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GUIDA

ALLA
FATTURAZIONE 2022
10
CICLO ATTIVO
• Violazione degli obblighi di comunicazione al Sistema TS

DOGANE E TERRITORIO
• Cessioni intracomunitarie: quali documenti provano
l’avvenuto trasporto nell’UE
Anno XV, Ottobre 2022, 10 - Direzione e Redazione: Via Dei Missaglia, n. 97, Edificio B3 - 20142 Milano (MI)

• Operazioni complesse: territorialità da valutare


caso per caso

GESTIONE CONTABILE E PROCESSI


• Ipotesi di evasione totale: possibile detrarre l’IVA?
• Buoni pasto: come applicare l’IVA con pagamento
in contanti e ticket
• E-fattura nei rapporti con soggetti esteri
• IVA pagata a seguito di accertamento: rivalsa e detrazione
• Integrativa IVA: possibile il rimborso dell’imposta?
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IPSOA In Pratica
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REVISIONE
LEGALE
DEI CONTI 2022
Tutto quello che c'è da sapere su:
• dall’accettazione dell’incarico e dalla pianificazione,
fino all’espressione del giudizio professionale
• contesto normativo, metodologia ISA Italia
• aspetti specifici, revisione delle poste di bilancio.

In digitale
Aggiorna sui nuovi principi di revisione ed esamina gli impatti
delle novità normative sulle procedure di revisione.
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SOMMARIO

CICLO ATTIVO Violazione degli obblighi di comunicazione


al Sistema TS
di Giovanna Greco........................................................................................................................... 5

Cessioni intracomunitarie: quali documenti provano


DOGANE e l’avvenuto trasporto nell’UE
TERRITORIO
di Fabio Varchetta ............................................................................................................................ 8

Operazioni complesse: territorialità da valutare caso


per caso
di Francesco D’Alfonso................................................................................................................... 16

Ipotesi di evasione totale: possibile detrarre l’IVA?


GESTIONE
CONTABILE e di Marco Bargagli.............................................................. ............................................................... 22
PROCESSI

Buoni pasto: come applicare l’IVA con pagamento in


contanti e ticket
di Federico Gavioli ............................................................. ............................................................. 26

E-fattura nei rapporti con soggetti esteri


di Gian Mario Camisasca....................................................... ....................................................... 34

IVA pagata a seguito di accertamento: rivalsa


e detrazione
di Ciro Cesarano ............................................................... ............................................................... 41

Integrativa IVA: possibile il rimborso dell’imposta?


di Federico Gavioli ............................................................. ............................................................. 46

SCADENZARIO 1˚ Ottobre - 15 Novembre 2022 ................................................................. 53

3
n. 10/2022
DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE

CICLO FATTURAZIONE ELETTRONICA


- Malfunzionamento del Registratore Telematico o del Server RT: procedure da seguire
IL PUNTU SU
- Acquisti con IVA indetraibile: utilizzo del plafond, i chiarimenti dell’Agenzia delle entrate
IL CASO DEL MESE
- Bonus edilizi: modalità di correzione delle fatture prive di indicazione del contratto collettivo
- Risarcimenti danno: imponibilità IVA
- Esonero dalla certificazione dei corrispettivi per le scommesse sportive
- Fatture soggettivamente false: onere della prova
- Somme dovute negli accordi transattivi: regime IVA
- Problematiche relative alle operazioni triangolari nazionali e comunitarie

REDAZIONE AMMINISTRAZIONE
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n. 10/2022
A
CICLO ATTIVO

Adempimenti

Violazione degli obblighi


di comunicazione
al Sistema TS
di Giovanna Greco

Casistica
L’Agenzia delle entrate ha reso indicazioni in tema di violazione degli obblighi di comuni-
cazione al Sistema Tessera Sanitaria con specifico riferimento al profilo sanzionatorio in
caso di inadempimenti, con una recente risoluzione (n. 22 del 23 maggio 2022).
In merito, si ricorda che, ai sensi dell’art. 3, comma 3, del D.Lgs. n. 175/2014, ai fini
dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, gli operatori sanitari
quali: i medici, gli odontoiatri, le farmacie, i presidi di specialistica ambulatoriale, le
strutture per l’erogazione delle prestazioni di assistenza protesica e di assistenza inte-
grativa e gli altri presidi e strutture per l’erogazione dei servizi sanitari, sono tenuti a inviare
al Sistema Tessera Sanitaria i dati relativi alle prestazioni erogate.

Sanzioni
Con riguardo alla violazione degli obblighi di comunicazione al Sistema Tessera Sanitaria,
la sanzione di 100 euro si applica per ogni singolo documento di spesa, senza
possibilità, per espressa previsione normativa, di applicare il cumulo giuridico. Lo ha
chiarito l’Agenzia delle entrate con la risoluzione in oggetto, con cui ha evidenziato che
tale sanzione resta, invece, definibile mediante l’istituto del ravvedimento operoso,
utilizzando il codice tributo 8912 - Sanzioni pecuniarie relative all’Anagrafe tributaria al
codice fiscale alle imposte sui redditi alle imposte sostitutive all’IRAP e all’IVA.
In merito al trattamento sanzionatorio, l’art. 3, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 175/2014,
prevede che in caso di omessa, tardiva o errata trasmissione al Sistema Tessera Sanitaria
entro la prevista scadenza dei dati relativi alle spese sostenute dai contribuenti, si applica
la sanzione di 100 euro per ogni comunicazione, senza possibilità di applicazione, in caso
di violazioni plurime, del cumulo giuridico di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 472/1997, con un
massimo di 50.000 euro.

Dichiarazione dei redditi


Elementi In base all’art. 3, comma 3, D.Lgs. n. 175/2014, ai fini dell’elaborazione della dichiara-
essenziali zione dei redditi, le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, gli istituti di ricovero e
cura a carattere scientifico, i policlinici universitari, le farmacie, pubbliche e private, i
presidi di specialistica ambulatoriale, le strutture per l’erogazione delle prestazioni di

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n. 10/2022
A CICLO ATTIVO

assistenza protesica e di assistenza integrativa, gli altri presidi e strutture accreditati per
l’erogazione dei servizi sanitari e gli iscritti all’Albo dei medici chirurghi e degli odontoiatri,
inviano al Sistema TS i dati relativi alle prestazioni erogate dal 2015 ad esclusione di
quelle già previste nel comma 2, ai fini della loro messa a disposizione dell’Agenzia delle
entrate.
I soggetti sopra evidenziati hanno, dunque, l’obbligo di inviare al Sistema TS i dati relativi
alle prestazioni sanitarie erogate nei confronti delle persone fisiche, ai fini della loro
messa a disposizione dell’Agenzia delle entrate che li utilizza per l’elaborazione della
dichiarazione dei redditi precompilata.

Trasmissione telematica
Modalità Con il D.M. 31 luglio 2015, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha definito le
operative specifiche tecniche e le modalità operative relative alla trasmissione telematica delle
spese sanitarie al Sistema TS, prevedendo che la trasmissione dei dati debba essere
effettuata entro e non oltre il mese di gennaio dell’anno successivo a quello in cui è
stata effettuata la spesa dall’assistito.
In particolare, con riferimento all’anno 2022, si ricorda che l’art. 7, comma 1, del D.M. 19
ottobre 2020, come modificato dall’art. 2, del D.M. 2 febbraio 2022, ha previsto le
seguenti scadenze:

- 30 settembre 2022 per le spese sostenute nel primo semestre dell’anno 2022;
- 31 gennaio 2023 per le spese sostenute nel secondo semestre dell’anno 2022.

Riepilogo Entro un preciso calendario di scadenze, quindi, i soggetti obbligati alla trasmissione dei
scadenze dati al Sistema TS per la predisposizione della precompilata devono fornire le informa-
zioni relative alle prestazioni sanitarie erogate nei confronti delle persone fisiche.

Invio dati Sistema TS Prossime scadenze


Spese sostenute nel primo semestre 2022 30 settembre 2022
Spese sostenute nel secondo semestre
31 gennaio 2023
2022
Entro la fine del mese successivo alla data
Spese sostenute dal 1˚ gennaio 2023
del documento fiscale

Nello specifico, il concetto di “comunicazione” a cui fa riferimento la norma riguarda ogni


singolo documento di spesa errato, non inviato o inviato con ritardo al Sistema
Tessera Sanitaria.

Opzioni L’invio della comunicazione può avvenire tramite tre diverse modalità:
di invio della
comunicazione - utilizzo di una pagina web dedicata, data entry di ogni singola spesa sul sito www.
sistemats.it;
- invio di ogni singola spesa (c.d. web service sincrono);
- invio di un file zip, contenente un file xml, con uno o più documenti (c.d. web service
asincrono).

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n. 10/2022
A
CICLO ATTIVO

Ma il mezzo di trasmissione non ha alcuna rilevanza sulle modalità di applicazione delle sanzioni,
cosı̀ come non conta il numero dei soggetti a cui si riferisce il documento.

Errata comunicazione
Nei casi di errata comunicazione dei dati, la sanzione non si applica se la trasmissione dei dati
corretti è effettuata entro i 5 giorni successivi alla scadenza, ovvero, in caso di segnalazione da
parte dell’Agenzia delle entrate, entro i 5 giorni successivi alla segnalazione stessa.
Se la comunicazione è correttamente trasmessa entro 60 giorni dalla scadenza prevista, la
sanzione è ridotta a un terzo, con un massimo di 20.000 euro.
Pertanto, tenuto conto delle diverse modalità di trasmissione dei dati delle spese sanitarie,
contenuti nei documenti fiscali, nonché della volontà del legislatore di valorizzare la “reazione
sanzionatoria” in caso di inadempimento, al fine di perseguire una risposta punitiva adeguata e
congrua, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che il concetto di “comunicazione” contenuto nella
norma sanzionatoria si riferisce ad ogni singolo documento di spesa errato, omesso, o tardiva-
mente inviato al Sistema TS, a nulla rilevando il mezzo di trasmissione (uno o plurimi file), o il
numero, i soggetti cui i documenti si riferiscono.

Ravvedimento operoso
Con riferimento all’omessa, tardiva o errata trasmissione telematica delle Certificazioni Uniche,
l’Agenzia delle entrate aveva, invece, adottato un diverso approccio relativamente alla possi-
bilità di avvalersi del ravvedimento operoso rispetto a quello appena descritto.
Con la circolare n. 6 del 19 febbraio 2015, infatti, era stato affermato che per le violazioni relative
alla trasmissione telematica delle Certificazioni Uniche non è possibile avvalersi del ravvedi-
mento operoso, di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997, in quanto incompatibile con la
tempistica prevista per l’elaborazione della dichiarazione precompilata.
Dal momento che anche la trasmissione dei dati al Sistema TS è funzionale ai fini dell’elabo-
razione della dichiarazione precompilata da parte dell’Agenzia delle entrate, sembrerebbe
superata l’interpretazione fornita con la suddetta circolare e applicabile anche alle violazioni per
la trasmissione delle Certificazioni Uniche la possibilità di ravvedimento operoso come chiarito
nella risoluzione n. 22/2022 dell’Agenzia delle entrate.

Conclusione
In buona sostanza, l’Amministrazione finanziaria chiarisce che in ogni caso è possibile mettersi in
regola avvalendosi del ravvedimento operoso previsto dall’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997. Il
codice tributo da utilizzare è: 8912 “Sanzioni pecuniarie relative all’Anagrafe tributaria al codice
fiscale alle imposte sui redditi alle imposte sostitutive all’IRAP e all’IVA”. Le riduzioni previste dalla
normativa si applicano anche all’importo già ridotto a un terzo quando la comunicazione è
trasmessa correttamente entro 60 giorni dalla scadenza prevista.

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n. 10/2022
D DOGANE e TERRITORIO

Adempimenti

Cessioni intracomunitarie:
quali documenti provano
l’avvenuto trasporto nell’UE
di Fabio Varchetta

Regole generali
Cessioni In termini generali, si ricorda che costituiscono cessioni non imponibili le cessioni a titolo oneroso
intra-UE non di beni trasportati o spediti nel territorio di un altro Stato membro UE dal cedente, dall’acquirente
imponibili: o da terzi per loro conto, nei confronti di soggetti passivi d’imposta. In sostanza, secondo la
requisiti normativa nazionale, per la realizzazione di una cessione intracomunitaria, con la conseguente
emissione di fattura non imponibile IVA, devono sussistere i seguenti requisiti:

- onerosità dell’operazione;
- acquisizione o trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale sui beni;
- status di operatore economico del cedente nazionale e del cessionario comunitario;
- effettiva movimentazione del bene dall’Italia a un altro Stato membro, indipendente-
mente dal fatto che il trasporto o la spedizione avvengano a cura del cedente, del
cessionario o di terzi per loro conto.

Tali requisiti devono ricorrere congiuntamente, in mancanza anche di uno solo, la


cessione sarà da considerare imponibile ai fini IVA, secondo le disposizioni contenute nel
Decreto IVA.

Obblighi La legge italiana non detta alcuna specifica disposizione in merito ai documenti che il
di conservazione contribuente deve conservare, ed esibire in caso di eventuale controllo, per provare l’avve-
della nuto trasferimento del bene in un altro Stato della UE. Prima dell’entrata in vigore dell’art. 45-
documentazione bis del Regolamento IVA, l’Agenzia delle entrate aveva fornito diversi chiarimenti in materia. In
particolare, nella risoluzione 25 marzo 2013, n. 19/E è stato affrontato il tema della prova
dell’effettiva movimentazione dei beni dall’Italia ad un altro Stato membro, indipenden-
temente dal fatto che il trasporto o la spedizione fossero avvenuti a cura del cedente, del
cessionario o di terzi per loro conto.
In quella circostanza - che traeva spunto da un caso relativo alle cessioni c.d. franco fabbrica - è
stato chiarito che, per le cessioni intracomunitarie, il CMR elettronico (la lettera di vettura
internazionale regolata), recante lo stesso contenuto di quello cartaceo, costituisce un mezzo
di prova idoneo a dimostrare l’uscita della merce dal territorio nazionale. Inoltre, è stato
riconosciuto quale mezzo di prova equivalente al CMR cartaceo un insieme di docu-
menti dal quale si possano ricavare le medesime informazioni presenti nello stesso CMR
cartaceo, nonché le firme dei soggetti coinvolti (cedente, vettore e cessionario).

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n. 10/2022
D
DOGANE e TERRITORIO

Tale documentazione, dalla quale deve risultare che è avvenuta la movimentazione fisica
della merce e che quest’ultima abbia raggiunto un altro Stato membro, ha valore solo se
conservata unitamente alle fatture di vendita, alla documentazione bancaria
attestante le somme riscosse per le predette cessioni e alla documentazione relativa agli
impegni contrattuali assunti nonché agli elenchi INTRASTAT.

Principi Successivamente, con la risoluzione 24 luglio 2014, n. 71/E dell’Agenzia delle entrate, con
di riferimento riferimento alla prova della cessione intracomunitaria, sono stati espressi i seguenti due principi:

1) quando non è possibile esibire il documento di trasporto sono ammissibili altri mezzi di
prova idonei;
2) la prova dell’avvenuto trasferimento del bene in altro Stato membro UE deriva da un
insieme di documenti da cui si ricava, con sufficiente evidenza, che il bene è stato trasferito
dallo Stato del cedente a quello dell’acquirente.

Caso Si ricorda, infine, che, nella risposta a interpello n. 100/2019, l’Agenzia delle entrate è tornata
pratico sul tema della prova dell’effettività di un trasporto effettuato dall’Italia verso un altro Stato
membro, in relazione ad una società che poneva in essere cessioni intracomunitarie di beni
sia “franco destino” sia “franco fabbrica”. In particolare, all’atto della spedizione dei beni, la
società istante emetteva un documento di trasporto (DDT) con indicazione della
destinazione dei beni, normalmente firmato anche dal trasportatore per presa in
carico e, quando il trasporto era curato dalla stessa società, questa riceveva la fattura del
trasportatore con l’indicazione dei trasporti effettuati. Oltre al DDT, la società italiana
predisponeva un documento contenente:

1. l’identificativo del committente (ossia il cessionario in fattura);


2. il riferimento della fattura di vendita;
3. il riferimento della fattura logistica (documento interno);
4. la data della fattura;
5. la data del DDT;
6. la data della destinazione delle merci, del Paese di destinazione e dell’anno di ricezione
delle merci stesse;
7. la seguente dichiarazione da parte del cessionario comunitario: “le merci relative alle
fatture sopra indicate sono regolarmente pervenute presso il nostro terzista, il nostro
deposito oppure presso i nostri negozi”.

Nel parere, oltre a riconoscere l’idoneità della documentazione indicata a costituire prova
dell’avvenuto trasporto intracomunitario, è stata ribadita la necessità che dai documenti siano
individuabili i soggetti coinvolti, ovvero cedente, vettore e cessionario, e tutti i dati utili
a definire l’operazione a cui si riferiscono. Infatti, l’Agenzia delle entrate ha ribadito la
necessità che il contribuente conservi le relative fatture di vendita, la documentazione
bancaria attestante le somme riscosse in relazione alle precedenti cessioni, la documenta-
zione relativa agli impegni contrattuali assunti e gli elenchi INTRASTAT.

Interpello
Oggetto In materia di prova delle cessioni intracomunitarie, in tutti i casi in cui non è applicabile la
del quesito presunzione relativa circa l’avvenuto trasporto di beni in ambito comunitario, può continuare

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n. 10/2022
D DOGANE e TERRITORIO

a trovare applicazione la prassi nazionale, anche adottata prima dell’entrata in vigore della
normativa sul trasporto intracomunitario dei beni. Lo ha chiarito l’Agenzia delle entrate con la
risposta a interpello n. 101 del 10 marzo 2022, con cui ha specificato che la prassi nazionale
individua documenti la cui idoneità a provare l’avvenuto trasporto all’interno dell’Unione
Europea è comunque soggetta alla valutazione, caso per caso, dell’Amministrazione
finanziaria. Infatti, superando la precedente interpretazione, fornita con risoluzione n. 115/
2001, l’Agenzia delle entrate, con la risposta in commento, chiarisce che sono da ritenere non
imponibili ai sensi dell’art. 41, comma 1, lett. a), del D.L. n. 331/1993, le cessioni
intracomunitarie dirette e le vendite a distanza UE poste in essere con l’intervento di un
commissionario alla vendita.
Il citato art. 41, comma 1, lett. a), del D.L. n. 331/1993 deve essere interpretato tenendo
conto della nozione di cessione di beni che si può desumere dalla normativa unionale e dalla
disciplina IVA del mandato senza rappresentanza, di cui la commissione costituisce una
specifica tipologia. In tale nozione sono compresi anche i “passaggi dal committente al
commissionario o dal commissionario al committente di beni venduti o acquistati in
esecuzione di contratti di commissione”, che rientrano, pertanto, nel perimetro di applica-
zione della norma. Nell’ambito del duplice trasferimento, l’operazione mantiene “la stessa
natura oggettiva e, quindi, il medesimo regime impositivo”. Per tale ragione, l’Agenzia ritiene
che il regime di non imponibilità possa applicarsi anche alla cessione che intercorre tra il
committente e il commissionario e non solo a quella tra quest’ultimo e il cliente finale.

Cessioni di beni nel mandato senza rappresentanza


Regole L’art. 41, comma 1, lett. a), del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, norma che regola le cessioni
di riferimento intracomunitarie, va interpretato alla luce della nozione di cessione di bene derivante dalla
Direttiva IVA e della disciplina IVA del mandato senza rappresentanza (di cui il contratto di
commissione, nel caso stipulato successivamente, rappresenta una tipologia specifica).
Per quanto concerne la nozione di cessione di bene, giova ricordare che vi rientra non solo il
trasferimento a titolo oneroso del diritto di proprietà dal cedente al cessionario, ma anche i
passaggi dal committente al commissionario o dal commissionario al committente di beni
venduti o acquistati in esecuzione di contratti di commissione cosı̀ come previsto dall’art. 14,
comma 2, lett. c), della Direttiva IVA e dall’art. 2, comma 1, n. 3, del Decreto IVA. Inoltre, si
osserva che nel mandato senza rappresentanza “le prestazioni di servizi rese o ricevute dai
mandatari senza rappresentanza sono considerate prestazioni di servizi anche nei rapporti tra
il mandante e il mandatario”. Tale principio è previsto anche nel contratto di commissione
dall’art. 2, comma 2, n. 3), del citato decreto ancorché il contratto di commissione non
presupponga il passaggio di proprietà dei beni tra committente e commissionario ed anzi ne
prescinda completamente.
Inoltre, si osserva che nel mandato senza rappresentanza le prestazioni di servizi rese o
ricevute dai mandatari senza rappresentanza sono considerate prestazioni di servizi anche
nei rapporti tra il mandante e il mandatario. In sostanza, nella categoria del mandato senza
rappresentanza opera una finzione giuridica in base alla quale i beni oggetto del contratto
di commissione sono oggetto di un duplice trasferimento, dal committente al commis-
sionario e da quest’ultimo al terzo acquirente (commissione alla vendita). Tale finzione
giuridica, dunque, implica che i passaggi dei beni tra committente e commissionario, o
viceversa, mantengano, in linea di principio, la stessa natura oggettiva e, quindi, anche il
medesimo regime impositivo.
Alla luce di quanto sopra appare utile delineare le caratteristiche del contratto di
commissione.

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n. 10/2022
D
DOGANE e TERRITORIO

Contratto di commissione
Il contratto di commissione (art. 1731, c.c.) è un sottotipo del mandato senza rappresentanza
avente ad oggetto, in particolare, l’incarico ad acquistare o vendere: nella commissione una
parte (commissionario) si impegna a vendere o ad acquistare determinati beni in nome
proprio e per conto dell’altra parte (committente).

Caratteristiche Si tratta di un contratto:


principali
- consensuale;
- ad effetti obbligatori;
- a forma libera, salvo che abbia ad oggetto beni immobili.

Il commissionario ha diritto alla provvigione, che, di regola, è costituita da una percentuale


sull’ammontare o valore dell’affare concluso, oppure può consistere in un compenso pre-
stabilito o, ancora, nella differenza tra prezzo minimo o massimo fissato dal committente e
quello conseguito dal commissionario nel contratto con il terzo. Se la provvigione non è stabilita
dalle parti, si determina secondo gli usi del luogo in cui è compiuto l’affare e, in mancanza,
provvede il giudice secondo equità. Inoltre, avendo la commissione natura onerosa, le somme
versate dal committente al commissionario si presumono imputate a titolo di provvigione.

Obblighi Il committente può revocare l’ordine di concludere l’affare fino a che il commissionario non
e facoltà l’abbia concluso, salvo il diritto del commissionario di ottenere una parte della provvigione,
che si determina tenendo conto delle spese sostenute e dell’opera prestata (art. 1734, c.c.).
Di regola, il commissionario non risponde verso il committente dell’adempimento del terzo,
ma le parti possono derogare a tale principio e pattuire che il commissionario risponda verso il
committente della regolare esecuzione dell’affare (star del credere) e quale corrispettivo del
rischio assunto, avrà diritto, oltre che alla provvigione, a un compenso o a una maggiore
provvigione. Nel caso in cui la commissione abbia ad oggetto l’acquisto o la vendita di titoli,
divise o merci aventi un prezzo corrente indicato dalla pubblica Autorità o dai listini ufficiali, se
il committente non ha stabilito diversamente, il commissionario può:

- fornire al prezzo suddetto le cose da comprare;


- acquistare per sé le cose che deve vendere, fatto salvo il suo diritto alla provvigione (art.
1735, c.c.).

Contratto di commissione nell’ambito della cessione all’esportazione


L’impostazione sopra descritta è esplicitata nell’art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/
1972, che qualifica cessione all’esportazione anche quella intercorrente tra il committente e
il commissionario, oltre che quella tra quest’ultimo al cliente finale, ma deve estendersi, per le
ragioni su esposte, anche alle cessioni di beni intracomunitarie di cui all’art. 41 del D.L. n.
331/1993 che avvengono tramite commissionario. Ed invero il quesito è stato affrontato
dall’Agenzia delle entrate nella risposta a interpello n. 1/2021 in tema di plafond IVA,
nell’ambito delle cessioni di beni alle esportazioni mediante commissionari. Infatti, il quesito
mirava a chiarire se l’istante, nella sua veste di commissionario alla vendita, che effettua, tra
l’altro, cessioni all’esportazione di beni che, sino alla consegna ai clienti finali esteri dopo
l’effettuazione del trasporto, rimangono di proprietà dei partner/committenti, possa assu-
mere la qualifica di esportatore abituale e dunque utilizzare il plafond maturato.

11
n. 10/2022
D DOGANE e TERRITORIO

Come già sopra menzionato, il contratto di commissione è un mandato che ha per


oggetto l’acquisto o la vendita di beni per conto del committente e in nome del
commissionario. Tale contratto rientra, pertanto, nella più ampia categoria del man-
dato senza rappresentanza, in quanto il commissionario agisce in nome proprio, ma
per conto del committente, con la conseguenza che gli effetti giuridici degli atti
compiuti dal commissionario non si producono direttamente nella sfera giuridica del
committente.
Ai fini IVA, nel mandato senza rappresentanza le prestazioni di servizi rese o ricevute dai
mandatari senza rappresentanza sono considerate prestazioni di servizi anche nei
rapporti tra il mandante e il mandatario (art. 3, comma 3, D.P.R. n. 633/1972).
Tale principio è previsto anche nel contratto di commissione dall’art. 2, comma 2, n. 3) del
citato decreto, che qualifica, come cessioni di beni i passaggi dal committente al commis-
sionario o dal commissionario al committente di beni venduti o acquistati in esecuzione di
contratti di commissione, ancorché il contratto di commissione non presupponga il passag-
gio di proprietà dei beni tra committente e commissionario ed anzi ne prescinda
completamente.

Trasferimento In sostanza, nella categoria del mandato senza rappresentanza opera una “finzione giuridica”,
dei beni in base alla quale i beni oggetto del contratto di commissione subiscono un duplice
trasferimento, ossia:

- dal committente al commissionario e da quest’ultimo al terzo acquirente (commissione


alla vendita);
- dal terzo venditore al commissionario e da quest’ultimo al committente (commissione
all’acquisto).

Base Per effetto della suddetta “finzione giuridica”, l’art. 13, comma 2, lett. b), del D.P.R. n. 633/
imponibile 1972 dispone che la base imponibile, per i passaggi di beni dal committente al commissio-
nario o dal commissionario al committente, è costituita, rispettivamente:

- dal prezzo di vendita pattuito dal commissionario, diminuito della provvigione;


- dal prezzo di acquisto pattuito dal commissionario, aumentato della provvigione.

La “finzione giuridica”, dunque, implica che i passaggi dei beni tra committente e com-
missionario, o viceversa, mantengano, in linea di principio, la stessa natura oggettiva e,
quindi, anche il medesimo regime impositivo. Tale conclusione si rende applicabile anche
alla disciplina IVA delle cessioni all’esportazione. In particolare, l’art. 8, comma 1, del D.P.R.
n. 633/1972, ricomprende nella nozione di cessione all’esportazione le cessioni,
anche tramite commissionari, eseguite mediante trasporto o spedizione di beni fuori
del territorio della Comunità Economica Europea, a cura o a nome dei cedenti o dei
commissionari, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi. Il
documento di prassi riconosce, prima di tutto, la qualifica di esportatore al commissionario,
oltre ad estenderla al committente e ciò corrisponde alla logica del mandato senza
rappresentanza in cui ai fini IVA, come osservato in precedenza, sussistono due presta-
zioni/cessioni (mandante/mandatario e mandatario/terzo), di eguale rilevanza (la c.d.
finzione giuridica) che sprigionano i loro effetti nella sfera fiscale di entrambi i soggetti
passivi.

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DOGANE e TERRITORIO

Prova dell’avvenuta cessione


La Direttiva IVA non indica le modalità attraverso le quali gli operatori possono dimo-
strare l’avvenuto trasporto o spedizione nell’altro Stato dell’Unione affinché sia
riconosciuta l’esenzione dell’operazione stessa. Al livello unionale, si è osservato come gli
Stati abbiano adottato approcci differenti nell’applicare tale normativa e ciò abbia creato una
situazione di incertezza e di difficoltà per le imprese.
Al fine di migliorare gli scambi commerciali, fornendo soluzioni pratiche per le imprese e
garanzie per le Amministrazioni fiscali, il Consiglio dell’Unione Europea ha quindi ritenuto
necessario individuare talune circostanze in cui i beni dovrebbero essere considerati spediti o
trasportati dallo Stato membro di cessione verso una destinazione esterna rispetto al loro
territorio, ma, comunque, nella Comunità, creando, cosı̀, le condizioni per garantire l’appli-
cazione armonizzata della non imponibilità prevista per le cessioni intracomunitarie
nell’ambito del mercato unico.

Presunzione In particolare, è stata introdotta una presunzione relativa circa l’avvenuto trasporto di beni in
ambito comunitario (par. 1, lett. a e b, art. 45- bis del Regolamento IVA.

Chiarimenti La commissione ha fornito alcuni chiarimenti in merito a tale disposizione con le Note
della Esplicative sui “quick fixes 2020”, pubblicate a dicembre 2019. In particolare, vengono
Commissione disciplinate le ipotesi in cui:

a) i beni siano stati spediti o trasportati dal venditore o da un terzo per suo conto;
b) quella in cui i beni siano stati trasportati dall’acquirente o da un terzo per suo conto.

Documenti Nella prima fattispecie, per beneficiare della presunzione di trasporto, il venditore, oltre a
per la prova dichiarare che i beni sono stati spediti o trasportati da lui o da terzi per suo conto, dovrà
produrre almeno due documenti, non contraddittori e provenienti da soggetti
diversi tra loro e indipendenti sia dal venditore che dall’acquirente. Tali documenti sono
quelli indicati al par. 3, lett. a), dell’art. 45-bis del Regolamento IVA: si tratta dei documenti
relativi al trasporto o alla spedizione dei beni.
In alternativa, il venditore potrà presentare, oltre alla dichiarazione che i beni sono stati spediti o
trasportati da lui o da terzi per proprio conto, un documento di cui al citato par. 3, lett. a) dell’art.
45-bis, Regolamento IVA e uno qualsiasi dei documenti indicati alla successiva lett. b), ovvero:

- una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti
bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni;
- documenti ufficiali rilasciati da una pubblica Autorità, ad esempio da un notaio, che
confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;
- una ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che
confermi il deposito dei beni in tale Stato membro.

Nella seconda fattispecie, in cui il trasporto viene effettuato dall’acquirente oppure da un


terzo per suo conto, l’acquirente stesso deve fornire al venditore, entro il decimo giorno del
mese successivo alla cessione, una dichiarazione scritta dalla quale dovranno risultare la
data del rilascio, il nome e l’indirizzo dell’acquirente, la quantità e la natura dei beni ceduti, la
data e il luogo del loro arrivo, l’identificazione della persona che ha accettato i beni per conto
dell’acquirente e, qualora si tratti di mezzi di trasporto, il numero di identificazione del mezzo.

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D DOGANE e TERRITORIO

In particolare, si precisa che la trasmissione al venditore della dichiarazione scritta da parte


dell’acquirente oltre il termine del “decimo giorno del mese successivo alla cessione” non
preclude la possibilità per il venditore di beneficiare della presunzione in presenza di tutte le
altre condizioni previste dal medesimo articolo. Tale dichiarazione dovrà essere posseduta
dal venditore insieme ad almeno due dei documenti relativi al trasporto delle merci, di cui alla
lett. a) del par. 3, dell’art. 45-bis, oppure ad un documento di trasporto di cui alla lett. a)
unitamente a un documento relativo agli altri mezzi di prova indicati nella lett. b) del
medesimo par. 3.

Note Esplicative Come chiarito nelle Note Esplicative “quick fixes 2020”, è, invece, esclusa l’applicazione della
“quick fixes presunzione che le merci siano state trasportate o spedite in altro Stato membro qualora il
2020” trasporto o la spedizione siano stati effettuati dal cedente o dal cessionario senza l’intervento
di altri soggetti, come, ad esempio, lo spedizioniere o il trasportatore (par. 5.3.5.). Questo
perché gli elementi di prova non contraddittori richiesti ai fini dell’applicazione della pre-
sunzione in commento devono, per espressa previsione dell’art. 45-bis, provenire da due
parti indipendenti tra loro, dal venditore e dall’acquirente.
Il Comitato IVA ha chiarito che, ai fini della disciplina in esame, non è possibile considerare due
parti come “indipendenti” quando le stesse facciano parte del medesimo soggetto giuridico
(è il caso, ad esempio, di stabile organizzazione e casa madre) ovvero si tratti di soggetti legati
da vincoli familiari o altri stretti legami personali, gestionali, associativi, proprietari, finanziari o
giuridici quali definiti dagli Stati membri.
La presunzione contenuta nell’art. 45-bis del Regolamento IVA è applicabile solo qualora la
documentazione in possesso del contribuente risponda ai requisiti ivi previsti. Tuttavia, le
Autorità fiscali dei Paesi UE conservano comunque la facoltà di superare la presunzione
dell’avvenuto trasporto o spedizione intracomunitaria (cfr. par. 2 del citato art. 45-bis). Ciò si
può verificare quando l’Amministrazione finanziaria viene in possesso di elementi che
dimostrino che il trasporto intracomunitario non si è effettivamente realizzato. Si richiamano,
a titolo semplificativo, il caso in cui nel corso di un controllo si riscontri che i beni sono ancora
giacenti nel magazzino del venditore o il caso in cui si venga a conoscenza di un incidente
durante il trasporto che ha comportato la distruzione dei beni. In tali circostanze, sussistendo
le prove che il trasporto comunitario non è avvenuto, la non imponibilità dell’operazione di cui
all’art. 41 del D.L. n. 331/1993 non può essere riconosciuta.
Un’altra ipotesi in cui la presunzione dell’avvenuto trasporto intracomunitario può essere
superata si ha quando l’Amministrazione finanziaria dimostri che uno o più tra i documenti
obbligatoriamente richiesti ai fini della presunzione e forniti come mezzi di prova contengono
informazioni non corrette o addirittura false. In tal caso, come in ogni altra ipotesi in cui
non si è in possesso della documentazione specificamente richiesta dalla disposizione
unionale ai fini dell’applicazione della presunzione, il contribuente conserva la possibi-
lità di dimostrare con altri elementi oggettivi di prova che l’operazione sia realmente
avvenuta. L’art. 45-bis in commento, infatti, non preclude agli Stati membri l’applicazione di
norme o prassi nazionali ulteriori in materia di prova delle cessioni intracomunitarie,
eventualmente più flessibili della presunzione prevista dal Regolamento IVA.

Indicazioni Cosı̀ ricostruito il vigente quadro normativo comunitario, l’Agenzia delle entrate ritiene che,
Agenzia allo stato, in tutti i casi in cui non si renda applicabile la presunzione di cui all’art. 45-bis,
delle entrate Regolamento IVA, possa continuare a trovare applicazione la prassi nazionale, anche adottata
prima dell’entrata in vigore del medesimo articolo in tema di prova del trasporto intracomu-
nitario dei beni. Resta inteso, ad ogni modo, che detta prassi nazionale individua documenti la

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DOGANE e TERRITORIO

cui idoneità a provare l’avvenuto trasporto comunitario è comunque soggetta alla valuta-
zione, caso per caso, dell’Amministrazione finanziaria.

Conclusioni
Alla luce delle considerazioni svolte, superando le precisazioni fornite nella risoluzione del 9
luglio 2001, n. 115/E dell’Agenzia delle entrate, si ritiene che il regime di non imponibilità
delle cessioni intracomunitarie di cui all’art. 41, comma 1, lett. a), del D.L. n. 331/1993, si
applichi anche nel caso in cui un soggetto agisce in qualità di mandatario senza rappresen-
tanza dell’istante (nella specie del contratto di commissione) nell’ambito di cessioni intra-
comunitarie di beni effettuate a favore di clienti non soggetti passivi residenti in Stati membri
UE diversi dall’Italia. In aggiunta a quanto sopra rappresentato, l’Agenzia delle entrate
concorda sul fatto che tale ricostruzione risulta coerente con la recente evoluzione norma-
tiva riguardante la disciplina delle transazioni a catena di cui all’art. 36-bis della
Direttiva IVA.

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D DOGANE e TERRITORIO

IVA in fattura

Operazioni complesse:
territorialità da valutare
caso per caso
di Francesco D’Alfonso

In materia di territorialità IVA, le prestazioni di servizi dovrebbero essere tassate, in linea


generale, nello Stato membro UE dove avviene il loro consumo.
Tuttavia, diversamente da quanto previsto per le cessioni, la cui determinazione del luogo
del consumo dei beni è abbastanza semplice, dal momento che quest’ultimo coincide, in
linea generale, con il luogo di esistenza fisica degli stessi al momento di effettuazione
dell’operazione, per le prestazioni di servizi risulta, invece, di regola assai difficile eviden-
ziare un criterio di collegamento sicuro con il territorio, tale, cioè, da consentire di
determinare con ragionevole certezza il luogo in cui il servizio viene effettivamente
utilizzato o impiegato.

Luogo Per l’individuazione del luogo di tassazione delle prestazioni di servizi, in passato si è
di tassazione deciso di adottare come criterio generale il luogo in cui è stabilito il prestatore (pur
prevedendo alcune deroghe), anche se il luogo di utilizzo sarebbe stato un criterio più adatto
a rispecchiare la natura di imposta sui consumi dell’IVA.
Questa soluzione, in effetti, ha consentito negli anni che l’imposta venisse per lo più attribuita
allo Stato membro di consumo.
Tuttavia, l’aumento del volume degli scambi nel settore del commercio dei servizi e le
modifiche che hanno interessato la struttura dello stesso a seguito della realizzazione del
mercato interno, della globalizzazione, della deregolamentazione e delle innovazioni tecno-
logiche, hanno reso la regola generale adottata sempre più inadeguata, imponendo, conse-
guentemente, l’implementazione di un processo di modernizzazione e di semplificazione
del sistema comune dell’IVA.
Il criterio del luogo di stabilimento del prestatore, infatti, è suscettibile di creare
distorsioni della concorrenza, anche con riferimento alla possibilità da parte degli
operatori dei Paesi terzi di fornire servizi senza essere sottoposti a tassazione, o comunque
il trasferimento, da parte dei soggetti che rendono servizi nell’intera Unione, delle attività in
Stati membri che applicano aliquote IVA più favorevoli, in particolare quando oggetto
dell’operazione sono servizi che possono essere prestati a distanza.
Tale problematica assume, naturalmente, una rilevanza ancora maggiore nel caso in cui i
destinatari delle prestazioni siano persone che non sono soggetti passivi, le quali, come
noto, sopportano interamente il carico impositivo.
Per questi motivi, il legislatore comunitario è intervenuto di volta in volta aumentando le
ipotesi di deroga alla regola generale e, contestualmente, prevedendo, sempre più
spesso, che l’imposizione avvenisse nel luogo di stabilimento del destinatario, sino alla

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DOGANE e TERRITORIO

generale rivisitazione della normativa in materia di territorialità IVA delle prestazioni di servizi,
realizzata attraverso la Direttiva 2008/8/CE.

Regole di territorialità generali


Per determinare il luogo di imposizione delle prestazioni di servizi, occorre, in linea generale,
far riferimento allo status del committente nonché al luogo di stabilimento dei soggetti
coinvolti nell’operazione.

Prestazioni Per le prestazioni di servizi rese nei confronti di soggetti passivi (c.d. prestazioni business-to-
di servizi business o B2B), la regola generale di imposizione prende in considerazione il luogo in cui il
verso soggetti destinatario ha stabilito la propria attività (art. 44, Direttiva 2006/112/CE).
passivi I servizi resi alle imprese, infatti, vengono utilizzati per produrre beni o altri servizi, nel cui
prezzo è incluso il costo dei servizi acquisiti.
Conseguentemente, per tali servizi il luogo di consumo coincide, nella maggior parte dei casi,
con quello in cui il destinatario ha stabilito la propria attività.
Il principio impositivo in questione è stato recepito nell’ordinamento nazionale dall’art. 7-ter,
comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972, in base al quale le prestazioni di servizi (prestazioni
di servizi c.d. generiche, per le quali, cioè, non si applicano specifiche deroghe ai criteri di
territorialità) si considerano effettuate in Italia allorché siano rese a soggetti passivi stabiliti nel
territorio dello Stato.
La rilevanza del luogo di stabilimento del destinatario viene meno, tuttavia, allorché le
prestazioni di servizi ricevute dalle persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o profes-
sioni siano da queste destinate al proprio uso personale o a quello dei propri dipendenti.
Ai fini dell’individuazione del luogo di imposizione delle operazioni in questione, gli operatori
economici vengono quindi considerati soggetti passivi in relazione a tutte le prestazioni che
vengono rese nei loro confronti.
Sono considerate tali, inoltre, anche le persone giuridiche che non sono soggetti passivi e che
sono identificate ai fini dell’IVA.
Una soluzione di questo tipo consente infatti la semplificazione delle procedure ammi-
nistrative, garantendo, altresı̀, maggiore certezza a tutte le parti coinvolte nelle operazioni
economiche.
Con l’entrata in vigore della Direttiva 2008/8/CE, che ha modificato la Direttiva 2006/112/
CE, è stata invero ampliata la nozione di soggetto passivo ai fini dell’applicazione delle regole
relative all’individuazione del luogo di imposizione IVA delle prestazioni di servizi.
In virtù dell’attuale disciplina in materia di territorialità IVA, sono infatti considerati tali anche i
soggetti che, pur esercitando in modo indipendente un’attività economica, svolgono con-
temporaneamente attività o effettuano operazioni non rientranti nell’ambito di applicazione
dell’IVA nonché le persone giuridiche che non sono soggetti passivi ma che sono identificate
ai fini dell’imposta (cfr. art. 43, Direttiva 2006/112/CE).
Sono infatti soggetti passivi ai fini della territorialità IVA delle prestazioni di servizi anche gli
enti non soggetti passivi identificati o tenuti all’identificazione ai fini IVA a norma dell’art.
214, par. 1, lett. b), della Direttiva 2006/112/CE, in quanto i loro acquisti intracomunitari di
beni sono soggetti ad IVA o poiché hanno esercitato l’opzione per l’assoggettamento all’IVA di
tali operazioni (art. 17, par. 2, Reg. UE 282/2011).
Ne deriva che il destinatario dei servizi deve essere considerato avente la qualità di soggetto
passivo in ragione delle prestazioni di cui egli fruisce, senza che rilevi, cioè, la circostanza che
le stesse siano acquisite in relazione all’esercizio di attività non rientranti nell’ambito di
applicazione della normativa IVA (Corte di Giustizia UE 6 novembre 2008, causa C-291/07).

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D DOGANE e TERRITORIO

Questa nozione di soggetto passivo, oltre a rendere meno problematica la determinazione


del luogo di imposizione delle prestazioni di servizi, consente, associata all’applicazione del
sistema dell’inversione contabile (reso obbligatorio in relazione alla maggior parte delle
prestazioni di servizi rese nei confronti di soggetti passivi), una gestione più semplice della
riscossione dell’imposta, nonché di prevenire il realizzarsi di fenomeni di evasione
fiscale.

Agenzie La vendita di un pacchetto turistico, nonché la rivendita di servizi singoli preventivamente


viaggio acquistati da un’agenzia di viaggio, prevede, invece, l’applicazione della regola impositiva
del Paese del prestatore (circolare n. 36/E/2010).

Prestazioni La descritta regola generale per l’individuazione del luogo di imposizione delle prestazioni di
di servizi servizi non si estende alle operazioni effettuate verso committenti che non sono soggetti
verso passivi (c.d. prestazioni business-to-consumer o B2C).
committenti Per queste prestazioni di servizi, infatti, pur dovendosi, in linea di principio, applicare, per le
non soggetti motivazioni sopra riportate, la regola principale del luogo di stabilimento del destinatario delle
passivi operazioni, il luogo di tassazione previsto, in linea generale, è rappresentato da quello in cui
il prestatore è stabilito.
Infatti, l’esigenza di tassare le operazioni nel luogo in cui avviene il consumo effettivo si
scontra con la necessità di non creare oneri amministrativi supplementari agli operatori
economici.
L’applicazione della regola del luogo di stabilimento del destinatario anche alle prestazioni di
servizi rese nei confronti di committenti non soggetti passivi costringerebbe, infatti, gli
operatori economici a dover determinare in ogni caso il luogo di stabilimento del proprio
cliente nonché ad iscriversi in ciascun Stato membro in cui hanno clienti.

Mancanza dello Non è stato infatti ancora istituito in maniera generalizzata e completa, al momento, un
“sportello unico” sistema che consenta agli operatori economici di adempiere a tutti gli obblighi in materia
di IVA relativi alle attività svolte sul territorio comunitario attraverso un unico punto di
contatto elettronico posto nello Stato membro in cui essi sono stabiliti (c.d. sportello
unico IVA).
Tuttavia, a decorrere dal 1˚ gennaio 2015, i soggetti passivi extracomunitari non stabiliti nella
UE nonché i soggetti passivi UE non stabiliti nello Stato membro di consumo (inteso
quest’ultimo come Stato in cui si considera che tali servizi siano forniti) che effettuano
servizi elettronici, servizi di telecomunicazione e di teleradiodiffusione nei confronti
di committenti non soggetti passivi UE (transazioni business-to-consumer - B2C -, cioè a
titolo oneroso tra impresa e consumatore finale) possono identificarsi nel nostro Paese
secondo una particolare procedura, c.d. regimi speciali, basati sull’utilizzo del sistema MOSS
(Mini One Stop Shop, ossia mini sportello unico).
Attraverso un sistema di questo tipo, gli operatori possono utilizzare un unico numero di
identificazione IVA per le forniture realizzate in tutta l’Unione Europea, inviando le dichiara-
zioni IVA ad un unico portale elettronico, attraverso il quale, poi, le stesse vengono trasmesse
ai vari Stati membri in cui gli operatori hanno fornito i beni o prestato i servizi.
Inoltre, dal 1˚ luglio 2021, il sistema MOSS è stato esteso a tutti i servizi resi nella UE nei
confronti di consumatori finali, nell’ambito dei nuovi “regime non UE” e “regime UE”,
entrambi basati sull’utilizzo dello sportello unico (One Stop Shop o OSS).
Nell’ambito dello sportello unico, non è, tuttavia, ancora prevista la possibilità di esercitare
direttamente nello “Stato membro di identificazione” il diritto alla detrazione dell’imposta
relativa alle spese effettuate negli Stati UE in cui non si è stabiliti.

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DOGANE e TERRITORIO

Regole nazionali
In base a quanto detto, sono rilevanti in Italia le prestazioni di servizi (c.d. generiche, per le
quali non si applicano, cioè, specifiche deroghe ai criteri di territorialità) rese da soggetti
passivi stabiliti nel territorio dello Stato nei confronti di committenti non soggetti passivi (art. 7-
ter, comma 1, lett. b, D.P.R. n. 633/1972).
Tale regola in materia di territorialità IVA si applica anche in relazione alle prestazioni di servizi
di traduzione (salvo quelle rese nei confronti di committenti non soggetti passivi extra-UE),
nonché nell’ipotesi di prestazioni di servizi effettuate nel quadro dell’organizzazione di un
funerale, qualora, tuttavia, costituiscano un servizio unico (cfr. artt. 28 e 29, Reg. UE 282/
2011).

Deroghe Oltre alle descritte regole generali, ai fini dell’individuazione del luogo di imposizione delle
alle regole prestazioni di servizi, sono previsti alcuni criteri specifici, che derogano a tali regole generali e
generali che, diversamente da queste ultime, determinano il luogo di tassazione in funzione della
natura della prestazione.
Si tratta, infatti, di servizi con caratteristiche particolari, che rendono la determinazione del
luogo di tassazione semplice dal punto di vista amministrativo e/o che consentono di meglio
individuare il luogo del consumo effettivo (cfr. artt. 7-quater, 7-quinquies, 7-sexies, 7-septies,
7-octies, D.P.R. n. 633/1972).

Rapporto Per quanto concerne il rapporto tra regole generali e criteri specifici, si evidenzia che, sebbene
tra regole esprimendosi con riferimento al sistema di regole vigente sino al 31 dicembre 2009, la Corte
generali e di Giustizia UE ha sempre affermato che non esiste alcuna preminenza della norma che
deroghe individua la regola generale rispetto a quelle che individuano le regole specifiche (Corte
di Giustizia UE 6 novembre 2008, causa C-291/07).
Secondo la Corte di Giustizia, pertanto, trattandosi di norme di conflitto intese ad evitare i
rischi di doppia imposizione e di non imposizione, l’applicazione delle regole specifiche non
deve avvenire attraverso un approccio interpretativo di natura restrittiva (Corte di Giustizia UE
15 marzo 2001, causa C-108/00).
Conseguentemente, al fine di individuare il criterio applicabile a una determinata prestazione
di servizi, sarà necessario verificare preliminarmente se essa rientra tra quelle disciplinate da
un criterio speciale. Solo in caso contrario, all’operazione sarà applicabile la regola generale.

Criterio In sede di recepimento della attuale normativa in materia di territorialità IVA delle prestazioni
dell’utilizzo di servizi, il legislatore nazionale ha deciso di limitare notevolmente l’uso del criterio
dell’utilizzo, previsto nella maggior parte dei casi come facoltativo nella Direttiva 2006/
112/CE, cosı̀ come modificata dalla Direttiva 2008/8/CE.
L’adozione di tale criterio, invero, in virtù dell’assenza di una sua definizione unitaria, la quale
si ripercuoteva inevitabilmente anche sull’applicazione pratica dello stesso, aveva provocato
numerosi problemi agli operatori economici.
Ora, invece, il criterio dell’utilizzo si applica soltanto in poche ipotesi.

Territorialità e mandato
In caso di mandato, occorre innanzitutto distinguere l’ipotesi in cui il mandatario agisce in
nome e per conto del mandante (c.d. mandato con rappresentanza) da quella in cui lo
stesso opera per conto ma non in nome del mandante (c.d. mandato senza
rappresentanza).

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Mandato con In questa ipotesi, gli effetti giuridici degli atti posti in essere dal mandatario ricadono
rappresentanza direttamente nella sfera giuridica del mandante, per cui non è necessario alcun adempi-
mento successivo.
Inoltre, le prestazioni fornite dal mandante al mandatario costituiscono prestazioni di
intermediazione, cui si applica la relativa disciplina in materia di territorialità IVA.

Mandato senza In caso, invece, di mandato senza rappresentanza, gli effetti giuridici dell’atto negoziale
rappresentanza ricadono direttamente sul mandatario, il quale successivamente sarà tenuto a rendere in
proprio la stessa prestazione al mandante.
Le prestazioni di servizi rese o ricevute dal mandatario senza rappresentanza, inoltre,
costituiscono prestazioni di servizi anche nei rapporti tra il mandante e il mandatario (art.
3, comma 3, ultimo periodo, D.P.R. n. 633/1972).
Tali operazioni, inoltre, mantengono la stessa natura giuridica delle prestazioni di servizi
trasferite, oggetto di mandato (cfr. risoluzione n. 242/E/2009).
Conseguentemente, non mutando la qualificazione oggettiva della prestazione eseguita, il
requisito territoriale delle prestazioni di servizi tra mandante e mandatario viene ad essere
influenzato soltanto dalla qualificazione soggettiva delle stesse, la quale, a sua volta, viene a
dipendere dalla posizione del mandante e del mandatario, i quali restano soggetti giuridi-
camente distinti.

Permute In caso di operazioni permutative, trattandosi di operazioni autonome e indipendenti agli


effetti dell’IVA, ciascuna prestazione di servizi va considerata separatamente, verificando che
il presupposto territoriale risulti soddisfatto per ciascuna di esse (risoluzione n. 339/E/
2008).

Prestazioni plurime
Quando un’operazione è costituita da una serie di elementi e di atti, occorre determinare se
tale operazione comporti, ai fini IVA, due o più operazioni distinte o un’unica
prestazione.
Infatti, se da un lato ciascuna operazione deve normalmente essere considerata distinta e
indipendente, dall’altro, l’operazione costituita da un’unica prestazione sotto il profilo eco-
nomico non dev’essere artificialmente divisa in più parti, per non alterare la funzionalità
del sistema dell’IVA (Corte di Giustizia UE 18 ottobre 2018, causa C-153/17).
In determinate circostanze, invero, più prestazioni formalmente distinte, che potrebbero
essere fornite separatamente e dare cosı̀ luogo separatamente a imposizione o a esenzione,
devono essere considerate come un’unica operazione quando non sono indipendenti
(Corte di Giustizia UE 4 settembre 2019, causa C-71/18).
In particolare, un’operazione deve essere considerata unica quando due o più elementi o atti
forniti dal soggetto passivo sono cosı̀ strettamente collegati da formare, oggettivamente, un’unica
prestazione economica indissociabile, la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale.
Ciò avviene, ad esempio, quando una o più prestazioni costituiscono una prestazione
principale e la o le altre prestazioni costituiscono una o più prestazioni accessorie cui si
applica lo stesso trattamento fiscale della prestazione principale.
Al riguardo, una prestazione dev’essere considerata accessoria a una prestazione
principale quando per la clientela non costituisce un fine a sé stante, bensı̀ il mezzo per
fruire al meglio del servizio principale offerto dal prestatore.
Tuttavia, sebbene allo scopo di stabilire se le operazioni fornite siano indipendenti o
costituiscano una prestazione unica sia importante individuare gli elementi caratteristici

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DOGANE e TERRITORIO

dell’operazione interessata, non esistono regole assolute quanto alla determinazione del-
l’estensione di una prestazione dal punto di vista dell’IVA e occorre, quindi, al fine di
determinare l’estensione di una prestazione, prendere in considerazione la totalità
delle circostanze in cui si svolge l’operazione in questione.
A tal fine, in particolare, deve essere presa in considerazione, purché sia comprovata da
elementi oggettivi, la dichiarata intenzione delle parti di assoggettare ad IVA un’opera-
zione (Corte di Giustizia UE 12 luglio 2012, causa C-326/11), nonché l’obiettivo economico
dell’operazione e l’interesse dei destinatari delle prestazioni (Corte di Giustizia UE 8
dicembre 2016, causa C-208/15).
Alla luce di quanto riportato, non esiste, quindi, una disposizione che consenta di determi-
nare, in linea di principio, quando, ai fini IVA, un’operazione è complessa piuttosto che
autonoma, essendo sempre necessaria una valutazione caso per caso.

Consulenza A tal riguardo, la consulenza giuridica dell’Agenzia delle entrate n. 4/E/2022, ha chiarito che
giuridica nell’ambito di un contratto volto a mantenere costante l’aeronavigabilità, ossia l’efficienza,
n. 4/E/2022 l’idoneità e la sicurezza al volo del velivolo, mediante un servizio di manutenzione periodico,
comprendente l’assistenza tecnica, la manutenzione, la revisione/riparazione e sostituzione
di componenti meccanici ed elettronici, aggiornamento della documentazione tecnica, ecc,
si configura la fornitura di un’unica prestazione economica indissociabile la cui scomposi-
zione avrebbe carattere artificiale.
Ciò in ragione della totalità degli elementi contrattuali, delle circostanze fattuali cui essi fanno
riferimento nonché delle concrete e oggettive modalità, comunemente riscontrabili, di
eseguire un’attività di manutenzione.
Inoltre, trattandosi di una prestazione di servizi generica, la stessa sarà territorialmente
rilevante in Italia, ai sensi dell’art. 7-ter del D.P.R. n. 633/1972, con applicazione dell’aliquota
IVA ordinaria del 22%.

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n. 10/2022
G GESTIONE CONTABILE e PROCESSI

Reati e sanzioni

Ipotesi di evasione totale:


possibile detrarre l’IVA?
di Marco Bargagli

Verifica fiscale nei confronti di un evasore totale


Nel corso di una verifica fiscale può essere individuato un contribuente che, nonostante abbia
conseguito corrispettivi da assoggettare a tassazione, non ha presentato le prescritte dichia-
razioni ai fini IVA.
Si rientra, talvolta, in fenomeni di particolare pericolosità fiscale tenuti dal contribuente
ispezionato.
In tal senso, ad esempio, possono rilevare la natura di evasore totale del soggetto verificato il
suo coinvolgimento in meccanismi evasivi di particolare fraudolenza, la constatazione di
illeciti penali tributari di peculiare offensività (ad esempio: l’emissione di fatture per opera-
zioni inesistenti o la dichiarazione fraudolenta realizzata a mezzo di documenti non veritieri),
oppure la sussistenza di precedenti specifici, come pregresse insolvenze in occasione di
procedimenti esecutivi promossi da privati o da altri enti pubblici.

Ricostruzione L’Amministrazione finanziaria, nella particolare ipotesi di omessa presentazione della


induttiva dichiarazione dei redditi e IVA, può procedere alla ricostruzione del volume d’affari
del reddito utilizzando forme induttive che riflettano realmente la capacità contributiva del contri-
buente ispezionato.
Le norme al riguardo, infatti, prevedono la possibilità dell’Ufficio finanziario di procedere ad
accertamento induttivo, prescindendo in tutto o in parte dalle risultanze di bilancio e delle
scritture contabili e ricostruendo il reddito imponibile sulla base di presunzioni connotate
dai requisiti di gravità, precisione e concordanza.

Metodo In casi estremi, allorquando le irregolarità formali individuate in contabilità sono cosı̀
induttivo gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture
extracontabile contabili, l’Amministrazione finanziaria è legittimata ad utilizzare una metodologia di
accertamento di tipo “induttivo extracontabile” che consente di pervenire alla ricostruzione
del reddito complessivo:

- utilizzando dati e notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza;


- prescindendo in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili;
- avvalendosi anche di presunzioni semplici, prive dei requisiti di gravità, precisione e
concordanza.

A titolo esemplificativo, è consentito ricostruire il reddito imponibile di un ristorante:

- sulla base del numero di coperti, a sua volta desunto dal numero di tovaglioli lavati,
giacché, nel quadro di un approccio analitico-induttivo, costituisce un dato assolutamente

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n. 10/2022
G
GESTIONE CONTABILE e PROCESSI

normale quello secondo cui, per ogni pasto, ciascun cliente adoperi un solo tovagliolo, con
la conseguenza che il numero di questi rappresenta un fatto noto capace, anche di per sé
solo, di lasciare ragionevolmente presumere il numero dei pasti realmente consumati, pur
dovendosi presumere “una sottrazione dal totale dei tovaglioli usati per altri scopi, quali i
pasti dei soci e dei dipendenti, o l’uso da parte dei camerieri”;
- sulla base dei coperti calcolati nei termini sopra indicati e supportati da altri riferimenti
quantitativi, quali il numero dei caffè e le quantità di vino consumati nel locale;
- sulla base delle quantità di materie prime (carne e pesce) acquistate;
- in caso di esercizio di “pizzeria”, sulla base delle quantità di ingredienti acquistate per il
particolare tipo di alimento.

In buona sostanza:

- è legittima la rideterminazione del reddito imponibile sulla base di individuate gravi


anomalie riscontrate nel rapporto tra ricavi e immobilizzazioni tecniche, nonché tra ricavi e
oneri per il personale dipendente e nella situazione patrimoniale-finanziaria della società;
- è condivisibile l’accertamento analitico-induttivo del reddito d’impresa fondato sulla
dichiarazione di prezzi di acquisto di macchinari usati notevolmente superiori ai prezzi di
rivendita;
- è legittimo l’accertamento nei confronti di un esercente attività di parrucchiere, effettuato
sulla base del consumo di energia elettrica e sulla mancata giacenza di shampoo,
nonostante la presenza di regolari scritture contabili (cfr. circolare n. 1/2008, volume II,
Comando Generale della Guardia di Finanza).

Schema
di sintesi

Regole di riferimento
In ipotesi di evasore totale, la normativa di riferimento pone precise regole.
Per quanto riguarda la contabilità, in caso di omessa esibizione dei documenti, il
Decreto IVA prevede che:

- secondo quanto disposto dall’art. 52, comma 5, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, i libri,
i registri, le scritture ed i documenti di cui venga rifiutata l’esibizione non potranno essere
presi in considerazione, a favore della parte, ai fini dell’accertamento in sede ammini-
strativa e contenziosa;
per rifiuto di esibizione si intendono anche le dichiarazioni di non possedere libri, registri,
documenti e scritture e/o la sottrazione di essi al controllo;
- rifiutare l’esibizione o comunque impedire l’ispezione delle scritture contabili e dei
documenti la cui tenuta e conservazione sono obbligatorie per legge o dei quali risulta

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n. 10/2022
G GESTIONE CONTABILE e PROCESSI

l’esistenza determina l’applicabilità delle sanzioni previste dai commi 2, 3 e 4, art. 9, del
D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471;
- ai sensi dell’art. 39, comma 2, lett. c), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e dell’art. 55,
comma 2, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, se la società (impresa individuale o ente)
non ha tenuto, ha rifiutato di esibire o comunque ha sottratto all’ispezione una o più delle
scritture contabili indicate nell’art. 14 del D.P.R. n. 600/1973 e nell’art. 55 del D.P.R. n.
633/1972, ovvero le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza mag-
giore, l’Amministrazione finanziaria può determinare il reddito d’impresa in via induttiva
nei modi e nei termini previsti dall’art. 39 del D.P.R. n. 600/1973 e può procedere
all’accertamento induttivo dell’IVA nei modi e nei termini previsti dallo stesso art. 55 del
D.P.R. n. 633/1972.

Detrazione IVA Ai fini IVA, resta indetraibile, in ogni caso, l’imposta relativa alle fatture per operazioni
in caso inesistenti per l’acquirente/committente, mentre per il venditore/prestatore resta
di frode fiscale dovuta per l’intero ammontare esposto in fattura (art. 21, comma 7, D.P.R. n. 633/1972).
Inoltre, in ipotesi di soggetto evasore totale, l’imposta assolta sugli acquisti può risultare
indetraibile.

Esempio
fattura

L’acquirente Gamma S.p.A. non ha versato le imposte erariali dovute, non ha presentato le
dichiarazioni IVA e quindi si pone il problema di come operare la detrazione IVA assolta sugli
acquisti.

Corte di cassazione
Chiarimenti La Corte di cassazione, con la citata ordinanza n. 3770/2022, ha fornito utili chiarimenti nella
particolare ipotesi di un “evasore totale”, con riferimento al diritto alla detrazione IVA.
Essa ha sancito che l’esame delle fatture passive o di altra documentazione contabile,
purché siano state presentate le dichiarazioni periodiche IVA, pur in assenza della

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n. 10/2022
G
GESTIONE CONTABILE e PROCESSI

presentazione della dichiarazione annuale IVA, risulta una questione dirimente nella
controversia esaminata, connotata dalla presentazione della dichiarazione dei redditi con
un ritardo superiore a 90 giorni rispetto al termine di legge.
Il principio della neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta
che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza
d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia
dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo
anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il
contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione IVA.

Esemplificazione Nello specifico, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal Fisco a seguito di
pratica controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia
dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un
soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati ad operazioni imponibili.
Sulla base di un consolidato orientamento espresso dai giudici nel corso degli anni, il fatto
costitutivo del rapporto tributario con il Fisco è ravvisato dalla effettività e liceità dell’opera-
zione, mentre gli obblighi di registrazione, la dichiarazione ed altro hanno una diversa
funzione meramente illustrativa e riepilogativa dei dati contabili, finalizzata ad agevolare i
controlli dell’Amministrazione finanziaria per l’esatta riscossione dell’imposta.
In definitiva:

- l’esercizio del diritto alla detrazione dell’eccedenza IVA, che deve essere tutelato in modo
sostanziale ed effettivo, va riconosciuto a fronte di una reale operazione sottostante, la cui
prova certa può essere acquisita dai dati risultanti dalle fatture o da altro documento
equivalente, come la documentazione contabile, essendo, invece, a tal fine poco rilevante
l’osservanza degli obblighi dichiarativi;
- per la detrazione IVA occorre che il contribuente, in caso di omessa presentazione della
dichiarazione annuale, fornisca la prova dell’esistenza contabile del credito non dichiarato,
con la produzione all’Ufficio competente di idonea documentazione, quindi con l’esibi-
zione dei registri IVA, delle relative liquidazioni, della dichiarazione cartacea relativa
all’annualità omessa, delle fatture e di ogni altra documentazione utile allo scopo.

Indicazioni Conformemente a tale principio, la prassi amministrativa (cfr. Agenzia delle entrate, circolare
Agenzia n. 21/E del 25 giugno 2013) ha riconosciuto la possibilità di “scomputare” diretta-
delle entrate mente l’importo del credito in detrazione, ove se ne riscontri l’esistenza, in caso di
omissione delle dichiarazioni IVA.
Qualora il contribuente non si attenga alle prescrizioni formali e contabili disciplinate
dall’ordinamento interno, è onere dello stesso, a fronte della contestazione di omissioni o
irregolarità, fornire adeguata prova dell’esistenza delle condizioni sostanziali cui la
normativa comunitaria ricollega l’insorgenza del diritto alla detrazione.
In conclusione, il contribuente deve dimostrare che, in quanto destinatario di transazioni
commerciali e debitore dell’IVA, è titolare del diritto di detrarre l’imposta.
A tal fine, non sono sufficienti le sole avvenute liquidazioni periodiche, ma occorre anche
l’esibizione dei registri IVA e delle relative liquidazioni, delle fatture e di ogni altra
documentazione utile a tale fine.

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Il caso del mese

Buoni pasto: come applicare


l’IVA con pagamento
in contanti e ticket
di Federico Gavioli - Dottore commercialista, revisore legale dei conti e giornalista pubblicista

Interpello
Oggetto Nella risposta a interpello n. 231 del 28 aprile 2022, l’Agenzia delle entrate ha esaminato il
del quesito quesito posto da una società operante nel settore della ristorazione collettiva, che gestisce,
fra l’altro, mense aziendali e interaziendali, sulle corrette modalità applicative ai
fini IVA.
Nel quesito posto all’Amministrazione finanziaria, la società fa presente che, di regola,
per il servizio di gestione della mensa aziendale e/o interaziendale, i datori di lavoro
stipulano un contratto o una convenzione direttamente con la società istante. Il
servizio di mensa viene erogato nei locali messi a disposizione dallo stesso datore
di lavoro o, in caso di mensa interaziendale, dalla società medesima, ed è strettamente
riservato al personale dipendente del datore di lavoro committente, ovvero di
eventuali suoi ospiti.
Nel contratto, le parti disciplinano dettagliatamente le modalità di erogazione del servizio di
mensa, stabilendo, di comune accordo, i menù dei pasti nonché i prezzi dei medesimi. Viene,
inoltre, previsto che la società istante si obblighi ad accettare in pagamento, oltre al denaro
contante, anche i buoni pasto per i quali il datore di lavoro ha concluso, con la società
emettitrice un’apposita convenzione. In particolare, la società si obbliga ad accettare i
buoni pasto emessi dalle società emettitrici con le quali il datore di lavoro ha concluso una
separata convenzione.

Struttura Più precisamente, la prestazione del servizio di mensa aziendale sopra descritta si articola in
della prestazione una serie di rapporti:

1) il primo rapporto coinvolge il datore di lavoro e la società istante, gestrice del servizio di
mensa aziendale e/o interaziendale. Tali soggetti concludono un contratto per la gestione
del servizio di mensa con il quale concordano dettagliatamente i menù dei pasti che
verranno erogati ai lavoratori dipendenti, nonché i prezzi dei medesimi. Con tale contratto,
inoltre, la società si obbliga ad accettare in pagamento anche i buoni pasto per i quali il
datore di lavoro ha concluso apposite convenzioni con le società emettitrici dei buoni
pasto;
2) il secondo rapporto è quello che si instaura, parallelamente al primo, fra il datore di
lavoro e le società emittente i buoni pasto. Il contratto sottoscritto tra il datore di lavoro e la
società emettitrice riguarda l’emissione a favore dei dipendenti (ovvero a categorie
specificamente individuate di dipendenti) di buoni pasto spendibili presso una rete di

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G
GESTIONE CONTABILE e PROCESSI

locali convenzionati, fra cui anche la mensa aziendale gestita dalla società istante, in virtù
del “terzo rapporto” di seguito rappresentato;
3) il terzo rapporto vede coinvolte le società emittenti i buoni pasto e la società istante,
gestrice delle mense aziendali. In ossequio agli obblighi contrattuali assunti nei confronti
del datore di lavoro, la società sottoscrive una convenzione con la società emittente per il
ritiro dei buoni pasto presso la propria mensa aziendale. La società, periodicamente,
consuntiva, rendicontando analiticamente i singoli buoni utilizzati, provvede a fatturare la
somministrazione di alimenti e bevande effettuata in favore dei dipendenti nei locali della
mensa aziendale, direttamente alla società emittente i buoni pasto;
4) il quarto rapporto è fra mensa aziendale e lavoratore dipendente, il quale ultimo può
scegliere se pagare il pranzo tanto in contanti (ovvero con altri mezzi di pagamento
elettronici), quanto mediante l’utilizzo dei buoni pasto ovvero con una combinazione
delle due modalità.

Il problema riguarda il fatto che è facoltà del lavoratore utilizzare il buono pasto ovvero altre
modalità di pagamento (denaro contante, moneta elettronica, etc.) per saldare le proprie
consumazioni all’interno dei locali della mensa aziendale.

Casistica Possono, quindi, verificarsi una molteplicità di ipotesi, quali:

a) il lavoratore dipendente paga l’intero pasto (selezionando uno dei menù offerti dalla
mensa aziendale) in denaro contante ovvero con altri mezzi di pagamento equi-
valenti (moneta elettronica, etc.);
b) il lavoratore dipendente paga l’intero pasto (come sopra identificato) mediante buoni
pasto;
c) il lavoratore dipendente paga il pasto (come sopra identificato) per parte in contanti e
per parte in buoni pasto. In questo specifico caso possono aversi due ulteriori sub-
ipotesi:
- la parte preponderante del pasto viene pagata in contanti e la restante parte in buoni
pasto;
- la parte preponderante del pasto viene pagata in buoni pasto e la restante parte in
contanti.

La società istante chiede, di conseguenza, chiarimenti sulle corrette modalità applicative


dell’IVA.

Somministrazione di alimenti e bevande


Trattamento La somministrazione di alimenti e bevande in bar, ristoranti e mense sconta l’aliquota IVA
IVA ridotta del 4% o del 10% in relazione al tipo di esercizio commerciale di riferimento.
Si applica l’aliquota del 4% se la somministrazione viene effettuata:

- nelle mense aziendali e interaziendali;


- nelle mense per indigenti;
- nelle mense delle scuole di ogni ordine e grado, comprese quelle universitarie;
- in pubblici esercizi, se rese esclusivamente a favore dei lavoratori dipendenti e sulla base
di specifiche convenzioni con il datore di lavoro (c.d. convenzioni dirette), se il pubblico
esercizio è munito di un’apposita licenza e di appositi locali o spazi destinati a fungere da
mensa esterna per le imprese committenti.

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n. 10/2022
G GESTIONE CONTABILE e PROCESSI

L’aliquota del 10% si applica, invece, se la somministrazione viene effettuata:

- in pubblici esercizi - bar e ristoranti - non dotati di apposita licenza o spazi specifici per la
gestione delle c.d. convenzioni dirette;
- da pubblici esercizi - bar e ristoranti anche annessi ad alberghi - e da società di catering
indipendentemente dal luogo ove viene svolta la somministrazione.

Regole di riferimento
Il Ministero dello Sviluppo economico è intervenuto nel 2017 con il dichiarato intento di
mettere ordine nella disciplina di settore, dando attuazione alla normativa contenuta nel
Codice degli appalti pubblici (art. 144, comma 5, D.Lgs. n. 50/2016).
L’art. 2, lett. c), del D.M. n. 122/2017, definisce buono pasto: “il documento di
legittimazione, anche in forma elettronica, avente le caratteristiche di cui all’art. 4,
che attribuisce, al titolare, ai sensi dell’art. 2002 del Codice civile, il diritto ad ottenere il
servizio sostitutivo di mensa per un importo pari al valore facciale del buono e,
all’esercizio convenzionato, il mezzo per provare l’avvenuta prestazione nei confronti
delle società di emissione”.
Tale decreto (all’art. 3) definisce le tipologie di esercizio pubblico presso le quali può
essere erogato il servizio sostitutivo di mensa, ricomprendendo un elevato numero di
soggetti.

Tipologie I soggetti legittimati sono quelli che offrono:


di fornitori
del servizio a) la somministrazione di alimenti e bevande (ai sensi della Legge n. 287/1991);
b) l’attività di mensa aziendale e interaziendale;
c) la vendita al dettaglio, sia in sede fissa che su area pubblica, dei prodotti appartenenti al
settore merceologico alimentare (ai sensi del D.Lgs. n. 114/1998);
d) la vendita al dettaglio nei locali di produzione e nei locali attigui dei prodotti alimentari
previa iscrizione all’Albo (di cui all’art. 5, comma 1, Legge n. 443/1985);
e) la vendita al dettaglio e la vendita per il consumo sul posto dei prodotti
provenienti dai propri fondi, effettuata (ai sensi dell’art. 4, commi 1 e 8-bis,
D.Lgs. n. 228/2001) dagli imprenditori agricoli, dai coltivatori diretti e dalle società
semplici esercenti l’attività agricola, iscritti nella sezione speciale del Registro imprese
di cui all’art. 2188 e ss. c.c.;
f) nell’ambito dell’attività di agriturismo, la somministrazione di pasti e bevande, costituiti
prevalentemente da prodotti propri e da prodotti di aziende agricole della zona, presso la
propria azienda;
g) nell’ambito dell’attività di ittiturismo, la somministrazione di pasti costituiti prevalente-
mente da prodotti derivanti dall’attività di pesca (ai sensi dell’art. 12, comma 1, Legge n.
96/2006), da parte di imprenditori ittici;
h) la vendita al dettaglio dei prodotti alimentari, anche trasformati, nei locali adiacenti
a quelli di produzione nel caso di soggetti esercenti l’attività di produzione
industriale.

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GESTIONE CONTABILE e PROCESSI

Schema
di sintesi

Schema
di sintesi

Alcuni orientamenti precedenti dell’Amministrazione finanziaria


Sistema Il Ministero delle Finanze, con la C.M. n. 326/E/1997, ha chiarito alcune particolarità
ibrido applicative sui buoni pasto, specificando che il legislatore non ha stabilito peculiari regole
per indirizzare il datore di lavoro verso la scelta della mensa aziendale, delle convenzioni con
dei pubblici esercizi o dei buoni pasto, ben potendo lo stesso attivare un sistema ibrido, per
effetto del quale i buoni pasto siano riconosciuti, ad esempio, ai soli lavoratori che, per
esigenze di servizio, non possano accedere alla mensa aziendale.
Non è contrario alla normativa, peraltro, il riconoscimento dei buoni pasto a una categoria
di dipendenti specifica, mentre per altra categoria rimane possibile l’istituzione della mensa
aziendale. Sistemi ibridi in questo senso non incontrano divieti specifici nella norma.

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Regole Ciò che, viceversa, non è ritenuto aderente al dettato normativo è il riconoscimento
e divieti di differenti servizi allo stesso lavoratore per la medesima giornata, seppur nei
limiti di valore precedentemente richiamati. Il Ministero ha, inoltre, chiarito che l’ero-
gazione debba coinvolgere la generalità dei lavoratori o categorie omogenee di essi e
che, ai fini dell’esclusione dall’imponibilità, si fa riferimento al valore nominale del
buono pasto.
Successivamente, anche l’Agenzia delle entrate è intervenuta su alcuni aspetti relativi
all’utilizzo e alla gestione dei buoni pasto, chiarendo che, anche nel caso di lavoratori
part-time senza diritto alla pausa pranzo, il valore del buono pasto sia escluso dalla base
imponibile fiscale, sempre nei limiti di valore richiamati dalla norma. A tale impostazione ha
dato seguito l’INPS, che ha aderito alla medesima linea anche dal punto di vista contributivo.
Altra precisazione fornita dall’Agenzia delle entrate è relativa alla natura di erogazione in
natura dei ticket: l’eventuale eccedenza dal valore non ricade nel limite di esenzione previsto
per l’erogazione in natura, pari a 258,23 euro, concorrendo, pertanto, tale eccedenza alla
formazione del reddito. Ciò in quanto, secondo l’Amministrazione finanziaria, l’eviden-
ziazione del valore nominale porta a ritenere che i ticket non costituiscano erogazioni in
natura.

Limiti Con riferimento all’utilizzo combinato dei buoni pasto, l’Agenzia delle entrate, con il principio
di diritto n. 6/2019, si è pronunciata sul trattamento tributario dell’eventuale utilizzo di 8
buoni nello stesso giorno, chiarendo che: “il divieto di cumulo oltre il limite di otto buoni
pasto previsto dalla lett. d), del comma 1, dell’art. 4, del Decreto ministeriale 7 giugno 2017,
n. 122, non incide, ai fini IRPEF, sui limiti di esenzione dal reddito di lavoro dipendente (...)
previsti dall’art. 51, comma 2, lett. c), del T.U.I.R.”.

Caso La stessa Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 75/E, del 1˚ dicembre 2020, affronta il
pratico caso di una società che ha posto un quesito con il quale chiede chiarimenti in merito al
trattamento, ai fini IVA, dei servizi sostitutivi di mensa aziendale resi a mezzo di buoni pasto.
La situazione che si prospetta per la società istante è la seguente: le proprie consociate
vendono servizi sostitutivi di mensa aziendale, resi a mezzo di buoni pasto, ai datori di lavoro
committenti e stipulano delle convenzioni con una serie di soggetti commerciali, tra cui le
mense aziendali ed interaziendali, autorizzati all’accettazione degli stessi, che somministre-
ranno alimenti e/o bevande a favore dei dipendenti legittimati a fronte dell’accettazione di
detti buoni.
La società istante fa presente che una volta accettati ed onorati i buoni pasto, le mense
aziendali ed interaziendali presentano gli stessi a rimborso alle consociate, previa emissione
di fattura.

Modalità Secondo la società istante sono ipotizzabili tre diverse modalità di fatturazione:
di fatturazione:
ipotesi - valore facciale del buono pasto - percentuale di sconto incondizionato (eventualmente
convenzionalmente pattuito) - scorporo IVA 10% = base imponibile da assoggettare a IVA
del 10%;
- valore facciale del buono pasto - percentuale di sconto incondizionato (eventualmente
convenzionalmente pattuito) - scorporo IVA 4% = base imponibile da assoggettare a IVA
del 4%;
- valore facciale del buono pasto - percentuale di sconto incondizionato (eventualmente
convenzionalmente pattuito) = base imponibile da assoggettare a IVA del 4%.

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GESTIONE CONTABILE e PROCESSI

Rapporti L’Agenzia delle entrate, nel rispondere al quesito, evidenzia che il servizio sostitutivo di mensa
contrattuali aziendale, attraverso l’erogazione dei buoni pasto, comporta, come rappresentato nel caso
della società istante, che, giuridicamente, si instaurino due diversi rapporti contrattuali tra i
soggetti coinvolti:

1) il primo rapporto tra la società emittente i buoni pasto e il datore di lavoro;


2) il secondo rapporto tra la società emittente e la mensa aziendale ed interaziendale che
accetta i buoni pasto.

Per quanto concerne il primo rapporto (tra la società emittente i buoni pasto e il datore
di lavoro), l’Agenzia delle entrate evidenzia che alla somministrazione di alimenti e bevande
presso la mensa aziendale si applica l’aliquota IVA agevolata del 4% (ricorrendo i presuppo-
sti previsti dal n. 37 della Tabella A, parte II, del D.P.R. n. 633/1972).
In particolare, la normativa di riferimento (art. 75, comma 3, della Legge 30 dicembre
1991, n. 413), ha stabilito che l’aliquota IVA del 4%, prevista per le somministrazioni di
alimenti e bevande rese nelle mense aziendali, deve ritenersi applicabile anche se le
somministrazioni stesse sono rese in dipendenza di contratti, anche di appalto, aventi ad
oggetto servizi sostitutivi di mensa aziendale, sempreché siano commesse da datori di
lavoro.
Come chiarito con la risoluzione n. 35, del 28 marzo 2001 dell’Amministrazione finanziaria,
l’applicazione dell’aliquota ridotta del 4% riguarda tutte le prestazioni aventi ad oggetto
somministrazioni fornite al personale dipendente nei locali indicati.
In particolare, con il documento di prassi sopra citato si è ritenuto che il legislatore fiscale abbia
voluto oggettivamente agevolare in senso ampio l’attività di somministrazione ai dipendenti,
purché realizzata nel locale “mensa aziendale”.

Base La risoluzione n. 202 del 20 giugno 2002, in tema di esonero dall’emissione dello scontrino,
imponibile ha precisato il significato da attribuire alla locuzione “mense aziendali”, intendendosi per tali
e aliquote quelle la cui gestione è data in appalto ad un’impresa specializzata ovvero effettuata
IVA direttamente dall’azienda, indipendentemente dal luogo in cui è situata la mensa; inoltre,
l’appaltatore deve assumere l’obbligo di fornire la prestazione esclusivamente ai
dipendenti del soggetto appaltante.
Con riferimento al primo rapporto, si fa presente che la base imponibile da assoggettare ad
IVA con l’aliquota ridotta del 4% è costituita dal prezzo convenuto tra le parti, non rilevando la
circostanza che tale prezzo sia pari, inferiore o superiore al valore facciale indicato nel buono
pasto.
Per quanto concerne il secondo rapporto, tra la società emittente e la mensa aziendale
ed interaziendale che accetta i buoni pasto, la misura dell’aliquota applicabile sarà del 10%
(ai sensi del disposto di cui al n. 121, della Tabella A, Parte III, del D.P.R. n. 633/1972).
A tal riguardo, si osserva che, in linea generale, a titolo di corrispettivo, le società di emissione
dei buoni pasto applicano una percentuale di “sconto incondizionato” (sconto/conven-
zione tra società di somministrazione pasti e società di gestione dei ticket), sul valore
nominale dei buoni pasto.
In tal caso, la base imponibile va determinata applicando la percentuale di sconto convenuta
al valore facciale del buono pasto, scorporando, quindi, dall’importo cosı̀ ottenuto, l’imposta
in esso compresa, mediante l’applicazione delle percentuali di scorporo dell’IVA (indicate
nel comma 4, dell’art. 27 del D.P.R. n. 633/1972).

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n. 10/2022
G GESTIONE CONTABILE e PROCESSI

Schema
Rapporti Aliquota Base imponibile Riferimenti
di sintesi
IVA normativi
Tra la società emittente i 4% Prezzo convenuto tra le parti, Tabella A -
buoni pasto e il datore di non rilevando la circostanza Parte II, n. 37,
lavoro che tale prezzo sia pari, D.P.R. n.
inferiore o superiore al valore 633/1972
facciale indicato nel buono
pasto
Tra la società emittente e la 10% Deve essere determinata Tabella A,
mensa aziendale che accetta applicando la percentuale Parte III, n.
i buoni pasto convenuta al valore facciale 121, D.P.R. n.
del buono pasto. Di conse- 633/1972
guenza dall’importo cosı̀
ottenuto si scorpora l’impo-
sta in esso compresa

Risposta dell’Agenzia delle entrate


Con riferimento al caso oggetto del presente commento, i tecnici dell’Agenzia delle entrate
evidenziano che:

- ricorre, come presupposto, il contratto di appalto tra la società istante che eroga il servizio
di mensa e il soggetto committente (datore di lavoro);
e
- sussiste l’obbligo, assunto dall’appaltatore, di fornire la prestazione ai dipendenti del
soggetto appaltante.

L’Agenzia evidenzia che laddove il lavoratore dipendente paga l’intero pasto mediante
buoni pasto, non si realizza l’esigibilità dell’IVA al momento della somministrazione del
pasto poiché l’operazione che rileva ai fini IVA è la prestazione di servizi che la mensa
aziendale rende nei confronti della società emittente i ticket restaurant in favore del
lavoratore, soggetta all’aliquota IVA del 10%.
In tale evenienza, l’imposta diventa esigibile nel momento in cui la società che
gestisce la mensa emette fattura nei confronti della società emittente i buoni
pasto, mentre la base imponibile va determinata applicando la percentuale di sconto
convenuta al valore facciale del buono pasto, scorporando, quindi, dall’importo cosı̀
ottenuto, l’imposta del 10% in esso compresa, mediante l’applicazione delle
percentuali di scorporo dell’IVA, indicate nel comma 4, dell’art. 27, del D.P.R. n.
633/1972.

Scorporo Lo scorporo delle due diverse aliquote (4% o 10%) va fatto sempre facendo riferimento al
delle aliquote prezzo convenuto, sicché non è corretto ipotizzare due listini di prezzi differenziati sulla
base del metodo di pagamento prescelto.

Pagamento Con riguardo, infine, all’ipotesi secondo cui il lavoratore dipendente paga il pasto “per parte in
misto contanti e per parte in buoni pasto”:

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n. 10/2022
G
GESTIONE CONTABILE e PROCESSI

- sulla quota parte del prezzo pagato in contanti o con mezzi elettronici, per cui si realizza il
momento impositivo, l’aliquota IVA da scorporare sarà quella del 4%;
- sulla restante parte “pagata” mediante il buono pasto, il cui momento impositivo si
realizzerà all’atto della fatturazione dei corrispettivi alla società emittente il buono pasto,
perché, come detto, l’operazione che rileva ai fini IVA è la prestazione di servizi che la
mensa aziendale rende nei confronti della società emittente i ticket restaurant (ossia
l’impegno ad effettuare la somministrazione in favore del lavoratore), l’aliquota IVA da
scorporare sarà quella del 10%.

Obblighi Con riguardo, infine, agli obblighi documentali nei confronti del lavoratore, i corrispettivi
documentali percepiti per la somministrazione di alimenti e bevande rese in mense aziendali, già esentati
dagli obblighi di certificazione fiscale, in base all’art. 2, comma 1, lett. i), del D.P.R. n. 696/
1996, sono altresı̀ esonerati, in base a quanto previsto dal D.M. 10 maggio 2019,
dall’obbligo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei
corrispettivi, nonché dall’emissione del documento commerciale (art. 2, D.Lgs. n.
127/2015), qualunque sia il mezzo di pagamento.
Resta, invece, l’obbligo di emissione della fattura per documentare le somme percepite
dalla società emittente i buoni pasto.
Stante l’esenzione dagli obblighi certificativi, anche al fine di determinare l’IVA relativa ai
corrispettivi già riscossi che deve partecipare alla liquidazione periodica, è necessario
indicare separatamente nel registro dei corrispettivi di cui all’art. 24 del D.P.R. n.
633/1972:

a) le somme effettivamente riscosse, in quanto pagate dal lavoratore in contanti (ovvero


con altri mezzi di pagamento elettronici), la cui imposta, calcolata applicando l’aliquota del
4%, è divenuta esigibile;
b) le somme non ancora riscosse, corrispondenti al valore dei buoni pasto, la cui imposta
diverrà esigibile all’atto dell’emissione della fattura con aliquota al 10%.

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Ciclo fatturazione elettronica

E-fattura nei rapporti


con soggetti esteri
di Gian Mario Camisasca - Revisore contabile

Modifiche normative
Ambito Il mese di luglio è stato particolarmente ricco di novità sul versante IVA, non tutte di facile
oggettivo applicazione. In particolare, per ciò che concerne la fatturazione elettronica, questa è
diventata obbligatoria anche nei rapporti con l’estero (San Marino compreso) sia dal lato
attivo, sia dal lato passivo.

Ambito Non solo, ma dall’inizio del medesimo mese, anche coloro che in precedenza ne erano
soggettivo esclusi ora ne sono obbligati. Ci si riferisce ai contribuenti che si avvalevano del:

- regime di vantaggio (sia imprese sia lavoratori autonomi) ex art. 27, commi 1 e 2, D.L. n.
98/2011;
- regime forfettario (art. 1, commi 54-89, Legge n. 190/2014), che nell’anno precedente
(2021) hanno percepito ricavi o compensi superiori a euro 25.000.

Rientrano nel nuovo obbligo anche:

- le associazioni sportive dilettantistiche ed assimilabili (ex artt. 1 e 2 della Legge 16


dicembre 1991, n. 398) che nel periodo d’imposta precedente (2021) hanno conse-
guito proventi per un importo non superiore a 65.000 euro (con proventi superiori, la
fattura elettronica era già obbligatoria);
- le associazioni senza fini di lucro;
- le pro-loco.

Eccezioni Fino al 31 dicembre 2023 saranno ancora esclusi i contribuenti con partite IVA che, nell’anno
precedente, hanno percepito compensi inferiori a 25.000 euro, per cui l’obbligo di fattura-
zione elettronica sarà previsto a partire dal 1˚ gennaio 2024.

Regole di riferimento
La Legge di bilancio 2021 (Legge n. 178/2020 modificata sul punto dal D.L. n. 146/2021)
ha stabilito che tutti i soggetti già obbligati alla fatturazione elettronica (tanto nella fase attiva,
quanto in quella passiva), nonché quelli precedentemente esonerati e sopra indicati, dal 1˚
luglio 2022 rientrano in questo ambito anche nei confronti di soggetti passivi d’imposta esteri
ovvero di consumatori finali privati non residenti. È irrilevante che la controparte sia stabilita in
un Paese UE o extra-UE.

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GESTIONE CONTABILE e PROCESSI

Ciclo attivo
Termini Le fatture elettroniche attive verso soggetti esteri devono essere emesse entro i termini
di emissione ordinari di previsti per le fatture elettroniche domestiche. Generalmente parlando:
delle fatture
- entro 12 giorni dalla data di effettuazione dell’operazione nel caso delle fatture imme-
diate. In realtà, ci possono anche essere termini diversi. Per esempio, la relazione di
accompagnamento alla Legge di bilancio 2021, a commento dell’art. 1, comma 1102,
cosı̀ si esprime: “in linea generale, dodici giorni dall’effettuazione dell’operazione o il
diverso termine stabilito da specifiche disposizioni, quali, ad esempio, l’art. 21, comma 4,
lett. a) e b), rispettivamente per le cessioni la cui consegna o spedizione risulta da DDT,
nonché le prestazioni individuabili attraverso idonea documentazione e le cessioni
effettuate dal cessionario nei confronti di un terzo per il tramite del proprio cedente”.
Stranamente, la relazione non ricorda che, nel caso di operazioni di cessioni verso un
operatore UE, l’art. 46, comma 2 del D.L. n. 331/1993 specifica che la fattura deve essere
emessa entro il giorno 15 del mese successivo all’effettuazione dell’operazione;
- entro il giorno 15 del mese successivo all’operazione nel caso delle fatture differite.

Effettuazione Per quanto riguarda il momento di effettuazione delle operazioni, occorre, come di consueto,
dell’operazione far riferimento alle specifiche disposizioni dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972 in caso di cessioni
beni e prestazioni di servizi, e dell’art. 39, D.L. n. 331/1993 nel caso di operazioni
intracomunitarie.

Esportazioni Le cessioni di beni verso clienti stabiliti in Paesi extra-UE sono testimoniate dalla bolla
ed esterometro doganale. Per inciso, si rammenta che non è più necessario il visto uscire sulla bolletta
doganale presentata dall’esportatore. La prova dell’avvenuta uscita della merce dal territorio
UE viene fornita dal rilascio del codice MRN (Movement Reference Number) da parte della
dogana di esportazione, a seguito della presentazione del DAE (documento di accompa-
gnamento all’esportazione).
La presenza della bolla doganale consente di evitare l’invio telematico del c.d. nuovo
esterometro, anch’esso entrato in vigore con il 1˚ luglio 2022.

E-fatture L’introduzione obbligatoria della fatturazione elettronica anche nei rapporti con l’estero
ed esterometro consente, appunto, di evitare l’invio telematico del c.d. nuovo esterometro.

INTRASTAT L’utilizzo di fatture elettroniche nei confronti di soggetti stabiliti nella UE non esime il
cedente/prestatore dalla predisposizione ed invio dei Modelli INTRA alla dogana.

Problematiche Se per il soggetto passivo stabilito in Italia è oramai chiaro l’obbligo di emetter fattura
per il cliente elettronica anche verso i propri clienti esteri, occorre tener conto che il flusso della fattura
parte dal cedente/prestatore, si dirige verso SdI, ma lı̀ si ferma, perché ad oggi non esiste
ancora un sistema internazionale integrato che consenta di far pervenire al cliente estero una
fattura elettronica come nel caso di quella domestica.
Ne deriva, forzatamente, che al non residente occorre far pervenire via posta o per e-mail una
fattura di cortesia analogica o in PDF.

Tracciato Il soggetto passivo italiano deve tener conto di alcune specifiche regole nella compilazione
(sintesi) dei campi di una fattura elettronica verso l’estero secondo l’ultima versione diffusa
dall’Agenzia delle entrate (attualmente versione 1.7).

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G GESTIONE CONTABILE e PROCESSI

Si indicano di seguito i punti salienti.

Tipo documento: TD01.


Codice destinatario: sequenza di 7 caratteri XXXXXXX indipendentemente che il
cliente sia UE o extra-UE;
CAP: inserire nel campo 00000 (5 volte zero);
Partita IVA:
- se il cliente è un soggetto passivo UE: inserire il codice identificativo preceduto dal
codice identificativo dello Stato;
- se il cliente è un soggetto passivo extra-UE: inserire nel campo il codice
OO11111111111 (due volte la lettera “O” ed 11 volte il numero 1);
- se il cliente è un privato consumatore (UE o extra-UE): inserire nel campo il codice
0000000 (7 volte zero);
Id codice: nel campo “Numero di identificazione fiscale del cessionario/committente”
inserire il valore alfanumerico distintivo sino a un massimo di 28 caratteri. SdI non effettua
controlli su questo campo;
Codice fiscale: inserire nel campo il codice fiscale del cliente estero. Se questi è un
privato consumatore lasciare vuoto il campo;
Codice natura: inserire nel campo i codici:
- N3.1: relativamente alle esportazioni non imponibili;
- N3.2: relativamente alle cessioni intracomunitarie non imponibili;
- N3.3: relativamente alle cessioni verso la Repubblica di S. Marino;
- N2.1: relativamente alle prestazioni di servizi generici (ex art. 7-ter, D.P.R. n. 633/1972).
Infine, la fattura riporterà la dicitura “inversione contabile” se il committente è soggetto UE,
ovvero “operazione non soggetta” se il cliente è extra-UE (art. 21, comma 6, D.P.R. n. 633/
1972).

Ciclo passivo
Le fatture di provenienza estera, fatte salve quelle di provenienza da S. Marino, di regola non
sono in formato elettronico e, quindi, non possono passare attraverso SdI.
Ne deriva che è compito del cessionario/committente stabilito in Italia informare SdI circa le
operazioni di acquisto di beni o di servizi dall’estero. L’informazione è data tramite una
integrazione della fattura comunitaria (reverse charge) oppure un’autofattura per quelle di
provenienza extraeuropea. Occorre distinguere se il fornitore sia soggetto passivo UE o extra-UE.

Fornitore UE Al ricevimento della fattura analogica estera da un fornitore UE, il soggetto passivo italiano
“dovrebbe” procedere all’integrazione, direttamente sulla stessa ovvero su un documento
separato, dell’aliquota IVA e del relativo importo.
Dovendo trasmettere l’informazione attraverso un file in formato XML, l’operatore nazionale
dovrà necessariamente emettere verso SdI una sorta di autofattura (reverse charge) in
formato elettronico, esattamente come una fattura elettronica domestica, entro il giorno 15
del mese successivo alla data di ricevimento del documento comprovante l’opera-
zione. L’integrazione analogica sulla fattura passiva sarà comunque ancora possibile, ma a ciò
dovrà comunque seguire la trasmissione del documento in formato XML verso SdI.

Esterometro Come nel caso delle fatture attive, la presenza della fattura elettronica in reverse charge
e INTRASTAT consente di evitare l’invio del nuovo esterometro in formato XML a giustificazione dell’ope-
razione transnazionale.

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GESTIONE CONTABILE e PROCESSI

Altrettanto dicasi per i modelli INTRA; questi dovranno, comunque, essere inviati alla dogana.

Fornitore La stessa procedura deve essere seguita per le fatture analogiche di provenienza extra-UE.
extra-UE Il soggetto passivo italiano dovrà emettere una vera e propria autofattura elettronica da
inoltrare a SdI, sempre entro il giorno 15 del mese successivo alla data di ricevimento
della fattura estera. L’autofattura elettronica riporterà, tra l’altro, l’imponibile e l’IVA.
L’inoltro a SdI può essere omesso in presenza di una importazione suffragata dal
prospetto di riepilogo (ex bolla doganale) scaricato dal sito dell’Agenzia delle dogane
(Provvedimento n. 2933484/2021). È questo, infatti, il documento che serve ora sia ai fini
contabili sia per poter detrarre l’IVA pagata all’importazione.
Il prospetto di riepilogo, al pari del vecchio DAU, consente di evitare l’obbligo comunicativo
dell’operazione transfrontaliera (nuovo esterometro).

Esterometro Vale quanto già detto in precedenza, ossia, in presenza di un documento in formato
elettronico-autofattura, si evita la comunicazione dell’operazione transnazionale mediante
il nuovo esterometro digitale.
Tracciato
L’acquirente nazionale nel predisporre il documento da inviare in formato elettronico a SdI,
(sintesi)
secondo la vigente versione 1.7 del tracciato XML, sia in riferimento alle fatture in reverse
charge sia alle autofatture propriamente dette, deve riportare i seguenti codici Tipo
documento:
- TD17 relativamente ai servizi ricevuti da fornitori UE o extra-UE. In particolare, se il
fornitore è soggetto passivo UE, l’acquirente italiano integra i dati della fattura ricevuta con
l’indicazione dell’imponibile, dell’aliquota IVA e dell’IVA. I dati verranno poi annotati sia sul
registro vendite sia sul registro acquisti. Se il fornitore è extra-UE, l’acquirente italiano
emette autofattura elettronica indicando l’imposta relativa. Anche in questo caso, l’auto-
fattura va annotata in entrambi i registri IVA;
- TD18 relativamente all’integrazione di una fattura di acquisto di beni intracomunitari (da
utilizzare anche nel caso di acquisti intracomunitari di beni in un deposito IVA);
- TD19 relativamente agli acquisti di beni (ex art. 17, comma 2, D.P.R. n. 633/1972) da un
soggetto UE o extra-UE privo si stabile organizzazione in Italia, qui identificato o con
rappresentante fiscale. Se il fornitore è UE, l’integrazione avverrà in reverse charge, se è
extra-UE, mediante autofattura;
- TD20 da utilizzare quando il fornitore estero non invia la fattura ovvero questa sia
irregolare.
Nel campo:
- cedente/prestatore: indicare i dati del soggetto estero con l’indicazione del suo Paese
di residenza;
- cessionario/committente: indicare i dati di colui che effettua l’integrazione od emette
autofattura;
- data: in generale, la data di ricezione della fattura UE, la data di effettuazione dell’ope-
razione nel caso di autofattura, nel caso di fornitore extra-UE;
- sezione “dettaglio linee”: indicare i dati caratteristici di ogni operazione, rispettando
l’obbligatorietà dei campi, pena lo scarto (indicazione dell’imponibile presente nella
fattura inviata dal cedente/prestatore e della relativa imposta calcolata dal cessionario
committente o della natura nel caso non si tratti di un’operazione imponibile, ad es.:
acquisti non imponibili con uso del plafond, occorre indicare N3.5; nel caso di introdu-
zione di beni in un deposito IVA a seguito di acquisto intracomunitario, occorre indicare la

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n. 10/2022
G GESTIONE CONTABILE e PROCESSI

Natura N3.6; nel caso di acquisti esenti, occorre indicare N4 e se non rilevanti in Italia, il
codice natura N2.2);
- sezione “dati fatture collegati”: indicare gli estremi della fattura di riferimento.

Fatturazione elettronica e S. Marino


Anche le operazioni attive e passive con soggetti residenti nella Repubblica di San Marino
devono essere giustificate con fatture elettroniche dal 1˚ luglio 2022, salvo che per i pochi
soggetti ancora esonerati.

Ciclo attivo: I soggetti passivi italiani che cedono beni inviati o trasportati nella Repubblica di San Marino
cessioni devono emettere fattura elettronica da far transitare attraverso SdI. A differenza delle cessioni
di beni verso altri soggetti stabiliti in altri Stati, a seguito di appositi accordi bilaterali, la fattura
elettronica non si ferma presso SdI, ma viene da quest’ultimo inoltrata all’Ufficio tributario
di San Marino (D.M. 21 giugno 2021), che ne verifica la regolarità e la non imponibilità.
Quindi, se non emergono errori, la convalida e ne comunica telematicamente l’esito alla
competente Agenzia delle entrate, mentre l’operatore nazionale può visualizzare l’esito nel
proprio cassetto fiscale. Qualora entro i 4 mesi successivi all’emissione della fattura l’Ufficio
tributario non ne convalidi la regolarità, il soggetto passivo italiano deve procedere ad
emettere una nota di variazione in aumento (sempre in formato elettronico) per l’IVA non
addebitata, ma senza sanzioni o interessi.
Anche in questa ipotesi, la presenza della fattura elettronica evita la necessità di segnalare
l’operazione mediante il nuovo esterometro.

Ciclo attivo: L’argomento servizi resi (ma anche quelli ricevuti) non è trattato dall’art. 71 del D.P.R. n. 633/
prestazioni 1972 e neppure dai recenti provvedimenti in tema di fatturazione elettronica. Occorre,
di servizi pertanto, far riferimento al Provvedimento Agenzia delle entrate n. 211273/2021, ove viene
specificato che gli operatori nazionali hanno la libertà di utilizzare la e-fattura nel caso in cui il
soggetto economico sanmarinese abbia fornito il proprio numero di identificazione IVA
attribuitogli dal proprio Ufficio tributario.
Diversamente (ad esempio: cliente privato consumatore), occorre ancora utilizzare la fattura
analogica. In tal caso, bisogna segnalare a SdI l’operazione transfrontaliera mediante il nuovo
esterometro in formato XML.
Con specifico riferimento alle prestazioni di servizio non accessorie a cessioni all’esporta-
zione, trovano applicazione le regole generali sulla territorialità delle prestazioni di
servizio.
Occorre, dunque, distinguere tra:

- prestazioni generiche; e
- prestazioni specifiche.

Nel primo caso, torna applicabile la regola dell’ultimazione della prestazione. Nel
secondo occorre fare riferimento alle specifiche disposizioni in materia, al fine di individuare
se la prestazione sia soggetta a IVA, oppure non imponibile o esclusa.

Regola La regola generale per questi servizi è che la prestazione si considera effettuata al momento
generale del pagamento del corrispettivo, salvo che sia stata emessa fattura antecedentemente: il
prestatore stabilito in Italia emette fattura in anticipo rispetto all’incasso, ma non oltre questo.

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Ciclo passivo: Anche gli operatori economici stabiliti nella Repubblica di San Marino, dal mese di luglio
acquisti di beni 2022, possono, nel caso di cessioni di beni con trasferimento fisico dalla Repubblica di San
Marino all’Italia, utilizzare la fatturazione elettronica tramite SdI italiano. Per fare ciò devono:

- aver ottenuto un numero di identificazione dal proprio Ufficio fiscale;


- far accompagnare le merci spedite o trasportate da DDT o altro documento idoneo ad
individuare i soggetti tra i quali è effettuata l’operazione;
- far pervenire a SdI dette fatture per il tramite del proprio Ufficio tributario; SdI le recapita al
cessionario che può visualizzarle attraverso apposito canale informatico.
Anche le fatture elettroniche emesse dal soggetto sanmarinese possono essere:
- con IVA esposta, oppure
- senza addebito d’imposta.

Sommariamente: nel primo caso, l’operatore sanmarinese versa l’imposta al proprio Ufficio
tributario, il quale successivamente la fa pervenire all’Agenzia delle entrate. Questa opera una
serie di controlli. L’esito positivo dei riscontri viene comunicato al cessionario, che può
visionare i dati sul proprio cassetto fiscale e detrarre l’imposta. Nel frattempo, poteva
registrare la fattura estera solo in contabilità.
Nel secondo caso, il cessionario italiano, ricevuto da SdI la fattura elettronica sanmarinese,
assolve l’imposta mediante autofattura (indicando come codice TD19) ed annota il
documento nei registri vendite ed acquisti.

Deroga Gli operatori sanmarinesi con ricavi inferiori a 100.000 euro possono ancora emettere
fattura analogica.
In questa situazione, il cessionario italiano, soggetto passivo d’imposta, deve segnalare
l’operazione all’Agenzia delle entrate mediante il nuovo esterometro.

Ciclo passivo: Come detto a proposito delle prestazioni di servizi effettuate dal soggetto passivo italiano, ad
prestazioni oggi non vi è normativa specifica al riguardo. Pertanto, l’operatore sanmarinese potrà
di servizi emettere tanto fatture cartacee quanto fatture elettroniche, in tal caso, queste dovranno
comunque essere indirizzate a SdI italiano.
Gli operatori sanmarinesi con ricavi inferiori a 100.000 euro annui non sono obbligati
all’emissione di fatture elettroniche neanche nel caso di servizi resi.
In presenza di fatture cartacee, il committente italiano dovrà comunicare a SdI l’operazione
mediante un file XML con le stesse caratteristiche della fattura elettronica (nuovo
esetrometro).
Tornano applicabili le regole generali in materia di territorialità dei servizi e dei relativi tempi
per l’emissione dell’autofattura.
Tracciato
Cessioni di beni
(sintesi)
- codice dello Stato estero: SM;
- numero identificativo del cessionario - operatore economico attribuitogli dal proprio
Ufficio tributario, composto da 5 numeri preceduti da SM;
- codice natura: N3.3 operazione non imponibile art. 71.
Prestazioni di servizi effettuate
Il soggetto passivo italiano per i servizi resi emette fattura elettronica con le stesse
indicazioni viste per le cessioni di beni, con queste differenze:
- Codice destinatario: XXXXXXX;

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G GESTIONE CONTABILE e PROCESSI

- nel campo del committente: OO99999999999 (due volte la lettera O ed 11 volte il


numero 9) se soggetto passivo d’imposta; se privato consumatore: 0000000 (7 volte il
numero 0);
- Codice natura: N2.1. operazione non soggetta artt. da 7 a 7-septies.

Comunicazioni dei dati nelle operazioni con l’estero (novità)


Sempre dal mese di luglio sono entrate in vigore alcune modifiche relative all’obbligo di
comunicazione dei dati delle operazioni effettuate con non residenti (artt. 12 e 13, D.L. n. 73/
2022).
Come è noto, è possibile evitare l’invio del nuovo esterometro (in formato XML sul medesimo
tracciato delle fatture elettroniche) quando:

- l’operazione è suffragata da una bolletta doganale in esportazione o dal prospetto


sintetico della dichiarazione per le importazioni; oppure quando
- l’operazione attiva o passiva è stata eseguita con l’emissione di una fattura elettronica o di
un’autofattura sempre in formato XML.

In relazione a ciò è stata introdotta una soglia entro la quale non sarà più necessario inviare il
nuovo esterometro legato agli acquisti carenti del requisito territoriale (artt. da 7 a 7-octies del
D.P.R. n. 633/1972). La soglia limite è fissata a 5.000 euro. Pertanto, operazioni al di sotto
di questa soglia possono essere escluse dall’invio a SdI. Al contrario, gli acquisti fuori campo
IVA di importo superiore dovranno essere trasmessi a SdI con i tipi documento TD17 per i
servizi, TD19 per i beni e codice natura N2.2.
Questa esclusione permette di evitare appesantimenti burocratici per operazioni di insigni-
ficante valore (ristoranti, consumazioni al bar, acquisto di carburanti all’estero e simili) o
irrilevanti ai fini IVA, comprese le commissioni finanziarie relative ad operazioni bancarie od
assicurative.

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GESTIONE CONTABILE e PROCESSI

Procedure operative

IVA pagata a seguito


di accertamento: rivalsa
e detrazione
di Ciro Cesarano

Interpello
Oggetto L’Agenzia delle entrate, con la risposta a interpello n. 41 del 21 gennaio 2022, ha esaminato il
del quesito caso di un soggetto esercente attività professionale che ha fruito, in assenza dei requisiti di
legge, del regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile (art. 27 del D.L. 6 luglio
2011, n. 98) in ragione del quale ha emesso le fatture senza applicazione dell’imposta. A
seguito di accertamento esperito dall’Ufficio, il contribuente definiva l’accertata violazione
concordando il pagamento rateale dell’IVA dovuta. L’importo più significativo delle
fatture emesse senza applicazione dell’IVA si riferiva alle operazioni poste in essere nei
confronti dello studio del marito, esercente anche lui la medesima attività professionale.
L’istante comunicava di aver chiuso la propria partita IVA il 31 dicembre 2017, cosı̀ come il
marito il 31 dicembre 2019, che, tuttavia, ne aveva aperta una nuova il 14 dicembre 2020
per svolgere la medesima attività.
Ciò posto, il contribuente chiedeva se poteva riaprire la partita IVA al solo fine di
esercitare la rivalsa dell’IVA, corrisposta in sede di adesione, nei confronti della nuova
partita IVA del marito, attivata per proseguire l’attività professionale già svolta con la prece-
dente partita IVA.

Regole di riferimento
Il Decreto IVA (art. 60, ultimo comma, del D.P.R. n. 633/1972) prevede che il contribuente
ha diritto di rivalersi dell’imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o
rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del
pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. In tal caso,
il cessionario/committente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la
dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto
l’imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa e alle condizioni esistenti al
momento dell’effettuazione della originaria operazione. In passato il Decreto IVA precludeva
espressamente al cedente/prestatore il diritto di rivalersi, nei confronti di cessionari di beni o
committenti di servizi, dell’imposta o maggiore imposta pagata in conseguenza d’accerta-
mento o rettifica. Il divieto era stato giustificato, oltre che da intenti sanzionatori, da valutazioni
pratiche in ordine all’inopportunità di una riapertura dei rapporti contrattuali allo scopo di
recuperare, a posteriori, l’imposta non addebitata al momento di effettuazione dell’opera-
zione. A seguito della procedura di infrazione aperta contro l’Italia dalla Commissione

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n. 10/2022
G GESTIONE CONTABILE e PROCESSI

europea, detta preclusione è stata superata perché ritenuta non conforme ai principi
comunitari di neutralità e proporzionalità dell’imposta sul valore aggiunto.

Ambito L’Agenzia delle entrate ha chiarito che la maggiore imposta può essere addebitata in via di
di applicazione rivalsa, a seguito del relativo pagamento, anche quando sia stata calcolata su una base
imponibile determinata in via forfetaria, laddove sia comunque riferibile a specifiche
operazioni effettuate nei confronti di determinati cessionari o committenti. Si pensi, ad
esempio, all’ipotesi in cui, in sede di accertamento, le operazioni effettuate nei confronti di un
soggetto, considerate esenti da IVA, siano ripartite forfetariamente tra operazioni imponibili
ed operazioni esenti. Diversamente, va esclusa l’applicazione della rivalsa laddove l’impo-
sta recuperata non sia riferibile a specifiche operazioni effettuate nei confronti di determinati
soggetti. È, ad esempio, il caso dell’IVA dovuta a seguito di accertamento induttivo.
La rivalsa a seguito di accertamento si differenzia, tuttavia, da quella ordinariamente
prevista in quanto ha carattere facoltativo, si colloca temporalmente in epoca successiva
all’effettuazione dell’operazione e presuppone l’avvenuto versamento definitivo della mag-
giore IVA accertata da parte del cedente/prestatore.

Schema
di sintesi

Atti che L’operatività della rivalsa presuppone la definizione dell’accertamento ed il pagamento


consentono dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. Si tratta di
la rivalsa quanto dovuto sulla base di un accertamento resosi definitivo attraverso uno degli istituti
sottoelencati:

- accertamento con adesione. È un “accordo” tra contribuente e Ufficio che può essere
raggiunto sia prima dell’emissione di un avviso di accertamento, che dopo, sempre che il
contribuente non presenti ricorso davanti al giudice tributario. La procedura riguarda tutte
le più importanti imposte dirette e indirette e può essere attivata tanto dal contribuente
quanto dall’Ufficio dell’Agenzia delle entrate nella cui circoscrizione territoriale il contri-
buente ha il domicilio fiscale;
- acquiescenza. Il contribuente che riceve un avviso di accertamento ha l’opportunità, se
rinuncia a presentare ricorso, di ottenere una riduzione delle sanzioni. L’accettazione
dell’atto, giuridicamente definita “acquiescenza”, comporta, infatti, la riduzione a 1/3 delle
sanzioni amministrative irrogate, sempre che il contribuente:
i) rinunci ad impugnare l’avviso di accertamento;
ii) rinunci a presentare istanza di accertamento con adesione;
iii) paghi, entro il termine di proposizione del ricorso (ordinariamente, 60 giorni dalla
notifica dell’atto), le somme complessivamente dovute tenendo conto delle riduzioni;
- conciliazione giudiziale. È il mezzo attraverso il quale si può chiudere un contenzioso
aperto con il Fisco. Si applica a tutte le controversie tributarie, in primo o in secondo grado,

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GESTIONE CONTABILE e PROCESSI

anche se instaurate a seguito di rigetto dell’istanza di reclamo ovvero di mancata


conclusione dell’accordo di mediazione. Può essere proposta:
i) dalla Commissione tributaria, che può prospettare alle parti il tentativo di conciliazione;
ii) dalle parti stesse (contribuente, Agenzia delle entrate, ente locale, agente della
riscossione).
Il tentativo di conciliazione comunque non è vincolante. Infatti, se il contribuente nel
tentare l’accordo non lo raggiunge, può sempre proseguire con il contenzioso;
- mediazione. È uno strumento deflativo del contenzioso tributario per prevenire ed
evitare le controversie che possono essere risolte senza ricorrere al giudice.

Inoltre, l’esercizio alla rivalsa può avvenire anche per mancata impugnazione dell’atto di
accertamento nei termini previsti dalla legge, ovvero, a seguito del passaggio in giudicato della
sentenza, nell’ipotesi di contestazione, in sede giudiziale, della pretesa dell’Amministrazione
finanziaria. Non è, invece, consentita la rivalsa, né l’esercizio del diritto alla detrazione,
dell’imposta o della maggiore imposta versata a seguito di atti non divenuti definitivi. Di
conseguenza, per esempio, deve escludersi che possa esercitarsi il diritto alla rivalsa dell’IVA
versata in pendenza del giudizio avverso l’avviso di accertamento che ne contiene la liquida-
zione, in quanto la stessa risulta pagata all’Erario a titolo provvisorio. Ciò non toglie che, laddove,
in esito al giudizio, l’accertamento si consolidi, con conseguente acquisizione a titolo definitivo,
da parte dell’Erario, delle somme pagate nel corso del contenzioso, si possa esercitare la rivalsa,
nei confronti del cessionario/committente, di quanto già versato.

Rateazione Nel caso in cui il contribuente concordi con l’Erario il pagamento rateale dell’imposta o della
maggiore imposta accertata, il diritto alla rivalsa potrà essere esercitato in relazione al
pagamento delle singole rate. La procedura di rateazione si perfeziona con il versa-
mento della prima rata che rende definitivo l’accertamento.
Nell’ipotesi in cui l’IVA accertata sia assolta in parte mediamente versamento, in parte
mediante compensazione con un credito IVA riconosciuto in sede definizione dell’accerta-
mento, l’ammontare d’imposta oggetto di rivalsa non sarà limitato al minore importo dell’IVA
pagata a mezzo Mod. F24, ma sarà pari all’ammontare complessivamente dovuto, ivi
compresa la quota di debito estinta per compensazione.

Risposta dell’Agenzia delle entrate


Nel caso prospettato all’Agenzia delle entrate (risposta a interpello n. 41 del 21 gennaio
2022), il quesito riguardava la possibilità per il contribuente di esercitare la rivalsa, sebbene al
momento della definizione dell’accertamento egli non fosse più titolare di partita IVA e il
cessionario/acquirente risultasse titolare di una partita IVA diversa da quella nei cui confronti
erano state emesse le fatture originarie.

Assenza L’esercizio del diritto di rivalsa della maggiore imposta accertata è consentita a condizione che
della partita IVA il cedente/prestatore abbia definitivamente corrisposto le somme dovute all’Erario e, nel
al momento contempo, il diritto a detrazione in capo al cessionario dell’IVA pagata a titolo di rivalsa, al
della verificarsi delle condizioni per il suo esercizio. Essa mira a ripristinare, anche nelle ipotesi di
commissione accertamento, la neutralità garantita dal meccanismo della rivalsa e dal diritto di detrazione,
della violazione consentendo il normale funzionamento dell’IVA, la quale deve, per sua natura, colpire i
consumatori finali e non gli operatori economici. L’esercizio della detrazione, in deroga ai
normali principi di funzionamento, è subordinato all’avvenuto pagamento dell’IVA addebitata
in via di rivalsa dal cedente o prestatore. In tal modo, è scongiurato l’ingiusto arricchimento

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che il cessionario o committente conseguirebbe se detraesse l’imposta senza provvedere al


suo effettivo pagamento.
Ciò detto, l’Agenzia delle entrate ha specificato che in presenza dei suddetti requisiti non
vi sono ostacoli all’esercizio della rivalsa allorché il contribuente abbia cessato la qualifica
di soggetto IVA. Di qui, con riferimento all’ipotesi di assenza della partita IVA al momento della
commissione della violazione oggetto di accertamento, l’Agenzia ha chiarito che l’omessa
apertura della partita IVA non può essere sanzionata con la preclusione della rivalsa, pena la
violazione del principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto in ossequio al quale è
stato eliminato il divieto del diritto di rivalersi dell’imposta o maggiore imposta pagata in
conseguenza d’accertamento o rettifica nei confronti di cessionari di beni o committenti di
servizi. In tale evenienza, il soggetto accertato potrà esercitare la rivalsa utilizzando la
partita IVA attribuitagli d’ufficio in sede di accertamento. In pratica, è stata ammessa
l’apertura della partita IVA anche in un momento successivo all’attività di controllo, al solo fine
di esercitare la rivalsa.

Partita IVA Quanto alla possibilità di esercitare la rivalsa nei confronti di una partita IVA diversa da quella
dell’acquirente indicata nell’originaria fattura, ormai chiusa, l’Agenzia precisa che in passato, dinnanzi all’inter-
diversa venuta estinzione del soggetto passivo acquirente, aveva disconosciuto la possibilità di
da quella esercitare la rivalsa IVA (Agenzia delle entrate, risposta a interpello n. 84 del 26 novembre
originaria 2018 e n. 176/E del 31 maggio 2019). In entrambi i casi, tuttavia, si trattava di soggetti giuridici
estinti (società di persone o società di capitali), e quindi cancellati dal registro delle imprese. Ciò
in considerazione della natura privatistica della rivalsa a seguito di accertamento e del fatto che
la stessa inerisce non al rapporto tributario ma ai rapporti interni tra contribuenti. L’estinzione del
cessionario/committente, pertanto, fa sı̀ che il diritto di rivalsa, pur astrattamente riconosciuto,
debba ritenersi in tali ipotesi non esercitabile. In caso di mancato pagamento dell’IVA da parte
dell’acquirente del bene o del servizio, l’unica possibilità consentita al fornitore per il recupero
dell’IVA pagata all’Erario ma non incassata è quella di adire l’ordinaria giurisdizione civilistica.
Nel caso oggetto del quesito qui in esame, osserva ancora l’Ufficio, il professionista/
committente ha chiuso la propria partita IVA nel mese di dicembre 2019 per poi riaprirla
a distanza di un anno per esercitare la medesima attività. La circostanza che, nel caso di
specie, il committente/professionista, persona fisica, non si sia “estinto”, come accade per un
soggetto giuridico, ma, al contrario, abbia poi continuato ad esercitare la medesima attività,
seppur con una nuova partita IVA, consente di riconoscere una continuità soggettiva e,
quindi, di attribuire, da un punto di vista sostanziale, al professionista l’identità di “commit-
tente originario”, anche se fiscalmente lo stesso ora risultava individuato da una partita IVA
formalmente diversa da quella utilizzata nell’operazione originaria. D’altronde, continua
l’Agenzia delle entrate, una persona fisica, per sua natura, nonostante l’attribuzione di una
diversa partita IVA, mantiene sempre il medesimo codice fiscale, che costituisce, nel caso di
specie, ai fini della fatturazione dell’IVA di rivalsa, l’elemento di continuità con il passato,
laddove nel contempo il committente seguiti ad esercitare la medesima attività.

Adempimenti L’Agenzia delle entrate, dopo aver osservato, per quanto indicato dall’istante, che:

- la base imponibile è riferibile a specifiche operazioni effettuate nei confronti di un


determinato committente;
- la definizione dell’accertamento si è conclusa con il pagamento dell’imposta, delle
sanzioni e degli interessi;
- il pagamento rateale dell’imposta definitivamente accertata ha determinato il diritto alla
rivalsa in proporzione alla singola rata pagata;

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ha riconosciuto (al contribuente):

- la facoltà di chiedere la riapertura della partita IVA;


- di emettere le note di variazione in aumento (art. 26, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972),
per esercitare la rivalsa dell’imposta versata in sede di adesione. Al riguardo, ha specificato
che detti documenti dovevano essere intestati alla nuova partita IVA del committente,
avendo cura di indicare, altresı̀, anche il suo codice fiscale, i riferimenti della fattura
originaria e gli estremi identificativi dell’avviso di accertamento.

Regole fatturazione
Si supponga che l’Agenzia delle entrate abbia contestato ad Alfa S.r.l., società tecnologica che
presta servizi di Information Technology (“IT”) a istituti finanziari, l’errata applicazione del
regime di esenzione IVA (art. 10, comma 1, nn. da 1 a 5 del D.P.R. n. 633/1972) sui corrispettivi
ricevuti per le prestazioni rese a Beta S.r.l. A seguito di avviso di accertamento emesso per l’anno
d’imposta 2021, Alfa S.r.l. definisce nel 2022 il contesto in sede di adesione, versando all’Erario
la maggiore imposta dovuta per un totale di euro 2.200 oltre sanzioni e interessi.

Esempio nota
Alfa S.r.l.
di variazione
via Giordano Bruno, n. 170
in aumento
cap. 10141, Torino
P.IVA: 12345678911
FATTURARE A: NOTA DI VARIAZIONE N. 10/2022
Beta S.r.l. DATA: 20 luglio 2022
INDIRIZZO:
Via Ugo Foscolo, n. 10
10132, Torino
P.IVA/C.F.: 20579973599
NOTE:
Q.tà Descrizione Prezzo Importo
Nota di variazione IVA - rettifica 5.000 10.000
in aumento relativa alle fatture
nn. 1 e 2 di euro 5.000
cadauna, rispettivamente del
15 gennaio 2021 e 15 febbraio
2021 relative a prestazioni di
Information Technology.
Rif. Accertamento con adesione
n. TB34XXXX21
ANNOTAZIONI: Importo 10.000
IVA 22% 2.200
TOT. NOTA DI euro 12.200
VARIAZIONE

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Procedure operative

Integrativa IVA: possibile


il rimborso dell’imposta?
di Federico Gavioli - Dottore commercialista, revisore legale dei conti e giornalista pubblicista

Interpello
Oggetto Con la risposta a interpello n. 328 del 9 giugno 2022, l’Agenzia delle entrate è intervenuta
del quesito in tema di differimento dei termini di accertamento IVA ed effetti sul termine di
presentazione della dichiarazione integrativa a seguito della modifica della
richiesta di rimborso dell’imposta.
L’istante, nell’ambito della propria attività immobiliare e, più in generale, edilizia, si è occupata
prevalentemente della ristrutturazione di un fabbricato di interesse storico/artistico.
Con riferimento all’anno di imposta 2013, ha maturato un credito IVA, chiesto a rimborso
con la dichiarazione annuale 2014.
In relazione alla predetta domanda di rimborso, l’istante ha fornito riscontro, solo in data 3
luglio 2020, alla richiesta di documentazione integrativa inoltrata dall’Agenzia
delle entrate il 1˚ aprile 2016.
Sinteticamente, il ritardo nella consegna della documentazione, in base alla ricostru-
zione dei fatti prospettata dall’istante, è addebitabile a una serie di accadimenti di cui la
società è stata, suo malgrado, protagonista, ovvero:

- presenza di carichi iscritti a ruolo confluiti in alcune cartelle di pagamento - che


avrebbero precluso l’erogazione del rimborso - solo successivamente oggetto di
sgravio parziale e della c.d. rottamazione per la parte residua;
- nelle more dell’annullamento dei carichi, presenza di iscrizione ipotecaria a carico
dell’immobile societario;
- a seguito dell’annullamento dei carichi, avvio di una nuova attività di controllo nei
confronti della società, relativamente ad altra annualità d’imposta, confluita e definita
con accertamento con adesione;
- ritardi - non imputabili all’istante - nella conclusione dell’iter di sanatoria degli abusi edilizi
compiuti anni orsono sull’immobile societario oggetto di ristrutturazione.

L’istante riferisce che a seguito:

- della definizione delle sopra descritte attività di controllo, che consentono tra l’altro la
cancellazione dell’iscrizione ipotecaria sull’immobile; e
- del perfezionamento della concessione edilizia in sanatoria, la società istante ha maturato
nuove esigenze in linea con la sua mission nel campo immobiliare.

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In ragione della possibilità di vendita dell’immobile e del pieno rilancio delle proprie
attività, la società istante ha intenzione di variare la scelta originariamente formulata
nella dichiarazione IVA 2014 circa l’utilizzo del credito IVA da rimborso a detrazione
e/o compensazione.
La società istante chiede, quindi, di sapere se, ai sensi del combinato disposto dell’art. 8,
comma 6-bis, del D.P.R. n. 322/1998 e dell’art. 57, comma 1, secondo periodo, del
D.P.R. n. 633/1972, pro tempore vigente, e tenuto conto delle peculiarità della fatti-
specie, la stessa è nei termini per presentare la dichiarazione integrativa rispetto a quella
del 2014.

Quando è possibile richiedere il rimborso IVA


Modalità I contribuenti IVA che hanno realizzato nel trimestre un’eccedenza di imposta detrai-
bile superiore a 2.582,28 euro e che intendono chiedere in tutto o in parte il rimborso
di questa somma (o l’utilizzo in compensazione per pagare anche altri tributi, contributi e
premi), devono presentare il Modello TR.

Soggetti Il credito IVA infrannuale può essere richiesto a rimborso (art. 38-bis, comma 2, D.P.R. n. 633/
ammessi 1972):

- dai contribuenti che esercitano esclusivamente o prevalentemente attività che compor-


tano operazioni soggette a imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli
acquisti e alle importazioni;
- dai contribuenti che effettuano operazioni non imponibili (artt. 8, 8-bis e 9 del D.P.R. n.
633/1972) per un ammontare superiore al 25% del totale complessivo di tutte le
operazioni effettuate;
- dai contribuenti che hanno effettuato nel trimestre acquisti e importazioni di beni
ammortizzabili per un ammontare superiore ai 2/3 del totale degli acquisti e delle
importazioni imponibili;
- dai soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato,
identificati direttamente (art. 35-ter del D.P.R. n. 633/1972) o che hanno nominato
un rappresentante residente nel territorio dello Stato;
- dai soggetti che effettuano in un trimestre solare, nei confronti di soggetti passivi non
stabiliti in Italia, operazioni attive per un importo superiore al 50% di tutte le operazioni
effettuate, riferite alle seguenti attività: prestazioni di lavorazione relative a beni mobili
materiali; prestazioni di trasporto di beni e relative prestazioni di intermediazione;
prestazioni di servizi accessori ai trasporti di beni e relative prestazioni di intermedia-
zione; prestazioni indicate nell’art. 19, comma 3, lett. a-bis) del D.P.R. n. 633/1972
(art. 8 della Legge comunitaria n. 217/2011).

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Schema
di sintesi

La manovra correttiva 2017 (D.L. n. 50/2017) dispone importanti modifiche in riferimento


alle compensazioni tributarie; si riduce (art. 3) a 5.000 euro il limite oltre il quale è necessario
il visto di conformità per le compensazioni delle imposte sui redditi, IRAP e IVA.
Inoltre, diventa obbligatorio l’uso dei servizi telematici in tutti i casi di compensazione.
È modificata la disposizione riguardante il visto di conformità necessario per la compensa-
zione di crediti e debiti fiscali di importo superiore a 15.000 euro annui in materia di
imposte sui redditi e di IRAP introdotto dalla Legge di stabilità 2014 (art. 1, comma 574,
Legge 27 dicembre 2013, n. 147).
Analogamente, si riduce da 15.000 a 5.000 euro annui il limite dei crediti relativi
all’imposta sul valore aggiunto da utilizzare in compensazione oltre il quale è necessario il
visto di conformità. Nei casi di utilizzo in compensazione dei crediti in violazione dell’obbligo
di apposizione del visto di conformità, l’Amministrazione finanziaria procede al recupero
dell’ammontare dei crediti utilizzati in violazione e dei relativi interessi, nonché all’irrogazione
delle sanzioni.

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È disposto, inoltre, che l’utilizzo in compensazione dei crediti IVA trimestrali, per importi
superiori a 5.000 euro annui sarà possibile già a decorrere dal decimo giorno successivo a
quello di presentazione del relativo Mod. IVA TR; nella versione previgente, tale possibilità
iniziava a partire dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione del modello
stesso.

Precedente chiarimento
Mancata In tema di variazione della scelta originariamente effettuata dal contribuente circa la modalità
prestazione di utilizzo del credito IVA, con la circolare n. 17/E del 6 maggio 2011, è stato chiarito che, in
della garanzia caso di mancata prestazione della garanzia, lo stesso può rettificare la richiesta di
rimborso “presentando - entro il termine di cui all’art. 2, comma 8-bis, del Decreto del
Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, ossia entro il termine di presentazione
della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo - una dichiarazione integra-
tiva (cfr. Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 28 gennaio 2011, punto
1.3), al fine di indicare il medesimo credito (o parte di esso) come eccedenza da utilizzare in
detrazione o compensazione (variazione del Quadro VX)”.
Tale principio è stato ribadito con la circolare n. 25/E del 19 giugno 2012, ed ulteriormente
approfondito con la circolare n. 35/E del 27 ottobre 2015, con cui è stato chiarito che
“laddove il contribuente voglia modificare l’originaria domanda di restituzione, deve presen-
tare una dichiarazione integrativa, ai sensi del citato art. 2, comma 8-bis, del D.P.R. n. 322 del
1998, sia che voglia ridurre l’ammontare del credito chiesto a rimborso, come chiarito con la
citata circolare n. 25/E del 2012 (...), sia che voglia chiedere un rimborso maggiore di quello
indicato in dichiarazione (...)”.

Dichiarazione Successivamente alla predisposizione dei suddetti documenti di prassi, il legislatore ha


integrativa: dettato (con l’art. 5 del D.L. n. 193/2016) una disciplina della dichiarazione integrativa ai
termini di fini IVA distinta ed autonoma da quella propria delle imposte sui redditi e dell’IRAP (anch’essa
presentazione modificata dal medesimo art. 5), sebbene modellata e tendenzialmente coincidente con
quest’ultima. In particolare, per effetto di detto intervento normativo, sono stati equiparati i
termini entro i quali è possibile presentare la dichiarazione integrativa, a prescindere dalla
circostanza che gli errori e le omissioni da emendare siano a favore
dell’Amministrazione finanziaria o del contribuente. In entrambi i casi, infatti, la
dichiarazione integrativa può essere presentata entro i termini di decadenza dell’attività
di accertamento (di cui all’art. 57, D.P.R. n. 633/1972), ossia entro il 31 dicembre del
quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione originaria, per
gli avvisi relativi al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016 e ai periodi
successivi, ovvero non oltre il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata
presentata la dichiarazione originaria, per gli avvisi relativi ai periodi d’imposta precedenti al
2016 (art. 8, comma 6-bis, D.P.R. n. 322/1998).
Tale allineamento temporale ha comportato, da un lato, la modifica dei termini entro cui
l’Amministrazione finanziaria può procedere alla liquidazione e all’accertamento della
dichiarazione integrativa, limitatamente ai soli, nuovi elementi nella stessa indicati (cfr., sul
punto, art. 1, comma 640, Legge n. 190/2014) e, dall’altro, la previsione di differenti
modalità di utilizzo dell’eventuale credito derivante dal minor debito o dalla maggiore
eccedenza detraibile emergente dalla dichiarazione integrativa, a seconda dei termini di
presentazione della stessa.
In particolare (ai sensi dell’art. 8, comma 6-quater, del D.P.R. n. 322/1998), nel caso in cui la
dichiarazione integrativa sia presentata oltre il termine prescritto per la presentazione della

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dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, l’eventuale credito può essere


utilizzato in compensazione (ai sensi dell’art. 17, D.Lgs. n. 241/1997), per eseguire il
versamento di debiti maturati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è
stata presentata la dichiarazione integrativa. E ciò al fine di evitarne un uso indebito. In tale
ipotesi, peraltro, il credito risultante dalla dichiarazione integrativa deve essere indicato nella
dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui è presentata la dichiarazione integrativa
stessa (cfr., sul punto, istruzioni al quadro VN del Mod. IVA).
Peraltro, sebbene la citata norma (art. 8, D.P.R. n. 322/1998) nulla disponga in merito alla
possibilità di variare la scelta originariamente effettuata dal contribuente circa la modalità di
utilizzo del credito IVA, l’Agenzia delle entrate, con la risposta a interpello 30 luglio 2020, n.
231, ha chiarito di essere dell’avviso che la stessa sia da considerare ammessa, in analogia a
quanto già chiarito con i documenti di prassi predisposti prima delle modifiche introdotte
dalla norma (D.L. n. 193/2016).
Quanto alle modalità e ai termini per effettuare la variazione, l’Agenzia delle entrate stessa
ritiene che i rinvii operati dai suddetti documenti di prassi alla disciplina della dichiarazione
integrativa “a favore” ante-riforma siano da intendersi riferiti alle disposizioni attualmente
vigenti (art. 8, commi 6-bis e ss., D.P.R. n. 322/1998).

Schema
di sintesi

Risposta dell’Agenzia delle entrate


La possibilità di rettificare l’originaria richiesta di rimborso del credito IVA, optando, invece, per
la compensazione, è stata già ammessa da alcuni documenti di prassi.
Originariamente, detta facoltà è stata riconosciuta, in assenza di una disciplina della dichia-
razione integrativa ai fini IVA distinta ed autonoma da quella propria delle imposte sui redditi e
dell’IRAP, mediante la presentazione della c.d. dichiarazione integrativa “a favore” nei termini
(di cui all’art. 2, comma 8-bis, del D.P.R. n. 322/1998), nella formulazione vigente fino al 23
ottobre 2016, ovvero “non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione
relativa al periodo d’imposta successivo” (cfr. in tal senso, le circolari 6 maggio 2011, n. 17/E;
19 giugno 2012, n. 25/E e 27 ottobre 2015, n. 35/E).

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Successivamente, il legislatore (art. 5, comma 1, lett. b, n. 2, D.L. n. 193/2016) ha aggiunto il


comma 6-bis all’art. 8, del D.P.R. n. 322/1998, attualmente in vigore, cosı̀ introducendo una
disciplina ad hoc della dichiarazione integrativa ai fini IVA.

Regole di La norma in parola stabilisce che “le dichiarazioni dell’imposta sul valore aggiunto possono
riferimento essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato
l’indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un
minore debito d’imposta ovvero di una maggiore o di una minore eccedenza detraibile,
mediante successiva dichiarazione da presentare [...] non oltre i termini stabiliti dall’art. 57 del
Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.
La nuova disciplina della dichiarazione integrativa ai fini IVA, distinta ed autonoma, ma
modellata e tendenzialmente coincidente con quella propria delle imposte sui redditi e
dell’IRAP (anch’essa modificata dal medesimo art. 5 del D.L. n. 193/2016), equipara i
termini entro i quali è possibile presentare la dichiarazione integrativa, a prescindere dalla
circostanza che gli errori e le omissioni da emendare siano a favore dell’Amministrazione
finanziaria o del contribuente.
Il Decreto IVA (art. 57, D.P.R. n. 633/1972), nel disciplinare il “Termine per gli accertamenti”
ai fini IVA, stabilisce:

- al comma 1, che: “Gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti previsti nell’art. 54 e
nel secondo comma dell’art. 55 devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31
dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione”;
- al comma 3, che: “Nel caso di richiesta di rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile
risultante dalla dichiarazione annuale, se tra la data di notifica della richiesta di documenti
da parte dell’Ufficio e la data della loro consegna intercorre un periodo superiore a quindici
giorni, il termine di decadenza, relativo agli anni in cui si è formata l’eccedenza detraibile
chiesta a rimborso, è differito di un periodo di tempo pari a quello compreso tra il
sedicesimo giorno e la data di consegna”.

Termini di accertamento ai fini IVA


Differimento Relativamente al “differimento” dei termini per l’accertamento ai fini IVA (disciplinato dal
citato comma 3, art. 57, D.P.R. n. 633/1972), con la circolare 24 dicembre 1997, n. 328, è
stato chiarito che “Tale misura assolve la funzione cautelativa di evitare le frodi o il mancato
assolvimento dell’imposta a danno dell’Erario, da parte di quei contribuenti che, non
ottemperando deliberatamente alla richiesta dell’Ufficio di presentazione di detta documen-
tazione, mirano a far decorrere i termini di decadenza previsti dalle vigenti disposizioni,
allo scopo di legittimare posizioni irregolari o debitorie nei confronti dell’Ufficio, che si
troverebbe cosı̀ nell’impossibilità di poter effettuare i necessari controlli”.

Conclusioni
L’Agenzia delle entrate ritiene che il rinvio ai termini stabiliti dall’art. 57 del D.P.R. n. 633/1972
ad opera del comma 6-bis, dell’art. 8 del D.P.R. n. 322/1998, con riferimento alle tempistiche
di presentazione della dichiarazione integrativa ai fini IVA, non possa che far riferimento ai
termini “ordinari” (disciplinati dal comma 1, art. 57, del D.P.R. n. 633/1972), per le
seguenti motivazioni.

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Il “differimento” contemplato dal comma 3, del richiamato art. 57, rappresenta uno “stru-
mento di controllo”, volto ad evitare strumentalizzazioni che potrebbero ravvisarsi nel-
l’ipotesi in cui, il contribuente pretestuosamente “temporeggi” nell’ottemperare alla richiesta
dell’Ufficio di presentazione della documentazione necessaria ai fini dell’erogazione dei
rimborsi IVA, con l’obiettivo di far decorrere i termini per l’accertamento.
Trattasi, dunque, di una misura posta a presidio dei poteri dell’Ufficio, la cui applicazione
discende dall’adozione di una condotta del contribuente scorretta o omissiva, da cui,
pertanto, non può derivare un beneficio a suo favore, qual è l’allungamento dei termini
di presentazione della dichiarazione integrativa.
Resta fermo che (in base all’art. 1 del D.P.R. n. 443/1997), nell’ipotesi in cui il rimborso fosse
denegato per difetto dei presupposti (stabiliti dall’art. 30 del D.P.R. n. 633/1972), con
contestuale riconoscimento della spettanza del credito, ne sarebbe ammessa la “detrazione,
successivamente alla notificazione” del provvedimento di diniego, “in sede di liquidazione
periodica, ovvero nella dichiarazione annuale”.

52
n. 10/2022
S
SCADENZARIO

1˚ Ottobre - 15 Novembre 2022


Ottobre
3 n Rimborso dell’IVA pagata in Italia da soggetti non residenti
Lunedı̀

Decorre il termine per la richiesta di rimborso IVA pagata in Italia dai soggetti UE (art. 38-bis2,
D.P.R. n. 633/1972). Questa va effettuata direttamente allo Stato membro o da soggetto extra-
UE qualora in detto Stato esistano condizioni di reciprocità con l’Italia (art. 38-ter, D.P.R. n. 633/
1972) (Norvegia). Saranno poi le locali Amministrazioni a trasmettere telematicamente la
richiesta alle Autorità fiscali italiane.
Possono richiedere il rimborso a condizione che:
- non abbiano una stabile organizzazione in Italia;
- non si siano identificati direttamente o abbiano nominato un rappresentante fiscale;
- abbiano qui effettuato operazioni attive diverse da quelle per le quali il debitore
dell’imposta è il cessionario o committente e da quelle non imponibili di trasporto o
accessorie ai trasporti.
La richiesta va presentata a partire dal primo giorno del mese successivo al trimestre di
riferimento fino al 30 settembre dell’anno successivo.
Quella annuale può essere presentata a partire dal primo gennaio dell’anno successivo a quello
oggetto della richiesta di rimborso ed entro il 30 settembre dello stesso anno.
La richiesta va effettuata per posta mediante MOD 79 per i soggetti extra-UE.

14 n Compensazione orizzontale del credito annuale IVA superiore a 5.000 euro


Venerdı̀

A seguito della presentazione della dichiarazione annuale IVA, è possibile procedere dal
decimo giorno successivo alla sua presentazione, alla compensazione orizzontale del credito
annuale IVA 2021 superiore a 5.000 euro (ma entro il limite di 1.000.000 euro annui di
compensazioni varie, limite cosı̀ innalzato dal D.L. n. 34/2000), e la dichiarazione deve
apportare obbligatoriamente il visto di conformità o la sottoscrizione da parte dell’organo di
controllo. È possibile evitare il visto di conformità per i soggetti ISA che abbiano ottenuto un
punteggio non inferiore ad 8.
Si rammenta che la compensazione orizzontale può essere effettuata unicamente in via
telematica mediante i canali Entratel/Fisconline.

n Compensazione orizzontale del credito annuale IVA per importi non superiori a
5.000 euro
Il diritto alla compensazione si ha a partire dal 1˚ gennaio dell’anno in cui viene presentata la
dichiarazione annuale mediante presentazione di Mod. F24 esclusivamente utilizzando i canali
Entratel/Fisconline. La compensazione libera è possibile indipendentemente dal totale del
credito complessivo che emerge dalla dichiarazione. Una volta compensati gli eventuali primi
5.000 euro, si ricade nella compensazione per crediti superiori a tale importo.

n Ravvedimento entro 90 giorni dal versamento dell’IVA mensile


Scade il termine per il ravvedimento operoso “intermedio” che consente di regolarizzare i
mancati versamenti dell’IVA nel mese di luglio, versando l’imposta dovuta, gli interessi legali
(1,25%) e una sanzione ridotta a 1/9 del minimo.

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n. 10/2022
S SCADENZARIO

17 n Fatturazione differita per i servizi resi


Lunedı̀
Scade il termine per l’emissione, invio a SdI, e la registrazione di un’unica fattura elettronica
riepilogativa delle prestazioni di servizi individuabili attraverso idonea documentazione, effet-
tuate nel corso del mese precedente nei confronti del medesimo soggetto. Detta fattura deve
essere registrata entro il giorno di emissione, ma con riferimento al momento di effettuazione
delle prestazioni, ossia al mese precedente (art. 21, comma 3, lett. a, Decreto IVA).

n Scontrini e ricevute fiscali: annotazione cumulativa


Termine ultimo per l’annotazione cumulativa sul registro dei corrispettivi delle ricevute e degli
scontrini fiscali emessi nel mese precedente dai soggetti ancora esonerati dalla tenuta del
registratore telematico (ad esempio: operazioni di cui all’art. 2 del D.P.R. n. 696/1996 e D.L. n.
34/2020).

n Registrazione delle fatture per acquisti intracomunitari di beni e servizi


Scade il termine per l’annotazione nei registri degli acquisti e delle vendite, previa integrazione,
degli acquisti intracomunitari di beni e servizi con riferimento alle relative fatture ricevute nel
mese precedente. Per la liquidazione, l’imputazione è a carico del mese precedente (art. 47 del
D.L. n. 331/1993). La fattura in formato XML va inoltrata a SdI utilizzando uno dei “Tipo
documento” TD17, TD18, TD19.

n Fattura integrativa
Nel caso di ricevimento di fattura intracomunitaria con corrispettivo inferiore al reale, occorre
emettere fattura integrativa analogica entro il giorno 15 del mese successivo all’annotazione
della fattura comunitaria e registrarla entro il medesimo termine, ma con riferimento al mese
precedente. La fattura, in formato XML, va inoltrata a SdI con indicazione nel “Tipo documento”
TD20.

n Autofattura
Il cessionario che entro il 2˚ mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione non
abbia ricevuto la fattura dal fornitore comunitario deve autofatturare l’acquisto entro il giorno 15
del 3˚ mese successivo a quello di effettuazione e registrarla entro il termine di emissione con
riferimento al mese precedente. L’autofattura, in formato elettronico XML va inviata a SdI codice
“Tipo documento” TD20.

n Cessioni intracomunitarie: fatturazione


Scade il termine per l’emissione delle fatture relative alle cessioni intra-UE effettuate nel mese
precedente, con indicazione che trattasi di operazione non imponibile ex art. 41 del D.L. n. 331/
1993. La fattura va emessa in formato XML ed inoltrata a SdI. La fattura va registrata nel mese di
emissione, ma con riferimento al mese di effettuazione dell’operazione (mese precedente)
(artt. 46, comma 2 e 47, comma 4, del D.L. n. 331/1993).

n Fatturazione differita
Scade il termine per l’emissione delle fatture differite elettroniche con inoltro a SdI, per beni
spediti con DDT nel mese precedente, l’imposta relativa fa parte della liquidazione del mese
precedente.

n Associazioni varie: annotazioni


Per le associazioni sportive dilettantistiche, per le associazioni pro-loco e per le associazioni
senza scopo di lucro in regime agevolato, scade il termine per le annotazioni dei corrispettivi
incassati a fronte di eventuali operazioni di natura commerciale nel mese precedente.

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n. 10/2022
S
SCADENZARIO

n Annotazione delle fatture di modico importo


Termine ultimo per l’annotazione cumulativa delle fatture di importo inferiore a 300 euro
ricevute il mese precedente.

n Liquidazione periodica e versamento IVA: contribuenti mensili


Termine ultimo per la liquidazione e il versamento in via telematica mediante Mod. F24 dell’IVA
dovuta per il mese precedente.

n Versamento liquidazioni periodiche relative ai mesi di marzo, aprile e maggio


2020 precedentemente sospese a favore dei contribuenti che potevano
legittimamente usufruirne
Per i contribuenti che hanno aderito alla possibilità di versare il 50% di quanto dovuto ai fini IVA
nei mesi marzo, aprile e maggio, in 24 rate a far tempo dal 16 gennaio 2021, scade la 22˚ rata.
Ultima rata 16 dicembre 2022. I versamenti sono effettuati senza applicazione di sanzioni e
interessi. Non si dà luogo al rimborso di quanto eventualmente già versato.

n Versamento IVA: contribuenti mensili con contabilità presso terzi


Termine ultimo per il versamento dell’imposta dovuta per il secondo mese precedente dai
contribuenti che hanno affidato a terzi la contabilità, optando per il regime di cui all’art. 1 del
D.P.R. n. 100/1998.

n Versamento IVA a seguito di split payment


Scade il termine per il versamento dell’imposta relativa al mese precedente dovuta dalle
Pubbliche amministrazioni, dalle società controllate dalle PA, centrali o locali, in via diretta o
indiretta, dalle società quotate in Borsa inserite nell’indice Ftse MIB, comprese le proprie
controllate, a seguito dell’obbligo della c.d. scissione dei pagamenti. La fatturazione verso i
soggetti citati non riguarda i professionisti e gli studi professionali.
L’autorizzazione UE scade il 30 giugno 2023.

n Soggetti che facilitano vendite a distanza mediante uso di interfacce


elettroniche. Liquidazione e versamento IVA relativa al mese precedente
Scade il termine per il versamento dell’imposta relativa al mese precedente, a carico dei soggetti
che, tramite l’uso di una interfaccia elettronica quale, un mercato virtuale, una piattaforma, un
portale o mezzi analoghi, facilitano le vendite a distanza di telefoni cellulari, console da gioco,
tablet PC, laptop.

n Versamento rateale del saldo IVA da dichiarazione annuale usufruendo


dell’ulteriore differimento al 30 luglio
È possibile usufruire dell’ulteriore differimento per procedere al versamento rateale del saldo
emergente dalla dichiarazione annuale (massimo 5 rate).
È dovuta una maggiorazione dello 0,40% per ogni mese o frazione di mese intercorsa tra il 16
marzo e la data di versamento oltre interessi e poi suddividendo il risultato in rate mensili di
eguale importo.

n Versamento del saldo annuale IVA rateizzato usufruendo del differimento al 30


giugno
Scade la rata del saldo IVA annuale a far tempo dal differimento al 30 giugno per un ulteriore
massimo di 5 rate (totale 6 rate). L’importo è maggiorato degli interessi dello 0,40% per ogni
mese o frazione di mese successivo alla scadenza naturale di marzo. Le rate successive a quella
del 30 giugno sono ulteriormente aumentate dello 0,33% mensile per ogni rata.

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n. 10/2022
S SCADENZARIO

n Versamento saldo IVA da dichiarazione annuale su base rateale secondo art.


9-ter Decreto Sostegni-bis (D.L. n. 73/2021)
Per i soggetti ISA che dichiarano compensi o ricavi non superiori al limite stabilito per ciascun
indice nonché quelli esercitanti attività d’impresa o di lavoro autonomo anche se non applicano
gli ISA, i termini del versamento dell’IVA emergente dalla dichiarazione annuale scadenti nel
periodo 30 giugno-31 agosto sono stati prorogati al 15 settembre senza maggiorazione, ma:
- quanto dovuto a saldo o acconto dell’IVA può essere versato anche in rate mensile di pari
importo, con prima rata entro il 15 settembre e conclusione entro il mese di novembre. Sulle
rate successive a quella del 15 settembre sono dovuti gli interessi al tasso del 4% annuo
(quindi per il 17 ottobre pari allo 0,34%);
- i soggetti che avevano già iniziato il pagamento in forma rateale secondo le disposizioni
antecedenti quanto stabilito dall’art. 9-ter possono proseguire i versamenti secondo le
scadenze previste dal piano di rateazione originario tenendo conto che anche per questi
ultimi sulle rate aventi scadenza successiva al 15 settembre 2021 sono dovuti gli interessi al
tasso del 4% annuo, a decorrere dal 16 settembre, sempre con conclusione non oltre il 16
novembre. Sulle rate successive al 15 settembre devono tener conto anch’essi degli interessi
sempre al tasso del 4% annuo a partire dal 16 settembre. Quindi per il versamento al 17
ottobre, pari allo 0,34%.

n Ravvedimento operoso entro 30 giorni


Scade il termine per il versamento, mediante ravvedimento operoso, dell’IVA mensile non
versata o versata in misura insufficiente entro il 16 settembre.

n Versamento saldo IVA da dichiarazione annuale su base rateale (8˚ rata)


I contribuenti tenuti alla dichiarazione IVA, ma non rientranti tra quelli soggetti agli indici ISA,
possono versare il saldo IVA emergente dalla dichiarazione annuale in rate eguali non oltre il
mese di novembre. A ogni rata successiva alla prima si applicano gli interessi dello 0,33%
mensile.

25 n Elenchi INTRA (beni e/o servizi): contribuenti mensili


martedı̀

Termine ultimo, per imprese e professionisti, per l’invio telematico ai soli fini statistici, all’Agenzia
delle dogane degli elenchi riepilogativi relativi agli acquisti di beni nonché alle prestazioni di
servizi generici intervenute con soggetti intracomunitari nel mese di settembre.
Sono soggetti mensili quelli per i quali l’ammontare totale trimestrale di acquisti di beni sia, per
almeno uno dei quattro trimestri precedenti, uguale o superiore a 350.000 euro
(Determinazione Dogane n. 493869/21 del 23 dicembre 2021).
Gli acquisti di servizi (Mod. INTRA 2-quater) da indicare sono esclusivamente quelli “generici”
ex art. 7-ter del Decreto IVA. La medesima Determinazione abroga a far tempo dal 1˚ gennaio
2022 l’invio trimestrale di questo modello.
In entrambi i casi la valenza dei modelli è solo statistica, mentre la compilazione della parte
fiscale è facoltativa.
Con riguardo alle cessioni di beni, l’obbligo di presentazione del Modello INTRASTAT con i dati
fiscali e statistici permane ed è mensile se in uno dei quattro trimestri precedenti sono state
realizzate cessioni per un ammontare complessivo per ciascun trimestre maggiore od uguale
ad euro 50.000. Al di sotto di questa soglia la comunicazione è trimestrale. Per le spedizioni di
valore inferiore a 1.000 euro è possibile compilare gli elenchi riepilogativi relativi alle cessioni di
beni senza disaggregazione della nomenclatura combinata utilizzando il codice unico
99500000.

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n. 10/2022
S
SCADENZARIO

L’informazione statistica per i soggetti mensili diviene facoltativa se in alcuno dei quattro
trimestri precedenti sono state realizzate cessioni intracomunitarie di beni per un ammontare
trimestrale uguale o inferiore a 100.000 euro.
Per i servizi intracomunitari resi, l’obbligo di compilazione sia della parte fiscale sia della parte
statistica permane.
Sono esclusi dall’invio dei Modelli INTRA i soggetti passivi che abbiano aderito ai regimi OSS/
IOSS (Assosoftware 8 marzo 2022).
Per il call-off stock, il Mod. INTRA 1-sexies è da utilizzare esclusivamente in riferimento alle
operazioni di trasferimento di beni in un deposito sito in altro Stato UE e le informazioni relative
all’identità e al numero di identificazione attribuiti al destinatario sono riepilogate nella Sezione
5 del Mod. INTRA 1. Modello in aggiunta al registro ex art. 50, comma 5-bis, D.L. n. 331/1993.

n Elenchi INTRA (beni e/o servizi): contribuenti trimestrali


Scade il termine di invio telematico all’Agenzia delle dogane degli elenchi riepilogativi relativi
delle cessioni e prestazioni realizzate nel trimestre luglio-settembre.
Sono soggetti trimestrali quelli che hanno realizzato nei quattro trimestri solari precedenti
operazioni (cessioni di beni ovvero prestazioni di servizi) per un ammontare nel trimestre non
superiore a euro 50.000 per ciascuna di queste tipologie. Sono esclusi dall’invio dei Modelli
INTRA i soggetti passivi che abbiano aderito ai regimi OSS/IOSS (Assosoftware 8 marzo 2022).

31 n Dichiarazione e versamento IVA per i soggetti IOSS


Lunedı̀

L’obbligo riguarda esclusivamente:


- soggetti passivi stabiliti in Italia;
- soggetti passivi extra-UE con stabile organizzazione in Italia;
- soggetti passivi extra-UE senza stabile organizzazione nella UE;
dando loro la possibilità i di incassare l’IVA su vendita a distanza di beni di valore non superiore a
150 euro importati da Paesi o territori terzi, spediti o trasportati da un Paese extra-UE a clienti
consumatori finali (B2C) nella UE.
La dichiarazione deve essere presentata direttamente o tramite intermediario IOSS, anche in
assenza di operazioni con riferimento al mese precedente.
Il versamento deve essere effettuato entro il termine per la presentazione della dichiarazione
relativa, tramite lo sportello unico per importazione IOSS oppure con pagamento all’atto
dell’importazione qualora il fornitore od il marketplace non utilizzino lo sportello unico. Per
questi soggetti la dichiarazione e il versamento sono contestuali e mensili con riferimento alle
operazioni effettuate nel mese precedente.

n Ravvedimento operoso “sprint”


Termine ultimo per la regolarizzazione degli omessi versamenti IVA al (17 ottobre), mediante il
pagamento in via telematica (Mod. F24) con la sanzione ridotta allo 0,1% per ogni giorno di
ritardo e sino al quattordicesimo (art. 23, comma 21, D.L. n. 98/2011).

n Dichiarazione e versamento IVA soggetti OSS non UE (art. 74-quinquies D.P.R.


633/1972) e soggetti OSS UE (art. 74-sexies D.P.R. 633/1972)
Scade il termine per la dichiarazione e il versamento IVA per i soggetti (OSS non UE) extra-UE
privi di stabile organizzazione nella UE relativamente alle prestazioni di servizi resi a privati
consumatori nella UE, nonché (OSS UE) e per i soggetti stabiliti in Italia, per i soggetti extra-UE
con stabile organizzazione in Italia, per i soggetti extra-UE senza stabile organizzazione nella UE,
che spediscono o trasportano beni dall’Italia, in relazione a:

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n. 10/2022
S SCADENZARIO

a) prestazioni rese a privati consumatori in Paesi diversi da quello del prestatore;


b) vendite a distanza intracomunitarie anche tramite uso di interfacce elettroniche;
c) vendite interne tramite interfacce elettroniche,
che hanno realizzato un volume d’affari maggiore di 10.000 euro (netto IVA) nell’anno solare
precedente relativo ad operazioni verso consumatori finali stabiliti in altri Paesi UE.
La dichiarazione trimestrale (luglio-settembre) si effettua attraverso la propria area riservata
dell’Agenzia delle entrate, seguendo le istruzioni. La dichiarazione va presentata anche in
assenza di operazioni, cliccando sulla voce “niente da dichiarare” e quindi inviare.
Il versamento può avvenire in due modalità alternative:
- con addebito sul proprio c/c aperto presso intermediario alla riscossione convenzionato con
l’Agenzia delle entrate. Si deve indicare il proprio IBAN e il n. di riferimento della dichiarazione;
- con bonifico da accreditare su apposita contabilità aperta presso la Tesoreria statale intestata
all’Agenzia delle entrate. Indicare il n. di riferimento unico della dichiarazione.
Ottobre L’ammontare delle operazioni deve essere superiore a 10.000 euro su base annua.

n Acquisti intracomunitari
Scade il termine per l’annotazione sui registri IVA degli acquisti e vendite relativamente
alle fatture (previa integrazione) per acquisti intracomunitari ricevute nel mese. È fatta
salva la possibilità di annotazione nel mese successivo, purché entro il termine di 15
giorni dal loro ricevimento; si rammenta che nonostante questa opzione, la liquidazione
dell’imposta relativa deve confluire nella liquidazione del mese di effettuazione
dell’operazione.
La fattura integrata va trasmessa a SdI utilizzando i tipi documento TD17, TD18, TD19.

n Sedi secondarie
Scade il termine per la fatturazione e l’annotazione delle operazioni compiute entro il mese
precedente dalle sedi secondarie che non curano direttamente tali adempimenti.

n Enti non commerciali e agricoli esonerati (Mod. INTRA-12)


Gli enti non commerciali non soggetti IVA, i produttori agricoli esonerati ex art. 34, comma 6,
Decreto IVA, devono utilizzare il Mod. INTRA-12 per gli acquisti da soggetti esteri quando sono
considerati debitori d’imposta obbligati al reverse charge.
Egualmente gli enti non commerciali soggetti IVA sono tenuti all’utilizzazione del medesimo
modello per la dichiarazione delle operazioni realizzate nell’esercizio dell’attività non
commerciale.
Devono essere dichiarati entro la data odierna:
- gli acquisti intracomunitari di beni e servizi eseguiti in Italia, le cui fatture siano state ricevute
entro il secondo mese antecedente;
- gli acquisti di beni e servizi effettuati nel territorio italiano da soggetti extra-UE effettuati entro il
secondo mese anteriore per i quali sia stata emessa autofattura;
- gli acquisti intracomunitari per i quali non essendo pervenuta la relativa fattura entro il secondo
mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, sia stata emessa autofattura entro
il giorno 15 del terzo mese successivo.

n Richiesta di rimborso/compensazione infrannuale


Scade il termine per la richiesta di rimborso o della compensazione del credito IVA emerso nel
trimestre precedente (luglio-settembre). Per la richiesta occorre utilizzare il Mod. IVA TR da
inviare telematicamente.

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n. 10/2022
S
SCADENZARIO

Si rammenta che il rimborso o la compensazione infrannuale è ammesso solo se l’eccedenza di


credito nel singolo trimestre è superiore a 2.582,28 euro ed in presenza delle altre condizioni di
cui all’art. 30 del D.P.R. n. 633/1972. In particolare, la compensazione può essere effettuata
dopo il decimo giorno dall’invio del Mod. TR per gli importi superiori a 5.000 euro.
Il rimborso del credito relativo al 4˚ trimestre può essere chiesto solo in sede di dichiarazione
annuale. Anche la compensazione relativa al 4˚ trimestre può essere effettuata entro la data di
presentazione della dichiarazione annuale.

n Enti non commerciali soggetti passivi IVA: acquisti intracomunitari (INTRA-12)


Scade il termine per gli enti non commerciali identificati ai fini IVA per presentare e versare
telematicamente, mediante Mod. INTRA-12, gli acquisti intracomunitari effettuati per l’attività
istituzionale, indipendentemente dal loro ammontare. In tal modo, è operata una separazione
tra quanto afferente all’aspetto istituzionale e quanto relativo agli acquisti intracomunitari legati
all’attività commerciale i cui obblighi, invece, seguono quelli previsti per gli altri contribuenti.

Novembre
2 n Rimborso dell’IVA pagata in Italia da soggetti non residenti
Mercoledı̀

Decorre il termine per la richiesta di rimborso IVA pagata in Italia dai soggetti UE (art. 38-bis2,
Decreto IVA). Tale richiesta va presentata direttamente allo Stato membro o da soggetto extra-UE,
qualora in detto Stato esistano condizioni di reciprocità con l’Italia (art. 38-ter - Svizzera, Norvegia,
Israele). Saranno poi le locali Amministrazioni a trasmettere telematicamente la richiesta alle
Autorità fiscali italiane. La richiesta può essere presentata a condizione che tali soggetti:
- non abbiano una stabile organizzazione in Italia;
- non si siano identificati direttamente o abbiano nominato un rappresentante fiscale;
- abbiano qui effettuato operazioni attive diverse da quelle per le quali il debitore dell’imposta è
il cessionario o committente, da quelle non imponibili di trasporto o accessorie ai trasporti e da
quelle di servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici rese in regime MOSS.
La richiesta va presentata a partire dal primo giorno del mese successivo al trimestre di
riferimento, fino al 30 settembre dell’anno successivo, tramite posta, mediante Mod. 79 per
i soggetti extra-UE.

n Compensazione orizzontale del credito annuale IVA per importi non superiori
a 5.000 euro
Il diritto alla compensazione si ha a partire dal 1˚ gennaio dell’anno in cui viene presentata la
dichiarazione annuale mediante presentazione del Mod. F 24 esclusivamente utilizzando i
canali Entratel/Fisconline. La compensazione libera è possibile indipendentemente dal totale
del credito complessivo che emerge dalla dichiarazione. Una volta compensati gli eventuali
primi 5.000 euro, si ricade nella compensazione per crediti superiori a tale importo.

n Compensazione orizzontale del credito annuale IVA superiore a 5.000 euro


A seguito della presentazione della dichiarazione annuale IVA, è possibile procedere dal decimo
giorno successivo alla sua presentazione, alla compensazione orizzontale del credito annuale
IVA 2021 superiore a 5.000 euro (ma entro il limite di 1.000.000 di euro annui di compensa-
zioni varie, limite cosı̀ innalzato dal D.L. n. 34/2000) e la dichiarazione deve apportare

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n. 10/2022
S SCADENZARIO

obbligatoriamente il visto di conformità o la sottoscrizione da parte dell’organo di controllo. È


possibile evitare il visto di conformità per i soggetti ISA che abbiano ottenuto un punteggio non
inferiore ad 8.
Si rammenta che la compensazione orizzontale può essere effettuata unicamente in via
telematica mediante i canali Entratel/Fisconline.

15 n Scontrini e ricevute fiscali: annotazione cumulativa


Martedı̀

Termine ultimo per l’annotazione cumulativa sul registro dei corrispettivi delle ricevute e degli
scontrini fiscali emessi nel mese precedente dai soggetti ancora esonerati dalla tenuta del
registratore telematico (ad esempio: operazioni di cui all’art. 2 del D.P.R. n. 696/1996 e D.L. n.
34/2020).

n Annotazione delle fatture di modico importo


Termine ultimo per l’annotazione cumulativa delle fatture di importo inferiore a 300 euro
ricevute il mese precedente.

n Associazioni varie: annotazioni


Per le associazioni sportive dilettantistiche, per le associazioni pro-loco e per le associazioni
senza scopo di lucro in regime agevolato, scade il termine per le annotazioni dei corrispettivi
incassati a fronte di eventuali operazioni di natura commerciale nel mese precedente.

n Fatturazione differita
Scade il termine per l’emissione delle fatture differite elettroniche con inoltro a SdI, per beni spediti
con DDT nel mese precedente, l’imposta relativa fa parte della liquidazione del mese precedente.

n Fatturazione differita per i servizi resi


Scade il termine per l’emissione, invio a SdI, e la registrazione di un’unica fattura elettronica
riepilogativa delle prestazioni di servizi individuabili attraverso idonea documentazione, effet-
tuate nel corso del mese precedente nei confronti del medesimo soggetto. Detta fattura deve
essere registrata entro il giorno di emissione, ma con riferimento al momento di effettuazione
delle prestazioni, ossia al mese precedente (art. 21, comma 3, lett. a, Decreto IVA).

n Registrazione delle fatture per acquisti intracomunitari di beni e servizi


Scade il termine per l’annotazione nei registri degli acquisti e delle vendite, previa integrazione,
degli acquisti intracomunitari di beni e servizi con riferimento alle relative fatture ricevute nel
mese precedente. Per la liquidazione, l’imputazione è a carico del mese precedente (art. 47 del
D.L. n. 331/1993). La fattura in formato XML va inoltrata a SdI utilizzando uno dei “Tipo
documento” TD17, TD18, TD19.

n Fattura integrativa
Nel caso di ricevimento di fattura intracomunitaria con corrispettivo inferiore al reale, occorre
emettere fattura integrativa analogica entro il giorno 15 del mese successivo all’annotazione della
fattura comunitaria e registrarla entro il medesimo termine, ma con riferimento al mese prece-
dente. La fattura, in formato XML, va inoltrata a SdI con indicazione nel “Tipo documento” TD20.

n Autofattura
Il cessionario che entro il 2˚ mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione non
abbia ricevuto la fattura dal fornitore comunitario deve autofatturare l’acquisto entro il giorno 15
del 3˚ mese successivo a quello di effettuazione e registrarla entro il termine di emissione con

60
n. 10/2022
S
SCADENZARIO

riferimento al mese precedente. L’autofattura, in formato elettronico XML va inviata a SdI codice
“Tipo documento” TD20.

n Cessioni intracomunitarie: fatturazione


Scade il termine per l’emissione delle fatture relative alle cessioni intra-UE effettuate nel mese
precedente, con indicazione che trattasi di operazione non imponibile ex art. 41 del D.L. n. 331/
1993. La fattura va emessa in formato XML ed inoltrata a SdI. La fattura va registrata nel mese di
emissione, ma con riferimento al mese di effettuazione dell’operazione (mese precedente)
(artt. 46, comma 2 e 47, comma 4 del D.L. n. 331/1993).

61
n. 10/2022
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REVISIONE LEGALE DEI CONTI 2022


A cura di KPMG, tratta la revisione legale in tutto il suo iter, dall’accettazione
dell’incarico e dalla pianificazione, fino all’espressione del giudizio professionale.
Analizza il contesto normativo, la metodologia ISA Italia, gli aspetti specifici, la
revisione delle poste di bilancio e appendici.
In digitale: aggiorna sui nuovi principi di revisione ed esamina gli impatti delle
novità normative sulle procedure di revisione.
Pagine: 1.480 Prezzo: 119€

ESG: BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ E INTEGRATED REPORTING


Analizza il concetto di sostenibilità e le principali iniziative intraprese a livello
europeo per la definizione di un modello economico “sostenibile”.
Viene definito all’interno del testo il concetto di Responsabilità Sociale d’Impresa
e vengono analizzati gli strumenti per la misurazione delle performance sociali ed
ambientali delle imprese
Pagine: 256 Prezzo: 35€

PRINCIPI CONTABILI IFRS/OIC: DIFFERENZE E ANALOGIE


Raffronta i principi generali per la redazione del bilancio previsti dagli IFRS con
gli analoghi principi statuiti dal Codice Civile attualmente vigente e dai principi
contabili nazionali. Strumento utile per quelle aziende che stanno valutando di
transitare ai principi contabili internazionali o alle organizzazioni che lavorano
predisponendo reportistica che segua sia i principi contabili OIC sia gli IFRS.
Pagine: 768 Prezzo: 59€
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