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ALLA
FATTURAZIONE 2022
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CICLO ATTIVO
• Violazione degli obblighi di comunicazione al Sistema TS
DOGANE E TERRITORIO
• Cessioni intracomunitarie: quali documenti provano
l’avvenuto trasporto nell’UE
Anno XV, Ottobre 2022, 10 - Direzione e Redazione: Via Dei Missaglia, n. 97, Edificio B3 - 20142 Milano (MI)
REVISIONE
LEGALE
DEI CONTI 2022
Tutto quello che c'è da sapere su:
• dall’accettazione dell’incarico e dalla pianificazione,
fino all’espressione del giudizio professionale
• contesto normativo, metodologia ISA Italia
• aspetti specifici, revisione delle poste di bilancio.
In digitale
Aggiorna sui nuovi principi di revisione ed esamina gli impatti
delle novità normative sulle procedure di revisione.
Y23OICL
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SOMMARIO
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n. 10/2022
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n. 10/2022
A
CICLO ATTIVO
Adempimenti
Casistica
L’Agenzia delle entrate ha reso indicazioni in tema di violazione degli obblighi di comuni-
cazione al Sistema Tessera Sanitaria con specifico riferimento al profilo sanzionatorio in
caso di inadempimenti, con una recente risoluzione (n. 22 del 23 maggio 2022).
In merito, si ricorda che, ai sensi dell’art. 3, comma 3, del D.Lgs. n. 175/2014, ai fini
dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, gli operatori sanitari
quali: i medici, gli odontoiatri, le farmacie, i presidi di specialistica ambulatoriale, le
strutture per l’erogazione delle prestazioni di assistenza protesica e di assistenza inte-
grativa e gli altri presidi e strutture per l’erogazione dei servizi sanitari, sono tenuti a inviare
al Sistema Tessera Sanitaria i dati relativi alle prestazioni erogate.
Sanzioni
Con riguardo alla violazione degli obblighi di comunicazione al Sistema Tessera Sanitaria,
la sanzione di 100 euro si applica per ogni singolo documento di spesa, senza
possibilità, per espressa previsione normativa, di applicare il cumulo giuridico. Lo ha
chiarito l’Agenzia delle entrate con la risoluzione in oggetto, con cui ha evidenziato che
tale sanzione resta, invece, definibile mediante l’istituto del ravvedimento operoso,
utilizzando il codice tributo 8912 - Sanzioni pecuniarie relative all’Anagrafe tributaria al
codice fiscale alle imposte sui redditi alle imposte sostitutive all’IRAP e all’IVA.
In merito al trattamento sanzionatorio, l’art. 3, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 175/2014,
prevede che in caso di omessa, tardiva o errata trasmissione al Sistema Tessera Sanitaria
entro la prevista scadenza dei dati relativi alle spese sostenute dai contribuenti, si applica
la sanzione di 100 euro per ogni comunicazione, senza possibilità di applicazione, in caso
di violazioni plurime, del cumulo giuridico di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 472/1997, con un
massimo di 50.000 euro.
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n. 10/2022
A CICLO ATTIVO
assistenza protesica e di assistenza integrativa, gli altri presidi e strutture accreditati per
l’erogazione dei servizi sanitari e gli iscritti all’Albo dei medici chirurghi e degli odontoiatri,
inviano al Sistema TS i dati relativi alle prestazioni erogate dal 2015 ad esclusione di
quelle già previste nel comma 2, ai fini della loro messa a disposizione dell’Agenzia delle
entrate.
I soggetti sopra evidenziati hanno, dunque, l’obbligo di inviare al Sistema TS i dati relativi
alle prestazioni sanitarie erogate nei confronti delle persone fisiche, ai fini della loro
messa a disposizione dell’Agenzia delle entrate che li utilizza per l’elaborazione della
dichiarazione dei redditi precompilata.
Trasmissione telematica
Modalità Con il D.M. 31 luglio 2015, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha definito le
operative specifiche tecniche e le modalità operative relative alla trasmissione telematica delle
spese sanitarie al Sistema TS, prevedendo che la trasmissione dei dati debba essere
effettuata entro e non oltre il mese di gennaio dell’anno successivo a quello in cui è
stata effettuata la spesa dall’assistito.
In particolare, con riferimento all’anno 2022, si ricorda che l’art. 7, comma 1, del D.M. 19
ottobre 2020, come modificato dall’art. 2, del D.M. 2 febbraio 2022, ha previsto le
seguenti scadenze:
- 30 settembre 2022 per le spese sostenute nel primo semestre dell’anno 2022;
- 31 gennaio 2023 per le spese sostenute nel secondo semestre dell’anno 2022.
Riepilogo Entro un preciso calendario di scadenze, quindi, i soggetti obbligati alla trasmissione dei
scadenze dati al Sistema TS per la predisposizione della precompilata devono fornire le informa-
zioni relative alle prestazioni sanitarie erogate nei confronti delle persone fisiche.
Opzioni L’invio della comunicazione può avvenire tramite tre diverse modalità:
di invio della
comunicazione - utilizzo di una pagina web dedicata, data entry di ogni singola spesa sul sito www.
sistemats.it;
- invio di ogni singola spesa (c.d. web service sincrono);
- invio di un file zip, contenente un file xml, con uno o più documenti (c.d. web service
asincrono).
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n. 10/2022
A
CICLO ATTIVO
Ma il mezzo di trasmissione non ha alcuna rilevanza sulle modalità di applicazione delle sanzioni,
cosı̀ come non conta il numero dei soggetti a cui si riferisce il documento.
Errata comunicazione
Nei casi di errata comunicazione dei dati, la sanzione non si applica se la trasmissione dei dati
corretti è effettuata entro i 5 giorni successivi alla scadenza, ovvero, in caso di segnalazione da
parte dell’Agenzia delle entrate, entro i 5 giorni successivi alla segnalazione stessa.
Se la comunicazione è correttamente trasmessa entro 60 giorni dalla scadenza prevista, la
sanzione è ridotta a un terzo, con un massimo di 20.000 euro.
Pertanto, tenuto conto delle diverse modalità di trasmissione dei dati delle spese sanitarie,
contenuti nei documenti fiscali, nonché della volontà del legislatore di valorizzare la “reazione
sanzionatoria” in caso di inadempimento, al fine di perseguire una risposta punitiva adeguata e
congrua, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che il concetto di “comunicazione” contenuto nella
norma sanzionatoria si riferisce ad ogni singolo documento di spesa errato, omesso, o tardiva-
mente inviato al Sistema TS, a nulla rilevando il mezzo di trasmissione (uno o plurimi file), o il
numero, i soggetti cui i documenti si riferiscono.
Ravvedimento operoso
Con riferimento all’omessa, tardiva o errata trasmissione telematica delle Certificazioni Uniche,
l’Agenzia delle entrate aveva, invece, adottato un diverso approccio relativamente alla possi-
bilità di avvalersi del ravvedimento operoso rispetto a quello appena descritto.
Con la circolare n. 6 del 19 febbraio 2015, infatti, era stato affermato che per le violazioni relative
alla trasmissione telematica delle Certificazioni Uniche non è possibile avvalersi del ravvedi-
mento operoso, di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997, in quanto incompatibile con la
tempistica prevista per l’elaborazione della dichiarazione precompilata.
Dal momento che anche la trasmissione dei dati al Sistema TS è funzionale ai fini dell’elabo-
razione della dichiarazione precompilata da parte dell’Agenzia delle entrate, sembrerebbe
superata l’interpretazione fornita con la suddetta circolare e applicabile anche alle violazioni per
la trasmissione delle Certificazioni Uniche la possibilità di ravvedimento operoso come chiarito
nella risoluzione n. 22/2022 dell’Agenzia delle entrate.
Conclusione
In buona sostanza, l’Amministrazione finanziaria chiarisce che in ogni caso è possibile mettersi in
regola avvalendosi del ravvedimento operoso previsto dall’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997. Il
codice tributo da utilizzare è: 8912 “Sanzioni pecuniarie relative all’Anagrafe tributaria al codice
fiscale alle imposte sui redditi alle imposte sostitutive all’IRAP e all’IVA”. Le riduzioni previste dalla
normativa si applicano anche all’importo già ridotto a un terzo quando la comunicazione è
trasmessa correttamente entro 60 giorni dalla scadenza prevista.
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n. 10/2022
D DOGANE e TERRITORIO
Adempimenti
Cessioni intracomunitarie:
quali documenti provano
l’avvenuto trasporto nell’UE
di Fabio Varchetta
Regole generali
Cessioni In termini generali, si ricorda che costituiscono cessioni non imponibili le cessioni a titolo oneroso
intra-UE non di beni trasportati o spediti nel territorio di un altro Stato membro UE dal cedente, dall’acquirente
imponibili: o da terzi per loro conto, nei confronti di soggetti passivi d’imposta. In sostanza, secondo la
requisiti normativa nazionale, per la realizzazione di una cessione intracomunitaria, con la conseguente
emissione di fattura non imponibile IVA, devono sussistere i seguenti requisiti:
- onerosità dell’operazione;
- acquisizione o trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale sui beni;
- status di operatore economico del cedente nazionale e del cessionario comunitario;
- effettiva movimentazione del bene dall’Italia a un altro Stato membro, indipendente-
mente dal fatto che il trasporto o la spedizione avvengano a cura del cedente, del
cessionario o di terzi per loro conto.
Obblighi La legge italiana non detta alcuna specifica disposizione in merito ai documenti che il
di conservazione contribuente deve conservare, ed esibire in caso di eventuale controllo, per provare l’avve-
della nuto trasferimento del bene in un altro Stato della UE. Prima dell’entrata in vigore dell’art. 45-
documentazione bis del Regolamento IVA, l’Agenzia delle entrate aveva fornito diversi chiarimenti in materia. In
particolare, nella risoluzione 25 marzo 2013, n. 19/E è stato affrontato il tema della prova
dell’effettiva movimentazione dei beni dall’Italia ad un altro Stato membro, indipenden-
temente dal fatto che il trasporto o la spedizione fossero avvenuti a cura del cedente, del
cessionario o di terzi per loro conto.
In quella circostanza - che traeva spunto da un caso relativo alle cessioni c.d. franco fabbrica - è
stato chiarito che, per le cessioni intracomunitarie, il CMR elettronico (la lettera di vettura
internazionale regolata), recante lo stesso contenuto di quello cartaceo, costituisce un mezzo
di prova idoneo a dimostrare l’uscita della merce dal territorio nazionale. Inoltre, è stato
riconosciuto quale mezzo di prova equivalente al CMR cartaceo un insieme di docu-
menti dal quale si possano ricavare le medesime informazioni presenti nello stesso CMR
cartaceo, nonché le firme dei soggetti coinvolti (cedente, vettore e cessionario).
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n. 10/2022
D
DOGANE e TERRITORIO
Tale documentazione, dalla quale deve risultare che è avvenuta la movimentazione fisica
della merce e che quest’ultima abbia raggiunto un altro Stato membro, ha valore solo se
conservata unitamente alle fatture di vendita, alla documentazione bancaria
attestante le somme riscosse per le predette cessioni e alla documentazione relativa agli
impegni contrattuali assunti nonché agli elenchi INTRASTAT.
Principi Successivamente, con la risoluzione 24 luglio 2014, n. 71/E dell’Agenzia delle entrate, con
di riferimento riferimento alla prova della cessione intracomunitaria, sono stati espressi i seguenti due principi:
1) quando non è possibile esibire il documento di trasporto sono ammissibili altri mezzi di
prova idonei;
2) la prova dell’avvenuto trasferimento del bene in altro Stato membro UE deriva da un
insieme di documenti da cui si ricava, con sufficiente evidenza, che il bene è stato trasferito
dallo Stato del cedente a quello dell’acquirente.
Caso Si ricorda, infine, che, nella risposta a interpello n. 100/2019, l’Agenzia delle entrate è tornata
pratico sul tema della prova dell’effettività di un trasporto effettuato dall’Italia verso un altro Stato
membro, in relazione ad una società che poneva in essere cessioni intracomunitarie di beni
sia “franco destino” sia “franco fabbrica”. In particolare, all’atto della spedizione dei beni, la
società istante emetteva un documento di trasporto (DDT) con indicazione della
destinazione dei beni, normalmente firmato anche dal trasportatore per presa in
carico e, quando il trasporto era curato dalla stessa società, questa riceveva la fattura del
trasportatore con l’indicazione dei trasporti effettuati. Oltre al DDT, la società italiana
predisponeva un documento contenente:
Nel parere, oltre a riconoscere l’idoneità della documentazione indicata a costituire prova
dell’avvenuto trasporto intracomunitario, è stata ribadita la necessità che dai documenti siano
individuabili i soggetti coinvolti, ovvero cedente, vettore e cessionario, e tutti i dati utili
a definire l’operazione a cui si riferiscono. Infatti, l’Agenzia delle entrate ha ribadito la
necessità che il contribuente conservi le relative fatture di vendita, la documentazione
bancaria attestante le somme riscosse in relazione alle precedenti cessioni, la documenta-
zione relativa agli impegni contrattuali assunti e gli elenchi INTRASTAT.
Interpello
Oggetto In materia di prova delle cessioni intracomunitarie, in tutti i casi in cui non è applicabile la
del quesito presunzione relativa circa l’avvenuto trasporto di beni in ambito comunitario, può continuare
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D DOGANE e TERRITORIO
a trovare applicazione la prassi nazionale, anche adottata prima dell’entrata in vigore della
normativa sul trasporto intracomunitario dei beni. Lo ha chiarito l’Agenzia delle entrate con la
risposta a interpello n. 101 del 10 marzo 2022, con cui ha specificato che la prassi nazionale
individua documenti la cui idoneità a provare l’avvenuto trasporto all’interno dell’Unione
Europea è comunque soggetta alla valutazione, caso per caso, dell’Amministrazione
finanziaria. Infatti, superando la precedente interpretazione, fornita con risoluzione n. 115/
2001, l’Agenzia delle entrate, con la risposta in commento, chiarisce che sono da ritenere non
imponibili ai sensi dell’art. 41, comma 1, lett. a), del D.L. n. 331/1993, le cessioni
intracomunitarie dirette e le vendite a distanza UE poste in essere con l’intervento di un
commissionario alla vendita.
Il citato art. 41, comma 1, lett. a), del D.L. n. 331/1993 deve essere interpretato tenendo
conto della nozione di cessione di beni che si può desumere dalla normativa unionale e dalla
disciplina IVA del mandato senza rappresentanza, di cui la commissione costituisce una
specifica tipologia. In tale nozione sono compresi anche i “passaggi dal committente al
commissionario o dal commissionario al committente di beni venduti o acquistati in
esecuzione di contratti di commissione”, che rientrano, pertanto, nel perimetro di applica-
zione della norma. Nell’ambito del duplice trasferimento, l’operazione mantiene “la stessa
natura oggettiva e, quindi, il medesimo regime impositivo”. Per tale ragione, l’Agenzia ritiene
che il regime di non imponibilità possa applicarsi anche alla cessione che intercorre tra il
committente e il commissionario e non solo a quella tra quest’ultimo e il cliente finale.
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D
DOGANE e TERRITORIO
Contratto di commissione
Il contratto di commissione (art. 1731, c.c.) è un sottotipo del mandato senza rappresentanza
avente ad oggetto, in particolare, l’incarico ad acquistare o vendere: nella commissione una
parte (commissionario) si impegna a vendere o ad acquistare determinati beni in nome
proprio e per conto dell’altra parte (committente).
Obblighi Il committente può revocare l’ordine di concludere l’affare fino a che il commissionario non
e facoltà l’abbia concluso, salvo il diritto del commissionario di ottenere una parte della provvigione,
che si determina tenendo conto delle spese sostenute e dell’opera prestata (art. 1734, c.c.).
Di regola, il commissionario non risponde verso il committente dell’adempimento del terzo,
ma le parti possono derogare a tale principio e pattuire che il commissionario risponda verso il
committente della regolare esecuzione dell’affare (star del credere) e quale corrispettivo del
rischio assunto, avrà diritto, oltre che alla provvigione, a un compenso o a una maggiore
provvigione. Nel caso in cui la commissione abbia ad oggetto l’acquisto o la vendita di titoli,
divise o merci aventi un prezzo corrente indicato dalla pubblica Autorità o dai listini ufficiali, se
il committente non ha stabilito diversamente, il commissionario può:
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D DOGANE e TERRITORIO
Trasferimento In sostanza, nella categoria del mandato senza rappresentanza opera una “finzione giuridica”,
dei beni in base alla quale i beni oggetto del contratto di commissione subiscono un duplice
trasferimento, ossia:
Base Per effetto della suddetta “finzione giuridica”, l’art. 13, comma 2, lett. b), del D.P.R. n. 633/
imponibile 1972 dispone che la base imponibile, per i passaggi di beni dal committente al commissio-
nario o dal commissionario al committente, è costituita, rispettivamente:
La “finzione giuridica”, dunque, implica che i passaggi dei beni tra committente e com-
missionario, o viceversa, mantengano, in linea di principio, la stessa natura oggettiva e,
quindi, anche il medesimo regime impositivo. Tale conclusione si rende applicabile anche
alla disciplina IVA delle cessioni all’esportazione. In particolare, l’art. 8, comma 1, del D.P.R.
n. 633/1972, ricomprende nella nozione di cessione all’esportazione le cessioni,
anche tramite commissionari, eseguite mediante trasporto o spedizione di beni fuori
del territorio della Comunità Economica Europea, a cura o a nome dei cedenti o dei
commissionari, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi. Il
documento di prassi riconosce, prima di tutto, la qualifica di esportatore al commissionario,
oltre ad estenderla al committente e ciò corrisponde alla logica del mandato senza
rappresentanza in cui ai fini IVA, come osservato in precedenza, sussistono due presta-
zioni/cessioni (mandante/mandatario e mandatario/terzo), di eguale rilevanza (la c.d.
finzione giuridica) che sprigionano i loro effetti nella sfera fiscale di entrambi i soggetti
passivi.
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n. 10/2022
D
DOGANE e TERRITORIO
Presunzione In particolare, è stata introdotta una presunzione relativa circa l’avvenuto trasporto di beni in
ambito comunitario (par. 1, lett. a e b, art. 45- bis del Regolamento IVA.
Chiarimenti La commissione ha fornito alcuni chiarimenti in merito a tale disposizione con le Note
della Esplicative sui “quick fixes 2020”, pubblicate a dicembre 2019. In particolare, vengono
Commissione disciplinate le ipotesi in cui:
a) i beni siano stati spediti o trasportati dal venditore o da un terzo per suo conto;
b) quella in cui i beni siano stati trasportati dall’acquirente o da un terzo per suo conto.
Documenti Nella prima fattispecie, per beneficiare della presunzione di trasporto, il venditore, oltre a
per la prova dichiarare che i beni sono stati spediti o trasportati da lui o da terzi per suo conto, dovrà
produrre almeno due documenti, non contraddittori e provenienti da soggetti
diversi tra loro e indipendenti sia dal venditore che dall’acquirente. Tali documenti sono
quelli indicati al par. 3, lett. a), dell’art. 45-bis del Regolamento IVA: si tratta dei documenti
relativi al trasporto o alla spedizione dei beni.
In alternativa, il venditore potrà presentare, oltre alla dichiarazione che i beni sono stati spediti o
trasportati da lui o da terzi per proprio conto, un documento di cui al citato par. 3, lett. a) dell’art.
45-bis, Regolamento IVA e uno qualsiasi dei documenti indicati alla successiva lett. b), ovvero:
- una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti
bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni;
- documenti ufficiali rilasciati da una pubblica Autorità, ad esempio da un notaio, che
confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;
- una ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che
confermi il deposito dei beni in tale Stato membro.
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D DOGANE e TERRITORIO
Note Esplicative Come chiarito nelle Note Esplicative “quick fixes 2020”, è, invece, esclusa l’applicazione della
“quick fixes presunzione che le merci siano state trasportate o spedite in altro Stato membro qualora il
2020” trasporto o la spedizione siano stati effettuati dal cedente o dal cessionario senza l’intervento
di altri soggetti, come, ad esempio, lo spedizioniere o il trasportatore (par. 5.3.5.). Questo
perché gli elementi di prova non contraddittori richiesti ai fini dell’applicazione della pre-
sunzione in commento devono, per espressa previsione dell’art. 45-bis, provenire da due
parti indipendenti tra loro, dal venditore e dall’acquirente.
Il Comitato IVA ha chiarito che, ai fini della disciplina in esame, non è possibile considerare due
parti come “indipendenti” quando le stesse facciano parte del medesimo soggetto giuridico
(è il caso, ad esempio, di stabile organizzazione e casa madre) ovvero si tratti di soggetti legati
da vincoli familiari o altri stretti legami personali, gestionali, associativi, proprietari, finanziari o
giuridici quali definiti dagli Stati membri.
La presunzione contenuta nell’art. 45-bis del Regolamento IVA è applicabile solo qualora la
documentazione in possesso del contribuente risponda ai requisiti ivi previsti. Tuttavia, le
Autorità fiscali dei Paesi UE conservano comunque la facoltà di superare la presunzione
dell’avvenuto trasporto o spedizione intracomunitaria (cfr. par. 2 del citato art. 45-bis). Ciò si
può verificare quando l’Amministrazione finanziaria viene in possesso di elementi che
dimostrino che il trasporto intracomunitario non si è effettivamente realizzato. Si richiamano,
a titolo semplificativo, il caso in cui nel corso di un controllo si riscontri che i beni sono ancora
giacenti nel magazzino del venditore o il caso in cui si venga a conoscenza di un incidente
durante il trasporto che ha comportato la distruzione dei beni. In tali circostanze, sussistendo
le prove che il trasporto comunitario non è avvenuto, la non imponibilità dell’operazione di cui
all’art. 41 del D.L. n. 331/1993 non può essere riconosciuta.
Un’altra ipotesi in cui la presunzione dell’avvenuto trasporto intracomunitario può essere
superata si ha quando l’Amministrazione finanziaria dimostri che uno o più tra i documenti
obbligatoriamente richiesti ai fini della presunzione e forniti come mezzi di prova contengono
informazioni non corrette o addirittura false. In tal caso, come in ogni altra ipotesi in cui
non si è in possesso della documentazione specificamente richiesta dalla disposizione
unionale ai fini dell’applicazione della presunzione, il contribuente conserva la possibi-
lità di dimostrare con altri elementi oggettivi di prova che l’operazione sia realmente
avvenuta. L’art. 45-bis in commento, infatti, non preclude agli Stati membri l’applicazione di
norme o prassi nazionali ulteriori in materia di prova delle cessioni intracomunitarie,
eventualmente più flessibili della presunzione prevista dal Regolamento IVA.
Indicazioni Cosı̀ ricostruito il vigente quadro normativo comunitario, l’Agenzia delle entrate ritiene che,
Agenzia allo stato, in tutti i casi in cui non si renda applicabile la presunzione di cui all’art. 45-bis,
delle entrate Regolamento IVA, possa continuare a trovare applicazione la prassi nazionale, anche adottata
prima dell’entrata in vigore del medesimo articolo in tema di prova del trasporto intracomu-
nitario dei beni. Resta inteso, ad ogni modo, che detta prassi nazionale individua documenti la
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n. 10/2022
D
DOGANE e TERRITORIO
cui idoneità a provare l’avvenuto trasporto comunitario è comunque soggetta alla valuta-
zione, caso per caso, dell’Amministrazione finanziaria.
Conclusioni
Alla luce delle considerazioni svolte, superando le precisazioni fornite nella risoluzione del 9
luglio 2001, n. 115/E dell’Agenzia delle entrate, si ritiene che il regime di non imponibilità
delle cessioni intracomunitarie di cui all’art. 41, comma 1, lett. a), del D.L. n. 331/1993, si
applichi anche nel caso in cui un soggetto agisce in qualità di mandatario senza rappresen-
tanza dell’istante (nella specie del contratto di commissione) nell’ambito di cessioni intra-
comunitarie di beni effettuate a favore di clienti non soggetti passivi residenti in Stati membri
UE diversi dall’Italia. In aggiunta a quanto sopra rappresentato, l’Agenzia delle entrate
concorda sul fatto che tale ricostruzione risulta coerente con la recente evoluzione norma-
tiva riguardante la disciplina delle transazioni a catena di cui all’art. 36-bis della
Direttiva IVA.
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D DOGANE e TERRITORIO
IVA in fattura
Operazioni complesse:
territorialità da valutare
caso per caso
di Francesco D’Alfonso
Luogo Per l’individuazione del luogo di tassazione delle prestazioni di servizi, in passato si è
di tassazione deciso di adottare come criterio generale il luogo in cui è stabilito il prestatore (pur
prevedendo alcune deroghe), anche se il luogo di utilizzo sarebbe stato un criterio più adatto
a rispecchiare la natura di imposta sui consumi dell’IVA.
Questa soluzione, in effetti, ha consentito negli anni che l’imposta venisse per lo più attribuita
allo Stato membro di consumo.
Tuttavia, l’aumento del volume degli scambi nel settore del commercio dei servizi e le
modifiche che hanno interessato la struttura dello stesso a seguito della realizzazione del
mercato interno, della globalizzazione, della deregolamentazione e delle innovazioni tecno-
logiche, hanno reso la regola generale adottata sempre più inadeguata, imponendo, conse-
guentemente, l’implementazione di un processo di modernizzazione e di semplificazione
del sistema comune dell’IVA.
Il criterio del luogo di stabilimento del prestatore, infatti, è suscettibile di creare
distorsioni della concorrenza, anche con riferimento alla possibilità da parte degli
operatori dei Paesi terzi di fornire servizi senza essere sottoposti a tassazione, o comunque
il trasferimento, da parte dei soggetti che rendono servizi nell’intera Unione, delle attività in
Stati membri che applicano aliquote IVA più favorevoli, in particolare quando oggetto
dell’operazione sono servizi che possono essere prestati a distanza.
Tale problematica assume, naturalmente, una rilevanza ancora maggiore nel caso in cui i
destinatari delle prestazioni siano persone che non sono soggetti passivi, le quali, come
noto, sopportano interamente il carico impositivo.
Per questi motivi, il legislatore comunitario è intervenuto di volta in volta aumentando le
ipotesi di deroga alla regola generale e, contestualmente, prevedendo, sempre più
spesso, che l’imposizione avvenisse nel luogo di stabilimento del destinatario, sino alla
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n. 10/2022
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DOGANE e TERRITORIO
generale rivisitazione della normativa in materia di territorialità IVA delle prestazioni di servizi,
realizzata attraverso la Direttiva 2008/8/CE.
Prestazioni Per le prestazioni di servizi rese nei confronti di soggetti passivi (c.d. prestazioni business-to-
di servizi business o B2B), la regola generale di imposizione prende in considerazione il luogo in cui il
verso soggetti destinatario ha stabilito la propria attività (art. 44, Direttiva 2006/112/CE).
passivi I servizi resi alle imprese, infatti, vengono utilizzati per produrre beni o altri servizi, nel cui
prezzo è incluso il costo dei servizi acquisiti.
Conseguentemente, per tali servizi il luogo di consumo coincide, nella maggior parte dei casi,
con quello in cui il destinatario ha stabilito la propria attività.
Il principio impositivo in questione è stato recepito nell’ordinamento nazionale dall’art. 7-ter,
comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972, in base al quale le prestazioni di servizi (prestazioni
di servizi c.d. generiche, per le quali, cioè, non si applicano specifiche deroghe ai criteri di
territorialità) si considerano effettuate in Italia allorché siano rese a soggetti passivi stabiliti nel
territorio dello Stato.
La rilevanza del luogo di stabilimento del destinatario viene meno, tuttavia, allorché le
prestazioni di servizi ricevute dalle persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o profes-
sioni siano da queste destinate al proprio uso personale o a quello dei propri dipendenti.
Ai fini dell’individuazione del luogo di imposizione delle operazioni in questione, gli operatori
economici vengono quindi considerati soggetti passivi in relazione a tutte le prestazioni che
vengono rese nei loro confronti.
Sono considerate tali, inoltre, anche le persone giuridiche che non sono soggetti passivi e che
sono identificate ai fini dell’IVA.
Una soluzione di questo tipo consente infatti la semplificazione delle procedure ammi-
nistrative, garantendo, altresı̀, maggiore certezza a tutte le parti coinvolte nelle operazioni
economiche.
Con l’entrata in vigore della Direttiva 2008/8/CE, che ha modificato la Direttiva 2006/112/
CE, è stata invero ampliata la nozione di soggetto passivo ai fini dell’applicazione delle regole
relative all’individuazione del luogo di imposizione IVA delle prestazioni di servizi.
In virtù dell’attuale disciplina in materia di territorialità IVA, sono infatti considerati tali anche i
soggetti che, pur esercitando in modo indipendente un’attività economica, svolgono con-
temporaneamente attività o effettuano operazioni non rientranti nell’ambito di applicazione
dell’IVA nonché le persone giuridiche che non sono soggetti passivi ma che sono identificate
ai fini dell’imposta (cfr. art. 43, Direttiva 2006/112/CE).
Sono infatti soggetti passivi ai fini della territorialità IVA delle prestazioni di servizi anche gli
enti non soggetti passivi identificati o tenuti all’identificazione ai fini IVA a norma dell’art.
214, par. 1, lett. b), della Direttiva 2006/112/CE, in quanto i loro acquisti intracomunitari di
beni sono soggetti ad IVA o poiché hanno esercitato l’opzione per l’assoggettamento all’IVA di
tali operazioni (art. 17, par. 2, Reg. UE 282/2011).
Ne deriva che il destinatario dei servizi deve essere considerato avente la qualità di soggetto
passivo in ragione delle prestazioni di cui egli fruisce, senza che rilevi, cioè, la circostanza che
le stesse siano acquisite in relazione all’esercizio di attività non rientranti nell’ambito di
applicazione della normativa IVA (Corte di Giustizia UE 6 novembre 2008, causa C-291/07).
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Prestazioni La descritta regola generale per l’individuazione del luogo di imposizione delle prestazioni di
di servizi servizi non si estende alle operazioni effettuate verso committenti che non sono soggetti
verso passivi (c.d. prestazioni business-to-consumer o B2C).
committenti Per queste prestazioni di servizi, infatti, pur dovendosi, in linea di principio, applicare, per le
non soggetti motivazioni sopra riportate, la regola principale del luogo di stabilimento del destinatario delle
passivi operazioni, il luogo di tassazione previsto, in linea generale, è rappresentato da quello in cui
il prestatore è stabilito.
Infatti, l’esigenza di tassare le operazioni nel luogo in cui avviene il consumo effettivo si
scontra con la necessità di non creare oneri amministrativi supplementari agli operatori
economici.
L’applicazione della regola del luogo di stabilimento del destinatario anche alle prestazioni di
servizi rese nei confronti di committenti non soggetti passivi costringerebbe, infatti, gli
operatori economici a dover determinare in ogni caso il luogo di stabilimento del proprio
cliente nonché ad iscriversi in ciascun Stato membro in cui hanno clienti.
Mancanza dello Non è stato infatti ancora istituito in maniera generalizzata e completa, al momento, un
“sportello unico” sistema che consenta agli operatori economici di adempiere a tutti gli obblighi in materia
di IVA relativi alle attività svolte sul territorio comunitario attraverso un unico punto di
contatto elettronico posto nello Stato membro in cui essi sono stabiliti (c.d. sportello
unico IVA).
Tuttavia, a decorrere dal 1˚ gennaio 2015, i soggetti passivi extracomunitari non stabiliti nella
UE nonché i soggetti passivi UE non stabiliti nello Stato membro di consumo (inteso
quest’ultimo come Stato in cui si considera che tali servizi siano forniti) che effettuano
servizi elettronici, servizi di telecomunicazione e di teleradiodiffusione nei confronti
di committenti non soggetti passivi UE (transazioni business-to-consumer - B2C -, cioè a
titolo oneroso tra impresa e consumatore finale) possono identificarsi nel nostro Paese
secondo una particolare procedura, c.d. regimi speciali, basati sull’utilizzo del sistema MOSS
(Mini One Stop Shop, ossia mini sportello unico).
Attraverso un sistema di questo tipo, gli operatori possono utilizzare un unico numero di
identificazione IVA per le forniture realizzate in tutta l’Unione Europea, inviando le dichiara-
zioni IVA ad un unico portale elettronico, attraverso il quale, poi, le stesse vengono trasmesse
ai vari Stati membri in cui gli operatori hanno fornito i beni o prestato i servizi.
Inoltre, dal 1˚ luglio 2021, il sistema MOSS è stato esteso a tutti i servizi resi nella UE nei
confronti di consumatori finali, nell’ambito dei nuovi “regime non UE” e “regime UE”,
entrambi basati sull’utilizzo dello sportello unico (One Stop Shop o OSS).
Nell’ambito dello sportello unico, non è, tuttavia, ancora prevista la possibilità di esercitare
direttamente nello “Stato membro di identificazione” il diritto alla detrazione dell’imposta
relativa alle spese effettuate negli Stati UE in cui non si è stabiliti.
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DOGANE e TERRITORIO
Regole nazionali
In base a quanto detto, sono rilevanti in Italia le prestazioni di servizi (c.d. generiche, per le
quali non si applicano, cioè, specifiche deroghe ai criteri di territorialità) rese da soggetti
passivi stabiliti nel territorio dello Stato nei confronti di committenti non soggetti passivi (art. 7-
ter, comma 1, lett. b, D.P.R. n. 633/1972).
Tale regola in materia di territorialità IVA si applica anche in relazione alle prestazioni di servizi
di traduzione (salvo quelle rese nei confronti di committenti non soggetti passivi extra-UE),
nonché nell’ipotesi di prestazioni di servizi effettuate nel quadro dell’organizzazione di un
funerale, qualora, tuttavia, costituiscano un servizio unico (cfr. artt. 28 e 29, Reg. UE 282/
2011).
Deroghe Oltre alle descritte regole generali, ai fini dell’individuazione del luogo di imposizione delle
alle regole prestazioni di servizi, sono previsti alcuni criteri specifici, che derogano a tali regole generali e
generali che, diversamente da queste ultime, determinano il luogo di tassazione in funzione della
natura della prestazione.
Si tratta, infatti, di servizi con caratteristiche particolari, che rendono la determinazione del
luogo di tassazione semplice dal punto di vista amministrativo e/o che consentono di meglio
individuare il luogo del consumo effettivo (cfr. artt. 7-quater, 7-quinquies, 7-sexies, 7-septies,
7-octies, D.P.R. n. 633/1972).
Rapporto Per quanto concerne il rapporto tra regole generali e criteri specifici, si evidenzia che, sebbene
tra regole esprimendosi con riferimento al sistema di regole vigente sino al 31 dicembre 2009, la Corte
generali e di Giustizia UE ha sempre affermato che non esiste alcuna preminenza della norma che
deroghe individua la regola generale rispetto a quelle che individuano le regole specifiche (Corte
di Giustizia UE 6 novembre 2008, causa C-291/07).
Secondo la Corte di Giustizia, pertanto, trattandosi di norme di conflitto intese ad evitare i
rischi di doppia imposizione e di non imposizione, l’applicazione delle regole specifiche non
deve avvenire attraverso un approccio interpretativo di natura restrittiva (Corte di Giustizia UE
15 marzo 2001, causa C-108/00).
Conseguentemente, al fine di individuare il criterio applicabile a una determinata prestazione
di servizi, sarà necessario verificare preliminarmente se essa rientra tra quelle disciplinate da
un criterio speciale. Solo in caso contrario, all’operazione sarà applicabile la regola generale.
Criterio In sede di recepimento della attuale normativa in materia di territorialità IVA delle prestazioni
dell’utilizzo di servizi, il legislatore nazionale ha deciso di limitare notevolmente l’uso del criterio
dell’utilizzo, previsto nella maggior parte dei casi come facoltativo nella Direttiva 2006/
112/CE, cosı̀ come modificata dalla Direttiva 2008/8/CE.
L’adozione di tale criterio, invero, in virtù dell’assenza di una sua definizione unitaria, la quale
si ripercuoteva inevitabilmente anche sull’applicazione pratica dello stesso, aveva provocato
numerosi problemi agli operatori economici.
Ora, invece, il criterio dell’utilizzo si applica soltanto in poche ipotesi.
Territorialità e mandato
In caso di mandato, occorre innanzitutto distinguere l’ipotesi in cui il mandatario agisce in
nome e per conto del mandante (c.d. mandato con rappresentanza) da quella in cui lo
stesso opera per conto ma non in nome del mandante (c.d. mandato senza
rappresentanza).
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D DOGANE e TERRITORIO
Mandato con In questa ipotesi, gli effetti giuridici degli atti posti in essere dal mandatario ricadono
rappresentanza direttamente nella sfera giuridica del mandante, per cui non è necessario alcun adempi-
mento successivo.
Inoltre, le prestazioni fornite dal mandante al mandatario costituiscono prestazioni di
intermediazione, cui si applica la relativa disciplina in materia di territorialità IVA.
Mandato senza In caso, invece, di mandato senza rappresentanza, gli effetti giuridici dell’atto negoziale
rappresentanza ricadono direttamente sul mandatario, il quale successivamente sarà tenuto a rendere in
proprio la stessa prestazione al mandante.
Le prestazioni di servizi rese o ricevute dal mandatario senza rappresentanza, inoltre,
costituiscono prestazioni di servizi anche nei rapporti tra il mandante e il mandatario (art.
3, comma 3, ultimo periodo, D.P.R. n. 633/1972).
Tali operazioni, inoltre, mantengono la stessa natura giuridica delle prestazioni di servizi
trasferite, oggetto di mandato (cfr. risoluzione n. 242/E/2009).
Conseguentemente, non mutando la qualificazione oggettiva della prestazione eseguita, il
requisito territoriale delle prestazioni di servizi tra mandante e mandatario viene ad essere
influenzato soltanto dalla qualificazione soggettiva delle stesse, la quale, a sua volta, viene a
dipendere dalla posizione del mandante e del mandatario, i quali restano soggetti giuridi-
camente distinti.
Prestazioni plurime
Quando un’operazione è costituita da una serie di elementi e di atti, occorre determinare se
tale operazione comporti, ai fini IVA, due o più operazioni distinte o un’unica
prestazione.
Infatti, se da un lato ciascuna operazione deve normalmente essere considerata distinta e
indipendente, dall’altro, l’operazione costituita da un’unica prestazione sotto il profilo eco-
nomico non dev’essere artificialmente divisa in più parti, per non alterare la funzionalità
del sistema dell’IVA (Corte di Giustizia UE 18 ottobre 2018, causa C-153/17).
In determinate circostanze, invero, più prestazioni formalmente distinte, che potrebbero
essere fornite separatamente e dare cosı̀ luogo separatamente a imposizione o a esenzione,
devono essere considerate come un’unica operazione quando non sono indipendenti
(Corte di Giustizia UE 4 settembre 2019, causa C-71/18).
In particolare, un’operazione deve essere considerata unica quando due o più elementi o atti
forniti dal soggetto passivo sono cosı̀ strettamente collegati da formare, oggettivamente, un’unica
prestazione economica indissociabile, la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale.
Ciò avviene, ad esempio, quando una o più prestazioni costituiscono una prestazione
principale e la o le altre prestazioni costituiscono una o più prestazioni accessorie cui si
applica lo stesso trattamento fiscale della prestazione principale.
Al riguardo, una prestazione dev’essere considerata accessoria a una prestazione
principale quando per la clientela non costituisce un fine a sé stante, bensı̀ il mezzo per
fruire al meglio del servizio principale offerto dal prestatore.
Tuttavia, sebbene allo scopo di stabilire se le operazioni fornite siano indipendenti o
costituiscano una prestazione unica sia importante individuare gli elementi caratteristici
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DOGANE e TERRITORIO
dell’operazione interessata, non esistono regole assolute quanto alla determinazione del-
l’estensione di una prestazione dal punto di vista dell’IVA e occorre, quindi, al fine di
determinare l’estensione di una prestazione, prendere in considerazione la totalità
delle circostanze in cui si svolge l’operazione in questione.
A tal fine, in particolare, deve essere presa in considerazione, purché sia comprovata da
elementi oggettivi, la dichiarata intenzione delle parti di assoggettare ad IVA un’opera-
zione (Corte di Giustizia UE 12 luglio 2012, causa C-326/11), nonché l’obiettivo economico
dell’operazione e l’interesse dei destinatari delle prestazioni (Corte di Giustizia UE 8
dicembre 2016, causa C-208/15).
Alla luce di quanto riportato, non esiste, quindi, una disposizione che consenta di determi-
nare, in linea di principio, quando, ai fini IVA, un’operazione è complessa piuttosto che
autonoma, essendo sempre necessaria una valutazione caso per caso.
Consulenza A tal riguardo, la consulenza giuridica dell’Agenzia delle entrate n. 4/E/2022, ha chiarito che
giuridica nell’ambito di un contratto volto a mantenere costante l’aeronavigabilità, ossia l’efficienza,
n. 4/E/2022 l’idoneità e la sicurezza al volo del velivolo, mediante un servizio di manutenzione periodico,
comprendente l’assistenza tecnica, la manutenzione, la revisione/riparazione e sostituzione
di componenti meccanici ed elettronici, aggiornamento della documentazione tecnica, ecc,
si configura la fornitura di un’unica prestazione economica indissociabile la cui scomposi-
zione avrebbe carattere artificiale.
Ciò in ragione della totalità degli elementi contrattuali, delle circostanze fattuali cui essi fanno
riferimento nonché delle concrete e oggettive modalità, comunemente riscontrabili, di
eseguire un’attività di manutenzione.
Inoltre, trattandosi di una prestazione di servizi generica, la stessa sarà territorialmente
rilevante in Italia, ai sensi dell’art. 7-ter del D.P.R. n. 633/1972, con applicazione dell’aliquota
IVA ordinaria del 22%.
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G GESTIONE CONTABILE e PROCESSI
Reati e sanzioni
Metodo In casi estremi, allorquando le irregolarità formali individuate in contabilità sono cosı̀
induttivo gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture
extracontabile contabili, l’Amministrazione finanziaria è legittimata ad utilizzare una metodologia di
accertamento di tipo “induttivo extracontabile” che consente di pervenire alla ricostruzione
del reddito complessivo:
- sulla base del numero di coperti, a sua volta desunto dal numero di tovaglioli lavati,
giacché, nel quadro di un approccio analitico-induttivo, costituisce un dato assolutamente
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GESTIONE CONTABILE e PROCESSI
normale quello secondo cui, per ogni pasto, ciascun cliente adoperi un solo tovagliolo, con
la conseguenza che il numero di questi rappresenta un fatto noto capace, anche di per sé
solo, di lasciare ragionevolmente presumere il numero dei pasti realmente consumati, pur
dovendosi presumere “una sottrazione dal totale dei tovaglioli usati per altri scopi, quali i
pasti dei soci e dei dipendenti, o l’uso da parte dei camerieri”;
- sulla base dei coperti calcolati nei termini sopra indicati e supportati da altri riferimenti
quantitativi, quali il numero dei caffè e le quantità di vino consumati nel locale;
- sulla base delle quantità di materie prime (carne e pesce) acquistate;
- in caso di esercizio di “pizzeria”, sulla base delle quantità di ingredienti acquistate per il
particolare tipo di alimento.
In buona sostanza:
Schema
di sintesi
Regole di riferimento
In ipotesi di evasore totale, la normativa di riferimento pone precise regole.
Per quanto riguarda la contabilità, in caso di omessa esibizione dei documenti, il
Decreto IVA prevede che:
- secondo quanto disposto dall’art. 52, comma 5, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, i libri,
i registri, le scritture ed i documenti di cui venga rifiutata l’esibizione non potranno essere
presi in considerazione, a favore della parte, ai fini dell’accertamento in sede ammini-
strativa e contenziosa;
per rifiuto di esibizione si intendono anche le dichiarazioni di non possedere libri, registri,
documenti e scritture e/o la sottrazione di essi al controllo;
- rifiutare l’esibizione o comunque impedire l’ispezione delle scritture contabili e dei
documenti la cui tenuta e conservazione sono obbligatorie per legge o dei quali risulta
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G GESTIONE CONTABILE e PROCESSI
l’esistenza determina l’applicabilità delle sanzioni previste dai commi 2, 3 e 4, art. 9, del
D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471;
- ai sensi dell’art. 39, comma 2, lett. c), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e dell’art. 55,
comma 2, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, se la società (impresa individuale o ente)
non ha tenuto, ha rifiutato di esibire o comunque ha sottratto all’ispezione una o più delle
scritture contabili indicate nell’art. 14 del D.P.R. n. 600/1973 e nell’art. 55 del D.P.R. n.
633/1972, ovvero le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza mag-
giore, l’Amministrazione finanziaria può determinare il reddito d’impresa in via induttiva
nei modi e nei termini previsti dall’art. 39 del D.P.R. n. 600/1973 e può procedere
all’accertamento induttivo dell’IVA nei modi e nei termini previsti dallo stesso art. 55 del
D.P.R. n. 633/1972.
Detrazione IVA Ai fini IVA, resta indetraibile, in ogni caso, l’imposta relativa alle fatture per operazioni
in caso inesistenti per l’acquirente/committente, mentre per il venditore/prestatore resta
di frode fiscale dovuta per l’intero ammontare esposto in fattura (art. 21, comma 7, D.P.R. n. 633/1972).
Inoltre, in ipotesi di soggetto evasore totale, l’imposta assolta sugli acquisti può risultare
indetraibile.
Esempio
fattura
L’acquirente Gamma S.p.A. non ha versato le imposte erariali dovute, non ha presentato le
dichiarazioni IVA e quindi si pone il problema di come operare la detrazione IVA assolta sugli
acquisti.
Corte di cassazione
Chiarimenti La Corte di cassazione, con la citata ordinanza n. 3770/2022, ha fornito utili chiarimenti nella
particolare ipotesi di un “evasore totale”, con riferimento al diritto alla detrazione IVA.
Essa ha sancito che l’esame delle fatture passive o di altra documentazione contabile,
purché siano state presentate le dichiarazioni periodiche IVA, pur in assenza della
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n. 10/2022
G
GESTIONE CONTABILE e PROCESSI
presentazione della dichiarazione annuale IVA, risulta una questione dirimente nella
controversia esaminata, connotata dalla presentazione della dichiarazione dei redditi con
un ritardo superiore a 90 giorni rispetto al termine di legge.
Il principio della neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta
che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza
d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia
dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo
anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il
contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione IVA.
Esemplificazione Nello specifico, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal Fisco a seguito di
pratica controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia
dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un
soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati ad operazioni imponibili.
Sulla base di un consolidato orientamento espresso dai giudici nel corso degli anni, il fatto
costitutivo del rapporto tributario con il Fisco è ravvisato dalla effettività e liceità dell’opera-
zione, mentre gli obblighi di registrazione, la dichiarazione ed altro hanno una diversa
funzione meramente illustrativa e riepilogativa dei dati contabili, finalizzata ad agevolare i
controlli dell’Amministrazione finanziaria per l’esatta riscossione dell’imposta.
In definitiva:
- l’esercizio del diritto alla detrazione dell’eccedenza IVA, che deve essere tutelato in modo
sostanziale ed effettivo, va riconosciuto a fronte di una reale operazione sottostante, la cui
prova certa può essere acquisita dai dati risultanti dalle fatture o da altro documento
equivalente, come la documentazione contabile, essendo, invece, a tal fine poco rilevante
l’osservanza degli obblighi dichiarativi;
- per la detrazione IVA occorre che il contribuente, in caso di omessa presentazione della
dichiarazione annuale, fornisca la prova dell’esistenza contabile del credito non dichiarato,
con la produzione all’Ufficio competente di idonea documentazione, quindi con l’esibi-
zione dei registri IVA, delle relative liquidazioni, della dichiarazione cartacea relativa
all’annualità omessa, delle fatture e di ogni altra documentazione utile allo scopo.
Indicazioni Conformemente a tale principio, la prassi amministrativa (cfr. Agenzia delle entrate, circolare
Agenzia n. 21/E del 25 giugno 2013) ha riconosciuto la possibilità di “scomputare” diretta-
delle entrate mente l’importo del credito in detrazione, ove se ne riscontri l’esistenza, in caso di
omissione delle dichiarazioni IVA.
Qualora il contribuente non si attenga alle prescrizioni formali e contabili disciplinate
dall’ordinamento interno, è onere dello stesso, a fronte della contestazione di omissioni o
irregolarità, fornire adeguata prova dell’esistenza delle condizioni sostanziali cui la
normativa comunitaria ricollega l’insorgenza del diritto alla detrazione.
In conclusione, il contribuente deve dimostrare che, in quanto destinatario di transazioni
commerciali e debitore dell’IVA, è titolare del diritto di detrarre l’imposta.
A tal fine, non sono sufficienti le sole avvenute liquidazioni periodiche, ma occorre anche
l’esibizione dei registri IVA e delle relative liquidazioni, delle fatture e di ogni altra
documentazione utile a tale fine.
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n. 10/2022
G GESTIONE CONTABILE e PROCESSI
Interpello
Oggetto Nella risposta a interpello n. 231 del 28 aprile 2022, l’Agenzia delle entrate ha esaminato il
del quesito quesito posto da una società operante nel settore della ristorazione collettiva, che gestisce,
fra l’altro, mense aziendali e interaziendali, sulle corrette modalità applicative ai
fini IVA.
Nel quesito posto all’Amministrazione finanziaria, la società fa presente che, di regola,
per il servizio di gestione della mensa aziendale e/o interaziendale, i datori di lavoro
stipulano un contratto o una convenzione direttamente con la società istante. Il
servizio di mensa viene erogato nei locali messi a disposizione dallo stesso datore
di lavoro o, in caso di mensa interaziendale, dalla società medesima, ed è strettamente
riservato al personale dipendente del datore di lavoro committente, ovvero di
eventuali suoi ospiti.
Nel contratto, le parti disciplinano dettagliatamente le modalità di erogazione del servizio di
mensa, stabilendo, di comune accordo, i menù dei pasti nonché i prezzi dei medesimi. Viene,
inoltre, previsto che la società istante si obblighi ad accettare in pagamento, oltre al denaro
contante, anche i buoni pasto per i quali il datore di lavoro ha concluso, con la società
emettitrice un’apposita convenzione. In particolare, la società si obbliga ad accettare i
buoni pasto emessi dalle società emettitrici con le quali il datore di lavoro ha concluso una
separata convenzione.
Struttura Più precisamente, la prestazione del servizio di mensa aziendale sopra descritta si articola in
della prestazione una serie di rapporti:
1) il primo rapporto coinvolge il datore di lavoro e la società istante, gestrice del servizio di
mensa aziendale e/o interaziendale. Tali soggetti concludono un contratto per la gestione
del servizio di mensa con il quale concordano dettagliatamente i menù dei pasti che
verranno erogati ai lavoratori dipendenti, nonché i prezzi dei medesimi. Con tale contratto,
inoltre, la società si obbliga ad accettare in pagamento anche i buoni pasto per i quali il
datore di lavoro ha concluso apposite convenzioni con le società emettitrici dei buoni
pasto;
2) il secondo rapporto è quello che si instaura, parallelamente al primo, fra il datore di
lavoro e le società emittente i buoni pasto. Il contratto sottoscritto tra il datore di lavoro e la
società emettitrice riguarda l’emissione a favore dei dipendenti (ovvero a categorie
specificamente individuate di dipendenti) di buoni pasto spendibili presso una rete di
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GESTIONE CONTABILE e PROCESSI
locali convenzionati, fra cui anche la mensa aziendale gestita dalla società istante, in virtù
del “terzo rapporto” di seguito rappresentato;
3) il terzo rapporto vede coinvolte le società emittenti i buoni pasto e la società istante,
gestrice delle mense aziendali. In ossequio agli obblighi contrattuali assunti nei confronti
del datore di lavoro, la società sottoscrive una convenzione con la società emittente per il
ritiro dei buoni pasto presso la propria mensa aziendale. La società, periodicamente,
consuntiva, rendicontando analiticamente i singoli buoni utilizzati, provvede a fatturare la
somministrazione di alimenti e bevande effettuata in favore dei dipendenti nei locali della
mensa aziendale, direttamente alla società emittente i buoni pasto;
4) il quarto rapporto è fra mensa aziendale e lavoratore dipendente, il quale ultimo può
scegliere se pagare il pranzo tanto in contanti (ovvero con altri mezzi di pagamento
elettronici), quanto mediante l’utilizzo dei buoni pasto ovvero con una combinazione
delle due modalità.
Il problema riguarda il fatto che è facoltà del lavoratore utilizzare il buono pasto ovvero altre
modalità di pagamento (denaro contante, moneta elettronica, etc.) per saldare le proprie
consumazioni all’interno dei locali della mensa aziendale.
a) il lavoratore dipendente paga l’intero pasto (selezionando uno dei menù offerti dalla
mensa aziendale) in denaro contante ovvero con altri mezzi di pagamento equi-
valenti (moneta elettronica, etc.);
b) il lavoratore dipendente paga l’intero pasto (come sopra identificato) mediante buoni
pasto;
c) il lavoratore dipendente paga il pasto (come sopra identificato) per parte in contanti e
per parte in buoni pasto. In questo specifico caso possono aversi due ulteriori sub-
ipotesi:
- la parte preponderante del pasto viene pagata in contanti e la restante parte in buoni
pasto;
- la parte preponderante del pasto viene pagata in buoni pasto e la restante parte in
contanti.
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n. 10/2022
G GESTIONE CONTABILE e PROCESSI
- in pubblici esercizi - bar e ristoranti - non dotati di apposita licenza o spazi specifici per la
gestione delle c.d. convenzioni dirette;
- da pubblici esercizi - bar e ristoranti anche annessi ad alberghi - e da società di catering
indipendentemente dal luogo ove viene svolta la somministrazione.
Regole di riferimento
Il Ministero dello Sviluppo economico è intervenuto nel 2017 con il dichiarato intento di
mettere ordine nella disciplina di settore, dando attuazione alla normativa contenuta nel
Codice degli appalti pubblici (art. 144, comma 5, D.Lgs. n. 50/2016).
L’art. 2, lett. c), del D.M. n. 122/2017, definisce buono pasto: “il documento di
legittimazione, anche in forma elettronica, avente le caratteristiche di cui all’art. 4,
che attribuisce, al titolare, ai sensi dell’art. 2002 del Codice civile, il diritto ad ottenere il
servizio sostitutivo di mensa per un importo pari al valore facciale del buono e,
all’esercizio convenzionato, il mezzo per provare l’avvenuta prestazione nei confronti
delle società di emissione”.
Tale decreto (all’art. 3) definisce le tipologie di esercizio pubblico presso le quali può
essere erogato il servizio sostitutivo di mensa, ricomprendendo un elevato numero di
soggetti.
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Schema
di sintesi
Schema
di sintesi
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Regole Ciò che, viceversa, non è ritenuto aderente al dettato normativo è il riconoscimento
e divieti di differenti servizi allo stesso lavoratore per la medesima giornata, seppur nei
limiti di valore precedentemente richiamati. Il Ministero ha, inoltre, chiarito che l’ero-
gazione debba coinvolgere la generalità dei lavoratori o categorie omogenee di essi e
che, ai fini dell’esclusione dall’imponibilità, si fa riferimento al valore nominale del
buono pasto.
Successivamente, anche l’Agenzia delle entrate è intervenuta su alcuni aspetti relativi
all’utilizzo e alla gestione dei buoni pasto, chiarendo che, anche nel caso di lavoratori
part-time senza diritto alla pausa pranzo, il valore del buono pasto sia escluso dalla base
imponibile fiscale, sempre nei limiti di valore richiamati dalla norma. A tale impostazione ha
dato seguito l’INPS, che ha aderito alla medesima linea anche dal punto di vista contributivo.
Altra precisazione fornita dall’Agenzia delle entrate è relativa alla natura di erogazione in
natura dei ticket: l’eventuale eccedenza dal valore non ricade nel limite di esenzione previsto
per l’erogazione in natura, pari a 258,23 euro, concorrendo, pertanto, tale eccedenza alla
formazione del reddito. Ciò in quanto, secondo l’Amministrazione finanziaria, l’eviden-
ziazione del valore nominale porta a ritenere che i ticket non costituiscano erogazioni in
natura.
Limiti Con riferimento all’utilizzo combinato dei buoni pasto, l’Agenzia delle entrate, con il principio
di diritto n. 6/2019, si è pronunciata sul trattamento tributario dell’eventuale utilizzo di 8
buoni nello stesso giorno, chiarendo che: “il divieto di cumulo oltre il limite di otto buoni
pasto previsto dalla lett. d), del comma 1, dell’art. 4, del Decreto ministeriale 7 giugno 2017,
n. 122, non incide, ai fini IRPEF, sui limiti di esenzione dal reddito di lavoro dipendente (...)
previsti dall’art. 51, comma 2, lett. c), del T.U.I.R.”.
Caso La stessa Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 75/E, del 1˚ dicembre 2020, affronta il
pratico caso di una società che ha posto un quesito con il quale chiede chiarimenti in merito al
trattamento, ai fini IVA, dei servizi sostitutivi di mensa aziendale resi a mezzo di buoni pasto.
La situazione che si prospetta per la società istante è la seguente: le proprie consociate
vendono servizi sostitutivi di mensa aziendale, resi a mezzo di buoni pasto, ai datori di lavoro
committenti e stipulano delle convenzioni con una serie di soggetti commerciali, tra cui le
mense aziendali ed interaziendali, autorizzati all’accettazione degli stessi, che somministre-
ranno alimenti e/o bevande a favore dei dipendenti legittimati a fronte dell’accettazione di
detti buoni.
La società istante fa presente che una volta accettati ed onorati i buoni pasto, le mense
aziendali ed interaziendali presentano gli stessi a rimborso alle consociate, previa emissione
di fattura.
Modalità Secondo la società istante sono ipotizzabili tre diverse modalità di fatturazione:
di fatturazione:
ipotesi - valore facciale del buono pasto - percentuale di sconto incondizionato (eventualmente
convenzionalmente pattuito) - scorporo IVA 10% = base imponibile da assoggettare a IVA
del 10%;
- valore facciale del buono pasto - percentuale di sconto incondizionato (eventualmente
convenzionalmente pattuito) - scorporo IVA 4% = base imponibile da assoggettare a IVA
del 4%;
- valore facciale del buono pasto - percentuale di sconto incondizionato (eventualmente
convenzionalmente pattuito) = base imponibile da assoggettare a IVA del 4%.
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GESTIONE CONTABILE e PROCESSI
Rapporti L’Agenzia delle entrate, nel rispondere al quesito, evidenzia che il servizio sostitutivo di mensa
contrattuali aziendale, attraverso l’erogazione dei buoni pasto, comporta, come rappresentato nel caso
della società istante, che, giuridicamente, si instaurino due diversi rapporti contrattuali tra i
soggetti coinvolti:
Per quanto concerne il primo rapporto (tra la società emittente i buoni pasto e il datore
di lavoro), l’Agenzia delle entrate evidenzia che alla somministrazione di alimenti e bevande
presso la mensa aziendale si applica l’aliquota IVA agevolata del 4% (ricorrendo i presuppo-
sti previsti dal n. 37 della Tabella A, parte II, del D.P.R. n. 633/1972).
In particolare, la normativa di riferimento (art. 75, comma 3, della Legge 30 dicembre
1991, n. 413), ha stabilito che l’aliquota IVA del 4%, prevista per le somministrazioni di
alimenti e bevande rese nelle mense aziendali, deve ritenersi applicabile anche se le
somministrazioni stesse sono rese in dipendenza di contratti, anche di appalto, aventi ad
oggetto servizi sostitutivi di mensa aziendale, sempreché siano commesse da datori di
lavoro.
Come chiarito con la risoluzione n. 35, del 28 marzo 2001 dell’Amministrazione finanziaria,
l’applicazione dell’aliquota ridotta del 4% riguarda tutte le prestazioni aventi ad oggetto
somministrazioni fornite al personale dipendente nei locali indicati.
In particolare, con il documento di prassi sopra citato si è ritenuto che il legislatore fiscale abbia
voluto oggettivamente agevolare in senso ampio l’attività di somministrazione ai dipendenti,
purché realizzata nel locale “mensa aziendale”.
Base La risoluzione n. 202 del 20 giugno 2002, in tema di esonero dall’emissione dello scontrino,
imponibile ha precisato il significato da attribuire alla locuzione “mense aziendali”, intendendosi per tali
e aliquote quelle la cui gestione è data in appalto ad un’impresa specializzata ovvero effettuata
IVA direttamente dall’azienda, indipendentemente dal luogo in cui è situata la mensa; inoltre,
l’appaltatore deve assumere l’obbligo di fornire la prestazione esclusivamente ai
dipendenti del soggetto appaltante.
Con riferimento al primo rapporto, si fa presente che la base imponibile da assoggettare ad
IVA con l’aliquota ridotta del 4% è costituita dal prezzo convenuto tra le parti, non rilevando la
circostanza che tale prezzo sia pari, inferiore o superiore al valore facciale indicato nel buono
pasto.
Per quanto concerne il secondo rapporto, tra la società emittente e la mensa aziendale
ed interaziendale che accetta i buoni pasto, la misura dell’aliquota applicabile sarà del 10%
(ai sensi del disposto di cui al n. 121, della Tabella A, Parte III, del D.P.R. n. 633/1972).
A tal riguardo, si osserva che, in linea generale, a titolo di corrispettivo, le società di emissione
dei buoni pasto applicano una percentuale di “sconto incondizionato” (sconto/conven-
zione tra società di somministrazione pasti e società di gestione dei ticket), sul valore
nominale dei buoni pasto.
In tal caso, la base imponibile va determinata applicando la percentuale di sconto convenuta
al valore facciale del buono pasto, scorporando, quindi, dall’importo cosı̀ ottenuto, l’imposta
in esso compresa, mediante l’applicazione delle percentuali di scorporo dell’IVA (indicate
nel comma 4, dell’art. 27 del D.P.R. n. 633/1972).
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Schema
Rapporti Aliquota Base imponibile Riferimenti
di sintesi
IVA normativi
Tra la società emittente i 4% Prezzo convenuto tra le parti, Tabella A -
buoni pasto e il datore di non rilevando la circostanza Parte II, n. 37,
lavoro che tale prezzo sia pari, D.P.R. n.
inferiore o superiore al valore 633/1972
facciale indicato nel buono
pasto
Tra la società emittente e la 10% Deve essere determinata Tabella A,
mensa aziendale che accetta applicando la percentuale Parte III, n.
i buoni pasto convenuta al valore facciale 121, D.P.R. n.
del buono pasto. Di conse- 633/1972
guenza dall’importo cosı̀
ottenuto si scorpora l’impo-
sta in esso compresa
- ricorre, come presupposto, il contratto di appalto tra la società istante che eroga il servizio
di mensa e il soggetto committente (datore di lavoro);
e
- sussiste l’obbligo, assunto dall’appaltatore, di fornire la prestazione ai dipendenti del
soggetto appaltante.
L’Agenzia evidenzia che laddove il lavoratore dipendente paga l’intero pasto mediante
buoni pasto, non si realizza l’esigibilità dell’IVA al momento della somministrazione del
pasto poiché l’operazione che rileva ai fini IVA è la prestazione di servizi che la mensa
aziendale rende nei confronti della società emittente i ticket restaurant in favore del
lavoratore, soggetta all’aliquota IVA del 10%.
In tale evenienza, l’imposta diventa esigibile nel momento in cui la società che
gestisce la mensa emette fattura nei confronti della società emittente i buoni
pasto, mentre la base imponibile va determinata applicando la percentuale di sconto
convenuta al valore facciale del buono pasto, scorporando, quindi, dall’importo cosı̀
ottenuto, l’imposta del 10% in esso compresa, mediante l’applicazione delle
percentuali di scorporo dell’IVA, indicate nel comma 4, dell’art. 27, del D.P.R. n.
633/1972.
Scorporo Lo scorporo delle due diverse aliquote (4% o 10%) va fatto sempre facendo riferimento al
delle aliquote prezzo convenuto, sicché non è corretto ipotizzare due listini di prezzi differenziati sulla
base del metodo di pagamento prescelto.
Pagamento Con riguardo, infine, all’ipotesi secondo cui il lavoratore dipendente paga il pasto “per parte in
misto contanti e per parte in buoni pasto”:
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- sulla quota parte del prezzo pagato in contanti o con mezzi elettronici, per cui si realizza il
momento impositivo, l’aliquota IVA da scorporare sarà quella del 4%;
- sulla restante parte “pagata” mediante il buono pasto, il cui momento impositivo si
realizzerà all’atto della fatturazione dei corrispettivi alla società emittente il buono pasto,
perché, come detto, l’operazione che rileva ai fini IVA è la prestazione di servizi che la
mensa aziendale rende nei confronti della società emittente i ticket restaurant (ossia
l’impegno ad effettuare la somministrazione in favore del lavoratore), l’aliquota IVA da
scorporare sarà quella del 10%.
Obblighi Con riguardo, infine, agli obblighi documentali nei confronti del lavoratore, i corrispettivi
documentali percepiti per la somministrazione di alimenti e bevande rese in mense aziendali, già esentati
dagli obblighi di certificazione fiscale, in base all’art. 2, comma 1, lett. i), del D.P.R. n. 696/
1996, sono altresı̀ esonerati, in base a quanto previsto dal D.M. 10 maggio 2019,
dall’obbligo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei
corrispettivi, nonché dall’emissione del documento commerciale (art. 2, D.Lgs. n.
127/2015), qualunque sia il mezzo di pagamento.
Resta, invece, l’obbligo di emissione della fattura per documentare le somme percepite
dalla società emittente i buoni pasto.
Stante l’esenzione dagli obblighi certificativi, anche al fine di determinare l’IVA relativa ai
corrispettivi già riscossi che deve partecipare alla liquidazione periodica, è necessario
indicare separatamente nel registro dei corrispettivi di cui all’art. 24 del D.P.R. n.
633/1972:
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Modifiche normative
Ambito Il mese di luglio è stato particolarmente ricco di novità sul versante IVA, non tutte di facile
oggettivo applicazione. In particolare, per ciò che concerne la fatturazione elettronica, questa è
diventata obbligatoria anche nei rapporti con l’estero (San Marino compreso) sia dal lato
attivo, sia dal lato passivo.
Ambito Non solo, ma dall’inizio del medesimo mese, anche coloro che in precedenza ne erano
soggettivo esclusi ora ne sono obbligati. Ci si riferisce ai contribuenti che si avvalevano del:
- regime di vantaggio (sia imprese sia lavoratori autonomi) ex art. 27, commi 1 e 2, D.L. n.
98/2011;
- regime forfettario (art. 1, commi 54-89, Legge n. 190/2014), che nell’anno precedente
(2021) hanno percepito ricavi o compensi superiori a euro 25.000.
Eccezioni Fino al 31 dicembre 2023 saranno ancora esclusi i contribuenti con partite IVA che, nell’anno
precedente, hanno percepito compensi inferiori a 25.000 euro, per cui l’obbligo di fattura-
zione elettronica sarà previsto a partire dal 1˚ gennaio 2024.
Regole di riferimento
La Legge di bilancio 2021 (Legge n. 178/2020 modificata sul punto dal D.L. n. 146/2021)
ha stabilito che tutti i soggetti già obbligati alla fatturazione elettronica (tanto nella fase attiva,
quanto in quella passiva), nonché quelli precedentemente esonerati e sopra indicati, dal 1˚
luglio 2022 rientrano in questo ambito anche nei confronti di soggetti passivi d’imposta esteri
ovvero di consumatori finali privati non residenti. È irrilevante che la controparte sia stabilita in
un Paese UE o extra-UE.
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Ciclo attivo
Termini Le fatture elettroniche attive verso soggetti esteri devono essere emesse entro i termini
di emissione ordinari di previsti per le fatture elettroniche domestiche. Generalmente parlando:
delle fatture
- entro 12 giorni dalla data di effettuazione dell’operazione nel caso delle fatture imme-
diate. In realtà, ci possono anche essere termini diversi. Per esempio, la relazione di
accompagnamento alla Legge di bilancio 2021, a commento dell’art. 1, comma 1102,
cosı̀ si esprime: “in linea generale, dodici giorni dall’effettuazione dell’operazione o il
diverso termine stabilito da specifiche disposizioni, quali, ad esempio, l’art. 21, comma 4,
lett. a) e b), rispettivamente per le cessioni la cui consegna o spedizione risulta da DDT,
nonché le prestazioni individuabili attraverso idonea documentazione e le cessioni
effettuate dal cessionario nei confronti di un terzo per il tramite del proprio cedente”.
Stranamente, la relazione non ricorda che, nel caso di operazioni di cessioni verso un
operatore UE, l’art. 46, comma 2 del D.L. n. 331/1993 specifica che la fattura deve essere
emessa entro il giorno 15 del mese successivo all’effettuazione dell’operazione;
- entro il giorno 15 del mese successivo all’operazione nel caso delle fatture differite.
Effettuazione Per quanto riguarda il momento di effettuazione delle operazioni, occorre, come di consueto,
dell’operazione far riferimento alle specifiche disposizioni dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972 in caso di cessioni
beni e prestazioni di servizi, e dell’art. 39, D.L. n. 331/1993 nel caso di operazioni
intracomunitarie.
Esportazioni Le cessioni di beni verso clienti stabiliti in Paesi extra-UE sono testimoniate dalla bolla
ed esterometro doganale. Per inciso, si rammenta che non è più necessario il visto uscire sulla bolletta
doganale presentata dall’esportatore. La prova dell’avvenuta uscita della merce dal territorio
UE viene fornita dal rilascio del codice MRN (Movement Reference Number) da parte della
dogana di esportazione, a seguito della presentazione del DAE (documento di accompa-
gnamento all’esportazione).
La presenza della bolla doganale consente di evitare l’invio telematico del c.d. nuovo
esterometro, anch’esso entrato in vigore con il 1˚ luglio 2022.
E-fatture L’introduzione obbligatoria della fatturazione elettronica anche nei rapporti con l’estero
ed esterometro consente, appunto, di evitare l’invio telematico del c.d. nuovo esterometro.
INTRASTAT L’utilizzo di fatture elettroniche nei confronti di soggetti stabiliti nella UE non esime il
cedente/prestatore dalla predisposizione ed invio dei Modelli INTRA alla dogana.
Problematiche Se per il soggetto passivo stabilito in Italia è oramai chiaro l’obbligo di emetter fattura
per il cliente elettronica anche verso i propri clienti esteri, occorre tener conto che il flusso della fattura
parte dal cedente/prestatore, si dirige verso SdI, ma lı̀ si ferma, perché ad oggi non esiste
ancora un sistema internazionale integrato che consenta di far pervenire al cliente estero una
fattura elettronica come nel caso di quella domestica.
Ne deriva, forzatamente, che al non residente occorre far pervenire via posta o per e-mail una
fattura di cortesia analogica o in PDF.
Tracciato Il soggetto passivo italiano deve tener conto di alcune specifiche regole nella compilazione
(sintesi) dei campi di una fattura elettronica verso l’estero secondo l’ultima versione diffusa
dall’Agenzia delle entrate (attualmente versione 1.7).
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Ciclo passivo
Le fatture di provenienza estera, fatte salve quelle di provenienza da S. Marino, di regola non
sono in formato elettronico e, quindi, non possono passare attraverso SdI.
Ne deriva che è compito del cessionario/committente stabilito in Italia informare SdI circa le
operazioni di acquisto di beni o di servizi dall’estero. L’informazione è data tramite una
integrazione della fattura comunitaria (reverse charge) oppure un’autofattura per quelle di
provenienza extraeuropea. Occorre distinguere se il fornitore sia soggetto passivo UE o extra-UE.
Fornitore UE Al ricevimento della fattura analogica estera da un fornitore UE, il soggetto passivo italiano
“dovrebbe” procedere all’integrazione, direttamente sulla stessa ovvero su un documento
separato, dell’aliquota IVA e del relativo importo.
Dovendo trasmettere l’informazione attraverso un file in formato XML, l’operatore nazionale
dovrà necessariamente emettere verso SdI una sorta di autofattura (reverse charge) in
formato elettronico, esattamente come una fattura elettronica domestica, entro il giorno 15
del mese successivo alla data di ricevimento del documento comprovante l’opera-
zione. L’integrazione analogica sulla fattura passiva sarà comunque ancora possibile, ma a ciò
dovrà comunque seguire la trasmissione del documento in formato XML verso SdI.
Esterometro Come nel caso delle fatture attive, la presenza della fattura elettronica in reverse charge
e INTRASTAT consente di evitare l’invio del nuovo esterometro in formato XML a giustificazione dell’ope-
razione transnazionale.
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GESTIONE CONTABILE e PROCESSI
Altrettanto dicasi per i modelli INTRA; questi dovranno, comunque, essere inviati alla dogana.
Fornitore La stessa procedura deve essere seguita per le fatture analogiche di provenienza extra-UE.
extra-UE Il soggetto passivo italiano dovrà emettere una vera e propria autofattura elettronica da
inoltrare a SdI, sempre entro il giorno 15 del mese successivo alla data di ricevimento
della fattura estera. L’autofattura elettronica riporterà, tra l’altro, l’imponibile e l’IVA.
L’inoltro a SdI può essere omesso in presenza di una importazione suffragata dal
prospetto di riepilogo (ex bolla doganale) scaricato dal sito dell’Agenzia delle dogane
(Provvedimento n. 2933484/2021). È questo, infatti, il documento che serve ora sia ai fini
contabili sia per poter detrarre l’IVA pagata all’importazione.
Il prospetto di riepilogo, al pari del vecchio DAU, consente di evitare l’obbligo comunicativo
dell’operazione transfrontaliera (nuovo esterometro).
Esterometro Vale quanto già detto in precedenza, ossia, in presenza di un documento in formato
elettronico-autofattura, si evita la comunicazione dell’operazione transnazionale mediante
il nuovo esterometro digitale.
Tracciato
L’acquirente nazionale nel predisporre il documento da inviare in formato elettronico a SdI,
(sintesi)
secondo la vigente versione 1.7 del tracciato XML, sia in riferimento alle fatture in reverse
charge sia alle autofatture propriamente dette, deve riportare i seguenti codici Tipo
documento:
- TD17 relativamente ai servizi ricevuti da fornitori UE o extra-UE. In particolare, se il
fornitore è soggetto passivo UE, l’acquirente italiano integra i dati della fattura ricevuta con
l’indicazione dell’imponibile, dell’aliquota IVA e dell’IVA. I dati verranno poi annotati sia sul
registro vendite sia sul registro acquisti. Se il fornitore è extra-UE, l’acquirente italiano
emette autofattura elettronica indicando l’imposta relativa. Anche in questo caso, l’auto-
fattura va annotata in entrambi i registri IVA;
- TD18 relativamente all’integrazione di una fattura di acquisto di beni intracomunitari (da
utilizzare anche nel caso di acquisti intracomunitari di beni in un deposito IVA);
- TD19 relativamente agli acquisti di beni (ex art. 17, comma 2, D.P.R. n. 633/1972) da un
soggetto UE o extra-UE privo si stabile organizzazione in Italia, qui identificato o con
rappresentante fiscale. Se il fornitore è UE, l’integrazione avverrà in reverse charge, se è
extra-UE, mediante autofattura;
- TD20 da utilizzare quando il fornitore estero non invia la fattura ovvero questa sia
irregolare.
Nel campo:
- cedente/prestatore: indicare i dati del soggetto estero con l’indicazione del suo Paese
di residenza;
- cessionario/committente: indicare i dati di colui che effettua l’integrazione od emette
autofattura;
- data: in generale, la data di ricezione della fattura UE, la data di effettuazione dell’ope-
razione nel caso di autofattura, nel caso di fornitore extra-UE;
- sezione “dettaglio linee”: indicare i dati caratteristici di ogni operazione, rispettando
l’obbligatorietà dei campi, pena lo scarto (indicazione dell’imponibile presente nella
fattura inviata dal cedente/prestatore e della relativa imposta calcolata dal cessionario
committente o della natura nel caso non si tratti di un’operazione imponibile, ad es.:
acquisti non imponibili con uso del plafond, occorre indicare N3.5; nel caso di introdu-
zione di beni in un deposito IVA a seguito di acquisto intracomunitario, occorre indicare la
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Natura N3.6; nel caso di acquisti esenti, occorre indicare N4 e se non rilevanti in Italia, il
codice natura N2.2);
- sezione “dati fatture collegati”: indicare gli estremi della fattura di riferimento.
Ciclo attivo: I soggetti passivi italiani che cedono beni inviati o trasportati nella Repubblica di San Marino
cessioni devono emettere fattura elettronica da far transitare attraverso SdI. A differenza delle cessioni
di beni verso altri soggetti stabiliti in altri Stati, a seguito di appositi accordi bilaterali, la fattura
elettronica non si ferma presso SdI, ma viene da quest’ultimo inoltrata all’Ufficio tributario
di San Marino (D.M. 21 giugno 2021), che ne verifica la regolarità e la non imponibilità.
Quindi, se non emergono errori, la convalida e ne comunica telematicamente l’esito alla
competente Agenzia delle entrate, mentre l’operatore nazionale può visualizzare l’esito nel
proprio cassetto fiscale. Qualora entro i 4 mesi successivi all’emissione della fattura l’Ufficio
tributario non ne convalidi la regolarità, il soggetto passivo italiano deve procedere ad
emettere una nota di variazione in aumento (sempre in formato elettronico) per l’IVA non
addebitata, ma senza sanzioni o interessi.
Anche in questa ipotesi, la presenza della fattura elettronica evita la necessità di segnalare
l’operazione mediante il nuovo esterometro.
Ciclo attivo: L’argomento servizi resi (ma anche quelli ricevuti) non è trattato dall’art. 71 del D.P.R. n. 633/
prestazioni 1972 e neppure dai recenti provvedimenti in tema di fatturazione elettronica. Occorre,
di servizi pertanto, far riferimento al Provvedimento Agenzia delle entrate n. 211273/2021, ove viene
specificato che gli operatori nazionali hanno la libertà di utilizzare la e-fattura nel caso in cui il
soggetto economico sanmarinese abbia fornito il proprio numero di identificazione IVA
attribuitogli dal proprio Ufficio tributario.
Diversamente (ad esempio: cliente privato consumatore), occorre ancora utilizzare la fattura
analogica. In tal caso, bisogna segnalare a SdI l’operazione transfrontaliera mediante il nuovo
esterometro in formato XML.
Con specifico riferimento alle prestazioni di servizio non accessorie a cessioni all’esporta-
zione, trovano applicazione le regole generali sulla territorialità delle prestazioni di
servizio.
Occorre, dunque, distinguere tra:
- prestazioni generiche; e
- prestazioni specifiche.
Nel primo caso, torna applicabile la regola dell’ultimazione della prestazione. Nel
secondo occorre fare riferimento alle specifiche disposizioni in materia, al fine di individuare
se la prestazione sia soggetta a IVA, oppure non imponibile o esclusa.
Regola La regola generale per questi servizi è che la prestazione si considera effettuata al momento
generale del pagamento del corrispettivo, salvo che sia stata emessa fattura antecedentemente: il
prestatore stabilito in Italia emette fattura in anticipo rispetto all’incasso, ma non oltre questo.
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GESTIONE CONTABILE e PROCESSI
Ciclo passivo: Anche gli operatori economici stabiliti nella Repubblica di San Marino, dal mese di luglio
acquisti di beni 2022, possono, nel caso di cessioni di beni con trasferimento fisico dalla Repubblica di San
Marino all’Italia, utilizzare la fatturazione elettronica tramite SdI italiano. Per fare ciò devono:
Sommariamente: nel primo caso, l’operatore sanmarinese versa l’imposta al proprio Ufficio
tributario, il quale successivamente la fa pervenire all’Agenzia delle entrate. Questa opera una
serie di controlli. L’esito positivo dei riscontri viene comunicato al cessionario, che può
visionare i dati sul proprio cassetto fiscale e detrarre l’imposta. Nel frattempo, poteva
registrare la fattura estera solo in contabilità.
Nel secondo caso, il cessionario italiano, ricevuto da SdI la fattura elettronica sanmarinese,
assolve l’imposta mediante autofattura (indicando come codice TD19) ed annota il
documento nei registri vendite ed acquisti.
Deroga Gli operatori sanmarinesi con ricavi inferiori a 100.000 euro possono ancora emettere
fattura analogica.
In questa situazione, il cessionario italiano, soggetto passivo d’imposta, deve segnalare
l’operazione all’Agenzia delle entrate mediante il nuovo esterometro.
Ciclo passivo: Come detto a proposito delle prestazioni di servizi effettuate dal soggetto passivo italiano, ad
prestazioni oggi non vi è normativa specifica al riguardo. Pertanto, l’operatore sanmarinese potrà
di servizi emettere tanto fatture cartacee quanto fatture elettroniche, in tal caso, queste dovranno
comunque essere indirizzate a SdI italiano.
Gli operatori sanmarinesi con ricavi inferiori a 100.000 euro annui non sono obbligati
all’emissione di fatture elettroniche neanche nel caso di servizi resi.
In presenza di fatture cartacee, il committente italiano dovrà comunicare a SdI l’operazione
mediante un file XML con le stesse caratteristiche della fattura elettronica (nuovo
esetrometro).
Tornano applicabili le regole generali in materia di territorialità dei servizi e dei relativi tempi
per l’emissione dell’autofattura.
Tracciato
Cessioni di beni
(sintesi)
- codice dello Stato estero: SM;
- numero identificativo del cessionario - operatore economico attribuitogli dal proprio
Ufficio tributario, composto da 5 numeri preceduti da SM;
- codice natura: N3.3 operazione non imponibile art. 71.
Prestazioni di servizi effettuate
Il soggetto passivo italiano per i servizi resi emette fattura elettronica con le stesse
indicazioni viste per le cessioni di beni, con queste differenze:
- Codice destinatario: XXXXXXX;
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In relazione a ciò è stata introdotta una soglia entro la quale non sarà più necessario inviare il
nuovo esterometro legato agli acquisti carenti del requisito territoriale (artt. da 7 a 7-octies del
D.P.R. n. 633/1972). La soglia limite è fissata a 5.000 euro. Pertanto, operazioni al di sotto
di questa soglia possono essere escluse dall’invio a SdI. Al contrario, gli acquisti fuori campo
IVA di importo superiore dovranno essere trasmessi a SdI con i tipi documento TD17 per i
servizi, TD19 per i beni e codice natura N2.2.
Questa esclusione permette di evitare appesantimenti burocratici per operazioni di insigni-
ficante valore (ristoranti, consumazioni al bar, acquisto di carburanti all’estero e simili) o
irrilevanti ai fini IVA, comprese le commissioni finanziarie relative ad operazioni bancarie od
assicurative.
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Procedure operative
Interpello
Oggetto L’Agenzia delle entrate, con la risposta a interpello n. 41 del 21 gennaio 2022, ha esaminato il
del quesito caso di un soggetto esercente attività professionale che ha fruito, in assenza dei requisiti di
legge, del regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile (art. 27 del D.L. 6 luglio
2011, n. 98) in ragione del quale ha emesso le fatture senza applicazione dell’imposta. A
seguito di accertamento esperito dall’Ufficio, il contribuente definiva l’accertata violazione
concordando il pagamento rateale dell’IVA dovuta. L’importo più significativo delle
fatture emesse senza applicazione dell’IVA si riferiva alle operazioni poste in essere nei
confronti dello studio del marito, esercente anche lui la medesima attività professionale.
L’istante comunicava di aver chiuso la propria partita IVA il 31 dicembre 2017, cosı̀ come il
marito il 31 dicembre 2019, che, tuttavia, ne aveva aperta una nuova il 14 dicembre 2020
per svolgere la medesima attività.
Ciò posto, il contribuente chiedeva se poteva riaprire la partita IVA al solo fine di
esercitare la rivalsa dell’IVA, corrisposta in sede di adesione, nei confronti della nuova
partita IVA del marito, attivata per proseguire l’attività professionale già svolta con la prece-
dente partita IVA.
Regole di riferimento
Il Decreto IVA (art. 60, ultimo comma, del D.P.R. n. 633/1972) prevede che il contribuente
ha diritto di rivalersi dell’imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o
rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del
pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. In tal caso,
il cessionario/committente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la
dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto
l’imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa e alle condizioni esistenti al
momento dell’effettuazione della originaria operazione. In passato il Decreto IVA precludeva
espressamente al cedente/prestatore il diritto di rivalersi, nei confronti di cessionari di beni o
committenti di servizi, dell’imposta o maggiore imposta pagata in conseguenza d’accerta-
mento o rettifica. Il divieto era stato giustificato, oltre che da intenti sanzionatori, da valutazioni
pratiche in ordine all’inopportunità di una riapertura dei rapporti contrattuali allo scopo di
recuperare, a posteriori, l’imposta non addebitata al momento di effettuazione dell’opera-
zione. A seguito della procedura di infrazione aperta contro l’Italia dalla Commissione
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G GESTIONE CONTABILE e PROCESSI
europea, detta preclusione è stata superata perché ritenuta non conforme ai principi
comunitari di neutralità e proporzionalità dell’imposta sul valore aggiunto.
Ambito L’Agenzia delle entrate ha chiarito che la maggiore imposta può essere addebitata in via di
di applicazione rivalsa, a seguito del relativo pagamento, anche quando sia stata calcolata su una base
imponibile determinata in via forfetaria, laddove sia comunque riferibile a specifiche
operazioni effettuate nei confronti di determinati cessionari o committenti. Si pensi, ad
esempio, all’ipotesi in cui, in sede di accertamento, le operazioni effettuate nei confronti di un
soggetto, considerate esenti da IVA, siano ripartite forfetariamente tra operazioni imponibili
ed operazioni esenti. Diversamente, va esclusa l’applicazione della rivalsa laddove l’impo-
sta recuperata non sia riferibile a specifiche operazioni effettuate nei confronti di determinati
soggetti. È, ad esempio, il caso dell’IVA dovuta a seguito di accertamento induttivo.
La rivalsa a seguito di accertamento si differenzia, tuttavia, da quella ordinariamente
prevista in quanto ha carattere facoltativo, si colloca temporalmente in epoca successiva
all’effettuazione dell’operazione e presuppone l’avvenuto versamento definitivo della mag-
giore IVA accertata da parte del cedente/prestatore.
Schema
di sintesi
- accertamento con adesione. È un “accordo” tra contribuente e Ufficio che può essere
raggiunto sia prima dell’emissione di un avviso di accertamento, che dopo, sempre che il
contribuente non presenti ricorso davanti al giudice tributario. La procedura riguarda tutte
le più importanti imposte dirette e indirette e può essere attivata tanto dal contribuente
quanto dall’Ufficio dell’Agenzia delle entrate nella cui circoscrizione territoriale il contri-
buente ha il domicilio fiscale;
- acquiescenza. Il contribuente che riceve un avviso di accertamento ha l’opportunità, se
rinuncia a presentare ricorso, di ottenere una riduzione delle sanzioni. L’accettazione
dell’atto, giuridicamente definita “acquiescenza”, comporta, infatti, la riduzione a 1/3 delle
sanzioni amministrative irrogate, sempre che il contribuente:
i) rinunci ad impugnare l’avviso di accertamento;
ii) rinunci a presentare istanza di accertamento con adesione;
iii) paghi, entro il termine di proposizione del ricorso (ordinariamente, 60 giorni dalla
notifica dell’atto), le somme complessivamente dovute tenendo conto delle riduzioni;
- conciliazione giudiziale. È il mezzo attraverso il quale si può chiudere un contenzioso
aperto con il Fisco. Si applica a tutte le controversie tributarie, in primo o in secondo grado,
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G
GESTIONE CONTABILE e PROCESSI
Inoltre, l’esercizio alla rivalsa può avvenire anche per mancata impugnazione dell’atto di
accertamento nei termini previsti dalla legge, ovvero, a seguito del passaggio in giudicato della
sentenza, nell’ipotesi di contestazione, in sede giudiziale, della pretesa dell’Amministrazione
finanziaria. Non è, invece, consentita la rivalsa, né l’esercizio del diritto alla detrazione,
dell’imposta o della maggiore imposta versata a seguito di atti non divenuti definitivi. Di
conseguenza, per esempio, deve escludersi che possa esercitarsi il diritto alla rivalsa dell’IVA
versata in pendenza del giudizio avverso l’avviso di accertamento che ne contiene la liquida-
zione, in quanto la stessa risulta pagata all’Erario a titolo provvisorio. Ciò non toglie che, laddove,
in esito al giudizio, l’accertamento si consolidi, con conseguente acquisizione a titolo definitivo,
da parte dell’Erario, delle somme pagate nel corso del contenzioso, si possa esercitare la rivalsa,
nei confronti del cessionario/committente, di quanto già versato.
Rateazione Nel caso in cui il contribuente concordi con l’Erario il pagamento rateale dell’imposta o della
maggiore imposta accertata, il diritto alla rivalsa potrà essere esercitato in relazione al
pagamento delle singole rate. La procedura di rateazione si perfeziona con il versa-
mento della prima rata che rende definitivo l’accertamento.
Nell’ipotesi in cui l’IVA accertata sia assolta in parte mediamente versamento, in parte
mediante compensazione con un credito IVA riconosciuto in sede definizione dell’accerta-
mento, l’ammontare d’imposta oggetto di rivalsa non sarà limitato al minore importo dell’IVA
pagata a mezzo Mod. F24, ma sarà pari all’ammontare complessivamente dovuto, ivi
compresa la quota di debito estinta per compensazione.
Assenza L’esercizio del diritto di rivalsa della maggiore imposta accertata è consentita a condizione che
della partita IVA il cedente/prestatore abbia definitivamente corrisposto le somme dovute all’Erario e, nel
al momento contempo, il diritto a detrazione in capo al cessionario dell’IVA pagata a titolo di rivalsa, al
della verificarsi delle condizioni per il suo esercizio. Essa mira a ripristinare, anche nelle ipotesi di
commissione accertamento, la neutralità garantita dal meccanismo della rivalsa e dal diritto di detrazione,
della violazione consentendo il normale funzionamento dell’IVA, la quale deve, per sua natura, colpire i
consumatori finali e non gli operatori economici. L’esercizio della detrazione, in deroga ai
normali principi di funzionamento, è subordinato all’avvenuto pagamento dell’IVA addebitata
in via di rivalsa dal cedente o prestatore. In tal modo, è scongiurato l’ingiusto arricchimento
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Partita IVA Quanto alla possibilità di esercitare la rivalsa nei confronti di una partita IVA diversa da quella
dell’acquirente indicata nell’originaria fattura, ormai chiusa, l’Agenzia precisa che in passato, dinnanzi all’inter-
diversa venuta estinzione del soggetto passivo acquirente, aveva disconosciuto la possibilità di
da quella esercitare la rivalsa IVA (Agenzia delle entrate, risposta a interpello n. 84 del 26 novembre
originaria 2018 e n. 176/E del 31 maggio 2019). In entrambi i casi, tuttavia, si trattava di soggetti giuridici
estinti (società di persone o società di capitali), e quindi cancellati dal registro delle imprese. Ciò
in considerazione della natura privatistica della rivalsa a seguito di accertamento e del fatto che
la stessa inerisce non al rapporto tributario ma ai rapporti interni tra contribuenti. L’estinzione del
cessionario/committente, pertanto, fa sı̀ che il diritto di rivalsa, pur astrattamente riconosciuto,
debba ritenersi in tali ipotesi non esercitabile. In caso di mancato pagamento dell’IVA da parte
dell’acquirente del bene o del servizio, l’unica possibilità consentita al fornitore per il recupero
dell’IVA pagata all’Erario ma non incassata è quella di adire l’ordinaria giurisdizione civilistica.
Nel caso oggetto del quesito qui in esame, osserva ancora l’Ufficio, il professionista/
committente ha chiuso la propria partita IVA nel mese di dicembre 2019 per poi riaprirla
a distanza di un anno per esercitare la medesima attività. La circostanza che, nel caso di
specie, il committente/professionista, persona fisica, non si sia “estinto”, come accade per un
soggetto giuridico, ma, al contrario, abbia poi continuato ad esercitare la medesima attività,
seppur con una nuova partita IVA, consente di riconoscere una continuità soggettiva e,
quindi, di attribuire, da un punto di vista sostanziale, al professionista l’identità di “commit-
tente originario”, anche se fiscalmente lo stesso ora risultava individuato da una partita IVA
formalmente diversa da quella utilizzata nell’operazione originaria. D’altronde, continua
l’Agenzia delle entrate, una persona fisica, per sua natura, nonostante l’attribuzione di una
diversa partita IVA, mantiene sempre il medesimo codice fiscale, che costituisce, nel caso di
specie, ai fini della fatturazione dell’IVA di rivalsa, l’elemento di continuità con il passato,
laddove nel contempo il committente seguiti ad esercitare la medesima attività.
Adempimenti L’Agenzia delle entrate, dopo aver osservato, per quanto indicato dall’istante, che:
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GESTIONE CONTABILE e PROCESSI
Regole fatturazione
Si supponga che l’Agenzia delle entrate abbia contestato ad Alfa S.r.l., società tecnologica che
presta servizi di Information Technology (“IT”) a istituti finanziari, l’errata applicazione del
regime di esenzione IVA (art. 10, comma 1, nn. da 1 a 5 del D.P.R. n. 633/1972) sui corrispettivi
ricevuti per le prestazioni rese a Beta S.r.l. A seguito di avviso di accertamento emesso per l’anno
d’imposta 2021, Alfa S.r.l. definisce nel 2022 il contesto in sede di adesione, versando all’Erario
la maggiore imposta dovuta per un totale di euro 2.200 oltre sanzioni e interessi.
Esempio nota
Alfa S.r.l.
di variazione
via Giordano Bruno, n. 170
in aumento
cap. 10141, Torino
P.IVA: 12345678911
FATTURARE A: NOTA DI VARIAZIONE N. 10/2022
Beta S.r.l. DATA: 20 luglio 2022
INDIRIZZO:
Via Ugo Foscolo, n. 10
10132, Torino
P.IVA/C.F.: 20579973599
NOTE:
Q.tà Descrizione Prezzo Importo
Nota di variazione IVA - rettifica 5.000 10.000
in aumento relativa alle fatture
nn. 1 e 2 di euro 5.000
cadauna, rispettivamente del
15 gennaio 2021 e 15 febbraio
2021 relative a prestazioni di
Information Technology.
Rif. Accertamento con adesione
n. TB34XXXX21
ANNOTAZIONI: Importo 10.000
IVA 22% 2.200
TOT. NOTA DI euro 12.200
VARIAZIONE
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Procedure operative
Interpello
Oggetto Con la risposta a interpello n. 328 del 9 giugno 2022, l’Agenzia delle entrate è intervenuta
del quesito in tema di differimento dei termini di accertamento IVA ed effetti sul termine di
presentazione della dichiarazione integrativa a seguito della modifica della
richiesta di rimborso dell’imposta.
L’istante, nell’ambito della propria attività immobiliare e, più in generale, edilizia, si è occupata
prevalentemente della ristrutturazione di un fabbricato di interesse storico/artistico.
Con riferimento all’anno di imposta 2013, ha maturato un credito IVA, chiesto a rimborso
con la dichiarazione annuale 2014.
In relazione alla predetta domanda di rimborso, l’istante ha fornito riscontro, solo in data 3
luglio 2020, alla richiesta di documentazione integrativa inoltrata dall’Agenzia
delle entrate il 1˚ aprile 2016.
Sinteticamente, il ritardo nella consegna della documentazione, in base alla ricostru-
zione dei fatti prospettata dall’istante, è addebitabile a una serie di accadimenti di cui la
società è stata, suo malgrado, protagonista, ovvero:
- della definizione delle sopra descritte attività di controllo, che consentono tra l’altro la
cancellazione dell’iscrizione ipotecaria sull’immobile; e
- del perfezionamento della concessione edilizia in sanatoria, la società istante ha maturato
nuove esigenze in linea con la sua mission nel campo immobiliare.
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In ragione della possibilità di vendita dell’immobile e del pieno rilancio delle proprie
attività, la società istante ha intenzione di variare la scelta originariamente formulata
nella dichiarazione IVA 2014 circa l’utilizzo del credito IVA da rimborso a detrazione
e/o compensazione.
La società istante chiede, quindi, di sapere se, ai sensi del combinato disposto dell’art. 8,
comma 6-bis, del D.P.R. n. 322/1998 e dell’art. 57, comma 1, secondo periodo, del
D.P.R. n. 633/1972, pro tempore vigente, e tenuto conto delle peculiarità della fatti-
specie, la stessa è nei termini per presentare la dichiarazione integrativa rispetto a quella
del 2014.
Soggetti Il credito IVA infrannuale può essere richiesto a rimborso (art. 38-bis, comma 2, D.P.R. n. 633/
ammessi 1972):
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Schema
di sintesi
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È disposto, inoltre, che l’utilizzo in compensazione dei crediti IVA trimestrali, per importi
superiori a 5.000 euro annui sarà possibile già a decorrere dal decimo giorno successivo a
quello di presentazione del relativo Mod. IVA TR; nella versione previgente, tale possibilità
iniziava a partire dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione del modello
stesso.
Precedente chiarimento
Mancata In tema di variazione della scelta originariamente effettuata dal contribuente circa la modalità
prestazione di utilizzo del credito IVA, con la circolare n. 17/E del 6 maggio 2011, è stato chiarito che, in
della garanzia caso di mancata prestazione della garanzia, lo stesso può rettificare la richiesta di
rimborso “presentando - entro il termine di cui all’art. 2, comma 8-bis, del Decreto del
Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, ossia entro il termine di presentazione
della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo - una dichiarazione integra-
tiva (cfr. Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 28 gennaio 2011, punto
1.3), al fine di indicare il medesimo credito (o parte di esso) come eccedenza da utilizzare in
detrazione o compensazione (variazione del Quadro VX)”.
Tale principio è stato ribadito con la circolare n. 25/E del 19 giugno 2012, ed ulteriormente
approfondito con la circolare n. 35/E del 27 ottobre 2015, con cui è stato chiarito che
“laddove il contribuente voglia modificare l’originaria domanda di restituzione, deve presen-
tare una dichiarazione integrativa, ai sensi del citato art. 2, comma 8-bis, del D.P.R. n. 322 del
1998, sia che voglia ridurre l’ammontare del credito chiesto a rimborso, come chiarito con la
citata circolare n. 25/E del 2012 (...), sia che voglia chiedere un rimborso maggiore di quello
indicato in dichiarazione (...)”.
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Schema
di sintesi
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Regole di La norma in parola stabilisce che “le dichiarazioni dell’imposta sul valore aggiunto possono
riferimento essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato
l’indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un
minore debito d’imposta ovvero di una maggiore o di una minore eccedenza detraibile,
mediante successiva dichiarazione da presentare [...] non oltre i termini stabiliti dall’art. 57 del
Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.
La nuova disciplina della dichiarazione integrativa ai fini IVA, distinta ed autonoma, ma
modellata e tendenzialmente coincidente con quella propria delle imposte sui redditi e
dell’IRAP (anch’essa modificata dal medesimo art. 5 del D.L. n. 193/2016), equipara i
termini entro i quali è possibile presentare la dichiarazione integrativa, a prescindere dalla
circostanza che gli errori e le omissioni da emendare siano a favore dell’Amministrazione
finanziaria o del contribuente.
Il Decreto IVA (art. 57, D.P.R. n. 633/1972), nel disciplinare il “Termine per gli accertamenti”
ai fini IVA, stabilisce:
- al comma 1, che: “Gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti previsti nell’art. 54 e
nel secondo comma dell’art. 55 devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31
dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione”;
- al comma 3, che: “Nel caso di richiesta di rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile
risultante dalla dichiarazione annuale, se tra la data di notifica della richiesta di documenti
da parte dell’Ufficio e la data della loro consegna intercorre un periodo superiore a quindici
giorni, il termine di decadenza, relativo agli anni in cui si è formata l’eccedenza detraibile
chiesta a rimborso, è differito di un periodo di tempo pari a quello compreso tra il
sedicesimo giorno e la data di consegna”.
Conclusioni
L’Agenzia delle entrate ritiene che il rinvio ai termini stabiliti dall’art. 57 del D.P.R. n. 633/1972
ad opera del comma 6-bis, dell’art. 8 del D.P.R. n. 322/1998, con riferimento alle tempistiche
di presentazione della dichiarazione integrativa ai fini IVA, non possa che far riferimento ai
termini “ordinari” (disciplinati dal comma 1, art. 57, del D.P.R. n. 633/1972), per le
seguenti motivazioni.
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Il “differimento” contemplato dal comma 3, del richiamato art. 57, rappresenta uno “stru-
mento di controllo”, volto ad evitare strumentalizzazioni che potrebbero ravvisarsi nel-
l’ipotesi in cui, il contribuente pretestuosamente “temporeggi” nell’ottemperare alla richiesta
dell’Ufficio di presentazione della documentazione necessaria ai fini dell’erogazione dei
rimborsi IVA, con l’obiettivo di far decorrere i termini per l’accertamento.
Trattasi, dunque, di una misura posta a presidio dei poteri dell’Ufficio, la cui applicazione
discende dall’adozione di una condotta del contribuente scorretta o omissiva, da cui,
pertanto, non può derivare un beneficio a suo favore, qual è l’allungamento dei termini
di presentazione della dichiarazione integrativa.
Resta fermo che (in base all’art. 1 del D.P.R. n. 443/1997), nell’ipotesi in cui il rimborso fosse
denegato per difetto dei presupposti (stabiliti dall’art. 30 del D.P.R. n. 633/1972), con
contestuale riconoscimento della spettanza del credito, ne sarebbe ammessa la “detrazione,
successivamente alla notificazione” del provvedimento di diniego, “in sede di liquidazione
periodica, ovvero nella dichiarazione annuale”.
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S
SCADENZARIO
Decorre il termine per la richiesta di rimborso IVA pagata in Italia dai soggetti UE (art. 38-bis2,
D.P.R. n. 633/1972). Questa va effettuata direttamente allo Stato membro o da soggetto extra-
UE qualora in detto Stato esistano condizioni di reciprocità con l’Italia (art. 38-ter, D.P.R. n. 633/
1972) (Norvegia). Saranno poi le locali Amministrazioni a trasmettere telematicamente la
richiesta alle Autorità fiscali italiane.
Possono richiedere il rimborso a condizione che:
- non abbiano una stabile organizzazione in Italia;
- non si siano identificati direttamente o abbiano nominato un rappresentante fiscale;
- abbiano qui effettuato operazioni attive diverse da quelle per le quali il debitore
dell’imposta è il cessionario o committente e da quelle non imponibili di trasporto o
accessorie ai trasporti.
La richiesta va presentata a partire dal primo giorno del mese successivo al trimestre di
riferimento fino al 30 settembre dell’anno successivo.
Quella annuale può essere presentata a partire dal primo gennaio dell’anno successivo a quello
oggetto della richiesta di rimborso ed entro il 30 settembre dello stesso anno.
La richiesta va effettuata per posta mediante MOD 79 per i soggetti extra-UE.
A seguito della presentazione della dichiarazione annuale IVA, è possibile procedere dal
decimo giorno successivo alla sua presentazione, alla compensazione orizzontale del credito
annuale IVA 2021 superiore a 5.000 euro (ma entro il limite di 1.000.000 euro annui di
compensazioni varie, limite cosı̀ innalzato dal D.L. n. 34/2000), e la dichiarazione deve
apportare obbligatoriamente il visto di conformità o la sottoscrizione da parte dell’organo di
controllo. È possibile evitare il visto di conformità per i soggetti ISA che abbiano ottenuto un
punteggio non inferiore ad 8.
Si rammenta che la compensazione orizzontale può essere effettuata unicamente in via
telematica mediante i canali Entratel/Fisconline.
n Compensazione orizzontale del credito annuale IVA per importi non superiori a
5.000 euro
Il diritto alla compensazione si ha a partire dal 1˚ gennaio dell’anno in cui viene presentata la
dichiarazione annuale mediante presentazione di Mod. F24 esclusivamente utilizzando i canali
Entratel/Fisconline. La compensazione libera è possibile indipendentemente dal totale del
credito complessivo che emerge dalla dichiarazione. Una volta compensati gli eventuali primi
5.000 euro, si ricade nella compensazione per crediti superiori a tale importo.
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n. 10/2022
S SCADENZARIO
n Fattura integrativa
Nel caso di ricevimento di fattura intracomunitaria con corrispettivo inferiore al reale, occorre
emettere fattura integrativa analogica entro il giorno 15 del mese successivo all’annotazione
della fattura comunitaria e registrarla entro il medesimo termine, ma con riferimento al mese
precedente. La fattura, in formato XML, va inoltrata a SdI con indicazione nel “Tipo documento”
TD20.
n Autofattura
Il cessionario che entro il 2˚ mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione non
abbia ricevuto la fattura dal fornitore comunitario deve autofatturare l’acquisto entro il giorno 15
del 3˚ mese successivo a quello di effettuazione e registrarla entro il termine di emissione con
riferimento al mese precedente. L’autofattura, in formato elettronico XML va inviata a SdI codice
“Tipo documento” TD20.
n Fatturazione differita
Scade il termine per l’emissione delle fatture differite elettroniche con inoltro a SdI, per beni
spediti con DDT nel mese precedente, l’imposta relativa fa parte della liquidazione del mese
precedente.
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n. 10/2022
S
SCADENZARIO
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n. 10/2022
S SCADENZARIO
Termine ultimo, per imprese e professionisti, per l’invio telematico ai soli fini statistici, all’Agenzia
delle dogane degli elenchi riepilogativi relativi agli acquisti di beni nonché alle prestazioni di
servizi generici intervenute con soggetti intracomunitari nel mese di settembre.
Sono soggetti mensili quelli per i quali l’ammontare totale trimestrale di acquisti di beni sia, per
almeno uno dei quattro trimestri precedenti, uguale o superiore a 350.000 euro
(Determinazione Dogane n. 493869/21 del 23 dicembre 2021).
Gli acquisti di servizi (Mod. INTRA 2-quater) da indicare sono esclusivamente quelli “generici”
ex art. 7-ter del Decreto IVA. La medesima Determinazione abroga a far tempo dal 1˚ gennaio
2022 l’invio trimestrale di questo modello.
In entrambi i casi la valenza dei modelli è solo statistica, mentre la compilazione della parte
fiscale è facoltativa.
Con riguardo alle cessioni di beni, l’obbligo di presentazione del Modello INTRASTAT con i dati
fiscali e statistici permane ed è mensile se in uno dei quattro trimestri precedenti sono state
realizzate cessioni per un ammontare complessivo per ciascun trimestre maggiore od uguale
ad euro 50.000. Al di sotto di questa soglia la comunicazione è trimestrale. Per le spedizioni di
valore inferiore a 1.000 euro è possibile compilare gli elenchi riepilogativi relativi alle cessioni di
beni senza disaggregazione della nomenclatura combinata utilizzando il codice unico
99500000.
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n. 10/2022
S
SCADENZARIO
L’informazione statistica per i soggetti mensili diviene facoltativa se in alcuno dei quattro
trimestri precedenti sono state realizzate cessioni intracomunitarie di beni per un ammontare
trimestrale uguale o inferiore a 100.000 euro.
Per i servizi intracomunitari resi, l’obbligo di compilazione sia della parte fiscale sia della parte
statistica permane.
Sono esclusi dall’invio dei Modelli INTRA i soggetti passivi che abbiano aderito ai regimi OSS/
IOSS (Assosoftware 8 marzo 2022).
Per il call-off stock, il Mod. INTRA 1-sexies è da utilizzare esclusivamente in riferimento alle
operazioni di trasferimento di beni in un deposito sito in altro Stato UE e le informazioni relative
all’identità e al numero di identificazione attribuiti al destinatario sono riepilogate nella Sezione
5 del Mod. INTRA 1. Modello in aggiunta al registro ex art. 50, comma 5-bis, D.L. n. 331/1993.
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S SCADENZARIO
n Acquisti intracomunitari
Scade il termine per l’annotazione sui registri IVA degli acquisti e vendite relativamente
alle fatture (previa integrazione) per acquisti intracomunitari ricevute nel mese. È fatta
salva la possibilità di annotazione nel mese successivo, purché entro il termine di 15
giorni dal loro ricevimento; si rammenta che nonostante questa opzione, la liquidazione
dell’imposta relativa deve confluire nella liquidazione del mese di effettuazione
dell’operazione.
La fattura integrata va trasmessa a SdI utilizzando i tipi documento TD17, TD18, TD19.
n Sedi secondarie
Scade il termine per la fatturazione e l’annotazione delle operazioni compiute entro il mese
precedente dalle sedi secondarie che non curano direttamente tali adempimenti.
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S
SCADENZARIO
Novembre
2 n Rimborso dell’IVA pagata in Italia da soggetti non residenti
Mercoledı̀
Decorre il termine per la richiesta di rimborso IVA pagata in Italia dai soggetti UE (art. 38-bis2,
Decreto IVA). Tale richiesta va presentata direttamente allo Stato membro o da soggetto extra-UE,
qualora in detto Stato esistano condizioni di reciprocità con l’Italia (art. 38-ter - Svizzera, Norvegia,
Israele). Saranno poi le locali Amministrazioni a trasmettere telematicamente la richiesta alle
Autorità fiscali italiane. La richiesta può essere presentata a condizione che tali soggetti:
- non abbiano una stabile organizzazione in Italia;
- non si siano identificati direttamente o abbiano nominato un rappresentante fiscale;
- abbiano qui effettuato operazioni attive diverse da quelle per le quali il debitore dell’imposta è
il cessionario o committente, da quelle non imponibili di trasporto o accessorie ai trasporti e da
quelle di servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici rese in regime MOSS.
La richiesta va presentata a partire dal primo giorno del mese successivo al trimestre di
riferimento, fino al 30 settembre dell’anno successivo, tramite posta, mediante Mod. 79 per
i soggetti extra-UE.
n Compensazione orizzontale del credito annuale IVA per importi non superiori
a 5.000 euro
Il diritto alla compensazione si ha a partire dal 1˚ gennaio dell’anno in cui viene presentata la
dichiarazione annuale mediante presentazione del Mod. F 24 esclusivamente utilizzando i
canali Entratel/Fisconline. La compensazione libera è possibile indipendentemente dal totale
del credito complessivo che emerge dalla dichiarazione. Una volta compensati gli eventuali
primi 5.000 euro, si ricade nella compensazione per crediti superiori a tale importo.
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n. 10/2022
S SCADENZARIO
Termine ultimo per l’annotazione cumulativa sul registro dei corrispettivi delle ricevute e degli
scontrini fiscali emessi nel mese precedente dai soggetti ancora esonerati dalla tenuta del
registratore telematico (ad esempio: operazioni di cui all’art. 2 del D.P.R. n. 696/1996 e D.L. n.
34/2020).
n Fatturazione differita
Scade il termine per l’emissione delle fatture differite elettroniche con inoltro a SdI, per beni spediti
con DDT nel mese precedente, l’imposta relativa fa parte della liquidazione del mese precedente.
n Fattura integrativa
Nel caso di ricevimento di fattura intracomunitaria con corrispettivo inferiore al reale, occorre
emettere fattura integrativa analogica entro il giorno 15 del mese successivo all’annotazione della
fattura comunitaria e registrarla entro il medesimo termine, ma con riferimento al mese prece-
dente. La fattura, in formato XML, va inoltrata a SdI con indicazione nel “Tipo documento” TD20.
n Autofattura
Il cessionario che entro il 2˚ mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione non
abbia ricevuto la fattura dal fornitore comunitario deve autofatturare l’acquisto entro il giorno 15
del 3˚ mese successivo a quello di effettuazione e registrarla entro il termine di emissione con
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S
SCADENZARIO
riferimento al mese precedente. L’autofattura, in formato elettronico XML va inviata a SdI codice
“Tipo documento” TD20.
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n. 10/2022
L’ IMPOSTA SUI
SERVIZI DIGITALI
a cura di Eugenio Della Valle e Guglielmo Fransoni
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