistica di Riccobono, anche se, nella prima
le due posizioni contrapposte del Riccobono e dell' Albertario era, in giovinezza, quest'ultimo studioso era stato particolarmente attento
sostanza, una concezione del «diritto romano», in cui quanto rilevava alla storia della giurisprudenza). E, d'altra parte, va tenuto presente
erano i valori «normativi» dello stesso, il che, ad un livello diverso di l'affermarsi di visuali che, con maggiore o minore fortuna, spostano
consapevolezza ed esteriorizzazione, faceva restare sullo sfondo - l'orientazione della ricerca sulle fonti giurisprudenziali dell'epoca
praticamente ignorato - il ius controversum come momento caratte­ classica nel senso di una maggiore attenzione verso la storia della
rizzante della giurisprudenza classica, al che - in un nesso nel cultura in generale, oltre che del sostrato economico-sociale della
contesto essenziale - si accompagnava un'ideologia che tendeva a fenomenologia giuridica, mentre, a partire dalle pionieristiche ricer­
trovare, nel diritto romano, un modello eterno per quei valori che di Ernst Levy e di Franz Wieacker, lo studio dell'esperienza
normativi, e dava per presupposto che questo modello si fosse già tardo-antica ha preso come momento essenziale, al di là della legi­
inverato nel periodo del massimo splendore della giurisprudenza, e slazione postclassica in sé considerata, la dialettica fra volgarismo e
cioè in quello classico. Questo aspetto era, senz'altro, alla base classicismo.
dell'accentuazione della ricerca interpolazionistica, ché bisognava E in questo quadro di mutamenti che, col 1959, si apre - sotto
«purificare» il diritto classico dalle contaminazioni postdassiche, ma la direzione di Vincenzo Arangio-Ruiz e Pietro de Francisci - la terza
fondava anche la reazione del Riccobono il quale voleva salvare, per serie, quella attuale, nell'ambito della quale è venuta meno la
l'epoca classica, una serie di contenuti che l'ideologia dello storico consuetudine che sembrava sul punto di instaurarsi, e per cui il
riteneva essenziali, e che invece erano sacrificati dalla critica esaspe­ cambiamento nella direzione della rivista portava all'inizio di una
rata: e, nel procedere in codesto modo, entrambe le parti proiettavano nuova serie. Forse un po' convenzionalmente, possiamo far iniziare
nel mondo antico i postulati della propria visione del diritto, scam­ con questa data quella che sarebbe la «storia contemporanea», forse
biandoli inconsciamente per la realtà storica. In siffatto contesto più cronaca che altro, della rivista, sulla quale, per tanti motivi (e non
inizia, del resto, la crisi definitiva del metodo interpolazionistico, a ultimo per la tirannia dello spazio), si daranno, qui appresso, soltanto
cominciare dalle punte estreme di tale metodologia, crisi che, però, brevi cenni. Una cosa può sicuramente dirsi del «Bullettino» in
Emilio Albertario - scomparso come si è detto nel 1948 - non questi ultimi trent'anni, che esso ha, cioè, rispecchiato con sufficiente
riuscì probabilmente neppure ad avvertire. Si trattò essenzialmente di fedeltà l'articolato dispiegarsi della ricerca giusantichistica in questo
una crisi prodottasi all'interno della metodologia interpolazionistica, periodo, senza preclusioni né oggettive né soggettive. Se non mi fa,
in seguito agli eccessi che ne appalesavano, sempre di più, l'inconsi­ poi, velo la devozione affettuosa che mi lega a lui nel ricordo, i
stenza oggettiva e, in definitiva, per un'intrinseca stanchezza. Ma il quattro volumi che il mio maestro Arangio-Ruiz curò personalmente
progressivo venir meno di uno dei momenti antagonisti non significò - pur nell'accordo con Pietro de Francisci, che però al «Bullettino»
l'automatica vittoria dell'altro (ché, anzi, quest'ultimo venne a tro­ ha sempre guardato un po' da lontano, anche nel periodo in cui, a
varsi senza il naturale punto d'appoggio offertogli dall'avversario), partire dal 1964, divenne unico direttore della rivista, alla quale dava
anzitutto perché il superamento dell'interpolazionismo era derivato da allora la sua opera soprattutto Feliciano Serrao, scelto come redattore
una crisi interna a questa metodologia: e, in secondo luogo, perché già dallo stesso Arangio-Ruiz, che saldamente teneva, però, nelle
bisogna tener conto della circostanza, già accennata, che l'attuale mani le briglia del tutto - sono forse i migliori dal tempo di Scialoja
tendenza nella considerazione delle fonti risolve molti dei conflitti di per armonia e qualità di collaborazioni (se si prescinde dal numero del
testi che davano luogo a sospetti d'interpolazione valorizzando, siste- 1934 dedicato alla memoria del fondatore). Con sovrano equilibrio,
CXLII Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» CXLIII

Arangio-Ruiz riuscì - rimossa ormai qualsiasi possibilità di divisioni La scomparsa di Vincenzo Arangio-Ruiz produsse senz'altro una
che, come si è visto, avevano nel passato settorializzato (seppur con modificazione nell'assetto scientifico: il segno esteriore più appariscente
diversa valenza) il «Bullettino » - ad attrarre nella rivista ed a è l'immediata (a partire dal numero del 1963, apparso postumo) e
comporvi le collaborazioni di italiani e di stranieri, di maestri insigni, pressoché totale sparizione della collaborazione di studiosi stranieri (si
di studiosi ormai affermati e di giovani che facevano le prime prove hanno soltanto due articoli di Robert Rohle, nel 1968 e nel 1970) ,
nella nostra disciplina, ciò in cui il direttore era grandemente avvan­ mentre permane una grande apertura nel ventaglio della partecipazione
taggiato dalle amicizie numerose e profonde che coltivava nell'arengo italiana (e particolarmente prezioso è l'apporto di Pietro de Francisci che
internazionale e dall'ottimo rapporto in cui si trovava, pur con le riserva pressoché tutti i suoi articoli alla rivista).
ineliminabili sfumature, con gli studiosi italiani di ogni generazione. Alla morte di Pietro de Francisci, agli inizi del 1971, la casa
Nonostante il contrapporsi di indirizzi metodologici diversi e editrice Giuffrè - sempre sensibile ai valori della cultura nella
l'affrontarsi anche sul piano accademico delle diverse scuole (ma mai, tradizione del fondatore, Antonino Giuffrè di cui tutti i giuristi
sotto quest'ultimo profilo, con rigidità di schieramenti), nel dopo­ italiaf!i della mia generazione conservano assieme ai colleghi di quelle
guerra s'era, del resto, creato in Italia un clima in cui, al di là delle precedenti un perenne, riconoscente ed affettuoso ricordo - prese,
divisioni metodologiche e ideologiche (e al di là delle simpatie ed pur in un momento di crisi, la coraggiosa decisione di proseguire la
antipatie che condizionano sempre ogni vicenda dell'uomo), si stava rivista, decisione che si è, nel recente passato, ripetuta quando ebbe
riformando - e dura si può dire fino ad ora - un'atmosfera generale a riaprirsi il problema della successione: e per questo tutti i cultori
nella nostra disciplina, in cui, se non su base strettamente indivi­ italiani e stranieri delle discipline giusantichistiche non possono che
duale, è praticamente impossibile che si creino steccati come quelli esprimere la più profonda gratitudine ed il più vivo apprezzamento
che abbiamo visto nel corso di queste pagine. Dal nostro punto di verso una politica editoriale non immemore di quei valori. Nel 1971
vista, bisogna anche tener conto della circostanza che - fra il 1950 la direzione fu assunta da Edoardo Volterra, nel segno di una
ed il 1955 - accanto al « Bullettino » ed a « Studia et documenta tradizione che - pur nella scomparsa del vecchio Istituto di Vittorio
historiae et iuris » s'erano venuti a collocare due nuovi periodici Scialoja - collegava la direzione con i romanisti della Sapienza, ed
specializzati nell'ambito della giusantichistica, « Iura » (fondata a egli volle al suo fianco Giuseppe Grosso, l'amico di sempre al di là di
Catania da Cesare Sanfilippo ed Antonio Guarino, ed uscita nel 1950) polemiche e dissidi, l'unico direttore della rivista che non abbia
e «Labeo » che, trasferitosi a Napoli, ancora il Guarino creò come insegnato nell'ateneo romano. Troppo bre.ve fu la presenza dell'illustre
portavoce della comunità romanistica di quell'Università, ma che si maestro torinese, la cui memoria è ancora così viva fra di noi e
trasformò rapidamente in organo personale del fondatore, il quale vi particolarmente in chi scrive, che si sentiva a lui legato in un vincolo
si esprimeva non con una selettiva « politica editoriale» (senza alcuna d'amicizia affettuoso e devoto che andava vieppiù approfondendosi col
discriminazione, la rivista fu sempre aperta - fin dal primo numero passare degli anni: già nel 1973 egli veniva a mancare, e Edoardo
del 1955 - alle collaborazioni più ampie), bensì attraverso alcune Volterra rimase solo nella conduzione della rivista, la quale, del resto,
fortunate rubriche. Questa pluralità di mezzi di comunicazione operativamente era sempre dipesa da lui soltanto. Dire di lui, sul
avrebbe potuto, sotto un certo profilo, facilitare operazioni di segmen­ «Bullettino » , sarebbe ripetere cose già dette altrove, e qui soprat-
tazione della collaborazione: proprio a conferma di quel clima gene­ tutto (v. M. TALAMANCA, Edoardo Volterra { 1 904-1 984}, in « BIDR»,
rale, esse non si sono però verificate; nonostante possa notarsi una LXXXVIII, 1985, IX ss.). Con la nuova gestione il « Bullettino »

ix
certa propensione - talora quasi un'esclusività - di certi autori per riacquista immediatamente una forte dimensione internazionale, la
determinate « testate» , o la mancanza totale di altri negli indici di quale si mantiene fino all'ultimo numero che - sempre cg�_!�dele
qualche periodico (casuale talvolta, ma non sempre), ciò avviene, ll b
��azione di Daniela Piattelli - l'indimenticabile mio preaeces-
anzitutto, su un piano più che altro personale e preferenziale (se si sore potè curare personalmente, quello che porta formalmente la data
vuole, anche geografico), mai in base a referenti che in altre occasioni del 1982, uscito quando s'era già tragicamente manifestato il male
si sono visti operanti. che lo avrebbe attenagliato negli ultimi diciotto mesi di vita: e la
CXLIV Mario Talamanca Un secolo di «Bullettino» CXLV

collaborazione italiana si è mantenuta - al di là dell'instancabile tende ad andare sotto il livello di guardia non anche determinato con
apporto del direttore, che vi consacrava la maggior parte della sua il giusto rigore. A questo proposito, accantonando gli ammonimenti
produzione saggistica - ai livelli più elevati. Il resto è il presente, di della ragione, bisognerà, forse, ricorrere all'ottimismo della volontà.
cui non può dire chi scrive. Ma di una cosa sono certo, che per sopravvivere nel futuro - e per
Dopo cento anni dall'uscita del primo numero, e con una storia ed poter esplicare quell'indispensabile funzione culturale nella quale, se
una tradizione come quella che ha alle spalle, il « Bullettino» può professa sinceramente la sua disciplina, ognuno di noi profondamente
guardare con fiducia all'avvenire: il suo destino dipende, è ovvio, da crede - la storia del diritto antico, e di quello romano in particolare,
quello della nostra disciplina, per cui in questi cento anni si è « expects that every man will do his duty» .
definitivamente consumata, al di là di anacronistici movimenti di
retroguardia, la « storicizzazione» dello studio del diritto romano, un
processo di cui il fondatore Vittorio Scialoja e la rivista sono stati,
profondamente, compartecipi. Guardare nel futuro non è qui possi­ STATUTO
bile, ché il discorso diverrebbe complesso, spostandosi inevitabil­ DELL'ISTITUTO DI DIRITTO ROMANO
mente sull'unico modo nel quale noi vi possiamo guardare, e cioè
attraverso la discussione sul metodo e sui fini delle nostre discipline.
Chi scrive ha, sin troppo di sovente, esternato - e lo farà di nuovo 1. È fondato i n Roma un istituto per l'incremento degli studi di diritto romano.
in questo numero della rivista, nelle Pubblicazioni pervenute alla Esso prenderà il nome di Istituto di diritto romano.
Direzione - la sua preoccupazione su quegli atteggiamenti nella
romanistica più recente che, pur partendo da fondate esigenze di un 2. L'Istituto s i propone di:
a) agevolare le relazioni scientifiche fra i cultori del diritto romano privato
allargamento dell'orizzonte culturale del tutto auspicabile, da una
e pubblico, compresa in questo l'economia pubblica romana;
parte si risolvono, troppo spesso, in ricostruzioni in cui, in un quadro b) mettere a disposizione dei cultori di questi studi i mezzi scientifici
di collegamenti generici di nessuna utilità, la volontà o, se si vuole, conformi all'indole dell'Istituto;
la fantasia dello storico (se tale lo si può ancora chiamare), talora e) promuovere e compiere lavori collettivi di diritto romano.
guidate dall'ideologia, portano a ricostruzioni del tutto sganciate
dalla realtà delle fonti, o non viste o non capite (se non quando 3. I mezzi pel conseguimento degli scopi, che l'Istituto si propone, sono:
coscientemente travisate); e, dall'altra, per questi inattendibili risul­ a) riunioni periodiche e straordinarie, e corrispondenza fra i membri
tati si tende a tralasciare la concreta specificità della storia giuridica. componenti l'Istituto e fra l'Istituto e le altre società scientifiche italiane e
E, d'altro lato, non posso tacere l'insoddisfazione ed i pericoli insiti in
straniere;
b) formazione di una biblioteca di diritto romano privato e pubblico;
qualsiasi tentativo di amministrare le sorti della nostra disciplina e) aiuto speciale a coloro che compiono i lavori collettivi indicati nell'art.
collegandola ad intenti attualizzanti, che, pesantemente e negativa­ 2, lett. e;
mente condizionati anch'essi dall'ideologia, vorrebbero - in nome di d) pubblicazioni e sussidi di qualunque altro genere, nella misura del
un'illusoria dimensione sovratemporale - sganciare lo studio del patrimonio, del quale l'Istituto potrà disporre.
diritto romano dall'unica dimensione che ormai gli compete, che è
quella storica, della storia che rappresenta il fondamento inelimina­ 4. L'Istituto si rivolgerà alle autorità ed ai pubblici Istituti per ottenerne
bile della nostra cultura. E, al di là della discussione sul metodo e sui l'appoggio materiale e morale.
fini della nostra disciplina, chi scrive non può tacere della preoccu­ 5. Gli Enti, che contribuiscono alla fondazione o all'incremento dell'Istituto con
pazione collegata necessariamente alla constatazione che, nel prolife­ una somma non minore di lire 2000 per una volta o che si obbligano di versare
rare dei cultori della stessa connesso con le vicende universitarie a tutti entro cinque anni almeno lire tremila, avranno il diritto di nominare per dieci
note, troppo spesso la qualità della produzione, quale che sia la anni fra i soci un rappresentante, il quale farà parte del Consiglio d'ammi­
posizione assunta dai vari autori sul piano metodologico e ideologico, nistrazione.
CXLVI Mario Talamanca Un secolo di « Bullettino » CXLVII

6. L'Istituto è composto di soci effettivi, di soci aggiunti e di soci onorari. 14. Coloro, che non sono soci e vogliono usufruire, dei vantaggi offerti dall'Isti­
I soci possono essere italiani o stranieri. tuto, come della Biblioteca ecc. , dovranno pagare le tasse stabilite nel
regolamento.
7. I soci effettivi sono ammessi dal Consiglio d'amministrazione secondo le Saranno esentati da queste tasse coloro, che siano presentati da uno degli Enti
norme stabilite dal regolamento e contribuiranno lire italiane 20 all'atto della menzionati nell'art. 5 ° o dalle altre persone, che, per il valido appoggio
ammissione. Per gli anni posteriori a quello della ammissione la contribu­ materiale e morale prestato all'Istituto, saranno state inscritte tra i benemeriti
zione sarà determinata dall'Assemblea dei soci. in seguito a voto dell'Assemblea.

8. Sono soci aggiunti coloro che contribuiscono soltanto lire italiane 20 all'atto 15. Appena riunito un fondo sufficiente ad assicurare la durata dell'Istituto, sarà
dell'ammissione e sono parimenti ammessi dal Consiglio d'amministrazione. dal Consiglio di amministrazione chiesto il riconoscimento della personalità
I soci aggiunti non hanno voto nell'assemblea. Essi conservano la loro qualità giuridica dell'Istituto, dopo aver provocato dall'Assemblea la revisione del
per cinque anni. presente Statuto.
Le modificazioni proposte dovranno essere approvate con la maggioranza dei
9. I soci onorari dovranno essere eletti all'unanimità dei presenti nell'Assemblea due terzi dei votanti.
dei soci effettivi sulla proposta di tre soci.
Il loro numero non potrà mai oltrepassare quello di trenta.
Essi avranno diritti pari a quelli dei soci effettivi.

10. Le riunioni così periodiche come straordinarie dei soci sono presiedute dal più
anziano d'età fra i presenti soci onorari o effettivi.

1 1. L'amministrazione dell'Istituto è affidata ad un consiglio composto di sei soci


effettivi, italiani o stranieri, residenti in Roma, eletti dall'Assemblea, dei
rappresentanti degli Enti indicati nell'articolo 5 , e del Segretario perpetuo
dell'Istituto.
I Consiglieri d'amministrazione indistintamente saranno soggetti a rielezione
o a nuova nomina ogni cinque anni.
Le riunioni del Consiglio d'amministrazione sono presiedute dal più anziano
d'età fra i presenti.

12 . Al Segretario dell'Istituto spetta l'esecuzione delle deliberazioni dell'Assem­


blea e del Consiglio d'amministrazione. Egli terrà la corrispondenza a nome
dell'Istituto e curerà il buon andamento dell'Istituto nella sua interna
amministrazione.
L'ufficio del Segretario è perpetuo. Egli è nominato dall'Assemblea. In caso di
mancanza o d'impedimento, alla sua temporanea sostituzione provvede il
Consiglio d'amministrazione.
Fino alla costituzione in ente morale dell'Istituto, l'ufficio di Segretario
perpetuo sarà assunto dall'attuale professore di diritto romano dell'Università
di Roma.

13. Le regole dell'amministrazione e le altre norme necessarie per il retto


andamento dell'Istituto saranno determinate da regolamenti approvati dal-
1'Assemblea dei soci.

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